Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||
Titolo: | Ridefinizione del sostegno pubblico all'editoria - AA.C. 3317 e 3345 | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 369 | ||
Data: | 05/11/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Ridefinizione
del sostegno pubblico all’editoria AA.C. 3317 e 3345 |
Schede di
lettura |
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n. 369 |
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5 novembre 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Cultura ( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it |
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La
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esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
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INDICE
§ Il quadro normativo generale in materia di
editoria
2. Le finalità della delega prevista dall’A.C.
3317
3. La procedura per l’adozione dei decreti
legislativi
4. Le previsioni relative alla ridefinizione
della disciplina dei contributi diretti
4.1.
Beneficiari dei contributi
4.2.
Requisiti per accedere ai contributi
1. Istituzione e finalità dei fondi
2. Risorse che affluiscono ai fondi
3. Ripartizione ed erogazione dei Fondi
3.2.
Erogazione dei contributi
§ Definizione di testata (articolo 4, comma 4, lett. b), dell’A.C. 3317)
§ Vendita dei prodotti editoriali (articolo 3, comma 2, lett. l), e articolo 5
dell’A.C. 3317)
§ Promozione della lettura dei quotidiani
nelle scuole (articolo 3, comma 2, lett.
m), dell’A.C. 3317)
1. Incentivazione fiscale degli investimenti
pubblicitari
2. Disposizioni antielusive in materia di
pubblicità on line
1. La procedura per l’adozione dei decreti
legislativi
2. I principi e criteri direttivi
2.1.
Disciplina dei trattamenti di pensione di
vecchiaia anticipata per i giornalisti
2.2.
Consiglio nazionale dell’Ordine dei
giornalisti
L’articolo 21 della Costituzione sancisce la
libertà di manifestazione del pensiero, principio
sul quale si fonda la tutela del pluralismo informativo, inteso come
rappresentazione aperta alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali,
culturali, religiose e alla pluralità di modi, forme e linguaggi e appartenenze
di cui la società si compone.
Ritenuta
uno dei principi fondamentali dell’ordinamento, rientrante tra i diritti
primari e involabili dell’uomo garantiti dall’articolo 2 della stessa
Costituzione, tale libertà è stata oggetto di approfondita riflessione riguardo
al contenuto coperto dalla garanzia costituzionale, che si ritiene debba
includere non soltanto il pensiero, ma anche le notizie e in generale
l’informazione. Nell’ambito della libertà di informazione è stata inoltre
operata una distinzione tra profilo
attivo, definito come libertà di informare, di comunicare e diffondere idee
e notizie, e profilo passivo, inteso
come libertà di informarsi, di essere informati e di accedere alle
informazioni.
Quest’ultimo,
riconosciuto quale interesse generale all’informazione indirettamente protetto
dall’articolo 21, va garantito attraverso
un sistema di “pluralità delle
fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di
ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie
e delle idee” (Corte cost., sentenza 105/1972).
L’esigenza
di un’informazione dai contenuti plurali viene ricondotta al principio della
pluralità delle fonti informative, cioè del pluralismo informativo, considerato
dal giudice costituzionale “valore centrale” di ogni ordinamento democratico
(Corte Cost., sentenza
826/1988), in quanto “l’informazione, nei suoi aspetti attivi e passivi […]
esprime […] una condizione preliminare (o, se vogliamo, un presupposto
insopprimibile) per l’attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della
forma propria dello Stato democratico” rappresentando un generale diritto di
accesso alle fonti notiziali (Corte cost., sentenza 348/1990).
L’esistenza
di un principio pluralistico rappresenta un “ineludibile imperativo costituzionale”,
che si articola, da un lato, nel pluralismo esterno, ovvero la garanzia della
più ampia possibilità di ingresso nel mercato dei mezzi di comunicazione,
attraverso misure volte ad impedire processi di concentrazione di risorse
tecniche ed economiche nelle mani di uno o pochi, e dall’altro nel pluralismo
interno dei mezzi di informazione sotto il controllo pubblico, che si
concretizza nell’obbligo di imparzialità e di apertura del mezzo alle diverse
tendenze sociali, politiche, culturali e religiose. La libertà di informazione
viene connotata come diritto sociale
alla informazione pluralistica che, al pari di altri diritti (alla salute,
allo studio, all’ambiente, ecc.), fonda interventi positivi dello Stato.
Secondo il giudice costituzionale, il diritto all’informazione garantito
dall’articolo 21 deve essere qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle
fonti, che comporta tra l’altro il vincolo al legislatore di impedire la
formazione di posizioni dominanti; dall’obiettività e imparzialità dei dati
forniti; dalla completezza, correttezza e continuità dell’attività informativa;
e, infine, dal rispetto della dignità umana, dell’ordine pubblico, del buon
costume” (Corte cost., sentenza 112/1993).
A
livello sopranazionale, la libertà di informazione trova esplicito fondamento
nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo del 1948; nell’articolo 10
della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (CEDU), e nell’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione europea.
Si
ricorda che sul pluralismo e la libertà di informazione il Presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi aveva trasmesso alle Camere in data 23 luglio
2002 un messaggio ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione (XIV
legislatura, DOC I, n. 2), nel quale – evidenziandosi la necessità di una legge
di sistema - si sottolineava come la garanzia del pluralismo e
dell’imparzialità dell’informazione costituisse strumento essenziale per la
realizzazione di una democrazia compiuta.
Per un
approfondimento sulla giurisprudenza costituzionale in tema di pluralismo
dell’informazione, si richiamano, in particolare, le seguenti sentenze:
- sentenza 826/1988 nella quale la Corte,
ribadendo il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico,
chiarisce che il pluralismo dell'informazione radiotelevisiva comporta,
innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di
quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta
possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo
e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano
esprimersi senza il pericolo di essere emarginati a causa dei processi di
concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di
pochi e senza essere menomati nella loro autonomia. La Corte prosegue sottolineando
come “il pluralismo in sede nazionale non potrebbe in ogni caso considerarsi
realizzato dal concorso tra un polo pubblico e un polo privato che sia rappresentato
da un soggetto unico o che comunque detenga una posizione dominante nel settore
privato”;
- sentenza 420/1994 laddove la Corte,
riprendendo passaggi di precedenti pronunce, ribadisce "il vincolo al
legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire
l'accesso nel sistema radiotelevisivo del massimo numero possibile di voci
diverse" (sentenza 112/93) in modo da garantire il diritto
all’informazione e la libertà di manifestazione del pensiero. In particolare,
secondo la Consulta, se per l'emittenza radiotelevisiva privata il pluralismo interno, inteso come
apertura alle varie voci presenti nella società, incontra inevitabilmente dei
limiti in ragione principalmente delle libertà assicurate alle imprese vuoi
dall'art. 41 che dall'art. 21 Cost., ciò impone, come
ineludibile imperativo costituzionale, la necessità di garantire – secondo
quanto già affermato nella sentenza 826/1988 - «il massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare,
attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino
all'informazione». La Consulta, riaffermando le considerazioni sostenute nella
sentenza 148/1981, precisa che la «posizione di preminenza di un soggetto o di
un gruppo privato non potrebbe non comprimere la libertà di manifestazione del
pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle
potenzialità economiche e tecniche del primo, finirebbero con il vedere
progressivamente ridotto l'ambito di esercizio delle loro libertà», stante che
“la presenza della concessionaria pubblica - che pur si colloca in una
posizione particolare in ragione della doverosa maggiore realizzazione del
pluralismo interno nel servizio pubblico - [non] è di per sé sola sufficiente a
bilanciare una posizione dominante nel settore privato”;
- sentenza 466/2002 nella quale la Corte
ha evidenziato come “rispetto a quella esaminata dalla sentenza n. 420 del
1994, la situazione di ristrettezza delle frequenze disponibili per la
televisione in ambito nazionale con tecnica analogica si è, pertanto,
accentuata, con effetti ulteriormente negativi sul rispetto dei principi del
pluralismo e della concorrenza e con aggravamento delle concentrazioni”
determinando una situazione di fatto che non garantisce, pertanto, l'attuazione
del principio del pluralismo informativo esterno, ritenuto uno degli
"imperativi" ineludibili emergenti dalla giurisprudenza
costituzionale in materia.
La prima disciplina organica degli interventi a
sostegno dell’editoria è stata dettata con la L. 416/1981, successivamente modificata ed integrata da numerosi
interventi – tra i quali, principalmente, la L. 67/1987, la L. 250/1990, e la L. 62/2001 – che hanno dato luogo a un sistema normativo
frammentario. A causa di ciò, negli anni più recenti – pur in presenza di nuove
norme dirette a singole situazioni – sono stati compiuti tentativi di
razionalizzazione.
In particolare, il regolamento emanato, in
attuazione dell’art. 44 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), con DPR 223/2010 - la cui vigenza è decorsa
dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie - ha disposto la semplificazione della documentazione
per accedere ai contributi e del procedimento di erogazione degli stessi, ha
incluso fra i requisiti per l’accesso ai contributi una percentuale minima di copie vendute su quelle distribuite, ha
previsto nuove modalità di calcolo per i
contributi diretti, riferite all’effettiva distribuzione della testata
(invece che al previo criterio della tiratura), e ha introdotto parametri
connessi all’occupazione
professionale sia per l’accesso ai contributi, sia per il calcolo degli stessi.
Inoltre, il DPR ha stabilito che le somme stanziate nel bilancio dello
Stato per l’editoria costituiscono limite
massimo di spesa e sono destinate
prioritariamente ai contributi diretti. In caso di insufficienza delle
risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto (ai sensi di quanto
già disposto dalla L. 191/2009).
Successivamente, l’art. 29, co. 3, del D.L.
201/2011 (L. 214/2011) ha disposto la cessazione del sistema di
erogazione dei contributi diretti all'editoria di cui alla L. 250/1990 dal
31.12.2014, “con riferimento alla gestione 2013” e la revisione del DPR
223/2010, con decorrenza dall’1.1.2012, al fine di ottenere economie di spesa e
una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse. Ha anche disposto che il
risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio del
bilancio, sarebbe stato destinato alla ristrutturazione delle aziende già
destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del
settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete
distributiva.
Le modifiche al DPR 223/2010 sono poi state
apportate, con intervento normativo primario, dal D.L. 63/2012 (L. 103/2012), con il quale è stata dettata una disciplina transitoria, nelle
more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale. In particolare, sono stati ridefiniti i requisiti
di accesso ai contributi e i criteri di calcolo degli stessi e sono state
emanate disposizioni a sostegno dell’editoria digitale e della modernizzazione
del sistema di distribuzione e vendita di quotidiani e periodici. Le
disposizioni sono decorse a partire dai contributi relativi all’anno 2012 o, in alcuni casi, 2013.
Quasi contestualmente all'emanazione del D.L. 63/2012, il Governo aveva presentato un disegno di legge (A.C. 5270) che prevedeva
una delega per la definizione - a regime - di nuove
forme di sostegno all'editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale.
Durante
l'esame parlamentare era
stato adottato, il 7 dicembre 2012, un nuovo testo del disegno di legge che prevedeva l’istituzione
di un Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici,
per sostenere l’innovazione tecnologica,
per incentivare l’avvio di nuove imprese
editrici e per sostenere i trattamenti
di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende
in ristrutturazione.
L'esame
del provvedimento non è stato però
concluso entro la fine della XVI legislatura.
1.
Premessa
L’A.C. 3317 delega il Governo a provvedere alla ridefinizione del
sostegno pubblico all’editoria, mentre l’A.C. 3345 opera direttamente la stessa
ridefinizione,
senza prevedere nessuna abrogazione delle disposizioni vigenti.
2.
Le finalità della delega
L’articolo
3, comma 1, dell’A.C. 3317 delega
il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a:
-
ridefinire
la disciplina dei contributi diretti alle
imprese editrici di quotidiani e
periodici;
-
prevedere
misure per il sostegno degli investimenti delle imprese editoriali;
-
innovare
il sistema distributivo;
-
finanziare
progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione;
-
sostenere
i processi di ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese editoriali già costituite.
Il termine per l’esercizio della delega è
definito in sei mesi dalla data di
entrata in vigore della legge.
3.
La procedura per l’adozione dei decreti legislativi
In base all’articolo 3, comma 3, dell’A.C. 3317 i decreti legislativi sono
adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con
il Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale (sul punto, si veda quanto osservato nel par.
4.1.8), il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per lo
sviluppo economico.
Il comma richiama esplicitamente il rispetto
della procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988 che, per quanto qui più
direttamente interessa, prevede che:
-
l'emanazione del
decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di
delegazione, trasmettendolo al Presidente della Repubblica almeno venti giorni
prima della scadenza;
-
se la delega si
riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata
disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi, informando periodicamente le Camere sui
criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.
L’articolo
3, comma 7, dell’A.C. 3317 prevede che tutti i decreti
legislativi sono corredati dalla relazione
tecnica sugli effetti finanziari
e sottoposti al parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario. I pareri sono resi entro 60
giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali possono comunque essere
emanati.
E’ prevista la c.d. “tecnica dello scorrimento” del termine
per l’esercizio della delega nel caso di trasmissione tardiva dello schema:
infatti, qualora il termine per l’espressione dei pareri scada nei 30 giorni
che precedono o seguono la scadenza del termine dei 6 mesi previsti per
l’esercizio della delega, la scadenza medesima è prorogata di 90 giorni.
Al riguardo si segnala che il Comitato per la legislazione, nei
propri pareri, ha sempre segnalato – a fini di certezza del diritto –
l’opportunità di individuare univocamente i termini per l'esercizio della
delega principale e di quelle integrative e correttive, rinunziando alla c.d.
«tecnica dello scorrimento» (così, da ultimo, nel parere sul disegno di legge
C. 3194, concernente la delega al Governo per l'attuazione delle direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26
febbraio 2014, in materia di appalti e contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, espresso nella seduta del 30
luglio 2015).
Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi al parere parlamentare, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le motivazioni delle proprie decisioni. In tal caso le Commissioni competenti per materia (ma, stavolta, non la Commissione competente per i profili finanziari) hanno 10 giorni per esprimersi, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati.
Dal punto di vista della
formulazione del testo, occorrerebbe fare riferimento all’espressione del
parere definitivo delle Commissioni parlamentari, e non all’espressione del
parere “sulle osservazioni del Governo”.
4.
Le previsioni relative alla ridefinizione della disciplina dei contributi diretti
L’articolo
3, comma 2, dell’A.C. 3317
individua i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, mentre
l’articolo 2 dell’A.C. 3345 contiene statuizioni dirette.
Preliminarmente, si evidenzia che l’A.C. 3317 prevede un criterio direttivo
secondo cui costituisce condizione necessaria per il finanziamento l’esercizio
di un’attività informativa autonoma e
indipendente, di carattere generale (art.
3, co. 2, lett. a),
n. 1)), esplicitamente escludendo gli organi di informazione dei partiti o dei
movimenti politici e sindacali, nonché i periodici specialistici a carattere
tecnico, aziendale, professionale o scientifico e tutte le pubblicazioni che
non contribuiscono in modo prevalente alla funzione informativa di carattere
generale in materia politica, economica o sociale (art. 3, co. 2, lett. c)).
Anche l’articolo
2, comma 2, dell’A.C. 3345 prevede
che i soggetti destinatari dei contributi devono garantire un’attività informativa indipendente, in
grado di assicurare il pluralismo dell’informazione, ma inserisce tra i destinatari degli stessi contributi le imprese
editrici di quotidiani e periodici e le imprese radiofoniche che risultino
essere organi di forze politiche.
4.1. Beneficiari dei contributi
4.1.1.
Cooperative
giornalistiche editrici di quotidiani e periodici e agenzie di informazione
radiofonica costituite come cooperative giornalistiche
L’articolo 3, comma 2, lett.
a), n. 2),
dell’A.C.
3317 include tra le
categorie da ammettere al finanziamento le imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche.
Sembrerebbe opportuno
esplicitare se, come si intuirebbe dalla lettura sistematica del comma 1 e del
comma 2, lett. a), si
intenda fare riferimento alle imprese che editano sia quotidiani che periodici.
In tale ambito,
costituisce criterio direttivo, altresì, individuare criteri relativi alla compagine societaria e alla concentrazione
delle quote in capo a ciascun socio.
A sua volta, l’art.
3, comma 2, lett. d),
n. 1), stabilisce che si deve prevedere la riduzione (da 3 o 5) a 2 anni dell’anzianità di costituzione dell’impresa come cooperativa giornalistica e di edizione
della testata.
Al contempo, l’articolo 4, comma 4, lett. a), abroga, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le disposizioni
volte a facilitare l’accesso ai contributi per le cooperative di
giornalisti, recate dall’art. 1, co. 7-bis, del D.L. 63/2012.
La relazione illustrativa evidenzia che ciò risponde all’esigenza di evitare che possano in qualche modo essere
eluse
situazioni patologiche riguardanti la precedente
impresa, “con conseguente pregiudizio della possibilità di eventuali rivalse
nei confronti della nuova impresa laddove venissero accertate ipotesi di
indebita percezione dei contributi e quindi somme da recuperare da parte
dell’amministrazione”.
L’articolo 2, comma 1, lett.
a), dell’A.C. 3345 include tra i destinatari del Fondo per il diritto
all’informazione:
§ le cooperative
giornalistiche editrici di giornali (si intenderebbe “quotidiani”) e di
periodici costituite da almeno un anno;
§ le agenzie di informazione radiofonica
costituite come cooperative di giornalisti.
Per entrambe le categorie è necessario aver
acquisito, nell’anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie non superiori al 30% dei costi complessivi
dell’impresa risultanti dal bilancio del medesimo anno.
Attualmente, i quotidiani
e periodici editi da cooperative di giornalisti sono destinatari dei
contributi ai sensi dell’art. 3, co. 2 e
2-quater, della L. 250/1990[1]. In
particolare, le lett. a) e b) del co. 2 dispongono che, ai fini dell’accesso ai contributi, è
necessario che le imprese siano costituite come cooperative giornalistiche da
almeno tre anni ed editino la
testata da pari tempo. A decorrere dai contributi relativi all'anno 2005, il
requisito temporale è stato elevato, per le imprese editrici costituite dopo il
31 dicembre 2004, a cinque anni
(art. 1, co. 457, L. 266/2005).
Da ultimo, l’art.
1, co. 7-bis, del D.L. 63/2012 ha
previsto che, a decorrere dai contributi relativi al 2012, alle cooperative di giornalisti che subentrano al
contratto di cessione in uso ovvero
acquistano una testata che ha avuto accesso, entro il 31 dicembre 2011, ai
contributi, non sono richiesti i requisiti relativi ai tempi minimi di costituzione come cooperative giornalistiche e di
edizione della testata, nonché, nel caso di subentro al contratto di cessione in
uso della testata, il requisito relativo alla proprietà della testata (art. 1, co.
460, lett. a),
L. 266/2005).
Le agenzie di
informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti - di cui all’art. 53, co. 15, della L.
449/1997[2] - attualmente
ricevono i contributi ai sensi dell’art. 2, co. 5, del D.L. 63/2012[3].
Per quanto concerne il limite alle entrate pubblicitarie, si ricorda che lo stesso era previsto – non solo per la categoria di
beneficiari in esame – dall’art. 3, co. 2, lett. c), della
L. 250/1990, successivamente abrogato dall’art. 6, co. 1, lett.
c), del D.L. 63/2012[4].
4.1.2.
Enti
senza fini di lucro
L’articolo 3, comma 2, lett.
a), n. 2),
dell’A.C.
3317 include tra le
categorie da ammettere al finanziamento
gli enti senza fini di lucro.
L’articolo
2, comma 1, lett. l) e m),
dell’A.C. 3345 include tra i destinatari del Fondo per il diritto
all’informazione:
§ imprese, associazioni ed enti che editano periodici per non vedenti e per
ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico,
braille e supporti informatici.
Al riguardo, si prevede che le risorse
siano assegnate in misura proporzionale alla diffusione e al numero delle
uscite delle relative testate;
§ associazioni
dei consumatori iscritte nell’elenco di cui all’art. 137 del
d.lgs. 206/2005.
In base alla normativa vigente, sono ricomprese tra i
destinatari di contributi diretti le seguenti categorie di beneficiari:
-
editoria speciale periodica per non vedenti, prodotta con
caratteri tipografici normali, su nastro magnetico e in braille (art. 8, D.L.
542/1996-L. 649/1996; art. 1, co. 462, L. 266/2005)[5];
-
periodici delle associazioni dei consumatori e degli
utenti (artt. 6 e 7, L. 281/1998; DPCM 218/1999; art. 137 e
138, d.lgs. 206/2005)[6].
4.1.3.
Imprese
editrici di quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale è detenuta
da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro
L’articolo
3, comma 2, lett. a),
n. 2), dell’A.C. 3317 include tra le categorie da ammettere al
finanziamento le imprese editrici di quotidiani
(e non di periodici) la cui maggioranza
del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro, ma solo limitatamente a un “periodo di tre anni
dalla data di entrata in vigore della legge”, salvo alcune eccezioni costituite da particolari
tipologie di pubblicazioni (peraltro,
non specificate dal provvedimento).
Si valuti l’opportunità di
prevedere che il termine di tre anni decorra dalla data di entrata in vigore
del decreto legislativo.
L’articolo
2, comma 1, lett. b), dell’A.C. 3345 include tra i
destinatari del Fondo per il diritto all’informazione le piccole
e medie imprese editrici di quotidiani e
periodici la cui maggioranza del
capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro.
Condizione necessaria per accedere alle
risorse è il possesso dei “requisiti di cui alla lett.
a)”, ovvero – sembrerebbe – aver acquisito, nell’anno di riferimento dei
contributi, entrate pubblicitarie non
superiori al 30% dei costi complessivi dell’impresa risultanti dal bilancio
del medesimo anno.
Inoltre, stabilisce che, per continuare a
percepire i contributi, dette imprese, entro
tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, devono costituirsi
come cooperative giornalistiche.
Attualmente, alle imprese editrici di quotidiani la cui maggioranza del capitale
sia detenuta da cooperative,
fondazioni o enti morali senza scopo di
lucro sono concessi contributi ai sensi dell’art. 3, co. 2-bis, della L. 250/1990.
Alle imprese editrici di periodici la cui maggioranza
del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro sono concessi
contributi ai sensi dell’art. 3, co. 3, della L. 250/1990[7].
4.1.4.
Imprese
editrici di quotidiani espressione di minoranze linguistiche
L’articolo
3, comma 2, lett. b), dell’A.C. 3317 include tra le categorie da ammettere al
finanziamento gli organi di stampa
espressione delle minoranze linguistiche,
secondo la disciplina vigente,
mentre l’articolo
2, co. 1, lett. c), dell’A.C. 3345 fa esplicito
riferimento alle imprese editrici di quotidiani espressione delle medesime minoranze.
In base alla normativa
vigente, le imprese editrici che
editano quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca
nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto
Adige sono destinatarie dei contributi ai sensi dell’art. 3, co. 2-ter, primo periodo, della L. 250/1990, e
dell’art. 3 della L. 278/1991[8].
4.1.5.
Imprese
editrici di quotidiani o periodici e imprese radiofoniche organi di forze
politiche
Come già evidenziato, l’articolo 3, comma 2, lett. c),
dell’A.C. 3317 esclude
esplicitamente dal finanziamento gli organi di informazione dei partiti e dei
movimenti politici.
L’articolo 2, comma 1, lett.
f) ed i), dell’A.C. 3345 include tra i destinatari del Fondo per il diritto
all’informazione le imprese editrici di quotidiani o periodici organi di forze politiche e le imprese radiofoniche organi di forze
politiche che - in entrambi i casi - risultino rappresentate in almeno un ramo del Parlamento italiano o nel
Parlamento europeo nella legislatura in corso o in una delle due legislature
precedenti.
Ulteriori
condizioni necessarie per l’accesso
alle risorse sono le seguenti:
§ per le imprese
editrici, essere costituite come società cooperative (non obbligatoriamente giornalistiche) il cui oggetto sociale sia esclusivamente
l’edizione di quotidiani e periodici;
§ per le
imprese radiofoniche, trasmettere
quotidianamente propri programmi
informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere politico,
economico, sociale, sindacale o religioso per almeno il 40% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20.
In materia di imprese editrici di quotidiani e periodici, si ricorda che l’art. 153, co.
2, della L. 388/2000 aveva
stabilito che le disposizioni di cui all’art.
3, co. 10, della L. 250/1990
(che aveva disciplinato inizialmente la materia e che è stato poi abrogato
dall’art. 21 del DPR 223/2010, a decorrere dai contributi relativi al 2011) si
applicavano esclusivamente alle imprese editrici di quotidiani e periodici,
anche telematici, che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in
testata, risultavano essere organi o
giornali di forze politiche che avevano il proprio gruppo parlamentare in
una delle Camere o rappresentanze nel Parlamento europeo o erano espressione di
minoranze linguistiche riconosciute, avendo
almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano, nell'anno di riferimento dei contributi.
Successivamente, l’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006
(L. 248/2006) ha stabilito che il requisito
della rappresentanza parlamentare (di cui all’art. 153, co. 2, della L.
388/2000) non è richiesto per le
imprese e le testate di quotidiani o periodici che risultavano essere giornali
od organi di partiti o movimenti politici che alla data del 31 dicembre 2005 avevano già maturato
il diritto ai contributi. In seguito, l’art.
2, co. 61, della L. 191/2009 (L.
finanziaria 2010) ha previsto che le disposizioni di cui all’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006 si intendono
riferite alle imprese e alle testate ivi indicate che hanno i requisiti
richiesti, anche se hanno mutato forma
giuridica[9].
Per completezza, si
ricorda che l’art. 153, co. 4, della L. 388/2000 ha consentito alle imprese
editrici di quotidiani o periodici organi di movimenti politici, trasformatesi entro il 1° dicembre 2001 in
società cooperative il cui oggetto
sociale sia costituito esclusivamente
dalla edizione di quotidiani o periodici organi di movimenti politici, di
beneficiare dei contributi di cui all'art. 3, co. 2 e 2-quater, della L. 250/1990.
L’art. 2, co. 3,
del DPR 223/2010 ha poi
stabilito che tali cooperative potevano continuare ad accedere ai contributi
purché si costituissero, entro il 31
dicembre 2010, in cooperative
giornalistiche. Dunque, come
evidenziato anche nelle risposte ai
quesiti sull’interpretazione ed applicazione di talune disposizioni del DPR
223/2010, pubblicate sul sito del Dipartimento per
l’informazione e l’editoria, “la nuova normativa introdotta dal regolamento ha
implicitamente abrogato il comma 4 dell’art. 153 della L. n. 388 del 2000;
pertanto, alle cooperative in argomento non è più richiesto il requisito di
essere organo di movimento politico”.
Con riferimento alle imprese radiofoniche, si ricorda che l’art. 4 della L. 250/1990
– come modificato, da ultimo, dall’art. 2 del D.L. 63/2012 – prevede (comma 1)
la corresponsione di un contributo annuo pari al 40% della media dei costi
risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, in
favore delle imprese che risultino
essere organi di partiti politici
presenti in almeno un ramo del Parlamento e che, oltre ad aver registrato
la testata e a non essere editori o controllori delle imprese editrici di
quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti politici, trasmettano
quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici,
religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali, per non meno del 50% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20.
Inoltre, ove le entrate pubblicitarie siano inferiori al
25% dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso
(comma 2) un ulteriore contributo
integrativo pari al 50% del
contributo di cui al comma 1 (poi raddoppiato dall’art. 2, co. 1, della L.
278/1991). La somma di tutti i
contributi non può, comunque, superare il 50% per cento dei costi[10].
4.1.6.
Imprese di nuova costituzione e incentivi
all’innovazione
L’articolo
3, comma 2, lett. h),
dell’A.C. 3317 prevede come
criterio direttivo l’introduzione di incentivi agli investimenti in innovazione digitale dinamica e multimediale, anche
attraverso investimenti strutturali in piattaforme digitali avanzate, comuni a
più imprese editoriali, mentre la lett. i) concerne il finanziamento, mediante bandi annuali,
di progetti innovativi presentati da
imprese editoriali di nuova costituzione.
L’articolo 2, comma 1, lett. d)
ed e),
dell’A.C. 3345 include tra i destinatari del Fondo per il diritto
all’informazione le imprese
di nuova costituzione che presentino progetti editoriali innovativi, utilizzando prioritariamente le
nuove tecnologie, ovvero progetti
editoriali multiculturali, in grado di favorire l’integrazione tra diverse
culture.
Anche la
lett. g) concerne
le
iniziative editoriali telematiche presentate
da imprese di nuova costituzione
per progetti innovativi: in
particolare, riguarda le iniziative, attuative o in fase progettuale, che siano
state ammesse alla valutazione nell’ambito della procedura per l’accesso agli
incentivi previsti dall’art. 3, co. 4, del DPCM 30 settembre 2014, a valere sul
Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria.
Sembrerebbe necessario
coordinare le previsioni recate dalle lett. d) e g).
Il Fondo straordinario per
gli interventi di sostegno all’editoria
è stato istituito dall’art. 1,
co. 261, della L. 147/2013 presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2014, 40
milioni di euro per il 2015, 30 milioni di euro per il 2016.
Esso è destinato ad
incentivare gli investimenti delle
imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all'innovazione
tecnologica e digitale, a promuovere l'ingresso di giovani professionisti
qualificati nel campo dei nuovi media ed a sostenere le ristrutturazioni
aziendali e gli ammortizzatori sociali.
Alla ripartizione
annuale delle risorse del Fondo si provvede con un decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero del Sottosegretario di Stato
alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l'informazione, la
comunicazione e l'editoria, da adottare entro il 31 marzo di ciascun
anno, di concerto con altri Ministri (lavoro e politiche sociali; sviluppo
economico; economia e finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale nel settore delle imprese editrici e delle agenzie di stampa.
Il decreto relativo al 2014
(DPCM 30 settembre 2014), firmato il 26 settembre 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 258 del 6 novembre
2014.
In base al decreto, le risorse effettivamente disponibili per il 2014
sono state pari ad € 20.918.394, a seguito di alcuni accantonamenti,
nonché di quanto disposto dall'art. 1-bis del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) che, nel rifinanziare l'accesso alla pensione di vecchiaia anticipata
per i giornalisti, ha posto i relativi oneri a carico della dotazione del Fondo
straordinario. In particolare, a seguito di tale previsione normativa, la
dotazione del Fondo straordinario è stata decurtata, per il 2014, di € 25
milioni.
Per il 2015 il decreto non
risulta ancora intervenuto.
In particolare, l’art. 3,
co. 1-3, del DPCM 30 settembre 2014 ha istituito, nell'ambito del Fondo
di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'art. 2, co. 100, lett. a), della
L. 662/1996, un'apposita sezione
speciale destinata alla concessione della garanzia sui finanziamenti
erogati alle imprese editoriali per sostenere gli investimenti in innovazione tecnologica e digitale. Per
l'operatività della sezione speciale, ha conferito, nell’ambito delle risorse
del Fondo, un importo pari ad euro 7.418.394.
La Sezione Speciale è stata
istituita con la convenzione 5 febbraio 2015 tra Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, Ministero dello
sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze, approvata con
decreto del Capo Dipartimento per l'informazione e l'editoria del 6 febbraio
2015.
Qui la pagina dedicata sul sito
del Ministero dello sviluppo economico.
Il comma 4 del medesimo art. 3
ha, altresì, previsto che, nel limite di una quota del Fondo pari a 500.000
euro, può essere riconosciuto un contributo
alle imprese editoriali di nuova costituzione, a fronte di spese
documentate sostenute per progetti
innovativi, da sottoporre alla valutazione di apposita commissione.
Nella G.U. n. 97 del 28 aprile 2015 è stato
poi pubblicato l’avviso recante i criteri e le modalità per l’assegnazione dei contributi alle
migliori iniziative o progetti innovativi on-line
presentati da imprese editoriali costituite
da non più di 48 mesi. In particolare, l’avviso ha previsto che:
-
le domande dovevano pervenire entro 30 giorni dalla data della sua
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale;
-
sarebbero state ammesse a valutazione, dando luogo a due graduatorie
separate, le iniziative editoriali on
line già attive e quelle non ancora realizzate;
-
la Commissione incaricata
della valutazione dei progetti sarebbe stata nominata con decreto del Capo
Dipartimento e composta da tre esperti in materia di informazione e
comunicazioni – di cui uno con funzioni di presidente – e due dirigenti del
medesimo Dipartimento;
-
il Capo dell’ufficio per il sostegno all’editoria avrebbe approvato con
propria determinazione le graduatorie e le iniziative o i progetti ammessi al
contributo, provvedendo a darne pubblicazione sul sito del Dipartimento.
Ha previsto, altresì,
l’assegnazione di 5 contributi, ciascuno fino ad un massimo di 100.000 euro, di
cui 3 destinati alle iniziative già in essere e 2 a quelle per le quali è stato
presentato il progetto, salva diversa determinazione della Commissione.
Qui la pagina dedicata sul sito del Dipartimento per l’editoria, da cui - ad
oggi - non risulta la chiusura del procedimento.
4.1.7.
Imprese
radiofoniche che svolgono attività di informazione di interesse generale
L’articolo 2, comma 1, lett.
h), dell’A.C. 3345 include tra i
destinatari del Fondo per il diritto all’informazione le imprese radiofoniche che abbiano
svolto (non è precisato in quale periodo) e
continuino a svolgere attività di
informazione di interesse generale, che trasmettano quotidianamente
programmi informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere
politico, economico, sociale, sindacale o religioso per almeno il 30% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20.
Sembrerebbe trattarsi delle imprese radiofoniche private
di cui alla L. 230/1990.
Se
l’interpretazione è corretta, occorre citare esplicitamente il riferimento alla
L. 230/1990.
Al riguardo, si ricorda che
L. 230/1990 aveva concesso
un contributo (per il solo triennio 1990-1992) alle imprese radiofoniche
private che nel triennio 1987-1989
avessero (fra l’altro) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi
su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le 7 e le
20[11].
Successivamente, l’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006
(L. finanziaria 2007) ha previsto che le imprese radiofoniche private che
abbiano svolto attività di informazione di interesse generale di cui alla L.
230/1990[12] accedono ai
medesimi contributi di cui all’art. 4 della L. 250/1990 (emittenti radiofoniche
organi di partiti politici: v. ante).
Ancora in seguito, l’art. 12, co. 1, del DPR 223/2010,
in adempimento del criterio direttivo previsto dall’art. 44, co. 1, lett. b-bis), del
D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha disposto che le imprese radiofoniche private
che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990 mantengono il
diritto all’intero contributo, anche in presenza di riparto percentuale fra gli
altri aventi diritto.
Da ultimo, l’art. 2, co. 5-bis, del D.L. 63/2012 ha previsto il mantenimento del diritto
all’intero contributo anche per i contributi relativi al 2010.
4.1.8.
Imprese
editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero e imprese editrici
di periodici italiani pubblicati all’estero, nonché di periodici editi in
Italia e diffusi prevalentemente all’estero
Non sono esplicitamente ricompresi tra i
beneficiari delle risorse pubbliche – né dall’A.C. 3317, né dall’A.C. 3345 – le
imprese editrici di quotidiani italiani editi
e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter,
terzo e quarto periodo, L. 250/1990)[13] e le
imprese editrici di periodici
italiani pubblicati all’estero, nonché di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente
all’estero (art. 26, L. 416/1981; art. 1-bis, D.L. 63/2012-L. 103/2012).
Al contempo, però, l’articolo
3, comma 3, dell’A.C. 3317 prevede il coinvolgimento del Ministro degli affari
esteri e della cooperazione internazionale nella procedura per l’emanazione dei
decreti legislativi.
Si
valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.
4.2. Requisiti per accedere ai contributi
Preliminarmente si evidenzia che l’articolo 3, comma 2, lett.
f), dell’A.C. 3317 stabilisce quale criterio direttivo la previsione di requisiti di accesso dei contributi diretti
quanto più possibile omogenei e uniformi per le diverse
tipologie di imprese destinatarie.
Per completezza si ricorda, inoltre, che
entrambi gli AA.C. intervengono sull’anzianità di costituzione delle
cooperative giornalistiche, aspetto del quale si è dato conto nel paragrafo
relativo ai beneficiari dei contributi (art.
3, co. 2, lett. d),
n. 1), A.C. 3317 e art. 2, co. 1, lett. a), A.C. 3345).
4.2.1.
Attività
informativa indipendente
Come già anticipato, l’articolo 3, comma 2, lett. a), n. 1), dell’A.C. 3317 reca il criterio direttivo secondo cui costituisce condizione necessaria per il
finanziamento l’esercizio di un’attività
informativa autonoma e indipendente, di carattere generale, e l’articolo 2, comma 2, dell’A.C. 3345 prevede che i soggetti destinatari
dei contributi devono garantire un’attività
informativa indipendente, in grado di assicurare il pluralismo
dell’informazione.
4.2.2.
Edizione
in formato digitale
L’articolo
3, comma 2, lett. d),
n. 2), dell’A.C. 3317 contiene
il criterio direttivo secondo cui, per accedere ai contributi, la testata deve necessariamente essere in formato digitale dinamico e
multimediale, eventualmente anche in parallelo con l’edizione in formato
cartaceo. La disposizione sembrerebbe riguardare tutte le categorie di
beneficiari.
L’articolo
2, comma 4, lett. d),
dell’A.C. 3345, invece, considera la
multimedialità e la fruibilità su dispositivi digitali del progetto editoriale
come criterio preferenziale nell’attribuzione delle risorse.
Al riguardo si ricorda che l’art. 3 del D.L. 63/2012
(L. 103/2012) ha previsto che le imprese editrici di cui alla L. 250/1990, art.
3, co. 2 e 2-quater (cooperative
giornalistiche), 2-bis (quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni
o enti morali senza scopo di lucro) e 2-ter
(quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni
autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige; quotidiani
italiani editi e diffusi all'estero), nonché le imprese di cui all’art. 153,
co. 2, della L. 388/2000, e all’art. 20, co. 3-ter, del D.L. 223/2006 (imprese editrici di quotidiani e periodici
organi di forze politiche), che avessero
percepito i contributi per l'anno 2011 – dunque, imprese già esistenti in
quell’anno –, potevano continuare a percepirli qualora la testata fosse
pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale. Ha, altresì, previsto
che la testata deve comunque essere accessibile on line, anche a titolo non oneroso, e deve garantire
un'informazione quotidiana composta da informazione autoprodotta per almeno
dieci articoli al giorno con un aggiornamento pari ad almeno 240 giorni per i
quotidiani, 45 per i settimanali e plurisettimanali, 18 uscite per i
quindicinali e 9 per i mensili.
Lo stesso art. 3 ha, infine, previsto la definizione di “testata in formato
digitale” valida a decorrere dai contributi relativi al 2013. In
particolare, ha disposto che si intendono tali le testate che siano migrate a
un sistema digitale di gestione dei contenuti unico e siano dotate di:
-
un sistema di
gestione di spazi pubblicitari digitali, anche attraverso soggetti
concessionari di spazi pubblicitari digitali;
-
un sistema che
consenta l’inserimento di commenti da parte del pubblico, con facoltà di prevede
registrazione e moderazione;
-
un sistema di
distribuzione di contenuti attraverso dispositivi mobili.
Inoltre, nel caso in cui la pubblicazione sia
fruibile, in tutto o in parte, a titolo oneroso, le testate devono anche
disporre di:
-
un sistema di pubblicazione
che consenta la gestione di abbonamenti e di contenuti a pagamento;
-
una piattaforma
che consenta l’integrazione con sistemi di pagamento digitali.
Ogni anno il legale rappresentante dell’impresa che
richiede i contributi deve attestare, con dichiarazione sostitutiva di atto
notorio, l’effettiva dotazione dei sistemi e dei requisiti richiesti.
4.2.3.
Registrazione
presso i competenti tribunali
L’art.
2, comma 2, dell’A.C. 3345 prevede
che i soggetti destinatari dei contributi devono essere registrati presso i
competenti tribunali.
In materia si ricorda che
l’art. 5 della L. 47/1948 ha previsto che nessun
giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale
nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi.
A sua volta, l’art. 2 ha previsto le indicazioni obbligatorie che devono
essere presenti su giornali, pubblicazioni delle agenzie d'informazione e
periodici di qualsiasi altro genere. Si tratta di: luogo e data della pubblicazione;
nome e domicilio dello stampatore; nome del proprietario e del direttore o vice
direttore responsabile. A tali indicazioni, l’art. 2, co. 119, del D.L.
262/2006 (L. 286/2006) ha aggiunto la dichiarazione che la testata fruisce
dei contributi statali diretti di cui alla L. 250/1990, ove ricorra tale
fattispecie.
Successivamente, l’art. 1 della L. 62/2001 ha previsto l’applicazione
al prodotto editoriale (definito come prodotto realizzato su supporto cartaceo, compreso il libro, o
su supporto informatico, destinato
alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il
pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione
sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici[14]) delle disposizioni dell’art. 2 della
L. 47/1948, nonché, nel caso di prodotto diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, di
quelle di cui all’art. 5.
In base all’art. 16 della medesima L. 62/2001,
tuttavia, dall’obbligo di registrazione
sono esentati “i soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di
comunicazione” (ROC), iscrizione che è esplicitamente prevista quale
condizione per l'inizio delle pubblicazioni. Tra questi, ai sensi dell’art. 1,
co. 6, lett. a),
n. 5), della L. 249/1997, le imprese editrici di giornali quotidiani, di
periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale, nonché le
imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa
l'editoria elettronica e digitale”[15].
Sull’argomento si ricorda
che l’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, nella relazione al Parlamento riferita al 2002, mise in rilievo i problemi di coordinamento
tra la previsione recata dall’art. 16 della
L. 62/2001 – che fa riferimento, sostanzialmente, agli editori tenuti all’iscrizione al ROC – e le disposizioni di cui
all’art. 5 della L. 47/1948, che si riferisce ai proprietari che hanno l’obbligo di
registrare le testate presso i tribunali. A tali incertezze, evidenziava la
relazione, “si è tuttavia posto rimedio attraverso un’interpretazione
restrittiva della norma di nuova introduzione, individuando l’ambito di operatività esclusivamente
nei confronti di coloro che sono, allo
stesso tempo, editori e proprietari della testata, cosicché solo per questi
opera il regime di esenzione dall’obbligo di registrazione presso i tribunali”[16].
Alla
luce di quanto ricordato dall’AGCM circa il regime di esenzione dall’obbligo di
registrazione presso i tribunali, occorre riflettere sulla formulazione del
testo.
4.2.4.
Composizione
delle imprese editrici e requisito della mutualità prevalente
L’alinea dell’articolo 2, comma 3, dell’A.C. 3345 fa
testualmente riferimento ai
requisiti che, in aggiunta a quelli previsti dai commi 1 e 2, devono essere
posseduti da (tutti) i soggetti beneficiari delle risorse.
Tuttavia,
il requisito recato dalla lett. a) sembrerebbe riferito alle sole cooperative
editrici. Infatti, si prevede:
§
la composizione esclusiva con giornalisti, poligrafici e
grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti;
§
l’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato della “maggioranza dei soci dipendenti della cooperativa”, mantenendo il requisito della
prevalenza dei giornalisti;
§
il possesso del requisito della mutualità prevalente[17] per l’esercizio di riferimento dei contributi.
Si tratta dei requisiti fissati dalla normativa vigente con riferimento alle cooperative
editrici (art. 1, co. 4, lett. a), del D.L. 63/2012)[18].
Occorre,
dunque, chiarire se la disposizione sia riferita alle sole cooperative editrici, ovvero se si intenda introdurre quale
requisito per l’accesso ai contributi la costituzione di tutte le imprese
editrici come cooperative.
La disciplina
della mutualità prevalente
Il requisito
della mutualità prevalente è desumibile dagli artt. 2512, 2513 e 2514 del
codice civile, come modificati dal D.lgs. 6/2003 (riforma del diritto
societario), che ha introdotto la distinzione tra “cooperative a mutualità
prevalente” e “altre cooperative”.
Ai sensi dell’art. 2512 c.c. sono società
cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio
mutualistico, quelle che:
1) svolgono la
loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni
o servizi (c.d. cooperative di consumo o
di utenza: in sostanza in queste cooperative lo scambio mutualistico si
realizza attraverso l'acquisto, da
parte dei soci, dei beni e/o dei
servizi forniti dalla società);
2) si avvalgono
prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni
lavorative dei soci (c.d. cooperative di
lavoro);
3) si avvalgono
prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o
servizi da parte dei soci (c.d. cooperative
di conferimento).
Le società
cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano
annualmente i propri bilanci[19].
L’articolo 2513 fissa i criteri per la definizione
di prevalenza e stabilisce che gli amministratori e i sindaci documentano
la condizione di prevalenza nella nota integrativa al bilancio, evidenziando
contabilmente i seguenti tre parametri:
a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle
vendite e delle prestazioni ai sensi dell'articolo
2425, primo comma, punto A1 (ipotesi
riferita alle cooperative di consumo o di utenza);
b) il costo del lavoro dei soci è superiore al
cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto
B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico (ipotesi riferita alle cooperative di lavoro);
c) il costo della produzione per servizi ricevuti
dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al
cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all'articolo 2425, primo comma, punto
B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all'articolo 2425, primo comma, punto
B6 (ipotesi riferita alle cooperative di
conferimento).
Pertanto,
l’elemento che caratterizza la cooperativa a mutualità prevalente è la prevalente remunerazione dell’apporto
mutualistico dei soci, anziché del capitale.
Ai sensi dell’articolo 2514 (requisiti) le
cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:
a) il divieto di
distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni
postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale
effettivamente versato;
b) il divieto di
remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci
cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto
per i dividendi;
c) il divieto di
distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d) l'obbligo di
devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio
sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente
maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione.
Con il decreto
del Ministero delle attività produttive 30 dicembre 2005 (G.U. n. 20 del 25
gennaio 2006) sono stati fissati i regimi derogatori ai criteri per la
definizione della prevalenza di cui all’art. 2513 c.c.
In particolare,
nel valutare la prevalenza secondo i parametri definiti dall’articolo 2513, per
le cooperative giornalistiche di cui
alla L. 416/1981, non si computa il costo del lavoro dei soggetti con i quali
la cooperativa instaura, nei limiti e alle condizioni previste da disposizioni
di legge, rapporti di lavoro occasionale.
Per le cooperative di editori
che gestiscono agenzie giornalistiche, i ricavi
derivanti dalle prestazioni di servizi di informazione sono assimilabili a
quelli provenienti dall'attività con i soci, quando derivano dallo svolgimento
di attività con le pubbliche amministrazioni per le quali il corrispettivo sia
espressamente determinato in misura pari ai costi sostenuti per la produzione
dei servizi medesimi o si riferisca a servizi acquistati, ai sensi dell'art. 55, comma 24, della L. 449/1997,
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per soddisfare l'interesse pubblico
connesso alle esigenze istituzionali di informazione.
Le dinamiche
inerenti la perdita dello status di cooperativa a mutualità prevalente sono
regolamentate dall’art. 2545-octies c.c.
La cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando,
per due esercizi consecutivi, non rispetti la condizione di prevalenza, di cui all'articolo 2513, ovvero quando
modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514[20].
4.2.5.
Divieto
di distribuzione degli utili
L’articolo 2, comma 3, lett.
b), dell’A.C. 3345 – confermando quanto già previsto dalla normativa vigente
– dispone che per l’accesso alle risorse è necessaria l’adozione con norma
statutaria del divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di
riscossione dei contributi e nei dieci esercizi
successivi.
Al riguardo si ricorda che
l’art. 1, co. 6, del D.L. 63/2012 ha previsto che il
disposto di cui all’art. 3, co. 2, lett. d), della L. 250/1990 – identico a
quello previsto dal testo in esame – si
applica a tutte le imprese editrici che percepiscono contributi diretti.
4.2.6.
Applicazione del CCNL e numero minimo di dipendenti
L’articolo 2, comma 3, lett. c), dell’A.C. 3345 prevede
come requisito l’applicazione del contratto collettivo nazionale di
lavoro di riferimento, mentre la lett. d) dispone
che, nel caso di costituzione come impresa, è necessario l’impiego, in tutto
l’anno al quale è riferita l’erogazione del contributo, di almeno 5 dipendenti, con prevalenza di giornalisti, assunti con
contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Per
completezza, si anticipa che – come si vedrà più avanti (v. infra, scheda relativa a Fondo per il pluralismo e l’innovazione
dell’informazione e Fondo per il diritto all’informazione, par. 3.1. Calcolo dei contributi) – l’A.C. 3317 delega il Governo a prevedere criteri che colleghino l’entità del
contributo alle politiche occupazionali e all’applicazione dei contratti
collettivi nazionali di lavoro.
Al riguardo si ricorda che
nel DPR 223/2010 il dato relativo
all’occupazione professionale rilevava sia come requisito per l’accesso ai contributi (si veda, ad es., art. 2, co.
2: le cooperative devono essere composte in prevalenza da giornalisti e la
maggioranza dei soci, mantenendo il medesimo criterio di prevalenza, deve
risultare dipendente della cooperativa, con contratto di lavoro a tempo pieno
ed indeterminato), sia come parametro ai
fini del calcolo dei contributi (si veda, ad es., art. 4).
Successivamente, l’art. 1, co. 4, del D.L. 63/2012 ha fatto riferimento al dato occupazionale (lett. a): le
cooperative devono essere composte esclusivamente da giornalisti, poligrafici,
grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti e devono avere la maggioranza
dei soci dipendenti della cooperativa con contratto di lavoro a tempo
indeterminato, mantenendo il requisito della prevalenza dei giornalisti; lett. b): numero
minimo di dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con
contratto di lavoro a tempo indeterminato) solo ai fini della definizione dei requisiti per l’accesso
ai contributi (contestualmente, l’art. 6 del D.L. 63/2012 ha disposto
l’abrogazione delle disposizioni del DPR 223/2010 citate).
In particolare, la lett. b) del co. 4 citato ha previsto quale requisito per
l’accesso ai contributi da parte di imprese editrici di cui alla L. 250/1990,
art. 3, co. 2 e 2-quater (quotidiani e
periodici editi da cooperative di giornalisti), 2-bis (quotidiani la
cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti
morali non aventi scopo di lucro), 2-ter (quotidiani editi
in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d’Aosta,
Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige), e di cui all’art. 153, co. 2,
della L. 388/2000, e all’art. 20, co. 3-ter
del D.L. 223/2006 (imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche), l’impiego,
nell'intero anno di riferimento del contributo, di un numero minimo di
dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto
di lavoro a tempo indeterminato, pari a 5
o 3, rispettivamente nel caso di imprese editrici di quotidiani o periodici.
4.2.7.
Percentuali minime di vendita
L’articolo 2, comma 3, lett. e),
dell’A.C. 3345 dispone che, per
accedere alle risorse, le cooperative giornalistiche editrici di giornali e
periodici, le agenzie di informazione radiofonica costituite come cooperative
giornalistiche, le imprese editrici di quotidiani e periodici la cui
maggioranza di capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali
senza scopo di lucro, le imprese editrici di quotidiani espressione delle
minoranze linguistiche, le società cooperative editrici di quotidiani e
periodici organi di forze politiche devono dimostrare che la testata sia venduta nella misura di almeno il 30% delle copie distribuite per le testate nazionali e di almeno il 35% per le testate locali.
Per le testate
nazionali, si tratta di una elevazione del requisito richiesto, ai medesimi
soggetti, dall’art. 1, co. 2, del D.L. 63/2012.
In base all’art.
1, co. 2, del medesimo D.L. 63/2012,
è considerata testata nazionale quella distribuita in almeno tre regioni e con
una percentuale di distribuzione in ciascuna regione non inferiore al 5% della
propria distribuzione totale. Lo stesso comma prevede che le imprese indicate
possono richiedere i relativi contributi a condizione che la testata sia
venduta, per le testate nazionali, nella misura di almeno il 25%, e, per le
testate locali, di almeno il 35% delle copie distribuite.
Stabilisce,
inoltre, che per copie distribuite
si intendono quelle poste in vendita
presso le edicole o presso punti di vendita non esclusivi (v. infra), tramite contratti con società di distribuzione esterne, che non devono
essere né controllate dall'impresa editrice richiedente il contributo né ad
essa collegate, nonché quelle distribuite
in abbonamento a titolo oneroso.
Sono escluse le copie diffuse e vendute
tramite lo strillonaggio, quelle
oggetto di vendita in blocco –
intesa come vendita ad un unico soggetto di una pluralità di copie (a
prescindere, dunque, dal prezzo e dalle modalità di vendita) - e quelle per le
quali non è individuabile il prezzo di
vendita.
Sono ammesse al calcolo le copie vendute mediante abbonamento
sottoscritto da un unico soggetto per una pluralità di copie, qualora l’abbonamento specifichi anche i singoli beneficiari
(finali) e il “prezzo di vendita”
delle singole copie vendute “non sia
inferiore al 20 per cento del prezzo di copertina”[21], nonché quelle cedute in connessione con il versamento di quote associative
destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante
espressa doppia opzione.
Si tratta
esattamente di quanto previsto dall’art. 1, co. 3, del D.L. 63/2012.
Infine, prevede che le modalità
di certificazione dei dati relativi a distribuzione e vendita sono
individuate con il DPCM che, in base all’art. 1, co. 3, deve definire i criteri
e le modalità per la ripartizione delle risorse del Fondo per il diritto
all’informazione (v. infra).
In base all'art. 3, co. 2, lett.
g), della L. 250/1990 i contributi sono concessi alle imprese editrici a
condizione che abbiano sottoposto l'intero bilancio
di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione (scelta tra quelle di
cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB).
Ai sensi dell’art.
2, co. 2, lett. a),
del D.L. 63/2012, i costi sostenuti dall’impresa devono
risultare dal bilancio di esercizio e dal relativo prospetto analitico, che
deve far parte della relazione di
certificazione del bilancio, mentre, ai sensi dell’art. 1, co. 4, lett. c), i dati relativi alla tiratura, alla distribuzione e alla vendita sono attestati da dichiarazioni sostitutive di atto notorio,
rese dal legale rappresentante dell'impresa, e sono comprovati da apposita certificazione analitica rilasciata da
una società di revisione (iscritta nell'apposito albo tenuto dalla CONSOB)[22].
1.
Istituzione e finalità dei Fondi
L’articolo
1, comma 1, dell’A.C. 3317 istituisce
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, che - in
base al comma 2 - ha durata quinquennale.
In particolare, il Fondo è finalizzato:
· ad assicurare l’attuazione dei principi
costituzionali in materia di libertà e di pluralismo dell’informazione;
· ad incentivare l’innovazione dell’offerta informativa
e lo sviluppo di nuove imprese editoriali anche nel settore dell’informazione
digitale.
Sulle finalità del Fondo interviene anche l’articolo 2 che, oltre a ribadire le finalità già presenti nell’art. 1,
inserisce un riferimento alla capacità delle imprese di investire e di
acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo.
Sembrerebbe opportuno unificare
gli articoli 1 e 2, evitando le ripetizioni di finalità.
L’articolo
1, comma 2, dell’A.C. 3345 istituisce,
sempre presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo per il diritto all’informazione, per il quale non prevede limiti temporali.
Il comma
1 specifica che tutte le previsioni della legge sono finalizzate a
garantire i principi della libertà e del diritto all’informazione.
2.
Risorse che affluiscono ai Fondi
L’articolo
1, comma 2, dell’A.C. 3317 dispone che al Fondo per il
pluralismo e l’innovazione dell’informazione affluiscono tutte le risorse statali destinate al sostegno
dell’editoria, comprese le risorse del Fondo straordinario istituito
dall’art. 1, co. 261, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) (v. ante).
L’articolo
1, comma 2, dell’A.C. 3345 dispone
che nel Fondo confluiscono, fino ad un
massimo di 600 milioni di euro, le risorse del bilancio statale destinate
al sostegno dell’editoria quotidiana, periodica, radiofonica e digitale, nonché
quota parte delle risorse derivanti dall’obbligo di apertura della partita IVA
per gli operatori pubblicitari del web - introdotta dall’art. 3 – e dal
contributo di solidarietà a carico degli operatori della filiera pubblicitaria,
previsto dall’art. 4.
Nella legge di bilancio, la maggior
parte delle spese per interventi di sostegno ai settori dell’informazione e
dell’editoria, di competenza del
Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio,
sono allocate nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, all’interno della missione
Comunicazioni,
Programma Sostegno all’editoria.
Si tratta, in particolare,
dei seguenti capitoli:
§
2183, esposto in tab. C della legge di stabilità, Fondo occorrente per gli interventi
dell’editoria (€ 102,7 mln nel ddl di bilancio
per il 2016);
§
7442, esposto in tab. C della legge di stabilità, Fondo occorrente per gli investimenti del
Dipartimento dell’editoria (€ 8,7 mln nel ddl di
bilancio per il 2016);
§
1501, somme finalizzate alla corresponsione alle concessionarie
dei servizi di telecomunicazioni dei rimborsi
per le agevolazioni tariffarie per le imprese editrici, comprese le somme
relative agli anni pregressi (€ 28,3 mln nel ddl di bilancio per il 2016);
§
2190, Fondo straordinario per gli
interventi di sostegno all’editoria[23] (€ 21,4 mln nel ddl di bilancio per il 2016).
Parte delle spese per gli interventi nel settore
dell’informazione insistono, inoltre, a partire dall’esercizio 2009, nello
stato di previsione del Ministero dello
Sviluppo economico, al quale l’art. 1, co. 7,
del D.L. 85/2008 (L. 121/2008) ha trasferito le funzioni del Ministero delle
comunicazioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale.
Infatti, nell’ambito della
missione Comunicazioni, programma Servizi di comunicazione elettronica, di
radiodiffusione e postali, sono previsti stanziamenti di parte corrente
riguardanti specificamente la materia radiotelevisiva. Si tratta del capitolo cap.
3121, contributi e rimborso oneri alle emittenti radiofoniche e televisive in
ambito locale (€ 49,5 mln nel ddl di bilancio
2016).
Risulta invece al momento
privo di stanziamenti per il 2016 il cap. 3021,
relativo agli oneri per il servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
3.
Ripartizione ed erogazione dei Fondi
3.1. Calcolo dei contributi
L’articolo 2 dell’A.C. 3317 dispone che il Fondo è ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri o del sottosegretario appositamente delegato.
Per il calcolo dei contributi, prevede sia alcuni principi e criteri direttivi, da attuare nell’ambito della delega
al Governo, sia alcune disposizioni che
si applicano sin da subito (nelle more dell’entrata in
vigore della nuova disciplina che verrà definita con i decreti legislativi).
Nell’ambito della delega, l’articolo 3, comma 2, lett. e), n. 5), indica innanzitutto quale
principio e criterio direttivo la previsione di un tetto massimo al contributo liquidabile a ciascuna impresa, legato
all’incidenza percentuale del
contributo sul totale dei ricavi (e
non più al contributo complessivo corrisposto per il
2010) e fino alla misura
massima del 50%.
Al contempo, l’articolo 4, commi 1, lett. a), e 2 – novellando l’art. 2, co.
2, alinea, del D.L. 63/2012 – stabilisce l’applicazione, a decorrere dai contributi relativi al 2015, del medesimo criterio direttivo,
rispetto al quale, tuttavia, aggiunge la specifica che la percentuale sui
ricavi è calcolata “al netto del contributo medesimo”[24].
Ai sensi dell’art.
2 del D.L. 63/2012, l’importo complessivo del contributo
corrisposto a ciascuna impresa di cui alla L. 250/1990 (art. 3, co. 2, e 2-quater - quotidiani
e periodici editi da cooperative giornalistiche -,
2-bis - quotidiani
la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti
morali senza scopo di lucro -, 2-ter - quotidiani
in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle
d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige; quotidiani italiani editi
e diffusi all'estero), e di cui all’art. 153, co. 2, della L. 388/2000, e
all’art. 20, co. 3-ter del D.L.
223/2006 (imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche)
– che non può comunque superare quello
riferito al 2010 – deriva dalla somma di una quota rapportata ai costi ammissibili
sostenuti dall’impresa editrice e di una quota
rapportata alle copie vendute[25]. Per entrambe
le quote sono previsti limiti
differenziati, in particolare, per quotidiani
nazionali e quotidiani locali.
Nello specifico, la quota rapportata ai costi ammissibili[26] – che consiste
in una percentuale fino al 50% dei
costi ritenuti ammissibili – non può comunque superare € 2,5 milioni per i
quotidiani nazionali, € 1,5 milioni per
i quotidiani locali e per i quotidiani in lingua francese, tedesca,
ladina o slovena nelle regioni autonome Val D’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e
Trentino-Alto Adige e i quotidiani
italiani editi e diffusi all’estero, e €
0,3 milioni per i periodici.
Con riguardo alla quota
correlata al numero di copie vendute,
a ciascuna impresa è corrisposto un importo unitario – comunque non superiore
all’effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia – fino a € 0,25 per i quotidiani nazionali, a € 0,20 per i quotidiani locali, e a € 0,40 per i periodici. L’importo
complessivo della quota rapportata alle vendite non può comunque essere
superiore a € 3,5 milioni per i quotidiani, senza differenziazione tra diffusione nazionale e locale, e a € 0,2
milioni per i periodici.
Sempre
nell’ambito della delega, l’articolo 3, comma 2, lett.
e), dell’A.C. 3317 prevede questi
ulteriori principi e criteri direttivi in materia di criteri di calcolo dei
contributi:
§
superamento della distinzione tra testata nazionale e testata locale (n. 1).
Come si è già visto, nella normativa vigente la distinzione tra testata nazionale e testata
locale rileva, prima che per la liquidazione dei contributi, nell’ambito dei requisiti per l’accesso agli stessi. Tale aspetto, tuttavia, non è
esplicitamente ricompreso tra i principi e criteri direttivi della delega.
Occorre, pertanto, un chiarimento in ordine alla
volontà di superare (o meno) tale distinzione anche con riferimento ai
requisiti per l’accesso ai contributi;
§
graduazione del
contributo in funzione del
numero di copie annue vendute,
prevedendo, in particolare, più scaglioni
cui corrispondono quote diversificate di
rimborso dei costi di produzione e
per copia venduta (n. 2).
Al riguardo, si ricorda che la disciplina per il
calcolo dei contributi recata dalla L. 250/1990 prevedeva, per la parte
variabile del contributo, somme differenziate per scaglioni determinati dal
numero di copie di tiratura media. Successivamente, a partire dal D.P.R.
223/2010, il sistema degli scaglioni è stato sostituito da una quota
direttamente proporzionale al numero di copie (distribuite in base al medesimo
DPR; vendute a seguito del D.L. 63/2012);
§
valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale dell’offerta e
del modello imprenditoriale, anche mediante la previsione di un aumento delle relative quote di rimborso (n. 3);
§
previsione di criteri che collegano l’entità del
contributo anche alle politiche
occupazionali e all’applicazione dei contratti collettivi nazionali di
lavoro (n. 4).
Già a decorrere dai contributi relativi al 2015, l’articolo
4, commi 1, lett. b),
e 2, dell’A.C. 3317 – abrogando
l’art. 2, co. 4, secondo periodo, del D.L. 63/2012 – stabilisce la
soppressione della riserva pari al 5%
dell’importo stanziato per i contributi diretti sul pertinente capitolo del
bilancio del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del
Consiglio dei Ministri destinata ai
contributi in favore di periodici editi
da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da
cooperative, fondazioni o enti morali senza
scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990).
In virtù di tale soppressione, dunque, la
suddetta categoria di imprese concorrerà nella ripartizione generale delle
risorse da destinare ai contributi diretti.
L’articolo
1, comma 3, dell’A.C. 3345
prevede, invece, la previa definizione di criteri
e modalità per la ripartizione delle risorse mediante un decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, da emanare – entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
legge – di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con
il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo
economico, acquisiti i pareri delle
Commissioni parlamentari competenti e delle organizzazioni sindacali più rappresentative nel settore dell’editoria.
Peraltro, alcuni criteri preferenziali nell’attribuzione delle risorse del Fondo sono già indicati nel comma 4 dell’articolo 2, senza che sia indicato se l’elencazione corrisponda ad un ordine di priorità. Le priorità – alcune raffrontabili con i principi e criteri direttivi indicati dall’A.C. 3317 per il calcolo dei contributi – riguardano:
§ le assunzioni a tempo indeterminato di professionisti della comunicazione e dell’informazione di età inferiore a 35 anni (lett. a));
§ i processi di ristrutturazione o riorganizzazione in corso per crisi aziendale, allo scopo di sostenere gli oneri derivanti dagli ammortizzatori sociali (lett. b));
§ le iniziative di formazione per i
dipendenti dell’azienda relative all’innovazione
digitale, finalizzate all’elaborazione di prodotti editoriali innovativi (lett. c));
§ la multimedialità e la fruibilità su dispositivi digitali del
progetto editoriale (lett. d));
§
la capacità del progetto editoriale di favorire
l’integrazione fra diverse culture e lingue (lett. e)).
3.2. Erogazione dei contributi
Solo l’A.C.
3317 dispone in materia di erogazione
dei contributi, indicando – anche in
questo caso – sia criteri e principi direttivi nell’ambito della delega al Governo,
sia disposizioni che si applicano nelle more dell’entrata in vigore
della nuova disciplina che verrà definita con i decreti legislativi.
In particolare, nell’ambito della delega, l’articolo
3, co. 2, lett.
f), dispone che occorre prevedere regole
di liquidazione dei contributi diretti quanto
più possibile omogenee e uniformi
per le diverse tipologie di imprese destinatarie.
La lett. g) del medesimo comma prevede la semplificazione del procedimento
amministrativo per la liquidazione dei contributi - anche con riferimento agli
apporti istruttori demandati a soggetti esterni alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri - al fine di addivenire a tempi di liquidazione minori.
Al contempo, l’articolo 4, commi 1, lett. c), e 2 – inserendo il comma 7-bis
all’art. 2 del D.L. 63/2012 – stabilisce che, a
decorrere dai contributi relativi al
2015, le somme da corrispondere
annualmente a ciascuna impresa sono erogate in due rate. In particolare, la prima
rata – pari al 30% del
contributo erogato nell’anno precedente
a quello per il quale si richiede il contributo – è versata entro il 30 maggio.
La seconda
rata è liquidata entro il termine di
conclusione del procedimento.
Si specifica, inoltre, che, all’atto dei
pagamenti, l’impresa deve essere in regola con le attestazioni rilasciate
dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni[27] e con
i versamenti previdenziali e non deve risultare inadempiente in esito alla
verifica di cui all’art. 48-bis del
D.P.R. 602/1973.
In materia, si rammenta che il primo periodo del citato art.
2, co. 7, del D.L. 63/2012 ha
assoggettato l’erogazione dei contributi diretti alla stampa alla disciplina dei pagamenti da parte delle
pubbliche amministrazioni, contenuta nelle disposizioni in materia di
riscossione delle imposte sui redditi recate dall’art. 48-bis del DPR 602/1973.
Per effetto di tale previsione, prima di erogare
contributi per somme superiori a 10.000 euro, gli enti competenti dovranno
verificare eventuali inadempienze, da parte del beneficiario, rispetto
all’obbligo di versamento derivante da cartelle di pagamento, per un ammontare
complessivo pari al predetto importo; in caso di riscontro positivo, non si
dovrà procedere al pagamento, salvo che per le somme eccedenti l’ammontare del
debito d’imposta inadempiuto[28].
L’articolo
4, comma 3, concerne modalità e tempistica relative alle domande per l’ammissione al sostegno
pubblico, in particolare anticipando la presentazione di parte della
documentazione integrativa. Anche tali disposizioni sono valide a decorrere dai
contributi relativi al 2015.
Riprendendo in parte quanto già previsto
dall’art. 1 del DPR 223/2010, dispone che le domande, sottoscritte dal legale
rappresentante dell’impresa, possono essere presentate – ora, esclusivamente
per via telematica e con firma digitale
– dal 1° al 31 gennaio dell'anno
successivo a quello di riferimento dei contributi, secondo le modalità indicate nel sito internet del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza
del Consiglio dei ministri, corredate di parte della documentazione.
In particolare, si dispone che le stesse
devono essere corredate dei documenti istruttori o delle dichiarazioni
sostitutive attestanti:
§ l’assetto societario;
§ il numero dei giornalisti dipendenti
associati;
§ la mutualità prevalente;
§ il divieto di distribuzione degli utili;
§ l’anzianità di costituzione e di edizione
della testata;
§ la periodicità e il numero delle uscite;
§ l’insussistenza di situazioni di collegamento
o di controllo previste dall’art. 3, co. 11-ter,
della L. 250/1990, e dall’art. 1, co. 574, della L. 266/2005;
§ l’iscrizione al registro delle imprese;
§ gli estremi delle posizioni contributive
presso istituti previdenziali;
§ la proprietà o la gestione della testata[29].
Si prevede, inoltre, che, nel medesimo
termine, le imprese devono far pervenire un campione di numeri della testata edita.
Per l’ulteriore documentazione (bilancio di
esercizio, corredato della nota integrativa e degli annessi verbali; prospetti
dei costi e delle vendite), rimane fissato il termine del 30 settembre dell’anno successivo a quello di riferimento del
contributo.
Tale documentazione integrativa deve essere certificata da soggetti iscritti nel
registro dei revisori legali, istituito presso il MEF, di cui si è già detto.
In base all’art.
1 del DPR 223/2010, le domande per la concessione dei
contributi di cui all'art. 3 della L. 250/1990, sottoscritte dal legale
rappresentante, devono essere presentate per via telematica – o, nel caso di
impossibilità per l’impresa, mediante raccomandata – entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento dei
contributi.
La documentazione
istruttoria[30] deve essere
trasmessa, mediante raccomandata postale con avviso di ricevimento o per via
telematica e deve pervenire entro il 30
settembre dell'anno in cui è stata presentata la domanda.
Il termine per
la conclusione del procedimento relativo all’erogazione dei contributi
diretti scade il 31 marzo dell’anno
successivo a quello di presentazione delle relative domande[31] (art. 2, co. 7,
del D.L. 63/2012).
Rispondendo all’interrogazione 4-09570 (v. all. B del 19 ottobre 2015), il rappresentante del Governo ha fatto presente che “peraltro, negli ultimi anni il dipartimento è riuscito a liquidare i contributi alla maggior parte delle imprese aventi diritto (a circa l'80 per cento delle imprese) entro il 31 dicembre, quindi con largo anticipo rispetto alla scadenza di legge del 31 marzo dell'anno successivo”.
L’articolo
4, comma 4, lett. b), dell’A.C. 3317 introduce nell’ordinamento la
definizione di testata, intesa come
il titolo del giornale, della
rivista o di altra pubblicazione periodica, avente una funzione e una capacità distintiva nella misura in cui
individua una pubblicazione.
A tal fine, novella l’art. 1, co. 3, della L.
62/2001, con decorrenza dal 1°
gennaio 2016.
La relazione
illustrativa evidenzia che la definizione introdotta è conforme a quanto
sancito dal Consiglio di Stato (Sez. III) con la sentenza
n. 4665 del 19 settembre 2013, con cui è stato accolto il ricorso per la riforma della Sentenza del TAR Lazio n. 5838 del 26 giugno 2012, che aveva
annullato la delibera con cui l’AGCOM aveva inflitto una sanzione
amministrativa per violazione dell’obbligo di comunicare la variazione
concernente la pubblicazione di una nuova testata quotidiana, ritenendo (il
TAR) che – malgrado la diversa denominazione – si fosse, di fatto, in presenza
di una mera edizione locale di una testata nazionale già registrata.
1.
Edicole
Nell’ambito della
delega, l’articolo 3, comma 2, lett. l),
dell’A.C. 3317 contiene i principi e
criteri direttivi riguardanti lo stadio finale del canale distributivo,
rappresentato dalle edicole, e fa riferimento sia al loro ruolo, come servizio di prossimità per i
consumatori e di copertura territoriale
per gli editori, sia ai livelli
occupazionali del settore.
I criteri direttivi
prevedono, anzitutto, di:
§ dare seguito al
processo di progressiva liberalizzazione
della vendita di prodotti editoriali, favorendo l'adeguamento della rete alle
mutate condizioni e mitigando gli
effetti negativi di breve termine;
§
promuovere, di concerto con le regioni, un regime di piena liberalizzazione degli
orari di apertura dei punti di vendita e rimuovere gli ostacoli che
limitano la possibilità di ampliare l'assortimento dei punti di vendita all'intermediazione di altri beni e servizi,
con lo scopo di accrescerne le fonti di ricavo potenziale;
§ promuovere
iniziative di concentrazione strategica
dei punti di vendita, al fine di creare le condizioni per lo sviluppo di nuove
formule imprenditoriali commerciali.
La disciplina delle modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e
periodica è recata principalmente dal d.lgs.
170/2001.
In base all’art.
2 dello stesso, il sistema di vendita è articolato, su tutto il territorio nazionale,
in punti vendita esclusivi (esercizi
tenuti alla vendita generale di
quotidiani e periodici) e non esclusivi
(esercizi che, in aggiunta ad altre merci, sono autorizzati alla vendita di
quotidiani o periodici[32]).
Occorre, peraltro, evidenziare che la differenziazione
fra punti vendita esclusivi e punti vendita non esclusivi è stata attenuata
dall’art. 34, co. 3, lett.
d), del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) – che ha disposto l'abrogazione di tutte le restrizioni alla
commercializzazione di prodotti, senza escludere i punti di vendita della
stampa quotidiana e periodica dall’ambito di applicazione[33] – e dall’art. 39, co. 1, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012) che,
introducendo la lett. d-bis) all’art. 5, co. 1, del D.lgs. 170/2001, ha stabilito che gli edicolanti possono vendere presso la
propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa.
Rispetto a tale quadro normativo, il testo in
esame prevede ora una estensione anche all’intermediazione di servizi.
Sotto l’aspetto
dell’organizzazione della filiera, il d.lgs.170/2001 pone, agli artt. 2 e 6, specifici obblighi di programmazione e pianificazione tanto
in capo alle regioni, obbligate ad
emanare indirizzi in materia, quanto in capo ai comuni, tenuti, nel rispetto
dei predetti indirizzi, a dotarsi di appositi piani di localizzazione dei punti vendita esclusivi, sulla base dei
quali rilasciare poi le singole autorizzazioni per l'esercizio dell'attività.
Al riguardo si ricorda che l’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, con segnalazione AS1137 - proposte di riforma concorrenziale ai fini della
legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014, del luglio 2014, ha rilevato la necessità di superare ogni discriminazione non giustificata
che sia idonea a tradursi in un ostacolo allo sviluppo dell’industria
editoriale. L’Autorità ha proposto di superare il regime autorizzatorio
previsto dal d.lgs. 170/2001, che dispone, come sopra ricordato, “la
predisposizione di piani comunali di localizzazione elaborati secondo criteri che prescindono dalle dinamiche di mercato
(densità della popolazione, numero di famiglie, caratteristiche urbanistiche e
sociali di ogni zona o quartiere, entità delle vendite, rispettivamente, di
quotidiani e periodici, ecc.), senza che dette restrizioni trovino una
giustificazione in effettive esigenze di tutela di interessi imperativi”.
Il mancato adeguamento
dell’offerta alle effettive esigenze della domanda, secondo l’Autorità,
“comporta un peggioramento della qualità dei servizi forniti a danno dei
consumatori”.
Un ulteriore
criterio direttivo concerne il completamento dell’informatizzazione delle strutture, al fine di connettere i punti di
vendita e di costituire una nuova rete integrata capillare nel territorio.
Al riguardo, si ricorda che, al fine di favorire la modernizzazione del sistema di
distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, l’art. 4, co. 1, del D.L. 63/2012 aveva reso obbligatoria, a decorrere dal 1° gennaio
2013, la tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici,
attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre[34].
Inoltre, per sostenere
l'adeguamento tecnologico degli operatori, aveva previsto l’attribuzione di un credito di imposta per l’anno 2012[35].
Successivamente, l’art. 1, co. 334, della L.
147/2013 (L. stabilità 2014) aveva prorogato
al 31 dicembre 2014 il termine a
decorrere dal quale doveva divenire obbligatoria la tracciabilità delle vendite
e delle rese di quotidiani e periodici e aveva previsto l’accesso nel 2014 al credito
di imposta già previsto per il 2012[36].
Da ultimo, l’art. 1, co. 185, della L. 190/2014 (L. stabilità 2015) ha
ulteriormente prorogato al 31 dicembre
2015 il suddetto termine per la tracciabilità e ha previsto l’accesso nel 2015 al credito d’imposta previsto originariamente per l’anno 2012 e poi
differito all’anno 2014[37].
2.
Parità di trattamento
L’articolo
5 dell’A.C. 3317 limita, a
decorrere dal 1° gennaio 2016, la previsione relativa alla garanzia della parità di trattamento delle diverse
testate nella vendita di quotidiani e periodici da parte dei punti vendita esclusivi, alle pubblicazioni “regolari”, in occasione della loro prima immissione
nel mercato.
Per pubblicazioni regolari si intendono
quelle che:
§ sono registrate presso il tribunale (v. osservazione par. 4.2.3. della scheda
relativa a Ridefinizione del sostegno pubblico all’editoria);
§ sono diffuse al pubblico con periodicità
regolare;
§ rispettano tutti gli obblighi previsti dalla
L. 47/1948;
§ recano stampati sul prodotto, in posizione
visibile, la data, la periodicità effettiva, il codice a barre e la data di
prima immissione nel mercato.
L’art. 4 del
già citato d.lgs. 170/2001 prevede
che, nella vendita di quotidiani e periodici, i punti vendita esclusivi
assicurano parità di trattamento
alle diverse testate. I punti vendita non esclusivi assicurano parità di
trattamento nell'àmbito della tipologia di quotidiani e periodici dagli stessi
prescelta per la vendita.
Sempre con riferimento alla parità di trattamento, si
ricorda che l’art. 16 della L. 416/1981 stabilisce che le imprese
di distribuzione devono garantire – a parità di condizioni rispetto ai punti di
vendita serviti e al numero di copie distribuite – il servizio di distribuzione
a tutte le testate giornalistiche che ne facciano richiesta.
Inoltre, l’art. 5, co. 1, del d.lgs.
170/2001 stabilisce che la vendita di
quotidiani e periodici deve essere effettuata nel rispetto dei seguenti principi:
a) il prezzo di vendita stabilito dal
produttore non può subire variazioni
in relazione ai punti di vendita,
esclusivi o non esclusivi, che effettuano la rivendita;
b) le condizioni
economiche e le modalità commerciali
di cessione delle pubblicazioni
devono essere identiche per le diverse tipologie di esercizi,
esclusivi e non esclusivi[38];
c) i punti di
vendita, esclusivi e non esclusivi, devono prevedere un adeguato spazio espositivo
per le testate poste in vendita;
d) è comunque vietata l’esposizione al pubblico di
giornali, riviste e materiale
pornografico;
d-bis) gli edicolanti – come già detto in precedente scheda - possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la
vigente normativa;
d-ter) gli edicolanti possono praticare
sconti sulla “merce venduta” e defalcare il valore del materiale
fornito in conto vendita e restituito, nel rispetto del periodo di permanenza
in vendita stabilito dall'editore, a
compensazione delle successive anticipazioni al distributore;
d-quater) fermi restando gli obblighi previsti per gli edicolanti a garanzia del
pluralismo informativo, la ingiustificata mancata fornitura, ovvero la
fornitura ingiustificata per eccesso o difetto, rispetto alla domanda da parte
del distributore costituiscono casi di pratica
commerciale sleale;
d-quinquies) le clausole contrattuali fra distributori ed
edicolanti, contrarie alla previsioni precedenti, sono nulle per contrasto con
norma imperativa di legge e non viziano il contratto cui accedono.
Per quanto concerne obblighi previsti dalla L.
47/1948 ulteriori rispetto a quello di registrazione - per il quale si
rinvia alla scheda di commento relativa a Ridefinizione
del sostegno pubblico all’editoria - si ricordano, in particolare, il possesso,
da parte del proprietario o della persona che esercita l’impresa giornalistica,
se diversa dal proprietario, dei requisiti
per l’iscrizione nelle liste elettorali politiche (art. 4) e la
pubblicazione di rettifiche (art.
8).
Alla luce del quadro normativo vigente,
dunque, gli elementi aggiuntivi per la qualificazione della pubblicazione come
“regolare” sarebbero costituiti dalle indicazioni relative a data di prima
immissione sul mercato, periodicità effettiva, codice a barre.
Sempre nell’ambito della delega, l’articolo 3, comma 2, lett. m), dell’A.C. 3317 prevede
come criterio direttivo la promozione di iniziative per la lettura dei quotidiani on line
nelle scuole di ogni ordine e grado, prevedendo agevolazioni e accordi con
gli editori.
Al riguardo si ricorda che dal settembre 2000
l’Osservatorio Permanente Giovani-Editori ha sviluppato l’iniziativa "Il
Quotidiano in Classe”, rivolta agli studenti delle scuole secondarie superiori.
Qui ulteriori
informazioni.
1.
Incentivazione fiscale degli investimenti
pubblicitari
L’articolo 3, comma 2, lett. n),
dell’A.C. 3317 prevede come ulteriore
criterio direttivo, nell’ambito della delega, l’incentivazione
fiscale degli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e
periodici, riconoscendo un particolare beneficio agli inserzionisti di micro,
piccola o media dimensione[39] e alle start
up innovative.
Dal Rapporto elaborato dalla Federazione italiana
editori e giornalisti (FIEG) “La stampa in
Italia 2011-2013”, presentato il 16 aprile 2014 - cui si rinvia per i
dati di dettaglio - emerge che nell’ultimo quinquennio il mercato pubblicitario
ha subito una fortissima contrazione. Gli investimenti sono fortemente
diminuiti e il fenomeno è stato particolarmente accentuato per la stampa, sia
quotidiana che periodica.
Al riguardo si ricorda che, ai fini delle imposte
dirette, le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio
in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei
quattro successivi (art. 108, co. 2, del D.P.R. 917/1986).
Ai fini dell'IVA, le spese di pubblicità, in quanto
inerenti, sono integralmente detraibili ai sensi dell'art. 19, co. 1, del
D.P.R. 633/1972.
Pertanto, ulteriori incentivazioni fiscali
potrebbero riguardare dei crediti d'imposta.
La startup innovativa è stata istituita con
l’art. 25 del D.L. 179/2012 (L.221/2012).
L'impresa start-up innovativa, ai fini del decreto-legge citato, è la
società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o
quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato
regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, che possiede i
seguenti requisiti: è costituita da non più di sessanta mesi; è residente in
Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti
all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbia una sede produttiva o
una filiale in Italia; a partire dal secondo anno di attività della start-up
innovativa, il totale del valore della produzione annua, così come risultante
dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio,
non è superiore a 5 milioni di euro; non distribuisce, e non ha distribuito,
utili; ha, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la
produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto
valore tecnologico; non è stata costituita da una fusione, scissione societaria
o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda; possiede almeno uno
dei seguenti ulteriori requisiti: le spese in ricerca e sviluppo, come descritte
nel citato decreto-legge, sono uguali o superiori al 15 per cento del maggiore
valore fra costo e valore totale della produzione della start-up innovativa; le
spese risultano dall'ultimo bilancio approvato e sono descritte in nota
integrativa o, in assenza di bilancio nel primo anno di vita, la loro
effettuazione è assunta tramite dichiarazione sottoscritta dal legale
rappresentante della start-up innovativa; impiego come dipendenti o
collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo
della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato
di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un'università
italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da
almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca
pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o
superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso
di laurea magistrale; sia titolare o depositaria o licenziataria di almeno una
privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a
una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale
ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore
originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per
elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all'oggetto
sociale e all'attività di impresa. Per questo tipo di impresa viene predisposto
un quadro di riferimento articolato e organico a livello nazionale che
interviene su materie differenti come la semplificazione amministrativa, il
mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali e
il diritto fallimentare.
2.
Disposizioni antielusive in materia di pubblicità on
line
L’articolo 3 dell’A.C. 3345 obbliga chi intenda acquistare servizi di pubblicità o spazi pubblicitari on line, ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana.
A tal fine, introduce l’art. 17.1. nel DPR 633/1972, che disciplina l’IVA.
Preliminarmente, si ricorda che si tratta della medesima previsione che era stata introdotta dall’art. 1, co. 33, della L. 147/2013, la cui applicazione era poi stata rinviata al 1° luglio 2014 dall’art. 1, co. 1, del D.L. 151/2013[40], e che, infine, è stata abrogata dall’art. 2, co. 1, lett. a), del D.L. 16/2014 (L. 68/2014).
Il comma 1 del nuovo art. 17.1. del DPR 633/1972 prevede che i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità on line, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA italiana.
Il comma 2 dello stesso art. 17.1. prevede, altresì, che anche gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (cd. servizi di “search advertising”), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito internet, debbano essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti titolari di partita IVA rilasciata dall'amministrazione finanziaria italiana. Tra i soggetti obbligati ad avere partita IVA italiana - in quanto venditori di spazi pubblicitari on line – sono citati gli editori, le concessionarie pubblicitarie, i motori di ricerca o altri operatori pubblicitari. Come per il comma 1, la previsione si applica anche qualora l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi o soggetti inserzionisti.
La disposizione in esame intende individuare il luogo (in tal caso, l’Italia) della tassazione degli incassi effettuati attraverso la pubblicità online da parte di imprese multinazionali con sedi in Paesi diversi.
Si segnala che la legge delega fiscale (L. 23/2014, art. 9, co. 1, lett. i)) aveva previsto l’introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale. Sul punto la delega, scaduta il 27 giugno 2015, non è stata attuata.
Il tema della fiscalità nell’economia digitale è stato affrontato in sede internazionale su più fronti. Da ultimo, il 5 ottobre 2015, l'OCSE ha presentato il Rapporto finale del progetto BEPS (Base erotion and profit shifting) nell'ambito dell'azione di contrasto alle politiche di pianificazione fiscale aggressiva il quale mira a contrastare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso giurisdizioni con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale. Scopo del progetto è coadiuvare i governi nell'ottica di proteggere la base imponibile, offrendo certezza ai contribuenti e al contempo con lo scopo di evitare che la legge nazionale consenta fenomeni di doppia imposizione e restrizioni al legittimo esercizio di attività di natura transnazionale.
La Commissione europea ha definito le sue proposte per la creazione di un Mercato Unico Digitale da attuare entro il 2016. La strategia si basa su tre pilastri: 1) migliorare l'accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa per i consumatori e le imprese; 2) creare un contesto favorevole e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi; 3) massimizzare il potenziale di crescita dell'economia digitale.
Da ultimo, si segnala
che alla Commissione Finanze della Camera è stato assegnato il progetto di
legge A.C.
3076, volto a
contrastare l'elusione fiscale nelle transazioni eseguite per via telematica,
con il quale si prevede, oltre ad un aggiornamento della definizione di stabile
organizzazione, una ritenuta alla
fonte sulle transazioni digitali.
L’attività di intermediazione nel
mercato della pubblicità
L'attività di intermediazione nel
mercato della pubblicità è svolta da vari soggetti, tra i quali assumono
maggiore rilievo i centri media e le agenzie di pubblicità.
A questo proposito si ricorda che
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha svolto una indagine
conoscitiva sul settore della raccolta pubblicitaria (Deliberazione n.
402/10/CONS, del 22 luglio 2010), dalla quale è emerso (Deliberazione n.
551/12/CONS, del 21 novembre 2012 ) che il sistema della
comunicazione pubblicitaria si compone di una complessa filiera – distinta tra
attività above
e below the line[41]. Il centro
media svolge, nel versante pubblicitario, una funzione di collegamento fra due
gruppi di attori: i clienti inserzionisti e le concessionarie di pubblicità.
Nel dettaglio, gli inserzionisti pubblicitari hanno la necessità di comunicare
ad un determinato target di consumatori e, pertanto, attraverso il centro media
soddisfano l'esigenza di programmare la propria campagna pubblicitaria sui
diversi mezzi di comunicazione e di acquistare spazi pubblicitari. Le
concessionarie di pubblicità ricevono l'incarico da parte degli editori di
collocare sul mercato gli spazi pubblicitari disponibili sui propri mezzi e si
avvalgono del centro media per contattare i potenziali clienti. La funzione
principale del centro media nei confronti dell'inserzionista di pubblicità
concerne la gestione del budget pubblicitario del cliente attraverso la
selezione della strategia di comunicazione commerciale dello stesso e, quindi,
la scelta nell'ambito della offerta di spazi pubblicitari resi disponibili
dalle concessionarie di pubblicità, dei veicoli in grado di massimizzare
l'efficacia e l'efficienza della campagna pubblicitaria. A tale scopo, il
centro media offre un servizio di acquisto di spazi pubblicitari (buying)
accompagnato da attività accessorie, sia ex
ante (definizione della strategia, pianificazione), sia ex post (gestione della campagna
pubblicitaria, misurazione dell'efficacia). Il centro media, operando nel
mercato in qualità di aggregatore della domanda degli inserzionisti, si
interfaccia anche con le concessionarie di pubblicità. Infatti, gestendo un
portafoglio clienti piuttosto vasto, soprattutto nel caso di agenzie di grandi
dimensioni, rappresenta un interlocutore professionale attraverso cui la
concessionaria è in grado di raggiungere e, quindi, di far conoscere le
potenzialità dei propri mezzi di comunicazione ad una pluralità di aziende
inserzioniste. Questo ruolo di aggregatore dal lato della domanda assume
particolare rilievo soprattutto per le concessionarie di minore dimensione che,
in genere, non sono dotate di reti di vendita diffuse in modo capillare sul
territorio nazionale, cosicché attraverso il centro media riescono a ridurre
notevolmente sia i costi di commercializzazione, sia quelli promozionali.
Dall'indagine emerge inoltre che il comparto dell'offerta dei servizi di
intermediazione pubblicitaria è stato caratterizzato negli ultimi anni da un
processo di concentrazione industriale intrapreso a livello internazionale, che
ha comportato un accentramento delle medesime attività in capo a pochi gruppi
multinazionali. A livello nazionale si è potuto osservare uno sviluppo del
tutto analogo, che ha visto una riduzione progressiva del numero di operatori
indipendenti. L'effetto di tale processo evolutivo è stato, dunque, quello di
aver aumentato, anche con riferimento al contesto nazionale, il livello di
concentrazione del mercato in esame.
L’articolo 4 dell’A.C. 3345 istituisce un contributo di solidarietà tra gli operatori del settore dell’informazione operanti nella filiera pubblicitaria, destinato al Fondo per il diritto all’informazione.
In particolare, il contributo di solidarietà è pari, annualmente, allo 0,2 per cento del reddito complessivo dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (art. 73 del DPR 917/1986) operanti nella filiera suddetta. Si fa riferimento a inserzionisti, emittenti radiotelevisive, organi di stampa quotidiana e periodica, concessionari della raccolta pubblicitaria, soggetti che esercitano l’attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la raccolta e l’acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, comprese le reti elettroniche.
Le modalità di attuazione devono essere
definite, entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore della legge, con decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze, garantendo l’assenza di oneri per
il bilancio dello Stato.
L’articolo
3, comma 4, dell’A.C. 3317 delega
il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a:
-
rendere
l’accesso ai prepensionamenti per i giornalisti più uniforme alla
normativa generale in materia;
-
revisione
della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
Anche in questo caso, il termine per
l’esercizio della delega è definito in sei
mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Il profilo di delega relativo
all’Ordine dei giornalisti esula dal contenuto dell'articolo 3, come riassunto
nella rubrica, e dal contenuto dell'intera proposta, come definito dal titolo.
1.
La procedura per l’adozione dei decreti legislativi
In base all’articolo 3, comma 6, dell’A.C. 3317 i decreti legislativi sono
adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell’economia e
delle finanze, sentito il Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti.
Anche in questo caso è esplicitamente
richiamato il rispetto della procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988.
Le ulteriori previsioni relative alla
procedura sono dettate dal comma 7,
di cui si è già detto in precedente scheda.
2.
I principi e criteri direttivi
L’articolo
3, comma 5, dell’A.C. 3317 individua
i principi e criteri direttivi cui
il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega. In particolare:
2.1. Disciplina dei trattamenti di pensione
di vecchiaia anticipata per i giornalisti
L’articolo 3, co. 5, lett. a), dell’A.C. 3317 prevede come criteri direttivi la ridefinizione della disciplina dei requisiti e dei criteri per il ricorso ai trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata e la revisione della procedura per il riconoscimento degli stati di crisi delle imprese editoriali ai fini dell'accesso ai prepensionamenti.
L’art. 37, co.
1, della L. 416/1981 ha concesso
ai giornalisti professionisti iscritti all’I.N.P.G.I., che siano dipendenti da
aziende editrici di quotidiani, agenzie di stampa nazionali e periodici per i
quali sia stato dichiarato, con apposito D.M., lo stato di crisi aziendale, la facoltà di optare, entro 60 giorni
dall'ammissione al trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria[42] (ovvero, nel
periodo di godimento del trattamento medesimo, entro 60 giorni dal maturare
delle condizioni di anzianità contributiva richiesta), per una liquidazione anticipata della pensione di
vecchiaia (cd. prepensionamento) a condizione che siano in possesso di
specifici requisiti (almeno 58 anni di età; almeno 18 anni di contribuzione
I.N.P.G.I.; non essere titolare di altra pensione INPGI o di altro Istituto;
non aver maturato il diritto ad una pensione I.N.P.G.I.; essere cessato dal
rapporto di lavoro).
In sostanza, ai giornalisti ammessi al prepensionamento viene attribuito un periodo contributivo figurativo fino a raggiungere i 30 anni di contributi I.N.P.G.I., ovvero il periodo mancante ai 65 anni di età, con un’integrazione contributiva massima, in ognuno dei casi, di 5 anni (ai sensi dell’art. 37, co. 2, della L. 416/1981). In ogni caso, i contributi assicurativi riferiti a periodi lavorativi successivi all'anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia sono riassorbiti dall'I.N.P.G.I. fino alla concorrenza della maggiorazione contributiva riconosciuta al giornalista.
Ai sensi dell’art. 1-bis, co. 2, del D.L. 90/2014 (L. 114/2014) - che, come si è detto nella scheda di commento relativa all’art. 1 dell’A.C. 3317, ha rifinanziato l’accesso ai prepensionamenti dei giornalisti - i trattamenti sono erogati a condizione che le aziende interessate prevedano la contestuale assunzione di personale giornalistico in possesso di competenze professionali coerenti con la realizzazione dei programmi di rilancio e sviluppo aziendale, per un rapporto minimo di un'assunzione a tempo indeterminato ogni 3 prepensionamenti. Tale condizione non si applica alle imprese i cui accordi prevedano un massimo di 5 prepensionamenti[43].
I trattamenti decorrono dal mese successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.
Con deliberazione del C.d.A. del 25 giugno 2009 è stata disposta l'eliminazione degli abbattimenti[44] dei trattamenti di pensione per i giornalisti prepensionati ai sensi della L. 416/1981.
Ai sensi del Protocollo d’intesa intervenuto il 26 marzo 2009 tra le parti sociali - in occasione del rinnovo del C.N.L.G. – è stato stabilito che ciascuna azienda che sia stata ammessa ai pensionamenti anticipati debba versare all'I.N.P.G.I. in un'unica soluzione un contributo pari al 30% del costo complessivo di ogni prepensionamento, entro il 30 del mese successivo alla comunicazione dell'onere da parte dell'Istituto, e quantificato all'atto delle dimissioni di ciascun giornalista[45].
In caso di reimpiego in un'altra azienda, i contributi di quest'ultimo rapporto di lavoro vengono riassorbiti, fino a concorrenza, in quelli figurativi che erano stati riconosciuti in seguito a crisi aziendale e a prepensionamento.
2.2. Consiglio nazionale
dell’Ordine dei giornalisti
L’articolo
3, co. 5, lett. b),
dell’A.C. 3317 prevede come
principio direttivo la razionalizzazione delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la
riduzione del numero dei componenti
ad un massimo di 18, di cui due
terzi giornalisti professionisti e un terzo giornalisti pubblicisti.
Occorrerebbe specificare i
criteri direttivi relativi all’obiettivo di razionalizzazione delle competenze
del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti.
In materia si ricorda che la L. 69/1963, istituendo l’Ordine dei giornalisti, cui appartengono
i giornalisti professionisti e i pubblicisti[46], iscritti nei
rispettivi elenchi dell'albo, ha affidato le funzioni relative alla tenuta
dell'albo, e quelle relative alla disciplina degli iscritti, per ciascuna
regione o gruppo di regioni, ad un Consiglio dell'Ordine, stabilendo che, tanto
gli ordini regionali e interregionali, quanto l'ordine nazionale, sono persone
giuridiche di diritto pubblico (art. 1).
A ciascun albo – ripartito in due
elenchi distinti, uno per i
professionisti, l’altro per i pubblicisti – sono iscritti i giornalisti che
hanno la loro residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del
Consiglio (art. 26)[47].
Il Consiglio
nazionale dell'Ordine dei giornalisti, istituito con sede presso il
Ministero della giustizia, è composto da 2 professionisti e un pubblicista per
ogni ordine regionale o interregionale (art. 16). La disposizione, inoltre,
consente agli ordini decentrati di aumentare il numero dei propri
rappresentanti in seno al Consiglio nazionale in proporzione all’elevato numero
di iscritti.
Dal sito del Consiglio
risulta che i componenti eletti per il triennio 2013-2016 sono 156, equamente ripartiti fra
giornalisti professionisti e giornalisti pubblicisti.
Tra le attribuzioni esercitate dal Consiglio nazionale
dell’Ordine dei giornalisti si ricordano (art. 20):
§ la decisione, in via amministrativa, sui ricorsi
avverso le deliberazioni dei Consigli degli ordini in materia di iscrizione e
cancellazione dagli elenchi dell’albo e dal registro, sui ricorsi in materia
disciplinare e su quelli relativi alle elezioni dei Consigli degli ordini e dei
Collegi dei revisori;
§ il coordinamento e la promozione delle attività culturali
dei Consigli degli ordini per favorire le iniziative intese al miglioramento ed
al perfezionamento professionale;
§ l’elaborazione di pareri, quando sia richiesto dal
Ministro della giustizia, sui progetti di legge e di regolamento che riguardano
la professione di giornalista.
[1] Qui il prospetto dei contributi erogati per l’anno 2013 a favore di tutti i beneficiari di cui all’art. 3 della L. 250/1990, ad eccezione di quelli concessi alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990: v. infra).
Per individuare i finanziamenti erogati in favore dei soli quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti, è necessario riferirsi alle testate in corrispondenza delle quali sono indicati i commi 2 e 2-quater.
[2] L’art. 53, co. 15, della L. 449/1997 ha disposto che, ai fini dell'applicazione dell'articolo 2, co. 30, della L. 549/1995 – in base al quale, ai fini dalla corresponsione del contributo previsto dall'art. 3, co. 8, lett. a), della L. 250/1990, si intendono per imprese editrici di quotidiani costituite come cooperative giornalistiche anche le imprese, costituite in tale forma, editrici di agenzie di stampa quotidiane che trasmettano tramite canali in concessione esclusiva dell'Ente poste italiane - dal 1° gennaio 1996 i canali satellitari in uso esclusivo delle agenzie di informazione radiofonica nazionale (come definite dall’art. 11, co. 1, della L. 250/1990), costituite nella forma di cooperative di giornalisti, sono equiparati ai canali in concessione esclusiva dell'Ente poste italiane.
[3] In base al prospetto di cui alla nota n. 1, per il 2013 è risultata destinataria di contributi una sola agenzia di informazione radiofonica costituita nella forma di cooperativa giornalistica (si tratta del soggetto in corrispondenza del quale è indicato “art. 2, co. 5, D.L. 63/2012”).
[4] La relazione illustrativa dell’A.S. 3305 evidenziava che la disposizione intendeva porre le imprese in condizione di competere più liberamente sul mercato e di rendersi progressivamente meno dipendenti dal finanziamento pubblico.
Al riguardo si ricorda che l’abrogazione dell’art. 3, co. 2, lett. c), della L. 250/1990 era già stata prevista dall’art. 20, co. 1, lett. a), punto 2), dello schema di regolamento, poi emanato con DPR 223/2010 (Atto 183). Tuttavia, nell’esprimere il proprio parere il 10 marzo 2010, la VII Commissione della Camera aveva formulato la condizione volta a ripristinare “il tetto” del 30 per cento dei ricavi della pubblicità rispetto ai costi dell'impresa.
[7] Qui il prospetto dei contributi erogati per l’anno 2013 a favore di tutti i beneficiari di cui all’art. 3 della L. 250/1990, ad eccezione di quelli concessi alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990 per i quali si veda qui).
Per individuare i finanziamenti erogati in favore delle sole imprese editrici di quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro, è necessario riferirsi alle testate in corrispondenza delle quali è indicato il comma 2-bis.
[8] In particolare, l’art. 3 della L. 278/1991 ha
stanziato risorse – in base all’interpretazione autentica resa dall’art. 3
della L. 224/1998, “aggiuntive” rispetto a quelle previste dalla L. 250/1990 –
per l’erogazione di contributi in favore dei quotidiani in lingua slovena.
Qui il prospetto dei contributi erogati per l’anno 2013 a favore di tutti i beneficiari di cui all’art. 3 della L. 250/1990, ad eccezione di quelli concessi alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990: v. ante).
Per individuare i finanziamenti erogati in favore delle sole imprese editrici che editino quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, è necessario riferirsi alle testate in corrispondenza delle quali è indicato il comma 2-ter, con la specifica “confine”, nonché quella per la quale è indicata la specifica “L. 278/1990”.
[9] Qui il prospetto dei contributi erogati per l’anno 2013 a favore di tutti i beneficiari di cui all’art. 3 della L. 250/1990, ad eccezione di quelli concessi alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990: v. ante).
Per individuare i finanziamenti erogati in favore delle sole imprese di quotidiani e periodici di partiti o movimenti politici, è necessario riferirsi alle testate in corrispondenza delle quali è indicata la specifica “politico”.
[10] L’art. 12, co. 4 del DPR 223/2010 ha a sua volta stabilito che i contributi previsti, tra l’altro, dall’art. 4 della L. 250/1990 non possono comunque eccedere, per ogni singola impresa, l’importo di 4 milioni di euro (annui).
[11] Ulteriori condizioni attenevano all’aver: utilizzato esclusivamente per la diffusione dei propri programmi, in ciascuno dei tre anni, almeno 60 impianti di trasmissione ubicati in almeno 35 province e in almeno 14 regioni italiane e che, quantomeno nel terzo anno, avessero esteso il numero di impianti al 50% delle province e all’85% delle regioni; usufruito delle agevolazioni e dei rimborsi o dei contributi di cui all’art. 11 della L. 67/1987.
[12] Il riferimento alla L. 250/1990, contenuto nell’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006, è da intendersi come errore materiale.
[13] Qui il prospetto dei contributi erogati per l’anno 2013 a favore di tutti i beneficiari di cui all’art. 3 della L. 250/1990, ad eccezione di quelli concessi alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990: v. ante).
Per individuare i finanziamenti erogati in favore delle sole imprese di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero, è necessario riferirsi alle testate in corrispondenza delle quali è indicato il comma 2-ter, con la specifica “estero”.
[14] In base allo stesso art. 1, non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all'informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico.
[15] Il ROC, la cui tenuta è curata dall’AGCOM, ha la finalità di garantire la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari, consentire l'applicazione delle norme concernenti la disciplina anti-concentrazione, la tutela del pluralismo informativo, il rispetto dei limiti previsti per le partecipazioni di società estere. Il Regolamento per l’organizzazione e la tenuta del ROC, è stato emanato con delibera AGCOM n. 666/08/CONS e modificato, da ultimo, con delibera n. 565/14/CONS.
[16]
Pag. 255.
[17]
Per
approfondimenti si v. dossier del Servizio
Studi n. 657 del 2 luglio 2012.
[18] Per completezza, si
ricorda che la disposizione citata fa comunque salva la previsione recata dall'art. 1, co. 460, della L. 266/2005 (L. finanziaria 2006), in
base alla quale, per accedere ai contributi, è necessario che l’impresa, a meno
che non avesse già maturato il diritto ai contributi alla data del 1° gennaio
2006, sia:
§ proprietaria della testata per la quale si
richiedono i contributi;
§ una società cooperativa i cui soci non
partecipino ad altre cooperative editrici che abbiano chiesto di ottenere i
medesimi contributi. In caso contrario, tutte le imprese editrici interessate
decadono dalla possibilità di accedere ai contributi.
[19] Con il D.M. 23 giugno 2004 il Ministero delle attività produttive (ora, dello sviluppo economico) ha istituito l’Albo nazionale delle società cooperative. L’Albo, che sostituisce i registri prefettizi e lo schedario generale della cooperazione, è tenuto dallo stesso Ministero e gestito con modalità telematiche dalle Camere di commercio.
L’Albo è diviso in due sezioni: 1) cooperative a mutualità prevalente e 2) cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente. Le sezioni sono a loro volta suddivise in 14 categorie. Le cooperative a mutualità prevalente hanno diritto ad agevolazioni di natura fiscale (art. 223 duodecies, comma 6, delle disposizioni attuative del codice civile).
[20] In materia, si veda anche LE SOCIETÀ COOPERATIVE Tipi di cooperative -Strumenti di tutela Aspetti civili, concorsuali, tributari e penali, a cura di Maurizio De Giorgi e Giacomo Vaciago, CEDAM, 2011, capitolo VIII, Cooperativa editoriale http://books.google.it/books?id=eBBnFsIUxYUC&lpg=PA655&dq=cooperative%20giornalisti%20mutualit%C3%A0&hl=it&pg=PA655#v=onepage&q=cooperative%20giornalisti%20mutualit%C3%A0&f=false.
[21] Dunque, facendo riferimento al prezzo, sarebbero ammesse le copie vendute mediante abbonamento alle quale potrebbe essere applicato uno sconto non superiore all’80 per cento.
[22]
Ai sensi dell'art. 161 del testo unico dell'intermediazione finanziaria
(TUF), di cui al d.lgs. 58/1998, la CONSOB
provvedeva alla tenuta di un albo speciale delle società di revisione abilitate
all'esercizio delle attività previste dagli artt. 155 e 158 dello stesso TUF.
Il d.lgs. 39/2010, nel recepire la direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti
annuali e dei conti consolidati, ha disposto una complessiva revisione della
disciplina previgente. In particolare, l’attività del revisore è definita revisione legale dei conti e non più
controllo contabile ed è stato introdotto un Registro unico, al quale sono iscritti tutti i soggetti abilitati
allo svolgimento della revisione, con abolizione dell’Albo speciale delle
società di revisione previsto dal D.Lgs. 58/1998. Dal 13 settembre 2012 è stato istituito il Registro dei revisori legali presso il Ministero
dell'economia e delle finanze, nel quale transitano anche le
società di revisione iscritte in precedenza nell'Albo speciale tenuto dalla Consob.
[23] Qui i capitoli corrispondenti sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[24] Ad esempio, il contributo per un’impresa i cui ricavi, riferiti alla testata, ammontano a 1.500.000 euro, non può superare l’importo di 500.000 euro (1.500.000 – 500.000 = 1.000.000 / 2 = 500.000).
[25] Per copie vendute si intendono quelle cedute a titolo oneroso presso le edicole o presso i punti vendita non esclusivi o quelle spedite in abbonamento a titolo oneroso, purché rientranti nel computo delle copie distribuite.
[26] Con DPCM dell’8 marzo 2013 e dell’11 marzo 2013, si è proceduto all’individuazione dei costì ammissibili, rispettivamente, per il formato cartaceo e per il formato digitale.
[27]
https://www.impresainungiorno.gov.it/-/obblighi-di-comunicazione-in-capo-alle-imprese-richiedenti-i-contributi.
[28] La norma non si applica ad aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca (anche ai sensi delle disposizioni antimafia di cui alla L. 575/1965).
Le modalità attuative delle suddette disposizioni sono contenute nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40.
Da ultimo l’art. 1, co. 4-bis, del D.L. 16/2012 (L. 44/2012) ha disposto che, anche in presenza della segnalazione di cui all’articolo 48-bis, i soggetti pubblici sono comunque tenuti al pagamento delle somme che eccedono l’ammontare del debito d’imposta inadempiuto, comprensivo delle spese e degli interessi di mora; ai sensi del co. 4-ter, il mancato pagamento dell'eccedenza di cui al co. 4-bis costituisce violazione dei doveri d'ufficio.
[29] Per approfondimenti, si v. il dossier del Servizio
Studi n. 657 del 2 luglio 2012.
[30] Qui la pagina dedicata alla modulistica da presentare per i contributi relativi al 2014 presente sul sito del Dipartimento per l’editoria.
[31] A tale
data il provvedimento deve essere adottato comunque, sulla base delle
risultanze istruttorie acquisite, ferma restando la ripetizione delle somme
indebitamente percepite.
[32] Le tipologie di esercizi che possono essere autorizzati alla vendita non esclusiva sono stabilite dall’art. 2, co. 3, del d.lgs. 170/2001. Si tratta di: rivendite di generi di monopolio; rivendite di carburanti e di oli minerali; bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie; strutture di vendita definite dall'art. 4, co.1, lett. e), f) e g) del d.lgs. 114/1998, con un limite minimo di superficie di vendita pari a 700 metri quadrati (si tratta delle medie strutture di rivendita, delle grandi strutture di rivendita e dei centri commerciali); esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di 170 metri quadrati; esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.
[33] Alcune fattispecie sono state, infatti, esplicitamente escluse dal co. 8 dello stesso art. 34.
[34] Aveva, altresì, disposto che la gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori), che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dati e i costi di collegamento.
[35] Per
ulteriori approfondimenti, si v. dossier del Servizio
Studi n. 657 del 2 luglio 2012.
[36] Per ulteriori approfondimenti, si v. il Dossier del Servizio Studi n. 95/3, Tomo I, del 31 gennaio 2014.
[37] Per
completezza, si ricorda che il 26 maggio 2015 è stato siglato un accordo sulla
distribuzione tra FIEG (Federazione Italiana Editori
Giornali) e le associazioni dei distributori locali Network Diffusione Media
(NDM) e Associazione Nazionale Distributori Stampa (Anadis),
finalizzato a individuare soluzioni coerenti per la sostenibilità della rete su
diverse aree di intervento.
[38] Sull’argomento, si evidenzia che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato (AS901 – Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza (Roma, 5 gennaio 2012), in Bollettino edizione speciale del 9 gennaio 2012 -http://www.agcm.it/bollettino-settimanale/5846-supplemento-al-bollettino-512011.html) la necessità di “eliminare le disposizioni che limitano o impediscono il libero esplicarsi di dinamiche concorrenziali” attraverso la modifica dell’art. 5, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 170/2001. In particolare, l’Autorità ha evidenziato la necessità di “introdurre opportuni correttivi sulla distribuzione che assicurino l’effettivo accesso alla fornitura dei prodotti editoriali da parte dei rivenditori, onde evitare che eventuali rifiuti di fornitura da parte dei distributori vanifichino l’intervenuta piena liberalizzazione dell’accesso al mercato in questione”. In tal senso, il documento ritiene che gli obiettivi sottesi all’art. 5, comma 1, lett. b), citato, “dovrebbero essere coniugati con incentivi all’efficienza, attraverso una modifica normativa che, come accade in molti Paesi europei, consenta una remunerazione differenziata dei rivenditori in base a parametri oggettivi, che tengano conto della qualità delle prestazioni rese e dei risultati conseguiti dall’esercizio".
[39] Le microimprese, le piccole o medie imprese vengono definite in funzione del loro organico e del loro fatturato ovvero del loro bilancio totale annuale. Più in particolare:
• una media impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 250 persone e il cui fatturato non superi 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuale non sia superiore a 43 milioni di euro;
• una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro;
• una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.
[40] Il D.L. 151/2013 non è stato convertito in legge (Comunicato 1° marzo 2014, pubblicato nella G.U. 1° marzo 2014, n. 50). L'art. 1, co. 2, della L. 68/2014 ha stabilito che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme dello stesso D.L.
[41] E’ above the line il settore della raccolta pubblicitaria sui media; è below the line l’attività di marketing di relazione.
[42] Con il decreto interministeriale 24 luglio 2009 è stato individuato il numero di unità ammissibili al beneficio del pensionamento anticipato per i giornalisti dipendenti da aziende in C.I.G.S.
Si ricorda, inoltre, che con il D.lgs. 148/2015 è stata riordinata la disciplina degli strumenti di tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro (cioè cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà e fondi di solidarietà bilaterali).
[43] Cfr. al riguardo la circolare I.N.P.G.I. 27 novembre 2014, n. 7.
[44] Il Regolamento I.N.P.G.I. aveva introdotto specifiche percentuali di abbattimento (pari, dal 24 aprile 2007, allo 0,5% per ogni anno di integrazione contributiva concessa) sulla misura della pensione spettante in rapporto agli anni mancanti al raggiungimento dell'età per il pensionamento di vecchiaia. La percentuale di abbattimento veniva ridotta anno dopo anno di pensione, fino a scomparire all'età del pensionamento per vecchiaia. Gli abbattimenti non si applicavano a coloro che alla data di approvazione del Regolamento I.N.P.G.I. avevano già maturato il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata o alla pensione di anzianità.
[45] Le disposizioni attuative sono contenute nella circolare I.N.P.G.I. 2 settembre 2009, n. 9.
[46] Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista. Sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi.
[47] I
giornalisti che hanno la loro abituale residenza fuori del territorio della
Repubblica sono iscritti nell’albo di Roma (art. 26). All’albo sono anche
annessi gli elenchi – c.d. speciali – dei giornalisti di nazionalità straniera,
e di coloro che, pur non esercitando l’attività di giornalista, assumono la
qualifica di direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico,
professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici (art.
28).