XV LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 123 di venerdì 9 marzo 2007

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[allegato A]
[allegato B]

[riferimenti normativi]
Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

La seduta comincia alle 9.

SERGIO D'ELIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, il deputato Del Mese è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (2201-A) (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Lulli, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANDREA LULLI, Relatore. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, la volontà da parte del Governo di intraprendere politiche di liberalizzazione è stata chiara fin dal luglio dello scorso anno, con la presentazione del primo «pacchetto Bersani». Si trattava di una serie di interventi sul fronte delle liberalizzazioni - dalle farmacie alle banche, dai taxi agli ordini professionali - finalizzati a rilanciare la crescita della nostra economia e a modificare la stessa composizione sociale del paese attraverso la limitazione delle posizioni corporative e di rendita.
Era ed è un asse strategico per stimolare la crescita, aumentare l'attività e la concorrenza nei settori liberalizzati, abbassare i costi per le famiglie e le imprese. Si tratta di diffondere una nuova imprenditorialità nei settori liberalizzati, con l'ingresso di nuovi soggetti e di dare opportunità ai più giovani e ai più intraprendenti. Si afferma così la volontà di aprire il mercato, di abbattere i vincoli amministrativi, eliminando molte restrizioni della concorrenza, quattordici, come segnalato dall'Autorità garante per la concorrenza e mercato.Pag. 2
Non è possibile ancora fare un bilancio compiuto, a sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, ma ci pare che i risultati si stiano cominciando a vedere. I servizi professionali e gli ordini hanno adeguato, ove necessario, i propri codici. Inoltre, alcuni professionisti hanno iniziato, a livello locale, ad utilizzare strumenti di comunicazione diretta con i potenziali bacini di utenza e a praticare sconti.
La liberalizzazione delle vendite di medicinali da banco ha prodotto risultati al di sopra delle aspettative e questo è un fatto molto importante. Già al 31 dicembre del 2006 ben 600 esercizi avevano comunicato l'avvio dell'attività al Ministero della salute e ciò ha comportato una riduzione dei prezzi di vendita di molti farmaci. I nuovi strumenti di intervento nel settore dei taxi cominciano ad essere sfruttati dai comuni in cui erano più stringenti le esigenze del potenziamento del servizio di taxi. A Roma, in particolare, c'è stato l'intervento più incisivo, che ha consentito di attuare protocolli di intesa, delibere e regolamenti, che hanno utilizzato tutte le opzioni offerte dall'articolo 6 della legge n. 248 del 2006.
Per quel che riguarda i passaggi di proprietà, secondo un'indagine campionaria commissionata dall'IPI, l'85 per cento delle agenzie è oggi in grado di fornire il servizio di autentica, in alternativa al notaio. L'eliminazione del costo di chiusura e l'abbassamento dei costi di gestione dei conti correnti bancari sono diventati elementi di marketing pubblicitario per le banche e oggi possono costituire un «lenimento» rispetto all'aumento del tasso di sconto, deciso ieri dalla Banca centrale europea. Dal 1o febbraio 2007 è entrato in vigore il risarcimento diretto nel campo della responsabilità civile auto. Secondo le previsioni, almeno l'80-90 per cento dei sinistri automobilistici saranno rimborsati agli automobilisti dalla propria compagnia assicurativa, in tempi brevi, dai 30 ai 90 giorni.
Ma la politica di rinnovamento e di riforma del Governo non si è fermata qui. Vorrei richiamare brevemente: il disegno di legge per liberalizzare maggiormente i settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per rilanciare il risparmio energetico e le fonti rinnovabili; il disegno di legge per il riordino dei servizi pubblici locali; il disegno di legge che introduce l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, la class action; il disegno di legge in materia di professioni intellettuali; il disegno di legge in materia di autorità indipendenti di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri; il secondo pacchetto di misure di liberalizzazione che è oggi all'esame della nostra Assemblea.
L'insieme di queste misure rappresenta una significativa discontinuità con il precedente Governo sul piano politico e culturale e incide su settori di rilevanza strategica sia sul versante della competitività che sulla vita quotidiana dei cittadini, i quali non a caso hanno dimostrato di apprezzare molto queste politiche.
Vorrei anche rivolgermi all'ex ministro dell'economia, Giulio Tremonti, che non più di 15 giorni fa sul quotidiano Il Sole 24 Ore ha ironizzato su questo pacchetto di liberalizzazioni, mettendo invece in evidenza le misure dei primi 100 giorni del Governo Berlusconi come un elemento di vera liberalizzazione. Credo che, al di là delle polemiche, dovremmo avere tutti l'onestà intellettuale di riconoscere che proprio le misure dei 100 giorni del Governo Berlusconi - come minimo - hanno contribuito a far sì che il nostro paese nei cinque anni del Governo delle destre abbia registrato un tasso di crescita praticamente pari a zero, al di sotto della crescita dell'Unione europea, ed abbia di fatto mantenuto inalterata la pressione fiscale - dati della Corte dei conti: all'inizio del 2006 la pressione fiscale era calata di appena lo 0, 1 per cento rispetto al 2001 -, pur aumentando la spesa pubblica di 2,5 punti, pari a 34 miliardi di euro l'anno, facendo aumentare nuovamente il debito pubblico, che è un macigno sulle spalle del nostro paese, e dissestando i conti pubblici. Questi sono i dati reali, senza chePag. 3l'economia avesse alcun elemento di liberalizzazione e di concorrenza cui fare riferimento.
Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 si propone quindi di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e di contribuire alla crescita economica - cercando quindi di sostenere ulteriormente la crescita che in qualche modo si sta intravedendo -, di rimuovere alcuni degli ostacoli che limitano lo sviluppo, contestualmente, di promuovere i diritti dei consumatori e la concorrenza, fattori rispetto ai quali l'Italia storicamente ha evidenziato situazioni difformi rispetto a quanto accade comunemente negli altri paesi europei.
Non a caso il decreto-legge, oltre a recepire suggerimenti provenienti dai cittadini e richieste del mondo imprenditoriale - come ad esempio nel caso della semplificazione del procedimento di inizio attività -, raccoglie anche le segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato - si veda l'abolizione dei costi di ricarica delle carte prepagate o l'esclusività nella distribuzione delle assicurazioni del ramo danni - e delle stesse istituzioni comunitarie per la violazione, rispettivamente, dei principi costituzionali e comunitari.
In particolare, le misure intervengono su due ambiti fra loro connessi: la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche in cui i consumatori rappresentano la parte più debole, e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese.
Si tratta di interventi previsti nel programma di Governo e a cui il documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011 ha dedicato molta attenzione, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità di intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori. Questo perché la politica per la concorrenza pone al centro i consumatori e, abbattendo le rendite di monopolio, favorisce nel contempo lo sviluppo e l'efficienza dell'economia. Così, se da un lato mercati più aperti limitano la crescita dei prezzi e rafforzano il potere d'acquisto dei redditi, dall'altro la riduzione del prezzo dei servizi favorisce le imprese attraverso la riduzione dei costi di produzione, in entrambi i casi accrescendo la competitività sui mercati internazionali.
Ma oltre che sull'efficienza, particolarmente importanti sono gli effetti sull'equità, dal momento che la riduzione delle rendite di monopolio apre nuove opportunità per chi ne era in precedenza escluso e tutela i consumatori più deboli. Ecco perché il decreto-legge in esame introduce misure urgenti di tutela dei consumatori, di liberalizzazione delle attività economiche, di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, legando tutti questi interventi - come sottolinea la relazione introduttiva - ad una duplice ed unitaria finalità.
Da una parte, ridurre i comportamenti anticoncorrenziali, oggi ancora troppo diffusi nell'economia, determinati da una difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici; eliminare quegli adempimenti burocratici che non trovano giustificazione nella tutela dell'interesse pubblico, quanto piuttosto nel mantenimento di barriere all'entrata di nuovi operatori, come ad esempio gli obblighi di rispetto dei contingenti numerici o di distanze tra esercizi attualmente in vigore per alcune attività e su cui il decreto-legge interviene. Dall'altra, realizzare l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, attraverso misure che riducono i tempi per avviare un'attività, e al contempo fornire maggiori opportunità di lavoro, garantendo comunque la tutela dei consumatori.
Siamo di fronte ad obiettivi ambiziosi, che questo decreto-legge ovviamente non esaurisce, pur inserendosi pienamente in un disegno complessivo di lungo periodo, che include l'abbandono della logica burocratica in favore di un progressivo spostamento del ruolo della pubblica amministrazione verso funzioni di programmazione e di controllo delle attività degli operatori di mercato. Il passo successivo è quello di costruire, da una parte, una pubblica amministrazione sempre piùPag. 4amica dei cittadini, che incoraggi a fare, che si metta a disposizione per l'interesse generale del paese, per facilitare chi merita e aiutare chi ha bisogno e, dall'altra, una società aperta, che stimoli ciascuno a dare di più, valorizzando ambizioni e meriti in un quadro di crescita civica e solidale, che, siamo sicuri, può produrre un generale aumento della ricchezza e del benessere sociale.
Ci sentiamo di dire oggi alle compagnie telefoniche, alle assicurazioni e alle banche, alle professioni forti: noi abbiamo fiducia nelle vostre capacità professionali e nel patrimonio umano e tecnologico che rappresentate e per questo crediamo che una maggiore trasparenza nel rapporto con gli utilizzatori finali dei servizi e una maggiore concorrenza possano rappresentare una formidabile spinta alla crescita del mercato interno e, perché no?, una crescita verso il mercato europeo e internazionale; vi proponiamo di uscire insieme dalle secche di una società chiusa, ingessata, un po' giungla un po' feudalizzata, che scarica costi e problemi sulle parti più deboli della popolazione, che mangia il futuro alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, che sfrutta potentemente immigrazione a basso costo.
Vorrei ora limitarmi ad insistere su alcuni punti e su alcuni articoli del decreto-legge, dando poi una sommaria lettura dei contenuti dello stesso. In particolar modo, nella discussione che si è caratterizzata in Commissione e che si annuncia in Assemblea hanno avuto un ruolo decisivo, anche se molto contrastato, le previsioni stabilite dall'articolo 12. Su questo occorre operare una riflessione. L'articolo 12 parte dalla constatazione che da oltre sedici anni siamo in attesa di vedere realizzate opere che hanno un carattere strategico per il paese. Il semplice fatto che rimanga ancora un'attesa è una drammatica prova dei ritardi del nostro paese nel settore dei trasporti, che si riflette in danni rilevanti alla comunità e che frena lo sviluppo economico del paese. Questo è il problema! Si pensa che l'articolo 12 non sia una soluzione giusta? Si proponga una valida alternativa, che consenta di realizzare quello di cui il paese ha necessità vitale: un sistema di alta capacità che consenta una mobilità di livello europeo!
L'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato già nel 2005 e, successivamente, nel gennaio di questo anno, dopo avere rilevato il carattere innovativo dell'istituto della concessione di costruzione e gestione ed il ricorso alla figura del general contractor, e dopo avere affermato che lo strumento del project financing può offrire opportunità per l'alta velocità, e non solo che sarebbe importante cogliere fino in fondo, tuttavia rileva che la mancanza di assunzione del rischio di investimento da parte di privati può compromettere la potenzialità del progetto per l'alta velocità e, soprattutto, vanificare la valenza pro-concorrenziale del project financing sia in quanto strumento per avviare iniziative che altrimenti non si realizzerebbero sia in quanto strumento di ammodernamento dei mercati finanziari.
Inoltre, desidero leggere un brano tratto da un documento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato: «La differenza sostanziale dell'impegno di Ferrovie dello Stato rispetto a quello degli altri azionisti privati induce a ritenere che l'affidamento della concessione ad un'impresa diversa da Ferrovie dello Stato non consenta di ottenere i vantaggi, in termini di partecipazione del capitale privato e di allocazione del rischio, che il modello organizzativo prescelto apparentemente voleva ricercare. L'assegnazione a soggetti privati dei diritti di sfruttamento in esclusiva di importanti infrastrutture rappresenta una soluzione sicuramente distante dai tradizionali modelli normativi inerenti la gestione di grandi opere. I motivi che giustificano questo tipo di soluzione sussistono quando gli extraprofitti costituiscono un compenso per il rischio a favore di coloro che compiono investimenti che altrimenti non si sarebbero realizzati; vengono completamente meno quando i beneficiari dell'esclusiva sono immuni dal rischio della loro iniziativa». Credo che queste parole importanti ci dicano quale sia la portata del problema.Pag. 5
Per risparmiare tempo, evito di leggere una puntuale riflessione, sul piano tecnico e giuridico, relativa alle implicazioni sottese all'articolo 12. Ad ogni modo, chiedo che la Presidenza ne autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole relatore.

ANDREA LULLI, Relatore. Per quanto concerne le questioni relative alla telefonia, lo scatto alla risposta è certamente da superare. Tuttavia, le condizioni per inserire una norma in tal senso nel provvedimento non vi sono: mancano i presupposti di urgenza e, inoltre, non è stata svolta alcuna attività istruttoria da parte dell'Autorità (solo nella giornata di ieri si è riunito il tavolo di confronto tra Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed il Ministero dello sviluppo economico).
Devo evidenziare che il divieto di applicazione di costi fissi contenuto nell'articolo 1, comma 1, va riferito ai costi di ricarica, come si evince dalla relazione di accompagnamento e come risulta dal fatto che le segnalazioni pervenute dall'Autorità siano incentrate sui costi di ricarica, un vero e proprio balzello svincolato dai dati tecnici e qualitativi dei servizi forniti. Inoltre, va evidenziato che non tutti i piani telefonici prevedono lo scatto alla risposta; di conseguenza, allo stato, un eventuale intervento potrebbe essere lesivo dell'autonomia delle scelte imprenditoriali, non essendo ravvisabile alcun cartello.
Peraltro, tengo a sottolineare due disposizioni contenute nel decreto-legge: quella ai sensi della quale le compagnie devono evidenziare correttamente e chiaramente le tariffe reali dei servizi offerti ed erogati e quella che consente all'utente di trasferire l'utenza telefonica presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi ingiustificati. Tutto ciò è sottoposto alla vigilanza dell' Autorità garante per le comunicazioni. Si tratta di misure che possono indirettamente facilitare l'eliminazione dello scatto alla risposta, in quanto favoriscono la trasparenza tariffaria e lo sviluppo della concorrenza.
Tutto ciò che va contro la trasparenza tariffaria ed il rispetto del rapporto tra costi, tariffe e servizi offerti e forniti all'utenza finale è assolutamente da perseguire. Naturalmente, se l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riterrà di avviare un'istruttoria e di ravvisare comportamenti distorsivi o eventuali profili anticompetitivi o verifichi che scatti alla risposta emergono come addebiti impropri, configurando possibili intese tra operatori a danno degli utenti, sono sicuro che il Governo e, certamente, il Parlamento non mancheranno di intervenire.
Infine, sempre in riferimento alla telefonia, non posso non rilevare che la tassa di concessione governativa rappresenta, di fatto, una distorsione del mercato; auspico, pertanto, che il Governo ne prenda in seria considerazione il superamento, magari con la prossima legge finanziaria. In questo quadro, penso di poter proporre alla valutazione del Governo e del Parlamento un apposito ordine del giorno.
Un'altra importante discussione si è svolta, in sede di Commissione, sul tema della scuola. L'importanza del relativo articolo 13 del decreto-legge in esame deriva dal fatto che esso risponde alla necessità di valorizzare appieno la formazione tecnico-professionale finalizzata, soprattutto, a dare un contributo rilevante ai sistemi di piccole imprese territoriali ed ai distretti industriali i quali, da sempre, hanno un punto di forza nel rapporto tra sviluppo dell'economia, iniziativa imprenditoriale e formazione tecnico-professionale vicina agli interessi e alle ragioni delle imprese. È questo un punto importante e qualificante. Sono sicuro che l'ampia discussione svoltasi in sede di Commissione sarà ripetuta anche in Assemblea. Naturalmente, anche a questo riguardo, come per gli altri temi, la disponibilità al confronto è totale, purché si ragioni in termini costruttivi e si affronti il problema per quello che è, valorizzando una scelta che noi consideriamo strategica, cioè il potenziamento del rapporto tra economia locale e istituti tecnici e professionali. Bisogna fare in modo che tutto si fonda, che si riallacci un rapporto fondamentale per il rinnovamentoPag. 6stesso dell'apparato industriale. La capacità tecnica e professionale dei giovani, che possono apprendere il mestiere e le tecniche di base negli studi tecnici e professionali, che sono in rapporto diretto con l'economia del territorio, è assolutamente vitale per la nostra economia.
Anche a questo riguardo, ulteriori considerazioni sono contenute nel testo la cui pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna chiedo sia autorizzata dalla Presidenza.
Per quanto attiene, in generale, al lavoro svolto in Commissione, voglio far notare che esso è stato importante e proficuo e molte proposte emendative sono state accolte. Certamente, su alcuni punti il confronto è stato molto aspro ma devo dare atto di un dibattito che auspico si svolga, nello stesso modo, anche in Assemblea, rifuggendo da intendimenti meramente dilatori.
Oltre a quanto ho ricordato, aggiungo che nell'articolo 1 abbiamo inserito un importante emendamento relativo all'estensione dell'abolizione dei costi di ricarica anche ai servizi Internet e di televisione digitale terrestre. Credo che si tratti di un fatto estremamente importante, che conferma la volontà, non solo del Governo, ma anche del Parlamento, di procedere nella direzione che ho tracciato nella relazione, quella delle liberalizzazioni incentrate sui diritti dei consumatori. Si è cercato di evidenziare come la trasparenza nel rapporto tra costo, prezzo, servizio fornito e offerto sia non soltanto un elemento fondamentale - lo ribadisco - a favore dell'utilizzatore finale ma anche un modo grazie al quale le imprese possono competere, offrendo le migliori garanzie e risorse intellettuali e professionali di cui dispongono.
Per quanto riguarda l'articolo 2, relativo ai prezzi dei carburanti, voglio semplicemente soffermarmi sul fatto che la pubblicità prevista dalla norma contenuta nel decreto-legge è molto importante e può ravvivare la concorrenza tra gli impianti e le compagnie, concorrenza di cui tutti sentiamo un grande bisogno.
Allo stesso modo, l'articolo 3, al quale non sono state apportate modifiche, reca norme importanti per la trasparenza delle tariffe aeree. Queste ultime debbono essere adeguate alla realtà dei fatti, cioè devono contenere tutte le componenti di costo che il cittadino-utente si trova a dover pagare.
L'articolo 4 del decreto-legge in esame è relativo, invece, alla data di scadenza dei prodotti alimentari. Anche questo è un elemento importante nella direzione di una maggiore consapevolezza del consumatore.
L'articolo 5 del provvedimento riguarda la questione dei servizi assicurativi. Abbiamo proposto importanti novità a questo riguardo, come il superamento del monomandato e delle polizze pluriennali. Naturalmente, anche a questo proposito è in corso una discussione e credo si svolgerà un importante confronto anche in questa Assemblea.
Per quanto riguarda gli articoli 6, 7 e 8, l'intervento riguarda i mutui immobiliari, che abbiamo esteso anche alle società finanziarie e che non sono limitati solo a quelli erogati dalle banche. Inoltre, una serie di interventi possono essere applicati a tutte le abitazioni e non soltanto alla prima casa.
Sulle questioni riguardanti l'articolo 9, sulla comunicazione per la nascita dell'impresa, ho già detto. In ordine all'articolo 10, relativo alle misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche, il confronto è stato molto ampio e sono sicuro che altrettanto ampio sarà in sede di dibattito in Assemblea.
Inoltre, abbiamo apportato notevoli modifiche con riferimento alle autoscuole e credo che vi sarà un confronto importante su altre professioni, come le guide turistiche, gli accompagnatori e così via. Per quanto concerne i restanti articoli, non voglio richiamare altre questioni, anche perché in parte ne ho già parlato.
Concludo, auspicando un confronto serrato e aperto. Pensiamo si tratti di un buon provvedimento, del quale il paese ha bisogno. A chi parla di finte liberalizzazioni vorrei rivolgere un invito: abbandonatePag. 7il pontificare ideologico e il parlare a prescindere dai contenuti! La sfida sulle cose è cominciata e proseguirà, per quanto riguarda le liberalizzazioni, attraverso i provvedimenti che ho richiamato all'inizio e con l'ulteriore disegno di legge sulle liberalizzazioni che è in procinto di approdare alla Camera.
Non è in gioco il futuro di una maggioranza - anche perché la maggioranza è convinta assolutamente di esserci -, ma quello del nostro paese. Un paese che amiamo e che vogliamo torni a credere in se stesso (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, la Presidenza autorizza la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale del suo intervento, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Urso. Ne ha facoltà.

ADOLFO URSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo sia necessario raccogliere l'invito del relatore, onorevole Lulli, quando afferma di abbandonare una visione ideologica su questa come su altre questioni e di parlare dei contenuti. Credo che ciò debba fatto proprio da parte del Governo, a cominciare da questo provvedimento.
Si tratta di un decreto-legge che consideriamo ben poca cosa e in ordine al quale vorremmo utilizzare la stessa terminologia a cui ha fatto ricorso il ministro Bersani, vale a dire quella della «lenzuolata». Nei proverbi popolari le lenzuola servono sempre per coprire qualcosa, ma spesso, come le coperte, sono corte, coprono male, talvolta sono strappate.
Ebbene, in questo caso si tratta proprio di un tentativo di coprire una politica, che va invece in tutt'altra direzione, che non è certamente liberale, ma che appare tesa a cancellare non soltanto le riforme realizzate nei primi cento giorni del Governo Berlusconi nel 2001, ma anche nella precedente legislatura.
Ciò è ancor più evidente se lo si inserisce nel momento in cui tali provvedimenti sono stati adottati, nel contesto di una politica neostatalista, neodirigista, come quella peraltro evidenziata dalla legge finanziaria attraverso uno Stato poliziesco, che invade la sfera dei cittadini e la loro privacy.
Il primo decreto del Governo Prodi sulle liberalizzazioni, quello del mese di luglio, che ha riguardato soprattutto i tassisti e farmacisti, servì a nascondere o almeno a coprire la stangata fiscale del ministro Visco. Lo si vide anche in termini di consenso, perché si verificò una fiammata che sembrava trarre effetto dal primo decreto-legge sulle liberalizzazioni, ma fu un fuoco di paglia, subito spentosi quando i cittadini compresero che quel decreto-legge era davvero ben poca cosa rispetto a quel che tentava di nascondere, ossia la stangata fiscale del ministro Visco.
Ora non è accaduto nemmeno questo. C'è stata l'illusione che questo decreto-legge - il ministro Bersani è bravissimo in questi giochi da prestigiatore - potesse coprire il «mostro» della finanziaria statalista, fiscalista, poliziesca, neostatalista e neodirigista, ma non c'è stato nessun effetto nemmeno sul piano del consenso, perché i giochi da prestigiatore riescono una volta sola. Quando l'utente, il consumatore o il cittadino, ossia lo spettatore, si accorge che si tratta di un gioco da prestigiatore, che serve a coprire ben altro, non si verifica nemmeno l'effetto, che invece c'era stato con il primo decreto-legge sulle liberalizzazioni.
Quel provvedimento ha avuto peraltro risultati insignificanti: sei mesi dopo lo stesso relatore Lulli cerca di trarre un bilancio provvisorio che sostanzialmente non c'è, se non - lo riconosco - per quanto riguarda il prezzo di alcuni farmaciPag. 8da banco. Per il resto, se pensiamo per esempio al fronte dei tassisti, si è prodotto molto fumo e nessun arrosto. Infatti il prezzo delle corse dei taxi a Roma è aumentato.
Queste sono le ragioni per le quali pensiamo che anche questo decreto-legge sulle cosiddette liberalizzazioni (in realtà si tratta di mere semplificazioni e di qualche trasparenza in più, in alcuni casi certamente da apprezzare) in questo caso serva soltanto a cercare di nascondere un'azione di restaurazione statalista e dirigista, per esempio la controriforma della scuola, inserita nel decreto e vantata dal centrosinistra, che, per quanto riguarda la scuola secondaria superiore prevede la licealizzazione dell'insegnamento tecnico.
Si tenta inoltre di coprire altri provvedimenti, che sono in corso, come quello sulla giustizia, approvato l'altro giorno dal Governo, che costituisce anch'esso una controriforma, così come quelli in dirittura d'arrivo, che riguardano il sistema delle infrastrutture e la legge obiettivo (qualche elemento è già inserito in questo provvedimento all'articolo 12, mentre qualcosa sarà fatto in seguito), la liberalizzazione del mercato del lavoro e la legge Biagi, nonché la controriforma delle pensioni.
Pensiamo semplicemente a ciò che sta accadendo in queste ore sul fronte della spesa delle pubbliche amministrazioni con la cosiddetta sanatoria. È, stato lanciato proprio oggi dai giornali, l'allarme dei 400 mila precari. Questa è la realtà: l'espansione della spesa pubblica, con altre quattrocentomila assunzioni nella pubblica amministrazione, non certamente la liberalizzazione e la riduzione dei costi per i consumatori, i cittadini e gli utenti!
Ebbene, anche questa «lenzuolata» non riuscirà a coprire la politica della controriforma che è in atto. Anche in questo caso si tratta peraltro di piccole questioni, che esamineremo successivamente nel merito, talvolta di natura ideologica, come se fossero stati individuati un avversario e un nemico da colpire: non si tratta di quello che è stato definito, in maniera ideologica, un sistema corporativo, ma di quello che credo sia giusto riconoscere come il sistema naturale della società italiana, che è basato anche su un complesso di professioni, che a differenza di altri paesi europei ed occidentali garantisce a questo paese una qualità della vita frutto anche di un corpo sociale, che si enuclea attraverso alcune professioni e la deontologia professionale: questa va rispettata e non certo colpita come se fosse un nuovo nemico di classe.
Ebbene, sia nel primo decreto-legge sulle liberalizzazioni, sia in questo provvedimento, emerge un intento «ideologico» punitivo nei confronti di alcune categorie, nonché di un tessuto sociale «naturale» del nostro paese.
Si tratta di categorie che si considerano «non amiche», vale a dire «di destra»; in molti casi, peraltro, sono soggetti deboli, come i panificatori ed i tassisti ieri, oppure i giornalai ed i benzinai oggi. Costoro rappresentano talvolta l'ultimo anello di una catena distributiva, che è invece forte a monte. Quest'ultima condizione, però, viene lasciata inalterata, mentre viene colpito il soggetto più debole - vale a dire quello a valle - magari perché ha privilegiato altri partiti al momento della consultazione elettorale.
Vorrei osservare che si lasciano al contrario inalterati i privilegi di alcune categorie e che in alcuni casi essi vengono addirittura rafforzati. Si tratta di soggetti più «di sinistra» ed è questo il motivo per cui ritengo giusto definire questa una «lenzuolata rossa», che presenta tanti «buchi», concernenti categorie, che sostanzialmente non si è nemmeno voluto colpire!
Il fine, per l'appunto, è «coprire» una politica che si muove in tutt'altra direzione. Ritengo tuttavia che l'opposizione (in questo caso, Alleanza Nazionale) debba guardare la realtà per quella che essa è e debba incalzare questo Governo a condurre una politica veramente più liberale, al fine di aumentare la competitività del sistema economico del paese. Dobbiamo farlo anche a fronte di ciò che si minaccia; forse avremmo dovuto farlo durante la scorsa legislatura, anche se vorrei ricordarePag. 9che proprio in materia di liberalizzazioni abbiamo realizzato qualche riforma ben più strutturale.
Precedentemente ho citato la legge Biagi: si è trattato di una riforma strutturale, che ha prodotto davvero conseguenze chiare, quali la riduzione del tasso di disoccupazione del nostro paese al minimo storico. Tale riforma, che è stata - lo ripeto - veramente liberale, produttiva e competitiva, viene invece oggi minacciata dal Governo in carica.
Pensiamo alla legge obiettivo, un'altra riforma liberale del sistema delle infrastrutture, che viene messa continuamente in discussione e che lo è anche attraverso il provvedimento in esame. L'articolo 12 del decreto-legge n. 7 del 2007, infatti, azzera sostanzialmente alcuni sistemi di concessione e rende più difficile e precaria la realizzazione di quelle grandi opere necessarie al nostro paese.
Pensiamo, inoltre, ai settori della scuola e dell'università, su cui interviene anche il presente decreto-legge, ma che sono stati già colpiti dal ministro della pubblica istruzione. Pensiamo, infine, al comparto ambientale, su cui il nostro Governo aveva operato sulla base di una logica più produttiva e liberale, ma che è stato già ampiamente toccato dalla «controriforma» del ministro Pecoraro Scanio.
Noi crediamo che sarebbe stato necessario al contrario proseguire lungo tale strada e che anche noi avremmo dovuto fare di più, soprattutto nell'ambito delle professioni. Ammetto che avremmo dovuto realizzare noi la riforma delle professioni, oggi paventata come una sorta di minaccia da parte di questo Governo, perché avremmo potuto sicuramente comprendere meglio la realtà moderna. In altri termini, saremmo stati capaci di definire un sistema delle professioni che rappresentasse l'evoluzione di un sistema «naturale» della società italiana, anziché colpire qualche nemico di classe, come si vorrebbe fare con il provvedimento in esame, nonché con quelli che vengono promessi (o, meglio, minacciati).
Mi permetto, di evidenziare un aspetto in ordine a tale questione. Sembra infatti ancora una volta emergere l'idea di contrapporre i consumatori ai commercianti o ai professionisti. Tale logica del conflitto appartiene solamente alla sinistra: anzi, direi che si tratta di una malattia infantile della sinistra stessa! Essa, infatti, non dispone più dei termini del conflitto di classe del Novecento, poiché non vi è più la contrapposizione tra lavoratore e proprietario dei mezzi di produzione o tra operaio ed imprenditore.
Ciò ovviamente non c'è e non può esservi più, almeno in gran parte della sinistra, anche se altrettanto ovviamente resta nel sistema tardo-ideologico della cosiddetta sinistra radicale. La sinistra, tuttavia, essendo incapace di avere una visione complessiva della società, cerca di individuare un altro conflitto di classe. Questo Governo crede di averlo trovato nella contrapposizione, che vuole fare emergere, tra i consumatori - vale a dire, i lavoratori del nuovo manifesto ideologico della sinistra italiana - ed i commercianti ed i professionisti, come se gli interessi economici, sociali o valoriali degli uni e degli altri fossero tra loro confliggenti.
La nuova lotta di classe che emerge in questo e nel precedente provvedimento - che è anche la logica complessiva della politica economica di questo Governo - va respinta, in quanto deforma ogni iniziativa e ogni tentativo di riforma economica.
Tale sistema emerge anche dalla minimale «lenzuolata», che ci viene presentata oggi e che non tiene conto dei poteri del Governo rispetto a quelli delle Authority, nell'ambito di un sistema liberale occidentale ed europeo come il nostro.
Cominciamo dalla prima misura inserita nel provvedimento che ha ottenuto - come era comprensibile - il maggiore consenso: mi riferisco all'azzeramento del costo di ricarica dei telefonini. È sicuramente un colpo di immagine certamente positivo, i cui effetti immediati sono come i fuochi di artificio: fosforescenti, ma sostanzialmente inutili e insignificanti, perché facilmente elusi o eludibili da parte delle compagnie telefoniche.
L'altro giorno un quotidiano vicino non all'opposizione ma al Governo, che inPag. 10qualche misura ha messo in evidenza questi provvedimenti di liberalizzazione (o presunti tali) e che si è fatto megafono del ministro Bersani - mi riferisco a la Repubblica - titolava: «L'Unione europea conferma i dubbi e ritiene illegittimi i rincari».
L'Unione europea conferma quindi i dubbi e ritiene illegittimi i rincari che le compagnie telefoniche dovrebbero realizzare per compensare l'abolizione dei costi di ricarica. Anzi, nel sommario si legge: «Bollette elevabili per compensare l'abolizione dei costi di ricarica». Non lo diciamo noi, lo dice l'Unione europea: le compagnie telefoniche possono farlo. La stessa Unione europea ha peraltro affermato che in questo campo non sarebbe dovuto intervenire il Governo, bensì l'Authority e, al riguardo ha avanzato dubbi sulla validità dell'intervento del Governo rispetto a quanto avrebbe dovuto fare l'Authority stessa.
Un Governo che non riesce a distinguere i compiti propri da quelli dell'Authority - non lo dico soltanto con riguardo a questo provvedimento, ma anche a tanti altri - e ad entrare in sintonia con gli indirizzi europei, non mi sembra né liberale né europeo.
Il relatore oggi ha affermato - lo riportano anche i giornali - che in questo settore l'abolizione dello scatto alla risposta non può essere realizzato perché mancano i presupposti di urgenza. Se esaminiamo nel merito il provvedimento in discussione, mi chiedo in quale caso ricorrano i presupposti di urgenza: credo che in nessuno dei casi evidenziati vi sia un simile presupposto. Non ritengo che tale presupposto ricorresse nel precedente provvedimento riguardante i tassisti o i panificatori, né mi sembra che nei mesi scorsi si sia scatenata una sommossa popolare contro i panificatori, perché nel nostro paese il pane non si trovava: il pane si trovava e non vi era bisogno di intervenire con un decreto-legge!
Parimenti, in questo contesto, non c'è bisogno di intervenire con un decreto-legge anche per quanto riguarda le altre categorie interessate da questo provvedimento.
Quindi, poiché non ricorre il presupposto dell'urgenza per lo scatto alla risposta, mancano i presupposti di necessità e urgenza rispetto all'intero decreto-legge. Infatti la differenza in ordine alla sussistenza dei presupposti di urgenza rispetto alle altre misure contenute in questo provvedimento è debole, sfido chiunque a dimostrare il contrario. In definitiva, non esiste alcun presupposto di urgenza e non c'era alcun dovere di approvare un decreto-legge.
Ritengo anche che sia debole il risultato delle altre misure contenute nel provvedimento. Pensiamo alla liberalizzazione del sistema della distribuzione della benzina nel nostro paese: l'effetto sui consumatori è estremamente minimale.
Il prezzo della benzina e del gasolio in questi giorni è aumentato, certamente non diminuito. Esso è aumentato perché è legato a prezzi e a problemi internazionali e perché le compagnie petrolifere, non certamente i benzinai, realizzano un cartello a danno del nostro paese. Tuttavia, sono stati colpiti i benzinai invece di sanzionare o comunque di regolare meglio le compagnie petrolifere o di intervenire su un sistema che produce l'aumento dei costi per l'energia nel nostro paese.
L'altro giorno la Confcommercio ha svolto un'analisi che a mio avviso va almeno ascoltata, non dico condivisa, sui motivi effettivi che in Italia producono un costo dell'energia maggiore di quasi il 50 per cento rispetto alla media europea. In larga misura esso è dovuto al peso della fiscalità e soprattutto di un sistema di distribuzione che in Italia, ad esempio, impedisce di realizzare energia a costo più basso e comunque di limitare la dipendenza dal petrolio e dal gas. Nel caso in cui si dovesse dipendere dal gas, si dovrebbe creare un sistema di distribuzione tramite i rigassificatori, che effettivamente potrebbero permettere maggiore competizione interna.
I problemi sono altri per quanto riguarda le sinergie e per quanto riguarda lePag. 11tariffe aeree. Si è intervenuto con una misura cosiddetta «di trasparenza». Essa è certamente condivisibile, ma risulta assolutamente minimale e pertanto non influirà affatto sul costo delle tariffe aeree. Si sarebbe piuttosto dovuto intervenire per ridurre le tasse aeroportuali, colpendo così qualche privilegio di cui gode la nostra compagnia di bandiera.
In proposito vedremo come andrà a finire la privatizzazione dell'Alitalia. Sui giornali si legge che l'ultima risorsa rimane quella di una compagnia cinese. Il problema delle tariffe aeree interne non viene certamente risolto da questo provvedimento e dagli interventi sulla trasparenza delle tariffe; esso è legato al sistema aereo italiano e ad una compagnia di bandiera che non riesce a stare in volo né ad essere privatizzata. Vedremo cosa accadrà in quel settore con la privatizzazione.
Così si potrebbe dire per altre misure previste all'interno di questo decreto. Avviandomi alla conclusione, vorrei fare riferimento alla norma che dovrebbe permettere la creazione di un'impresa in un giorno. In proposito era stato già presentato un provvedimento bipartisan, proposto alla Camera dal presidente Capezzone. Il Governo lo ha di fatto «espropriato» con norme di dubbia efficacia, come affermano tutti. Infatti, dovremo vedere quali saranno i regolamenti attuativi per capire se davvero sarà possibile far nascere in Italia un'impresa in un giorno, a fronte di una macchina burocratica che resta estremamente pesante, come affermano tutti gli economisti. Quindi, si è voluto espropriare il Parlamento trasformando questo problema in uno slogan: un'impresa in un giorno. È solo uno slogan. Vedremo cosa si nasconde dietro questo slogan, secondo ovviamente la logica costruttiva che intendiamo seguire nel dibattito su questo provvedimento e, in generale, sugli interventi di natura sociale ed economica.
Nell'esame del decreto con i nostri emendamenti faremo proposte per indicare quale strada si sarebbe dovuta seguire nei settori che riguardano il gas, il sistema bancario, il sistema delle assicurazioni e soprattutto il cosiddetto «neostatalismo municipale». In questo caso riteniamo che qualche effetto efficace possa provenire non tanto da questo provvedimento, quanto da quello Lanzillotta ora all'esame del Senato, se esso non sarà «espropriato» nelle sue parti più significative dai ricatti, dalle ipoteche, dai veti, dai diktat ideologici della sinistra radicale. Per questo proporremo di inserire alcune norme che riteniamo significative per smantellare le sacche di «socialismo municipale» con l'abolizione delle concessioni in house e, al contempo, per prevedere un sistema di liberalizzazioni anche per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche. Essa ovviamente non riguarda la proprietà dell'acqua - ci mancherebbe altro! - ma semplicemente la gestione delle risorse idriche per renderle più efficienti e quindi più pronte a rispondere alle esigenze dei consumatori, giustamente sempre più esigenti. Cercheremo di svolgere tale azione anche all'interno di questo decreto.
Sfidiamo la maggioranza o la parte di essa liberale, o presunta tale, ad intervenire in questo campo. La questione del neosocialismo o neostatalismo municipale è ciò che più incide, davvero, nella competizione a livello locale, nella competizione sui mercati in merito alla libertà di intervento delle imprese.
I dati sulla presenza effettiva dello Stato e delle sue articolazioni, quindi le municipalità e le regioni, nel settore dei servizi sono impressionanti e dimostrano una tendenza in continuo aumento. Nel 2005, è stata raggiunta la ragguardevole cifra di 134 miliardi di euro in termini di impegno. Tutto ciò deve indurre ad una responsabile riflessione sulla necessità di liberalizzare gran parte dei servizi e avviare al mercato le numerosissime imprese pubbliche.
Solo le municipalizzate sono 1.691. A queste si aggiungono le imprese nazionali, cui bisogna ancora sommare i servizi gestiti direttamente dall'amministrazione pubblica. Nel 1996, vi erano 30 aziende municipalizzate informatizzate; oggi, ve nePag. 12sono quasi 900: siamo passati da 30 a 900 in dieci anni e ancora ogni giorno crescono. Si tratta di società a controllo pubblico. Questo è il vero problema del paese, non i benzinai né i panificatori o i giornalai.
Lo stesso vale per la pubblica amministrazione, ridotta a livello centrale, ma cresciuta, sotto le mentite spoglie di società di scopo, in sede locale. Bisogna, poi, aggiungere le imprese statali e con queste le società pubbliche presenti nel nostro paese nel campo dei servizi sono quasi tremila.
Il complesso giro d'affari degli enti e delle imprese pubbliche operanti sotto forma di Spa in settori certo non strategici (trasporti, pulizia urbana, energia, informatica, consulenza, bonifica ambientale) «naviga» intorno ai 25 miliardi di euro di trasferimenti dallo Stato agli enti locali: ripeto, 25 miliardi di euro di trasferimenti ogni anno per questa «greppia» pubblica.
A ciò si aggiungono i trasferimenti cospicui previsti dalla nuova legge finanziaria, da cui potranno derivare 11 miliardi di euro: 25 più 11 miliardi di euro di trasferimenti verso le aziende pubbliche a livello locale.
È un neostatalismo dilagante cui partecipano tutti gli enti pubblici, allo scopo di affidare a questi organismi incarichi in house, evitando le gare e, quindi, distorcendo la concorrenza. Questo è il vero problema del nostro paese nel campo della concorrenza: il neosocialismo municipale, che va posto sotto attacco e smantellato, se vogliamo veramente consentire alle imprese di muoversi in modo migliore.
Peraltro, il punto qualificante, almeno per quanto riguarda lo slogan, di aiutare le imprese a nascere (problema che va certamente affrontato) non è il vero problema delle imprese italiane. Abbiamo un ritmo di nascita delle imprese impressionante, ma abbiamo anche un ritmo di mortalità, purtroppo, talvolta più elevato. L'impresa italiana nasce, con grande difficoltà, ma soprattutto muore presto. Il problema delle imprese italiane non è legato alla nascita, quanto alla sua sopravvivenza e alla sua crescita. Voi, da una parte, cercate di facilitarne la nascita ma, dall'altra, in qualche misura colpite l'impresa nelle sue possibilità di crescita, restringendo le capacità di assumere previste dalla legge Biagi, riproducendo un sistema neostatalista e neodirigista, aumentando la pressione fiscale, espropriando l'impresa del TFR.
Ecco perché quello che state ponendo oggi è un falso problema o, appunto, semmai, un «lenzuolo», che serve a coprire una politica che va in tutt'altra direzione.
L'altro giorno, il ministro Bersani ha detto di aver fatto partire una «palla di neve» e di essere pronto a realizzare altri provvedimenti. Lo sfidiamo a farlo; lo sfidiamo a realizzare provvedimenti «veri» che riguardano le energie, i trasporti locali, le banche, le assicurazioni, il sistema delle grandi cooperative.
L'Unione europea, l'altro giorno, ha avvisato l'Italia che esiste un sistema di sperequazione che altera la concorrenza, determinato dai favori che le grandi cooperative ottengono a scapito delle imprese. Non siamo stati noi, ma l'Unione europea ad affermare che il vero problema del paese è quello delle grandi cooperative che rendono difficile di un sistema di concorrenza.
È un problema - questo, come anche il «neosocialismo comunale» - che vogliamo affrontare nella consapevolezza che occorra intervenire più incisivamente di quanto non si sia fatto nei cinque anni precedenti, al fine di completare quel processo di modernizzazione e liberalizzazione del paese che voi state mettendo a rischio.
Dichiarava Bersani di aver fatto partire la «palla di neve»; ebbene, permettetemi di osservare che a me sembra, questo provvedimento, un pupazzo di neve, che, appunto come neve, si scioglierà al sole. È una misura che non produrrà effettive conseguenze sul sistema economico del paese e che serve soltanto a coprire il proposito sottostante, una politica delle controriforme che smantella il sistema da noi realizzato negli anni precedenti e chePag. 13fa tornare il paese indietro anche nella scala delle liberalizzazioni e, ancor più, delle modernizzazioni.
Per tale motivo, riteniamo che questo pupazzo di neve vada in qualche misura denunciato dinanzi alla pubblica opinione: non serve sostanzialmente ad altro che a coprire quanto vi è dietro, una politica restauratrice.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Affronti. Ne ha facoltà.

PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome dei Popolari-Udeur, esprimo un giudizio complessivamente positivo sul cosiddetto secondo decreto Bersani, recante misure in tema di liberalizzazioni e tutela del consumatore.
Bisogna prendere atto del fatto che, in tema di liberalizzazioni, il Governo Prodi, a differenza del centrodestra, ha affrontato subito il problema, proponendo al paese provvedimenti concreti, alcuni dei quali molto apprezzati dagli italiani. A parte alcune resistenze, a volte corporative, manifestate da alcuni settori verso i provvedimenti adottati - anche perché talune misure potevano essere interpretate come un accanimento verso alcune categorie -, il giudizio e l'impatto complessivo sono positivi e delineano in molti casi un paese più moderno che presenta maggiori diritti per i cittadini.
Ciò nondimeno, riteniamo che talune correzioni vadano fatte perché il provvedimento possa rispondere pienamente agli interessi complessivi del paese. Confidiamo che come già in altre occasioni si manifesti la disponibilità a trovare soluzioni condivise e, in tal senso, offriremo la nostra piena collaborazione. Ma, nel complesso, siamo soddisfatti e consapevoli del fatto che siamo oggi chiamati ad esprimerci su un provvedimento di straordinaria importanza, idoneo a portare finalmente il nostro paese su un percorso di modernizzazione.
Dunque, nessun conflitto di classe! È da tempo che il centrosinistra è impegnato nell'opera di completamento del complesso processo di liberalizzazione delle attività economiche e, conseguentemente, nel ristabilire la competitività dell'Italia all'estero. Ma l'esperienza insegna che apportare cambiamenti alla struttura economica di un paese non è impresa semplice, come non è semplice riuscire a conciliare le esigenze di tutti i cittadini, siano essi imprenditori o consumatori.
Oltre a tali difficoltà oggettive, l'attuale Governo ha ereditato una realtà economica gravemente penalizzata dalla forte inflazione e dai costi elevati dei servizi, e tale disfunzione ha ridotto le enormi potenzialità di molte delle nostre imprese, che non hanno ricevuto lo stimolo adatto per crescere ed essere concorrenziali.
Ora, con la conversione in legge di questo decreto-legge si integra quel percorso virtuoso per l'economia italiana cominciato con il primo provvedimento sulle liberalizzazioni, con il Documento di programmazione economico-finanziaria e con il disegno di legge finanziaria. Sappiamo, peraltro, che saranno assunti altri provvedimenti per completare tale percorso; da questo punto di vista, come stiamo dimostrando, l'agenda del Governo è indubbiamente ricca.
Pur essendoci ancora dei limiti, e mantenendo fermo il principio che, a nostro avviso, è sempre necessaria una certa gradualità nell'apportare cambiamenti, noi riteniamo che questo provvedimento vada complessivamente nella direzione giusta, ossia verso l'apertura dei mercati. È estremamente importante, perché può rafforzare quella fiducia nel paese, nei consumatori, nei cittadini, negli operatori economici che già si è iniziata a manifestare negli ultimi mesi e che porta verso un risanamento strutturale dei nostri conti pubblici e ad una ripresa dell'economia e degli indicatori industriali. Si è obiettato, da parte dei detrattori di questi interventi normativi, riferiti in particolare alla liberalizzazione dei servizi, che si tratterebbe di misure modeste, di false liberalizzazioni, destinate all'inefficacia ed all'insuccesso, salvo poi da parte di taluni cavalcare la protesta di alcune categorie interessate, sostenendo il carattere eccessivamente «forte» degli interventi stessi.Pag. 14
Sono questi gli argomenti già ascoltati durante la discussione del precedente «decreto Bersani», ma si tratta chiaramente di un atteggiamento contraddittorio e, a nostro avviso, molte volte strumentale. Questo è un provvedimento che crea indubbiamente maggiore concorrenza, che a sua volta offre maggiori opportunità ai giovani, stimola l'innovazione e contribuisce in maniera profonda a controllare i prezzi e a frenare, quindi, le spinte inflazionistiche, seguendo così gli avvertimenti che ci sono giunti dall'Europa e dalla stessa Banca d'Italia. Inoltre, queste norme di tutela dei consumatori sono un chiaro ed importante esempio di politiche indirette per le famiglie. Le famiglie sono, infatti, i primi consumatori e con questo provvedimento si dimostra, in maniera tangibile, tutto il nostro interessamento per le famiglie stesse.
Queste politiche sono anche un importante segnale di attenzione verso i giovani, che possono trovare nella maggiore concorrenza sbocchi lavorativi proficui. In tale contesto, il centrosinistra può ritenersi ampiamente soddisfatto del provvedimento al nostro esame, che costituisce una giusta base per risvegliare la crescita economica dell'Italia e per restituire ai cittadini la fiducia nel sistema politico. Certo, chi detiene posizioni di vantaggio contesta le riforme, perché queste ultime hanno un impatto distributivo su chi ne è interessato ed ogni volta che si interviene su un'attività protetta viene sollevato un problema di equità in ordine alla svalutazione di un investimento effettuato sulla base di diverse regole del gioco. Ovviamente, le proteste e le manifestazioni di disagio vanno considerate in modo attento; sono temi delicati che bisogna considerare con rispetto per trovare, attraverso il confronto, le soluzioni di equilibrio più avanzate. Tuttavia, mi pare che si è dimostrato di volere e saper fare grazie all'impostazione gradualista, sempre migliorabile, del provvedimento, e per i molti correttivi e miglioramenti introdotti, grazie al confronto con le parti ed al dibattito costruttivo che è stato avviato in Commissione attività produttive, con l'inizio del lavoro emendativo.
Credo che ciò abbia così contribuito a migliorare l'impianto complessivo del provvedimento e ritengo che la disponibilità offerta dal relatore a discutere di ulteriori modifiche e miglioramenti nel corso del dibattito in Assemblea, se troverà conferma, possa esserne la prova migliore. Il decreto-legge mira pertanto a rimuovere molti degli ostacoli posti allo sviluppo economico e, allo stesso tempo, mostra una grande sensibilità verso le esigenze dei consumatori, tutelandone gli interessi e migliorandone la vita di tutti i giorni. Il «pacchetto» agisce, infatti, su alcuni settori ad alto impatto sull'economia: si va dalla semplificazione della procedura di creazione delle imprese che, attraverso una comunicazione unica al registro delle imprese, potranno compiere tutti gli adempimenti amministrativi finora previsti, alla semplificazione della cancellazione delle ipoteche ed allo snellimento delle procedure burocratiche per svolgere alcuni mestieri o professioni.
Si prevedono norme a tutela del consumatore e per l'acquisto della prima casa - e non solo - e la possibilità di estinzione anticipata dei mutui immobiliari, senza penali, nonché la possibilità di trasferire il mutuo da una banca all'altra, senza l'obbligo di sostenere costi aggiuntivi a quelli tecnici.
Si prevede il divieto dell'applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica di carte prepagate e, grazie ad alcuni emendamenti approvati presso la Commissione attività produttive, questa misura si allarga anche alle ricariche utilizzate per la televisione digitale terrestre e per Internet.
Non mancano provvedimenti volti ad una maggiore trasparenza nel settore assicurativo, provvedimenti che necessitano, però, di una gradualità nell'applicazione, misure nel mercato del gas naturale, provvedimenti a vantaggio dell'istruzione tecnico-professionale (emendamenti in questo senso ci saranno e verranno presentati in quest'aula). Il relatore Lulli ha parlato del potenziamento del rapporto tra economiaPag. 15locale e scuola tecnico-professionale (formazione professionale) come di un punto essenziale per l'apparato industriale del paese, quindi un punto che va considerato molto importante e che noi riteniamo tale.
Complessivamente positivo, infine, è il giudizio relativo alla volontà di realizzare una infrastruttura indispensabile alla crescita del nostro paese. Nel confermare la volontà della realizzazione espressa nel decreto-legge, siamo però convinti che bisogna evitare il rischio di aprire un contenzioso, che non giova all'attuazione di opere che il Governo intende realizzare perché indispensabili per lo sviluppo del nostro paese.
Sono queste le materie al nostro esame e il giudizio dei Popolari-Udeur è complessivamente positivo: l'abbiamo detto all'inizio e lo ripetiamo in conclusione, anche se siamo convinti che il dibattito parlamentare dovrà necessariamente trovare un momento indispensabile di approfondimento per fare in modo che queste liberalizzazioni vengano approvate senza stravolgere l'impianto del decreto-legge. Nel contempo, è auspicabile che si apportino gli opportuni aggiustamenti ad un provvedimento che, senza sacrificare il dibattito democratico e quindi il confronto sugli emendamenti, che anche noi Popolari-Udeur presenteremo, ponga finalmente le premesse per uno Stato più moderno ed efficiente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.

LORENA MILANATO. Presidente, vi è la necessità innanzitutto di osservare come il decreto-legge all'esame, il secondo decreto Bersani, come molti altri emanati da questo Governo, contenga molte norme che non rientrano affatto nella previsione dell'articolo 77 della Costituzione, che prevede la possibilità di emanare decreti-legge solo in casi di straordinaria necessità ed urgenza.
È stata chiamata la «lenzuolata» di Bersani, che tenta di far passare la linea dello sviluppo e della crescita economica con un provvedimento che, come vedremo poi nel seguito del mio intervento, non è solo poca cosa, ma sostanzialmente rappresenta per noi un bluff, come lo è stato il primo decreto Bersani.
Forse i nostri vicini, gli inquilini di Palazzo Chigi, sperano che con qualche provvedimento settoriale, dirigista e demagogico, in sostanza dei veri e propri spot pubblicitari, gli italiani possano dimenticare presto quella tartassata che vuoterà le loro tasche, a seguito dell'approvazione dell'ultima legge finanziaria. Credono di poter recuperare quel po' di popolarità tra l'opinione pubblica (a tale proposito basta toccare qua e là in maniera disorganica parrucchieri, estetisti, autoscuole o ancora banche e assicurazioni) facendo credere di avviare una vera e propria rivoluzione liberista nel nostro paese.
È vero, gli italiani apprezzano alcune iniziative: per essi sono importanti l'apertura il lunedì dei parrucchieri o degli estetisti, l'informazione in forma compatta dei prezzi dei carburanti nelle tratte autostradali, i caratteri in cui devono essere stampate le scadenze sui prodotti alimentari o la liberalizzazione delle imprese di pulizia e delle guide turistiche, oppure ancora le incentivazioni sulla rottamazione degli autoveicoli. Su questo punto torneremo successivamente.
Si può veramente pensare che queste siano davvero misure straordinarie e urgenti? Tutta questa serie di innovazioni sono davvero straordinarie ed urgenti?
Prima di entrare nel merito del provvedimento ritengo però opportuno fare una premessa sul metodo, perché ancora una volta si predica bene e si razzola male. Infatti, si impone un provvedimento contro i ceti medi produttivi senza il minimo coinvolgimento delle rappresentanze di queste categorie e non mettendo in atto quella tanto sbandierata concertazione, che è stata spesso lamentata dall'attuale maggioranza nei confronti del precedente Governo, ma che proprio questa maggioranza - ora che governa - dimostra di non voler attuare.
Siamo di fronte ad una serie di misure di limitata utilità di cui nessuna - loPag. 16sottolineo - è veramente straordinaria e urgente. Al di là del giudizio di merito sulle singole misure, siamo di fronte ad uno stravolgimento della buona e corretta legislazione. Infatti, la grande maggioranza delle norme contenute in questo provvedimento avrebbe probabilmente trovato una più idonea collocazione in un disegno di legge o, meglio ancora, in più disegni di legge (trattandosi appunto di materie fra loro assolutamente disomogenee) in modo da consentire un approfondito e meditato esame da parte delle Camere.
Intorno a questa iniziativa è stato sollevato un grande polverone mediatico, che il Governo intende o, meglio, intendeva forse sfruttare per recuperare un po' di quel tanto consenso perduto, che lo pone oggi in netta minoranza nel paese oltre che al Senato.
Non neghiamo che alcune delle norme contenute nel provvedimento possano essere utili. Mi riferisco in particolare alla trasparenza delle tariffe aeree, alla cancellazione automatica e gratuita delle ipoteche legate a mutui fondiari quando viene estinta un'obbligazione, al divieto di penalità per l'estinzione anticipata di mutui che saranno stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto-legge, alla cosiddetta portabilità dei mutui o degli altri finanziamenti bancari senza oneri aggiuntivi.
Per contro, vi sono norme a dir poco discutibili se non addirittura inutili. Vorrei riferirmi in particolare all'articolo 1, che elimina il contributo fisso per le ricariche telefoniche. Tale misura, pure essendo molto popolare - come è stato affermato, è sicuramente un grande provvedimento di immagine - va ad incidere pesantemente su contratti in essere tra soggetti privati.
Anche l'emendamento del relatore, Lulli 2.1, presentato ed approvato in Commissione, sul quale c'è stata un'ampia discussione, ha esteso inopinatamente l'abolizione del contributo fisso per la ricarica di carte prepagate anche a quelle delle pay-tv, il che, oltre a rappresentare una forzatura contrattuale, costituisce anche una violazione palese delle regole di ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge, come fissate dal regolamento della Camera.
Per la verità sul tema dell'ammissibilità degli emendamenti alla Camera andrebbe aperta una parentesi, se non una vera riflessione, con una discussione molto più ampia.
Da tempo siamo di fronte al problema della difformità dei regolamento della Camera e del Senato circa l'ammissibilità degli emendamenti ai decreti-legge: alla Camera è ammissibile poco o nulla o solo ciò che interessa alla maggioranza. Al Senato, invece, viene dichiarato ammissibile di tutto e di più e anche quanto dichiarato inammissibile alla Camera viene paradossalmente poi riproposto al Senato.
Vorrei ricordare - anche se non credo che ve ne sia bisogno - a quest'Assemblea il non lusinghiero precedente del cosiddetto decreto «mille proroghe», che è tornato in seconda lettura alla Camera praticamente raddoppiato rispetto al testo approvato in prima lettura e completamente stravolto nel contenuto, essendo stata inserita una serie di nefandezze.
A tale riguardo è sicuramente inaccettabile quanto è successo all'emendamento del relatore citato poco fa - Lulli 2.1 - che ha esteso alle carte prepagate per la pay-tv l'abolizione del contributo fisso. Pur trattando una materia diversa da quella telefonica, esso è stato miracolosamente dichiarato ammissibile, probabilmente - dico io - per ragioni di vendetta politica. Come qualcuno diceva, a pensare male si fa sempre bene!
Il presidente della X Commissione e, purtroppo, anche il Presidente della Camera hanno commesso a mio avviso un grave errore, sia giuridico, sia di stile politico, non usando affatto un identico metro di giudizio per valutare l'ammissibilità degli emendamenti del relatore e dei parlamentari dell'opposizione.
È stato scandalosamente dichiarato inammissibile in Commissione attività produttive un emendamento del nostro gruppo - Forza Italia - che sostituisce integralmente l'articolo 9: ne manteneva laPag. 17stessa finalità, anzi, ne rafforzava notevolmente sia l'efficacia, sia la concretezza normativa.
Tutto ciò è gravissimo e, lasciatemelo dire, poco accorto da parte della maggioranza.
Va fatta poi una riflessione seria, come ho detto poco fa, per eliminare qualsiasi disparità. Prima di entrare nel merito del provvedimento, riprendendo una dichiarazione enunciata poco fa dal relatore Lulli, il quale ha sostenuto che in Commissione si è svolto un lavoro proficuo, debbo dire che sicuramente abbiamo lavorato in un clima ottimo, esclusivamente sotto il profilo dei rapporti personali - come è sempre accaduto nella Commissione attività produttive - ma non considero proficuo il lavoro svolto, perché le poche concessioni fatte nell'accogliere qualche emendamento, sia all'opposizione ma anche alla stessa maggioranza, hanno riguardato aspetti marginali.
Ora, attendiamo il dibattito in aula, per constatare se vi sia da parte del relatore e del Governo una reale intenzione di rivedere alcuni aspetti già esaminati in Commissione, come è stato preannunciato dal relatore.
Passando ad esaminare da vicino le singole norme che compongono questo provvedimento eterogeneo, vi è da osservare che esse nel loro complesso avranno scarso impatto sul rilancio dell'economia e per alcuni operatori economici comporteranno degli inconvenienti di entità sicuramente non proporzionale ai benefici prodotti a vantaggio dei consumatori.
In particolare, mi riferisco all'articolo 1, che prevede l'abolizione del contributo fisso sulle carte telefoniche, alle disposizioni per incrementare la concorrenza e la tutela dei consumatori nel settore assicurativo, alla liberalizzazione delle autoscuole ed altro. Vi sono alcune norme obiettivamente poco utili, ad esempio l'articolo 9, che prevede una semplificazione degli adempimenti amministrativi per le nuove imprese e che sarebbe stato molto più efficace se fosse stato approvato l'emendamento citato poco fa.
Del tutto inutile è l'articolo 11 in materia del mercato del gas, in quanto il problema di fondo in campo energetico è costituito per il nostro paese dall'eccessiva dipendenza dall'estero per la fornitura del gas naturale. Com'è noto, abbiamo grandi fornitori, che ci condizionano pesantemente, ai quali siamo legati e collegati con gasdotti. Mi riferisco ovviamente alla Russia e all'Algeria.
Per migliorare la nostra posizione contrattuale, occorrerebbe forse diversificare gli accordi con altri paesi fornitori, ma per fare ciò dovremmo importare gas liquefatto da paesi d'oltreoceano. Per questo però, cari colleghi, ci vogliono i rigassificatori, per realizzare i quali forse non ci vorrebbero i Verdi nel vostro Governo!. Per questo tutto ciò non sarà possibile e non potremo migliorare la nostra posizione contrattuale. Saremo destinati a restare «inchiodati» alle dipendenze di Russia ed Algeria, che già si sono messe d'accordo a nostro danno. Per tali precisi motivi, l'articolo 11 del provvedimento non serve a nulla, in quanto non affronta il vero problema alla radice.
È molto grave quanto contenuto nell'articolo 12, che revoca la concessione per la costruzione delle linee ad alta velocità delle ferrovie. Tale revoca non è una novità. Ricordo che già il Governo Prodi aveva adottato una misura analoga negli anni 1996-97, provocando gravi danni sotto il profilo sia del rallentamento dei lavori di queste indispensabili infrastrutture, sia dei risarcimenti dovuti alle concessionarie. Vorrei chiedere al relatore quali saranno i costi di questi interventi. Il relatore ci chiedeva se questa soluzione non fosse giusta. Noi crediamo di no e vorremmo avere da lui risposte più precise sull'impatto e sui costi di questo provvedimento. Nella scorsa legislatura il Governo Berlusconi abrogò quella norma, che ora viene riproposta, ma i problemi sono sempre gli stessi.
Operando in tal modo si rischia solo di rallentare ulteriormente i lavori su tratte ferroviarie importanti - precisamente sulle linee Milano-Verona, Venezia-Padova e Milano-Genova, che sono essenziali perPag. 18lo sviluppo del nostro paese, in quanto localizzate nel cuore industriale dell'Italia del nord. Tali opere dovrebbero necessariamente andare di pari passo con quanto, grazie al passato governo di centro-destra, alla legge obiettivo e a quanto fatto da alcune regioni governate dal centro-destra, tra cui la mia, il Veneto, si sta finalmente realizzando, ossia una serie di opere importantissime. Mi riferisco in particolar modo al passante di Mestre, che tra poco più di un anno, tra 460 giorni, circa, sarà consegnato ai cittadini italiani.
Ci sono poi da considerare i danni o addirittura le sanzioni comunitarie, che probabilmente lo Stato sarà chiamato a pagare.
Non si può che giudicare negativamente l'articolo 13. Vorrei peraltro ricordare al relatore ed ai colleghi che in Commissione attività produttive è stato espresso un giudizio negativo anche da parte di alcuni colleghi del centrosinistra, quanto meno sulla collocazione di questo articolo in un decreto-legge e in questo decreto-legge. Si sono voluti inserire pezzi di riforma dell'istruzione scolastica, mascherati dietro alla necessità di migliorare la preparazione tecnica e professionale. Si apportano infatti modifiche sostanziali alla riforma Moratti, mantenendo però quella regola - che è di questa maggioranza - secondo la quale tutto ciò che è stato fatto dal Governo Berlusconi va necessariamente cancellato.
Chiedo a voi se vi sembra giusto che questo argomento fosse materia di competenza della Commissione attività produttive. Del resto lo stesso Governo aveva preannunciato l'inserimento di queste stesse norme nel disegno di legge sulle liberalizzazioni, non nel decreto-legge di cui ci occupiamo. Vorrei ricordare che in Commissione avevamo chiesto lo stralcio di questo articolo e il suo inserimento in un altro provvedimento, ma la maggioranza - forse condividendone la necessità - non ne ha avuto il coraggio.
Con l'articolo 14, poi, il Governo arriva veramente al colmo del paradosso e anche del ridicolo. La norma modifica gli incentivi per la rottamazione dei veicoli euro 0 ed euro 1, misura che sicuramente non era da introdurre con questo decreto-legge e che restringe il campo di applicazione del beneficio solo ai casi in cui non vi sia la sostituzione del veicolo rottamato per almeno tre anni. Si tratta di un prezzo pagato ancora una volta all'estremismo dei Verdi, che non ha alcun senso. Anzi, ha un senso per questo Governo e per questa maggioranza, quello della politica del «sì», anzi del «no», anzi del «non so», insomma del dire e non dire, del fare e non fare.
Siamo in conclusione di fronte ad un decreto-legge di scarso effetto, palesemente incostituzionale per quanto riguarda i requisiti dell'articolo 77, per molti versi dannoso. Esso è un ulteriore segnale, se ancora ce ne fosse bisogno, del ritorno allo statalismo, per il quale questa maggioranza sta evidentemente lavorando in maniera molto insistente, confondendo gli italiani con provvedimenti confusi, stravaganti e per nulla in odore di liberalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario, si è detto in quest'aula - anche in altre occasioni - che questo Governo fa provvedimenti per accontentare una sinistra radicale attardata su valori antichi. Ed oggi è stato detto che, essendo venuto meno il confronto tra il nemico capitale ed il lavoro, ci si è dovuti inventare un nuovo conflitto tra consumatori, da una parte, e commercianti e professionisti, dall'altra.
Vedete, Presidente e colleghi, il nostro è un partito che non ha bisogno di inventarsi nemici e non ha bisogno neanche di qualcuno che glieli inventi. Francamente, non abbiamo soprattutto bisogno di definire nuove caste, non abbiamo bisogno di queste cose per ridefinirci come sinistra radicale. Radicale poi rispetto a cosa? Noi abbiamo l'idea di una possibilità altra di avere un paese governato, dove non ci sia uno Stato sovrano di cittadini sudditi, maPag. 19dove ci sia uno Stato strumento di cittadini titolari del diritto di governare ed essere governati con gli strumenti della democrazia. Siamo un partito determinato negli obiettivi, e anche in questo; ma siamo moderati nei toni e, soprattutto, miti per i mezzi con cui li perseguiamo. Ma siamo - ripeto - determinati! Ed è questa la chiave di lettura, quella di un partito che non si va a cercare nemici tutte le volte, ma che tenta di perseguire degli obiettivi, anche in rapporto ad un conflitto che purtroppo - dal nostro punto di vista - è ancora esistente, contrariamente a quanto è stato detto, in forme non particolarmente guerreggiate - mi riferisco al conflitto fra il lavoro e il capitale -, che poi si tramutano in forme anche più feroci, come quelle della guerra, che spegne numerose vite.
Noi non abbiamo bisogno di inventarci ulteriori questioni con «caste» di professionisti e commercianti contrapposte a ceti subordinati nella presunta forma di consumatori, perché in realtà un po' tutti siamo consumatori e un po' tutti abbiamo una professione, un lavoro, un'attività. Noi pensiamo che questo provvedimento persegua esattamente quell'idea di altro Stato che rappresenta uno dei nostri obiettivi di prospettiva che perseguiamo con determinazione: un altro Stato dove il cittadino è sovrano e non è vessato, dove il cittadino non sopporta soprusi.
Si è detto che siamo in presenza di un provvedimento piccolo, ma in realtà si tratta di un provvedimento importante per quel cittadino che, negli ultimi anni, ha visto lo Stato italiano, proprio in virtù di una visione di casta privilegiata, governare privilegiando l'interesse non dico di uno, ma di uno con la sua corte, che ha piegato ai propri interessi anche le prospettive della nazione, consegnando l'Italia ad una situazione disastrata dal punto di vista economico e finanziario, senza la possibilità di risalire all'onore del mondo e di riprendere la via dello sviluppo.
Oggi siamo invece in presenza di un provvedimento che non riguarda uno con la sua piccola corte che ha determinato una situazione di profondo degrado della nostra capacità economica e quindi del benessere del paese. Siamo in presenza di un provvedimento importante per la libertà del cittadino consumatore, del cittadino utente, che restituisce un pizzico di dignità, poca, ma ogni pizzico di dignità dopo tanti anni di vessazione diventa un fatto importante.
Certamente, questo decreto-legge non contiene normative sui consumi relativi a beni primari, e tuttavia le questioni affrontate nel provvedimento d'urgenza in discussione per la sua conversione in legge attraversano la vita, se non di tutti, di una larghissima moltitudine di persone. Non vogliamo fare l'apologia di questo provvedimento, ma sicuramente ne riconosciamo tutte le peculiarità, che fanno fare quel piccolo passo avanti di cui parlavamo prima, che migliorano la vita quotidiana della persona.
Come non cogliere l'importante novità della nuova stretta sui costi bancari in un paese in cui le banche fanno e strafanno, insegnano agli altri come risparmiare, insegnano ai lavoratori come tagliare le pensioni mentre mantengono le loro pensioni d'oro? Come non capire che si comincia a cercare di mettere mano anche lì? Gli istituti di credito, come le assicurazioni, non potranno più addebitare ai clienti le spese per ricevere l'estratto conto o gli avvisi di pagamento. E come non percepire il beneficio che migliaia di utenti dei telefoni cellulari hanno già ricavato dal non dovere più pagare i costi di ricarica, che giustamente sono stati vissuti dalla gran parte della popolazione italiana, proprio quella che ha meno possibilità, come una vera vessazione nei confronti del loro reddito già così basso?
Vengono inoltre aboliti anche i costi relativi al digitale terrestre. A nostro avviso si potrebbe prevedere anche una diminuzione dei costi relativi ad Internet e alle carte di credito (e a tal fine presenteremo un apposito emendamento), mentre siamo già in presenza di importanti provvedimenti tesi a far sì che i costi non ricadano più non solo sui conti correnti ma neanche sui conti titoli.Pag. 20
Questione ben più importante è quella che riguarda la possibilità di estinzione dei mutui senza costi aggiuntivi e con l'estinzione anche delle relative ipoteche, problema che interessa molti cittadini italiani. Laddove, infatti, molti di questi cittadini, dopo una vita di fatiche, riuscivano per fortuna a comperarsi una casa facendo un mutuo e grazie magari all'aiuto del figlio o di qualche altro parente, rimaneva comunque sulle loro spalle un'ipoteca; e per estinguerla avrebbero dovuto pagare una somma, anche se essa non aveva più alcun effetto o motivo di esistere. Basti pensare a tutte le famiglie che, non avendo la possibilità di procurarsi una casa dignitosa in affitto, erano state obbligate ad accendere mutui per acquistarne una in proprietà. L'assenza di scelte per la politica delle case popolari ha fatto in modo che il nostro paese avesse la più alta percentuale di case da acquistare in proprietà e la più bassa di case disponibili per la locazione (in modo particolare, di edilizia popolare).
Inoltre, pensiamo alle migliaia di persone proprietarie di veicoli a motore, obbligate quindi a stipulare un'assicurazione, le quali erano vessate da obblighi e scadenze assolutamente arbitrari, che premiavano le compagnie di assicurazione senza alcun motivo effettivo, senza alcuna ragione effettiva. D'ora in avanti, queste persone potranno sospendere per lungo tempo l'efficacia di una polizza, per trasferirla su un veicolo nuovo (se e quando questo vi sarà), senza che la polizza stessa decada e senza che siano obbligate a pagare il premio previsto per la classe più svantaggiata. Allo stesso modo, in caso di assicurazione di più veicoli, varrà la classe maturata dalla persona con riferimento alla polizza già esistente e non si dovrà ricominciare a pagare dalla classe più alta.
Si tratta di piccole cose, di piccole «punture di zanzara» che ogni giorno colpiscono la persona e la fanno sentire debole ed impotente di fronte ai grandi poteri, i quali - chissà perché - quelle piccole cose che piegano la volontà e la dignità del cittadino le hanno sempre mantenute, le hanno sempre volute! Piccole cose, dunque, ma importanti nella vita del cittadino, il quale si sente quotidianamente gravato da obblighi e gabelle ormai incomprensibili. Piccole cose, dunque, ma liberatorie: prima ancora che di liberalizzazione, possiamo parlare di libertà della persona.
Importante è anche la trasparenza dei prezzi e delle tariffe telefoniche, dei carburanti, delle assicurazioni, dei voli aerei. Per quanto riguarda, in particolare, la trasparenza e la visibilità delle date di scadenza dei prodotti alimentari, queste assumono una «dignità» pari a quella delle etichette che esaltano le qualità del prodotto: si abbia la possibilità di leggere in chiaro, senza che si debba fare ricorso ad una lente di ingrandimento, quando il prodotto non è più corrispondente alla data di scadenza!
E come sottovalutare il provvedimento sull'alta velocità-alta capacità? Mi piacerebbe poter dire che esso è frutto di un ripensamento del Governo in merito all'efficacia di questo tipo di «avventura» nella quale si vuole insistere. Purtroppo non posso dirlo, perché non è così (a mio avviso, sarebbe giusto ricominciare ad occuparsi effettivamente dei problemi del trasporto ferroviario e su gomma che affliggono il nostro paese). Tuttavia, il decreto-legge attua un'importante operazione di trasparenza sui costi, un'operazione di pulizia, un'operazione che, anche in questo caso, dà al popolo italiano, al cittadino, la certezza che i suoi soldi saranno spesi bene, la certezza che quelle opere non si realizzeranno perché persone, gruppi di interessi e raggruppamenti amici di questo o di quel ministro, ovvero appartenenti a questo o a quel potentato, possano speculare, a partire dalla parte progettuale, facendo raddoppiare o addirittura triplicare i prezzi, senza che nessuno obietti alcunché e senza che l'opera si faccia nonostante se ne continuino a pagare i costi.
Si tratta di una piccola cosa. Si cancella l'alta velocità e l'alta capacità? Purtroppo, almeno dal mio punto di vista, no. Tuttavia, il decreto-legge fa pulizia, rende di nuovo pulito un percorso di costi ePag. 21ricavi: il lavoro è stato eseguito? Si paga. Non è stato eseguito? Non si paga! Un lavoro è giustificato? Corrisponde al costo previsto? Allora, si paga. Non corrisponde al costo? Non si paga! È così strano?
No, non tocca le corde più profonde del movimento «no TAV» della Val di Susa, nel senso che non è volto alla cancellazione dell'opera. Però, non può essere venduto, non può essere proposto, non può essere prospettato in tal modo. Eppure, per il movimento «no TAV» della Val di Susa e per il mio partito rappresenta un gesto importante, perché porta un elemento di chiarezza. Quei tanti «soloni», che evocavo qualche giorno fa ad altro proposito, che si fanno promotori della TAV senza sapere di che cosa parlano e che, quando noi ci riferiamo a TAV o TAC, ci sbeffeggiano, come se la TAC fosse soltanto un accertamento medico, non sanno che in Val di Susa si tratta di realizzare non una tratta ad alta velocità ma una tratta ad alta capacità, che riguarda soltanto il trasporto delle merci. Ebbene, quei «soloni» forse si taceranno perché, forse, decideranno di imparare qualcosa in più, non avendo un ritorno immediato nelle loro tasche e per i loro benefici. Forse, decideranno, finalmente, di capire qualcosa in più perché, comunque, i fiumi di denaro smetteranno di correre. È solo una speranza. Partiamo, però, da una certezza: perlomeno, questo Stato decide di pagare quello che si realizza sul serio e non quello che non c'è. Non è poca cosa.
Anche per quanto riguarda la possibilità di accelerare i tempi della nascita di nuove imprese, la apprezzo molto di più di quanto non abbia apprezzato la discussione svoltasi nella nostra Commissione, su altra proposta. Questa proposta è di molto migliore ed è più che dignitosa, poiché accelera la nascita di nuove imprese ma non si collega all'abolizione di regole e controlli e non espone la cittadinanza, le popolazioni, i lavoratori e le stesse imprese alla concorrenza sleale dovuta al mancato rispetto delle regole. Invece, con tale proposta si dà la possibilità di essere permeati dall'informatica e di permeare la lenta burocrazia cartacea degli enti locali con l'informatica, riducendo i tempi e riducendo i costi, anche per gli stessi utenti, perché si riducono anche i costi dei bolli che gli aspiranti imprenditori sono tenuti a pagare. Magari un provvedimento di questo genere toccasse anche altri aspetti della vita, non soltanto delle imprese, ma di tutti cittadini!
Insomma, si può ben dire che siamo di fronte ad un buon insieme di provvedimenti, piccoli ma significativi per le persone che vivono una vita normale, la vita di tutti i giorni, la vita di quegli individui che, però, fanno andare avanti lo Stato, producendo e facendolo crescere, e che vogliono siano valorizzati ed apprezzati gli sforzi che compiono e il reddito che producono. La vita di tutti i giorni, piena di difficoltà, è appesantita da incomprensibili regole e costi, regole e costi che proviamo a cambiare e che proviamo a cancellare.
Eppure, questo provvedimento pone un problema, signor sottosegretario e signor relatore. Quello relativo alla scuola, per fortuna, si è risolto, con l'apporto importante dei colleghi della Commissione cultura. Effettivamente, vi era una improprietà in termini di relazione con la nostra Commissione: lo abbiamo verificato e sarebbe sbagliato negarlo. Comunque, la questione è stata risolta, poiché c'è stato uno spazio di discussione e un apporto importante da parte della Commissione competente. Tuttavia, come ripeto, rimane ancora un problema che, per il nostro gruppo parlamentare, ha un peso. Se non saranno apportate modifiche, su questa parte del provvedimento in esame non ci sarà il nostro accordo e non dovrà stupire se esprimeremo un voto contrario; lo faremo, se non riusciremo a trovare soluzioni. Sembrerebbe, infatti, che liberalizzare anche la professione di accompagnatore turistico e di guida si traduca nella possibilità di offrire occasioni di lavoro, particolarmente a beneficio dei neo laureati disoccupati. Mi domando se sia realmente così o se non rischiamo di provocare un danno, per rimediare al quale dovremo ritirare questo provvedimento; e magari, per correggere gli abusi che sullaPag. 22base di esso sono stati compiuti, dovremo introdurre rigidità ulteriori nel prossimo futuro. Prima ancora di pensare alla professione, ricordiamo che il capitolo turismo è voce basilare dell'economia italiana e non ce lo dimentichiamo.
Il nostro è un paese che costituisce una delle mete più belle del mondo del turismo, eppure non è nei primi posti nella classifica dell'accoglienza; infatti, è superato dalla Grecia, dalla Spagna e da altri paesi mediterranei, che hanno meno guide turistiche e meno accompagnatori del nostro.
Ricordando che le guide turistiche in Italia sono più numerose rispetto ad altri paesi - sono circa 8 mila, a fronte delle 5 mila della Spagna, delle 4 mila della Francia, delle 2 mila della Grecia, delle 300 di Malta, eccetera -, non voglio dire che non va bene che altri si aggiungano, che altre persone intraprendano l'attività di guida turistica o di accompagnatore. Dobbiamo sapere, ad esempio, che gli accompagnatori sono persone in grado di presentare al meglio il territorio attraversato, illustrando le caratteristiche naturali e culturali; non basta conoscere una lingua o essere semplicemente laureato in storia dell'arte, non basta avere qualche infarinatura su un argomento. Anche per fare la guida in montagna non basta avere una laurea in geologia in tasca, in quanto per formare queste persone sono richieste altre competenze che, se isolate le une dalle altre, rendono la figura assolutamente incompleta e non rispondente alle attese di un turista che viene in Italia, soprattutto se si tratta di un isolato cittadino che di volta in volta, nelle singole città, si affida a guide che dovrebbero condurlo.
Nel nostro paese esistono già diverse modalità per sfuggire a qualsiasi elemento di controllo, che consegnano peraltro queste professioni al lavoro nero, squalificando l'offerta. Quindi, a maggior ragione, attraverso l'autonomia regionale prevista dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, dovremmo fornire un indirizzo preciso alle regioni perché curino questo aspetto, rendendo obbligatoria, quantomeno rispetto al proprio territorio, una conoscenza approfondita. Inoltre, occorre che tali persone, per operare al di fuori del proprio territorio, abbiano le necessarie competenze - specie se accompagnano i turisti al di fuori del nostro paese - per quanto concerne gli aspetti giuridici nonché quelli attinenti al passaggio delle frontiere e gli elementi di primo soccorso. Pertanto, occorre disporre di figure professionali complete.
Ciò, dal nostro punto di vista, vuol dire che tutti gli studenti, le persone già laureate, diplomate o con specifiche competenze debbono poter esercitare questa professione. Quindi, tale esercizio non deve essere a numero chiuso o limitato territorialmente o a determinati titoli di studio, ma subordinato alla verifica di specifiche capacità.
Una sola regione in Italia non ha fatto mai nulla in questo senso: la Puglia. Non dobbiamo seguire l'esempio dell'unica regione colpevole di non aver fatto nulla e appiattire su questa l'insieme delle altre regioni italiane, condannando un aspetto delicatissimo del turismo a non ricevere il giusto riconoscimento.
Per tale motivo insistiamo sulla necessità di apportare le opportune modifiche a questo comma 4 dell'articolo 10, affinché si garantisca il consumatore-turista oltre che i nostri giovani, che devono poter intraprendere un'attività che non abbia una concorrenza in nero.
Piccole cose, si è detto: piccole cose, sì! Le piccole cose, però, quando sono importanti, gratificano e aiutano tutti a sentirsi parte di uno Stato e di un insieme e contribuiscono a formare uno Stato, una nazione e un popolo e, insieme, a camminare in avanti.
Per tale motivo, questo «piccolo» provvedimento può diventare un fatto importante nella vita e per la dignità di tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevole relatore, il Governo ci pone di nuovo di fronte ad un decreto-legge urgente.Pag. 23
Stiamo discutendo in Assemblea dopo un'ampia discussione in Commissione, come ha ricordato giustamente relatore, che ha prodotto un testo emendato più confacente al relatore e al Governo che non alla discussione che si era svolta in quella sede e alla minoranza, che aveva presentato numerose proposte di miglioramento del testo.
Questo provvedimento costituisce la seconda parte dell'impegno del ministro Bersani in merito alle liberalizzazioni, e ne è sicuramente la più populista tanto da essere definita come una delle «lenzuolate» del ministro, che confonde le giuste semplificazioni burocratiche con le liberalizzazioni.
Nel decreto-legge Bersani del 2006 si discusse principalmente di due questioni simboliche: quella dei tassisti e quella delle vendite dei farmaci generici nella grande distribuzione. Nell'iniziativa legislativa si osserva, però, che gli sforzi del ministro Bersani dimostrano un approccio frammentario. Tutto ciò è giusto, ma si tratta di proposte limitate.
Ricordiamo anche le proposte alternative del vicepremier Rutelli, la cui ultima mossa è stata quella di una proposta alternativa basata sull'eliminazione dei monopoli, liberalizzando le reti ferroviarie e la distribuzione del gas, come primo apparente passo per promuovere una vera concorrenza nei settori dei trasporti e dell'energia.
Il nostro gruppo ha sempre sostenuto l'importanza che rivestono le liberalizzazioni se, però, vengono proposte con criterio. Infatti, da un lato, si concede la licenza di distributore di benzina ai supermercati e contemporaneamente, dall'altro, l'atto intasca il 63 per cento del prezzo del carburante (IVA e accise). Com'è possibile, che un provvedimento serio di liberalizzazione non tenga conto delle posizioni di assoluta forza delle compagnie petrolifere, il cui margine di guadagno è del 34 per cento per ogni litro venduto, ma si miri soltanto a danneggiare il piccolo gestore, che ha il 3 per cento di guadagno?
L'apertura di una rivendita di giornali non dovrà più rispettare le distanze minime tra esercizi. Ma un edicolante non ha nessuna possibilità di incidere sui prezzi dei prodotti editoriali venduti e non ha alcun accesso ai finanziamenti e alle tutele di Stato, cui possono mettere mano, invece, le case editrici e le grandi stamperie.
Anche in questo caso, la liberazione del ministro Bersani parte dal basso e lascia tranquilli a navigare in un mare di soldi i veri detentori dei monopoli. È ovvio che a tutti piacerebbe pagare meno la benzina o, per chi deve venderla, comprare una casa e avere a disposizione più agenti immobiliari tra cui scegliere. La questione, però, è che il ministro Bersani, anziché mettere mano alle posizioni di rendita delle grandi corporazioni, ha cominciato dai più piccoli nella catena dei servizi.
Guardando gli aspetti rilevanti del provvedimento, sì può riconoscere teoricamente che per la ricarica dei cellulari si paga quello che si consuma: stop ai costi fissi dei contributi per la ricarica delle carte prepagate, anche via Bancomat o in forma telematica, aggiunte rispetto al costo del traffico telefonico richiesto. Il credito telefonico delle carte prepagate non potrà più avere una scadenza. Oggi, generalmente, è pari a 12 mesi. Perciò, il Governo risponde alla petizione dei consumatori presentata alla Commissione europea, che ormai ha superato le 810 mila firme.
Le offerte tariffarie dei differenti operatori della telefonia mobile devono evidenziare tutte le voci che comporranno l'effettivo costo del traffico telefonico, per consentire ai consumatori un adeguato confronto.
Gli operatori telefonici, una volta convertito in legge il decreto in esame, dovranno adeguare in brevissimo tempo sia le offerte commerciali, sia i contratti già stipulati.
Verrà eliminato l'obbligo, per gli utenti, di rimanere fedeli agli operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. I contratti di adesione stipulati con tali operatori, infatti,Pag. 24devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto stesso in qualsiasi momento, senza spese non giustificate da costi dell'operatore. Vorrei ricordare che, oggi, alcuni operatori telefonici impongono la fornitura di servizi per dodici mesi ed oltre.
Gli operatori non possono, inoltre, imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. Spetterà all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di stabilire le modalità attuative di queste nuove disposizioni, nonché di applicare le sanzioni in caso di inosservanza.
Il cittadino non sarà più «sedotto» da offerte ingannevoli. Numerose, infatti, sono le offerte promozionali nelle quali il prezzo netto figura in un campo decisamente visibile al cittadino, mentre i supplementi, spesso denominati «tasse» senza specificare di cosa si tratti, appaiono in un campo visuale minimo, oltre ad essere indicati con caratteri minuscoli. Si tratta di supplementi che fanno lievitare enormemente il prezzo effettivo pagato dal consumatore.
Per quanto concerne le tariffe aeree, vorrei ricordare che saranno vietate le offerte ed i messaggi pubblicitari di voli aerei recanti l'indicazione del prezzo al netto di spese, tasse ed altri oneri aggiuntivi. Tra breve - teoricamente -, simili offerte e messaggi saranno sanzionati come «pubblicità ingannevole». Le compagnie aeree dovranno indicare, altresì, quanti posti saranno disponibili al prezzo indicato nella promozione e per quali delimitati periodi sarà valida l'offerta.
Vorrei osservare che, finalmente, la data di scadenza dei prodotti alimentari confezionati salterà immediatamente agli occhi. L'indicazione della data di scadenza o del termine minimo di conservazione dei prodotti alimentari, infatti, dovrà essere posta sulla confezione in uno spazio facilmente individuabile ed essere chiaramente leggibile, al pari delle cifre che indicano la quantità di prodotto.
La scadenza, inoltre, dovrà essere stampata in maniera indelebile. Ricordo che oggi, in molti casi, la data di scadenza è praticamente invisibile, oppure è assente, o è variata dagli stessi venditori (soprattutto nella grande distribuzione). Le industrie alimentari, infine, avranno a disposizione un ampio lasso di tempo per modificare le confezioni dei prodotti.
Per quanto concerne il settore assicurativo, rilevo che il provvedimento in esame prevede che le compagnie assicurative non potranno stipulare, con i propri agenti, contratti che prevederanno clausole di distribuzione esclusiva di polizia relative al ramo «danni». In tal modo, si estende all'intero ramo «danni» (incendi, furti, infortuni e via dicendo) il divieto previsto dall'articolo 8 della legge n. 248 del 2006. Tale divieto si applicherà, per le polizze RC auto, a decorrere dal 1o gennaio 2008.
L'obiettivo che si persegue è aumentare il livello di concorrenza, nonché ampliare la possibilità di scelta da parte del consumatore. Osservo che le compagnie assicuratrici non potranno più offrire polizze pluriennali con vincolo di durata decennale, come è attualmente previsto dal codice civile. Il contraente, infatti, avrà la possibilità di disdire il contratto di anno in anno, senza dover sostenere costi aggiuntivi.
In sostanza, il consumatore, di fronte ad eventuali condizioni più vantaggiose offerte da altre compagnie, sarà libero di chiudere il contratto prima della scadenza finale prevista da altre compagnie, potendo scegliere, quindi, di passare dalla compagnia di assicurazioni originaria ad altre. In questo modo, il Governo porrà rimedio ad un'anomalia tutta italiana, che ha prodotto effetti negativi sulla concorrenza del settore.
Il provvedimento prevede che il consumatore che stipula un nuovo contratto RC auto, anche in ragione dell'acquisto di una seconda automobile, in conseguenza di un periodo di interruzione della copertura assicurativa manterrà la classe di merito risultante dall'ultimo attestato di rischio, a prescindere dal tempo trascorso in caso di interruzione. Per di più, nel caso di sinistro, l'impresa di assicurazioni non può variare in senso sfavorevole all'automobilistaPag. 25la classe di merito fino a quando non sarà accertata l'effettiva responsabilità.
Nei casi in cui questo non sia possibile, si procederà a un computo pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti nel sinistro, al fine delle eventuali variazioni di classe.
Le compagnie assicurative dovranno comunicare tempestivamente tutti i casi di variazione peggiorativa della classe di merito degli automobilisti in ossequio ai principi di trasparenza e di pubblicità richiamati negli articoli precedenti.
Dopo aver pagato interamente il mutuo bancario, il cittadino consumatore non dovrà più affrontare nuove spese per avere la piena disponibilità del proprio immobile. Per cancellare l'ipoteca sulla casa, una volta estinto il mutuo contratto con la banca, non è più necessaria l'autentica del notaio. D'ora in avanti, approvato il disegno di legge in discussione, l'istituto di credito dovrà semplicemente comunicare, entro 30 giorni, l'avvenuta estinzione del mutuo alla conservatoria che provvederà d'ufficio all'immediata cancellazione dell'ipoteca. Gli operatori avranno a disposizione un breve lasso di tempo, circa due mesi, per adeguarsi alle nuove norme di questo provvedimento.
La norma tutela gli acquirenti della prima casa, prevedendo che possano richiedere l'estinzione anticipata o parziale del mutuo contratto con la banca senza pagare la penale.
Per i mutui stipulati dopo l'entrata in vigore della norma ogni clausola contraria sarà nulla di diritto. L'ABI e le associazioni dei consumatori dovranno definire i modi per riportare ad equità i contratti di mutuo già stipulati, anche mediante la soppressione delle clausole penali. La norma chiarirà la possibilità per chi ha contratto un mutuo di trasferirlo alla banca con cui stipula un nuovo contratto di finanziamento, anche mediante scrittura privata e senza perdere i benefici fiscali previsti per la prima casa.
Nel caso delle liberalizzazioni, più specificamente nel caso di parrucchieri, barbieri, estetisti, restano necessari i requisiti di qualificazione professionale, ove prescritti, e la conformità dei locali ai requisiti urbanistici ed igienico-sanitari. Nel caso di imprese di pulizia, di disinfestazione e di facchinaggio restano necessari, ove già richiesti, i requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria. Queste attività possono essere esercitate solo nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute, oltre che della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici.
Per quanto riguarda le autoscuole, resta obbligatorio il rispetto dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi già previsti. Le autoscuole, inoltre, saranno soggette a vigilanza amministrativa da parte delle province ed alla vigilanza tecnica da parte degli uffici provinciali della direzione generale della motorizzazione.
Questa parte dell'articolato - al pari di altre norme - entrerà in vigore nel lungo periodo. Lo metto in evidenza perché il provvedimento non troverà completa attuazione nell'immediato, ma sarà scaglionato: alcune parti entreranno in vigore entro tre o sei mesi, e in alcuni casi, anche eventualmente da parte degli enti e delle associazioni interessati, vi sarà il ricorso a tempistiche più lunghe.
Per quanto riguarda la quota del gas naturale prodotto dai giacimenti italiani che oggi le imprese produttrici versano allo Stato, in controvalore dovranno essere cedute dai titolari della concessione ad altri operatori presso l'esistente mercato regolamentato già funzionante sul sito web di SNAM rete gas: un mercato virtuale on line cui possono accedere imprese che hanno contratti di trasporto di gas con chi lo produce in Italia o con chi lo importa dall'estero. La misura renderà più facile ai piccoli e medi operatori di trovare gas da comprare, visto che importarlo dall'estero richiede una forza contrattuale idonea a stipulare contratti con i fornitori esteri e a rinvenire la necessaria capacità di trasporto attraverso i gasdotti dall'estero.
Gli introiti del gas ceduto sul mercato virtuale dai titolari delle concessioni andranno allo Stato. Tutti i nuovi importatoriPag. 26di gas in Italia dovranno offrire al mercato on line una percentuale del volume importato. Le nuove autorizzazioni di importazione di gas, rilasciate dal ministero, prevederanno tale obbligo. La percentuale di gas da cedere al mercato virtuale sarà stabilita con decreto del ministro per lo sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
Gli adempimenti amministrativi di carattere nazionale previsti per l'iscrizione al registro delle imprese, all'INPS, all'INAIL e per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA verranno sostituiti da un'unica comunicazione che può essere trasmessa per via telematica o presentata direttamente al registro delle imprese della Camera di commercio. Verrà così rilasciata subito una ricevuta che costituirà titolo per l'immediato avvio della attività imprenditoriale.
Naturalmente le amministrazioni continueranno a svolgere i controlli sulle attività di impresa, ma non potranno più ostacolare l'avvio dell'attività. La stessa procedura si applica in caso di modifica o cessazione dell'attività di impresa. La Camera di commercio assicurerà gratuitamente, di intesa con le associazioni imprenditoriali, l'aiuto necessario ai privati, considerando che per garantire la rapidità le comunicazioni e gli atti amministrativi dovranno svolgersi per via telematica. Entro breve i ministeri interessati definiranno la modulistica necessaria per la compilazione e la trasmissione delle domande. In ogni caso gli aspiranti imprenditori dovranno utilizzare per i mesi successivi a questo provvedimento la procedura tradizionale.
In sede di Commissione il gruppo della Lega Nord ha posto in evidenza alcune questioni. Oltre all'eliminazione del costo della ricarica, si sarebbe dovuto eliminare anche lo scatto alla risposta, anomalia del tutto italiana. In proposito, abbiamo chiesto la previsione di tale eliminazione, ma in sede di Commissione sono state respinte tutte le ipotesi indirizzate verso questa possibilità. Inoltre, la Commissione ha respinto anche la defiscalizzazione per il sistema di scrittura telefonico (i classici SMS) per gli ipoudenti e i non udenti. La Lega Nord aveva chiesto tale previsione anche in occasione del dibattito sulla legge finanziaria, in modo che gli ipoudenti potessero accedere ai finanziamenti particolari, in quanto tale sistema di comunicazione è uno dei pochi a poter essere utilizzato da tale categoria in maniera semplice.
Inoltre, avevamo chiesto l'abolizione del canone RAI. In un provvedimento che si occupa di liberalizzazioni ci è parso naturale introdurre l'eliminazione del canone RAI, che a nostro avviso rappresenta uno dei balzelli più illogici della storia italiana. Inoltre, esso è stato introdotto in un periodo storico sicuramente non favorevole al Governo attuale e pertanto pareva ragionevole supporre che questo Governo di sinistra eliminasse il canone RAI.
Infine, il Governo sarebbe dovuto intervenire non solo nel settore della telefonia mobile, ma anche incidendo maggiormente per l'eliminazione del canone Telecom.
In merito alla comunicazione unica per la nascita di nuove imprese abbiamo posto in evidenza che tale norma contrasta con le proposte presentate in precedenza, come ad esempio quella sullo sportello unico o sulla nascita di nuove imprese. La Lega Nord in sede di Commissione, con il suo presidente, ha presentato una proposta di legge a favore delle nuove imprese. Tuttavia, va ricordato che per avviare una nuova impresa il problema non è tanto di uffici o di burocrazia, quanto quello di avere un'idea e soprattutto i soldi e la volontà necessari. Non è tanto un problema di agevolare l'apertura, quanto quello di fornire vantaggi fiscali ed economici.
Molto si è discusso in merito all'articolo 12, sia da parte del relatore che degli altri membri della Commissione. La Lega Nord ne ha chiesto l'abrogazione integrale. La richiesta del relatore, che vi fosse una proposta alternativa, è aberrante. Non è pensabile che la proposta del Governo e dell'attuale maggioranza parlamentare per incidere e modificare le concessioni sulla TAV sia tornare indietro di sedici anni,Pag. 27tornare agli anni Novanta, cancellando tutte le concessioni e ripartendo da zero.
Si tratta di una proposta aberrante e manterremo il nostro dissenso sull'articolo 12. Questo non è un punto di partenza, ma un punto di non ritorno, dato che si farebbe un passo indietro di oltre sedici anni, tornando 1991, quando si discuteva di TAV e di concessione. Non è ipotizzabile che, per contrastare la situazione anomala delle concessioni sulla TAV (che possiamo anche definire in questi termini, non avendo nulla a che fare con le attuali concessioni né con quelle future), si torni indietro.
Il punto di partenza è il sistema attuale, essendo coscienti che per sedici anni si sono spesi soldi inutilmente, come ha giustamente detto la collega di Rifondazione Comunista, con cui siamo d'accordo in merito al sistema di gestione delle concessioni, mentre siamo in disaccordo sulla possibilità di realizzare la TAV, dato che la Lega Nord è favorevole alla sua realizzazione e, a parere nostro, è favorevole anche la popolazione italiana. Dovremmo indire un referendum consultivo sulle infrastrutture. Infatti, la sua realizzazione riguarda tutta l'Italia e non solo la Val di Susa o il Piemonte o le regioni del nord, essendo un'infrastruttura necessaria per il paese, che porta benefici a tutto il paese.
Lunedì scorso, essendo parlamentare piemontese, di Torino, sono andato in Val di Susa a visitare i presidi di cui la sinistra estrema o radicale - chiamatela come volete - si fa vanto. Ebbene, il presidio di Borgone è «ad ore», forse perché non vi è più interesse da parte di chi spingeva il popolo «no TAV» a tenere costante il presidio. Ricordo bene quanto fossero diversi i presidio di Borgone e di Venaus lo scorso anno, subito dopo la drammatica situazione della notte, mi sembra, del 5 dicembre. Oggi, non vi è più intenzione da parte dell'amministrazione, del presidente della comunità montana Bassa Val di Susa, dei sindaci locali, di mantenere vivo il presidio di Borgone.
Il ministro o il sottosegretario, se vogliono fare un viaggio in Val di Susa, una bella zona da visitare, possono tranquillamente andare e presentarsi senza problemi. Non vi sarà alcun rigetto da parte del presidio stesso, che esiste come struttura ma non come persone.
Mi sono presentato, infatti, in qualità di parlamentare della Lega Nord ed ho potuto discutere senza incontrare alcuna contrarietà. Ciò, a differenza del presidio di Venaus, dove esiste una «grossa» roccaforte, un presidio che la sinistra mantiene cercando di portare avanti le istanze dei «no Tav»: un «grossissimo» presidio, formato da una persona ed un cane!
È perciò evidente che questi due presidi, roccaforti e baluardi dei quali la sinistra radicale si fa vanto, sono ormai smorti e smunti, non esistono più. Noi delle Lega, infatti, sappiamo bene cosa significhino un presidio, una ronda o altre istanze di carattere popolare. Conosciamo bene tali situazioni e sappiamo bene che un presidio deve essere attivo ventiquattrore su ventiquattro, non secondo turni che assicurino, in ipotesi, la comodità di far ritorno a casa per poter mangiare: se uno è in lotta, in battaglia politica, anche territoriale, deve restare sul posto dove è sito il presidio.
Perciò, secondo quanto percepito anche in occasione di quella discussione locale, ci è sembrato alquanto aberrante che da parte dei valligiani della Val di Susa non ci fosse una forte ostilità. Perciò, bisogna smetterla con dichiarazioni avverse secondo le quali i valligiani della Val di Susa non vorrebbero l'infrastruttura perché, gretti e ignoranti, non capirebbero nulla e porterebbero avanti istanze ottocentesche. Essi difendono piuttosto delle istanze territoriali e non vogliono un dilapidamento della loro vallata; una vallata che ha già subito molteplici interventi infrastrutturali, essendo attraversata da due statali, da un'autostrada, da due linee ferroviarie e dal tunnel del Frejus. Un tunnel, quello del Frejus, che rappresenta un passaggio per la Francia di non trascurabile importanza.
Quanto i valligiani chiedono è di avere una dignità pari ad altre popolazioni; bisogna dunque intervenire sul posto coscientiPag. 28di quanto si opera, con una proposta concreta. Peraltro, non occorre tanto promettere, con proposte alternative, l'eliminazione o lo spostamento da un'altra parte del passaggio della linea, in modo che, sedati gli animi, poi invece si realizzi lo stesso l'opera e, se mai, se del caso, si utilizzino i manganelli (come è già successo con il Governo di centrosinistra, ma anche, a dire il vero, con quello di centrodestra: bisogna infatti dare a Cesare quel che è di Cesare!). Piuttosto, come noi abbiamo sempre dichiarato, bisogna proporre concretamente delle compensazioni, economiche e anche ambientali.
Noi abbiamo chiesto da sempre compensazioni economiche, l'eliminazione dell'ICI o di altre tasse locali in modo tale che gli amministratori avessero più respiro nell'amministrare il proprio territorio. All'eliminazione dell'ICI infatti non avrebbe dovuto corrispondere il disinteresse del Governo centrale; al contrario, le amministrazioni locali non avrebbero imposto l'ICI ma il Governo avrebbe dovuto dare le risorse a questi enti per gestire il proprio territorio, il che è avvenuto in altre zone del paese e dell'Europa. Perciò, è possibilistico proporre un tale intervento anche in quella zona.
Altra misura da noi richiesta è l'eliminazione totale di tutti i camion quando nella valle si svilupperà l'infrastruttura; in paesi civili come l'Italia - spero! - si deve utilizzare il sistema ferroviario per il trasporto merci. Vi è un interporto molto vicino: si facciano salire obbligatoriamente tutti i camion sul treno e si trasportino nell'altra vallata, quella francese, in modo tale che la valle si liberi alquanto di questi camion che passano, in pratica, in mezzo al paese.
Un grande problema della vallata, che mi hanno posto in evidenza, e che desidero porre all'attenzione dell'Assemblea - per i pochi presenti, essendo venerdì mattina - e del Governo è che vi è un costume...

PRESIDENTE. Onorevole Allasia...

STEFANO ALLASIA. Concludo, signor Presidente. Stavo dicendo che vi è un costume molto usuale in Val di Susa. In pratica, se l'autostrada la paga il concessionario o il padrone, l'autista di camion passa in autostrada, mentre se il padrone non la paga, l'autista attraversa i paesi. Questo è un problema da prendere in considerazione e ne terremo conto nei prossimi giorni, nel prosieguo della discussione del provvedimento. Metteremo in evidenza tutti gli aspetti, non solo della TAV...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Allasia...

STEFANO ALLASIA...perché è un problema enormemente avvertito.
Comunque, noi continueremo la discussione su toni molto pacati. Però, per riuscire a portare l'attenzione ...

PRESIDENTE. La ringrazio molto; lei ha avuto ampio tempo a disposizione.
È iscritto a parlare l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, colleghi deputati, il provvedimento che oggi ci troviamo ad affrontare in aula ha un titolo molto eclatante, come spesso accade per i provvedimenti di questo Governo. Questo provvedimento si pone l'obiettivo di rendere più competitivo il mercato, di tutelare i consumatori, di rendere più moderno il nostro paese. Nel mio intervento cercherò di dare alcune spiegazioni su come questo Governo sia poco credibile nell'azione di modernizzazione del nostro paese.
La mia prima considerazione parte dal fatto che per portare a livelli di competitività e modernizzazione un paese bisogna avere un approccio liberale al sistema economico e l'approccio liberale è assolutamente contrastante con l'azione adottata dal Governo di aumento delle tasse. Il Governo, in questi dieci mesi, ha aumentato le imposte sul reddito, le imposte sulla casa, le imposte sulle auto, ha reintrodotto l'imposta di successione, ha aumentato le tariffe autostradali, ha aumentato le tariffe ferroviarie, ha aumentato il canonePag. 29RAI. Quindi, quando un Governo opera in tale direzione, ovvero toglie libertà all'azione economica di un individuo e di una famiglia, ha poca credibilità per portare avanti un processo di vera modernizzazione del paese.
Oltre a ciò, il Governo ha dimostrato un'ampia volontà di voler applicare quel dirigismo centralista alla conduzione della nostra economia che spesso ha fatto venir meno la certezza del diritto. Mi riferisco, come avviene in questo provvedimento, al venir meno di contratti sottoscritti tra soggetti privati. Parlo dell'articolo 12, sul sistema delle Ferrovie dello Stato e dell'alta velocità, dei contratti decennali delle polizze assicurative, ma anche dei mutui contratti da soggetti privati con tasso di interesse fisso. Quando, infatti, due parti, il soggetto privato e la banca, sottoscrivono un tasso d'interesse fisso è evidente che entrambi si assumono il rischio di una variazione dei tassi medesimi. È giusto, quindi, che l'eventuale uscita del soggetto privato abbia come corrispettivo la corresponsione di una penale, perché è evidente che di fronte ad un andamento eventualmente crescente dei tassi d'interesse del mercato il soggetto privato ha interesse a rimanere, mentre in caso contrario ha interesse a risolvere il contratto di mutuo. Ritengo pertanto che sia molto negativo per il nostro paese mettere in crisi la certezza del diritto, anche per la capacità dello stesso paese di accogliere investimenti dall'estero.
Quando mi riferisco alla mancanza della certezza del diritto, mi riferisco anche ad esempio ad alcune infrastrutture, di cui successivamente parlerò, che fanno parte integrante della volontà di modernizzare un paese.
Uno degli approcci meno liberali e più dirigisti che abbiamo discusso in quest'aula in questa legislatura è stato il famoso decreto Visco, che di fatto ha messo in atto un controllo sistematico sui nostri conti correnti e sulla necessità da parte di tutti noi di dover pagare transazioni anche molto limitate, superiori ai 100 euro (tra pochi mesi entrerà in vigore), con carte di credito, assegni o bonifici bancari. Questa operazione è stato un grande favore fatto al sistema bancario, che, sicuramente, tutto si può dire meno che sia un sistema competitivo.
Mi ricordo che nel 1982 feci una tesi sulla liberalizzazione degli sportelli bancari. Se vi fosse una vera liberalizzazione degli sportelli bancari, una vera possibilità di competitività in questo settore, probabilmente non vi sarebbe neanche la necessità da parte di un Governo di intervenire nel rapporto tra imprese e cittadini e sistema bancario.
Liberalizzare e rendere più competitivo il nostro paese non è nei valori identitari delle forze politiche che sostengono questo Governo, perché modernizzare il nostro paese vuole anche dire avere il coraggio di dare - e questo dicono tutti - maggiori infrastrutture, mentre in questi primi mesi possiamo tranquillamente dire che il processo di costruzione delle infrastrutture indispensabili per il nostro paese ha avuto una interruzione rispetto ai precedenti cinque anni.
Questo è avvenuto rispetto alla TAV, cui faceva riferimento anche il collega che mi ha preceduto, è avvenuto con la decisione di buttare al vento diversi miliardi di euro di contributi dell'Unione europea, rinunciando al collegamento tra l'Italia e la Sicilia e rinunciando quindi anche a sviluppare un territorio, quello della regione Sicilia, che sta avendo un forte sviluppo economico; tale infrastruttura avrebbe reso ancora più vicina la possibilità di inserire questa regione nell'ambito di un pacchetto turistico dell'intero paese.
Sul tema delle infrastrutture quindi abbiamo avuto una forte interruzione, laddove la modernizzazione di un paese passa sicuramente attraverso le infrastrutture.
Cosa dire poi degli altri interventi nel settore energetico e dei rigassificatori? Noi abbiamo autorizzato durante il nostro Governo la possibilità di costruire tre rigassificatori: quello di Rovigo, in costruzione, quello di Livorno, che mi auguro possa entrare nella fase edificatoria tra breve, quello di Brindisi, ormai bloccato da diversiPag. 30mesi; come più volte dichiarato dal presidente della regione Puglia, sicuramente non verrà costruito.
Laddove non arriva l'azione politica della sinistra, arriva talvolta quella della magistratura ad interrompere la realizzazione di quelle infrastrutture sulle quali a parole tutti, o la gran parte di quanti siedono in Parlamento, si dicono favorevoli (i rigassificatori sono fondamentali non solamente per rendere più competitivo il mercato del gas, e quindi dell'energia, ma anche per rendere più sicuro anche il nostro sistema di approvvigionamento), ma su cui in questi dieci mesi sono state fatte solo chiacchiere, in quanto nessuno fatto concreto è seguito alle varie promesse enunciate dallo stesso ministro per lo sviluppo economico.
E cosa dire della incapacità plurima della regione Campania, e dei vari commissari che fino ad ora si sono avvicendati, nel risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti nella regione?
Registro l'incapacità del nostro paese di costruire quei termovalorizzatori - con impatti ambientali minimi, grazie alle moderne e più avanzate tecnologie - che tutti gli altri paesi, in Europa e nel mondo, già utilizzano avendoli addirittura realizzati vicino ai centri urbani senza alcuna protesta da parte dei cittadini, senza alcuno scandalo, corsa o rincorsa dei vari comitati a tutela della salute dei cittadini.
Cosa dire della polemica che recentemente ha colpito il commissario straordinario per i rifiuti nella regione Campania e un ministro di questa Repubblica, titolare del dicastero dell'ambiente? Cosa dire dell'autorizzazione per la trasformazione della centrale di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, con il passaggio da un'alimentazione ad olio combustibile ad una a carbone, che è già autorizzata anche dal Ministero dello sviluppo economico ma giace sul tavolo del ministro dell'ambiente?
Sappiamo tutti che, scartata la fonte di approvvigionamento nucleare (che - ci tengo a sottolinearlo - è poi la fonte primaria anche di quella energia del futuro di cui spesso gli ambientalisti parlano, cioè, l'idrogeno) il carbone rappresenta uno sviluppo assolutamente sostenibile e necessario per il nostro paese, così com'è stato, è tuttora e sarà in altri importanti paesi d'Europa (come la Germania o la Francia).
Mi sembra, quindi, che per quanto riguarda la capacità ed l'ideologia necessarie per portare avanti una vera opera di modernizzazione nel paese, siamo ancora molto lontani dal modello che, fino ad oggi, ha guidato i partiti che sostengono questo Governo.
Un altro settore importante per modernizzare il nostro paese è quello del welfare. Si levano, periodicamente, da alcune parti della maggioranza che sostiene il Governo voci nel senso della necessità di abolire la riforma del professor Biagi, che, a detta di moltissimi economisti, giuslavoristi nella stessa Unione europea, è sicuramente una delle riforme più avanzate in tema di mercato del lavoro, a livello europeo. È sicuramente migliorabile, aggiornabile, manutenibile, come tutte le riforme, ma non deve assolutamente essere cancellata.
Il Governo ha fra gli azionisti di maggioranza un sindacato fortemente conservatore - la CGIL - il quale ritiene ancora valido quello stesso statuto dei lavoratori che fu redatto ben oltre quarant'anni fa e che è molto lontano dalla realtà dei mercati globali di oggi, non considerando i livelli di competizione di cui il nostro paese ha bisogno rispetto a concorrenti come l'India e la Cina. Quarant'anni fa queste realtà erano assolutamente lontane e molti soggetti economici che operavano nel nostro paese ne avevano letto soltanto sui libri di storia. Oggi questi mercati sono competitivi con il nostro e, negli ultimi anni, hanno eroso una fetta importante della nostra quota di mercato e dei prodotti italiani, sia nel mercato europeo, sia in quello mondiale.
Il sindacato non è ancora riuscito, in dieci mesi, con questo Governo, a far sì che, anche nella pubblica amministrazione, vi sia quella giusta valutazione dell'operato delle persone e quel coefficiente minimo di produttività che molto spessoPag. 31anche i giuslavoristi della sinistra richiamano in termini critici sui mezzi di informazione; mi riferisco a quella lotta a «Fannullopoli» che ritengo assolutamente necessaria e indispensabile.
Un Governo che si pone dalla parte di chi è già «sicuro» nel mercato dell'economia italiana e non a favore di coloro che più sono esposti al «mare aperto» della competizione e che avrebbero bisogno di maggior protezione e guida. Mi riferisco ai lavoratori autonomi, alle imprese di artigiani e commercianti, che rappresentano l'ossatura viva del sistema produttivo del nostro paese.
Cosa dire del tema dell'innovazione, su cui si punta e che viene sbandierato come l'unica chiave per far fare il salto di qualità competitiva ai nostri prodotti? Quale credibilità ha un Ministero della ricerca, guidato da un esponente che manifesta la sua volontà di far parte di una sinistra alternativa - fuori quindi dal costituendo partito democratico - che si richiama ad una certa ideologia e a dei valori, quali la conservazione, il dirigismo statale, piuttosto che ad una ricerca collegata all'innovazione dei nostri prodotti o applicata al sistema produttivo del nostro paese?
Il ministro Bersani sostiene che la ricerca applicata è materia più vicina al Ministero dello sviluppo economico. È bene però che tale materia venga condivisa anche dall'altro Ministero: non si pensi di poter slegare un istituto importante come il CNR dal il sistema produttivo del nostro paese, per far sì che la buona ricerca sviluppata trovi applicazione, sminuendone il ruolo, per farlo diventare un luogo teso allo sviluppo delle «baronie».
Questo provvedimento ha come oggetto diversi temi, che di fatto nascono da meccanismi di privatizzazione nati nella legislatura che andò dal 1996 al 2001, in cui si susseguirono quattro governi a guida di esponenti del centrosinistra. Nel settore della telefonia si è passati, di fatto, da un monopolio pubblico ad uno privato, poi ad un oligopolio privato. Vedete, quando si cerca di tutelare i consumatori, in un mercato dove l'offerta è data da due o tre soggetti economici, è veramente difficile pensare di imbrigliare le imprese e di tutelare realmente i consumatori.
Quando questi processi furono avviati, si sarebbero dovuti fare studi più approfonditi, al fine di creare un sistema che avviasse un percorso di liberalizzazione ma soprattutto di competizione.
In questo provvedimento mancano i temi di vera liberalizzazione, quali i servizi pubblici locali. Questo Governo, negli ultimi dieci mesi, ha dimostrato timidezza nel portare avanti i processi di maggiore competizione in questo settore. Sono mesi che si discute del provvedimento del ministro Lanzillotta, sul quale si svolgono audizioni da diversi mesi al Senato. La coalizione di centrosinistra ha grandi difficoltà a portare avanti questo disegno di legge veramente innovativo e competitivo. Riteniamo che nel settore dei servizi pubblici locali - quando parliamo di questi servizi ci riferiamo a quelli economicamente rilevanti, come la luce, il gas e l'acqua - ci debba essere una chiarezza nella visione strategica del legislatore.
La chiarezza è quella di un settore pubblico che deve essere controllore delle reti, di un sistema delle autorità che deve essere regolatore ed osservatore e che deve tutelare il consumatore, ma anche di una libera concorrenza nella gestione di questi prodotti. Quindi, quanto a questi tre settori, mentre nel comparto dell'energia elettrica il processo è giunto ad uno stadio soddisfacente e il livello di competizione nel nostro paese è sicuramente buono, nel settore del gas ciò non è accaduto. E anche il vostro Governo continua a rinviare la divisione della proprietà della rete del gas rispetto al gestore monopolista - se non vogliamo chiamarlo monopolista, comunque è ampiamente dominante - che sceglie i propri competitor, presente oggi nel nostro paese. Credo sia un aspetto che dobbiamo avere la forza e il coraggio di affrontare.
Un vero Governo, che voglia modernizzare e rendere più competitivo il sistema, deve pensare ad attuare questo tipo di riforme e non le piccole modifiche introdotte con i diversi decreti Bersani, chePag. 32tendono piuttosto a colpire alcune categorie economico-sociali che, prevalentemente, non hanno votato per questo Governo e spesso sono invise all'opinione pubblica ma che non modificano sostanzialmente i nostri livelli di competitività. Se vogliamo veramente modernizzare il nostro paese, dobbiamo avere la forza di aggredire i settori delle infrastrutture, del welfare, dei servizi pubblici locali.
Sul tema delle assicurazioni, voglio soltanto rivendicare il fatto che l'indennizzo diretto, ovvero l'obbligo da parte delle compagnie di risarcire il proprio cliente in caso di sinistro, è stato introdotto dal precedente Governo nel codice delle assicurazioni. Si tratta di un codice che ha portato ad una maggiore semplicità di utilizzo delle norme esistenti da parte dei soggetti interessati. Noi abbiamo introdotto la certezza del costo del sinistro legato alla micro-lesione della persona, che negli ultimi anni ha avuto nel nostro paese un fortissimo incremento. Noi abbiamo promosso e sviluppato l'utilizzo del satellite - la così detta clear box - nella prevenzione degli incidenti e nella riduzione della frequenza e del costo del sinistro. Quanto alla frequenza dei sinistri, ad una forte riduzione ha contribuito anche il provvedimento sulla cosiddetta patente a punti.
Ho voluto ricordare tutto ciò per rivendicare alcuni temi rispetto ai quali talvolta verifico, sulla base delle conferenze stampa, l'appropriazione indebita. Infatti è bene che, come recentemente il Presidente Prodi ha riconosciuto che l'andamento dell'economia nel 2006 è indubbiamente merito del Governo precedente, si riconosca che anche queste azioni sono state svolte dal Governo precedente. Penso poi che il mercato assicurativo, che ancora oggi ha a disposizione grandi praterie di maggiori livelli di competitività, risenta però nel nostro paese di un rapporto di scarsa fiducia tra assicurato e assicuratore. E, sicuramente, l'introduzione del satellite va nella direzione di migliorare questo rapporto.
Questo provvedimento reca poi alcune norme che apparentemente sembrano andare a colpire alcuni dei mercati oligopolistici più importanti del nostro paese, come quello bancario, ma che di fatto introducono poi tutta una serie di agevolazioni, in quanto questo è sicuramente un settore importante e vitale della nostra economia fortemente vicino all'attuale Governo.
Penso che a breve alcuni nodi dovranno comunque essere sciolti dal Governo, sicuramente il primo sarà quello della TAV ed il secondo quello della riforma del welfare, che non è soltanto la riforma del sistema pensionistico, ma dell'intero settore previdenziale. Noi ancora oggi abbiamo forti anomalie nell'utilizzo della cassa integrazione, che ha delle pieghe, soprattutto nel nord del nostro paese, di economie di lavoro sommerso e che, quindi, dovrebbe vedere l'applicazione di una modalità di uscita da questo strumento sociale così importante di quei lavoratori che non accettino due o tre diverse offerte di lavoro nell'area territoriale in cui risiedono. Questa è solo una delle tante anomalie del sistema del welfare, ma accanto a queste sicuramente ve ne sono altre ancora.
Mi auguro che da parte di questo Governo vi sia la consapevolezza che sotto la «lenzuolata» vi è ben poco. Siamo in presenza, infatti, di un provvedimento con un basso livello di efficacia sulla modernizzazione del nostro paese, che in alcuni casi lede il diritto oggettivo di chi ha contratto dei rapporti con altri soggetti e che spesso fa pensare alla volontà da parte di questo Governo e di questa maggioranza politica di colpire fasce di elettorato che non si riconosce nel suo schieramento.
Concludo, ricordando come in riferimento alla competizione nel nostro paese non si possa non richiamare il tema legato al vero conflitto di interessi tra questo Governo ed il sistema delle cooperative. È un conflitto di interessi che si ha tra le amministrazioni locali ed il sistema delle cooperative e tra queste ultime e le altre aziende che competono con il mondo delle cooperative soprattutto nei settori dell'edilizia e del commercio. Sappiamo tutti che esistono strumenti di contribuzione socialePag. 33e di imposizione fiscale diversi tra l'impresa privata o pubblica ed il mondo cooperativo. È questo un fatto che noi riteniamo, laddove non vi sia un vero esercizio della cooperazione così come è inteso dalla Costituzione, debba essere assolutamente modificato per far sì che il nostro sistema competitivo anche in questi settori non sia disallineato, favorendo alcuni soggetti economici in campo.
Sugli altri dettagli del contenuto di questo provvedimento mi riserverò di parlare nel corso dell'intervento che svolgerò sul complesso degli emendamenti la prossima settimana, ma voglio rilevare che anche per quanto riguarda uno degli altri punti fiore all'occhiello della «lenzuolata», ovvero quello della cosiddetta liberalizzazione dei distributori di carburanti, siamo andati in controtendenza rispetto agli stessi governi della sinistra che, nel corso del 1997-98, avevano portato avanti provvedimenti per meglio razionalizzare questa rete di carburanti.
Ricordo che nel nostro paese vi sono 22 mila e 400 distributori di carburante, a differenza degli altri paesi europei, che ne hanno significativamente di meno: la Germania 15 mila; la Francia 14 mila; il Regno Unito 10 mila; la Spagna 9 mila.
Quindi, più che una misura volta a favorire il consumatore, la liberalizzazione consistente nel consentire l'apertura di distributori di carburante all'interno dei centri commerciali appare un modo per favorire il sistema cooperativo. È noto a tutti che la distribuzione moderna ricorre spesso al prezzo «civetta» per attirare i consumatori nel centro commerciale, perché è difficile...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO VALDUCCI. ...che un consumatore percorra venti o trenta chilometri soltanto per rifornirsi di carburante che, nelle tre aziende di distribuzione del nostro paese, troverebbe a prezzo inferiore.
In conclusione, il provvedimento in esame è ben lontano dal rispondere alle esigenze di modernizzazione del nostro paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ferdinando Benito Pignataro. Ne ha facoltà.

FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, colleghi, su un provvedimento che i Comunisti Italiani ritengono importante il relatore ha fatto bene a chiedere un confronto nel merito, scevro da pregiudizi e non influenzato, com'è stato detto, da posizioni ideologiche; mi pare tuttavia che il dibattito in larga parte non abbia seguito tali indicazioni. Alcuni interventi dei colleghi dell'opposizione sono apparsi chiaramente ispirati alle idee fisse dei «nemici di classe» e della «sinistra radicale al Governo». È stato un susseguirsi di tanti slogan: si è parlato di «socialismo municipale, statalista e dirigista», addirittura di «azioni poliziesche del Governo». Da quale pulpito!
Nel merito abbiamo rilevato un certo imbarazzo negli interventi che si sono susseguiti: pur riconoscendo alcuni aspetti positivi del decreto-legge, i colleghi non hanno potuto dirlo apertamente, di conseguenza hanno tentato di fuorviare il dibattito proponendo considerazioni relative alla ricorrenza o meno del presupposto dell'urgenza.
Ritengo che l'urgenza stia nelle cose: un'economia e un'impresa che nel nostro paese sono ingessate, una crescita zero, un blocco totale di nuove iniziative imprenditoriali al quale abbiamo assistito in questi ultimi mesi ed in questi ultimi anni.
Quale esempio di buon Governo e di interventi efficaci è stato richiamato il programma dei primi cento giorni del Governo Berlusconi: era il 2001, ma oggi, sulla base dei dati macroeconomici relativi alla nostra realtà, sembra preistoria.
Quanti proclami per infrastrutture senza copertura finanziaria, come abbiamo poi dovuto verificare! Quante leggi di destrutturazione di settori strategici per la qualità e la modernità del paese! Cos'altro sono, se non interventi di destrutturazione, i provvedimenti che avete approvato in materia di scuola, di giustizia e di informazione? Quindi, non si tratta di controriforme, perché non si trattava diPag. 34riforme, ma soltanto di leggi di destrutturazione.
Accusate il provvedimento in esame di avere natura ideologica ed in esso continuate a vedere avversari, nemici da colpire. Credo che non ne sia stato colto il significato vero, di tutela dei consumatori, che sta nell'abbattimento di alcune rendite di posizione, di alcuni privilegi che c'erano e che, oltretutto, erano e sono molto diffusi all'interno del sistema economico, imprenditoriale, bancario ed assicurativo del nostro paese.
Del resto quando si esaminano nel merito le disposizioni contenute nel decreto-legge non si può non condividere gran parte degli interventi sottoposti alla discussione odierna. Lo ha fatto, per la verità, il collega della Lega Nord Padania - abbandonando, a mio avviso, i pregiudizi propri di un partito e di un movimento che in questo momento è all'opposizione, in quest'Assemblea e nel paese - tranne che per l'estensione dell'abolizione dei costi fissi relativi alle carte prepagate della TV a pagamento. Credo che questo la dica lunga sugli interessi in gioco. Mi chiedo se sia un caso o se ci sia una differenziazione significativa tra chi oggi difende gli interessi del paese, dei cittadini e dei consumatori e chi continua invece a tentare di difendere interessi di parte, così come ha fatto in modo chiaro e forte quando, negli scorsi cinque anni, ha governato. Riconoscere che ci sono elementi positivi in questo provvedimento dimostra tutta la strumentalità.
Si sostiene che sarebbe stato possibile fare di più. Non si capisce come mai, onorevoli colleghi, non si sia fatto di più nei cinque anni di governo precedenti. Si sarebbe potuto fare di meglio, ma rimane il fatto che oggi dobbiamo confrontarci su un intervento, su un decreto-legge e su una strategia complessiva - sulla quale mi intratterrò brevemente - di cui esso è soltanto una parte, per quanto importante.
Si afferma, altresì, che si colpiscono i deboli e non si ha il coraggio di colpire le rendite e i poteri forti. Guardate che stiamo discutendo di banche, di assicurazioni e di società telefoniche. Avrei potuto capire una simile affermazione riguardo alla prima fase di questa strategia, quando si è intervenuti su privilegi, per così dire, propri di categorie più deboli. Oggi stiamo invece ragionando su banche, assicurazioni e società telefoniche. Allora dobbiamo compiere tutti uno sforzo per ragionare nel merito.
Il decreto-legge, della cui conversione in legge abbiamo iniziato quest'oggi a discutere, è importante. Non vi è dubbio che è molto atteso, che è di grande impatto sull'opinione pubblica e che interviene su una serie di settori per continuare nell'azione di liberalizzazione delle attività economiche. Come emerso nel corso del dibattito di questi giorni, l'azione del Governo tende anche - secondo me efficacemente - a rendere migliore la vita di tutti i giorni, a rendere più facile e agevolato l'accesso dei giovani alle attività economiche e produttive, a favorire la crescita economica degli investimenti produttivi e le ricadute occupazionali e, la ripresa complessiva della competitività del nostro sistema.
Le attese, come dicevo, sono enormi. Basti pensare all'abolizione dei costi di ricarica per la telefonia mobile, sulla quale - lo vorrei ricordare all'onorevole Urso - il consenso è ampio anche in settori e tra gli elettori della destra nel nostro paese. Se si chiede alla gente quale sia l'impatto complessivo di questo provvedimento, ci si rende conto di come sia ampiamente favorevole. Questa misura interessa soprattutto i giovani, che la chiedevano a gran voce contro un balzello anacronistico. Siccome l'appetito vien mangiando, dopo il successo dell'iniziativa si richiede da più parti l'eliminazione degli scatti alla risposta e dei costi aggiuntivi per i trasferimenti ad altra linea telefonica, su cui concordiamo, pur condividendo le osservazioni del relatore circa un impegno per un ordine del giorno al riguardo. Del resto ai componenti della X Commissione nei giorni scorsi sono pervenute migliaia di messaggi, oltre ottomila e-mail di protesta per un ventilato rinvio - non si capisce bene da parte di chi - di quest'abolizione.Pag. 35
Il provvedimento fa parte di una strategia complessiva; non si tratta di un atto episodico e slegato da una politica finalizzata.
Questa strategia di rilancio economico, contestuale ad un'opera di risanamento, di nuova tutela per i consumatori, di risparmi concreti per le famiglie, di maggiore snellezza nell'intraprendere e di modernizzazione e adeguamento delle regole che vigono in Europa, era iniziata con le scelte, con gli indirizzi e le indicazioni di politica economica e di sviluppo contenute nel DPEF. Tale processo è poi proseguito con il primo pacchetto Bersani, la legge n. 248 del 2006, mentre oggi sono previsti ulteriori tasselli con questo decreto e con le anticipazioni del disegno di legge del Governo, di cui discuteremo in seguito. Insomma, si tratta del secondo pacchetto, della seconda «lenzuolata», così come l'ha definita il ministro Bersani.
Il Governo ha impostato il DPEF puntando fortemente sul risanamento e sul miglioramento del funzionamento del mercato, quale input per rilanciare la crescita.
Non vi è dubbio che oggi gli indicatori macroeconomici ci confortano sui risultati di queste scelte. La ripresa e la crescita, che proprio ieri il ministro Bersani, insieme a Cipolletta e a tanti altri analisti di economia, hanno confermato - possono essere maggiormente strutturali, creando in tal modo le condizioni per una politica redistributiva seria ed immediata, che può creare fiducia.
Credo che ciò indichi ancor di più che occorre rilanciare la strategia di fondo, comunicando meglio le scelte che si compiono e valorizzandone i risultati. Diciamocelo con molta chiarezza: è mancata la capacità di comunicazione di questo Governo a fronte di una capacità comunicativa forte del centrodestra, fatta per slogan ma molto incisiva. Eppure i risultati ci sono e ancora oggi non riusciamo a valorizzarli adeguatamente. Ritengo che si debba recuperare proprio ora che si stanno compiendo iniziative importanti.
La scelta del DPEF di puntare in modo forte al rigore, alla crescita e all'equità - dunque, anche alla politica di sviluppo sostenibile socialmente, non solo ambientalmente - oggi comincia a dare i suoi frutti. Per queste ragioni per i Comunisti Italiani il provvedimento in esame è importante, così come lo è stato il precedente, che abbiamo votato con convinzione insieme a tutta la maggioranza.
Anche oggi pensiamo che lo Stato debba intervenire nell'economia e nei settori produttivi, realizzando cambiamenti attraverso interventi a costo zero che riescano a scuotere l'economia. Così è stato e così è anche in questo decreto-legge.
In un'intervista alcuni mesi fa , il ministro Bersani affermava che un'azione di Governo riformatrice e di sinistra deve riuscire a saldare i diritti e i doveri dei cittadini, lavoratori e consumatori di fronte al mercato e allo Stato. Occorrono in altri termini regole nel mercato, tutela dei consumatori, equità più diffusa, una società più giusta. Non possiamo che condividere pienamente questa idea di società e di politica da mettere in atto.
Del resto, il primo pacchetto già conteneva misure importanti, che cominciavano a dare il segno di un processo che si voleva iniziare. Come non ricordare gli interventi normativi a favore del libero mercato in ben dodici ambiti differenti: libere professioni, assicurazioni, banche, farmacie, class action, notai, taxi, trasporto locale, commercio, servizi pubblici locali, rafforzamento dei poteri antitrust.
Il provvedimento, da una parte, stabilisce diverse azioni per assicurare alle casse dello Stato maggiori entrate, dall'altra introduce misure di liberalizzazione di settori produttivi. Oggi procediamo con questo decreto, che continua nella stessa logica, con la stessa efficacia, con gli stessi obiettivi chiari e prioritari, volti a liberare le risorse nel nostro paese, dove ci sono troppi lacci, intoppi, vincoli che frenano l'economia.
Occorre ridare slancio alla capacità di fare impresa, liberare le risorse umane e le capacità imprenditoriali, sostenere il territorio e le politiche di sviluppo autonome del medesimo, liberalizzare interi settori produttivi e garantire i consumatoriPag. 36che, del resto, con questo provvedimento avranno benefici sia riguardo al miglioramento della qualità dei servizi offerti, sia per la riduzione dei costi degli stessi.
Credo che non sia opportuno - lo ha fatto bene peraltro il relatore - approfondire tutti gli interventi contenuti nel decreto-legge. Oltre alla telefonia ve ne sono però alcuni sicuramente seri ed importanti, quali le facilitazioni per avviare un'impresa nel rispetto della legalità, dei cittadini, dell'ambiente e della salute dei lavoratori, le norme in materia di vettori aerei, le assicurazioni e i mutui.
Si tratta di provvedimenti che hanno l'obiettivo di eliminare rendite di posizione e privilegi, che non solo creano ingiustizie e disparità, ma frenano lo sviluppo dell'iniziativa privata e il rilancio economico di interi settori produttivi del paese. Ciò fa sì che vi sia molta attenzione per quello che stiamo facendo in quest'aula, perché ci accingiamo ad approvare una legge che tende a rendere più trasparente la concorrenza, ad evitare profitti impropri delle imprese a danno del risparmio dei cittadini e a rilanciare la capacità di impresa, puntando a sostenere quel tessuto fondamentale della nostra economia che è rappresentato dalle piccole imprese, che devono essere incentivate a crescere nell'organizzazione e nell'innovazione.
È nostra convinzione che il presente decreto-legge, insieme al disegno di legge, alle leggi precedenti e a quelli che il Governo si accinge a presentare - mi riferisco alla riforma delle professioni, alle class action, alla riforma della pubblica amministrazione, eccetera - stia producendo un nuovo clima di fiducia, che va incentivato puntando su equità e redistribuzione, ridando maggiori possibilità e redditi più alti a coloro i quali hanno pagato il prezzo più alto della crisi e del declino. Tale decreto-legge può in parte - come la ripresa testimonia - produrre un deciso cambiamento e una vera accelerazione dell'economia, che era ferma e stagnante fino a pochi mesi fa.
Certamente vi sono alcuni provvedimenti che non condividiamo totalmente, per esempio le norme sugli istituti tecnici e professionali collocate all'interno del decreto. Fermo restando che siamo totalmente d'accordo sul bisogno di qualificazione dei giovani e del rapporto tra istituti professionali ed economia territoriale, non c'è dubbio che riteniamo che le leggi Moratti, che vanno completamente smantellate, debbano essere riviste non a pezzi, come quelli inseriti all'interno di questo decreto-legge, ma con provvedimenti organici, che ne eliminino i complessivi guasti e rilancino la scuola di qualità come elemento fondamentale della politica di sviluppo che punti anch'essa sulla qualità.
Lo stesso discorso vale per le guide turistiche, di cui ha ampiamente parlato la collega di Rifondazione comunista. Siamo d'accordo a liberalizzare, siamo contrari ai numeri chiusi e a favore di un più largo accesso al settore, ferma restando, però, la qualità, la formazione e la qualificazione dei lavoratori, che hanno conosciuto e conoscono in questo settore tanta precarietà e assenza di garanzie e che rischiano la beffa di vedersi espulsi, senza una tutela del loro lavoro e della professionalità acquisita. Su questo argomento parleremo anche nella fase in cui saranno discussi gli emendamenti al decreto-legge.
Tenteremo di modificare alcune questioni che sono emerse nel dibattito. Ciò non inficia, però, il giudizio positivo complessivo dei Comunisti italiani rispetto al provvedimento in discussione e alla strategia complessiva del Governo sullo sviluppo economico del nostro paese, sulle liberalizzazioni e sulla tutela dei consumatori.
Non poteva che essere così. Il nostro partito, che considera questo Governo il più avanzato possibile in questo contesto politico, che ritiene indispensabile rilanciare il paese dopo la cura neoliberista che ha causato povertà, declino e crisi produttiva, non può che supportare scelte che vadano nella direzione di colpire i privilegi e tutelare i più deboli e di legare strettamente fra loro maggiore giustizia sociale, equità e maggiori diritti allo sviluppo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

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ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, l'intervento del collega Pignataro mi ha colpito, perché egli ha affermato che lo Stato deve intervenire per sanare l'economia. Concordo con lei, onorevole Pignataro, ma, se lei leggesse il decreto-legge in esame, si accorgerebbe che lo Stato è intervenuto «robustamente», consentendo ai parrucchieri ed agli estetisti di stare aperti il lunedì: si tratta di un grande intervento!
Vede, signor rappresentante del Governo, gli articoli contenuti nel provvedimento che stiamo esaminando sin da questa mattina tutto fanno, a nostro parere, tranne che realizzare una vera liberalizzazione. Signor sottosegretario Bubbico, vorrei farle osservare che il nostro partito è totalmente d'accordo con l'obiettivo di liberalizzare il sistema economico. Tuttavia, ritengo che liberalizzare non significhi colpire inizialmente l'anello finale dell'economia del nostro paese (per richiamare quanto affermato dall'onorevole Pignataro), lasciando però inalterati i nodi cruciali. Infatti, le grandi categorie - rispetto alle quali, a mio avviso, il Governo Prodi continua a tacere - non sono state toccate!
Caro collega Pignataro, la informo che anche con il secondo provvedimento in materia di liberalizzazioni, assegnato proprio adesso alla X Commissione attività produttive, l'Esecutivo da lei sostenuto continua a tacere sulle grandi questioni cruciali di questo paese. Il mercato ed i cittadini hanno bisogno di altro, vale a dire di aiuti e di un circuito economico virtuoso.
Vede, signor Presidente, questa mattina ho ascoltato discorsi bellissimi. Il sottosegretario di Stato presente in Assemblea, giustamente, vuole ricevere consigli, anche per valutare se le proposte emendative che presenteremo successivamente possano risultare utili al miglioramento del testo. Senza voler criticare alcun intervento, vorrei dire tuttavia, anche a nome del mio gruppo, che non ho visto nessuno soffermarsi sull'articolato del decreto-legge in esame.
Credo, in effetti, che il nostro compito consista nel sopperire ad una grave mancanza di questo Governo. Lei, collega della sinistra, sa meglio di me di cosa si tratta. Vi do atto che voi avete sempre interloquito con le categorie. Lei infatti ricorderà che, durante il Governo Berlusconi, si invocava a gran voce la concertazione con i sindacati e con le associazioni di categoria. Ebbene, vorrei rilevare che voi, da quando siete giunti al potere, varate provvedimenti del genere senza concertarli minimamente con le categorie interessate!
Lei, onorevole Pignataro, ha affermato di aver sentito, pochi giorni fa, alcuni giovani (non so quanti SMS le siano arrivati). Tuttavia, la invito ad andare dalle confederazioni sindacali, dallo stesso Epifani, dalla Confcommercio, dalla CNA, dalla CASA o dalla Confagricoltura e ad ascoltare le loro opinioni in merito a queste liberalizzazioni! Si parla di liberalizzazioni, ma poi, nei fatti, si è voluto favorire ancora una volta i grandi poteri. Lei, che è comunista, dovrebbe sapere meglio di me di cosa sto parlando, dal momento che voi - giustamente - li avete sempre contrastati.
Desidero allora rivolgere una domanda sia a lei, sia soprattutto al rappresentante del Governo: perché questi provvedimenti di liberalizzazione non interessano ancora le banche, nonché quelle grandi società «paracomunali» che alterano veramente la concorrenza a livello locale, creando sperequazioni? Inoltre, non si parla dei trasporti e, soprattutto, del grande sistema cooperativo, il quale rappresenta una vera vergogna. Infatti, anche l'Europa è intervenuta in tale ambito, poiché la grande distribuzione cooperativa italiana non fa altro che penalizzare la competitività degli imprenditori del nostro paese.
Vorrei allora richiamare quanto da lei affermato, onorevole Pignataro, in ordine alle ricariche telefoniche; si tratta, peraltro, di una questione già affrontata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Vede, anche i miei figli sono stati contenti che sia stato eliminato il costo di ricarica dei telefoni mobili; tuttavia, vorrei rilevare che non è sufficiente «dare loPag. 38zuccherino» ai giovani, affermando che è stato abbattuto un costo, senza avere preventivamente acquisito la certezza che, una volta eliminati tali oneri, le compagnie telefoniche non decidano di aumentare successivamente le tariffe. Lei infatti saprà che, in questi giorni, qualche società ci sta provando, adottando escamotage che, alla fine, graveranno comunque sui consumatori.
A mio avviso, lo Stato - ed affermo ciò in base ad una concezione liberale dell'economia - dovrebbe intervenire direttamente soltanto in materia fiscale, fissando altresì le regole per rendere il mercato veramente competitivo; è compito della authority competente, invece, porre fine alla situazione di abuso perpetrata da tutti i gestori di telefonia mobile. Tale abuso delle compagnie telefoniche del nostro paese, infatti, rappresenta una questione che dovremmo veramente tentare di affrontare insieme, anche in maniera trasversale.
Vorrei osservare, tuttavia, che non finiscono qui le «false liberalizzazioni» disposte dal decreto-legge in esame. Forse tale provvedimento reca altre misure: basti pensare, come detto all'inizio del mio intervento, a quanto previsto nei confronti dei parrucchieri e degli estetisti. Ma vi pare possibile che un Governo serio - come dovrebbe essere il nostro - parli di liberalizzazione e, nello stesso tempo, stabilisca che, in tale settore, non sarà più previsto il vincolo della distanza minima? Vi è, poi, una previsione ancor più interessante - lo dicevo all'inizio del mio intervento - rispetto alla quale tutti i consumatori hanno gioito. Essi avranno urlato «viva Bersani!», avendo saputo che, finalmente, potranno andare dall'estetista o dal parrucchiere anche il lunedì: grande concetto di liberalizzazione!
Allora, cari colleghi, credo che la maggior parte di voi concorderà non solo nel considerare questa discussione futile, ma anche nel giudicare quelle recate da questo provvedimento delle false liberalizzazioni.
Un altro settore gravemente colpito dal secondo pacchetto Bersani è quello destinatario della cosiddetta (sbagliata) liberalizzazione in materia di compagnie assicurative. Nessuno vuole difendere le compagnie assicurative. Nell'ambito di un'economia libera, occorre però fare in modo che non si penalizzi nessuno e che tutto vada a favore del consumatore finale.
Sono convinto che questa errata liberalizzazione delle assicurazioni arrecherà un danno agli utenti. Questo provvedimento, infatti, colpisce ingiustamente e indebitamente la libertà di impresa, introducendo inspiegabili vincoli che non solo comporteranno effetti negativi per il consumatore in termini di prezzi e qualità del servizio, ma - cosa ancor più grave - porranno le nostre assicurazioni in una posizione di evidente svantaggio rispetto ai concorrenti europei. Si parla spesso di Europa; noi rispettiamo le prescrizioni europee quando ciò ci danneggia; quando, invece, alcune misure potrebbero favorire l'economia non le mettiamo in atto. In tutta Europa esiste un sistema di distribuzione multicanale per la libera scelta del mercato: ogni impresa, a seconda delle strategie e degli obiettivi fissati, è già libera di adottare una pluralità di modalità distributive. Mi riferisco al monomandato, al plurimandato, alla vendita attraverso broker, alla vendita attraverso banche o intermediari finanziari, alla vendita diretta via telefono o via Internet. Le libere scelte non possono essere compresse da modelli legislativi imposti, pena l'effetto contrario della liberalizzazione, ossia un grave danno alla concorrenza.
Peraltro, le imprese assicurative hanno già presentato ricorso alla Commissione europea - e il sottosegretario lo sa - per veder riconoscere la illegittimità del primo decreto Bersani: mi riferisco all'articolo 8 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 . Tale ricorso, a fronte delle nuove e più gravi violazioni della normativa europea, verrà esteso - lo preannuncio sin da adesso - anche al decreto-legge in discussione.
L'intenzione del legislatore appare ispirata ad una logica a favore dei consumatori contro uno specifico settore imprenditoriale.Pag. 39Prendiamo ad esempio il comma 4-bis del provvedimento in discussione: secondo tale disposizione l'impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, non può assegnare al contraente una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito.
Orbene, l'intenzione è quella di premiare e di incentivare i comportamenti corretti: al riguardo, nulla da obiettare. Ma tale disposizione - corre l'obbligo di dirlo - è soggetta a una importante contestazione: chi ci dice che tale norma, volta a premiare il comportamento dell'automobilista corretto, non venga nei fatti distorta nel suo uso? Badate bene: qui non si parla di proprietario dell'autovettura, bensì di semplice contraente. Si evince un rischio che sottopongo all'attenzione dell'Assemblea e, sul tema, presenteremo anche un emendamento. Come sapete, ognuno di noi può assicurare la macchina della propria moglie o del proprio figlio; in quel momento egli è un contraente, ma il proprietario del veicolo risulta essere sempre la propria moglie o il proprio figlio. Da qui si evince il rischio in futuro di molteplici abusi, qualora in questa sede non si modifichi la norma.
Badate bene: quando si verifica un incidente mortale, cosa fanno gli eredi del danneggiato? Essi non fanno altro che citare in giudizio il proprietario dell'autovettura. Poi, in una seconda fase, il proprietario dell'autovettura si rifà sulla compagnia di assicurazione e sul contraente: questo è il punto. Ecco perché, signor sottosegretario, vorremmo che la norma si riferisse al proprietario, al di là della persona del contraente.
Un'altra disposizione che vede favoriti solo i consumatori a danno delle compagnie è rappresentata dal comma 4-ter dell'articolo 134 del codice delle assicurazioni. Si prevede che non sia possibile il cambio di classe di merito qualora il contraente non sia il responsabile principale del sinistro. Credo che in un sistema di mercato, di fronte al problema dei costi assicurativi, di fronte alla necessità di garantire migliori servizi, la strada da intraprendere non sia quella diretta in un'unica direzione ovvero a favore di una categoria piuttosto che di un'altra. Occorre piuttosto ricercare, all'interno delle normative che riguardano il settore, le leggi che maggiormente comprimono l'accesso al mercato e che impongono vincoli alla libertà di impresa, per poi eliminarle.
Non credo che la via delle liberalizzazioni possa partire da una limitazione alle negoziazioni e ritengo che interferire nell'autonomia negoziale non aiuterà il mercato, ma al contrario che si debba lasciare spazio a quest'ultimo in modo che la concorrenza stessa possa stimolare gli imprenditori ad operare al meglio. I consumatori di conseguenza potranno vedersi tutelati dalla possibilità di scegliere un fornitore invece che un altro. Non vorrei che la «lenzuolata» di Bersani (come qualcuno ha ricordato) serva piuttosto a coprire il nulla di fatto su temi difficili come le pensioni.
Un altro punto su cui è necessario soffermare la nostra attenzione è quello delle guide turistiche. Su questo punto credo che sia stato raggiunto il colmo e mi spiace usare questa parola che non è affatto offensiva, ma che rileva piuttosto la non conoscenza da parte del ministro Bersani del mondo del turismo e di cosa significhi svolgere la professione di guida turistica.
Con l'articolo 10, comma 4, del presento decreto si vuole consentire l'accesso alla professione ai laureati in lettere con indirizzo in archeologia, storia dell'arte o titolo equivalente, senza il sostenimento di alcun esame. A mio avviso con tale disposizione si vuole cercare di favorire arbitrariamente alcuni cittadini rispetto ad altri, ignorando la principale caratteristica peculiare della professione di guida turistica, ovvero la multidisciplinarietà. Per diventare guida turistica è necessario, infatti, possedere in molte discipline competenze specifiche che nessun diploma di laurea da solo potrà garantire. Il decreto sembra ignorare completamente la realtà e le dinamiche del fenomeno turistico. Non scordiamo che tale attività è già di per sé occasionale e saltuaria.Pag. 40
Il rischio che si corre con questo decreto è quello di creare, qualora tale disposizione non subisca alcuna modifica, concorrenza sleale con offerta al minor costo. Chi è pratico di questo settore sa che i turisti inglesi e statunitensi arrivano in Italia sapendo che nel nostro paese vive magari lo studente connazionale che studia sul luogo, al quale chiedono abusivamente di fare l'accompagnatore turistico. Figuriamoci cosa potrà accadere con questa norma, che prevede una concorrenza sleale con offerte al minor costo, che metterà fuori mercato professionisti qualificati e specializzati e, ancor peggio, lascerà l'utente alla mercé di chiunque decida di autodefinirsi guida turistica.
Un altro aspetto che denota da parte del ministro la mancata conoscenza di questo settore risulta essere l'abbinamento indistinto tra guida turistica e accompagnatore turistico. Chi, come il sottoscritto, è pratico di questa categoria sa bene che per la natura tecnico-organizzativa del suo ruolo l'accompagnatore turistico ha il solo compito di accompagnare i turisti nel proprio Stato ed anche negli altri, con funzioni del tutti differenti da quelli della guida turistica, signor sottosegretario. Tra l'altro, tale opinione non è sostenuta solo dall'onorevole Mazzocchi, ma dalla stessa direttiva n. 368 del 1975 dell'Unione europea e dai successivi documenti della Commissione europea, che in fatto di turismo e professioni hanno sottolineato chiaramente tale differenza. Le due professioni non vanno confuse.
Mi si consenta di dire che è stato sbagliato non parlare prima con le categorie. Infatti, questo errore così madornale, che sicuramente sarà ripreso a livello europeo, sarebbe stato segnalato subito dalle categorie. Al ministro Bersani non sarebbe costato nulla operare una differenziazione tra guida turistica ed accompagnatore turistico, sempre nell'ottica delle liberalizzazioni.
Per questo motivo il decreto si pone in netto contrasto con quanto avviene a livello europeo. In primo luogo, le normative europee non prevedono una simile deregolamentazione e, in secondo luogo, il contrasto si crea sulla base della direttiva 2005/36/CEE, in base alla quale occorre dimostrare di «sapere» ma anche di «saper fare», al fine di una migliore e più qualificata tutela del consumatore e dell'utente.
La preoccupazione che in questa sede voglio ribadire è che il decreto sulle liberalizzazioni verrà applicato a tutti i laureati dei 25 paesi dell'Unione europea, senza l'obbligo di alcun esame. Quando trattiamo di economia, parliamo spesso del grosso ruolo che può essere svolto dal turismo italiano e di come questo comparto possa dare un grande contributo all'economia nazionale. Mi rivolgo al collega che poco fa ha parlato in maniera molto qualificata, ponendogli la seguente domanda. Vogliamo permettere che soggetti provenienti da ogni parte del mondo lavorino in Italia trasferendo gli introiti professionali, fiscali e contributivi all'estero? Se l'intento è quello di favorire i giovani nell'accesso alla professione, a mio avviso è errato il modo in cui lo si fa. Innanzitutto, anche in questo settore è stata omessa qualsiasi concertazione, come dicevo poc'anzi.
Non so in proposito cosa pensi il viceministro Visco, ma nessuno ha parlato del mancato obbligo di possedere la partita IVA. Pensate a quello che già succede con l'abusivismo e a quello che succederà in futuro, visto che non si parla di partita IVA. Forse il ministro Visco verrà in aula e dirà che per queste persone vi sarà un benefit. Ciò faciliterà sicuramente il lavoro nero in questo campo. Tale professione diverrà sempre più precaria, occasionale, costringendo gli interessati del settore a cercarsi un altro lavoro.
Vorrei ora soffermarmi sul disegno di legge presentato il 16 febbraio ultimo scorso, l'atto Camera n. 2272 (che ho già prima ricordato), assegnato alla X Commissione il 7 marzo. Nelle prossime settimane, quando tale provvedimento sarà discusso in Commissione, avremo possibilità di confrontarci e di approfondire maggiormente il discorso. Mi preme, ora, sottolinearePag. 41come il Governo stia perseguendo la stessa linea senza alcun cambio di rotta.
Vedete, basterebbe citare l'articolo 2, comma 4, in cui si sancisce che per gli agenti d'affari in mediazione, per gli agenti immobiliari sia soppresso il ruolo professionale presso le Camere di commercio. Sono convinto che la liberalizzazione (che consiste nell'aprire maggiormente l'accesso ad una professione) non sia sinonimo di abolizione del ruolo presso le Camere di commercio. Occorre, piuttosto, garantire la trasparenza del mercato, onde evitare di esporlo, come nel provvedimento in esame, a facili abusi e, al contempo, tutelare i consumatori, prima ancora degli operatori, certificando la qualità del servizio.
Sapete cosa significa fare l'agente rappresentante di commercio? Significa andare da un negoziante, da un operatore e, in maniera qualificata, garantire il prodotto. Se non abbiamo almeno una certificazione di qualità di questo professionista, come sarà possibile che ognuno faccia il rappresentante di commercio? Siamo d'accordo: aboliamo gli albi! Siamo d'accordo con la liberalizzazione, ma solo se essa sarà compiuta evitando abusi e, soprattutto, garantendo il consumatore finale. È necessario addivenire ad una riforma del mercato che, pur tenendo fermo il concetto di liberalizzazione, metta in risalto e, conseguentemente, rafforzi la qualità professionale dell'agente immobiliare.
Occorre confrontarsi. Lo ripeto anche in questa occasione, signor sottosegretario, quando abbiamo ancora tempo. Chiamiamo le categorie dell'intermediazione per audirle in X Commissione, giacché esse sono disponibili ad una riforma del mercato, ma certamente non ad una deregolamentazione «selvaggia», che annulli la qualità dei professionisti, che invece deve essere garantita non solo per rispondere alle esigenze del mercato, ma anche per tutelare lo stesso consumatore finale.
Avremo modo di approfondire questi ed altri punti toccati dal disegno di legge ora in discussione in Commissione, nelle opportune sedi, secondo tempi e modi che ci saranno concessi.
Per quanto riguarda il decreto-legge ora in esame, non possiamo che esprimere il nostro parere contrario, sottolineando come il Governo, ancora una volta, con una «falsa» liberalizzazione abbia voluto garantire le banche, i trasporti, le società «paracomunali» che stanno producendo a livello locale una deregolamentazione di qualsiasi norma riguardante la competitività, e, soprattutto, le grandi società cooperative, di cui ancora non si parla.
Abbiamo tentato, nella X Commissione, di far approvare alcuni emendamenti per modificare il provvedimento. Dobbiamo dare atto al relatore, il collega Lulli, di essere stato di una cortesia unica e di aver cercato di stringere accordi con noi per far passare alcuni emendamenti, ma il Governo, purtroppo, ha detto chiaramente che le «porte erano chiuse».
Allora, ripresenteremo gli emendamenti in Assemblea e li discuteremo nell'interesse dei consumatori per una vera liberalizzazione. Saremo d'accordo con il Governo se porterà avanti, appunto, una vera liberalizzazione. Ma se, ancora una volta, i nostri emendamenti saranno respinti, ciò significherà che il Governo con questa «lenzuolata» vorrà soltanto far passare questa falsa liberalizzazione non nell'interesse della ripresa economica del paese ma nell'interesse, forse, di pochi gruppi che, a livello nazionale, vietano ancora le vere liberalizzazioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, colleghi, il provvedimento all'esame dell'Assemblea è tanto importante quanto atteso dai cittadini, dalle famiglie, dai consumatori e dalle imprese. Vi sono aspettative del paese che vogliamo e dobbiamo rappresentare.
Pur con grande senso della realtà e senza affidarci a facili entusiasmi, possiamo ben dire di essere di fronte ad una ripresa economica che ci avvicina all'Europa.Pag. 42Dopo anni di difficoltà e anche di inadempienze, il sistema paese sta reagendo positivamente. L'economia cresce. I dati sono confortanti. L'Istat riporta una crescita dello sviluppo del 2 per cento in un anno.
Le imprese italiane hanno ripreso fiducia; reggono bene l'impatto dell'euro e la sfida della globalizzazione. Le esportazioni aumentano, così, come i consumi delle famiglie.
Il Governo sta facendo la sua parte sostenendo e accompagnando la ripresa, anzitutto con il risanamento dei conti pubblici - l'indebitamento netto strutturale è al di sotto del 2,4 per cento -; poi, con un'azione incisiva di recupero dell'evasione fiscale e con l'impegno, pubblicamente assunto, di restituire tali nuovi introiti ai contribuenti (in pratica, attraverso la riduzione delle tasse); quindi, e ancora: aprendo i mercati; limitando procedure soverchianti per le imprese; eliminando inutili, ma costosi, adempimenti (e restituendo, così, risorse e tempo prezioso all'iniziativa imprenditoriale); favorendo la trasparenza e, quindi, una sana competizione; offrendo maggiori occasioni ai giovani; raccogliendo le istanze dei consumatori, che ci chiedono un mercato saggiamente regolato.
Questa maggioranza e questo Governo vogliono procedere spediti sulla strada delle liberalizzazioni, sapendo che su tale percorso incontreranno, in questa Assemblea, interlocutori attenti, costruttivi e disponibili al dialogo. Vogliamo liberalizzare senza alcun riferimento ideologico di vecchio stampo; per noi liberalizzare significa porre il cittadino consumatore in condizioni di poter scegliere; mettere le imprese in una logica di virtuosa concorrenza, a beneficio dell'intera comunità; chiedere al settore pubblico di non venire mai meno ai suoi compiti di controllo rigoroso e di programmazione lungimirante garantendo, però, la gestione a chi offre le migliori opportunità.
Con questo provvedimento, si apre al mercato ed alla concorrenza su molti e svariati fronti; si incide sul costo delle ricariche dei cellulari, di Internet e del digitale terrestre, sul peso dei mutui e dei finanziamenti - quindi, sulle banche e sulle assicurazioni, caro collega Mazzocchi -; si porta maggiore trasparenza nel campo delle assicurazioni, delle tariffe aeree, del prezzo dei carburanti; si favorisce il libero accesso a diverse attività (di acconciatore, di estetista, di pulizia e disinfezione, di facchinaggio, di guida e accompagnatore turistici, di autoscuola); si semplificano le procedure di avvio di un'attività economica attraverso una comunicazione unica al registro delle imprese (che sostituisce i tanti adempimenti amministrativi finora previsti presso INPS, INAIL, Agenzia delle entrate e Camera di commercio); si recupera il valore dell'istruzione tecnica, che ha svolto e svolge un ruolo fondamentale nella formazione di professionisti, responsabili, quadri e dirigenti del sistema azienda in Italia. Si potranno, inoltre, effettuare donazioni alle nostre scuole avendo come contropartita talune agevolazioni fiscali.
Siamo solo all'inizio di un cammino destinato a cambiare il volto del paese; nell'arco di qualche settimana saremo chiamati più volte a discutere e a confrontarci, appunto, sui servizi pubblici, sull'energia, sulle professioni, sulla class action. Ho citato solo alcuni capitoli di un libro che mi auguro scriveremo insieme, ciascuno con la propria responsabilità, se davvero intendiamo dare un futuro alla nostra comunità nazionale nel segno del cambiamento, della modernizzazione, della semplificazione e della corresponsabilizzazione dei tanti attori e protagonisti della vita quotidiana.
Siamo sulla buona strada. Ce lo dice l'OCSE, che ci invita a liberalizzare per ristabilire la competitività del made in Italy; lo conferma il Fondo monetario internazionale, pur sottolineando che la ripresa maschera problemi fondamentali; infine, è intervenuta anche Bruxelles, rivedendo la stima sulla crescita dell'economia e registrando che si sta riducendo il differenziale di crescita con gli altri paesi europei grazie alle liberalizzazioni adottate e programmate.Pag. 43
La ripresa c'è, e non ha bisogno tanto di stimoli immediati quanto di decisioni che incidano sull'attuazione di direttrici di lungo periodo.
Ma l'Italia può crescere di più solo a patto che si riducano le vaste aree di inefficienza del nostro sistema, pubblica amministrazione e servizi in primis. I benefici - noi dell'Ulivo ne siamo convinti - saranno notevoli.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, vorrei anzitutto dare atto che si tratta di un provvedimento positivo, cui il gruppo La Rosa nel Pugno assicurerà pieno appoggio; un provvedimento che si colloca sulla scia del decreto-legge del luglio scorso, che già aveva avviato in vari settori processi di liberalizzazione ed iniziative di tutela dei consumatori.
Da tale considerazione vorrei fare discendere una seconda immediata riflessione; molte di queste misure nascono da segnalazioni delle authority, in particolare dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Lo sottolineo perché vi è periodicamente una campagna modo di denigrazione delle authority, considerate come elefanti burocratici, puramente costosi e senza alcuna utilità per l'interesse pubblico. Mi pare, invece, che queste iniziative assunte dal Governo ed adottate dal Parlamento, confermino l'utilità della funzione di molti di tali organismi. Terza considerazione, lo dico amichevolmente al mio amico ministro Bersani: lascerei perdere queste definizioni, che stanno tra il bonario e il padano-popolare, tipo «lenzuolate», o «palle di neve» che diventano «valanghe». Stiamo parlando di provvedimenti giuridici, amministrativi, con una loro precisa collocazione nella logica delle istituzioni dello Stato italiano; usiamo un linguaggio più appropriato, anche perché corriamo il rischio di indebolire, in qualche modo, il significato preciso e puntuale di questi provvedimenti e, poi, le «lenzuolate» mi fanno venire in mente, in modo quasi subcosciente, un'espressione tipica del ministro Tremonti, il quale diceva che ogni provvedimento del centrosinistra si misurava in «lenzuolate» di carta stampata, di circolari, di decreti, di leggi ed altro. Lasciamo stare queste cose, usiamo un linguaggio più tecnico, più istituzionale, e lasciamo perdere questo clima e questo atteggiamento bonario padano (sono un padano e, quindi, non lo dico sicuramente in termini di polemica «etnica»).
Al di là di queste battute, questi provvedimenti si possono leggere sotto diversi punti di vista. Anzitutto, vi sono misure di difesa dei cittadini consumatori. Sono convinto che la concorrenza possa fare molto, però non vi è dubbio che non dappertutto in questi settori vi è una buona concorrenza, dalle banche alle telecomunicazioni, alle compagnie aeree, per citare alcuni dei casi di cui ci occupiamo; ma anche quando vi è una buona concorrenza occorrono norme ulteriori di protezione. Ci sono permanentemente tentazioni di assumere atteggiamenti furbeschi ed arroganti, soprattutto da parte dei grandi fornitori nei confronti del più semplice cittadino consumatore. C'è uno squilibrio di rapporti che molte volte il puro e semplice funzionamento del mercato non riesce a equilibrare.
Da ciò deriva l'opportunità di misure come queste, quelle che riguardano, ad esempio, le ricariche dei telefonini oppure le misure ulteriori sulle banche che seguono quelle già adottate nel luglio scorso e quelle preannunciate nel provvedimento, ad esempio per ciò che riguarda l'estinzione anticipata dei mutui, la portabilità ed altro. Così come credo fosse giusto completare la misura sul rapporto tra assicurazioni ed agenti, la prima misura adottata nello scorso luglio, con quella contenuta in questo provvedimento e così per quanto riguarda le compagnie aeree.
Altre misure sono di semplice buonsenso, ma dato che il buonsenso, in Italia, ha bisogno di norme legislative è giusto che si adottino norme legislative, ma ciò mi fa venire in mente una battuta di Craxi ai tempi in cui era Presidente del ConsiglioPag. 44e diceva che il Parlamento deve occuparsi anche delle norme sulla eviscerazione dei polli! Onestamente, dover scrivere in una norma che la data di scadenza dei prodotti alimentari deve essere bene in vista... Insomma! Capisco, sono i nostri meccanismi giuridico-istituzionali ed amministrativi che lo richiedono, ma forse basterebbe, allo scopo, una circolare oppure alcune comunicazioni di «pubblicità promozionale», di quelle che la Presidenza del Consiglio dirama periodicamente in televisione. Vi è, ancora, la questione dell'informazione sui prezzi dei carburanti e sulle autostrade. Intendiamoci, il problema dei carburanti è ben più importante, lo valuteremo nel provvedimento che attiene all'ulteriore riorganizzazione della rete. Soprattutto, esso ha che fare con l'economia internazionale, con il rapporto fra fornitori e produttori di materie prime ed anche con il rapporto con le grandi compagnie, rapporti di forza che vedono Governo e istituzioni pubbliche attestati su posizioni molto più svantaggiose.
Poi, vi è una serie di misure positive, che consentono di ridurre le procedure burocratiche, le procedure amministrative e di liberalizzare l'accesso ad alcune attività economiche. Anche in merito è chiaro che, per alcuni aspetti si tratta di piccoli «coriandoli» di un discorso più generale. Sono certamente contento che vi sia la norma che dispone che con un solo atto si possano ottenere le autorizzazioni necessarie all'avvio di un'impresa, ma è chiaro che bisogna affrontare, più in generale ed a monte, il tema della pubblica amministrazione. In materia vi è un lavoro avviato dal ministro Nicolais. Voglio ricordare che sono primo firmatario, in questo ramo del Parlamento, di una proposta di legge elaborata con autorevoli studiosi, quale, ad esempio, il professor Ichino, relativa all'inserimento organico permanente nella pubblica amministrazione di norme sulla verifica dell'efficienza della produttività delle strutture e dei dipendenti.
È chiaro che se non si faranno quelle riforme non ce la caveremo semplicemente con questo sportellino unico o semiunico che sostituisce quello che avevamo istituito due legislature fa.
A proposito del corposo capitolo sulle revoche di alcune concessioni relative alla TAV, io sono d'accordo e, anzi, ciò mi consente di recuperare una polemica che ho sentito in tutti gli interventi del centrodestra relativi ai grandi favori verso la cooperative. È un tema che è stato evocato in relazione al primo decreto-legge Bersani-Visco, quando si è detto che, liberalizzando la vendita dei medicinali da banco, si faceva un grande favore alle cooperative di distribuzione. In verità, lo si faceva a tutte le società di distribuzione, grandi e piccole, come poi si è visto nei fatti.
Voglio ricordare che in quelle concessioni relative alla TAV vi sono molte imprese cooperative, e dire, quindi, ai nostri colleghi del centrodestra, che forse si tratta di una misura che colpisce qualche interesse corporativo.
Vorrei ancora ricordare, poiché sulle cooperative si ritorna periodicamente, che l'ultima normativa di riforma della fiscalità cooperativa l'ha fatta il ministro Tremonti, in piena concertazione con le centrali cooperative: per favore, non venissero a rompere le scatole a noi del centrosinistra se si favoriscono le cooperative.! L'ha fatto il ministro Tremonti, quello che periodicamente sguaina la spada incandescente contro i privilegi delle grandi cooperative!
Dunque, sono d'accordo sulla questione delle revoche di alcune concessioni sulla TAV. Parimenti, ho difeso - non mi pare che nel centrosinistra vi sia stata una unitarietà così forte - la misura del ministro dei lavori pubblici in relazione alla polemica sulle concessioni autostradali di qualche mese fa. Penso, infatti, che lo Stato debba avere il diritto anche di ritornare sui suoi passi, anche di revocare atti compiuti, quando si rende conto che l'interesse pubblico viene ad essere colpito da quegli atti.
Vorrei dire qualcosa a quei nostri brillanti accademici che godono di grande spazio sui più importanti mass-media, chePag. 45sono sempre un po' presbiti, sempre molto rapidi e veloci nel capire le piccole rendite da colpire, oppure nel guardare alle rendite sindacali, che vi sono, oppure a quelle di altro genere; però, quando si tratta delle rendite del salotto buono (delle autostrade, delle banche o in riferimento alle revoche di atti pubblici), scatta il principio della difesa dell'intangibilità dei diritti acquisiti, del rapporto Stato-mercato: insomma, qui vi è qualcosa che preme!
Occorre invece partire dall'interesse pubblico, da quello dei cittadini, e avere il coraggio anche di rivedere gli atti pubblici quando ci si rende conto che sono stati mal concepiti. Altrimenti, finisce che ce la prendiamo con le piccole imprese, mentre quelle grandi rimangono inviolate in nome dei sacri principi dell'Europa e del libero mercato mondiale.
Infine, vorrei svolgere una considerazione che mi consente di giungere all'ultima valutazione, perché in questo ciclo problematico, tematico, programmatico delle liberalizzazioni vi è anche il provvedimento - mi pare che il Senato abbia iniziato ad esaminarlo - sui servizi pubblici locali.
Sono d'accordo sulla liberalizzazione di tutto ciò che è liberalizzabile nei servizi pubblici locali: Di questo parliamo, mentre, per essere molto chiaro, non lo direi per la scuola. Mi riferisco ai servizi pubblici locali nell'accezione più comune della parola e al fatto che, laddove tali liberalizzazioni siano possibili, si possa anche andare alla privatizzazione, perché non sono un difensore del socialismo municipale, al quale vedo assumere dimensioni di holding regionali, e pararegionali, in cui si nascondono anche tanti costi indiretti della politica e anche tante prebende che i partiti di maggioranza di centrodestra e di centrosinistra distribuiscono a cascata attraverso società che figliano altre società, e altre holding, e tutte le cose che vediamo in giro, dalla Lombardia all'Emilia fino alle regione del sud.
Quindi, non vi è alcun problema nel mettere in discussione questo sistema, però o riusciamo a fissare regole sicure, ben presidiate, in materia di concessioni, o noi non faremo altro che trasferire le rendite di questo socialismo municipale, o di quelle che erano le partecipazione statali di dieci anni fa, ai soliti noti.
Non dico che c'è un destino che ci impone di mantenere le rendite pubbliche, ma intendo smontare quelle rendite pubbliche, dei cui meccanismi non voglio accorgermi dopo dieci anni di trasferimenti gratuiti (e senza alcun rischio di mercato), in capo a qualche gruppo di buona famiglia del capitalismo italiano (di quelle che non vanno più all'estero, di quelle che non sono più capaci di misurarsi con la Cina o con l'India), e dopo la vendita, magari, di una grande multiutility locale o di qualche grande public utility nazionale.
Voglio che su questo si ragioni seriamente, dal momento che sono un liberalizzatore convinto. Nella sinistra mi sono battuto su questi temi quando ancora erano tabù intoccabili, sia nella sinistra comunista, sia socialista, sia cattolica, quindi, non ho preoccupazioni di questo genere. Vorrei solo che fossimo seri, scrupolosi e mettessimo a frutto anche qualche errore che abbiamo fatto, nel passato, come Governi di centrosinistra.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, le previsioni contenute nel decreto-legge n. 7 del 31 gennaio 2007, oggi all'esame dell'Assemblea, non sono altro che un'illusione. Innanzitutto, signor rappresentante del Governo, non comprendo quale sia esattamente la logica alla quale il Governo si ispira, se cioè sia solo quella di una demagogia spicciola volta a creare facile consenso, costi quel che costi ai settori interessati, o se sia quella di potentati economici o altrettanto potenti lobby.
Ancora una volta il Governo presenta in Parlamento un decreto-legge che si ripropone, nelle intenzioni, i più ambiziosi ideali di una democrazia efficiente con obiettivi di ordine economico-sociale ma, ancora volta, come avvenne nel luglioPag. 46scorso con il decreto-legge convertito nella legge n. 248, il campo d'azione legislativo è così modesto e ridotto che, veramente, sorge il sospetto che si tratti sempre dei soliti obiettivi propagandistici.
Con questo provvedimento, sottoscritto dal Presidente del Consiglio con il concerto di undici ministri, si fa ricorso allo strumento del decreto-legge con l'evidente finalità di mettere fretta al Parlamento in modo tale che l'iter legislativo risulti veloce e superficiale.
In realtà, quella del ministro Bersani rappresenta solo un'accelerazione burocratica. Per fare le vere liberalizzazioni bisogna intervenire sui mercati, specie nei settori dell'energia, dei trasporti e in quello delle società pubbliche locali. Insomma, ci sarebbe voluto più coraggio: quel che di fatto manca a questo Governo.
Non solo: suona spudorata l'affermazione che si legge nella relazione illustrativa che accompagna questo decreto-legge, laddove si dice che le misure di luglio hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale, molto apprezzata dalla maggioranza degli italiani, andando ad incidere su settori strategici (panettieri, tassisti, parrucchieri). Mi scuserà ma ritengo che si tratti veramente di una spudorata affermazione che ignora volutamente le tante, tantissime manifestazioni di protesta delle singole categorie. In particolare, si ignora la grande manifestazione di due milioni di cittadini che sono scesi in piazza San Giovanni a Roma, manifestazione organizzata dalla Casa delle libertà il 2 dicembre scorso. Di più, si ignora anche l'elaborazione dei dati ISTAT da parte dell'ISAE, i quali hanno dimostrato che, dopo i provvedimenti adottati sulle professioni, il costo dei servizi professionali è aumentato.
Meraviglia, a meno che non si tratti di malafede, che il decreto oggi in esame non avverta minimamente la sproporzione fra la piccola, irrilevante deregulation e i reali problemi dell'economia. Mentre il capitalismo è sempre demonizzato dalla sinistra e il liberalismo, per definizione, è sempre selvaggio, il Governo di centrosinistra protegge gli oligopoli che soffocano la crescita del nostro paese, la concorrenza e, per i giovani, la meritocrazia.
Di fatto, il decreto oggi all'esame protegge le rendite di posizione e perpetua, nella prassi e nella legislazione, uno statalismo definito feudale, che colloca l'Italia ormai all'ultimo posto tra le nazioni europee.
Passando ora all'esame di alcuni aspetti specifici del decreto-legge in esame, mi preme sottolineare come nell'articolo 1 sia evidente la malafede di questo Governo. Infatti, il ministro Bersani si è arrogato il merito dell'abolizione dei costi fissi sulla ricarica dei cellulari quando, in realtà, la strada è stata aperta da un cittadino, Andrea D'Ambra il quale, raccogliendo oltre ottocentomila firme, ha sollecitato l'Unione europea a promuovere un'indagine.
Il ministro Bersani, mentre in un primo momento aveva dichiarato in Parlamento che la materia dei costi del servizio di telefonia mobile prepagata rientrava nelle competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha successivamente deciso di fare dietro front per avere un po' di consenso, un consenso che in realtà sarà ininfluente ai fini degli interessi dei consumatori. Anzi, senza un meccanismo di salvaguardia, la misura varata da Bersani rischia di lasciare ai gestori campo aperto per compensare la stangata attraverso l'aumento del costo della tariffazione al minuto.
Un altro punto che mi preme sottolineare è come all'articolo 6 venga previsto che l'estinzione dell'ipoteca a garanzia di mutui, concessi da soggetti esercenti attività bancaria, avvenga automaticamente, senza bisogno di autentica notarile, con il verificarsi dell'estinzione dell'obbligazione garantita, senza alcuna annotamento nei registri fondiari. Questa semplificazione crea un problema di grave incertezza per i terzi, che non possono rilevare, ispezionando i registri dell'Agenzia per il territorio, l'avvenuta estinzione dell'ipoteca, con conseguenze di enorme intralcio alla contrattazione immobiliare. Inoltre, l'eliminazione dell'obbligo dell'autentica notarilePag. 47nella dichiarazione rischia di agevolare atti fraudolenti da parte di soggetti diversi dal creditore bancario.
L'articolo 10 discrimina le diverse attività professionali esercitate nel paese, in quanto prevede che solo alcune, non tutte, possano essere avviate previa mera dichiarazione di inizio attività. Si tratta peraltro di attività che appaiono selezionate sulla base di criteri imperscrutabili, quindi arbitrari, mentre per le altre attività soggette a regime di autorizzazione permane una disciplina di minor favore, il che contrasta con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela dell'iniziativa economica privata, di cui all'articolo 41 della Costituzione (il quale sostiene che l'iniziativa economica privata è libera) e 42 della Costituzione (che recita che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge).
Il comma 4 dell'articolo 10 prevede - come già evidenziato dal collega Mazzocchi - che le attività di guida ed accompagnatore turistico non possano essere subordinate all'obbligo di autorizzazione preventiva, al rispetto di parametri numerici e ai requisiti di residenza. Possono inoltre esercitare questa professione i laureati con indirizzo in storia dell'arte o con titolo equipollente, senza dover sostenere alcun esame abilitativo. Ciò declassifica e deregolamenta la professione di guida turistica, professione soggetta ad una direttiva europea e coperta, fin dal 1994, da un sistema di riconoscimento dei titoli. Questo provvedimento non risponde alla tutela dell'immagine dei beni culturali del nostro paese e alla loro corretta presentazione e annulla completamente la concorrenza tra i professionisti.
Il turismo, a maggior ragione quello culturale, sposta ogni anno milioni di persone, che chiedono di conoscere storia, tradizione e costumi. Non è pensabile che una tale attività possa essere svolta in maniera estemporanea da persone improvvisate. Il rischio è quello di entrare in una mera logica di concorrenza sleale, con offerte al minor costo, che metterà fuori mercato professionisti qualificati e specializzati e allo stesso tempo lascerà l'utente alla mercè di chi decida di autodefinirsi «guida turistica».
Anche il comma 9 dell'articolo 10, in ordine all'anticipazione del corso di liberalizzazione dei servizi automobilistici interregionali, costituisce una scelta molto discutibile, in quanto è volto ad abrogare la norma transitoria, introdotta in materia dall'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre del 2005, n. 285. In forza di questa disposizione, infatti, si prevedeva che, fino al 31 dicembre del 2010, l'autorizzazione di nuovi servizi di linea fosse subordinata alla condizione che le relazioni di traffico proposte interessassero località distanti più di 30 chilometri da quelle servite nell'ambito dei servizi di linea esistenti. La ratio sottesa a questa previsione tendeva a salvaguardare, pur nel quadro della transizione dal regime concessorio a quello autorizzatorio dei servizi automobilistici regionali, le imprese concessionarie che avevano già effettuato notevoli investimenti nel settore prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina. Ai sensi del comma 9 dell'articolo 10 del decreto-legge in esame, questa garanzia verrebbe meno tout court laddove invece sarebbe stato meglio procedere in modo meno drastico circa il termine del 2010.
L'articolo 12 del decreto-legge in ordine alla revoca delle concessioni per le tratta di alta velocità rischia di ricadere nuovamente in un errore già commesso con legge finanziaria per il 2001. Anche in quell'occasione, infatti, si disposero nuovi affidamenti tramite gara con riferimento alle tratte di alta velocità i cui lavori non erano stati ancora avviati. Non ne scaturirono tuttavia effetti positivi, atteso che non vi fu alcuna accelerazione delle procedure di progettazione e realizzazione. Fu invece nella scorsa legislatura che, a partire dal decreto legislativo n. 166 del 2002, si pose rimedio all'errore disponendo la continuazione dei rapporti già instaurati da TAV Spa con i general contractor. Ma non ci si limitò a questo, perché si dispose anche uno strumento - la legge obiettivo - in grado di creare unPag. 48quadro programmatico coerente per dotare l'Italia di infrastrutture adeguate.
Il procedere nuovamente alla revoca di concessioni ai danni dei general contractor riporta il paese indietro e sarà foriero non soltanto di enormi contenziosi giudiziari - che, se daranno ragione alle imprese, comporteranno un esborso da parte dello Stato di centinaia di milioni di euro - ma anche di un aumento del divario infrastrutturale che già separa l'Italia da paesi come la Francia e la Spagna. Il rischio è che si tratti di fatto del tentativo di porre fine alla programmazione e realizzazione delle grandi opere in Italia. Ciò sarebbe grave sia perché espressione di una concezione politica ed economica miope rispetto alle esigenze del paese ma anche perché renderebbe vane le ingenti risorse finanziarie che sono state già destinate agli interventi dell'alta velocità.
Per queste ragioni il decreto-legge in esame elude i veri problemi del sistema economico italiano, costituiti dall'esistenza di monopoli ed oligopoli, e si concentra invece su aspetti in molti casi secondari, attraverso misure di carattere sostanzialmente punitivo volte a realizzare obiettivi propagandistici più che a dare all'Italia una chiara linea di politica economica.
Sempre parlando di trasporti, vorrei soffermarmi un attimo sull'articolo 3. Nel settore del trasporto aereo il pieno dispiegarsi della concorrenza, con particolare riferimento al prezzo, richiede che il consumatore possa agevolmente comparare le proposte commerciali dei differenti operatori, al fine di scegliere quella che meglio si adatta alle proprie esigenze. Questo obiettivo pone in capo agli operatori del settore un particolare onere di chiarezza e completezza nella comunicazione pubblicitaria, per consentire all'utente di cogliere con immediatezza i dati e le caratteristiche fondamentali dell'offerta. Fino ad oggi, la trasparenza riscontrabile nelle offerte e nei messaggi pubblicitari dei vettori aerei è stata molto scarsa. Il divieto, contenuto nell'articolo 3, di proporre messaggi e offerte in cui non sia indicato in maniera trasparente e completa il prezzo finale del servizio che il consumatore dovrà pagare rappresenta dunque una misura anche positiva per i consumatori e per la concorrenza: i consumatori potranno scegliere in modo più consapevole i servizi da acquistare e le compagnie potranno farsi una concorrenza maggiore, in quanto la trasparenza del prezzo incide proprio sulla componente più importante del confronto competitivo.
Ma va osservato che una tutela per i consumatori e per le imprese danneggiati da messaggi poco trasparenti ed omissivi in ordine al valore effettivo del prezzo già esisteva prima dell'adozione del decreto-legge n. 7 del 2007. Essa era contenuta nella normativa in materia di pubblicità ingannevole, alla quale il decreto stesso rinvia laddove individua la sanzione da comminare a messaggi di questo tipo. Per cui il decreto non introduce una forma di tutela nuova, ma rafforza gli strumenti della normativa in materia di pubblicità ingannevole, introducendo una sorta di ingannevolezza per sé dei messaggi pubblicitari che non indicano in modo trasparente l'importo della tariffa aerea. Questo è un punto focale che Bersani ha trascurato.
In conclusione, ritengo che occorra puntualizzare con maggiore chiarezza la normativa che riguarda la trasparenza delle tariffe aeree, specie in considerazione del diffondersi di quelle cosiddette low cost, senza mai dimenticare le condizioni della sicurezza dei voli; la pubblicità ingannevole eventualmente esercitata dalle compagnie aeree e anche dalle agenzie di viaggi; più in generale il rispetto dei criteri di concorrenza e di libero mercato che non debbono mai mettere a rischio l'incolumità dei passeggeri.
In definitiva, occorre una maggiore sensibilità del Governo non solo sul complessivo problema del trasporto aereo, ma anche sulle problematiche che riguardano l'intero comparto del turismo, in relazione al mercato italiano ed europeo e, in definitiva, al resto del mondo. Il mercato del turismo, come ha sottolineato anche il collega Mazzocchi, rappresenta un settore importante per il nostro paese. Mi sono già soffermata sui contenuti del comma 4Pag. 49dell'articolo 10, lancio quindi un appello al Governo affinché si faccia attenzione a questo aspetto e magari si valuti la possibilità di istituire delle facoltà del turismo piuttosto che preoccuparsi di liberalizzare la figura dell'accompagnatore turistico e togliere, quindi, qualificazione e professionalità a determinate figure.
Un paese come l'Italia, che dispone del più ricco patrimonio artistico e culturale del mondo non si può permettere di ignorare questa grande risorsa. Purtroppo non emergono queste sensibilità e volontà dal decreto-legge in esame. Non vi è consapevolezza da parte del Governo su questo problema, così come su molti altri legati allo sviluppo.
Concludo con una riflessione generale sulla politica economica di questo Governo. A partire dal decreto-legge di luglio, dalla legge finanziaria, dal decreto fiscale collegato, fino a questo decreto-legge, vi è qualcosa di culturalmente pericoloso che va contro la società civile e la creatività, in altri termini contro lo sviluppo. Al riguardo mi piace ricordare l'esempio degli Stati Uniti, dove lo sviluppo è sempre dovuto alla nascita di nuove imprese e questa è favorita e non costretta da lacci e laccioli. In proposito, basta leggere i nomi delle industrie pubblicate su riviste come Fortune, confrontandole a quelle di dieci-quindici anni prima: è un continuo rinnovarsi della società, un dinamismo che suona condanna verso la staticità fiscale a cui ci inchioda il Governo Prodi.
Le nuove imprese, essendo all'inizio del loro business, hanno sempre dimensioni ridotte, cioè sono di piccola e media dimensione. Per crescere e svilupparsi assorbono nuova manodopera e rappresentano il più efficace antidoto alla disoccupazione, al contrario delle grandi imprese, le quali, quando hanno raggiunto il successo economico assumono dimensioni gigantesche e sono sì le strutture portanti dell'economia, ma creano altri problemi dovuti inevitabilmente alla loro dimensione e ai loro apparati amministrativi.
Sottolineo questo concetto perché è di tutta evidenza che lo sviluppo è sempre assicurato da chi è piccolo e vuole diventare grande; chi è già grande deve fronteggiare i problemi dovuti alle sue gigantesche dimensioni economiche già consolidate e finisce per avere problemi di riduzione di manodopera. Puntare sullo sviluppo vuol dire, quindi, puntare sulle piccole e medie imprese, sul lavoro autonomo, sulla creatività e sulla imprenditorialità.
L'unica strada per crescere - l'ha ricordato Aznar, il quale ha partecipato, lo scorso 5 marzo, all'incontro organizzato a Lecco da Confindustria - è quella del mercato, che vuol dire concorrenza e competizione, ma anche vantaggi e maggiore benessere per tutti cittadini, che si ottengono con liberalizzazioni vere, con la riduzione del carico fiscale, con l'ammodernamento del mercato del lavoro e con la stabilità di bilancio.
Per questo, ritengo - e concludo - che le liberalizzazioni proposte dal decreto-legge in esame non siano altro che un trucco: in realtà, il provvedimento colpirà diverse categorie produttive, ancora una volta, con confuse ed inutili deregolamentazioni, senza aiutare o favorire i consumatori, ma rischiando di creare nuovi monopoli ed oligopoli. Temo che tutto ciò frenerà quella crescita economica che, per effetto della politica economica del precedente Governo di centrodestra, cominciava a dare i suoi frutti. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il provvedimento in esame intende rappresentare un punto di svolta, nell'ottica di una piena e garantita tutela del consumatore e di una effettiva promozione della nascita di nuove attività imprenditoriali e commerciali. La ratio generale è quella di agevolare il cittadino utente, nel quadro di una promozione del mercato e di un incoraggiamento dell'imprenditoria giovanile.
Il gruppo parlamentare di Italia dei Valori accoglie con favore il cosiddetto decreto-legge Bersani-bis: insieme al relativo disegno di legge, esso si iscrive appienoPag. 50in quella logica della tutela del cittadino che costituisce uno dei punti fermi della nostra politica parlamentare ed è la naturale continuazione del primo decreto Bersani del luglio 2006.
Tali provvedimenti rendono concreta quella politica di liberalizzazione il cui obiettivo è quello di ridurre le rendite di posizione che bloccano il pieno dispiegarsi delle energie vitali presenti nella nostra società e che sono alla base di gran parte dell'immobilismo e del declino della nostra economia. Non vi è alcuna possibilità di reggere la competizione internazionale, nella nuova situazione di globalizzazione dell'economia, se non si recupera in fretta tutto il ritardo accumulato rispetto ai partner europei. In Italia, vigono regole e «regoline» assurde che non trovano riscontro in alcun altro paese sviluppato e che sono il frutto della pressione delle lobby che, nel tempo, hanno ingessato la nostra economia. Per competere alla pari con i nostri concorrenti, occorre quanto meno disporre delle stesse opportunità.
A questo proposito, basti ricordare tutte le infrazioni contestate al nostro paese dall'Unione europea per non avere rispettato i tempi di recepimento delle normative comunitarie, con grave danno economico per lo Stato, ma anche e soprattutto con grave danno per le imprese ed i cittadini, i quali hanno visto la nostra legislazione sistematicamente in ritardo rispetto al contesto europeo. Nel rapporto semestrale della Commissione europea sull'applicazione delle norme comunitarie per la costruzione del mercato interno l'Italia risultava, a febbraio del 2006, il paese europeo con il maggior numero di procedure di infrazione pendenti: è al quart'ultimo posto nella trasposizione nel proprio diritto nazionale delle direttive UE e si trova nel gruppo di coda per quanto riguarda l'applicazione delle norme previste dal Piano d'azione per i servizi finanziari.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 13,05)

SILVANA MURA. Delle centocinquantasette procedure d'infrazione aperte nei confronti dell'Italia sono cinquanta quelle che riguardano il mancato recepimento di direttive relative al mercato unico.
Il rapporto di Bruxelles afferma che l'Italia è in netta controtendenza rispetto agli altri paesi dell'Unione nel recepire le direttive volte ad una maggiore liberalizzazione ed all'apertura dei mercati per promuovere l'occupazione e la crescita economica, nonché per migliorare i servizi ed i prezzi offerti ai cittadini. Mentre il dato medio europeo relativo alla mancata trasposizione di direttive si attesta all'1,6 per cento, quello italiano è pari al 3 per cento!
Il decreto-legge in discussione possiede, inoltre, un merito implicito, dovuto alla sua gestazione: è, forse, una delle prime volte - spero non sia l'ultima - in cui un provvedimento del Governo nasce anche a seguito delle segnalazioni di singoli cittadini e di associazioni. Ciò dimostra la sensibilità di questo Governo verso l'opinione anche di singoli, di contro ad un Palazzo che, nei decenni, si era chiuso su stesso e rispondeva solo ai grandi interessi lobbistici, per i quali il cittadino era soltanto un utente, non un titolare di diritti e di potere di influenza sulle scelte del Governo stesso.
Per usare le parole che lo stesso ministro Bersani ha adoperato nel corso di una conferenza stampa, questi provvedimenti di liberalizzazione si prefiggono quattro obiettivi: la difesa della dignità e del rispetto dei consumatori; l'accesso dei giovani ai mestieri ed alle professioni, per offrire loro nuove possibilità di inserimento nel mondo del lavoro; facilitare l'avvio di nuove imprese; combattere l'evasione e l'elusione fiscale. Questi quattro obiettivi non soltanto sono coerenti tra loro e si autoalimentano, ma rappresentano la visione unitaria che lega provvedimenti eterogenei per vastità e campi di applicazione. In altre parole, essi ben rappresentano l'ispirazione politica dell'intera coalizione di centrosinistra, che vuole unire lo sviluppo del paese alla giustizia, alla trasparenza, alle pari opportunità per tutti i cittadini, siano essi consumatori o imprenditori.Pag. 51
Questi provvedimenti possono rappresentare, a buon titolo, una sintesi del nostro programma e, per dirla con uno slogan, possono prefigurare l'Italia che vogliamo. A fronte delle proteste di alcune categorie direttamente investite dai provvedimenti di liberalizzazione bisogna rilevare, tuttavia, il generalizzato consenso che questi provvedimenti hanno riscosso nell'opinione pubblica sia per l'avvenuta diminuzione dei prezzi di beni e servizi, sia per l'aumento dell'offerta generatasi, senza contare l'occupazione che ne è derivata. Ad esempio, la liberalizzazione del settore dei panificatori ha generato 750 nuove panetterie in soli sei mesi; allo stesso modo, la vendita dei farmaci da banco al di fuori delle farmacie ha creato alcune migliaia di posti di lavoro per giovani laureati che, altrimenti, sarebbero rimasti esclusi dalla loro professione.
E non si dica che queste liberalizzazioni hanno favorito soltanto la grande distribuzione in quanto, ad esempio, i nuovi punti vendita dei farmaci generici sono compresi nei supermercati soltanto per una quota del 25 per cento, contro il restante 75 per cento presente in strutture medio-piccole. Inoltre, deve essere ricordato che questi provvedimenti producono un forte effetto dal punto di vista della riduzione dei costi, sia diretti, sia indiretti, per i cittadini. Si pensi soltanto all'abolizione del costo fisso delle ricariche telefoniche, alla possibilità di cancellare l'ipoteca sulla casa senza più ricorrere al notaio, alla abolizione delle penali per l'estinzione anticipata di mutui immobiliari e alla possibilità di aprire una nuova impresa in un solo giorno, con risparmi economici, di tempo e di oneri dovuti alla burocrazia.
Inoltre, sembra utile ricordare che questo Governo sta dimostrando con i fatti di realizzare importanti riforme che riscuotono anche il plauso dei più importanti organi dell'Unione europea. Tant'è che Cotis, capo economista dell'OCSE - lo ha accennato anche il collega Sanga - ed osservatore assai critico, in passato, con il nostro paese, afferma, su Il Sole 24 Ore del 14 febbraio, che le riforme di Bersani sono un «punto cruciale per stimolare la concorrenza e quindi la crescita economicamente in atto in Italia e in Europa» e che «lo sforzo di liberalizzazione è di importanza capitale per l'Italia, da anni penalizzata da un'inflazione forte e con costi troppo elevati nei servizi, con le aziende italiane che devono esportare costi domestici che sono negativi per la concorrenza». Lo stesso Cotis aggiunge: «Le liberalizzazioni sono molto importanti per ristabilire la competitività del made in Italy verso l'estero e stimolare la crescita interna». Inoltre: «Il punto importante è che in tutti i suoi settori non industriali l'Italia ha strutture dove c'è scarsa concorrenza e molte rendite di posizione. Pertanto, dalle liberalizzazioni si possono attendere risultati rilevanti in termini di crescita e di export». Lo stesso apprezzamento è stato espresso dalla Commissione europea, per voce del commissario Almunia.
Questo dimostra la validità non solo del provvedimento in esame e del relativo disegno di legge ma dell'approccio complessivo dell'attuale Governo e di questa maggioranza al rinnovamento dell'economia e della società italiana, per renderle adeguate alla sfida della competizione globale, condizione indispensabile per il progresso del nostro paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, il decreto-legge n. 7 del 2007 rappresenta la seconda «lenzuolata» delle liberalizzazioni del ministro Bersani. Siamo di fronte, con ogni evidenza, ad un'operazione prevalentemente mediatica, nel senso che il Governo, con questo provvedimento che ha un carattere essenzialmente demagogico, cerca, a mio giudizio senza successo, di far dimenticare ai cittadini la tremenda e inutile stangata fiscale loro inflitta con la una legge finanziaria per il 2007, cercando così di recuperare un po' del consenso perduto.Pag. 52
Si tratta di un provvedimento di limitato impatto sulla crescita economica e, per alcuni aspetti, addirittura controproducente e persino dannoso per alcuni comparti che sono colpiti. Oltretutto, alcune disposizioni presentano effetti destinati a prodursi in un momento differito rispetto all'entrata in vigore del decreto-legge, violando in tal modo l'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, che richiede espressamente il requisito della immediata applicabilità delle misure disposte dai decreti-legge. Inoltre, alcune disposizioni quali gli articoli 13 e 14, riguardanti, rispettivamente, l'istruzione tecnico-professionale e l'autonomia scolastica, nonché l'esclusione dalla rottamazione dei veicoli di coloro che acquistino un altro veicolo non sono riconducibili alla finalità del decreto-legge e sono dunque, per così dire, non corrispondenti al titolo.
Il concetto di liberalizzazioni tanto propagandato dal Governo non deve riferirsi solo al miglioramento della concorrenza e della competitività, ma deve consistere anche in un alleggerimento sensibile del peso dello Stato sulle attività economiche. Il Governo, al contrario, si muove in una logica completamente opposta, con l'aumento spropositato del peso stesso dello Stato attraverso l'incremento feroce della pressione fiscale realizzato per alimentare la spesa pubblica facile. Un esempio di spesa pubblica facile è costituito dalle molteplici richieste avanzate da vari esponenti della maggioranza e anche dai sindacati per utilizzare il surplus del gettito fiscale, determinatosi nel 2006 soprattutto per effetto della politica economica del precedente Governo.
Vi è una voracità straordinaria che riguarda i sindacati e i vari ministri della spesa del Governo di centrosinistra, che hanno avanzato richieste di maggiori spese per ben 18 miliardi di euro, pari a più del doppio delle maggiori entrate realizzate a consuntivo e pari a 8,6 miliardi. Ciò è ben evidenziato in un articolo comparso due giorni fa su Il Sole 24 Ore, nel quale si afferma che la vera ragione dell'inasprimento fiscale di 45 miliardi di euro varato con la finanziaria per il 2007 - mentre ne sarebbero stati sufficienti 15 per tenere in linea i conti pubblici con le indicazioni dell'Unione europea - è costituita dalla volontà del Governo di distribuire risorse a categorie e ad istituzioni politicamente vicine.
La stessa debolezza della formazione del Governo e della sua maggioranza ritengo sia la causa reale ed intrinseca che spinge all'aumento della spesa. Un esempio eclatante di questi giorni è costituito dalla regalia di diversi miliardi di euro dati dal Governo alla giunta di sinistra della regione Lazio per coprire parte del debito sanitario di quella regione. È vero che qualcuno della maggioranza obietterà che si tratta di un deficit accumulato da una giunta di centrodestra, ma questo per noi non fa eccezione. Infatti, se vi è un ripiano di risorse a spese del bilancio dello Stato, ritengo che in ogni caso si tratti di un fatto di grande scorrettezza. Se la giunta Marrazzo non è in grado di risanare i propri conti, perché deve pagare lo Stato? In questo modo si mortificano le regioni e gli enti locali virtuosi.
La fretta del Governo di recuperare consenso viene fatta pagare a molte aziende con tempi capestro nell'attuazione delle misure per loro penalizzanti; il che può vanificare ingenti investimenti, determinando il rischio obiettivo di licenziamenti.
Sottosegretario Bubbico, noi abbiamo già segnali di licenziamenti in atto nei settori colpiti, specialmente in quello della telefonia. Pertanto, occorre mantenere una vigilanza costante per verificare cosa accade in queste aziende e se vi sono riflessi negativi sui livelli occupazionali esistenti.
Sul piano politico, occorre segnalare anche un antefatto. Credo che questo Governo abbia avuto una prima stagione nella quale è emersa quella che noi definiamo la fame di risorse, al fine di mantenere in piedi una maggioranza. E questa dovrebbe essere una seconda fase, nella quale si è individuato il tema delle liberalizzazioni come terreno per acquisire e recuperare consenso.
Occorre ricordare che si è perfino assistito ad una lite furibonda tra il ministroPag. 53Bersani e il ministro Rutelli al fine di stabilire di chi fosse il primato su questa materia. Pertanto, la domanda che si pone l'opposizione e l'intero paese è: questo significa governare, questo significa impostare le sorti del nostro paese? Inoltre, dov'è la guida del Governo, la funzione di raccordo, di impostazione complessiva dell'azione di Governo? È praticamente assente e si procede per spinte e controspinte!
Nel corso della sua audizione in Commissione attività produttive, il ministro Bersani ha chiesto la collaborazione dei parlamentari, anche dell'opposizione. Ma non abbiamo riscontrato, ad oggi, alcuna reale disponibilità a tenere conto delle nostre proposte emendative. Molte sono state dichiarate inammissibili per estraneità di materia, mentre non lo erano affatto, e sono stati considerati ammissibili emendamenti, che chiaramente non lo erano, formalmente presentati dal relatore, onorevole Lulli, e probabilmente ispirati dal Governo, con particolare riferimento a quelli relativi all'articolo 1.
La seconda «lenzuolata» di Bersani ha lo stesso difetto di fondo della prima, cioè colpisce solo le categorie che non vogliono e, probabilmente, non voteranno mai il centrosinistra. Si tratta di un modo quanto meno poco elegante di procedere, in quanto si lasciano tranquillamente in piedi tutte le posizioni dominanti e di rendita monopolistica e oligopolistica e quei poteri forti che sono vicini all'attuale maggioranza.
Pensiamo alle aziende municipalizzate, al settore tanto sbandierato dell'energia, ad alcune grandi imprese e, soprattutto, a quel coacervo di grandi privilegi sindacali, che condiziona fortemente la vita delle imprese e su cui speriamo che questo Governo voglia dare, oggi o domani, qualche segnale di ravvedimento.
Nelle vostre liberalizzazioni vi sono anche piccole spruzzate di leninismo - consentitemelo - in quanto si interviene sui contratti e sui prezzi, inserendo elementi di dirigismo assai pesante e pericoloso per le imprese, mentre, per quanto riguarda in particolare l'articolo 1, ci si doveva fermare alle norme di trasparenza e facilitazione nella scelta del consumatore.
Avete preferito, invece, lavorare di accetta e profilare perfino ritorsioni politiche: mi riferisco all'estensione anche alla televisione digitale terrestre dell'abolizione del costo fisso di ricarica, argomento del tutto eterogeneo rispetto a quello dei telefonini e che non rientrava certo tra le richieste dei consumatori.
Infatti, l'equiparazione è impropria, in quanto gli operatori telefonici non si trovano di fronte a continui tentativi di indebito utilizzo dei codici della card televisiva e alle spese necessarie per mantenere adeguati livelli di sicurezza nei confronti di accessi indebiti.
Voi non avete resistito evidentemente alla tentazione di compiere un'altra vendetta politica di basso livello contro le aziende che fanno riferimento al capo dell'opposizione. La vostra non è certo stata una dimostrazione di stile.
Andando ad esaminare da vicino le varie parti che compongono il provvedimento, l'articolo 1, come modificato dalla X Commissione, rappresenta un intervento sul quale non creiamo grandi ostacoli, ma abbiamo la necessità di riflettere e di far riflettere sulle modalità attuative e sugli effetti della frettolosità con cui si è passati ad applicarlo.
Prima di tutto c'è da rilevare che il danno provocato alle imprese potrà mettere in forse nuovi investimenti nel settore e potrà mettere in pericolo posti di lavoro. Sarebbe stato necessario e sufficiente, a nostro giudizio, adottare una serie di misure per determinare una maggiore trasparenza e chiarezza dei piani tariffari, al fine di migliorare la peraltro già forte concorrenza nel settore.
Pongo anche un'altra domanda al Governo: abbiamo alcuni dubbi e preoccupazioni relativamente alla persistenza in vita delle aziende esistenti fino ad oggi, che hanno garantito un livello di concorrenzialità discreto in questo settore, mentre, forse, attraverso questo strumento e questo intervento impositivo, si può viceversa ridurre la presenza delle aziende,Pag. 54con il rischio di raggiungere l'effetto opposto, ossia di far diminuire la concorrenzialità tra le imprese, perché la facilitazione della concorrenza è il vero obiettivo di una sana liberalizzazione a vantaggio dei cittadini e dei consumatori.
Inoltre, anche la Commissione europea ha manifestato i propri dubbi sia sul metodo utilizzato per l'abolizione dei costi di ricarica - avvenuta tramite un decreto-legge, e non con un provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, violandone, così, l'indipendenza -, sia sull'efficacia.
Il Commissario europeo per le telecomunicazioni, Viviane Reding, in una lettera inviata nel febbraio scorso al ministro dello sviluppo economico, aveva spiegato che le autorità italiane non potranno proibire, agli operatori, di compensare le entrate venute meno con l'adozione del decreto-legge in esame innalzando il costo del traffico telefonico.
Tale problema era già stato sollevato dall'onorevole Fedele, attraverso la presentazione di un'apposita proposta emendativa in X Commissione, proprio per sottolineare quanto potesse essere inutile eliminare il costo delle ricariche se, poi, si fosse verificato un incremento delle tariffe. Tale norma, dunque, non appare affatto idonea ad incidere, nei tempi lunghi, sugli ambiti riservati alla libera circolazione delle imprese e, quindi, sul mercato.
Poniamo allora una domanda: siamo certi che, tra sei mesi, non dovremmo riconsiderare questa materia perché, magari, l'esperienza ci condurrà a verificare che abbiamo fatto un grande fumo con pochissimo arrosto?
Un altro aspetto criticabile della gestione parlamentare del provvedimento in esame è sicuramente costituito dalla dichiarazione di inammissibilità di una nostra proposta emendativa, interamente sostitutiva dell'articolo 9, riguardante l'inizio di attività delle nuove imprese. Tale esclusione è stata motivata da una presunta estraneità di materia, ai sensi del regolamento della Camera dei deputati. Mi chiedo, tuttavia, come si possa ritenere estraneo alla materia un emendamento che si prefigge il medesimo obiettivo dell'articolo da sostituire.
Vorrei evidenziare, a tale riguardo, che la proposta emendativa presentata era strettamente attinente al contenuto dell'articolo 9 del decreto-legge e cercava di accelerare i tempi e le procedure per iniziare nuove attività economiche, anche con il fine di contrastare la grave perdita di potenzialità di sviluppo della nostra economia, dovuta ai pesanti costi aggiuntivi causati dalla lentezza burocratica. Ci sembra si tratti di una pratica sostanzialmente antidemocratica non sottoporre al vaglio della Commissione referente e dell'Assemblea una significativa proposta tecnico-politica dell'opposizione su un tema cruciale, come la facilitazione dell'avvio di nuove imprese, che dovrebbe essere condiviso da tutti.
Ricordo che abbiamo ripresentato anche in Assemblea il citato emendamento sostitutivo dell'articolo 9 del provvedimento, che riteniamo maggiormente efficace ed incisivo rispetto alla proposta avanzata dal Governo. Confidiamo che, in questa sede, esso non sia dichiarato inammissibile per estraneità di materia, in quanto, in tal caso, si porrebbe un problema squisitamente politico, poiché un identico criterio dovrebbe essere utilizzato per l'emendamento presentato dal relatore Lulli all'articolo 1, il quale, invece, sulla base dello stesso criterio, era chiaramente inammissibile.
Non è possibile accettare, in sintesi, che si usino due pesi e due misure per le proposte emendative dell'opposizione e per quelle presentate dalla maggioranza e dal relatore.
Vorrei altresì rilevare che l'articolo 10 del decreto-legge in esame, diretto a liberalizzare alcune attività economiche, ha danneggiato diverse categorie di lavoratori: si pensi soltanto al secondo comma di tale articolo, il quale prevede la semplificazione del procedimento per iniziare l'attività di parrucchiere o di estetista, essendo sufficiente la denuncia di inizio attività, ma facendo scomparire anche l'obbligo di chiusura settimanale.Pag. 55
Del tutto parziale, inoltre, risulta essere l'articolo 11 del provvedimento, finalizzato alla liberalizzazione del mercato del gas, la cui efficacia o utilità è quantomeno limitata. Tale articolo, infatti, dispone che le quote di produzione nazionale di gas che le imprese produttrici versano allo Stato come controvalore, nonché una quota fissa di tutte le importazioni future debbano essere offerte sul mercato regolamentato della capacità del gas (la cosiddetta Borsa del gas).
Dovrebbe essere a tutti noto che il vero problema che affligge il nostro paese in materia di gas naturale è costituito dalle difficoltà di approvvigionamento dall'estero. Attualmente, infatti, subiamo il forte ricatto dei nostri maggiori fornitori, come Russia e Algeria, che ci riforniscono mediante metanodotti. Inoltre, abbiamo difficoltà nel diversificare le fonti di approvvigionamento, in quanto esistono ostacoli sia localistici, sia dettati dall'estremismo ambientalista nella realizzazione di un congruo numero di rigassificatori, indispensabili per poterci approvvigionare anche da fornitori oltremare ed oltreoceano.
Ma il fondamentalismo ambientalista, che condiziona e ricatta questo Governo - e quindi, purtroppo, tutto il paese -, si oppone ferocemente alla realizzazione dei rigassificatori, non tenendo conto, paradossalmente, del fatto che il metano rappresenta il combustibile fossile meno inquinante e meno dannoso per l'ambiente.
Vorrei sottolineare che un'altra «perla» del provvedimento è costituita dalla revoca di alcune concessioni relative alla TAV, limitatamente alle tratte ferroviarie ad alta velocità e ad alta capacità Milano-Verona-Padova e Milano-Genova.
In tal modo, oltre a determinare un contenzioso giudiziario sicuro, che alla fine comporterà pesanti oneri per lo Stato, si rallenteranno inevitabilmente i lavori, in quanto occorrerà ricominciare da capo con le gare d'appalto che hanno tempi tecnici non brevi. Tutto ciò a scapito della velocità di realizzazione di queste tratte ferroviarie ad alta velocità.
Infine, del tutto eterogenei rispetto allo spirito del provvedimento sono gli articoli 13 e 14 che - come ho già detto in precedenza - non corrispondono nemmeno al titolo: il primo si occupa di smantellare la riforma Moratti, prevedendo disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di agevolazioni fiscali per le donazioni a favore di istituti scolastici che modificano la precedente normativa; il secondo, interviene sulla disciplina dei contributi e degli incentivi per la rottamazione dei veicoli recentemente introdotti dalla legge finanziaria per il 2007. Si restringe il campo della rottamazione degli autoveicoli euro 1 ed euro 0 e del beneficio consistente nel rimborso dell'abbonamento ai trasporti pubblici alla sola ipotesi in cui non vi sia sostituzione del veicolo per tre anni. Anche questa disposizione è un evidente omaggio ideologico ai Verdi, che non tiene conto della realtà geografica, economica e sociale del paese.
Quando critichiamo le false liberalizzazioni del centrosinistra, esponenti di questo schieramento ci domandano il motivo per cui non le abbiamo fatte noi. A queste osservazioni rispondiamo molto stringatamente che la produzione legislativa del Governo di centrodestra è stata per lo meno dieci volte superiore a quella in corso, sia come qualità sia come quantità. E aggiungo che l'impegno prioritario che sta dimostrando il Governo Prodi è quello di demolire le riforme e le innovazioni introdotte dal precedente Governo.
Vi è, poi, una notazione conclusiva: con queste presunte liberalizzazioni si infrangono regole giuridiche, si modificano contratti tra privati, si disegna un quadro di incertezza e di insicurezza per gli investitori nel nostro paese. Così si scoraggiano gli investimenti esteri in Italia e si ostacola lo sviluppo economico e la nascita di nuove imprese. In sostanza, questo provvedimento demagogico contraddice l'obiettivo indicato nel titolo e costituisce una semplice mistificazione.
Vi è, poi, una beffa per i cittadini consumatori: deve essere chiaro a tutti che gli alleggerimenti per i consumatori sarannoPag. 56inevitabilmente vanificati dagli aumenti dei prezzi che gli operatori colpiti, prima o poi, attueranno.
Infine, intendo rappresentare un'altra preoccupazione sulla quale spero si potrà ritornare in seguito: mi riferisco alla preoccupazione di fondo che soggiace alla filosofia di questo intervento. Noi riteniamo che gli attori fondamentali che agiscono nel nostro paese, dal punto di vista dei rapporti sociali ed economici e via dicendo, siano soprattutto il cittadino consumatore, le imprese e lo Stato. Già nei cinque anni precedenti, attraverso un'opposizione oltranzista portata avanti da parte vostra, si è sviluppato quello che noi definiamo il virus della resistenza al cambiamento. Partiamo sempre dal presupposto che questo paese ha assolutamente bisogno di un cambiamento e siamo preoccupati quando osserviamo che i corpi sociali interessati esercitano una resistenza al cambiamento stesso. Già questo virus si è manifestato nei cinque anni scorsi e si è fortemente accresciuto a seguito di un'azione di opposizione diversa dalla nostra: lasciamola definire ai cittadini che osservano.
La vera preoccupazione di fondo è la seguente: l'approccio attraverso il quale questa maggioranza si sta avvicinando alle cosiddette liberalizzazioni sta inserendo una dinamica di conflittualità esasperata all'interno dei corpi sociali. Pertanto, al virus precedente si aggiunge quello che comincia a diffondersi giorno per giorno e che possiamo definire «conflittualità tra i corpi sociali». Ci allarma il fatto che il cittadino consumatore venga incoraggiato in questo atteggiamento di conflittualità verso l'impresa e verso lo Stato. Lo Stato diventa ancora più potente, per cui attrae maggiore conflittualità verso se stesso da parte di cittadini. Le imprese, per adesso, restano in angolo, ma prima o poi anche esse faranno valere la loro reazione a questa conflittualità.
In conclusione, mi chiedo se sia possibile che nel nostro paese questi percorsi e questi processi di governo non possano essere fatti con spirito diverso e sopratutto con maggiore serietà. In proposito credo che la prima «palla da lanciare» spetti alla maggioranza ed al Governo. Noi osserveremo gli atteggiamenti, comportandoci di conseguenza.
Per tutte le ragioni che ho esposto, e soltanto per esse, ci opponiamo a questo provvedimento, che continuiamo a definire demagogico e in gran parte mistificatorio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, limiterò il mio intervento agli aspetti essenziali, utilizzando, così, poco tempo. Il provvedimento che oggi è al nostro esame, il secondo atto delle cosiddette liberalizzazioni del ministro Bersani, arriva in quest'aula, come ormai d'uso, tramite l'eccessivo utilizzo della decretazione d'urgenza. Signor sottosegretario, non se ne abbia a male, ma qualcuno mi spiegherà come si concilia lo strumento della decretazione di urgenza con norme la cui applicazione addirittura è slittata nel tempo. Forse sarebbe stato più opportuno inserire nel decreto-legge ciò che era destinato a diventare immediatamente esecutivo, lasciando al disegno di legge, peraltro già assegnato in Commissione, le norme che invece sono differite nel tempo per quanto riguarda la loro applicazione.
Il provvedimento, come abbiamo visto, si compone di 14 articoli. La prima parte vorrebbe contenere le disposizioni riconducibili alla finalità di tutela del consumatore (articoli 1-8), mentre la seconda parte (articoli 9-14) reca diverse misure per lo sviluppo imprenditoriale e per la promozione alla concorrenza.
La relazione iniziale fatta dal Governo per il disegno di legge di conversione dice testualmente: «Il decreto reca talune misure urgenti necessarie a rimediare ad ostacoli che limitano lo sviluppo economico del paese, i diritti dei consumatori e la concorrenza e che, in relazione all'attuale contingenza economica, nonché in relazione alla presenza di situazioni di grave anomalia rispetto ai principi comunitari e costituzionali, più volte segnalate anche dalle istituzioni comunitarie e dall'AutoritàPag. 57garante per la concorrenza e il mercato, impongono un immediato intervento».
Onorevole relatore Lulli, signor sottosegretario, non vi è dubbio che la premessa è assolutamente corretta e condivisibile. Noi abbiamo sempre creduto che la liberalizzazione del mercato sia la chiave principale per il rilancio della nostra economia. Condividiamo assolutamente la diagnosi e la necessità di intervenire. Abbiamo invece seri dubbi sulla terapia che voi avete applicato.
Liberalizzazione significa fondamentalmente semplificare e migliorare il rapporto tra il cittadino e la burocrazia. Nel nostro paese esistono alcune anomalie che vanno assolutamente rimosse e che causano un forte freno al nostro sistema paese. Si tratta di anomalie che contrastano con assoluta evidenza con i propositi «liberalizzanti» del ministro Bersani e di questo Governo. In una democrazia liberale vi sono cose che si possono fare ed altre che non si possono fare. Le prime si possono fare solo rispettando precise regole alle quali ci si deve attenere scrupolosamente e senza le quali deve intervenire pesantemente la censura di chi controlla. Le seconde vengono punite con grande rigore e senza alcuna attenuante, perché lo Stato con il suo rigore deve garantire la stragrande maggioranza di persone per bene che rappresenta e che rispetta le regole della convivenza civile.
La grande anomalia del nostro sistema consiste nel fatto che ciò che non si può fare, non si può fare. Ciò che si può fare, però, deve essere autorizzato. Ciò significa che con questo sistema lo Stato vuole comunque tenere il cittadino sotto controllo, perché solo così può ricercare il voto, il consenso e la clientela. È il vecchio modo di fare politica. Liberalizzare significa a nostro avviso - a mio avviso - liberare i cittadini dall'essere ostaggio del sistema.
Liberalizzare significa cambiare il rapporto tra cittadino e istituzioni. Le istituzioni hanno il compito di determinare con chiarezza la linea di demarcazione tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare, aumentando i controlli, le sanzioni ma, soprattutto, liberando il cittadino da inutili passaggi burocratici che finiscono per renderlo prigioniero del sistema.
Alcune liberalizzazioni del precedente decreto-legge e di quello oggi, al nostro esame da certi punti di vista sono anche condivisibili, ma sono poca cosa rispetto alla necessità che ha il nostro paese di «vere» liberalizzazioni, che ci ricollochino tra i paesi più sviluppati del nord. Con il provvedimento oggi al nostro esame, secondo atto delle cosiddette liberalizzazioni che arrivano in Assemblea con lo strumento dell'ormai abusata decretazione d'urgenza, siete intervenuti su settori che non riguardano la totalità dei cittadini, ma solo una parte di essi.
Un vero processo di liberalizzazione avrebbe certamente avuto maggiore capacità di incidere sulla tasca dei consumatori, sui servizi pubblici locali, settori relativi alla fornitura di servizi essenziali del cittadino, come la luce, il gas, l'acqua, servizi che riguardano tutti i cittadini.
Ma, prima di analizzare alcuni punti specifici del decreto-legge che ci accingiamo a convertire, chiediamoci quali rischi vi sono in un processo di liberalizzazione. La liberalizzazione di alcuni settori non può e non deve mettere a rischio i livelli occupazionali che nel Mezzogiorno - sottosegretario, lei lo sa - sono ancora molto a rischio.
La liberalizzazione non può e non deve peggiorare la qualità del servizio reso al cittadino perché, altrimenti, se liberalizzando riducessimo il costo, ma offrissimo un servizio qualitativamente inferiore, non avremmo raggiunto il risultato auspicato.
La liberalizzazione non deve e non può aumentare il contenzioso tra Stato e istituzioni locali, alla luce peraltro della modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, voluto dal «vostro» Governo, che con queste liberalizzazioni è intervenuto a «gamba tesa» su competenze delegate ai comuni, alle province, alle regioni e, in particolare, alle regioni a statuto speciale.
Passerò ora ad un'analisi più specifica del provvedimento, senza soffermarmi adPag. 58esaminare ogni articolo, focalizzando l'attenzione su due temi che ritengo punti sensibili e delicati.
Il primo riguarda l'articolo 1, che attiene ai costi di ricarica per la telefonia mobile. Signor sottosegretario, le preannuncio la presentazione di un ordine del giorno di cui, ora, rappresento le esigenze. Sono molto preoccupato da un articolo che ho letto, pochi giorni fa, su Il Sole 24 Ore, in cui l'amministratore delegato di Wind rilasciava un'intervista, dichiarando che il provvedimento sulle liberalizzazioni era voluto per avvantaggiare le due grandi società di telefonia, Tim e Vodafone, e penalizzava i «piccoli». Consegno questo aspetto all'osservazione di altri. Ciò che mi preoccupa più di tutto è che, attraverso l'applicazione dell'articolo 1, l'amministratore delegato di Wind faceva intravedere, in quell'intervista, il rischio, voluto dall'azionista egiziano che oggi detiene il pacchetto azionario di Wind, di smantellare i call center che, oggi, nel Mezzogiorno danno una forte risposta al bisogno di lavoro di molti giovani.
Con l'ordine del giorno, di cui preannuncio la presentazione, chiedo che il Governo assuma un impegno ad incontrare queste società per garantire la difesa dei livelli occupazionali. Non penso che il Governo con la liberalizzazione di questo settore (le cui aziende, tra l'altro, aumentando di qualche centesimo le telefonate, recupereranno ciò che perdono) desideri creare disagio occupazionale.
Il secondo punto - ne ho, peraltro, discusso più volte anche con il relatore - riguarda il comma 5 dell'articolo 10 del provvedimento. Al riguardo, devo osservare, colleghi, che l'attività di autoscuola non è assolutamente equiparabile alle attività di acconciatore ed estetista, all'attività di pulizia, disinfestazione e facchinaggio, ai servizi automobilistici di linea; l'attività di autoscuola non è assolutamente equiparabile alle attività commerciali: è attività di insegnamento, e, in particolare, di insegnamento in un settore cruciale per la sicurezza e la salvaguardia della vita umana quale la circolazione stradale. La corretta pratica di guida è essenziale per l'incolumità delle persone e discende in buona parte da una precisa azione didattica svolta da strutture professionalmente qualificate.
La Corte costituzionale, con grande precisione, con la sentenza n. 24 del 6 aprile 1965, ha stabilito che, data la particolare delicatezza e complessità del settore, l'attività di scuola guida non può «essere lasciata all'incontrollata e illimitata iniziativa dei privati e ben si giustifica l'intervento del legislatore diretto a dettar norme che, specificando condizioni e ponendo limiti all'esercizio di tale attività, contemperino e armonizzino il diritto dei singoli con le esigenze della collettività». A fronte di quanto dichiarato dalla Corte costituzionale, noi, dunque, con un comma di un articolo, insieme con altri settori che non rivestono tale ruolo sociale, liberalizziamo un settore così delicato.
Colleghi, ricordiamoci che, se il contingentamento del numero delle autoscuole è certamente inaccettabile sotto un profilo economico-commerciale, per contro è più che giustificato nella prospettiva della sottrazione ai meccanismi della concorrenza aggressiva del servizio della formazione.
L'introduzione del criterio di pianificazione ed una limitazione numerica appartengono ad una fase non ancora esauritasi: ancora fino a pochi mesi fa, nel Mezzogiorno, si sono avuti inchieste e arresti per corruzione di istruttori della motorizzazione nell'ambito delle cosiddette «patenti facili». Noi riteniamo di fermare questa grave piaga attraverso una liberalizzazione selvaggia? Certo, è giusto che il settore venga liberalizzato ed è, altresì, giusto che si abbandoni la strada del numero chiuso; ma la questione va affrontata non con un semplice comma di un articolo, bensì in maniera seria, con un articolato ampio, preciso, approfondito.
Cosa, dunque, proponiamo? Poiché la complessità della materia non può essere regolamentata attraverso un semplice comma di un articolo, noi proponiamo che nel decreto-legge si stabilisca soltanto il principio e che si compia nell'ambito della discussione di un altro provvedimento, inPag. 59ipotesi in occasione della trattazione del disegno di legge già assegnato in Commissione, una più approfondita disamina della questione, che non può essere liquidata con tre righe di un comma. Altrimenti, tra breve, chiunque voglia potrà aprire una scuola guida e rilasciare le patenti; ciò sarebbe, a mio avviso, una forma di irresponsabilità.
Noi oggi vi chiediamo di riflettere seriamente sugli aspetti testé evidenziati. Mi riferisco, appunto, agli effetti di eventuali liberalizzazioni selvagge sul livello occupazionale ed alla necessità di una riflessione attenta su un settore delicato e nevralgico come la formazione dei nostri giovani e i futuri conducenti di veicoli. Si tratta, invero, di un settore che merita una più articolata disciplina.
In ultimo, vorrei, sottosegretario Bubbico e onorevole relatore Lulli, pregarvi di dedicarmi ancora un po' di attenzione su una questione evidenziata in seno al Comitato per la legislazione dall'onorevole Zaccaria, che in quella sede intervenne in qualità di relatore. Egli ebbe a sostenere che in relazione all'articolo 10, comma 5 - ove si novellano i commi 2 e 3 dell'articolo 123 del decreto legislativo n. 285 del 1992, al fine di eliminare ogni riferimento a forme di «autorizzazione» come requisito per l'esercizio delle attività di autoscuola - dovrebbe valutarsi l'opportunità di novellare l'intero articolo 123, che reca ancora, in più punti, richiami ad un atto autorizzatorio da parte della provincia.
Credo che se il Governo farà sua l'indicazione chiaramente espressa dal Comitato per la legislazione non potrà che migliorare il testo del decreto-legge che ci accingiamo a convertire e, quindi, spero nella sensibilità del sottosegretario Bubbico e del relatore, nell'acquisire, presentando un apposito emendamento, i suggerimenti che il Comitato per la legislazione ha approvato all'unanimità.
Rinvio il resto delle riflessioni sul provvedimento al prosieguo del dibattito in Assemblea, nel corso dell'esame dei singoli emendamenti.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2201-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Lulli.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Lulli.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, intervengo molto brevemente, anche perché la discussione di merito si svolgerà nei prossimi giorni, in relazione ai singoli emendamenti. In ogni caso, una discussione molto approfondita è stata sviluppata in Commissione. Di ciò il relatore, onorevole Lulli, ha dato ampio conto all'Assemblea e di ciò, ovviamente, lo ringrazio, anche per il contributo complessivo che la Commissione ha saputo dare, migliorando il testo in più parti e, quindi, conferendo al decreto-legge presentato dal Governo ulteriori elementi di specificazione, che vanno nella direzione di accelerare un processo di riforma atteso da molto tempo nel nostro paese.
Trovo molto interessanti gli interventi che ho avuto la possibilità e la fortuna di ascoltare oggi e credo ve ne siano alcuni che meritano una sottolineatura.
L'onorevole Lazzari coglie un problema vero quando rileva che nel paese esiste una resistenza al cambiamento. È vero, il nostro è un paese strano; è difficile trovare una maggioranza che non si dichiari liberale, e ciò non accade solo in questa precisa circostanza, ma è accaduto nel corso degli ultimi anni. Questo è, tuttavia, un paese nel quale gli interessi corporativi risultano ridondanti rispetto ad altri paesi europei; questo è il paese nel quale vengonoPag. 60premiate le rendite anziché le capacità competitive; questo è un paese nel quale vengono premiate le consuetudini anziché le capacità; questo è un paese che chiude opportunità, che costruisce barriere all'ingresso di nuovi operatori e di nuovi talenti nello scenario produttivo ed è un paese che complessivamente, nel corso degli ultimi anni, ha perso capacità competitiva.
Le ragioni della decretazione d'urgenza risiedono in questi motivi; peraltro, gli stessi interventi, anche critici, hanno posto in evidenza quanto lavoro sia necessario produrre ancora per rendere più dinamico e più competitivo il nostro paese, di quanti settori occorra occuparsi affinché gli stessi siano liberati da condizioni che impediscono a straordinarie potenzialità di mettersi in evidenza. Si è parlato dei servizi pubblici locali, si è parlato dei temi dell'energia, si è parlato delle questioni che riguardano componenti significative della nostra economia. Vi è molto ritardo da recuperare; lo dico non per ragioni polemiche, ma perché credo sia indiscutibilmente certificato che tutto ciò è di fronte a noi. Tutti apprezziamo la capacità di generare nuove opportunità, derivanti da una profonda innovazione che è possibile realizzare nel nostro paese.
Io credo che anche l'onorevole Giudice abbia detto delle cose molto importanti. Bisogna liberare i cittadini da un sistema vessatorio, da una pubblica amministrazione invasiva, affinché il cittadino risulti titolare di diritti e non destinatario di favori: questo ha detto in buona sostanza. Ma i provvedimenti di cui stiamo discutendo non vanno esattamente in quella direzione? Il fatto cioè che un professionista, che abbia tutte le caratteristiche per esercitare una determinata attività, venga messo oggi nelle condizioni di poterlo fare, senza dover superare percorsi ad ostacoli per mettere in campo le proprie capacità, per provare, per misurarsi in una dimensione competitiva, non costituisce esattamente un superamento di quella limitazione delle libertà individuali e collettive?
Credo che su ciò dobbiamo interrogarci, così come dobbiamo liberarci da una sindrome che ci porta ad assumere come riferimento l'Unione europea ma in termini di subalternità, quasi che l'Unione europea debba costituire il luogo che dà gli indirizzi indiscutibili o quello dal quale arrivano indicazioni vessatorie. L'Unione europea è una realtà della quale facciamo parte a pieno titolo, che elabora delle decisioni alle quali dobbiamo saper portare il nostro contributo e rispetto alla quale dobbiamo saper far valere le nostre prerogative.
Questo perché i difetti della pubblica amministrazione, purtroppo, sono rilevabili dappertutto, se è vero, come è vero, che il Commissario dell'Unione europea ha smentito quanto scritto, con un zelo quantomeno sospetto, da un funzionario che presume di poter dare indicazioni in ordine a materie sulle quali il Parlamento ha la titolarità esclusiva, discutendo sulla questione della eliminazione del costo di ricarica in una logica impropria: è questo quanto emerge dalla nota citata da Lazzari.
Credo che il provvedimento all'esame, contrariamente a quanto è stato sostenuto da molti, non punti a favorire o a danneggiare: a tale proposito le osservazioni sono piuttosto controverse. Si dice: non vengono toccati i poteri forti, e poi vengono messe in campo esattamente le ragioni di quei poteri che si vorrebbe affermare non siano toccati dal provvedimento all'esame.
Non è un provvedimento che è contro qualcuno, ma è un provvedimento che mira semplicemente a liberare energie per la crescita, per lo sviluppo, per il recupero di capacità contributiva del nostro paese, e ciò anche quando tratta di materie sensibili, riferibili in una qualche misura al capo dell'opposizione, il Presidente Berlusconi. Credo che anche in questo caso dobbiamo liberarci da un riflesso condizionato, quasi che tutto venga fatto per favorire o per danneggiare l'onorevole Berlusconi! Le sue aziende o comunque quelle riferibili alla sua famiglia hanno saputo e sapranno sicuramente dimostrare di vincere anche le sfide più audaci sul terreno della competizione e nel confrontoPag. 61con altri operatori europei o internazionali. Questo provvedimento non mira a favorire o a danneggiare qualcuno, mira semplicemente a fare quello che è necessario fare per costruire una nuova prospettiva di futuro per le tante nuove generazioni che risultano costrette ed ingabbiate in una dimensione conservatrice, che limita potenzialità, che costringe talenti e che vanifica risorse ed opportunità.
Per questo motivo noi siamo pronti a discutere nel merito le proposte emendative, con una chiara limitazione, tuttavia, in questa nostra disponibilità, che è costituita dal fatto che si proceda in questo processo di apertura alla competizione. Siamo anche pronti ad assumere impegni affinché rapidamente si passi ad affrontare gli altri automatismi, con riferimento ai quali occorre peraltro ricordare che già sono stati presentati dei progetti di legge, giacenti presso questa Camera o presso il Senato. Penso, ad esempio, a quello relativo ai servizi pubblici locali o all'energia.
Con riferimento ai servizi pubblici locali, credo siano state dette cose molto interessanti questa mattina; ne ha parlato l'onorevole Pignataro, poi anche l'onorevole Turci, mentre il relatore ci ha dimostrato il suo impegno con il lavoro intenso che si sta effettuando in queste settimane. Noi dobbiamo evitare che si passi da un monopolio pubblico ad un monopolio privato. Vedo l'accentuazione di una polemica, quasi di un astio, nei confronti di realtà che devono essere indotte ad evolversi in una dimensione di mercato, sebbene attraverso la creazione delle condizioni di contendibilità di mercati talora inesistenti, che oggi grazie al lavoro fatto da quelle aziende è possibile mettere in campo ed è possibile inserire in un circuito di generazione di nuove opportunità e di nuovo valore. Tutto questo deve essere fatto appunto per animare una dinamica competitiva, una concorrenza vera e non lo spostamento di posizioni dominanti da una componente pubblica ad una componente privata, realizzando una condizione di rendita che non aiuterebbe sicuramente il nostro paese a crescere.
Poiché vedo che su questi temi l'accentuazione polemica è piuttosto smisurata, non proporzionata alle questioni di cui si discute, segnalo che sarebbe interessante leggere le dinamiche di crescita di quelle tipologie di aziende negli ultimi cinque anni, per vedere quanto quelle attività abbiano potuto contare su principi ordinatori che sono mancati o che hanno alimentato la nascita e il consolidamento di quelle realtà. Così come sarebbe interessante leggere l'elenco delle società in house costruite negli ultimi cinque anni, anche per attività che francamente sarebbe complicato giustificare, non dico in una condizione di mercato compiuto, ma in una condizione di discreta attenzione alle dinamiche della competizione e della concorrenza.
Siamo convinti che questo provvedimento non esaurisca il complesso delle questioni da affrontare, ma che con esso si compia un ulteriore passo in avanti, lungo un percorso che sicuramente porterà il nostro paese a migliorare la propria capacità competitiva e offrirà all'intera società, nelle sue componenti economiche e sociali, ulteriori opportunità per la crescita e lo sviluppo.
Per questo e per il contributo che ci viene offerto, ringraziamo tutti gli intervenuti e tutti i protagonisti di un impegno che ci vedrà ancora occupati nelle prossime giornate Grazie.

PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretario.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Aleandro Longhi, con lettera pervenuta in data 8 marzo 2007, ha reso noto di essersi dimesso dal gruppo parlamentare L'Ulivo. Il deputato Aleandro Longhi risulta pertanto iscritto al gruppo parlamentare Misto.

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Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 marzo 2007, alle 14,30:

1. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DI VIRGILIO ed altri; CASTELLANI ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (780-1891-A).
- Relatore: Di Virgilio.

2. - Discussione della proposta di legge:
CONTENTO: Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale (782-A)
e degli abbinati progetti di legge: ASCIERTO; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO (809-1967).
- Relatore: Palomba.

La seduta termina alle 14,05.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANDREA LULLI IN SEDE DI DISCUSSIONE GENERALE SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2201-A

ANDREA LULLI, Relatore. La volontà da parte del Governo di intraprendere politiche di liberalizzazione è stata chiara sin dal luglio dello scorso anno, con la presentazione del primo «pacchetto Bersani» (decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con la legge 248/2006). Si trattava di una serie di interventi sul fronte delle liberalizzazioni - dalle farmacie alle banche, dai taxi agli ordini professionali - finalizzati a rilanciare la crescita della nostra economia e a modificare la stessa composizione sociale del paese attraverso la limitazione delle posizioni corporative e di rendita. Il «piano Bersani» costituiva, pertanto, un asse strategico per stimolare la crescita (aumentando l'attività e la concorrenza nei settori liberalizzati e abbassando i costi per le famiglie e le imprese) e diffondere una nuova imprenditorialità nei settori liberalizzati con l'ingresso di nuovi soggetti. Si affermava così la volontà di aprire il mercato e di abbattere i vincoli amministrativi, eliminando 14 restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'efficacia delle misure varate è stata recentemente confermata dal «Primo rapporto sullo stato di attuazione della legge n. 248», da cui si evince che, a sei mesi dall'entrata in vigore, sono stati conseguiti i seguenti risultati.
Per quanto riguarda i servizi professionali, gli ordini hanno adeguato, ove necessario, i propri codici. Inoltre, alcuni professionisti hanno iniziato, a livello locale, ad utilizzare strumenti di comunicazione diretta con i potenziali bacini di utenza e a praticare sconti. La liberalizzazione della vendita dei medicinali da banco ha prodotto risultati al di sopra delle aspettative. Il 31 dicembre ben 600 esercizi avevano comunicato l'avvio dell'attività al Ministero della salute: nell'85 per cento dei casi si tratta di parafarmacie ed erboristerie distribuite in tutte le regioni e nel restante 15 per cento di reparti di esercizi della grande distribuzione. Effetti positivi si sono immediatamente riscontrati circa i prezzi di vendita: quelli praticati dai nuovi esercizi, rispetto alle farmacie tradizionali, risultano in media il 20 per cento in meno.
I nuovi strumenti di intervento nel settore dei taxi cominciano ad essere sfruttati dai comuni in cui erano più stringenti le esigenze di potenziamento del servizio di taxi: a Roma, in particolare, l'intervento più incisivo: protocolli di intesa, delibere, regolamenti che toccano tutte le opzioni offerte dall'articolo 6 della legge n. 248 (introduzione di turnazioni aggiuntive, assegnazione di 1.000 nuove licenze, fissazionePag. 63di un sistema di controllo e monitoraggio, determinazione di tariffe fisse eccetera).
Con riguardo ai passaggi di proprietà, secondo un'indagine campionaria commissionata dall'IPI, l'85 per cento delle agenzie è oggi in grado di fornire il servizio di autentica in alternativa al notaio. L'eliminazione dei costi di chiusura e l'abbassamento dei costi di gestione dei conti correnti bancari sono diventati elementi di marketing pubblicitario per le banche. Dal 1o febbraio è in vigore il risarcimento diretto nel campo della Rc-Auto: secondo le previsioni, 1'80/90 per cento dei sinistri che normalmente si verificano saranno rimborsati agli automobilisti in tempi brevi (dai 30 ai 90 giorni) dalla propria compagnia assicurativa.
La politica di rinnovamento e di riforma del Governo non si è fermata qui. Essa percorre anzi una serie molto più ampia di filoni e si è sostanziata in un blocco diversificato di provvedimenti: il disegno di legge per liberalizzare maggiormente i settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per rilanciare il risparmio energetico e le fonti rinnovabili; il disegno di legge per il riordino dei servizi pubblici locali; il disegno di legge che introduce l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori (Class action); il disegno di legge in materia di professioni intellettuali; il disegno di legge in materia di Autorità indipendenti di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri; il secondo pacchetto di misure di liberalizzazione proposto dal ministro dello sviluppo economico Bersani, composto da un disegno di legge e dal decreto-legge in esame.
L'insieme di queste misure rappresenta una significativa discontinuità con il precedente Governo sul piano politico e culturale e incide su settori di rilevanza strategica sia sul versante della competitività che sulla vita quotidiana dei cittadini, i quali, non a caso, hanno dimostrato di apprezzare molto queste politiche.
Nell'annuale classifica della competitività redatta dal World economic forum, l'Italia ha visto costantemente erodere la sua posizione e nel 2006 è scesa al 42o posto, quattro posizioni in meno rispetto all'anno precedente: si tratta del risultato di una combinazione di fattori. Tra quelli che influenzano negativamente la competitività, c'è il 78o posto nella classifica dell'efficienza di mercato, in cui vengono imputati elementi che agiscono - positivamente oppure in termini distorsivi - sulla concorrenza, come, ad esempio, il numero degli adempimenti e il tempo necessario per avviare un'attività, la presenza di barriere, l'efficacia di meccanismi per la promozione della concorrenza.
Non è un caso, quindi, che su questi aspetti si sia diretto l'intervento del Governo con la legge n. 248 prima e con il decreto-legge in esame e il disegno di legge «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali» adesso. Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, si propone, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e contribuire alla crescita economica, di rimuovere alcuni degli ostacoli che limitano lo sviluppo e, contestualmente, di promuovere i diritti dei consumatori e la concorrenza, fattori rispetto ai quali l'Italia ha storicamente evidenziato situazioni difformi rispetto a quanto accade comunemente negli altri paesi europei.
Non a caso, il decreto, oltre a recepire suggerimenti provenienti dai cittadini e richieste del mondo imprenditoriale (come, ad esempio, nel caso della semplificazione del procedimento di inizio attività), raccoglie anche le segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (si veda l'abolizione dei costi di ricarica delle carte prepagate o l'esclusività nella distribuzione delle assicurazioni nel ramo danni) e delle stesse istituzioni comunitarie per la violazione, rispettivamente, dei principi costituzionali e comunitari.
In particolare, le misure in esame intervengono su due ambiti tra loro connessi: la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche, in cui i consumatori rappresentano la parte più debole, e la riduzione ePag. 64la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese. Si tratta di interventi, previsti nel programma del Governo, a cui il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011 ha dedicato molta attenzione, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità d'intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori.
Questo perché la politica per la concorrenza pone al centro il consumatore e, abbattendo le rendite di monopolio, favorisce nel contempo lo sviluppo e l'efficienza dell'economia. Così, se da un lato mercati più aperti limitano la crescita dei prezzi e rafforzano il potere d'acquisto dei redditi, dall'altro la riduzione nel prezzo dei servizi favorisce le imprese attraverso la riduzione dei costi di produzione, in entrambi i casi accrescendo la competitività sui mercati internazionali.
Ma oltre all'efficienza, particolarmente importanti sono gli effetti sull'equità, dal momento che la riduzione delle rendite di monopolio apre nuove opportunità a chi ne era in precedenza escluso e tutela i consumatori più deboli. Ecco perché il decreto-legge in esame introduce misure urgenti di tutela dei consumatori, dì liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, legando tutti questi interventi, come sottolinea la relazione introduttiva, ad una duplice e unitaria finalità. Da una parte, ridurre i comportamenti anticoncorrenziali oggi ancora troppo diffusi nell'economia, determinati dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, eliminare quegli adempimenti burocratici che non trovano giustificazione tanto nella tutela dell'interesse pubblico quanto piuttosto nel mantenimento di barriere all'entrata di nuovi operatori, come ad esempio, gli obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze tra esercizi attualmente in vigore per alcune attività e su cui il decreto interviene.
L'altro obiettivo che questo provvedimento persegue è proprio l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, attraverso misure che riducono i tempi per avviare un'attività e al contempo forniscono maggiori opportunità di lavoro, garantendo comunque la tutela dei consumatori. Siamo di fronte ad obiettivi ambiziosi.
Questo decreto-legge, ovviamente, non li esaurisce, ma si inserisce pienamente in un disegno complessivo di lungo periodo, che include l'abbandono della logica burocratica in favore di un progressivo spostamento del ruolo della pubblica amministrazione verso funzioni di programmazione e di controllo delle attività degli operatori di mercato. Il passo successivo è quello di costruire una pubblica amministrazione sempre più amica di cittadini, che incoraggi a fare, che si metta a disposizione ai fini dell'interesse generale del paese per facilitare chi merita e aiutare chi ha bisogno. Una società aperta che stimoli ciascuno a dare di più, valorizzando ambizioni e meriti in un quadro di crescita civica e solidale che siamo sicuri può produrre un generale aumento della ricchezza e del benessere sociale.
Ci sentiamo di dire oggi alle compagnie telefoniche, alle assicurazioni, alle banche, alle professioni forti, che noi abbiamo fiducia nelle loro capacità professionali e nel patrimonio umano e tecnologico che rappresentano, e per questo crediamo che maggiore trasparenza nel rapporto con gli utilizzatori dei servizi e maggiore concorrenza può rappresentare una formidabile spinta alla crescita nel mercato interno e, perché no, verso il mercato europeo e internazionale.
Vi proponiamo di uscire insieme dalle secche di una società chiusa, ingessata, un po' giungla, un po' feudalizzata, che scarica costi e problemi sulle parti più deboli della popolazione, che mangia il futuro alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi e che sfrutta pesantemente immigrazione a basso costo.
L'articolo 12 parte dalla constatazione che da oltre 16 anni siamo in attesa di vedere realizzate opere che hanno un carattere strategico e il semplice fatto che rimanga ancora una attesa, è una drammatica prova dei ritardi del nostro paesePag. 65nel settore dei trasporti, che si riflette in danni rilevanti alla comunità e che frena lo sviluppo economico del paese.
Questo è il problema! Si pensa che l'articolo 12 non sia la soluzione giusta? Si proponga una valida alternativa, che consenta di realizzare quello di cui il paese ha necessità vitale, un sistema di alta capacità che consenta una mobilità europea.
L'Autorità per la concorrenza e il mercato già nel 2005 dopo aver rilevato il carattere innovativo dell'istituto della concessione di costruzione e gestione ed il ricorso alla figura del general contractor e dopo aver affermato che lo strumento del project financing offrisse opportunità per l'Alta velocità che sarebbe importante cogliere fino in fondo, rileva che «tuttavia la mancanza di assunzione del rischio di investimento da parte di privati può compromettere la potenzialità del progetto Alta velocità e soprattutto vanificare la valenza pro-concorrenziale del project financing, sia in quanto strumento per avviare iniziative che altrimenti non si realizzerebbero, sia in quanto strumento di ammodernamento dei mercati finanziari.
L'atto di affidamento a TAV della realizzazione del sistema alta velocità (AV) si configura come concessione di costruzione e gestione la cui caratteristica principale consiste nel fatto che la controprestazione dei lavori eseguiti dal concessionario non è data dal pagamento di una somma di denaro a titolo di corrispettivo bensì dal diritto di gestire l'opera per un determinato periodo di tempo. La reintegrazione delle spese sostenute dipenderebbe pertanto dai risultati della gestione del servizio di cui il concessionario gode in esclusiva.
Alla novità sotto il profilo economico si accompagna l'adozione di soluzioni contrattuali innovative per il settore interessato come l'istituto della concessione di costruzione e gestione ed il ricorso alla figura del General Contractor quale soggetto fiduciario cui affidare la realizzazione delle singole tratte. Rileva sottolineare che a quest'ultimo vengono attribuite le particolari funzioni di garante, di appaltatore, nei confronti di TAV, e di appaltante per quanto riguarda l'affidamento di parte dell'opera ad imprese terze. In particolare il progetto AV può rappresentare il primo grande esperimento di project financing.
L'Autorità ritiene importante che le opportunità offerte da questo strumento possano essere pienamente colte. Tuttavia, la mancanza di assunzione del rischio dell'investimento da parte di privati può compromettere le potenzialità del progetto AV e, soprattutto, vanificare la valenza pro-concorrenziale del project financing, sia in quanto strumento per avviare iniziative che altrimenti non si realizzerebbero, sia in quanto strumento di ammodernamento dei mercati finanziari.
Dall'esame dei contratti che regolano i rapporti tra FS, TAV e General Contractor emerge un quadro contraddittorio con le finalità e le potenzialità dello strumento project financing. In particolare, come evidenziato nel provvedimento di chiusura dell'istruttoria, FS, oltre all'apporto del capitale di rischio pari al 40 per cento del capitale sociale, si assume una serie di altri impegni dai quali emerge che il rischio della gestione dell'opera fa capo alla stessa FS, mentre lo sfruttamento economico, formalmente attribuito a TAV, si riduce alla cessione dei propri diritti a fronte di corrispettivi che, indipendentemente dai risultati di gestione, dovranno assicurare la copertura del debito, l'equilibrio economico dell'iniziativa e la remunerazione dell'investimento.
La differenza sostanziale dell'impegno di FS rispetto a quello degli altri azionisti privati induce a ritenere che l'affidamento della concessione ad un'impresa diversa da FS non consenta di ottenere i vantaggi, in termini di partecipazione del capitale privato e di allocazione del rischio, che il modello organizzativo prescelto apparentemente voleva ricercare.
L'assegnazione a soggetti privati dei diritti di sfruttamento in esclusiva di importanti infrastrutture rappresenta una soluzione sicuramente distante dai tradizionali modelli normativi inerenti la gestione di grandi opere. I motivi che giustificano questo tipo di soluzione sussistonoPag. 66quando gli extra-profitti costituiscono un compenso per il rischio a favore di coloro che compiono investimenti che altrimenti non si sarebbero realizzati, vengono completamente meno quando i beneficiari dell'esclusiva sono immuni dal rischio delle loro iniziative» (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (2005), «Settore dell'alta velocità», IC7, punti 9 e 10 del provvedimento).
Con la previsione di cui all'articolo 12, comma 4, si introduce, a carico delle Amministrazioni, l'obbligo di corresponsione di un indennizzo nei casi di revoca di atti amministrativi che incide su precedenti rapporti negoziali con i privati.
In sostanza, si estende - anche all'attività privatistica - la previsione di cui all'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prevede, in termini più generici, l'ipotesi di revoca che comporta pregiudizi in danno di soggetti direttamente interessati.
Poiché la revoca consegue ad una diversa valutazione ovvero ad una sopravvenienza che impongono una rivisitazione dell'interesse pubblico come inizialmente apprezzato è opportuno che il potere di revocare il provvedimento sia condizionato all'obbligo di indennizzare il privato, che per effetto della revoca abbia subito un pregiudizio, anche nei casi - sempre più frequenti - di attività negoziale dell'amministrazione.
Versandosi in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, motivata in ragione dell'interesse pubblico, non si tratta di un risarcimento del danno ma di corresponsione di indennizzo. Nei termini descritti, la citata previsione di cui all'articolo 12, comma 4, è assolutamente conforme ai principi generali del nostro sistema di diritto e non pone in pericolo gli affidamenti dei privati, né le aspettative create nel promoter/concessionario nel caso di project financing, disciplinato dagli articoli 37-bis e seguenti della legge n. 109/94 e successive modificazioni e integrazioni.
Al riguardo, deve essere rammentato che, in questi casi, l'esigenza di rendere possibile una eventuale revoca è strettamente connessa anche alla particolare delicatezza dell'operazione di valutazione del piano economico finanziario, predisposto dal privato, che rappresenta la condizione necessaria perché la pubblica amministrazione possa ritenere idonea la proposta formulata dal promotore a soddisfare l'interesse pubblico alla cui gestione e cura essa è preposta.
Peraltro, una parte della giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che la posizione del privato promotore non sia assimilabile a quella di un'impresa che ha vinto una gara ad evidenza pubblica, ma sia connotata da una situazione di provvisorietà.
In ogni caso, l'adozione dell'indicato provvedimento di secondo grado (revoca) richiede l'esistenza di presupposti ben precisi: la puntuale specificazione dell'interesse pubblico, che non si esaurisce nel soddisfacimento del bisogno di ripristino della legalità; la correttezza nell'esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione; l'applicazione del principio di proporzionalità, che obbliga, nell'effettuare l'operazione di bilanciamento degli interessi in gioco, ad assicurare il minor danno possibile agli interessi privati coinvolti e solo se strettamente necessario.
Anche la quantificazione dell'indennizzo nei termini di cui all'articolo 12, comma 4, si ritiene perfettamente in linea con i principi generali. In primo luogo, sotto il profilo quantitativo, ci si riferisce al solo danno emergente. In linea generale, per tutelare l'affidamento del soggetto che ha subito la revoca viene prevista la corresponsione dell' indennizzo.
Tuttavia, allo stesso tempo, la norma cristallizza la necessità che il comportamento delle parti contraenti sia - imprescindibilmente - ispirato ai canoni civilistici di buona fede e di diligenza. Pertanto, al fine di delimitare la sfera e la misura dell'indennizzo di cui debba farsi carico l'Amministrazione, sono stati presi in considerazione i due seguenti parametri: la conoscenza (o conoscibilità) della contrarietà dell'atto all'interesse pubblico; l'eventuale concorso, dei contraenti o di altriPag. 67soggetti, all'erronea valutazione della compatibilità dell'atto con lo stesso interesse pubblico.
Si tratta - in entrambi i casi - di una valorizzazione del principio di autoresponsabilità per cui ciascuno risente delle conseguenze negative della propria attività e delle proprie scelte. Nel caso sub a), è evidente che al disvalore connesso con la conoscenza della contrarietà all'interesse pubblico segue la diminuzione della misura dell'indennizzo. Nel caso sub b), la disposizione applicabile è quella di cui all'articolo 1227, comma 1, codice civile, sul concorso di colpa della vittima nella causazione dell'evento. In proposito, la parte che ha concorso all'erronea valutazione dell'interesse pubblico deve - logicamente - risentire fino in fondo delle conseguenze della sua scelta.
Lo scatto alla risposta è certamente da superare, ma le condizioni per inserire una norma in tal senso nel decreto non ci sono.
Mancano i presupposti di urgenza, non è stata svolta nessuna istruttoria dalle Autorità (Agcom e Agcm): solo nella giornata di ieri si è riunito il tavolo di confronto tra Agcom e Ministero per lo sviluppo economico. Devo evidenziare che all'articolo 1, comma 1, quando si parla di costi fissi vietati è da riferirsi ai costi di ricarica, come si evince dalla relazione di accompagnamento, e come risulta dal fatto che le segnalazioni pervenute dall'Autorità sono incentrate sui costi di ricarica, che sono un vero e proprio balzello svincolato da dati tecnici e qualitativi dei servizi forniti.
Inoltre va evidenziato che non tutti i piani telefonici prevedono lo scatto alla risposta e quindi, allo stato, un eventuale intervento potrebbe essere lesivo delle autonome scelte imprenditoriali (non essendoci alcun controllo).
Peraltro faccio notare due disposizioni contenute nel decreto: la disposizione per la quale le compagnie devono evidenziare correttamente e chiaramente le tariffe reali dei servizi offerti ed erogati; la possibilità per l'utente di trasferire l'utenza telefonica presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati.
Tutto ciò è sottoposto alla vigilanza dell'Agcom. Sono misure che possono, indirettamente, favorire l'eliminazione dello scatto alla risposta in quanto favoriscono la trasparenza tariffaria e lo sviluppo della concorrenza.
Naturalmente se l'Agcom riterrà di avviare una istruttoria e di ravvisare comportamenti distorsivi o eventuali profili anti-competitivi o verifichi che gli scatti alla risposta emergano come addebiti impropri configurando possibili intese tra operatori ai danni degli utenti, sono sicuro che Governo e Parlamento non si sottrarranno dall'intervenire.
Infine, sulla telefonia non posso non rilevare che la tassa di concessione governativa di fatto rappresenta una distorsione del mercato e auspico che il Governo ne prenda in seria considerazione il superamento, magari nella prossima Finanziaria.
L'articolo 13 del decreto-legge detta alcune disposizioni in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica.
In particolare, il comma 1 dell'articolo prevede che del sistema dell'istruzione secondaria superiore fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali di cui all'articolo 191 del testo unico approvato con il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; essi sono finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. In conseguenza di ciò, vengono in parte abrogate e in parte modificate alcune norme contenute nel decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che fanno riferimento ai licei tecnologici ed economici.
Il comma 1-bis stabilisce che gli istituti tecnici e professionali previsti dall'articolo 191 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994 sono riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali, che fanno parte del sistema di istruzione secondaria superiore, e sono finalizzati al conseguimento di un diploma. Questi istituti sono strutturati organicamente sul territorio attraverso collegamenti stabili col mondo del lavoro -Pag. 68ivi compreso il volontariato ed il privato sociale -, con la formazione professionale e con l'università e la ricerca.
Il comma 1-ter, nel demandare a regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 e successive modificazioni, la disciplina del riassetto degli istituti tecnici e professionali di cui al comma 1-bis, detta una serie di principi cui i predetti regolamenti attuativi devono attenersi: la riduzione del numero degli attuali indirizzi di studio ed il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area d'istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree d'indirizzo; la scansione temporale dei percorsi ed i relativi risultati di apprendimento; la previsione di un monte ore di lezioni sostenibile per gli allievi ed il conseguente riassetto delle discipline d'insegnamento ed un più ampio spazio per le esperienze di laboratorio, di stage e di tirocini; l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.
Al riguardo va precisato che l'adozione di regolamenti ministeriali in materia di assetti ordinamentali dei corsi d'istruzione era già prevista dall'articolo 205 del testo unico approvato con il decreto legislativo n. 297 del 1994.
Il comma 1-quater prevede l'adozione di apposite linee guida, predisposte dal ministro della pubblica istruzione e definite in Conferenza unificata, per realizzare raccordi organici tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali ed i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative previste dall'articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, compresi in un apposito repertorio nazionale.
Il comma 1-quinquies stabilisce che all'attuazione dei commi da 1-bis a 1-quater si provveda mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente e pertanto senza nuovi o maggiori oneri.
Al comma 2 si prevede la costituzione di appositi «Poli tecnico professionali», tra gli istituti tecnici e professionali, le strutture della formazione professionale accreditate e le strutture che operano nell'ambito della formazione tecnica superiore, denominate «Istituti tecnici superiori». I Poli sono costituiti, sulla base della programmazione dell'offerta formativa, a livello provinciale o sub-provinciale, hanno natura consortile e sono dotati di propri organi di gestione, da definirsi con apposite convenzioni tra le istituzioni che costituiscono il Polo.
Essi sono finalizzati a favorire l'interazione tra le diverse strutture e percorsi dell'istruzione e della formazione tecnico-professionale e a promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica.
I commi 3, 4 e 5 dettano disposizioni volte ad agevolare le donazioni in favore delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, statali e paritarie senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, destinate al sostegno dell'innovazione tecnologica, e finalità connesse all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa. Tale agevolazione si realizza attraverso una estensione dei benefici fiscali già previsti per le donazioni alle fondazioni.
Il comma 6 prevede che il ministro dell'economia e delle finanze svolga un'attività di monitoraggio relativamente agli oneri conseguenti all'estensione dei benefici fiscali di cui sopra, anche al fine di adottare eventuali provvedimenti correttivi.
Il comma 6-bis impegna il ministro della pubblica istruzione a riferire, dopo due anni di applicazione delle suddette norme, alle competenti Commissioni parlamentari sull'andamento delle erogazioni liberali effettuate a favore delle istituzioni scolastiche.
Il comma 7 prevede che i soggetti donanti non possono far parte del consiglioPag. 69di istituto e della giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche; da tale divieto sono esclusi coloro che, in ciascun anno scolastico, hanno effettuato una donazione per un importo non superiore a 2000 euro. È infine prevista una norma che equipara i dati concernenti le suddette donazioni, in particolare quelli relativi all'identità della persona fisica o giuridica che le ha effettuate, ai «dati personali» ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).
L'articolo 13-bis reca alcune abrogazioni al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.
Infine voglio dar conto del lavoro svolto in Commissione.
Nel corso dell'esame presso la Commissione attività produttive (iniziato il 7 febbraio e concluso il 22 febbraio) sono state apportate un numero consistente di modificazioni al testo iniziale del decreto legge recante «Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese». Sono stati presentati, infatti, circa 500 emendamenti e ne sono stati approvati oltre quaranta (43), dei quali quasi un terzo (13) dell'opposizione.
Articolo 1 (Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi INTERNET). L'intervento più rilevante sull'articolo 1 è stato quello relativo all'estensione del divieto di applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica delle carte prepagate anche agli operatori di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, oltre che, come in origine previsto, per le ricariche telefoniche. In merito al divieto di previsione di termini temporali massimi di utilizzo delle carte prepagate, è stata prevista inoltre una deroga relativa a eventuali offerte promozionali che già comportassero vincoli di durata. Con apposito emendamento, sono stati infine meglio definiti le funzioni e i compiti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e individuate le eventuali sanzioni da essa comminabili.
Articolo 2 (Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale). In relazione all'articolo 2, sono state individuate, al comma 1, le sanzioni applicabili ai gestori degli impianti di carburante in caso di violazione dell'obbligo di comunicare al gestore della rete stradale e autostradale i prezzi praticati (sanzioni previste dalla disciplina del commercio per la mancata esposizione dei prezzi e, in caso di reiterazione, revoca della concessione).
Articolo 3 (Trasparenza delle tariffe aeree). Non è stata apportata alcuna modifica.
Articolo 4 (Data di scadenza dei prodotti alimentari). Nell'articolo 4, che concerne le modalità di indicazione della data di scadenza dei prodotti alimentari, è stata utilizzata una dizione più stringente, che specifica che tale informazione deve essere riportata con modalità egualmente visibili e collocate nello stesso campo visivo delle informazioni recanti la quantità del prodotto.
Articolo 5 (Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi). Al comma 1, che estende il divieto di distribuzione esclusiva di polizze dal settore della responsabilità civile auto a tutti i rami danni, è stato previsto che la disposizione entri in vigore il 1 o gennaio 2008. È stato introdotto quindi il comma 1-bis che, con una novella al codice delle assicurazioni, stabilisce che in caso di cessazione del rischio assicurato o comunque di mancato rinnovo del contratto per mancato utilizzo del veicolo, l'ultimo attestato di rischio conseguito perdura per cinque anni. Al comma 2 è stato precisato che, in caso di stipula di un nuovo contratto aggiuntivo, la classe di merito non può essere più sfavorevole di quella già posseduta dalla persona fisica titolare del contratto se il contratto è relativo ad un veicolo della medesima tipologia. Infine, è stato concesso il termine di 180 giorni per adeguare le clausole dei contratti di assicurazione poliennali alle nuove normePag. 70relative alla facoltà di recesso annuale e senza oneri, con preavviso di 60 giorni.
Articolo 6 (Semplificazione nel procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari). In relazione a questo articolo, che prevede l'estinzione automatica dell'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da mutui decorsi 30 giorni dall'avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita, è stata allargata la platea dei creditori a cui si applica la norma: in origine erano previste solo le banche, la Commissione ha introdotto la dizione, più estesa, di «esercenti attività finanziaria». Inoltre, al comma 2, è stato specificato che le clausole in contrasto con quanto definito sono nulle ma non comportano la nullità del contratto (ovvero del mutuo).
Articolo 7 (Estinzione anticipata dei mutui immobiliari divieto di clausole penali). Al comma 1 dell'articolo, che prevede il divieto di applicazione di penali in caso di estinzione anticipata di mutui immobiliari, è ampliato l'ambito di applicazione della disposizione dai mutui di acquisto solo della prima casa a tutti i mutui concernenti l'acquisto di unità immobiliari adibite ad abitazione da parte di persone fisiche; anche in questo articolo, inoltre, è stato previsto che i soggetti creditori possano anche essere società finanziarie o simili e non solo le banche. In conseguenza della modificazione apportata al comma 1, è stata inoltre soppressa la previsione (comma 4) relativa all'individuazione di cosa si intende, ai fini dell'applicazione della norma, per acquisto della prima casa.
Articolo 8 (Portabilità del mutuo; surrogazione). Anche in relazione a questo articolo, che prevede la cosiddetta «portabilità del finanziamento bancario» è stata allargata la platea dei destinatari della norma anche agli intermediari finanziari (comma 1); è stato inoltre specificato che la nullità del patto con il quale si impedisce o si rende oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione non comporta la nullità del contratto (comma 3). È stato quindi previsto che la surrogazione non comporta il venir meno in generale dei benefici fiscali previsti dalla normativa vigente (non più solo quelli previsti per l'acquisto della prima casa, come nell'originario testo) (comma 4). Inoltre, nell'ipotesi di surrogazione non si applicano le imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale, né l'imposta ad esse sostitutiva (comma 4-bis).
Articolo 8-bis (Disposizioni a tutela dei cittadini utenti). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, prevede che nell'ambito dei rapporti assicurativi e bancari disciplinati dagli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto, è fatto divieto di addebitare al cliente alcuna spesa relativa alla predisposizione ovvero alla spedizione delle comunicazioni che si rendano necessarie.
Articolo 9 (Comunicazione unica per la nascita dell'impresa). Nell'articolo 9 è stato previsto che tutte le comunicazioni relative all'avvio dell'attività di impresa fra l'interessato e la pubblica amministrazione siano effettuate telematicamente, ovvero con l'utilizzazione di supporti informatici.
Articolo 10 (Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche). Le modificazioni apportate all'articolo 10 sono concentrate sul comma 5, relativo all'attività delle autoscuole. Si ricorda che la norma originaria sopprime la necessità dell'autorizzazione ai fini dell'apertura di autoscuole, sostituendola con la dichiarazione di inizio attività da presentare all'amministrazione provinciale. Era inoltre prevista la vigilanza amministrativa sulle autoscuole da parte delle province e la vigilanza tecnica da parte degli uffici provinciale della Direzione generale per la motorizzazione civile; tale ultima disposizione è stata modificata e la vigilanza, sia amministrativa che tecnica, resta affidata alle amministrazioni provinciali. Inoltre, sempre al comma 5, con una novella all'articolo 123, comma 11, del codice della strada, è aumentato l'importo della sanzione amministrativa comminabile a chi gestisce un'autoscuola senza titolo: la sanzione passa da un minimo di 742 ad un minimo di 10.000 euro, e da un massimo di 2.970 a un massimo di 15.000 euro. Sono stati quindi introdotti due nuovi commi, 5-bis e 5-ter, che intervengono ancora sull'articolo 123 del codicePag. 71della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e precisamente: - con una modifica al comma 4 viene reso più stringente il rapporto fra il titolare e l'autoscuola, della quale deve avere «proprietà e gestione diretta, personale, esclusiva e permanente» e viene inoltre specificato che, nel caso di apertura di ulteriori sedi, per ciascuna di esse deve essere dimostrato il possesso di tutti i requisiti prescritti, e segnatamente della capacità finanziaria, e deve essere preposto un responsabile didattico; con modifiche ai commi 8 e 9 viene operato un coordinamento, sopprimendo il vecchio riferimento all'autorizzazione; inoltre, viene inserito un nuovo comma 9-bis che prevede, in caso di revoca dell'esercizio dell'autoscuola per sopravvenuta carenza dei requisiti morali del titolare, al titolare stesso sia revocata anche l'idoneità tecnica, che può essere di nuovo conseguita solo dopo cinque anni (ovvero dopo la riabilitazione).
Articolo 11 (Misure per il mercato del gas). A questo articolo è stata apportata solo una modificazione, al comma 2, di mero coordinamento, derivante da un'osservazione del Comitato per la legislazione.
Articolo 12 (Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti contrattuali nella revoca di atti amministrativi). Anche all'articolo 12 è stata apportata un'unica modificazione, su suggerimento del Comitato per la legislazione, concernente l'eliminazione di un riferimento normativo errato.
Articolo 13 (Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica). Numerose le modifiche apportate a questo articolo.
Con l'inserimento del comma 1-bis, è stato precisata la finalità di procedere al riordino e al potenziamento degli istituti tecnici e degli istituti professionali qualificandoli quali «istituti tecnico-professionali». Essi attivano collegamenti con il mondo del lavoro e dell'impresa, compresi il volontariato e il privato sociale, con le università il mondo della ricerca e della formazione professionale, e con gli enti locali. Il comma 1-ter prevede l'adozione di uno o più regolamenti del ministro della pubblica istruzione per definire: la riduzione del numero degli indirizzi e il loro ammodernamento; la scansione temporale dei percorsi; la previsione di un monte ore annuale; la riorganizzazione delle discipline di insegnamento per potenziare attività laboratoriali e tirocini; l'orientamento agli studi universitari e all'istruzione tecnica superiore. Ai sensi del comma 1-quater, d'intesa con la Conferenza unificata, sono adottate linee-guida per realizzare raccordi organici tra i percorsi di studio degli istituti tecnici-professionali e i percorsi di studio di formazione professionale di competenza delle regioni.
Con alcune modifiche apportate al comma 2 sono definite più in dettaglio le modalità di costituzione e le finalità dei «poli tecnico-professionali» che possono essere costituiti a livello provinciale e sub-provinciale tra gli istituti tecnico-professionali, le strutture della formazione professionale accreditate e gli «istituti tecnici superiori».
Al comma 3, che disciplina la deducibilità delle erogazioni liberali effettuate in favore degli istituti scolastici, è stato precisato (con dizione che appare più restrittiva rispetto a quella originaria) che gli istituti ai quali tali erogazioni devono essere dirette, ai fini della deducibilità, devono essere quelli statali e paritari senza scopo di lucro, appartenenti al sistema nazionale di istruzione.
Con l'inserimento del comma 6-bis viene previsto che il ministro della pubblica istruzione riferisca, dopo due anni, al Parlamento in merito all'andamento delle erogazioni liberali di cui sopra.
Infine, al comma 7, che prevedeva l'esclusione dei soggetti che avessero effettuato le donazioni di cui al comma 3, dai consigli di istituto e dalle giunte esecutive delle istituzioni scolastiche, è stata prevista una deroga per coloro che abbiano effettuato una donazione non superiore a 2.000 euro annuali; inoltre, i dati concernenti lePag. 72donazioni sono considerati dati personali ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali.
Articolo 13-bis (Abrogazioni). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame presso la Commissione, concerne una serie di modificazioni di raccordo al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, derivanti dalle disposizioni recate dall'articolo 13 sugli istituti tecnico-professionali. Anche questa modifica è stata effettuata in recepimento di un'osservazione del Comitato per la legislazione.
Articolo 14 (Misure in materia di autoveicoli) Questo articolo non è stato modificato. Articolo 14-bis (Clausola di salvaguardia). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame, reca la cosiddetta clausola di salvaguardia, vale a dire la previsione che le disposizioni del decreto sono applicabili alle regioni e alle province autonome compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Concludo auspicando un confronto serrato e aperto. Pensiamo che sia un buon provvedimento, del quale il paese ha bisogno.
A chi parla di finte liberalizzazioni, vorrei rivolgere un invito: abbandonate il pontificare ideologico e il parlare a prescindere dai contenuti.
La sfida sulle cose è cominciata. Non è in gioco il futuro di una maggioranza che comunque ha la volontà di esserci, ma quello del nostro paese. Un paese che amiamo e che vogliamo torni a credere in se stesso.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto sommario della seduta dell'8 marzo 2007, a pagina XIII, seconda colonna, righe seconda, terza e quarta, le parole da «sui problemi» a «di Rieti» si intendono sostituite dalle seguenti: «sulle iniziative per la tutela dei lavoratori della società Ritel in relazione all'attuazione del protocollo d'intesa riguardante il sito di Rieti».
Nel resoconto stenografico della stessa seduta, a pagina 121, seconda colonna, le righe dodicesima e tredicesima si intendono sostituite dalle seguenti: «(Iniziative per la tutela dei lavoratori della società Ritel in relazione all'attuazione del protocollo d'intesa riguardante il sito di Rieti - n. 2-00389)».
Conseguentemente, la medesima correzione si intende apportata nell'indice, a pagina III, seconda colonna, righe ventinovesima e trentesima.