Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||||
Titolo: | Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio D.L. 126/2013 ' A.C. 1906 - Schede di lettura | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 106 | ||||||
Data: | 20/12/2013 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Misure
finanziarie urgenti in favore D.L. 126/2013 – A.C. 1906 |
Schede di lettura |
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n. 106 |
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20 dicembre 2013 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi Dipartimento Bilancio ( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it |
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La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
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File: D13126.doc |
INDICE
§
Articolo 1, commi 2-4 (Trasporto ferroviario regionale campano)
§
Articolo 1, commi 2-bis - 2-quinquies (Trasporto pubblico locale in Calabria)
§
Articolo 1, commi 5, 5-bis, 5-ter (Gestione commissariale
di Roma Capitale)
§
Articolo 1, comma 6 (Incremento dell'addizionale comunale
all’IRPEF per Roma Capitale) Soppresso
§
Articolo 1, comma 6-bis (Cessazione
accreditamenti provvisori strutture sanitarie private)
§
Articolo 1, commi 7 e 8 (Expo Milano 2015)
§
Articolo 1, commi da 7-bis a 7-quater (Zone a burocrazia
zero)
§
Articolo 1, commi 8-bis – 8-quinquies (Personale delle
Agenzie fiscali)
§
Articolo 1, comma 8-sexies (Sezione DIA a Malpensa)
§
Articolo 1, comma 9 (Ciclo della gestione dei rifiuti di Roma
capitale)
§
Articolo 1, comma 11 (Interventi di bonifica e risanamento
ambientale nel SIN di Crotone)
§
Articolo 1, commi 12-14 (Ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato)
§
Articolo 1, comma 12-bis (Piano
triennale razionalizzazione della spesa)
§
Articolo 1, comma 12-ter (Vincoli
alla contrattazione integrativa degli enti territoriali)
§
Articolo 1, comma 15 (Pagamenti
ASL)
§
Articolo 1, commi 16 e
17 (Pagamenti debiti PA)
§
Articolo 1, comma 18 (Revisori delle società partecipate dagli
enti locali) Soppresso
§
Articolo 1, comma 19 (Ammissione
al registro dei revisori legali)
§
Articolo 1, comma 20 (Fondo
sperimentale di riequilibrio per le province)
§
Articolo 1, commi 20-bis – 20-septies (Disposizioni varie di
natura contabile)
§
Articolo 2, commi 20-octies – 20-undecies (Concessioni di
gioco)
§
Articolo 1, comma 20-sexiesdecies (Soppressione
facoltà di recesso da contratti di locazione)
§
Articolo 1, comma 20-duodevicies (Canoni demaniali marittimi
per finalità turistico ricreative)
§
Articolo 1, comma 20-vicies (Assunzioni di personale su risorse da sponsorizzazione)
§
Articolo 1, comma 20-vicies bis (Rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna)
§
Articolo 1-bis (Disposizioni
in materia di IMU)
§
Articolo 1-ter (Pagamento
dei debiti scaduti degli enti dissestati)
§
Articolo 1-quater (Lanterne semaforiche)
§
Articolo 1-quinquies (Prevenzione incendi nelle strutture ricettive)
§
Articolo 1-sexies (Disposizioni in materia di diritti sulle pubbliche affissioni)
§
Articolo 2, comma 2-bis (Rimborsi
per riduzioni tariffarie energia elettrica)
§
Articolo 2, comma 3 (Anticipazione
risorse ad ANAS)
§
Articolo 2, comma 4 (Contratto
di programma Ferrovie dello Stato S.p.a.)
§
Articolo 2, comma 5 (Trasporto
ferroviario in Sicilia)
§
Articolo 2, comma 6 (Trasporto
ferroviario in Valle d’Aosta)
§
Articolo 2, comma 6-bis (Copertura oneri
per trasporto ferroviario in Valle d’Aosta)
§
Articolo 2, comma 6-ter (Organizzazione dei servizi di trasporto
pubblico regionale e locale)
§
Articolo 2, commi 7 e 8 (Fondo
carta acquisti)
§
Articolo 2, comma 9 (Trasferimento ai comuni degli alloggi originariamente
destinati ai profughi)
§
Articolo 2, commi 10 e
11 (Dismissioni immobiliari)
§
Articolo 2, comma 16 (Risorse per le Fondazioni lirico-sinfoniche)
§
Articolo 2, comma 16-bis (Fondazione Teatro San Carlo)
§
Articolo 2, comma 17 (Contributo a Italia lavoro S.p.A.)
§
Articolo 2, comma 17-bis (Interventi per il Teatro
La Fenice di Venezia)
§
Articolo 2, comma 18 (Rideterminazione della tassazione sui prodotti da
fumo)
§
Articolo 2, commi 19-20 (Imposta di sbarco)
§
Articolo 2-ter (Modifiche
alle norme per le modalità di composizione dei seggi elettorali)
§
Articolo 2-quater (Incompatibilità per parlamentari e membri del Governo)
Articolo 1,
commi da 1-bis a 1-quater
del disegno di legge di conversione
(Proroga di termini di delega previsti
dalla legge n.196/2009)
L’articolo 1, commi da 1-bis a 1-quater del disegno di legge di conversione proroga alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n.196 del 2009, nonché taluni termini previsti da un decreto legislativo attuativo della medesima legge, relativo all’armonizzazione dei sistemi contabili.
In particolare la proroga concerne:
§ il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91[1] in materia di adeguamento dei sistemi contabili , con riguardo:
- al termine per l’emanazione del regolamento previsto dall’articolo 4, comma 3, lettera b) di tale decreto, concernente la revisione delle disposizioni sull’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici nazionali di cui alla legge n.70 del 1975[2] dettate dal DPR n. 97 del 2003[3]: tale termine, inizialmente stabilito al 31 dicembre 2012 e poi prorogato al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 388, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e poi posposto al 31 dicembre 2013 dal D.P.C.M. 26 giugno 2013[4], viene prorogato al 31 dicembre 2014;
- al termine previsto dall’articolo 18, comma 1, del medesimo decreto legislativo n.91, nel quale si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’individuazione di uno schema tipo di bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società partecipate ed altri organismi controllati: anche tale termine, inizialmente stabilito al 31 dicembre 2012 e poi oggetto delle medesime proroghe sopra indicate (al 30 giugno e poi al 31 dicembre 2013) viene prorogato al 31 dicembre 2014 (comma 1-bis);
§ il termine per la delega disposta dall’articolo 40, comma 1, della legge di contabilità n.196/2009 per il completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, con particolare riguardo alla riorganizzazione delle missioni e dei programmi di spesa: tale termine, attualmente fissato in quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge di contabilità, e pertanto scadente al 1°gennaio 2014, viene posposto al 31 dicembre 2014(comma 1-ter, lettera a);
§ il termine della delega per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e del potenziamento della funzione del bilancio, stabilito dall’articolo 42, comma 1, della stessa legge n. 196/2009 anche esso entro il 1° gennaio 2014, che viene posticipato al 31 dicembre 2014 (comma 1-ter, lettera b) ;
§ il termine per l’adozione di un decreto legislativo recante un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, di cui all’articolo 50 comma 1 della medesima legge di contabilità, la cui scadenza viene prorogata dal 1°gennaio 2014 al 31 dicembre 2016 (comma 1-ter, lettera c);
§ il termine previsto dal D.Lgs., n. 91/ 2011 prima detto nel quale, al fine di valutare entro il 31 dicembre 2013 gli effetti derivanti da un avvicinamento tra contabilità finanziaria e contabilità economico-patrimoniale, si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia la disciplina di una attività di sperimentazione della durata di due esercizi finanziari, a partire dal 2014: tal termine viene posticipato al 31 dicembre 2015.
Articolo 1, comma
01
(Applicazione delle disposizioni di
armonizzazione
contabile nelle autonomie speciali)
La norma in esame dispone sulla decorrenza
dell'applicazione delle disposizioni
statali in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio, dettate dal titolo I del D.Lgs. n. 118/2011, nelle regioni a statuto speciale e nelle province
autonome di Trento e di Bolzano. Per questi enti - e per gli enti locali
ubicati nei rispettivi territori - le suddette disposizioni si applicano
decorsi 12 mesi dal termine previsto
per l'applicazione delle stesse da parte degli altri enti.
Si rammenta che il Decreto legislativo n. 118/2011 prevede all’articolo 36, ai fini di una corretta entrata a regime della nuova disciplina dell’armonizzazione contabile dei documenti e dei sistemi contabili di Regioni, enti locali e dei loro enti e organismi strumentali, recata dal Titolo I del medesimo decreto[5], una fase sperimentale decorsa la quale il nuovo sistema trovi applicazione.
Quanto alla tempistica di tale periodo di sperimentazione, si ricorda che l’articolo 36 del D.Lgs. n. 118 ne disponeva, in origine, una durata biennale (per gli anni 2012 e 2013), decorsa la quale i nuovi principi contabili dell’armonizzazione avrebbero trovato applicazione, ai sensi dell’articolo 38 del medesimo D.Lgs., a decorrere dall’anno 2014.
Su tale tempistica è intervenuto l’articolo 9 del D.L. n. 102/2013, che, al comma 1 (con una modifica ai citati articoli 36 e 38 del D.Lgs. n. 118), prolunga di un anno la durata della sperimentazione del nuovo regime contabile, facendo dunque decorrere l’operatività della nuova disciplina di armonizzazione dall’anno 2015[6].
Il comma in esame integra l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, con un comma aggiuntivo che dispone che nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio si applicano decorsi 12 mesi dal termine stabilito per gli altri enti, termine fissato al 2015, a seguito della sperimentazione triennale.
Si segnala peraltro che l'articolo 37 del D.Lgs. n. 118/2011, dispone che la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo stesso, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite, nel rispetto dei rispettivi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 42/2009 (federalismo fiscale), vale a dire in modo concordato con ciascuna regione e provincia autonoma. La Corte costituzionale con sentenza n. 178 del 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo periodo dello stesso articolo 37, che poneva un termine di sei mesi per la conclusione delle procedure pattizie, decorso il quale le disposizioni avrebbero trovato "immediata e diretta applicazione".
Articolo 1,
comma 1
(Enti in sperimentazione per l’armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio)
Il comma
1 dell’articolo in esame integra l'articolo 9 del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 102[7],
con due nuovi commi (9-bis e 9-ter), i quali intervengono sulla
disciplina degli enti coinvolti nella
sperimentazione dell’armonizzazione
degli schemi di bilancio e dei sistemi contabili degli enti territoriali di
cui all’articolo 36 del D.Lgs. n. 118/2011, in particolare:
§ per gli enti in sperimentazione, e comunque nelle
more dell'entrata in vigore della disciplina sull’armonizzazione dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio, non
si applicano gli articoli 242 e 243 del TUEL, relativi, rispettivamente, agli enti locali strutturalmente
deficitari ed ai controlli su tali enti (nuovo comma 9-bis);
§ per gli enti in sperimentazione l'eventuale disavanzo di amministrazione - derivante dal riaccertamento straordinario dei
residui previsto dall’articolo 14 del D.P.C.M. 28 dicembre 2011 e dal primo
accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (ex Fondo svalutazione crediti) - è ripianato per una quota pari almeno
al 10 per cento l'anno (nuovo comma
9-ter).
Si introduce dunque l’obbligo per gli enti in
sperimentazione di ripianare il proprio disavanzo entro un arco temporale non
superiore a 10 anni.
Si rammenta che il Decreto legislativo n. 118/2011 prevede all’articolo 36, ai fini di una corretta entrata a regime della nuova disciplina dell’armonizzazione contabile dei documenti e dei sistemi contabili di Regioni, enti locali e dei loro enti e organismi strumentali, recata dal Titolo I del medesimo decreto[8], una fase sperimentale decorsa la quale il nuovo sistema trovi applicazione.
Quanto alla tempistica di tale periodo di sperimentazione, si ricorda che l’articolo 36 del D.Lgs. n. 118 ne disponeva, in origine, una durata biennale (per gli anni 2012 e 2013), decorsa la quale i nuovi principi contabili dell’armonizzazione avrebbero trovato applicazione, ai sensi dell’articolo 38 del medesimo D.Lgs., a decorrere dall’anno 2014.
Su tale tempistica è intervenuto l’articolo 9 del D.L. n. 102/2013, che, al comma 1 (con una modifica ai citati articoli 36 e 38 del D.Lgs. n. 118), prolunga di un anno la durata della sperimentazione del nuovo regime contabile, facendo dunque decorrere l’operatività della nuova disciplina di armonizzazione dall’anno 2015[9].
Il predetto articolo 9 ha inoltre corretto e integrato i contenuti della sperimentazione, prevedendo che nel terzo anno, unitamente alla disciplina generale applicativa contenuta nel D.P.C.M. del 28 dicembre 2011, sia sperimentata l’adozione del principio contabile applicato alla programmazione, un bilancio di previsione riferito ad un orizzonte temporale almeno triennale, e la ridenominazione del Fondo svalutazione crediti in “Fondo crediti di dubbia esigibilità in contabilità finanziaria” (comma 2).
Si ricorda in proposito che l’articolo 14 del citato D.P.C.M. del 28 dicembre 2011 ha disposto che enti, nel primo esercizio di sperimentazione, procedano al riaccertamento dei propri residui attivi e passivi (esclusi quelli sanitari), al fine di eliminare quelli cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 31 dicembre ai sensi del nuovo principio della competenza finanziaria[10] e ad accantonare una quota dell'avanzo di amministrazione al Fondo svalutazione crediti [11]. L'importo del Fondo svalutazione è determinato – per gli enti in sperimentazione - secondo i criteri indicati nell’allegato 2 del D.P.C.M. (che descrive il nuovo principio della contabilità finanziaria) e il vincolo di destinazione al Fondo opera anche se il risultato di amministrazione non è capiente o è negativo, dunque anche quando vi è un disavanzo di amministrazione[12].
Il citato allegato 2 dispone che l’importo complessivo del Fondo svalutazione (ora Fondo crediti di dubbia esigibilità) è calcolato applicando all’ammontare dei residui attivi la media dell’incidenza degli accertamenti non riscossi sui ruoli o sugli altri strumenti coattivi negli ultimi cinque esercizi.
Il D.P.C.M. dispone inoltre che la copertura dell'eventuale disavanzo di amministrazione può essere effettuata anche negli esercizi considerati nel bilancio pluriennale per un importo pari alla differenza tra le entrate accertate e le spese impegnate in ciascun esercizio.
La copertura dell'eventuale accantonamento al fondo svalutazione crediti, nel caso in cui il risultato di amministrazioni non presenti un importo sufficiente a comprenderlo, può essere effettuata anche negli esercizi considerati nel bilancio pluriennale.
Si osservi che è proprio su tali punti che interviene l’articolo 1, comma 1 del decreto legge in esame, il quale consente, appunto, che l'eventuale disavanzo di amministrazione - derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (ex Fondo svalutazione crediti) - è ripianato per una quota pari almeno al 10 per cento l'anno e, dunque, per un periodo massimo di 10 anni.
L’articolo 242 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) – il quale, per disposto della norma qui in commento non si applica agli enti in sperimentazione - prevede che sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da un apposita tabella, da allegare al rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi fissati con decreto ministeriale[13] dei quali almeno la metà presentino valori deficitari.
L’articolo 243 del TUEL - del quale qui viene esclusa l’applicazione
agli enti in sperimentazione - prevede, in estrema sintesi, che gli enti locali
strutturalmente deficitari sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni
organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo è esercitato
prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilità finanziaria.
Gli enti locali strutturalmente deficitari sono inoltre soggetti ai controlli
centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi, quali servizi a
domanda individuale, del servizio di acquedotto e di smaltimento dei rifiuti
solidi urbani. I controlli vengono effettuati attraverso la presentazione da
parte dei predetti enti di apposita certificazione.
Alle province ed ai comuni in condizioni strutturalmente deficitarie che non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione o che non hanno trasmesso la prevista certificazione, è applicata una sanzione, pari all'1 percento delle entrate correnti risultanti dal certificato di bilancio finanziario di previsione del penultimo esercizio precedente a quello in cui viene rilevato il mancato rispetto dei limiti minimi di copertura. La sanzione si applica sulle risorse attribuite dal Ministero dell'interno a titolo di trasferimenti erariali e di federalismo fiscale e in caso di incapienza l'ente locale sarà tenuto a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue.
Sono soggetti, in via provvisoria, ai predetti controlli centrali:
a) gli enti locali che, pur risultando non deficitari, non presentino il certificato al rendiconto della gestione, di cui all'articolo 161del TUEL;
b) gli enti locali per i quali non sia intervenuta nei termini di legge la deliberazione del rendiconto della gestione, sino all'adempimento.
Inoltre, gli enti locali che hanno deliberato il dissesto sono soggetti, per la durata del risanamento, ai controlli sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale, e sono tenuti alla presentazione della certificazione sui costi di gestione dei servizi sopra indicata e sono tenuti, per i servizi a domanda individuale, al rispetto del livello minimo di copertura dei costi di gestione indicato dal medesimo articolo 243.
Infine, si segnala che informazioni circa lo stato di attuazione della sperimentazione si sono fornite sul sito internet del Ministero dell’economia e finanze – RGS www.arconet.rgs.tesoro.it
Articolo 1,
commi 2-4
(Trasporto ferroviario regionale campano)
I commi da 2 a 4 dell’articolo 1, intervengono
in materia di trasporto regionale
ferroviario della Regione Campania.
Il comma 2 dell’articolo 1 interviene in
materia di trasporto regionale
ferroviario della Regione Campania modificando alcune disposizioni del D.L.
n. 83 del 2012 relative ai compiti del
Commissario ad acta incaricato dell'attuazione delle misure di razionalizzazione e riordino delle società
partecipate regionali, recate dal piano di stabilizzazione finanziaria della
regione Campania.
Si ricorda infatti che i commi da 5 a 10 del D.L. n. 83 del 2012 hanno delineato una procedura di accertamento dei disavanzi e una conseguente procedura di definizione dei piani di rientro, della durata massima di 60 mesi e da realizzarsi nel termine di 5 anni, per riorganizzare e riqualificare il sistema di mobilità regionale su ferro della Regione Campania. Tali norme hanno affidato al Commissario il compito di elaborare un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 9.
Il Commissario è stato nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[14], ed il piano di stabilizzazione finanziaria della Regione Campania è stato approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 marzo 2012, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, anche in applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138[15], salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione.
In particolare il comma 2:
§ con la lett. a) introduce un nuovo comma 5-bis che consente al Commissario di adottare i provvedimenti più idonei in tema di rimodulazione dei servizi, di applicazione di misure di efficientamento coerenti con costi standard individuati sulla base del mercato, omogenei a livello nazionale, che consentano il confronto con le migliori pratiche gestionali e di fissazione delle tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/Km, e di fissazione delle tariffe aziendali, nonché di definizione della dotazione di personale, compatibili con il perseguimento dell'obiettivo dell'equilibrio economico;
§ la lett. b) sostituisce il comma 6-quater prevedendo che per la struttura di supporto costituita dal Commissario, gli oneri siano a carico delle risorse individuate dal comma 9 (cfr. infra) e dall'articolo 11, commi da 13 a 16, del decreto-legge n. 76 del 2013 (si tratta della norma che ha consentito di destinare al piano di rientro dai debiti del trasporto regionale campano le anticipazioni concesse alla regione Campania per il pagamento dei debiti delle P.A. ai sensi del decreto-legge n. 35 del 2013), mentre in precedenza si prevedeva che non vi fossero nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
§ la lett. c) introduce un nuovo comma 9-bis che consente al Commissario, nelle more dell'approvazione dei piani ed al fine di garantire la continuità aziendale, di richiedere, con propri decreti, anticipazioni dell'erogazione, anche integrale, delle risorse del Fondo per la coesione e lo sviluppo di cui al comma 9, nonché di quelle previste dall'articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 174 del 2012, finalizzate alle spese strettamente necessarie a garantire i livelli essenziali delle prestazioni del servizio di trasporto pubblico locale e alla prosecuzione del pagamento del debito pregresso.
Il comma 3 proroga al 31 dicembre 2014 il divieto di azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale.
Il comma 4 sostituisce le seguenti disposizioni dell’art. 1 del D.L. n. 174 del 2012:
§ con la lett. a) si sostituisce il comma 9-bis, prevedendo che il Fondo di rotazione istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, con una dotazione di 50 milioni di euro, sia finalizzato esclusivamente a concedere alla regione Campania anticipazioni di cassa per il finanziamento del piano di rientro e che pertanto il Fondo di rotazione perda la denominazione precedentemente attribuitagli di «Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni alle regioni in situazione di squilibrio finanziario»;
§ con la lett. b) si modifica, conseguentemente, il comma 9-ter affinché con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si definiscano le modalità per la concessione e per la restituzione dell'anticipazione di cassa, in favore della regione Campania anziché individuare, come previsto in precedenza, i criteri per la determinazione dell'importo massimo dell'anticipazione attribuibile a ciascuna regione, nonché le modalità per la concessione e per la restituzione della stessa in un periodo massimo di 10 anni;
§ le lett. c), d) ed e) conseguentemente, modificano le previgenti disposizioni in considerazione delle novità introdotte.
Articolo 1,
commi 2-bis - 2-quinquies
(Trasporto
pubblico locale in Calabria)
I commi da 2-bis a 2-quinquies, introdotti al Senato, intervengono in materia di risorse per il trasporto pubblico locale nella Regione Calabria.
In particolare, il comma 2-bis autorizza la regione Calabria, per il triennio 2013-2015, a utilizzare le risorse ad essa assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2007-2013, nel limite di 20 milioni di euro annui, quale contributo straordinario per la copertura dei costi del sistema di mobilità regionale di trasporto pubblico locale.
L’utilizzo di tali risorse viene però condizionato alla implementazione delle misure previste dall’art. 16-bis del D.L. n. 95 del 2012, per un più rapido raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi rispetto ai ricavi effettivi, in linea con quanto stabilito con il decreto legislativo n. 422 del 1997. Il riferimento è ad uno dei criteri di efficientamento dei servizi di trasporto pubblico locale a cui viene espressamente condizionata, l’erogazione di una quota del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, in base al D.P.C.M. 11 marzo 2013 che ha definito i criteri per la ripartizione del Fondo in questione.
Il comma 2-bis condiziona inoltre tale utilizzo alla integrazione da parte della regione Calabria, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, del piano di riprogrammazione di cui al medesimo articolo 16-bis, da approvarsi con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Si ricorda che l’art. 16-bis del D.L. n. 95 del 2012 ha previsto l’emanazione con D.P.C.M. dei criteri e modalità di ripartizione e trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle risorse del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario prevedendo che le risorse di detto Fondo e quelle derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio non possano essere destinate a finalità diverse dal finanziamento del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario. Il D.P.C.M. è stato emanato l’11 marzo 2013 (Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2013) ed ha previsto che le risorse stanziate sul Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale siano ripartite entro il 30 giugno di ciascun anno con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare, sentita la Conferenza Unificata. La ripartizione è effettuata per il 90% sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 del decreto e per il residuo 10% in base alle medesime percentuali ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di efficientamento del servizio: a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico; b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; d) la definizione di livelli occupazionali appropriati; e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica. A titolo di anticipazione il 60% delle risorse viene ripartito ed erogato alle regioni sulla base delle percentuali della Tabella 1, mentre Il residuo 40%, al netto delle eventuali riduzioni conseguenti al mancato raggiungimento degli obiettivi, viene erogato su base mensile a decorrere dal mese di agosto di ciascun anno. Le regioni provvedono poi ai corrispondenti trasferimenti agli enti locali.
Con D.P.C.M. 26 luglio 2013 è stata inoltre determinata l'aliquota di compartecipazione alle accise sulla benzina e sul gasolio per autotrazione che alimenta il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, istituito a decorrere dal 2013 dall'art. 16-bis del D.L. n. 95 del 2012. L'aliquota di compartecipazione è stata fissata al 19,7 per cento per l'anno 2013.
Si segnala altresì che recentemente era intervenuto in materia anche l’art. 25, comma 11-sexies del D.L. n. 69 del 2013 che ha autorizzato la regione Calabria ad attingere, nel limite massimo di 40 milioni di euro per il biennio 2013-2014, alle risorse del Fondo sviluppo e coesione assegnate alla Calabria per il cofinanziamento nazionale delle politiche di coesione dell’Unione europea per operazioni di potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro, compreso l’acquisto di materiale rotabile automobilistico e ferroviario. La norma ha previsto che le risorse saranno rese disponibili previa rimodulazione degli interventi previsti nell’ambito della programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Con il successivo comma 2-ter si definiscono le caratteristiche del piano di riprogrammazione che dovrà prevedere:
§ il contenimento dei corrispettivi a treno/km prodotti, attuato tramite iniziative di razionalizzazione dell'offerta e riqualificazione dei servizi;
§ misure di efficientamento coerenti, per il servizio ferroviario, con i corrispettivi medi a treno/km registrati nelle regioni e, per il servizio su gomma, un corrispettivo medio a bus/km che rispecchia la media rilevata nelle principali regioni italiane.
§ la fissazione di tariffe che tengano conto della tariffa media applicata a livello nazionale per passeggero/km;
§ un rapporto tra ricavi da traffico e corrispettivo da regione non inferiore al 20 per cento.
Il piano dovrà inoltre dimostrare che, stante le misure di efficientamento adottate e tenuti fermi gli standard di qualità, la prosecuzione nell'erogazione del servizio di trasporto pubblico locale dall'anno 2016 avviene senza ulteriori contributi straordinari. Per l'erogazione delle singole annualità 2014 e 2015 del contributo straordinario la regione Calabria dovrà dimostrare l'effettiva attuazione delle misure previste in termini di diminuzione del corrispettivo necessario a garantire l'erogazione del servizio per le rispettive annualità.
Con il comma 2-quater si stabilisce poi che le risorse siano rese disponibili, entro il predetto limite di 60 milioni di euro complessivi (sembra intendersi i 20 milioni stanziati dal comma 2-bis più i 40 milioni stanziati dal già ricordato articolo 25, comma 11-sexies del decreto-legge n. 69 del 2013), previa rimodulazione degli interventi già programmati a valere sulle predette risorse.
Il comma 2-quinquies prevede infine che per il primo anno le risorse siano disponibili nel limite di 20 milioni previa delibera della Giunta regionale di rimodulazione delle risorse ad essa assegnate, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, adottata su parere favorevole dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, previa presentazione del piano di riprogrammazione.
Articolo 1,
commi 5, 5-bis, 5-ter
(Gestione commissariale di Roma Capitale)
Il comma 5 interviene in ordine alla
Gestione commissariale di Roma capitale, inserendo quattro ulteriori periodi al
comma 196-bis dell’articolo 2 della
legge n.191/2009 (legge finanziaria 2010), con i quali si consente l’ampliamento della massa passiva del
piano di rientro in corso di esercizio da parte del Commissario medesimo e si
interviene sulla gestione dei crediti
di Roma capitale verso le società partecipate. Inoltre i commi 5-bis e 5-ter, prevedono alcuni
compiti di rendicontazione a carico di Roma Capitale, nonché la redazione di un
piano triennale per la riduzione del debito.
Va rammentato che l'ultimo periodo del comma 196-bis, dopo il quale si introducono gli
ulteriori cinque periodi contenuti nel comma 5 in commento, si riferisce ai
compiti del nuovo Commissario straordinario di Governo del
comune di Roma, (nominato ai sensi dell'articolo 4, comma 8-bis, del D.L. n. 2/2010) in tema di
accertamento di ulteriori partite
debitorie e creditorie rispetto alla rilevazione già certificata nel Piano
di rientro predisposto alla data del 30 luglio 2010, (in base all’articolo 14,
comma 13-bis, del D.L. n. 78/2010).
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 78, comma 1, del D.L. n. 112/2008 il Sindaco del comune di Roma era stato nominato Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune e di predisporre e attuare il piano di rientro dall’indebitamento pregresso del comune. In forza di tale disposizione nell’ordinamento contabile del Comune di Roma (poi Roma Capitale ai sensi del D.lgs. n.156/2010) sono state distinte due gestioni, tra loro separate: la Gestione commissariale del Comune, che ha preso in carico tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008, e la Gestione ordinaria, competente per il periodo successivo alla suddetta data, ed affidata agli organi istituzionali dell’ente comunale. Il piano di rientro è stato approvato con D.P.C.M. 5 dicembre 2008.
Con il D.L. n. 2/2010
(articolo 4, comma 8-bis), l’articolo
78, comma 1, del D.L. n. 112/2008 è stato novellato, al fine di evitare che il
Commissario straordinario del Governo dovesse necessariamente essere
individuato nella figura del Sindaco del Comune stesso. La norma ha inoltre
previsto che il Commissario del Governo, non più individuato nella persona del
Sindaco di Roma, procedesse alla “definitiva ricognizione” della massa attiva e
passiva da computare nel piano di rientro.
Successivamente, il comma
13-bis dell'articolo 14 del D.L. n.
78 del 2010 ha ribadito che il nuovo Commissario di Governo procedesse
all'accertamento definitivo del debito del comune di Roma, al fine di redigere
il piano di rientro delle passività pregresse del Comune di Roma aggiornato in
termini di crediti certi, liquidi ed esigibili, documento questo da approvare
con decreto del Ministro dell’economia.
L’accertamento definitivo
del debito del Comune di Roma, previsto dal citato comma 13-bis, è stato effettuato con il Documento del 26 luglio 2010, predisposto
dal Commissario straordinario del Governo, nel quale si evidenzia un saldo
negativo delle partite pregresse alla suddetta data dell’aprile 2008, con un
disavanzo totale pari a 16,75 miliardi di euro, che si riduce a 10 miliardi se
non si considerano gli oneri relativi agli interessi passivi da corrispondere
fino al 2048.
Tali importi sono stati poi
aggiornati al 31 dicembre 2012 in un recente documento predisposto dal
Commissario medesimo (Massimo Varrazzani) ai sensi del D.Lgs. 18 aprile 2012,
n.61[16] , costituito dalla Relazione
concernente la rendicontazione delle attività svolte dalla gestione commissariale
per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale[17], dalla quale risulta che il saldo del disavanzo al 31 dicembre 2012 si
è attestato a circa 13,89 miliardi di euro, che se nettato degli oneri per
interessi si riduce a 8,53 miliardi. In ordine ad ulteriori dati ed
informazioni circa la situazione e le procedure del piano di rientro si rinvia
alla Relazione stessa.
Per quanto concerne il finanziamento del piano di rientro, negli anni 2008-2010, è stato assegnato al Commissario straordinario del Governo un contributo pari a complessivi 500 milioni di euro annui[18].
A decorrere dal 2011, il D.L. n. 78/2010 (art. 14,
comma 14) ha disposto la costituzione di un fondo, presso il Ministero
dell’economia, dotato di 300 milioni annui a decorrere dall’anno 2011; la restante
quota delle somme occorrenti a fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione
del piano di rientro, pari a 200 milioni, deve essere reperita dal comune di
Roma mediante l’istituzione di un'addizionale commissariale sui diritti di
imbarco ovvero l’incremento dell’addizionale IRPEF, fino al limite massimo
dello 0,4%. Il medesimo D.L. ha altresì l’istituzione nello stato di previsione
del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo dotato di 50 milioni
di euro a decorrere dall'anno 2011, appositamente finalizzato ad agevolare i
piani di rientro dei Comuni per i quali sia stato nominato un commissario
straordinario.
Nel dettaglio, le nuove disposizioni inserite dalla
norma in esame autorizzano il Commissario straordinario ad inserire nella massa
passiva prevista nel Piano di rientro, per un importo complessivo massimo di 115 milioni di euro, le eventuali ulteriori partite debitorie rivenienti da obbligazioni od oneri del comune di
Roma anteriori al 28 aprile 2008.
L’individuazione di tali nuove partite viene operata con determinazioni
dirigenziali[19], assunte con l’attestazione dell’avvenuta
assistenza giuridica del Segretario comunale.
Al riguardo
potrebbero risultare opportune informazioni circa le motivazioni dell’emersione
dei nuovi importi autorizzati dalla norma da inserire nella massa passiva,
attesa che questa dovrebbe essere stata quantificata in via definitiva nel
Documento del 26 luglio 2010 sopra citato.
Le disposizioni in commento, poi, consentono a Roma Capitale di “riacquisire” l'esclusiva
titolarità di crediti, inseriti nella massa attiva di cui al Documento
sopra detto, verso le società dalla
medesima partecipate, anche mediante compensazione (totale o parziale) degli
stessi con partite a debito inserite nella massa passiva: ciò con la finalità,
è da presumersi, di ridurre ivi le partite medesime, con effetti di riduzione
della massa in questione. In relazione a tale facoltà di utilizzo dei crediti, Roma
Capitale viene autorizzata ad avvalersi di appositi piani pluriennali per il
rientro dai crediti verso le proprie partecipate così riacquisiti.
In proposito si
segnala che non risultano evidenti le ragioni in base alle quali Roma Capitale
debba riacquisire la titolarità di crediti che dovrebbero gia essere dall’origine
nella titolarità di Roma Capitale medesima, in quanto crediti dell’ente verso
le proprie partecipate.
Inoltre, si autorizza si autorizza il Commissario
straordinario ad iscrivere nella massa
passiva, al fine del reintegro delle stesse, le somme erogate al comune di Roma per l'anno 2009 per effetto del
comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 154 del 2008, e trasferite alla gestione commissariale.
L'articolo 5 citato reca misure finanziarie volte alla copertura degli oneri connessi al finanziamento del piano di rientro dell’indebitamento del comune di Roma per l’anno 2008 e al suo finanziamento per l’anno 2009, attraverso la riprogrammazione delle risorse di cui alla delibera CIPE del 30 settembre 2008. Il comma 3, in particolare, ha disposto che le risorse assegnate a singoli comuni con la citata delibera CIPE[20], a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, possono essere utilizzate anche per le finalità di cui all'articolo 78, comma 8, del decreto-legge n. 112 del 2008, vale a dire per anticipazione al comune di Roma per il finanziamento del piano di rientro, ovvero per ripianare disavanzi, anche di spesa corrente. In base a quanto indicato nella relazione tecnica al D.L. n. 154/2008, i finanziamenti in questione sono limitati all’anno 2009.
Il comma 3 ha previsto, altresì, ma a decorrere dall'anno 2010, di riservare prioritariamente a favore di Roma Capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro nell'ambito delle risorse disponibili.
Sembrerebbe da
presumere, in assenza di indicazioni nelle relazioni illustrativa e tecnica sul
punto, che le risorse in questione, da iscrivere nella massa passiva “ai fini
del loro reintegro”, debbano consistere nelle anticipazioni previste dal comma
3 - il cui ammontare peraltro non risulta indicato - che non risultano al
momento ancora restituite. Su tale aspetto risulterebbe necessario un
chiarimento da parte del Governo.
Da ultimo, il comma 5 stabilisce che gli importi
che derivano dall'applicazione dei suddetti periodi (vale a dire dal quarto al
settimo periodo) aggiunti al comma 196-bis:
§ possono essere
utilizzati per garantire l'equilibrio di parte corrente del bilancio di Roma
Capitale per gli anni 2013 e 2014;
§ non sono
considerati tra le entrate finali rilevanti ai fini del patto di stabilità
interno per gli anni 2013 e 2014.
In proposito sembrerebbe
opportuno circoscrivere gli importi in questione agli effetti che possono
derivare dai soli commi quinto e sesto, atteso che i commi quarto e settimo
concernono esclusivamente la gestione commissariale.
Infine i commi 5-bis
e ter, introdotti nel corso
dell’esame presso il Senato prevedono alcuni compiti di rendicontazione a
carico del “Comune di Roma” (rectius, Roma Capitale), nonché la
redazione di un piano triennale per la riduzione del debito indicando a tale
fine, nel comma ter, i contenuti
delle delibere da assumere.
In particolare,
l’ente entro 60 giorni dalla
conversione in legge del presente decreto, trasmette
al MEF e al Parlamento un rapporto che evidenzi le cause della formazione
negli anni precedenti del disavanzo di bilancio di parte corrente, nonché
l'entità e la natura della massa debitoria da trasferire alla gestione
commissariale (comma 5-bis).
L’ente medesimo,
inoltre, contestualmente (vale a dire, è da presumere, entro lo stesso termine
del comma precedente) trasmette al MEF e al Parlamento un piano triennale per la riduzione del debito e per il riequilibrio
strutturale di bilancio, al cui interno vengono indicate le misure per il
contenimento dei costi e la valorizzazione degli attivi del Comune prevedendo a tali fini l'adozione di
specifiche delibere volte a:
§ estendere i
vincoli del Patto di stabilità interno a tutte le società partecipate
direttamente o indirettamente, nonché quelli in materia di assunzioni di
personale e di acquisti di beni e servizi;
§ dismettere
ulteriori quote di società quotate in Borsa, fermo restando il controllo
pubblico delle stesse;
§ adottare misure
per riportare i costi unitari della fornitura di servizi pubblici ai livelli
standard dei grandi comuni italiani;
§ operare una
ricognizione dei fabbisogni di personale nelle società partecipate, prevedendo
per quelle in perdita il necessario riequilibrio;
§ adottare modelli
innovativi per la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale e raccolta
dei rifiuti, anche ricorrendo alla liberalizzazione;
§ procedere alla
messa in liquidazione delle società partecipate che non risultino avere come
fine sociale attività di servizio pubblico nonché, infine valorizzare e
dismettere quote del patrimonio immobiliare del Comune (comma 5-ter).
Al riguardo,
premesso che il comma 5-ter, con il prescrivere non solo l’adozione di delibere
di Roma Capitale ma anche i contenuti cui devono conformarsi le stesse,
interviene sulla autonomia dell’ente anche in materie concernenti lo
svolgimento dei servizi alla comunità territoriale, ed andrebbe pertanto valutato
in ordine alla sua coerenza con il vigente quadro istituzionale dei rapporti
tra Stato ed autonomie territoriali, si segnala il comma medesimo andrebbe con
le disposizioni recate dal disegno di legge di stabilità, che prevede ai commi
da 370 a 381 dell’articolo 1 alcune differenti regole in ordine alle società
partecipate: ciò con riguardo all’esclusione delle società in house dal Patto
di stabilità interno, con l’assoggettamento delle stesse al risultato di
esercizio, nonché con riguardo alla soppressione delle disposizioni che
prevedono lo scioglimento o la privatizzazione delle società controllate
direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni, in
considerazione dei nuovi criteri recati dai commi suddetti.
Si segnala altresì
che la categoria dei “grandi comuni” indicata nel comma non risulta
individuabile in base alla normativa vigente, e ne risulterebbe pertanto
opportuna una più dettagliata delimitazione.
Articolo 1,
comma 6
(Incremento dell'addizionale comunale
all’IRPEF per Roma Capitale) Soppresso
Il comma 6 è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato.
Tale comma consentiva al comune di Roma Capitale, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di incrementare la misura dell'aliquota dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche.
Più in dettaglio, il comma 6 – inserendo un nuovo comma 18-bis all’articolo 14 del D.L. n. 78/2010 – stabiliva che l'incremento dell'addizionale comunale all’IRPEF consentita al comune di Roma ai sensi del comma 14, lettera b), fino al limite massimo del 4 per cento per il recupero delle risorse necessarie al finanziamento annuale del piano di rientro dall’indebitamento del comune medesimo, non rileva ai fini della determinazione del limite massimo della variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale, ordinariamente previsto dall'articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 28 settembre 1998, n. 360.
Tale disposizione, ora soppressa, avrebbe consentito a Roma Capitale la possibilità di incrementare la misura dell'aliquota dell'addizionale comunale all'IRPEF (attualmente pari a 0,9 per cento) di ulteriori 0,3 punti percentuali (a fronte di una aliquota deliberata dal comune in misura pari al 5 per cento).
Articolo 1,
comma 6-bis
(Cessazione accreditamenti provvisori
strutture sanitarie private)
Il comma 6-bis, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, dispone in tema di cessazione degli accreditamenti provvisori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private nonché degli stabilimenti termali. Più in particolare, mediante la sostituzione di un periodo della lettera t del comma 796 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), viene stabilito che le Regioni provvedano ad adottare provvedimenti diretti a garantire che dal 31 ottobre 2014 - invece che dal 1° gennaio 2013, come attualmente previsto - cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie nonché degli stabilimenti termali, non confermati dagli accreditamenti definitivi. Qualora, entro la data indicata le Regioni non provvedano, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina il presidente della regione o altro soggetto commissario ad acta ai fini dell’adozione dei predetti provvedimenti.
La normativa nazionale configura l’accreditamento come uno strumento di selezione dei soggetti
erogatori per conto del SSN.
Come sottolineato dalla Corte Costituzionale[21] e dal
Consiglio di Stato[22], i rapporti
tra l'Ente pubblico preposto all'attività sanitaria (Aziende sanitarie locali)
ed i soggetti accreditati (strutture o professionisti esercenti attività
sanitarie) sono pertanto qualificati come rapporti pubblicistici da inquadrare
nello schema della concessione di servizio
pubblico.
L’individuazione dei requisiti, la definizione delle
procedure e delle modalità di verifica e di controllo è stata demandato alle
Regioni, comportando una differente evoluzione dei percorsi normativi e
l’adozione di diverse modalità di implementazione.
Il D.Lgs. n. 502/92[23] e successive
modificazioni ed integrazioni, ha stabilito che le regioni assicurano i livelli
essenziali e uniformi di assistenza avvalendosi dei presidi direttamente
gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle
aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, nonché di soggetti accreditati. Le strutture che erogano
assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario
nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito determinato
in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte.
Il D.Lgs. n. 229/1999[24], modificando
il D.Lgs. n. 502/1992, ha previsto che la realizzazione di strutture e
l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie per conto del SSN, siano
subordinate ad una autorizzazione alla
realizzazione rilasciata dal Comune previo nulla osta regionale sulla base
del fabbisogno complessivo di assistenza e della localizzazione della struttura
(art.8-ter del D.Lgs. n. 502/1992).
Successivamente, per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni
sanitarie, se attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale,
ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che
comportino un rischio per la sicurezza del paziente, è richiesta l'autorizzazione all'esercizio (art. 8-ter
del D.Lgs.n. 502/1992). L’autorizzazione all’esercizio è rilasciata dalla
Regione o dal Comune previo accertamento dei requisiti minimi di cui al D.P.R.
14 gennaio 1997[25]. A questo
punto, le strutture autorizzate che ne facciano richiesta possono essere
accreditate dalla Regione, la concessione dell’accreditamento è comunque subordinata al possesso di ulteriori
requisiti e alla funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione
regionale nonché alla verifica dell’attività svolta e dei risultati raggiunti
(art. 8-quater D.Lgs. n. 502/1992).
Infine, gli accordi contrattuali,
definiti da Regioni e ASL, indicano i volumi e le tipologie delle prestazioni,
le responsabilità e gli impegni reciproci, tra cui tariffe, debito informativo
ed obiettivi specifici (art. 8-quinquies
D.Lgs. 502/1992).
Il D.Lgs.
229/1999 ha previsto l’emanazione
di un atto di indirizzo e coordinamento
alle Regioni in materia di accreditamento, analogo al D.P.R. 14 gennaio
1997 in materia di autorizzazione, con il fine di definire una base di criteri
di accreditamento da rappresentare in tutte le normative regionali e rendere
omogenee sul territorio nazionale alcune garanzie di qualità delle cure.
La modificazione del titolo V della Costituzione (di
cui alla legge costituzionale n. 3/2001) ha bloccato tale percorso, consentendo
per 10 anni lo sviluppo autonomo (seppure moderato da scambi e confronti e dal
comune riferimento al D.P.R. 14 gennaio 1997 già citato) dei modelli regionali
di accreditamento.
Nel marzo 2010, il Ministero della salute e la
Commissione salute della Conferenza delle Regioni e Province autonome hanno
affidato all’Agenas, il compito di individuare, in collaborazione con un Gruppo
tecnico per l’accreditamento, elementi di qualità da condividere nei sistemi di
garanzia (autorizzazione/accreditamento)[26].
Va poi ricordato che la Legge Finanziaria 2007 (296/ 2006), in attuazione del Patto della
Salute siglato tra il Ministro della Salute e le Regioni nel marzo 2006,
prevede il passaggio all’accreditamento definitivo in determinati termini e
modalità, disponendo, in particolare, che le regioni provvedono ad adottare
provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1° gennaio 2013 cessino gli
accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture sanitarie e
socio-sanitarie private, nonché degli stabilimenti termali.
Le regioni sono inoltre autorizzate ad adottare
provvedimenti finalizzati a garantire che, a decorrere dal 1°gennaio 2008, non
possano essere concessi nuovi accreditamenti in assenza di un provvedimento
regionale di ricognizione e conseguente determinazione, ai sensi dell’art. 8-quater, comma 8, del D.Lgs. n. 502/1992[27].
Infine il D.L. n. 112/2008[28], interviene sulla disciplina delle tariffe e dell’accreditamento di cui al decreto legislativo n. 502 del 1992.
Articolo 1,
commi 7 e 8
(Expo Milano 2015)
I commi 7 e 8 prevedono, rispettivamente, uno stanziamento di 25 milioni di euro per l’anno 2013 e l’estensione della possibilità di assunzioni a tempo determinato, fino all’anno 2016, per la realizzazione dell’Esposizione universale di Milano 2015 (EXPO 2015).
In particolare, il comma 7 prevede un contributo per l’anno 2013 di 25 milioni di euro a favore del comune di Milano, quale contributo agli oneri che il medesimo comune sostiene per la realizzazione dell’EXPO 2015.
Tale contribuito è escluso dalle entrate finali rilevanti ai fini del computo del saldo finanziario del patto di stabilità interno per l’anno 2013 del comune di Milano.
Si
ricorda che ai sensi del comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011
(legge di stabilità 2012), che reca la disciplina del patto di stabilità
interno per gli enti locali, il saldo finanziario rilevante per il patto di
stabilità è calcolato quale differenza tra entrate finali e spese finali,
espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le
entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini
di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del
patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di
stabilità e crescita), al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di
crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, come riportati
nei certificati di conto consuntivo.
Si ricorda, altresì, che disposizioni di deroga ai vincoli del patto di stabilità interno, per agevolare la realizzazione degli interventi previsti per l'Esposizione universale di Milano, sono già state introdotte in favore del Comune di Milano (art. 1, co. 103, della legge n. 220/2010, legge di stabilità 2011) nonché della Provincia di Milano (art. 2, co. 37, del D.L. n. 225/2010) per l’anno 2011, con riferimento alle risorse provenienti dallo Stato e alle relative spese sostenute nell’anno 2011 per la realizzazione dell'Expo Milano 2015.
Per l’anno 2012, la legge di stabilità n. 183/2011 ha disposto, in via straordinaria, l'attenuazione delle sanzioni previste per il mancato rispetto del patto di stabilità interno nei confronti della provincia e del comune di Milano, coinvolti nell'organizzazione del grande evento EXPO Milano 2015 (art. 33, co. 37, legge n. 183/2011, legge di stabilità per il 2012).
Posto che tale contributo al comune di Milano è escluso dai vincoli del patto di stabilità, esso determina effetti onerosi, per 25 milioni di euro per l’anno 2013, in soli termini di saldo netto da finanziare, alla cui copertura finanziaria si provvede:
§ per 9,4 milioni di euro mediante la riduzione delle risorse del Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l'assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato, come rifinanziato ai sensi dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 97, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (cap. 3033/Economia);
§ per 600.000 di euro mediante riduzione del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della n. 244/2007, istituito per favorire l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica (cap. 3042/Economia).
§ per 15 milioni di euro con la riduzione dello stanziamento iscritto in bilancio per le finalità di cui al comma 4 dell'articolo 15 del D.L. n. 201 del 2011:
L’articolo 15 richiamato ha disposto l’aumento dell’aliquota dell’accisa del gasolio usato come carburante (commi 1 e 2), disponendo, tuttavia, il rimborso del maggior onere conseguente all’aumento nei confronti di alcune categorie di soggetti esercenti l’attività di autotrasporto (comma 4). Tali risorse sono allocate sul cap. 3820 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze “Restituzione anche mediante compensazione in sede dei versamenti unitari, degli oneri gravanti sugli autotrasportatori di merci per effetto degli incrementi di accisa sul gasolio per autotrazione”. Le risorse iscritte nel bilancio 2013 risultano pari a 1.691 milioni, di cui 527,9 milioni ancora disponibili (cioè non rimborsate), oltre ai 15 milioni in oggetto che risultano accantonate.
L'articolo 5 del D.L. 43/2013 contiene una serie di disposizioni straordinarie, finalizzate ad accelerare la realizzazione delle opere essenziali e connesse di Expo Milano 2015. A tale fine, ai sensi del comma 1, lettera a) dell’art. 5 del D.L. n. 43/2013 è stato emanato il D.P.C.M. 6 maggio 2013, che disciplina la riorganizzazione degli organismi per la gestione delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015 e semplifica le procedure ed i processi volti alla infrastrutturazione e all'allestimento del sito espositivo, delle opere connesse e degli interventi funzionali all'Evento inseriti nelle programmazioni comunali, provinciali e regionali.
L’art. 7 del D.P.C.M. 6 maggio 2013 dispone che i finanziamenti pubblici statali[29] previsti dall'articolo 14, comma 1, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, possono essere assegnati e utilizzati per il Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 e per il Commissario Generale di Sezione per il Padiglione Italia nei limiti strettamente necessari per il loro funzionamento, nonché per fronteggiare esigenze non altrimenti risolvibili e sempre che non sussistano altre dotazioni e risorse finanziarie, sia di tipo straordinario sia di origine territoriale.
Salvo questa limitata quota, i finanziamenti in oggetto sono erogati direttamente in favore della Società EXPO 2015 p.a.[30]. o dei soggetti attuatori degli interventi che la stessa Società o il Tavolo Lombardia individuano in accordo con il Commissario Unico, in conformità a quanto è stato previsto nel dossier di candidatura presentato al BIE e successive modificazioni e secondo il piano finanziario allegato al decreto medesimo.
Per un approfondimento sull’evento Expo 2015 si rimanda al sito internet di Expo 2015.
Il comma
8 consente assunzioni a tempo
determinato per l’EXPO 2015 fino
al 31 dicembre 2016.
A tale fine, il comma in esame modifica l'articolo
46-ter, comma 2, del decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69[31],
prevedendo:
§ lettera
a) per
gli enti regionali, impegnati in
attività indispensabili per la realizzazione dell'Esposizione universale la
possibilità di procedere ad assunzioni
di personale a tempo determinato, in deroga agli specifici vincoli previsti
dalla legislazione vigente in materia di personale;
§ lettera
b) l’estensione
dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016
della deroga alla legislazione
vigente sulle assunzioni di personale a tempo determinato da parte di enti regionali e società in house
degli enti locali.
Il previgente comma 2 dell’art. 46-ter del D.L. 69/2013 disponeva solo per le società in house[32] degli enti locali soci di Expo 2015 s.p.a la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato in deroga alla legislazione vigente e fino al 31 dicembre 2015.
Su tali tematiche, l’articolo 5, comma 9 del D.P.C.M. 6 maggio 2013 ha previsto in particolare che la Società EXPO 2015 p.a., sulla base di convenzioni, può anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati e può disporre di personale comandato dagli stessi. In conformità a tale previsione, ed al fine di adottare celermente le procedure a evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di costruzione del sito espositivo, la Società ha deciso di avvalersi delle competenze, nonché degli uffici tecnici e amministrativi, di Infrastrutture Lombarde (ILSPA S.p.A.) e Metropolitana Milanese (MM S.p.A.), le due società in house, rispettivamente, della Regione Lombardia e del Comune di Milano[33]; tuttavia, “in relazione alle tipologie di affidamento diretto, va richiamato…che, pur se alcune specifiche tipologie di affidamento diretto scaturiscono da una previsione normativa, permane l’esigenza che la Società EXPO 2015 valuti attentamente – alla luce dei principi comunitari della libera concorrenza e del rispetto dei criteri di economicità ed efficienza che devono contraddistinguere gli affidamenti in house – l’opportunità di ulteriori affidamenti diretti a società in house degli enti locali soci”[34].
Per approfondire il tema delle società regionali lombarde costituite con la legge regionale n. 30 del 27 dicembre 2006 e successive modifiche, si rimanda al portale della Regione Lombardia nella pagina dedicata al sistema regionale della Lombardia.
Articolo 1,
commi da 7-bis a 7-quater
(Zone a burocrazia zero)
Il comma 7-bis dell’articolo 1, introdotto al Senato, attraverso la modifica dell’articolo 37-bis del D.L. n. 179/2012, proroga di un ulteriore anno (dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014) le attività di sperimentazione, nell’ambito delle procedure per l’individuazione della zone a burocrazia zero, non soggette a vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico, nelle quali provare forme di deregulation controllata. Inoltre è prevista l’operatività di predette zone a decorrere dal 1º gennaio 2015.
In particolare l’oggetto dell’intervento della norma in esame sono i percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese, attivati tramite lo strumento delle convenzioni di cui all’articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio, 2012. n. 5.
Le convenzioni che attivano i percorsi sperimentali sono previste al comma 1, dell’articolo 12 del D.L. n. 5/2012. Tale articolo prevede infatti che le misure per semplificare i procedimenti possano essere attivate attraverso un insieme di regole nella forma della convenzione. Tale convenzione è proposta dai Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato regioni ed autonomie locali. I soggetti che possono stipulare le convenzioni sono le Regioni, le Camere di commercio industria e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate. Con le convenzioni possono essere attivati percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, che possono anche derogare alle procedure e ai termini per l’esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti. I soggetti interessati hanno l’obbligo di dare informazione pubblica delle citate convenzioni.
Secondo i dati forniti nella Relazione che il Governo, allo scadere della XVI legislatura, ha presentato alle Camere in materia di “Liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi delle imprese” (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 1 del 2012) le sperimentazioni in corso alla data del 25 marzo 2013 sono le seguenti:
a) Regione Abruzzo, Comuni della Regione e altre amministrazioni: Attuazione SUAP;
b) Regione Sicilia, Comuni della Regione e altre amministrazioni: modulistica standardizzata per riforma SUAP;
c) Regione Toscana, Comuni della Regione e altre amministrazioni: modello procedurale unificato per la conferenza di servizi telematica;
d) Regione Veneto, Comuni della Regione, altre amministrazioni e Unioncamere Veneto: regime SUAP telematico;
e) Provincia di Potenza, Comuni della provincia ed altre amministrazioni: informatizzazione del procedimento e “zone a burocrazia zero”.
Il comma 7-ter è volto a prorogare di un ulteriore anno (dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014) le attività di sperimentazione sull'intero territorio nazionale delle zone a burocrazia zero (inizialmente prevista per il solo Mezzogiorno) nonché la disciplina per l’adozione dei provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi ad esse connessa. Le modifiche introdotte dal comma in esame incidono però su disposizioni che rinviano a norme abrogate ( l’articolo 14, commi 1 e 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 primo periodo della lettera a) del comma 2 dell'articolo 43 del citato decreto-legge n. 78 del 2010).
L’articolo 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183 fa riferimento all’articolo 43 del decreto legge 78/2010 che è stato abrogato dall’ art. 37-bis, comma 4, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.
Peraltro la Corte costituzionale, con sentenza 19-22 luglio 2011, n. 232 (Gazz. Uff. 27 luglio 2011, n. 32 - Prima serie speciale), aveva già dichiarato illegittime le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 43, nella parte in cui è destinato ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l'ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.
Le norme introdotte dal comma 7-ter
non risultano applicabili in quanto volte a prorogare disposizioni che rinviano
al contenuto di norme abrogate.
Il comma 7-quater, proroga (attraverso la modifica dei commi 1 e 3, dell’art. 37 del D.L. 69/2013) fino al 30 giugno 2014 la possibilità per i soggetti sperimentatori di sottoscrivere le convenzioni che attivano i percorsi sperimentali (art. 12 D.L. 5/2012).
Il comma 1 dell’articolo 37 prevede, con riguardo alle convenzioni, che i soggetti sottoscrittori possono stipularle entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge stesso (quindi il termine-21 agosto 2013- era ampiamente scaduto).
E’ altresì disposta la proroga al 31 dicembre 2014, dell’obbligo per i soggetti sperimentatori di individuare e rendere pubblici sul loro sito istituzionale i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza è sostituito da una comunicazione dell'interessato.
Articolo 1,
commi 8-bis – 8-quinquies
(Personale delle Agenzie fiscali)
Il comma 8-bis, introdotto al Senato, attribuisce (nei limiti delle facoltà assunzionali a tempo indeterminato e delle vacanze di organico previste per le strutture interessate) l’inquadramento giuridico e il corrispondente trattamento economico della terza Area ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria, ivi incluse le agenzie fiscali, cui sono state affidate le mansioni della terza area sulla base di contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulati in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del contratto collettivo nazionale di comparto del quadriennio 1998-2001. L’inquadramento e il relativo trattamento economico sono attributi al decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Si ricorda che ai sensi del CCNL Agenzie fiscali quadriennio normativo 2006-2009 del 10 aprile 2008 è stata effettuata la trasposizione dei sistemi di classificazione del personale. In particolare, le ex Aree A, B, C (a salire per mansioni e retribuzione), sono state trasposte, rispettivamente, nelle relative Aree Prima, Seconda e Terza (a salire per mansioni e retribuzione), con differenti fasce retributive all’interno di ogni Area (per la Terza Area sono presenti 5 differenti fasce, da F1 a F5).
Anche il CCNL Ministeri quadriennio normativo 2006-2009 del 14 settembre 2007 ha disposto un analogo sistema di classificazione, con le Aree Prima, Seconda e Terza in luogo delle Aree A, B e C (anche in questo caso a salire come mansioni e retribuzioni), con differenti fasce retributive all’interno di ogni Area (per la Terza Area sono presenti 5 differenti fasce, da F1 a F7).
Per quanto attiene alle mansioni superiori, l’articolo 24 del CCNL Ministeri quadriennio normativo 1998-2001 del 16 febbraio 1999 ha stabilito che, nell’ambito del nuovo sistema di classificazione del personale previsto dal presente contratto, si considerano “mansioni immediatamente superiori” le mansioni svolte dal dipendente all’interno della stessa area in profilo appartenente alla posizione di livello economico immediatamente superiore a quella in cui egli è inquadrato, secondo apposita declaratoria. Le posizioni economiche “super” non sono prese in considerazione a tal fine. Sono altresì considerate “mansioni superiori”, per i dipendenti che rivestono l’ultima posizione economica dell’area di appartenenza, le mansioni corrispondenti alla posizione economica iniziale dell’area immediatamente superiore. Il conferimento delle richiamate mansioni superiori avviene nel caso di vacanza di posto in organico (per non più di 6 mesi, prorogabili fino a 12 qualora siano state avviate le procedure per la copertura del posto vacante) nonché nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto (con esclusione dell’assenza per ferie) per la durata dell’assenza.
Il dipendente assegnato alle mansioni superiori in precedenza richiamate ha diritto al trattamento economico previsto per la posizione corrispondente alle relative mansioni, fermo rimanendo quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità.
Si fa presente che la norma, nel disporre un
re-inquadramento di personale per via legislativa, comporta la rilegificazione
di una materia attualmente devoluta alla contrattazione collettiva.
Il successivo comma 8-ter, introdotto al Senato, abroga l'articolo 1, comma 4-bis, del D.L. n. 216/2011.
L’articolo 1,
comma 4-bis, del D.L. n. 216/2011
(così come modificato dall’articolo 1, comma 558, della L. n. 228/2012) ha
prorogato al 31 dicembre 2013 l’efficacia delle graduatorie di merito per
l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico - pubblicate in data 16 ottobre
2009 - relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività
amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 101 del 30 dicembre
2008.
La norma, inoltre, ha previsto l’obbligo, in
ottemperanza ai principi di buon andamento ed economicità della pubblica
amministrazione, per l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento
dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, di reclutare
nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo tributario,
attingendo, fino alla loro completa utilizzazione, dalle graduatorie regionali
dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio,
sempre nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione
vigente.
Al riguardo, si osserva che tra l’abrogazione
prevista al comma 8-ter e il re-inquadramento previsto al comma 8-bis sembra
esservi un nesso funzionale, benché questo non sia esplicitato nelle norme.
Il comma 8-quater, introdotto al Senato, al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, estende a favore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli l’applicazione della norma che autorizza la spesa per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale (prevista dall'articolo 1, comma 346, lettera e), della legge 24 dicembre 2007, n. 244), nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
In particolare la norma citata autorizza la spesa per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, nell’Agenzia delle dogane che utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate ovvero ricorre alla mobilità. L’Agenzia delle dogane è autorizzata a stipulare contratti di formazione e lavoro in particolare, con soggetti risultati idonei, con un punteggio minimo finale non inferiore a 46, nelle graduatorie formate a seguito delle procedure indette dall’Agenzia delle entrate con bandi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 84 del 21 ottobre 2005 e n. 28 del 6 aprile 2007, per la selezione, con contratti di formazione e lavoro, rispettivamente di 1.500 e 500 funzionari, terza area funzionale, F1, per attività amministrativo-tributarie, e con soggetti risultati idonei nelle graduatorie formate a seguito delle procedure selettive indette dall’Agenzia delle dogane in data non anteriore al 1° settembre 2005, rispettivamente, per 150 posti di collaboratore tributario, terza area funzionale, F1, per 25 posti di chimico, terza area funzionale, F1, per 20 posti di collaboratore di sistema, terza area funzionale, F1, e per 10 posti di collaboratori statistici, terza area funzionale, F1. Nei limiti delle autorizzazioni di spesa, l’Agenzia delle dogane può stipulare ulteriori contratti di formazione e lavoro anche con soggetti risultati idonei, nelle graduatorie formate a seguito delle procedure indette dall’Agenzia delle entrate con bandi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 84 del 21 ottobre 2005 e n. 28 del 6 aprile 2007, con un punteggio finale inferiore a 46; in ogni caso l’utilizzo di tali graduatorie da parte dell’Agenzia delle entrate, nei limiti di cui al quarto periodo del comma 345, è prioritario rispetto all’utilizzo delle medesime graduatorie da parte dell’Agenzia delle dogane
Si ricorda che un’estensione analoga è stata prevista anche dall’articolo 1, comma 4, del D.L. n. 216 del 2011, il quale ha previsto che la disposizione citata continua ad applicarsi, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
La norma specifica, inoltre, che tale facoltà può essere utilizzata anche per far transitare il personale dalle sezioni «monopoli» e "ASSI" alla sezione "dogane" del ruolo del personale non dirigenziale
Si ricorda che l’articolo 23-quater del D.L. n. 95 del 2012 ha disposto a decorrere dal 1° dicembre 2012 l’incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) nell’Agenzia delle dogane, che ha assunto la denominazione di Agenzia delle dogane e dei monopoli, e l’incorporazione dell’Agenzia del territorio nell’Agenzia delle entrate.
In attuazione della suddetta norma il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 8 novembre 2012, in particolare, ha previsto che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisce con decorrenza 1° dicembre 2012:
a) il ruolo del personale dirigenziale;
b) il ruolo del personale non dirigenziale, che prevede la sezione dogane e la sezione monopoli, in ciascuna delle quali sono collocate, rispettivamente, le unità di personale con qualifica non dirigenziale già appartenenti, al 30 novembre 2012, ai corrispondenti ruoli dell'Agenzia delle dogane e dell'Amministrazione autonoma del monopoli di Stato.
Si ricorda, inoltre, che il decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 31 gennaio 2013 ha disposto il trasferimento delle funzioni e delle risorse dell'ex ASSI al Mipaaf e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli. In particolare, l’articolo 2, comma 3, dispone che le dotazioni organiche del MIPAAF e quelle dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli sono provvisoriamente incrementate di un numero pari alle unità di personale di ruolo rispettivamente trasferite. Nell'ambito dell'autonomia organizzativa riconosciuta alle Agenzie fiscali, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisce nel ruolo del personale non dirigenziale la sezione ASSI, nella quale sono collocate le dieci unità di personale di cui sopra.
Il comma 8-quinquies, introdotto al Senato, differisce
al 31 dicembre 2014 il termine entro il quale l’Agenzia delle dogane e dei
monopoli e l'Agenzia delle entrate sono autorizzate
a coprire le posizioni dirigenziali vacanti attraverso l’espletamento di
procedure concorsuali, salva la facoltà di affidamento a tempo determinato ai
propri funzionari delle medesime posizioni.
La norma modifica l’articolo 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012, il quale prevedeva che le procedure concorsuali dovessero completarsi “entro il 31 dicembre 2013".
Articolo 1,
comma 8-sexies
(Sezione DIA a Malpensa)
Il comma 8-sexies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza il Ministero dell’interno, sentito il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, ad emanare un decreto per istituire presso l’aeroporto di Milano Malpensa di una sezione operativa della Direzione investigativa antimafia.
La Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) è stata istituita nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno con la legge 30 dicembre 1991, n. 410 ed è ora disciplinata dal decreto legislativo n. 159 del 2011, recante il c.d. Codice antimafia[35], all’articolo 108.
Si tratta di un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composto da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all’associazione medesima.
La D.I.A., che per l’assolvimento dei propri compiti opera in stretto collegamento con le forze di polizia, si avvale anche di un’articolazione periferica, strutturata su dodici Centri Operativi e sette Sezioni distaccate che, attraverso una ripartizione definita, hanno competenza sull’intero territorio nazionale. Le articolazioni periferiche, istituite in quelle aree di maggiore presenza della criminalità mafiosa, ricomprendono, ad oggi, dodici Centri Operativi nelle sedi di Torino, Milano, Genova, Padova, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Caltanissetta, nonchè 8 Sezioni Operative dislocate nelle sedi di Trieste, Salerno, Lecce, Agrigento, Messina, Catanzaro, Trapani e Bologna. I Centri Operativi sono organizzati, di norma, su tre settori riconducibili alle seguenti aree omogenee di intervento: investigazioni preventive; investigazioni giudiziarie; affari generali e gestione delle risorse umane e strumentali.
Gli stessi possono essere altresì articolati, con provvedimento del Direttore della D.I.A., in una o più Sezioni, ubicate in località diversa da quella in cui ha sede il Centro Operativo dal quale dipendono.
Sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA il Ministro dell’Interno riferisce, ogni sei mesi, al Parlamento.
Il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata è anch’esso istituito presso il Ministero dell’interno ed è disciplinato dall’art. 107 del d.lgs. n. 159 del 2011. Ne fanno parte i vertici delle forze di polizia (polizia, carabinieri; guardia di finanza), delle agenzie di informazioni e sicurezza e il direttore della DIA e svolge funzioni di indirizzo e coordinamento delle indagini sulla criminalità organizzata.
La nuova sezione operativa – che dovrà essere istituita senza oneri per il bilancio dello Stato (e dunque utilizzando uomini, mezzi e risorse economiche disponibili a legislazione vigente) – è voluta dal legislatore per prevenire e contrastare l’attività della criminalità organizzata nell’ambito dell’Expo 2015.
Per quanto riguarda l’utilizzo della legge per autorizzare il Ministero dell’Interno a istituire una nuova sezione operativa della DIA, si rileva che, in base all’art. 108, comma 9, del Codice antimafia, il Ministro dell'interno, sentito il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, determina l'organizzazione della D.I.A. secondo moduli rispondenti alla diversificazione dei settori d'investigazione e alla specificità degli ordinamenti delle forze di polizia interessate.
Il Ministro dell’Interno può dunque, indipendentemente dall’indicazione legislativa, attivarsi per l’istituzione di nuove sezioni operative della DIA.
Articolo 1,
comma 9
(Ciclo della gestione dei rifiuti di Roma
capitale)
Il comma 9 dispone la finalizzazione di risorse iscritte nel bilancio dello Stato (nel limite di 28,5 milioni di euro per il triennio 2013-2015) al fine di contribuire al superamento della crisi in atto nel ciclo di gestione integrata nel territorio di Roma capitale, per assicurare l'attuazione degli interventi previsti dal Protocollo d'intesa del 4 agosto 2012 (c.d. Patto per Roma, v. infra), previa validazione da parte del Ministero dell'ambiente del programma di lavoro triennale "Raccolta differenziata", ivi previsto, opportunamente rimodulato sulla base delle risorse rese disponibili.
Con riferimento alla provenienza delle risorse finalizzate, la norma in commento prevede l’utilizzo:
a) nel limite di 6 milioni di euro per il 2013, 6,5 milioni per il 2014 e 7,5 milioni per il 2015, delle risorse iscritte in bilancio, per i medesimi esercizi, ai sensi dell'art. 10, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112;
Si rammenta che l’art. 10 del D.Lgs. 112/1998 ha trasferito alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in quanto non già attribuite, le funzioni e i compiti conferiti dal medesimo decreto legislativo alle regioni a statuto ordinario. L'articolo 61, comma 6, del medesimo decreto ha stabilito che le risorse finanziarie relative alle funzioni conferite con il decreto legislativo stesso sono devolute alle regioni contestualmente alla data del trasferimento, con corrispondente soppressione o riduzione dei capitoli di bilancio dello Stato interessati.
Si ricorda altresì che sulle citate risorse dell’art. 10 è intervenuta anche una finalizzazione nel limite di 20 milioni di euro, disposta dall’art. 33, comma 1-quinquies, del D.L. 248/2007, per far fronte alle esigenze dell'emergenza rifiuti in Campania.
Con riferimento alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall'attuazione della lettera a) di cui trattasi, il comma 10 dell’articolo in esame dispone che si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008 (si veda in proposito quanto riportato nella scheda di commento del comma 10).
b) nel limite di 5,5 milioni di euro per il 2014 e 3 milioni per il 2015, delle risorse disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, per i medesimi esercizi, a valere sull'autorizzazione di spesa recata dall'art. 2, comma 323, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008).
Si ricorda che l'art. 2, comma 323, della L. 244/2007 ha istituito nello stato di
previsione del Ministero dell’ambiente un Fondo per la promozione di interventi
di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di
nuove tecnologie di riciclaggio, con
dotazione di 20 milioni di euro per anno a decorrere dal 2008. Il fondo è
finalizzato alla sottoscrizione di accordi di programma e alla formulazione di
bandi pubblici da parte del Ministro dell’ambiente per la promozione degli
interventi in materia.
Sulla
gestione delle risorse del fondo si rinvia alla relazione allegata alla delibera della
Corte dei conti n. 9 del 6 novembre 2013.
Il Protocollo di intesa “Patto
per Roma”, è stato firmato il 4 agosto 2012, tra il Ministero
dell’ambiente, il Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza
ambientale nel territorio della Provincia di Roma, la Regione Lazio, la
Provincia e il Comune di Roma (Roma Capitale). Con tale protocollo si intende
promuovere la realizzazione di un modello di organizzazione tecnica e
amministrativa del sistema di gestione dei rifiuti urbani di Roma Capitale
finalizzato a sviluppare un sistema di raccolta differenziata che raggiunga il
valore del 30% dei rifiuti urbani entro la fine del 2012, del 40% entro il
2013, del 50% entro il 2014, del 60% entro il 2015 e del 65% entro il 2016.
Gli strumenti necessari all’incremento della raccolta differenziata sono
individuati nel Piano per Roma in un programma
di lavoro Raccolta differenziata 2012-2014 che ne definisce gli aspetti
operativi e di partenariato pubblico-privato e in un sistema integrato per la
gestione del ciclo dei rifiuti che assicuri la piena efficienza degli impianti
di TMB (trattamento meccanico biologico)[36].
Per quanto concerne la disciplina
a livello nazionale del sistema di raccolta differenziata, si ricorda che
l'art. 205 del D.Lgs. 152/2006 (c.d.
Codice ambientale) ha stabilito obiettivi minimi di raccolta differenziata dei
rifiuti urbani (per il 2012 l’obiettivo è pari al 65%). La stessa disposizione
consente ai comuni - nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed
economico, non sia realizzabile raggiungere tali obiettivi – di richiedere al
Ministro dell'ambiente una deroga, previa stipula di apposito accordo di
programma tra Ministero, regione ed enti locali interessati, volto a stabilire
le misure da attuare. Viene altresì prevista l'applicazione di un'addizionale
del 20% al tributo di conferimento dei rifiuti in discarica (c.d. ecotassa) nel
caso in cui non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti.
Al fine di porre rimedio alla procedura
di infrazione (n. 2011/4021) relativa alla gestione della discarica di
Malagrotta, ritenuta inadeguata e non conforme alla normativa comunitaria, il
Governo ha emanato il D.P.C.M. 22 luglio
2011 con cui è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza ambientale nel
territorio della provincia di Roma in relazione all'imminente chiusura della
discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito
alternativo per lo smaltimento dei rifiuti. In attuazione di tale decreto è
stata emanata l’O.P.C.M. n. 3963 del 6
settembre 2011.
In seguito alle difficoltà nell’individuazione del citato sito
alternativo che hanno portato alle dimissioni del commissario incaricato, con
il D.P.C.M. 25 maggio 2012, è stato
nominato il nuovo Commissario delegato per
l'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma nella persona del
prefetto Goffredo Sottile.
Successivamente l’art. 1, comma
358, della L. n. 228/2012 (stabilità 2013), in considerazione del permanere
di una situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel
territorio della provincia di Roma, ha demandato ad apposito decreto del
Ministro dell'ambiente, al fine di non determinare soluzioni di continuità
nelle azioni in corso, la nomina di un commissario che provveda in via sostitutiva
degli enti competenti in via ordinaria e a cui sono attribuiti (ai sensi del
comma 359) parte dei poteri previsti dall’O.P.C.M. 3963/2011. Il successivo
comma 360 ha attribuito al citato commissario ulteriori compiti in ambito
regionale (autorizzazione alla realizzazione e gestione delle discariche e di
impianti per il trattamento di rifiuto urbano indifferenziato e differenziato;
supporto alla Regione Lazio nelle iniziative necessarie al rientro nella
gestione ordinaria; poteri sostitutivi in caso di inerzia dei soggetti preposti
alla gestione, manutenzione od implementazione degli impianti per il recupero e
lo smaltimento dei rifiuti urbani). Ai sensi del successivo comma 361, gli
oneri derivanti dall'attuazione dei poteri e dei compiti attribuiti al Commissario
sono posti a carico degli enti e dei soggetti inadempienti.
In attuazione del citato comma 358 è stato emanato il D.M. 3 gennaio 2013, che ha nominato lo
stesso prefetto Sottile quale
Commissario per fronteggiare la situazione di grave criticità nella gestione
dei rifiuti urbani nel territorio nella provincia di Roma per la durata di 6
mesi.
Il 21 marzo 2013, nell’ambito della procedura di infrazione n.
2011/4021, la Commissione europea ha
provveduto al deferimento dell’Italia
alla Corte di Giustizia europea per non conformità alla direttiva europea
1999/31/CE.
Pochi giorni dopo, il Ministero dell’ambiente ha emanato, con il D.M. 25 marzo 2013, disposizioni
integrative del D.M. 3 gennaio 2013, ai fini dell’adeguamento, da parte del
Commissario, delle autorizzazioni impiantistiche, in particolare per gli
impianti TMB.
Successivamente, con il D.M.
Ambiente 27 giugno 2013, al fine
di completare le attività previste dal precedente D.M. 3 gennaio 2013,
l’incarico del Commissario Sottile è
stato prorogato al 7 gennaio 2014,
al fine di individuare uno o più siti idonei alternativi a Malagrotta, di
assicurare la piena operatività degli impianti di TMB interessati, di
assicurare in subordine l'utilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia, di
accelerare le procedure autorizzative degli impianti di compostaggio. Lo stesso
decreto ha prorogato la discarica di
Malagrotta fino al 30 settembre 2013. A inizio di ottobre la discarica di Malagrotta è stata quindi definitivamente chiusa.
Tale decreto è stato successivamente integrato dal D.M. ambiente 30
settembre 2013 al fine di integrare i poteri del commissario, nel rispetto
dell'art. 1, comma 359, della L. 228/2013, e al fine di garantire il rispetto
dei termini fissati dal citato D.M. 27 giugno 2013.
Sui poteri del Commissario, in particolare con riferimento a quelli
relativi alle procedure per consentire la piena utilizzazione degli impianti
TMB, si ricorda che il 6 luglio del 2013 il TAR del Lazio ha accolto una serie di ricorsi riguardanti i citati
poteri e ha annullato le norme sui poteri commissariali e sul TMB contenute nei
decreti ministeriali del 3 gennaio 2013 e del 25 marzo 2013. In seguito al
ricorso del Ministro dell'ambiente, il Consiglio
di Stato, in data 31 luglio 2013, ha sospeso l'esecuzione della sentenza
del TAR appellata e ha rinviato
l'udienza di merito al primo
trimestre del 2014.
Si segnala, infine, che l’attuale Piano rifiuti della Regione Lazio è stato approvato con Deliberazione del Consiglio regionale del Lazio del 18 gennaio 2012, n. 14. Tale piano era stato annullato dal TAR Lazio, con sentenza n. 121 del 9 gennaio 2013, la quale però non è stata confermata dal Consiglio di Stato che si è pronunciato in data 16 aprile 2013.
Articolo 1,
comma 10
(Stanziamenti per frana di Assisi ed
estensione del termine per la nomina dei commissari per il rischio
idrogeologico)
Il comma 10 prevede uno stanziamento di due milioni di euro per gli interventi conseguenti al mancato completamento dei lavori di sistemazione dei versanti di frana nel comune di Assisi[37]. La disposizione estende, inoltre, il termine per la nomina dei commissari straordinari per la rimozione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
In particolare, la disposizione stanzia due milioni di euro per l’anno 2014 al fine di completare i lavori di sistemazione idrogeologica dei versanti di frana nel comune di Assisi ed integra lo stanziamento di 45,6 milioni di euro previsto nell'Accordo di programma del 3 novembre 2010, come modificato dall’Atto integrativo del 14 luglio 2011 tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Umbria. Lo stanziamento del predetto accordo, finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio della regione, è ripartito nella seguente misura: 24 milioni di euro provenienti dalla regione Umbria e 21,6 milioni di euro dal Ministero dell’Ambiente.
La copertura dell'onere avviene utilizzando le risorse di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998[38] relativo ai trasferimenti alle Regioni in attuazione del federalismo amministrativo.
Il quarto periodo del comma 10 dell’articolo 1 prevede una modifica all’art. 17, comma 1, primo periodo, del D.L. n. 195/2009, volta ad estendere da 3 a 6 anni il termine, decorrente dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge, entro il quale possono essere nominati commissari straordinari per la rimozione delle situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
Si segnala che un’identica disposizione è
contenuta nell’ultimo periodo del comma 66 (Interventi contro il dissesto
idrogeologico) dell’articolo unico del disegno di legge di stabilità 2014 (A.C.
1865-A) in corso di esame alla Camera.
Ai sensi del citato articolo 17, comma 1, del D.L. 195/2009 i commissari straordinari delegati devono essere nominati con decreto del Presidente del Consiglio de Ministri, su proposta dei Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Dipartimento della Protezione civile, nonché i Presidenti delle regioni o province autonome interessate. La norma consente la nomina di commissari straordinari delegati, ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge n. 185 del 2008, per l’attuazione degli interventi connessi alle situazioni a più elevato rischio idrogeologico da effettuare nelle aree settentrionale, centrale e meridionale del territorio nazionale.
Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall'attuazione del comma 9, lettera a) e del presente comma, valutati complessivamente in 6 milioni di euro per il 2013, 8,5 milioni di euro per il 2014 e 7,5 milioni di euro per il 2015, si provvede mediante utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Articolo 1,
commi da 10-bis a 10-quater
(Proroga del termine di restituzione per
i finanziamenti contratti
a seguito del sisma del maggio 2012)
I commi 10-bis-10-ter dispongono la proroga di tre anni della restituzione del debito per quota capitale per i finanziamenti agevolati disciplinati dal D.L. n. 174 del 2012 e dalla legge di stabilità per il 2013 per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013, da parte dei contribuenti interessati dal sisma in Emilia, Lombardia e Veneto del maggio 2012.
I soggetti finanziati dovranno restituire la sola quota capitale del finanziamento, secondo un piano di ammortamento originariamente previsto in due anni, prorogato di tre anni dalla norma in esame, mentre le spese e gli interessi sono accollati dallo Stato.
Il comma 10-bis individua i finanziamenti agevolati ai quali si applica la proroga di tre anni rispetto alla durata massima originariamente prevista:
§ finanziamento ai titolari di reddito di impresa che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1° dicembre 2012 al 30 giugno 2013. Tale finanziamento può essere richiesto anche dagli esercenti attività commerciali o agricole, limitatamente ai danni subiti in relazione alle attività effettuate nell’esercizio di dette imprese, e dai titolari di reddito di lavoro dipendente proprietari di un immobile adibito ad abitazione principale dichiarato inagibile per il pagamento dei tributi dovuti dal 16 dicembre 2012 al 30 giugno 2013 (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012);
§ finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, dagli esercenti attività agricole nonché dai titolari di reddito di lavoro dipendente, proprietari di una unità immobiliare adibita ad abitazione principale classificata nelle categorie B, C, D, E e F (articolo 11, comma 7-bis, del D.L. n. 174 del 2012);
§ finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013 (articolo 1, comma 367, della legge n. 228 del 2012);
§ finanziamento per il pagamento, senza applicazione delle sanzioni, dei tributi, contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovuti dal 1° luglio 2013 al 15 novembre 2013 (articolo 6, comma 3, del D.L. n. 43 del 2013).
Per le modalità di accesso a tali finanziamenti è prevista una procedura analoga a quella prevista per i finanziamenti agevolati di cui all’articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, a cui i finanziamenti in esame possono aggiungersi. I soggetti finanziatori stipulano contratti tipo definiti con apposita convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana. Tali contratti prevedono finanziamenti assistiti dalla garanzia dello Stato, fino ad un massimo di 6 miliardi di euro, e prevedono l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Il comma 10-bis prevede, inoltre, che la Cassa depositi e prestiti Spa e l'Associazione bancaria italiana adeguano le convenzioni sulla base delle quali vengono stipulati i contratti tipo in coerenza con le disposizioni introdotte. Tali convenzioni e i successivi adeguamenti sono stati stipulati sulla base delle stesse norme che hanno disciplinato i suddetti finanziamenti (articolo 11, comma 7, del D.L. n. 174 del 2012; articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2012, n. 228; articolo 6, comma 5, del D.L. n. 43 del 2013).
La norma prevede che ai maggiori oneri per interessi e per le spese di gestione strettamente necessarie, derivanti dalla modifica dei contratti di finanziamento e dalla connessa rimodulazione dei piani di ammortamento dei finanziamenti, si provvede nel rispetto dei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 11, comma 13, del D.L. n. 174 del 2012. Non sono pertanto previsti ulteriori stanziamenti.
Si evidenzia che l’articolo 11, comma 13, del D.L. n. 174 del 2013 stima in 145 milioni di euro per l'anno 2013 e in 70 milioni di euro per l'anno 2014 gli oneri derivanti dall’accollo da parte dello Stato degli interessi relativi ai finanziamenti erogati e delle spese strettamente necessarie alla loro gestione, corrisposti ai soggetti finanziatori mediante un credito di imposta di importo pari, per ciascuna scadenza di rimborso, all'importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. A tali oneri si provvede mediante utilizzo di quota parte delle risorse destinate al Fondo per la ricostruzione dall’articolo 7, comma 21, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, pari a 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, provenienti delle complessive riduzioni di spesa previste dal decreto legge n. 95 medesimo.
Si prevede, inoltre, l’estensione delle garanzie dello Stato concesse con i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze già emanati ai sensi delle citate norme, senza ulteriori formalità e ai medesimi criteri e modalità di operatività stabiliti nei predetti decreti, ai finanziamenti contratti ai sensi delle rispettive disposizioni normative, come modificati per effetto della rimodulazione dei piani di ammortamento derivante dall'attuazione della norma in esame.
I decreti ministeriali del 14 novembre 2012 e 28 novembre 2012 hanno disciplinato la concessione delle garanzie dello Stato sui finanziamenti previsti dal D.L. n. 174 del 2012 e hanno definito i criteri e le modalità operative delle garanzie stesse. Le garanzie dello Stato sono elencate nell'allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze recante l’elenco delle garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti (ai sensi dell'articolo 31 della legge di contabilità e finanza pubblica).
Si ricorda, infine, che le circolari n. 45/E e n. 46/E del 2012 dell'Agenzia delle Entrate hanno chiarito alcune questioni interpretative riguardanti il finanziamento agevolato in commento.
Il comma 10-ter prevede che la rata per capitale e interessi in scadenza il 31 dicembre 2013 viene corrisposta unitamente al piano di rimborso dei finanziamenti rimodulati ai sensi del comma 10-bis. Pertanto anche tale rata viene inglobata nel nuovo piano di ammortamento.
Si evidenzia che i soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale, mentre gli interessi e le spese sono accollati allo Stato che li restituisce ai soggetti finanziatori mediante un credito d’imposta pari per ciascuna scadenza di rimborso all’importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Il credito di imposta è utilizzabile in compensazione del debito tributario, senza applicazione dei limiti di legge, ovvero può essere ceduto nell'ambito del gruppo cui la società appartiene, secondo quanto previsto dall'articolo 43-ter del DPR n. 602 del 1973, in materia di riscossione delle imposte sul reddito (articolo 11, comma 10 del D.L. n. 174 del 2012).
Il comma 10-quater precisa che, ai fini del rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato, la proroga di tre anni della restituzione del debito per quota capitale per i finanziamenti agevolati è subordinata alla previa verifica dell'assenza di sovracompensazioni dei danni subiti per effetto degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, tenendo conto anche degli eventuali indennizzi assicurativi, rispetto ai limiti previsti dalle decisioni della Commissione europea C (2012) 9853 final e C (2012) 9471 final del 19 dicembre 2012. La norma prevede altresì che le disposizioni attuative inerenti la verifica della assenza di sovracompensazioni sono stabilite tramite ordinanze commissariali dei Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in qualità di commissari delegati (articolo 1, comma 4, del D.L. n. 74 del 2012).
Con le decisioni della Commissione europea C(2012) 9853 final e C(2012) 9471 final del 19 dicembre 2012, adottate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione ha valutato la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato degli interventi disposti in seguito al sisma del 20 e del 29 maggio (D.L. 74 del 2012, D.L. 83 del 2012 e D.L. 95 del 2012). Non sono stati valutati, in quanto adottati successivamente, il D.L. n. 174 del 2012, la legge n. 228 del 2012 e il D.L. n. 43 del 2013.
Si ricorda che l’articolo 108 TFUE attribuisce alla Commissione un ruolo di controllo sui regimi di aiuti esistenti presso gli Stati membri (paragrafo 1) nonché di verifica dei progetti di nuovi aiuti o di modifica degli aiuti esistenti (paragrafo 3). Allorché riscontri un’incompatibilità dell’aiuto, essa può adottare una decisione con cui viene ordinato allo Stato di sopprimere o modificare la misura. Nel caso in cui lo Stato non si conformi alla decisione, la Commissione ha la possibilità di adire direttamente la Corte di giustizia senza attivare la procedura pre-contenziosa di infrazione.
Con la decisione C(2012) 9471 final la Commissione ha giudicato compatibili con la suddetta disciplina gli aiuti previsti dalla normativa in oggetto a favore delle imprese agricole. Sono stati valutati, in particolare, i regolamenti che hanno sospeso il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi, il D.L. n. 74 del 2012, il D.L. n. 83 del 2012 e il D.L. n. 95 del 2012.
Con la decisione C(2012) 9471 final gli stessi provvedimenti normativi sono stati esaminati dal punto di vista degli altri settori economici, escludendo l’agricoltura, la pesca e l’acquacultura. La Commissione ha deplorato che l’Italia abbia applicato le misure sopra richiamate prima che fossero approvate dalla stessa Commissione. In ogni caso, una volta esaminate nel merito, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni.
Il comma 10-quater prevede, infine, che tutte le disposizioni sopra esaminate entrano in vigore alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Trattandosi di disposizioni inserite nel
corso della conversione del decreto-legge in esame, sarebbe opportuno precisare
che la loro entrata in vigore decorre dalla data di pubblicazione della legge
di conversione.
Articolo 1,
comma 10-quinquies
(Riparazione di opere pubbliche
danneggiate dal sisma del maggio 2012 nei comuni di Modena, Bologna e Reggio
Emilia)
Il comma 10-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, estende l’ambito di applicazione delle disposizioni in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, contenute nel D.L. n. 74/2012 e nell’art. 10 del D.L. n. 83/2012, agli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di opere pubbliche dei comuni di Modena, Bologna, Reggio nell'Emilia, danneggiate dai citati eventi ove risulti l’esistenza di un nesso causale tra i danni e gli indicati eventi sismici.
Il comma in esame stabilisce altresì che la citata estensione opera:
§ esclusivamente a decorrere dall'anno 2014;
§ a valere sulle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate istituito dall'art. 2 del D.L. 74/2012.
Si ricorda che in seguito agli eventi sismici in parola è stato emanato il D.L. n. 74/2012 che ha dettato disposizioni urgenti in favore delle popolazioni colpite, delimitando il suo ambito di applicazione ai territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo per i quali è stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con il D.M. economia e delle finanze del 1° giugno 2012. In tale elenco non figurano i comuni indicati dalla norma in esame.
L’art. 1, comma 1, dell'art. 67-septies del D.L. 83/2012 ha esteso l’applicabilità delle disposizioni del D.L. 74/2012, nonché delle ulteriori disposizioni dettate in favore dei territori colpiti dal sisma dall’art. 10 del medesimo decreto n. 83, al territorio dei comuni di Ferrara e Mantova, nonché - ove risulti l’esistenza del nesso di causalità tra danni e i suindicati eventi sismici – di ulteriori comuni indicati nella norma. Ulteriori modifiche al campo di applicazione sono state disposte dall’art. 11 del D.L. 174/2012 (commi 1-quater, 3-ter e 6-bis).
I comuni indicati dalla norma in commento non risultano, pertanto, inseriti – sulla base della normativa attualmente vigente - nell’ambito di applicazione del decreto 74/2012 né delle misure successivamente adottate e precedentemente citate.
Relativamente al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate succitato, si ricorda che esso è stato istituito dall'art. 2 del D.L. 74/2012, a decorrere dall'anno 2012, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Le risorse di tale fondo, in attuazione del medesimo articolo, sono state ripartite tra le regioni colpite dagli eventi sismici in parola con il D.P.C.M. 4 luglio 2012 e con il Decreto del Dipartimento della protezione civile 28 maggio 2013 (pubblicato nella G.U. 11 settembre 2013, n. 213).
Tra le destinazioni previste dal D.L. 74 per le risorse del citato fondo si segnala quella contemplata dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 4 del D.L. n. 74/2012 (introdotta dall’art. 10 del D.L. n. 83/2012), che prevede la predisposizione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, danneggiati dagli eventi sismici, con priorità per quelli adibiti all'uso scolastico o educativo per la prima infanzia, e delle strutture edilizie universitarie, nonché degli edifici municipali, delle caserme in uso all'amministrazione della difesa e degli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, formalmente dichiarati di interesse storico-artistico. Sono altresì compresi nel piano le opere di difesa del suolo e le infrastrutture e gli impianti pubblici di bonifica per la difesa idraulica e per l'irrigazione.
Articolo1,
comma 10-sexies
(Pensione anticipata per soggetti colpiti
da eventi alluvionali in Sardegna)
Il comma 10-sexies, introdotto al
Senato, prevede che per tre anni a decorrere dagli eventi alluvionali che hanno colpito la Sardegna (ossia fino al 19
novembre 2016), gli aderenti alle forme
pensionistiche complementari possono richiedere, in deroga alla normativa
vigente, un’anticipazione della
posizione individuale maturata.
In
particolare, si prevede che trovi applicazione, in via transitoria, la lettera a) dell’articolo 7 del decreto
legislativo n.252/2005, prescindendo quindi dal requisito minimo di 8 anni di
iscrizione.
L’articolo 7 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede che gli aderenti alle forme pensionistiche complementari possono richiedere un'anticipazione della posizione individuale maturata:
a) in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75 per cento, per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, è applicata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali (lettera a));
b) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75 per cento, per l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile, o per la realizzazione di specifici interventi di ristrutturazione, relativamente alla prima casa di abitazione, debitamente documentati. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento (lettera b));
c) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30 per cento, per ulteriori esigenze degli aderenti. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento(lettera c));
Le ritenute sono applicate dalla forma pensionistica che eroga le anticipazioni.
Articolo 1,
comma 11
(Interventi di bonifica e risanamento
ambientale nel SIN di Crotone)
Il comma 11 dispone l'assegnazione al Ministero dell'ambiente delle somme liquidate per il risarcimento del danno ambientale a favore dell'amministrazione dello Stato nel giudizio civile instaurato davanti al tribunale di Milano contro la società SYNDIAL (sentenza n. 2536 del 28 febbraio 2013) per gli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel SIN (sito di interesse nazionale) di Crotone.
Nel corso dell’esame al Senato, è stata soppressa la parte della disposizione che, nel testo originario del decreto-legge, prevedeva che tali interventi fossero realizzati con priorità nell'area archeologica Kroton.
Lo stesso comma demanda ad un apposito D.P.C.M., che dovrà essere emanato su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la nomina di un Commissario Straordinario ai sensi dell'art. 20 del D.L. n. 185/2008 (concernente, tra l’altro, l’introduzione di norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure di progetti del quadro strategico nazionale), l'individuazione delle attività del Commissario e la quantificazione del compenso dello stesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del D.L. n. 98/2011, che fissa il limite di 50.000 euro sia per la parte fissa che per quella variabile del compenso stesso.
Il SIN di Crotone-Cassano-Cerchiara è stato incluso nell’elenco dei siti di bonifica d’interesse nazionale con decreto ministeriale n. 468 del 2001. Con decreto ministeriale del 26 novembre 2002, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della L. n. 426/1998, è stato definito il perimetro del sito che si estende sulla terraferma per circa 530 ettari e a mare per 1.452 ettari (comprensivi di 132 ettari di area portuale). In esso rientrano aree pubbliche e private, nonché porzioni di territorio appartenenti alla provincia di Cosenza.
Nell'ambito della ridefinizione dell’elenco dei SIN, le aree da risanare di Crotone-Cassano-Cerchiara sono rimaste in tale elenco.
Relativamente al progetto di bonifica dell'area archeologica – che prevede un intervento di phitorimediation dei suoli contaminati -, in data 28 giugno 2006 il Ministero dell'ambiente, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione Calabria, hanno firmato l'Accordo di Programma Quadro in materia di tutela e risanamento ambientale per il territorio della Regione Calabria, nel quale sono stati programmati gli interventi di bonifica dell'area cosiddetta archeologica.
Come riferito dal Governo in data 3 ottobre 2013, in risposta all'interrogazione 5-01030, in data 5 marzo 2013, riunitosi il Tavolo dei Sottoscrittori dell'Accordo di Programma Quadro del 28 giugno 2006, è stata approvata la proposta di riprogrammazione dell'intervento finanziato, per l'importo originario stabilito (euro 6.964.446,98), con somme recuperate dalle economie accertate nell'ambito degli Accordi di Programma Quadro in materia di bonifiche e rifiuti, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2000/2006.
Sempre secondo quanto riferito dal Governo in data 3 ottobre 2013, il Tribunale civile di Milano, con sentenza n. 2536 del 28 febbraio 2013, passata in giudicato, ha condannato la società Syndial all'attuazione del Piano Operativo di Bonifica (POB) e al risarcimento del danno ambientale, per un importo di 56,2 milioni di euro a titolo di danno ambientale. Nella medesima sede è stato inoltre riferito che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, anch'essa parte in causa e destinataria del cinquanta per cento della somma liquidata dal giudice, concorderà l'utilizzo delle stesse per interventi di risanamento ambientale in loco.
Si ricorda che l'art. 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 ha previsto l’individuazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di investimenti pubblici, ivi inclusi quelli di pubblica utilità, con particolare riferimento agli interventi programmati nell'ambito del Quadro Strategico Nazionale, da assoggettare a procedure derogatorie. Pertanto, ha introdotto disposizioni volte a velocizzare le procedure per la realizzazione dell’investimento ricorrendo, da un lato, all’individuazione delle risorse finanziarie e alla fissazione di termini da rispettare per realizzazione dell’investimento stesso e, dall’altro, istituendo un commissario straordinario con il compito di vigilare su tutte le fasi dei procedimenti, con poteri di impulso e anche sostitutivi. Nel caso in cui non sia rispettato o non sia possibile rispettare i tempi stabiliti dal cronoprogramma, il commissario straordinario delegato ha l’obbligo di comunicare, senza indugio, le circostanze del ritardo al Ministro competente, ovvero al Presidente della regione o delle province autonome di Trento e di Bolzano. Qualora sopravvengano circostanze che impediscano, invece, la realizzazione totale o parziale dell'investimento, il commissario straordinario delegato propone la revoca dell'assegnazione delle risorse al Ministro competente ovvero al Presidente della regione o delle province autonome di Trento e di Bolzano. Si attribuiscono, inoltre, al commissario, per l’espletamento dei predetti compiti, i poteri – anche sostitutivi – degli organi ordinari e straordinari. A tal fine egli può derogare ad ogni disposizione vigente nel rispetto della normativa comunitaria sull’affidamento dei contatti pubblici nonché dei principi generali dell’ordinamento giuridico. I singoli decreti contengono l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare.
Si rammenta che l'art. 15, comma 3, del D.L. n. 98/2011 dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2012, il compenso dei commissari o sub commissari, individuati con il riferimento alle vari fonti normative che li prevedono - e fra queste anche il menzionato D.L. n. 185/2008, sulla base del quale nell'articolo qui in esame si prevede la nomina del commissario straordinario - è composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50.000 euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50.000 mila euro annui.
Da ultimo, relativamente alla disciplina del danno ambientale, si rammenta che è in corso di esame alla Camera l’articolo 17 del disegno di legge europea 2013 bis (AC 1864), che modifica in più punti la predetta disciplina, incidendo sulle fattispecie giuridiche di riferimento e sulla qualificazione del danno, sull’azione risarcitoria e sulle misure preventive e di ripristino, nonché sulla riassegnazione delle somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale medesimo. Le modifiche si traducono in gran parte in una serie di novelle alle disposizioni del D.Lgs. n. 152/2006 (norme in materia ambientale, cd. Codice ambientale), alcune delle quali già modificate dall’art. 25 della legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 97). Le norme precedentemente indicate sono state adottare al fine di superare le censure mosse dalla Commissione europea con la procedura di infrazione 2007/4679. L’articolo 317, comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006, prevede che le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale disciplinato dalla parte sesta del medesimo decreto legislativo, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per essere destinate alla realizzazione delle misure di prevenzione e riparazione in conformità alle previsioni della direttiva 2004/35/CE ed agli obblighi da essa derivanti. L’articolo 17, comma 5, del disegno di legge europea bis novella il citato art. 317, comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006.
Articolo 1,
commi 11-bis – 11-septies
(Contributi vari a comuni per interventi
di restauro e infrastrutturali)
I commi da
11-bis a 11-septies dell’articolo 1,
inseriti nel corso dell’esame al Senato, recano una serie di stanziamenti a
vari comuni per la realizzazione di interventi di restauro e messa in sicurezza
di edifici pubblici, nonché di carattere infrastrutturale.
In particolare, il comma 11-bis proroga per
il 2013 il termine di cui al comma 1
dell’articolo 14-bis del D.L. n. 216/2011,
relativo agli interventi a favore del comune di Pietrelcina per il miglioramento delle strutture di accoglienza dei
pellegrini e delle strutture necessarie per l'accesso dei visitatori da
realizzare nel limite di spesa di 500.000
euro.
Si ricorda che l’art. 1 della
legge 80/2001, al comma 1, ha previsto un contributo di 5 miliardi di lire
(circa 2,5 milioni di euro) per gli anni 2001 e 2002 a favore del comune di
Pietrelcina. Tale contributo, in particolare, era finalizzato alla
predisposizione di idonei servizi e di locali di accoglienza dei pellegrini,
nonché del miglioramento delle strutture necessarie per l'accesso dei
visitatori. La medesima disposizione, al comma 3, ha riservato inoltre al
medesimo comune, per ciascuno degli anni dal 2001 al 2006[39], un
contributo integrativo annuo non superiore a lire 3 miliardi, in sede di
ripartizione dei contributi erariali agli enti locali, sulla eventuale quota di
incremento annuale dei contributi stessi.
L’art. 3-bis del D.L. 300/2006 ha prorogato al 31 dicembre 2009 il
termine per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 1 della citata
legge 80/2001, assegnando al comune di Pietrelcina, per la realizzazione degli
interventi citati, un contributo di 1,5
milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. L’art. 3-bis stabiliva, inoltre, al comma 1 che
“gli interventi di cui all'articolo 1 della legge 14 marzo 2001, n. 80, possono
essere realizzati entro il 31 dicembre 2009”.
Il comma 5-bis dell’art. 7 del D.L.
n. 194/2009 ha prorogato per gli
anni 2010 e 2011 il termine di cui all’art. 3-bis, comma 1, del D.L. 300/2006 relativo agli interventi a favore del Comune di Pietrelcina di miglioramento delle
strutture di accoglienza dei pellegrini nel
limite di 500.000 euro annui per il 2010 e 2011. Tale termine è stato, da
ultimo, prorogato per il 2012 dall’articolo 14-bis del D.L. 216/2011, termine modificato dalla norma in
commento.
Il comma
11-ter assegna per l'anno 2013 al Comune di Marsciano un contributo straordinario di 1 milione di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici inagibili, colpiti
dal sisma del 15 dicembre del 2009 verificatosi nella Regione Umbria, presenti nel suo territorio.
Per quanto riguarda i gravi
eventi sismici che hanno colpito parte del territorio della regione Umbria il
giorno 15 dicembre 2009, lo stato di emergenza è stato dichiarato con il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 2009[40]. Successivamente con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 3 marzo 2010, n. 3853, sono stati previsti interventi urgenti a
favore del comune di Marsciano (Perugia), maggiormente colpito dagli eventi
sismici (art. 1, comma 2)[41], e la nomina del presidente della regione Umbria a Commissario delegato
(art. 1, comma 1), al fine di adottare, entro 30 giorni dalla data di
pubblicazione dell’ordinanza medesima, un piano di interventi straordinari per
il ripristino degli edifici pubblici e privati destinati ad abitazione
principale o all'esercizio di impresa o professione e delle infrastrutture
danneggiate, e per la ricostruzione degli immobili distrutti o gravemente
danneggiati dal sisma (art. 1, comma 3). In particolare, per il borgo storico
di Spina del comune di Marsciano gli interventi sono stati attuati attraverso
un programma integrato di recupero, per il quale l’art. 67–sexies, comma 3, del D.L. n.
83/2012 ha previsto l’assegnazione di 20 milioni di euro per il 2012 e 15
milioni per il 2013, derivanti dalle risorse previste dall'articolo 16, comma
1, della legge 6 luglio 2012, n. 96, che ha destinato i risparmi derivanti
dalla riduzione dei contributi pubblici per le spese sostenute dai partiti e
dai movimenti politici ad interventi conseguenti ai danni provocati da eventi
sismici e calamità naturali che hanno colpito il territorio nazionale a partire
dal 1° gennaio 2009.
Da ultimo, si ricorda che l'art. 18 del D.L. n. 69/2013, ha
autorizzato la spesa di 150 milioni di euro per l'anno finanziario 2014 (comma
8-ter) e la destinazione di 300
milioni da parte dell’INAIL per il triennio 2014-2016 (comma 8), al fine di
attuare misure urgenti di riqualificazione e di messa in sicurezza delle
istituzioni scolastiche statali. Con il D.M. 5 novembre 2013 n. 906, emanato in
attuazione del citato comma 8-ter,
sono stati assegnati agli enti locali della regione Umbria 2,5 milioni.
Il comma
11-quater assegna, per l'anno 2013, al Comune di Sciacca un contributo straordinario di 1 milione di euro per il restauro e la
messa a norma del Palazzo municipale.
Il comma
11-quinquies assegna, per l'anno 2013, al Comune di
Menfi un contributo straordinario pari a 500 mila euro per il restauro della torre anticorsara di Portopalo e per il consolidamento del costone
franoso.
Il comma
11-sexies assegna, per l'anno 2013, al Comune di
Frosinone un contributo straordinario di 1 milione di euro per la ricostruzione del viadotto Biondi e alla messa in sicurezza dell'area urbana
interessata dalla frana verificatasi nel mese di marzo 2013, nonché
dell'edificio sede della prefettura.
Il comma 11-septies stabilisce che per la copertura delle spese disposte dai commi precedenti, pari complessivamente a 4 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione, per il medesimo anno, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54
Articolo 1, comma
11-octies
(Contributo straordinario alla Provincia
di Pescara per danni conseguenti agli eccezionali eventi alluvionali)
Il comma 11-octies, inserito nel corso dell’esame al Senato, assegna alla Provincia di Pescara un contributo straordinario di 3 milioni di euro per l'anno 2013, per il finanziamento degli interventi urgenti diretti a fronteggiare i danni derivanti dagli eccezionali eventi alluvionali dei giorni 1 e 2 dicembre 2013.
La norma prevede che alla copertura del relativo onere si provvede a valere sulle risorse disponibili, per il medesimo anno, del capitolo 1496 (rimborso alle Poste italiane S.p.A. dei maggiori oneri sostenuti per le agevolazioni tariffarie concesse in relazione allo svolgimento delle consultazioni elettorali), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine, le relative risorse disponibili sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate ad apposito capitolo che verrà istituito nel medesimo stato di previsione per la sopraindicata finalità.
Si segnala che non
risulta dichiarato lo stato di emergenza ai sensi e per gli effetti dell'art.
5, commi 1 e 1-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, per gli eventi alluvionali che
hanno colpito la provincia di Pescara nel mese di dicembre 2013.
Articolo 1,
comma 11-novies
(Attuazione dell'Accordo di programma per
la messa in sicurezza e la bonifica dell'area SIN di Brindisi)
Il comma 11-novies dell’articolo
1, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede l’assegnazione, per l’anno 2014, di 25 milioni
di euro, nell’ambito della
programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per l’attuazione
dell’accordo di programma per la messa
in sicurezza e la bonifica dell'area del sito di interesse nazionale (SIN) di Brindisi. Alla predetta assegnazione si provvede con una delibera del CIPE, che dovrà essere
adottata su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, previa istruttoria congiunta con il Dipartimento per lo sviluppo e
la coesione e il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è tenuto a
presentare al CIPE una relazione semestrale sullo stato di attuazione degli
interventi di cui al presente comma.
Si segnala che il comma 5-septies
dell’articolo unico del disegno di legge di stabilità 2014, inserito nel corso
dell’esame alla Camera, reca un’analoga disposizione concernente l’assegnazione
di risorse all’area SIN di Brindisi a valere sulle risorse del Fondo per lo
sviluppo e la coesione. In proposito, si segnala che la disposizione presente
nel disegno di legge di stabilità non specifica l’annualità di assegnazione
delle risorse nell’ambito della programmazione delle risorse del fondo per gli
anni 2014-2020, mentre nella disposizione in commento viene specificato che lo
stanziamento è assegnato nell’anno 2014.
Il sito di interesse nazionale di Brindisi è stato
definito tale con la legge n. 426/98 e successivamente perimetrato con decreto ministeriale del 10 gennaio 2000, ai sensi
dell’articolo 1, comma 4, della predetta legge. Il S.I.N. ha un’ estensione
complessiva di 145 km quadrati, distribuiti in circa 21 km quadrati di aree
private, 93 km quadrati di aree pubbliche di cui 56 km quadrati di aree marine,
il cui sviluppo costiero è circa 30 km quadrati.
Il 18 dicembre 2007 è stato siglato un accordo di programma tra il Ministero
dell’Ambiente, il Commissario delegato per l’emergenza ambientale, la regione
Puglia, la provincia di Brindisi, il comune di Brindisi e l’autorità portuale
di Brindisi per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e
bonifica delle aree comprese nel SIN.
Articolo 1,
commi 12-14
(Ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato)
Il comma
12 integra l’articolo 259 del testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL), che reca la disciplina dell'ipotesi di bilancio di previsione
stabilmente riequilibrato, che gli enti in dissesto sono tenuti a
presentare al Ministro dell'interno entro
il termine perentorio di tre mesi d alla
data di emanazione del decreto (D.P.R.) di nomina dell'organo straordinario di
liquidazione, previsto dall'articolo
252 del TUEL.
Secondo le disposizioni dettate dal capo IV del Titolo VIII del TUEL (artt. 259-263), il bilancio stabilmente riequilibrato, approvato e presentato al Ministero nei termini sopra detti, deve riferirsi all’esercizio finanziario successivo a quello nel corso del quale è stato dichiarato il dissesto, qualora per tale anno sia stato approvato il bilancio di previsione[42], oppure all’esercizio in corso qualora non sia stato approvato il bilancio di previsione.
Il comma 1-bis dell’articolo 259 del TUEL - che è stato introdotto
dall’articolo 10, comma 4-bis, del D.L. n. 35/2013 - ha derogato a tali
disposizioni, stabilendo che nei casi in cui la dichiarazione di dissesto viene adottata nel corso del secondo semestre dell'esercizio
finanziario per il quale risulta non essere stato ancora validamente deliberato
il bilancio di previsione[43], o
sia adottata nell'esercizio successivo, l’ipotesi di bilancio che il Consiglio dell'ente presenta all'approvazione del Ministro
dell'interno deve essere tale da garantire
l'effettivo riequilibrio entro il
secondo esercizio.
Il comma 12 reca un comma aggiuntivo 1-ter
nell’articolo 259 del TUEL volto a derogare
alle norme vigenti, stabilendo che negli enti
con popolazione superiore a 60.000
abitanti che abbiano posto in essere misure di riduzione dei costi dei servizi e di razionalizzazione degli organismi e delle società partecipati i cui costi incidono sul bilancio dell'ente,
nel caso in cui il riequilibrio del bilancio sia significativamente
condizionato dall'esito di tali misure, l'ente
può raggiungere l'equilibrio entro
l'esercizio in cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e
la razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati e comunque entro tre anni, compreso quello in cui è
stato deliberato il dissesto.
Fino al
raggiungimento dell'equilibrio, l'organo di revisione economico-finanziaria
dell'ente è tenuto a trasmettere al Ministero dell'interno, entro 30 giorni
dalla scadenza di ciascun esercizio, una relazione
sull'efficacia delle misure adottate e sugli obiettivi raggiunti
nell'esercizio.
Si evidenzia che la Relazione Tecnica intitola
il commento a quanto disposto nel comma 12 in esame al Comune di Alessandria.
L'ipotesi di bilancio, si ricorda, è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.
Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. All’organo straordinario di liquidazione è demandata la competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Esso provvede pertanto alla: rilevazione della massa passiva; all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; alla liquidazione e pagamento della massa passiva.
L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.
Si ricorda, infine, che l’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).
Nel corso dell’esame al Senato, il comma 12 è stato modificato al fine di introdurre una
ulteriore norma di deroga alla
normativa in tema di piano di riequilibrio, che riguarda gli enti locali che non siano riusciti a
raggiungere l'equilibrio nel
rispetto dei limiti temporali imposti dalle norme vigenti.
In particolare, è stato inserito un ulteriore
comma aggiuntivo 1-quater nell’articolo 259 del TUEL il quale prevede - per gli
enti che non abbiano raggiunto l’equilibrio di bilancio - che, nel caso di insediamento di sindaci, o
presidenti di provincia e di consigli comunali o provinciali, nell'esercizio successivo a quelli consentiti per il riequilibrio,
l’ente può raggiungere l'equilibrio,
in deroga alle norme vigenti, entro
l'esercizio nel quale si insediano i sindaci, o presidenti di provincia, ed
i consigli comunali, o provinciali, eletti, e comunque entro tre anni,
compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto.
La norma dispone, altresì, che agli organi istituzionali insediatisi in
esercizi successivi a quelli entro cui raggiungere il riequilibrio non si applica quanto disposto dall'articolo 262 del TUEL, di cui al decreto
legislativo n. 267/2000, che prevede lo scioglimento dei consigli
comunali e provinciali in caso di
inosservanza degli obblighi
relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato e l’attribuzione al
commissario dei poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione
dell’ente.
In particolare, il citato articolo 162 prevede che l'inosservanza dei seguenti termini: a) per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, b) per la risposta ai rilievi formulati su tale ipotesi dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, cui all'articolo 261, comma 1, del TUEL, c) per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio in caso di parere sfavorevole della Commissione idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole, di cui all'articolo 261, comma 4; nonché l'emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno della nuova ipotesi di bilancio rientra tra le ipotesi che giustificano lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera a) del TUEL[44].
Il comma 2 dell’articolo 262 prevede inoltre, che nel caso di emanazione del provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno della nuova ipotesi di bilancio, sono attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
In
merito a tale ultima disposizione, si osserva che essa dispone la
disapplicazione dell’articolo 162 del TUEL agli organi istituzionali
“insediatisi in esercizi successivi” a quelli entro cui raggiungere il
riequilibrio e non soltanto a quelli insediatisi nell’esercizio successivo, con
una portata più ampia rispetto a quanto previsto dal primo periodo del comma
1-quater dell’articolo 259 del TUEL, qui inserito, che consente la disciplina derogatoria dei termini entro i
quali raggiungere l’equilibrio di bilancio medesimo soltanto nel caso di
insediamento degli organi nell'esercizio successivo a quelli consentiti per il
riequilibrio.
Il comma
13 riguarda che enti che si trovano nelle condizioni dei cui al nuovo comma
1-ter dell'articolo 259 del TUEL, ed
è finalizzato a posticipare per essi al
terzo esercizio successivo a quello di raggiungimento dell'equilibrio anche
l’applicazione della sanzione per il
mancato rispetto del patto di
stabilità nell’anno 2012.
In particolare, la norma dispone, per gli
enti che presentano le caratteristiche di cui al comma precedente, che la
sanzione prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183/2011,
consistente nella riduzione di risorse erariali[45] -
che dovrebbe applicarsi nell’anno successivo alla inadempienza - sia irrogata
dal Ministro dell'interno nel terzo esercizio successivo a quello di
raggiungimento dell'equilibrio.
Tale disposizione, che, per gli enti in
questione, fa slittare in avanti l’applicazione della sanzione che avrebbe
dovuto essere applicata nell’anno 2013, comporta effetti negativi quantificati dal comma 14 in 670.000 euro.
Secondo quanto esposto nella Relazione
tecnica, tale onere corrisponderebbe all’importo della sanzione prevista per gli
enti locali nell’anno 2013, atteso che gli spazi finanziari recuperati a valere
sulla predetta sanzione, in applicazione del meccanismo della premialità[46],
devono essere destinati alla riduzione degli obiettivi finanziari 2013 degli
altri enti.
Alla copertura finanziaria di tali oneri si
provvede mediante corrispondente riduzione, nell'anno 2013, del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244, istituito
per favorire l’assunzione nelle
pubbliche amministrazioni di personale
civile già alle dipendenze di organismi militari della
Comunità atlantica.
In relazione alla disposizione citata, si ricorda
che il Parlamento, a seguito della sottoscrizione dei patti di intesa tra
Governo italiano e Governo statunitense relativo alle infrastrutture in uso
alle forze militari USA, ha approvato la legge 9 marzo 1971, n. 98, in cui
all'articolo 1 si prevede che i cittadini italiani che prestavano la loro opera
nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Comunità
atlantica e che successivamente siano stati o siano licenziati in conseguenza
di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, sono assunti
nelle amministrazioni dello Stato.
Successivamente la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per
il 2008), all'articolo 2, commi 100 e 101, ha esteso i benefici della legge n.
98 del 1971, consentendo a chi avesse maturato un anno di servizio al 31 dicembre
2006 di accedere, in soprannumero e sovra organico, all'interno della pubblica
amministrazione, secondo uno speciale procedimento di accesso al pubblico
impiego.
Articolo 1, comma
12-bis
(Piano triennale razionalizzazione della
spesa)
La norma autorizza le
regioni a realizzare progetti
sperimentali per la predisposizione del Piano triennale di razionalizzazione e riqualificazione della spesa
2014-2016, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento delle
strutture regionali e previsto dall'articolo 16, commi 4 e 5, del D.L. n. 98/2011
nell'ambito delle misure di contenimento delle spese delle pubbliche
amministrazioni.
Il citato articolo 16,
comma 4, autorizza le amministrazioni pubbliche (definite ed elencate all'art.
1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001[47]) ad adottare, entro il 31 marzo di ogni anno, piani triennali di razionalizzazione e
riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione
amministrativa, di semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi
della politica e di funzionamento, ivi compresi gli appalti di servizio, gli
affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone
giuridiche. I piani devono indicare la spesa sostenuta a legislazione vigente
per ciascuna delle voci di spesa interessate e i correlati obiettivi in termini
fisici e finanziari.
La norma in esame elenca
il contenuto puntuale del piano, che deve:
§
indicare le concrete misure di razionalizzazione finalizzate alla
eliminazione degli sprechi e delle inefficienze;
§
intervenire, prioritariamente,
sui processi di informatizzazione, digitalizzazione e semplificazione delle
procedure amministrative con conseguente abbattimento dei relativi costi, in applicazione di quanto
disposto dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 82/2005 (Codice
dell'amministrazione digitale), recante le norme sulla digitalizzazione e
riorganizzazione amministrativa e procedurale delle pubbliche amministrazioni;
§
specificare la spesa storica,
sostenuta a legislazione vigente per ciascuna delle voci di spesa interessate, nonché i
correlati obiettivi finanziari di risparmio;
§
attestare la natura
strutturale e permanente delle economie aggiuntive, rispetto a quelle previste
dalla normativa vigente ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
La norma dispone inoltre
che le eventuali economie aggiuntive
realizzate con il piano, con riferimento a ciascuna voce di spesa, possono
essere utilizzate annualmente per la
contrattazione integrativa del personale dirigenziale e non dirigenziale nell'importo massimo del 30 per cento.
La normativa vigente,
non modificata dalle norme in esame, al citato comma 5 del D.L. n. 98/2011 dispone che le eventuali economie
aggiuntive realizzate (con il piano di cui al comma 4) rispetto a quelle già
previste dalla normativa vigente dall’articolo 12 dello stesso D.L. (in materia
di acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici) e dallo
stesso articolo 16 possono essere utilizzate annualmente, nell'importo massimo
del 50%, per la contrattazione integrativa, di cui il 50% destinato alla
erogazione dei trattamenti accessori collegato alla performance individuale di
cui all'articolo 19 del D.Lgs. n. 150/2009, n. 150.
La restante quota è versata annualmente dagli enti e dalle
amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo
dell'entrata del bilancio dello Stato. Tale disposizione non si applica agli
enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province
autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale.
Le suddette eventuali economie aggiuntive sono utilizzabili solo se a
consuntivo è accertato, con riferimento a ciascun esercizio, dalle
amministrazioni interessate, il raggiungimento degli obiettivi fissati per
ciascuna delle singole voci di spesa previste nei piani di razionalizzazione e
i conseguenti risparmi.
I risparmi devono essere certificati, ai sensi della normativa vigente,
dai competenti organi di controllo.
In relazione ai risparmi realizzati attraverso la cosiddetta
digitalizzazione e la riorganizzazione
dei procedimenti amministrativi e delle attività gestionali (di cui al citato
art. 15, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 82/2005) il comma in esame dispone che essi
siano utilizzati in misura pari a due
terzi per i premi di efficienza del personale previsti dall'articolo 27,
comma 1, del decreto legislativo n. 150/2009, n. 150 secondo criteri generali
definiti dalla contrattazione collettiva integrativa.
In ogni caso, i fondi
per la contrattazione integrativa del personale dirigenziale e non dirigenziale
possono essere incrementati dei risparmi derivanti dalle economie aggiuntive di
cui alla norma in esame, in misura non superiore al 10 per cento delle risorse
fisse, dei predetti fondi, aventi carattere di certezza e stabilità.
La norma in esame
dispone, infine, sul monitoraggio e sullo stato di attuazione del progetto
sperimentale e sulla concreta attuazione del "Piano triennale di
razionalizzazione e riqualificazione della spesa 2014-2016" da parte della
Ragioneria generale dello Stato che trasmette alla Corte dei Conti le
informazioni relative ai risultati conseguiti.
Articolo 1,
comma 12-ter
(Vincoli alla contrattazione integrativa
degli enti territoriali)
Il comma
12-ter, introdotto al Senato, obbliga le Regioni e gli enti locali
che abbiano superato i vincoli ed i limiti finanziari posti alla contrattazione integrativa, al recupero delle somme indebitamente erogate al personale
mediante il graduale riassorbimento delle stesse.
Il recupero delle somme, graduale e in quote
annuali costanti, viene stabilito dal Ministero dell'economia e delle finanze
(Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato) d'intesa con la Presidenza
del Consiglio dei ministri (Dipartimento della Funzione pubblica), fino ad un
massimo di cinque annualità, nelle
sessioni negoziali successive a valere sulle risorse finanziarie
rispettivamente destinate alla contrattazione integrativa.
In tali casi, si prevede l’ulteriore obbligo, sempre per le Regioni e gli enti locali, di adottare misure di contenimento della
spesa per il personale mediante l'attuazione di piani di riorganizzazione finalizzati alla razionalizzazione e allo
snellimento delle strutture burocratico-amministrative (anche attraverso
accorpamenti di uffici) con contestuale riduzione
delle dotazioni organiche del personale dirigenziale in misura non inferiore al 20% e della spesa
complessiva del personale non dirigenziale in misura non inferiore al 10%.
Nel caso in cui in seguito ai richiamati piani di
riorganizzazione si verifichino posizioni di sovrannumero, la norma prevede per tale personale (al fine di
conseguire l'effettivo contenimento della spesa) l’applicazione delle specifiche disposizioni di cui all'articolo 2, commi 11, 12 e 18, del D.L. n.
95/2012.
Per le unità di personale in
soprannumero all'esito delle riduzioni di organico, l’articolo 2, comma 11, del D.L. n. 95/2012 ha disposto che le
amministrazioni (fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di
assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in
servizio), possano coprire i posti vacanti nelle altre aree (da computarsi al
netto di un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario al
complesso di specifiche unità soprannumerarie), previa autorizzazione, secondo
la normativa vigente, e verifica, da parte della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell'economia e
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche sul
piano degli equilibri di finanza pubblica, della compatibilità delle assunzioni con il piano di esubero (v. infra) e fermo restando quanto disposto
dal successivo articolo 14, comma 7 (vedi infra).
Per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito
delle riduzioni, le amministrazioni, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, avviano le procedure di
cui all'articolo 33 del DLgs. 165/2001[48], secondo
i seguenti criteri di priorità:
§
applicazione ai lavoratori in soprannumero che risultino
in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del
diritto di accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla
disciplina vigente prima dell’entrata
in vigore dell’articolo 24 del D.L. n. 201/2011, avrebbero comportato la
decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2015, dei requisiti
anagrafici e di anzianità contributiva (nonché del regime delle decorrenze)
previsti dalla predetta disciplina pensionistica ed applicazione, senza
necessità di motivazione, dell’istituto
della risoluzione del rapporto di lavoro (ex articolo 72, comma 11 del D.L. 112/2008 (lettera a))[49];
§
obbligo per le amministrazioni che presentino
sovrannumeri di predisporre un piano
entro il 31 dicembre 2013 contenente la previsione delle cessazioni dal servizio, tenuto conto di quanto previsto alla precedente lettera a), indicando i tempi per il riassorbimento delle posizioni
soprannumerarie. In particolare, le amministrazioni dovranno individuare i
sovrannumeri non riassorbibili entro tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2013
(quindi, entro il 1° gennaio 2016), al netto dei collocamenti a riposo di cui
alla lettera a) (lettere b) e c));.
§
dopo l’individuazione delle posizioni soprannumerarie non
riassorbibili ai sensi della precedente lettera c), obbligo per le amministrazioni interessate di avviare, per tali posizioni, procedure di mobilità, anche
intercompartimentale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie e in
coerenza con i documenti di programmazione dei fabbisogni dei personale.
Destinatarie della mobilità sono le amministrazioni che presentino consistenti
vacanze di organico. In analogia a quanto previsto da disposizioni similari,
vengono previste disposizioni ordinamentali volte a consentire per il personale
transitato in mobilità il mantenimento del trattamento previdenziale, di quello
economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e
continuative, e le relative tabelle di equiparazione (lettera d));
§
dichiarazione di
eccedenza per il personale di cui alla precedente lettera c) che presenti maggiore
anzianità contributiva e non sia destinatario delle misure di cui alle
precedenti lettere. Per tale personale vengono definiti criteri e tempi di
utilizzo di forme contrattuali a tempo
parziale, sentite le organizzazioni sindacali. I contratti di part time vengono definiti in
proporzione alle eccedenze prevedendo il graduale riassorbimento all’atto delle
cessazioni dal servizio, a qualunque titolo, e portando comunque a
compensazione i contratti part-time
del restante personale (lettera e)).
Il
successivo comma 12 ha previsto che
qualora il personale non sia riassorbibile con il pensionamento, la mobilità o
il part-time, l'amministrazione dichiari l'esubero comunque non oltre il 31 dicembre 2013. Inoltre,
si estende fino a 48 mesi il periodo previsto all’articolo 33, comma 8 del
D.Lgs. n. 165/2001, (che si riferisce al diritto all'indennità pari all'80%
dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di
qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per il personale
collocato in disponibilità che in tale lasso di tempo maturi i requisiti per il
pensionamento).
Infine,
il comma 18 concerne il ruolo delle organizzazioni sindacali
nei processi di riorganizzazione degli uffici di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n.
165/2001. A tal fine, da un lato si prevede che nell’organizzazione degli
uffici, come nella determinazione
delle dotazioni organiche, le organizzazioni sindacali rappresentative siano
previamente consultate; dall’altro, nei
casi di esuberi o di processi di mobilità, al fine di assicurare obiettività e
trasparenza, si prevede che le pubbliche amministrazioni siano tenute a darne
informazione, ai sensi del richiamato articolo 33 del D.Lgs. n. 165/2001, alle
organizzazioni sindacali rappresentative del settore interessato al fine di elaborare
con loro i criteri per l'individuazione degli esuberi o sulle modalità per i
processi di mobilità.
Per le cessazioni
dal servizio derivanti dalle disposizioni in esame trovano applicazione le
disposizioni di cui all’articolo 14, comma 7, del D.L. n. 95/2012.
L’articolo 14, comma 7, del D.L.
n. 95/2012 prevede che le cessazioni dal servizio per collocamenti
anticipati a riposo di lavoratori in posizione di soprannumero (in applicazione
del precedente articolo 2, comma 11, lettera a)) possano essere calcolate, una volta trascorso il tempo
corrispondente al raggiungimento dei più elevati requisiti pensionistici
previsti dalla legge di riforma (articolo 24, del D.L. n. 214/2011), come
risparmio utile al fine di individuare le disponibilità finanziarie da
destinare a nuove assunzioni (ossia il budget assunzionale).
Infine, è previsto l’obbligo, per le amministrazioni, di comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ai fini del relativo monitoraggio, l'adozione dei piani obbligatori di riorganizzazione e le specifiche misure previste dai medesimi per il contenimento della spesa per il personale.
Articolo 1, comma
14-bis
(Proroga del termine per l’affidamento a
un’unica centrale
di committenza per i comuni con popolazione non superiore
a 5.000 abitanti)
Il comma-14-bis dell’articolo 1, inserito nel corso dell’esame al Senato, proroga dal 31 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 il termine a decorrere dal quale i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti devono obbligatoriamente affidare ad un'unica centrale di committenza l'acquisizione di lavori, servizi e forniture.
In particolare, la norma modifica l’articolo 5-ter del D.L. n. 43/2013 che aveva già prorogato al 31 dicembre 2013 il termine inizialmente fissato il 31 marzo 2012 dall’art. 23, comma 5, del D.L. n. 201/2011 e, successivamente, differito al 31 marzo 2013 dall'articolo 29, comma 11-ter, del D.L. n. 216/2013[50].
Si ricorda che il citato art. 23, commi 4 e 5, del decreto legge n. 201/2011, con l’introduzione del comma 3-bis all’art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contatti pubblici), ha introdotto l’obbligo per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna provincia di affidare ad un'unica centrale di committenza[51] l'acquisizione di lavori, servizi e forniture nell'ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, (sulla base di una modifica apportata dall'art. 1, comma 4, D.L. n. 95/2012), gli stessi comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, comprese le convenzioni Consip, nonché il mercato elettronico delle P.A. La finalità della norma è quella di consentire un’aggregazione della domanda al fine di ridurre i costi di gestione.
Nel disegno di legge di stabilità per il 2014, in esame alla Camera (A.C. 1865-A), il comma 217-bis dell’articolo unico ha modificato ulteriormente il citato comma 3-bis dell'articolo 33 del D.Lgs. n. 163/2006, escludendo dall’obbligo di aderire alla centrale di committenza unica (per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti):
§ le acquisizioni di lavori, servizi e forniture effettuate in economia mediante amministrazione diretta;
§ lavori, servizi o forniture di importo inferiore a quarantamila euro, effettuati mediante cottimo fiduciario con affidamento diretto a terzi da parte del responsabile del procedimento.
Articolo 1,
comma 15
(Pagamenti
ASL)
Il comma
15, modificando l’articolo 1,
comma 5, del D.L. n. 9/1993 (Disposizioni
urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 67/1993, interviene sulla disciplina relativa alle somme degli enti e
delle aziende sanitarie che non possono essere oggetto di esecuzione forzata.
Tale modifica - come osserva la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge - è connessa alla recente sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2013, la quale ha dichiarato illegittime le norme transitorie - di cui all’articolo 1, comma 51, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) - che ponevano, fino al 31 dicembre 2013, il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari e già commissariate. Ad avviso della Corte, infatti, a presidio dell’esigenza di garantire l’erogazione delle funzioni essenziali connesse al SSN vi sarebbero le previsioni dell’articolo 1, comma 5, del citato D.L. n. 9/1993, in base al quale è assicurata la impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari, nonché al pagamento degli stipendi e delle competenze spettanti al personale.
In primo luogo, le modifiche introdotte, modificando il comma 5 del citato decreto-legge, specificano che la disciplina (a regime) vigente concerne - oltre le aziende sanitarie locali e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - anche le aziende ospedaliere ed esplicitano che l'organo amministrativo degli enti interessati, con deliberazione adottata per ogni trimestre, quantifica preventivamente le somme escluse da ogni procedura di esecuzione forzata. Queste ultime, in base alla disciplina già vigente, sono costituite dagli importi delle risorse (dovute a qualsiasi titolo agli enti ed aziende sanitari in esame) corrispondenti agli stipendi ed alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o convenzionato, nonché dai fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell'erogazione dei servizi sanitari, definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Questa previsioni sono state introdotte in accoglimento di una precedente sentenza della stessa Corte, la n. 285 del 1995.
In secondo luogo, mediante l’introduzione di un comma 5-bis, si prevede che la deliberazione suddetta, contestualmente alla sua adozione, sia comunicata, mediante posta elettronica certificata, all'istituto gestore del servizio di tesoreria o di cassa e che, dalla data della predetta comunicazione, il tesoriere sia obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell'ente o azienda indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale. Le novelle esplicitano altresì - in conformità al dispositivo della citata sentenza della Corte costituzionale n. 285 del 1995 - che, dalla data di adozione della deliberazione, l'ente può emettere mandati esclusivamente in base ai titoli vincolati, seguendo l'ordine cronologico delle fatture o, se non è prescritta fattura, l'ordine cronologico delle date delle deliberazioni di impegno.
Articolo 1,
commi 16 e 17
(Pagamenti
debiti PA)
Il comma 16 reca modifiche all’articolo 7 del D.L. n. 35/2013, relativamente alle modalità di comunicazione da parte delle amministrazioni pubbliche dell’importo dei pagamenti non effettuati relativi ai debiti certi, liquidi ed esigibili in essere alla data della comunicazione, con riferimento alle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali.
La suddetta comunicazione deve avvenire mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni ed in caso di superamento del termine di decorrenza degli interessi moratori.
In particolare, l’articolo in esame, alla lettera a), sostituisce il comma 4-bis, dell’articolo 7 del D.L. n. 35/2013, il quale prevedeva, a decorrere dall’anno 2014, la trasmissione annuale, entro il 30 aprile di ciascun anno, mediante la piattaforma elettronica, dell’elenco dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre dell’anno precedente, da parte delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti[52]. In caso di inadempimento, si prevedeva l’applicazione ai dirigenti responsabili di una sanzione pecuniaria.
Il nuovo testo del comma 4-bis pone, invece, a decorrere dal 30 aprile 2014, un obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, debitrici di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali di comunicare, mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, sulla base dei dati trasmessi dai creditori anche a mezzo fattura elettronica, l’importo dei pagamenti non effettuati relativi ai debiti certi, liquidi ed esigibili in essere alla data della comunicazione, per i quali sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi moratori.
Si rileva che rispetto alla precedente formulazione:
1) l’obbligo di comunicazione viene dunque esteso a tutti gli enti e organismi rientranti nel conto economico consolidato della P.A., come individuato ai sensi della legge di contabilità pubblica.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 2 della legge n. 196/2009 - ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica – dispone che per amministrazioni pubbliche si intendono, a decorrere dall'anno 2012:
- gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT nell’elenco degli enti ed organismi del conto economico consolidato della pubblica amministrazione, annualmente pubblicato dal medesimo Istituto. L’ultimo elenco è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 229 del 30 settembre 2013[53];
- le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[54].
Con riferimento alle P.A. in questione, si ricorda che per esse vige già l’obbligo di registrazione alla piattaforma elettronica ai fini della comunicazione dell’elenco completo dei debiti per somministrazioni forniture e appalti e prestazioni professionali certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ai sensi del comma 7-ter dell’articolo 7 del D.L. n. 35/2013, entro il termine del 5 settembre 2013.
Sarebbe
pertanto opportuno un coordinamento tra le due disposizioni, quella introdotta
dal comma in esame e quella già contenuta al comma 7-ter dell’articolo 7, posto
che entrambe prevedono l’obbligo di una comunicazione da parte delle P.A. circa
i debiti per somministrazioni forniture,
appalti e prestazioni professionali, tanto più che il successivo comma
4-ter precisa, riguardo ai contenuti della comunicazione di cui al comma 4-bis,
che essa deve contenere anche l'evidenza dei debiti maturati alla data del 31
dicembre 2012.
2) la comunicazione riguarda i pagamenti non effettuati relativi ai debiti certi, liquidi ed esigibili in essere alla data della comunicazione, per i quali sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi moratori. Le comunicazioni devono essere effettuate entro sessanta giorni dalla scadenza di tale termine.
Per quanto concerne gli interessi moratori, si ricorda che il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, recante Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, come novellato dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, attuativo della successiva Direttiva 2011/7/UE[55] del 16 febbraio 2011, sostitutiva di quella del 2000, prevede che i creditori della P.A. (nella quale rientrano gli enti statali e territoriali, gli enti pubblici non economici e altri enti di diritto pubblico esplicitamente menzionati) hanno diritto alla corresponsione di interessi moratori, salvo che si dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo sia stato determinato dall’impossibilità della prestazione per causa non imputabile all’ente della P.A. Secondo il citato articolo 4, come sostituito dalla lett. d) del comma 1 dell’art. 1, D.Lgs. n. 192/2012, gli interessi sono previsti in via automatica e, in linea generale, senza che sia necessaria la costituzione in mora, alla scadenza del termine per il pagamento. Ai fini della decorrenza degli interessi moratori, il termine previsto è quello di trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Il creditore inoltre ha diritto al risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non corrispostegli tempestivamente.
Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, il decreto legislativo prevede che le parti possono pattuire, espressamente, il prolungamento del temine di pagamento oltre i trenta giorni, quando ciò sia giustificato dalla natura o dall'oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. In ogni caso, i termini non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
Con riferimento
all’attuazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 9 novembre
2012, n. 192, va segnalato che la
Commissione europea ha avviato, in data 12 luglio 2013, un procedura volta a valutare la corretta applicazione della legislazione UE e
prevenire possibili procedure d’infrazione (Caso EU Pilot 5216/13/ENTR[56]).
In particolare, la Commissione ha sollevato rilievi in
merito a tre aspetti del decreto
legislativo 9 novembre 2012, n. 192 con il quale l’Italia ha dato recepimento
alla direttiva 2011/7/CE relativa alla
lotta contro i ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali:
§
l’articolo 4,
comma 6 della direttiva[57] stabilisce
una deroga al termine ordinario di
trenta giorni per il pagamento soltanto nel caso in cui ciò sia
giustificato dalla natura del contratto
o da talune sue caratteristiche. Il
termine non può comunque superare i sessanta
giorni. Secondo la Commissione, la formulazione del comma 4 dell’articolo 4
del decreto legislativo n. 192 (che recepisce la suddetta disposizione) non
risulterebbe sufficientemente precisa e andrebbe oltre il disposto della direttiva. In primo luogo, la disposizione
italiana sembrerebbe far intendere che i termini
di pagamento possano essere in via generale pattuiti fra le parti; in secondo
luogo viene inserito un ulteriore caso, oltre a quelli previsti dalla direttiva
per un’eventuale deroga, - vale a dire “le circostanze esistenti al momento della
conclusione del contratto” - peraltro in una formulazione ritenuta troppo
ampia.
Si segnala
che nel disegno di legge europea, attualmente
all’esame della Camera, è stato proposto un intervento normativo dal Governo che
intende risolvere quest’ultimo rilievo (articolo 22, comma 3, A.C. 1864),
§
la Commissione
rileva come nel recepire l’articolo 7 della direttiva, relativo a clausole contrattuali e prassi inique,
tale ultima fattispecie non sia stata esplicitamente riportata nel testo del
decreto legislativo (articolo 7).
In una
risposta inviata alla Commissione il 3
ottobre 2013, il Governo sosterebbe che il rilievo deriva da un mancato
approfondimento del nostro sistema di
diritto civile, in base al quale non è necessario inserire tale
riferimento. Infatti, secondo il nostro ordinamento la prassi iniqua relativa
al termine di pagamento non può porsi in
contrasto con norme inderogabili e pertanto viene disapplicata dal giudice;
§
infine, la
Commissione chiede chiarimenti sul
regime applicabile ai contratti aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori
pubblici, dal momento che il regolamento d’attuazione ed esecuzione del
codice dei contratti pubblici (decreto
del Presidente della Repubblica del 5 0TT0BRE 2010 n. 207) prevede
disposizioni relative agli interessi di mora e al termine di pagamento che si
discostano da quelle previste dalla direttiva.
A tale
proposito, nella citata nota di risposta, il governo rileva come non vi sia dubbio
circa la prevalenza delle disposizioni del decreto legislativo n. 192 del 2012
rispetto al regolamento d’attuazione ed esecuzione del codice dei contratti
pubblici, come per altro precisato già in precedenza da una nota del ministero
per le infrastrutture e i trasporti del 22 gennaio 2013.
In ogni caso,
per evitare ulteriori contestazioni da parte della Commissione, i commi 1 e 2
del presente articolo 22 intervengono ad ulteriore chiarimento: da un lato, si
esplicita che anche i contratti aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori
pubblici sono considerati tra le transazioni commerciali cui si applicano le
disposizione del decreto legislativo n. 192 del 2012; dall’altro, si chiarisce
che le norme relative ai termini di pagamento e al tasso degli interessi dovuto
in caso di ritardato pagamento contenute nel citato regolamento di attuazione o
in altre leggi che siano difformi da quanto previsto in sede di recepimento
della direttiva si applicano soltanto se
maggiormente favorevoli ai creditori.
La lettera b) aggiunge
ulteriori commi all'articolo 7 del D.L. n. 35/2013, diretti a precisare i contenuti della suddetta
comunicazione.
Il particolare, il nuovo comma 4-ter, stabilisce che la comunicazione deve contenere:
§ l’importo dei singoli debiti;
§ il numero e la data di emissione della
fattura (o richiesta equivalente) nonché il codice fiscale ovvero la partita
IVA del creditore;
§ la distinzione tra i debiti correnti e in
conto capitale;
§ l’evidenza dei debiti maturati alla data del
31 dicembre 2012.
Una volta effettuato il pagamento dei crediti
di cui alla comunicazione precedente, entro
15 giorni, le pubbliche amministrazioni devono effettuare ulteriore comunicazione, mediante
piattaforma elettronica, dei dati
relativi al pagamento (comma 4-quater).
Il mancato rispetto dei due suddetti obblighi
di comunicazione entro i termini previsti (comma
4-quinquies), rileva ai fini della misurazione e della valutazione
della performance individuale del dirigente responsabile e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare,
nonché l’applicazione al dirigente responsabile di una sanzione pecuniaria di 25 euro per ogni giorno di ritardo, da
acquisire al bilancio dell’amministrazione.
Si ricorda che la responsabilità dirigenziale nella pubbliche amministrazioni è disciplinata dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 165 del 2001 e la responsabilità, le tipologie di infrazioni e sanzioni e le procedure conciliative nei rapporti di lavoro dei dipendenti delle P.A. sono disciplinate dal successivo articolo 55 del medesimo D.Lgs.
Si prevede, infine, che le informazioni acquisite nella
piattaforma elettronica mediante le predette
comunicazioni siano accessibili ed utilizzabili
da ciascuna pubblica amministrazione debitrice, anche ai fini della certificazione dei crediti (comma 4-sexies).
Si ricorda che in relazione ai crediti vantati dalle imprese nei confronti delle amministrazioni regionali e locali per somministrazioni, forniture e appalti, il legislatore ha introdotto una disciplina, più volte modificata, per la certificazione, da parte degli enti territoriali dei crediti in questione nei confronti dei soggetti interessati anche ai fini della cessione pro-soluto e pro solvendo dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari. Il meccanismo della certificazione dei crediti è stato in seguito esteso anche agli enti del Servizio sanitario nazionale, alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, con esclusione degli enti locali commissariati e degli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro.
Si ricorda inoltre, che ai sensi della disciplina attuativa delle citate norme (D.M. 25 giugno 2012, come modificato dal D.M. 19 ottobre 2012 e D.M. 22 maggio 2012, come modificato dal D.M. 24 settembre 2012, anch’essi richiamati nel comma 1 dell’articolo 7), la forma ordinaria/cartacea di certificazione è stata sostituita a fine ottobre 2012 dall’apposita piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, istituita dal Ministero dell’economia e finanze – RGS.
Successivamente, il D.Lgs. n. 35/2013, all’articolo 7, ha precisato che la certificazione dei crediti per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali è effettuata esclusivamente mediante la piattaforma elettronica. A tal fine, le amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei crediti sono state obbligate, entro il 29 aprile 2013, a registrarsi sulla piattaforma e a comunicare attraverso la medesima, a partire dal 1° giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, l’elenco completo dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, che non risultano estinti alla data della comunicazione, con l’identificazione dei dati identificativi del creditore. Tale comunicazione è equivalente a certificazione del credito, limitatamente ai crediti che non siano stati già oggetto di cessione o certificazione (articolo 7, comma 6, primo periodo, D.L. n. 35).
Il successivo comma 7-ter dell’articolo 7, infine, che ha previsto l’obbligo di registrazione alla piattaforma elettronica per tutte le pubbliche amministrazioni, indicate nell’articolo 1, comma 2, della legge n. 196/2009, diverse da quelle assoggettate alla disciplina della certificazione del credito di cui si è detto sopra, precisa che tale registrazione è ai soli fini della comunicazione dell’elenco completo dei debiti per somministrazioni forniture e appalti e prestazioni professionali certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012 e dunque non equivale ad automatica certificazione.
Il comma 17 reca la copertura finanziaria degli oneri
recati dal comma precedente, quantificati in 800.000 euro per l’anno 2013,
derivanti dalla necessità – specifica la Relazione tecnica - di realizzare
nuove funzioni sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti,
al fine di consentire l'acquisizione dei dati previsti in modalità multicanale
e di sviluppare le necessarie integrazioni con gli altri sistemi informatici
coinvolti nel processo. In particolare, atteso l'imminente avvio della
fatturazione elettronica per le amministrazioni dello Stato, occorrerà
implementare nuovi flussi di colloquio con il sistema SICOGE che gestisce la
contabilità economico-patrimoniale e finanziaria dei Ministeri.
Tali oneri sono posti a valere sulle risorse
del Fondo speciale di conto capitale del Ministero dell’economia e delle
finanze, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio e del mare.
Articolo 1,
comma 18
(Revisori delle società partecipate dagli
enti locali)
Soppresso
Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il comma 18 il quale disponeva che, nelle società non quotate controllate direttamente o indirettamente da enti locali nelle quali l’ente locale dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, e nelle aziende speciali, i revisori dei conti nominati su indicazione del soggetto pubblico sono scelti tramite estrazione da un apposito elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti appartenenti alle categorie di cui all'articolo 2397, secondo comma, del codice civile.
Articolo 1,
comma 19
(Ammissione
al registro dei revisori legali)
Il comma 19, relativo all’iscrizione al registro dei revisori legali, nella formulazione originaria del decreto-legge consente - nelle more dell’entrata in vigore del regolamento che disciplina le modalità di svolgimento dell’esame di idoneità professionale per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale - l’accesso all’esercizio dell’attività di revisione legale (di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39[58]) in base della disciplina recata dagli articoli 3, 4 e 5 del decreto legislativo n. 88 del 1992 (ovvero sulla base della disciplina del decreto emanato in attuazione della abrogata direttiva 84/253/CEE). La norma stabilisce di fatto l’equipollenza, ai fini dell’iscrizione al registro dei revisori legali (già stabilita dall’art. 43, comma 8, del D.Lgs. n. 39) tra l’esame per l’iscrizione all’albo dei commercialisti ed esperti contabili e l’esame di idoneità professionale previsto dall’art. 4 del D.Lgs. n. 39/2010 per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale. Rimane ferma, in base al testo originario del decreto-legge, la necessità di possedere i requisiti di onorabilità, specifica laurea triennale, svolgimento del tirocinio triennale.
Il D.Lgs. 39/2010 ha attuato la Direttiva 2006/43/CE sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Il provvedimento, oltre a modificare alcuni aspetti della professione di revisore contabile – tra cui la disciplina per l’esame di idoneità professionale – ha previsto l’istituzione di un registro unico gestito del Ministero dell’Economia che sostituisce quello fino ad allora tenuto dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e l'albo speciale delle società di revisione presso la Consob. (v. D.M. Economia e finanze 20 giugno 2012, n. 144).
Tale equipollenza era stata superata a seguito dell’entrata in vigore (il 13 settembre 2012) di uno dei regolamenti attuativi del D.Lgs. n. 39 del 2010 - il D.M. 20 giugno 2012, n. 145. L’art. 17 del D.M., in sede di prima formazione del registro, ha previsto infatti che avevano diritto all'iscrizione al Registro le persone fisiche e le società che erano già iscritte al precedente registro e coloro che, prima del 13 settembre 2012, avevano acquisito il diritto ad essere iscritti alle “vecchie condizioni”. Tuttavia, chi non era riuscito a maturare i requisiti entro tale data, si è visto di fatto negare l’accesso al registro perché la mancanza del regolamento attuativo sull’esame di idoneità professionale ha impedito l’indizione delle successive sessioni di esame[59].
L’art. 1, comma 19, del decreto-legge ha, quindi, determinato la riapertura del Registro, stabilendo quindi la validità dell'equipollenza (ex D.Lgs. n. 88/1992) fino all'entrata in vigore del nuovo regolamento di attuazione.
Il Senato ha, tuttavia, riformulato il comma 19 stabilendo - con il nuovo comma 4-bis dell’art. 4 del D.Lgs. n. 39/2010 - l’esonero dall’esame di idoneità professionale previsto dall’art. 4 dello stesso decreto per coloro che hanno superato gli esami di Stato per l’iscrizione nelle sezioni “A” e “B” dell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (esami previsti, rispettivamente, dagli artt. 46 e 47 dello stesso decreto).
Il D.Lgs. n. 139/2005, in base alla delega di cui all’art. 2 della L. n. 34/2005, ha unificato nell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili l’Ordine dei dottori commercialisti e l’Ordine dei ragionieri e periti commerciali. Presso l’Ordine unificato è istituito l'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, diviso in due Sezioni, denominate rispettivamente:
a) Sezione A Commercialisti;
b) Sezione B Esperti contabili.
Il comma 4-bis intende, in parte, colmare la lacuna normativa derivante dalla mancanza del regolamento del Ministro della giustizia (previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 39) che avrebbe dovuto disciplinare le modalità di attuazione della nuova disciplina dell’esame professionale, definendo, tra l’altro:
§
il
contenuto e le modalità di presentazione delle domande di ammissione all’esame
di idoneità professionale;
§
le
modalità di nomina della commissione esaminatrice e gli adempimenti cui essa è
tenuta;
§
il
contenuto e le modalità di svolgimento dell’esame di idoneità professionale;
§
i casi di equipollenza con esami di Stato per l’abilitazione
all’esercizio di professioni regolamentate e le eventuali integrazioni
richieste.
Con il regolamento, il Ministro della giustizia può, inoltre, integrare e specificare le materie d’esame.
Il
riformulato comma 19, ripristinando l'equipollenza tra
l'esame di Stato per commercialisti ed esperti contabili e l’esame di idoneità
richiesto ai revisori legali, supera il regolamento di
attuazione (per quanto riguarda i casi di equipollenza) non ancora
emanato, in quanto atto normativo di rango superiore.
Poiché, comunque, nonostante la ripristinata equipollenza permane l'obbligo di completare il tirocinio formativo (che per i dottori commercialisti è di 18 mesi mentre per il revisore è di 36 mesi[60]), il comma 4-bis precisa che l’esonero dall’esame vale anche se il tirocinio (triennale) si sia concluso solo dopo il superamento di detti esami.
Si osserva che pare utile esplicitare il
momento in cui è possibile effettuare l’iscrizione nel registro dei revisori
contabili (prima o dopo il completamento del tirocinio).
Articolo 1,
comma 20
(Fondo
sperimentale di riequilibrio per le province)
L’articolo 1 al comma 20 reca alcune disposizioni di interesse per le province, relative:
§ alle modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio delle province per l’anno 2013;
§
alle riduzioni
da apportate al Fondo sperimentale per l’anno
2013 per effetto delle disposizioni di spending review;
§ alla determinazione dei trasferimenti erariali non fiscalizzati da corrispondere delle province appartenenti alla regione Siciliana e alla regione Sardegna per l’anno 2013.
Più in dettaglio, il comma 20, al primo periodo, conferma, per il solo anno 2013, in caso di mancato accordo in sede di Conferenza Stato-città e autonomie entro il 5 novembre 2013, le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio delle province già adottate per il 2012, con decreto del Ministro dell’interno del 4 maggio 2012. Si rinvia, tuttavia, ad un successivo decreto del Ministero dell’interno, da adottare di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, la ricognizione delle risorse da ripartire a ciascuna provincia.
Come evidenziato nella relazione illustrativa, tale disposizione si rende necessaria al fine di consentire alle province di avere contezza delle risorse finanziarie attribuite dallo Stato per l’anno 2013, ai fini della predisposizione del bilancio di previsione per tale anno, il cui termine per l’approvazione è fissato al 30 novembre 2013 (ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del D.L. n. 102/2013).
Si rammenta che il fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, dall'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68[61], relativo alla fiscalità delle regioni e delle province. Tale fondo, finalizzato a realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata, è operante dal 2012, e la relativa durata è prevista per un periodo biennale, o comunque fino all’istituzione del fondo perequativo vero e proprio per le province e le città metropolitane, destinato ad operare a regime, disciplinato dall’articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 68 del 2011.
Il Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali, prevista a partire dall’anno 2012, ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012[62].
La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell’importo di 1.039,9 milioni[63]. Di conseguenza, il fondo sperimentale di riequilibrio delle province (cap. 1352/Interno) è stato determinato in 1.039,9 milioni di euro per il 2012 ai sensi del successivo D.M. 4 maggio 2012 e ripartito tra le province delle regioni a statuto ordinario sulla base dei criteri recati dal D.M. medesimo. I pagamenti del fondo, si ricorda, vengono effettuati dal Ministero dell’interno in tre rate di uguale importo entro il mese di marzo, giugno e ottobre.
Posto che la deliberazione della Conferenza Stato-città e autonomie non risulta adottata entro il previsto termine del 5 novembre 2013, la ripartizione del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province per l’anno 2013 sarà, dunque, effettuata secondo le modalità già adottate lo scorso anno con il decreto del Ministero dell'interno del 4 maggio 2012, secondo i seguenti criteri:
a)
il 50% del fondo in proporzione al valore
della spettanza figurativa dei
trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia al 1° gennaio 2012;
b)
il 38% del fondo in proporzione al gettito
della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna
provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per
l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;
c)
il 5% del fondo in relazione alla popolazione residente;
d)
il 7% del fondo in relazione
all'estensione del territorio
provinciale.
La Relazione tecnica evidenzia, inoltre, che la ripartizione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio tra le province è effettuata al netto delle riduzioni della spending review di cui al comma 7 dell’articolo 16 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 indicate nell'allegato 1, di cui al terzo periodo del comma in esame.
Per quanto concerne le risorse da ripartire per l’anno 2013, il Ministero dell’interno, in una Nota dell’8 novembre 2013 - in attesa della definizione del decreto di ricognizione delle risorse previsto dal comma in esame - ha fornito indicazioni circa la distribuzione tra le province delle risorse lorde del fondo sperimentale di riequilibrio 2013 alle singole province - sulle quali dovranno poi essere applicate le riduzioni previste dalla normativa vigente ed, in primo luogo, quelle da spending review secondo gli importi indicati in allegato al decreto-legge in esame – che sarà corrispondente a quella dell’anno 2012 in quanto le risorse complessive da distribuire per il 2013 sono sostanzialmente analoghe a quelle dello scorso anno, per un totale di 1.039,9 milioni di euro.
Con riferimento ai tagli derivanti dalla spending review, il terzo periodo del comma in esame stabilisce direttamente gli importi delle riduzioni di spesa da applicare a ciascuna provincia, ai sensi del comma 7 dell’articolo 16 del D.L. n. 95/2012[64], nell’apposito allegato 1 al provvedimento in esame, per un importo complessivo pari a 1.200 milioni di euro.
In particolare, l'articolo 16, comma 7, del D.L. n. 95/2012 – come più volte modificato ed integrato[65] - dispone, al primo periodo, che il fondo sperimentale di riequilibrio provinciale ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna siano ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.
Per quanto concerne il riparto tra le singole province delle riduzioni di spesa, la norma citata prevede che le riduzioni siano determinate dalla Conferenza Stato-città, sulla base dell’istruttoria condotta dall’UPI, e recepite con decreto del Ministero dell’interno, tenendo conto delle analisi della spesa effettuate dal Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica, di cui al D.L. n. 52/2012 (c.d. Spending review 1), degli elementi di costo nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell’ambito della procedura per la determinazione dei fabbisogni standard, nonché dei fabbisogni standard stessi, e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città, il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato, ripartendo la riduzione complessiva tra le province in misura proporzionale alle spese sostenute per consumi intermedi, come desunte per l’anno 2011 dal SIOPE[66] (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici).
In deroga a quanto detto, per gli anni 2013 e 2014, il D.L. n. 35/2013 ha introdotto una disciplina speciale, stabilendo che in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città, le riduzioni da imputare a ciascuna provincia siano determinate dal Ministro dell’interno, non in misura proporzionale alle spese sostenute per consumi intermedi, ma in proporzione alle spese desunte dal SIOPE sostenute nel 2011 per acquisto di beni e servizi, con l’esclusione di quelle relative alle spese per formazione professionale, per trasporto pubblico locale, per la raccolta di rifiuti solidi urbani e per servizi socialmente utili finanziati dallo Stato.
I termini per operare le riduzioni con decreto del Ministero dell'interno sono fissati entro il 15 ottobre 2012, relativamente alle riduzioni da operare nell'anno 2012[67], ed entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi.
L'ultimo periodo del comma in esame,
modificato dal Senato, dispone in
merito ai trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione da
corrispondere dal Ministero dell’interno direttamente in favore delle province appartenenti alla regione Siciliana – sebbene tali
enti siano in via di soppressione - e alla regione Sardegna[68],
che per il 2013 sono determinati ai
sensi dell’articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 16 del 2012[69].
Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che tali disposizioni relative alla
determinazione dei trasferimenti erariali si applicano alle province della regione siciliana ancorché tali
enti risultino in via di soppressione.
Tale inciso appare meramente ricognitivo di
procedimenti normativi in atto nella regione siciliana nell'ambito della
propria autonomia.
Si ricorda che il comma 6 dell'articolo 4 citato reca disposizioni per la determinazione per l’anno 2012 dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali non oggetto di fiscalizzazione ai sensi della legge n. 42 del 2009 (di attuazione del federalismo fiscale) e, pertanto, ancora dovuti dal Ministero dell’interno.
Come precisato nella relazione illustrativa,
tale disposizione è volta a confermare espressamente, per l’anno 2013, per le
province appartenenti a queste due Regioni, il diritto ad ottenere i
trasferimenti cosiddetti non fiscalizzati, ai sensi dei provvedimenti attuativi
della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale.
Si ricorda che con il termine di trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale.
Tali trasferimenti continuano ad essere assegnati come spettanza ed erogati alle scadenze indicate nel decreto del Ministro dell’interno del 21 febbraio 2002[70].
Articolo 1,
commi 20-bis – 20-septies
(Disposizioni varie di natura contabile)
Nel corso dell’esame presso il Senato, sono stati aggiunti all’articolo 1 cinque nuovi commi da 20-bis a 20-septies.
In particolare, il comma 20-bis proroga agli esercizi finanziari 2014 e 2015 la possibilità per le amministrazioni centrali, in deroga a quanto previsto in materia di flessibilità delle dotazioni di bilancio dall’articolo 23 della legge di contabilità pubblica, legge n. 196/2009, di procedere con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, alla rimodulazione delle dotazioni finanziarie tra le missioni di ciascuno stato di previsione, con riferimento alle spese rimodulabili del bilancio di cui all'articolo 21, comma 7, della medesima legge n. 196.
Si ricorda che l’articolo 23 della legge di contabilità pubblica – legge n. 196/2009 - reca disposizioni in merito alla formazione del bilancio di previsione statale, per quanto concerne la quantificazione dei programmi di spesa. La norma prevede che, in sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione, i Ministri devono indicare, anche sulla base delle proposte dei responsabili della gestione dei programmi, gli obiettivi di ciascun Dicastero e quantificare le risorse necessarie per il loro raggiungimento, tenendo conto delle istruzioni fornite annualmente, con apposita circolare, dal Ministero dell’economia.
La norma introduce il divieto espresso di previsioni basate sul mero calcolo della spesa storica incrementale.
Per quanto concerne la quantificazione delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi dei rispettivi dicasteri, l’articolo 23, al comma 1 e 3, prevede inoltre che i Ministri competenti possono proporre la rimodulazione delle risorse tra programmi appartenenti alla stessa missione di spesa[71].
Per motivate esigenze, con il disegno di legge di bilancio possono inoltre essere effettuate rimodulazioni delle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi, compensative all’interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa.
Resta preclusa la possibilità di utilizzare stanziamenti di spesa in conto capitale per il finanziamento di spese correnti.
In allegato a ciascuno stato di previsione della spesa devono essere indicate le autorizzazioni legislative di cui si propone la modifica e il corrispondente importo[72].
Il D.L. 31 maggio 2010, n. 78 , all’articolo 2, comma 1, ha introdotto per
il solo triennio 2011-2013,
norme di flessibilità degli stanziamenti di bilancio che derogano alla disciplina generale recata dalla legge n. 196/2009.
A fronte di consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa a legislazione vigente, operate dallo stesso provvedimento a decorrere dal 2011, di competenza dei vari Ministeri[73], il citato decreto-legge prevede che con il disegno di legge di bilancio, per “motivate esigenze”, possono essere rimodulate le dotazioni finanziarie “tra le missioni” di ciascun stato di previsione della spesa (laddove l’articolo 23 sopra citato della legge di contabilità riconosce tale facoltà solo nell’ambito di un singolo programma o fra programmi della stessa missione).
Tale facoltà può essere esercitata solo per motivate esigenze ed entro i
seguenti limiti:
§
esclusivamente
con riferimento alle spese rimodulabili
di cui all’articolo 21, comma 7 della legge n. 196/2009, riconducibili, cioè,
a quelle disposte da fattori legislativi e di adeguamento al fabbisogno;
§
nel
rispetto dell’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica;
§
restando
precluso l’utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese
correnti[74].
In relazione all’attuale contenuto
della legge di bilancio e agli attuali strumenti
di flessibilità, come configurati nella legge n. 196/2009, va ricordato che
essi saranno destinati ad essere sostituiti dall’entrata a regime del nuovo
contenuto sostanziale e non più formale della legge di bilancio, come delineato
in attuazione della riforma dell’articolo 81 della Costituzione.
In particolare, va ricordato che la nuova formulazione dell’articolo 81 Cost.
prevista dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, recante
l’introduzione del principio del pareggio di bilancio – che entrerà in vigore
il 1° gennaio 2014 - supera la natura formale e solo limitatamente flessibile della
legge di bilancio, che potrà quindi comportare anche modifiche all’ordinamento.
La legge 24 dicembre 2012, n. 243 (recante “Disposizioni per
l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81,
sesto comma, della Costituzione”) nel definire il principio dell’equilibrio del
bilancio reca il contenuto proprio della nuova legge di bilancio, in linea con
quanto previsto dalla riforma dell’articolo 81 della Costituzione.
Come risulta dalla disciplina contenuta nell’articolo 15 della legge n.
243/2012 con la nuova legge di bilancio si provvede, sostanzialmente, ad
unificare in un unico documento gli attuali contenuti della legge di stabilità
e della legge di bilancio, come attualmente previsti dalla vigente legge di
contabilità nazionale, rispettivamente, all’articolo 11 e agli articoli 21-30
della legge n. 196 del 2009.
Le disposizioni recate dall’articolo 15 sulla nuova legge di bilancio entreranno in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Il comma 20-ter proroga all’anno 2014 la norma – contenuta nell’articolo 6, comma 14 del D.L. n. 95/2013 (legge n. 135/20134) - che autorizza ad effettuare con decreto del Ministro competente, da comunicare al Parlamento ed alla Corte dei conti, in ciascun stato di previsione della spesa, tra capitoli, variazioni compensative di sola cassa, fatta eccezione per i pagamenti effettuati mediante l'emissione di ruoli di spesa fissa, previa verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze – RGS della compatibilità delle medesime con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.
Si ricorda l’articolo 6
del D.L. n. 95/2012, ai commi 14-16, che prevedono un aumento della flessibilità gestionale del
bilancio
finalizzato a preordinare le disponibilità di cassa occorrenti per disporre nei
tempi stabiliti i pagamenti.
A tal fine, il medesimo articolo 6, al comma 10, prevede l’obbligo di
predisposizione del piano finanziario
dei pagamenti, da parte del dirigente responsabile della gestione di
capitoli del bilancio statale.
In particolare, per ciò che attiene alla flessibilità tesa a realizzare il predetto crono-programma, il comma 14 dell’articolo 6 consente che con decreto ministeriale, da comunicare al Parlamento ed alla Corte dei conti, possono essere effettuate in ciascun stato di previsione della spesa variazioni compensative di sola cassa tra capitoli, fatta eccezione per i pagamenti mediante l'emissione di ruoli di spesa fissa e previa verifica da parte del Ministero dell’economia della compatibilità delle variazioni con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.
Il comma dispone quanto sopra al fine di preordinare nei tempi stabiliti le disponibilità di cassa occorrenti per disporre i pagamenti, nell’esercizio finanziario in corso (alla data di adozione del D.L. n. 95/2012 e dunque nell’esercizio 2012) e in quello successivo, anche nelle more dell'adozione del piano finanziario dei pagamenti.
Il comma 15 permette una flessibilità cd. orizzontale, consentendo variazioni compensative tra esercizi successivi, mediante la reiscrivibilità in bilancio di stanziamenti annuali non totalmente impegnati alla scadenza dell’esercizio.
Mentre, il comma 16 consente – in via sperimentale per gli esercizi 2013, 2014 e 2015 - relativamente alle autorizzazioni di spesa pluriennale, di rimodulare, con la legge di bilancio, gli stanziamenti di competenza negli anni compresi nel bilancio pluriennale, nel rispetto del limite complessivo della spesa autorizzata, per adeguarli alle corrispondenti autorizzazioni di cassa determinate in relazione ai pagamenti programmati nel crono programma.
Il comma 20-quater reca norme di flessibilità gestionale delle dotazioni del bilancio statale.
In particolare, il comma autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, in via sperimentale per gli anni 2014 e 2015, al fine di far fronte ad esigenze previste a legislazione vigente, ad apportare - con decreti da trasmettere alle Camere - variazioni compensative, in termini di competenza e cassa, tra i capitoli relativi a spese di adeguamento al fabbisogno di ciascuno stato di previsione, rispettivamente nell'ambito degli stanziamenti dei capitoli della categoria di spese relative ai consumi intermedi (categoria 2) e della categoria degli investimenti fissi lordi (categoria 21), previa motivata e documentata richiesta da parte delle Amministrazioni interessate.
Tali rimodulazioni gestionali debbono avvenire nel rispetto dell'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
Si osservi che le variazioni compensative autorizzate sono tra categorie di spesa e dunque sono trasversali alle missioni e ai programmi.
Quanto previsto dal comma 20-quater opera nelle more del completamento della riforma della legge di contabilità pubblica, legge n. 196/2009.
In proposito si ricorda che la legge di contabilità, legge n. 196/2009 reca una serie di deleghe volte a dare completamento all’attuazione del processo riformatore dalla stessa avviato. In particolare, per ciò che attiene al bilancio statale, articolato, ai sensi della medesima legge n. 196, sul lato della spesa, in missioni ed in programmi, all’interno dei quali le relative dotazioni sono ripartite in rimodulabili e non rimodulabili (cfr. supra), l’articolo 40 ha delegato il Governo all’adozione di uno o più decreti legislativi volti al completamento della riforma della struttura del bilancio, l’articolo 42 ha delegato il Governo al riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa e l’articolo 50 ha delegato il Governo all'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato.
Il termine per l’esercizio delle deleghe di cui all’articolo 40 e 42, che avrebbero dovuto essere esercitate entro il 1 gennaio 2014, sono state prorogate, dall’articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto legge in esame, al 31 dicembre 2014 e quello relativo alla delega di cui all’articolo 50 al 31 dicembre 2016, dunque dopo l’entrata a regime della nuova legge di bilancio come profilata dalla sopra citata legge n. 243/2012,di attuazione della riforma dell’articolo 81 della Costituzione.
Il comma 20-quinquies interviene sulla disciplina
dei limiti alla riassegnazione alla spesa di entrate, contenuta
nei commi 615-617 della legge n. 244/2007.
Le norme testé citate hanno previsto – con finalità di
contenimento della spesa - a decorrere dall’anno 2008, un divieto di iscrizione
alla spesa dei Ministeri di stanziamenti provenienti da versamenti di somme
all’entrata del bilancio dello Stato autorizzate dai provvedimenti legislativi
indicati in un apposito elenco alla medesima legge, ad eccezione dei fondi
destinati a finanziare le spese della categoria “redditi da lavoro dipendente” (comma 615)[75].
Parallelamente, ai sensi del, negli stati di
previsione dei Ministeri interessati la norma sono istituiti appositi fondi da
ripartire, con decreti del Ministro competente, per le finalità recate dai
provvedimenti legislativi indicati nel suddetto elenco. La dotazione dei fondi
è determinata nella misura del 50 per cento dei versamenti riassegnabili nel
2006 ai pertinenti capitoli dell’entrata (comma 616).
L’utilizzazione dei fondi è effettuata dal Ministro
competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in considerazione
dell’andamento delle entrate versate (comma 617).
La modifica operata dal comma 20-quinquies è finalizzata prevedere che l’utilizzazione dei Fondi costituiti con il 50 per cento delle entrate riassegnabili alla spesa
avvenga – anziché di concerto con il Ministero dell’economia e finanze – previa verifica del Ministero dell'economia
e delle finanze.
Il comma 20-sexies dispone che può essere esercitata anche per gli esercizi 2013 e 2014 la facoltà - concessa al Ministro dell’economia e finanze dall'articolo 30, comma 11, della legge contabile limitatamente ai tre esercizi finanziari successivi a quello in corso alla data del 1° gennaio 2010[76]- di prolungare di un ulteriore anno i termini di conservazione dei residui passivi relativi a spese in conto capitale.
Si ricorda che tale facoltà può essere esercitata dal Ministro dell’economia in presenza di determinate condizioni e modalità, quali:
§ la proposta di proroga, adeguatamente motivata, da parte dei Ministri competenti, che illustri lo stato di attuazione dei programmi di spesa e i relativi tempi di realizzazione,
§ la valutazione da parte del Ministero dell’economia delle cause che ne determinano la necessità di proroga e al fine di evitare l'insorgenza di possibili contenziosi con conseguenti oneri.
Quanto disposto dal comma
20-sexies opera nelle more del
completamento della riforma della legge di contabilità e finanza pubblica legge
n. 196/2009.
Con riferimento al comma in esame, si
osserva che la facoltà contenuta nel comma 11, dell’articolo 30 della legge di
contabilità può essere esercitata dal Ministro dell’economia sino al terzo esercizio
finanziario successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della
legge di contabilità (1 gennaio 2010) e dunque sino all’anno 2013. Non vi sarebbe
dunque bisogno per tale anno di una proroga.
Si ricorda al riguardo che l’articolo 36, comma 1 del R.D. 2440/1923, dispone , in via generale, che i residui delle spese correnti e delle spese in conto capitale, non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento (c.d. residui propri), si intendono perenti agli effetti amministrativi e le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi.
Le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio (c.d. residui impropri o di stanziamento) possono essere mantenute in bilancio, quali residui, non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono, salvo che si tratti di stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente. In tale caso il periodo di conservazione è protratto di un anno.
Il comma 20-septies dispone che, nelle more del
perfezionamento della revisione delle strutture organizzative dei Ministeri a
seguito dell'attuazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 10-ter, del D.L. n. 95/2012, al fine di
assicurare la continuità nella gestione, le amministrazioni sono autorizzate
a gestire le risorse assegnate secondo la precedente struttura
del bilancio dello Stato.
Si
ricorda che, l’articolo 2 del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012) ha
introdotto una serie di misure di riduzione delle dotazioni organiche delle
amministrazioni pubbliche.
In
particolare, il comma 1 ha disposto che gli uffici dirigenziali e le dotazioni
organiche delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché
degli enti pubblici sono ridotti, nella seguente misura:
a) gli
uffici dirigenziali, di livello generale e di livello non generale e le
relative dotazioni organiche, in misura non inferiore, per entrambe le
tipologie di uffici e per ciascuna dotazione, al 20 per cento di quelli
esistenti;
b) le
dotazioni organiche del personale non dirigenziale, apportando un'ulteriore
riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al
numero dei posti di organico di tale personale. Per gli enti di ricerca la
riduzione di cui alla presente lettera si riferisce alle dotazioni organiche
del personale non dirigenziale, esclusi i ricercatori ed i tecnologi.
Ai
sensi del comma 5, alle riduzioni di cui al comma 1 si provvede, con uno o più
decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (da adottare entro il 31
ottobre 2012), su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
considerando che le medesime riduzioni possono essere effettuate
selettivamente, anche tenendo conto delle specificità delle singole
amministrazioni, in misura inferiore alle percentuali ivi previste a condizione
che la differenza sia recuperata operando una maggiore riduzione delle
rispettive dotazioni organiche di altra amministrazione.
Entro
sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui sopra, il comma 10 ha previsto
che le amministrazioni interessate adottino i regolamenti di organizzazione,
secondo i rispettivi ordinamenti, applicando misure volte, tra l’altro:
a) alla
concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il
riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni;
b) alla
riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo;
c) alla
rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale;
d) all'unificazione,
anche in sede periferica, delle strutture che svolgono funzioni logistiche e
strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni.
Il
successivo comma 10-ter, al fine di semplificare ed accelerare il
riordino previsto dal comma 10, nonché di quanto previsto dal medesimo D.L.
n. 95/2012 all’articolo 23-quinquies circa la riduzione delle dotazioni
organiche e il riordino del MEF, ha disposto che, a decorrere dal 15 agosto
2012 e fino al 31 dicembre 2012, i regolamenti di organizzazione dei
Ministeri sono adottati con D.P.C.M., su proposta del Ministro
competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze. I relativi decreti
sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti .
In
attuazione del comma 10-ter è stato adottato, per il Ministero dell’economia
e delle finanze, il D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67 e, per il Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali, il D.P.C.M. 27 febbraio
2013, n. 105.
Infine, si ricorda che nella legge di contabilità pubblica e in altre disposizioni che regolano la disciplina contabile vi sono previsioni, in ordine alle modalità di gestione da parte delle amministrazioni statali delle risorse ad esse assegnate che hanno incidenza anche sulla struttura organizzativa dei Ministeri.
Si segnala in proposito l’articolo 21, comma 2 della legge n. 196/2009, il quale dispone che la realizzazione di ciascun programma di spesa deve essere affidata ad un unico centro di responsabilità amministrativa, corrispondente all'unità organizzativa di primo livello dei Ministeri (ex art. 3,D.Lgs. n. 300/1999).
Tale previsione è peraltro ribadita nei principi e criteri direttivi della delega per il completamento della struttura del bilancio dello Stato, di cui all’articolo 40 della legge n. 196, il cui termine di esercizio è prorogato di un anno dall’articolo 1 del disegno di legge in esame.
La medesima delega prevede inoltre l'univoca corrispondenza tra il programma, le relative risorse e strutture assegnate, e ciascun Ministero, in relazione ai compiti e alle funzioni istituzionali proprie di ciascuna amministrazione, evitando ove possibile la condivisione di programmi tra più Ministeri.
Inoltre, si ricorda
l’articolo 6, comma 10 del medesimo D.L. n. 95/2012, il quale prevede che,
nelle more del riordino della disciplina della gestione del bilancio dello
Stato, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, il dirigente responsabile
della gestione, in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di bilancio
di propria pertinenza a partire dall'esercizio finanziario 2013, ha l'obbligo
di predisporre un apposito piano finanziario pluriennale sulla base del quale
ordina e paga le spese, da aggiornare con cadenza mensile.
Con riferimento alla formulazione della norma, ed in
particolare al richiamo alla “precedente struttura del bilancio” si osserva che
essa, per quanto espressa in termini non del tutto chiari, sembra, in via
interpretativa, fare riferimento alla struttura dei Ministeri vigente prima del
processo riorganizzativo, volto dunque anche all’adeguamento di quanto previsto
dalla disciplina contabile.
Articolo 2,
commi 20-octies – 20-undecies
(Concessioni di gioco)
I commi da 20-octies a 20-decies, introdotti nel corso dell’esame al Senato, disciplinano le procedure conseguenti alla revoca e la eventuale riassegnazione delle concessioni di gioco pubblico mediante apparecchi da intrattenimento (cd. slot machine o newsolt) e sistemi di gioco VLT (videolotteries). Il comma 20-undecies reca una norma di interpretazione autentica relativamente alle procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento.
Si ricorda che la proposta di legge recante delega al Governo per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (cd. delega fiscale), approvata dalla Camera in prima lettura e in discussione al Senato (A.S. 1058), prevede (articolo 14, comma 2, lettera l)) specifiche disposizioni volte a introdurre un regime generale di gestione dei casi di crisi irreversibile del rapporto concessorio, specie in conseguenza di provvedimenti di revoca o di decadenza, in modo da assicurare, senza pregiudizio per gli interessi di tutela dei giocatori e di salvaguardia delle entrate erariali, la continuità dell'erogazione dei servizi di gioco.
In particolare, il nuovo comma 20-octies - al fine di assicurare una tempestiva definizione dei rapporti giuridici pendenti - disciplina l’interruzione anticipata per effetto di revoca ovvero di decadenza, disposte dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli per ragioni ascrivibili al concessionario, di concessioni di gioco pubblico mediante apparecchi da intrattenimento (cd. slot machine o newslot) e sistemi di gioco VLT (videolotteries), di cui, rispettivamente, all’art. 110, comma 6, lettera a) e lettera b) del TULPS (regio decreto 18 giugno 1931, n. 773). In particolare:
§ si prevede che le convenzioni accessive alle concessioni vigenti all'atto della revoca ovvero della decadenza mantengano la loro efficacia per un periodo di novanta giorni dalla data del provvedimento di revoca o decadenza, ovvero dalla data di notificazione all'Amministrazione del giudicato ad essa favorevole in caso di impugnazione del provvedimento; conseguentemente, le società già concessionarie continuano ad operare, anche con riguardo alla riscossione; per il medesimo periodo;
Si consideri che, per effetto di tali disposizioni, lo strumento convenzionale mantiene efficacia, nonostante il venir meno dello strumento amministrativo, cioè la concessione, che ne costituisce il necessario presupposto. Tale effetto, che inverte sul piano giuridico la fisiologica connotazione del rapporto tra provvedimento amministrativo e convenzione accessoria, richiede un’opportuna verifica, anche in considerazione delle conseguenze, sia pur limitate nel tempo, che la disposizione fa derivare dalla fattispecie. In particolare va sottolineata l’espressa previsione di permanenza di poteri pubblicistici, come quelli di riscossione, in capo a soggetti non più concessionari e quindi non più legittimati in base a provvedimento amministrativo.
§ per il medesimo periodo di tempo (90 giorni), le altre società concessionarie, titolari di diritti di gestione di sistemi di gioco VLT (videolotteries), possono esercitare opzione di subentro nei diritti di gestione già riconosciuti alla società revocata o decaduta in proporzione al numero di quelli ad esse riconosciuto;
Tale disposizione evidenzia un’altra conseguenza di quanto sopra rilevato. Infatti, ulteriore effetto dell’inversione sul piano giuridico della fisiologica connotazione del rapporto tra provvedimento amministrativo e convenzione accessoria è il subentro, con poteri temporalmente dimidiati, di altri concessionari nelle concessioni decadute o revocate, che risulteranno privi, pur destinatari di provvedimento amministrativo, di poteri di riscossione per 90 giorni. Non si chiarisce poi se il rapporto che si viene così a costituire richiederà una convenzione accessoria
§ il corrispettivo per il subentro è pari al rateo novennale del corrispettivo originariamente versato per il conseguimento di tali diritti di gestione corrispondente al numero di anni interi di residua durata della concessione;
§ qualora, per effetto del subentro, il concessionario optante raggiunga la quota massima di concentrazione ammissibile, l'opzione di subentro nell'eccedenza spetta agli ulteriori concessionari nel rispetto del medesimo criterio proporzionale;
§ i diritti di gestione degli apparecchi non optati alla scadenza del predetto periodo di tempo si estinguono senza alcun diritto della società già concessionaria alla restituzione delle somme corrispettive;
Occorrerebbe
valutare se tale disposizione non possa configurarsi come un inadempimento
contrattuale che potrebbe esser fatto valere dalle concessionarie in sede
giudiziale.
§ I diritti di gestione degli apparecchi per i quali è stata esercitata l'opzione sono rilasciati alla società subentrante dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli entro sette giorni mentre i corrispondenti versamenti delle società optanti sono effettuati alla società già concessionaria;
§ i contratti con i proprietari di apparecchi da intrattenimento (cd. slot machine o newsolt), ovvero con i titolari di esercizi presso i quali tali apparecchi risultano installati, nonché i contratti per la gestione di sale in cui sono installati sistemi di gioco VLT (videolotteries) si risolvono di diritto entro il temine di novanta giorni dalla data del provvedimento di revoca o decadenza;
§ la risoluzione di tali contratti implica la revoca di diritto dei nulla-osta di esercizio rilasciati per gli apparecchi, relativamente ai quali è inibito l'uso e la conseguente offerta di gioco sino alla data di eventuale rilascio di nuovo nulla-osta.
Sotto
il profilo dei diritti di gestione, a seguito di revoca o decadenza dalla
concessione, appare opportuno valutare le eventuali implicazioni della
disciplina in esame sul piano dell’autonomia privatistica su cui poggiano sia
gli strumenti convenzionali sia i diritti di proprietà degli apparecchi.
Il successivo nuovo comma 20-novies estende l’applicazione della predetta disciplina di revoca ai casi di impugnazione di provvedimenti di esclusione dalle procedure di selezione ovvero di diniego di aggiudicazione nei riguardi di società già titolari delle concessioni di gioco in commento.
Il nuovo comma 20-decies, prevede la possibilità di ridurre gli ordinari trasferimenti statali a favore delle regioni ovvero degli enti locali che abbiano deliberato interventi in materia di giochi pubblici riservati allo Stato non coerenti con l'assetto regolatorio statale di settore, determinando nel corso di un esercizio finanziario minori entrate erariali, anche di natura non tributaria, ovvero maggiori spese statali, anche a titolo di eventuale risarcimento del danno nei riguardi dei concessionari. La riduzione, che decorre dall'esercizio finanziario successivo è determinata in misura corrispondente all'entità delle predette minori entrate ovvero maggiori spese.
La disposizione sembra configurare, nel
presupposto di eccesso di competenza da parte di enti territoriali, uno
strumento assimilabile ad un diritto di rivalsa che richiede un’opportuna verifica
in quanto:
§
esso
appare estraneo al sistema costituzionale dei rapporti tra lo Stato e le
regioni, in cui solo l’impugnativa avanti la Corte costituzionale, prevista
dall’art. 134 Cost., è attivabile da parte dello Stato come strumento per far
valere la competenza della legge statale di fronte alle leggi regionali;
inoltre il carattere preventivo di tale strumento consente di evitare che leggi
regionali eventualmente illegittime spieghino effetti;
§
la rivalsa
presuppone un accertamento giudiziale di responsabilità per un’attività
antigiuridica (ad esempio si veda l’articolo 43 della legge n. 234 del 2014) che
– pur previsto dall’ordinamento, in sede ordinaria o con il sistema di
giustizia amministrativa al quale potrebbero essere sottoposti atti di regioni
e di enti locali – nella fattispecie sembra trascurato, se non addirittura
contraddetto, laddove si fa riferimento ad obblighi di risarcimento di danni
che, si presuppone, siano stati accertati in sede giudiziale.
Qualora la portata della disposizione
prescinda da fattispecie di eccesso di competenza da parte di enti
territoriali, si valuti se essa risulti idonea a ledere l’autonomia degli enti
territoriali, sia con riferimento alle materie di legislazione concorrente,
quali ad esempio la tutela della salute, che potrebbe rilevare ai fini del
contrasto alle ludopatie, che con riguardo al potere regolatorio comunale, ad
esempio, in materia edilizia e urbanistica.
Si ricorda al riguardo che la citata delega fiscale prevede (articolo 14, comma 2, lettera e)) l’applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull’intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, con adeguate forme di partecipazione dei comuni competenti per territorio, nel rispetto delle loro attribuzioni, al procedimento di pianificazione della dislocazione locale di sale da gioco e di punti vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
La lettera q) del medesimo comma 2prevede, inoltre, la razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco (...) comunque improntata al criterio della riduzione e della progressiva concentrazione della raccolta di gioco in ambienti sicuri e controllati, come peraltro richiamato da un ordine del giorno presentato al Senato dalla stesa relatrice al provvedimento e accolto dal governo, che impegna il governo ad attivare, in via preventiva all'attuazione della legge, una concertazione con comuni e regioni per esaminare i possibili effetti delle disposizioni in commento e concordare le eventuali modifiche da apportare in sede legislativa, al fine in particolare di evitare la collocazione di sale gioco in prossimità di luoghi sensibili e di rimuoverle, qualora così collocate.
Il nuovo comma 20-undecies reca una norma di interpretazione autentica relativa alle procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, di cui all'articolo 24, comma 35, lettera a), penultimo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.
In sostanza, anche nel caso in cui risultino aggiudicatari della procedura selettiva soggetti già concessionari, questi ultimi devono comunque sottoscrivere lo stesso schema di convenzione posto dall'Amministrazione a base della procedura, ancorché già titolari di una precedente concessione.
Si ricorda che l'articolo 24, comma 35, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, ha stabilito lo svolgimento di nuove procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, prevedendo, tra l’altro, che nel caso in cui risultino aggiudicatari soggetti già concessionari, gli stessi mantengono le autorizzazioni alla istallazione di videoterminali già acquisite, senza soluzioni di continuità.
Bandita la gara l’8 agosto 2011, in data 23 dicembre 2011 l’AAMS ha provveduto all’aggiudicazione della concessione per la realizzazione e conduzione della rete telematica del gioco lecito mediante apparecchi da intrattenimento.
Con specifico riferimento alla portata
retroattiva della disposizione, si ricorda che con riferimento a discipline
autoqualificate come retroattive, la Consulta ha osservato che occorre che tali
disposizioni intervengano in relazione a fattispecie sulle quali siano insorti contrasti
interpretativi, precisandone il significato tra quelli possibili. A questa
condizione, il vincolo di significato normativo che viene ad essere stabilito
anche per il passato può essere considerato compatibile con l’esigenza di
certezza giuridica e di tutela dell'affidamento
legittimamente posto nella certezza dell'ordinamento giuridico (ex plurimis,
tra le più recenti, sentenze n. 272 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 236 del
2009). Infatti, “il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni
sulla legge in generale), costituisce valore fondamentale di civiltà giuridica,
pur non ricevendo nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25
Cost.” e in mancanza di “motivi imperativi d'interesse generale, idonei a
giustificare l'effetto retroattivo” risulterebbe leso il canone generale della
ragionevolezza delle norme che si trae dall’art. 3 Cost. (sent. n. 78/2012).
Articolo 1,
commi 20-duodecies – 20-quaterdecies
(Riassegnazione al Fondo ordinario delle
Università di somme
già relative al progetto “Super B Factory”)
Nel corso dell’esame presso il Senato, sono stati aggiunti all’articolo tre nuovi commi, dal 20-duodecies al 20-quaterdecies.
In particolare, il comma 20-duodecies dispone che le somme - relative al progetto bandiera denominato "Super B Factory'' inserito nel Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013 - iscritte in conto residui sul capitolo di spesa 7236 "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca" dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono mantenute in bilancio per essere versate all’entrata, quanto a 22 milioni di euro nell’anno 2014 e a 18,4 milioni per l’anno 2015 ai fini della loro successiva riassegnazione al "Fondo per il funzionamento ordinario delle Università statali e dei Consorzi interuniversitari" (capitolo 1694/MIUR).
Si ricorda al riguardo che l’articolo 36, comma 1 del R.D. N. 2440/1923, dispone che i residui delle spese correnti e delle spese in conto capitale, non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento (c.d. residui propri), si intendono perenti agli effetti amministrativi e le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi.
Le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio (c.d. residui impropri o di stanziamento) possono essere mantenute in bilancio, quali residui, non oltre l'esercizio successivo a quello cui si riferiscono, salvo che si tratti di stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio precedente. In tale caso il periodo di conservazione è protratto di un anno.
Il comma 20-terdecies dispone che alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dal mantenimento in bilancio delle somme e riassegnazione alla spesa delle somme di cui al comma precedente si provvede mediante corrispondente utilizzo - per 22 milioni di euro per il 2014 e per 18,4 milioni di euro per l'anno 2015 - del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008 (legge n. 189/2008)[77].
Si evidenzia al riguardo che le disposizioni sopra commentate hanno contenuto analogo a quelle approvate nel corso dell’esame in sede referente del D.L. n. 104/2013 presso la Commissione VII della Camera dei deputati (articolo 23, commi da 20-bis a 20-quater dell’A.C. 1574-A)[78]. Tali disposizioni, che non recava però misure di compensazione finanziaria degli effetti ivi previsti, sono state pertanto soppresse in corso di esame presso l’Assemblea della Camera in ragione del parere contrario espresso dalla Commissione Bilancio ai sensi dell’articolo 81, quarto comma Cost. [79].
Con riferimento al comma 20-bis, sarebbe
opportuno che il Governo chiarisca di che tipologia di residui si tratta, ed in
particolare se trattasi di residui relativi a somme per le quali non vi sono
impegni giuridici sottostanti.
Infine, il comma 20-quaterdecies autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 1,
comma 20-quinquiesdecies
(Quota compartecipazioni IVA regioni
confinanti con la Svizzera)
Il comma 20-quinquiesdecies, introdotto durante l’esame del provvedimento al Senato, innalza di 10 milioni di euro per l'anno 2013 la quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA attribuita alle regioni confinanti con la Svizzera (ai sensi dell’articolo 2-ter del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154) per ridurre la concorrenzialità delle rivendite di benzine e gasolio utilizzati come carburante per autotrazione situate nel territorio elvetico.
Si osserva che la disposizione in esame fa
erroneo riferimento al comma 6 del citato articolo 2-ter, che dispone esclusivamente la copertura
finanziaria della norma citata.
Il richiamato articolo 2-ter attribuisce, dal 1° gennaio 2009, alle regioni confinanti con la Svizzera (Lombardia e Piemonte) una quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA, determinata nella misura dell'onere finanziario relativo ai litri di carburante venduti a prezzo ridotto. Tale attribuzione è finalizzata ad adeguare le risorse destinate a ridurre la concorrenzialità delle rivendite di benzine e gasolio utilizzati come carburante per autotrazione situate nel territorio elvetico.
Le Regioni interessate possono ridurre il prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione utilizzati dai privati cittadini residenti nella regione per consumi personali con propria legge, nel rispetto della normativa comunitaria, in modo tale da garantire che il prezzo non sia inferiore a quello praticato nello Stato confinante e che la riduzione sia differenziata nel territorio regionale in maniera inversamente proporzionale alla distanza dei punti vendita dal confine.
La compartecipazione è attribuita mensilmente a ciascuna regione sulla base dei quantitativi erogati a prezzo ridotto nell'anno precedente, con conguaglio, entro il mese di aprile dell'anno successivo, sulla base dei dati di consuntivo rilasciati dall'Agenzia delle dogane.
Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 febbraio 2009 ha stabilito le modalità di applicazione delle suddette disposizioni. In particolare, la compartecipazione si applica alle regioni Lombardia e Piemonte che riducono con propria legge, nei distributori stradali, il prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione.
La compartecipazione è attribuita mensilmente a ciascuna regione sulla base dei quantitativi erogati a prezzo ridotto nell'anno precedente, con conguaglio, entro il mese di aprile dell'anno successivo, sulla base dei dati di consuntivo rilasciati dall'Agenzia delle dogane. Si affida alle norme secondarie anche la rideterminazione della misura della quota di compartecipazione, al fine di assicurare la copertura finanziaria della norma.
L’articolo 2-ter, al comma 6, pone un limite di spesa di 20 milioni di euro annui, a decorrere dal 2009, per la copertura finanziaria della disposizione ivi contenuta.
L’onere di 10 milioni di euro per il 2013 è coperto mediante riduzione della dotazione finanziaria per assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, in particolare del Fondo per le assunzioni a tempo indeterminato (di cui all'articolo 1, comma 251, della legge 23 dicembre 2005, n. 266) e delle risorse destinate (dall'articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) all’assunzione di personale per gli anni 2008 e 2009.
Articolo 1,
comma 20-sexiesdecies
(Soppressione facoltà di recesso da contratti
di locazione)
Il comma 20-sexiesdecies, introdotto al Senato, elimina la facoltà per alcune pubbliche amministrazioni e per gli organi costituzionali di recedere con modalità agevolate dai contratti di locazione di immobili in corso al 15 dicembre 2013. A tal fine è abrogato l’articolo 2-bis del D.L. n. 120 del 2013.
Il richiamato articolo 2-bis concede alle amministrazioni dello Stato, alle regioni e agli enti locali, nonché agli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia, la facoltà di recedere con modalità agevolate, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di locazione immobiliare in corso al 15 dicembre 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 120 del 2013). In particolare, ai sensi del richiamato articolo 2-bis, si prevede un termine di preavviso anticipato per l'esercizio del diritto di recesso, stabilito in trenta giorni anche in deroga ad eventuali clausole difformi previste dal contratto.
L’articolo 2-bis è inteso a realizzare obiettivi di contenimento della spesa (in particolare riduzione dalla spesa corrente dei comuni e rientro dallo scostamento dagli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni entro il limite definito in sede europea).
Si rammenta che il disegno di legge di stabilità (articolo 1, comma 254-ter, in corso di esame all’Assemblea della Camera) reca una disposizione relativa all’applicazione del richiamato articolo 2-bis, che si intende abrogare. In particolare, si dispone tra l’altro che le disposizioni recate dall’articolo 2-bis non si applichino agli immobili dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, e per gli immobili di terzi aventi causa dagli stessi fondi.
Articolo 1, comma
20-sexptiesdecies
(Mancato rispetto del patto di stabilità
interno
per l’anno 2013 per le province)
La norma dispone, per le province che non abbiano raggiunto gli obiettivi del patto di stabilità, la disapplicazione della sanzione - prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183 - consistente nella riduzione dei trasferimenti provenienti dai Fondi sperimentali di riequilibrio o perequativi in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo predeterminato.
La disposizione precisa, peraltro, che tale norma è introdotta in vista della futura trasformazione delle province in enti di secondo livello e si applica soltanto qualora l’intero comparto delle province abbia raggiunto l'obiettivo di patto di stabilità interno ad esso complessivamente assegnato.
Deve intendersi confermata, in quanto non diversamente disposto, l’applicazione delle altre sanzioni previste dalla normativa vigente, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno.
L’articolo 31, comma 26, della legge n. 183/2011, come modificato, da ultimo dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012, articolo 1, comma 439), prevede le seguenti misure di carattere sanzionatorio per gli enti locali che non rispettano gli obiettivi del patto di stabilità, applicabili nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:
a)
riduzione
del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[80] in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.
Tale sanzione si applica anche agli enti
locali della Regione siciliana e della regione Sardegna, quale
riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata. In caso di incapienza dei predetti fondi,
gli enti interessati dovranno versare le somme residue all’entrata del bilancio
dello Stato. Tale sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli
obiettivi del patto sia determinato dalla maggiore spesa per interventi
realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti
dell'Unione Europea rispetto alla
media della corrispondente spesa del triennio precedente;
b) divieto di
impegnare spese di parte corrente in misura
superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati
nell’ultimo triennio;
c) divieto di
ricorrere all’indebitamento per
finanziare gli investimenti.
Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito[81].
d) divieto di
procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi
titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti
di collaborazione coordinata e
continuativa e di somministrazione, anche con riferimento a processi di
stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto
agli enti di stipulare contratti di
servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della
sanzione[82];
e) l’obbligo di procedere ad una rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, apportando
una riduzione del 30% rispetto
all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010[83].
Articolo 1,
comma 20-duodevicies
(Canoni
demaniali marittimi per finalità turistico ricreative)
Il comma 20-duodevicies, introdotto al Senato, prevede l’incremento del 3 per cento dei canoni delle concessioni demaniali marittime utilizzate per finalità turistico ricreative, in essere alla data di approvazione della legge di conversione del decreto-legge n. 194 del 2009, che utilizzino manufatti amovibili. Si tratta dei soli canoni, la cui misura è determinata in base all'articolo 03, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 400 del 1993, che utilizzino manufatti amovibili cui alla lettera e.5) del testo unico in materia edilizia (articolo 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), cioè i manufatti leggeri, anche prefabbricati, le strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.
Si segnala che il D.L. n. 194 del 2009 è
entrato in vigore il 30 dicembre 2009 ed a tale data fa riferimento la norma
che ha prorogato fino al 2020 le concessioni in essere, mentre la data di
approvazione della legge di conversione (n. 25/2010) qui utilizzata come parametro di
riferimento dell’aumento (formulazione inusuale in quanto generalmente il
riferimento viene fatto all’entrata in vigore delle disposizioni che si
richiamano) è il 26 febbraio 2010.
In relazione ai canoni demaniali marittimi si ricorda che l’articolo 03 del decreto-legge n. 400/1993, come sostituito dal comma 251 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni. In particolare la norma prevede una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica). Per tali concessioni, l’art. 19, co. 5-bis del D.L. n. 69 del 2013 aveva recentemente disposto la sospensione del pagamento dei canoni demaniali fino al 15 settembre 2013.
L’aumento previsto dalla norma in commento viene disposto nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico ricreative e sportive.
Si ricorda infatti che per quanto concerne più in generale la materia dei canoni demaniali marittimi, l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015. L’articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194/2009 aveva prorogato la durata delle concessioni in essere fino al 31 dicembre 2015, nelle more del riordino complessivo della materia che doveva essere effettuato con il decreto legislativo attuativo dell’articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), al fine di superare il sistema del rinnovo automatico delle concessioni, oggetto della procedura di infrazione comunitaria 2008/4908. Il termine per l’esercizio della delega è scaduto il 17 aprile 2013, senza che il decreto legislativo sia stato adottato.
Si ricorda altresì che con Decreto del 4 dicembre 2012 il Ministero delle infrastrutture e trasporti ha disposto l'aggiornamento delle misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime, per l'anno 2013. I canoni risultano aumentati del 2,85% rispetto al 2012, in relazione alla media degli indici ISTAT presi a base per il calcolo dell'incremento. L'aumento si applica però alle concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Da ultimo, il disegno di legge di stabilità, attualmente all’esame del Parlamento, ha previsto la definizione agevolata dei procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 in materia di pagamento dei canoni demaniali marittimi, nelle more del complessivo riordino della materia da effettuare entro il 15 maggio 2014 (commi 522-quater e 522-quinquies, introdotti in sede referente).
Il comma 20-duodevicies dispone inoltre che i concessionari possano mantenere installati i manufatti in questione fino alla scadenza della concessione, senza necessità di nuova istanza. I manufatti dovranno comunque essere rimossi alla data di scadenza della concessione, permanendo solo per il periodo di durata della stessa.
Articolo 1,
comma 20-undevicies
(Definizione agevolata in appello dei
giudizi di
responsabilità amministrativo-contabile)
Il comma 20-undevicies novella, sotto tre profili, l’art. 14 del recente decreto-legge n. 102 del 2013[84], in tema di definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile.
Le tre novelle ampliano l’ambito applicativo dell’istituto sia sotto il profilo temporale (prorogano i termini di presentazione di istanza di definizione fino al 1 gennaio 2014 e quelli di versamento al 24 febbraio 2014) sia sotto il profilo del grado di giudizio in cui esso può intervenire.
Tale effetto ampliativo riguarda un ambito
predeterminato di fattispecie per le quali è già intervenuto almeno un grado di
giudizio. Tale circostanza conferisce all’istituto stesso connotati
riconducibili ad una sorta di concordato erariale.
L’articolo novellato consente, per la definizione del suddetto procedimento il pagamento di una somma non inferiore al 25 per cento del danno quantificato nella sentenza di condanna. Nel corso della conversione del decreto la definizione del procedimento è stata agevolata prevedendo che, ove la richiesta sia corredata dalla prova dell'avvenuto versamento, in unica soluzione, di una somma non inferiore al 20 per cento, la sezione di appello (in caso di accoglimento della richiesta) determina la somma dovuta in misura pari a quella versata. L’istituto non è nuovo nel nostro ordinamento perché l’art. 14 citato in realtà estende l’ambito temporale di applicazione di disposizioni già contenute nell’art. 1, commi 231 ss., della L. n. 266/2005 (finanziaria per il 2006), che consentivano al condannato di ottenere, unitamente alla chiusura del procedimento, una notevole riduzione della somma prevista dalla sentenza di primo grado (tra il 10 e 20 per cento e in misura non superiore al 30 per cento del danno), purché ne avanzassero richiesta in sede di impugnazione della stessa sentenza in appello.
L’art.1 della L. n. 266/2005 subordina l’istituto della “definizione agevolata” a specifiche condizioni, in base alle quali:
a) il giudizio riguarda fatti commessi antecedentemente al 1° gennaio 2006;
b) su tali fatti è intervenuta una pronuncia di condanna in primo grado entro il 31 dicembre 2005.
Quindi le disposizioni richiamate spiegavano retroattivamente i loro effetti,
applicandosi solo ai giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti
riguardanti fatti commessi antecedentemente al 1° gennaio 2006, data della loro
entrata in vigore.
L’art. 14, comma
1 del decreto-legge n. 102/2013, invece, ne poi ha esteso temporalmente
l’applicazione, comprendendo i giudizi il cui oggetto è individuato facendo
riferimento, alternativamente, ad un duplice criterio:
1.
la condotta, purché iniziata prima della
data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2006;
2.
il danno erariale provocato dalla condotta
medesima, purché verificatosi entro la data di entrata in vigore del
decreto-legge n. 102/2013.
Poiché il
secondo criterio prescinde dal dato temporale della condotta, è evidente che,
per effetto della combinata efficacia di entrambi, la disposizione risulta
avere un ambito di applicazione amplissimo, comprendendo sia condotte iniziate
prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2006, sia condotte
iniziate successivamente purché abbiano prodotto un danno all’erario entro la
data di entrata in vigore del decreto-legge n. 102/2013.
Condizione di applicazione della definizione agevolata è la presentazione, ai sensi dell’art. 14, comma 2, di apposita richiesta nel termine, da ritenersi perentorio, di venti giorni precedenti l'udienza di discussione e comunque entro il 15 ottobre 2013. Tale termine è stato poi prorogato, senza novella, al 4 novembre 2013 con l’art. 2, comma 8, del decreto-legge n. 120/2013, convertito con modificazioni dalla legge n.137 del 13 dicembre 2013.
La prima novella stabilita dalla disposizione in esame riguarda proprio tale data, sostituita con quella del 1° gennaio 2014.
Va notato che, mentre l’istituto previsto dalla legge finanziaria per il 2006 prescriveva che la richiesta fosse fatta in sede di impugnazione, l’art. 14 pone il termine ultimo nell’individuazione di una data fissa. In particolare, ai sensi del citato comma 231, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna in primo grado per fatti commessi prima della data di entrata in vigore della legge 206/2005, possono chiedere alla competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza.
La formulazione del comma 232 dell’art. 1 della L. n. 266/2005 non adombra alcun potere valutativo del giudice chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di definizione, che “delibera” sull’istanza. Invece il comma 2 in esame, con la locuzione “in caso di accoglimento” evidenzia la discrezionalità del giudice circa l’an dell’accoglimento dell’istanza. La formulazione adottata sia dall’art. 14 del D.L. n. 102/2013, sia dall’art. 1 della legge 266/2005, delinea una discrezionalità del giudice sul quantum della definizione, i cui confini però sono stabiliti diversamente dalle due fonti.
Il comma 231 dell’art. 1 della legge finanziario per il 2006 ha previsto che la richiesta di definizione del procedimento preveda un pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado e il successivo comma 232 ha disposto che la somma dovuta sia determinata dal giudice in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella stessa sentenza. Il comma 2 dell’art. 14 prevede che la richiesta di definizione indichi una somma non inferiore al 25 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado e il giudice determina la somma dovuta in misura non inferiore a quella richiesta. Per effetto di tale formulazione viene meno il vincolo posto dalla legge n. 266/2005 per effetto del quale la determinazione del giudice non poteva superare il limite del 30 per cento di quanto stabilito in primo grado, essendo vincolata invece tale determinazione solo a non essere inferiore al 25 per cento della stessa somma.
La discrezionalità del giudice in merito all’accoglimento dell’istanza, che emerge dall’inciso “in caso di accoglimento”, appare conforme agli orientamenti espressi dalle giurisprudenze, costituzionale e contabile, che si sono consolidate dal 2006 ad oggi.
La Corte costituzionale, nel rigettare le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento alle disposizioni introduttive del c.d. condono erariale (sentenze n. 183 e 184 del 2007), ha affermato che il potere di cognizione della Corte dei conti non va inteso come limitato alla verifica delle condizioni formali di ammissibilità della domanda, con la conseguenza che le disposizioni sulla definizione agevolata in appello non producono alcun ingiustificato ed automatico effetto premiale, essendo dirette a determinare, con un rito abbreviato, quanto dovuto dai responsabili in base alle norme proprie del sistema della responsabilità amministrativa, ed hanno una finalità di accelerazione dei relativi giudizi e di garanzia dell'incameramento certo ed immediato della quota di risarcimento dovuto.
In particolare la
Corte, con la menzionata sentenza n. 183 del 2007, ha riconosciuto “ (…) la
sussistenza di un ampio potere del giudice contabile di rigettare l’istanza in
caso di non meritevolezza della definizione in via abbreviata (…)” quale
presidio adeguato alla tutela dei princìpi costituzionali di buon andamento
della pubblica amministrazione, ragionevolezza delle scelte del legislatore
(alla luce del principio di responsabilità dei pubblici dipendenti), effettività
della giurisdizione contabile. Occorre, in particolare, che il giudice
contabile “valuti
tutti gli elementi desumibili dall’accertamento dei fatti, già compiuto nella
sentenza di primo grado (sussistenza del dolo, illecito arricchimento, gravità
dei fatti, entità del danno, grado di intensità della colpa, condizione
patrimoniale del condannato)”.
Pertanto, poiché l’operatività di tali disposizioni è subordinata ad una valutazione di merito da parte del giudice contabile sul fatto che l'esigenza di giustizia possa ritenersi soddisfatta a mezzo della procedura accelerata, alla definizione in appello non può accedersi in presenza di dolo del condannato o di particolare gravità della condotta.
Per parte sua, la Corte dei conti, sviluppando tale giurisprudenza, ha ulteriormente chiarito la portata normativa delle disposizioni della legge finanziaria, affermando che l'istanza di definizione agevolata, non può trovare accoglimento laddove si impongano approfondimenti che possano essere condotti solo nell'ambito della normale fase cognitoria (Dec. n. 2 del 23 febbraio 2007), né si può prescindere da un esame della complessiva vicenda lesiva nei suoi profili oggettivo e soggettivo; ne consegue che correttamente viene respinta l'istanza in questione quando i comportamenti illeciti dedotti in giudizio siano caratterizzati da dolo (Dec. n. 96 del 18 aprile 2007).
La stessa giurisprudenza ha delineato i confini di applicazione del citato art. 1, co. 231 ss. precisando come l'istanza di definizione agevolata è proponibile in sede di impugnazione (momento in cui la parte estrinseca la volontà di proporre il gravame avverso la sentenza): a) “solo a fronte di sentenze di condanna in primo grado (….) e comunque giammai a fronte di sentenze rese in grado di appello” (Sez. 1^ Giur. c.le d’appello, decreto n. 47 del 29/10/2007); b) “contestualmente alla proposizione del gravame” di appello e non anche successivamente e/o disgiuntamente o tardivamente (Sez. 1^ Giurisdizionale c.le d’appello, decreto n. 1 del 7/2/2006; idem, decreto n. 50 dell’8/8/2006; idem, decreto n. 17 del 6/6/2006).
Inoltre, la Corte ha ripetutamente sottolineato che “non è ipotizzabile la sua applicabilità con carattere di generalità e neppure la sua estensione non solo perché, nell’interpretazione letterale, va tenuto conto dello stretto significato delle parole e/o espressioni adoperate ma perché occorre, altresì, considerare lo scopo perseguito dalla legge di “rimedio "eccezionale" (…) non suscettibile di estensione analogica a fattispecie diverse da quelle per le quali è stato specificamente introdotto” (Sez. 1^ giur. centrale di appello, sent. n. 452 del 19 novembre 2007).
La sezione d'appello delibera in camera di consiglio, con decreto da comunicare immediatamente alle parti, nel termine perentorio di 15 giorni successivi al deposito della richiesta. Il termine di versamento della somma non è oggetto di valutazione da parte del giudice, in quanto predeterminato dal comma 2 dell’art. 14. In caso di accoglimento, la sezione d’appello determina con decreto la somma dovuta in misura non inferiore a quella richiesta, stabilendo il termine perentorio per il versamento entro il 15 novembre 2013.
Tale
termine è oggetto della seconda novella stabilita dalle disposizioni in esame,
che lo fissano al 14 febbraio 2014.
Nel corso della conversione del decreto-legge 102 era stata introdotta la disposizione che prevede che il mancato pagamento entro il termine del 15 novembre determina la revoca del decreto: è evidente che la novella in questione fa venire meno, fino al nuovo termine, l’effetto di revoca per decreti eventualmente già adottati.
Poiché per la definizione del giudizio il comma 2 dell’art. 14 richiama il comma 233 dell’art. 1 della L. n. 266/2005, deve ritenersi che, come ivi previsto, il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello.
Il citato articolo 2, comma 8, del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, che, come accennato, ha prorogato il termine per la presentazione della richiesta di definizione agevolata dal 15 ottobre 2013 al 4 novembre 2013, ha inoltre stabilito che il termine di 15 giorni entro il quale la sezione d’appello delibera in camera di consiglio è ridotto a 7 giorni, in luogo dei precedenti 15 giorni.
I commi 2-bis e 2-ter dell’art. 14 sono volti ad incentivare la definizione agevolata quale strumento di pur parziale ma effettiva riparazione dei danni erariali. In particolare il comma 2-bis prevede che ove la richiesta di definizione agevolata, formulata ai sensi e nei termini stabiliti dai commi 1 e 2, sia corredata dalla prova dell'avvenuto versamento, in unica soluzione, di una somma non inferiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, il giudice di appello, in caso di accoglimento della richiesta, determina la somma dovuta in misura pari a quella versata. Il versamento deve essere effettuato su un apposito conto corrente infruttifero, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede al successivo versamento al bilancio dello Stato o alla diversa amministrazione a favore della quale la sentenza di primo grado abbia disposto il pagamento. Il comma 2-ter è volto a consentire alle parti che hanno già presentato l’istanza di definizione agevolata sulla base dei commi 1 e 2 di apportare delle modifiche in conformità della nuova disciplina recata dal comma 2-bis entro il 4 novembre 2013. Qualora il giudice si fosse già espresso sulle richieste presentate ai sensi dei commi 1 e 2, le parti possono presentare un’istanza di riesame unitamente alla prova dell’avvenuto pagamento della somma di cui al comma 2-bis. In tal caso la sezione d’appello delibera in camera di consiglio, sentite le parti, nel termine perentorio di cinque giorni successivi al deposito della richiesta e, in caso di accoglimento della richiesta, determina la somma dovuta in misura pari a quella versata.
La terza novella recata dalle disposizioni in
esame riguarda anch’essa un ampliamento dell’ambito di applicazione
dell’istituto, non sotto un profilo temporale come le precedenti novelle, bensì
dal punto di vista dello stato del
processo in cui l’istanza può intervenire. Infatti, con il comma 20-quater si introduce la facoltà di
avanzare istanza anche in sede di revocazione.
In tal caso l’importo oggetto di definizione è minore di quello stabilito
per l’appello: infatti, mentre per tale grado l’importo non può essere
inferiore al 25 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado,
salvo il versamento in unica soluzione di una somma non inferiore al 20 per
cento dello stesso danno, in sede di revocazione l’importo non può eccedere il
20 per cento del danno liquidato dalla sentenza di appello.
Si ricorda che la relazione
tecnica all’A.C. 1544, recante il disegno di legge di conversione del D.L. n.
102, affermava che il giudizio più
rilevante cui sarebbe stata applicabile la definizione in commento, sulla
base delle informazioni fornite dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, era
quello relativo all’impugnazione, da parte dei concessionari per la gestione della rete telematica del gioco lecito,
della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, n.
214/2012[85], depositata
in data 17 febbraio 2012. Si tratta della condanna al risarcimento per danno
erariale per aver violato gli obblighi di servizio relativamente al mancato collegamento degli apparecchi da
gioco alla apposita rete telematica. Dal dispositivo della sentenza risulta
che i dieci concessionari[86] sono stati
condannati al risarcimento per un importo complessivo pari a 2.475.000.000 euro[87].
Il danno erariale
Nel corso di
un’audizione presso la Commissione
Finanze della Camera sulle tematiche relative ai giochi ed alle scommesse
(seduta del 27 luglio 2011), il Direttore
generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS),
Raffaele Ferrara, ha illustrato la questione effettuando una ricostruzione
storica della vicenda.
Il Procuratore regionale per il Lazio della
Corte dei conti nel dicembre 2007
ha citato in giudizio dieci concessionari del servizio pubblico di attivazione
e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito
con vincite in denaro, mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6,
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per aver violato gli
obblighi di servizio previsti dall'articolo 22, comma 1, della legge n. 289 del
2002 e dalla convenzione di concessione, cagionando l'inefficace funzionamento
del servizio pubblico, nonché lo sperpero delle molteplici risorse finanziarie pubbliche
impiegate, a vario titolo e in vario modo, nella prevenzione e nel contrasto
del gioco illegale. Più specificamente, le inadempienze contestate riguardano:
il mancato avviamento della rete telematica alla data del 13 settembre 2004,
nonché il mancato completamento della rete entro la data del 31 ottobre 2004;
il mancato completamento dell'attivazione della rete entro il 31 dicembre 2004;
a far data dal 1° gennaio 2005, il mancato inserimento in rete di molti
apparecchi installati e muniti di nulla osta per la messa in esercizio; dal 1°
luglio 2005, il mancato rispetto dei livelli di servizio relativi allo scambio
di informazioni con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Poiché il
livello di servizio prevedeva la fornitura del messaggio di risposta ai fini
della raccolta dei dati di gioco, tramite il gateway di accesso, entro trenta minuti dalla richiesta, era
prevista l'applicazione, in caso di inosservanza, di una penale di 50 euro per
ogni ora di ritardo dopo i primi trenta minuti di tolleranza. Per ogni giorno
di ritardo nell'avviamento della rete era stabilita una sanzione di 10.000
euro, mentre per ogni giorno di ritardo nel completamento dell'attivazione
della rete era prevista una sanzione di 20.000 euro; inoltre, per ogni apparecchio
non in rete dopo il 1° gennaio 2005, la sanzione applicabile era di 5 euro; ciò
ha determinato un calcolo delle penali, secondo
la richiesta del Procuratore regionale, pari
a circa 98 miliardi di euro.
Tutti gli
inadempimenti contestati ai concessionari dalla Corte dei conti si sono
verificati nella fase di start-up del
sistema, dal 2004 al 2005, quando si sono susseguite normative che prevedevano
termini di attuazione particolarmente stringenti.
Dopo la prima
udienza di discussione del 4 dicembre 2008 è stata emessa ordinanza con la
quale la Sezione regionale della Corte dei conti ha sospeso i giudizi in attesa
delle decisioni della Cassazione sui regolamenti preventivi di giurisdizione
proposti dalle società concessionarie. Con ordinanze dal n. 25496/09 al n.
25505/09 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno respinto i ricorsi e dichiarato la giurisdizione della Corte dei conti,
rilevando l'infondatezza dei ricorsi perché la causa petendi dell'azione della procura regionale è il danno erariale conseguente
alla ritardata attivazione, all'omessa realizzazione dei previsti collegamenti
della rete, nonché all'inefficace funzionamento del sistema di gestione e
controllo del gioco in denaro e quindi alla impossibilità di verificare la
conformità del gioco con vincite in denaro alla normativa in vigore con
conseguente sperpero delle molteplici risorse finanziarie impiegate in tali
finalità e il petitum è rappresentato
proprio dallo spreco delle risorse finanziarie impiegate inutilmente.
Con sentenza n. 214/2012 emessa della Corte dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per la Regione Lazio, e depositata il 17 febbraio 2012, i dieci concessionari di rete sono
stati condannati al risarcimento di circa
2,5 miliardi di euro.
Le sanzioni amministrative
Per quanto riguarda
l’attività amministrativa dell’AAMS, le sanzioni calcolate dal Procuratore regionale per il Lazio della
Corte dei conti sono state irrogate
con appositi provvedimenti ai dieci concessionari, i quali hanno proposto
ricorso giurisdizionale al TAR per il Lazio.
Il TAR Lazio ha annullato i
provvedimenti, ritenendo che essi fossero stati emanati
dall'Amministrazione violando i diritti di partecipazione dei concessionari al
procedimento sanzionatorio e, soprattutto, cumulando tutte le penali possibili
dalla scadenza dei vari termini, senza rispettare il principio di
proporzionalità e omettendo di verificare la coerenza delle stesse con
l'equilibrio del sinallagma nella prestazione del servizio.
Va ricordato, peraltro, che la Commissione Finanze
della Camera aveva approvato, già a luglio 2007, la risoluzione n. 7-00254, che impegnava il Governo ad adottare tutte
le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, affinché il Ministero
dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato
procedesse, d'intesa con i soggetti interessati, alla revisione delle convenzioni di concessione, prevedendo, in
particolare, che l'eventuale applicazione di penali fosse disposta nel rispetto
dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
I contenuti della risoluzione erano fatti propri
dall’allora Vice-Ministro dell'economia Visco, il quale emanava apposita
direttiva rivolta al direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei
monopoli di Stato. In attuazione del richiamato atto d'indirizzo, veniva
predisposto un atto aggiuntivo alla
convenzione di concessione, finalizzato, tra l'altro, alla rimodulazione
del sistema delle penali, attuata introducendo, accanto al principio del danno
effettivamente arrecato, anche i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
L'atto aggiuntivo veniva sottoposto al preventivo
esame, in sede consultiva, del Consiglio di Stato, il quale esprimeva il
proprio assenso, osservando, peraltro, che la Commissione prevista dall'articolo 27, comma 4, della convenzione di
concessione, cui era demandata la definizione
delle procedure e dei criteri per la rilevazione, il calcolo e l'arrotondamento
delle penali, dovesse essere costituita da tre esperti estranei
all'Amministrazione.
Successivamente, sulla base della nuova formulazione
recepita nell'atto aggiuntivo, l'Amministrazione
riavviava, nei confronti dei
concessionari, il procedimento sanzionatorio relativo a tutte e quattro le penali, con specifica
riserva, in relazione alla quarta, di dare corso ad ulteriori attività
all'esito dei lavori della suddetta Commissione.
Sono state comminate, quindi, le prime tre sanzioni, per gli inadempimenti relativi ai seguenti
obblighi convenzionalmente assunti dai concessionari:
§ avviamento della rete telematica entro il
settantacinquesimo giorno dalla data di pubblicazione dell'elenco dei
concessionari, collegando un numero di apparecchi pari ad almeno il 5 per cento
del numero di apparecchi di gioco indicati nella dichiarazione iniziale;
§ completamento dell'attivazione della rete entro il 31
ottobre 2004, collegando il 95 per cento degli apparecchi di cui all'articolo
3, comma 1, lettera d), punti 3 e 4, della convenzione;
§ collegamento del residuo 5 per cento degli apparecchi
entro il 31 dicembre 2004.
I concessionari
hanno proposto impugnativa davanti
al TAR per il Lazio, il quale, con
sentenze depositate nei mesi di novembre
e dicembre 2009, ha respinto i ricorsi, ritenendo che i provvedimenti sanzionatori fossero
immuni dai vizi prospettati in sede giurisdizionale.
Tuttavia, i concessionari hanno appellato le sentenze del TAR, che sono state annullate dal Consiglio di Stato.
Pertanto, per quanto riguarda le prime tre penali, dunque, i concessionari
nulla devono, allo Stato.
Con
riferimento, invece, al mancato rispetto dei livelli di servizio e allo scambio
telematico di informazioni con l'Amministrazione (quarta penale), la Commissione tecnica predisponeva, a luglio 2009, una relazione nella quale,
oltre a definire i criteri da utilizzare per la concreta determinazione delle
penali previste in relazione al funzionamento del gateway di accesso - che definiamo, con locuzione riassuntiva,
quarta penale - manifestava il timore che l'entità di tali penali, ove
travalicasse determinati limiti di equilibrio contrattuale, potesse violare i
principi di ragionevolezza e proporzionalità. Conseguentemente, la commissione
invitava l'Amministrazione a valutare la possibilità di adottare misure
correttive idonee a ricondurre a razionalità amministrativa l'applicazione del
sistema sanzionatorio.
Il Consiglio di Stato, con il parere n. 4408 del 2010, ha avallato - in quanto
idoneo a consentire una quantificazione correlata a tutti gli elementi
rilevanti e l'adozione di una penale coerente con il pregiudizio arrecato
all'interesse pubblico - il criterio della modulazione
degli importi delle penali, in funzione della durata di ciascun
inadempimento e del numero degli apparecchi coinvolti, fino a un limite
massimo.
A febbraio
2011 l’AAMS ha notificato ai dieci concessionari di rete gli atti di
contestazione relativi all’inadempimento del livello di servizio sulla base dei
criteri applicativi individuati dalla Commissione tecnica e tenuto conto della
rimodulazione del sistema di determinazione delle penali convenzionali, nel
frattempo intervenuta nell’ottica dei principi di ragionevolezza e
proporzionalità.
I provvedimenti di irrogazione delle penali
sono stati adottati nei mesi di gennaio e febbraio 2012, all’esito di un
procedimento svolto in contraddittorio con i concessionari interessati, e sono
stati successivamente impugnati
dalle medesime società dinnanzi al giudice amministrativo.
Il Tar Lazio, con sentenze depositate il
17 giugno 2013, ha accolto i ricorsi
dei concessionari, rilevando la mancanza dei necessari presupposti per
l’applicazione della penale, individuati nell’imputabilità ai concessionari
dell’inadempimento alla relativa clausola convenzionale e nell’esistenza di un
comprovato danno effettivo per l’amministrazione conseguente al predetto
inadempimento imputabile.
Articolo 1,
comma 20-vicies
(Assunzioni di personale su risorse da
sponsorizzazione)
L’articolo 1, comma 20-vicies, consente ai comuni che rispettino il patto di stabilità interno di procedere ad assunzioni con contratto a tempo determinato a carattere stagionale, a carico di risorse derivanti da contratti di sponsorizzazione.
A tal fine la disposizione stabilisce che, nel rispetto del patto di stabilità interno e della vigente normativa in materia di contenimento della spesa di personale, i comuni possono procedere ad assunzioni con contratto a tempo determinato a carattere stagionale, nel rispetto delle procedure di natura concorsuale ad evidenza pubblica, a condizione che:
§ i relativi oneri siano totalmente a carico di risorse, già incassate nel bilancio degli enti, derivanti da contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati;
§ le assunzioni siano finalizzate esclusivamente alla fornitura di servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, di servizi pubblici non essenziali o, comunque, in via generale, di prestazioni verso soggetti paganti non connesse a garanzia di diritti fondamentali.
Com’è noto, il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012). In esso si prevede che il mancato raggiungimento degli obiettivi posti dal patto medesimo comporta l’applicazione di una serie di misure sanzionatorie, tra le quali il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. In coerenza con tale disciplina, il comma 20-bis in commento consente la particolare facoltà assunzionale dallo stesso prevista solo per gli enti che rispettino il patto.
Per quanto concerne invece la normativa sul contenimento delle spesa per il personale degli enti locali, con riguardo a quella oggetto della norma in esame, vale a dire per le assunzioni a tempo determinato, la stessa è costituita dall’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010, che ha disposto, a decorrere dal 2011, che le amministrazioni pubbliche possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
Tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano (oltre alle regioni e gli enti del S.S.N) gli enti locali. A decorrere dal 2013, inoltre gli enti locali possono superare il richiamato limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio. Resta comunque fermo che la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
In relazione a tale disciplina di contenimento della spesa, che non consentirebbe di procedere ad assunzioni che verrebbero comunque ad incidere sui limiti della spesa complessiva di personale stabiliti dalla normativa sopra illustrata, la norma in esame dispone che le stesse possano avvenire in deroga a quanto disposto dalla normativa stessa, vale a dire dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2012 sopra illustrato. Tale deroga viene introdotta anche in considerazione della peculiarità di tali assunzioni, che come detto sono operate ad esclusivo carico di risorse – previamente acquisite al bilancio dell’ente locale interessato - provenienti da soggetti privati.
Per quanto concerne le finalità cui sono
destinate le assunzioni in questione, deve osservarsi come il vincolo indicato
per le stesse, vale a dire che non costituiscano “prestazioni non connesse a
garanzia di diritti fondamentali” appare di contenuto non agevolmente
determinabile e che, in quanto tale, potrebbe dar luogo a difficoltà in sede
applicativa: potrebbe pertanto risultare opportuno precisare meglio le
fattispecie cui si riferisce.
Articolo 1,
comma 20-vicies semel
(Procedura di riequilibrio finanziario
pluriennale degli enti locali)
L’articolo 1, comma 20-vicies semel interviene sulla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista per gli
enti locali che siano a rischio di dissesto, stabilendo che tale procedura non
possa attivarsi qualora il Prefetto
abbia già assegnato all’ente
interessato un termine per la
deliberazione del dissesto.
A tal fine la norma modifica l’articolo 243-bis del D.Lgs. n. 267/2000 (recante il Testo unico per gli enti locali,TUEL) con il quale, al fine di agevolare il risanamento finanziario dei comuni e delle province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, si consente di ricorrere con una apposita deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis medesimo[88].
Tale articolo prevede in particolare, all’ultimo periodo, che la predetta procedura non possa essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti provveda, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad assegnare un termine per l'adozione delle misure correttive previste nel piano di riequilibrio.
Si tratta
delle misure previste dal comma 6, lettera a), dell’articolo 243-bis vale a dire:
a)
le eventuali
misure correttive adottate dall'ente locale in considerazione dei comportamenti
difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi
posti con il patto di stabilità interno accertati dalla competente sezione
regionale della Corte dei conti;
b)
la puntuale
ricognizione dei fattori di squilibrio rilevati, dell'eventuale disavanzo di
amministrazione risultante dall'ultimo rendiconto approvato e di eventuali
debiti fuori bilancio;
c)
l'individuazione
di tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del
bilancio, per l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e
per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di
dieci anni, a partire da quello in corso alla data di accettazione del piano;
d)
l'indicazione,
per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano
del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da
prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti
fuori bilancio
La norma in esame, sostituendo tale ultimo periodo, dispone invece che la predetta procedura non possa essere iniziata qualora il Prefetto abbia già assegnato al Consiglio – con lettera notificata ai singoli consiglieri – il termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto, termine previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n.149 del 2011[89].
Tale modifica appare finalizzata a consentire una migliore coerenza tra la procedura di dissesto e quella di riequilibrio, impedendo che quest’ultima possa essere avviata quando sia ormai si sia reso necessario procedere al dissesto.
Articolo 1, comma
20-vicies bis
(Rapporti finanziari tra lo Stato e la
Regione Sardegna)
La norma in esame stabilisce che il Governo, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica e del relativo monitoraggio, promuove intese con la regione autonoma Sardegna per la revisione delle competenze in materia di politiche fiscali e di finanza locale, attraverso modifiche agli articoli 8, 9 e 10 dello statuto (L. cost. 3/1948), anche al fine di regolare i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione, in attuazione della rideterminazione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali dettata dalla legge finanziaria 2007 e secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118/2012.
La norma dispone che, con le procedure dettate dalla legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale, vale a dire in modo concordato con la Regione[90], il Governo promuove le intese per la revisione degli articoli 7, 8 e 10 dello statuto delle competenze in materia fiscale e di finanza locale, finalizzate a dare piena attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006). La norma citata, ha modificato l'articolo 8 dello statuto della Sardegna, al fine di rideterminare, a decorrere dal 2010; le quote di compartecipazione ai tributi erariali attribuite alla regione. Nello specifico sono stati attribuiti alla Sardegna i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre imposte, a fronte del trasferimento di funzioni in materia di sanità e di trasporto pubblico locale.
A questa modifica statutaria non sono però seguite le norme di attuazione per una corretta quantificazione delle risorse da trasferire alla regione, per cui si è avviato un contenzioso tra lo Stato e la Regione, la cosiddetta 'vertenza entrate'[91].
Si ricorda che le fonti di finanziamento della Regione Sardegna, al pari delle altre regioni a statuto speciale, è dettato da norme di rango costituzionale. Per ciascun tributo, la quota di compartecipazione regionale è determinata nell'articolo 8 dello statuto (L.cost. 3/1948), modificato da ultimo – come detto - con la legge finanziaria del 2007.
Nel caso della Regione Sardegna, i tributi sono riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante. E' il Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, la Ragioneria generale dello Stato che provvede alla esatta quantificazione delle entrate da erogare alla regione sulla base delle quote dei tributi erariali ad essa spettanti in base allo statuto di autonomia.
La norma in esame, sottolinea inoltre, come la regolazione dei rapporti tra Stato e Regione debba avvenire secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012[92], La sentenza evidenzia come la determinazione dei livelli di spesa non può prescindere dall'attuazione della revisione delle entrate regionali. L'equilibrio di bilancio «non potrà che realizzarsi all'interno dello spazio delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori risorse regionali risultanti dall'entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto modificato, e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione del patto di stabilità (…) non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata».
Si segnala che una disposizione analoga a quella in esame è contenuta nell'articolo 11, comma 5-bis del D.L. 35/2013[93]. Quella norma pone il termine di 120 giorni per la definizione dell'accordo tra Stato e Regione sulle modifiche da apportate al patto di stabilità per la regione Sardegna. Le modifiche al patto, specifica la norma, hanno l'obiettivo di dare piena attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834 della legge finanziaria 2007; obiettivo che dovrà realizzarsi secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012.
Si segnala, inoltre, che nel disegno di legge di stabilità 2014, nel corso dell'esame in Commissione, è stato inserita una disposizione che, nel rispetto delle procedure per la modifica delle disposizioni finanziarie, modifica l'articolo 10 dello statuto della Regione Sardegna, al fine di consentire alla regione una maggiore manovrabilità della leva fiscale. Secondo quanto disposto dal nuovo articolo 10 dello statuto, infatti la Regione, con riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità, può disporre agevolazioni, esenzioni e detrazioni di imposta, nonché modificare le aliquote in aumento entro i valori stabiliti dalla legge dello Stato o in diminuzione. Un inciso specifica che resta comunque ferma la copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Gli altri articoli citati nel testo riguardano:
§ l'articolo 7, il coordinamento della finanza regionale con quella dello Stato
§ l'articolo 8, come ricordato sopra, elenca le quote di gettito delle compartecipazioni ai tributi erariali spettanti alla regione.
Articolo 1-bis
(Disposizioni in materia di IMU)
L’articolo 1-bis, introdotto al Senato, reca disposizioni in merito alla iscrizione in bilancio della quota dell’imposta municipale propria di spettanza comunale.
A tal fine, il comma 1 prevede che i comuni iscrivono in bilancio la quota dell'imposta municipale propria al netto dell'importo versato direttamente nel bilancio statale, in relazione alla contabilizzazione delle regolazioni finanziarie, ai sensi della lettera b) comma 380, dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Nelle certificazioni di bilancio, di cui all'articolo 161 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico enti locali)[94], il comma 2 prevede che con riferimento alla voce relativa all'imposta municipale propria del Titolo I (Entrate tributarie) deve essere apposta un'annotazione con l'indicazione del gettito complessivo dell'imposta di spettanza comunale, comprensivo, dunque, della quota versata al bilancio statale.
Si ricorda che con i commi 380 e da 382 a 384 della legge n. 228/2012 si è profondamente innovato l’assetto della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU e, conseguentemente, sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra Stato e comuni rispetto a quanto delineato dal D.Lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, nell’ambito del quale si è disposta l’abrogazione di numerose disposizioni.
in estrema sintesi, le disposizioni del comma 380:
§ attribuiscono, per gli anni 2013 e 2014, ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato;
§ sopprimono il Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dal suddetto decreto legislativo (nonché il meccanismo dei trasferimenti erariali “fiscalizzati” per i comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna), prevedendo l’istituzione del Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria e da ripartirsi sulla base di criteri espressamente indicati.
Il Fondo di solidarietà viene alimentato da una quota dell'imposta municipale propria di spettanza dei comuni da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013[95] ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014 (lett. b) del comma 380).
L'ammontare iniziale del predetto Fondo è quantificato in 4.717,9 milioni per l'anno 2013, e in 4.145,9 milioni di euro per l'anno 2014, quale quota del gettito IMU da riversare nel Fondo medesimo. La norma prevede, a tal fine, che una quota IMU nell’importo suddetto, di spettanza dei comuni, sia versata, negli anni 2013 e 2014, all'entrata del bilancio statale; tale importo sarà tuttavia rideterminato a seguito dell'emanazione dei suddetti D.P.C.M.
Si affida al medesimo D.P.C.M. che determina la quota dell’IMU che affluisce al fondo anche l'individuazione dei criteri di formazione e di riparto del Fondo stesso, tenendo conto di una serie di fattori per i singoli comuni.
Il comma 3 autorizza il Ministero dell'Interno, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e con l'Anci, ad adottare i provvedimenti necessari per l'attuazione del presente articolo.
Articolo 1-ter
(Pagamento dei debiti scaduti degli enti
dissestati)
L’articolo 1-ter consente ai comuni dissestati, che abbiano dichiarato il dissesto nei 24 mesi precedenti l’entrata in vigore del decreto-legge n. 35/2013, di accedere per gli anni 2013 e 2014 ad una anticipazione da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi nell’ambito della procedura di dissesto. L’anticipazione, che l’ente locale entro 30 giorni dal ricevimento deve mettere a disposizione dell’ organo di liquidazione, il quale a sua volta provvederà ai pagamenti entro i successivi 120 giorni, è concessa nell’ambito di un tetto massimo di risorse annue, per il biennio 2013-2014, pari a 100 milioni di euro, a valere sulle risorse stanziate dal suddetto decreto-legge, che vengono corrispondentemente ridotte.
A tal fine la norma stabilisce, al fine di sostenere la grave situazione delle imprese creditrici e degli altri soggetti dei comuni dissestati, che per gli anni 2013 e 2014 ai comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nei 24 mesi precedenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 35/2013[96] (vale a dire alla data del 9 aprile 2013), e che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall'articolo 258 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è attribuita, previa apposita istanza dell'ente interessato, un'anticipazione fino all'importo massimo, per ciascuno dei due anni 2013 e 2014, di 100 milioni di euro.
In base all’articolo 258 del TUEL, l'organo straordinario di liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità semplificata di liquidazione. Attraverso tale procedura semplificata, l'organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito, può definire in via transattiva le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell'accettazione della transazione. L'organo straordinario di liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti privilegiati.
Effettuati gli accantonamenti, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione.
L’anticipazione così ricevuta deve essere destinata all'incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi con le modalità di cui all'anzidetto articolo 258, nei limiti dell'anticipazione erogata (comma 1).
Essa viene ripartita tra gli enti richiedenti in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati forniti dall'Istat (comma 2), ed è concessa (comma 3) con decreto non regolamentare del Ministero dell'interno, da emanarsi entro il 31 gennaio 2014, a valere sulla dotazione, degli anni 2013 e 2014 (e negli anzidetti limiti di 100 milioni per ciascun anno), del fondo di rotazione di cui all'articolo 243-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico enti locali, TUEL).
Si tratta del
Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali,
istituito dall’articolo 3 del decreto-legge n.174/ 2012[97] per il
risanamento finanziario degli enti locali che hanno deliberato la procedura di
riequilibrio finanziario di cui all'articolo 243-bis del Tuel sopradetto.
Secondo quanto disposto dall’articolo 4 dei tale decreto-legge, il Fondo è istituito
nello stato di previsione del Ministero dell'interno, con una dotazione di 30 milioni di euro per
l'anno 2012, 90 milioni di euro per
l'anno 2013, 120 milioni di euro per
l'anno 2014 e 200 milioni di euro
per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020.
Il predetto Fondo è, altresì, alimentato dalle somme dello stesso rimborsate
dagli enti locali beneficiari.
L'importo attribuito è erogato all'ente locale il quale è tenuto a metterlo a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione entro 30 giorni. L'organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro 120 giorni dalla disponibilità delle risorse (comma 4).
L’anticipazione viene restituita in un periodo massimo di 20 anni con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, a decorrere dall'anno successivo a quello in cui essa è erogata, salvo che per le anticipazioni a valere sugli stanziamenti 2013, per le quali, benché erogate nel 2014, la prima rata di restituzione decorre dal novembre 2014. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Il tasso di interesse da applicare sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione. In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell'interno e saranno versate allo stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e riassegnate, per la parte capitale, al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (comma 5).
Alla copertura degli oneri derivanti dalla concessione delle anticipazioni si provvede (comma 6) mediante corrispondente riduzione delle risorse previste dall'articolo 1, comma 10[98], del sopradetto decreto-legge n. 35 del 2013, nella "Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti di debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali", non erogate dalla Cassa Depositi e Prestiti negli anni 2013 e 2014.
Secondo quanto disposto da tale comma, la sezione in questione ha una dotazione di 3.411.milioni di euro per l'anno 2013 e di 189 milioni di euro per l'anno 2014.
Poiché tale riduzione di risorse appare
destinata all’incremento delle dotazioni del Fondo di rotazione dei cui
all’articolo 243-ter del TUEL, a
valere sul quale viene erogata l’anticipazione prevista dall’articolo in esame,
si segnala l’opportunità di esplicitare espressamente tale passaggio di
risorse, per una migliore coerenza della norma rispetto alla vigente disciplina
contabile.
Infine, in ordine alla modalità applicative delle norme in esame,e, comunque, per quanto non previsto nell’articolo in esame, il comma 9 rinvia al decreto del Ministro dell'interno in data 11 gennaio 2013 emanato in attuazione dell'articolo 243-ter del TUEL sopra citato.
Tale decreto ha stabilito in particolare le modalità
di accesso al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli
enti locali, sulle cui risorse vengono effettuate le anticipazioni disposte a
norma dell’articolo 1-bis in
commento. Secondo quanto disposto dall’articolo 2 di tale decreto, la
disponibilità del fondo è determinata dalla dotazione annua stabilita dalla
legge – in tal caso, pertanto, è da presumere, come sopra osservato, anche con
i 100 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 stanziati dal comma 1
dell’articolo 1-bis in commento e coperti come indicato dal successivo comma 6
- e dalle somme rimborsate dagli enti beneficiari, nonché delle risorse non
attribuite negli anni precedenti.
Contestualmente alla nuova disciplina da esso introdotta, l’articolo 1-bis in esame sopprime l’ analoga disciplina già presente nell’ articolo 1, comma 17-sexies, del decreto-legge n. 35/2013 inserita in tale provvedimento ad opera dell’articolo 12-bis del decreto legge n. 69/2013[99].
Anche tale norma, infatti, destina risorse a favore dei comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nei ventiquattro mesi precedenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 35 e che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall'articolo 258 del TUEL previa apposita istanza dei comuni interessati, che a loro volta devono mettere tali somme a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione, che provvede al pagamento dei debiti entro 120 giorni dalla disponibilità delle risorse.
La nuova disciplina in esame si differenzia però da quella ora vigente di cui al comma 17-sexies predetto sotto due differenti profili (nonché per altri aspetti procedurali, che qui non si dettagliano), in quanto:
§ l’importo messo a disposizione è di complessivi 200 milioni, invece dei 100 previsti nel comma 17-sexies, ed inoltre, mentre quest’ultimo non determina un nuovo corrispondente onere, in quanto tale somma viene destinata agli enti richiedenti nell’ambito delle risorse della “Sezione enti locali” del Fondo anticipazioni liquidità autorizzate dal comma 10 del predetto decreto-legge, non erogate dalla Cassa depositi e prestiti e, dunque, disponibili per gli anni 2013 e 2014, l’articolo 1-bis pone tali risorse a carico del Fondo di rotazione di cui all’articolo 243-ter del Tuel, riducendo contestualmente lo stanziamento stabilito per la Sezione medesima;
§ l’importo sopradetto viene destinato alla massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi nell’ambito della gestione medesima, mentre il comma 17-sexies delimita il pagamento ai debiti commerciali al 31 dicembre 2012, con l’esclusione debiti fuori bilancio non riconosciuti entro la medesima data, ai sensi dell’articolo 194 del TUEL[100];
L’esclusione dei debiti fuori bilancio non
riconosciuti dal novero di quelli che possono essere estinti con
l’anticipazione di liquidità risultava in linea con quanto chiarito in una
apposita Nota inviata a Cassa Depositi e prestiti in data 7 maggio 2013 dal
Ministero dell’economia e finanze, con la quale il Ministero ha precisato che
possono essere inclusi tra i debiti oggetto dell’anticipazione di liquidità
dell’apposita Sezione enti locali del Fondo anche i debiti ”fuori bilancio”
purché riconosciuti, prevedendo le relative coperture finanziarie con le
procedure previste dall’articolo 194 del TUEL entro il 31 dicembre 2012.
Articolo 1-quater
(Lanterne
semaforiche)
L’articolo 1-quater, introdotto al Senato, aggiunge all’art. 41 del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285 del 1992) un comma 7-bis relativo alle caratteristiche tecniche dei semafori (lanterne semaforiche).
La nuova disposizione prevede in particolare, al comma 1, che le lanterne semaforiche debbano essere dotate di lampade con marcatura CE e attacco normalizzato E27, che ne assicurino l'accensione istantanea. La norma dispone inoltre che la loro sostituzione debba essere eseguita utilizzando la struttura ottica della lanterna semaforica già esistente, ove ciò sia tecnicamente possibile senza apportarvi modifiche. E’ richiesto che le lampade realizzate con tecnologia a LED, in caso di rottura anche di un solo componente, si spengano automaticamente in modo da garantire l'uniformità del segnale luminoso durante il loro funzionamento.
Il comma 2 dell’articolo 1-quater, modificando l’art. 234 del CdS, recante le norme transitorie relative al titolo II, dispone l’obbligo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel momento in cui necessitino di sostituzione, di sostituire le lampade ad incandescenza, nei semafori di cui all'articolo 41, con lampade a basso consumo energetico, ivi comprese le lampade realizzate con tecnologia a LED.
Si ricorda che in base all’art. 167 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada (D.P.R. n. 495 del 1992) l'illuminazione delle luci semaforiche deve essere realizzata con dispositivi idonei a garantire un solido fotometrico di chiara visibilità, uniforme e privo di fenomeni di abbagliamento. Pertanto la previsione della sostituzione con lampade a basso consumo, in quanto lampade aventi la caratteristica di aumentare la propria intensità luminosa progressivamente a partire dal momento dell’accensione, potrebbe non essere compatibile con la previsione dell’accensione immediata e con la necessità di chiara e uniforme visibilità.
Articolo 1-quinquies
(Prevenzione incendi nelle strutture
ricettive)
Il comma 1 dell'articolo 1-quinquies,
inserito nel corso dell’esame al Senato, reca una nuova proroga, fino al 31 dicembre 2014, del
termine fissato per completare gli adempimenti relativi alla messa a norma delle strutture ricettive con
oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 9
aprile 1994 (approvativo della regola tecnica di prevenzione incendi per la
costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere), che non abbiano completato l'adeguamento
alle disposizioni di prevenzione degli incendi e siano in possesso dei requisiti per l’ammissione al piano straordinario
biennale di adeguamento antincendio, approvato con D.M. interno 16 marzo
2012.
Si ricorda che il punto 21.2 del D.M. 9 aprile 1994, con cui è stata approvata la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere, ha previsto l’adeguamento delle attività ricettive esistenti, alle nuove disposizioni dettate dalla regola tecnica, entro otto anni “per l'adeguamento, all'interno delle camere per ospiti, dei materiali di rivestimento, dei tendaggi e dei materassi” alla prescrizioni dettate dalla regola tecnica in materia di reazione al fuoco dei materiali. Per le altre prescrizioni (ad eccezione di quelle di carattere gestionale, per le quali veniva fissato un termine di 2 anni per l’adeguamento) il termine previsto era invece il 31 dicembre 1999. L’art. 3-bis del D.L. 411/2001 ha prorogato il termine di 8 anni e quello del 31 dicembre 1999 al 31 dicembre 2004. Il termine è poi stato ulteriormente prorogato ed è stato differito, da ultimo, al 31 dicembre 2013 dall’art. 15, comma 7, del D.L. 216/2011.
Tale ultima disposizione di proroga limitava la sua applicazione alle sole strutture ammesse, a domanda, al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, poi successivamente approvato con il D.M. interno 16 marzo 2012 richiamato dalla norma in esame.
Il successivo comma 8 ha rafforzato la citata disposizione prevedendo l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 4 del D.P.R. 151/2011 (provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi dalla stessa prodotti) in caso di:
§ omessa presentazione dell'istanza;
§ mancata ammissione al piano straordinario;
§ mancato completamento dell’adeguamento antincendio al 31 dicembre 2013.
La relazione illustrativa al ddl di conversione del D.L. 216/2011 ha rilevato che tale adeguamento, se non sostenuto da mirati interventi, rischia di compromettere l’esercizio di numerose attività (circa 14 mila strutture) in un settore di assoluto rilievo per il Paese. La relazione ha anche ricordato la procedura di infrazione per il non corretto recepimento della direttiva 89/391/CE, avviata il 29 settembre 2011 dalla Commissione europea che, tra l’altro, ha censurato le proroghe che si susseguono ormai dal 2001 e che stanno procrastinando all’infinito l’applicazione delle disposizioni di sicurezza antincendio con rischi (anche) per la sicurezza dei lavoratori, alla cui tutela mira la citata direttiva.
La medesima relazione illustrativa ha altresì rilevato che l’applicazione del D.P.R. 151/2011 di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, introducendo il sistema della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e connesse verifiche in tempi stretti, rischia di determinare ulteriori difficoltà nell’adeguamento antincendio con chiusura di numerosissime attività. Di qui la necessità di pervenire ad una soluzione “ponte”, individuata nel piano straordinario, che accompagni, con la gradualità necessaria, le strutture verso il vigente regime di semplificazione antincendio per tutti gli adempimenti relativi ai successivi rinnovi e alle verifiche periodiche.
Il comma 2 dell’articolo 1-quinquies prevede l’emanazione, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, di un D.M. interno finalizzato all’aggiornamento e alla semplificazione (in particolare per le strutture ricettive turistico-alberghiere fino a 50 posti letto) delle disposizioni della regola tecnica approvata con D.M. 9 aprile 1994.
Articolo 1-sexies
(Disposizioni in materia di diritti sulle pubbliche affissioni)
L’articolo 1-sexies, introdotto in sede di esame del provvedimento al Senato, modifica la misura del diritto sulle pubbliche affissioni, disponendo che esso debba avere un ammontare tale da garantire la copertura dei costi di gestione del servizio ed eliminando, di conseguenza, la sua commisurazione al periodo di permanenza dell’affissione ed alla classe di comune considerata.
Tale diritto è disciplinato dall’articolo 19 del D.Lgs. n. 507 del 1993. ai sensi del quale per l'effettuazione delle pubbliche affissioni è dovuto in solido, da chi richiede il servizio e da colui nell'interesse del quale il servizio stesso è richiesto, un diritto, comprensivo dell'imposta sulla pubblicità, a favore del comune che provvede alla relativa esecuzione.
L’articolo in esame, in particolare, modifica il comma 2 dell’articolo 19, che fissa la misura di tale diritto stesso.
Più in dettaglio, è eliminata la previsione secondo cui il diritto sulle pubbliche affissioni è commisurato al periodo di affissione ed alla classe di comune.
In luogo di tale previsione, si dispone che la misura del diritto debba garantire la copertura dei costi di gestione del servizio.
Inoltre, ove il servizio sia eseguito dal concessionario per l'accertamento, liquidazione e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicità, al medesimo verrà riconosciuto il solo rimborso dei costi di gestione.
Resta fermo che per ogni commissione inferiore a cinquanta fogli il diritto di affissione è maggiorato del 50 per cento; una maggiorazione è prevista inoltre per i manifesti costituiti da otto fino a dodici fogli e per quelli costituiti da più di dodici fogli. Rimane altresì ferma la prescrizione secondo cui, nei comuni con popolazione superiore a trentamila abitanti, qualora il committente richieda espressamente che l'affissione venga eseguita in determinati spazi da lui prescelti, è dovuta una maggiorazione del 100 per cento del diritto.
Articolo 2,
commi 1 e 2
(Indennizzo
dei danni subiti da imprese nella realizzazione
di opere strategiche)
L’articolo 2 autorizza spese per il ristoro, parziale, dei danni subiti da imprese nella realizzazione di opere comprese nel programma delle infrastrutture strategiche (PIS), a seguito di delitti non colposi commessi al fine di impedire, turbare o rallentare la realizzazione delle opere strategiche.
Il Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS), avviato con l’art. 1 della L. n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo), individua, ai sensi della medesima legge, “le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese”.
Le opere del PIS rappresentano un insieme vasto ed eterogeneo, al cui interno sono comprese opere stradali e autostradali (come ad es. l’autostrada Salerno-Reggio Calabria), ferroviarie (come ad esempio l’alta velocità Torino-Lione e il nuovo valico del Brennero), portuali e interportuali, sui sistemi metropolitani (come ad es. la metro C di Roma e il Programma 6.000 campanili), sugli schemi idrici, ecc.
Secondo l’ultimo aggiornamento del Programma (contenuto nell’allegato infrastrutturale alla Nota di aggiornamento del DEF, Doc. LVII, n. 1-bis - Allegato III)[101]), il i volume complessivo delle opere è quantificato, in termini di costo delle stesse, in circa 232 miliardi di euro (di cui 61,5 miliardi relativi ad opere in fase di realizzazione deliberate
dal CIPE), anche con un coinvolgimento di capitali privati.
In particolare, il comma 1, primo periodo, autorizza la spesa complessiva di 7 milioni di euro (2 milioni per l'anno 2013 e 5 milioni per il 2014), per la concessione dei citati indennizzi.
La norma prevede che l’indennizzo sia destinato a coprire i danni subiti da materiali, attrezzature e beni strumentali in conseguenza dei citati delitti non colposi.
L’elargizione è disposta al di fuori degli indennizzi disciplinati dalla legge n. 44/1999 (recante “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura”), vale a dire quelli per i danni derivanti da delitti commessi allo scopo di costringere le imprese ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche successivamente alla commissione dei delitti stessi, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione anche ambientale.
Il comma 1, secondo periodo, provvede alla copertura dell’onere:
§ quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2013, mediante utilizzo delle disponibilità del capitolo 1496 (rimborso alle Poste italiane S.p.A. dei maggiori oneri sostenuti per le agevolazioni tariffarie concesse in relazione allo svolgimento delle consultazioni elettorali) iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato;
Tale
capitolo, nel disegno di legge di bilancio per il 2014, in corso di esame alla
Camera, reca uno stanziamento di competenza per il 2014 pari a 91,3 milioni di
euro.
§ quanto a 5 milioni di euro per l'anno 2014, con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 9, comma 8, del D.L. n. 457/1997 (Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione).
Il comma 2 limita la concessione dell'indennizzo:
§ ad una quota della parte eccedente la somma liquidata o liquidabile sulla base del contratto di assicurazione stipulato dall'impresa interessata;
§ ad una quota del danno subito, in assenza di un contratto di assicurazione.
Si segnala che la norma non disciplina i
criteri e le modalità per l’erogazione dei benefici, inclusi i criteri da
utilizzare per la quantificazione dei danni. Pare utile, a tal fine, valutare
l'espresso rinvio ad un provvedimento di attuazione Pare, altresì, utile
valutare il carattere di specialità della disposizione, rispetto agli ordinari
principi sul risarcimento del danno.
Si rammenta che disposizioni analoghe a quelle in commento era state inserite nel corso dell’esame parlamentare del D.L. 93/2013 (recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), e corrispondevano ai commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies dell’articolo 8 dell’A.C. 1540-A, soppressi nel corso dell’esame alla Camera, e precisamente nella seduta dell’Assemblea del 9 ottobre 2013.
Articolo 2,
comma 2-bis
(Rimborsi per riduzioni tariffarie
energia elettrica)
Il comma 2-bis, introdotto al Senato, individua le risorse finanziare per avviare il pagamento dei rimborsi per gli anni pregressi al 2013 dovuti, in relazione alle riduzioni tariffarie per consumi di energia elettrica per le imprese radiofoniche di informazione, ai gestori dei servizi elettrici che vantino spettanze residue.
In particolare, la norma autorizza per il 2013 l’utilizzo delle disponibilità del capitolo 1496 iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (rimborso alle Poste italiane S.p.A. dei maggiori oneri sostenuti per le agevolazioni tariffarie concesse in relazione allo svolgimento delle consultazioni elettorali), al netto delle risorse utilizzate dal comma 1 (2 milioni per il 2013) per il ristoro, parziale, dei danni subiti da imprese nella realizzazione di opere comprese nel programma delle infrastrutture strategiche (PIS), a seguito di delitti non colposi commessi al fine di impedire, turbare o rallentare la realizzazione delle opere.
La finalità della norma è quella di avviare il pagamento dei rimborsi per gli anni pregressi al 2013 dovuti in relazione alle riduzioni tariffarie per consumi di energia elettrica per le imprese di radiodiffusione che trasmettano programmi di informazione.
Si ricorda che l’articolo 11 della legge n. 67/1987 (in materia di provvidenze per l’editoria) prevede, tra l’altro, riduzioni tariffarie per imprese radiofoniche di informazione per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20 a decorrere dal 1° gennaio 2007. Le riduzioni sono quelle elencate dall’articolo 28 della legge 416/1981, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica (riduzione del 50%).
L’articolo 23 della legge n. 223/1990 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato) prevede alcune misure di sostegno alla radiodiffusione in ambito locale, tra cui l’estensione delle stesse agevolazioni tariffarie ai concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale che trasmettano programmi informativi per almeno un’ora al giorno.
I beneficiari dei rimborsi sono i gestori dei servizi elettrici che vantino spettanze residue alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Essi devono comprovare i crediti esistenti alla data del 31 dicembre 2012 in conformità all'articolo 20, commi 1 e 2, del decreto del Presidente del Consiglio 22 novembre 2010.
A tal fine i predetti gestori trasmettono entro 30 giorni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria
§ la domanda di rimborso corredata da idonea dichiarazione sostitutiva;
§ le copie dei decreti di concessione delle provvidenze;
§ una tabella riepilogativa degli importi spettanti.
Il contributo è assegnato agli aventi titolo preliminarmente sulla base di un criterio cronologico di presentazione della domanda e, a parità di data di presentazione, sulla base del criterio del credito più antico.
Articolo 2,
comma 3
(Anticipazione
risorse ad ANAS)
Il comma 3 consente al Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) di trasferire ad ANAS S.p.A., in via di anticipazione, le risorse finanziarie disponibili per l'anno 2013 sul pertinente capitolo di bilancio, per consentire alla società di far fronte ai pagamenti dovuti, sulla base degli stati di avanzamento lavori (SAL), in relazione a interventi conclusi o in corso di realizzazione.
In ordine agli investimenti per la realizzazione di nuove opere e la manutenzione della rete stradale di interesse nazionale, si ricorda che l’atto che regola i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), amministrazione concedente, e l’ANAS S.p.A., società concessionaria, è proprio il contratto di programma.
Relativamente al contratto di programma 2012, si ricorda che esso è stato stipulato tra il MIT e l'ANAS nel mese di luglio 2012, a seguito del parere positivo espresso dal CIPE nella seduta dell'11 luglio 2012 (delibera n. 68/2012), ma in considerazione dei rilievi espressi da parte della Corte dei Conti, lo stesso è stato nuovamente siglato in data 9 marzo 2013. Successivamente il CIPE ha espresso un nuovo parere favorevole con la delibera 18 febbraio 2013, n. 9. Nel corso dell'audizione del 9 ottobre presso l’VIII Commissione (Ambiente) il Presidente dell'Anas ha ricordato che tale contratto "assumerà piena efficacia con la registrazione, da parte della Corte dei Conti, del relativo decreto interministeriale (MIT/MEF) che è stato recentemente sottoscritto". Le risorse assegnate al citato contratto sono state quantificate in 300 milioni di euro dalla delibera CIPE 32/2012 e successivamente rimodulate con la delibera CIPE 97/2012 (G.U. 16 aprile 2013), decurtate di 50 milioni dalla delibera CIPE 8/2013 (G.U. 4 giugno 2013) ed infine reintegrate dalla delibera CIPE 8 marzo 2013, n. 13 (G.U. 6 luglio 2013).
Nel corso della citata audizione il Presidente dell’Anas ha sottolineato che “le richieste di erogazione tuttora inevase alla data odierna ammontano a circa 850 milioni di Euro (di cui 180 milioni di Euro già inviate nel 2012)[102] in ordine ad investimenti già realizzati e per i quali la Società ha già provveduto ad effettuare i pagamento dovuti alle imprese esecutrici. In proposito, si segnala, che, è stato più volte portato all’attenzione del MEF e del MIT il perdurante mancato versamento dei contributi statali all’ANAS per l’avanzamento dei lavori in corso per il predetto importo complessivo di circa 850 milioni di Euro. In analogia con quanto verificatosi nello stesso periodo dello scorso anno, qualora tali versamenti dovessero essere ulteriormente posticipati, l’ANAS si troverebbe a breve impossibilitata a far fronte ai pagamenti verso appaltatori e fornitori per lavori già eseguiti, con inevitabili conseguenze in termini di avanzamento lavori, di oneri ed interessi di mora, di tensione finanziaria e sociale, visti gli effetti che ne deriverebbero sull’indotto delle imprese coinvolte nella realizzazione dei lavori su tutto il territorio nazionale”.
Con riferimento alle parole del Presidente dell’Anas in merito a “quanto verificatosi nello stesso periodo dello scorso anno”, il riferimento sembra essere all’art. 34, comma 12, del D.L. n. 179/2012, che ha dettato una disposizione analoga a quella prevista dal comma in esame.
Si segnala infine, in relazione ai lavori parlamentari in corso, che l’art. 1, comma 40, del ddl di stabilità 2014, prevede uno stanziamento complessivo di 485 milioni di euro (335 milioni per il 2014 e 150 milioni per il 2015), al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l’anno 2014, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il MIT e l’ANAS S.p.A. Ulteriori stanziamenti destinati all’ANAS sono previsti dal medesimo disegno di legge e sono destinati al c.d. Programma ponti e gallerie (306 milioni di euro per il 2014, 231 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016, collocati nel capitolo 7538) e alla Salerno-Reggio Calabria (50 milioni di euro). Gli stanziamenti indicati non destinati al “Programma ponti e gallerie” confluiscono nel capitolo 7372 “Contributi in conto impianti da corrispondere all’ANAS per la realizzazione di un programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, la cui dotazione di competenza è pari a 538,1 milioni di euro per il 2014, mentre nel 2013 lo stanziamento assestato è pari a 756,7 milioni di euro.
Articolo 2,
commi da 3-bis a 3-octies
(Disposizioni in materia di qualificazione
delle imprese affidatarie
di lavori pubblici in subappalto)
I commi da 3-bis a 3-octies dell’articolo 2, introdotti nel corso dell’esame al Senato, recano disposizioni in materia di qualificazione delle imprese che hanno affidato lavorazioni in subappalto, al fine di colmare il vuoto normativo conseguente all’annullamento di alcune norme del D.P.R. 207/2010 (regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, d’ora in avanti regolamento) da parte del D.P.R. 30 ottobre 2013, pubblicato nella G.U. 29 novembre 2013.
Con tale decreto è stato parzialmente accolto - sulla base delle motivazioni esposte nel parere del Consiglio di Stato espresso nell’adunanza del 16 aprile 2013 - il ricorso straordinario al Capo dello Stato, promosso dall’Associazione imprese generali (A.G.I.), con riferimento all’impugnazione dei seguenti articoli del regolamento:
§ art. 85, comma 1, lettera b), numeri 2 e 3);
§ art. 107, comma 2;
§ art. 109, comma 2 (in relazione all'allegato A, e, in particolare, alla «Tabella sintetica delle categorie»).
In particolare, l’articolo 85 elenca i criteri cui devono attenersi le SOA (Società organismi di attestazione) ai fini della qualificazione delle imprese che hanno affidato lavorazioni in subappalto e delle imprese subappaltatrici, mentre l’articolo 107 individua le strutture, gli impianti e le opere speciali – corrispondenti alle categorie delle opere generali (OG) e specializzate (OS), il cui acronimo OG e OS è seguito dal numero identificativo della singola categoria - che sono individuate nell’Allegato A. L’articolo 109 disciplina i criteri di affidamento delle lavorazioni relative strutture, impianti e opere speciali.
In sintesi, i predetti commi provvedono a:
§ modificare i numeri 2) e 3) della lettera b)
del comma 1 dell’articolo 85, con riguardo all’utilizzabilità - da parte
dell’impresa affidataria - dell’importo delle lavorazioni scorporabili
subappaltate, ai fini della qualificazione nella categoria prevalente o nella
categoria scorporabile (comma 3-bis);
§ definire una disciplina di carattere
transitorio (comma 3-quater e comma
3-quinquies) nelle more della
revisione regolamentare delle categorie a qualificazione obbligatoria e delle
categorie specialistiche, che sostituisca la disciplina annullata (comma 3-ter);
§ dettare disposizioni di coordinamento
normativo e transitorie (commi 3-sexies e
3-septies);
§ fissare un termine per l’espressione del
parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici al fine di accelerare
l’approvazione delle predette modifiche regolamentari (comma 3-octies).
Con ricorso straordinario n.r.g. 3909/2011 l’AGI (Associazione
Imprese Generali) e altre imprese hanno chiesto l’annullamento del regolamento
limitatamente ad alcuni articoli, in quanto ritenuti in contrasto con i
principi europei e con la normativa nazionale primaria. In particolare, per
quanto interessa in questa sede, è stata dedotta l’illegittimità dei seguenti articoli:
§
art. 85, comma 1,
lett. b), nn. 2 e 3, nella parte in cui prevede particolari limiti di
qualificazione per le imprese che abbiano subappaltato più del 30 per cento di
ciascuna categoria scorporabile a qualificazione non obbligatoria o del 40 per
cento nel caso di categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria;
§
artt. 109 comma
2, e 107, comma 2, oltre all’Allegato A, nella parte in cui tali previsioni
limitano la qualificazione e la capacità operativa delle imprese generali a
favore delle imprese speciali, in conseguenza dell’obbligo di subappaltare o di
rendere a qualificazione obbligatoria (con necessità di creare un’associazione
temporanea di impresa verticale) una serie numerosa di lavori, diversi da
quelli connotati da spiccata complessità tecnica.
Il comma 3-bis dell’articolo 2 provvede a modificare i numeri 2) e 3) della lettera b) del comma 1 dell’art. 85 del D.P.R. 207/2010 al fine di consentire il superamento dei profili di problematicità segnalati nel parere del Consiglio di Stato.
Rinviando al citato parere per una trattazione approfondita, appare sufficiente richiamare l’esempio di applicazione delle citate disposizioni formulato dal Consiglio di Stato per evidenziare l’irragionevolezza delle norme contenute nei menzionati numeri 2) e 3): «si pensi, ad esempio, al caso di un appalto in cui l’impresa aggiudicataria decida di subappaltare il 40 per cento dei lavori della categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria (il cui importo complessivo è, supponiamo, pari ad 1.000.000 di euro). In questo caso, in base alla previsione in esame, l’impresa potrà utilizzare ai fini della futura qualificazione nella categoria scorporabile l’intero importo dei lavori (sia quelli eseguiti direttamente sia quelli dati in subappalto). Se la stessa impresa dovesse, invece, dare in subappalto anziché il 40 per cento, anche solo il 41 per cento, essa potrà utilizzare per intero i lavori direttamente eseguiti, ma soltanto una quota del 10 per cento dei lavori dati in subappalto. Rispetto all’impresa che ha rispettato il limite del 40 per cento, l’importo dei lavori utilizzabili per la qualificazione nella categoria scorporabile passa, quindi, per questa impresa, da 1.000.000 di Euro a 631.000 Euro: 590.000 Euro di lavori eseguiti direttamente più 41.000 Euro di lavori subappaltati (ovvero il 10 per cento dei 410.000 euro di lavori subappaltati)».
Si ricorda che l’art. 107, comma 2, del Regolamento elenca le opere considerate “strutture, impianti e opere speciali” ai sensi dell’art. 37, comma 11, del Codice.
Ai sensi del citato comma 11, qualora nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi in valore il 15% dell'importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non siano in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto con i limiti dettati dall'art. 118, comma 2, terzo periodo. Lo stesso comma 11, tra l’altro, rinvia al Regolamento per la definizione dell'elenco delle citate opere. Tale rinvio viene attuato dal comma 2 dell’art. 107, ai sensi del quale si considerano “strutture, impianti e opere speciali”, le opere generali e specializzate che lo stesso comma elenca (e che rientrano nelle classi di categoria individuate nell'allegato A con l'acronimo OG o OS), qualora siano di importo singolarmente superiore al 10% dell'importo complessivo dell'opera o lavoro oppure di importo superiore a 150.000 euro.
Il testo a fronte seguente evidenzia il tenore della novella, che provvede, in particolare, ad eliminare la parte della disposizione che limita al 10% l’importo utilizzabile ai fini della qualificazione (cfr. testo sottolineato nel seguente testo a fronte).
Si segnala che il Consiglio di Stato , nel parere espresso sullo schema di regolamento (parere n. 313 del 24 febbraio 2010), aveva richiesto di espungere dal testo ai nn. 2 e 3 le parole “in alternativa” e “ovvero ripartito tra la categoria prevalente e la categoria scorporabile, per una percentuale riferita a tale categoria scorporabile non superiore al dieci per cento” (tali parole vengono soppresse dal testo in commento come risulta dalla sottolineatura nel seguente testo a fronte).
Art. 85, co. 1, D.P.R. 207/2005 |
Art. 85, co. 1, D.P.R. 207/2005 |
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1. Ai fini della qualificazione delle imprese che
hanno affidato lavorazioni in subappalto e delle imprese subappaltatrici le
SOA si attengono ai seguenti criteri: a) le lavorazioni eseguite dalle imprese
subappaltatrici sono classificabili ai sensi delle tabelle di cui
all'allegato A; l'impresa subappaltatrice può utilizzare per la
qualificazione il quantitativo delle lavorazioni eseguite aventi le
caratteristiche predette; b) l'impresa affidataria può utilizzare: 1) i lavori della categoria prevalente, subappaltati
nel limite massimo del trenta per cento di cui all'articolo 170, comma 1, per
l'intero importo; |
1. Ai fini della qualificazione delle imprese che
hanno affidato lavorazioni in subappalto e delle imprese subappaltatrici le
SOA si attengono ai seguenti criteri: a) le lavorazioni eseguite dalle imprese
subappaltatrici sono classificabili ai sensi delle tabelle di cui
all'allegato A; l'impresa subappaltatrice può utilizzare per la
qualificazione il quantitativo delle lavorazioni eseguite aventi le caratteristiche
predette; b) l'impresa affidataria può utilizzare: 1) i lavori della categoria prevalente, subappaltati
nel limite massimo del trenta per cento di cui all'articolo 170, comma 1, per
l'intero importo; |
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2) i lavori
di ciascuna delle categorie scorporabili previste nel bando o nell'avviso di
gara o nella lettera di invito, appartenenti alle categorie di cui
all'allegato A, per le quali non è prescritta la qualificazione obbligatoria,
per l'intero importo in ciascuna delle categorie scorporabili se le
lavorazioni sono subappaltate entro il limite del trenta per cento riferito a
ciascuna categoria; l'importo dei lavori di ciascuna categoria
scorporabile subappaltata oltre il predetto limite, è decurtato della quota
eccedente il trenta per cento e può essere, così decurtato, utilizzato, in
alternativa, per la qualificazione nella categoria prevalente ovvero
ripartito tra la categoria prevalente e la categoria scorporabile, per una
percentuale riferita a tale categoria scorporabile non superiore al dieci per
cento; |
2) i lavori
di ciascuna delle categorie scorporabili previste nel bando o nell'avviso di
gara o nella lettera di invito, appartenenti alle categorie di cui
all'allegato A, per le quali non è prescritta la qualificazione obbligatoria,
per l'intero importo in ciascuna delle categorie scorporabili se le
lavorazioni sono subappaltate entro il limite del trenta per cento riferito a
ciascuna categoria; laddove il
subappalto ecceda il predetto limite, l'impresa affidataria può utilizzare,
per qualificarsi nella singola categoria scorporabile, l'intero importo dei
lavori direttamente eseguiti nella stessa categoria, nonché il 30 per cento
dell'importo della categoria scorporabile, che può essere utilizzato, a sua
scelta, per la qualificazione nella categoria prevalente o nella categoria
scorporabile, ovvero ripartito tra la categoria prevalente e la categoria
scorporabile; |
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3) i lavori di ciascuna delle categorie scorporabili
previste nel bando o nell'avviso di gara o nella lettera di invito,
appartenenti alle categorie di cui all'allegato A, per le quali è prescritta
la qualificazione obbligatoria, per l'intero importo in ciascuna delle
categorie scorporabili se le lavorazioni sono subappaltate entro il limite
del quaranta per cento riferito a ciascuna categoria; l'importo dei lavori di ciascuna categoria
scorporabile subappaltata oltre il predetto limite, è decurtato della quota
eccedente il quaranta per cento e può essere, così decurtato, utilizzato, in alternativa, per la qualificazione
nella categoria prevalente ovvero ripartito tra la categoria prevalente e la
categoria scorporabile, per una percentuale riferita a tale categoria
scorporabile non superiore al dieci per cento. |
3) i lavori di ciascuna delle categorie scorporabili
previste nel bando o nell'avviso di gara o nella lettera di invito,
appartenenti alle categorie di cui all'allegato A, per le quali è prescritta
la qualificazione obbligatoria, per l'intero importo in ciascuna delle
categorie scorporabili se le lavorazioni sono subappaltate entro il limite
del quaranta per cento riferito a ciascuna categoria; laddove il
subappalto ecceda il predetto limite, l'impresa affidataria può utilizzare,
per qualificarsi nella singola categoria scorporabile, l'intero importo dei
lavori direttamente eseguiti nella stessa categoria, nonché il quaranta per
cento dell'importo della categoria scorporabile, che può essere utilizzato, a
sua scelta, per la qualificazione nella categoria prevalente o nella
categoria scorporabile, ovvero ripartito tra la categoria prevalente e la
categoria scorporabile |
Il comma 3-ter dell’articolo 2 prevede l’emanazione, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto:
§ di norme regolamentari sostitutive delle disposizioni dettate dagli articoli 107, comma 2, e 109, comma 2, del D.P.R. 207/2010, annullate dal citato D.P.R. 30 ottobre 2013;
§ delle conseguenti modifiche all'Allegato A del citato D.P.R. 207/2010.
Lo stesso comma prevede che le citate novelle siano adottate secondo la procedura prevista all'art. 5, comma 4, del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).
Il citato comma 4 disciplina le modalità di emanazione del regolamento di attuazione del Codice e prevede che con la medesima procedura si provveda altresì alle successive modificazioni e integrazioni del regolamento.
La procedura contemplata prevede che il regolamento sia adottato “su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri delle politiche comunitarie, dell'ambiente, per i beni culturali e ambientali, delle attività produttive, dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Sullo schema di regolamento il Consiglio di Stato esprime parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il regolamento può essere emanato”.
Il comma 3-quater dell’articolo 2, al fine – dichiarato dalla norma - di garantire la stabilità del mercato dei lavori pubblici nell'attuale periodo di difficoltà economica per le imprese del settore, introduce una norma che riscrive, ma solo in via transitoria, la disposizione dettata dal comma 2 dell’art. 107 del D.P.R. 207/2010.
Viene infatti precisato che le disposizioni introdotte dal comma in esame operano nelle more dell'adozione della nuova disciplina regolamentare prevista dal comma 3-ter, e comunque non oltre il termine di sei mesi ivi indicato.
La riscrittura operata dal comma in esame si differenzia, rispetto al testo censurato dal D.P.R. 30 ottobre 2013, per l’eliminazione, dal novero delle categorie considerano strutture, impianti e opere speciali dal comma 2 dell’art. 107, delle seguenti 4 categorie di opere:
h) OS 8 - opere di impermeabilizzazione;
l) OS 12-A - barriere stradali di sicurezza;
u) OS 25 - scavi archeologici;
cc) OS 34 - sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità.
La riduzione del numero delle categorie considerate appare in linea con le motivazioni espresse dal Consiglio di Stato nel citato parere del 16 aprile 2013, secondo cui l’elevato numero di categorie contemplate dal comma 2 dell’art. 107 finiva per determinare contraddittorietà nelle disposizioni del D.P.R. 207/2010, che veniva giudicata sussistere «rispetto al principio generale sancito dallo stesso regolamento all’art. 109, comma 1. Tale disposizione sancisce, infatti, la regola secondo cui l’affidatario dei lavori in possesso della qualificazione nella categoria prevalente può eseguire direttamente tutte le lavorazioni si cui si compone l’opera, anche qualora sia privo delle relative qualificazioni. L’art. 109, comma 2, (letto alla luce del menzionato allegato A e, in particolare, della “Tabella sintetica delle categorie”) e l’art. 107, comma 2, non si limitano ad attenuare la portata di tale regola, introducendo deroghe puntuali e giustificate, ma, al contrario, finiscono per svuotarla completamente, annullandola fino a trasformarla, in maniera del tutto contraddittoria, in una eccezione destinata a trovare applicazione in casi marginali. Basti pensare, appunto, che in base alla Tabella sintetica delle categorie, sono a qualificazione obbligatoria (e, quindi, non realizzabili direttamente dall’affidatario ma necessariamente da subappaltare) ben 46 delle 52 categorie complessivamente indicate. Nell’ambito di queste 46 categorie, peraltro, l’art. 107, comma 2, del regolamento individua un ulteriore elenco di 24 categorie, per le quali il subappalto è consentito solo nei limiti del 30 per cento, il che implica che, in presenza delle opere “speciali” individuate da tale disposizione, l’impresa munita della qualificazione nella categoria prevalente, già solo per partecipare alla gara, deve necessariamente costituire un’ATI verticale con un’impresa qualificata nella categoria “speciale”. Considerando, quindi, anche solo il profilo meramente quantitativo, già emerge che 46 categorie su 52 sono a qualificazione obbligatoria e che, quindi, per esse non vale la regola generale di cui all’art. 109, comma 1, del regolamento, secondo cui la qualificazione nella categoria prevalente abilita all’esecuzione delle opere scorporabili. Per 24 categorie, inoltre, l’art. 107, comma 2, non consente nemmeno la scelta tra subappalto ed ATI verticale, ma, di fatto (introducendo per il subappalto il limite del 30 per cento) impone la costituzione dell’ATI. Il dato quantitativo è già sintomatico di un’evidente contraddittorietà: l’art. 109, comma 1, sancisce una regola, ma subito dopo, il comma 2 dello stesso art. 109 (insieme all’Allegato A), e il comma 2 dell’art. 107 la contraddicono, finendo per invertire il rapporto tra regola ed eccezione».
Si segnala altresì che il comma 2 dell’art. 107 del D.P.R. 207/2010 è entrato in vigore solamente l’8 giugno 2013, in virtù del differimento operato dall’art. 357, comma 22, del medesimo decreto e della successiva proroga disposta dall’art. 1, comma 1, del D.L. 73/2012.
Si segnala altresì che, ai sensi dello stesso comma 22, fino all’8 giugno 2013 si è continuato ad applicare le disposizioni previgenti recate dall’art. 72, comma 4, del D.P.R. 554/1999 (abrogato dal D.P.R. 207/2010).
Il seguente testo a fronte reca un raffronto anche con il testo dell’abrogato articolo 72, comma 4, del D.P.R. 554/1999 ai fini di una comparazione della nuova disciplina transitoria con il testo previgente.
Art. 107, co. 2, D.P.R. 207/2005 |
Art. 107, co. 2, D.P.R. 207/2005 |
Testo dell’abrogato art. 72, comma 4, del
D.P.R. 554/1999 |
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a)
OG 11 - impianti tecnologici; |
a)
OG 11 - impianti tecnologici |
|
b)
OG 12 - opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale; |
b)
OG 12 - opere ed impianti di bonifica e protezione ambientale; |
h)
la bonifica ambientale di materiali tossici e nocivi; |
c)
OS 2-A - superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni
culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico,
etnoantropologico; |
c)
OS 2-A - superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni
culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico,
etnoantropologico; |
a)
il restauro, la manutenzione di superfici decorate di beni architettonici, il
restauro di beni mobili, di interesse storico, artistico ed archeologico; |
d)
OS 2-B - beni culturali mobili di interesse archivistico e librario; |
d)
OS 2-B - beni culturali mobili di interesse archivistico e librario; |
|
e)
OS 3 - impianti idrico-sanitario, cucine, lavanderie; |
e)
OS 3 - impianti idrico-sanitario, cucine, lavanderie; |
b)
l'installazione, la gestione e la manutenzione ordinaria di impianti
idrosanitari, del gas, antincendio, di termoregolazione, di cucina e di
lavanderia; |
f)
OS 4 - impianti elettromeccanici trasportatori; |
f)
OS 4 - impianti elettromeccanici trasportatori; |
c)
l'installazione, la gestione e la manutenzione di impianti trasportatori,
ascensori, scale mobili, di sollevamento e di trasporto; |
g)
OS 5 - impianti pneumatici e antintrusione; |
g)
OS 5 - impianti pneumatici e antintrusione; |
d)
l'installazione, gestione e manutenzione di impianti pneumatici, di impianti
antintrusione; |
h)
OS 8 - opere di impermeabilizzazione; i |
|
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l)
OS 12-A - barriere stradali di sicurezza; |
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m)
OS 13 - strutture prefabbricate in cemento armato; |
i)
OS 13 - strutture prefabbricate in cemento armato; |
l)
la fornitura e posa in opera di strutture e di elementi prefabbricati
prodotti industrialmente; |
n)
OS 14 - impianti di smaltimento e recupero di rifiuti; |
l)
OS 14 - impianti di smaltimento e recupero di rifiuti; |
o)
gli impianti di trattamento rifiuti; |
p)
OS 18-B - componenti per facciate continue; |
n)
OS 18-B - componenti per facciate continue; |
|
q)
OS 20-A - rilevamenti topografici; |
o)
OS 20-A - rilevamenti topografici; |
f)
i rilevamenti topografici speciali e le esplorazioni del sottosuolo con mezzi
speciali; |
r)
OS 20-B - indagini geognostiche; |
p)
OS 20-B - indagini geognostiche; |
|
o)
OS 18-A - componenti strutturali in acciaio; |
m)
OS 18-A - componenti strutturali in acciaio; |
i)
i dispositivi strutturali, i giunti di dilatazione, e gli apparecchi di
appoggio, i ritegni antisismici; g)
le fondazioni speciali, i consolidamenti di terreni, i pozzi; |
i)
OS 11 - apparecchiature strutturali speciali; |
h)
OS 11 - apparecchiature strutturali speciali; |
|
s)
OS 21 - opere strutturali speciali; |
q)
OS 21 - opere strutturali speciali; |
|
t)
OS 22 - impianti di potabilizzazione e depurazione; |
r)
OS 22 - impianti di potabilizzazione e depurazione; |
p)
gli impianti di potabilizzazione |
u)
OS 25 - scavi archeologici; |
|
|
v)
OS 27 - impianti per la trazione elettrica; |
s)
OS 27 - impianti per la trazione elettrica; |
n)
gli impianti per la trazione elettrica; |
z)
OS 28 - impianti termici e di condizionamento; |
t)
OS 28 - impianti termici e di condizionamento; |
|
aa)
OS 29 - armamento ferroviario; |
u)
OS 29 - armamento ferroviario; |
m)
l'armamento ferroviario; |
bb)
OS 30 - impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi; |
v)
OS 30 - impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi. |
e)
l'installazione, la gestione e la manutenzione di impianti elettrici,
telefonici, radiotelefonici, televisivi e simili; |
cc)
OS 34 - sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità. |
|
|
Il comma 3-quinquies, analogamente a quanto previsto dal comma 3-quater per l’art. 107, comma 2, introduce una norma che riscrive, ma solo in via transitoria (con lo stesso termine massimo di 6 mesi previsto dal comma 3-quater) la disposizione dettata dal comma 2 dell’art. 109 del D.P.R. 207/2010.
Rispetto al testo del comma 2 censurato dal D.P.R. 30 ottobre 2013 è introdotto un periodo volto a chiarire che le lavorazioni rientranti nelle categorie OG e OS contemplate, da considerarsi a qualificazione obbligatoria, non solo sono comunque subappaltabili a imprese in possesso delle relative qualificazioni (come già prevede il comma 2 oggetto di censura), ma sono altresì scorporabili e sono indicate nei bandi di gara ai fini della costituzione di associazioni temporanee di tipo verticale.
Un’altra differenza risiede nell’insieme delle categorie considerate. Il testo recato dal comma in esame esclude dal novero delle categorie OS a qualificazione obbligatoria contemplate dall’art. 107, comma 2, la categoria OS34 che, del resto, risulta esclusa anche dal comma 3-quater.
Le altre opere di categoria OS escluse dal comma 3-quater (vale a dire OS 8, OS 12-A e OS 25) non vengono invece qui escluse perché ai sensi dell’Allegato A del D.P.R. 207/2010 sono categorie a qualificazione obbligatoria.
Si prevede, inoltre, che le categorie di opere specializzate, indicate nell'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, realizzabili dall'affidatario ancorché privo della relativa qualificazione, sono le seguenti:
§ OS 1 - lavori in terra;
§ OS 6 - finiture di opere generali in materiali lignei, plastici, metallici e vetrosi;
§ OS 7 - finiture di opere generali di natura edile e tecnica;
§ OS 23 - demolizione di opere;
§ OS 26 - pavimentazioni e sovrastrutture speciali;
§ OS 32 - strutture in legno;
§ OS 34 - sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità.
Si segnala che le predette categorie, nella tabella sintetica dell’Allegato A, non sono categorie a qualificazione obbligatoria fatta eccezione per la categoria OS 34.
Il comma 3-sexies detta una disposizione transitoria di coordinamento in base alla quale, nel periodo di validità delle norme recate dai commi 3-quater e 3-quinquies (vale a dire fino all'adozione della nuova disciplina e comunque non oltre il termine di 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto), i richiami contenuti nelle disposizioni vigenti, all'articolo 107, comma 2, e 109, comma 2, del D.P.R. 207/2010 si intendono riferiti rispettivamente alle disposizioni di cui ai citati commi 3-quater e 3-quinquies.
Il comma 3-septies delimita il campo di applicazione delle norme transitorie recate dai commi 3-quater e 3-quinquies alle procedure non ancora rese pubbliche, vale a dire:
§ alle procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
§ nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.
Il comma 3-octies modifica le modalità da seguire per l’emanazione del regolamento di attuazione del Codice o di successivi regolamenti di modifica introducendo, nel comma 4 dell’art. 5 del Codice (v. supra), un termine di 45 giorni per l’espressione del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Articolo 2,
comma 4
(Contratto
di programma Ferrovie dello Stato S.p.a.)
Il comma 4 dell’articolo 2, modificato al Senato, autorizza il proseguimento della regolazione dei rapporti tra lo Stato e il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (Rete ferroviaria italiana S.p.A.) sulla base del Contratto di programma 2007-2011, fino alla conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma -parte investimenti 2012-2016, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale e l'attuazione dei relativi programmi di investimento.
Con una modifica introdotta al Senato viene fissato il termine massimo del 30 giugno 2014 per la conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma, parte investimenti 2012-2016.
La proroga viene pertanto disposta, come evidenziato nella relazione governativa, nelle more della conclusione della procedura di approvazione del Contratto di Programma - parte investimenti 2012-2016, in quanto la società Trenitalia S.p.A ha continuato, nell'anno in corso, a fornire per l'anno 2013 i servizi di interesse collettivo senza ricevere alcun corrispettivo per gli obblighi imposti e per i servizi prestati.
Il contratto di programma 2007-2011, stipulato il 31 ottobre 2007, ed i relativi aggiornamenti (2008, 2009 e 2010-2011), tutt’ora vigenti in regime di ultrattività, hanno disciplinato unicamente la parte investimenti. Il CIPE, con la deliberazione n. 4/2012 del 20 gennaio 2012, ha approvato l'aggiornamento biennale 2010/2011, subordinando tra l’altro, il proprio parere favorevole al rispetto della prescrizione della presentazione da parte del Ministero della parte servizi del contratto di programma di RFI. Sull’aggiornamento si sono espresse favorevolmente le competenti Commissioni parlamentari a luglio 2012 ed è stato registrato alla Corte dei Conti il 10 ottobre 2012.
Come evidenziato nella Relazione annuale al Parlamento (Doc CXCIX, n.1) sullo stato di attuazione dei Contratti di programma tra MIT e RFI S.p.A., aggiornata al 31 dicembre 2012: “si deve entrare in una fase programmatico - precontrattualistica, che consenta di addivenire alla stipula del nuovo Contratto di Programma per il prossimo triennio/quinquennio, in modo da evitare le criticità che hanno caratterizzato l’esecuzione dell’ultimo Contratto” evidenziate nella Relazione.
Si ricorda che dispone che i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma, della durata minima di tre anni, in base all’art. 14 del D.Lgs n. 188/2003. Con l'atto di concessione quarantennale di cui al decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138-T, la gestione dell'infrastruttura ferroviaria è stata affidata a Ferrovie dello Stato Spa, alla quale è subentrata, a decorrere dal 2001, la controllata RFI Spa, controllata al 100% dal gruppo Ferrovie dello Stato Spa, a sua volta controllato al 100% dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il contratto di programma disciplina, nei limiti delle risorse annualmente iscritte nel bilancio dello Stato, la concessione di finanziamenti per far fronte a nuovi investimenti, per la manutenzione ed il rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria, per il miglioramento della qualità dei servizi, per lo sviluppo dell'infrastruttura stessa e per assicurare il rispetto dei livelli di sicurezza compatibili con l'evoluzione tecnologica.
Si ricorda che è stato trasmesso al Parlamento il 19 luglio 2013 lo schema di Contratto di programma 2012-2014 - Parte servizi, per la disciplina del finanziamento delle attività di manutenzione della rete e delle attività di safety, security e navigazione ferroviaria, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana Spa., su cui è stato reso parere parlamentare favorevole con condizioni e osservazione nella seduta della IX Commissione (Trasporti) del 19 novembre 2013.
Articolo 2,
comma 5
(Trasporto
ferroviario in Sicilia)
Il comma 5 dell’articolo 2, autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a corrispondere a Trenitalia S.p.A. le somme previste, per l'anno 2013, dal bilancio di previsione dello Stato, in relazione agli obblighi di servizio pubblico di trasporto ferroviario per ferrovia nella regione Sicilia e ai servizi interregionali, nel rispetto della vigente normativa comunitaria, nelle more della stipula del nuovo contratto di servizio pubblico per i servizi di trasporto ferroviario per le regioni a statuto speciale.
Come evidenziato nella relazione governativa infatti, nelle more della stipula dei contratti di servizio pubblico per i servizi di trasporto ferroviario nella regione Sicilia e per i servizi indivisi tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la società Trenitalia S.p.A., ha continuato, nell'anno in corso, a fornire per l'anno 2013 i servizi di interesse collettivo senza ricevere alcun corrispettivo per gli obblighi imposti e per i servizi prestati.
L’infrastruttura ferroviaria in Sicilia si estende complessivamente per 1.378 km di linee classificate come complementari, di cui 178 km a binario doppio e 1200 km a binario semplice, con 578 km di linee non elettrificate (diesel). Le stazioni con servizio viaggiatori sono complessivamente 161 e gli impianti di traghettamento 4.
Il
28 febbraio 2013 è stato firmato il Contratto
istituzionale di sviluppo (CIS) tra Governo, Regione Siciliana, FS Italiane e RFI, per
la modernizzazione della direttrice ferroviaria Messina - Catania – Palermo
che interessa 5 macro-interventi per un totale di 14 opere, per le quali, a
fronte di un costo complessivo di 5.106,1 milioni di euro, sono stati resi
disponibili 2.426 milioni di euro, di cui 1.153,5 milioni a valere su fondi statali, 21 milioni a valere sulla Legge Obiettivo, 500 milioni a
valere sulla riduzione del cofinanziamento statale di cui al Piano d’Azione e
Coesione; 517,2 milioni a valere sui programmi comunitari 2007-2013, di cui 280
milioni sul POR Sicilia e 237,2 sul PON “Reti e Mobilità”; 217,3 milioni a
valere su risorse liberate del PON Trasporti 2000-2006; 17 milioni a valere su
risorse Fondo Sviluppo e Coesione già a disposizione del MIT.
Per quanto riguarda i Contratti di Servizio con la società Trenitalia, si ricorda che il primo contratto firmato dalla società Trenitalia, dopo la privatizzazione e la modifica della struttura del Gruppo FS, è relativo agli anni 2000-2001 ed è stato sottoscritto il 18 ottobre 2002. I successivi contratti di servizio tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Trenitalia hanno interessato i periodi 2002-2003 e 2004-2005.
Successivamente,
l'articolo 9 comma 3, del D. Lgs. n. 422/1997 ha previsto, con decorrenza 1°
giugno 1999, la delega alle regioni
delle funzioni e dei compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai
servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. di interesse
regionale e locale. Per tali servizi, che ricomprendono comunque i servizi
interregionali di interesse locale, le
regioni subentrano allo Stato nel rapporto con le Ferrovie dello Stato S.p.a. e
hanno stipulato i relativi contratti di servizio.
Il perimetro dei citati contratti di servizio non ha però interessato il profilo relativo al trasporto merci, che è stato esercitato in virtù della clausola di continuità contenuta nel contratto 2000-2001. Recentemente è stato trasmesso al Parlamento il parere del CIPE del 2 maggio 2013 sul Contratto relativo ai servizi di trasporto merci di interesse nazionale, sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico per il periodo 2009-2014 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e la Società Trenitalia Spa, che è tutt'ora in corso di predisposizione.
Articolo 2,
comma 6
(Trasporto
ferroviario in Valle d’Aosta)
Il comma 6 dell’articolo 2, modificato al Senato, dispone il pagamento diretto per l'anno 2013, da parte dello Stato a Trenitalia S.p.A., della quota di 23 milioni di euro quale corrispettivo dovuto per i servizi ferroviari di interesse locale resi nel triennio 2011-2013 svolti nella Regione Valle d'Aosta, come previsto dall'Accordo tra lo Stato e la Regione dell'11 novembre 2010.
La norma è posta nelle more della piena attuazione del trasferimento alla regione autonoma Valle d'Aosta delle funzioni di programmazione ed amministrative in materia di servizi pubblici di trasporto ferroviario, di interesse regionale e locale, come previsto dal D.Lgs. n. 194 del 2010 e dell'articolo 1, comma 160, della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
Si ricorda infatti che l’art. 2 del D.Lgs. n. 194 del 2010, recante “Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta in materia di trasporto ferroviario”, ha attribuito alla Regione i servizi di trasporto ferroviario disciplinati con contratto di servizio nazionale, erogati sulle direttrici Aosta/Pre-Saint-Didier, Aosta/Torino e su ogni altra tratta che insistesse sul territorio regionale ed ha previsto che entro dodici mesi (dal 9 dicembre 2010), con accordo di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Dipartimento della pubblica amministrazione e innovazione e la Regione, dovessero essere individuate le risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative necessarie a garantire un livello di erogazione dei servizi almeno pari a quello delle regioni viciniori e che tra le risorse finanziarie dovessero essere individuate separatamente le risorse necessarie per l'erogazione del servizio di trasporto e il corrispettivo per il complesso delle prestazioni fornite dal Gestore dell'infrastruttura ferroviaria (RFI).
Inoltre, il richiamato comma 160 della legge di Stabilità 2011 ha disposto che la regione Valle d'Aosta concorra al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonché all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento dell'Unione europea e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale, attraverso le misure previste nell'accordo sottoscritto tra il Ministro per la semplificazione normativa e il presidente della regione Valle d'Aosta:
a) con la progressiva riduzione della somma sostitutiva dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione a decorrere dall'anno 2011 fino alla soppressione della medesima dall'anno 2017;
b) con il concorso finanziario ulteriore al riequilibrio della finanza pubblica, mediante l'assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, relative ai servizi ferroviari di interesse locale;
c) con la rimodulazione delle entrate spettanti alla regione Valle d'Aosta.
Per quanto riguarda gli anni successivi, si prevede che a decorrere dall'anno 2014 la Regione Valle d'Aosta possa stipulare per i servizi di trasporto ferroviario locale apposita Convenzione con Trenitalia per l'individuazione del perimetro e delle modalità di erogazione dei servizi ferroviari nella Regione, sulla base delle esigenze di mobilità della popolazione locale.
L’infrastruttura ferroviaria di RFI in Valle d’Aosta si estende complessivamente per 81 km di linee convenzionali, classificate come linee complementari (cioè linee con minori livelli di densità di traffico, che costituiscono la maglia di collegamento nell’ambito dei bacini regionali e connettono fittamente tra loro le direttrici principali), a semplice binario e non elettrificate (quindi diesel), con 16 stazioni con servizio viaggiatori.
Gli
oneri sostenuti dalla Regione Valle d’Aosta negli anni 2014 e successivi
vengono esclusi dal patto di stabilità
interno nel limite di 23 milioni annui.
Articolo 2,
comma 6-bis
(Copertura oneri per trasporto ferroviario in
Valle d’Aosta)
Agli oneri derivanti dall’applicazione del comma 6 dell’articolo 2, pari a 23 milioni di euro per il 2013, si provvede con una riduzione (comma 6-ter, introdotto dal Senato), per il medesimo anno:
a)
di 10
milioni di euro dell’autorizzazione di spesa prevista per il Fondo per le assunzioni a tempo
indeterminato e la temporanea prosecuzione dei rapporti a tempo determinato
istituito dal 2007 dall’articolo 1, comma 251, della legge finanziaria per il
2006;
Il richiamato articolo 1, comma 251, della L. 266/2005 ha previsto uno stanziamento di 180 milioni di euro per la costituzione, a decorrere dal 2007, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito fondo per consentire sia le assunzioni a tempo indeterminato, sia il temporaneo prolungamento dei rapporti a tempo determinato in specifiche amministrazioni ed enti pubblici. Il trasferimento delle risorse finanziarie necessarie alle amministrazioni interessate è demandato ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Gli enti dotati di autonomia finanziaria provvederanno all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo nell’ambito delle risorse dei relativi bilanci. Si segnala che il suddetto Fondo è stato già oggetto di una riduzione, pari a 17.115.877 milioni di euro, operata ai sensi dell’allegato 3 del D.L. n. 102/2013, finalizzata alla copertura degli oneri derivanti dal medesimo decreto.
b) di 13 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa prevista per il Fondo per le assunzioni a tempo indeterminato istituito dall’articolo 1, comma 527, della legge finanziaria per il 2007.
Il citato articolo 1, comma 527, della L. n. 296/2006 autorizza specifiche amministrazioni ed enti pubblici (non coincidenti con quelli previsti dalla legge finanziaria per il 2006), non interessate dai processi di stabilizzazione del personale, a procedere ad ulteriori assunzioni di personale a tempo indeterminato”, per gli anni 2008 e 2009, per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza. Tali assunzioni sono effettuabili, previo esperimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 25 milioni di euro per ciascun anno iniziale e a 75 milioni di euro a regime. A tal fine si istituisce un apposito Fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 25 milioni di euro per il 2008 e 75 milioni di euro a decorrere dal 2009. Si segnala che anche il suddetto Fondo è stato già oggetto di una riduzione, pari a 29.821.278 milioni di euro, operata ai sensi dell’allegato 3 del D.L. 102/2013, finalizzata alla copertura degli oneri derivanti dal medesimo decreto.
Articolo 2,
comma 6-ter
(Organizzazione
dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale)
Il comma 6-ter, introdotto al Senato, modifica il decreto legislativo n. 422 del 1997, che ha disposto il conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, in materia di affidamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale di cui all’art. 18 del decreto stesso.
Si segnala che il comma 6-ter è identico ad un emendamento approvato
dalla V Commissione Bilancio al disegno di legge di Stabilità 2014, attualmente
all’esame dell’assemblea della Camera (art. 1 ,comma 375-bis).
In particolare, il comma 6-ter, novellando
il comma 2, lett. a) del citato art. 18,
riformula l’esclusione dalla partecipazione alle gare per l’affidamento della
gestione del servizio delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto
o a seguito di procedure non ad evidenza
pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate,
delle loro controllanti e delle società
di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali.
Tale previsione è sostituita da un nuovo disposto secondo il quale le società, nonché le loro controllanti, collegate e controllate che, in Italia o all'estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi alla disciplina dell’Unione europea in materia (art. 5 e art. 8, par. 3 del Regolamento (CE) n. 1370/2007, che tra le altre cose indicano anche limiti e condizioni per l’affidamento diretto) e la cui durata ecceda il limite del 3 dicembre 2019 non possono partecipare ad alcuna procedura per l'affidamento dei servizi, anche se già avviata (il 3 dicembre 2019 è il termine del periodo transitorio stabilito dal citato Regolamento prima della piena operatività della disciplina dallo stesso dettata in materia di affidamenti.
A differenza della norma vigente viene quindi introdotto per l’esclusione un riferimento alla durata degli affidamenti in essere, si fa riferimento agli articoli della normativa comunitaria in materia, e non viene più citata la possibilità di partecipare alle gare per le imprese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto servizi già forniti dalle stesse.
Si ricorda infatti che la lett. a) del comma 2 in questione prevede che per l'affidamento dei servizi le regioni e gli enti locali garantiscano in particolare il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento dell’abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada. La norma nel testo vigente prevede l’esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dal decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscano servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. L’esclusione non si applica però alle imprese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto servizi già forniti dalle stesse.
Il comma 6-ter dispone altresì che l’esclusione non si applichi nei confronti delle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale.
Articolo 2,
commi 7 e 8
(Fondo
carta acquisti)
L’articolo 2, commi 7 e 8, dispone un finanziamento di 35 milioni per il proseguimento, nell'ultimo bimestre del 2013, del Programma Carta acquisti ordinaria.
La Carta acquisti ordinaria, istituita dal decreto legge n. 112/2008[103], a legislazione vigente viene concessa ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili.
L’articolo 60 del decreto-legge n. 5/2012[104] ha stabilito l’avvio di una fase di sperimentazione della Carta della durata di un anno, nei comuni con più di 250.000 abitanti (nell’ elenco delle dodici città assegnatarie fanno parte anche le città meridionali di Napoli, Bari, Palermo e Catania), sottolineando l’obiettivo di utilizzare la carta acquisti come strumento di contrasto alla povertà assoluta tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno. Le modalità attuative sono state definite dal D.M. 13 gennaio 2013. I beneficiari sono individuati dai Comuni, sulla base del reddito ISEE del nucleo familiare di appartenenza e di ulteriori parametri patrimoniali. Le famiglie beneficiarie devono contare almeno un componente di età minore di 18 anni. Fra i beneficiari sono stati compresi anche i cittadini di altri Stati dell'Unione europea ovvero i cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il beneficio parte da un valore minimo di 231 euro al mese per nuclei con due persone, sale a 281 euro per quelli con tre persone, a 331 euro per quattro persone e a 404 euro se la famiglia ha cinque o più componenti.
Infine l’articolo 3,
commi da 2 a 5, del decreto-legge
76/2013[105] ha
esteso la sperimentazione della
nuova social card ai restanti territori delle regioni del
Mezzogiorno, nel limite di 140
milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tali risorse sono stanziate a valere sulla riprogrammazione
delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche
comunitarie, già destinate ai Programmi operativi 2007-2013, nonché mediante la
rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione già destinate agli
interventi del Piano di Azione Coesione. Tale sperimentazione costituisce il Programma Promozione dell’inclusione
sociale.
In particolare, l’articolo 2, comma 7, dispone uno stanziamento di 35 milioni di euro per l’anno 2013 a valere sul Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze prioritariamente di natura alimentare e successivamente anche energetiche e sanitarie dei cittadini meno abbienti di cui all’articolo 81, comma 29, del decreto-legge n. 112/2008.
Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo da ripartire per il finanziamento degli interventi in favore di particolari categorie di lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica del 2012 di cui al primo periodo del comma 235 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228).
Si ricorda che l’articolo 1, commi da 231 a 237, della L. n. 228/2012 ha ampliato la platea dei soggetti salvaguardati dall’applicazione della nuova normativa in materia di requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici (D.L. n. 201/2011 – c.d. riforma Fornero). In particolare, il comma 235 al fine di finanziare interventi in favore delle categorie di lavoratori individuati da specifiche disposizioni normative, ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito fondo con una dotazione di 36 milioni di euro per l'anno 2013 (il Fondo da ripartire per il finanziamento degli interventi in favore di particolari categorie di lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica del 2012 è allocato nel cap. 4362 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Tale Fondo viene anche finanziato con le risorse derivanti da economie verificatesi a fronte degli oneri finanziari programmati per l’attuazione di specifiche norme sempre in materia di tutela di tali categorie di lavoratori,
Nelle more dell'espletamento della procedura di gara per l'individuazione del gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti, il comma 8 proroga il contratto per la gestione attualmente in essere al fine di garantire la prosecuzione del programma Carta acquisti ordinaria, di cui al decreto-legge n. 112/2008, e l’avvio della Carta acquisti sperimentale, di cui al decreto-legge n. 5/2012.
Ai sensi dell’articolo 81, comma 35, lettera b), il gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti e dei relativi rapporti amministrativi deve essere individuato, tenendo conto della disponibilità di una rete distributiva diffusa in maniera capillare sul territorio della Repubblica, che possa fornire funzioni di sportello relative all'attivazione della carta e alla gestione dei rapporti amministrativi, al fine di minimizzare gli oneri, anche di spostamento, dei titolari del beneficio, e tenendo conto altresì di precedenti esperienze in iniziative di erogazione di contributi pubblici. Si ricorda che attualmente Poste Italiane è il Gestore del programma Carta acquisti. Per quanto riguarda l’attuale gara, questa è stata bandita dalla Consip il 17 ottobre 2013, il ermine per la ricezione delle offerte è stato fissato al 12 dicembre 2013[106].
Articolo 2,
comma 9
(Trasferimento ai comuni degli alloggi
originariamente destinati ai profughi)
Il comma 9 dell’articolo 2 reca misure volte ad accelerare e semplificare la procedura per il trasferimento a titolo gratuito ai comuni degli alloggi originariamente destinati ai profughi.
In
particolare, la disposizione modifica l’ultimo periodo del comma 15
dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge
finanziaria 2008), al fine di rimuovere l’obbligo a carico dei comuni di
preventiva pubblicazione del bando per le
assegnazioni in locazione degli alloggi riservati
alla categoria dei profughi, prima
di avviare il trasferimento degli
alloggi ai medesimi comuni.
Si ricorda che il citato comma 15 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008 ha disposto,
al primo periodo, il trasferimento in proprietà ai comuni, a titolo gratuito e
nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro
trasferimento, degli alloggi di cui all’articolo 4, commi 223-224, della legge
finanziaria 2004, cioè degli alloggi costruiti per i profughi. La disposizione
specifica che tale trasferimento avviene a favore dei comuni, nel cui
territorio tali alloggi sono ubicati, ai sensi dell’articolo 1, comma 441,
della legge finanziaria 2005). Il secondo periodo (che riproduce esattamente il
corrispondente periodo del richiamato articolo 1, comma 441, della legge
finanziaria 2005) dispone che i comuni procedono all'accertamento di eventuali
difformità urbanistico-edilizie, entro 120 giorni dalla volturazione.
La procedura di trasferimento degli alloggi prevede la
permanenza di un vincolo di destinazione , in conseguenza del quale i medesimi
immobili non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle
originarie, esclusivamente per:
§
le domande di
acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito
dall’articolo 45, comma 3, della legge finanziaria 2001 (ossia entro il 30
dicembre 2005);
§
le assegnazioni
in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il
cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.
La norma in esame interviene - come detto -
sopprimendo tale preventiva pubblicazione del bando.
Articolo 2,
commi 10 e 11
(Dismissioni immobiliari)
Il comma 10, al fine di semplificare la procedura per la dismissione degli immobili pubblici, esonera lo Stato, gli altri enti pubblici e le società di cartolarizzazione dall’obbligo di consegnare al momento della cessione le dichiarazioni di conformità catastale degli immobili.
Il comma 11 prevede che, nelle operazioni di dismissione immobiliare menzionate nonché nelle operazioni di vendita anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, l’attestato di prestazione energetica può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento e non deve essere necessariamente allegato al contratto di vendita.
Le norme in esame modificano la disciplina sulla dismissione degli immobili pubblici tramite cartolarizzazioni. Si ricorda che il D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, allo scopo di semplificare le modalità di dismissione di beni immobili, ha introdotto una procedura di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico tramite cartolarizzazioni. In attuazione dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 sono state finora realizzate due operazioni di cartolarizzazione, indicate come SCIP1 e SCIP2, principalmente riferite agli immobili degli enti previdenziali.
In particolare il comma 10 in commento modifica i commi 18 e 19 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 prevedendo l’esonero per lo Stato e gli altri enti pubblici (lett. a)) e per le società di cartolarizzazione (lett. b)) dalle dichiarazioni di conformità catastale previste dall’articolo 19, commi 14 e 15, del D.L. n. 78 del 2010.
Il comma 14 dell'articolo 19 citato prevede che gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
Ai sensi del successivo articolo 15 la richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l'indicazione dei dati catastali degli immobili.
Il comma 11 prevede che per le operazioni immobiliari sopra richiamate, nonché per le operazioni di vendita a trattativa privata anche in blocco di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico (articolo 11-quinquies, del D.L. n. 248 del 2005), l’attestato di prestazione energetica può essere acquisito successivamente agli atti di trasferimento.
Per le stesse operazioni, inoltre, non si applica la disposizione (articolo 6, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 192 del 2005) che dispone l’obbligo di allegare l’attestato di prestazione energetica al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, a pena di nullità degli stessi contratti.
Si ricorda che l’attestato di prestazione energetica è stato introdotto con il D.L. n. 63/2013, che è intervenuto sul D.Lgs. n. 192/2005 indicando le nuove regole per l'efficienza del patrimonio edilizio e rendendo obbligatorio l'attestato di prestazione energetica (APE), in sostituzione del tradizionale attestato di certificazione energetica (ACE). Il Ministero dello sviluppo economico, con una circolare relativa al periodo di transizione, ha precisato che la nuova metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, prevista dal D.L. n. 63/2013, entrerà in vigore con l'emanazione dei provvedimenti attuativi. Pertanto per la redazione dell'APE restano al momento confermate le modalità di calcolo già utilizzate per l'ACE. Nelle Regioni che hanno provveduto ad emanare proprie disposizioni normative in attuazione della direttiva 2002/91/CE si continuerà ad applicare la normativa regionale in materia.
Si evidenzia che il Governo, in occasione del D.L. n. 120 del 2013, ha dichiarato di volere utilizzare le operazioni di vendita a trattativa privata, anche in blocco, di beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico (articolo 11-quinquies, del D.L. n. 248 del 2005) per riportare il deficit del bilancio 2013 entro un valore non superiore al 3% del Pil attraverso un programma di dismissioni immobiliari per complessivi 525 milioni di euro, da realizzare entro il 2013
Si segnala, peraltro, che sull’articolo 11-quinquies, del D.L. n. 248 del 2005 è intervenuto l’articolo 3 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 (in corso di conversione).
In primo luogo, ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici oggetto di dismissione, il comma 1 dell’articolo 3 citato dispone che alle alienazioni di immobili di cui all’articolo 11-quinquies del D.L. n. 203 del 2005 si applicano le disposizioni che consentono la sanatoria di irregolarità successivamente al trasferimento (articolo 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n. 47).
In secondo luogo è prevista la possibilità per l'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata anche in blocco, anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico. La precisazione sull’uso prevalentemente non abitativo è volta a superare criticità emerse nei casi in cui l'immobile sia adibito ad uso non abitativo ma comprenda, ad esempio, locali adibiti a custodia o foresteria (quali caserme dimesse presidiate da un addetto alla custodia che vi alloggia).
Infine il meccanismo di dismissione individuato dall'articolo 11-quinquies è esteso anche agli immobili degli enti territoriali. In tale ipotesi si prevede, pertanto, che gli enti territoriali interessati individuino, con apposita delibera, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale che autorizza alla vendita in blocco.
Articolo 2,
commi 12-15
(Utilizzo del Comitato per le privatizzazioni
per dismissioni di partecipazioni dello Stato)
L’articolo
2 ai commi da 12-14 e 15 dispongono
che il Ministero dell’economia si avvale del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le
privatizzazioni in relazione alla necessità di assicurare un costante
supporto al Ministero dell'economia nella predisposizione di programmi di
dismissione di partecipazioni statali entro il 31 dicembre 2013 e nella relativa
attuazione.
Viene quindi disciplinata la composizione del Comitato - formato cinque membri (direttore generale del
Tesoro e quattro esperti di riconosciuta indipendenza) - prevedendo altresì la durata dell'incarico - triennale - e la sua gratuità.
Più in dettaglio, il comma 12 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze
continui ad avvalersi del Comitato
permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni di
cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre
1993.
Con
riferimento alla formulazione del comma 12, secondo la quale il MEF continua ad
avvalersi del Comitato privatizzazioni “di cui alla Direttiva del P.C.M. 15
ottobre 1993”, si osserva che tale Comitato – posto che esso rientra tra gli
organi dei quali dovrebbe essersi già realizzata la soppressione ai sensi
dell’articolo 12, comma 20 del D.L. n. 95/2012 – più che essere confermato
dalla norma in esame viene costituito ex
novo. Si veda infatti in proposito i
successivi commi 13-15 che introducono una nuova disciplina quanto al numero
dei componenti e gratuità dell’incarico.
Si ricorda che il Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni è stato istituito all’indomani e in ragione del programma di riordino e di dismissione delle partecipazioni statali disposto dal decreto-legge n. 333/1992(legge n. 359/1992)[107].
In attuazione del citato programma, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 ottobre 1993, ha disposto che il Presidente del Consiglio, provvedesse, di concerto con i dicasteri economici, alla costituzione del predetto Comitato permanente, presieduto dal direttore generale del Tesoro e composto da quattro esperti di riconosciuta indipendenza e di notoria esperienza nei mercati nazionale ed internazionali, con il compito di assicurare un’assistenza tecnica unitaria per le operazioni del programma di riordino e, in particolare, delle dismissioni delle partecipazioni societarie.
Al Comitato è stata attribuita la possibilità di acquisire dalle società interessate le informazioni, di natura contabile ed extra-contabile, per l'assolvimento dei suoi compiti ed il medesimo Comitato è stato facoltizzato ad avvalersi del supporto tecnico della Direzione generale del Ministero del tesoro (ora economia e finanze) nonché degli uffici competenti della Presidenza del Consiglio e dei dicasteri del bilancio e dell’industria (ora, rispettivamente economia e sviluppo economico) e, infine, di ulteriori supporti tecnici anche al di fuori della pubblica amministrazione.
Al Comitato è stato in particolare assegnato dalla Direttiva il compito di proporre un calendario delle operazioni di privatizzazione, secondo priorità definite, al fine di ridurne i tempi di realizzazione e tenendo conto delle strategie industriali e finanziarie delle società interessate nonché dell'andamento del mercato, secondo procedure finalizzate a favorire l'ampia diffusione dei titoli fra i risparmiatori ed ad evitare concentrazioni di quote significative del capitale presso singoli azionisti, pur permettendo la costituzione di un nucleo tale da assicurare stabilità alla compagine azionaria.
Al Comitato è stato inoltre attribuito il compito di assistere il Ministro del tesoro (ora economia e finanze) o le società interessate nel conferimento, a primarie istituzioni nazionali e internazionali, dell'incarico di valutare ciascuna società e attività da cedere[108].
Quanto alla remunerazione dei componenti del Comitato, l’articolo 15 del D.L. n. 332/1994 (legge n. 474/1994) ha stabilito che ai componenti del comitato di consulenza globale e di garanzia, istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 30 giugno 1993, che non siano impiegati civili dello Stato, è corrisposta, con decorrenza dalla data di rispettiva nomina e fino ad esaurimento dell'incarico, una indennità annuale, comprensiva del rimborso delle spese sostenute, nella misura da determinarsi con decreto del Ministro del tesoro (ora economia e finanze).
Sul numero dei componenti e sulla durata del Comitato di garanzia hanno inciso successivi interventi normativi. A decorrere dal 23 novembre 2007, ai sensi dell’articolo 29 del D.L. n. 223/2006[109] e del D.P.C.M. 4 maggio 2007, la composizione è stata ridotta a tre membri incluso il Presidente, nella persona del Direttore generale del Tesoro.
Il D.P.C.M. ha disposto, per i componenti che non sono impiegati civili dello Stato, la corresponsione di un gettone di presenza. Nel fissare la durata del Comitato in tre anni, l‘articolo 2 del D.P.C.M. 4 maggio 2007 prevede la possibilità di proroga dello stesso Comitato per un periodo non superiore a tre anni, da disporsi - sempre con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - previa valutazione della perdurante utilità del Comitato, da appurare sulla base di una relazione di fine mandato.
L‘articolo 68, comma 2, del D.L. n. 112/2008 ha poi disposto che, nei casi in cui venga riconosciuta l‘utilità degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, la proroga dell‘organo possa essere concessa per un periodo non superiore a due anni.
Sulla base di tale disposizione, con D.P.C.M. del 4 agosto 2010 è stata disposta la perdurante utilità del Comitato e la proroga di due anni e con DPCM del 28 novembre 2010 ne è stata determinata la nuova composizione dello stesso.
Successivamente a tali interventi normativi, l'articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95 del 2012(legge n. 135/2012), ha previsto la soppressione degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga ai sensi del sopra citato articolo 68, comma 2, del D.L. n. 112/2008, a decorrere dalla loro data di scadenza e il definitivo trasferimento delle loro funzioni ai competenti uffici delle amministrazioni nell'ambito delle amministrazioni presso le quali operano.
La relazione governativa illustrativa al provvedimento afferma i commi da 12 a 15 in esame che sono volti ad assicurare il “mantenimento” del Comitato Privatizzazioni, “in deroga” a quanto disposto dall'articolo 12, comma 20, del sopra citato D.L. n. 95 del 2012, il quale ha previsto la soppressione degli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, in regime di proroga ai sensi dell'articolo 68, comma 2, del D.L. n. 112/2008, tra i quali, appunto rientra lo stesso Comitato privatizzazioni.
Tale “deroga” afferma la relazione illustrativa è giustificata dall'interesse dello Stato di avvalersi, già nell'immediato per la predisposizione di un programma di privatizzazione dell'assistenza tecnica degli esperti che compongono il Comitato.
Sul punto si rinvia all’osservazione già formulata relativamente al comma 12.
Il comma
13 disciplina la composizione
del Comitato, composto da cinque membri: il direttore generale
del Tesoro, che lo presiede, e quattro esperti di riconosciuta indipendenza e
di notoria esperienza nei mercati nazionali e internazionali.
Il comma richiama e conferma ai fini della
composizione del Comitato il rispetto del principio delle pari opportunità tra
uomini e donne.
La relazione illustrativa afferma che la
composizione dell'organismo è stata portata da tre a cinque membri, tenuto
conto che la riduzione, nel 2007, del numero dei componenti (da cinque a tre)
era avvenuta per ragioni di contenimento delle spese e che tali ragioni vengono
meno in considerazione della gratuità dell'incarico.
La durata dell'incarico - triennale, con
possibilità di conferma - senza
specificazione di un termine massimo - e la sua gratuità, con esclusione di
qualsivoglia compenso, anche quale gettone di presenza, sono sancite dal comma 14, il quale altresì prevede che
a nominare il Comitato sia Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto di
natura non regolamentare.
Si segnala che il 25 novembre 2013 il Ministro dell’Economia e delle Finanze,
Fabrizio Saccomanni, ha firmato il Decreto
ministeriale di nomina del Comitato permanente di consulenza globale e di
garanzia per le privatizzazioni. Il Comitato e presieduto dal direttore
generale del Tesoro, dottor Vincenzo La Via, e di esso fanno altresì parte: la
dottoressa Anna Maria Artoni, l’ingegnere Massimo Capuano, il professor Piergaetano
Marchetti, il professor Angelo Provasoli.
Nel comunicato stampa del MEF si segnala che nei prossimi giorni il Comitato si riunirà per avviare l’attività di supporto al Ministero per l’attuazione dei programmi di dismissione di partecipazioni, garantendo modalità e procedure trasparenti e tali da massimizzare gli introiti destinati ad abbattere il debito pubblico. In particolare, il Comitato sarà chiamato a fornire assistenza tecnica per favorire il buon esito delle operazioni, formulare proposte sulla tempistica, assistere nel conferimento di incarichi di valutatore e nell’affidamento dell’incarico di guida dei consorzi di collocamento, esprimere pareri sull’organizzazione delle procedure di vendita, sulla determinazione del prezzo, sui criteri per la selezione dei potenziali acquirenti.
Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto il comma 14-bis il quale dispone che la definizione ed il coordinamento temporale dei programmi di dismissione di partecipazioni in società controllate dallo Stato e da altri enti e società pubbliche attuati dal MEF spetta ad un Comitato di Ministri, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto, inoltre, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro dello sviluppo economico e da altri eventuali Ministri competenti per materia.
Nello svolgimento di tali funzioni, il Comitato di cui al presente comma si avvale del supporto del Comitato permanente, avente come detto funzioni di natura tecnica, di cui al precedente comma 12.
Il comma
15 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Articolo 2,
comma 16
(Risorse per le Fondazioni lirico-sinfoniche)
Il comma 16, intervenendo sulla disciplina delle anticipazioni, fino a 25 milioni di euro, che possono essere concesse nel 2013 alle fondazioni lirico-sinfoniche che versano in situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione ordinaria (art. 11, co. 9, D.L. n. 91/2013 – L. n. 112/2013), introduce la possibilità del versamento all’entrata del bilancio dello Stato, per una successiva riassegnazione allo stato di previsione del MiBACT, delle disponibilità giacenti alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. sulle contabilità speciali intestate ai capi degli Istituti centrali e periferici del Ministero e presso i conti di tesoreria unica degli Istituti dotati di autonomia speciale[110].
Tale possibilità si affianca a quella (già prevista dal medesimo art. 11, co. 9, citato) in base alla quale, per la finalità indicata, il MiBACT può concedere anticipazioni alle fondazioni, nel limite sopra indicato, a valere sulle disponibilità citate.
La relazione tecnica relativa all’A.S. 1149 evidenziava che la finalità della nuova previsione è quella di far confluire nello stato di previsione del MiBACT, in apposito capitolo, le citate risorse giacenti non impegnate.
Per un
approfondimento sulle modalità con le quali le fondazioni possono accedere alle
anticipazioni finanziarie si veda la scheda di lettura relativa all’art. 11,
co. 9 e 10, del D.L.
91/2013 nel dossier del Servizio Studi n. 75 del 26 settembre 2013.
Si segnala, inoltre, che, con recente comunicato
stampa, il Mibact
ha reso noto che “la Fondazione Teatro Verdi di Trieste e la Fondazione Maggio
Musicale Fiorentino hanno richiesto una quota di anticipazione per coprire
impegni economici inderogabili entro il 31 dicembre, relativi al saldo degli
stipendi e alle imposte e contributi relativi agli stipendi stessi, per un
totale di 7,5 milioni di Euro. Entrambe le Fondazioni hanno presentato la
documentazione prevista dalla legge ed hanno già concretamente avviato le
negoziazioni di ristrutturazione del debito e la redazione del piano
industriale”.
Si tratta di un meccanismo analogo a quello di cui all’art. 40, co. 1, del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013), che ha previsto la possibilità che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo versi all’entrata del bilancio dello Stato risorse disponibili nei conti di tesoreria delle Soprintendenze dotate di autonomia speciale, per la loro successiva riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Mibact, per l’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Si ricorda, inoltre, che lo stesso art. 11, co. 11 e
12, del D.L. n. 91/2013 ha previsto che a valere sulle giacenze delle
contabilità speciali intestate ai capi degli istituti del Mibact, nonché presso
i conti di tesoreria unica degli Istituti dotati di autonomia speciale, sono
versati all’entrata del bilancio dello Stato 3,5 milioni di euro “per gli anni
2013 e 2014[111]” per la
riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Mibact, al
fine di sostenere gli enti che operano nel settore dei beni e delle attività
culturali.
Articolo 2, comma 16-bis
(Fondazione Teatro San Carlo)
L'articolo 2, comma 16-bis, introdotto durante l’esame al Senato, dispone che alla Fondazione Teatro San Carlo di Napoli non si applica la prescrizione relativa alla presenza del consiglio di indirizzo (di cui all’art. 11, co. 15, lett. a), numero 2), del D.L. n. 91/2013 - L. n. 112/2013) e che le funzioni di indirizzo sono svolte dal Consiglio di Amministrazione.
Una disposizione analoga è recata dall’art. 1, comma 207, del ddl di stabilità (A.C. 1865), in corso di esame, con riguardo alla Fondazione Teatro alla Scala di Milano.
Al riguardo, si ricorda, peraltro, che il comma 206 del medesimo articolo dispone che le fondazioni lirico-sinfoniche[112] che possono dotarsi di forme organizzative speciali sono individuate, entro il 28 febbraio 2014, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze[113].
Sotto il profilo della formulazione del testo, si
valuti l’opportunità di intervenire direttamente novellando l’art. 11, co. 15,
lett. a), numero 2), del D.L. 91/2013 (in maniera analoga a quanto dispone il
numero 1) della medesima lett. a) per la Fondazione dell’Accademia nazionale di
Santa Cecilia).
Inoltre, occorre sostituire la locuzione “Fondazione Teatro di San Carlo” con la denominazione corretta “Fondazione Teatro San Carlo di Napoli.
Articolo 2,
comma 17
(Contributo a Italia lavoro S.p.A.)
Il comma
17 proroga, per l’anno 2014, il finanziamento previsto dall’articolo 19,
comma 16, del D.L. n. 185/2008, pari a 13
milioni di euro, in favore della società Italia Lavoro S.p.A.[114],
come contributo per gli oneri di funzionamento e per i costi generali di
struttura, mediante assegnazione da parte del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. Alla copertura del suddetto onere si provvede mediante una
corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione.
Il comma 16 dell’articolo 19 del D.L. n. 185/2008 attribuisce per il 2009 a Italia Lavoro S.p.A. 13 milioni di euro (a valere sul Fondo per l'occupazione) come contributo per gli oneri di funzionamento e per i costi generali di struttura. Tale finanziamento è stato oggetto di successive proroghe, tutte di pari importo, ad eccezione di quella relativa all’anno 2013 (per il quale la proroga è stata stabilita nella misura del 90 per cento dell'importo suddetto di 13 milioni di euro)[115].
Articolo 2, comma
17-bis
(Interventi per il Teatro La Fenice di Venezia)
Il comma
17-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede la possibilità di utilizzare le giacenze presenti, alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto-legge, sulla contabilità
speciale intestata al Commissario
delegato nominato in base all’art.
1, co. 3, del DL. n. 310/1996 (L.
401/1996), per i lavori di completamento della ricostruzione e
per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del Teatro La Fenice di Venezia.
L’art. 1 del D.L. 310/1996, emanato in seguito all'incendio che ha distrutto il teatro «La Fenice» di Venezia, oltre a prevedere un primo finanziamento di 20 miliardi di lire (circa 10,33 milioni di euro) per il 1996 per gli interventi di urgenza e per evitare situazioni di pericolo, nonché per le operazioni relative alla ricostruzione e alla rimessa in pristino del Teatro, ha disposto, al comma 3, che alla realizzazione dei medesimi interventi si provvede, anche in deroga ad ogni disposizione vigente, mediante ordinanze di protezione civile.
Ulteriori risorse sono state previste, in particolare, dall’art. 1, co.
2, del D.L. n. 408/1996 (L. n. 515/1996), dall’art. 2, co. 201, della L.
662/1996, dall’art. 2 della L. n. 237/1999, dall’art. 144, co. 2, della L.
388/2000, dall’art. 1, co. 1, della L. n. 291/2003.
Con riferimento al commissario delegato, sulla base del decreto-legge non convertito n. 44/1996 (i cui effetti sono stati fatti salvi con l’art. 1, co. 2, della legge di conversione del D.L. 310/1996), con l'ordinanza n. 2421 del 6 febbraio 1996 (G.U. n. 34 del 10 febbraio1996) era stato nominato il prefetto di Venezia.
In seguito, con l’ordinanza n. 3089 del 4 ottobre 2000 (G.U. n. 240 del 13 ottobre 2000) è stato nominato commissario delegato il sindaco di Venezia.
Successivamente, ai sensi dell’articolo 8 dell'ordinanza n. 3443 del 15 giugno 2005 (G.U. n. 145 del 24 giugno 2005), al fine di garantire continuità amministrativa alla gestione commissariale, è stato confermato commissario delegato il precedente sindaco. A quest’ultimo, con D.P.C.M. 9 marzo 2006 (G.U. n. 63 del 16 marzo 2006) sono stati assegnati 3 milioni di euro al fine di realizzare gli interventi di adeguamento sismico del Teatro.
Articolo 2,
comma 18
(Rideterminazione della tassazione sui
prodotti da fumo)
L’articolo 2, al comma 18, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, consente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di modificare le aliquote di accisa e di imposta di consumo sui prodotti da fumo e loro succedanei, nella misura massima dello 0,7 per cento, al fine di riequilibrare l'incidenza dei rispettivi carichi fiscali.
Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, a tali prodotti (in particolare, per i prodotti succedanei di quelli da fumo) si applicano le disposizioni vigenti per i tabacchi lavorati in materia di divieto pubblicitario e promozionale, nonché di tutela della salute dei non fumatori.
Conseguentemente vengono abrogati i commi da 10-ter a 10-decies dell’articolo 51 della legge n. 3/2003 concernenti le condizioni e i limiti della pubblicità di marchi di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina.
Va ricordato che l’articolo 51 della citata legge n. 3/2003 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), attiene alla tutela della salute dei non fumatori, sancendo il divieto di fumo nei locali chiusi, salvo alcune eccezioni, e stabilendo alcune regole a tutela dei non fumatori relative ai luoghi di lavoro ed agli esercizi di ristorazione. Sono anche definite, mediante rinvio (cfr. articolo 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584), le sanzioni amministrative da applicarsi per la violazione del divieto. pubblicità di marchi di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina.
Va inoltre ricordato che in tema di sigarette elettroniche è stata emanata l’ordinanza del Ministro della salute del 2 aprile 2013 che reca e disciplina il Divieto di vendita sigarette elettroniche con nicotina ai minori di anni 18., analogamente a quanto previsto in tema di divieto di vendita ai minorenni di prodotti del tabacco dall’articolo 7, commi 1 e 3, del D.L. n. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012.
I commi da 10-ter a 10-decies dell’articolo 51 (che qui si intende abrogare) prevedono norme in materia di pubblicità di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina. In particolare, si richiede che la pubblicità dei prodotti indicati riporti la dicitura "presenza di nicotina" e l'avvertimento sul rischio di dipendenza da nicotina. Inoltre, si prevede l'adozione di un codice di autoregolamentazione sui modi e contenuti dei messaggi pubblicitari relativi agli stessi prodotti, da parte delle emittenti radiotelevisive e delle agenzie pubblicitarie, unitamente ai rappresentanti della produzione, e si pongono e disciplinano una serie di divieti di pubblicità in trasmissioni televisive, nei programmi cinematografici, nella stampa giornaliera e periodica destinati ai minori, nonché in luoghi da questi frequentati. Sono poi stabilite le sanzioni amministrative per le violazioni.
Più in dettaglio, il comma 18 prevede che - a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame - il Ministro dell'economia e delle finanze possa con proprio decreto modificare, nella misura massima dello 0,7 per cento, le aliquote di accisa e di imposta di consumo che gravano sui prodotti da fumo e loro succedanei, al fine di riequilibrare gli effetti dell'incidenza dei carichi fiscali su tali prodotti, e assicurare di conseguenza la tenuta delle relative entrate erariali.
Viene peraltro specificato come dalla disposizione non debbano derivare né aumenti di gettito né nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si evidenzia come la norma sembra attribuire ampi margini di discrezionalità al futuro decreto ministeriale nell'individuazione tanto delle aliquote che dei prodotti su cui intervenire, rendendo in ipotesi complessi i profili di attuazione.
Si ricorda preliminarmente che alla struttura dell'imposizione fiscale sui prodotti da fumo concorrono l'accisa e l'imposta sul valore aggiunto; in modo analogo si procede per i succedanei di tali prodotti, con la differenza che, in luogo dell'accisa, opera un'imposta di consumo. La complessità dell’imposizione è arricchita dal fatto che, relativamente all’imposta sul valore aggiunto, le basi imponibili di riferimento comprendono, oltre all’accisa, anche l’aggio per i distributori e il compenso dei produttori. Il prezzo di vendita al consumatore finale è articolato pertanto in quattro componenti: IVA, accisa, aggio, compenso del produttore.
La combinazione dei diversi fattori che interagiscono fra loro comporta che all’aumentare del prelievo a titolo IVA gli effetti, in termini di aumenti dei prezzi unitari finali, sono più che proporzionali; dal lato della domanda, soprattutto in periodi di congiuntura economica negativa, si verificano effetti di tipo contrattivo, con conseguente riduzione dei gettiti erariali complessivi.
La forte reattività dei consumi complessivi al prezzo e il conseguente calo del gettito dipendono dal riposizionamento della domanda sui prezzi bassi, e dallo spostamento verso altri prodotti da fumo a minor prezzo (trinciati per sigarette), consumi alternativi (sigarette elettroniche) e consumi illegali (contrabbando e contraffazione).
La disposizione in esame sembra quindi volta ad introdurre un meccanismo dinamico di intervento in via amministrativa, entro una fascia percentuale limite predefinita, da azionare se ed in quanto effettivamente opportuno, diretta a variare le aliquote di prelievo - a titolo dì accisa ovvero di imposta di consumo - tali da incidere in modo positivo sulle dinamiche dei prezzi, nell'ottica di frenarne la possibile crescita e di evitare contrazioni sul lato della domanda.
Tali valutazioni sono state peraltro esposte dal direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Giuseppe Peleggi, il 13 novembre 2013 nel corso dell’audizione informale presso la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati. Un aumento percentuale dell’accisa calcolata sul prezzo medio delle sigarette si “spalmerebbe” in maniera proporzionalmente uniforme, determinando tuttavia l’effetto di penalizzare maggiormente le sigarette appartenenti ai segmenti di prezzo più basso, con conseguente ricorso da parte del consumatore al mercato illegale e minori entrate per l’erario.
Sulla materia è intervenuto il comma 3 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 91 del 2013, che ha previsto l’incremento, a partire dal 1° gennaio 2014, del prelievo fiscale sui prodotti da fumo, in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 50 milioni annui a decorrere dal medesimo anno. L'incremento sarebbe stato fissato con determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il 30 novembre 2013.
Si segnala che il d.d.l. stabilità 2014, all’articolo 1, comma 429 (A.C. 1865-A), novellando l’articolo 14, comma 3, del D.L. n. 91 del 2013, differisce i termini relativi all’incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo.
In particolare:
§ si differisce dal 30 novembre 2013 al 20 aprile 2014 il termine entro il quale dovrà essere adottata la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che dovrà fissarne l’incremento;
§ tale incremento non avrà più decorrenza dal 1° gennaio 2014, ma dal 1° maggio 2014;
§ le maggiori entrate determinate dall’aumento del prelievo saranno pari a 33 milioni nel 2014 (in luogo dei 50 milioni attualmente previsti) e a 50 milioni a decorrere dal 2015.
Inoltre il comma 429 sopprime il secondo periodo del citato comma 3 dell’articolo 14, in base al quale il Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli trasmette al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 30 novembre 2013 e con aggiornamento quadrimestrale, i dati previsionali correlati al maggior gettito da prodotti da fumo previsto dal primo periodo.
Dalla soppressione sembrerebbe essere esclusa la previsione che in caso di scostamento, il Direttore della Agenzia provvede ad adeguare la misura del prelievo fiscale, al fine di assicurare le predette maggiori entrate.
L’Allegato 1 al testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995) indica le seguenti aliquote di accisa per i prodotti da fumo:
a) sigari 23,00%;
b) sigaretti 23,00%;
c) sigarette 58,50%;
d) tabacco da fumo:
1) tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 56,00%;
2) altri tabacchi da fumo 56,00%;
e) tabacco da fiuto 24,78%;
f) tabacco da masticare 24,78%.
Si ricorda che i fiammiferi sono soggetti invece ad imposta di fabbricazione e non sono classificati come prodotti da fumo, ma “prodotti per fumo”.
Inoltre la sigaretta elettronica è assoggettata ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico (ai sensi dell’art. 11, comma 22, del D.L. n. 76 del 2013) ed é considerata come un prodotto da "vapore" e non da fumo.
Articolo 2,
commi 19-20
(Imposta di sbarco)
L’articolo 2, ai commi 19 e 20, modificati durante l’esame al Senato, incide sulla disciplina che consente ai comuni delle isole minori, ovvero a quelli nel cui territorio insistono isole minori, di istituire, in alternativa all’imposta di soggiorno, un’imposta di sbarco, già destinata a finanziare interventi in materia di turismo, di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e relativi servizi pubblici locali: in particolare, viene aumentata la misura massima dell'imposta (portata da 1 euro a 2,50 euro ed aumentabile sino a 5 euro) e ampliate le finalità a cui può essere destinata, ricomprendendovi gli interventi in materia di polizia locale e sicurezza, di mobilità e viabilità, di raccolta e smaltimento dei rifiuti; per effetto delle modifiche apportate al Senato, sono dettate norme specifiche per i comuni che hanno sede giuridica in una isola minore e nel cui arcipelago insistono altre isole minori con centri abitati e per le zone in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica.
Più in dettaglio, il comma 19 novella il comma 3-bis dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011, diretto a disciplinare l'imposta di sbarco sulle isole minori.
Si ricorda che il comma 3-bis dell'articolo 4 citato (introdotto dall'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012) consente ai comuni delle isole minori, ovvero a quelli nel cui territorio insistono isole minori, di istituire, in alternativa all’imposta di soggiorno, un’imposta di sbarco, destinata a finanziare interventi in materia di turismo, di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali e dei servizi pubblici locali.
L'imposta, nel testo previgente, si applica nella misura massima di 1,50 euro ed è riscossa dalle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea unitamente al prezzo del biglietto.
L'imposta non è dovuta:
§ dai soggetti residenti nel comune;
§ dai lavoratori (intendendosi persone che si recano nell’isola per motivi di lavoro);
§ dagli studenti pendolari (cioè studenti non residenti che si recano nell’isola per motivi di studio);
§ dai componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultino aver pagato l'imposta municipale propria (IMU) e che sono parificati ai residenti (cioè dai possessori di seconde case presenti sull’isola e relativo nucleo familiare).
La disposizione precisa inoltre che la compagnia di navigazione è responsabile del pagamento dell'imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
In caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile d'imposta (compagnia di navigazione) si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. In caso di omesso o parziale versamento dell'imposta si applica la sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato (articolo 13, D.Lgs. n. 471 del 1997). Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni, la suddetta sanzione, oltre alle riduzioni previste in caso di ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.
Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica la normativa vigente in materia di notifica e accertamento dei tributi locali (articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296).
I comuni possono prevedere nel proprio regolamento modalità applicative del tributo, nonché eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo.
Il testo in esame modifica il comma 3-bis nel modo seguente:
§ si ampliano le finalità a cui può essere destinato il tributo, che oltre ad interventi in materia di turismo e di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, può essere destinato ad interventi in materia di polizia locale e sicurezza, di mobilità e viabilità, di raccolta e smaltimento dei rifiuti;
§ viene aumentata (da 1,50 euro a 2,50 euro) la misura massima dell'imposta, specificando che questa si applica ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola;
§ si introduce la possibilità per i comuni di aumentare l'imposta fino ad un massimo di 5,00 euro in relazione a determinati periodi di tempo;
§ per effetto delle modifiche apportate al Senato, si dispone la facoltà dei comuni di prevedere un'imposta fino ad un massimo di euro 5,00 in relazione all'accesso a zone per motivi ambientali disciplinate nella loro fruizione, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica. In tal caso l'imposta può essere riscossa dalle locali guide vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti individuati dall'Amministrazione comunale con apposito avviso pubblico;
In
ordine alla disposizione in commento, non appare chiaro se la forma di prelievo
introdotta si aggiunge alla già prevista imposta di sbarco ovvero se assorbe
tale forma di prelievo.
§ tra i soggetti autorizzati alla riscossione dell'imposta - oltre alle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti di linea - si aggiungono i soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti marittimi verso l'isola;
§ si introduce la possibilità di riscuotere l'imposta con diverse modalità - che il comune può stabilire con regolamento - in relazione alle particolari modalità di accesso alle isole.
Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, il comune che ha sede giuridica in una isola minore e nel cui arcipelago insistono altre isole minori con centri abitati, destina il gettito del tributo per interventi nelle singole isole minori dell'arcipelago, in proporzione agli sbarchi effettuati nelle medesime.
Con il comma 20 vengono fatti salvi i regolamenti comunali già adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto (31 ottobre 2013) nella parte in cui sono in linea con le disposizioni introdotte dal precedente comma; entro il termine di approvazione del bilancio di previsione questi devono essere comunque resi conformi a tali disposizioni.
Si riporta di seguito il testo a fronte delle novelle apportate dal testo in esame al comma 3-bis dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011.
Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 |
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Articolo 4 - Imposta di soggiorno |
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Testo
previgente |
Testo
modificato |
3-bis. I comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, in alternativa all'imposta di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un'imposta di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 1,50, da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea. La compagnia di navigazione è responsabile del pagamento dell'imposta, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile d'imposta si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica l'articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L'imposta non è dovuta dai soggetti residenti nel comune, dai lavoratori, dagli studenti pendolari, nonché dai componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultino aver pagato l'imposta municipale propria e che sono parificati ai residenti. I comuni possono prevedere nel regolamento modalità applicative del tributo, nonché eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Il gettito del tributo è destinato a finanziare interventi in materia di turismo e interventi di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. |
3-bis. I comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori possono istituire, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, in alternativa all'imposta di soggiorno di cui al comma 1 del presente articolo, un'imposta di sbarco, da applicare fino ad un massimo di euro 2,50, ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore, utilizzando compagnie di navigazione che forniscono collegamenti di linea o imbarcazioni che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti marittimi verso l'isola. Il Comune che ha sede giuridica in una isola minore e nel cui arcipelago insistono altre isole minori con centri abitati, destina il gettito del tributo per interventi nelle singole isole minori dell'arcipelago in proporzione agli sbarchi effettuati nelle medesime (2.62 Commissione). L'imposta e' riscossa, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali e che sono responsabili del pagamento dell'imposta, con diritto di rivalsa sui oggetti passivi, della presentazione della dichiarazione e degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, ovvero con le diverse modalità stabilite dal comune con regolamento ai sensi del predetto articolo 52 del decreto legislativo n. 46 del 1997, in relazione alle particolari modalità di accesso alle isole. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile d'imposta si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto. Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. Per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo si applica l'articolo 1, commi da 158 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L'imposta non è dovuta dai soggetti residenti nel comune, dai lavoratori, dagli studenti pendolari, nonché dai componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultino aver pagato l'imposta municipale propria e che sono parificati ai residenti. I comuni possono prevedere nel regolamento modalità applicative del tributo, nonché eventuali esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo; possono altresì prevedere un aumento dell'imposta fino ad un massimo di euro 5,00 in relazione a determinati periodi di tempo. Possono altresì prevedere un'imposta fino ad un massimo di euro 5,00 in relazione all'accesso a zone per motivi ambientali disciplinate nella loro fruizione, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica, ed in tal caso l'imposta può essere riscossa dalle locali guide vulcanologiche regolarmente autorizzate o da altri soggetti individuati dall'Amministrazione Comunale con apposito avviso pubblico (2.64 Commissione). Il gettito del tributo è destinato a finanziare interventi in materia di turismo e interventi di fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali ed altresì interventi in materia di polizia locale e sicurezza, di mobilità e viabilità, di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché dei relativi servizi pubblici locali. |
Articolo 2,
comma 20-bis
(Possibilità di alienazione dei collegi di
Santa Margherita Ligure
e di Cividale del Friuli)
Il comma 20-bis sopprime il terzo comma dell'articolo unico della legge 5 marzo 1957, n. 104, che vietava agli enti proprietari dei collegi di Santa Margherita Ligure e di Cividale del Friuli - vale a dire, rispettivamente, il comune di Santa Margherita Ligure e l’Ente friulano di assistenza - l’alienazione o il cambio di destinazione dei compendi immobiliari dei predetti collegi.
In base a quanto indicato nella predetta L. n. 104/1957, il collegio di Santa Margherita Ligure è destinato all’educazione all’istruzione locale, mentre il collegio di Cividale del Friuli è destinato all’educazione e all’istruzione degli orfani del Friuli e degli orfani dei profughi delle zone del confine orientale italiano.
Si segnala preliminarmente che il citato articolo unico sostituisce integralmente l’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 10 aprile 1948, n. 421 con un articolo composto di tre commi.
La disposizione da sopprimere sembrerebbe pertanto essere il terzo comma dell’articolo 2 di quest’ultimo decreto, come novellato dalla legge n. 104/1957. Tale comma dispone che gli enti cui sono stati assegnati in proprietà i predetti collegi - vale a dire, rispettivamente, il comune di Santa Margherita Ligure e l’Ente Friulano di Assistenza - non possono alienarne o mutarne la destinazione dei compendi immobiliari.
Si rammenta in proposito che il punto 3,
lettera c), della circolare congiunta
dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile
2001 dispone che “se un atto ha subito modifiche, eventuali "novelle"
sono riferite all'atto modificato e non agli atti modificanti”.
Articolo 2-bis
(Modifiche al codice delle leggi
antimafia, in materia di trasferimento di beni confiscati al patrimonio degli
enti territoriali)
L’articolo 2-bis, introdotto nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione al Senato, novella il Codice delle leggi antimafia (D.Lgs. n. 159 del 2011), intervenendo sulla disciplina della destinazione dei beni aziendali confiscati alla mafia.
In particolare, il comma 1, lettera a), introduce un comma 8-bis all’articolo 48 del Codice.
L’articolo 48 disciplina la destinazione dei beni e delle somme confiscate alla criminalità organizzata. In particolare, il comma 8, in relazione ai beni aziendali, ne prevede il mantenimento al patrimonio dello Stato e la destinazione, da parte dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Quest’ultima può optare per le seguenti possibilità:
§ affitto dell’azienda, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata.
§ vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso (in caso di vendita alla scadenza del contratto di affitto, l’affittuario ha un diritto di prelazione);
§ liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.
Il nuovo comma 8-bis prevede che i beni aziendali possano anche essere trasferiti - per finalità istituzionali o sociali – prioritariamente al patrimonio di comuni, province o regioni (in ragione della localizzazione del bene). Tale destinazione non deve tuttavia pregiudicare i diritti dei creditori dell’azienda.
Sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia le modalità di attuazione della disposizione «che assicurino il migliore e più efficiente utilizzo dei suddetti beni senza pregiudizio per le finalità cui sono destinati i relativi proventi».
Si osserva che dalla formulazione del comma
8-bis sembra derivare una gestione diretta da parte di regioni ed enti locali
dell’azienda confiscata; gestione che, in relazione alle finalità istituzionali
degli enti, può non risultare del tutto appropriata.
Inoltre, la norma non precisa se il
trasferimento avvenga o meno a domanda degli enti territoriali.
Le lettere b) e c) novellano l’art. 117 del Codice antimafia che detta una disciplina transitoria.
In particolare, attualmente il comma 8 della disposizione consente all’Agenzia nazionale di sottrarre all’azienda confiscata, ma non in liquidazione, singoli beni immobili ai fini del loro trasferimento al patrimonio degli enti territoriali che già utilizzino quei beni per finalità istituzionali.
La novella introdotta dalla lettera b) elimina il requisito della previa utilizzazione da parte dell’ente, così estendendo la possibile estromissione a tutti i beni immobili dell’azienda.
La lettera c) aggiunge un comma 8-bis all’art. 117 del Codice che prevede una priorità nel trasferimento dei beni aziendali estromessi in favore degli enti territoriali che abbiano sottoscritto con l’Agenzia specifici protocolli, accordi di programma o atti analoghi idonei a disporre il trasferimento di proprietà degli stessi beni.
Si osserva che le novelle all’art. 117 non contemplano
alcuna clausola di salvaguardia della prosecuzione dell’attività aziendale,
nonostante la sottrazione del bene immobile.
Si rileva altresì che la disposizione sul
trasferimento agli enti territoriali di cui al comma 8-bis dell’art. 48 (v. sopra lett. a)) non presuppone
una specifica richiesta da parte degli enti territoriali. Laddove l’intento del
legislatore fosse quello di subordinare anche tali trasferimenti alla
sottoscrizione di protocolli e accordi, occorrerebbe valutare l’introduzione di
una specifica previsione.
Articolo 2-ter
(Modifiche alle norme per le modalità
di composizione dei seggi elettorali)
L’articolo in esame apporta alcune modifiche puntuali alla disciplina concernente la scelta degli scrutatori di ciascuna sezione elettorale, prevedendo che questa venga effettuata dalla Commissione elettorale comunale non più per nomina, attingendo all’albo degli scrutatori, bensì tramite sorteggio dei nominativi compresi nel predetto albo.
In questo modo, viene così ripristinato il sistema di scelta degli scrutatori in vigore fino al 2005, quando la legge di riforma del sistema elettorale (L. n. 270/2005) ha modificato l’articolo 6 della legge istitutiva dell’albo degli scrutatori (L. n. 95/1989), sostituendo il sorteggio degli scrutatori con la loro nomina da parte della commissione comunale.
Si osserva che non sono di immediata
evidenza le motivazioni di urgenza delle disposizioni recata dall’articolo in
esame in quanto le prossime consultazioni elettorali, le elezioni per il
rinnovo del Parlamento europeo, si svolgeranno il 25 maggio 2014,
presumibilmente insieme al turno delle amministrative, e, dal momento che la
scelta degli scrutatori deve avvenire tra il venticinquesimo e il ventesimo
giorno antecedenti la data stabilita per la votazione, ci sarebbe il tempo
sufficiente per intervenire con un provvedimento ordinario. Si rileva che
esistono numerosi precedenti di interventi legislativi sul procedimento
elettorale preparatorio effettuati con decreto-legge, ma si tratta il larga
parte di misure adottate in prossimità delle elezioni.
La disposizione in esame ripristina le modalità di scelta per sorteggio in vigore dal 1989 al 2005 riproducendo pressoché letteralmente il testo del citato articolo 6 nella formulazione precedente al 2005, ossia quella definita dall’articolo 9 della legge n. 120/1999.
Le modifiche ulteriori operate dalla disposizione in esame sono le seguenti.
In primo luogo, viene eliminato il riferimento normativo di qualificazione delle commissioni elettorali comunali.
Infatti, a decorrere dal 2002 le funzioni di tali commissioni sono state trasferite all’ufficiale elettorale istituito in ogni comune ad opera della L. n. 340/2000 e, ai sensi dell’art. 26 di tale legge, il rinvio alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, si intende riferito all'Ufficiale elettorale, a decorrere dalla data di cui al comma 14 dello stesso articolo 26. Successivamente, la citata legge n. 270/2005 (art. 10, comma 1) ha precisato che l'Ufficiale elettorale svolge le funzioni della Commissione elettorale ai fini della tenuta e all'aggiornamento delle liste elettorali (art. 4-bis, del D.P.R. n. 223/1967).
Il riferimento a quest’ultima disposizione viene espunto dal testo, presumibilmente perché incongruo, in quanto si riferisce alla tenuta delle liste elettorali e non alla scelta degli scrutatori.
In secondo luogo, l’articolo in esame anticipa il termine (da due a venti giorni) entro il quale deve essere preannunciata la data della pubblica adunanza in cui la commissione [rectius l’ufficiale elettorale] procede al sorteggio degli scrutatori.
Infine, si prevede che l’annuncio della convocazione sia pubblicato non solo mediante affissione del manifesto nell’albo pretorio del comune, ma anche sull’albo pretorio on-line.
Si ricorda che la legge 18 giugno 2009, n. 69, ha previsto che "A far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati".
Testo
previgente |
Testo modificato dal D.L. n. 126/2013 |
Articolo 6 |
|
1. Tra il
venticinquesimo e il ventesimo giorno antecedenti la data stabilita per la
votazione, la Commissione elettorale comunale |
1. Tra il
venticinquesimo ed il ventesimo giorno antecedenti la data stabilita per la
votazione, la commissione elettorale comunale, in pubblica adunanza,
preannunziata venti giorni prima
con manifesto pubblicato sull'albo
pretorio on-line e affisso nell'albo pretorio del comune, alla presenza
dei rappresentanti di lista della prima sezione del comune, se designati, procede: |
a) alla
nomina degli scrutatori, per ogni sezione elettorale del comune, scegliendoli
tra i nominativi compresi nell'albo degli scrutatori in numero pari a quello
occorrente; |
a) al sorteggio, per ogni sezione
elettorale del comune, di un numero di nominativi compresi nell'albo degli
scrutatori pari a quello occorrente; |
b) alla
formazione di una graduatoria di ulteriori nominativi, compresi nel predetto
albo, per sostituire gli scrutatori nominati a norma della lettera a) in caso
di eventuale rinuncia o impedimento; |
b) alla
formazione, per sorteggio, di una
graduatoria di nominativi compresi nel predetto albo per sostituire, secondo l'ordine di estrazione, gli
scrutatori sorteggiati a norma della lettera a) in caso di eventuale rinuncia
o impedimento; |
c) alla
nomina degli ulteriori scrutatori, scegliendoli fra gli iscritti nelle liste
elettorali del comune stesso, qualora il numero dei nominativi compresi
nell'albo degli scrutatori non sia sufficiente per gli adempimenti di cui
alle lettere a) e b). |
2. Qualora
il numero dei nominativi ricompresi nell'albo degli scrutatori non sia
sufficiente per gli adempimenti di cui al comma 1, la commissione elettorale comunale procede ad ulteriore sorteggio fra gli iscritti
nelle liste elettorali del comune stesso. |
2. Alle
nomine di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 si procede all'unanimità.
Qualora la nomina non sia fatta all'unanimità, ciascun membro della
Commissione elettorale vota per un nome e sono proclamati eletti coloro che
hanno ottenuto il maggior numero di voti. A parità di voti è proclamato
eletto il più anziano di età. |
|
3. Il
sindaco o il commissario, nel più breve tempo, e comunque non oltre il
quindicesimo giorno precedente le elezioni, notifica agli scrutatori
l'avvenuta nomina. L'eventuale grave impedimento ad assolvere l'incarico deve
essere comunicato, entro quarantotto ore dalla notifica della nomina, al
sindaco o al commissario che provvede a sostituire i soggetti impediti con
gli elettori compresi nella graduatoria di cui alla lettera b) del comma 1. |
3. Ai sorteggiati, il sindaco o il
commissario notifica, nel più breve tempo, e al più tardi non oltre il
quindicesimo giorno precedente le elezioni, l'avvenuta nomina. L'eventuale
grave impedimento ad assolvere l'incarico deve essere comunicato, entro
quarantotto ore dalla notifica della nomina, al sindaco o al commissario che
provvede a sostituire gli impediti con gli elettori ricompresi nella
graduatoria di cui alla lettera b) del comma 1. |
4. La
nomina è notificata agli interessati non oltre il terzo giorno precedente le
elezioni . |
Identico |
Articolo 2-quater
(Incompatibilità per parlamentari e
membri del Governo)
L’articolo in esame dispone la retroattività dell’esclusione (prevista dall’art. 29-bis del D.L. n. 69/2013) dall’applicazione dell’incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo, con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali superiori a 5.000 abitanti nei comuni tra i 5.000 e i 20.000 abitanti, per le fattispecie in cui le elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto n. 138/2011 (17 settembre 2011) che ha introdotto tale incompatibilità.
L’articolo 13, comma 3, citato ha stabilito una causa di incompatibilità tra le cariche di deputato, di senatore e di membro del Governo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 215 del 2004, ossia ministro, viceministro, sottosegretario, commissario straordinario di governo, (primo periodo) e di membro del Parlamento europeo (terzo periodo) con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti (in pratica, sindaco di comune con più di 5.000 abitanti e presidente di provincia). E’ stato disposto anche il divieto di cumulo delle indennità derivanti dall’esercizio contemporaneo delle cariche incompatibili nel periodo precedente l’opzione (quarto periodo).
La disposizione, inoltre, prevede (secondo periodo) che l’incompatibilità (per quanto riguarda parlamentari e membri del Governo) si applichi a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del decreto (che si ricorda sono state indette il 22 dicembre 2012 e si sono svolte il 24 e 25 febbraio 2013).
Per i parlamentari europei l’incompatibilità si applica, invece, a decorrere dalla data di indizione delle elezioni europee successive alla data di entrata in vigore del decreto (le elezioni europee, che si svolgeranno il 22-25 maggio 2014[116], saranno indette con decreto del Presidente della Repubblica nel mese di marzo 2014[117]).
Sulla decorrenza della norma è intervenuto, senza novellare il decreto-legge n. 138, l’articolo 29-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 che esclude l’applicazione di tale causa di incompatibilità agli enti territoriali tra i 5.000 e i 20.000 abitanti le cui elezioni si siano tenute prima della data di entrata in vigore del decreto n. 138/2011 (17 settembre 2011).
In altre parole, i sindaci (dei comuni tra 5.000 e 20.000 abitanti) eletti prima del 17 settembre 2011, che sono anche parlamentari o membri di Governo, se non hanno già optato, potranno cumulare le due cariche fino alla scadenza naturale della carica locale, mentre chi è stato eletto dopo dovrà optare, se non lo ha già fatto, in quanto l’incompatibilità è scattata con le elezioni politiche di febbraio.
Per i comuni con più di 20.000 abitanti rimane ferma la normativa vigente.
L’articolo in esame interviene ulteriormente in materia, questa volta sulla decorrenza dell’applicazione della disposizione del 2013, precisando che l’esclusione dall’applicazione dell’incompatibilità anche dei comuni tra 5.000 e 20.000 abitanti è retroattiva.
Con specifico riferimento alla portata
retroattiva della disposizione, si ricorda che per le discipline
autoqualificate come retroattive, la Consulta ha osservato che occorre che tali
disposizioni intervengano in relazione a fattispecie sulle quali siano insorti
contrasti interpretativi, precisandone il significato tra quelli possibili. A
questa condizione, il vincolo di significato normativo che viene ad essere
stabilito anche per il passato può essere considerato compatibile con l’esigenza
di certezza giuridica e di tutela dell'affidamento legittimamente posto nella
certezza dell'ordinamento giuridico (e plurimis, tra le più recenti, sentenze n. 272 del 2011, n. 209 del 2010 e n.
236 del 2009). Infatti, “il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle
disposizioni sulla legge in generale), costituisce valore fondamentale di
civiltà giuridica, pur non ricevendo nell'ordinamento la tutela privilegiata di
cui all'art. 25 Cost.” e in mancanza di “motivi imperativi d'interesse
generale, idonei a giustificare l'effetto retroattivo” risulterebbe leso il
canone generale della ragionevolezza delle norme che si trae dall’art. 3 Cost.
(sent. n. 78/2012).
In relazione alla disposizione in commento
non appare evidente il significato normativo della retroattività; infatti,
l’esclusione della incompatibilità introdotta dal citato art. 29-bis, è già retroattiva in quanto si applica
alle elezioni comunali svoltesi prima del 17 settembre 2011. Presumibilmente la
norma è finalizzata a sanare la posizione di coloro che hanno esercitato
l’opzione per una delle cariche prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 69, in
modo da consentire loro il reintegro.
In tal caso si valuti l’eventualità di
precisare la portata normativa della disposizione.
Si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale ha anticipato, in un certo senso, il principio ispiratore dell’incompatibilità introdotta dal decreto-legge 138, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della L. n. 60/1953 (relativa alle incompatibilità parlamentari), nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti (sent. n. 277/2011).
La Camera dei deputati ha recepito la sentenza della Corte costituzionale con la decisione della Giunta delle elezioni adottata nella seduta del 14 dicembre 2011 che ha accertato l'incompatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti ricoperte da 6 deputati.
La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha, invece, ritenuto di non applicare gli effetti della sentenza a due senatori/sindaci sui quali la Giunta si era già pronunciata in precedenza (seduta del 21 dicembre 2011).
Successivamente, la Corte Costituzionale ha ribadito l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 63 del testo unico enti locali (D.Lgs. n. 63/267) nella parte in cui non prevede tale incompatibilità (sent. n. 120/2013).
Per quanto riguarda le province si ricorda che dal 2011 non si svolgono più le consultazioni per il rinnovo dei consigli provinciali e per l’elezione dei presidenti di provincia. Infatti, l'art. 23 del decreto-legge n. 201/2011 (poi dichiarato incostituzionale sent. 3 luglio 2013) aveva previsto la loro elezione di secondo grado, rinviando la determinazione delle modalità di elezione di tali organi a legge dello Stato che avrebbe dovuto essere approvata entro il 31 dicembre 2013. Nel frattempo agli organi politici in scadenza si sono sostituiti gestioni commissariali.
Articolo 2-quinquies
(Coordinamento delle strutture
amministrative territoriali dell’Associazione italiana della Croce Rossa-CRI)
La norma, introdotta nel corso dell’esame al Senato, specifica che solo i Comitati locali della Croce Rossa delle Province autonome di Trento e Bolzano, assumono, dal 1° gennaio 2014, la personalità giuridica di diritto privato.
Si ricorda che il decreto legge n. 101/2013 ha introdotto alcune modifiche al D.Lgs. n. 178/2012 recante la “Riorganizzazione dell’Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.)”. In particolare, il comma 10-quater dell’art. 4, dispone che i comitati locali e provinciali, esistenti alla data del 31 dicembre 2013, ad eccezione dei comitati delle province autonome di Trento e di Bolzano, assumono, alla data del 1º gennaio 2014, la personalità giuridica di diritto privato.
La disposizione in esame pertanto dispone che, relativamente alle province autonome di Trento e Bolzano, i comitati locali, dal 1° gennaio 2014, assumono personalità giuridica di diritto privato, mentre i comitati provinciali rimangono in regime pubblicistico.
Vengono inoltre fatti salvi gli effetti del concorso indetto dalla Croce Rossa italiana e già espletato per la copertura dei posti per le province autonome di Trento e Bolzano.
Si rileva che l’intervento legislativo non viene effettuato correttamente. Si
dovrebbe infatti intervenire direttamente sull’articolo 1-bis del D.Lgs. n. 178/2012
di Riorganizzazione della Croce Rossa, e non, come avvenuto, sull’articolo 4,
comma 10-ter del decreto-legge 101/2013.
Articolo 2-sexies
(Disposizioni per le università site nei
territori colpiti
dal sisma del 2012 in Emilia Romagna)
Il nuovo articolo 2-sexies esenta le Università che hanno sede nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio (nei territori dell’Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) dal divieto, per l’anno 2013, di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva.
Si segnala che una norma dal contenuto
identico è contenuta al comma 237 del ddl di stabilità (A.C. 1865) all’esame
dell’Assemblea della Camera.
La norma, finalizzata a consentire il regolare svolgimento della didattica e reintegrare il patrimonio immobiliare danneggiato dal sisma del 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, prevede che le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1-quater, non si applicano alle Università che hanno sede nei territori colpiti.
Il comma 1-quater dell’articolo 12 del D.L. n. 98 del 2011, inserito dalla legge n. 228 del 2012 (articolo 1, comma 138), vieta, per l’anno 2013, a tutte le amministrazioni pubbliche di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva, salvo il caso di rinnovi ovvero nel caso in cui la locazione sia stipulata, a condizioni più vantaggiose per sostituire immobili dismessi o per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.
Si ricorda, inoltre, che lo stesso articolo 12 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze (comma 1).
A decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l'emanazione del decreto di verifica è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento (comma 1-bis).
[1] Il decreto legislativo 31 maggio 2011,
n.91, è stato emanato in attuazione della delega legislativa per
l’armonizzazione dei sistemi contabili disposta dall’articolo 2 della legge n.
196/2009.
[2] Legge 20 marzo 1975, n.70, recante
disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del
personale dipendente.
[3] D.P.R. 27 febbraio 2003, recante il
regolamento per l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui
alla legge n.70 del 1973.
[4] Recante “Proroga di termini di interesse
del Ministero dell'economia e delle finanze”.
[5] Il Titolo II del D.Lgs. n. 118/2011
riguarda l’armonizzazione degli schemi e dei sistemi contabili degli enti del
servizio sanitario nazionale e, ai sensi dell’art. 38, come modificato
dall'art. 9, comma 1, lett. a), D.L. 31 agosto 2013, n. 102, i principi
dell’armonizzazione contabile dettati dal predetto Titolo si applicano a
seguito di una sperimentazione della durata di tre esercizi finanziari.
[6] Il medesimo articolo 9 ha inoltre
consentito, entro il 30 settembre 2013, che ulteriori enti possano accedere al
terzo anno di sperimentazione (comma 4). Si ricorda, in proposito, che gli enti
in sperimentazione sono stati individuati con Decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri 25 maggio 2012 e 29 marzo 2013, rispettivamente per
l’anno 2012 e l’anno 2013. Il primo di tali due D.P.C.M., individua ai fini
della sperimentazione le regioni Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia e
Sicilia, 12 province e 68 comuni, ai quali poi il successivo D.P.C.M. 29 marzo
2013 ne ha aggiunto un ulteriore (per un totale, quindi, di 69 comuni). Infine,
il D.M. 15 novembre 2013 (pubblicato nella Gazz. Uff. 27 novembre 2013, n. 278),
in attuazione del citato articolo 9 del D.L. n. 102, ha incluso ulteriori enti
nella sperimentazione. Pertanto nel 2014, la sperimentazione è estesa a n. 12
province, n. 374 comuni e n. 5 unioni di comuni.
[7] Convertito con modificazioni in legge n.
124 del 28 ottobre 2013.
[8] Il Titolo II del D.Lgs. n. 118/2011
riguarda l’armonizzazione degli schemi e dei sistemi contabili degli enti del
servizio sanitario nazionale e, ai sensi dell’art. 38, i principi
dell’armonizzazione contabile dettati dal predetto Titolo per tali enti si
applicano a decorrere dall'anno successivo a quello di entrata in vigore del
decreto legislativo n. 118, dunque dall’anno 2012.
[9] Il medesimo articolo 9 ha inoltre
consentito, entro il 30 settembre 2013, che ulteriori enti possano accedere al
terzo anno di sperimentazione (comma 4). Si ricorda, in proposito, che gli enti
in sperimentazione sono stati individuati con Decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri 25 maggio 2012 e 29 marzo 2013, rispettivamente per
l’anno 2012 e l’anno 2013. Il primo di tali due D.P.C.M., individua ai fini
della sperimentazione le regioni Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia e
Sicilia, 12 province e 68 comuni, ai quali poi il successivo D.P.C.M. 29 marzo
2013 ne ha aggiunto un ulteriore (per un totale, quindi, di 69 comuni).
Infine, il D.M. 15 novembre
2013, in attuazione del citato articolo 9 del D.L. n. 102, ha incluso ulteriori
enti nella sperimentazione. Pertanto nel 2014, la sperimentazione è estesa a n.
12 province, n. 374 comuni e n. 5 unioni di comuni. Il citato D.M., non ancora
pubblicato in G.U., è disponibile al seguente indirizzo internet:
http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/ARCONET/Sperimentazione/DECRETO_MINISTERO_ECONOMIA_E_FINANZE_terzo_anno_di_sperimentazione.pdf.
L’articolo 9 del D.L. n. 102/2013 ha inoltre
introdotto alcuni incentivi per gli enti che partecipano alla sperimentazione.
In particolare, per tali enti, per
l’esercizio 2013, la verifica del rispetto del limite alla spesa di personale
di cui all’articolo 1, comma 557, della L. n. 296/2006 - può essere riferita
all’esercizio 2011 (comma 5).
Inoltre, con una modifica all’articolo 31
della legge di stabilità per il 2012 (L. n. 183/2011) relativo al patto di
stabilità interno degli enti locali, si dispone la sospensione per l’anno 2014
dell’applicazione del meccanismo di virtuosità recato dall’articolo 20, comma
2, 2-bis e 3 del D.L. n. 98/2011, ai
fini della determinazione degli obiettivi finanziari del patto per gli enti di
ciascun livello di governo e, contestualmente, un alleggerimento per l’anno
2014, per gli enti in sperimentazione, dell’obiettivo del patto di stabilità
interno.
Relativamente all’anno 2013, si ricorda che
gli obiettivi del patto degli enti partecipanti alla sperimentazione sono stati
migliorati di 20 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 20, comma 3-bis del citato D.L. n. 98/2011.
I commi 7-8 dell’articolo 9 del D.L. n. 102
introducono inoltre ulteriori incentivi per i comuni che partecipazione alla
sperimentazione, rendendo meno stringente il limite alla spesa per assunzioni
che può essere sostenuta da tali enti. In particolare, il limite disposto
dall’art. 76, comma 7 del D.L. n. 112/2008 è portato dal 40 al 50 percento
delle spese corrispondenti alle cessazioni dell’anno precedente (comma 7).
Inoltre, il limite alla spesa per assunzioni a tempo determinato o con altri
contratti di natura flessibile - stabilito dall’articolo 9, comma 28 del D.L.
n. 78/2010 - nel 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità
nell’anno 2009 è portato, per il 2014, al 60 per cento (comma 8).
Infine, le regioni in sperimentazione
concorrano agli obiettivi di finanza pubblica in sede di patto di stabilità in
termini di competenza eurocompatibile (comma 9-bis).
Quanto ai termini per l’approvazione del
rendiconto e del bilancio degli enti locali e delle regioni che partecipano
alla sperimentazione, si dispone che il rendiconto o il bilancio di esercizio
sia:
§ approvato dalla
Giunta o dall'organo esecutivo entro il 30 aprile dell'anno successivo;
§ approvato dalla
Regione e dall’ente locale, rispettivamente, entro il 31 luglio e il 31 maggio
dell'anno successivo (comma 9-ter).
[10] Per ciascun residuo eliminato in quanto non
scaduto sono indicati gli esercizi nei quali l'obbligazione diviene esigibile,
secondo i criteri individuati nel nuovo principio applicato della contabilità
finanziaria, vedi nota successiva .
[11] Relativamente al Fondo svalutazione crediti
si ricorda che esso è stato istituito dall’articolo 6, comma 17 del D.L. n.
95/2012 (legge n. 135/2012). Tale norma ha disposto che, a decorrere dall’anno
2012, nelle more dell’entrata in vigore della disciplina sull’armonizzazione
dei sistemi contabili, gli enti locali siano tenuti ad iscrivere alla spesa dei
propri bilanci un Fondo svalutazione crediti costituito in misura non inferiore
al 25 percento dei residui attivi (Titolo I e III – entrata) con anzianità
superiore a 5 anni.
Successivamente, per gli enti locali
beneficiari di anticipazioni di liquidità per il pagamento dei propri debiti
commerciali ai sensi del D.L. n. 35/2013 (legge n. 64/2013), l’entità del Fondo
svalutazione crediti è stata rideterminata nel 30 per cento dei residui attivi,
di cui ai titoli primo e terzo dell'entrata, aventi anzianità superiore a 5
anni (articolo 1, comma 17 del medesimo D.L. n. 35/2013, come successivamente
modificato dall’articolo 11-bis, comma 2,D.L. n. 76/2013).
[12] Ai sensi del nuovo principio della
contabilità finanziaria enunciato nell’allegato 2 del D.P.C.M., le obbligazioni
giuridiche perfezionate sono registrate nelle scritture contabili al momento
della nascita dell’obbligazione e sono imputate all’esercizio in cui
l’obbligazione viene a scadenza.
Sono accertate per l’intero
importo del credito anche le entrate di dubbia e difficile esazione, per le
quali non è certa la riscossione integrale ( es. sanzioni amministrative al
codice della strada, oneri di urbanizzazione, proventi della lotta
all’evasione). Per tali crediti è effettuato un accantonamento al cd. Fondo di
svalutazione crediti, vincolando, a tal fine, una quota dell’avanzo di
amministrazione. L’accantonamento al fondo svalutazione crediti non è oggetto
di impegno e genera un’economia di bilancio che confluisce nell’avanzo di
amministrazione come quota vincolata. Quando un credito è dichiarato
definitivamente e assolutamente inesigibile lo si elimina dalle scritture
finanziarie e, per lo stesso importo del credito che si elimina, si riduce il
fondo svalutazione crediti.
[13] Il D.M. 18 febbraio 2013 reca l’”Individuazione di nuovi parametri di deficitarietà
strutturale per gli enti locali, per il triennio 2013-2015”.
[14] Decreto convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122, che contiene una serie di disposizioni speciali per la regione Campania per
il mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2009, tra cui in
particolare il comma 22 dell’art. 14 che prevede che il Presidente della
Regione, nella qualità di commissario ad
acta, predisponga un piano di stabilizzazione finanziaria sottoposto
all’approvazione del Ministero dell’economia e delle finanze, che, d’intesa con
la regione interessata, nomini uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza
per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano.
[15] Decreto convertito, con modificazioni, dalla
legge 14 settembre 2011, n. 148. Si tratta della norma che per adeguare la
disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare del 12 e 13
giugno 2011, sulla modalità di affidamento dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica e sulla determinazione della tariffa idrica, e alla
normativa dell’Unione europea, ha disegnato la procedura attraverso la quale
gli enti locali distinguono – all’interno dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica- quelli da liberalizzare e quelli da concedere in
esclusiva.
[16] Costituente, dopo il D.Lgs. n. 156/2010, il
secondo decreto legislativo su Roma Capitale, nel quale tra l’altro si prevede
la predisposizione di una relazione annuale in ordine alla rendicontazione
delle attività della gestione commissariale.
[17] XVII legislatura, Doc CC n.1.
[18] Nelle more dell’approvazione del piano di
rientro, il comma 8 dell’articolo 78 del D.L. n. 112 aveva autorizzato la Cassa
Depositi e Prestiti S.p.A. a concedere al Comune di Roma una anticipazione di
500 milioni di euro per il 2008, al fine di superare la grave situazione di
mancanza di liquidità che il Comune di Roma si trovava ad affrontare. Le somme
anticipate dalla Cassa Depositi e prestiti sono state restituite ai sensi del
D.L. n. 154/2008, che all’articolo 5, comma 1, ha previsto l’attribuzione al
comune di Roma di un contributo di 500 milioni per l’anno 2008, finalizzato
proprio al rimborso alla Cassa della somma erogata a titolo di anticipazione ai
sensi dell’art. 78 del D.L. n. 112/2008. Il D.L. n. 154/2008, all’articolo 5,
comma 3, ha altresì previsto per le medesime finalità del suddetto articolo 78
del D.L. n. 112 l’attribuzione al Comune di Roma di un analogo contributo di
500 milioni di euro anche per l’anno 2009, a valere sulle risorse del Fondo per
le aree sottoutilizzate assegnate con delibera CIPE del 30 settembre 2008. Il
medesimo comma 3, ultimo periodo, ha altresì disposto, ai fini del
rifinanziamento annuale del piano di rientro, che a decorrere dal 2010, in sede
di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, venga riservato
prioritariamente a favore di Roma Capitale un contributo annuale di 500 milioni
di euro nell’ambito delle risorse disponibili.
Anche per l’anno 2010,
l’articolo 2, comma 195, della finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009) ha
pertanto attribuito al Commissario straordinario del Governo un contributo pari
a complessivi 500 milioni di euro.
[19] Si segnala come lo strumento delle
determinazione dirigenziale sia già prevista anche in altra parte della disciplina
sulla gestione commissariale, in particolare all’art.78, comma 4, del D.L. n.
112/2008, per procedere alla liquidazione degli importi inseriti nel piano di
rientro e riferiti ad obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008, per la
quale è sufficiente una determinazione dirigenziale, anche in tal caso assunta
con l'attestazione dell'avvenuta assistenza giuridico-amministrativa del
segretario comunale.
[20] Con la citata delibera, il CIPE ha
deliberato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, “il
finanziamento degli interventi infrastrutturali da realizzarsi nel Comune di
Catania per un importo di 140 milioni euro, a valere sulla riserva di
programmazione della delibera CIPE n. 166/2007, punto 1.1.1.b) 4, e nel Comune
di Roma per un importo di 500 milioni di euro, a valere sulla riserva di
programmazione della medesima delibera di cui al punto 1.2.1 b) 2.
[21] Corte Costituzionale, sentenza n. 204 del 6
luglio 2004.
[22] Consiglio di Stato, V Sezione, sentenza n.
1989 del 29 gennaio 2008.
[23] D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[24] D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizio
sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419.
[25] D.P.R. 14 gennaio 1997, Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle
province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da
parte delle strutture pubbliche e private. Il D.P.R. 14 gennaio 1997
definisce i requisiti minimi strutturali, organizzativi, tecnologici per
l’esercizio delle attività sanitarie (autorizzazione). Riconosce alle Regioni
la competenza a definire procedure, modalità e tempi di verifica, soggetti
verificatori, durata dell’autorizzazione. Le strutture di nuova realizzazione
devono da subito attenersi ai requisiti specificati, così pure quelle che
attuano ampliamenti o modifiche. Le altre strutture devono adeguarsi nei
termini indicati dalle Regioni, entro un massimo di cinque anni. I termini sono
decorsi dalla entrata in vigore delle leggi regionali di attuazione dello
stesso DPR . Infine il D.P.R. 14 gennaio 1997 indica in maniera chiara che
l’accreditamento si basa su requisiti ulteriori definiti dalle Regioni.
[26] Age.na.s, Fattori/criteri di qualità delle
organizzazioni sanitarie da condividere nei sistemi di
autorizzazione/accreditamento delle Regioni e da adottare a livello nazionale,
come elementi di garanzia del sistema delle cure, febbraio 2011
[27] Conseguentemente, la Regione può definire il
fabbisogno di attività e l’eventuale volume di attività superiore da ammettere
per l’accreditamento delle strutture, può avviare il sistema
dell’accreditamento definitivo, confermare o meno i transitori accreditamenti
delle strutture private ex legge
724/94 in forma provvisoria o definitiva nonché trasmettere il provvedimento di
ricognizione al Comitato per la verifica dei LEA di cui all’Intesa
Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
[28] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria, Convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133
[29] Per la realizzazione delle opere e delle
attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015 in
attuazione dell'adempimento degli obblighi internazionali assunti dal Governo
italiano nei confronti del Bureau
International des Expositions (BIE) è autorizzata la spesa di 30 milioni di
euro per l'anno 2009, 45 milioni di euro per l'anno 2010, 59 milioni di euro
per l'anno 2011, 223 milioni di euro per l'anno 2012, 564 milioni di euro per
l'anno 2013, 445 milioni di euro per l'anno 2014 e 120 milioni di euro per
l'anno 2015.
[30] Istituita con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 22 ottobre 2008. Sono soci fondatori della Società EXPO
2015, ai sensi dell’art. 5, comma 2 del citato D.P.C.M. 6 maggio 2013, il
Ministero dell'economia e delle finanze, il comune di Milano, la regione
Lombardia, la provincia di Milano e la Camera di commercio di Milano, secondo
le quote stabilite dal Ministero dell'economia e delle finanze. Altri enti
locali o organismi di diritto pubblico, secondo le procedure previste dalla
normativa vigente sulle società per azioni, possono aderire alla Società EXPO
2015 p.a. Nel mese di luglio 2011, va segnalata la sottoscrizione, dell’Accordo
di programma, promosso ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267
(Testo Unico degli Enti Locali) concluso tra Comune di Milano, Regione
Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Rho, Società Poste Italiane S.p.A., e
con l’adesione della Società Expo S.p.A. e della Società Arexpo S.p.A.,
finalizzato a consentire la realizzazione dell’Esposizione Universale del 2015,
anche attraverso la definizione di idonea disciplina urbanistica.
[31] Disposizioni urgenti per il rilancio
dell'economia.
[32] Si ricorda che nel diritto europeo, che ha
elaborato il modello dell’in-house
providing, la questione della partecipazione delle società in house è
considerata prevalentemente nella giurisprudenza della Corte di giustizia
laddove vengono richiesti due requisiti necessari perché esse possano essere
titolari di affidamenti diretti in deroga rispetto al metodo di scelta del
contraente mediante gara pubblica: il requisito del controllo analogo e il
requisito dell’attività prevalente L’orientamento della Corte è stato fatto
proprio dalla giurisprudenza nazionale. La Corte costituzionale, nella sentenza
439 del 2008, ha fissato i parametri di rilievo costituzionale che deve
rispettare la legislazione in tema di società in house, con riferimento alla
giurisprudenza della Corte di giustizia in materia.
[33] Deliberazione 60/2013
della Corte dei Conti.
[34] Deliberazione 60/2013
della Corte dei Conti.
[35] D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure
di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione
antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.
[36] Per una descrizione più dettagliata del
Piano di sviluppo della raccolta differenziata a Roma, si rinvia alla
presentazione, curata da AMA, del 28 novembre 2013, disponibile al link
www.federambiente.it/Primopiano/Bain_2013/Slide
intervento ing.pdf.
[37] Frana dell’area Ivancich di Assisi.
[38] Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L.
15 marzo 1997, n. 59.
[39] Tale contributo integrativo, inizialmente
limitato agli anni 2001-2003, era stato successivamente esteso fino al 2006
dall'art. 23-duodecies del D.L.
355/2003, convertito dalla legge 47/2004.
[40] Lo stato di emergenza è stato
successivamente prorogato dal D.P.C.M. del 17 dicembre 2010 fino al 31 dicembre
2011 e dal D.P.C.M. 13 dicembre 2011 fino al 31 dicembre 2012, ed è cessato a
seguito dell’ordinanza di protezione civile del 29 marzo 2013 n. 70.
[41] Nonché ai comuni della provincia di Perugia
Collazzone, Corciano, Deruta, Fratta Todina, Magione, Monte Castello di Vibio,
Panicale, Perugia, Piegaro, San Venazio e Torgiano il cui territorio, in tutto
od in parte, ha risentito dei medesimi eventi.
[42] Sul punto si ricorda che l’articolo 246,
comma 4, del TUEL prevede che se, per l'esercizio nel corso del quale si rende
necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il
bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per
l'intero esercizio finanziario. Ove sia stato già approvato il bilancio
preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello
stesso.
[43] Con riferimento all’anno 2012, si ricorda
che il termini per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli
enti locali è stato più volte differito nel corso dell’esercizio e, da ultimo,
fissato al 31 ottobre 2012 con D.M. interno 2 agosto 2012.
Per l’anno 2013, il termine
per la deliberazione del bilancio di previsione è stato dapprima differito al
30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 381, della legge di stabilità 2013 (legge
n. 228/2013) e poi prorogato al 30 settembre 2013 dall’articolo 10, comma 4-quater, lettera b) del D.L. in esame.
[44] Tale lettera a) considera lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali
quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti
violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico.
[45] La sanzione oggetto della disposizione è
quella prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge n. 183/2011 (Legge
di stabilità 2012), secondo cui in caso di mancato rispetto del patto di
stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello
dell'inadempienza è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di
riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il
risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Gli enti
locali della Regione siciliana e della regione Sardegna sono assoggettati alla
riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata al primo periodo. In
caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali sono tenuti a versare
all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. La sanzione non si
applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità
interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la
quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea
rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.
[46] Il meccanismo della premialità, previsto
dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 220/2010, autorizza il Ministro
dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, emanato di concerto con il
Ministro dell'interno e di intesa con la Conferenza Stato-città, a ridurre gli
obiettivi annuali degli enti locali sottoposti al Patto. L'importo della
riduzione complessiva è commisurato agli effetti finanziari determinati
dall'applicazione della sanzione operata a valere sul fondo sperimentale di
riequilibrio e sul fondo perequativo, ovvero, sui trasferimenti erariali nel
caso dei comuni della Regione Siciliana e della Sardegna, comminata nei
confronti degli enti locali che non hanno rispettato l'obiettivo del patto di
stabilità interno.
[47] D.Lgs. n. 165/2001 Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Art. 1, comma 2: "Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine
e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato
ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli
Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato
e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del
Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore,
le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al
CONI".
[48] L’articolo
33 del D.Lgs. n. 165/2001 obbliga le pubbliche amministrazioni che abbiano
situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, ad
osservare una specifica procedura, dandone immediata comunicazione al
Dipartimento della funzione pubblica. In caso di mancato adempimento, le
amministrazioni non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di
lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in
essere. Inoltre, la mancata attivazione delle procedure in esame da parte del
dirigente responsabile è valutabile ai fini della responsabilità disciplinare.
In particolare, il comma 5 dell’articolo 33 dispone che, trascorsi 10 giorni
dalla comunicazione del dirigente responsabile a RSU e alle organizzazioni
sindacali, trovi applicazione l’articolo 72, comma 11 del D.L. 112/2008, sulla
risoluzione del rapporto di lavoro con preavviso di sei mesi nei confronti del
personale dipendente che ha compiuto l’anzianità massima contributiva di 40
anni. Subordinatamente, si procede alla ricollocazione totale o parziale del
personale in soprannumero o in eccedenza nell’ambito della stessa
amministrazione ricorrendo a forme flessibili della gestione del tempo di
lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni,
previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito regionale, tenendo conto di
specifici parametri. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri
generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del
comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio
diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale, in
relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla
situazione del mercato del lavoro. Entro 90 giorni dalla comunicazione del
dirigente responsabile alle RSU e alle organizzazioni sindacali,
l'amministrazione dispone il collocamento in disponibilità del personale che
non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima
amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni
in ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa
amministrazione secondo gli accordi di mobilità. Dalla data di collocamento in
disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di
lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80% dello stipendio
e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro
emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi.
[49] Dalla disposizione in esame consegue dal
2013, per un periodo transitorio e con riferimento a specifiche e selezionate
fattispecie, un anticipo del pensionamento sia per i soggetti che hanno
maturato i requisiti al pensionamento al 31 dicembre 2011 e che per propensione
individuale hanno optato per un posticipo del pensionamento sia per coloro che
maturano i requisiti successivamente per i quali la disposizione in esame prevede
l’applicazione dei requisiti e del regime delle decorrenze vigente prima della
recente riforma pensionistica, a condizione che il diritto alla decorrenza del
trattamento pensionistico venga comunque conseguito entro l’anno 2014.
[50] L’articolo 5-ter del D.L. 43/2013, in considerazione dell’entrata in vigore
della disciplina e della sua applicabilità alle gare bandite successivamente al
31 marzo 2013, fa salvi i bandi e gli avvisi di gara pubblicati dal 1° aprile
2013 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto.
[51] Quanto alle centrali di committenza si
rammenta la definizione recata dall’art. 3, comma 34, del Codice dei contratti,
secondo cui la centrale di committenza è “un'amministrazione aggiudicatrice che
acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o
altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi
quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni
aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori”. La relativa disciplina è recata,
invece, dall’art. 33 che prevede che le stazioni appaltanti e gli enti
aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a
centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi e che tali
centrali sono tenute all’osservanza del Codice.
[52] Si ricorda che, la normativa in materia di
certificazioni, di cui all’articolo 9, commi 3-bis e comma 3-ter del
D.L. n. 185/2008 e all’articolo 12, comma 11-quinquies, del D.L. n. 16/2012, stabilisce che la certificazione del
credito verso la P.A. per somministrazioni, forniture e appalti e per
prestazioni professionali è rilasciata anche al fine di consentirne la cessione
del credito pro soluto o pro solvendo a banche o intermediari
finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Le pubbliche
amministrazioni che sono tenute a rilasciare certificazione sono:
§ le regioni e gli
enti locali, ad eccezione degli enti locali commissariati e degli enti del
servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero
a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono
rilasciare certificazione a pena di nullità (articolo 9, comma 3-bis e 3-ter del D.L. n. 185/2008);
§ Stato e gli enti
pubblici nazionali (articolo 12, comma 11-quinquies,
D.L. n. 16/2012).
[53] L’elenco è anche disponibile sul sito Istat,
all’ indirizzo
[54] Ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del citato
decreto legislativo, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine
e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato
ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, e loro consorzi e
associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case
popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro
associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/199.
[55] Direttiva
2011/7/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa
alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
[56] Il sistema EU PILOT (strumento informatico
EU pilot - IT application) dal 2008 è lo strumento principale di comunicazione
e cooperazione tramite il quale la Commissione, mediante il Punto di contatto
nazionale - che in Italia è la struttura di missione presso il Dipartimento
Politiche UE della Presidenza del Consiglio - trasmette le richieste di
informazione agli Stati membri (tutti gli Stati membri hanno aderito al sistema)
al fine di assicurare la corretta applicazione della legislazione UE e
prevenire possibili procedure d’infrazione. Il sistema viene utilizzato quando
per la Commissione la conoscenza di una situazione di fatto o di diritto
all’interno di uno Stato membro è insufficiente e non permette il formarsi di
un’opinione chiara sulla corretta applicazione del diritto UE e in tutti i casi
che potrebbero essere risolti senza dovere ricorrere all’apertura di una vera e
propria procedura di infrazione.
[57] “Gli Stati membri
assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi il
termine di cui al paragrafo 3, se non diversamente concordato espressamente nel
contratto e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare
del contratto o da talune sue caratteristiche, e non superi comunque sessanta
giorni di calendario”.
[58] Attuazione
della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e
dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che
abroga la direttiva 84/253/CEE.
[59] V. anche la Nota esplicativa 11 settembre
2012 della Ragioneria Generale dello Stato, che chiariva che:
§ i revisori iscritti
nel vecchio Registro, transiteranno al nuovo elenco senza necessità di alcuna
istanza e senza oneri aggiuntivi (fatta salva la necessità di integrare le
informazioni contenute nel vecchio registro entro il termine di 90 giorni);
§ i revisori e i
tirocinanti che presenteranno richiesta di iscrizione da oggi saranno
interamente assoggettati alla nuova disciplina.
[60] V. art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 39/2010 e
art. 10 del regolamento attuativo sul tirocinio (D.M. n. 246/2012).
[61] Disposizioni
in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle
province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel
settore sanitario.
[62] Si ricorda che l’art. 11, comma 1, della
legge n. 42/2009 prevede la soppressione, e la loro sostituzione con risorse
fiscali, dei trasferimenti statali e regionali diretti al finanziamento delle
spese riconducibili alle funzioni fondamentali degli enti locali - ai sensi
dell’articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione - e al
finanziamento delle spese relative ad ogni altra funzione, ad eccezione di
quelli:
§
aventi la natura di “contributi speciali”, ossia
diretti a finanziare, congiuntamente ai finanziamenti dell’Unione europea e ai
cofinanziamenti nazionali, gli interventi finalizzati agli obiettivi di cui
all’art. 119, comma 5, della Costituzione;
§
destinati ai fondi perequativi e ai contributi
erariali e regionali sulle rate di ammortamento dei mutui.
I provvedimenti attuativi della legge delega
n. 42/2009 (D.Lgs. n. 23/2011 e n. 68/2011) hanno, pertanto, determinato la
soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali aventi carattere di
generalità e permanenza spettanti ai comuni, alle province, e alle Città
metropolitane e la loro sostituzione con risorse fiscali autonome (tributi
propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e
addizionali a tributi erariali e regionali) e con risorse di carattere
perequativo, iscritte nell’apposito Fondo sperimentale di riequilibrio
(destinato ad essere sostituito dal Fondo perequativo vero e proprio nell’arco
di tre anni).
Per i comuni, si ricorda, tale meccanismo, disciplinato
dal D.Lgs. n. 23/2011, è stato sostituito a seguito della messa a regime dell'imposta municipale propria (IMU),
ai sensi dell’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012, che ha ridefinito
i rapporti finanziari tra Stato e comuni, con l’attribuzione ai comuni dell'intero gettito IMU, e della istituzione, in luogo del Fondo
sperimentale di riequilibrio, del Fondo di solidarietà comunale, alimentato con
quota parte dell’IMU, e da ripartirsi sulla base di criteri
espressamente indicati.
[63] Il citato D.P.C.M. ha altresì quantificato i
trasferimenti statali non fiscalizzati nell’importo di 13,4 milioni per il
2012, secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di
Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella
seduta del 22 febbraio 2012.
[64] Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore
bancario.
[65] Dall’art.
8, comma 2, lett. a) e b), del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174 per quel che
concerne i termini per operare le riduzioni del Fondo sperimentale; poi dall'art. 1, comma 121, della L. 24 dicembre
2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), per l’incremento, a decorrere
dal 1° gennaio 2013, delle riduzioni stesse e per la definizione di nuovi i
criteri per il riparto tra le province delle riduzioni di spesa; da ultimo,
dall'art. 10, comma 1, lett. a) e b),
D.L. 8 aprile 2013, n. 35, che ha introdotto una misura di deroga per
quanto concerne i criteri di riparto delle riduzioni relative agli anni 2013 e
2014.
[66] Il SIOPE (istituito dall’articolo 28 della
legge n. 289/2002) consiste in un sistema di rilevazione telematica di tutte le
operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai
cassieri delle amministrazioni pubbliche, rese omogenee attraverso un sistema
di codificazione uniforme per tipologia di enti, che permette di rilevare in
tempo reale le informazioni sui flussi di cassa delle amministrazioni, anche al
fine di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e garantire la
rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del
trattato istitutivo della Comunità Europea, relativo alla procedura sui
disavanzi eccessivi.
[67] La riduzione delle risorse per l’anno 2012,
in mancanza della deliberazione della Conferenza Stato città ed autonomie
locali, è stata effettuata con D.M. Interno 25 ottobre 2012, in proporzione
alle spese sostenute per consumi intermedi nell’anno 2011, sulla base dei dati
di pagamento desunti dal (SIOPE).
[68] Il riferimento alle province delle sole Regioni Sicilia e Sardegna è dovuto al fatto che in queste regioni -
contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.
[69] Disposizioni
urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e
potenziamento delle procedure di accertamento.
[70] Il decreto disciplina le modalità di
erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone
l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.
[71] Una volta che i Ministri competenti hanno
dato le loro indicazioni in merito agli obiettivi perseguiti dal singolo
dicastero e alle risorse necessarie per il loro raggiungimento, la nuova
normativa contabile attribuisce al Ministro dell’economia il compito di
valutare la congruità e la coerenza tra gli obiettivi perseguiti da ciascun
Ministro e le risorse richieste per la loro realizzazione.
[72] Con la disposizione introdotta dall’articolo 23 è stato formalizzato
quale principio contabile generale quanto già previsto, in via sperimentale,
per gli anni 2009 e 2010, dall’articolo 60, comma 3, del D.L. n. 112/2008 (come
modificato dall’articolo 23, comma 21-quater, del D.L. n. 78/2009), il quale, a
fronte di consistenti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di
spesa per il triennio 2009–2011 di competenza dei vari Ministeri, ha introdotto
un più ampio margine di flessibilità per le amministrazioni in sede di formazione
del bilancio di previsione a legislazione vigente, consentendo di rimodulare,
seppure con vari limiti, le dotazioni finanziarie tra i programmi di spesa di
ciascuna missione, anche mediante modifica delle autorizzazioni legislative di
spesa ad essi sottostanti.
[73] In particolare, il D.L. n. 78/2010 ha
disposto, a decorrere dall’anno 2011, la riduzione lineare del 10% delle spese
rimodulabili delle missioni di ciascun Ministero che, ai sensi dell’articolo
21, commi 5 e 7, della legge di contabilità, fanno riferimento a quelle
derivanti da fattori legislativi e alle spese di adeguamento al fabbisogno.
[74] A tale proposito si ricorda che le spese del
bilancio statale, secondo la definizione contenuta nell’articolo 21, comma 5,
della citata legge di contabilità, si ripartiscono in rimodulabili e non
rimodulabili.
Ai sensi del comma 6, del medesimo articolo
21, le spese non rimodulabili sono quelle “per le quali l'amministrazione non
ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle
variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”.
Esse corrispondono alle spese definite come
“oneri inderogabili”, vale a dire le spese vincolate a meccanismi o parametri
(determinati da leggi o da altri atti normativi) che ne regolano autonomamente
l’evoluzione. Gli oneri inderogabili sono costituiti esclusivamente dalle spese
obbligatorie, ossia quelle relative a particolari finalità espressamente
elencate: pagamento di stipendi, assegni, pensioni ed altre spese fisse,
interessi passivi, obblighi comunitari ed internazionali, ammortamento di
mutui, nonché le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri,
determinati da leggi ne regolano l’evoluzione (v. art. 10, comma 15, del D.L.
n. 98/2011).
Le spese rimodulabili sono individuate nel
comma 7 dell’articolo 21:
a)
nelle spese derivanti da fattori legislativi,
intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa
che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il
periodo di iscrizione in bilancio (la cui rimodulabilità è disciplinata
dall’articolo 23 della legge di contabilità, per il quale si rinvia al
successivo paragrafo);
b)
nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia
spese non predeterminate legislativamente, ma quantificate tenendo conto delle
esigenze delle amministrazioni.
La normativa contabile prevede che, sino
all'esercizio della delega di cui all'articolo 40, relativa al completamento
della revisione della struttura del bilancio, le spese rimodulabili e quelle
non rimodulabili siano indicate per ciascun programma di spesa, per
macroaggregato e distinte per capitolo in appositi allegati agli stati di
previsione della spesa.
[75] L’elenco, recante disposizioni legislative
autorizzative di riassegnazioni di entrate, interessa 16 ministeri ed è
riferito ad una serie di riassegnazioni di versamenti di carattere settoriale
in funzione dell’Amministrazione beneficiaria.
[76] Data di entrata in vigore della legge n.
196/2009.
[77] Il Fondo per la compensazione degli effetti
finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del
2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia, è finalizzato a
compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici
contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi
in virtù di autorizzazioni legislative. La dotazione del Fondo, in termini di
sola cassa.
Nel disegno di legge di bilancio per il
2014-2016 (A.C. 1866) il fondo risulta dotato di 283,7 milioni nel 2014, di
429,7 milioni nel 2015 e di 439,7 milioni nel 2016. Si segnala che su tale
importo incidono, in riduzione, una serie di disposizioni contenute nel disegno
di legge di stabilità. In particolare, il Fondo, come integrato dalla Nota di
variazioni approvata al disegno di legge di bilancio 2014-2016 presso il
Senato, risulta dotato di 313,7 milioni nel 2014, di 324,7 milioni nel 2015 e a
di 294,7 milioni nel 2016.
[78] La disposizione sopra citata disponeva che
le somme - relative al progetto bandiera denominato "Super B Factory''
inserito nel Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013 - già impegnate e non
ancora pagate nel limite di 40.891.750 euro negli anni 2011 e 2012, iscritte
sul capitolo di spesa 7236 "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni
di ricerca" dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, sono mantenute nel conto residui per essere
versate all'entrata del bilancio dello Stato ai fini della loro riassegnazione,
per l'anno 2013, al capitolo 1694, relativo al "Fondo per il funzionamento
ordinario (FFO) delle Università statali e dei Consorzi
interuniversitari". La predetta norma dunque destinava ad altre finalità
somme già impegnate, benché non ancora pagate, e dunque di somme che dovrebbero
risultare gravate da obbligazioni giuridicamente perfezionate.
La relazione tecnica
all’emendamento che, in sede referente, aveva introdotto la disposizione (em.
23.7 del relatore) affermava, invece, che i residui relativi al 2011, pari a 22
milioni di euro, erano residui di lettera C) (dunque cd. residui propri, somme
impegnate e non pagate) residui relativi al 2012, pari a 18,9 milioni di euro,
erano di lettera F) (c.d. residui impropri, e dunque somme non impegnate).
[79] Cfr.
il parere favorevole con condizioni espresso dalla V Commissione bilancio ai
sensi dell’articolo 81, quarto comma Cost. in data 30 ottobre 2013 sull’A.C.
1574-A . Tra le condizioni espresse, rientra la soppressione dei commi sopra
citati.
[80] Il fondo sperimentale di riequilibrio e il
fondo perequativo sono determinati,
per i comuni, ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n.
23/2011, e per le province ai sensi dell’articolo 21 e dell’articolo 23
del D.Lgs. n. 68/2011. Si ricorda che il fondo sperimentale di riequilibrio –
che per i comunioni è stato soppresso dal 1°gennaio 2013, e sostituito dal
Fondo di solidarietà comunale - è finalizzato a realizzare “in forma
progressiva e territorialmente equilibrata” la devoluzione ai comuni e alle
province della fiscalità propria. Il secondo fondo è destinato al finanziamento
delle spese dei comuni e delle province successivamente alla determinazione dei
fabbisogni standard.
[81] La Circolare n. 5/2013 ha precisato in
merito che, ai fini dell’applicazione della sanzione, il divieto non opera nei
riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all’ente locale contratti in
anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non
configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il
cui ricavato è destinato all’estinzione anticipata di precedenti operazioni di
indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle
passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico
di un’altra amministrazione pubblica.
[82] In relazione a tale disposizione, la
Circolare n. 5/2013 ha precisato che devono considerarsi riconducibili alla
spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi
variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) che non abbiano
indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione
di effettiva autonomia rispetto all’amministrazione controllante. La Circolare
evidenzia, altresì, che il divieto di assunzione sussiste per tutti gli enti in
cui il rapporto tra spesa di personale(comprensiva delle spese di personale
delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo) e spesa
corrente sia pari o superiore al 50%.
[83] Si ricorda, al riguardo, che i componenti
degli organi esecutivi degli enti locali (sindaci, presidenti di provincia,
assessori ecc.) e i presidenti dei consigli (comunali e provinciali)
percepiscono una indennità di funzione (art. 82, co. 1 TUEL), mentre i
componenti degli organi elettivi (consiglieri comunali e consiglieri
provinciali) hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione a
consigli e commissioni (art. 82, co. 2 TUEL). La misura dell’indennità e dei
gettoni è determinata dal decreto del Ministro dell’interno n. 119/2000. La
Circolare n. 5/2013 ha precisato che la sanzione in questione si applica
soltanto nei confronti degli amministratori in carica nell’esercizio in cui è
avvenuta la violazione dei vincoli del patto di stabilità interno.
[84] D.L. 31 agosto 2013, n. 102, Disposizioni urgenti in materia di IMU, di
altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza
locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici,
convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 28 ottobre
2013, n. 124.
[85] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/sentenze/2012/sentenza_214_2012.pdf
[86] Si tratta di: Atlantis World Gioco legale
limited, Snai spa, Sisal spa, Gmatica srl, Cogetech spa, Gamenet spa,
Lottomatica Videolot Rete spa, Cirsa Italia srl, H.B.G. Srl e Codere spa.
[87] Con la medesima sentenza sono stati altresì
condannati, per omissione di controllo e di contestazione, il direttore
generale dell’AAMS, Giorgio Tino, e il direttore generale dell’area giochi,
Antonio Tagliaferri.
[88] Tale procedura è stata inserita
dall’articolo 3, comma 1, lettera r) del decreto-legge n.174 del 2012[88],
che dopo l'articolo 243 del TUEL ha dettato tre articoli aggiuntivi (243-bis, 243-ter e 243-quater)
finalizzati al riequilibrio finanziario pluriennale degli enti per i quali
sussistano squilibri strutturali di bilancio in grado di provocarne il
dissesto, istituendo al contempo un apposito Fondo di rotazione diretto ad
assicurare la stabilità finanziaria dei comuni e delle province attraverso la
concessione di anticipazioni agli enti locali che hanno deliberato la procedura
di riequilibrio medesima. Tale procedura costituisce una nuova fattispecie che
si aggiunge a quelle già previste dall’ordinamento per gli enti strutturalmente
deficitari e per gli enti in stato di dissesto finanziario; essa è volta, in
particolare ad evitare situazioni di crisi che possano alterare l’ordinato
andamento delle attività che fanno capo alle amministrazioni locali, mettendo a
repentaglio i servizi da assicurare ai cittadini e, in qualche caso, la
possibilità del regolare pagamento delle retribuzioni al personale dipendente.
Il ricorso alla procedura di riequilibrio è configurato come una mera facoltà
per i comuni e le province,
costituendo pertanto uno strumento ordinamentale aggiuntivo volto a prevenire
lo stato di dissesto, sostenendo le politiche autonome di risanamento dei
suddetti enti territoriali.
[89] Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149
(emanato in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del
2009), recante meccanismi sanzionatori e premiali per regioni, province e
comuni. Tale comma 2 prevede inoltre che decorso infruttuosamente il termine di
cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la
deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo
scioglimento del consiglio dell'ente.
[90] Si ricorda che gli statuti delle regioni a
statuto speciale e le relative norme di attuazione, sono adottati con legge
costituzionale e per le modifiche si adottano le stesse procedure previste
appunto per le leggi costituzionali. Tutti gli statuti, tuttavia, contengono
disposizioni che consentono di modificare le disposizioni finanziare con legge
ordinaria, previo accordo con la regione stessa o comunque sentita la regione,
in tal senso dispone l'art. 54, comma 5 dello statuto della Sardegna (L. cost.
3/1948).
[91] Nella sentenza della Corte costituzionale n.
95/2013, la Corte scrive: «lo Stato non ha trasferito alla Regione le risorse
corrispondenti alle maggiori compartecipazioni al gettito dei tributi erariali,
così come previsto dall'art. 8 dello statuto, sostenendo che, per individuare
esattamente l'ammontare dovuto, sarebbero occorse ulteriori norme attuative. In
seguito ad una lunga trattativa, una disciplina di dettaglio risulta essere
stata concordata tra Stato e Regione Sardegna nell'anno 2011, ma lo schema di
decreto legislativo che la contiene non e' mai stato adottato»(Considerato in
diritto. 2.1.).
[92] La sentenza n. 118 del 2012 decide il
conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Sardegna a seguito della nota
del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di
stabilità interno per l'anno 2011. Proposta di accordo per la Regione
Sardegna», con la quale la RGS invitava la regione a riformulare la proposta di
patto al fine di addivenire al perfezionamento dell'accordo per il patto di
stabilità. La Corte, dopo aver ribadito come l'accordo sia "lo strumento
ormai consolidato per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso
concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la
tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata",
respinge il ricorso in quanto la nota della RGS e la richiesta sottostante non
è in contrasto con la ratio
dell'accordo. La Corte, inoltre, nell'esposizione della ricostruzione normativa
e nell'analisi del contenuto dell'accordo, enuncia alcuni principi che
dovrebbero essere alla base dell'accordo stesso.
[93] D.L. 8 aprile 2013 n. 35, Disposizioni
urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per
il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di
versamento di tributi degli enti locali, convertito con modificazioni legge 6
giugno 2013, n. 64.
[94] Si ricorda che ai sensi dell’articolo 161
del TUEL, gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui
principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Le certificazioni
sono firmate dal segretario, dal responsabile del servizio finanziario e
dall'organo di revisione economico-finanziario. La mancata presentazione di un
certificato comporta la sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario
dell'anno nel quale avviene l'inadempienza.
[95] Alla data attuale, il D.P.C.M. relativo al
2013 non risulta ancora emanato. Nelle more della definizione del suddetto
decreto, l’articolo 7 del D.L. n. 102/2013 ha autorizzato il Ministero
dell'interno ad erogare, entro il 5 settembre 2013, ai comuni delle Regioni a
statuto ordinario ed ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna
un importo di 2.500 milioni di euro, quale anticipo su quanto spettante per
l'anno 2013 a titolo di Fondo di solidarietà comunale, in aggiunta al primo
acconto già erogato alla fine del mese di febbraio 2013, secondo quanto
espressamente prescritto dall’articolo 1, comma 382, della legge 228 del 2012.
L’importo complessivo di tale primo anticipo è stato pari a 1.566 milioni
(L’importo dell’acconto corrisposto per comune è riportato nel sito http://finanzalocale.interno.it/).
[96] Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,
convertito dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, recante Disposizioni urgenti per
il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il
riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di
versamento di tributi degli enti locali.
[97] Decreto-legge 10 ottobre 2012, n.174,
convertito dalla legge n. 213/2012, recante disposizioni urgenti in materia di
finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
[98] Più in dettaglio, il citato comma 10
articola il Fondo per il pagamento dei debiti in tre distinte sezioni, denominate
rispettivamente:
§ "Sezione per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili
degli enti locali;
§ “Sezione per
assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei
debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari;
§ “Sezione per
assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili
degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
[99] Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,
convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante disposizioni urgenti per
il rilancio dell’economia.
[100] L’articolo 194 del TUEL disciplina il
riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio degli enti locali, che
avviene con deliberazione consiliare o con diversa periodicità stabilita dai
regolamenti di contabilità.
[101] Per una sintesi dei contenuti del programma si
rinvia al dossier “documentazione e
ricerche” n. 61/0 del 3 ottobre 2013.
[102] Rispetto a tale ultimo importo il Presidente
ha segnalato che per 130 milioni di euro è stato emesso il decreto di
variazione di bilancio, con incasso prevedibile entro fine ottobre 2013.
[103] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione Tributaria, convertito con modificazioni
dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.
[104] D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione
e di sviluppo, convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.
[105] D.L. 28 giugno 2013, n. 76, Primi interventi urgenti per la promozione
dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in
materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti.
[106] La scheda gara è visibile all’indirizzo:
http://www.consip.it/on-line/Home/Gare/Bandidigara/Bandiincorso/scheda996.html
[107] A decorrere dalla fine degli anni Ottanta del
secolo scorso si è posto il problema di una progressiva uscita dello Stato
dalla gestione diretta delle attività economiche, a causa dei negativi
risultati gestionali conseguiti in molti settori operativi e tenuto conto
dell‘ingente debito delle principali holding
statali (Iri, Eni, Efim). In una prima fase (1985-1991), le privatizzazioni
realizzate, seppure non irrilevanti sul piano finanziario, si caratterizzarono
per l‘assenza di un preciso quadro normativo organico.
Con il progressivo aggravamento delle
condizioni di finanza pubblica - che si sarebbe riflesso nella crisi valutaria
della lira del settembre del 1992 - e all’indomani dell’abrogazione, in esito a
referendum popolare, della legge
istitutiva del Ministero delle partecipazioni statali (L. n. 1589 del 1956),
venne adottato il decreto-legge 11
luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza
pubblica), che introduceva modalità assai più incisive di trasformazione in
società per azioni degli enti pubblici economici (articoli 14-21) rispetto ai
precedenti interventi.
Il D.L. n. 333/1992 ha, da un lato, disposto
direttamente per legge la trasformazione in società per azioni dell’IRI
(Istituto nazionale per la ricostruzione industriale), dell'ENI (Ente nazionale
idrocarburi), dell'ENEL (Ente nazionale energia elettrica) e dell’INA (Istituto
nazionale assicurazioni), attribuendo le relative azioni al Ministero del
tesoro (ora Ministero dell’economia e finanze) e dall’altro ha previsto
(articolo 16) un programma di valorizzazione e riordino delle partecipazioni
delle predette società, anche attraverso la previsione di cessioni di attività
e di rami di aziende, scambi di partecipazioni, fusioni, incorporazioni ed ogni
altro atto necessario. Il programma doveva essere approvato dal Consiglio dei
ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e doveva
prevedere la quotazione delle società interessate dal riordino, stabilendo
l’ammontare dei ricavi da destinare alla riduzione del debito pubblico.
Tale programma è stato approvato con
deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30 dicembre 1992. Successivamente
e sulla base di tale programma, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 30 giugno 1993 - completata e di fatto trasposta nella Direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre 1993, Recante “Accelerazione delle procedure di cessione
delle partecipazioni dello Stato nelle S.p.a. derivanti dalla trasformazione
degli enti pubblici economici” - ha rispettivamente istituito il Comitato
di garanzia per le privatizzazioni e dato avvio alle procedure relative alla
dismissione dell'intera partecipazione statale riconducibile, direttamente o
indirettamente, all’ex Ministero del
tesoro (ora economia e finanze) in ENEL, INA, Banca commerciale italiana,
Credito italiano, IMI, STET, AGIP conformemente ai criteri definiti nel
programma di riordino predisposto ai sensi del citato D.L. n. 333/1992.
Per una ricognizione dell’attività svolta dal
Comitato nell’ambito dei processi di privatizzazione di partecipazioni statali realizzatesi
nel periodo dal 2 luglio 1993 al 17 marzo 2008 si rinvia alla Relazione della
Corte dei Conti, Relazione sul ruolo
svolto dal comitato di consulenza e garanzia nel processo di privatizzazione
Deliberazione n. 19/2012/G del 20 dicembre 2012). Da tale relazione emergono
alcune considerazioni e criticità circa il funzionamento del Comitato.
[108] La direttiva ha previsto che la remunerazione
degli incarichi così conferiti dovesse essere corrisposta dalle società
partecipate in linea con i valori correnti sui mercati internazionali per
operazioni di simile natura e consistenza.
[109] in particolare, i commi 1 e 2 del citato
articolo 29, hanno previsto, rispettivamente, la riduzione del trenta per
cento, rispetto a quella sostenuta nell'anno 2005, della spesa sostenuta dalle
amministrazioni pubbliche per organi collegiali e altri organismi, anche
monocratici, comunque denominati, ed il riordino di tali organismi, anche
mediante soppressione o accorpamento delle strutture.
[110] Essi sono elencati all’articolo 15, co. 3, del
D.P.R. n. 233/2007, concernente la riorganizzazione del MiBAC. In particolare,
sono Istituti dotati di autonomia speciale: a) la Soprintendenza
speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia; b) la
Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma; c) la
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni
della Gronda lagunare; d) la Soprintendenza speciale per il patrimonio
storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di
Napoli e della Reggia di Caserta; e) la Soprintendenza speciale per il
patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della
città di Roma; f) la Soprintendenza speciale per il patrimonio storico,
artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze; g)
l'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro, che subentra
all'Istituto centrale del restauro; h) la Biblioteca nazionale centrale
di Roma; i) la Biblioteca nazionale centrale di Firenze; l) il
Centro per il libro e la lettura; m) l'Archivio centrale dello Stato.
[111] La relazione illustrativa all’A.S. 1014
evidenziava che l’importo di 3,5 milioni di euro è riferibile a ciascuno degli
anni 2013 e 2014.
[112] L’art. 6 della L. 800/1967 ha riconosciuto
come enti autonomi 11 teatri lirici – tra cui il Teatro San Carlo di Napoli
– ed ha individuato l’Accademia nazionale di S.
Cecilia di Roma e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico
Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora Fondazione teatro lirico di
Cagliari), quali istituzioni concertistiche assimilate. Agli enti
sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e
Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche
sono 14.
Con il D.Lgs. 367/1996, gli enti di
prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati
trasformati in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità
organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di rendere
disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento statale.
[113] In base alla norma citata, nell’individuazione
delle fondazioni che possono dotarsi di forme organizzative speciali, il
decreto interministeriale tiene conto della presenza di evidenti peculiarità
concernenti: la storia e la cultura operistica e sinfonica italiana; l’assoluta
rilevanza internazionale; le eccezionali capacità produttive; i rilevanti
ricavi propri; il significativo e continuativo apporto finanziario di privati.
Per ulteriori approfondimenti, anche sugli
organi che gli statuti devono prevedere, si veda il dossier del Servizio Studi n.
95 del 2 dicembre 2013.
[114] Società totalmente partecipata dal Ministero
dell'economia e delle finanze, la quale opera, in base alla relativa normativa,
come ente strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per
la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro,
dell'occupazione e dell'inclusione sociale.
[115] Così come stabilito dall’articolo 1, comma
405, della L. n. 228/2012, che proroga, per il 2013, l'applicazione di
specifici interventi di sostegno al reddito previsti dall’articolo 19, commi
14, 15 e 16, del D.L. n. 185/2008.
[116] Si veda la decisione del Consiglio dei
Ministri degli Esteri dell'Unione europea del 14 giugno 2013.
[117] I comizi elettorali per la elezione dei membri
del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono convocati con decreto del
Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il
decreto di convocazione dei comizi è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non
oltre il cinquantesimo giorno antecedente quello della votazione (art. 7, commi
1 e 2, L. 18/1979).