Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo - D.L. 91/2013 - A.C. 1628 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 75 | ||||
Data: | 26/09/2013 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni
urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle
attività culturali e del turismo D.L. 91/2013 – A.C. 1628 |
Schede di
lettura |
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n. 75 |
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26 settembre 2013 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Cultura ( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
§
La nota
di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi. §
Le parti
relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea sono
state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea. |
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La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la
loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla
legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia
citata la fonte. |
File:D13091.doc |
INDICE
§
Articolo 3-bis (Forum
Unesco sulla cultura e sulle industrie culturali)
§
Articolo 3-ter (Valorizzazione
dei siti Unesco)
§
Articolo 3-quater (Autorizzazione paesaggistica)
§
Articolo 3-quinquies (Conseguimento della qualifica di restauratore)
§
Articolo 4-bis (Decoro dei complessi monumentali e di altri
immobili)
§
Articolo 5-bis (Contributo in favore del Centro Pio Rajna
in Roma)
§
Articolo 5-ter (Contributo per il funzionamento del Museo
tattile statale “Omero”)
§
Articolo 5-quater (Tutela dei siti Unesco in provincia di
Ragusa)
§
Articolo 9 (Contributi allo spettacolo dal vivo)
§
Articolo 10 (Prosecuzione del funzionamento di enti
vigilati o sovvenzionati dal MIBACT)
§
Articolo 14 (Olii lubrificanti e accisa su alcool)
§
Articolo 15 (Norme finanziarie)
§
Articolo 16 (Entrata in vigore)
Capo I – Disposizioni urgenti per la tutela, il restauro e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano
Articolo 1
(Disposizioni per la realizzazione del Grande
Progetto Pompei e per la valorizzazione di altri luoghi della cultura in
Campania)
L’articolo 1 dispone interventi per Pompei e altri luoghi della cultura siti in Campania.
In particolare, il testo come modificato dal Senato prevede:
§ per la realizzazione del “Grande Progetto Pompei”, la nomina di un direttore generale di progetto, coadiuvato da una struttura di supporto, e di un vice direttore generale vicario;
§ per consentire il rilancio economico sociale e la riqualificazione ambientale e urbanistica dei comuni interessati dal piano di gestione Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata”, la costituzione dell’Unità “Grande Pompei” e di un Comitato di gestione;
§ la costituzione della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta;
§ la definizione di un accordo di valorizzazione per l’elaborazione di un piano di sviluppo del percorso turistico-culturale integrato delle residenze borboniche.
In vari casi, prevede
l’utilizzo dei giovani per i quali l’art. 2, co. 5-bis, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) ha
istituito, limitatamente al 2014, il Fondo “Mille giovani per la cultura”.
Le strutture e gli organismi
previsti dalle disposizioni in esame sembrano aggiungersi a quelli già
operanti, talora senza che sia chiaro il meccanismo di coordinamento.
Sotto il profilo degli
strumenti di intervento individuati dalle stesse disposizioni, va considerato che
essi si aggiungono a quelli già previsti dall’ordinamento, talora in mancanza
di una chiara delimitazione del rispettivo ambito di applicazione.
Il comma 1, nel testo come modificato dal
Senato, dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e
del turismo, da adottare, previo parere delle Commissioni parlamentari
competenti, entro 60 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto-legge, sono
nominati un “rappresentante” della realizzazione del “Grande
Progetto Pompei” e del programma straordinario di interventi per Pompei di cui
all’art. 2 del D.L. 34/2011 (L. 75/2011)[1], denominato “direttore generale di progetto”, nonché un vice direttore generale vicario[2].
Sia il direttore generale di progetto che il vice direttore generale vicario devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
§ appartenere ai ruoli delle amministrazioni dello Stato;
§ possedere “comprovata competenza” ed esperienza pluriennale;
§ non aver riportato condanne passate in giudicato per reati contro la pubblica amministrazione.
Lo scopo indicato è quello di potenziare le funzioni di tutela dell’area archeologica di Pompei, rafforzare l’efficacia delle azioni e accelerare gli interventi di tutela di tutela e valorizzazione del sito.
Al direttore generale di progetto il comma 1 affida una serie di compiti, specificando che gli stessi devono essere svolti in stretto raccordo con la Soprintendenza, della quale rimangono fermi compiti e attribuzioni in ordine alla gestione ordinaria del sito. Il comma 3, a sua volta, specifica che il direttore generale di progetto - nonché la struttura di supporto di cui si dirà infra - operano nel rispetto delle competenze della stessa Soprintendenza, fatta eccezione proprio per le funzioni indicate al comma 1.
Occorrerebbe chiarire meglio la ripartizione delle competenze fra il
Direttore generale di progetto e la Soprintendenza, nonché esplicitare se il
riferimento sia alla nuova Soprintendenza speciale per i beni archeologici di
Pompei, Ercolano e Stabia, di cui al comma 9.
Inoltre, per il Direttore generale di progetto, nonché per la struttura
di supporto, di cui al comma 2, le disposizioni non indicano l’organizzazione
amministrativa presso la quale sono istituiti. Dal riferimento, presente nel
comma 2, alla dotazione organica dirigenziale del MIBACT, potrebbe intendersi
che si tratti dello stesso MIBACT. Sarebbe, peraltro, opportuno un chiarimento.
Le funzioni che il comma 1 affida al direttore generale di progetto sono le seguenti:
§ definire e approvare i progetti degli interventi di messa in sicurezza, restauro e valorizzazione previsti nel “Grande Progetto Pompei”, assicurare l’efficace e tempestivo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento dei lavori e l’appalto dei servizi e delle forniture necessari per la realizzazione del medesimo Progetto, nonché seguire la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti. In particolare, il Direttore generale di progetto assume le funzioni di stazione appaltante, anche avvalendosi, attraverso il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione, del supporto dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e per lo sviluppo di impresa di cui all'articolo 55-bis del D.L. 1/2012 (L. 27/2012) (INVITALIA – si veda infra), anche con riferimento alle sue funzioni di centrale committenza, nonché di altri soggetti terzi (lett. a) e b).
Relativamente
all'affidamento al direttore generale di progetto delle funzioni di stazione
appaltante per la realizzazione del "Grande Progetto Pompei", si
segnala che l’8a Commissione
Lavori pubblici del Senato, nel parere approvato
l’11 settembre 2013 con riguardo al D.L. in commento, ha segnalato
l’opportunità di valutare la possibilità di affidare l'espletamento delle
procedure di gara relative agli appalti per la realizzazione del progetto alla
stazione unica appaltante costituita presso il Provveditorato interregionale
per le opere pubbliche Campania - Molise, ai sensi dell'articolo 33 del d.lgs.
163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture), al
fine di esercitare un migliore e più efficace controllo delle operazioni
amministrative.
Al riguardo si
ricorda che l’articolo 3, comma 33, del D.lgs. 163/2006 non definisce la stazione appaltante, ma specifica che
si tratta di un’espressione che comprende le amministrazioni aggiudicatrici e
gli altri soggetti di cui all'articolo 32 del Codice (oltre alle
amministrazioni aggiudicatrici definite dal comma 25 dell’articolo 3, tale
articolo comprende i concessionari di lavori pubblici che non sono
amministrazioni aggiudicatrici, le società con capitale pubblico alle
condizioni previste dalla lettera c) del medesimo comma 1 dell’articolo 32, i
privati che aggiudicano contratti sovvenzionati dalle amministrazioni
aggiudicatrici, ecc….). Per consentire l’aggregazione della domanda, anche per assicurare
la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti
pubblici e prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose, sono state introdotte
talune disposizioni volte ad aumentare il ricorso alle centrali di committenza
e a istituire in ambito regionale stazioni uniche appaltanti (S.U.A.).
L’articolo 10 del Codice disciplina poi la figura del responsabile unico del procedimento (R.U.P.) per le fasi della
progettazione, dell'affidamento, dell'esecuzione, che è nominato dalle
amministrazioni aggiudicatrici per ogni singolo intervento da realizzarsi
mediante un contratto pubblico. In materia di lavori pubblici, il regolamento
di cui al D.P.R. 207/2010 stabilisce le tipologie e gli importi massimi per i
quali il responsabile del procedimento può coincidere con il direttore dei
lavori (art. 9, comma 4): in tale materia, infatti, in ragione della sua
complessità, la fase esecutiva è demandata in via generale al direttore
dei lavori. Per i servizi e le forniture, il regolamento individua quelli
di particolare importanza, per qualità e importo delle prestazioni, per i quali
il direttore dell'esecuzione del contratto deve essere un soggetto diverso dal
responsabile del procedimento (art. 300).
La disposizione sembrerebbe, dunque,
introdurre una disciplina derogatoria alla normativa in materia di contratti
pubblici atteso che, da un lato, si provvede ad attribuire a un nuovo soggetto
(direttore generale di progetto) le funzioni di stazione appaltante e che,
dall’altro, tale soggetto dovrà svolgere funzioni di progettazione e
affidamento, nonché sovrintendere alle fasi di attuazione ed esecuzione dei
lavori.
Si rammenta,
inoltre, che il comma 1 dell’articolo
55-bis del D.L. 1/2012 consente
alle amministrazioni centrali di avvalersi delle convenzioni con l’Agenzia
nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.
(ex Sviluppo Italia S.p.A.) per le attività economiche, finanziarie e tecniche
- comprese quelle di progettazione in materia di lavori pubblici – occorrenti
ai fini della realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate
del Paese, con particolare riferimento agli interventi di rilevanza strategica
per la coesione territoriale, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e
dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto.
§ assicurare una efficace gestione “del servizio finalizzato alla pubblica fruizione e alla valorizzazione” del sito di Pompei, predisponendo la documentazione degli atti di gara e seguire la fase di attuazione ed esecuzione dei relativi contratti (lett. c);
§ assumere direttive per migliorare l’efficace conduzione del sito, definendo le modalità per assicurare il rafforzamento delle competenze e del contributo del personale della Soprintendenza; (lett. d);
§ assicurare supporto organizzativo e amministrativo alle attività di tutela e valorizzazione di competenza della Soprintendenza (lett. e);
§ informare ogni sei mesi il Parlamento sullo stato di avanzamento dei lavori e su eventuali aggiornamenti del crono programma (lett. f-bis).
Al
riguardo si valuti l’opportunità che l’informazione sia resa al Parlamento
attraverso il Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale, come si è visto,
compete la nomina del direttore generale di progetto, ovvero attraverso il
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (cfr., al riguardo,
art. 1, co. 4, D.I. 19 dicembre 2012, infra citato);
§
collaborare
per assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei
contratti pubblici, anche al fine di prevenire il rischio di infiltrazioni
mafiose, nel quadro del Protocollo di legalità stipulato con la Prefettura (v. infra) (lett. f-ter).
Il
direttore generale di progetto svolge le funzioni di cui alle lett. a), b)
e c) sentito il Comitato di pilotaggio del Grande Progetto Pompei,
istituito con D.I. 19 dicembre 2012
(lett. f) (v. infra: qui si ricorda solo che il
Comitato costituisce riferimento unitario e di garanzia nei confronti della
Commissione europea).
Sempre il comma 1 dispone che l’indennità complessiva del direttore generale di progetto e del vicedirettore generale vicario, non superiore ad € 100.000 lordi annui, sarà definita con altro DPCM – da adottare, come per il DPCM di nomina, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. - su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto dell’art. 23-ter, co. 1 e 2, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011)[3].
L’art. 23-ter, co.
1, del D.L. 201/2011 ha previsto che con DPCM è definito il trattamento
economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche
amministrazioni (di cui all’art. 1, co. 2, del D.lgs. 165/2001 nonché il
personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del medesimo D.lgs.),
stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del
primo presidente della Corte di cassazione. In esecuzione della disposizione
citata, è stato adottato il D.P.C.M. 23 marzo 2012, che ha fissato il limite
massimo retributivo di quanti ricevano annualmente retribuzioni o emolumenti a
carico delle pubbliche finanze (comprese le indennità e le voci accessorie,
nonché le eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze
conferiti da amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza) nel
trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo
Presidente della Corte di cassazione, pari nell'anno 2012 a euro 302.937,12.
Il co. 2 dell’art. 23-ter citato dispone che lo stesso personale di cui al co. 1 che è
chiamato, conservando il trattamento economico riconosciuto
dall’amministrazione di appartenenza, all’esercizio di funzioni direttive,
dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa,
presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative
indipendenti, non può ricevere, a titolo di retribuzione o di indennità per
l’incarico ricoperto, o anche soltanto per il rimborso delle spese, più del 25
per cento dell’ammontare complessivo del trattamento economico percepito.
Si noti che il limite stabilito dall’art. 23-ter, co. 1, del D.L. 201/2011 riguarda
il trattamento economico individuale complessivo, ai fini del quale si tiene
conto delle indennità stabilite dalla disposizione in esame.
Dal punto di vista della formulazione del testo, al secondo periodo del
comma 1 si segnala la necessità di sopprimere le parole “successivo”, poiché, a
seguito delle modifiche apportate dal Senato, i due DPCM devono essere adottati
entro lo stesso termine (60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge
di conversione).
Durante l’esame al Senato è stato inserito il comma 1-bis, che individua le circostanze nelle quali l’incarico di direttore generale di progetto deve essere revocato.
Si tratta di:
§ cause di incompatibilità sopraggiunte;
§ conflitto di interessi inerente la gestione e la realizzazione del progetto;
§ perdita dei requisiti previsti per la nomina.
Nulla è stabilito, al riguardo, per il vice
direttore generale vicario.
In quanto il direttore generale è dipendente di ruolo delle amministrazioni dello Stato, per le incompatibilità e le situazioni di conflitto di interesse cui si riferisce il comma 1-bis, in mancanza di espressi richiami a specifiche fonti, occorre fare riferimento alla disciplina vigente cui la materia è soggetta.
L’art. 53, co.
5, del D.lgs 165/2001, come modificato, da ultimo, dalla L. 190/2012, prevede
che il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché
l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione
pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone
fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai
rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che
tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di
incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento
della pubblica amministrazione, o situazioni di conflitto, anche potenziale, di
interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite
al dipendente.
Ciò implica
un’attività di predeterminazione delle
situazioni di incompatibilità e di conflitto di interesse da parte delle
amministrazioni pubbliche, salvo quanto espressamente previsto dai commi 6 e 7
dell’articolo citato, che pongono esplicite esclusioni dal regime di
incompatibilità e di conflitto di interesse o specifici divieti. In ogni caso,
sulla materia vi è ampia giurisprudenza, amministrativa e ordinaria.
Sul regime di
incompatibilità e di conflitto di interessi in relazione ad incarichi nelle
pubbliche amministrazioni è intervenuto il D.lgs. 39/2013, in attuazione di
delega contenuta nella citata L. 190/2012, nonché, ai sensi della medesima
legge, il Piano nazionale anticorruzione approvato dalla CIVIT l’11 settembre
2013, con delibera n. 72. Tale regime è completato dal d.lgs. 33/2013, in
materia di trasparenza delle pubbliche amministrazioni, e dal D.P.R. 62/2013,
in materia di comportamento dei dipendenti pubblici.
In base al comma 2, nel testo come modificato dal Senato, ulteriori specifiche sui compiti del direttore generale di progetto - il cui incarico non determina un incremento della dotazione organica del personale dirigenziale del MIBACT -, durata dello stesso incarico, nonché dotazioni di mezzi e di personale, sono indicati con un (altro) DPCM, da adottare, anche in questo caso, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L.
Peraltro, è lo stesso comma 2 a disporre che con il DPCM è costituita una struttura di supporto al direttore generale di progetto.
La struttura, che ha
sede nell’area archeologica di Pompei, è composta da un numero massimo di 20
unità di personale, appartenente ai profili professionali tecnico e
amministrativo, provenienti dal Mibact o da altre amministrazioni statali, in
posizione di comando, e da 5 esperti in materia giuridica, economica,
architettonica, urbanistica e infrastrutturale.
Il personale che compone la
struttura mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio
dell’amministrazione di provenienza, che resta a carico della stessa
amministrazione esclusivamente per quello avente carattere fisso e
continuativo. Per il resto, gli oneri - che, come evidenzia la relazione
tecnica, riguardano il trattamento economico accessorio variabile - sono posti
a carico della struttura di supporto al direttore generale di progetto.
Durante l’esame al Senato è
stato, altresì, previsto che sul sito
Internet della Presidenza del Consiglio dei Ministri (www.governo.it) sono pubblicati, con i
relativi aggiornamenti:
§
gli “estremi” dei DPCM con i
quali, rispettivamente, è nominato il direttore generale di progetto (ma anche,
a seguito delle modifiche apportate dal Senato, il vice direttore generale
vicario, al quale non si fa riferimento
in questo passaggio del testo) ed è costituita la struttura di supporto.
Dalla formulazione del testo si intenderebbe che l’obbligo di pubblicità
riguarda solo gli estremi identificativi dei due DPCM e non il loro contenuto;
§
il curriculum vitae del direttore
generale di progetto e dei componenti
della struttura di supporto. Anche in
tal caso, non vi è alcun riferimento alla figura del vice direttore generale
vicario;
§
i compensi relativi ai rapporti di consulenza e collaborazione.
Gli obblighi di pubblicazione esplicitati sono già desumibili dalla disciplina generale sulla trasparenza delle p.a., oggetto di un recente riordino ad opera del D.lgs. 33/2013. In particolare, l’articolo 15 di tale decreto prevede gli obblighi di pubblicità relativi agli incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, che riguardano: gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico; il curriculum vitae; i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato. L’obbligo di pubblicazione riguarda anche il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso.
Il comma 2 dispone,
inoltre, che, nelle more
dell’effettiva operatività del nuovo assetto organizzativo previsto dal
decreto-legge, la prosecuzione degli interventi per l’attuazione del Grande progetto
Pompei è assicurata dal Comitato di pilotaggio prima citato e dal
“Soprintendente per i beni archeologici di Pompei” che, in via transitoria,
assumono le funzioni “rafforzate” previste dal comma 1 per il direttore
generale di progetto.
Dal punto di vista della formulazione del testo, il riferimento corretto
è al “Soprintendente per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia”, in
assonanza con quanto dispone il comma 9.
L’art. 2 del D.L. 34/2011 (L. 75/2011) ha disposto l'adozione da
parte del Ministro per i beni e le attività culturali, entro 60 giorni dalla
data della sua entrata in vigore, di un programma
straordinario ed urgente di interventi conservativi di prevenzione,
manutenzione e restauro da realizzarsi nell'area archeologica di Pompei e nei luoghi ricadenti nella competenza territoriale della
Soprintendenza speciale per i beni
archeologici di Napoli e di Pompei (v. infra),
al fine di rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela
nelle suddette aree. La predisposizione del programma è
stata affidata alla medesima Soprintendenza speciale, su proposta del
Direttore generale per le antichità, previo parere del Consiglio superiore per
i beni culturali e paesaggistici.
Per il finanziamento
del programma straordinario è stata prevista la possibilità di utilizzo
delle risorse derivanti dal Fondo per le
aree sottoutilizzate (FAS) destinate
alla regione Campania e di una quota
dei fondi disponibili nel bilancio della Soprintendenza speciale,
determinata con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.
Inoltre, è stato previsto che la quota
di risorse da destinare al programma straordinario di manutenzione da parte della regione Campania sarebbe
stata individuata dalla Regione medesima nell’ambito del Programma di interesse
strategico regionale (PAR) da sottoporre al CIPE per
l’approvazione.
Il 20 luglio 2011, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata 3-01761, il
Ministro per i beni e le attività culturali ha evidenziato che il programma
straordinario era stato approvato dal Consiglio superiore per i beni culturali
e paesaggistici l'8 giugno. Infatti, con comunicato stampa
del 9 giugno 2011, il Mibac aveva
reso noto che “il piano, articolato in cinque fasi, prevede un investimento complessivo di 105 milioni di
euro, così suddivisi: 8,2 milioni di euro per il piano della conoscenza, 85 milioni di euro per il piano delle opere, 7 milioni di
euro per il piano della fruizione e della comunicazione, 2 milioni di euro per
il piano della sicurezza e 2,8 milioni di euro per il piano di rafforzamento e
di capacity building”.
Nel febbraio 2012 il progetto per Pompei è stato
inserito nella riprogrammazione
del Piano di azione Coesione.
A seguire, il 29 marzo 2012, la Commissione europea, con
decisione n. C(2012) 2154, lo ha finanziato con 105 milioni di euro, quale
Grande Progetto Comunitario a valere su risorse del Programma Operativo
Interregionale “Attrattori culturali, naturali e turismo” FESR2007-20013 (POIn)”.
Il 4 aprile 2012 sono stati presentati i
contenuti dei primi 5 bandi per il rilancio
del sito archeologico campano ed è stato illustrato il “Protocollo di
legalità” stipulato per
prevenire eventuali infiltrazioni criminali nell’ambito dei lavori di recupero
e messa in sicurezza dell’area archeologica.
Nelle premesse del Protocollo si evidenzia che:
§
il 6 ottobre 2011 era stato sottoscritto
un accordo istituzionale tra il
Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro per i rapporti con le
regioni e per la coesione territoriale, nel quale si individuava come struttura tecnica per l’attuazione del progetto
la società Invitalia (Agenzia
nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), società
in house del Ministero dell’economia e
delle finanze;
§
il 18 ottobre 2011 la Direzione generale per
le antichità, la Soprintendenza, il Dipartimento per gli affari regionali della
Presidenza del Consiglio, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione
economica e la società Invitalia avevano sottoscritto una Convenzione nella quale si definivano le attività di supporto per la realizzazione del Grande Progetto
Pompei, in particolare per quanto concerneva le fasi propedeutiche agli appalti
di lavori, servizi e forniture; con il fine di coordinare tutte le attività
previste presso il Segretariato generale del Mibac, inoltre, era stato
istituito il Gruppo di coordinamento
operativo del quale facevano parte i soggetti sottoscrittori della
Convenzione;
§
il 20 gennaio 2012 era stata sottoscritta
dalle amministrazioni interessate un’intesa interistituzionale, diretta ad
assicurare che il piano di interventi previsti nel progetto venisse realizzato
ponendo in essere tutte le misure idonee a prevenire e contrastare tentativi di
infiltrazione della criminalità. Per tali finalità era stato istituito presso
la Prefettura di Napoli il “Gruppo di
lavoro per la legalità e la sicurezza del Progetto Pompei”, che collaborava
nella predisposizione dei bandi di gara e dei relativi contratti e monitorava
le procedure di gara, anche al fine di evitare forme di concorrenza sleale, e
la corretta realizzazione degli interventi.
Il 19 dicembre
2012 è stato poi emanato il D.I. istitutivo
dello Steering Committee (Comitato di
pilotaggio) previsto dagli artt. 3 e 4 dell’accordo del 6 ottobre 2011. A tale
comitato, composto da 7 componenti - di cui, due rappresentanti del Mibac, due
del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Mise, uno del
Ministero dell’interno, uno dell’Ufficio del Ministro per la coesione
territoriale, e uno della Commissione europea – è stato affidato il compito di
assicurare la coerenza delle azioni, degli obbiettivi e dei risultati operativi
agli indirizzi strategici, di formulare indirizzi e pareri sull’avanzamento
delle attività, di assicurare il monitoraggio e la valutazione in itinere dello
stato di attuazione del progetto, e di costituire riferimento unitario e di garanzia nei confronti della Commissione
europea. Al Presidente del Comitato è stata affidata l’alta sorveglianza sull’andamento del Grande Progetto Pompei, a
tal fine disponendo la presentazione
semestrale di una relazione al Ministro per i beni e le attività culturali
e al Ministro delegato per la coesione territoriale.
Le linee fondamentali del Grande Progetto
Pompei consistono in:
- riduzione del
rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati;
- messa in
sicurezza delle insulae;
- consolidamento
e restauro delle murature;
- consolidamento
e restauro delle superfici decorate;
- protezione
degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili;
- potenziamento
del sistema di videosorveglianza.
Lo stato dell’arte dei bandi di gara è consultabile
sul sito della Soprintendenza: http://www.pompeiisites.org/Sezione.jsp?titolo=Bandi+di+gara&idSezione=1195.
I commi da 4 a 7, nel testo come modificato
dal Senato, concernono l’istituzione dell’Unità
“Grande Pompei” e di un Comitato di gestione, al fine di
garantire il rilancio economico-sociale
e la riqualificazione ambientale ed
urbanistica dei comuni interessati
dal piano di gestione del sito
Unesco “Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata” e di potenziare l’attrattività turistica della stessa area.
Al riguardo si ricorda che l'area archeologica di
Pompei, Ercolano e Torre Annunziata è stata inserita dall'Unesco nella World
Heritage List nel 1997. Nel marzo 2013 il Centro del Patrimonio Mondiale ha
rimesso allo Stato italiano un Rapporto sullo stato di conservazione del
sito, a seguito di una ispezione avvenuta nel gennaio: in esso si sottolineava
come, benché ci fossero stati progressi rispetto alla situazione già denunciata
dalla stessa Commissione nel 2010, ancora ci fosse bisogno, su alcuni aspetti,
di sforzi apprezzabili, in particolare per quanto riguarda la gestione e la
conservazione del bene. La missione Unesco ha sottolineato come i prossimi due
anni siano strategici per dimostrare l'efficacia delle misure prese e di
conseguenza il Centro del patrimonio mondiale e le Organizzazioni consultive
hanno suggerito al Comitato Unesco di non procedere immediatamente
all'iscrizione del sito archeologico nella Lista del Patrimonio in pericolo, ma
di monitorare la situazione.
L’UNESCO richiede per i
siti iscritti nella World Heritage List, in quanto patrimonio dell’umanità, un piano di gestione, che riguarda la
formulazione di una strategia complessa di conoscenza, tutela, conservazione e
valorizzazione dei siti archeologici e di sviluppo economico locale dell’area.
In particolare, l’Unità è istituita per
assicurare la convergenza in un’unica
sede decisionale di tutte le decisioni amministrative necessarie al
raggiungimento degli obiettivi indicati e assume le decisioni relative alla progettazione e alla realizzazione e gestione
degli interventi interessati dal piano di gestione del sito Unesco (comma 4).
I commi
5 e 6 assegnano all’Unità “Grande Pompei” specifiche funzioni di indirizzo, pianificazione ed esecuzione. In
particolare, ai sensi del co. 6, l’Unità:
§
approva un piano strategico, congruente con
il “Grande progetto Pompei”, per
lo sviluppo delle aree a cui si riferisce il piano di gestione. Lo stesso
comma 6 declina dettagliatamente i contenuti del piano, che deve coinvolgere
gli operatori del settore turistico e culturale, ai fini della valutazione
delle iniziative necessarie al rilancio dell’area e deve ricomprendere: l’analisi di fattibilità istituzionale,
finanziaria ed economica, il cronoprogramma, la valutazione delle condizioni di
fattibilità degli interventi con riferimento al loro avanzamento progettuale,
gli adempimenti di ogni soggetto partecipante e le fonti di finanziamento
attivabili per la realizzazione degli interventi. In particolare, il
piano prevede gli interventi
infrastrutturali urgenti necessari per migliorare le vie di accesso ai siti archeologici e le interconnessioni fra gli
stessi e per il recupero ambientale
dei paesaggi degradati e compromessi, prioritariamente attraverso il
recupero e il riuso di aree industriali dismesse, e interventi di
riqualificazione e rigenerazione urbana nel rispetto del principio del minor
consumo di territorio e della priorità del recupero.
Relativamente agli interventi di recupero e di riuso di aree
industriali dismesse, si ricorda che il D.L. 70/2011 (L. 106/2011, art. 5,
co. 9-14) ha introdotto una normativa nazionale quadro per la riqualificazione
delle aree urbane degradate demandata all’attuazione delle singole regioni e
sostanzialmente già presente nella legislazione regionale attuativa del cd.
Piano casa 2. L’articolo 12 del D.L. 83/2012 (L. 134/2012) ha successivamente
disciplinato un nuovo strumento operativo, il “Piano nazionale per le città”,
con cui sono state definite le modalità e la tempistica di attuazione degli
interventi per il rilancio e la valorizzazione delle aree urbane[4].
Per quanto riguarda,
invece, gli interventi di recupero e di
rigenerazione urbana nel rispetto del principio del minor consumo del
suolo, si segnala che sono in corso di esame alla Camera alcune proposte di
legge volte proprio a dettare norme per il contenimento dell'uso di suolo e la
rigenerazione urbana (A.C. 70 e A.C. 150, in corso di esame presso l’VIII
Commissione) e in materia di valorizzazione delle aree agricole e di
contenimento del consumo del suolo (A.C. 948 e A.C. 902, in corso di esame
presso le Commissioni riunite VIII e XIII). Nella seduta del Consiglio dei
ministri del 15 giugno 2013, inoltre, è stato approvato un disegno di legge per
il contenimento del consumo del suolo ed il riuso del suolo edificato.
Il
piano prevede anche interventi di promozione
di erogazioni liberali e sponsorizzazioni, nonché la creazione di forme,
anche innovative, di partenariato fra
pubblico e privato, e il coinvolgimento di cooperative sociali,
associazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale,
organizzazioni non lucrative di utilità sociale, o fondazioni, che abbiano fra
i propri fini statutari la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale.
L’art. 20, co. 1, lett. h),
del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) ha inserito nel Codice dei contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture la disciplina
delle procedure per la selezione di sponsor per interventi relativi ai beni
culturali, ora contenuta nell’art. 199 – bis del D.lgs. 163/2006. Al comma 1 di
tale articolo si prevede che, al fine di assicurare il rispetto dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza,
proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la
realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali integrano il
programma triennale dei lavori con un apposito allegato che indica i lavori, i
servizi e le forniture in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il
finanziamento o la realizzazione degli interventi. Con D.M. 19 dicembre 2013 (GU
n. 60 del 12 marzo 2013), emanato dal Ministero per i beni e le attività
culturali, sono state adottate le norme
tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e
di fattispecie analoghe o collegate di partecipazione di privati al
finanziamento o alla realizzazione degli interventi conservativi su beni
culturali. L'allegato A, approvato per effetto dell'art. 61, co. 1, del D.L. 5/2012,
specifica quanto indicato nell'art. 199-bis
del D.lgs. 163/2006.
Quanto alla disciplina generale in materia di partenariato pubblico privato (PPP), si segnala che l’art. 3, co.
15-ter, del D.lgs. 163/2006 definisce
i «contratti di partenariato pubblico privato» come contratti aventi per
oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la
gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure
la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o
parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con
allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari
vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato
pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la
locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l'affidamento di lavori
mediante finanza di progetto, le società miste. La disciplina dei contratti di
partenariato pubblico privato (PPP) contenuta nel Codice dei contratti pubblici
è stata oggetto di numerose modifiche normative volte a proprio a stimolare il
ricorso a capitali privati; a titolo esemplificativo, si rammentano le più
recenti innovazioni contenute nell’articolo 19, commi 1-2, D.L. 69/2013 (L.
98/2013) relativamente alle concessioni di lavori pubblici.
Inoltre,
il piano prevede l’utilizzo dei
giovani per i quali l’art. 2, co. 5-bis,
del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) ha istituito il Fondo “Mille giovani per la cultura”.
Il co. 5-bis dell’art. 2 del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) ha disposto l’istituzione di un Fondo straordinario, limitato all’anno finanziario 2014, con
una dotazione pari ad 1 milione di euro,
nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e
del turismo. Il Fondo, denominato “Fondo
mille giovani per la cultura”, è destinato alla promozione di tirocini formativi e di orientamento
nei settori delle attività e dei servizi per la cultura, rivolti a
soggetti fino a 29 anni di età.
La finalità dell’istituzione del Fondo è individuata nel sostegno al
settore dei beni culturali.
Per la definizione di criteri
e di modalità per l’accesso al Fondo
è stato previsto l’intervento di un decreto
del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto
con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della
pubblica amministrazione e semplificazione, da emanare entro 60 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Al momento,
il decreto non risulta intervenuto.
Durante la seduta dell’Assemblea della Camera del 7 agosto 2013, peraltro, il Governo ha
accolto l’ordine del giorno 9/1458/11 che lo ha impegnato a valutare gli
effetti applicativi della novità, al fine di adottare ulteriori iniziative
normative volte a strutturare e finanziare il «Fondo mille giovani per la
cultura» almeno su una dimensione triennale, fino al 2016.
§
predispone
un accordo di valorizzazione ai
sensi dell’art. 112 del d.lgs. 42/2004, articolato in un piano strategico di sviluppo del percorso turistico-culturale integrato
del sito Unesco sopra indicato, a tal fine promuovendo l’integrazione delle
infrastrutture e dei settori produttivi interessati nel processo di
valorizzazione.
All’accordo
partecipano soggetti pubblici e privati interessati, nonché i prefetti delle
province di Napoli e Caserta e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
L’art. 112 del d.lgs.
42/2004 dispone che lo Stato - per il tramite del Ministero dei beni e delle
attività culturali -, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali
stipulano accordi per definire strategie
ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti
piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni
culturali di pertinenza pubblica (tra i quali, l’area archeologica, definita dall’art. 101 “sito caratterizzato
dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture
preistorici o di età antica”). Gli accordi possono essere conclusi su base
regionale o subregionale, in rapporto ad ambiti territoriali definiti, e
promuovono altresì l'integrazione, nel
processo di valorizzazione concordato, delle infrastrutture e dei settori
produttivi collegati. Possono essere
costituiti appositi soggetti giuridici cui affidare l'elaborazione e lo
sviluppo dei piani, secondo modalità e criteri definiti
con decreto del Ministro. A tali soggetti giuridici possono partecipare, tra
gli altri, persone giuridiche private
senza fine di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che
siano oggetto della valorizzazione, a condizione che l'intervento in tale
settore di attività sia per esse previsto dalla legge o dallo statuto.
Anche indipendentemente da
tali accordi, possono essere stipulati accordi tra lo Stato, per il tramite del
Ministero e delle altre amministrazioni statali eventualmente competenti, le
regioni, gli altri enti pubblici territoriali e i privati interessati, per
regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla
valorizzazione di beni culturali. Ulteriori
accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle regioni, dagli altri
enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico, con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati
requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della
conoscenza dei beni culturali.
Si segnala, dunque, che, come
si è visto, l’integrazione nel processo di valorizzazione delle infrastrutture
e dei servizi produttivi collegati è già prevista dall’art. 112 del d.lgs.
42/2004, richiamato nel comma 6.
In generale, come recita il comma 5, l’Unità
assume le decisioni relative alla
progettazione e alla realizzazione e gestione degli interventi inclusi nel
piano strategico.
Per quanto riguarda gli aspetti strutturali di questo nuovo soggetto, il comma 5 stabilisce
che l’Unità è dotata di autonomia amministrativa e contabile e
che alla stessa è preposto il direttore
generale di progetto di cui al comma 1, che ne assume la rappresentanza
legale.
L’architettura istituzionale è completata
dalla previsione di un Comitato di
gestione, composto da: Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo, Ministro per la coesione territoriale, Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, presidente della regione Campania, presidente della provincia di
Napoli, sindaci dei comuni interessati, legali rappresentanti degli enti
pubblici e privati coinvolti. In ogni caso, è fatta salva la possibilità di
partecipare anche attraverso propri delegati.
Ai sensi dello stesso comma 5, il Comitato di gestione:
§
approva il piano strategico (di
cui già al comma 6, v. ante), sulla
base della proposta presentata dal direttore generale di progetto, entro dodici
mesi dalla data di conversione in legge del decreto-legge.
In merito alla procedura di approvazione del
piano strategico, alla luce della lettura del co. 5, che attribuisce al
Comitato la decisione in merito, e del co. 6 che, come visto, la attribuisce
tout court all’Unità, parrebbe pertanto, in primo luogo, che il riferimento
attenga ad un unico piano strategico e, in secondo luogo, che il Comitato di
gestione sia organo collegiale che afferisce all’Unità.
In ogni caso, si valuti l’opportunità di un
coordinamento delle due disposizioni, anche mediante un rinvio interno;
§
svolge
le funzioni di “conferenza di servizi permanente”.
Sul punto, la disposizione recita che in tale veste sono assunte le
determinazioni di ciascun soggetto partecipante ai sensi e con gli effetti
delle disposizioni di cui:
a)
all’art.
34 del Tuel, adottato con D.lgs. 267/2000, che
disciplina gli accordi di
programma, che possono essere promossi per la definizione e
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che
richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata
di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri
soggetti pubblici;
b)
agli
artt. 14 ss. della L. 241/1990, che disciplina in generale l’istituto della conferenza di servizi (propriamente
detta);
c)
all’art.
2, co. 203, della L. 662/1996 che prevede ulteriori tipologie di accordo tra
soggetti pubblici e soggetti privati, quali strumenti di programmazione negoziata: le intese istituzionali di programma, gli
accordi di programma quadro, i patti territoriali.
In merito all’attribuzione al Comitato di gestione di funzioni di “Conferenza di servizi permanente”, va innanzitutto rilevato che tale espressione viene utilizzata per la prima volta dal legislatore.
La conferenza di servizi propriamente detta, infatti, è uno strumento di semplificazione del procedimento amministrativo che può essere utilizzato qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo. Essa è disciplinata in generale dagli articoli 14 ss. della citata L. 241/1990 (e prevista da singole norme di settore), ai quali il testo fa esplicito riferimento nell’indicare le norme che si applicheranno al Comitato. Oltre a questa, peraltro, il testo richiama ulteriori disposizioni che disciplinano altri strumenti per pervenire ad accordi tra soggetti pubblici o tra pubbliche amministrazioni e privati.
Al riguardo si osserva, in relazione al secondo periodo del comma 5, che
il rinvio normativo a disposizioni che disciplinano strumenti diversi, come gli
accordi di programma (tra amministrazioni), la conferenza di servizi (tra
amministrazioni) e le attività di programmazione negoziata (tra amministrazioni
e privati), rende problematica la concreta individuazione del campo e delle
modalità di applicazione delle discipline stabilite dalle fonti normative
richiamate al Comitato di
gestione previsto dalle disposizioni in commento.
In particolare, sarebbe opportuno specificare meglio il regime delle
conseguenze del dissenso espresso da uno dei soggetti (diversamente
disciplinato dalle norme richiamate), nonché le modalità di coinvolgimento dei
privati (non sempre ammesso dalle disposizioni richiamate) che, per espressa
previsione, sono rappresentati all’interno del Comitato di gestione.
La disposizione specifica altresì che le determinazioni di ciascun soggetto sono obbligatoriamente espresse all’interno del Comitato e che le determinazioni assunte in tale sede sostituiscono ogni altro adempimento e ogni altro parere, nulla osta, autorizzazione o atto di assenso comunque denominato, che risulti necessario per la realizzazione degli interventi approvati.
Per quanto riguarda la struttura amministrativa di supporto, l’Unità si avvale di un
contingente di massimo dieci unità di
personale, in posizione di comando, proveniente dalle amministrazioni
rappresentate nel Comitato di gestione, nonché, della struttura di supporto
(composta da un contingente massimo di 20 unità di personale) che, ai sensi del
comma 2, supporta il direttore generale di progetto.
Nel rispetto di queste disposizioni, fissate
con norma di grado primario, l’attuazione è demandata ad un d.P.C.M. In particolare, con lo stesso
decreto che istituisce la struttura di supporto del direttore generale di
progetto (co. 2), si provvede anche a:
§
istituire
il Comitato di gestione (co. 5);
§
dettare
la disciplina organizzativa e contabile dell’Unità, le modalità di
rendicontazione delle spese, la sua durata e la dotazione di mezzi e risorse
umane (co. 5).
In relazione alle disposizioni
richiamate, si configura una peculiare architettura istituzionale, diretta a
garantire il raccordo orizzontale tra diverse strutture dell’amministrazione
statale, nonché il coordinamento tra amministrazioni diverse, ossia lo Stato e
le amministrazioni territoriali, e tra amministrazioni e privati. Tale
architettura si compone di una struttura amministrativa, al cui vertice è posto
il direttore generale di progetto, e di un comitato a composizione mista
pubblico-privato che integra i vertici delle pubbliche amministrazioni
interessate e gli enti privati coinvolti nella realizzazione degli interventi
per il rilancio del sito archeologico. Dalla finalità specifica per la quale
viene istituita e dal riferimento esplicito di cui al comma 5, quarto periodo
(che demanda al d.P.C.M. la fissazione della sua durata), si evince la natura
temporanea dell’Unità.
Tuttavia, alla luce della
formulazione dei commi 5 e 6, non emerge con chiarezza la distribuzione dei
compiti tra Comitato di gestione e direttore generale di progetto in relazione
all’assunzione delle decisioni relative alla progettazione e alla realizzazione
degli interventi inclusi nel piano strategico. Si valuti, pertanto,
l’opportunità di un chiarimento esplicativo nell’ambito dell’articolo 1 o con
un rinvio al d.P.C.M. di attuazione.
Si rileva, poi, che, dalle
disposizioni in esame non emerge uno specifico coordinamento con altre
disposizioni di recente introduzione nell’ordinamento, quali quelle contenute
nell’art. 9 bis del D.L. 69/2013, che riguardano il contratto istituzionale di
sviluppo, finalizzato ad accelerare la realizzazione di nuovi progetti
strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di
rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti
o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente
connessi, in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse
nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Il comma
7 dispone che il direttore generale di progetto, quale legale
rappresentante dell’Unità, è autorizzato a ricevere donazioni ed erogazioni liberali da parte di privati, destinati a
interventi conservativi, di manutenzione e di restauro dell’area archeologica
di Pompei. Il Senato ha aggiunto la previsione che le donazioni ed erogazioni
che superano i 1000 euro devono essere effettuate con bonifico bancario, al
fine di assicurarne la tracciabilità.
Al riguardo si ricorda che l’art. 49 del D.lgs.
231/2007 ha vietato il trasferimento di
denaro contante, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando
il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a euro mille.
Con il comma 7, nella parte in
cui limita l’obbligo di uso di modalità di pagamento tracciabili alle somme che
superano i 1000 euro, si introdurrebbe una eccezione alla normativa vigente, di
portata generale, che include in tale obbligo anche le somme pari a 1000 euro.
Occorre, inoltre, considerare
che anche la previsione dell’obbligo di pagamento a mezzo di bonifico bancario
introdurrebbe una eccezione alla normativa vigente, di portata generale, che
non indica specifici mezzi di pagamento, ma solo la caratteristica di garanzia
della tracciabilità.
I commi da 9 a 11 dispongono la costituzione della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta.
A tal fine, il comma 9 modifica l’art. 15, co. 3, del DPR 233/2007, recante il regolamento di riorganizzazione del Mibac, sostituendo alla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei – di cui alla lett. a) – la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.
Inoltre, con una novella alla lett. d) dello stesso comma 3, si estende la competenza della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli alla Reggia di Caserta.
Sotto il profilo della tecnica normativa, si rileva che non appare
opportuno ricorrere all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie
ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi
presentino un diverso grado di ‘resistenza’ ad interventi modificativi
successivi.
Al riguardo si ricorda che l’art. 9 della L. 352/1997, poi abrogato, aveva
previsto che la Soprintendenza di Pompei
fosse dotata di autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa
e finanziaria per quanto concerne l'attività istituzionale, con esclusione
delle spese per il personale.
Successivamente,
l’art. 15, co. 3, del D.P.R. 233/2007, ha inserito fra gli istituti
dotati di autonomia speciale la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei.
La nuova Soprintendenza speciale (organo periferico del MIBAC, ai sensi dell’art. 16 del DPR) ha, dunque, riunito sotto un’unica gestione i siti e i musei archeologici di
competenza della ex Soprintendenza archeologica di Pompei e parte di quelli
gestiti dalla ex Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta[5].
Nel complesso
delle due novelle, sostanzialmente scompare il riferimento alla Soprintendenza archeologica di Napoli
cui, però, fa riferimento il comma 11
che dispone che, al fine di consentire l’istituzione della stessa
soprintendenza, la dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia del
Ministero è determinata in 163 unità.
Si tratta di una
unità in più rispetto a quella determinata, da ultimo, dal D.P.C.M. 22 gennaio
2013, pubblicato nella GU n. 87 del 13 aprile 2013, intervenuto a seguito
dell'art. 2 del D.L. 95/2012 (L. 135/2012).
Si
interviene, dunque, con norma primaria, su un aspetto regolato da norma
secondaria.
Il comma prevede,
peraltro, che è fatta salva la successiva rideterminazione della dotazione
organica dei dirigenti di seconda fascia da operare in relazione al
trasferimento al Ministero dei beni e delle attività culturali delle funzioni
esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di turismo,
operata dall’art. 1, co. 5 e 6, della L. 71/2013.
Sembrerebbe
opportuno chiarire la ragione per la quale non si preveda sin d’ora nelle
novelle apportate al DPR 233/2007 la Soprintendenza per i beni archeologici di
Napoli.
Il comma 10, nel testo come modificato dal
Senato, dispone che, fino all’adeguamento della disciplina organizzativa delle
due nuove Soprintendenze, alle stesse si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni concernenti, rispettivamente, le due Soprintendenze esistenti fino
all’intervento del decreto-legge in esame.
Dispone, altresì, che per rafforzare le attività di
accoglienza del pubblico, nelle Soprintendenze in questione sono impiegati i
giovani ai quali è destinato il già citato Fondo
“Mille giovani per la cultura”.
Il comma
8 quantifica l’onere derivante dalle disposizioni contenute nei commi da 1
a 7 in euro 200.000 per il 2013 ed euro 800.000 per ciascuno degli anni 2014,
2015 e 2016.
Il comma
12 quantifica l’onere derivante dall’istituzione delle nuove Soprintendenze
in € 109.500,00 annui.
Alla copertura degli oneri indicati si
provvede, in entrambi i casi, ai sensi dell’art. 15, alla cui scheda di rinvia.
Il comma
13 prevede che, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto legge, il Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo definisce, ai sensi del già citato art. 112 del d.lgs. 42/2004,
un accordo di valorizzazione per
elaborare, in base agli indirizzi del Ministro, un piano strategico di sviluppo del percorso turistico-culturale integrato
delle residenze borboniche. Anche in tal caso di dispone che nel processo
di valorizzazione devono essere integrate le infrastrutture e i settori
produttivi collegati.
In relazione a tale
previsione, si rinvia all’osservazione ante formulata.
L’accordo è concluso con la regione Campania
e gli enti locali territorialmente competenti che intendano aderire mediante un
apporto economico “adeguato”, e vi partecipano l’Agenzia del demanio, i
prefetti delle province di Napoli e di Caserta, l’Agenzia nazionale per
l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata, al fine di verificare la possibilità di un proficuo
utilizzo dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata per la
realizzazione delle finalità dello stesso accordo.
E’, altresì, assicurata la partecipazione di
altri soggetti pubblici e privati. Al riguardo, come nel caso del piano
strategico di cui al comma 6, si dispone che l’accordo in questione prevede
interventi di promozione di erogazioni
liberali e sponsorizzazioni. Prevede,
altresì, la creazione di forme, anche
innovative, di partenariato fra
pubblico e privato, nonché il coinvolgimento di cooperative sociali,
associazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale,
organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che abbiano fra i propri fini
statutari la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. Prevede,
altresì, l’utilizzo dei giovani ai quali è destinato il Fondo “Mille giovani
per la cultura”.
Le residenze reali
borboniche in Campania sono l'assieme delle residenze costruite dai Borbone dal
1734 al 1861 come luoghi di abitazione o di breve permanenza. Complessivamente,
si tratta di 22 edifici, 21 dei quali sopravvissuti sino ad oggi: il Palazzo
Reale di Napoli, la Reggia di Capodimonte, la Villa d'Elboeuf, la Reggia di
Portici, la Villa Favorita, il Palazzo d'Avalos nell'isola di Procida, la
Tenuta degli Astroni (nei pressi del lago di Agnano), Licola, Capriati a
Volturno, Cardito, la Reale tenuta di Carditello, la Reale tenuta di Persano,
Fasano di Maddaloni, Selva di Caiazzo, Sant'Arcangelo, la Reggia di Caserta,
San Leucio, il Casino del Fusaro, la Reggia di Quisisana, Mondragone e il
Demanio di Calvi.
Per quanto riguarda la
disciplina delle sponsorizzazioni e del partenariato pubblico privato, si
rinvia a quanto riportato con riferimento ai contenuti del piano strategico di
cui al comma 6 dell’articolo 1.
Articolo 2
(Inventariazione e digitalizzazione del
patrimonio culturale italiano e programma “500 giovani per la cultura”)
L’articolo 2 prevede un programma straordinario per lo sviluppo delle attività di
inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del patrimonio culturale
italiano, che si inserisce nel quadro delle indicazioni dell’agenda
digitale europea ed è finanziato con 2,5
milioni di euro nel 2014, nel quale saranno utilizzati 500 giovani di età inferiore a 35 anni.
In particolare, il comma 1, nel testo come modificato dal Senato, dispone che il
MIBACT attua il programma straordinario suddetto, anche al fine di incrementare
e facilitare l’accesso e la fruizione da parte del pubblico al patrimonio
culturale, anche attraverso portali e dispositivi mobili intelligenti (Smart
Mobile Device).
Per la realizzazione del programma è
autorizzata la spesa di 2,5 milioni di
euro nel 2014 - al cui onere, ai sensi del comma 4, si provvede ai sensi dell’art. 15 del D.L. – integrata con
eventuali finanziamenti europei.
Il programma si conforma ai criteri e alle
linee direttive elaborati dall’Istituto centrale per il catalogo e la
documentazione, dall’Istituto centrale per
il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni
bibliografiche e dall’Istituto centrale per gli archivi.
Al riguardo, si dispone che tale
elaborazione avviene anche in attuazione dell’art. 17 del d.lgs. 42/2004 che,
tuttavia, affida ad un decreto ministeriale la definizione delle procedure e delle
modalità di catalogazione, con il concorso delle regioni.
In particolare, l’art. 17 del D.lgs. 42/2004 prevede
che il Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti pubblici
territoriali, assicura la catalogazione dei beni culturali e coordina le
relative attività (co. 1) e che le
procedure e le modalità di catalogazione sono stabilite con decreto
ministeriale (co. 2). Dispone, altresì, che il Ministero, le regioni e gli
altri enti pubblici territoriali curano la catalogazione dei beni culturali
loro appartenenti e, previe intese con gli enti proprietari, degli altri beni
culturali (co. 4).
Sembrerebbe, pertanto,
opportuno un chiarimento.
Dal punto di vista della
formulazione del testo, occorrerebbe sopprimere le parole “del Ministero”, che
letteralmente sono riferite all’Istituto centrale per gli archivi.
Il programma prevede
che le risorse digitali vengano prodotte anche tramite accordi con le regioni,
le università, le istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e
musicale (AFAM), gli istituti culturali e gli altri enti culturali, nonché con
fondazioni e associazioni interessate alla tutela e alla valorizzazione del
patrimonio culturale, comprese quelle appositamente costituite per contribuire
allo stesso programma con proprie risorse o utilizzando erogazioni liberali[6].
Lo svolgimento del programma si inserisce nel quadro delle indicazioni dell’agenda digitale europea, presentata dalla Commissione Europea nel maggio 2010 (Comunicazione "Un'agenda digitale europea"(COM(2010)245), con lo scopo di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l'innovazione, la crescita economica e la competitività.
Per il supporto tecnologico e strumentale finalizzato alla progettazione e all’attuazione del programma il Ministero può avvalersi, mediante apposita convenzione, dell’Agenzia per l’Italia digitale, nonché di altri soggetti pubblici o privati in possesso di idonee qualificazioni tecniche e organizzative.
Si ricorda che, a livello nazionale, al fine di attuare le politiche dell’Agenda digitale europea, è stata istituita nel 2012 l’Agenda digitale italiana che si sostanzia nella relativa Cabina di regia (D.L. n. 5/2012) e nell'Agenzia per l'Italia digitale (D.L. n. 83/2012). L'Agenzia per l'Italia digitale è, in particolare, preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea. L’Agenzia dovrà monitorare, in particolare, l'attuazione dei piani di TIC delle pubbliche amministrazioni, promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l’Agenda digitale europea. Essa assorbe anche le funzioni dei preesistenti organismi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
Lo Statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale non è ancora stato adottato.
In base al comma 3, i sistemi di conoscenza digitale si adeguano agli standard
dei dati aperti e accessibili, come definiti in base alla L. 4/2004 e al d.lgs.
82/2005, nonché in base agli atti dell’UE in materia di digitalizzazione e
accessibilità in rete dei materiali culturali e in materia di conservazione
digitale.
Al riguardo, si
ricorda che il 27 ottobre 2011 la Commissione europea ha adottato la raccomandazione sulla digitalizzazione e l’accessibilità in rete dei
materiali culturali e sulla conservazione digitale (2011/711/UE), che ha stabilito obiettivi minimi
per ciascuno Stato membro in materia di digitalizzazione del patrimonio
culturale. Intento della raccomandazione è far sì che entro il 2015 Europeana - la biblioteca
digitale d’Europa - conti almeno 30 milioni di oggetti rispetto ai 19 milioni
attualmente esistenti. La richiesta nei confronti dell’Italia è di portare i 2
milioni circa di oggetti digitali a 3 milioni e 705 mila.
In
seguito, si ricordano le Conclusioni
del Consiglio del 10 maggio 2012 sulla digitalizzazione e
l'accessibilità in rete dei materiali culturali e sulla conservazione digitale,
che raccolgono le indicazioni della raccomandazione e nelle quali si invitano
gli Stati membri “ad adottare, in linea con le priorità indicate nell'allegato,
le misure necessarie a:
-
consolidare
le rispettive strategie e obiettivi in materia di digitalizzazione di materiali
culturali;
-
consolidare
l'organizzazione della digitalizzazione e la fornitura di finanziamenti per la
digitalizzazione, anche promuovendo il ricorso a partenariati pubblico-privati;
-
migliorare
le condizioni generali per l'accessibilità in rete e l'utilizzo dei materiali
culturali;
-
contribuire
a sviluppare ulteriormente Europeana,
anche incoraggiando le istituzioni culturali a inserire nel sito tutti i
materiali culturali digitalizzati pertinenti;
-
assicurare
la conservazione digitale a lungo termine
tenendo conto al contempo dei livelli di avanzamento e degli approcci
diversi in ordine alla digitalizzazione, così come degli sforzi globali di
risanamento di bilancio che gli Stati membri stanno compiendo".
In base al comma 2, come modificato dal Senato, il programma è attuato presso gli istituti e i luoghi della cultura statali, sotto la direzione dei titolari degli istituti medesimi.
Sul punto, la relazione
illustrativa all’A.S. 1014 precisava che il programma è attuato negli
istituti e nei luoghi della cultura statali individuati dal Mibact, con
l’indirizzo e l’assistenza tecnico-scientifica degli istituti centrali
competenti per la tipologia di patrimonio da digitalizzare. La gestione operativa è affidata alle
direzioni regionali e agli istituti territoriali coinvolti.
Sempre il comma 2 dispone che, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Mibact indice una procedura concorsuale pubblica per la selezione di 500 giovani, che non abbiano compiuto 35 anni di età alla data di entrata in vigore del decreto, laureati nelle discipline afferenti al programma, ovvero in possesso del diploma rilasciato dalle Scuole di Archivistica, Paleografia e Diplomatica istituite presso gli Archivi di Stato indicati nella tab. B del DPR 1409/1963[7].
I giovani così selezionati devono essere formati per 12 mesi nelle attività di inventariazione e digitalizzazione presso gli istituti e i luoghi della cultura statali.
Al termine del programma, ai partecipanti che lo abbiano portato a termine è rilasciato un attestato di partecipazione, valutabile ai fini di eventuali, successive, procedure selettive del MIBACT e degli Istituti dallo stesso vigilati.
La relazione illustrativa all’A.S. 1014 faceva presente che il programma ha carattere sperimentale e “pertanto si realizza, in questa dimensione, nelle regioni dell’obiettivo convergenza: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia”. Nel comunicato stampa relativo alla riunione del Consiglio dei Ministri del 2 agosto 2013 a tale informazione si aggiunge quella che il progetto pilota partirà nelle regioni indicate con i primi 100 ragazzi.
Al riguardo, peraltro, la 7a Commissione
del Senato ha approvato l’ordine del
giorno G/1014/1/7, accolto dal Governo, che impegna lo stesso Governo a
valutare l’opportunità di prevedere che il programma si realizzi anche nelle
regioni del Centro Nord, nonché a valutare la possibilità di incrementare le risorse
allo stesso destinate.
Nella stessa sede è stato, altresì, accolto dal
Governo l’ordine del giorno G/1014/6/7,
che, in particolare, impegna lo stesso Governo a individuare con decreto i
criteri per la ripartizione dei giovani fra gli istituti e i luoghi della
cultura.
La promozione della diversità culturale e dei contenuti creativi rientra in una delle sette linee di azione dell’Agenda digitale (COM (2010) 245), quella che prevede l'adozione di soluzioni intelligenti basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per affrontare le grandi sfide del futuro.
L’Agenda digitale europea (AGE) è una delle sette cosiddette
iniziative faro della strategia Europa 2020 (Una strategia per una crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010)2020), lanciata a marzo 2010
dalla Commissione europea, con l’intento di uscire dalla crisi e di preparare l’economia
dell’UE alle sfide del prossimo decennio. L’Agenda prevede sette
grandi linee d'azione, per ognuna delle quali sono indicate misure specifiche,
per un totale di 101 (di cui 78 a carico della Commissione e 23 a carico degli
Stati membri).
I nuovi strumenti digitali possono infatti permettere una più ampia distribuzione di contenuti culturali e creativi; in particolare la digitalizzazione è uno strumento essenziale per ampliare l’accessibilità al patrimonio culturale dell’Europa e per promuovere la crescita nelle industrie culturali europee. Per finanziare la digitalizzazione su larga scala tuttavia secondo la Commissione occorre potenziare i finanziamenti pubblici e ricorrere a iniziative congiunte con i privati, a condizione che tali iniziative rendano accessibile online su ampia scala il patrimonio culturale comune dell'Europa.
Nell’ambito delle azioni individuate per tale settore, il 27 ottobre 2011 la Commissione ha pubblicato una raccomandazione sulla digitalizzazione, l’accessibilità on line e la conservazione digitale del materiale culturale in cui invita gli Stati membri a:
▪ predisporre piani rigorosi per i propri investimenti nella digitalizzazione e favorire i partenariati pubblico-privato per la condivisione dei relativi costi. La raccomandazione stabilisce i principi fondamentali per garantire che tali partenariati siano equi ed equilibrati;
▪ incrementare la presenza in rete di materiale coperto dai diritti d’autore, istituendo un quadro normativo di riferimento che consenta la digitalizzazione su larga scala e l’accessibilità transfrontaliera delle opere fuori commercio;
▪ rafforzare le proprie strategie e adattare la propria legislazione per garantire la conservazione a lungo termine del materiale digitalizzato, accertandosi, ad esempio, che il materiale depositato non preveda sistemi di protezione tecnologici che ostacolino la conservazione da parte dei bibliotecari.
Sull’argomento è tornato il Consiglio che il 10 maggio 2012 ha adottato conclusioni in cui:
▪ sottolinea la necessità di proseguire i lavori sulle norme tecniche applicabili alla digitalizzazione e ai metadati, a vantaggio sia dell'accessibilità che della conservazione a lungo termine dei materiali digitalizzati;
▪ invita gli Stati membri a consolidare le rispettive strategie e obiettivi in materia di digitalizzazione di materiali culturali; migliorare le condizioni generali per l'accessibilità in rete e l'utilizzo dei materiali culturali; assicurare la conservazione digitale a lungo termine.
Tali attività fanno parte delle nuove infrastrutture per servizi digitali pubblici cui sono destinati finanziamenti per un totale di 9,2 miliardi di euro, nell’ambito del Meccanismo per collegare l'Europa 2014-2020 (Connecting Europe Facility – CEF).
Con uno stanziamento proposto di 50 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, il CEF è disegnato specificamente per promuovere crescita, occupazione e competitività attraverso investimenti infrastrutturali a livello europeo.
Articolo 2-bis
(Esercizio del commercio in aree di
valore culturale e locali nei quali si svolgono attività di artigianato e
commercio tradizionali)
L’articolo 2-bis, introdotto durante l’esame al Senato, integra il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004) al fine di promuovere le attività di artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell'identità culturale collettiva.
In particolare,
aggiunge all’articolo 52 del Codice - il cui comma 1 prevede che i comuni,
sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore
archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o
sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio - il comma 1-bis.
In base alla novella,
fermo restando quanto previsto dall’art. 7-bis
dello stesso Codice - che dispone che le espressioni di identità culturale
collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del
patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle
diversità culturali sono assoggettabili alle disposizioni del Codice medesimo
qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i
presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'articolo 10[8] - i
comuni, sentito il soprintendente, individuano i locali, a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attività di
artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione
dell'identità culturale collettiva ai sensi delle convenzioni UNESCO citate, per assicurare alle stesse apposite forme di promozione e salvaguardia, nel
rispetto della libertà di iniziativa economica di cui all'articolo 41 della
Costituzione.
Al riguardo si ricorda che l’art.
2, co. 2, lett. e), della Convenzione Internazionale
Unesco per la salvaguardia del
patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 e
ratificata dall’Italia con L. 167/2007, specifica che il patrimonio culturale
immateriale si manifesta, fra l’altro, nel settore dell’artigianato tradizionale. Il co. 3 dispone, inoltre, che per “salvaguardia” s’intendono le misure
volte a garantire la vitalità del patrimonio culturale immateriale, ivi compresa l’identificazione, la
documentazione, la ricerca, la preservazione, la protezione, la promozione, la valorizzazione, la trasmissione.
L’art. 11 della Convenzione affida ad ogni Stato contraente il compito di individuare gli elementi
del patrimonio culturale immateriale presente sul suo territorio e di
adottare i provvedimenti necessari a garantirne la salvaguardia.
Si ricorda, altresì, che si intende per impresa artigiana l'impresa che, esercitata dall'imprenditore artigiano, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un'attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all'esercizio dell'impresa.
Al contempo, con la novella si sostituisce la rubrica dell’art. 52 citato, facendo riferimento, oltre che all’esercizio del commercio in aree di valore culturale, anche all’esercizio dello stesso commercio in locali storici tradizionali.
In materia si ricorda che, in conformità all'articolo
117, primo comma, della Costituzione, le
regioni emanano norme legislative in materia di artigianato nell'ambito dei
principi previsti dalla legge quadro (L. 443/1985), fatte salve le
specifiche competenze delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome. Spetta dunque alle regioni l'adozione di provvedimenti diretti alla
tutela ed allo sviluppo dell'artigianato ed alla valorizzazione delle
produzioni artigiane. L’oggetto dell’intervento normativo dell’articolo in
esame, sono tuttavia le attività di
artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali riconosciute quali espressione dell'identità culturale collettiva. Si può, quindi,
ritenere che le disposizioni in commento siano riconducibili sia alla tutela dei
beni culturali – affidata alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117,
secondo comma, lett. s), Cost.) – sia
alla “valorizzazione dei beni culturali” – affidata alla competenza concorrente
di Stato e regioni (art. 117, terzo comma, Cost.).
Andrebbe, in
ogni caso, valutata l’opportunità di individuare adeguate forme di
coinvolgimento delle Regioni, con riferimento alla valorizzazione delle
attività oggetto delle disposizioni in esame.
Si segnala che ulteriori modifiche all’art. 52 del
D.lgs. 42/2004, con l’introduzione di un ulteriore comma 1-bis, sono introdotte con l’art. 4-bis del testo trasmesso dal Senato.
Occorre,
pertanto, procedere al necessario coordinamento dei commi aggiuntivi, dal punto
di vista della numerazione.
Articolo 3
(Riassegnazione di fondi al Mibact per
garantire la regolare apertura al pubblico degli istituti e dei luoghi della
cultura)
L’articolo 3 è finalizzato a riassegnare allo stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a decorrere dal 2014, le somme corrispondenti ai proventi (biglietti di ingresso, canoni di concessione o corrispettivi per la riproduzione di beni culturali) relativi a istituti o luoghi della cultura appartenenti o in consegna allo Stato, al fine di garantirne la regolare apertura al pubblico.
Il comma 1, infatti, dispone la
soppressione, nell’Elenco 1 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) -
relativo alle disposizioni legislative autorizzative di riassegnazioni di
entrate che, in base all’art. 2, co. 615, della medesima legge dal 2008 non
potevano più essere iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, con
l’eccezione della categoria “redditi da lavoro dipendente” - del riferimento all’articolo 110 del
d.lgs. 42/2004.
E’, pertanto, ripristinata,
dal 1° gennaio 2014, la integrale riassegnazione allo stato di previsione della
spesa del MIBACT degli introiti sopra indicati che, prima di tale novità,
affluivano parzialmente nel cap. 2401, ai sensi dell’art. 2, co. 616 e 617,
della stessa L. 244/2007.
L’art. 110 del d.lgs. 42/2004 dispone che nei casi in
cui la gestione del bene culturale è
diretta, vale a dire svolta a mezzo di strutture organizzative interne alle
amministrazioni, proprietarie o consegnatarie del bene, i proventi derivanti dalla vendita dei
biglietti di ingresso agli istituti ed ai luoghi della cultura, nonché dai
canoni di concessione e dai corrispettivi per la riproduzione dei beni
culturali, sono versati ai soggetti pubblici cui gli stessi istituti o beni
appartengono o sono in consegna. Ove si tratti di istituti o beni appartenenti
o in consegna allo Stato, i proventi sono versati alla sezione di tesoreria
provinciale dello Stato. Il Ministro
dell'economia e delle finanze riassegna le somme incassate alle stato di
previsione della spesa del Mibac, secondo i criteri e nella misura fissati dal
Ministero medesimo.
Come sopra evidenziato, l’art. 2, co. 615, della L.
244/2007 ha, poi, disposto che le somme introitate ai sensi dell’art. 110 del
d.lgs. 42/2004 non potevano più essere iscritte nello stato di previsione del
Mibac.
In relazione al divieto di
riassegnazione, che interessava vari Ministeri, i commi 616 e 617 hanno
disposto l’istituzione, nei relativi stati di previsione, di appositi Fondi da
ripartire, con decreto ministeriale, nel rispetto delle finalità stabilite
dalle stesse disposizioni legislative. La dotazione dei Fondi, nei quali doveva
confluire il 50% dei versamenti riassegnabili nell’anno 2006 ai
pertinenti capitoli dell’entrata del bilancio dello Stato, è rideterminata
annualmente in base all’andamento dei versamenti riassegnabili effettuati entro
il 31 dicembre dei due esercizi precedenti.
I proventi in questione - che, in base al
testo previgente dell’art. 110 citato, erano destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi,
nonché all'espropriazione e all'acquisto di beni culturali, anche
mediante esercizio della prelazione - potranno essere destinati, in base alla
novella recata dal comma 2 dell’art.
3 in commento, anche al funzionamento degli istituti e dei luoghi della cultura
appartenenti o in consegna allo Stato (ex
art. 101 del d.lgs. 42/2004, i luoghi della cultura sono musei, biblioteche
e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali) ossia, in base
alla rubrica, potranno essere utilizzati per garantire la regolare apertura al
pubblico degli stessi.
Il comma 3 quantifica l’onere
derivante dalle novità introdotte in 19,2 milioni di euro dal 2014, e
dispone che alla sua copertura si provvede, quanto a 12,8 milioni di euro, ai
sensi dell’art. 15 (alla cui scheda si rinvia) e, quanto a 6,4 milioni di
euro, mediante riduzione della dotazione del fondo istituito
nello stato di previsione del Mibact ai sensi dell’art. 2, co. 616, della L.
244/2007.
Nella legge di bilancio per il 2013-2015 (Legge n.
229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in
capitoli dei programmi di spesa), il fondo in questione, iscritto sul capitolo
2401/Beni culturali, risulta dotato di 28,6 milioni di euro per l’anno 2014
e di 28,2 milioni di euro per l’anno 2015.
Articolo 3-bis
(Forum Unesco sulla cultura e sulle
industrie culturali)
L’articolo 3-bis, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 400.000 euro per l’organizzazione e lo svolgimento del Forum Unesco sulla cultura e sulle industrie culturali che, evidenzia il testo, si terrà a Firenze nel 2014.
Al relativo onere si provvede utilizzando i fondi destinati alle attività culturali, a valere sulla quota degli utili derivanti dalla nuova estrazione dei giochi del lotto di cui all’art. 3, co. 83, della L. 662/1996.
L’art. 3, co. 83, della L. 662/1996 ha disposto che con
decreto del Ministro delle finanze fossero stabiliti nuovi giochi ed estrazioni
infrasettimanali del gioco del lotto e che, con decreto interministeriale, da
emanare entro il 30 giugno di ogni anno, sulla base degli utili erariali
derivanti dal gioco del lotto accertati nel rendiconto dell'esercizio
immediatamente precedente, è riservata in favore del MIBACT una quota degli
utili, non superiore a 300 miliardi di lire, per il recupero e la conservazione dei beni culturali, archeologici,
storici, artistici, archivistici e librari, nonché per interventi di restauro
paesaggistico e per attività culturali.
Articolo 3-ter
(Valorizzazione dei siti Unesco)
L’articolo 3-ter, introdotto durante l’esame al Senato, modifica l’art. 4 della L. 77/2006, relativo alle misure di sostegno per i siti italiani inseriti nella Lista Unesco del patrimonio mondiale.
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che la L. 77/2006 ha qualificato i siti italiani inseriti nella lista del patrimonio mondiale “punte di eccellenza” del patrimonio culturale e naturale italiano e della sua rappresentazione a livello internazionale e ha previsto la priorità di intervento per i progetti di tutela e restauro dei beni inclusi nel perimetro di riconoscimento dei siti italiani Unesco qualora siano oggetto di finanziamento secondo le leggi vigenti. Inoltre, per assicurare la conservazione dei siti e creare le condizioni per la loro valorizzazione, ha previsto la redazione di piani di gestione e misure di sostegno.
I piani definiscono le priorità di intervento, le
azioni esperibili per reperire risorse pubbliche e private, nonché le forme di
collegamento con altri strumenti che perseguono finalità complementari. Gli interventi di sostegno attengono allo studio delle problematiche relative ai
siti, alla predisposizione di servizi di assistenza culturale e di ospitalità,
alla realizzazione di sistemi di mobilità funzionali ai siti nelle aree
contigue agli stessi, alla diffusione della conoscenza dei siti nelle scuole.
A
decorrere dal 2009, gli oneri per l’applicazione della legge sono quantificati
dalla legge di stabilità.
Ulteriori
informazioni sull’argomento sono reperibili alla pagina http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Avvisi/visualizza_asset.html_1995969768.html
L’art.
3-ter:
§ novellando l’art.
4, co. 1, lett. c), della L. 77/2006,
estende la possibilità di sostegno anche ai casi di realizzazione di aree di sosta e sistemi di mobilità in zone non contigue ai siti, fermo
restando il vincolo della funzionalità rispetto ai siti stessi;
sostituendo l’art.
4, co. 1, lett. d), della stessa L.
77/2006, fa riferimento, in termini generali e non più circoscritti al solo
ambito scolastico, ad interventi di diffusione
e valorizzazione della conoscenza dei siti italiani Unesco, ai quali
aggiunge anche interventi di riqualificazione
e valorizzazione degli stessi siti. Resta fermo che, in ambito scolastico,
la valorizzazione si attua attraverso il sostegno ai viaggi di istruzione e
alle attività culturali delle scuole.
Articolo 3-quater
(Autorizzazione paesaggistica)
L’articolo 3-quater, inserito durante l’esame al Senato, reca disposizioni volte a modificare la durata delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia (il cui termine viene prorogato di 3 anni) e a stabilire un termine preciso per l’esecuzione dei lavori per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione, stabilendo che gli stessi possono essere conclusi entro l’anno successivo alla scadenza del quinquennio di durata dell’autorizzazione medesima.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 146, comma 1, del D.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati in base alle disposizioni del Codice stesso, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. Pertanto, ai sensi del comma 2, hanno l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non abbiano ottenuto l'autorizzazione.
Il comma 4 del medesimo articolo dispone, tra l’altro, che l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e che l'autorizzazione è efficace per un periodo di 5 anni, scaduto il quale l'esecuzione dei lavori progettati deve essere sottoposta a nuova autorizzazione.
Tale disposizione è stata recentemente integrata dall’art. 39 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) prevedendo che, qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l'autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi.
In particolare, il comma 1 dell'articolo in commento sostituisce l’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004 (modificato, appunto, dall’art. 39 del D.L. 98/2013) al fine di introdurre un termine preciso per l’esecuzione dei lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica.
Rispetto al testo vigente, secondo il quale nel caso di lavori iniziati nel citato quinquennio l'autorizzazione si considera efficace per tutta la durata degli stessi, viene previsto che la conclusione dei lavori possa avvenire entro, e non oltre, l'anno successivo alla scadenza del quinquennio medesimo.
Il comma 2 aggiunge un periodo alla fine del comma 3 dell’art. 30 del D.L. 69/2013 (che ha prorogato di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori avviati in seguito al rilascio del permesso di costruire), prevedendo una proroga di 3 anni del termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in commento.
Articolo 3-quinquies
(Conseguimento della qualifica di
restauratore)
L’articolo 3-quinquies, introdotto durante l’esame al Senato, novella l’art. 182 del d.lgs. 42/2004, per la parte relativa all’acquisizione in via transitoria[9] della qualifica di restauratore.
In particolare, specifica che l’iscrizione nell’elenco dei restauratori è consentita per i settori cui si riferiscono gli insegnamenti di restauro seguiti ai fini del conseguimento del titolo di studio, ovvero cui si riferisce l’esperienza professionale (pubblica o privata) maturata.
Al riguardo si ricorda che la materia è stata oggetto
di un recente intervento normativo, operato con la L. 7/2013, che ha novellato
l’art. 182 del d.lgs. 42/2004.
In particolare, la L. 7/2013, dopo le problematiche
applicative derivate dalle originarie previsioni recate dall’art. 182 del
d.lgs. 42/2004, che si erano concluse con la sospensione, nel novembre 2010,
della procedura di selezione avviata nel settembre 2009, ha disposto che la qualifica di restauratore si acquisisce - con provvedimenti del
Ministero, che danno luogo all’inserimento in un elenco suddiviso per settori di competenza, per il settore o i settori
specifici richiesti, fra quelli indicati nella II sezione dell’all. B[10] del nuovo art.
182 del d.lgs. 42/2004 - in esito ad una procedura
di selezione pubblica, che doveva
essere indetta entro il 31 dicembre 2012 e che si deve concludere entro il
30 giugno 2015.
In particolare, la qualifica si consegue con un
punteggio, derivante dai titoli di studio e dalle esperienze professionali
indicate nella I sezione dell’all. B citato, pari a 300.
La sezione indicata è articolata in tre tabelle: la
prima riguarda i titoli di studio, la seconda il personale dipendente dalla
amministrazioni pubbliche preposte alla tutela dei beni culturali, la terza le
esperienze professionali relative ad attività di restauro di beni mobili e
superfici decorate di beni architettonici.
Per ciascuna tipologia sono previsti i punteggi di
riferimento. In alcune ipotesi, è possibile che al punteggio di 300 si possa
pervenire con la combinazione di titoli di studio ed esperienza professionale.
La stessa L. 7/2013 affidava la definizione delle
modalità di svolgimento della prova di idoneità ad un decreto Mibac-MIUR da
emanare, d’intesa con la Conferenza unificata, entro il 31 dicembre 2012.
Il 15 febbraio 2013 il Mibac ha comunicato sul proprio
sito che l’8 febbraio 2013 si era insediato il Gruppo
di Lavoro “Qualifiche professionali in materia di restauro”, con il compito di curare gli adempimenti
propedeutici, amministrativi e tecnici necessari per avviare l’apposita
procedura di selezione pubblica. Il Gruppo ha svolto le audizioni di organizzazioni imprenditoriali e sindacali del
settore, al fine della definizione delle linee guida per l'espletamento della
procedura di selezione pubblica, nel corso del mese di giugno 2013.
Nel quadro normativo vigente così
sinteticamente descritto (più ampiamente, si veda il dossier del Servizio Studi
n. 739 del 13 dicembre 2012), l’art. 3-quinquies, inserendo il comma 1-nonies nell’art. 182 del d.lgs. 42/2004,
dispone, specificamente, che:
§ i titoli di studio indicati nell’all. B
citato consentono l’iscrizione nell’elenco, relativamente ai settori di
competenza cui si riferiscono gli insegnamenti di restauro “impartiti” (rectius: seguiti ai fini del
conseguimento dello stesso titolo di studio);
§ l’inquadramento nei ruoli delle
amministrazioni pubbliche preposte alla tutela dei beni culturali a seguito del
superamento di un pubblico concorso relativo al profilo di restauratore di beni
culturali, di cui allo stesso all. B, consente l’iscrizione nell’elenco per i
settori di competenza cui si riferiscono le attività lavorative svolte a
seguito dell’inquadramento;
§ le esperienze professionali relative ad
attività di restauro di beni mobili e superfici decorate di beni architettonici,
di cui, sempre, all’all. B citato, consentono l’iscrizione nell’elenco
relativamente al settore di competenza cui si riferiscono le attività di
restauro svolte in via prevalente, nonché agli eventuali altri settori cui si
riferiscono attività di restauro svolte per almeno 2 anni.
Articolo 4
(Recitazione di opere letterarie in
alcuni luoghi della cultura, accesso aperto ai risultati di ricerche finanziate
con fondi pubblici, unificazione di banche dati, prezzo dei libri, risorse per
istituzioni culturali)
L’articolo 4, nel testo come modificato dal Senato, reca previsioni normative varie, relative:
§ alla recitazione di opere letterarie in alcuni luoghi della cultura;
§ all’accesso aperto ai risultati delle ricerche scientifiche finanziate con fondi pubblici;
§ all’unificazione di banche dati del MIUR e del MIBACT per facilitare il reperimento e l’uso dell’informazione culturale e scientifica;
§ al prezzo dei libri;
§ a risorse da destinare ad istituzioni culturali.
Il comma 1, nel testo come sostituito dal Senato, novellando l’art. 15 della L. 633/1941, amplia gli ambiti (oggettivi) in cui la recitazione di un’opera - limitatamente alle opere letterarie - non è considerata pubblica.
L’art. 15 citato individua, al primo comma, il diritto
esclusivo di eseguire, rappresentare o recitare in pubblico in qualunque modo,
sia gratuitamente che a pagamento, opere musicali, drammatiche,
cinematografiche, nonché ogni altra opera di pubblico spettacolo e opera orale.
Al secondo comma, nel testo previgente le modifiche
introdotte dal D.L. 91/2013, disponeva che non è considerata pubblica la
esecuzione, rappresentazione o recitazione dell'opera entro la cerchia
ordinaria della famiglia, del convitto, della scuola o dell'istituto di
ricovero, purché non effettuata a scopo di lucro. All’ipotesi prevista dal
secondo comma citato, il D.L. 91/2013 aveva aggiunto il caso in cui
l’esecuzione, la rappresentazione o la recitazione dell’opera è eseguita, senza
scopo di lucro, all’interno delle biblioteche, a fini esclusivi di promozione
culturale e di valorizzazione dell’opera.
Rispetto a quanto previsto dal D.L., il testo approvato dal Senato dispone che all’art. 15 della L. 633/1941 sia inserito (così “rivivendo” il previgente secondo comma) il comma 2-bis, in base al quale la sola recitazione di opere letterarie non è considerata pubblica, ove effettuata senza scopo di lucro all’interno di musei, archivi e biblioteche pubblici, a fini esclusivi di promozione culturale e di valorizzazione da individuare in base a protocolli di intesa SIAE-MIBACT.
Dunque - sempre raffrontando il testo approvato dal Senato con il testo del D.L. - dal punto di vista oggettivo si fa riferimento solo alla recitazione (e non anche alla rappresentazione o all’esecuzione) di opere letterarie (e non anche di opere musicali, drammatiche, cinematografiche).
Dal punto di vista soggettivo, si fa riferimento non solo alle biblioteche, ma anche agli archivi e ai musei, purché pubblici. Inoltre, si introduce la necessità di un protocollo di intesa SIAE-MIBACT per l’individuazione delle finalità di promozione culturale e valorizzazione che consentono di non qualificare la recitazione delle opere in questione come pubblica.
Il comma
2, nel testo come sostituito dal
Senato, affida all’autonomia dei soggetti pubblici preposti all’erogazione
o alla gestione dei finanziamenti alla ricerche
scientifiche la definizione delle misure necessarie per la promozione dell’accesso aperto ai risultati
delle stesse ricerche finanziate per una quota pari o superiore al 50% con fondi
pubblici: al riguardo, specifica che ciò vale quando le stesse sono documentate
in articoli pubblicati su periodici a carattere scientifico che abbiano almeno
2 uscite all’anno, ed includono una scheda di progetto in cui sono menzionati
tutti i soggetti che vi hanno concorso.
Specifica, inoltre, che l’accesso aperto si realizza:
§ al momento della
prima pubblicazione, attraverso la pubblicazione da parte dell’editore in modo
tale che l’articolo sia accessibile a titolo gratuito dal luogo e nel momento
scelti da ciascuno. Si intenderebbe, dunque, che debba trattarsi di una
pubblicazione on-line;
ovvero:
§ tramite la
ripubblicazione senza fini di lucro in archivi elettronici istituzionali o
disciplinari, sempre garantendo l’accesso a titolo gratuito dal luogo e nel
momento scelti da ciascuno, entro 18 mesi dalla prima pubblicazione per le
pubblicazioni delle aree disciplinari scientifiche, tecniche e mediche, ed
entro 24 mesi per le pubblicazioni delle aree disciplinari umanistiche e delle
scienze sociali (sul punto si veda infra).
Il testo del D.L., invece, prevedeva l’obbligatorietà del
deposito dei risultati delle ricerche indicate in archivi elettronici, entro 6
mesi dalla pubblicazione.
Sull’argomento, si ricorda che il
17 luglio 2012 la Commissione europea ha adottato la raccomandazione
sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (2012/417/UE) in cui, ricordato che
le politiche di accesso aperto sono volte ad assicurare l’accesso gratuito ai
dati di ricerca e alle pubblicazioni scientifiche oggetto di valutazioni inter pares, nonché a consentire
l’utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica, ha
evidenziato che tali politiche
dovrebbero applicarsi a tutte le ricerche che beneficiano di finanziamenti
pubblici. La Commissione ha, dunque, raccomandato di provvedere affinché
l’accesso aperto alle pubblicazioni prodotte nell’ambito di attività di ricerca
finanziate con fondi pubblici avvenga quanto prima possibile, e comunque non più di sei mesi dopo la data di
pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle
scienze sociali e umane. Ha, altresì, raccomandato di provvedere affinché
gli organismi di finanziamento della ricerca responsabili della gestione dei
finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche che ricevono
finanziamenti pubblici definiscano politiche istituzionali per la diffusione
delle pubblicazioni scientifiche e l’accesso aperto alle stesse.
Si ricorda anche che l’art. 63 del DPR 382/1980 ha
istituito l’Anagrafe nazionale delle
ricerche e che l’art. 64 ha disposto che all'Anagrafe devono affluire tutte le notizie relative alle ricerche comunque
finanziate, in tutto o in parte, con fondi a carico del bilancio dello Stato o
di bilanci di enti pubblici.
Si ricorda, infine, che la L. 106/2004 ha disciplinato il deposito
legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico.
In particolare, sono oggetto di deposito legale presso la Biblioteca nazionale centrale di
Firenze e la Biblioteca nazionale centrale di Roma i documenti prodotti
totalmente o parzialmente in Italia, destinati all’uso pubblico e fruibili
mediante la lettura, l’ascolto e la visione (dunque, tra gli altri, in base
all’art. 4, libri, opuscoli,
pubblicazioni periodiche, documenti diffusi su supporto informatico o,
comunque, diffusi tramite rete informatica). I documenti sono consegnati
entro i 60 giorni successivi alla prima distribuzione. I soggetti obbligati al
deposito legale sono: l’editore, o comunque il responsabile della
pubblicazione, sia persona fisica che giuridica; il tipografo, ove manchi
l’editore; il produttore o il distributore di documenti non librari o di
prodotti editoriali similari; il Mibac, nonché il produttore di opere filmiche.
Al contempo, il Senato ha introdotto il comma 2-bis che esclude l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, in materia di accesso aperto ai risultati della ricerca, quando i diritti su tali risultati siano tutelati, come diritti di proprietà industriale, dal decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
In base al d.lgs. 30/2005, la definizione di proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali.
La protezione dei diritti industriali avviene attraverso il brevetto (articolo 45 CPI).
Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni, di ogni settore della tecnica, che sono nuove e che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale. Non sono considerate come invenzioni le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici; i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale ed i programmi di elaboratore; le presentazioni di informazioni.
In alternativa alla brevettazione, costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; abbiano valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
Il comma
3, nel testo come modificato dal
Senato, dispone che, al fine di facilitare il reperimento e l’uso
dell’informazione culturale e scientifica, nonché di ottimizzare le risorse
disponibili, il Mibact e il MIUR adottano strategie coordinate per l’unificazione[11] delle banche dati che, rispettivamente,
gestiscono. A titolo esemplificativo, vengono citate quelle riguardanti la già
citata Anagrafe
nazionale delle ricerche, il
deposito legale dei documenti digitali e la documentazione bibliografica.
Con riferimento al deposito legale dei documenti
digitali, si ricorda che l’art. 5 della già citata L. 106/2004 ha affidato al
regolamento applicativo la definizione delle modalità di deposito dei documenti
diffusi su supporto informatico. A sua volta, l’art. 37 del DPR 252/2006 ha
rimandato ad un successivo regolamento (che non risulterebbe intervenuto) la
definizione in questione.
Dal punto di vista della formulazione del testo, si segnala che la denominazione
corretta è “Anagrafe nazionale delle ricerche”.
Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria in relazione a quanto previsto nelle disposizioni già illustrate.
Il comma 4-bis, inserito durante l’esame al Senato, novella la L. 128/2011, che ha introdotto una nuova disciplina relativa al prezzo dei libri, mentre il comma 4-ter abroga la vecchia disciplina, incompatibile con le novità apportate dal comma 4-bis.
In particolare, per quanto qui interessa, la L.
128/2011 ha disposto che dal 1° settembre 2011 il prezzo al consumatore finale
dei libri è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore: lo sconto al
consumatore finale, compresi i libri venduti per corrispondenza anche
nell’ambito di attività di commercio elettronico, non deve essere superiore al
15% del prezzo fissato.
Lo sconto può arrivare al 20% per libri venduti in
occasioni di manifestazioni fieristiche e per quelli destinati a particolari categorie
di consumatori (ONLUS, scuole e istituzioni educative di
ogni ordine e grado, centri di formazione legalmente riconosciuti, università,
istituzioni o centri scientifici di ricerca, biblioteche, archivi e musei
pubblici).
Alcune categorie di libri sono comunque escluse
dall’applicazione di tali previsioni (in particolare, libri per bibliofili,
libri d’arte, libri antichi, libri usati, libri posti fuori catalogo).
Più ampiamente, si veda il dossier
del Servizio Studi 327/1 del 22 marzo 2011 e il tema web “Il
prezzo dei libri”
presente nella Documentazione di inizio legislatura.
La novella approvata dal Senato esclude
dall’applicazione delle previsioni sugli sconti massimi i libri venduti a
scuole e istituzioni educative di ogni ordine e grado, centri di formazione
legalmente riconosciuti, università, istituzioni o centri scientifici di
ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, per i quali, come si è visto,
lo sconto attuale può essere, al massimo, del 20%.
A seguito della novella, invece, per i libri
venduti alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale lo sconto non
potrà essere superiore al 15% (a fronte dell’attuale 20%).
Il comma 4-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, attraverso due novelle all’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), provvede a:
§ incrementare di 1,3 milioni di euro – da 90 a 91,3 milioni di euro per il 2013 – il finanziamento del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui all’art. 13, co. 3-quater, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), riservando tale importo alle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato, comprese nella Tabella di cui all'art. 1 della L. 534/1996 (lettera a).
La L. 534/1996 ha riordinato la disciplina riguardante i contributi statali ad enti culturali,
disponendo una razionalizzazione delle
diverse ipotesi di erogazione, a decorrere dal 1° gennaio
1997.
In particolare, l’art. 1
ammette al contributo ordinario annuale
dello Stato le istituzioni culturali che presentino domanda e siano incluse in apposita tabella, sottoposta a revisione ogni tre anni, emanata con
decreto del MIBAC, di concerto con il MEF, sentite,
fra l’altro, le Commissioni parlamentari competenti.
I requisiti necessari per l’inclusione nella tabella sono individuati
dall’art. 2[12].
I fondi destinati alle istituzioni culturali in questione sono allocati
sul cap. 3671 dello stato di
previsione del MIBACT.
Con D.I. 31 agosto 2012, pubblicato nella GU n. 248 del 23 ottobre 2012, è stata emanata la
tabella delle Istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale
dello Stato, per il triennio 2012-2014. Per il primo anno del triennio, alle
istituzioni inserite nella tabella sono stati destinati € 5.430.000.
Si segnala che il comma 1, terzo e quarto periodo, dell’articolo 33 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) aveva originariamente disposto il finanziamento di 50 milioni di euro per l'anno 2013 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112/2008, istitutivo del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio[13], stabilendo che alla ripartizione della predetta quota e all'individuazione dei beneficiari si provveda con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario.
Il finanziamento per il 2013 del Fondo per la tutela dell’ambiente disposto dalle legge n. 183/2011 è stato successivamente incrementato – attraverso una apposita novella al citato articolo 33 – da 50 a 90 milioni per il 2013 dall’articolo 23, comma 12-quater del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012), nonché ridotto di 10 milioni di euro dall’articolo articolo 67-octies, comma 3 del D.L. n. 83/2012 (legge n. 134/2012)[14].
Nella legge di bilancio 2013, il capitolo 7536/MEF, sul quale è allocato il Fondo qui in oggetto, presenta uno stanziamento pari a 80 milioni per il 2013.
§ affidare il riparto delle risorse da destinare alle istituzioni culturali ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sottraendole così alle modalità di riparto già previste per le altre risorse del Fondo (decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario) (lettera b).
Il comma 4-quinquies dispone che all'onere derivante dal comma precedente pari a 1,3 milioni di euro per l'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Per quanto concerne le risorse finanziarie, si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa) il Fondo presentava una dotazione pari a 16,9 milioni per il 2013, 14,4 milioni per il 2014 e a 29,7 milioni per il 2015.
Si ricorda che la dotazione del Fondo è stata via via ridotta, a copertura di una serie di disposizioni legislative intercorse successivamente all'approvazione della legge di bilancio. nonché incrementata da una serie di recenti interventi, tra i quali l’articolo 27, comma 1, del D.L. n. 104 del 12 settembre 2013, in corso di esame alla Camera, che rifinanzia il Fondo di 3 milioni di euro per l’anno 2014, di 50 milioni per l’anno 2015 e di 15 milioni a decorrere dall’anno 2016.
Un ulteriore rifinanziamento è previsto all’articolo 15, comma 1, del provvedimento in esame, il quale incrementa il Fondo di 1,8 milioni di euro per l'anno 2013, 11 milioni per l'anno 2014, 7,5 milioni per l'anno 2015, 4,5 milioni per l'anno 2016, 13 milioni per l'anno 2017 e 4,5 milioni a decorrere dal 2018.
Infine, si ricorda che anche l’articolo 5-bis del provvedimento in esame dispone una riduzione del Fondo di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 a copertura delle misure in esso previste.
Alla data del 23 settembre 2013, sulla base dell’interrogazione effettuata sul capitolo 3075/MEF, il Fondo in oggetto presenta disponibilità per circa 510 mila euro per il 2013.
Articolo 4-bis
(Decoro dei complessi monumentali e di
altri immobili)
L’articolo 4-bis, introdotto durante l’esame al Senato, integra il Codice dei beni culturali e del paesaggio affidando alle Direzioni generali per i beni culturali e paesaggistici e alle Soprintendenze l’adozione di determinazioni che contrastino l’esercizio, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, di attività commerciali e artigianali, in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.
Le norme introdotte elevano a rango legislativo disposizioni già vigenti nell’ordinamento e contenute nella Direttiva ministeriale 10 ottobre 2012, adottata sulla base dell’art. 52 del d.lgs. 42/2004.
La Direttiva del Ministro per i beni e le attività culturali 10 ottobre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 2012, efficace su tutto il territorio nazionale, è finalizzata a contrastare l’esercizio di attività commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree ad essi contermini. In particolare, la direttiva include anche le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico, appartenenti a soggetti pubblici e realizzate da oltre settanta anni, per i quali non sia stato emanato un puntuale provvedimento di vincolo.
A tal fine, con il coordinamento dei Direttori regionali, i Soprintendenti propongono ai competenti enti locali l’individuazione di aree per le quali vietare o sottoporre a condizioni l’esercizio del commercio. Inoltre, gli uffici territoriali del MiBAC collaborano con le amministrazioni locali mediante la segnalazione delle attività commerciali o ambulanti che si svolgano illecitamente in tali aree, perché vengano adottati gli opportuni provvedimenti.
L’esercizio congiunto dei poteri può essere racchiuso, in base alla direttiva, nella forma dell’accordo fra pubbliche amministrazioni volto a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, ai sensi dell’art. 15 della L. 241/1990.
In ogni caso, e indipendentemente dalle attività di collaborazione con i comuni, gli uffici periferici del Mibac devono valutare, in base alla direttiva, la necessità di adottare:
§ appositi provvedimenti di tutela, vietando gli usi non compatibili con il carattere storico o artistico dei beni;
§ prescrizioni di tutela indiretta rispetto alle aree non assoggettate di per sé a tutela, ma costituenti la cornice ambientale di beni culturali direttamente tutelati.
I provvedimenti adottati hanno come diretti destinatari i soggetti proprietari o consegnatari delle aree pubbliche interessate, individuabili nei Comuni. I medesimi provvedimenti sono peraltro destinati a riverberare i loro effetti anche nei confronti dei titolari di diritti di uso individuale delle aree interessate.
In particolare, l’art. 4-bis aggiunge all’articolo 52 del Codice – che, come evidenziato in precedente scheda, prevede che i comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio - il comma 1-bis che prevede l’adozione, da parte delle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e delle Soprintendenze, sentiti gli enti locali, di apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, con specifico riguardo alle attività commerciali e artigianali su aree pubbliche, in forma ambulante o su posteggio, nonché a qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.
La norma in esame ricomprende:
§ le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio;
§ l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico, ove se ne riscontri la necessità.
Si ricorda che l’articolo 70 del D.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, che ha recepito la cd. “direttiva Servizi” è intervenuto a modifica dell’articolo 28 (commi 2, 4 e 13) del D.lgs. n. 114/1998 (cd. decreto “Bersani”) recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”, in materia di commercio sulle aree pubbliche.
Ai sensi del citato articolo 28, il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto (comma 1):
a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;
b) su qualsiasi area, purché in forma itinerante.
L'esercizio del commercio sulle aree pubbliche è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative (comma 2).
L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante e’ rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività (comma 4).
Si ricorda che ulteriori modifiche all’art. 52 del
D.lgs. 42/2004, con l’inserimento di un altro comma 1-bis, sono introdotte con l’art. 2-bis del testo trasmesso dal Senato.
Occorre,
pertanto, procedere al necessario coordinamento dei commi aggiuntivi, dal punto
di vista della numerazione.
Articolo 4-ter
(Valore storico e culturale del carnevale
e di altre antiche tradizioni popolari e di ingegno italiane)
L’articolo 4-ter, introdotto durante l’esame al Senato, riconosce a livello legislativo il valore storico e culturale del carnevale e delle attività e manifestazioni ad esso collegate, nonché di altre antiche tradizioni popolari e di ingegno italiane, e dispone che ne sia favorita la tutela e lo sviluppo in accordo con gli enti locali.
La Convenzione Internazionale
Unesco per la salvaguardia del
patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata
dall’Italia con L. 167/2007, definisce come tale ampie categorie di beni:
tradizioni orali, lingue, arti dello spettacolo, consuetudini sociali, eventi
rituali e festivi, conoscenze ed abilità artigiane che i gruppi e anche gli
individui riconoscono come parte del loro patrimonio culturale (art. 2, co. 1,
della Convenzione).
L’art. 11 della Convenzione affida ad ogni Stato
contraente il compito di individuare gli elementi del patrimonio culturale
immateriale presente sul suo territorio e di adottare i provvedimenti necessari
a garantirne la salvaguardia.
Al riguardo si ricorda che l’art. 7-bis del D.lgs. 42/2004, Codice dei beni
culturali e del paesaggio, assoggetta alle proprie disposizioni le espressioni
di identità culturale collettiva contemplate dalla Convenzione suddetta, nonché
dalla Convenzione per la promozione delle diversità culturali, qualora siano rappresentate da
testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per
l'applicabilità dell'articolo 10, che definisce le varie tipologie di beni
culturali (sulla nozione di bene
culturale, si veda
l’apposito approfondimento pubblicato nella Documentazione di inizio
legislatura).
Articolo 5
(Autorizzazioni di spesa per “Nuovi
Uffizi”, Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, Mausoleo di
Augusto, nonché per interventi di tutela e per celebrazioni)
L’articolo 5, come modificato durante l’esame al Senato, dispone autorizzazioni di spesa, per complessivi 22 milioni di euro, per l’avanzamento di lavori già avviati in alcuni luoghi della cultura, nonché per la tutela di beni culturali che presentano rischi di deterioramento e per celebrazioni di particolari ricorrenze.
Sono previste, in particolare, le seguenti autorizzazioni di spesa:
§ 8 milioni di euro, di cui 1 milione per il 2013 e 7 milioni per il 2014, ai fini della prosecuzione dei lavori per la realizzazione del progetto “Nuovi Uffizi” (comma 1).
Come si legge nel
sito dedicato al progetto dei Nuovi
Uffizi, esso è stato
avviato con un atto di indirizzo dell’ottobre 1999, approvato da una
Commissione di nomina ministeriale composta dalla Soprintendenza ai beni
architettonici di Firenze, dalla Direzione del Museo e da autorevoli studiosi e
storici dell’arte. Il progetto è stato messo a punto nel febbraio 2004 – e,
come faceva presente la relazione illustrativa all’A.S. 1014, nello stesso anno
il Mibac l’ha approvato - e ne è stata elaborata una variante nel 2009.
Il sito fornisce
anche un cronoprogramma
dei lavori, mentre la relazione illustrativa specificava che
per completare il progetto restano da
finanziare lavori per un totale di 50,6 milioni di euro.
Sempre in base
alla stessa relazione, il progetto porterà al raddoppio della superficie
espositiva (da 6.100 mq a 12.900 mq) e alla creazione di nuove aree di servizio
e laboratori (da 5.900 mq a 8.700 mq).
§ 4 milioni di euro, di cui 1 milione per il 2013 e 3 milioni per il 2014, quale contributo per la prosecuzione dei lavori di realizzazione della sede del Museo nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah a Ferrara, istituito in base alla L. 91/2003 (comma 2).
Le norme istitutive del “Museo Nazionale dell’Ebraismo
italiano e della Shoah”, contenute nella richiamata L. 91/2003, sono state
modificate dall’art. 1, co. 1144, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007),
che ne ha integrato e rivisto i compiti, disponendo, tra l’altro, che per le
attività di ricerca e documentazione scientifica il Museo si avvale della
collaborazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), oltre a
quella già prevista della fondazione Centro di documentazione ebraica
contemporanea (CDEC) di Milano.
La gestione del Museo è affidata ad
una Fondazione costituita tra il Ministero per i beni e le attività culturali,
il comune di Ferrara, il CDEC e l’UCEI.
In proposito si ricorda che, per la realizzazione dei
lavori della sede del Museo, la L. 208/2005 aveva autorizzato la spesa di 15
milioni di euro per l'anno 2005, somma già prevista per l’anno 2003 dalla citata
L. 91/2003. Quest’ultima ha, inoltre, autorizzato un onere a regime di 1
milione di euro annui quale contributo per le spese di funzionamento del Museo.
Successivamente, l’articolo 1-novies
del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) ha destinato la somma di 250 mila euro per il
2006 al finanziamento del Museo.
La relazione
illustrativa all’A.S. 1014 faceva presente che il costo totale
dell’intervento sui tre corpi di fabbrica è di 40,8 milioni di euro, mentre il
finanziamento complessivo ancora occorrente è di 31,8 milioni di euro, dei
quali 30 per il secondo lotto e 1,8 per l’allestimento dell’apparato scenografico
necessario per comunicare in modo efficace il materiale esposto. Il primo
lotto, funzionale al restauro dell’edificio ex carcerario nel suo complesso,
risulta già completamente coperto da un finanziamento di 9 milioni di euro.
Specificava, inoltre, che con l’intervento disposto
dal decreto-legge si finanziano parte delle spese previste per il secondo
lotto, che consiste nella costruzione del corpo di entrata al Museo sulla via
Rampari di San Paolo, che completerebbe la sistemazione esterna.
Durante l’esame al Senato sono stati
sostituiti i commi 3 e 4, ed è stato introdotto il comma 3-bis.
Il comma
3, come sostituito, autorizza la spesa di 2 milioni di euro per il 2014
per il restauro del Mausoleo di Augusto,
in Roma, in occasione delle celebrazioni del bimillenario della morte
dell’imperatore.
Nel sito della Soprintendenza
Capitolina ai beni culturali, si legge che “Nell’ambito
del progetto generale di riqualificazione e valorizzazione dell’area del
Tridente, nel centro storico di Roma, l’Amministrazione Capitolina intende
realizzare un intervento di restauro, valorizzazione e apertura al pubblico del
Mausoleo di Augusto, anche in vista del bimillenario della morte
dell’imperatore Augusto, che ricorrerà nell’anno 2014.
Tale intervento, progettato a
seguito di approfondite indagini archeologiche, prevede lavori di
consolidamento e restauro conservativo. Pertanto, è indetta, mediante avviso
pubblico, una manifestazione d’interesse
volta a ricercare soggetti disponibili a finanziare e/o realizzare, in qualità
di sponsor, l’intervento di recupero e restauro del Mausoleo di Augusto,
sulla base di apposito progetto elaborato dalla Sovraintendenza Capitolina. L’importo
minimo della proposta di sponsorizzazione è pari a € 4.300.000,00. Le lettere
di manifestazione di interesse dovranno pervenire entro le ore 12 del giorno 20
gennaio 2013”. Nello stesso sito è presente il progetto di recupero e restauro.
In base ai commi 3-bis e 4, è autorizzata la spesa di 8 milioni di euro, di cui 1 milione per il 2013 e 7 milioni per il 2014, per far fronte a interventi di particolare rilevanza relativi a beni culturali che presentano gravi rischi di deterioramento e a celebrazioni di particolari ricorrenze.
L’individuazione degli interventi è rimessa ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L[15].
La copertura degli oneri derivanti dall’art. 5 è individuata nell’art. 15, alla cui scheda si rinvia.
Articolo 5-bis
(Contributo in favore del Centro Pio
Rajna in Roma)
L’articolo 5-bis, introdotto durante l’esame al Senato,
riprende, con alcune variazioni relative all’arco temporale di riferimento e
alla copertura degli oneri, i contenuti dell’A.C. 5309 della XVI legislatura,
trasmesso al Senato il 21 dicembre 2012 (A.S. 3651).
In particolare,
esso prevede la concessione di un contributo
annuale di 500.000 euro, dal 2013 al 2015, al Centro di studi per la ricerca
letteraria, linguistica e filologica Pio
Rajna (comma 1).
Il contributo è
destinato a sostenere le attività di ricerca storica, filologica e
bibliografica sulla cultura umanistica italiana svolte dal Centro, con
particolare attenzione:
§ alle iniziative
mirate allo sviluppo della ricerca su Dante e sulla sua opera, in occasione del
settimo centenario della morte, nel 2021;
§ all’informatizzazione
della Bibliografia generale della lingua e della letteratura italiana (BiGLI),
al fine di garantirne l’accesso attraverso il sito internet del Centro (comma 2).
Il Centro Pio Rajna è stato
fondato nel 1988 con il compito statutario di promuovere iniziative per lo
sviluppo della ricerca scientifica nei settori letterario, linguistico e
filologico e per la diffusione della cultura umanistica, anche attraverso
scambi socio-culturali in Italia e con l'estero.
Con decreto del Ministro
per i beni e le attività culturali del 19 febbraio 1999 al Centro è stata
riconosciuta la personalità giuridica e ne è stato approvato lo statuto.
Il Centro è stato poi
incluso nella Tabella triennale delle istituzioni culturali ammesse al
contributo ordinario annuale dello Stato ai sensi dell’art. 1 della L. 534/1996
(per la quale si rinvia agli elementi informativi forniti nella scheda relativa
all’art. 4).
La Tabella Triennale
2012-2014, di cui al DM 31 agosto 2012, pubblicato nella GU n. 248 del 23
ottobre 2012, ha previsto la concessione al Centro, per il primo anno del
triennio, di 25.000 euro[16].
Infine, la regione Lazio,
con legge n. 1 del 1994, ha disposto la stipula di una convenzione con il
Centro per partecipare alla pubblicazione della Bibliografia generale della
letteratura italiana, stanziando 200 milioni di lire per il 1993 e disponendo
che per gli anni successivi il contributo sarebbe stato determinato con le
leggi di bilancio, sulla base delle effettive esigenze, in misura comunque non
superiore allo stanziamento disposto per il 1993.
Entro il 31 gennaio
di ogni anno il Centro Pio Rajna trasmette al Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo, al Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca, e al Ministro degli affari esteri, una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente e sull’utilizzo
dei contributi pubblici ricevuti, con specifico riferimento ai contributi
statali e al perseguimento delle finalità indicate.
Entro il
successivo 15 febbraio, i Ministri indicati trasmettono la relazione alle
Camere (commi 3 e 4).
All'onere
derivante dall'attuazione delle misure previste – indicato in 500.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 - si
provvede mediante corrispondente riduzione
della dotazione del Fondo interventi
strutturali di politica economica, come integrata dal D.L. n. 104/2013, in
corso di conversione.
Per il Fondo ISPE si rinvia alla scheda di lettura relativa all’art. 4.
Articolo 5-ter
(Contributo per il funzionamento del Museo
tattile statale “Omero”)
L’articolo 5-ter, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 500.000 euro annui per il triennio 2013-2015, al fine di garantire il funzionamento del Museo tattile statale “Omero” (comma 1).
Il Museo tattile
statale “Omero” è stato istituito
in Ancona con L. 452/1999.
In base alla legge, il Museo Omero raccoglie
materiali, oggetti o perfette riproduzioni delle diverse forme di arti
plastiche e delle manifestazioni storico-culturali dell'organizzazione
dell'ambiente, dello spazio e della vita dell'uomo, al fine di promuovere la
crescita e l'integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere
tra essi la conoscenza della realtà.
Per l’istituzione del Museo la legge ha autorizzato
una spesa di lire 300 milioni nel 1998 e di lire 500 milioni nel 1999, mentre
per il suo funzionamento ha autorizzato una spesa di lire 460 milioni annue a
decorrere dal 1999.
Le risorse per il funzionamento sono allocate sul cap. 1308 dello stato di previsione del
Mibac.
Il DM 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione in capitoli
delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato
per l'anno finanziario 2013 e per il triennio
2013-2015, reca, in corrispondenza del cap. 1308, € 56.711 per il 2013,
€ 45.984 per il 2014 ed € 45.330 per il 2015.
Come indicato nel sito di riferimento, nell'estate del 2012 il Museo ha iniziato il
trasferimento nei nuovi spazi della Mole Vanvitelliana di Ancona. La
realizzazione del nuovo Museo Omero ha come obiettivo la creazione di un
percorso espositivo innovativo e multisensoriale, tecnologicamente avanzato e
articolato su 1500 mq per un totale di circa 300 opere.
Il comma 2 dispone che all’onere derivante dal comma 1 si provvede
ai sensi dell’art. 15, alla cui scheda si rinvia.
Articolo 5-quater
(Tutela dei siti Unesco in provincia di
Ragusa)
L’articolo 5-quater, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di 100.000 euro annui per il triennio 2013-2015 per far fronte a interventi urgenti di tutela dei siti inseriti nel patrimonio Unesco in provincia di Ragusa (comma 1).
Il riferimento sembrerebbe essere, dunque, a Ragusa, Modica e Scicli.
Si ricorda, infatti, che Ragusa, nonché Modica e
Scicli, che insistono sul suo territorio provinciale, sono tre delle otto città
barocche del Val Di Noto dichiarate nel giugno del 2002 “Patrimonio
dell’Umanità” e inserite nella lista
Unesco di protezione del patrimonio mondiale[17].
Le otto città sono state distinte,
in base ai propri caratteri di specifica identità, in tre categorie, richiamate nella World Heritage List:
1. Centri storici (ne fanno parte le città di Caltagirone, Noto e
Ragusa);
2. Ambienti urbani: vie e piazze (Piazza Duomo, Via dei Crociferi e
monumenti limitrofi di Catania; l’antica Via del Corso San Michele di Scicli,
oggi Via F. Mormina Penna);
3. Monumenti (le chiese di: San Giorgio e San Pietro a Modica; San
Sebastiano e San Paolo a Palazzolo Acreide; San Nicolò e Santa Maria della
Stella a Militello Val di Catania).
Il comma 2 dispone che all’onere derivante dal comma 1 si provvede
ai sensi dell’art. 15, alla cui scheda si rinvia.
Articolo 6
(Realizzazione
di centri di produzione artistica e di musica, danza e teatro contemporanei;
contributo annuale alla Fondazione MAXXI)
L’articolo 6 reca disposizioni per favorire il confronto
culturale e la realizzazione di spazi di creazione e produzione artistica,
nonché di musica, danza e teatro contemporanei.
Dispone, inoltre, un’autorizzazione di spesa, a decorrere dal 2014, per il sostegno delle attività della Fondazione MAXXI.
Realizzazione di centri di
produzione artistica e di musica, danza e teatro contemporanei (commi 1-5)
Al fine di favorire il confronto culturale e la realizzazione di spazi di creazione e produzione artistica, nonché di musica, danza e teatro contemporanei, il comma 1, nel testo modificato dal Senato, demanda ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno di ogni anno, l'individuazione, su indicazione dell'Agenzia del demanio, anche sulla base di segnalazione degli stessi soggetti interessati, di beni immobili di proprietà dello Stato, con particolare riferimento alle caserme dismesse e alle scuole militari inutilizzate, da destinare, nel rispetto delle norme vigenti in ordine all'utilizzazione, alla valorizzazione e al trasferimento dei beni immobili pubblici, a studi di giovani artisti[18] italiani e stranieri.
Gli immobili in questione devono essere individuati fra quelli non utilizzabili per altre finalità istituzionali e non trasferibili agli enti territoriali ai sensi del D.lgs. 85/2010.
Il D.lgs. 85/2010, in attuazione della delega di cui all'art. 19 della L. n. 42/2009, in materia di federalismo fiscale, prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, operata attraverso uno o più DPCM, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi. Tuttavia, il d.lgs. 85/2010 aveva delineato un complesso percorso di individuazione e di attribuzione, a titolo gratuito, a diversi livelli di governo sub statale, di beni immobili, demaniali o patrimoniali, di proprietà dello Stato, articolato in diverse fasi, che coinvolgeva anche la Conferenza unificata Stato-Regioni-Città, ai fini dell'acquisizione delle prescritte intese, ovvero dei pareri. Tale procedura ha comportato una dilatazione dei tempi del procedimento, costringendo il legislatore ad emanare in taluni casi, nell’ambito di provvedimenti di urgenza, norme che hanno interessato singole tipologie di beni (quali, ad esempio, i beni culturali), al fine di accelerarne il trasferimento.
Da ultimo, l’art. 56-bis del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha rinnovato la procedura di trasferimento dei beni demaniali, prevedendo nel periodo dal 1° settembre 2013 al 30 novembre 2013 la possibilità per gli enti territoriali di fare richiesta all’Agenzia del demanio di attribuzione di tali beni, eccetto le tipologie specificamente indicate. In particolare, non possono essere trasferiti i beni in uso per finalità dello Stato o per quelle in materia di razionalizzazione degli spazi e di contenimento della spesa; i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l’uso per le medesime finalità; i beni per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione ai sensi dell’articolo 33 del D.L. 98/2011. Tale ultima norma ha previsto la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari (gestito da una società di gestione del risparmio a totale partecipazione pubblica: Invimit S.p.A.) con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti.
Al riguardo si segnala che la normativa vigente (organicamente modificata dall’articolo 27 del D.L. 201/2011) prevede altri strumenti per la valorizzazione economica e sociale del territorio attraverso il migliore utilizzo degli immobili pubblici. Oltre ai nuovi veicoli finanziari e societari per incrementare il valore economico e sociale dei patrimoni immobiliari pubblici (art. 33 e art. 33-bis del D.L. 98/2011), si segnalano i Programmi unitari di valorizzazione territoriale, le concessioni di lunga durata e i veicoli societari e finanziari previsti dal D.L. 351/2001. L’art. 58 del D.L. 112/2008 prevede, inoltre, che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e delle società interamente partecipate dagli enti territoriali, ciascun ente individui i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione, e predisponga un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, allegato al bilancio di previsione.
In base al comma 3-bis, introdotto durante l’esame al Senato, tra i beni immobili da destinare a studi di giovani artisti italiani e stranieri possono essere inseriti anche i beni confiscati alla criminalità organizzata ai sensi del codice delle leggi antimafia, di cui al d.lgs. 159/2011.
Il d.lgs. 159/2011 delinea, all'art. 48, co. 3, le possibili
destinazioni dei beni immobili confiscati all'esito di un procedimento di
prevenzione. Tra queste destinazioni si segnalano:
§
il
mantenimento del bene al patrimonio dello Stato, per finalità di giustizia, di
ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi
governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali
di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti
pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si
debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle
vittime dei reati di tipo mafioso;
§
il
trasferimento dell'immobile per finalità istituzionali o sociali, in via
prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al
patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali, anche
consorziandosi o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente il
bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo
gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e
parità di trattamento, a comunità, anche giovanili, ad enti, ad
associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni
di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche, nonché alle
associazioni di protezione ambientale riconosciute;
§
come
ultima possibilità, la vendita.
Ragioni
sistematiche suggeriscono di inserire ogni novella relativa alla destinazione
dei beni confiscati alla criminalità nel corpo del recente Codice antimafia.
Proprio in
relazione alla normativa generale, occorre esplicitare se la previsione del
comma 3-bis intenda derogare all'art. 48, comma 3, del suddetto Codice,
consentendo allo Stato di destinare gli immobili, oltre che a istituzioni
culturali di rilevante interesse, anche agli studi dei giovani artisti. Resta
peraltro da verificare se tali immobili possano essere definiti (secondo quanto
previsto dal comma 1 dell’articolo 6 in esame) come «non trasferibili agli enti
territoriali ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85», posto che la
destinazione al patrimonio di comuni, province e regioni è espressamente
prevista dallo stesso Codice Antimafia per i beni immobili confiscati.
In base al comma 4, anche le regioni e gli enti locali possono concedere beni con le stesse modalità, su richiesta dei soggetti interessati, come definiti al comma 2.
Il comma 2 è stato interamente sostituito nel corso dell’esame al Senato.
La nuova formulazione del testo stabilisce che i beni individuati ai sensi del comma 1 sono locati o concessi per un periodo non inferiore a 10 anni ad un canone mensile simbolico non superiore a 150 euro, con oneri di manutenzione ordinaria a carico del locatario o concessionario.
Tali beni sono locati o concessi esclusivamente a cooperative di artisti ed associazioni di artisti (quindi, non a singoli artisti), residenti nel territorio italiano, dall'ente gestore che predispone un bando pubblico ai fini dell'assegnazione dei beni ai progetti maggiormente meritevoli. I beneficiari devono dimostrare il possesso, da parte dei soci o degli associati, di un adeguato progetto artistico-culturale.
L'eventuale sub-concessione o sub-locazione deve essere preventivamente autorizzata dall'ente gestore.
Al riguardo sembrerebbe opportuno chiarire
se per “ente gestore” si debba intendere il MIBACT.
Rispetto al testo del D.L.[19] le principali novità intervenute riguardano:
§ la misura del canone di locazione o concessione;
§ la necessità di residenza in Italia per poter usufruire del beneficio;
§ l’eliminazione del riferimento ad una fascia di età predeterminata.
Le entrate[20] derivanti dalle locazioni o concessioni sono iscritte in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione di 1 milione di euro. Il fondo è destinato all'erogazione di contributi a fondo perduto a favore delle cooperative di artisti ed associazioni di artisti che compiano opere di manutenzione straordinaria, in proporzione alle spese sostenute. L’individuazione dei criteri di assegnazione di tali contributi, nell’ambito e nel limite delle risorse di tale fondo, è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Il decreto deve essere riferito al Ministro
dell’economia e delle finanze, e non al Ministero.
Il comma 5, sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che all'onere
derivante dall'attuazione del comma 2, nella
nuova formulazione disposta dal senato, si provvede mediante corrispondente
riduzione della parte corrente dell'autorizzazione di spesa per la manutenzione e la conservazione dei beni
culturali, disposta, a decorrere dal 2011, dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.L. 34/2011 (L. 75/2011).
La norma richiamata ha autorizzato, in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, la spesa di 80 milioni annui per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali.
Al riguardo si ricorda che
l’autorizzazione di spesa in questione è già stata ridotta da varie
disposizioni intervenute nel prosieguo[21] e che ulteriori riduzioni derivano dal comma 5-bis del presente articolo, nonché dall’art. 9 del D.L. in esame.
Si segnala, al riguardo, che l’articolo 15, comma 2-bis, precisa che le disposizioni di cui all'articolo 6, commi da 1 a 5, come riformulate nel corso dell’esame al Senato, si applicano, a decorrere dall'anno 2014, nel limite di spesa complessivo di 2 milioni di euro, incluse le spese di manutenzione straordinaria degli immobili e le eventuali minori entrate per il bilancio dello Stato, derivanti dalla nuova formulazione del testo.
Il comma 3 – nel testo come modificato nel corso dell’esame al Senato – prevede l’emanazione, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, di un ulteriore decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la definizione delle modalità di utilizzo dei beni per finalità artistiche, nonché delle modalità di sponsorizzazione degli stessi beni, anche al fine di sostenere, in tutto o in parte i costi connessi alla relativa locazione, concessione, gestione e valorizzazione.
Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto, infine, il comma 1-bis, che prevede che, nel caso in cui l'attività dei giovani artisti riguardi progetti architettonici di abbellimento di edifici pubblici e preveda l'esecuzione di opere d'arte di pittura e scultura, nonché di decorazione interna ed esterna, gli stessi artisti possono usufruire di una parte della quota del 2 per cento prevista dall'art. 1 della L. 717/1949, concernente l’abbellimento di edifici pubblici mediante opere d’arte.
La L. 717/1949 è nota come «legge del 2%», in quanto ha reso obbligatorio, per tutta l'edilizia pubblica di nuova realizzazione, destinare all’abbellimento di tali edifici con opere d'arte una quota non inferiore al 2% della spesa totale prevista nel progetto, indipendentemente dall’importo dei lavori. Tale percentuale è stata poi rimodulata dall’articolo 47 del D.L. 1/2012, che ha fissato percentuali decrescenti al crescere dell’importo dei lavori, in luogo della percentuale fissa del 2%.
In particolare, l’art. 1 della L. 717/1949 prevede che le Amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, nonché le regioni, le province, i comuni e tutti gli altri enti pubblici, per l'esecuzione di nuove costruzioni di edifici pubblici destinano all'abbellimento di essi, mediante opere d'arte, una quota della spesa totale prevista nel progetto non inferiore alle seguenti percentuali:
- due per cento per gli importi pari o superiori ad un milione di euro ed inferiore a cinque milioni di euro;
- un per cento per gli importi pari o superiori a cinque milioni di euro ed inferiore a venti milioni di euro;
- 0,5 per cento per gli importi pari o superiori a venti milioni di euro.
Sono escluse da tale obbligo le costruzioni e ricostruzioni di edifici destinati ad uso industriale o di edilizia residenziale pubblica, sia di uso civile che militare, nonché gli edifici a qualsiasi uso destinati, che importino una spesa non superiore a un milione di euro.
Nei casi in cui edifici siano eseguiti per lotti separati ed anche in tempi successivi, ai fini dell'applicazione della legge si ha riguardo alla spesa totale prevista nel progetto.
Sono escluse da tale obbligo le costruzioni e ricostruzioni di edifici destinati ad uso industriale o di alloggi popolari, nonché gli edifici a qualsiasi uso destinati, che importino una spesa non superiore a 1 miliardo.
A formare la quota del 2 per cento non concorrono le somme che eventualmente siano state previste per opere di decorazione generale.
Qualora il progetto architettonico non preveda l'esecuzione in sito di opere d'arte di pittura e scultura, il 2 per cento verrà devoluto all'acquisto ed all'ordinazione di opere d'arte mobili di pittura e di scultura, che integrino la decorazione, degli interni.
Si segnala, infine, che l’8a Commissione Lavori pubblici del Senato, nel parere approvato l’11 settembre 2013 con riguardo al decreto legge in commento, ha sottolineato la necessità di dare concreta attuazione alle disposizioni della legge n. 717 del 1949.
Contributo annuale alla
Fondazione MAXXI (comma 5-bis)
Il comma 5-bis, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa annua di 5 milioni di euro, a decorrere dal 2014, per il sostegno delle attività della Fondazione MAXXI.
L’autorizzazione di spesa è destinata ad incrementare il fondo di gestione della Fondazione.
Al riguardo si ricorda che l’art. 25 della L. 69/2009
ha previsto la trasformazione del “Centro per la documentazione e la
valorizzazione delle arti contemporanee”, istituito nel 1999 a Roma come polo
nazionale espositivo dedicato all’arte e all’architettura contemporanee, in fondazione
di diritto privato Fondazione MAXXI-Museo nazionale delle arti del XXI secolo,
per incrementarne la dotazione di bilancio attraverso la partecipazione di
privati ed enti locali. Sono rimasti fermi i compiti di raccolta,
valorizzazione ed esposizione delle testimonianze materiali della cultura
visiva internazionale.
La Fondazione è sottoposta alla vigilanza del MIBACT
in ordine al conseguimento di livelli adeguati di pubblica fruizione delle
opere d’arte e delle raccolte.
Per la partecipazione del Mibac al fondo di gestione
della fondazione, l’art. 25 citato ha autorizzato, a titolo di contributo per
le spese di funzionamento, la spesa di 1,6 milioni di euro nel 2009, 1,8
milioni di euro nel 2010 e 1,4 milioni
di euro dal 2011.
Il DM 111878 del 31
dicembre 2012 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare
relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e
per il triennio 2013-2015 indica la somma
di € 900.042 per il 2014 e di € 887.239
per il 2015, oltre che di € 2.265.880 per il 2013, allocati sul cap.5514.
Per il 2014,
dunque, sulla base dell’autorizzazione di spesa disposta dal comma in esame, i
fondi ammonterebbero ad € 5.900.042.
All’onere si
provvede, anche in questo caso, mediante corrispondente riduzione della parte
corrente dell’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.L. 34/2011 (L. 75/2011) (si
veda ante).
In
considerazione dell’introduzione del comma 5-bis, la rubrica dell’art. 6
dovrebbe essere integrata.
Capo II – Disposizioni urgenti per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo
Articolo 7
(Promozione della musica di giovani
artisti e compositori emergenti e di eventi di spettacolo dal vivo)
L’articolo 7, come modificato durante l’esame al Senato, concede un credito d’imposta alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali, nonché alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, al fine di sostenere il mercato dei contenuti musicali e l'offerta di opere dell'ingegno e di promuovere lo sviluppo di artisti emergenti.
Reca, inoltre, disposizioni finalizzate ad eliminare alcune autorizzazioni per eventi di spettacolo dal vivo di piccola portata.
In particolare, il comma 1 fissa il credito d'imposta nella misura del 30% dei costi sostenuti per sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni musicali. Il credito è riconosciuto per il triennio 2014-2016, fino all'importo di 200.000 euro nei tre anni di imposta (soglia de minimis) e nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui.
Destinatarie della disposizione sono le imprese produttrici di fonogrammi e videogrammi musicali, come definite dall’art. 78 della L. 633/1941, nonché le imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo[22], esistenti almeno da 1° gennaio 2012.
L'articolo 78 della L. 633/1941 definisce come produttore di fonogrammi "la persona fisica o giuridica che assume l'iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazioni di suoni". Il luogo di produzione è quello ove avviene la diretta registrazione originale.
I commi dal 2 al 4 recano ulteriori specificazioni in merito al credito d'imposta, con particolare riferimento alle condizioni di accesso al beneficio.
Il comma 2 specifica che il credito è concesso esclusivamente per opere prime o seconde[23], escluse le demo autoprodotte[24], di nuovi artisti, gruppi di artisti, compositori o artisti-interpreti[25]. Nel caso di gruppi di artisti, il gruppo può usufruire del credito di imposta solo se nello stesso anno non ne abbia usufruito più della metà dei componenti[26].
Il comma 3 stabilisce che il credito d'imposta è concesso alle imprese che spendono almeno l'80% del beneficio concesso nel territorio nazionale favorendo la formazione e l'apprendistato in tutti i settori tecnici coinvolti.
Ai sensi del comma 4, le imprese devono essere “indipendenti”, ovvero non devono essere controllate da un editore di servizi media audiovisivi.
Si prevede, inoltre, il necessario rispetto dei limiti della regola de minimis di cui al regolamento CE n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 che si applica dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
Si ricorda che la normativa europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne i casi esplicitamente indicati. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate alla Commissione, che ne valuta la compatibilità. A tale proposito l'articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (ex articolo 88, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, TCE) contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87, paragrafo 1, TCE).
Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica in virtù del regolamento (CE) n. 994/98. A tale riguardo gli aiuti concessi su un periodo di tre anni (tre esercizi finanziari) e che non superano la soglia dei 200.000 euro non vengono considerati aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE (c.d. aiuti de minimis).
Il comma 5 prevede le modalità di concessione del credito d'imposta. Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sui redditi e alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP. Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Inoltre il credito non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 (deducibilità degli interessi passivi) e 109, comma 5 (deducibilità delle spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
L'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997 dispone che i contribuenti che vantano dei crediti per imposte possono compensare il suddetto importo portandolo in riduzione dalle somme a debito dovute a titolo di imposte, tasse, tributi o contributi. Al fine di contrastare gli indebiti utilizzi del credito d’imposta alcune misure sono già state introdotte dall’articolo 10 del D.L. n. 78/2009 ai sensi del quale la compensazione di crediti IVA superiori a 10.000 euro, effettuabile esclusivamente in via telematica, è ammessa solo se il credito risulta espressamente nella dichiarazione annuale o trimestrale IVA. Inoltre, se il credito IVA è superiore a 15.000 euro, ai fini della compensazione è richiesto che la dichiarazione sia corredata dal visto di conformità da parte dei soggetti abilitati (c.d. “visto leggero”) ovvero che la dichiarazione sia sottoscritta anche dal soggetto cui è demandato il controllo contabile ai sensi dell’articolo 2409-bis del codice civile (revisore legale dei conti o società di revisione iscritta nell’apposito albo).
L'art. 61 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Il successivo art. 109, comma 5, dispone che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Il comma 6 stabilisce che le disposizioni applicative dell'articolo in esame devono essere stabilite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il decreto dovrà, in particolare, fissare, oltre alle disposizioni relative alle tipologie di spese eleggibili, e alle soglie massime di spesa eleggibile per ogni registrazione, nonché alle modalità di verifica e accertamento delle stesse, anche le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti. A tale proposito, si richiama l'art. 1, co. 6, del D.L. 40/2010 (L 73/2010).
L'art. 1, co. 6, del D.L. 40/2010 reca disposizioni finalizzate a garantire un più efficace contrasto agli indebiti utilizzi dei crediti d’imposta effettuati attraverso la compensazione degli stessi per il pagamento di altre tasse, tributi o contributi ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997. In particolare, si introduce l’obbligo della trasmissione - da parte dell’Agenzia delle entrate alle amministrazioni e agli enti tenuti al recupero delle somme indebitamente fruite - dei dati relativi ai crediti d’imposta indicati nelle dichiarazioni dei redditi ovvero ai crediti utilizzati in compensazione nei versamenti unitari effettuati con modello F24. Le somme recuperate dalle amministrazioni e dagli enti coinvolti nell’attività di contrasto alle frodi fiscali, devono essere riversate all’entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite nelle casse erariali.
Si segnala che la Corte costituzionale, con sentenza 18-21 aprile 2011, n. 152 ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità della norma citata nella parte in cui stabilisce che le entrate derivanti dal recupero dei crediti d'imposta «sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario», anche con riferimento a crediti d'imposta inerenti a tributi che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio della Regione siciliana.
Il comma 7 rimanda all'articolo 15 per la copertura degli oneri che, come stabilito dal tetto di spesa fissato dal comma 1, risultano essere pari a 4,5 milioni per ciascuno degli anni 2014-2016.
Il
comma 8 abroga i commi 287 e 288 dell'articolo 1 della L. 296/2006 (L. finanziaria 2007), i quali prevedevano un credito
d’imposta per fattispecie analoghe, ma che, tuttavia, non avevano trovato alcuna attuazione.
Il comma 287 citato concedeva alle piccole e medie imprese di produzioni musicali di beneficiare di un credito d’imposta per le spese di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti. Il comma 288 limitava l’accesso all’agevolazione disposta dal comma 287 alle sole imprese con un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 15 milioni di euro e non possedute, direttamente o indirettamente, da un editore di servizi radiotelevisivi.
Le norme non prevedevano alcuna scadenza temporale per quanto riguarda la spettanza del credito (quindi è da presumere che il credito valesse a decorrere dall'anno 2007 ed a regime), né veniva fissato l'ammontare del credito di imposta. Inoltre non era precisato se tale credito concorresse o meno alla formazione del reddito o della base imponibile ai fini IRAP e se rilevasse ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 (deduzione degli interessi passivi) e 109, comma 5 (determinazione del reddito di impresa) del TUIR. Infine, non era previsto alcun decreto attuativo, né specifiche su eventuali attività di controllo da parte degli uffici finanziari circa la spettanza del beneficio in argomento.
Si segnala che nel bilancio per il 2007, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, era stato previsto il capitolo 3882 “Somme da versare all’entrata del bilancio dello Stato per i crediti d’imposta fruiti dalle piccole e medie imprese di produzioni musicali a titolo di spesa di produzione, di sviluppo, di digitalizzazione e di promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali per opere prime o seconde di artisti emergenti”. Tuttavia su tale capitolo non erano previsti stanziamenti, né in termini di competenza né di cassa. Il capitolo 3882 è stato successivamente soppresso.
Il comma 8-bis, introdotto durante l’esame al Senato, apporta alcune novelle al TU delle leggi di pubblica sicurezza (RD. 773/1931), finalizzate ad eliminare l’autorizzazione per eventi di spettacolo dal vivo di piccola portata.
In particolare, le novelle riguardano gli articoli 68, 69 e 71 del TULPS, che disciplinano il rilascio di una licenza per feste da ballo, spettacoli o intrattenimenti in luogo pubblico.
L’articolo 68
del TULPS stabilisce che occorre la licenza
del Questore per dare in luogo pubblico aperto, ovvero esposto al pubblico,
accademie, feste da ballo, corse di cavalli e spettacoli di simile tenore. Inoltre,
in mancanza di tale licenza, è vietato aprire
o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione[27].
Con specifico riferimento alle feste da ballo in luogo
esposto al pubblico, la Corte costituzionale, con sentenza n. 142/1967, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della
prevista licenza del Questore, rispetto all'art. 17 della Costituzione.
In seguito, con sentenza
n. 56/1970, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 68 nella parte in cui impone la licenza del Questore per gli intrattenimenti che si tengono in luoghi aperti al pubblico e che non siano indetti nell'esercizio di
attività imprenditoriali.
L’articolo 69 del
TULPS dispone che è necessaria la licenza
dell’autorità locale di pubblica sicurezza per dare, anche temporaneamente,
nell’esercizio di attività
imprenditoriali, intrattenimenti
pubblici, esposizione al pubblico di rarità, di persone, di animali e di
altri oggetti di curiosità. Senza tale licenza viene inoltre vietato di dare
audizioni all'aperto.
Ferme restando le previsioni degli articoli 68 e 69 del TULPS sopra indicate, il comma 8-bis dispone che, per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si sviluppano entro la mezzanotte del giorno di inizio, la licenza del Questore e dell’autorità locale di pubblica sicurezza è sostituita con una segnalazione certificata di inizio attività presentata allo sportello per le attività produttive o ufficio analogo.
Opera, poi, il necessario coordinamento nell’art. 71 del TULPS, che stabilisce che le licenze sono valide esclusivamente per il locale e per il tempo in esse indicati, estendendo tale previsione anche alla segnalazione certificata di inizio attività introdotta negli artt. 68 e 69.
Si ricorda che l’art. 49, co. 4-bis, del D.L. 78/2010 (L: 122/2010), novellando l’art. 19 della L. 241/1990, ha sostituito la Dichiarazione di inizio attività (DIA) con la Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), che consente di avviare immediatamente l’attività di impresa depositando presso l’amministrazione competente a effettuare i controlli una serie di certificazioni sostitutive di provvedimenti autorizzativi vincolati che attestano la presenza dei requisiti e degli adempimenti previsti in via regolamentare. Quindi, più in particolare, quando l’attività amministrativa è rivolta esclusivamente all’accertamento di determinati requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi, l’esercizio dell’attività imprenditoriale, commerciale o artigianale può iniziare nello stesso momento in cui è consegnata la SCIA, che va direttamente a sostituire gli atti di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni ad albi o ruoli. L’amministrazione destinataria della segnalazione è tenuta a svolgere i controlli di regolarità e legittimità entro 60 giorni dalla data di deposito della documentazione.
Peraltro, lo stesso articolo 19 della legge 241/1990 esclude l’applicabilità della SCIA quando i provvedimenti autorizzativi riguardano:
· vincoli ambientali, paesaggistici o culturali;
· atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco;
· atti imposti dalla normativa comunitaria.
Si segnala che i casi cui si riferisce la norma in esame non sembrano
rientrare nel campo di applicabilità della SCIA, come introdotta dall’articolo
19 della legge 241/1990, in quanto si tratta di autorizzazioni rilasciate dalle
“amministrazioni preposte alla pubblica sicurezza”. Occorrerebbe, pertanto,
esplicitare se si sia in presenza di una deroga rispetto a quanto previsto
dallo stesso articolo 19 della legge 241/1990.
Articolo 8
(Tax credit cinema e opere audiovisive, tavolo
tecnico “Europa creativa”, licenze per
esercitare sale cinematografiche)
L’articolo 8, come modificato durante l’esame al Senato, rende permanenti, dal 1° gennaio 2014, i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dalla legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) e li estende - dalla medesima data - anche ai produttori indipendenti di opere audiovisive.
Durante l’esame al Senato, è stata, inoltre, prevista la costituzione di un tavolo tecnico presso il MIBACT con riferimento al programma UE “Europa creativa” e sono state eliminate alcune misure di sicurezza da verificare ai fini del rilascio delle licenze per esercitare sale cinematografiche.
Il comma 1 rende permanenti, dal 1° gennaio 2014, i crediti d’imposta per la produzione, la distribuzione e l’esercizio cinematografico previsti dall’articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della L. 244/2007.
Si rammenta che tali crediti d’imposta erano stati prorogati al 2014 dall’art. 11 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), nel limite massimo di spesa di 45 milioni di euro. Lo stesso articolo aveva previsto l’intervento di un provvedimento dell'Agenzia delle entrate (non ancora emanato) per la definizione di termini e modalità di fruizione dei crediti di imposta.
Occorrerebbe, pertanto, disporre un coordinamento con l’art. 11 del
D.L. 69/2013, anche in considerazione del fatto che, come si vedrà infra,
l’articolo 8 in commento individua nuove modalità di definizione delle
disposizioni applicative.
I meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico sono stati introdotti dalla L. 244/2007 per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi. Tali agevolazioni sono state successivamente prorogate a partire dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 dall’art. 2, co. 4, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011). Da ultimo, come già indicato ante, è intervenuto il D.L. 69/2013 che ha prorogato tali incentivi per tutto il 2014.
I commi 325-328 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008 riconoscono, in primo luogo, un credito di imposta ai soggetti passivi IRES e ai titolari di reddito di impresa a fini IRPEF, che non appartengono alla filiera del settore cinematografico ed audiovisivo (c.d. tax credit esterno) nella misura del 40% degli apporti in denaro effettuati per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 28/2004, entro il limite massimo di 1 milione di euro e purché sia rispettato il c.d. “requisito di territorialità” (obbligo di utilizzare l’80% di detti apporti nel territorio nazionale, impiegando manodopera e servizi italiani).
Per le imprese interne alla filiera del cinema (c.d. tax credit interno) vengono invece riconosciuti, ai fini delle imposte sui redditi, crediti di imposta differenziati in varie percentuali e con determinati limiti massimi, a seconda che si tratti di imprese di produzione cinematografica, di imprese di distribuzione cinematografica, ovvero di imprese di esercizio cinematografico. I suindicati crediti d’imposta, con riferimento alla stessa opera filmica, non sono in ogni caso cumulabili a favore della stessa impresa ovvero delle imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario, o ancora di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione o controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto, secondo le norme civilistiche.
I commi 330-332 stabiliscono i limiti massimi degli apporti ammessi ai fini del calcolo dei crediti di imposta e alla partecipazione complessiva agli utili degli associati e le condizioni per il riconoscimento del credito d’imposta che, tra l’altro, può essere fruito a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film (di cui alla L. 161/1962) e previa attestazione, rilasciata dall’impresa di produzione cinematografica, del rispetto delle condizioni richieste dalla legge. Il comma 333 ha demandato ad un decreto del MiBAC la fissazione delle disposizioni applicative delle disposizioni contenute ai suindicati commi. E’ pertanto intervenuto il D.M. 7 maggio 2009 che ha dettato la disciplina di dettaglio per la concessione dei crediti d’imposta in esame - e divieti di cumulo - per le imprese di produzione cinematografica in relazione alla realizzazione di opere cinematografiche. Successivamente, è stato inoltre emanato il D.M. 21 gennaio 2010 con riferimento ai crediti di imposta concessi alle imprese non appartenenti al settore cine-audiovisivo e alle imprese di distribuzione ed esercizio cinematografico, sia per l’attività di produzione, sia per quella di distribuzione di opere cinematografiche.
Il comma 334 stabilisce che l’efficacia delle agevolazioni introdotte sia subordinata all’autorizzazione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato. I crediti d’imposta di cui è possibile fruire, pertanto, devono essere riferiti esclusivamente a spese sostenute successivamente a tale atto autorizzatorio. In proposito si ricorda che, da ultimo, la Commissione europea, con atto C(2011) 4984 definitivo del 6 luglio 2011 ha deciso di non sollevare obiezioni sul regime di proroga fino al 31 dicembre 2013 delle agevolazioni fiscali in commento. Infatti, la proroga e l’aumento della dotazione delle misure non hanno modificato la valutazione iniziale riguardante la compatibilità dei regimi già approvati dalla Commissione con atti N595/2008 e C25/2009 (ex- N673/08).
Il comma 335 attribuisce, inoltre, un credito d’imposta per spese relative a manodopera italiana: alle imprese di produzione esecutiva e di
post-produzione nazionali viene riconosciuto un credito d’imposta, utilizzando
manodopera italiana, del 25% dei costi
di produzione, entro il limite
massimo di 5 milioni di euro per ciascun film, su commissione di produzioni
estere di pellicole, o loro parti, girate sul territorio nazionale. Le norme
attuative di tale agevolazione, da emanarsi con decreto del MiBAC come previsto
al comma 336, sono contenute nel
sopra richiamato D.M. 7 maggio 2009.
Il comma 337 stabilisce, infine, che i crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, non concorrono alla formazione del reddito ai fini fiscali, alla formazione del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile.
Ai sensi del comma 2, dal 1º gennaio 2014 i predetti benefici fiscali sono estesi ai produttori indipendenti di opere audiovisive, come definiti nel comma 5.
In base a quest’ultimo, ai soli fini della concessione dei crediti d’imposta, per “produttori indipendenti di opere audiovisive” si intendono gli operatori di comunicazione che svolgono attività di produzioni audiovisive e che non sono controllati da o collegati a emittenti, anche analogiche, che per un periodo di tre anni non destinino almeno il novanta per cento della propria produzione ad una sola emittente e che detengano diritti, relativi alla trasmissione delle opere sulle quali sono richiesti i benefici, secondo specifiche disposizioni affidate ad un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentito il Ministro dello sviluppo economico.
Il comma 4 dispone, infatti, che con tale decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., sono definite:
§ le disposizioni applicative dei commi 1 e 2 (sui crediti d’imposta in favore del settore cinematografico e dei produttori indipendenti di opere audiovisive);
§ le norme volte a garantire il rispetto del limite massimo di spesa per le due tipologie di beneficio, pari a 110 milioni di euro, di cui al comma 3, anche con riferimento ai limiti da assegnare rispettivamente al tax credit per il cinema e a quello relativo ai produttori indipendenti di opere audiovisive;
§ le “specifiche disposizioni” riguardanti i produttori indipendenti di opere audiovisive destinatari del tax credit (ai sensi del comma 5).
La definizione di “produttore indipendente” di opere audiovisive
prevista dall’articolo in esame ai fini della concessione dei benefici fiscali
appare più rigorosa di quella
prevista dall’art. 2, co. 1, lett. p),
del D.lgs. 177/2005. In base a quest’ultimo, infatti, per “produttori
indipendenti”, si intendono gli operatori di comunicazione europei che svolgono
attività di produzioni audiovisive e che non sono controllati da o collegati a
emittenti, anche analogiche, o che
per un periodo di tre anni non destinino almeno il 90 per cento della propria
produzione ad una sola emittente, anche analogica.
Ai sensi del comma 6, gli oneri recati dalle norme in esame sono pari a 65 milioni per l'anno 2014 (che si sommano ai 45 milioni di euro previsti per l’anno 2014 dall’art. 11 del D.L. 69/2013) e 110 milioni a decorrere dal 2015 e la loro copertura finanziaria è compresa all’interno delle disposizioni finanziarie di cui all’articolo 15, alla cui scheda di lettura si rinvia.
Infine, il comma 7 subordina l'efficacia delle disposizioni introdotte, recanti misure qualificabili come aiuti di Stato, alla preventiva all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’UE, affidando il compito di richiedere tale autorizzazione al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Il comma
8, introdotto durante l’esame al
Senato, abroga l’art. 117 del R.D. 635/1940, regolamento per l'esecuzione
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS: R.D. 773/1931), recante
misure di sicurezza da verificare ai
fini del rilascio delle licenze per
esercitare sale cinematografiche.
In base all’art. 117 del
R.D. 635/1940, per il rilascio della licenza di esercizio di sale
cinematografiche è necessario accertare la capacità
tecnica degli operatori e la sistemazione
della cabina in modo che non comunichi direttamente con la sala e con il
pubblico, al fine di evitare
propagazioni di un eventuale principio di incendio.
L’accertamento dei predetti
requisiti deve essere effettuato dalla Commissione di vigilanza di cui all’art.
141 del citato Regolamento di esecuzione del TULPS.
L’art. 117 prevede,
inoltre, la presenza di un apposito
dispositivo di sicurezza, approvato dal Ministero dell’interno, di cui
devono essere dotate le macchine di proiezione delle pellicole, atto a prevenire la possibilità d'incendio e ad assicurare in tale eventualità l’illuminazione
automatica ed istantanea della sala e dei locali di servizio. Si segnala, in
proposito, che, in base all’art. 2 del D.lgs. n. 534/1948, l’impianto della
cabina e il dispositivo di sicurezza non sono obbligatori per i locali adibiti
a proiezioni cinematografiche con pellicole a passo ridotto, a patto che le
proiezioni siano effettuate con pellicole
non infiammabili.
Appare utile ricordare, in proposito, che, in base ai dati Media Salles, sito italiano del Programma Media dell'Unione Europea, finalizzato, tra l’altro, al monitoraggio del c.d. switch off alla tecnologia digitale delle sale cinematografiche, già dal 2012 oltre la metà degli schermi in Europa è passata al digitale. In Italia tale dato si attesta al 46,8%, stimato in progressiva crescita nei prossimi anni.
Il comma 9 dispone l’istituzione presso il MIBACT di un tavolo tecnico operativo in riferimento al programma “Europa creativa”, promosso dalla Commissione europea per il periodo 2014-2020 (si veda, infra, apposita scheda).
Il tavolo - che è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica - deve coinvolgere in maniera diretta i soggetti potenziali destinatari del programma.
La sua composizione sarà definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Nell'ambito delle azioni previste nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020, il 23 novembre 2011 la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento relativa al programma "Europa creativa" (COM(2011)785), che intende valorizzare le esperienze dell’UE a sostegno dei settori della cultura e degli audiovisivi.
Il programma si articolerà in tre sezioni:
▪ una sezione trasversale, che comprende la creazione di nuovi strumenti di garanzia finanziaria per l’accesso al credito dei piccoli operatori culturali e delle PMI culturali e creative, e misure che promuovono una cooperazione politica transnazionale;
▪ una sezione Cultura;
▪ una sezione MEDIA.
Gli obiettivi generali saranno: la protezione e la promozione della diversità culturale e linguistica europea, nonché il rafforzamento della competitività del settore. In tal modo il programma darà il suo contributo alla strategia Europa 2020 e alle sue iniziative faro.
Gli obiettivi specifici saranno i seguenti:
- sostenere la capacità dei settori culturali e creativi europei di operare a livello transnazionale anche mediante il rafforzamento dei rapporti e delle reti tra operatori;
- promuovere la circolazione transnazionale delle opere e degli operatori culturali e creativi e raggiungere nuovi pubblici in Europa e nel mondo;
- rafforzare la capacità finanziaria dei settori culturali e creativi;
- sostenere la cooperazione politica transnazionale in modo da favorire lo sviluppo di politiche, l'innovazione, la costruzione del pubblico e nuovi modelli di business.
Dopo l’accordo sul quadro finanziario pluriennale raggiunto a giugno scorso da Parlamento europeo e Consiglio, la dotazione del programma per l’intero periodo è passata da 1,8 miliardi di euro della proposta della Commissione a 1,28 miliardi di euro. Di conseguenza, l’incremento rispetto al budget del settennio precedente è passato dal 34 al 10%.
La dotazione di bilancio indicativa sarà ripartita come segue: 15% per la sezione trasversale, 30% per la sezione Cultura e 55% per la sezione MEDIA.
La proposta di regolamento, che segue la procedura legislativa
ordinaria, è all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio.
Articolo 9
(Contributi allo spettacolo dal vivo)
L’articolo 9:
§
prevede, a
decorrere dal 1° gennaio 2014, la rideterminazione dei criteri per l’erogazione e delle modalità per la liquidazione e
l’anticipazione dei contributi allo
spettacolo dal vivo;
§
dispone in
materia di trasparenza relativa agli incarichi nei relativi enti e in materia
di esenzioni dall’imposta di bollo.
Il comma 1
dispone che con decreto del Ministro
dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto-legge, d’intesa con la Conferenza unificata, si provvede alla rideterminazione dei criteri per
l’erogazione e delle modalità per la liquidazione
e l’anticipazione dei contributi
allo spettacolo dal vivo, che avrà effetto a
decorrere dal 1° gennaio 2014.
Preliminarmente, si ricorda
che il Fondo unico per lo spettacolo
(FUS), istituito dalla L.
163/1985 al fine di ridurre
la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di
apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale strumento di
sostegno pubblico al settore dello spettacolo dal vivo (e della cinematografia).
L’importo
complessivo del Fondo è stabilito annualmente in Tabella C della
legge di stabilità ed è allocato in differenti capitoli, sia di parte corrente che di parte capitale, dello stato
di previsione del MIBACT[28].
Ai
sensi dell’art. 2 della L.
163/1985, il FUS è ripartito tra i
diversi settori, in ragione
di quote non inferiori al 45% per le attività musicali e di danza, al
25% per le attività cinematografiche, al 15% per quelle del teatro di prosa ed
all’1% per le attività circensi e dello spettacolo viaggiante.
Attualmente,
i criteri per l’assegnazione dei
contributi del FUS sono determinati con decreto ministeriale, d’intesa con
la Conferenza unificata[29].
Si è addivenuti a tale procedura dopo
l’intervento del nuovo art.
117 della Costituzione che ha affidato alla competenza concorrente la
promozione e l’organizzazione di attività culturali, fra le quali la Corte
costituzionale ha ricompreso lo spettacolo (sentenze n. 255 e 256 del 2004 e
285 del 2005).
In particolare, nella sentenza n. 255 del 2004, la Corte si è pronunciata sull’art. 1 del D.L. 24/2003 (L. 82/2003), che, proprio in attesa che la legge di
definizione dei principi fondamentali di cui all’art. 117 della Costituzione
definisse gli ambiti di competenza dello Stato
medesimo, ha stabilito che i criteri e le modalità di erogazione dei contributi
alle attività dello spettacolo, previsti dalla L. 163/1985, e le aliquote di
ripartizione annuale del FUS fossero indicati annualmente con decreti del
Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare. La Corte, pur
confermando la legittimità della norma, in ragione del suo carattere
transitorio, ha segnalato l’esigenza di prevedere opportuni strumenti di
collaborazione con le autonomie regionali.
Dopo
l’intervento del D.L. 314/2004 (L. 26/2005), che confermava per il 2005 la
disciplina transitoria, è intervenuta la L.
239/2005, il cui art. 1, comma 3,
in linea con quanto richiesto dalla Corte, ha introdotto la citata intesa con la Conferenza unificata nella
procedura di adozione dei decreti ministeriali previsti dal D.L. 24/2003. I
decreti possono comunque essere adottati qualora l'intesa non sia raggiunta
entro 60 giorni dalla data della loro trasmissione alla Conferenza unificata da
parte del Ministro.
Con la disposizione primaria sono, peraltro, già
stabiliti i parametri ai quali fare
riferimento nella determinazione dei criteri di assegnazione. Si tratta di:
§
importanza
culturale e livelli quantitativi della produzione svolta;
§
indici di
affluenza del pubblico;
§
regolarità
gestionale.
Inoltre, il comma 1-bis, introdotto
durante l’esame al Senato, ha stabilito che “i decreti” – rectius: il decreto – di cui al comma 1 possono destinare graduali incentivi in favore di esercenti attività circensi e spettacoli viaggianti
senza animali, nonché di esercenti di circo
contemporaneo, nell’ambito delle risorse assegnate al settore.
Al
riguardo, si evidenzia che nel corso dell’esame al Senato è stato anche
approvato l’ordine del giorno G9.205, che impegna il Governo a prevedere in futuro una riduzione progressiva dei contributi, a
valere sul FUS, ad esercenti attività circensi
e spettacoli viaggianti con animali,
fino al completo azzeramento dei contributi nell'esercizio finanziario 2018.
Occorrerebbe valutare se la definizione
dei parametri ai quali fare riferimento possa essere disposta con la norma
primaria, senza l’intesa con la Conferenza unificata.
Occorrerebbe, inoltre, coordinare la
previsione recata dal comma 1 in ordine alla rideterminazione dei criteri di
erogazione dei contributi allo spettacolo dal vivo con quella recata dall’art.
11, co. 20-21, che reca disposizioni inerenti i criteri di erogazione del
contributo alle fondazioni lirico-sinfoniche.
Inoltre,
il comma 1, nel testo come modificato dal Senato, dispone che i pagamenti a saldo sono disposti a chiusura di esercizio, a
fronte di attività già svolte e rendicontate.
La
relazione illustrativa all’A.S. 1014
– che faceva riferimento alle “assegnazioni” da corrispondere a saldo -
evidenziava che i programmi artistici e i relativi preventivi finanziari
riferiti all’anno in corso, sulla base dei quali avviene l’assegnazione dei
contributi alle attività di spettacolo dal vivo, costituiscono “un «pronostico» che la
complessa macchina organizzativa di uno spettacolo dal vivo difficilmente
consente di rispettare”. A fronte di ciò, evidenziava la relazione,
l’Amministrazione può essere messa in grado di recuperare l’importo
dell’assegnazione e attribuirlo a favore di altri organismi solo in caso di
rinuncia in corso d’anno al contributo, mentre, negli altri casi (mancata
effettuazione del programma, o effettuazione del programma con modifiche anche
molto consistenti alla parte artistica o alla parte economica) deve limitarsi a
considerare le somme in questione come transitate in economia e quindi perse ai
fini del sostegno istituzionale delle attività. La stessa relazione evidenziava
che, invece, il sistema di assegnazione dei contributi deve essere strutturato
in relazione alle attività svolte e rendicontate al fine di evitare la
riduzione de facto del FUS, evitare
il fenomeno della conferma ex post di assegnazioni a favore di programmi
ridotti o modificati nella qualità intrinseca, formare un quadro veritiero e
compiuto delle attività di spettacolo effettivamente realizzate, premiare gli
organismi che sanno realizzare le attività e rispettare gli obblighi, anche
previdenziali, fornire certezza finanziaria al settore dello spettacolo.
Con
riferimento alla liquidazione dei
contributi, prendendo ad esempio il decreto relativo alle fondazioni
lirico-sinfoniche (DM 29 ottobre
2007), si ricorda
che esso stabilisce, all’art. 5, che il contributo è erogato, per ogni anno, in
due rate, salvo diversa disposizione di
legge. La prima rata, pari all’80%
della quota del fondo spettante alla fondazione, è erogata entro il 28
febbraio dell’anno di riferimento. La seconda rata è erogata entro il 31
ottobre del medesimo anno. L’erogazione della prima rata è subordinata alla
presentazione del bilancio di previsione dell’anno di riferimento e di una
dichiarazione relativa all’attività effettivamente realizzata nell’anno
precedente. Entro il 30 giugno dell’anno successivo le fondazioni presentano il
bilancio consuntivo dell’anno di riferimento e una relazione analitica
sull’attività svolta.
Da ultimo, peraltro, l’art. 4 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010), ha disposto che dal 2010 il
Ministero può liquidare anticipazioni
sui contributi ancora da erogare, fino
all’80% dell’ultimo contributo assegnato, applicando i criteri e le
modalità previsti dai decreti vigenti.
Dal punto di vista del coordinamento
normativo, occorre disporre l’abrogazione dell’art. 4 del D.L. 64/2010 a
decorrere al 1° gennaio 2014, in considerazione del fatto che, da tale data, si
applicheranno le nuove modalità per le anticipazioni individuate con il decreto
ministeriale di cui al comma in esame.
Infine, il comma 1 dispone l’abrogazione dell’art. 1 della L. 589/1979, concernente il sostegno alle attività
musicali, che in parte recava disposizioni relative all’anno 1979, in altra
parte recava disposizioni relative al fondo
speciale per la diffusione della cultura musicale, di cui all’art. 40 della
L. 800/1967, a sua volta abrogato dall’art. 1, co. 1147, della L. 296/2006.
Sembrerebbe trattarsi, dunque, di una norma di mero coordinamento.
Il comma
4 dispone l’abrogazione dell’art. 13, secondo comma, lett. e), della L. 163/1985 e dell’art. 2,
quarto comma, della L. 182/1983, esplicitando che sono, pertanto, soppressi i fondi speciali per la
concessione dei contributi in conto capitale e in conto interessi per l’adeguamento
delle strutture e per il rinnovo degli arredi delle sale teatrali e musicali.
La relazione
illustrativa dell’A.S. 1014 evidenziava che i due fondi sono ormai ritenuti
residuali e in pratica quasi inutilizzati in quanto sostituiti, nel corso degli
anni, dalle specifiche forme di sostegno previste dalla disciplina attuativa
del FUS.
A seguito delle modifiche introdotte dal
Senato, il comma 4 stabilisce, inoltre, che i beneficiari di contributi già deliberati entro la data di entrata
in vigore del decreto-legge devono completare l’invio all’ente gestore della
documentazione necessaria per la liquidazione entro il termine perentorio del 30
novembre 2013.
Prevede, inoltre, che ulteriori disposizioni e modalità tecniche
relative alla soppressione dei fondi speciali sono definite con decreto del Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del decreto-legge.
L’art. 13,
secondo comma, lett. e), della L. 163/1985 disponeva che il 10% della
quota del FUS assegnata alle attività musicali e il 10% della quota del FUS
assegnata alle attività teatrali di prosa fossero utilizzati per la istituzione
presso la sezione autonoma per il credito teatrale della Banca nazionale del
lavoro di un fondo con un
conferimento annuale di pari importo, da utilizzare in parti uguali tra i due
settori, destinato alla concessione di contributi
in conto capitale a favore di esercenti o proprietari pubblici o privati di
sale musicali e teatrali per l'adeguamento delle strutture e per il rinnovo
degli arredi.
L’art. 2,
quarto comma, della L. 182/1983
disponeva, invece, che alla stessa sezione autonoma era conferita, sul fondo di cui all'art. 2, primo comma,
lett. b), della L. 800/1967 (per l’erogazione
di sovvenzioni a favore di manifestazioni liriche, concertistiche, corali e di
balletto da svolgere in Italia ed all'estero e di altre iniziative intese
all'incremento ed alla diffusione delle attività musicali), la somma di lire 150 milioni per ciascuno degli esercizi
finanziari 1983 e 1984, da utilizzare per la riduzione degli interessi relativi
ai finanziamenti concessi dalla stessa sezione a favore delle associazioni
concertistiche operanti nel Mezzogiorno, nonché degli istituti di cui all’art.
1, quinto comma, della L. 589/1979 (istituti tesi a raccogliere documentazioni,
fornire informazioni, effettuare ricerche sulle attività musicali, nonché
centri di iniziativa musicale con funzioni a carattere nazionale, promossi da
enti ed associazioni, volti a realizzare forme di coordinamento organico e
continuativo della produzione musicale e della sua distribuzione ed iniziative
di carattere propedeutico e formativo, senza scopo di lucro).
Successivamente, l’art. 13, secondo comma, lett. d),
della medesima L. 163/1985 ha
disposto – a regime – l’aumento dello
stanziamento istituito dall’art. 2, quarto comma, della L. 182/1983, per un
importo pari al 3% della quota del FUS assegnata alle attività musicali e al 3%
della quota del FUS assegnata alle attività teatrali di prosa, con estensione delle agevolazioni a tutte le
attività musicali e teatrali ammesse alle operazioni della sezione autonoma
del credito teatrale presso la BNL.
Il comma
5 dispone che le risorse giacenti sui fondi soppressi dal comma 4 sono
versate all’entrata del bilancio dello Stato, al netto del compenso dovuto,
alla data di entrata in vigore del decreto-legge, al soggetto che li gestisce,
ossia alla Banca nazionale del lavoro.
I commi
2 e 3 dispongono in materia di
pubblicazione di informazioni da parte degli enti ed organismi dello spettacolo che ricevono finanziamenti a
valere sul FUS o “ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive
modificazioni”[30].
In particolare, si prevede che, entro il 31
gennaio di ogni anno, con gli aggiornamenti eventualmente necessari dopo tale
data, gli enti in questione pubblicano le informazioni relative ai titolari di incarichi amministrativi ed
artistici di vertice, di incarichi dirigenziali,
nonché di incarichi di collaborazione o
consulenza, riguardanti:
§ gli “estremi” dell’atto di conferimento
dell’incarico;
§ il curriculum
vitae;
§ i compensi, comunque denominati, da
corrispondere, inclusi quelli relativi al rapporto di lavoro.
Con riferimento alla normativa generale in materia, si
rimanda alla scheda relativa all’art. 1.
Si prevede, altresì, che, fino a che non sia
comunicata la pubblicazione o l’aggiornamento di tali informazioni, ai soggetti
in questione non possono essere erogate somme ad alcun titolo.
Non è indicato se la
pubblicazione in questione debba essere effettuata sul sito internet dell’ente.
Occorre, inoltre, esplicitare a chi debba essere data comunicazione della
pubblicazione medesima.
Il comma 6 esenta dall'imposta di bollo le istanze presentate dal 10 agosto 2013 (giorno di entrata in vigore del decreto in esame) presso le competenti direzioni generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dei seguenti provvedimenti:
a) legge 30 aprile 1985, n. 163 che disciplina, tra l’altro, il FUS;
b) decreti del Ministro dell'interno 22 febbraio 1996, n. 261, e del Ministro per i beni e le attività culturali 12 luglio 2005, in materia di vigilanza antincendio nei luoghi di spettacolo e intrattenimento;
c) decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, recante la riforma delle attività cinematografiche;
d) legge 21 aprile 1962, n. 161, recante la revisione dei film;
e) commi da 325 a 337 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di agevolazioni fiscali per le attività cinematografiche (rese permanenti dall’art. 8 del provvedimento in esame).
Il comma 7 quantifica
l’onere derivante dalle predette esenzioni in
216.000 euro a decorrere dall'anno 2014 e dispone, nel testo come
modificato dal Senato, che ad esso si provvede mediante corrispondente riduzione della parte corrente
dell'autorizzazione di spesa di 80 milioni di
euro per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali, disposta, a
decorrere dal 2011, dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.L. 34/2011 (L. 75/2011).
Al riguardo si ricorda che
l’autorizzazione di spesa in questione è già stata ridotta da varie
disposizioni intervenute nel prosieguo[31] e che ulteriori riduzioni della medesima autorizzazione sono previste
dall’art. 6 del provvedimento in esame[32].
La relazione illustrativa all’A.S. 1014 chiariva che l’esenzione dall'imposta di bollo delle suddette istanze ha una rilevante valenza di semplificazione amministrativa; essa si rende necessarie per rendere completo e coerente il processo di informatizzazione di tutte le procedure amministrative connesse alle istanze di sostegno presso le Direzioni generali per il cinema e per lo spettacolo dal vivo (circa 11.000 l'anno), ormai per intero effettuabili su piattaforme on-line. L’esenzione dall’imposta di bollo consente dunque l’eliminazione del cartaceo.
Articolo 10
(Prosecuzione del funzionamento di enti
vigilati o sovvenzionati dal MIBACT)
L’art. 10, che non ha subito modifiche durante l’esame al Senato, dispone l’esonero degli enti che operano nel settore culturale da alcune limitazioni di spesa dettate dal D.L. 78/2010 (L. 122/2010) e, per gli stessi enti, attenua, dal 2014, la misura dei tagli di spesa per consumi intermedi previsti dal D.L. 95/2012 (L. 135/2012).
La relazione
illustrativa dell’A.S. 1014 specificava che la platea dei soggetti
destinatari delle disposizioni recate dall’art. 10 è costituita dalle 14
fondazioni lirico-sinfoniche (si veda scheda art. 11), da 17 teatri stabili
pubblici e da 11 enti vigilati dal Mibact, inseriti nel conto economico
consolidato della pubblica amministrazione, come individuati dall’ISTAT.
Per quanto riguarda questi ultimi, la stessa relazione
ne indica, in realtà, 10: Accademia della Crusca, Biblioteca europea di
informazione e cultura, Centro sperimentale di cinematografia, Fondazione
Festival dei due mondi, Fondazione La Biennale di Venezia, Fondazione La
Quadriennale di Roma, Museo storico della liberazione, Scuola archeologica
italiana di Atene, Fondazione Centro Internazionale di studi di architettura
Andrea Palladio e Fondazione Gioacchino Rossini.
In particolare, si prevede che ai soggetti che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, anche con personalità giuridica di diritto privato, vigilati o comunque finanziati dal Mibact, inclusi i teatri stabili di iniziativa pubblica e i relativi circuiti e associazioni, non si applicano le disposizioni di limitazione della spesa per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, rappresentanza, e della spesa per missioni, recate dall’art. 6, co. 8 e 12, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).
Si ricorda che le disposizioni recate dai commi 8 e 12
dell’art. 6 del D.L. 78/2010 si applicano, a decorrere dal 2011, alle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT.
In base al comma
8, le spese per relazioni pubbliche,
convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza non possono essere
sostenute per un ammontare superiore al 20%
della spesa sostenuta nel 2009 per le medesime finalità. Inoltre, il comma 8
dispone che, dal 1° luglio 2010, l'organizzazione di convegni, di giornate e
feste celebrative, nonché di cerimonie di inaugurazione e di altri eventi
similari è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente.
L'autorizzazione è rilasciata solo nei casi in cui non sia possibile limitarsi
alla pubblicazione, sul sito internet istituzionale, di messaggi e discorsi
ovvero non sia possibile l'utilizzo, per le medesime finalità, di video/audio
conferenze da remoto; in ogni caso, gli eventi autorizzati si devono svolgere
al di fuori dall'orario di ufficio e il personale che vi partecipa non ha
diritto a percepire compensi per lavoro straordinario, ovvero indennità. Le
disposizioni del comma 8 già non si applicavano, fra gli altri, ai convegni
organizzati dalle università e dagli enti di ricerca e alle feste nazionali
previste da disposizioni di legge. Inoltre, per il 2012, le stesse disposizioni
non si sono applicate alle mostre autorizzate, nel limite di spesa complessivo
di 40 milioni di euro, nel rispetto dei limiti derivanti, fra l’altro, dal
patto di stabilità interno, dal Mibac, di concerto, ai fini finanziari, con il MEF.
In base al comma
12, le spese per missioni, con
esclusione di quelle esplicitamente indicate, non possono superare il 50% della spesa sostenuta nel 2009.
Tale previsione già non si applicava, fra l’altro, alla spesa effettuata dalle
università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti
dell'Unione europea, ovvero di soggetti privati, nonché, in base alla modifica
apportata dall’art. 58, co. 3-bis,
del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) con risorse derivanti da finanziamenti di soggetti pubblici, espressamente
destinati ad attività di ricerca.
Inoltre, per gli stessi soggetti, a decorrere
dal 2014, viene ridotta la
misura di contenimento della spesa per
consumi intermedi, diminuendo la percentuale di riduzione, attualmente
fissata al 10 per cento, all'8 per cento
delle spese sostenute nel 2010.
Si ricorda che l'articolo 8, comma 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) è volto ad assicurare il contenimento della spesa per consumi intermedi[33] degli enti e organismi pubblici, costituiti anche in forma societaria, in misura pari al 5% per il 2012 e al 10% dal 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nel 2010[34]. A tale riduzione sono sottoposti, in particolare, gli enti pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, quale che ne sia la forma giuridica, nonché le autorità indipendenti, inclusa la Consob. Sono previste alcune esclusioni, tra cui gli enti territoriali (e loro enti e organismi vigilati) e gli enti del servizio sanitario nazionale, nonché le università e determinati enti di ricerca.
Ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalla legislazione vigente, la riduzione della spesa per consumi intermedi nelle misure indicate avviene prioritariamente attraverso un ridimensionamento dei trasferimenti statali. Tuttavia, qualora ciò non fosse possibile per effetto delle operazioni di gestione avvenute nel corso del 2012 o poiché gli enti e gli organismi anche costituiti in forma societaria, dotati di autonomia finanziaria, non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato, i soggetti interessati sono chiamati ad adottare interventi di razionalizzazione della spesa per consumi intermedi tali da assicurare risparmi corrispondenti alle percentuali sopra indicate, che dovranno essere versati annualmente in apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno.
Detta riduzione comporta un maggior onere complessivo
quantificabile in circa 4 milioni di
euro annui, alla cui copertura si provvede ai sensi dell’articolo 15 (alla
cui scheda si rinvia).
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, l'effetto complessivo di risparmio derivante, con riferimento al MIBAC, dalle disposizioni di cui al citato D.L. 95 è ammontato nel 2013 a circa 20 milioni di euro, di cui:
§ circa 12,5 milioni, per effettive riduzioni dei trasferimenti agli enti vigilati dal Ministero, effettuati in sede di determinazione del bilancio di previsione dall'anno 2013;
§ circa 7,5 milioni, per versamenti all'entrata del bilancio dello Stato effettuati dai teatri stabili e da altri enti vigilati dal Ministero.
Non appare chiara la ragione
del riferimento esplicito ai teatri stabili ad iniziativa pubblica, dal momento
che gli stessi si collocano direttamente nella generale categoria degli
organismi sovvenzionati dal Mibact alla quale si fa riferimento nell’incipit
del comma 1.
Al riguardo si ricorda, infatti, che l’attività
teatrale stabile è disciplinata dagli artt. 8 e seguenti del DM 12 novembre
2007, con il quale, come esposto nella scheda relativa all’art. 9 del D.L. in
esame, sono stati definiti i criteri per l’erogazione di contributi in favore
del teatro. In particolare, l’art. 9 individua i requisiti ai quali è
subordinato il riconoscimento di teatro stabile ad iniziativa pubblica.
L’elenco dei teatri stabili ad iniziativa pubblica per
il 2013 è stato definito con il DM 14 maggio
2013.
Articolo 11
(Interventi per le fondazioni
lirico-sinfoniche e per gli enti che operano nel settore dei beni e delle
attività culturali)
L’articolo 11, modificato durante l’esame al Senato, reca disposizioni volte al risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che versano in situazioni di
difficoltà economico-patrimoniale, nonché disposizioni per il sostegno finanziario agli enti che operano
nel settore dei beni e delle attività culturali.
L’intervento
per le fondazioni lirico-sinfoniche fa seguito a quello, da ultimo, disposto
con l’art. 11, co. 17, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) che ha autorizzato il
MIBACT, per l’anno 2013, ad erogare tutte le somme residue a valere sul Fondo unico dello spettacolo (FUS), a
favore delle fondazioni, allo scopo di fronteggiare
lo stato di crisi del settore e di salvaguardare
i lavoratori delle medesime.
In particolare,
l’art. 11 prevede la nomina di un commissario
straordinario del Governo, cui le fondazioni lirico-sinfoniche sono tenute
a presentare un piano di risanamento,
nonché la possibilità di concedere finanziamenti
a valere su un Fondo di rotazione, appositamente istituito con una
dotazione di 75 milioni di euro per il 2014, e anticipazioni finanziarie, già per il 2013, in favore delle
fondazioni che versano in una situazione di carenza di liquidità tale da
pregiudicarne anche la gestione ordinaria.
Ulteriori disposizioni
riguardano la governance
delle fondazioni, il coordinamento dei
programmi e delle attività delle stesse, il relativo personale, nonché i
criteri per l’attribuzione a ciascuna
fondazione della quota del FUS.
Per alcuni di tali aspetti, si disciplina con decreto-legge quanto, in
base all’art. 1 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010) - anch’esso intervenuto per far
fronte alla profonda crisi del settore, razionalizzare le spese degli
enti e implementare la produttività, nonché i livelli di qualità delle
produzioni offerte - avrebbe dovuto costituire oggetto di regolamenti di delegificazione,
che dovevano intervenire entro il 31 dicembre 2012.
Al riguardo, la relazione illustrativa all’A.S. 1014
evidenziava che si è cercato di stabilire con urgenza forme più appropriate di
controllo degli atti di gestione e di verifica della sostenibilità
economico-finanziaria di determinate spese.
Inoltre – fatto riferimento all’originaria carenza di
capitalizzazione, già presente con la riforma delle fondazioni
lirico-sinfoniche del 1996 e ai crescenti costi di produzione (in primis, quelli del personale), e
rilevato che il FUS non ha garantito un adeguato sostegno finanziario – sottolineava
le profonde crisi strutturali, evidenti soprattutto nella amministrazione
straordinaria cui sono sottoposte tre fondazioni, ed evidenziava che l’attuale crisi di
indebitamento, in cui versa la maggior parte delle fondazioni, è
commisurabile, alla data del 31 dicembre 2012,
in 377,4
milioni di euro, con forte esposizione nei
confronti degli istituti di credito per 162,9 milioni di euro e rilevanti
interessi passivi.
Cenni sui principali interventi normativi riguardanti le fondazioni
lirico-sinfoniche
Le fondazioni lirico-sinfoniche sono state disciplinate dalla L. 800/1967, che ha dichiarato il “rilevante interesse generale” dell’attività lirica e concertistica “in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale” ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza dell’autorità di Governo competente (all’epoca, Ministero del turismo e dello spettacolo). In particolare, l’art. 6 della legge ha riconosciuto come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – ed ha individuato l’Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora Fondazione teatro lirico di Cagliari), quali istituzioni concertistiche assimilate. Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici.
Con il d.lgs. 367/1996, gli enti di
prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati
in fondazioni di diritto privato, al
fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei
soggetti e di rendere disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento
statale, costituito principalmente dal FUS.
Successivamente, con il già citato D.L. 64/2010 (L. 100/2010) (al riguardo, si veda il dossier del Servizio Studi n. 357 del 17 giugno 2010) sono stati disposti ulteriori interventi nel settore lirico-sinfonico, al fine di razionalizzare le spese e al contempo implementare la produttività e i livelli di qualità delle produzioni offerte, In particolare, è stata prevista l’adozione dei regolamenti di delegificazione di cui si è detto.
Tra i criteri indicati per l’adozione dei regolamenti di delegificazione vi erano quelli relativi all’individuazione di indirizzi in materia di composizione degli organi, gestione e controllo dell’attività, partecipazione di finanziatori pubblici e privati, alla previsione di forme adeguate di controllo e vigilanza sulla gestione economico finanziaria, alla previsione di specifici strumenti di raccordo dell’operato delle fondazioni, all’’incentivazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la rideterminazione dei criteri di ripartizione del contributo statale, alla destinazione di una quota crescente di finanziamento statale in base alla qualità della produzione, all’eventuale previsione di forme organizzative speciali, all’attribuzione all’amministratore generale, ovvero sovrintendente, della responsabilità della gestione.
Il D.L. 64/2010 ha, peraltro, determinato
un intervento della Corte costituzionale che, con sentenza 153/2011, ha
ribadito la qualificazione in senso
pubblicistico degli enti lirici, ancorché da tempo privatizzati a seguito
del d.lgs. 367/1996[35].
Con DPR n. 117 del 2011 (sul cui schema di regolamento - Atto n. 331 - si
veda il dossier del
Servizio Studi n. 295/0 del 28 febbraio 2011) è stato adottato un primo
regolamento di delegificazione che ha stabilito criteri e modalità per il
riconoscimento di forme
organizzative speciali ad alcune fondazioni
lirico-sinfoniche. Sulla base del DPR 117/2011 è stata riconosciuta la forma
organizzativa speciale all’Accademia di S. Cecilia (D.M. 23 gennaio
2012) e al Teatro alla Scala (D.M. 16 aprile 2012). In seguito, peraltro, con sentenza del TAR
del Lazio, sezione prima, n. 10262 del 7 dicembre 2012, è stato disposto l’annullamento del DPR
117/2011, confermato dal Consiglio di
Stato, sezione quarta, con sentenza 3119
del 6 giugno 2013.
Il termine per l’emanazione degli ulteriori regolamenti di delegificazione – inizialmente fissato in 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 64/2010 – è stato successivamente posticipato dall’art. 22, co. 5, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) al 31 dicembre 2012.
Nella seduta del 22 dicembre 2012 il Consiglio dei
Ministri ha svolto l’esame preliminare di uno schema di regolamento che disciplinava l’ordinamento e l’organizzazione delle fondazioni lirico-sinfoniche, mai pervenuto alle Camere.
Il comma 1 prevede la presentazione
di un piano di risanamento da parte
delle fondazioni lirico-sinfoniche che:
§ si trovano nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui all’art. 21 del d.lgs.
367/1996[36];
§ sono state in
regime di amministrazione straordinaria
nel corso degli ultimi due esercizi[37], non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione;
§ non possono far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi.
Il piano di risanamento, che deve essere presentato al commissario straordinario (v. infra) entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, deve intervenire – a seguito delle modifiche introdotte dal Senato – su tutte le voci di bilancio strutturalmente non compatibili con la inderogabile necessità di assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari.
I contenuti inderogabili del piano di risanamento sono individuati
nei seguenti:
§ rinegoziazione e ristrutturazione del debito della fondazione che preveda uno stralcio del
valore nominale complessivo del debito esistente al 31 dicembre 2012,
comprensivo degli interessi maturati e degli eventuali interessi di mora (lett.
a)); nel corso dell’esame al Senato è
stato precisato che la rinegoziazione e la ristrutturazione del debito devono
essere precedute dalla verifica che gli istituti bancari non abbiano
applicato nel corso degli anni interessi
anatocistici (c.d. interessi sugli interessi) sugli affidamenti concessi
alle fondazioni liriche;
§ indicazione della contribuzione a carico degli enti diversi
dallo Stato partecipanti alla
fondazione (lett. b));
§ riduzione della dotazione organica del personale
tecnico e amministrativo fino al 50%
di quella in essere al 31 dicembre 2012, nonché – a seguito delle modifiche
introdotte dal Senato – razionalizzazione
del personale artistico (lett. c)),
previo accordo con le associazioni
sindacali maggiormente rappresentative;
§ divieto di ricorrere a nuovo indebitamento per il triennio
2014-2016, salvo il caso di finanziamento a valere sul Fondo di
rotazione (v. infra, comma 6),
ipotesi nella quale nel piano devono essere indicate misure di copertura adeguate ad assicurarne il rimborso (lett. d));
§ entità del
finanziamento dello Stato – a valere sul Fondo di rotazione – utilizzata per
contribuire all’ammortamento del debito, nella misura strettamente necessaria a
rendere sostenibile il piano (lett. e));
§ individuazione di
soluzioni compatibili con gli strumenti
previsti dalle leggi di riferimento del settore[38] e idonee a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi,
nelle condizioni di attivo patrimoniale
o almeno di equilibrio del conto
economico (lett. f));
§ cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi
aziendali in vigore, applicazione esclusiva degli istituti
giuridici e dei livelli minimi delle
voci del trattamento economico
fondamentale e accessorio previsti dal vigente contratto collettivo
nazionale di lavoro e previsione che i contratti collettivi dovranno in ogni
caso risultare compatibili con i vincoli
finanziari stabiliti dal piano (lett. g)),
previo accordo con le associazioni
sindacali maggiormente rappresentative.
Al riguardo, la relazione illustrativa dell’A.S. 1014
evidenziava che causa principale del dissesto “è data dal costo delle
cosiddette masse artistiche, tecniche amministrative, il cui costo nel 2012
assomma a ben 308.748.241 euro. [...] La lievitazione nel tempo del valore
economico dei contratti integrativi aziendali, nel loro ammontare percentuale
rispetto al valore economico del Contratto collettivo nazionale di lavoro,
tocca infatti nel 2011 punte superiori anche al 35-38 per cento, con una spesa
complessiva superiore a 75.000.000 euro”.
Si ricorda, altresì, che
l’art. 3, co. 3-bis, del D.L. 64/2010
ha disposto che i contratti integrativi aziendali in essere alla data della sua
entrata in vigore potevano essere rinnovati solo successivamente alla stipulazione
del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, al quale faceva riferimento
l’art. 2.
§ nel corso
dell’esame al Senato è stato attribuito al legale rappresentante delle fondazioni lirico-sinfoniche l'obbligo di verificare che nel corso degli
anni non siano stati corrisposti interessi anatocistici agli istituti
bancari che hanno concesso affidamenti (lett. g-bis)).
In base al comma 2, il piano di risanamento è approvato,
su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori
dei conti, con decreto MIBACT-MEF,
entro 30 giorni dalla sua presentazione.
Il piano è
corredato di tutti gli atti necessari a dimostrare attendibilità, fattibilità e
appropriatezza delle scelte effettuate, nonché dell'accordo raggiunto con le
associazioni sindacali (in ordine alle previsioni cui si è già accennato).
In base al comma 3, nel testo come modificato dal Senato,
con decreto MIBACT-MEF, da adottare entro 20 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto-legge, è nominato un commissario straordinario del Governo dotato di una comprovata esperienza di risanamento
nel settore artistico-culturale.
Il medesimo
decreto stabilisce, altresì, durata
dell’incarico e – a valere sulle
risorse di bilancio delle fondazioni interessate dalla procedura di
risanamento – compenso del
commissario straordinario, nei limiti fissati dall’art. 15, co. 3, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) (che prevede una parte
fissa e una parte variabile, ciascuna per un massimo di 50 mila euro annui) (comma 5).
Le risorse umane e strumentali necessarie
per lo svolgimento dei compiti dell’organo commissariale sono assicurate dal
MIBACT, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica (comma 4).
Il commissario
straordinario del Governo svolge le seguenti funzioni:
§ riceve i piani di risanamento, con allegate le informazioni sugli
incarichi di cui all’art. 9, co. 2, presentati dalle fondazioni e ne valuta,
d'intesa con le medesime, eventuali modifiche
e integrazioni, anche definendo criteri e modalità per la rinegoziazione e la ristrutturazione del debito. Nel corso dell’esame presso il Senato, la
disposizione è stata integrata prevedendo che eventuali modifiche incidenti
sulle questioni relative al personale, di cui al comma 1, lett. c) e g),
sono rinegoziate dalla fondazione con le associazioni sindacali maggiormente
rappresentative (lett. a)).
Non è chiaro il
riferimento al co. 3 dell’art. 9, che disciplina la tempistica di pubblicazione
degli elementi informativi di cui al co. 2;
§ propone
i piani di risanamento all'approvazione del
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro
dell'economia e delle finanze, previa
verifica della loro adeguatezza e sostenibilità (lett. a));
§ sovrintende all'attuazione dei piani ed effettua un monitoraggio semestrale dello stato di attuazione degli stessi,
redigendo un’apposita relazione da
trasmettere al MIBACT, al MEF e alla competente sezione della Corte dei conti (lett.
b));
§ tenuto conto dello
stato di avanzamento degli stessi, può richiedere l'aggiornamento dei piani con le integrazioni e le modifiche
necessarie al fine del conseguimento degli obiettivi prefissati (lett. c)); le eventuali integrazioni e
modifiche sono approvate, su proposta motivata del commissario, con decreto MIBACT-MEF (comma 2, ultimo periodo). Rispetto alla
procedura di approvazione iniziale del piano, dunque, non è previsto, in questo
caso, il parere del collegio dei revisori dei conti; inoltre, non è prevista l’intesa
con le parti negoziali nel caso in cui l’aggiornamento riguardi questioni
relative al personale;
§ assicura il rispetto del cronoprogramma delle
azioni di risanamento previsto dai piani approvati (lett. d)).
Al riguardo, si
evidenzia che, in base a quanto dispone il comma 1, il cronoprogramma delle
azioni di risanamento non è incluso tra i contenuti inderogabili del piano di
risanamento;
§ sentiti i Ministeri
interessati (si intenderebbe, MIBACT e MEF), e previa diffida a provvedere entro un termine non superiore a 15
giorni, può adottare atti e
provvedimenti anche in via
sostitutiva, al fine di assicurare la coerenza delle azioni di risanamento
con i piani approvati (lett. e)).
Il comma 6 prevede l’istituzione nello stato
di previsione del MEF di un Fondo di
rotazione, con una dotazione di 75
milioni di euro per il 2014, per
la concessione di finanziamenti a favore
dei soggetti di cui al comma 1, della durata massima di 30 anni.
Agli oneri
derivanti dall’istituzione del Fondo si provvede, ai sensi del comma 8, mediante corrispondente riduzione della dotazione della "Sezione
Enti locali” del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi,
liquidi ed esigibili di cui all’articolo 1, comma, 10 del D.L. 35/2013 (L.
64/2013).
Si ricorda che tale Fondo, per la cui costituzione il D.L. 35/2013 ha autorizzato l’emissione di debito aggiuntiva, è stato istituito nello stato di previsione del MEF per concedere anticipazioni di liquidità a favore degli enti locali per far fronte al pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati dagli enti territoriali.
Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio), “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”, gestita da Cassa depositi e prestiti fuori bilancio, “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”, “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”. Tali ultime due sezioni sono gestite direttamente dal MEF.
Il Fondo opera a restituzione, nel senso che le anticipazioni di liquidità sono erogate agli enti territoriali i quali sono tenuti a restituirle secondo un piano di ammortamento, che, per ciò che specificamente concerne gli enti locali, è di durata massima di 30 anni e prevede rate costanti annuali, comprensive di quota capitale e quota interessi (cfr. infra comma 7).
La dotazione originaria del Fondo, pari complessivamente a 9,328 miliardi di euro per il 2013 e 14,528 miliardi per il 2014 è stata rimodulata dal comma 1 dell’articolo 13 del D.L. 102/2013, attualmente all’esame delle Camere per la sua conversione, in complessivi 16,5 miliardi di euro per il 2013 e 7,3 miliardi per il 2014.
In particolare, l’importo per l’anno 2014 è ripartito in 189 milioni di euro destinati alla “Sezione enti locali”, 625,6 milioni destinati alla “Sezione Regioni e province” e 6.494,8 milioni destinati alla “Sezione debiti sanitari”.
Si ricorda, inoltre, che
il comma 8 dell’articolo 13 del D.L. n. 102/2013 aggiunge 7,2 miliardi per il
2014 nella dotazione complessiva del Fondo, finalizzando tali risorse “ad
ulteriori pagamenti” da parte degli enti territoriali di debiti certi liquidi
ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, demandando però ad un successivo decreto del MEF, da
adottarsi, d'intesa con la Conferenza Unificata, entro il 28 febbraio 2014, la definizione
della distribuzione dell'incremento tra le tre Sezioni del Fondo.
Il finanziamento erogabile a ciascuna
fondazione è definito con il medesimo
decreto interministeriale di approvazione del piano di risanamento, di cui al
comma 2.
Ai sensi del comma 7, l’erogazione delle somme alla
fondazione è subordinata alla sottoscrizione
di un contratto conforme al contratto
tipo, appositamente predisposto dal commissario straordinario e approvato
dal MEF, nel quale sono, tra l'altro, indicati:
§ tasso di interesse
sui finanziamenti;
§ misure di
copertura annuale del rimborso del finanziamento;
§ modalità di
erogazione e di restituzione delle predette somme;
§ modalità di
recupero e applicazione di interessi moratori, qualora l'ente non adempia nei
termini stabiliti al versamento delle rate di ammortamento.
Alla copertura degli oneri che ne conseguono, pari a 3 milioni di euro a decorrere dal 2015, si provvede – ai sensi dell’art. 15 – con le maggiori entrate recate dal provvedimento.
La relazione tecnica chiarisce che si tratta di una stima prudenziale operata al fine di tener conto del possibile minor flusso di interessi attivi che deriverebbero dai finanziamenti a favore delle fondazioni lirico sinfoniche.
Il comma 7 non fissa, infatti, il tasso di interesse dei finanziamenti, che potrebbe risultare – afferma la relazione tecnica - inferiore a quello che sarebbe stato realizzato qualora le somme – dal comma 6 destinate al finanziamento alle fondazioni lirico sinfoniche - fossero state utilizzate per le anticipazioni concesse agli enti locali ai sensi della normativa sul Fondo liquidità di cui all’articolo 1, comma 10, del D.L. 35/2013.
La relazione tecnica comunque afferma che l’importo di 3 milioni di euro a decorrere dal 2015 corrisponde ad un tasso medio del 4 per cento sull’intero ammontare dei prestiti concedibili, pari a 75 milioni di euro.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 1, co. 13, del D.L. 35/2013 (L. 64/2013) stabilisce che il tasso di interesse da applicare alle anticipazioni di liquidità a favore degli enti locali effettuate a valere sul Fondo anticipazioni liquidità di cui all’articolo 1, comma 10, è pari, per le erogazioni dell'anno 2013, al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni rilevato dal Ministero dell'economia - Dipartimento del tesoro all’8 aprile 2013 (3,302 percento). Per l'erogazione dell'anno 2014, il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del MEF entro il 15 gennaio 2014.
Il comma 9 prevede, per le fondazioni che versano in una situazione
di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione ordinaria, una speciale procedura da attivare, nelle more del perfezionamento del piano
di risanamento, entro 30 giorni dalla nomina del Commissario straordinario.
In particolare, prevede
che alle fondazioni in questione
possono essere concesse dal MIBACT, su indicazione del Commissario
straordinario, anticipazioni finanziarie,
per un importo complessivo fino a 25
milioni di euro per il 2013,
utilizzando le disponibilità giacenti,
alla data di entrata in vigore del decreto-legge, sulle contabilità speciali
intestate ai capi degli Istituti del Ministero, nonché le somme giacenti presso
i conti di tesoreria unica degli Istituti dotati di autonomia speciale (al
riguardo si veda, più approfonditamente, infra,
paragrafo relativo ai commi 11 e 12).
Per accedere alle
anticipazioni finanziarie, la fondazione deve:
§ comunicare al
MIBACT e al MEF, nel termine sopra indicato di 30 giorni dalla nomina del Commissario straordinario, l'avvio della negoziazione per la
ristrutturazione del debito esistente al 31 dicembre 2012, (che, come già
previsto nel comma 1, prevede uno stralcio del valore nominale complessivo del
debito stesso, comprensivo degli interessi maturati e degli eventuali interessi
di mora, nella misura sufficiente ad assicurare la sostenibilità finanziaria
del piano di risanamento, gli equilibri strutturali del bilancio della
fondazione, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario),
nonché l'avvio delle procedure per la
riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo,
nei termini di cui allo stesso comma 1 (lett.
a);
§ concludere,
entro il termine previsto per la presentazione del piano di risanamento, ossia
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto-legge, l'accordo di
ristrutturazione di cui alla lettera a),
da inserire nel piano medesimo (lett. b).
Si
segnala che la condizione di cui alla lett. b), letteralmente prevista per
l’accesso alle anticipazioni finanziarie, prevede un termine che, di fatto,
sembrerebbe successiva all’effettiva anticipazione, da concedere “nelle more
del perfezionamento del piano di risanamento”.
Ai sensi del comma 10, il rimborso delle anticipazioni finanziarie avviene “secondo quanto
previsto dai commi 6 e 7”.
L’intendimento
sembrerebbe quello di prevedere – analogamente al disposto di cui al comma 7 –
l’erogazione delle anticipazioni subordinatamente alla sottoscrizione di
contratti conformi al contratto tipo.
Se
l’interpretazione è corretta, sembrerebbe opportuno esplicitare il concetto.
Il comma 13 reca disposizioni per il personale delle fondazioni eventualmente (come precisato dal Senato) risultante in esubero a seguito della rideterminazione delle dotazioni organiche disposta ai sensi del comma 1[39].
In particolare, per tale personale la norma dispone, in primo luogo, l’applicazione, fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale, dell’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro nella P.A., di cui all’articolo 72, comma 11, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).
L’art. 72, co. 11, del D.L. 112/2008 ha riconosciuto la facoltà per le pubbliche amministrazioni, per il triennio 2009-2011 (periodo successivamente prorogato per il triennio 2012-2014 dall’art. 1, co. 16, del D.L. 138/2011 nonché confermato dall’art. 22, co. 5, del D.L. 201/2011), di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nel caso in cui il dipendente (compresi i dirigenti) abbia maturato un’anzianità contributiva pari a 40 anni (con un preavviso di sei mesi e fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici). Viene specificato che tale facoltà rientra nei poteri di organizzazione della P.A. ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. 165/2001.
La nuova disciplina non trova applicazione nei confronti dei magistrati, dei professori ordinari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa.
Successivamente, l'articolo 16, comma 11, del D.L. 98/2011 ha previsto che, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro derivante dall’esercizio della facoltà richiamata, la pubblica amministrazione non debba fornire ulteriori motivazioni, qualora essa abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo. Specifici criteri e modalità applicative per i dipendenti dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, sono rimessi ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nel caso vi siano ulteriori eccedenze di personale, la norma demanda ad uno o più specifici D.P.C.M. la determinazione di un’apposita procedura selettiva di idoneità (previa informativa alle OO.SS.) e il successivo trasferimento del personale amministrativo e tecnico dipendente a tempo indeterminato delle Fondazioni, in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nella società Ales S.p.A., nell'ambito delle vacanze di organico e nei limiti delle facoltà di assunzioni di tale società.
La società Arte
Lavoro e Servizi (ALES spa) è stata costituita nel dicembre 1998, ai sensi
dell'articolo 20 della L. 196/1997, al fine di consentire la stabilizzazione di
personale impiegato in attività socialmente utili presso il MIBAC ed ha come
oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di conservazione del
patrimonio culturale. Il Ministero partecipò alla costituzione,
sottoscrivendone il capitale per il 30% delle azioni. Socio di maggioranza era
Italia Lavoro spa, allora controllata da Itainvest spa.
L'art. 26, co. 1, della L. 69/2009 ha successivamente
disposto il trasferimento a titolo gratuito della titolarità della
partecipazione azionaria detenuta da Italia Lavoro spa in ALES spa (70%) al
MIBAC, al fine di garantire la continuità occupazionale del personale impiegato
nella stessa ALES spa, con riguardo – secondo quanto desumibile dalla rubrica
dell’articolo – al personale impiegato in attività socialmente utili attraverso
società partecipate da Italia Lavoro spa.
In base a tale previsione, il MIBAC – che
precedentemente deteneva solo il 30% del capitale sociale – è divenuto
azionista unico della ALES spa[40].
Come precisato nel corso dell’esame al Senato, quanto previsto dal comma in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 14 prevede che le fondazioni che
si trovano nelle condizioni descritte al comma 1, per le quali non è stato presentato o non è stato approvato entro i termini
previsti un piano di risanamento, ovvero
che non raggiungono entro l’esercizio
2016 le condizioni di equilibrio
strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale sia sotto il
profilo economico-finanziario, del conto economico sono poste in liquidazione coatta amministrativa.
Il medesimo
effetto è determinato, ai sensi del già citato comma 10, dal mancato verificarsi delle condizioni
previste per l’accesso alle anticipazioni finanziarie (co. 9, lett. a) e b)).
Al fine di assicurare
il rilancio del sistema nazionale
musicale di eccellenza, i commi 15 e 16
dispongono che (tutte) le fondazioni lirico-sinfoniche devono adeguare i propri statuti, attenendosi
alle disposizioni di seguito indicate, entro il 30 giugno 2014 (termine così posticipato, rispetto a quello del 31
dicembre 2013 previsto dal D.L., a seguito delle modifiche introdotte dal
Senato). Il mancato adeguamento nei termini indicati determina l'applicazione
dell’art. 21 del d.lgs. 367/1996.
Le nuove
disposizioni statutarie si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2015. A seguito delle modifiche introdotte dal Senato,
si prevede, tuttavia, che, in caso di rinnovo degli organi in scadenza, l’entrata in vigore dei nuovi statuti può essere anticipata.
In particolare, i nuovi statuti devono prevedere:
a)
una struttura
organizzativa articolata nei seguenti organi, tutti – si intenderebbe, ad
eccezione del presidente – della durata di cinque
anni (a fronte dei 4 attualmente previsti per alcuni organi. Ulteriori
differenze riguardano la rinnovabilità dei mandati):
§ il presidente, nella persona del sindaco del comune nel quale ha sede la fondazione
– ovvero di persona da lui nominata – con funzioni di rappresentanza giuridica
dell'ente.
Questa
prescrizione non si applica alla Fondazione
dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, che – come già attualmente – è
presieduta dal presidente dell'Accademia stessa, il quale svolge anche funzioni
di sovrintendente.
La novità
rispetto a quanto previsto dall’art. 11 del d.lgs. 367/1996 è dunque costituita
esclusivamente dalla possibilità che il sindaco deleghi la presidenza ad altro
soggetto;
§ il consiglio
di indirizzo, composto dal presidente
e dai membri designati da ciascuno dei fondatori
pubblici e dai soci privati che,
anche in associazione fra loro[41], versino almeno il 5 per cento del contributo
erogato dallo Stato. A seguito delle modifiche introdotte dal Senato, si
stabilisce, inoltre, che il numero dei componenti non può comunque essere
superiore a 7 e che la maggioranza in ogni caso deve essere costituita da
membri designati da fondatori pubblici. In
base al comma 17, il consiglio di
indirizzo deve assicurare il pareggio
del bilancio. La violazione di tale obbligo comporta – oltre
all'applicazione dell'art. 21 del d.lgs. 367/1996 – la responsabilità personale
prevista, per i soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in
materia di contabilità pubblica, dall’art. 1 della L. 20/1994.
Ai sensi
dell’art. 12 del d.lgs. 367/1996, il consiglio
di amministrazione è composto da un numero di membri variabile da sette a
nove, compreso il presidente, tra i quali i rappresentanti dell’autorità di
governo competente in materia di spettacolo e i rappresentanti della regione in
cui ha sede la fondazione (fa eccezione il c.d.a. dell’Accademia nazionale di
S. Cecilia, composto da tredici membri, compresi il presidente e il sindaco di
Roma, tra cui, oltre ai rappresentanti dell’autorità di governo e della
regione, cinque eletti dal corpo accademico). I componenti del cda, ad
eccezione del presidente, durano in carica quattro
anni e possono essere riconfermati una sola volta.
Con riferimento
alla partecipazione dei privati al
cda, l’art. 10 del d.lgs. 367/1996 dispone che lo statuto può prevedere che
possono nominare un rappresentante nello stesso consiglio i fondatori che, come singoli o cumulativamente,
assicurino per almeno 2 anni consecutivi un apporto annuo non inferiore all’8 per cento del totale dei
finanziamenti statali[42]. La permanenza
nel c.d.a. dei rappresentanti nominati dai fondatori privati è subordinata
all’erogazione da parte di costoro dell’apporto annuo per la gestione dell’ente.
L’apporto complessivo dei fondatori privati al patrimonio della fondazione non
può comunque superare la misura la misura del 40 per cento del patrimonio
stesso;
§ il sovrintendente, quale unico organo di gestione, nominato dal
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, su proposta del
consiglio di indirizzo; il sovrintendente può essere coadiuvato da un direttore artistico e da un direttore amministrativo.
L’art. 13 del d.lgs. 367/1996 dispone che il sovrintendente nomina,
sentito il c.d.a., il direttore artistico e può nominare collaboratori, tra cui
il direttore musicale, ferme restando le competenze del direttore artistico,
della cui attività risponde direttamente. Egli cessa
dalla carica unitamente al consiglio di amministrazione che lo ha nominato e
può essere riconfermato;
§ il collegio dei revisori dei conti,
composto da 3 membri, uno, con
funzioni di presidente, designato dal Presidente della Corte dei conti fra i
magistrati della Corte, e uno in rappresentanza, rispettivamente, di MEF e
MIBACT. L’incarico dei membri del collegio è (l’unico) rinnovabile per non più di due mandati[43].
In base all’art. 14 del d.lgs. 367/1996, il collegio dei revisori,
nominato con D.I., si compone di 3 membri effettivi e di un supplente, di cui
un membro effettivo ed uno supplente designati in rappresentanza del Ministero
del tesoro, un membro effettivo designato dall'autorità di governo competente
in materia di spettacolo, e l'altro scelto tra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili istituito presso il Ministero di grazia e giustizia. I
revisori restano in carica per quattro anni (non è previsto, dunque, il rinnovo
del mandato).
Il compenso
degli organi è stabilito in conformità a criteri
stabiliti con decreto MIBACT-MEF, per
la cui emanazione non è previsto un termine;
b)
la partecipazione
dei soci privati in proporzione agli apporti
finanziari alla gestione o al patrimonio della fondazione, non inferiori al 3 per cento (sul punto
si veda, ante, la disciplina
previgente);
c)
l’articolazione del patrimonio in un fondo di dotazione, indisponibile e
vincolato al perseguimento delle finalità statutarie, e in un fondo di gestione, destinato alle spese
correnti di gestione dell'ente.
Al riguardo la relazione
illustrativa dell’A.S. 1014 evidenziava che l’individuazione di due fondi è
finalizzata a rendere più chiara e trasparente la gestione patrimoniale.
Dal
punto di vista del coordinamento con la normativa vigente, occorre disporre
l’abrogazione, in particolare, delle disposizioni del d.lgs. 367/1999
incompatibili con le nuove previsioni.
Il comma 17 dispone, inoltre, che la
fondazione è soggetta al rispetto della disciplina
in tema di appalti di lavori, servizi e forniture prevista dal d.lgs. n. 163/2006
e che le spese per eventuali rappresentazioni
lirico-sinfoniche eseguite all'estero sono da imputare in bilancio con
copertura finanziaria specificamente deliberata.
Il comma 18 dispone che i sovrintendenti coordinano i programmi e
le attività, sia all’interno di
ciascuna fondazione, sia rispetto alle
altre fondazioni, assicurando il conseguimento di economie di scala nella gestione delle risorse e una maggiore offerta di spettacoli.
A tal fine, essi
possono essere riuniti in conferenza,
convocata e presieduta del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, anche
per gruppi individuati per zone geografiche o specifici progetti comuni.
La conferenza deve
garantire la maggiore diffusione territoriale degli spettacoli, la maggiore
offerta al pubblico giovanile, l'innovazione, la promozione del settore
attraverso i mezzi di comunicazione, il contenimento e la riduzione del costo
dei fattori produttivi, anche mediante lo scambio di spettacoli o la
realizzazione di coproduzioni, nonché lo scambio di singoli corpi artistici e
di materiale scenico, la promozione dell'acquisto o la condivisione di beni e
servizi comuni al settore.
Il comma 19 dispone l’obbligo per le fondazioni dell’espletamento di una procedura selettiva pubblica[44] per l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, rapporti ai quali si applica la normativa vigente sul pubblico impiego in materia di assenze per malattia e infortunio non sul lavoro.
Ai sensi dell’articolo 22 del D.lgs. 367/1996, i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile (articolo 2103, a seguito di verifica di idoneità professionale) e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa e sono costituiti e regolati contrattualmente. Per il personale artistico e tecnico delle Fondazioni non trovano applicazione le disposizioni sul termine e sulla successione dei contratti a tempo determinato (attualmente recata dagli articoli 4 e 5 del D.lgs. 368/2001).
Successivamente, il già citato D.L. 64/2010 ha previsto un nuovo procedimento di contrattazione collettiva e nuove disposizioni in materia di personale dipendente.
Per quest’ultimo profilo, è stata dettata una nuova disciplina limitativa della possibilità di svolgere attività autonome all’esterno delle fondazioni; è stata prevista la possibilità di rinnovo dei contratti integrativi aziendali vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. solo successivamente alla stipula del nuovo CCNL; è stato condizionato il riconoscimento di eventuali trattamenti economici aggiuntivi al raggiungimento del pareggio di bilancio, fatti salvi i diritti acquisiti. Oltre a ciò, salvo ipotesi specifiche, sono state vietate le assunzioni a tempo indeterminato fino al 31 dicembre 2011 (permettendole dal 2012 nel rispetto di determinati limiti) e sono stati posti limiti per le assunzioni a tempo determinato, in ordine alle quali, inoltre, è stato consentito il ricorso a tipologie contrattuali flessibili. Infine, sempre in materia di assunzioni sono state dettate specifiche discipline per le fondazioni con particolari requisiti.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 3, co. 5, del D.L.
64/2010, dopo aver previsto, dal 1° maggio 2010 al 31 dicembre 2011, un blocco
delle assunzioni a tempo indeterminato
per le fondazioni, ha stabilito, altresì, che a decorrere dall’anno 2012
tali assunzioni siano contenute nell’ambito di un contingente annuale complessivamente
corrispondente ad una spesa non superiore a quella relativa al personale
cessato nel corso dell’anno precedente. In ogni caso, il numero delle unità da
assumere non può essere superiore a quello delle unità cessate nell’anno
precedente, nell’ambito delle compatibilità di bilancio della fondazione.
In tema di assenze
per malattia nel pubblico impiego si ricorda che l’articolo 71 del D.L.
112/2008 ha introdotto misure volte a regolare le assenze per malattia,
soprattutto in riferimento al trattamento economico, alla certificazione della
malattia e alle fasce orarie di reperibilità, con l'obiettivo di ridurre il
tasso di assenteismo nel settore pubblico.
In particolare, in deroga ai contratti collettivi e
alla normativa di settore, per i periodi di assenza per malattia, di qualunque
durata, si prevede che ai lavoratori venga corrisposto, nei primi 10 giorni di
assenza, il solo trattamento economico fondamentale, escludendo ogni indennità
o emolumento aventi carattere fisso e continuativo, nonché ogni altro
trattamento accessorio. Resta comunque fermo il trattamento più favorevole
eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di
settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa
di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le
assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. Ulteriori
disposizioni sono contenute nell’articolo 55-septies del D.Lgs. 165/2001, che
in primo luogo, al fine di rendere più rigorosa la certificazione della
malattia nelle ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo
superiore a 10 giorni e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia
nell’anno solare, ha disposto l’obbligo di ricorrere ad una struttura sanitaria
pubblica per il rilascio della certificazione medica, nonché ad un medico
convenzionato con il S.S.N.. Oltre a ciò, si prevede la trasmissione della
certificazione medica per via telematica direttamente dal medico o struttura
sanitaria all’INPS e inoltrata dall’istituto alla amministrazione di
appartenenza. Inoltre, è stato disposto anche l’espletamento dei controlli da
parte delle amministrazioni anche per assenza di un solo giorno e
l'individuazione delle fasce orarie di reperibilità del lavoratore ai fini
delle visite mediche di controllo (in attuazione di tale norma il D.M. 18
dicembre 2009 fissa gli orari dalle ore 9 alle 13 e dalle ore 15 alle 18, con
obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi). Lo stesso
articolo 55-septies stabilisce altresì che le pubbliche amministrazioni
dispongano il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti, valutando la
condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione
della visita, tenendo conto dell’esigenza di contrastare e prevenire
l’assenteismo. Se l'assenza ha luogo per l'espletamento di visite, terapie,
prestazioni specialistiche o esami diagnostici, l'assenza può essere
giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o
dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.
Da ultimo, l’articolo 7 del D.L. 179/2012 ha in primo
luogo esteso l'ambito di applicazione (ad eccezione del personale delle Forze
Armate e dei Corpi armati dello Stato, nonché del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco) delle norme già vigenti sulle certificazioni di malattia per i
dipendenti pubblici e sulla loro trasmissione per via telematica al personale
non contrattualizzato della P.A. (a decorrere dal 18 dicembre 2012). Allo
stesso tempo, è stato previsto l’obbligo, per il medico o la struttura
sanitaria, di inviare telematicamente la medesima certificazione anche
all’indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore, nel caso in cui
quest’ultimo ne faccia espressamente richiesta fornendo un valido indirizzo.
In particolare, il contratto aziendale di lavoro deve essere conforme al contratto nazionale di lavoro e sottoscritto da ciascuna fondazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'ipotesi di accordo, con la quantificazione dei costi contrattuali, deve essere inviata alla Corte dei conti che, entro 30 giorni dalla ricezione[45], valuta l'attendibilità della suddetta quantificazione e la sua compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio. L’esito della certificazione è comunicato alla Fondazione, al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministero dell’economia e delle finanze; in caso di certificazione negativa la firma dell’accordo è preclusa e la fondazione riapre le trattative per la sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo.
Si ricorda che l’articolo 2 del D.L. 64/2010 prevede
un’apposita procedura per la sottoscrizione del C.C.N.L. delle Fondazioni
lirico-sinfoniche, in attesa della riforma organica della contrattazione
riguardante questo settore prevista dall’articolo 1 e fermo restando quanto
previsto dall’articolo 22 del già citato D.Lgs. 367 del 1996.
In particolare si dispone che il C.C.N.L. sia
sottoscritto tra una delegazione datoriale e le associazioni sindacali
maggiormente rappresentative dei lavoratori dipendenti dalle fondazioni. La
delegazione datoriale è individuata con decreto del Ministro per i beni e le
attività culturali in sede di prima applicazione, e da una delegazione
rappresentativa individuata dalle fondazioni lirico-sinfoniche, per la
disciplina a regime. Essa si avvale della collaborazione dell’A.R.A.N. Le
competenze relative alla contrattazione collettiva sono esercitate dal Ministro
per i beni e le attività culturali. L’accordo è sottoposto al controllo della
Corte dei conti, previo parere del Dipartimento della funzione pubblica della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e delle
finanze.
Inoltre, si stabilisce che avverso le delibere delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti le parti interessate possano ricorrere alle Sezioni Riunite della Corte stessa in speciale composizione ai sensi dell’art. 1, co. 169, della L. 228/2012.
Il citato comma 169 ammette ricorso alle Sezioni
riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, avverso gli atti di
ricognizione delle amministrazioni pubbliche annualmente operata dall'ISTAT ai
sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La ricorribilità
alla Corte dei Conti è disposta ai sensi dell'articolo 103, secondo comma,
della Costituzione, secondo il quale la Corte dei conti ha giurisdizione nelle
materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate alcune modifiche al testo originario del comma in esame. In particolare, è stato disposto che le fondazioni procedono a rideterminare l’organico necessario all'attività da realizzarsi nel triennio successivo, con apposita delibera dell’organo di indirizzo, da adottare entro il 30 settembre 2014.
Infine, è stato soppresso l’ultimo periodo del comma in oggetto il quale, attraverso un’interpretazione autentica dell’articolo 3, comma 6, primo periodo, del D.L. 64/2010[46], disponeva che per le fondazioni, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non trovasse applicazione la normativa sulla stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti.
Si ricorda che l’art. 3, co. 6, del D.lgs. 64/2010 è
già stato oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art. 40, co. 1-bis, del D.L. 69/2013, il quale ha
stabilito che il primo periodo del comma 6 dell’articolo 3 del D.L. 69/2010 si
interpreta nel senso che per le fondazioni, fin dalla loro trasformazione in
soggetti di diritto privato, non trovino applicazione le disposizioni di legge
che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della
violazione delle nome in materia di stipulazione di contratti di lavoro
subordinato a termine, di proroga o di rinnovo dei medesimi contratti.
I commi 20, 20-bis e 21 dettano nuovi criteri per l’attribuzione a ciascuna
delle fondazioni lirico-sinfoniche della parte della
quota del FUS spettante.
In particolare, il
comma 20 – ribadito che la quota destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche
è determinata annualmente con decreto del Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, sentita la Consulta per lo spettacolo[47], ed è attribuita ad ogni fondazione con decreto
del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione
consultiva per la musica – modifica
i criteri di erogazione dei contributi disponendo che:
§ il 50% della
quota è ripartita in considerazione dei costi
di produzione derivanti dalle attività realizzate da ogni fondazione
nell’anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, sulla base di
indicatori di rilevazione della produzione;
§ il 25% della quota è ripartita in
considerazione del miglioramento dei
risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse;
§ il 25% della quota
è ripartita in considerazione della qualità
artistica dei programmi. Sul punto, durante l’esame al Senato, nel testo è
stato introdotto uno specifico riferimento a quelli idonei a realizzare in un
arco di tempo circoscritto spettacoli lirici, di balletto e concerti su un tema
comune, nonché idonei ad attrarre turismo culturale.
Sempre durante
l’esame al Senato, è stato, peraltro, introdotto il comma 20-bis, in base al
quale per il triennio 2014-2016 il
5% della quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche è riservata
alle fondazioni che hanno raggiunto il pareggio di bilancio nei tre esercizi
finanziari precedenti.
Da
tale modifica discende la necessità di modificare le percentuali di cui al
comma 20, la cui somma equivale già al 100% della quota del FUS destinata alle
fondazioni lirico-sinfoniche.
Il comma 21 dispone che gli indicatori di
rilevazione della produzione, i parametri per la rilevazione del miglioramento
dei risultati della gestione e quelli per la rilevazione della qualità
artistica dei programmi, nonché il procedimento per l’erogazione dei contributi
sono predeterminati con decreto del
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la
commissione consultiva per la musica. In base alle modifiche apportate dal
Senato, il decreto deve essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Come già ricordato nella scheda relativa
all’art. 9 del decreto-legge in esame – cui si rimanda per approfondimenti –, i
criteri per l’assegnazione dei contributi
alle fondazioni lirico-sinfoniche sono stati determinati, da ultimo, previa intesa con la Conferenza unificata,
con DM 29 ottobre 2007.
Occorre, dunque, considerare la
necessità di prevedere il coinvolgimento della Conferenza unificata ai fini della
definizione di nuovi criteri di ripartizione della quota del FUS destinata alle
fondazioni lirico-sinfoniche.
In particolare, in base al DM 29 ottobre 2007:
§
una sub-quota
pari al 65% della quota del FUS
destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche è assegnata in considerazione dei costi di produzione conseguenti dagli
organici funzionali approvati, con esclusivo riferimento a quelli derivanti
dal minimo tabellare previsto dal CCNL (art. 1, co. 1, lett. a);
§
una sub-quota del
25% è assegnata in considerazione
dei costi di produzione derivanti dai
programmi di attività offerta da ciascuna fondazione nell’anno cui afferisce la ripartizione, sulla base di indicatori
di rilevazione della produzione meglio definiti all’art. 2 del medesimo decreto
(art. 1, co. 1, lett. c);
§
una sub-quota del
10% è assegnata in considerazione
della qualità artistica dei programmi
(art. 1, co. 1, lett. d).
Il comma 11 dispone che, al fine di sostenere gli enti che operano nel settore dei beni e delle attività culturali,
a valere sulle giacenze delle contabilità
speciali intestate ai capi degli Istituti del MIBACT, nonché sulle somme
giacenti presso i conti di tesoreria
unica degli Istituti dotati di
autonomia speciale[48], sono versati
all'entrata del bilancio dello Stato 3,5
milioni di euro (ulteriori rispetto
a quelli di cui al comma 9) “per gli anni 2013
e 2014”, da riassegnare
successivamente ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero.
La relazione illustrativa all’A.S. 1014
evidenzia che l’importo di 3,5 milioni
di euro è riferibile a ciascuno
degli anni 2013 e 2014.
Al
riguardo, appare necessario un chiarimento.
In base al comma 12, resta comunque fermo l'obbligo di completamento dei
versamenti all’entrata previsti dall'art. 4, co. 85, della L. 183/ 2011
(legge di stabilità 2012), di cui viene operata – senza utilizzare la tecnica della novella – una rimodulazione
temporale pari a 2 milioni di euro
per il 2013 e a 8,6 milioni di euro
annui per il periodo 2014-2018.
L’art. 4, co. 85, della L. 183/2011, come
modificato dall’art. 1, co. 78, della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013), ha
disposto che, le somme giacenti,
alla data della sua entrata in vigore, nelle
contabilità speciali intestate ai capi degli Istituti centrali e periferici
del Ministero, compresi gli Istituti dotati di autonomia speciale, per la
gestione dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa per la
realizzazione di interventi nel settore dei beni culturali (sull’argomento si
veda, nel dossier del Servizio Studi n. 708/4 del 31 gennaio 2013, la scheda di
lettura relativa all’art. 1, co. 78, della L. 228/2012), con priorità per quelle
accreditate fino al 31 dicembre 2006, sono
versate all’entrata del bilancio dello Stato, rispettivamente per un
importo pari a 60,4 milioni di euro entro il 30 giugno 2012 e a 10 milioni di euro entro il 30 giugno 2013,
previa individuazione con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività
culturali, su proposta del Segretario generale.
Capo III – Disposizioni urgenti per assicurare efficienti risorse al sistema dei beni, delle attività culturali
Articolo 12
(Agevolazioni per le donazioni di modico
valore in favore della cultura e coinvolgimento dei privati nella gestione e
valorizzazione dei beni culturali)
L’articolo 12 ha lo scopo di facilitare l’acquisizione di donazioni di
modico valore per i beni e le attività culturali effettuate dai privati,
nonché di individuare forme di coinvolgimento
degli stessi privati nella gestione e
valorizzazione dei beni culturali.
La relazione illustrativa all’A.S. 1014 sottolineava, in particolare,
che occorre superare le criticità nella raccolta e nella finalizzazione delle
c.d “erogazioni liberali”, strumento che ha avuto un utilizzo ancora modesto.
In particolare, evidenziava
che, attualmente, le somme in questione devono essere versate in conto entrata
dello Stato e, solo successivamente, sono riassegnate allo stato di previsione
del MIBACT, il che determina il decorso di un notevole lasso di tempo fra il
momento del versamento del contributo da parte del privato e quello della
disponibilità delle somme da parte dell’istituto destinatario. Inoltre, la
procedura determina aggravi amministrativi, poiché comporta il coinvolgimento
di numerose articolazioni centrali e periferiche del MIBACT e della Ragioneria
generale dello Stato.
Il comma
1, nel testo come modificato dal
Senato, prevede che, con decreto del MIBACT, di concerto con il MEF – da adottare
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L.
–, sono definite le modalità di acquisizione delle donazioni fino all’importo
di 10.000 euro (a fronte dei 5.000 previsti dal testo del D.L.) in base ai
seguenti criteri:
a) massima
semplificazione della procedura, ed esclusione
di qualsiasi onere amministrativo a carico del privato;
b) garanzia
che la donazione sia diretta allo
scopo indicato dal donante;
c) pubblicità
delle donazioni ricevute e del loro impiego,
mediante una dettagliata rendicontazione,
sottoposta agli organi di controllo;
d) previsione della possibilità di effettuare la donazione mediante versamento bancario o
postale, ovvero secondo altre modalità tracciabili,
idonee a consentire lo svolgimento di controlli da parte dell’Amministrazione
finanziaria.
In materia si ricorda che l’art.
40, co. 9, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011) ha già previsto una riduzione degli
adempimenti amministrativi per le imprese e per i cittadini che intendono
effettuare erogazioni liberali a favore dei beni e delle attività culturali ai
sensi dagli artt. 15, co. 1, lett. g) ed h), e 100, co. 2,
lettere e) ed f) del DPR 917/1986 (Testo unico delle imposte sui
redditi). In particolare, ha sostituito la documentazione e le certificazioni previamente
richieste per il conseguimento delle agevolazioni fiscali con una dichiarazione
sostitutiva dell’atto di notorietà, presentata dal richiedente al MIBAC e
relativa alle spese effettivamente sostenute per le quali si ha diritto alle
agevolazioni. Il medesimo Ministero esegue controlli a campione.
Inoltre, proprio l’art. 42,
co. 9, dello stesso D.L. 201/2011 ha disposto la riassegnazione allo stato di
previsione della spesa del Mibac di alcune somme derivanti da elargizioni da
parte di soggetti pubblici e privati allo Stato per attività o interventi
culturali, che era stata in parte eliminata in base all’art. 2, co. 615, della
L. 244/2007.
Lo stesso comma ha previsto
che le predette somme non possono essere
utilizzate a scopo diverso da quello per il quale sono state elargite.
Ulteriori informazioni
sulle erogazioni liberali per la cultura sono disponibili alla pagina http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Ministero/UfficioStampa/ComunicatiStampa/visualizza_asset.html_1969781888.html
Il comma
2 dispone che, entro il 31 ottobre 2013, il Ministro dei beni e
delle attività culturali e del turismo individua, sulla base della legislazione
vigente e alla luce delle indicazioni fornite dalla “commissione di studio già
costituita presso il Ministero”, forme
di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione
e gestione dei beni culturali, con riferimento a beni individuati con decreto del medesimo Ministro, il
cui intervento – si presume – dovrebbe avvenire entro la data indicata.
Si tratta di un
obiettivo che era stato indicato dal Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo nel corso dell’audizione presso le
Commissioni VII della Camera e 7a del Senato del 23 maggio 2013. In
particolare, il Ministro aveva fatto presente che occorre individuare soluzioni
che consentano di coniugare le esigenze della migliore fruizione pubblica degli
istituti e dei luoghi della cultura con la sostenibilità economica delle
gestioni e la valorizzazione della progettualità degli operatori economici.
Al riguardo si ricorda che
la materia è attualmente disciplinata, in particolare, dall’art. 115 del d.lgs. 42/2004, che prevede la gestione indiretta delle attività di
valorizzazione dei beni culturali, attuata tramite concessione a terzi delle
attività di valorizzazione. La scelta fra gestione diretta e gestione indiretta
è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità
economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente
definiti.
In proposito appare utile segnalare che la Conferenza delle regioni il 22 novembre 2012 ha approvato un documento che reca le Linee guida per la valorizzazione della cultura in Italia attraverso la collaborazione pubblico/privato.
Sarebbe opportuno indicare la tipologia di atto che si prevede di
adottare, nonché gli estremi dell’atto con il quale è stata costituita la
commissione citata.
Articolo 13
(Organismi collegiali operanti presso il
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e presso altri
Ministeri)
L’articolo 13 è finalizzato a consentire l’operatività, presso il MIBACT, di organismi collegiali con competenze tecniche che in parte hanno cessato di operare in base alle disposizioni derivanti dalla c.d. “spending review”, in parte potrebbero cessare in futuro in base alle stesse disposizioni.
Reca, inoltre, disposizioni analoghe relative ai nuclei di valutazione degli investimenti pubblici e alla Commissione permanente tecnico artistica operante preso il MEF e competente per gli aspetti attinenti alle monete.
Il comma 1, interamente sostituito nel corso dell’esame al Senato, dispone l’esclusione degli organismi operanti nei settori della tutela e della valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici e delle attività culturali, nonché dei nuclei di valutazione degli investimenti pubblici, dall’applicazione delle disposizioni previste dalla normativa vigente in materia di riduzione degli organismi collegiali.
L’intervento normativo è volto a evitare, dunque, in primis, la soppressione dei c.d. “organismi in regime di proroga” operanti presso il MIBACT, e a ripristinare l’attività consultiva dei Comitati tecnico-scientifici, operanti sempre presso il MIBAC, già cessati.
Rispetto al testo del D.L., che autorizzava il Ministero ad avvalersi, oltre che del Consiglio superiore per beni culturali e paesaggistici, di un numero di Comitati tecnico-scientifici e di organismi consultivi, scelti con proprio decreto, in numero non superiore a 7, la modifica è dunque tesa a far salva l’attività di tutti gli organismi collegiali operanti presso il Ministero, ma anche dei nuclei di valutazione degli investimenti pubblici.
Si ricorda che presso il MIBACT opera un solo nucleo di valutazione
degli investimenti pubblici. Occorrerebbe, pertanto, chiarire il riferimento
generale ai “nuclei di valutazione degli investimenti pubblici”, che sono
costituiti presso le altre amministrazioni centrali e regionali[49].
Si dispone che agli stessi organismi non si applichino le disposizioni dell’art. 68, co. 2, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) e dell’art. 12, co. 20, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) e che, ove essi siano cessati per effetto di tali disposizioni, siano ricostituiti. In occasione della ricostituzione, ovvero del primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione, gli organismi collegiali assumono di nuovo la durata prevista dalle disposizioni che ne prevedono (o prevedevano) l’istituzione e ne regolano (o regolavano) il funzionamento.
Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ridetermina con proprio decreto il numero dei componenti degli organismi, assicurandone una riduzione pari, almeno, al 10%.
Al riguardo si segnala che, attualmente, il numero dei componenti degli
organismi collegiali che fanno capo al MIBACT è determinato con DPR (in
particolare, DPR 233/2007 e DPR 89/2007). Occorrerebbe, poi, chiarire il
riferimento al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo con
riferimento al numero dei componenti dei nuclei di valutazione degli
investimenti pubblici.
Preliminarmente, si ricorda che gli organi collegiali che fanno capo al MIBACT sono costituiti:
§ quali organi consultivi centrali, dal Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici (che, tra l’altro esprime pareri obbligatori sui programmi nazionali per i beni culturali e paesaggistici e sui relativi piani di spesa: v. art. 13 DPR 233/2007) e da 7 Comitati tecnico-scientifici (ex art. 14 DPR 233/2007, si tratta dei Comitati: per i beni archeologici; per i beni architettonici e paesaggistici; per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico; per gli archivi; per le biblioteche e gli istituti culturali; per la qualità architettonica e urbana e per l’arte contemporanea; per l’economia e la cultura), i cui presidenti compongono, insieme con otto eminenti personalità del mondo della cultura, lo stesso Consiglio superiore;
§ dagli organi collegiali operanti presso varie Direzioni generali.
In materia si evidenzia che, sulla base dell’art. 29,
co. 2-bis, del D.L. 223/2006 (L.
248/2006) - che aveva dettato norme per il contenimento della spesa per organi
collegiali - l’art. 68, co. 2, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha disposto che,
ove fosse stata riconosciuta la perdurante utilità degli stessi organismi
collegiali, si doveva concedere una proroga per un periodo non superiore a due
anni.
Su questa base:
§
con DPCM 3 agosto 2011, pubblicato nella GU n. 240 del 14 ottobre 2011, sono stati prorogati per un biennio - dopo il
riordino effettuato con DPR 89/2007 -
la Consulta per lo spettacolo, le Commissioni consultive per lo spettacolo dal
vivo[50], la Commissione
per la cinematografia, la Consulta territoriale per le attività cinematografiche,
la Giuria per i premi di qualità, le Commissioni di primo e di secondo grado
per la revisione dei film, il Comitato permanente per il diritto d’autore, il
Comitato per le pubblicazioni, il Comitato tecnico scientifico speciale per il
patrimonio storico della prima guerra mondiale, l’Osservatorio nazionale per la
qualità del paesaggio, il Comitato per i premi agli esportatori del libro, la
Commissione per i contributi alle pubblicazioni di elevato valore culturale,
nonché il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici;
§
con DPCM 26 giugno 2012, pubblicato nella GU n. 211 del 10 settembre 2012, il Consiglio superiore per i beni culturali e
paesaggistici - la cui durata è fissata dall’art. 13, co. 7, del DPR
233/2007 in 3 anni, con previsione di eventuale proroga di durata non superiore - è stato prorogato per un biennio,
stabilendo anche che la partecipazione a tale organismo è onorifica.
In seguito, l’art. 12, co. 20, del D.L. 95/2012 (L.
135/2012) ha disposto che, a decorrere dalla scadenza degli organismi
collegiali operanti in regime di proroga, le attività svolte dagli stessi sono
definitivamente trasferite ai competenti uffici delle amministrazioni
nell’ambito delle quali operano.
Su questa base, alla scadenza del loro mandato, nel
febbraio 2012, i Comitati tecnico
scientifici hanno cessato di operare.
Ne è conseguita una formazione incompleta del
Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici che, come ricorda la Relazione della
Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato per l’anno 2012 (v. p. 398), ha indotto il Ministero a chiedere un
parere al Consiglio di Stato per chiarire quali possano essere le modalità di
svolgimento della funzione consultiva obbligatoria per la conclusione di
numerosi procedimenti, in assenza degli organi a ciò deputati.
Sull’argomento si era anche soffermato il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo durante l’audizione del 23 maggio 2013 presso le Commissioni VII della Camera e 7a del Senato, sottolineando che “In assenza del ripristino degli organismi cessati, l'amministrazione si vedrebbe verosimilmente costretta a ricorrere a consulenti esterni, con aggravio dei costi per la collettività e garanzie di professionalità e di indipendenza certamente non maggiori”.
Il comma 1 prevede anche che ai componenti degli organismi sopra richiamati non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza o rimborso spese per la partecipazione ai lavori degli organismi stessi.
Il comma
2 dispone che i predetti organismi operano senza oneri a carico della
finanza pubblica, salvo il rimborso
delle eventuali spese di missione, se previste dalla legislazione vigente
per tali categorie di spese e in ogni caso entro i limiti degli stanziamenti di
bilancio già previsti per le medesime spese. La disposizione infine ribadisce
che ai suddetti organismi collegiali non spetta alcun emolumento o indennità. Si tratta, come si è visto, di un precetto
già presente nel comma 1.
Il comma 2-bis, introdotto durante l’esame al Senato, dispone che il MEF continua ad avvalersi della Commissione permanente tecnico-artistica competente per gli aspetti attinenti alle monete. La partecipazione alla Commissione, come nel caso degli organi collegiali di cui al comma 1, è onorifica e non è previsto il rimborso delle spese.
I compiti
della Commissione, istituita con R.D. 27/1905, sono individuati dall’art. 28 del DM 524 del 1999, in base al
quale essa esamina i tipi delle nuove
monete metalliche nazionali, con esclusione del lato comune delle monete
euro, ed i relativi conii e si pronuncia su ogni altro argomento affine o
attinente alla monetazione.
Il medesimo art. 28 disciplina altresì la composizione della Commissione: il presidente
e il vicepresidente sono, rispettivamente, il sottosegretario di Stato per il
Tesoro, e il direttore generale del Tesoro. I membri sono: due dirigenti dell'amministrazione
del tesoro (di cui uno, appositamente delegato, è il sostituto del direttore
generale del Tesoro alla vicepresidenza della Commissione, in caso di assenza o
impedimento); il presidente ed il direttore generale dell'Istituto Poligrafico
e Zecca dello Stato; tre esperti nel campo dell'arte e della storia dell'arte (almeno
uno di essi deve avere competenza specifica nel campo delle incisioni); un
esperto con specifiche competenze in materia di monetazione metallica in euro;
un rappresentante del MiBAC; un rappresentante del Consiglio per i beni
culturali e ambientali; un rappresentante dell'Accademia di belle arti di Roma;
un rappresentante dell'insigne Accademia nazionale di San Luca; il direttore
della sezione Zecca.
Con DPCM 4 maggio 2007, che ha riordinato gli organismi operanti presso il MEF ai sensi dell’art. 29 del già citato D.L. 223/2006, è stata confermata la perdurante utilità della Commissione permanente tecnico-artistica.
Successivamente,
il DPCM 4 agosto 2010 ha prorogato
la Commissione, ai sensi dell’art. 68, co. 2, del già citato D.L. 112/2008, per
un ulteriore biennio.
Articolo 14
(Olii lubrificanti e accisa su alcool)
Il comma 1 fissa, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'aliquota dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti di cui all'allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con il D.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, nella misura di 787,81 euro per mille chilogrammi, determinando pertanto un aumento di 37,81 euro per mille chilogrammi rispetto all’aliquota previgente (750 euro per mille chilogrammi).
Il comma 2 interviene in materia di accisa, disponendo aumenti, dal 1° gennaio 2014 e dal 1° gennaio 2015, delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all’alcole etilico.
Ai sensi della normativa previgente, l’Allegato 1 al testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995) indica le seguenti aliquote di accisa per tali prodotti:
a) birra: euro 2,35 per ettolitro e per grado-Plato;
b) prodotti alcolici intermedi: euro 68,51 per ettolitro;
c) alcole etilico: euro 800,01 per ettolitro anidro.
Il comma 2 ridetermina tali aliquote, per il 2014 e a decorrere dal 2015, nelle seguenti misure:
|
euro per: |
2013 |
2014 |
2015 |
Birra |
ettolitro e
per grado-Plato |
2,35 |
2,39 |
2,48 |
Prodotti
alcolici intermedi |
ettolitro |
68,51 |
69,78 |
72,28 |
Alcole etilico |
ettolitro
anidro |
800,01 |
814,81 |
844,01 |
Si ricorda, tuttavia, che tali aumenti di accisa sono di fatto superati da quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, del D.L. 12 settembre 2013, n. 104 (in corso di conversione – A.C. 1574), che, a fini di coordinamento con quanto disposto dal D.L. n. 91 in esame, stabilisce che le aliquote di accisa rideterminate dall'articolo 14, comma 2, del D.L. n. 91 per il 2014 e a decorrere dal 2015 sono fissate nelle seguenti misure così indicate al successivo comma 3 del presente articolo:
a) a decorrere dal 1° gennaio 2014:
- birra: euro 2,70 per ettolitro e per grado-Plato;
- prodotti alcolici intermedi: euro 78,81 per ettolitro;
- alcole etilico: euro 920,31 per ettolitro anidro.
b) a decorrere dal 1° gennaio 2015:
- birra: euro 2,99 per ettolitro e per grado-Plato;
- prodotti alcolici intermedi: euro 87,28 per ettolitro;
- alcole etilico: euro 1019,21 per ettolitro anidro.
Considerando che il comma 1 dell’articolo 25 del D.L. n. 104 del 2013 modifica tali aliquote relativamente al 2013, con decorrenza dal 10 ottobre 2013, la misura delle aliquote di accisa per i tre prodotti considerati viene ad avere la seguente evoluzione temporale, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 104/2013:
|
fino al 9/10/2013 |
dal 10/10/2013 |
dal |
dal |
Birra: per
ettolitro e per grado-Plato |
2,35 |
2,66 |
2,70 |
2,99 |
Prodotti alcolici intermedi: per ettolitro |
68,51 |
77,53 |
78,81 |
87,28 |
Alcole
etilico: per ettolitro anidro |
800,01 |
905,51 |
920,31 |
1.019,21 |
Si segnala, peraltro, che, a seguito dell’approvazione di emendamenti nel corso dell’esame al Senato all’articolo 5 (modifiche al comma 3 e inserimento del comma 3-bis) e all’articolo 8, si è resa necessaria la copertura dei nuovi oneri complessivi (28 milioni nel 2014 e 20 milioni a decorrere dal 2015) attraverso l’introduzione al comma 2 dell’articolo 15 – relativo alla copertura degli oneri – delle nuove lettere e-bis ed e-ter), che dispongono un ulteriore incremento complessivo delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all’alcole etilico tale da garantire nel 2014 un maggior gettito pari ad almeno 28 milioni nel 2014 e 20 milioni a decorrere dal 2015.
I predetti incrementi di aliquote, pertanto, si aggiungono agli aumenti già definiti dal decreto-legge n. 104 del 2013.
Il comma 3 stabilisce che sia incrementato, a partire dal 1° gennaio 2014, il prelievo fiscale sui “prodotti da fumo”, in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 50 milioni annui a partire dal medesimo anno.
L'incremento verrà fissato con determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il 30 novembre 2013.
Il comma 3 prevede inoltre che il Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli trasmette al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 30 novembre 2013 e con aggiornamento quadrimestrale, i dati previsionali correlati al maggior gettito previsto ai sensi del primo periodo.
In caso di scostamento, il Direttore della predetta Agenzia provvede ad adeguare la misura del prelievo fiscale, al fine di assicurare le predette maggiori entrate.
L’Allegato 1 al testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995) indica le seguenti aliquote di accisa per tali prodotti:
a) sigari 23,00%;
b) sigaretti 23,00%;
c) sigarette 58,50%;
d) tabacco da fumo:
1) tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 56,00%;
2) altri tabacchi da fumo 56,00%;
e) tabacco da fiuto 24,78%;
f) tabacco da masticare 24,78%;
Si ricorda che i fiammiferi sono soggetti invece ad imposta di fabbricazione e non sono classificati come prodotti da fumo, ma “prodotti per fumo”.
Inoltre la sigaretta elettronica è assoggettata ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico (ai sensi dell’art. 11, comma 22, del D.L. n. 76 del 2013) ed é considerata come un prodotto da "vapore" e non da fumo.
Articolo 15
(Norme finanziarie)
L’articolo 15 reca, al comma 1, il rifinanziamento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE) e, ai commi da 2 a 3, le norme di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.
In particolare, il comma 1 rifinanzia il Fondo per gli
interventi strutturali di politica economica (FISPE) di 1,8 milioni per il
2013; di 11 milioni per il 2014; di 7,5 milioni di euro per il 2015;
di 4,5 milioni di euro per il 2016; di 13 milioni di euro per il 2017;
e di 4,5 milioni di euro a
decorrere dal 2018.
Per il Fondo ISPE si rinvia alla scheda relativa all’art. 4.
I commi da 2 a 3 dispongono le norme per la copertura finanziaria degli oneri derivanti da una serie di misure contenute nel provvedimento.
In particolare, il comma 2 quantifica nel modo seguente gli oneri derivanti dalle singole disposizioni normative cui si intende dare copertura finanziaria:
§ articolo 1, commi 8 (Pompei) e 12 (dirigente II fascia istituenda Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli), oneri pari a 200.000 euro per il 2013; 909.500 euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 e a 109.500 euro a decorrere dal 2017;
§ articolo 2 (500 giovani per la cultura), oneri per 2,5 milioni di euro per il 2014;
§ articolo 3 (introiti vendita biglietti riassegnati al Mibac): oneri per 12,8 milioni di euro a decorrere dal 2014;
§ articolo 5 (Nuovi Uffizi, Museo ebraismo, Mausoleo di Augusto, interventi di tutela e celebrazioni): oneri pari a 3 milioni di euro per il 2013 e a 19 milioni per il 2014;
§ articoli 5-ter e 5-quater (Museo tattile statale “Omero” e tutela dei siti Unesco in provincia di Ragusa): oneri pari a 600.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015;
§ articolo 7 (musica giovani talenti): oneri pari a 4,5 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015, 2016;
§ articolo 8 (tax credit cinema): oneri pari a 65 milioni per il 2014 e a 110 milioni a decorrere dal 2015;
§ articolo 10 (teatri): oneri per 4 milioni di euro a decorrere dal 2014;
§ articolo 11, comma 7 (fondazioni lirico-sinfoniche): oneri pari a 3 milioni a decorrere dal 2015;
§ articolo 14, comma 1 (oli lubrificanti): oneri pari a 3,41 milioni per il 2015 e a 1,93 milioni a decorrere dal 2016;
§ articolo 14, comma 2 (accisa su alcool): oneri pari a 5,1 milioni per il 2015, a 11,5 milioni per il 2016 e a 7,8 milioni a decorrere dal 2017[51];
§ articolo 15, comma 1 (Rifinanziamento Fondo per interventi strutturali di politica economica) (cfr. sopra): oneri pari a 1,8 milioni per il 2013; 11 milioni per il 2014; 7,5 milioni per il 2015; 4,5 milioni il 2016; 13 milioni per il 2017 e a 4,5 milioni a decorrere dal 2018.
Gli oneri del
provvedimento risultano, pertanto, pari complessivamente a 5,6 milioni di euro per l'anno 2013,
a 120,3 milioni per l'anno 2014, 151,8 milioni per l'anno 2015,
153,1 milioni per l'anno 2016, a 152,6 milioni per l'anno 2017
e a 136,3 a decorrere dall'anno 2018.
Il medesimo comma 2, alle lettere da a) ad e), individua la necessaria copertura finanziaria come di seguito specificato:
§ quanto a 3 milioni per l’anno 2013 mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (lett. a);
§ quanto a 600.000 euro per l'anno 2013, per le finalità specifiche di cui agli articolo 5-ter (Museo tattile statale “Omero”) e 5-quater (tutela dei siti Unesco in provincia di Ragusa), mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo e, quanto a 600.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, mediante riduzione della quota di parte corrente dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.L. n. 34/2011, relativa al finanziamento per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali (lett. a-bis);
§ quanto a 2 milioni per l’anno 2013 e a 8,6 milioni per ciascuno degli anni dal 2014 al 2018, con le maggiori entrate di cui all’articolo 11, comma 12 (completamento dei versamenti dalla tesoreria al bilancio delle somme giacenti nelle contabilità speciali intestate ai capi degli Istituti centrali e periferici del Ministero, compresi gli Istituti dotati di autonomia speciale, per la gestione dei fondi loro assegnati in applicazione dei piani di spesa per la realizzazione di interventi nel settore dei beni culturali) (lett. b);
§ quanto a 20,1 milioni per l’anno 2014 e a 61,6 milioni a decorrere dall’anno 2015, mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 14, comma 2 (determinazione delle aliquote di accisa relative a birra e alcolici) (lett. c):
§ quanto a 49,6 milioni per il 2014, a 47,6 milioni per il 2015, a 49,5 milioni per il 2016, a 49,029 milioni per il 2017 e a 49,1 milioni a decorrere dal 2018, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate di cui all’articolo 14, comma 3 (incremento a decorrere dal 1° gennaio 2014, del prelievo fiscale sui prodotti da fumo) (lett. d):
§ quanto a 13,4 milioni a decorrere dall’anno 2014, mediante utilizzo delle maggiori entrate di cui all’articolo 14, comma 1 (rimodulazione dell'aliquota dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti) (lett. e);
§ quanto a 8 milioni di euro per il 2014, per le finalità specifiche di cui all’articolo 5, commi 3 e 3-bis (relativi al finanziamento del Museo di Augusto e degli di tutela e celebrazioni), mediante ulteriore incremento delle aliquote di accisa relative a birra e alcolici, di cui all'articolo 14, comma 2, in misura tale da garantire un maggior gettito netto pari almeno a 8 milioni di euro per l'anno 2014 (lett. e-bis).
§ quanto a 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014, per le finalità specifiche di cui all’articolo 8 (tax credit cinema), mediante ulteriore incremento delle aliquote di accisa relative a birra e alcolici, di cui all'articolo 14, comma 2, in misura tale da garantire un maggior gettito netto pari almeno a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 (lett. e-ter).
La Tabella che segue indica gli oneri complessivi per gli anni 2013-2018 e le risorse utilizzate a copertura ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, come indicate nella relazione tecnica:
Art./co. |
|
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
|
ONERI |
5,6 |
120,3 |
151,8 |
153,1 |
152,6 |
136,3 |
1, co. 8 |
Personale
Pompei |
0,2 |
0,8 |
0,8 |
0,8 |
- |
- |
1, co. 12 |
Soprintendenza
beni archeologici di Napoli |
- |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
2 |
500 giovani per
la cultura |
- |
2,5 |
- |
- |
- |
- |
3 |
Introiti
vendita biglietti riassegnati al Mibac |
- |
12,8 |
12,8 |
12,8 |
12,8 |
12,8 |
5 |
Nuovi Uffizi,
Museo ebraismo, Mausoleo di Augusto, interventi urgenti di tutela |
3,0 |
19,0 |
- |
- |
- |
- |
5-ter |
Museo tattile
statale “Omero” |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
|
|
|
5-quater |
Tutela dei siti
Unesco in provincia di Ragusa |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
|
|
|
7 |
Musica giovani
artisti e compositori emergenti |
- |
4,5 |
4,5 |
4,5 |
- |
- |
8 |
Tax credit cinema |
- |
65,0 |
110,0 |
110,0 |
110,0 |
110,0 |
10 |
Teatri |
- |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
11, co. 7 |
Risanamento Fondazioni
lirico-sinfoniche |
- |
- |
3,0 |
3,0 |
3,0 |
3,0 |
14, co.1 |
Oli
lubrificanti |
- |
- |
3,4 |
1,9 |
1,9 |
1,9 |
14, co. 2 |
Effetti su
IRPEF/IRES ed IRAP dell’aumento dell’accisa su alcolici |
- |
- |
5,1 |
11,5 |
7,8 |
- |
27, co. 1 |
Rifinanziamento
Fondo ISPE |
1,8 |
11,0 |
7,5 |
4,5 |
13,0 |
4,5 |
|
COPERTURA |
5,6 |
120,3 |
151,8 |
153,1 |
152,6 |
152,7 |
a) |
Fondo speciale
in conto capitale |
3,0 |
- |
- |
- |
- |
- |
a-bis) |
Fondo speciale
di parte corrente |
0,6 |
|
|
|
|
|
a-bis) |
Riduzione risorse per manutenzione e conservazione
dei beni culturali |
|
0,6 |
0,6 |
|
|
|
b) |
Maggiori entrate
versamenti dalla tesoreria al bilancio di somme giacenti nelle contabilità
speciali (art. 11, co. 12) |
2,0 |
8,6 |
8,6 |
8,6 |
8,6 |
8,6 |
c) |
Maggiori
entrate accisa birra e alcolici (art. 14, co. 2) |
- |
20,1 |
61,6 |
61,6 |
61,6 |
61,6 |
d) |
Maggiori
entrate prodotti da fumo (art. 14, co. 3) |
- |
49,6 |
47,6 |
49,5 |
49,0 |
49,1 |
e) |
Maggiori
entrate imposta consumo oli lubrificanti (art. 14, co. 1) |
- |
13,4 |
13,4 |
13,4 |
13,4 |
13,4 |
e-bis) |
Maggiori
entrate accisa birra e alcolici (art. 14, co. 2) |
|
8,0 |
- |
- |
- |
- |
e-ter) |
Maggiori
entrate accisa birra e alcolici (art. 14, co. 2) |
|
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
Nella tabella si evidenzia che per l’anno 2018 la copertura è superiore agli oneri previsti dal provvedimento.
Nel corso dell’esame
al Senato è stato introdotto il comma 2-bis, il quale precisa la
decorrenza (dal 2014) e il limite massimo di spesa (2 milioni di euro)
per la copertura degli oneri derivanti dall’applicazione delle
disposizioni di cui all'articolo 6 del provvedimento, come
riformulato nel corso dell’esame al Senato, che ha introdotto una diversa
disciplina per la concessione in locazione a cooperative di artisti e
associazioni tra artisti di immobili pubblici, rispetto al testo originario,
fermo restando la dotazione di 1 milione di euro dell’apposito Fondo,
costituito con le entrate derivanti dai canoni, destinato all'erogazione
di contributi a fondo perduto a favore delle cooperative di artisti che
compiano opere di manutenzione straordinaria.
Nonostante la norma in esame non lo precisi, il
suddetto limite di spesa si deve, dunque, intendere riferito alla disposizione
di cui al comma 5 del citato articolo 6, che provvede alla copertura degli
oneri recati dall’articolo 6, come riformulato nel corso dell’esame al Senato.
La norma precisa che il suddetto limite di spesa complessivo di 2
milioni di euro si intende inclusivo delle spese di manutenzione
straordinaria degli immobili e delle eventuali minori entrate per il bilancio
dello Stato.
Infine, il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 16
(Entrata in vigore)
L’art. 16 dispone l’entrata in vigore del decreto-legge nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
[1] Il testo del D.L. prevedeva che il direttore generale di progetto fosse il responsabile unico della realizzazione del “Grande progetto Pompei” e del programma straordinario.
[2] Il testo del D.L. non prevedeva una figura vicaria, né indicava i requisiti di seguito indicati nel testo.
[3] La specifica relativa ai commi 1 e 2 dell’art. 23-ter del D.L. 201/2011 è stata introdotta durante l’esame al Senato.
[4]
Per
una descrizione di tali interventi si rinvia al tema web “Edilizia e politiche
abitative”, che reca le principali misure adottate nella precedente legislatura
ed è disponibile al link https://leg16.camera.it/465?area=23&tema=107&Edilizia+e+politiche+abitative,
nonché alla relativa scheda di approfondimento accessibile al link https://leg16.camera.it/561?appro=671&I+%22piani+casa%22+e+i+%22piani+citt%C3%A0%22#approList.
[5] In
base alle informazioni assunte dalla Soprintendenza, si tratta, in particolare,
di: Museo Archeologico Nazionale, Parco archeologico Pausilypon (Villa di Vedio Pollione e Grotta di
Seiano), Area archeologica di Carminiello ai Mannesi, Parco e
Tomba di Virgilio (Crypta Neapolitana), Parco archeologico sommerso della
Gaiola, Villa romana e terme di via Terracina, Museo dell’Opera di Santa Chiara
e Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore in Napoli; Grotta azzurra e Villa romana di Damecuta in Anacapri; Museo Archeologico dei Campi
Flegrei, del Parco archeologico delle Terme di Baia, Parco archeologico
sommerso di Baia, Grotta della Dragonara, Monumento archeologico di Cento
Camerelle, Parco monumentale di Baia, Tomba di Agrippina, Piscina
Mirabile, Sacello degli Augustali e Teatro di Miseno e Necropoli di Cappella in
Bacoli; Scavi e Antiquarium di Villa
Regina in Boscoreale; Villa Iovis e
Certosa di San Giacomo in Capri;
Scavi di Stabia (Villa San Marco) in Castellammare
di Stabia; Scavi di Ercolano;
Parco archeologico in Giugliano in
Campania; Museo Archeologico dell’antica Pithecusae in Lacco Ameno; Museo storico archeologico dell’Antica Nola, Area
archeologica in località Croce del Papa (villaggio preistorico) in Nola; Museo Archeologico della Penisola
Sorrentina "G. Vallet" in Piano
di Sorrento; Scavi di Pompei;
Anfiteatro Flavio, Serapeo – Macellum, Necropoli monumentale di Via Celle,
Rione Terra, Ipogei del Fondo Caiazzo e Parco archeologico di Cuma in Pozzuoli; Scavi di Oplontis in Torre
Annunziata; Antiquarium dell’antica
Aequana in Vico Equense.
[6] Durante l’esame al Senato è stata soppressa la previsione in base alla quale le risorse digitali dovevano essere prodotte prioritariamente nel “Sistema bibliotecario nazionale” (rectius: Servizio bibliotecario nazionale), nel Sistema archivistico nazionale, nel “Sistema generale del catalogo” (rectius: Sistema informativo generale del catalogo), nel Portale della cultura italiana.
[7] Torino, Genova, Roma, Milano, Parma, Napoli, Mantova, Modena, Bari, Venezia, Bologna, Palermo, Bolzano, Firenze, Cagliari, Trieste, Perugia.
[8]
Che
definisce le varie tipologie di beni culturali (sulla nozione di bene culturale,
si veda l’apposito approfondimento pubblicato nella Documentazione di inizio
legislatura).
[9]
Il MIBAC,
nel documento recante le linee guida
applicative dell’art. 182 del Codice (Emanate in allegato alla Circolare
MIBAC n. 35 del 12 agosto 2009: http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1250080811610_Linee_Guida_applicative.pdf
. Un Addendum alle stesse linee guida è stato adottato con circolare MIBAC n.
36 del 21 settembre 2009: http://www.unsabeniculturali.it/circolari_segratariato_generale/Circolare_m._36.pdf),
ha precisato che le disposizioni citate intendono disciplinare “la fase transitoria (o meglio: di prima applicazione, poiché gli
effetti abilitanti che ne discendono sono durevoli) finalizzata al conseguimento delle qualifiche professionali da parte
dei soggetti che, al momento dell’entrata della disposizione, hanno già
compiuto un percorso formativo e/o un’attività di restauro di beni
culturali”.
[10] Materiali
lapidei, musivi e derivati; Superfici decorate dell'architettura; Manufatti
dipinti su supporto ligneo e tessile; Manufatti scolpiti in legno, arredi e
strutture lignee; Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o
dipinti; Materiali e manufatti tessili, organici e pelle; Materiali e manufatti
ceramici e vitrei; Materiali e manufatti in metallo e leghe; Materiale librario
e archivistico e manufatti cartacei e pergamenacei; Materiale fotografico,
cinematografico e digitale; Strumenti musicali; Strumentazioni e strumenti
scientifici e tecnici.
[11] Il testo del D.L. faceva riferimento all’integrazione e all’interoperabilità.
[12] Le istituzioni culturali interessate debbono, tra l’altro: essere istituite con legge dello Stato e svolgere compiti stabiliti da quest’ultima, oppure essere in possesso della personalità giuridica; non avere fine di lucro; svolgere in modo continuativo attività di ricerca e di elaborazione culturale documentata e fruibile; disporre di un rilevante patrimonio documentario (bibliografico, archivistico, museale, cinematografico, audiovisivo), pubblicamente fruibile in forma continuativa; fornire servizi di rilevante ed accertato valore culturale, collegati all’attività di ricerca ed al patrimonio documentario; sviluppare attività di catalogazione e applicazioni informatiche finalizzate alla costruzione di basi di dati rilevanti per le attività di programmazione dei Ministeri competenti nei settori dei beni culturali e della ricerca scientifica; operare sulla base di una programmazione almeno triennale; documentare l’attività svolta nel triennio precedente la richiesta di contributo e presentare i relativi conti consuntivi annuali approvati; disporre di sede ed attrezzature idonee e adeguate. Per il primo inserimento in tabella è, inoltre, prescritto che le istituzioni culturali siano costituite e svolgano attività da almeno 5 anni.
[13] L’art. 13, co. 3-quater, ha istituito, presso il MEF, il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, inizialmente dotandolo di 60 milioni di euro per il 2009, 30 milioni di euro per ciascun anno del biennio 2010-2011 e destinando le relative risorse alla concessione di contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori finalizzati al risanamento ed al recupero dell’ambiente e allo sviluppo economico dei territori stessi.
[14] La riduzione è stata disposta a titolo di parziale copertura del credito d’imposta in favore di soggetti danneggiati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, disposto dal medesimo articolo 67-octies.
[15] Il testo del D.L. autorizzava la spesa di 2 milioni di euro, di cui 1 milione per il 2013, e 1 milione per il 2014, per far fronte a interventi urgenti e indifferibili di tutela di beni culturali con gravi rischi di deterioramento, da individuare con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.
[16] Si ricorda, inoltre, che il Centro ha beneficiato di un contributo di 500.000 euro per ciascuna annualità del triennio 2005-2007 a valere sulle risorse recate dall'art. 1, co. 28, della legge 311/2004 (L. finanziaria 2005), e di erogazioni a valere sui fondi dell’otto per mille.
[17] Oltre Ragusa, Modica e Scicli, fanno parte del gruppo delle otto città: Caltagirone, Catania, Noto, Militello in Val di Catania, Palazzolo Acreide.
[18] Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il riferimento “contemporanei”.
[19] La formulazione originaria prevedeva che i suddetti beni fossero locati o concessi al canone di mercato ridotto del 10 per cento, a cura dell'ente gestore, mediante asta pubblica, con evidenziazione dei criteri di aggiudicazione. Gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria rimanevano a carico del locatario o del concessionario. Destinatarie della locazione o concessione potevano essere cooperative di artisti e associazioni tra artisti, di età compresa tra 18 e 35 anni, italiani e stranieri, che dovevano dimostrare il possesso in capo ai soci o agli associati di riconosciute competenze artistiche. L'eventuale sub-concessione o sub-locazione doveva essere preventivamente autorizzata dall'ente gestore.
[20] La formulazione originaria del comma 5 stabiliva che i proventi della locazione e concessioni di beni da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali fossero prioritariamente destinati alla riduzione del debito.
[21] Art. 8, co. 6, D.L. 83/2012 (L. 134/2012-Fondazione Grande Brera); art. 4-bis, co. 1, lett. b), D.L. 74/2012 (L. 122/2012- oneri Mibac per risorse umane e strumentali necessarie per la crisi sismica iniziata il 20 maggio 2012 nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo); art. 5, co. 1, L. 206/2012 (celebrazioni secondo centenario nascita G. Verdi).
[22] Il
riferimento a tali imprese è stato introdotto durante l’esame al Senato.
[23]
Le “opere
prime” sono le opere di esordio di un artista o autore.
[24] Le demo (termine
derivante dall’inglese: demonstration)
autoprodotte sono campioni dimostrativi delle doti e delle capacità
artistiche finalizzati alla promozione dell’opera presso case editrici e case
discografiche. Per tali opere, la distribuzione avviene o in prima persona da
parte dell’artista, ovvero dal suo agente.
[25] L’art. 80 della L. 633/1941 qualifica artisti interpreti ed artisti esecutori gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell’ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico. In base all’art. 82, rientrano, inoltre, nella denominazione di artisti interpreti e di artisti esecutori: coloro che sostengono nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista esecutore comprimario; i direttori dell’orchestra o del coro; i complessi orchestrali o corali, a condizione che la parte orchestrale o corale abbia valore artistico a sé stante e non di semplice accompagnamento.
[26] La specifica è stata introdotta durante l’esame al Senato.
[27] Le gare di velocità di
autoveicoli e le gare aeronautiche sono regolate da leggi speciali. In
proposito si vedano, rispettivamente, le circolari dell’ACI
e dell’Aeroclub.
[28] Si tratta di:
cap. 1390 – Osservatorio per lo spettacolo; cap. 1391 – Consiglio nazionale
dello spettacolo e interventi integrativi per i singoli settori; capp. 6120 e
6620 – Commissioni per l’erogazione dei contributi; cap. 6621 – Fondazioni
lirico sinfoniche; cap. 6622 – Attività musicali; cap. 6623 –Attività teatrali
di prosa; cap. 6624 – Danza; cap. 6626 – Attività teatrali di prosa svolte da
soggetti privati; cap. 8721 – Attività circensi e spettacolo viaggiante; cap.
8570 – Produzione cinematografica; cap. 8571 – Produzione, distribuzione,
esercizio e industrie tecniche; cap. 8573 – Promozione cinematografica.
Per
l’anno 2013 gli stanziamenti
complessivi del Fondo – quali risultanti dal Decreto 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione
in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015 – ammontano
a € 398,1 milioni.
[29] I più recenti
decreti recanti modalità di assegnazione dei contributi sono i seguenti: DM 29
ottobre 2007 (Fondazioni liriche);
DM 8 novembre 2007 (Danza);
DM 20 novembre 2007 (Attività circensi e
spettacolo viaggiante; DM 12 novembre 2007 (Attività teatrali);
DM 9 novembre 2007 (Musica).
Per alcuni aspetti, i DM relativi alla musica, alla danza, alle attività
teatrali, alle attività circensi e di spettacolo viaggiante sono stati
modificati dal DM 3 agosto 2010.
[30] Cfr., in
particolare, i capp. 8770 e 8610 (entrambi rubricati Interventi e contributi alle attività cinematografiche e al settore
dello spettacolo, nonché alle esigenze della Società per lo sviluppo dell’arte,
della cultura e dello spettacolo ARCUS Spa, e afferenti, rispettivamente,
ai centri di responsabilità Direzione
generale per lo spettacolo dal vivo e Direzione
generale per il cinema) dello stato di previsione del MIBAC.
[31] Art. 8, co. 6, D.L. 83/2012 (L. 134/2012-Fondazione Grande Brera); art. 4-bis, co. 1, lett. b), D.L. 74/2012 (L. 122/2012- oneri Mibac per risorse umane e strumentali necessarie per la crisi sismica iniziata il 20 maggio 2012 nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo); art. 5, co. 1, L. 206/2012 (celebrazioni secondo centenario nascita G. Verdi).
[32] Il testo del D.L. prevedeva, invece, che all’onere si facesse fronte mediante riduzione dello stanziamento annuale previsto a favore del Fondo unico per lo spettacolo.
[33] I consumi intermedi, così come definiti nel Sistema Europeo dei conti nazionali (Sec95), rappresentano il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento. I beni e servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo. Tale categoria economica include diverse tipologie di spesa, tra cui rientrano, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno o gli acquisti di farmaci.
[34] In attuazione è stata adottata dalla Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell’Economia e finanze la Circolare n. 28 del 7 settembre 2012.
[35] Le fondazioni lirico-sinfoniche sono incluse nell’elenco delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S13), i cui conti concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche, sulla base del Sec95.
[36] Ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 367/1996, il Ministro per i beni e le attività culturali può disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione dell’ente quando risultino gravi irregolarità amministrative, gravi violazioni di norme, ovvero in caso di bilancio preventivo in perdita.
Lo scioglimento è obbligatorio quando il conto economico registra per due esercizi consecutivi una perdita superiore al 30% del patrimonio o qualora siano previste perdite di analoga gravità.
Con il decreto di scioglimento vengono nominati uno o
più commissari straordinari, viene determinata la durata del loro incarico –
non superiore a 6 mesi, rinnovabile una sola volta (di fatto, proroghe sono
state disposte, nel tempo, in particolare, dall’art. 5, co. 1, del D.L. 248/2007
- L. 31/2008; dall’art. 40, co. 2, del D.L. 207/2008 - L. 14/2009; dall’art. 1,
co. 1, del D.L. 225/2010 - L. 10/2011; dall’art. 1 del DPCM 25 marzo 2011;
dall’art. 1, co. 390, della L. 228/2012; dal DPCM 26 giugno 2013) – nonché il
compenso loro spettante. I commissari straordinari esercitano tutti i poteri
del c.d.a.; provvedono alla gestione della fondazione e ad
accertare e rimuovere le irregolarità; a promuovere le soluzioni utili al
perseguimento dei fini istituzionali. Possono motivatamente proporre la
liquidazione. Ricorrendone i presupposti, promuovono la dichiarazione di
decadenza dai diritti e dalle prerogative riconosciuti dalla legge agli enti
originari. Spetta loro, infine, l'esercizio dell'azione di responsabilità
contro i componenti del disciolto consiglio di amministrazione, previa
autorizzazione ministeriale.
Attualmente sono sottoposti al regime di amministrazione straordinaria la Fondazione Teatro del maggio musicale
fiorentino (il cui commissario straordinario, nominato con DM 1° febbraio
2013, è stato prorogato fino al 15 dicembre 2013 con DM 12 settembre 2013), la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari (il
cui commissario straordinario, nominato con DM 1° marzo 2012, è stato
prorogato, da ultimo fino al 31 dicembre 2013, con DPCM 26 giugno 2013,
adottato sulla base dell’art. 1, co. 394, della L. 228/2012), la Fondazione Teatro Massimo di Palermo
(il cui commissario straordinario, nominato con DM 4 dicembre 2012, è stato
prorogato fino al 31 dicembre 2013 con DM 31 maggio 2013).
[37] La
relazione illustrativa all’A.S. 1014 evidenziava che nel corso degli ultimi due
esercizi sono stati sottoposti ad amministrazione straordinaria il Teatro Carlo
Felice di Genova e il Teatro Lirico di Trieste.
[38] Il riferimento alla compatibilità delle soluzioni con gli strumenti previsti dalle leggi di riferimento del settore è stato introdotto durante l’esame al Senato.
[39] Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa all’A.S. 1014, l’entità numerica del personale amministrativo a tempo indeterminato al 31 dicembre 2012 è pari a 662 unità, mentre quella del personale tecnico è di 1.146, per un totale di 1.808 unità, che raggiungono le 2.017 calcolando anche il personale a tempo determinato e le collaborazioni. Tale dato, aggiornato al 26 giugno 2013, è pari a 2.043 unità – rispettivamente 1.448 tecnici e 595 amministrativi – valore, secondo la relazione, “ ridondante in relazione alla attività di produzione effettivamente resa”. La retribuzione di un livello medio di un impiegato dell’area amministrativa è pari a 45.968,94 euro, mentre la retribuzione di un livello medio di un tecnico si aggira intorno agli 44.818,38 euro.
La stessa relazione, inoltre, precisa che, stante la riduzione delle piante organiche definita dal comma 1 dello stesso articolo 11, non è dato, peraltro, allo stato degli atti determinare l’entità del costo aziendale di cui la fondazione sarebbe liberata con il piano di risanamento, e a mezzo dell’applicazione dell’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro.
[40] Con nota dell’11 aprile 2011, durante l’esame
al Senato del D.L. 34/2011, il Governo ha precisato che la società ALES
costituisce uno strumento operativo del Ministero per i beni e le attività
culturali, pienamente rientrante nella fattispecie delle società in house, anche in virtù della citata
disposizione della L. 69/2009. Inoltre, esiste già un accordo quadro tra il
Ministero e la società ALES in base al quale il Ministero si avvale di
personale, anche tecnico, già alle sue dipendenze, per l’affidamento di alcuni
servizi strumentali, tra cui possono rientrare quelli di supporto tecnico al
responsabile unico del progetto e altre attività esecutive complementari per la
progettazione, l’affidamento e l’esecuzione del programma straordinario di
interventi.
[41] Specifica introdotta durante l’esame al Senato.
[42] In origine, la quota minima di partecipazione patrimoniale per poter nominare un membro nel c.d.a. era il 12%, abbassato all’8% dall’art. 2, comma 3-bis, del D.L. 72 del 2004 al fine di favorire l’ingresso dei privati nelle fondazioni.
[43]
Il testo del D.L. prevedeva, altresì,
la presenza di un organo monocratico di
monitoraggio degli atti adottati dall'organo di gestione, nominato con
decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con il
compito di verificare la sostenibilità economico-finanziaria e la
corrispondenza degli atti adottati con le indicazioni formulate dall'organo di
indirizzo. L’organo era tenuto a inviare una relazione almeno bimestrale al
MIBACT sull'attività svolta, secondo un prospetto definito con decreto del
medesimo dicastero. L’incarico dell’organo monocratico era rinnovabile per non
più di due mandati.
[44] Merita comunque ricordare che il CCNL per i dipendenti dalle Fondazioni lirico-sinfoniche del 1° giugno 2000, rinnovato il 29 luglio 2003, prevede (articolo 1) che per l'assunzione dei lavoratori le Fondazioni si debbano attenere alle disposizioni legislative vigenti nonché a quelle previste dal CCNL stesso. In particolare, le assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico avvengono di norma per concorso pubblico, fatta salva la possibilità per le Fondazioni di ricorrere a chiamate dirette per figure di vertice dell'organizzazione aziendale (o per l'assunzione di figure artistiche di alto valore professionale, sentita preventivamente la R.S.U.). L'aver prestato servizio nella Fondazione con rapporti di lavoro a termine per un periodo complessivo non inferiore a 18 mesi senza aver dato luogo a contestazioni artistico-professionali disciplinari costituisce titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi per assunzioni a tempo indeterminato.
[45] Decorsi i quali, se la Corte dei conti non si è ancora pronunciata, la certificazione si intende effettuata positivamente.
[46] Si ricorda che il co. 6 dell’art. 3 del D.L. 64/2010 ha disposto che alle fondazioni lirico-sinfoniche continua ad applicarsi, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, l’articolo 3, quarto e quinto comma, della L. 426/1977, anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati dopo la loro trasformazione in soggetti di diritto privato e al periodo anteriore alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 368/2001.
Più specificamente, il quarto comma dell’art. 3 della L. 426/1977 ha vietato i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Il successivo quinto comma ha sancito la nullità di diritto delle assunzioni attuate in violazione del divieto di cui al comma precedente, ferma la responsabilità personale di chi le ha disposte.
[47] Il DM 23 febbraio 2012, recante il riparto del FUS per il 2012, ha stabilito che alle Fondazioni lirico-sinfoniche fosse assegnata una quota pari al 47%, per € 193.388.080. Per il 2013, il Decreto 111878 del 31 dicembre 2012, di ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e per il triennio 2013-2015, reca, in corrispondenza del cap. 6621, somme per € 181.984.000.
[48] Ai sensi
dell’art. 15, co. 3, del DPR 233/2007, si tratta di: Soprintendenza speciale
per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia; Soprintendenza speciale
per i beni archeologici di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio
storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di
Venezia e dei comuni della Gronda lagunare; Soprintendenza speciale per il
patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale delle
città di Napoli e della Reggia di Caserta; Soprintendenza speciale per il
patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della
città di Roma; Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e per il polo museale della città di Firenze; Istituto
superiore per la conservazione ed il restauro (che subentra all'Istituto
centrale del restauro); Biblioteca nazionale centrale di Roma; Biblioteca
nazionale centrale di Firenze; Centro per il libro e la lettura; Archivio
centrale dello Stato.
[49]
L’art. 1 della L. 144/1999 ha previsto
l’istituzione, presso le amministrazioni centrali e regionali, di propri nuclei
di valutazione e verifica degli investimenti pubblici. Questi organismi, in
raccordo fra loro e con il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti
pubblici, sono chiamati a garantire il supporto tecnico nella programmazione,
nella valutazione e nel monitoraggio degli investimenti di ogni singola
amministrazione. Il Regolamento di cui al DPCM
262/2012 ha poi disciplinato in
particolare i nuclei di valutazione
operanti presso le amministrazioni centrali dello Stato.
Quanto ai nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
costituiti presso le amministrazioni centrali e regionali si rinvia al seguente
indirizzo, relativo al sito internet
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare: http://www.minambiente.it/home_it/menu.html?mp=/menu/menu_ministero/&m=Comitati_e_Commissioni.html|Commissione_COVIS.html|COVIS_Aree_tematiche_collegate_ad_attivita_del.html|AT_COVIS_I_Nuclei_di_Valutazione_e_Verifica_degli.html
[50] Si tratta di diverse commissioni consultive per i seguenti ambiti di competenza: la musica, il teatro, la danza, i circhi e lo spettacolo viaggiante.
[51] Gli oneri relativi all’articolo 14, comma 2, sono stati modificati nel corso dell’esame al Senato al fine di spostarne in avanti la decorrenza, a partire dal 2015 anziché dal 2014, come peraltro già espressamente indicato nella relativa tabella della Relazione tecnica al disegno di legge iniziale.