Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022
Serie: Progetti di legge   Numero: 145/1
Data: 08/11/2023
Organi della Camera: X Attività produttive, Assemblea

8 novembre 2023

 

 

Legge annuale per il mercato

e la concorrenza 2022

 

 

A.S. n. 795-A

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 112/1

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 145/1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

La disciplina della Legge annuale per il mercato e la concorrenza e le riforme previste dal PNRR   5

Il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022, le riforme previste dal PNRR e le delibere dell’AGCM... 8

Schede di lettura. 17

Articolo 1 (Misure per l’adozione del Piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e dei piani per la rete di trasporto del gas naturale). 19

Articolo 2 (Promozione dell'utilizzo dei contatori intelligenti di seconda generazione e accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato). 25

Articolo 3 (Servizi di cold ironing). 27

Articolo 4 (Modifiche all’articolo 45 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81). 29

Articolo 5 (Esame di abilitazione all’impresa di autotrasporto, fuori della provincia di residenza) 30

Articolo 6 (Modifiche all'articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, in materia di obblighi dei sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche - RAEE)  31

Articolo 7 (Disposizioni per favorire la concorrenza nel settore della gestione dei RAEE)  33

Articolo 8 (Modifiche al decreto legislativo n. 171 del 2005 in tema di mediazione nautica da diporto). 36

Articolo 9, comma 1 (Disposizioni per la promozione della concorrenza nel settore del gas naturale). 46

Articolo 9, comma 2 (Contratti a distanza conclusi per telefono). 48

Articolo 10 (Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici). 49

Articolo 11, commi 1-7 (Modalità di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche). 54

Articolo 11, comma 8 (Proroga semplificazioni in materia di occupazione di suolo pubblico per esercizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande). 61

Articolo 12, commi 1 e 2 (Semplificazioni in materia di attività commerciali). 63

Articolo 12, comma 3 (Attività commerciali e artigiane nei centri urbani). 68

Articolo 12, comma 4 (Integrazione dei principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di semplificazione dei controlli sulle attività economiche). 75

Articolo 13 (Disposizioni in materia di obbligo di non discriminazione in ragione del fornitore di provenienza) 78

Articolo 14 (Contratti di servizi a tacito rinnovo). 79

Articolo 15 (Misure di semplificazione per lo svolgimento delle attività agricole). 80

Articolo 16 (Preparazione dei farmaci galenici) 82

Articolo 17 (Termine per il controllo delle concentrazioni) 84

Articolo 18 (Misure per l'attuazione del regolamento 2022/1925/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2022). 89

Articolo 19 (Disposizioni relative alle partecipazioni in società del settore fieristico) 92

Articolo 20 (Criteri di misurazione della rappresentatività nelle attività di intermediazione dei diritti d'autore). 93

Articolo 21 (Differimento dei termini per la revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31). 95

 


La disciplina della Legge annuale per il mercato e la concorrenza e le riforme previste dal PNRR

 

 

L’adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, il cui fine è rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori, è disciplinata dall’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99.

 

Ai sensi del citato articolo 47, comma 2, il disegno di legge è presentato ogni anno, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), ai sensi dell’articolo 23 della legge n. 287/1990, dal Governo stesso, su proposta del Ministro delle Imprese del Made in Italy, sentita la Conferenza unificata, tenendo conto anche delle segnalazioni eventualmente trasmesse dalla citata autorità ai medesimi fini.

La presentazione della relazione annuale da parte dell’AGCM è prevista dall’articolo 23 della legge n. 287/1990. Detta relazione, presentata al Presidente del Consiglio dei Ministri entro il 31 marzo di ogni anno, ha ad oggetto l’attività svolta nell’anno precedente; il Presidente del Consiglio dei Ministri la trasmetta a sua volta entro trenta giorni al Parlamento.

L’articolo 21 della citata legge n. 287/1990 dispone circa il potere di segnalazione dell’AGCM, prevedendo che l’Autorità, allo scopo di contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del mercato, individui i casi di particolare rilevanza nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere generale determinino distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato che non siano giustificate da esigenze di interesse generale. L’autorità segnala le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati. Ove ne ravvisi l’opportunità, esprime parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive.

Infine, l’articolo 22 prevede che l’AGCM possa esprimere pareri sulle iniziative legislative o regolamentari e sui problemi riguardanti la concorrenza ed il mercato quando lo ritenga opportuno, o su richiesta di amministrazioni ed enti pubblici interessati. Il Presidente del Consiglio dei Ministri può chiedere il parere dell'Autorità sulle iniziative legislative o regolamentari che abbiano direttamente per effetto:

a)    di sottomettere l'esercizio di una attività o l'accesso ad un mercato a restrizioni quantitative;

b)   di stabilire diritti esclusivi in certe aree;

c)    di imporre pratiche generalizzate in materia di prezzi e di condizioni di vendita.

 

Il successivo comma 3 dell’articolo 47 dispone che il disegno di legge per il mercato e la concorrenza rechi, in distinte sezioni:

a)   norme di immediata applicazione, al fine, anche in relazione ai pareri e alle segnalazioni dell'AGCM ed alle indicazioni contenute nelle relazioni annuali dell'Autorità medesima e delle altre autorità amministrative indipendenti, di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l'esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;

b)   una o più deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi, da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, al fine di rimuovere gli ostacoli all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di garantire la tutela dei consumatori;

c)   l'autorizzazione all'adozione di regolamenti, decreti ministeriali e altri atti, per le medesime finalità;

d)   disposizioni recanti i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano le proprie competenze normative, quando vengano in rilievo profili attinenti alla tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

e)   norme integrative o correttive di disposizioni contenute in precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, con esplicita indicazione delle norme da modificare o abrogare.

 

L’articolo 47, comma 4, prevede, infine, che il Governo alleghi al disegno di legge una relazione di accompagnamento che evidenzi:

a)   lo stato di conformità dell'ordinamento interno ai princìpi comunitari in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza;

b)   lo stato di attuazione degli interventi previsti nelle precedenti leggi per il mercato e la concorrenza, indicando gli effetti che ne sono derivati per i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione;

c)   l'elenco delle segnalazioni e dei pareri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, espressi ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, indicando gli ambiti in cui non si è ritenuto opportuno darvi seguito.

 

La disciplina dettata dalla legge n. 99/2009 non ha trovato costante applicazione. Nel corso della XVI e della XVII legislatura è stato presentato alle Camere un solo disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, il 3 maggio 2015 (C. 3012), approvato in via definitiva il 2 agosto 2017 (legge 4 agosto 2017, n. 124).

Nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), si legge, tuttavia, che “la sua cadenza annuale va assicurata, essendo essenziale per rivedere in via continuativa lo stato della legislazione al fine di verificare se permangono vincoli normativi al gioco competitivo e all’efficiente funzionamento dei mercati, tenendo conto del quadro socioeconomico”.

Il medesimo Piano prevede, quindi, una serie di misure da adottare con l’approvazione delle leggi annuali per il mercato e la concorrenza riferite agli anni dal 2021 al 2024.

Alcune misure contemplate dal PRNN sono, quindi, state approvate nell’ambito della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (legge 5 agosto 2022, n. 118).

 


 

Il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022, le riforme previste dal PNRR e le delibere dell’AGCM

 

In data 20 aprile 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro delle imprese e del Made in Italy, il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022.

 

Il PNRR pone come obiettivo l’approvazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 entro il quarto trimestre del 2023 e indica due riforme da attuare nell’ambito di tale legge, in materia di:

§  adozione del Piano di sviluppo della rete elettrica;

§  promozione della diffusione di contatori elettrici intelligenti di seconda generazione.

 

Nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge, si evidenzia come esso contiene, in apertura, previsioni volte ad assicurare il raggiungimento della milestone, fissata nel quadro del PNRR, relativa al potenziamento e alla pianificazione dello sviluppo della rete elettrica nazionale e alla promozione dell’utilizzo dei cc.dd. “contatori intelligenti” (smart meters), allo scopo di favorire il risparmio energetico e il contenimento del prezzo dell’energia.

 

Riforma prevista dal PNRR

Articolo del disegno di legge

Adozione del Piano di sviluppo della rete elettrica

Articolo 1 (Misure per l’adozione del Piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e dei piani per la rete di trasporto del gas naturale)

Promozione della diffusione di contatori elettrici intelligenti di seconda generazione

Articolo 2 (Promozione dell’utilizzo di contatori intelligenti di seconda generazione e accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato)

 

Alcune successive disposizioni sono state – si legge nella relazione illustrativa – ricavate da documenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti e, in particolare, dalle segnalazioni di AGCM

§  del 31 marzo 2022, “Proposte di riforma concorrenziale relative ai settori dell’energia elettrica e del servizio idrico integrato ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2022” (AS1824), nonché

§  del 19 marzo 2021, “Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021” (AS1730), per il recepimento di indicazioni non inserite nella “legge sulla concorrenza” approvata lo scorso anno, previa verifica della loro perdurante attualità.

 

Di seguito un prospetto riepilogativo delle nuove proposte formulate dall’AGCM ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2022, con l’indicazione dell’eventuale norma di recepimento vigente o contenuta nel disegno di legge in commento.

 

Proposta AGCM per la legge sulla concorrenza 2022

Articolo del disegno di legge o altre norme di attuazione

 

SVILUPPO DELLE INFRASTRUTTURE DI RETE ELETTRICA

Eliminazione dell’obbligo della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sul piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale

Non recepita

Semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione delle opere di rete elettrica urgenti per l’attuazione del PNRR e il raggiungimento degli obiettivi energetico-ambientali, nel rispetto di criteri predefiniti di realizzazione e localizzazione, attraverso l’estensione delle opere realizzabili in DIA, la non vincolatività dei pareri paesaggistici, l’estensione della possibilità di ricorrere al cd pre-screening VIA

L’art. 13-bis del D.L. n. 17/2022 prevede siano sottoposti a DIA gli interramenti delle linee elettriche

L’articolo 6, comma 1, let. b) del D.L. n. 50/2022 prevede che il parere paesaggistico sulle infrastrutture elettriche di connessione localizzate in aree idonee degli impianti da fonti rinnovabili localizzati anch’essi in aree idonee sia obbligatorio e non vincolante. L’art. 11 del D.L. n. 50/2022 sottopone a DIA ulteriori interventi che comportano il miglioramento delle prestazioni di esercizio di linee esistenti ovvero che consentono l'esercizio delle linee esistenti in corrente continua, funzionale al trasporto delle energie rinnovabili.

L’art. 47 del D.L. n. 13/2023 prevede al comma 9 siano sottoposti a DIA gli aumenti di cubatura anche oltre il 30% nelle stazioni elettriche destinate alla collocazione di apparecchiature o impianti tecnologici al servizio delle stazioni elettriche stesse. Al comma 1, let. a-ter) prevede che il parere paesaggistico sulle infrastrutture elettriche interrate di connessione, ovunque localizzate (anche in aree non idonee) degli impianti da fonti rinnovabili realizzati in aree idonee sia obbligatorio non vincolante

 

La semplificazione delle procedure autorizzative sulle opere di rete attraverso il ricorso alla DIA per il rinnovo di linee esistenti (da non inserire nel Piano di sviluppo), nonché l’esclusione dall’obbligo di VIA degli interventi di rinnovo e di interramento delle linee

L’articolo 13-bis del D.L. n. 17/2022 sottopone a DIA le ricostruzioni di linee elettriche esistenti e dispone non debbano essere previamente inserite in piani e programmi.

L’art. 10 del D.L. n. 50/2022 esclude dall’obbligo di VIA gli elettrodotti in cavo interrato.

Estensione ai distributori degli obblighi di separazione proprietaria previsti per il gestore della rete di trasmissione

Non recepita

 

 

SMART METERING

Previsione di atti di indirizzo più specifici per assicurare la piena efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), del D.lgs. n. 210/2021, in tema di informazione e consulenza alla clientela circa il pieno potenziale del dispositivo 2G in termini di gestione della lettura e di monitoraggio del consumo di energia elettrica

Articolo 2 DDL concorrenza (Promozione dell’utilizzo di contatori intelligenti di seconda generazione e accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato)

Definizione di regole relative ai soggetti legittimati ad acquisire i dati e alle modalità di condivisione delle informazioni ricavabili dai misuratori di ultima generazione, previo ottenimento del consenso da parte dell’utente finale, al fine di consentire il pieno sviluppo di servizi innovativi anche da parte di operatori terzi e promuovere la concorrenza nel mercato della vendita di energia elettrica attraverso la diffusione di offerte innovative

Articolo 2 DDL concorrenza (Promozione dell’utilizzo di contatori intelligenti di seconda generazione e accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato)

 

 

DEFINITIVA USCITA DAL REGIME DI MAGGIOR TUTELA

Modifica dell’articolo 11, comma 2 del D.lgs. n. 210/2021 per chiarire che l’obbligo dei fornitori di offrire l’energia ai clienti vulnerabili ad un prezzo regolato è un obbligo a informarli dell’esistenza della relativa tariffa, specificando a chi rivolgersi per averla e chiarendo che il cliente vulnerabile che non intenda accedervi è libero di scegliere qualunque altra soluzione

Non recepita.

Si veda, tuttavia, il combinato disposto degli articoli 1, comma 3, 2, comma 4 e 3, comma 1 del D.M. 18 maggio 2023, n. 169.

In particolare, l’articolo 1, comma 3 prevede che l’ARERA assicuri il superamento del vigente regime di maggior tutela entro il 10 gennaio 2024; l’articolo 2, comma 4 prevede che l’esercente il servizio a tutele graduali, prima della scadenza del servizio, informi periodicamente il cliente finale della scadenza del periodo di erogazione e delle sue conseguenze; l’articolo 3, comma 1 prevede che, per i clienti vulnerabili, il STG assolva alle funzioni di servizio di ultima istanza dalla data di adozione delle misure previste dall’articolo 11, comma 2 del D.Lgs. n. 210/2021.

 

Previsione di modalità di identificazione competitive dei fornitori dei clienti vulnerabili

Si veda il combinato disposto degli articoli 2, comma 1 e 3, comma 1 del D.M. 18 maggio 2023, n. 169 D.M. 18 maggio 2023, n. 169.

L’articolo 2, comma 1, in particolare, prevede l’assegnazione dei clienti non vulnerabili che non abbiano stipulato un contratto per la fornitura di energia elettrica sul mercato libero al Servizio a tutele graduali fornito da operatori selezionati con procedure competitive. L’articolo 3, comma 1 prevede che, per i clienti vulnerabili, il STG assolva alle funzioni di servizio di ultima istanza dalla data di adozione delle misure previste dall’articolo 11, comma 2 del D.Lgs. n. 210/2021.

Avvio di una campagna informativa istituzionale volta a rendere consapevole la generalità dei consumatori dell’opportunità del processo di liberalizzazione in atto e della natura del servizio a tutela graduali quale strumento di traghettamento al mercato libero

L’articolo 2 del D.M. 31 agosto 2022 e l’articolo 1, comma 4 del D.M. 18 maggio 2023, n. 169 prevedono che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica promuova campagne informative istituzionali destinate ai clienti domestici

 

 

COMPLETAMENTO GOVERNANCE GESTIONI IDRICHE INTEGRATE E PNRR

Definizione di un termine ravvicinato per l’individuazione del gestore unico d’ambito da parte degli Enti di Gestione d’Ambito che non vi abbiano ad oggi proceduto

L’art. 14 del D.L. 9 agosto 2022, n. 115 ha fissato un termine di 90 giorni (decorrente dall’entrata in vigore del medesimo decreto-legge) e previsto, in caso di inadempienza, poteri sostitutivi in capo al Presidente della Regione.

In caso di perdurante inerzia di quest’ultimo, è previsto che il Consiglio dei ministri adotti i provvedimenti necessari, anche incaricando INVITALIA S.p.A. (società individuata con il D.M. 384/2022) di provvedere alla gestione del servizio idrico integrato in via transitoria e per una durata non superiore a quattro anni, comunque rinnovabile.

Introduzione di un meccanismo di poteri sostitutivi in caso di mancato adempimento nel termine di cui sopra, consentendo a soggetti pubblici statali di partecipare all’assegnazione dei fondi PNRR avvalendosi di soggetti industriali

Affidamento ai soggetti industriali di cui sopra dell’incarico di realizzare gli interventi di cui al Piano d’Ambito o comunque urgenti e di gestire in via transitoria il servizio idrico integrato fino all’individuazione e all’operatività di un gestore unico locale

 


 

Nelle Relazioni relative all’Italia, inerenti la valutazione dei progressi del nostro Paese in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici (cd. Country Report), la Commissione europea ha più volte evidenziato gli ostacoli strutturali che si frappongono alla crescita della produttività e che costituiscono un freno agli investimenti nel nostro Paese.

Sull’insoddisfacente dinamica della produttività incidono, a parere della Commissione, anche le barriere nel mercato dei beni e dei servizi.

In proposito, a luglio 2019, il Consiglio Europeo, nelle Raccomandazioni specifiche (CSR), aveva rilevato la necessità di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza. Il successivo Country Report di febbraio 2020, non registrava progressi in tal senso[1].

Nei confronti dell’Italia, è stato quindi ulteriormente reiterato l’invito ad intervenire in sede legislativa, attraverso apposite riforme, talune delle quali trovano ora una collocazione programmatica nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le leggi annuali sulla concorrenza fanno dunque parte integrante del programma italiano delle riforme previste nel PNRR, nel senso che la realizzazione degli impegni per le riforme ivi contenuti sono considerati condizione per usufruire delle risorse.

Il medesimo Piano prevede, quindi, una serie di misure da adottare con l’approvazione delle leggi annuali per il mercato e la concorrenza riferite agli anni dal 2021 al 2024.

Lo scorso anno, dando attuazione agli impegni presi in sede UE, il Parlamento ha approvato la Legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118 del 5 agosto 2022).

Nel recente Country Report 2023 (SWD(2023) 612 final del 24 maggio 2023), la Commissione fa il punto della situazione evidenziando che la legge annuale sulla concorrenza 2021 “vuole eliminare gli ostacoli alla concorrenza nei servizi pubblici locali, nel trasporto pubblico locale, nella distribuzione del gas, nell'energia idroelettrica, nella ricarica elettrica e nei rifiuti. Il pacchetto comprende misure per accelerare la liberalizzazione dei mercati al dettaglio dell'elettricità e del gas. Il controllo delle fusioni viene allineato alle norme dell'UE”. Inoltre la legge mira anche a ridurre il numero dei giorni necessari per avviare un’impresa”.

Anche la legge annuale sulla concorrenza del 2022 potrà – osserva la Commissione europea - ulteriormente intervenire, per semplificare e velocizzare le procedure burocratiche e migliorare le normative di settore.

Il Country report evidenzia poi che “nell'ambito del PNRR e come parte della Legge annuale sulla concorrenza 2023, l'Italia mira a migliorare la concorrenza nel settore del trasporto stradale sulle autostrade rendendo obbligatoria la gara d'appalto dei contratti di concessione e riducendo la fornitura in house. Queste misure dovrebbero attirare gli investimenti privati, ridurre la frammentazione, ottenere un'adeguata supervisione normativa e professionalizzare la gestione del servizio pubblico”.

 

Quanto alle criticità ancora aperte, il Rapporto afferma che l’Italia – sebbene ben integrata nel mercato unico con una quota di importazioni ed esportazioni di beni all'interno dell'UE pari rispettivamente al 51% e al 52,7% nel 2022 -  mostra ancora di dover affrontare alcune sfide di lunga data, in particolare nel settore dei servizi. Per diverse importanti professioni regolamentate l'Italia registra un livello di restrittività superiore alla media UE

Le “restrizioni sono relativamente elevate anche nel settore del commercio al dettaglio - soprattutto per quanto riguarda le norme sullo stabilimento, dove l'Italia è uno degli Stati membri più restrittivi. Allo stesso modo, i ritardi nell'attuazione di procedure competitive efficaci per l'assegnazione di concessioni marittime, lacustri e fluviali per attività turistico ricreative, così come la limitata redditività di tali contratti di concessione per le autorità pubbliche, rimangono fonte di preoccupazione”.

European Commission, Retail Restrictiveness Indicator (2022 update).

 

La Tabella che segue, tratta dal Country Report 2023, espone gli indicatori chiave presi in considerazione dalla Commissione ai fini delle sue valutazioni, i relativi risultati del nostro Pese, a raffronto con la media UE.

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Misure per l’adozione del Piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e dei piani per la rete di trasporto del gas naturale)

 

 

L’articolo 1 modifica le norme che disciplinano l’adozione dei piani di sviluppo della rete di trasporto del gas naturale e dei piani di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale.

Con riguardo ai primi, si prevede che essi siano trasmessi all’ARERA e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ogni due anni, anziché annualmente, precisando che essi devono essere predisposti dall’impresa maggiore di trasporto del gas naturale tenendo conto degli interventi degli altri gestori della rete.

Quanto all’approvazione dei piani di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale presentati ogni due anni da Terna, si fissano i seguenti termini procedimentali: sessanta giorni per l’espressione dei pareri da parte delle regioni interessate, sei mesi dalla presentazione del piano per lo svolgimento della consultazione pubblica e la valutazione dell’ARERA, diciotto mesi (comprensivi della valutazione ambientale strategica) per l’approvazione definitiva da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Tali termini decorrono nuovamente, ridotti della metà, qualora Terna presenti integrazioni al Piano già trasmesso.

 

L’articolo 1 del disegno di legge introduce modificazioni al D.Lgs. n. 93/2011, recante attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica.

In particolare, l'articolo 1, comma 1, lettera a) modifica l’articolo 16 del D.Lgs. n. 93/2011, che disciplina le modalità di trasmissione all’ARERA e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del piano decennale di sviluppo della rete gas. Si prevede, infatti, che esso sia trasmesso ogni due anni anziché annualmente e si precisa che tale piano debba essere predisposto dall’impresa maggiore di trasporto del gas naturale tenendo conto degli interventi degli altri gestori della rete.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lett. kk-quinquies del D.Lgs. n. 164/2000, come novellato dal D.Lgs. n. 93/2011, per impresa maggiore di trasporto si intende l’impresa che, avendo la disponibilità della rete nazionale di gasdotti, svolge l’attività di trasporto sulla maggior parte della medesima.

Ai sensi dell’articolo 10, comma 1 del D.Lgs. n. 93/2011, l’impresa maggiore di trasporto, proprietaria della rete di trasporto nazionale e regionale del gas naturale, si conforma alla disciplina del «Gestore di trasporto indipendente» (Independent Transmission Operator - ITO) di cui al capo IV della direttiva 2009/73/CE del 13 luglio 2009, che ne garantisce la piena indipendenza da un’eventuale impresa verticalmente integrata. Le altre imprese proprietarie di reti di trasporto del gas naturale potevano, entro il 3 marzo 2012, conformarsi anch’esse alla disciplina del Gestore di trasporto indipendente (ITO) o proporre un gestore di sistema indipendente (Independent System Operator – ISO) a norma dell’articolo 14 della citata direttiva, separato da un punto di vista proprietario dal soggetto che ha la proprietà della stessa rete, che può quindi rimanere integrata con la società di produzione e vendita. Tali imprese potevano indicare come gestore di sistema indipendente anche l’impresa maggiore di trasporto, quale gestore di trasporto indipendente. In ogni caso, tali gestori di sistema indipendenti sono tenuti a rispettare il piano decennale di sviluppo della rete (art. 17, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 93/2011).

 

L’articolo 1, comma 1, alla successiva lettera b), modifica, invece, l’articolo 36, commi 12 e 13 del medesimo decreto legislativo, che disciplinano il procedimento di approvazione del piano decennale di sviluppo della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica a cura di Terna.

Detto piano, si ricorda, individua le linee di sviluppo degli interventi elettrici infrastrutturali da compiere nei dieci anni successivi, anche in risposta alle criticità e alle congestioni riscontrate o attese sulla rete, nonché gli investimenti programmati e i nuovi investimenti da realizzare nel triennio successivo e indica una programmazione temporale dei progetti di investimento, secondo quanto previsto dalla concessione per l’attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica attribuita a Terna S.p.A..

 

La riforma si inquadra nell’ambito dell’attuazione del PNRR, che prevede l’adozione, con la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022, di norme finalizzate ad assicurare la tempestiva attuazione dei piani di sviluppo della rete per l’energia elettrica.

Si osserva che l’AGCM, nella segnalazione 1824 del 31 marzo 2022, recante proposte di riforma concorrenziale relative ai settori dell’energia elettrica e del servizio idrico integrato ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2022, propone, a tal fine, di eliminare l’obbligo di sottoporre i piani di sviluppo della rete elettrica nazionale a Valutazione Ambientale Strategica, il cui svolgimento non è ritenuto necessario ai sensi della direttiva UE 2011/92 (analoga proposta, con analoghe valutazioni circa la sua conformità al diritto dell’UE, è stata avanzata dall’ARERA nella Memoria del 31 luglio 2020, 300/2020/I/com). Le modifiche proposte dall’articolo 1, tuttavia, non intendono recepire tale proposta; a tal proposito, l’articolo 1, comma 1, lett. b), prevede – nel novellare il comma 12 dell’articolo 36 del D.Lgs. n. 93/2011 – che il termine per l’approvazione del Piano da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ivi indicato comprende i termini per la valutazione ambientale strategica e per i relativi adempimenti a carico di Terna S.p.A., ai sensi della parte seconda, titolo II, del D.Lgs. n. 152/2006.

 

In particolare, le modifiche previste dall’articolo 1, comma 1, lettera b) introduce alcuni termini procedimentali:

§  un termine di sessanta giorni per l’espressione dei pareri da parte delle regioni e – precisa ora il testo, a seguito delle modifiche approvate in sede referente - delle province autonome territorialmente interessate dagli interventi programmati, a decorrere dalla data in cui è rivolta la richiesta di parere; in caso di inutile decorso del termine assegnato, il Ministero procede comunque all’approvazione del Piano;

§  un termine di sei mesi dalla data di presentazione del Piano per lo svolgimento della consultazione pubblica e la trasmissione dell’esito della propria valutazione al Ministero da parte dell’ARERA;

     La consultazione del Piano decennale di sviluppo della rete di trasmissione nazionale di competenza dell’ARERA è attualmente disciplinata dalla deliberazione 4 novembre 2016 627/2016/R/EEL, che fissa un termine di trenta giorni per la trasmissione delle osservazioni al Piano dall’avvio della consultazione da parte dell’Autorità. Successivamente, l’ARERA esprime la propria valutazione sulla base delle osservazioni argomentate e rese in forma non anonima pervenute.

§  un termine complessivo di diciotto mesi dalla trasmissione del Piano per l’approvazione del Piano da parte del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, comprensivo dei termini per la valutazione ambientale strategica e per i relativi adempimenti a carico di Terna S.p.A..

 

Si prevede, inoltre, che Terna possa integrare il Piano trasmesso nel caso in cui si renda necessaria la pianificazione di nuovi interventi in ragione di specifiche, indifferibili e comprovate esigenze del sistema elettrico. In tal caso, i termini sopra indicati decorrono dalla data di presentazione al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica della proposta di integrazione del Piano e sono ridotti della metà.

Rimane in capo a Terna l’obbligo di presentare ogni anno al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e all’ARERA un documento sintetico degli interventi di sviluppo della rete coerenti con il Piano di sviluppo da compiere nei successivi tre anni e lo stato di avanzamento degli interventi inclusi nei precedenti Piani.

 

 

Gli ultimi piani di sviluppo della rete di trasmissione nazionale sono quelli riferiti agli anni 2016 e 2017 (entrambi approvati con D.M. 25 febbraio 2020), 2018 (approvato con D.M. 8 febbraio 2021), 2019 e 2020 (entrambi approvati con D.M. 29 dicembre 2022).

Essi sono stati approvati rispettivamente in 49, 37, 36, 35 e 23 mesi. Mediamente, quindi sono stati impiegati tre anni per l’approvazione dei piani di sviluppo della rete di trasmissione. Il termine di conclusione risulta comunque essersi ridotto nel corso del tempo.

La sovrapposizione tra procedimenti di approvazione di piani di sviluppo riferiti ad anni diversi è stata talvolta risolta a livello amministrativo attraverso la loro unificazione (è accaduto per i piani di sviluppo 2016 e 2017, 2019 e 2020, ma, ancor prima, i piani riferiti agli anni 2013, 2014 e 2015).

La soluzione adottata a livello legislativo è stata la previsione di una cadenza biennale anziché annuale della predisposizione del Piano (art. 60, comma 3 del D.L. n. 76/2020). Ciò, per altro, in linea con le modalità di adozione a livello europeo del Ten Years Networks Development Plan da parte dell’associazione dei gestori di rete Entso-E.

Dai decreti di approvazione dei piani di sviluppo relativi agli anni dal 2016 al 2020, risulta che, dopo la presentazione del piano, Terna abbia avviato, sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali, ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 152/2006, la consultazione con il Ministero dell’ambiente per la redazione del rapporto ambientale sulla base di un rapporto preliminare successivamente alla presentazione del Piano al Ministero. Mediamente la consultazione è stata avviata dopo sei mesi dalla presentazione di ciascun piano (si fa presente che per i piani 2019 e 2020 è stata avviata un’unica consultazione il 22 dicembre 2020). Si osserva, a tal proposito, che l’articolo 13, comma prevede che detta fase di consultazione dovrebbe essere avviata “sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione di piani e programmi”. Detta prassi risulta, tuttavia, come si dirà più avanti, sia stata abbandonata a partire dal 2022, in quanto già il 6 maggio 2022 Terna ha trasmesso all’allora Ministero dell’ambiente e della transizione ecologica il rapporto preliminare ambientale relativo al Piano di Sviluppo 2023 (primo piano predisposto a due anni di distanza dal precedente, in coerenza con la nuova periodicità biennale prevista dal D.L. n. 76/2020).

Sempre l’articolo 13 del D.Lgs. n. 152/2006, al comma 2, prevedeva, prima delle modifiche introdotte con D.L. n. 151/2021, che la consultazione si concludesse entro i successivi novanta giorni (l’articolo 18 del D.L. n. 152/2021 ha ridotto tale termine a quarantacinque giorni). Dai decreti di approvazione dei piani di sviluppo risulta, invece, che il Ministero dell’ambiente abbia reso un parere sui rapporti preliminari mediamente dopo nove mesi e mezzo. La trasmissione del rapporto ambientale e l’avvio della valutazione ambientale strategica sono intervenuti, quindi, oltre un anno dopo la presentazione dei Piani (dopo oltre due anni, nel caso dei piani relativi agli anni 2016 e 2019, i cui procedimenti sono stati unificati a quelli di approvazione dei piani relativi agli anni 2017 e 2020).

Il Parere VAS è stato reso mediamente dopo quasi un anno dalla trasmissione del rapporto ambientale. Si rammenta, in proposito, che gli articoli 14 e 15 del D.Lgs. n. 152/2006 prevedevano, invece, prima delle modifiche introdotte con D.L. n. 151/2021, che il parere fosse reso entro novanta giorni dal termine della consultazione pubblica, della durata di sessanta giorni, per una durata complessiva della procedura di valutazione ambientale strategica di centoventi giorni (l’articolo 18 del D.L. n. 151/2021 ha ridotto detti termini a quarantacinque giorni).

Quanto, invece, ai pareri resi dalle Regioni, dai decreti di approvazione emerge che essi siano stati raccolti, negli scorsi anni, nell’ambito di una conferenza di servizi indetta dal Ministero procedente dopo la conclusione della valutazione ambientale strategica.

Infine, dai decreti di approvazione degli ultimi piani di sviluppo risulta che l’ARERA si sia espressa entro 10-11 mesi dalla presentazione del piano (salvo che in relazione al Piano di Sviluppo 2019, su quale il parere è stato reso contestualmente su di esso e sul PdS 2020 il 22 dicembre 2020).

Di seguito una tabella riepilogativa delle date di presentazione della documentazione e dei pareri resi nel corso degli iter di approvazione dei piani di sviluppo dal 2016 al 2020.

 

PdS 2016

PdS 2017

PdS 2018

PdS 2019

PdS 2020

Presentazione del Piano al Ministero

29-gen-16

31-gen-17

31-gen-18

31-gen-19

31-gen-20

Espressione del parere ARERA

04-nov-16

14-dic-17

18-dic-18

22-dic-20

22-dic-20

Avvio consultazione RP (Scoping)

20-dic-16

16-mag-17

13-apr-18

19-feb-20

19-feb-20

Fine consultazione RP (Scoping)

09-ott-17

05-feb-18

04-feb-19

16-dic-20

16-dic-20

Avvio VAS sul RA

05-lug-18

05-lug-18

10-lug-19

31-mar-21

31-mar-21

Fine consultazione pubblica VAS sul RA

02-set-18

02-set-18

11-set-19

30-mag-21

30-mag-21

Parere VAS

08-lug-19

08-lug-19

22-lug-20

17-gen-22

17-gen-22

Notifica parere VAS

15-lug-19

15-lug-19

10-ago-20

24-gen-22

24-gen-22

Richiesta parere regioni

05-lug-19

05-lug-19

07-ago-20

21-giu-22

21-giu-22

DM approvazione PdS

25-feb-20

25-feb-20

08-feb-21

29-dic-22

29-dic-22

 

È ancora in corso l’iter di approvazione del Piano di Sviluppo 2021, presentato il 18 maggio 2021. Dopo poco meno di dieci mesi dalla presentazione del Piano, il 4 marzo 2022, è stata avviata la consultazione ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 152/2006 sul rapporto preliminare (scoping) per la successiva predisposizione del rapporto ambientale. La consultazione si è conclusa in data 4 agosto 2022, dopo cinque mesi, con l’espressione del parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS. Con parere del 19 luglio 2022, conclusa ad ottobre 2021 la consultazione pubblica di propria competenza, l’ARERA ha espresso le proprie valutazioni sul piano.

Come sopra accennato, già in data 6 maggio 2022, Terna ha trasmesso al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e agli altri soggetti competenti in materia ambientale il Rapporto Preliminare relativo al Piano di Sviluppo 2023. La fase di “scoping” si è conclusa il 31 ottobre 2022 con l’espressione del parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS. Il piano è stato presentato il 15 marzo 2023 ed il 23 marzo 2023, con la pubblicazione del rapporto ambientale, è stata avviata la consultazione pubblica, della durata di quarantacinque giorni, ai fini dello svolgimento della valutazione ambientale strategica ai sensi degli articoli 14 e 15 del D.lgs. n. 152/2006. Pertanto, la VAS sul rapporto ambientale (che in relazione agli ultimi cinque piani approvati è stata avviata in media dopo un anno e nove mesi dalla trasmissione di ciascuno di essi) è stata in questo caso avviata pochi giorni dopo la presentazione del Piano.

 

PdS 2021

PdS 2023

Presentazione del Piano al Ministero

18 maggio 2021

15 marzo 2023

 

 

Espressione del parere ARERA

19 luglio 2022

 

 

 

Avvio consultazione RP (Scoping)

4 marzo 2022

6 maggio 2022

Fine consultazione RP (Scoping)

4 agosto 2022

31 ottobre 2022

Avvio VAS sul RA

25 ottobre 2022

23 marzo 2023

Fine consultazione pubblica VAS sul RA

15 dicembre 2022

7 maggio 2023

Parere VAS

 

 

Notifica parere VAS

 

 

 

 

Richiesta parere regioni

 

 

 

 

DM approvazione PdS

 

 

 


Articolo 2
(
Promozione dell'utilizzo dei contatori intelligenti di seconda generazione e accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato)

 

 

L’articolo 2 reca alcune disposizioni volte ad attuare il risparmio energetico e assicurare l'accesso a nuovi servizi anche mediante la promozione dell’utilizzo dei contatori intelligenti di seconda generazione e l’accesso ai dati di consumo tramite il sistema informativo integrato, gestito dalla società pubblica Acquirente Unico S.p.A.

 

In particolare, al comma 1, si stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, in collaborazione con l’Autorità di Regolazione per energia reti e ambiente (di seguito ARERA), debba promuovere delle campagne informative e dei programmi di formazione in favore di imprese e consumatori sulle potenzialità dei contatori intelligenti di seconda generazione.

 

Al comma 2, invece, si prevede che ARERA disciplini gli obblighi di assicurare, in capo alle imprese distributrici, l'informazione dei clienti circa le funzionalità dei contatori intelligenti, rispettando i requisiti funzionali e tecnici minimi, assicurandone la piena interoperabilità

 

Con il comma 3, si affida ad Acquirente Unico S.p.A. il compito di mettere a disposizione del cliente finale, o di un soggetto terzo da questi designato formalmente, i dati del contatore di fornitura di energia elettrica e del gas naturale, per il tramite del Portale dei consumi di energia elettrica e di gas naturale.

 

A tale proposito è utile ricordare come il Portale dei consumi di energia elettrica e di gas naturale è il sito istituzionale dove i consumatori possono accedere ai dati relativi alle forniture di energia elettrica e di gas naturale di cui sono titolari, compresi i propri dati di consumo storici e le principali informazioni tecniche e contrattuali, in modo semplice, sicuro e gratuito.

 

Si aggiunge, inoltre, una nuova disposizione ai sensi della quale 1'ARERA adotta le specifiche abilitanti dei sistemi di misurazione intelligenti, a cui  le imprese distributrici in qualità di esercenti l'attività di misura sono tenuti ad uniformarsi, affinché le attività funzionali per l'attivazione dei servizi abilitati dal canale di comunicazione, dal misuratore verso il corrispondente dispositivo di utenza avvengano in modo centralizzato per il tramite di Acquirente Unico S.p.A., in qualità di gestore del Sistema Informativo Integrato.

 

L’articolo in questione prevede infine l'istituzione presso Acquirente Unico S.p.A. di un registro informatico recante l'elencazione dei soggetti terzi che accedono ai dati del cliente finale. Il registro medesimo mette a disposizione, in maniera gratuita ai clienti medesimi, ciascuna informazione concernente gli accessi ai dati da parte dei soggetti terzi.

 

Il comma 4, da ultimo, reca la copertura finanziaria di quanto previsto nei commi precedenti.


Articolo 3
(Servizi di cold ironing)

 

 

L’art. 3 inerisce al servizio portuale di fornitura elettrica in banchina (c.d. cold ironing) e, al proposito, offre la definizione del servizio, identifica i soggetti gestori e attribuisce poteri normativi all’ARERA.

 

Più nel dettaglio, l’art. 3 del disegno di legge in commento modifica l’art. 34-bis del decreto-legge “proroga termini” 2019 (n. 162, convertito nella legge n. 8 del 2020), il quale aveva stabilito che l’ARERA adottasse uno o più provvedimenti volti a introdurre una specifica tariffa per la fornitura di energia elettrica erogata da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto dotate di impianti elettrici con potenza installata nominale superiore a 35 kW. Alle stesse forniture non si sarebbero applicati gli oneri generali di sistema, data la natura addizionale dei suddetti prelievi.

Sul citato art. 34-bis, v. il relativo dossier.

La nuova disposizione, novellando il testo vigente, stabilisce che:

 

Ø  per infrastruttura di cold ironing si intende l'insieme di strutture, opere e impianti realizzati sulla terraferma necessari all'erogazione di energia elettrica alle navi ormeggiate in porto (in modo tale che le navi non tengano i motori a carburante fossile accesi).  L'erogazione di energia elettrica da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto costituisce un servizio di interesse economico generale fornito dal gestore dell'infrastruttura di cold ironing, individuato dall'autorità competente nelle forme e secondo le modalità previste dalla normativa vigente;

 

Ø  il gestore dell'infrastruttura è:

 

o   un cliente finale ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999, ai fini della regolazione delle partite di energia elettrica prelevata dalla rete pubblica o dal sistema di distribuzione chiuso a cui tale infrastruttura è connessa;

o   un consumatore finale dell'energia elettrica, ai fini dell'applicazione del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995;

 

Ø  al fine di favorire la riduzione dell'inquinamento ambientale nelle aree portuali mediante la diffusione delle tecnologie elettriche, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ARERA adotta uno o più provvedimenti volti a prevedere – non più una specifica tariffa, bensì - uno sconto, per un periodo di tempo proporzionato al predetto fine, sulle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema di cui all'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 79 del 1999, applicabile ai punti di prelievo dell'energia elettrica che alimentano le infrastrutture;

 

Ø  i gestori delle infrastrutture trasferiscono i benefici derivanti dall'applicazione delle citate misure agli utilizzatori finali del servizio di cold ironing, ai quali garantiscono condizioni di accesso e di fornitura eque e non discriminatorie. Nel caso in cui l'infrastruttura insista su aree portuali già affidate in concessione secondo la legge n. 84 del 1994, l'Autorità di sistema portuale adotta, anche mediante la previsione di apposite clausole negli atti di concessione, le misure necessarie a evitare che il concessionario possa beneficiare di vantaggi ingiustificati ovvero operare discriminazioni tra i diversi utilizzatori.

 

Si ricorda che l’elettrificazione delle banchine è anche un obiettivo del PNRR nonché una destinazione del Fondo complementare di cui all’art. 1 del decreto-legge n. 59 del 2021 (v. comma 2, lett. a) n. 11), il quale reca:

 

Elettrificazione delle banchine (Cold ironing), attraverso un sistema alimentato, ove l'energia non provenga dalla rete di trasmissione nazionale, da fonti green rinnovabili o, qualora queste non siano disponibili, da biogas o, in sua mancanza, da gas naturale: 80 milioni di euro per l'anno 2021, 150 milioni di euro per l'anno 2022, 160 milioni di euro per l'anno 2023, 140 milioni di euro per l'anno 2024, 160 milioni di euro per l'anno 2025 e 10 milioni di euro per l'anno 2026.

 

In tale contesto, il cold ironing è stato anche oggetto del decreto-legge n. 36 del 2022 (c.d. semplificazioni PNRR 2). Il relativo art. 33 ha, infatti, previsto lo snellimento delle procedure espropriative e autorizzative per la realizzazione degli impianti. Per approfondimenti, qui il dossier.


Articolo 4
(Modifiche all’articolo 45 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)

 

 

L’articolo 4, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, modifica ed integra l’articolo 45 del decreto legislativo n. 81/2008, in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolar modo, le modifiche riguardano la disciplina della sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riguardo al settore del trasporto ferroviario.

 

In particolare, la lettera a) del comma primo apporta modifiche al comma 3 dell’articolo 45 del decreto legislativo de quo nel punto in cui include l’osservanza della normativa europea nell’ambito del rispetto delle norme di sicurezza e di interoperabilità del trasporto ferroviario.

Nello specifico, il comma 3 dell’articolo 45 prevede che l’applicazione del decreto ministeriale  388/2003 e s.m.i. (“Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell'articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo. 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni”, in materia di requisiti minimi delle attrezzature di sicurezza e formazione del personale addetto al primo soccorso) nel settore ferroviario sia individuata attraverso dei decreti ministeriali da adottare da parte del Ministro della Salute, dopo l’acquisizione dei pareri della Conferenza permanente e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

La lettera b) del medesimo comma primo introduce un’innovazione al testo dell’articolo 45 in quanto aggiunge un comma ulteriore, il 3-bis: tale comma, dettato sempre nell’ambito del trasporto ferroviario, prevede che, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i gestori delle infrastrutture ferroviarie e le imprese ferroviarie, in coordinamento con i servizi pubblici di pronto soccorso, predispongano un piano di gestione delle operazioni di soccorso lungo la rete ferroviaria, compreso il trasporto degli infortunati.

Infine, si prevede che ciascun datore di lavoro è tenuto a individuare, sulla base di una specifica determinazione e valutazione dei rischi, i ruoli e le responsabilità da assegnare al personale, tenuto conto delle relative categorie di inquadramento, dei titoli formativi e delle mansioni.

 

Il comma 2 dell’articolo de quo prevede, infine, una clausola di invarianza finanziaria.

 


Articolo 5
(Esame di abilitazione all’impresa di autotrasporto, fuori della provincia di residenza)

 

 

L’articolo 5 consente agli aspiranti conducenti di mezzi del trasporto di persone e di merci di sostenere l’esame anche in province diverse da quella di residenza nel caso in cui in quest’ultima non siano previste sedute d’esame.

 

La disposizione – introdotta in sede referente al Senato – reca una novella al decreto legislativo n. 395 del 2000, di recepimento della direttiva 96/26/CE (modificata con la direttiva 98/76/CE).

 

Si prevede, in particolare, che l’esame il cui superamento è necessario per l’abilitazione all’attività di trasportatore (art. 7, comma 2, del citato decreto legislativo n. 395) possa essere sostenuto non solo presso sedi della provincia di residenza ma anche al di fuori, secondo norme dettate con un protocollo firmato in sede di Conferenza Unificata (decreto legislativo n. 281 del 1997).


Articolo 6
(Modifiche all'articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, in materia di obblighi dei sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche - RAEE)

 

 

L’articolo 6, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, reca alcune modifiche al testo dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 49 del 2014, in materia di smaltimento di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. La diposizione in esame, introduce tre nuovi commi rispetto al testo originario e ha come obiettivo principale quello di migliorare la trasparenza e la pubblicità in materia di smaltimento di questa specifica categoria di rifiuti. L’intervento normativo in commento, inoltre, mira a razionalizzare la disciplina in materia di contributi corrisposti in occasione dell’acquisto di apparecchiature elettriche ed elettroniche, al fine di poter sostenere le successive spese di smaltimento.

 

In particolare, come anticipato, l’articolo 6 introduce delle modifiche aggiuntive al testo originario di riferimento, ossia l'articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49.

A tale riguardo è utile ricordare le finalità generali e particolari perseguite dal richiamato decreto legislativo n. 49 del 2014, in materia di smaltimento di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche - di seguito: RAEE. In particolare Il comma 1 dell’articolo 8 decreto legislativo n. 49 del 2014 dispone che i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) devono conseguire gli obiettivi di recupero e riciclaggio di cui all’Allegato V, che, semplicemente raggruppa gli obiettivi minimi di recupero nell’ambito dello smaltimento dei RAEE.  Il comma 2, invece, dispone che i produttori debbano agire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, mediante sistemi di gestione individuale e collettiva. Questi sistemi collettivi sono consorzi senza fine di lucro istituiti dai produttori di AEE. Il comma finale nel testo originario, dal canto suo, dispone che i produttori di AEE, attraverso uno dei sistemi di gestione di cui al comma 2, determinano annualmente e comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'ammontare del contributo necessario per adempiere, nell'anno solare di riferimento, agli obblighi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento imposti dal decreto legislativo, in misura tale da non superare la migliore stima dei costi effettivamente sostenuti. Da ultimo si prevede che il produttore, al momento della messa a disposizione sul mercato nazionale di un'AEE, possa applicare sul prezzo di vendita della stessa il contributo, indicandolo separatamente nelle proprie fatture di vendita ai distributori. La presenza del contributo può essere resa nota nell'indicazione del prezzo del prodotto all'utilizzatore finale.

Il comma 3-bis, posposto al comma 3 dell’articolo 8 del decreto legislativo de quo dispone che i sistemi di gestione individuali e collettivi assicurino la pubblicità, anche attraverso la diffusione sul proprio sito web, delle informazioni relative al valore dei contributi di cui al comma 3 e al periodo di loro applicazione, differenziati per ciascuna apparecchiatura elencata nei raggruppamenti di cui all'Allegato al decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica 20 febbraio, n. 40.

In particolare, l’Allegato al decreto dell’ambiente e della sicurezza energetica n. 40 del 20 febbraio 2023, dispone le diverse tecniche di raggruppamento dei RAEE in base alle loro caratteristiche fisiche e prevede che gli stessi debbano essere raccolti presso appositi centri.

 

Il comma 3-ter dispone che le informazioni di cui al comma 3-bis sono pubblicate e aggiornate a cura dei sistemi di gestione individuali e collettivi entro trenta giorni dalla determinazione del valore dei contributi.

Il comma 3-quater, da ultimo, dispone che i sistemi collettivi di cui al comma 2, che destinano in tutto o in parte gli avanzi di gestione provenienti dai contributi ambientali alla riduzione degli importi dei contributi stessi, assicurano la pubblicità ai sensi dei commi 3-bis e 3-ter anche degli importi dei contributi così determinati.


Articolo 7
(Disposizioni per favorire la concorrenza nel settore della gestione dei RAEE)

 

 

L’articolo 7, inserito durante l'esame in sede referente, reca una precisazione in merito alle funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore affidate al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (comma 1) e modifica la quota minima di mercato che deve essere rappresentata da ciascun sistema collettivo di gestione dei RAEE, nonché la disciplina del Centro di coordinamento RAEE (comma 2).

 

Il comma 1 integra il disposto del comma 6 dell’art. 178-ter del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), che disciplina le funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore affidate al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE).

Tra tali funzioni, la lettera e) del comma 6 prevede che il MASE verifica la corretta attuazione delle previsioni del presente articolo per ciascun sistema di responsabilità estesa del produttore istituito e per tutti i soggetti responsabili.

Il comma in esame integra il disposto della citata lettera e) al fine di precisare che la verifica della corretta attuazione non riguarda solamente le previsioni dell’art. 178-ter del Codice (che individua i requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore) ma anche gli ulteriori requisiti di legge stabiliti per le diverse filiere.

Si ricorda che, ai sensi della definizione recata dalla lettera g-bis) del comma 1 dell’art. 183 del Codice dell'ambiente, con l’espressione «regime di responsabilità estesa del produttore» si fa riferimento alle “misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto”.

La disciplina dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) recata dal D.Lgs. 49/2014 (di recepimento nell’ordinamento nazionale la direttiva 2012/19/UE) prevede, in particolare, che i produttori devono:

- conseguire gli obiettivi minimi di recupero e riciclaggio previsti (art. 8, co. 1);

- adempiere ai propri obblighi derivanti dalle disposizioni del D.Lgs. 49/2014 mediante sistemi di gestione individuali o collettivi, operanti in modo uniforme sull'intero territorio nazionale (art. 8, co. 2);

- iscriversi al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE (art. 29, co. 2).

 

Il comma 2, lettera a), modifica il comma 10-bis dell’art. 10 del D.Lgs. 49/2014, che disciplina la quota minima di mercato che deve essere rappresentata da ciascun sistema collettivo di gestione dei RAEE.

Il testo vigente prevede che ciascun sistema collettivo deve rappresentare una quota di mercato di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), immessa complessivamente sul mercato nell'anno solare precedente dai produttori che lo costituiscono, almeno superiore al 3 per cento, in almeno un raggruppamento.

La lettera in esame è volta a ridurre dal 3% all’1% la quota minima di mercato, precisando che tale percentuale:

- dev’essere conseguita in relazione ad almeno un raggruppamento;

- o in alternativa può essere ottenuta come somma delle percentuali in ogni singolo raggruppamento.

Si ricorda che per «raggruppamento» si intende, ai sensi della lettera oo) del comma 1 dell’art. 4 del D.Lgs. 49/2014, ciascuno dei raggruppamenti di RAEE definiti all'Allegato 1 del D.M. 25 settembre 2007, n. 185.

Il citato allegato – come sostituito dall'art. 1, comma 1, del D.M. 20 febbraio 2023, n. 40 – individua i seguenti raggruppamenti: 1) Apparecchiature per lo scambio di temperatura con fluidi, quali frigoriferi, congelatori, ecc.; 2) Altri grandi “bianchi”, quali lavatrici, lavastoviglie, ecc.; 3) TV e Monitor; 4) IT e Consumer electronics, apparecchi di illuminazione (privati delle sorgenti luminose) ecc.; 4A) pannelli fotovoltaici; 5) Sorgenti luminose, quali lampade fluorescenti, LED, ecc.

Nella risposta all’interrogazione 5-00898, resa nella seduta del 24 maggio 2023, è stato evidenziato che “l'evoluzione del mercato e gli aggiornamenti dei raggruppamenti di cui sopra (cioè gli aggiornamenti operati con il citato D.M. 40/2023, n.d.r.) hanno portato questo Ministero ad avviare interlocuzioni finalizzate a valutare l'opportunità di una modifica della percentuale minima indicata dalla normativa vigente. Tale attività avverrà di concerto con il Ministero delle imprese e del made in Italy, concertante nell'emanazione del decreto ministeriale n. 40 del 2023, e parimenti interessato ad arginare le difficoltà in cui si trovano i consorzi sottosoglia, ed a garantire una maggiore rappresentatività degli stessi”.

 

Il comma 2, lettera b), modifica la disciplina del Centro di coordinamento RAEE (Cdc RAEE) recata dall’art. 33 del D.Lgs. 49/2014.

Si ricorda che l’art. 33 citato dispone che il Cdc RAEE è composto da tutti i sistemi collettivi di gestione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici, nonché da due componenti nominati rispettivamente dal MASE e dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Una prima modifica (recata dal numero 1) della lettera in esame) riguarda il comma 3 del citato art. 33, che nel testo vigente consente ai sistemi individuali di gestione dei RAEE domestici, nonché ai sistemi individuali e collettivi di gestione dei RAEE professionali di partecipare al Cdc RAEE.

Il nuovo testo, riscritto dal comma in esame, prevede che la partecipazione al Cdc RAEE dei sistemi individuali di gestione dei RAEE domestici non sia facoltativa ma obbligatoria.

Viene inoltre introdotto l’obbligo di partecipare al Cdc RAEE anche per i sistemi di gestione individuali o collettivi di RAEE fotovoltaici.

Resta invece confermata la facoltà (e non l’obbligo) di iscrizione al Cdc RAEE per i sistemi individuali e collettivi di gestione dei RAEE professionali.

 

Una seconda modifica (recata dal numero 2) della lettera in esame), estende anche ai sistemi individuali il ruolo di coordinamento del Cdc RAEE. Il comma 5 dell’art. 33 del D.Lgs. 49/2014 – secondo cui il Cdc RAEE ottimizza, uniformando le relative modalità e condizioni, la raccolta, il ritiro e la gestione dei RAEE in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale da parte dei sistemi collettivi per il conferimento agli impianti di trattamento – viene infatti integrato al fine di fare riferimento non solo ai sistemi collettivi ma anche a quelli individuali.

 

Il comma 3 reca l’usuale clausola di invarianza finanziaria prevedendo che dall'attuazione delle disposizioni in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


Articolo 8
(Modifiche al decreto legislativo n. 171 del 2005 in tema di mediazione nautica da diporto)

 

 

L’articolo 8 porta modifiche al codice della nautica da diporto, novellando la disciplina della mediazione, con la finalità di adeguarla a:

- la più recente normativa unionale;

- più rigorosi livelli di formazione professionale.

 

La disposizione – introdotta in sede referente al Senato – reca novelle al decreto legislativo n. 171 del 2005, di recepimento della direttiva 2003/44/CE, detto codice della nautica da diporto.

 

La direttiva citata ha modificato in parte la direttiva 94/25/CE, la quale a sua volta è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2013/53/UE (recepita con decreto legislativo n. 5 del 2016, attinente solo agli aspetti della progettazione, della fabbricazione e della circolazione delle imbarcazioni da diporto).

 

 

Del decreto legislativo n. 171 del 2005 sono novellati:

 

a)     l’art. 49-ter.

Tale disposizione prevede la figura del mediatore del diporto.

Vi si specifica che il mediatore è colui che “mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, due o più parti per la conclusione di contratti di costruzione, compravendita, locazione, noleggio e ormeggio di unità da diporto”.

 

In pratica, il mediatore del diporto – in cui le imbarcazioni di riferimento non sono destinate a usi commerciali - costituisce figura speciale del mediatore marittimo, di cui alla legge n. 478 del 1968, il cui art. 1, infatti, definisce quest’ultima figura come colui che professionalmente media “nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo”[2]. (Si ricordi, peraltro, che il ruolo dei mediatori marittimi è stato abrogato dal decreto legislativo n. 59 del 2010, di recepimento della direttiva Bolkenstein).

 

A sua volta, il mediatore marittimo afferisce alla più generale figura del mediatore civilistico, di cui all’art. 1754 cod. civ.

 

Le principali novità introdotte dal nuovo testo sono:

-         la specificazione che il mediatore professionale – per godere del relativo statuto giuridico – deve svolgere l’attività descritta nel comma 2 e con le caratteristiche ivi indicate. Ciò non significa che – però – debba dedicarvi continuativamente tutto il suo lavoro (egli può quindi svolgere l’attività mediatoria anche in chiave occasionale o temporanea), fermo restando il requisito dell’indipendenza da entrambe le parti dell’affare;

-         l’esplicitazione del rinvio alla normativa eurounitaria sul mutuo riconoscimento dei titoli abilitativi (di cui al decreto legislativo n. 206 del 2007) e alla normativa di attuazione del testo unico sull’immigrazione (di cui al d.P.R. n. 394 del 1999) sul riconoscimento dei titoli abilitativi per i cittadini dei Paesi terzi;

-         l’individuazione del MIT come autorità nazionale competente per la figura professionale del mediatore della nautica da diporto;

 

b)     l’art. 49-quater.

 

Tale disposizione disciplina l’attività del mediatore del diporto.

 

Vi si specifica che l'attività di cui all'articolo 49-ter è soggetta a SCIA da presentare alla Camera di commercio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti con decreto del MISE (oggi MIMIT), di concerto con il MIT; inoltre, si specifica – nel testo attuale – che possono svolgere la professione del mediatore del diporto coloro che sono in possesso dei seguenti requisiti:

 

a) cittadinanza dell'Unione europea;

b) età minima di 18 anni;

c) requisiti di onorabilità previsti per i mediatori marittimi di cui alla citata legge n. 478 del 1968;

d) avere assolto l'obbligo di istruzione (art. 1, comma 622, della legge finanziaria per il 2007, n. 296 del 2006);

e) aver frequentato un apposito corso teorico-pratico e superato il relativo esame, salvo che per i mediatori marittimi;

f) aver stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni arrecati nell'esercizio dell'attività derivanti da condotte proprie o di terzi, del cui operato essi rispondono a norma di legge;

g) non essere stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, non essere stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione, non essere stati condannati a una pena detentiva non inferiore a tre anni, salvo che non siano intervenuti provvedimenti di riabilitazione, e non essere stati sottoposti alle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011.

 

La novella incide sulle lettere a), d) e g) il cui nuovo testo prevede i seguenti requisiti:

 

a)     essere cittadino italiano o di Stati membri dell'Unione europea o, se cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea, essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di immigrazione e di lavoro, fatti salvi eventuali accordi internazionali in materia;

 

d)     essere in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di diploma istruzione e formazione professionale ovvero di titolo di studio riconosciuto o dichiarato equipollente dalle competenti autorità italiane;

 

g) salvo che non siano intervenuti provvedimenti di riabilitazione o che il reato sia estinto, non essere stati:

ü  dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;

ü  sottoposti a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione (personali o patrimoniali) di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011;

ü  condannati a una pena detentiva non inferiore a tre anni.

 

La nuova disposizione prevede altresì che il corso teorico-pratico possa essere organizzato – non più genericamente dalle Regioni ma – da enti di formazione di diritto pubblico o privato, italiani o stranieri, riconosciuti dal MIT, subordinando l’iscrizione al pagamento di un diritto commisurato al costo sostenuto dall'ente di formazione per la gestione del corso.

 

Viene altresì sostituito il comma 5, prevedendo che i criteri e le modalità per il riconoscimento degli enti di formazione di cui al comma 4 siano stabiliti con decreto del MIT.

 

Il comma 6 prevede sanzioni per il mediatore di diporto che si renda colpevole di violazioni delle norme di deontologia professionale ovvero delle norme di comportamento previste all’interno del decreto legislativo n. 171 del 2005. È previsto che le sanzioni disciplinari vengano disposte dalla Camera di commercio competente per il luogo in cui è stata commessa la violazione.

 

Infine, viene modificato il comma 13, laddove si stabilisce che le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA, i programmi del corso e i criteri per le prove di esame di cui al comma 3, lettera e), vengano stabilite da un decreto adottato dal Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione, delle infrastrutture e dei trasporti, della giustizia.

 

Per una migliore comprensione delle modifiche proposte dal testo, si v. il seguente testo a fronte.

 

 

Codice della nautica da diporto e attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell'art. 6 della legge n. 172 del 2003

(decreto legislativo n. 171 del 2005)

Testo previgente

Modificazioni apportate dall’art. 8 dell’A.S. 795-A

Art. 49-ter
(Mediatore del diporto)

Art. 49-ter
(Mediatore del diporto)

1. È istituita la figura professionale del mediatore del diporto.

1. Identico.

2. È mediatore del diporto colui che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, due o più parti per la conclusione di contratti di costruzione, compravendita, locazione, noleggio e ormeggio di unità da diporto.

2. Identico

3. Il mediatore del diporto può svolgere esclusivamente l'attività indicata al comma 2 nonché, fermo restando quanto previsto dalle disposizioni di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, e alla legge 8 agosto 1991, n. 264, le attività connesse o strumentali e svolge la propria attività professionale senza essere legato ad alcune delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza, di rappresentanza o da rapporti che ne possano compromettere l'indipendenza.

3. Il mediatore del diporto può svolgere, anche su base temporanea e occasionale, esclusivamente l'attività indicata al comma 2 nonché, fermo restando quanto previsto dalle disposizioni di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, e alla legge 8 agosto 1991, n. 264, le attività connesse o strumentali e svolge la propria attività professionale senza essere legato ad alcune delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza, di rappresentanza o da altro rapporto che ne possa compromettere l'indipendenza.

4. Il mediatore del diporto non può delegare le funzioni relative all'esercizio della professione, se non ad altro mediatore iscritto.

4. Identico.

5. Dopo la conclusione del contratto per la quale ha prestato la propria opera, il mediatore del diporto può ricevere incarico dal cantiere costruttore o comunque da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi all'esecuzione del contratto medesimo.

5. Dopo la conclusione del contratto per il quale ha prestato la propria opera, il mediatore del diporto può ricevere incarico dal cantiere costruttore o comunque da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi all'esecuzione del contratto medesimo.

6. Fatte salve le disposizioni di cui al presente articolo e all'articolo 49-quater del presente codice, ai mediatori del diporto si applica la disciplina di cui agli articoli 1754 e seguenti del codice civile.

6. Fatte salve le disposizioni di cui al presente articolo e all'articolo 49-quater del presente codice, ai mediatori del diporto si applica la disciplina di cui agli articoli 1754 e seguenti del codice civile nonché, per i profili ivi disciplinati, il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 per i cittadini di Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo o svizzeri e l’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 per i cittadini di Paesi terzi.

 

6-bis. Ai fini del presente codice, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è Autorità nazionale competente per le attività amministrative connesse alla figura professionale del mediatore di diporto, ai sensi dell’articolo 4, lett. d), del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.

Art. 49-quater
(Attività del mediatore di diporto)

Art. 49-quater
(Attività del mediatore di diporto)

1. L'attività di cui all'articolo 49-ter è soggetta a segnalazione certificata di inizio di attività da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per il tramite dello sportello unico del comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

1. Identico:

2. La Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura verifica il possesso dei requisiti e iscrive i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure, per i soggetti diversi dalle imprese, in una apposita sezione del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, assegnando ad essi la relativa qualifica con effetto dichiarativo del possesso dei requisiti abilitanti all'esercizio della relativa attività professionale.

2. identico;

3. Possono svolgere la professione del mediatore del diporto coloro che sono in possesso dei seguenti requisiti:

3. Identico.

a) cittadinanza dell’Unione europea;

a) essere cittadino italiano o di Stati membri dell’Unione europea o, se cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di immigrazione e di lavoro, fatti salvi eventuali accordi internazionali in materia;

b) età minima di 18 anni;

b) identica;

c) requisiti di onorabilità previsti per i mediatori marittimi di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 478;

c) identica;

d) avere assolto l'obbligo di istruzione, di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

d) essere in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di diploma di istruzione e formazione professionale ovvero di titolo di studio riconosciuto o dichiarato equipollente dalle competenti autorità italiane;

e) aver frequentato un apposito corso teorico-pratico e superato il relativo esame, salvo che per i mediatori marittimi di cui alla legge 12 marzo 1968, n. 478;

e) identica.

f) aver stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni arrecati nell'esercizio dell'attività derivanti da condotte proprie o di terzi, del cui operato essi rispondono a norma di legge;

f) identica.

g) non essere stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, non essere stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione, non essere stati condannati a una pena detentiva non inferiore a tre anni, salvo che non sono intervenuti provvedimenti di riabilitazione e non essere stati sottoposti alle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

g) salvo che non sono intervenuti provvedimenti di riabilitazione o il reato è estinto, non essere stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, non essere stati sottoposti a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non essere stati condannati a una pena detentiva non inferiore a tre anni.

4. Il corso di cui al comma 3, lettera e), è organizzato annualmente dalle Regioni. L'iscrizione al corso è subordinata al pagamento da parte di coloro che intendono iscriversi di un diritto commisurato al costo sostenuto dalle Regioni per la gestione del corso.

4. Il corso teorico-pratico di cui al comma 3, lettera e), è organizzato da enti di formazione di diritto pubblico o privato, italiani o stranieri, riconosciuti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L’iscrizione al corso è in ogni caso subordinata al pagamento da parte di coloro che intendono iscriversi di un diritto commisurato al costo sostenuto dall’ente di formazione per la gestione del corso.

5. L'ammontare del diritto di cui al comma 4 è stabilito ogni tre anni con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto delegato 28 agosto 1997, n. 281.

5. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stabiliti i criteri e le modalità per il riconoscimento degli enti di formazione di cui al comma 4.

6. Il mediatore del diporto di cui all'articolo 49-ter, che si rende colpevole di violazioni delle norme di deontologia professionale ovvero delle norme di comportamento previste dal presente codice è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari disposte dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del luogo in cui è stata commessa la condotta:

6. Il mediatore del diporto di cui all'articolo 49-ter, che si rende colpevole di violazioni delle norme di deontologia professionale ovvero delle norme di comportamento previste dal presente codice è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari disposte dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui è stata commessa la violazione:

a) ammonimento, che consiste nell'informare l'incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. Esso è disposto quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l'incolpato non commetta altre infrazioni;

a) ammonimento, che consiste nell'informare l'incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni. L’ammonimento è disposto quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l'incolpato non commetta altre infrazioni;

b) censura, che consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell'infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell'incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un'altra infrazione;

b) Identica.

c) sospensione, che consiste nell'esclusione temporanea dall'esercizio dell'attività professionale e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura;

a) sospensione, che consiste nell’interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività professionale e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura;

d) inibizione perpetua dell'attività, che impedisce in via definitiva lo svolgimento dell'attività professionale. L'inibizione perpetua è inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la prosecuzione dell'attività professionale da parte dell'incolpato.

d) Identica.

7. La sospensione, di cui al comma 6, lettera c), è disposta per una durata non superiore a 12 mesi.

7. Identico.

8. La sospensione è obbligatoria, oltre che nei casi previsti dal codice penale, nei seguenti casi:

8. Identico.

a) mancata stipula o sopravvenuta mancanza della polizza di assicurazione di cui al comma 4, lettera f);

a) Identica.

b) emissione del decreto di fermo di cui all'articolo 384 del codice di procedura penale e dell'ordinanza di custodia cautelare di cui all'articolo 285 del codice di procedura penale;

b) Identica.

c) interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni;

c) Identica.

d) ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, fuori dei casi previsti dal comma 13, lettera b);

d) Identica.

e) assegnazione a una casa di cura e di custodia di cui all'articolo 219 del codice penale;

e) Identica.

f) applicazione di una delle misure di sicurezza non detentive previste dall'articolo 215, comma terzo, numeri 1), 2), 3) del codice penale.

f) Identica.

9. Nel caso di esercizio dell'azione penale contro un mediatore del diporto la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura ha facoltà di ordinare la sospensione cautelare del medesimo dall'esercizio professionale dell'attività fino alle sentenze che definiscono il grado di giudizio.

9. Identico.

10. La sospensione obbligatoria di cui al comma 8 o cautelare di cui al comma 9 non è soggetta al limite di durata stabilito dal comma 7.

10. Identico.

11. L'inibizione perpetua dell'attività può essere pronunciata a carico del mediatore del diporto che, con la propria condotta, ha gravemente compromesso la propria reputazione e la dignità della categoria ed è obbligatoria nei seguenti casi:

11. Identico.

a) interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, o interdizione dalla professione per uguale durata;

a) Identica.

b) ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario nei casi indicati dall'articolo 222, secondo comma, del codice penale;

b) Identica.

c) assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro;

c) Identica.

d) condanne per delitto contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, il patrimonio, per esercizio abusivo della mediazione e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni, salvo che sia intervenuta la riabilitazione.

d) condanne per delitto contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, il patrimonio, per esercizio abusivo della mediazione e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni, salvo che non sono intervenuti provvedimenti di riabilitazione o il reato è estinto.

12. Le sanzioni di cui al comma 6 sono annotate ed iscritte per estratto nel REA. A detti provvedimenti accedono gli uffici del registro delle imprese nonché, nel rispetto delle procedure previste dal capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, gli altri soggetti interessati.

12. Identico.

13. Con decreto da adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, della giustizia, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto delegato 28 agosto 1997, n. 281, stabilisce le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA, i programmi del corso e i criteri per le prove di esame di cui al comma 3, lettera e), nonché nel rispetto del principio del contradditorio e dei principi generali dell'attività amministrativa, le procedure di applicazione delle sanzioni disciplinari di cui al comma 6 per le violazioni disposte dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del luogo in cui è stata commessa la violazione.

13. Con decreto da adottare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione, delle infrastrutture e dei trasporti, della giustizia, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, stabilisce le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA, i programmi del corso e i criteri per le prove di esame di cui al comma 3, lettera e), limitatamente agli enti di formazione di diritto interno, nonché nel rispetto del principio del contradditorio e dei principi generali dell'attività amministrativa, le procedure di applicazione delle sanzioni disciplinari di cui al comma 6 per le violazioni disposte dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui è stata commessa la violazione.

 


Articolo 9, comma 1
(Disposizioni per la promozione della concorrenza nel settore del gas naturale)

 

 

L’articolo 9 prevede, al comma 1, l’adozione di un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell’ARERA, sentita l’AGCM, che disciplini le condizioni, i criteri e i requisiti per l’iscrizione, la permanenza e l’esclusione dall’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di gas naturale.

 

L’articolo 9, comma 1 reca modifiche all’articolo 17 del D.lgs. n. 164/2000, che ha istituito l’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di gas naturale a clienti finali.

Al comma 1, lett. a) corregge il riferimento al Ministero dello sviluppo economico precisando che detto elenco è operativo presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Alla successiva lettera b) precisa che l’inclusione e la permanenza nell’Elenco sono condizione necessaria per lo svolgimento delle attività di vendita di gas naturale ai clienti finali. Si rinvia poi ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell’ARERA, sentita l’AGCM, la definizione delle condizioni, dei criteri, delle modalità e dei requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l’iscrizione, la permanenza e l’esclusione dei soggetti iscritti.

Con il medesimo decreto si prevede sia disciplinato un procedimento speciale per l’eventuale esclusione motivata degli iscritti dall’Elenco, che tenga conto anche delle violazioni e delle condotte irregolari poste in essere nell’attività di vendita del gas, accertate e sanzionate dall’ARERA, dall’AGCM, dal Garante per la protezione dei dati personali o dall’Agenzia delle dogane.

Si prevede, infine, che la proposta di decreto sia formulata dall’ARERA entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la riforma della disciplina dell’elenco dei soggetti abilitati alla vendita ai clienti finali consentirà di armonizzarla con quella dell’analogo elenco elettrico (D.M. 25 agosto 2022, n. 164) e di rafforzare la funzione dell’elenco gas quale strumento dissuasivo nei confronti di comportamenti non corretti e opportunistici nel mercato della vendita finale. L’armonizzazione delle due discipline permetterà di omogeneizzare i requisiti delle imprese interessate e le procedure di iscrizione e permanenza nell’elenco, con effetti semplificatori per imprese e amministrazione pubblica. In coerenza con quanto previsto per il settore elettrico, la norma assegna all’ARERA il compito di definire una proposta di disciplina. L’intervento è reputato tanto più opportuno tenuto conto che la maggioranza delle impese operano, in qualità di venditori, in entrambi i settori, come evidenziato nel grafico seguente.

 

 


Articolo 9, comma 2
(Contratti a distanza conclusi per telefono)

 

 

L’articolo 9, comma 2, introdotto con l’approvazione di un emendamento in sede referente, prevede che, ai fini del perfezionamento dei contratti a distanza conclusi per telefono, il consenso dato dal consumatore non è valido se questi non ha preliminarmente confermato la ricezione del documento contenente tutte le condizioni contrattuali, trasmesse su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile e accessibile.

 

L’articolo 9, comma 2, inserito con un emendamento approvato in commissione in sede referente, modifica l’articolo 51 del D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), che stabilisce i requisiti formali per i contratti a distanza.

Segnatamente, l’articolo 51, al comma 6, attualmente prevede che, quando un contratto a distanza deve essere concluso per telefono, il professionista deve confermare l'offerta al consumatore, il quale è vincolato solo dopo aver firmato l'offerta o dopo averla accettata per iscritto; in tali casi il documento informatico può essere sottoscritto con firma elettronica. Dette conferme possono essere effettuate, se il consumatore acconsente, anche su un supporto durevole.

Il comma 2 dell’articolo 9 aggiunge che, in ogni caso, il consenso non è valido se il consumatore non ha preliminarmente confermato la ricezione del documento contenente tutte le condizioni contrattuali, trasmesse su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile e accessibile.


Articolo 10
(Adeguamento dei limiti dei campi elettromagnetici)

 

 

L’articolo 10, introdotto in sede referente, – al fine di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica – prevede e disciplina l’adeguamento, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, dei parametri attualmente vigenti (limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità) per la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici - CEM (comma 1). Scaduto il citato termine, viene previsto l’utilizzo, in via provvisoria e cautelativa, di nuovi valori di attenzione e obiettivi di qualità pari a più del doppio di quelli attualmente vigenti (comma 2).

Sono inoltre apportate modifiche alla legge quadro n. 36/2001, in particolare al fine di prevedere il coinvolgimento del Ministero delle imprese e del made in Italy nelle funzioni in materia di CEM (comma 3).

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame.

 

Aggiornamento dei vigenti parametri per la protezione dai CEM (comma 1)

 

Il comma 1 – al fine di potenziare la rete mobile e garantire a utenti e imprese l’offerta di servizi di connettività di elevata qualità, senza pregiudizio per la salute pubblica – prevede l’adeguamento, alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, dei parametri attualmente vigenti (limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità) per la protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM).

Nel fare riferimento ai parametri vigenti, la norma in esame precisa che trattasi di quelli indicati dall’art. 4, comma 2, della legge 36/2001 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici); v. infra.

 

Il comma in esame disciplina altresì il procedimento da seguire per l’aggiornamento dei succitati parametri stabilendo che l’adeguamento in questione deve avvenire:

- seguendo il procedimento previsto dall’art. 4, commi 2 e 3, della legge 36/2001, cioè secondo il procedimento già seguito per la fissazione dei parametri attualmente vigenti;

Il testo vigente del comma 2 dell’art. 4 della L. 36/2001 prevede, in particolare, che i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, sentiti il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico e le competenti Commissioni parlamentari, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Per la protezione dei lavoratori e delle lavoratrici il procedimento è analogo, con la differenza che la proposta spetta al Ministro della sanità che deve sentire i Ministri dell'ambiente e del lavoro.

Il successivo comma 3 dispone inoltre che qualora nel termine previsto non siano state raggiunte le intese in sede di Conferenza unificata, il Presidente del Consiglio dei ministri entro i trenta giorni successivi adotta i decreti di cui al comma 2.

- nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee guida dell’Unione europea (v. infra);

 

Determinazione provvisoria dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità (comma 2)

 

Il comma 2 stabilisce che, scaduto il termine di 120 giorni previsto dal comma 1, in assenza di specifiche previsioni regolamentari di adeguamento e sino a quando le stesse non saranno definitivamente adottate, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alle tabelle 2 e 3 del D.P.C.M. 8 luglio 2003 (pubblicato nella G.U. 28 agosto 2003, n. 199) sono fissati in via provvisoria e cautelativa: per quanto attiene all'intensità di campo elettrico E a un valore di 15 V/m; per quanto attiene all'intensità di campo magnetico H a un valore di 0,037 A/m; e per quanto attiene alla densità di potenza D a un valore pari a 0,52 W/m2.

La seguente tabella mette a confronto tali valori con quelli previsti dal testo vigente dei succitati allegati 2 e 3.

 

 

Testo vigente

Comma in esame

Intensità di campo elettrico E (V/m)

6

15

Intensità di campo magnetico H (A/m)

0,016

0,037

Densità di potenza D (W/m2)

0,10

0,52

 

Modifiche alla legge quadro n. 36/2001 (comma 3)

 

Il comma 3 reca modifiche all’articolo 4, comma 1, della L. 36/2001, ove sono individuate le funzioni dello Stato in materia di protezione dalle esposizioni a CEM.

Nello specifico le modifiche riguardano la funzione di ricerca e sperimentazione prevista dalla lettera b) del comma 1 del citato articolo 4.

Il testo previgente della citata lettera b) affida allo Stato le funzioni relative “alla promozione di attività di ricerca e di sperimentazione tecnico-scientifica, nonché al coordinamento dell'attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati, informando annualmente il Parlamento su tale attività; in particolare il Ministro della sanità promuove, avvalendosi di istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, aventi comprovata esperienza nel campo scientifico, un programma pluriennale di ricerca epidemiologica e di cancerogenesi sperimentale, al fine di approfondire i rischi connessi all'esposizione a campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza”.

Una prima modifica operata dal comma in esame è di carattere formale e consiste nell’aggiornamento della denominazione “Ministro della sanità” nell’attuale denominazione “Ministro della salute”.

Una seconda modifica, di carattere integrativo, dispone anche il coinvolgimento, nella funzione in questione, del Ministro delle imprese e del made in Italy, prevedendo che lo stesso effettua la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi a sorgenti connesse ad impianti, apparecchiature e sistemi radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni, da trasmettere ai Ministeri dell'ambiente e della salute e al Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico (istituito e disciplinato dall’art. 6 della L. 36/2001) al fine di:

- implementare e sostenere le attività di monitoraggio ambientale;

- e consentire una più efficiente e razionale gestione dello spettro elettromagnetico.

 

Clausola di invarianza finanziaria (comma 4)

Il comma 4 dispone che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione di quanto previsto dal presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Come evidenziato nella relazione sullo stato di attuazione della legge in materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (Doc. CXLVIII, n. 3, della XVIII legislatura), trasmessa al Parlamento nel settembre 2022, “in Europa l'inquinamento elettromagnetico ambientale, salvo per quanto concerne l'esposizione nei luoghi di lavoro e la compatibilità elettromagnetica di talune apparecchiature, non costituisce oggetto di atti comunitari vincolanti per gli Stati Membri. L'apparato normativo cui si deve far riferimento, a livello europeo, in materia di esposizione della popolazione consta infatti: di una Risoluzione adottata nel 1994 dal Parlamento europeo e di una successiva Raccomandazione che il Consiglio europeo ha emanato nel 1999 relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE); delle Linee Guida ICNIRP del 1998 Guidelines for Limiting Exposure to TimeVarying Electric, Magnetic and Electromagnetic Fields (up to 300 GHz), riconfermate dallo stesso ICNIRP nell'agosto del 2009 nell'intervallo di frequenza 100 kHz - 300 GHz ed aggiornate nel marzo del 2020; delle Linee Guida ICNIRP del 2010 Guidelines for Limiting Exposure to TimeVarying Electric and Magnetic Fields (1 Hz to 100 kHz); delle Indicazioni dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di valutazione della cancerogenicità dei campi elettromagnetici a radio frequenza (RF, da 30kHz a 300 Ghz); del Rapporto dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) del giugno 2001 che ha inserito i campi magnetici a frequenze estremamente basse nel gruppo 2 B”.

La disciplina nazionale di riferimento è costituita dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).

Tale legge, per espressa previsione della stessa (v. art. 1), persegue una serie di finalità, prima fra tutte quella di “dettare i principi fondamentali diretti a “assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

L’ambito di applicazione della legge (secondo quanto disposto dall’art. 2 della medesima) riguarda “gli impianti, i sistemi e le apparecchiature per usi civili, militari e delle forze di polizia, che possano comportare l'esposizione dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz. In particolare, la presente legge si applica agli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici compresi gli impianti per telefonia mobile, i radar e gli impianti per radiodiffusione”.

Tra le funzioni attribuite allo Stato dall’art. 4 della legge si ricorda in particolare quella di “determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità”. Tale funzione deve essere esercitata secondo la procedura disciplinata dal comma 2 del medesimo articolo (già illustrata in precedenza, in quanto oggetto di modifica da parte dell’articolo in esame), che prevede la fissazione dei citati parametri con appositi D.P.C.M. adottati con distinti procedimenti a seconda che l’obiettivo sia la tutela della popolazione o dei lavoratori e delle lavoratrici (in questo secondo caso viene previsto che resta ferma la disciplina in materia tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro).

In attuazione di tali disposizioni, per la protezione della popolazione sono stati emanati i seguenti decreti:

- D.P.C.M. 8 luglio 2003, recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”;

- D.P.C.M. 8 luglio 2003, recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz” (tale decreto riguarda quindi principalmente gli impianti radiotelevisivi e le stazioni radio base per la telefonia mobile).

 

La relazione sullo stato dell'ambiente 2020 (Doc. LX, n. 1, della XVIII legislatura) ricorda inoltre che “con il decreto 13 febbraio 2014, il Ministro ha istituito il catasto nazionale delle sorgenti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che opera in coordinamento dei catasti regionali la cui realizzazione e gestione è una competenza che la Legge n. 36/2001 attribuisce alla Regione. Tale Decreto rappresenta la risposta alla necessità, avvertita sia a livello nazionale e ancor più a livello locale, di un censimento delle sorgenti di campo elettromagnetico come supporto per le attività di controllo e, soprattutto, per l’attività di pianificazione. La Legge n. 36/2001, inoltre, ha istituito il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico”. Tale Comitato, come evidenziato nella succitata relazione sullo stato di attuazione della legge 36/2001, si è insediato il 4 agosto 2015.

Nella citata relazione sullo stato dell'ambiente 2020 sono evidenziati i dati relativi alle principali sorgenti di campo elettromagnetico nell’ambiente, costituite dagli impianti a radiofrequenza-RF (impianti radiotelevisivi-RTV e stazioni radio base-SRB) e dagli elettrodotti-ELF (linee elettriche e cabine di trasformazione primarie e secondarie). In particolare viene sottolineato che “secondo i dati forniti dalle ARPA/APPA, dal 1999 a settembre 2019, il numero totale dei casi di superamento dei limiti di legge rilevati per gli impianti RTV (pari a 672) risulta essere 5 volte superiore a quello relativo agli impianti SRB (pari a 136). Il numero totale dei superamenti generati da sorgenti ELF (pari a 65 casi) risulta sostanzialmente inferiore rispetto a quello delle sorgenti RF (pari a 808). Da luglio 2018 a settembre 2019 i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati sia per gli impianti RTV (+3%) sia per le SRB (+12%) mentre per le sorgenti ELF il numero è rimasto invariato”.

Nella medesima relazione viene evidenziato che “gli impianti RTV, seppure generalmente meno numerosi di quelli per telefonia mobile, rappresentano le sorgenti più critiche per l’emissione di campi elettromagnetici, per le maggiori potenze in gioco connesse al loro funzionamento. Le SRB sono invece impianti che, considerate le minori potenze di funzionamento, generano campi elettromagnetici di entità sensibilmente inferiori ma che, a causa della loro capillare diffusione sul territorio nazionale, soprattutto in ambito urbano, sono spesso percepite dai cittadini come fattori di rischio per la salute, essendo maggiore la percentuale di popolazione esposta nelle aree circostanti le installazioni.

In relazione agli attuali parametri di esposizione e agli sviluppi futuri, nella relazione già citata relazione sullo stato di attuazione della legge 36/2001 viene evidenziato che “in Italia i vigenti limiti di emissione elettromagnetica sono inferiori e non allineati a quelli in vigore negli altri Paesi europei e sono stati stabiliti in ottica prudenziale nel dubbio di effetti negativi di lungo periodo per la salute umana derivanti da esposizione prolungata ai campi elettromagnetici” ma anche che, negli ultimi mesi del 2019, nell’ambito degli approfondimenti resisi necessari in relazione allo sviluppo della banda ultralarga e alla diffusione delle tecnologie multimediali, si è svolta una riunione tecnica alla quale hanno partecipato i Ministeri dell’ambiente, della salute e dello sviluppo economico (oggi MIMIT), la Fondazione Bordoni, ISPRA e l'Istituto Superiore di Sanità, e “il risultato dell'incontro è stata la condivisione, da parte delle Amministrazioni presenti, che attualmente non risulta necessario alzare gli attuali limiti di emissione”.


Articolo 11, commi 1-7
(Modalità di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche)

 

 

L’articolo 11modificato nel corso dell’esame in sede referente - interviene sulle modalità di assegnazione delle concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche, abrogando le norme che escludono l’attività di commercio su aree pubbliche dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE cd. Bolkestein e disponendo contestualmente che, a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’assegnazione delle concessioni avvenga per una durata di dieci anni, sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità, trasparenza e pubblicità, secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da approvare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge (commi 1 e 7), secondo dettagliati criteri (comma 2). Le amministrazioni devono compiere una ricognizione annuale delle aree destinate all’esercizio del commercio su aree pubbliche e, verificata la disponibilità di aree concedibili, indicono procedure selettive (comma 3).

L’articolo 11 dispone poi che continuino ad avere efficacia, fino al termine previsto nel relativo titolo, le concessioni già assegnate con procedure selettive alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero le concessioni già riassegnate ai sensi della disciplina di proroga introdotta dall’articolo 181, commi 4-bis e 4-ter, del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020) (comma 4). Tale disciplina si applica anche ai procedimenti tesi al rinnovo di titoli concessori che erano in scadenza entro il 31 dicembre 2020 e che allo stato non risultano ancora conclusi, nel rispetto del termine di durata del rinnovo ivi previsto. Qualora l’amministrazione non concluda il procedimento, le concessioni si intendono comunque rinnovate salvo il potere di adottare da parte degli enti interessati determinazioni in autotutela, e, secondo quanto inserito in sede referente, salva rinuncia dell'avente titolo (comma 5). Inoltre, nelle more della preparazione e dello svolgimento delle gare, le concessioni in scadenza tra il 31 dicembre 2020 e il 31 dicembre 2025 conservano la loro validità sino al 31 dicembre 2025 anche in deroga al termine previsto nel titolo concessorio (comma 6).

 

L’articolo 11 prevede, ai commi da 1 a 3 una nuova disciplina delle modalità di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche. Ai commi da 4 a 6 prevede un regime transitorio e derogatorio destinato a cessare il 31 dicembre 2025. Il comma 7, infine, dispone le abrogazioni funzionali a garantire la conformità della disciplina nazionale al diritto dell’Unione europea.

 

 

 

Nuova disciplina a regime

 

Più nel dettaglio, l’articolo 11, al comma 1, dispone che, a partire dalla data di entrata in vigore della legge, le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche siano rilasciate, per una durata di dieci anni, sulla base di procedure selettive, nel rispetto dei principi di imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e pubblicità, secondo linee guida adottate dal Ministero delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da approvare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

L’articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, richiamata nel comma, dispone che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

 

Ai sensi del comma 2, le linee guida devono tener conto dei seguenti criteri:

a)      prevedere, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, a tenere conto della professionalità e dell’esperienza precedentemente acquisite nel settore di riferimento;

b)     prevedere la valorizzazione dei requisiti dimensionali della categoria della micro-impresa[3];

c)      prevedere un numero massimo di concessioni di cui, nell’ambito della medesima area mercatale, ciascun operatore può essere titolare, possessore o detentore, a qualsiasi titolo.

 

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni compiono una ricognizione annuale delle aree destinate all’esercizio del commercio su aree pubbliche e, verificata la disponibilità di aree concedibili, indicono procedure selettive con cadenza annuale nel rispetto delle linee guida. La prima ricognizione è effettuata entro il entro dieci mesi dall’entrata in vigore della legge.

Si valuti l’opportunità di specificare quali amministrazioni sono coinvolte nell’attività di ricognizione prevista dal comma 3.

 

Regime transitorio

 

I successivi commi da 4 a 6 introducono una disciplina di carattere transitorio e parzialmente derogatorio rispetto a quanto disposto dai commi precedenti.

In particolare, ai sensi del comma 4, continuano ad avere efficacia fino al termine previsto nel relativo titolo:

·      le concessioni già assegnate con procedure selettive alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero

·      le concessioni già riassegnate ai sensi dell’articolo 181, commi 4-bis e 4-ter, del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), che ha disposto il rinnovo delle concessioni in scadenza entro il 31 dicembre 2020 per dodici anni.

Si rammenta che all’indomani dell’esclusione dell’attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche dal campo di applicazione della disciplina di recepimento della Direttiva Bolkestein (D.lgs. 26 marzo 2010, n. 59), operata dalla legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018, articolo 1, co. 686), il legislatore è nuovamente intervenuto sulla materia, con il decreto-legge n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”[4]). Il D.L. n. 34/2020, all’articolo 181, comma 4-bis, ha prorogato di dodici anni le concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche in scadenza entro il 31 dicembre 2020 se non già riassegnate ai sensi dell'Intesa del 5 luglio 2012.

Il comma 4-bis ha specificamente così previsto: “le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell'Intesa del 5 luglio 2012, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal MISE[5] e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell'azienda, sia che la conduca direttamente sia che l'abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività”.

Il comma 4-ter dell’articolo 181 ha poi disposto che “nelle more di un generale riordino della disciplina del commercio su aree pubbliche, al fine di promuovere e garantire gli obiettivi connessi alla tutela dell'occupazione, le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione, ove necessario, agli operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione ovvero che, all'esito dei procedimenti stessi, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione[6].

 

Ai sensi del comma 5 dell’articolo qui in commento, i procedimenti di rinnovo dei titoli concessori in scadenza al 31 dicembre 2020, avviati ai sensi dell’articolo 181, commi 4-bis del D.L. n. 34/2020, non ancora conclusi per qualsiasi causa, compresa l’eventuale inerzia dei Comuni, devono essere conclusi secondo le disposizioni di cui all’articolo 181, comma 4-bis sopra indicato e nel rispetto del termine di durata del rinnovo ivi previsto, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

Qualora l’amministrazione non concluda il procedimento nel termine predetto, le concessioni si intendono comunque rinnovate, salva rinuncia dell'avente titolo (inciso inserito in sede referente) e salvo il potere di adottare determinazioni in autotutela - ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 - in caso di successivo accertamento dell’originaria mancanza dei requisiti di onorabilità e professionalità e degli altri requisiti prescritti.

 

Ai sensi del comma 6, al fine di evitare soluzioni di continuità nel servizio, nelle more della preparazione e dello svolgimento delle gare, le concessioni non interessate dai procedimenti di cui sopra conservano la loro validità sino al 31 dicembre 2025 anche in deroga al termine previsto nel titolo concessorio e ferma restando l'eventuale maggior durata prevista.

 

Con riguardo all’articolo 181, comma 4-bis del DL n. 34/2020, si evidenzia che il TAR Lazio, a gennaio 2022 (Tar Lazio Sez. II-ter, sent. n. 539/2022[7]), ne ha disposto la disapplicazione.

Il TAR, nella citata sentenza, ha affermato che la Direttiva Bolkestein è auto esecutiva e impone di conseguenza (all’articolo 12, trasposto nel nostro ordinamento nell’articolo 16 del D.lgs. n. 59/2010) “una gara rispettosa dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, non discriminazione” e ha ribadito il principio, più volte affermato dalla Corte di Giustizia dell’UE, per cui anche la pubblica amministrazione, oltre che l’autorità giudiziaria, è tenuta a disapplicare la disciplina nazionale contrastante con il diritto europeo.

Si è trattato, in sostanza, di una applicazione, da parte del TAR, dei principi già enunciati dal Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, in materia di concessioni demaniali marittime (sentenze 17 e 18 del 9 novembre 2021): i Comuni sono quindi stati chiamati a disapplicare la norma nazionale che prevede il rinnovo automatico pluriennale delle concessioni in favore dei titolari di posteggio.

Si ricorda inoltre che, prima che il legislatore statale intervenisse sull’articolo 16 del D.Lgs. n. 59/2010 per escludere dalla sua applicazione il commercio su aree pubbliche (Art. 1, comma 686, let. b) della legge n. 145/2008), la Corte Costituzionale aveva dichiarato (sentenza n. 291 del 2012) l'incostituzionalità di disposizioni regionali che prevedevano l'inapplicabilità al commercio su aree pubbliche del medesimo articolo 16, per contrasto con la disciplina comunitaria cui il legislatore nazionale ha dato attuazione in materia di accesso ed esercizio dell'attività dei servizi (in particolare in tema dei residuali regimi autorizzatori)[8].

Nella successiva sentenza di giugno 2022 (Tar Lazio Sez. II-ter, sent. n. 8136/2022[9]) il TAR Lazio ha confermato la disapplicazione della normativa nazionale di cui al D.L. n. 34/2020, che dispone la proroga ex lege per dodici anni, delle concessioni in essere. Contestualmente, il TAR, come già fatto nella sentenza di gennaio 2022, ha ritenuto di dover modulare gli effetti della sua pronuncia, precisando che la concessione oggetto del giudizio mantiene efficacia fino al 31 dicembre 2023, previo accertamento della sussistenza degli ulteriori presupposti di legge, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, essa cesserà di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E. e fermo restando che, nelle more, l’amministrazione ha il potere/dovere di avviare le procedure finalizzate all’assegnazione della concessione nel rispetto dei principi della normativa vigente, come delineati dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 17 e n. 18 del 2021.

Peraltro, la relazione illustrativa del provvedimento in esame evidenzia che i procedimenti di assegnazione delle concessioni, avviati in applicazione delle citate norme “non sono stati conclusi perché annullati in autotutela dopo il loro avvio (è il caso di Roma e Milano), oppure non sono mai stati avviati in ragione del parere 15 febbraio 2021, n. 210161 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (interpellata dal comune di Roma sulla messa a gara o meno dei posteggi pubblici, con richiesta di parere ai sensi dell’art. 21 L. n. 287 del 1990) e delle pronunce dei Tribunali amministrativi regionali che hanno affermato la doverosa disapplicazione della disposizione che sottraeva la concessione dei posteggi alla direttiva servizi”.

 

Si valutino i contenuti dei commi da 4 a 6 alla luce della giurisprudenza sopra citata e delle disposizioni di diritto dell’Unione europea in materia.

 

Abrogazioni

 

Il comma 7 abroga, dalla data di entrata in vigore della presente legge, le seguenti disposizioni:

·      l’articolo 1, comma 1181, della legge di bilancio 2018, che, nel prorogare al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche scadute e in essere alla data di entrata in vigore della stessa legge (articolo 1, co. 1180), ha disposto, in deroga ai criteri di assegnazione fissati dalla disciplina di recepimento della Direttiva Bolkestein (art. 16, D.lgs. n. 59/2010), che le amministrazioni interessate prevedessero specifiche modalità di assegnazione per coloro che nel biennio precedente avessero direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare. Il comma 1181 ha poi demandato alla Conferenza Unificata il compito di provvedere all’integrazione dei criteri previsti dall’Intesa del 2012, stabilendo altresì, ai fini della garanzia della concorrenza nel settore, il numero massimo di posteggi complessivamente assegnabili ad un medesimo soggetto giuridico, sia nella medesima area sia in diverse aree, mercatali e non mercatali

·      l’articolo 1, comma 686, lettere a) e b), della legge di bilancio 2019, che ha novellato il D.lgs. n. 59/2010 di recepimento della Direttiva Bolkestein, per:

                    i.            escludere il commercio al dettaglio sulle aree pubbliche dal suo campo di applicazione. Il comma 686, a tal fine, ha introdotto nell’articolo 7 del D.lgs. n. 59/2010 una lett. f-bis. Tale lettera viene anch’essa qui abrogata;

                 ii.            escludere l’obbligo di procedura di gara pubblica per le assegnazioni delle concessioni di commercio su aree pubbliche. Il comma 686 a tal fine, ha introdotto nell’articolo 16 del D.lgs. n. 59 un comma 4-bis, che viene qui abrogato.

 

La relazione illustrativa afferma che le menzionate abrogazioni sono funzionali al superamento delle contestazioni mosse dalla Commissione europea e, dunque, ad evitare l’avvio di una formale procedura di infrazione da parte della stessa. Si fa presente che la Commissione europea, nell’ambito della procedura di pre-infrazione 2020/2095, ha invitato l’Italia a rimediare quanto prima all’esclusione della materia dall’ambito di applicazione del D.lgs. n. 59/2010 di recepimento della Direttiva c.d. Bolkestein.


Articolo 11, comma 8
(Proroga semplificazioni in materia di occupazione di suolo pubblico per esercizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande)

 

 

L’articolo 11, al comma 8, inserito in sede referente, proroga ulteriormente, dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, l’operatività della norma, introdotta durante il periodo pandemico, che prevede non siano necessarie le autorizzazioni previste dal Codice dei beni culturali (D.lgs. n. 42/2004, artt. 21 e 146) per la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, funzionali all'attività di ristorazione e di somministrazione di bevande e alimenti. Per tali opere, secondo la norma qui oggetto di proroga, non si applicano i limiti temporali previsti per le opere transitorie stagionali dal T.U. Edilizia, salvo disdetta dell’interessato.

 

L’articolo 11, comma 8, inserito in sede referente, novella l’articolo 40, comma 1 del D.L. n. 144/2022 (L. n. 175/2022), prorogando di un ulteriore anno (salva disdetta dell’interessato), fino al 31 dicembre 2024 l’efficacia delle previsioni originariamente introdotte dall’articolo 9-ter, comma 5, D.L. n. 137/2020 (L. n. 176/2020) e via via più volte oggetto di proroga.

 

In particolare, dette disposizioni hanno consentito, in via temporanea, ai fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all'emergenza da COVID-19, agli esercizi di ristorazione e di somministrazione di bevande e alimenti destinatari delle disposizioni in esame[10] di effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni:

-         senza la necessità di ottenere le autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio");

L’articolo 21 subordina ad autorizzazione del ministero della cultura alcuni interventi che interessano beni culturali, mentre l’articolo 146 assoggetta ad autorizzazione gli interventi che incidono su beni paesaggistici.

-         disapplicando il limite temporale dei 180 giorni per le opere stagionali previsto dall'art. 6, comma 1, lett. e-bis) del TU edilizia (DPR 380/2001).

Detta norma, si rammenta, consente di eseguire senza alcun titolo abilitativo opere stagionali o dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all'amministrazione comunale.

 

Le sopra indicate disposizioni, originariamente previste per il periodo dal 1° gennaio al 31 marzo 2021, sono state successivamente via via prorogate:

·         fino al 31 dicembre 2021 dall’articolo 30, comma 1, let. b) del D.L. n. 41/2021 (L. n. 69/2021);

·         fino al 31 marzo 2022 dalla legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021, articolo 1, comma 706;

·         fino al 30 giugno 2022 dal D.L. n. 228/2021 (articolo 3-quinquies), cd. D.L. Mille proroghe (L. n. 15/2022).;

·         fino al 30 settembre 2022 dall’articolo 10-ter del D.L. n. 21/2022 (L. n. 51/2022)

·         fino al 31 dicembre 2022 dal D.L. n. 144/2022 (L. n. 175/2022), articolo 40. In sede di conversione è stata comunque inserita la previsione che fa salva la disdetta da parte dell’interessato;

·         fino al 31 dicembre 2023, dal D.L. n. 198/2022 (articolo 1, comma 22-quinquies), che ha così prorogato ulteriormente la data già indicata nell’articolo 40 del D.L. n. 175/2022 (con una novella al citato articolo di proroga).


Articolo 12, commi 1 e 2
(Semplificazioni in materia di attività commerciali)

 

 

L’articolo 12, al comma 1 – inserito in sede referente - include nelle motivazioni che legittimano le vendite di liquidazione anche la necessità di esitare in breve tempo la merce per accumulo di scorte di prodotti in conseguenza della chiusura temporanea e perdurante a causa dello stato di emergenza di rilievo nazionale dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi del Codice della protezione civile.

Il comma 2, modificato in sede referente, interviene sulla disciplina delle vendite promozionali e sottocosto, al fine di facilitare i relativi adempimenti da parte dell’impresa che intenda svolgerle contemporaneamente in una serie di esercizi commerciali, anche situati in diversi comuni. In particolare, la norma consente all’impresa di presentare in via telematica, allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) del Comune dove l'esercente ha la sede legale dell'impresa un'unica comunicazione con le date e l’indicazione di tutti gli esercizi coinvolti, fornendo tutte le informazioni richieste dalle norme vigenti per la specifica attività. Il SUAP ricevente, a sua volta, trasmette la comunicazione, con modalità telematiche, ai SUAP competenti in base all'ubicazione degli altri esercizi. La relativa documentazione è tenuta a disposizione delle autorità di controllo per due anni, oppure su un sito internet il cui indirizzo va inserito nella comunicazione e mantenuto attivo per almeno due anni.

 

L’articolo 12, ai commi 1 e 2, reca modifiche alla disciplina delle vendite straordinarie contenuta all’articolo 15 del D.Lgs. n. 114/1998 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Si ricorda che l’articolo 15, comma 1 del D.lgs. n. 114/1998 definisce come vendite straordinarie le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti. Ai successivi commi 7 e 8 disciplina anche le vendite sottocosto, benché non elencate al comma 1.

 

L’articolo 12, al comma 1, inserito nel corso dell’esame in sede referente, modifica l'articolo 15, comma 2, del D.lgs. n. 114/1998, il quale dispone attualmente che le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di: cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda, trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono essere effettuate in qualunque momento dell'anno, previa comunicazione al comune dei dati e degli elementi comprovanti tali fatti.

 

La modifica prevista al comma 1 è volta ad includere tra le circostanze che legittimano le vendite di liquidazione anche la necessità di esitare in breve tempo la merce per accumulo di scorte di prodotti in conseguenza della chiusura temporanea e perdurante a causa dello stato di emergenza di rilievo nazionale dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 24 del Codice della protezione civile (D.lgs. n. 1/2018).

 

L’articolo 24 del D.Lgs. n. 1/2018, in particolare, prevede che, al verificarsi di particolari eventi calamitosi, ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, deliberi lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi, e autorizzi l'emanazione di ordinanze di protezione civile da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella medesima deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea. La deliberazione è assunta, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, in caso di eventi che presentino i requisiti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c); deve trattarsi, quindi, di eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari.

 

Il comma 2 dell’articolo, modificato in sede referente, inserisce un nuovo comma 9-bis nell’articolo 15 del D.lgs. n. 114/1998, stabilendo modalità uniformi su tutto il territorio nazionale di adempimento agli obblighi di comunicazione relativi allo svolgimento in più esercizi commerciali delle vendite straordinarie di cui ai commi 4 o 7 del medesimo articolo 15 – ossia di vendite promozionali o vendite sottocosto.

Ai sensi dell’articolo 15, comma 4, le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato.

Ai sensi dell’articolo 15, comma 7 del D.lgs. n. 114/1998 per vendita sottocosto si intende la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati.

 

Si osserva, in premessa, che l’articolo 1, comma 4 del D.P.R. n. 218/2001Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto [11] prevede, per la vendita sottocosto, l’obbligo di comunicazione al comune dove è ubicato l'esercizio almeno dieci giorni prima dell'inizio. Tale previsione, così come tutto il DPR 218, non si applica alle vendite promozionali non effettuate sottocosto[12].

 

Quanto alle vendite promozionali, l’articolo 3, comma 1, lett. f) del D.L. n. 223/2006 ha disposto che non sia necessaria l’autorizzazione preventiva per lo svolgimento di vendite promozionali; limiti di ordine temporale o quantitativo, tuttavia, possono essere disposti nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione. La disciplina statale è poi integrata, con riferimento ad eventuali obblighi di comunicazione (e alla definizione dei limiti applicabili nei periodi precedenti i saldi di fine stagione), dalle leggi regionali in materia.

 

Il nuovo comma 9-bis, che l’articolo 6, comma 1 in commento prevede sia inserito all’articolo 15 del D.Lgs. n. 114/1998, dispone che, qualora un'impresa intenda svolgere contemporaneamente in una serie di esercizi commerciali, anche in diversi comuni, vendite promozionali o vendite sottocosto, può presentare in via telematica, allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) del Comune dove l'esercente ha la sede legale dell'impresa, un'unica comunicazione con le date e l’indicazione di tutti gli esercizi coinvolti, fornendo tutte le informazioni richieste dalle norme vigenti per la specifica attività.

 

Il testo precedente alle modifiche in Commissione prevedeva, invece, la presentazione della comunicazione unica agli Sportelli unici delle attività produttive (SUAP) di tutti i comuni interessati.

 

Sempre secondo quanto introdotto in Commissione, il SUAP ricevente trasmette la comunicazione agli Sportelli unici competenti in base all'ubicazione degli altri esercizi commerciali e in conformità alle modalità telematiche di comunicazione del Sistema Informatico degli Sportelli Unici.

 

In alternativa all'allegazione della documentazione cartacea per ogni esercizio, la stessa è tenuta a disposizione delle autorità di controllo nell'esercizio per due anni, oppure su un sito internet il cui indirizzo va inserito nella comunicazione inviata ai comuni e che deve essere mantenuto attivo per almeno due anni dalla fine della vendita sottocosto. La modalità prescelta va indicata nella comunicazione inviata ai comuni.

 

Si osserva che il terzo e quarto periodo dell’articolo 6, comma 1, dispongono l’inserimento (eventuale) dell’indirizzo internet per la consultazione della documentazione e l’indicazione della modalità prescelta per la sua tenuta nella comunicazione inviata ai comuni, sebbene di detta comunicazione si preveda, ora, al primo periodo, l’invio al solo SUAP del comune dove l'esercente ha la sede legale dell'impresa.

 

Si valuti l’opportunità di coordinare il testo degli ultimi due periodi dell’articolo 6, comma 1 con quanto prevedono ora il primo e il secondo periodo, alla luce delle modifiche approvate in sede referente, facendo riferimento alla comunicazione unica inviata allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) del solo comune dove l'esercente ha la sede legale dell'impresa.

 

 

Si dà conto, infine, delle altre proposte dell’AGCM in materia di vendite straordinarie contenute nella segnalazione al Governo S1730 - Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021, del 22 marzo 2021, e - in termini identici - nella nuova segnalazione S4650 - Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2023, trasmessa alle Camere il 23 giugno 2023 (Doc. NN13, n.7), a cui il disegno di legge al momento non dà seguito.

L’AGCM, in particolare, suggerisce di:

-                   eliminare i vincoli alle vendite promozionali, anche quando svolte nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione, sopprimendo alla citata lettera f) dell’articolo 3 comma 1, del D.L. n. 223/2006 le parole “tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti”.

-                   eliminare i vincoli alle vendite di fine stagione e di liquidazione, sopprimendo al comma 6 dell’articolo 15 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 le parole “i periodi e la durata”.
Il comma 6 dell’articolo 15, nella sua vigente formulazione, assegna alle regioni, sentite i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, la definizione delle modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione[13] e delle vendite di fine stagione[14]”;

-                   abrogare in modo espresso i commi 4 e 5 dell’articolo 11 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114. Si tratta dei commi che imponevano vincoli agli orari di apertura e alle chiusure settimanali dei negozi, già implicitamente abrogati con la liberalizzazione disposta dall’articolo 3, comma 1, lettera d-bis del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come introdotto dall’articolo 31 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.


Articolo 12, comma 3
(Attività commerciali e artigiane nei centri urbani)

 

 

L’articolo 12, comma 3 - inserito in sede referente – reca, con riferimento agli esercizi di vicinato e alle medie strutture di vendita, alcune misure a tutela della natura di presidio urbano e di servizio rappresentato dalle attività commerciali e artigiane nei centri urbani.

In particolare, alla lettera b), nel confermare quale principio generale dell'ordinamento, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali nel territorio senza contingenti, limiti o altri vincoli, estende le casistiche in presenza delle quali è consentito fare eccezione a tale principio, con riferimento alla salvaguardia della sicurezza o delle caratteristiche commerciali specifiche dei centri storici o di delimitate aree commerciali. Per tali finalità, le regioni, le città metropolitane e i comuni possono, senza discriminazioni tra gli operatori, disporre limitazioni all'insediamento di determinate attività commerciali in talune aree o l’adozione di misure di tutela e valorizzazione di talune tipologie di esercizi di vicinato e di botteghe artigiane, tipizzati sotto il profilo storico-culturale o commerciale, anche tramite costituzione di specifici Albi.

Alla lettera a), invece, modifica l'articolo 3 del D.L. n. 223/2006, che attualmente vieta l’imposizione di distanze minime tra esercizi commerciali della stessa tipologia, per far comunque salva la facoltà concessa ai sensi della lettera b) agli enti territoriali di imporre limitazioni all’insediamento di determinate attività commerciali e di adottare misure di tutela di esercizi di vicinato e botteghe artigiane (lettera a)).

 

L’articolo 12, comma 3, inserito in sede referente, reca, per espressa previsione, alcune misure con riferimento agli esercizi di vicinato e alle medie strutture di vendita (richiamandosi l’art. 4, comma 1, lett. d) ed e) del D.lgs. n. 114/1998), al fine di tutelare la natura di presidio urbano e di servizio rappresentato dalle attività commerciali e artigiane nei centri urbani.

Si rammenta che per esercizi di vicinato si intendono quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti (art. 4, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 114/1998), mentre per medie strutture di vendita si intendono gli esercizi aventi superficie superiore ai suddetti limiti e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti (art. 4, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 114/1998).

 

Il comma 3, inoltre, dichiara che tali misure (consistenti in modifiche alla vigente disciplina del commercio) sono adottate in attuazione di quanto stabilito nella comunicazione della Commissione europea COM(2008) 394 def, del 25 giugno 2008 "Una corsia preferenziale per la piccola impresa" (cd Small Business Act).

 

In particolare, il comma 3, alla lettera b), sostituisce il comma 2 dell'articolo 31 del D.L. n. 201/2011 (L. n. 214/2011).

Il citato comma 2 – nella sua versione vigente - richiamando la disciplina europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, sancisce quale principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. Il medesimo comma impone alle Regioni e agli enti locali l’obbligo di adeguare a tale principio i propri ordinamenti, consentendo loro, comunque, di prevedere, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali.

 

Il comma 3, lettera b), nel confermare, quale principio generale dell'ordinamento nazionale, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali nel territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, prevede – però – che le ragioni in presenza delle quali è consentito fare eccezione a tale principio comprendano anche la salvaguardia della sicurezza, o delle caratteristiche commerciali specifiche dei centri storici o di delimitate aree commerciali.

Per tali finalità, si prevede che le regioni, le città metropolitane e i comuni possano disporre, d'intesa con le associazioni degli operatori e senza discriminazioni tra essi, limitazioni all'insediamento di determinate attività commerciali in talune aree o l'adozione di misure di tutela e valorizzazione di talune tipologie di esercizi di vicinato e di botteghe artigiane, tipizzati sotto il profilo storico-culturale o commerciale, anche tramite costituzione di specifici Albi, volti a valorizzarli.

 

La norma fa salvo, inoltre, quanto già previsto dall’articolo 52 del D.lgs. n. 42/2004 a tutela delle aree di valore culturale e dei locali storici tradizionali (vedi box infra).

 

I comuni possono altresì promuovere percorsi conciliativi tra esercenti e i proprietari dei locali, volti ad evitare fenomeni di espulsione di operatori commerciali qualificati dai centri storici.

 

Le disposizioni introdotte dalla lettera b) si applicano decorsi quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Conseguentemente, il medesimo comma 3, alla lettera a), modifica la lettera b) del comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 223/2006 (L. n. 248/2006), il quale prescrive che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza vincoli inerenti il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio.

La lettera b) in esame interviene su tale previsione, facendo salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 31 come sopra modificato; dunque, facendo salva la facoltà per gli enti territoriali di imporre limitazioni all’insediamento di determinate attività commerciali e di adottare misure di tutela di esercizi di vicinato e botteghe artigiane (lettera a)).

 

 

La Costituzione, dopo la riforma del Titolo V, affianca alla libertà di iniziativa economica (articolo 41) il concetto di tutela della concorrenza (articolo 117), che costituisce materia in cui lo Stato ha competenza legislativa esclusiva. A sua volta, in base allo stesso articolo 117, la competenza in materia di commercio è affidata in via residuale alle regioni.

Il principio di libertà di iniziativa economica si interseca anche con la tutela di altri interessi pubblici, che limitano tale principio. Tra essi, la tutela dei beni culturali e del paesaggio, dunque del decoro urbano, l’ambiente, la tutela della salute e della sicurezza.

L'intento di rafforzare i principi liberalizzatori della materia da parte della legislazione statale è stato posto in essere con il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223. Sulla base della tutela della concorrenza, sono stati eliminati diversi limiti all'esercizio delle attività commerciali.

L’articolo 3, comma 1, in particolare, dispone che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande devono essere svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

a)                  l'iscrizione a registri abilitanti ovvero possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande (queste eccezioni trovano dunque motivazione nella tutela della salute);

b)                 il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio;

c)                  le limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare;

d)                 il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale;

d-bis)   il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio;

e)         la fissazione di divieti ad effettuare vendite promozionali, a meno che non siano prescritti dal diritto comunitario;

f)         l'ottenimento di autorizzazioni preventive e le limitazioni di ordine temporale o quantitativo allo svolgimento di vendite promozionali di prodotti, effettuate all'interno degli esercizi commerciali, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti;

f-bis)   il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

Successivamente, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha stabilito che "l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge", mentre l'articolo 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, statuisce che "secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti a tali prescrizioni, potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali".

Da ultimo, si ricorda che il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, ha disposto l'abrogazione di tutte le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente contenuto economico che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate.

 

L'impostazione liberalizzatrice adottata dal legislatore nazionale, che ha trovato espressione nel decreto-legge n. 1 del 2012, trova spiegazione nell'evoluzione della disciplina dell'Unione europea. In particolare si fa riferimento (anche nella relazione della proposta di legge n. 1072) alla direttiva c.d. Bolkestein (2006/123/CE), detta anche direttiva servizi (per una più compiuta illustrazione, si rinvia al dossier di documentazione sulla semplificazione degli adempimenti amministrativi per le attività produttive), volta – con norma di carattere generale - a eliminare – tramite l'intervento del legislatore nazionale - i regimi di autorizzazione non necessari, anche quando essi avessero la forma del silenzio assenso o della dichiarazione di inizio attività.

Similmente a quanto afferma il decreto-legge n. 1 del 2012, la direttiva prevede che la permanenza di un regime di autorizzazione deve essere giustificata in base a un motivo imperativo di interesse generale e, comunque, rispettare i principi di non discriminazione e proporzionalità.

Inoltre, la direttiva esclude che le autorizzazioni possano essere collegate a valutazioni della domanda di mercato o dell'adeguatezza dell'attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall'autorità competente. La direttiva Bolkestein è stata recepita con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.

Sulla base dei principi sanciti dalla Direttiva, sul piano nazionale è stata adottata una disciplina speciale relativa all’esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali, ora contenuta nel citato articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

L’articolo 52 del D.Lgs. n. 42/2004, in particolare, consente ai comuni, sentito il soprintendente, di individuare, con proprie deliberazioni:

-      le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio (art. 52, comma 1);

-      i locali, a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attività di artigianato tradizionale e altre attività commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell'identità culturale collettiva dall’UNESCO (ai sensi delle convenzioni per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 3 novembre 2003 e per la protezione e la promozione delle diversità culturali del 20 ottobre 2005), al fine di assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto della libertà di iniziativa economica di cui all'articolo 41 della Costituzione (art. 52, comma 1-bis, aggiunto dall’articolo 2-bis, comma 1, lett. a) del D.L. n. 91/2013).

Il medesimo articolo 52 prevede, infine, al comma 1-ter (aggiunto dall’articolo 4-bis del D.L. n. 91/2013 e successivamente modificato) che - al fine di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree a essi contermini - i competenti uffici territoriali del Ministero, d'intesa con la regione e i Comuni, adottino apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio, nonché, ove se ne riscontri la necessità, l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico[15].

 

Sul piano delle norme adottate a livello territoriale, appare utile rammentare la delibera dell'Assemblea del Comune di Roma (DAC) 17 aprile 2018, n. 47 ("Regolamento per l'esercizio delle attività commerciali e artigianali nel territorio della Città Storica") e ss. mod. e int., che prevede tre ambiti territoriali caratterizzati da diversa disciplina, al fine di "conciliare le esigenze di sviluppo del tessuto economico della Società Storica con quelle di tutela del decoro nelle aree di maggior pregio, alcune delle quali attualmente caratterizzate da un diffuso degrado dovuto anche alla scarsa qualità offerta dalle attività commerciali e artigianali della tipologia alimentare". Nella Città storica è consentita (art. 4) l'apertura di esercizi di vicinato, alimentari e non, e di laboratori artigianali; non sono previste attività "tutelate" o "vietate". All'interno della Città Storica, le attività commerciali sono classificate in "tutelate", individuate dall'art. 8 e condotte in via esclusiva, ovvero condotte in locali destinati esclusivamente all'esercizio di detta ed unica attività, per le quali è sancita una speciale regolamentazione inerente la chiusura e l'attivazione successiva di nuovi esercizi, e "vietate" (art. 11), che vanno – a titolo di esempio – dal commercio all'ingrosso alle sale giochi, dall'autolavaggio ai sexy shop. Nell'area del sito Unesco, è consentita solo l'apertura di attività tutelate (e cioè di una delle attività di cui all'articolo 8 condotte in via esclusiva), tra le quali, per quanto qui interessa, laboratori artigiani (ad esclusione delle attività di carrozzeria e autofficina), vendita di oggetti di antiquariato, galleria d'arte, "Negozi Storici" (si tratta degli esercizi commerciali, i pubblici esercizi, le parti di qualità e di particolare pregio nelle strutture alberghiere e le imprese artigianali che hanno svolto per più di cinquant'anni nello stesso locale, ovvero in uno analogo per posizione e significato storico-ambientale, un'attività di vendita al dettaglio e produzione e vendita al dettaglio inerente lo stesso genere merceologico), vendita di prodotti di alta moda o di prêt à porter, vendita di elementi di arredo, articoli da regalo, vendita di tessuti, filati e passamaneria, vendita specializzata di articoli di ferramenta esercitata in via esclusiva, profumeria, vendita di prodotti provvisti esclusivamente del marchio di certificazione di commercio equo e solidale, ciclofficina, vendita di prodotti ecologici e biologici, parafarmacia[16]. Il regolamento è stato oggetto di vari ricorsi, ma la giurisprudenza amministrativa (vedi T.A.R. Lazio Roma, sentenza 3 maggio 2019, n. 5581) sembra ferma nel ritenere, anche sulla scorta dei principi elaborati dalla Corte Costituzionale (cfr. infra), che la potestà normativa dell'Ente locale, a seguito della introduzione della disciplina sulle liberalizzazioni conserva la possibilità di introdurre specifiche limitazioni all'apertura, al trasferimento ed all'esercizio di attività commerciali, quando ciò sia necessario a tutela di particolari esigenze di protezione di caratteristiche locali di natura sanitaria, artistica, culturale ed urbanistica (C.d.S., V, 14 gennaio 2019, n. 298 e da ultimo, sui vincoli urbanistici, sentenza del Consiglio di Stato IV Sez, n. 07695/2022 pubblicata il 5 settembre 2022)[17].

 

Giurisprudenza costituzionale

 

Il tema della conciliazione tra tutela della concorrenza e tutela dei valori della salute, dell'ambiente e dei beni culturali ha provocato diversi ricorsi alla Corte costituzionale, che è quindi ripetutamente intervenuta.

Si ricordano alcune pronunce più rilevanti, riferite all'attuale riparto di competenze legislative.

La sentenza 20 luglio 2012 n. 200, premesso che "il principio della liberalizzazione prelude a una razionalizzazione della regolazione, che elimini, da un lato, gli ostacoli al libero esercizio dell'attività economica che si rivelino inutili o sproporzionati e, dall'altro, mantenga le normative necessarie a garantire che le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto con l'utilità sociale", ha chiarito che "appare corretto inquadrare il principio di liberalizzazione delle attività economiche nell'ambito della competenza statale in materia di tutela della concorrenza".

La sentenza 23 gennaio 2013, n. 8, ha sottolineato che "il principio di liberalizzazione delle attività economiche - adeguatamente temperato dalle esigenze di tutela di altri beni di valore costituzionale - si rivolge tanto al governo centrale (...) quanto a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni (...), perché solo con la convergenza dell'azione di tutti i soggetti pubblici esso può conseguire risultati apprezzabili".

La sentenza 14 aprile 2014, n. 104, ha – tra l'altro - dichiarato costituzionalmente illegittima una disposizione di una legge regionale della Val d'Aosta che poneva il divieto di apertura e trasferimento di sede nei centri storici per le grandi strutture di vendita. Se è vero che l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 consente di introdurre limiti alla apertura di nuovi esercizi commerciali per ragioni di tutela dell'ambiente, «ivi incluso l'ambiente urbano», riconoscendo alle Regioni la possibilità di prevedere anche aree interdette agli esercizi commerciali, è altresì vero che la disposizione statale stabilisce che ciò debba avvenire senza discriminazioni tra gli operatori nel rispetto dei principi di stretta necessità e proporzionalità della limitazione. Un divieto assoluto pertanto costituisce una indebita limitazione alla libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali, andando ad incidere direttamente sull'accesso degli operatori economici al mercato.

La sentenza 11 giugno 2014, n. 165, infine, ha conferito alla tutela della concorrenza un ruolo privilegiato, sottolineando che "l'eventuale esigenza di contemperare la liberalizzazione del commercio con quelle di una maggiore tutela della salute, del lavoro, dell'ambiente e dei beni culturali deve essere intesa sempre in senso sistematico, complessivo e non frazionato (...), tenendo conto che la tutela della concorrenza, attesa la sua natura trasversale, assume carattere prevalente e funge, quindi, da limite alla disciplina che le Regioni possono dettare in forza della competenza in materia di commercio (...) o in altre materie".


Articolo 12, comma 4
(Integrazione dei principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di semplificazione dei controlli sulle attività economiche)

 

 

L’articolo 12, al comma 4, inserito in sede referente, integra i principi e criteri direttivi della delega legislativa al Governo in materia di semplificazione dei controlli sulle attività economiche, con la previsione che le regioni e gli enti locali, nel rispetto delle disposizioni per la liberalizzazione del settore del commercio e della pertinente normativa sui beni culturali e del paesaggio, possano adottare misure per la salvaguardia del decoro urbano o delle caratteristiche commerciali specifiche o tradizionali dei centri storici o di delimitate aree, d'intesa con le associazioni degli operatori e senza discriminazioni tra essi, mediante limitazioni all'insediamento di determinate attività in talune aree o l'adozione di specifiche misure di tutela e valorizzazione di talune tipologie di esercizi di vicinato e di botteghe artigiane, tipizzati sotto il profilo storico-culturale o commerciale, anche tramite costituzione di specifici Albi.

 

Il comma 4, inserito nel corso dell’esame in sede referente, integra il comma 1 dell'articolo 27 della legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022) - recante i principi e i criteri direttivi della delega legislativa al Governo per semplificare, rendere più efficaci ed efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche - con una nuova lettera l-bis).

 

 

Il comma 1 delega il Governo ad adottare - senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica - uno o più decreti legislativi, volti a semplificare, rendere più efficaci ed efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, oltre che nel rispetto dei criteri per l’esercizio delle deleghe di semplificazione di cui all’art. 20, comma 3 della legge n. 59/1997, cd. “Legge Bassanini”:

a)      eliminazione degli adempimenti non necessari alla tutela degli interessi pubblici e delle corrispondenti attività di controllo;

b)      semplificazione degli adempimenti amministrativi necessari sulla base del principio di proporzionalità rispetto alle esigenze di tutela degli interessi pubblici;

c)      coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni per evitarne duplicazioni e sovrapposizioni e ritardi al normale esercizio delle attività dell’impresa, assicurando l’efficace tutela dell’interesse pubblico;

d)      programmazione dei controlli secondo i principi di efficacia, efficienza e proporzionalità, tenendo conto delle informazioni in possesso delle amministrazioni competenti, definendone contenuti, modalità e frequenza anche sulla base delle verifiche e delle ispezioni pregresse, nonché sulla base del possesso di certificazioni del sistema di gestione per la qualità ISO o di sistemi equivalenti o dell'adozione da parte degli operatori economici di adeguati sistemi e modelli per l'identificazione e la gestione dei rischi;

e)      ricorso alla diffida o ad altri meccanismi di promozione dell’ottemperanza alla disciplina a tutela di interessi pubblici, configurando l'attività di controllo in un'ottica non solo repressiva, ma anche conoscitiva, di sostegno all'adempimento e di indirizzo;

f)       promozione della collaborazione tra le amministrazioni e i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità, anche introducendo meccanismi di dialogo e di valorizzazione dei comportamenti virtuosi, anche attraverso strumenti premiali;

g)      accesso ai dati e scambio delle informazioni da parte dei soggetti che svolgono funzioni di controllo ai fini del coordinamento e della programmazione dei controlli anche attraverso: l’interoperabilità delle banche dati, secondo la disciplina di cui al Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82), e nel rispetto del Regolamento europeo generale sulla protezione dei dati personali (General Data Protection Regulation-GDPR), Regolamento 2016/679/UE, e della relativa normativa nazionale di recepimento, contenuta nel decreto legislativo n. 196/2003 Codice in materia di protezione dei dati personali.;

h)      individuazione, trasparenza e conoscibilità degli obblighi e degli adempimenti da parte delle imprese e dei processi e metodi dei controlli, con l’uso di strumenti standardizzati e orientati alla gestione dei rischi, quali liste di verifica, manuali e linee guida e indirizzi uniformi;

i)       verifica e valutazione degli esiti dell’attività di controllo in termini di efficacia, efficienza e sostenibilità;

l)     il divieto per le pubbliche amministrazioni, nell’ambito dei controlli sulle attività economiche, di richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso, anche prevedendo sanzioni disciplinari nel caso di inadempienze.

m)   individuazione di specifiche categorie per i creatori di contenuti digitali rispetto all’attività economica svolta;

n)    previsione di meccanismi dedicati alla risoluzione alternativa delle controversie tra creatori di contenuti digitali e relative piattaforme.

Ai sensi del comma 2, i decreti legislativi sono adottati entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, dunque, entro il 27 agosto 2024, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro per la transizione al digitale, del Ministro dell’economia e delle finanze e dei Ministri competenti per materia, sentite le associazioni imprenditoriali, gli enti rappresentativi del sistema camerale e le organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, previa:

·         acquisizione dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, e

·         del parere del Consiglio di Stato.

Intesa e parere sono resi entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo. Decorso tale termine il Governo può comunque procedere.

Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano entro quarantacinque giorni dalla data trasmissione. Decorso tale termine il provvedimento può essere comunque adottato.

Il comma 3 richiede che almeno uno dei decreti legislativi sia adottato entro dieci mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dunque, entro il 27 giugno 2023, termine questo scaduto. Tuttavia, tale comma è oggetto di abrogazione da parte dell’articolo 7 del disegno di legge recante delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure, nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche, A.C. 1406, approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 25 ottobre 2023. Rimane quindi fermo al 27 agosto 2024 il termine per l'esercizio complessivo della delega.

Ai sensi del comma 5, entro dodici mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, il Governo può adottare uno o più decreti legislativi integrativi e correttivi.

 

La nuova lettera l-bis), reca, quale ulteriore principio e criterio direttivo, la previsione che le regioni e gli enti locali, possano adottare misure per la salvaguardia del decoro urbano o delle caratteristiche commerciali specifiche o tradizionali dei centri storici o di delimitate aree, d'intesa con le associazioni degli operatori e senza discriminazioni tra essi, mediante limitazioni all'insediamento di determinate attività in talune aree o l'adozione di specifiche misure di tutela e valorizzazione di talune tipologie di esercizi di vicinato e di botteghe artigiane, tipizzati sotto il profilo storico-culturale o commerciale, anche tramite costituzione di specifici Albi. Gli albi possano essere raccolti, secondo criteri unificati, a livello nazionale, ai fini della valorizzazione turistica e commerciale di dette attività.

 

Dette misure devono essere adottate, si precisa, nel rispetto delle disposizioni per la liberalizzazione del settore del commercio e fermo restando quanto previsto dall'articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004).

 


Articolo 13
(Disposizioni in materia di obbligo di non discriminazione in ragione del fornitore di provenienza)

 

 

L’articolo 13, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, ha l’obiettivo di ridurre e minimizzare i casi di discriminazione dei clienti, nel settore delle comunicazioni elettroniche, nella migrazione da un soggetto erogatore di servizi ad un altro concorrente.

 

In particolare l’articolo in questione introduce il comma 1-bis all’articolo 98-duodecies del decreto legislativo n. 259 del 2003 (T.U. delle comunicazioni elettroniche), disponendo l’illegittimità di condizioni di accesso o requisiti per usufruire delle comunicazioni elettroniche e della rete in ragione di cittadinanza, residenza o luogo di stabilimento dell’utente finale, a meno che queste situazioni vengano giustificate per ragioni oggettive, introducendo, dunque, una deroga tipizzata.

Il comma introdotto, di fatto, si inserisce nella stessa scia di intenti perseguita dal comma 1 dell’articolo 98-duodecies: lo scopo è, infatti, quello di evitare discriminazioni per motivi legati all’identità del fornitore di provenienza nel momento in cui si effettua un passaggio da un erogatore di servizi telefonici e di rete ad un altro.


Articolo 14
(Contratti di servizi a tacito rinnovo)

 

 

L’articolo 14, introdotto in sede referente, prevede, nei contratti di servizi stipulati a tempo determinato con clausola di rinnovo automatico, l’obbligo, per il professionista, di inviare un avviso al consumatore, trenta giorni prima della scadenza del contratto, indicando la data entro cui può inviare formale disdetta.

 

L'articolo 14, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, novella il Codice del consumo (D.lgs. n. 206/2005) inserendo, dopo l’articolo 65, l’articolo 65-bis, rubricatoContratti di servizi a tacito rinnovo”.

 

La norma prevede che, nei contratti di servizi stipulati a tempo determinato con clausola di rinnovo automatico, il professionista, trenta giorni prima della scadenza del contratto, sia tenuto ad avvisare il consumatore della data entro cui può inviare formale disdetta.

 

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, let. c), del D.Lgs. n. 206/2005, per professionista si intende “la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario”. Per consumatore o utente, invece, si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3, comma 1, let. a)). A mente dell’articolo 45, comma 1, let. f), per contratto di servizi si intende “qualsiasi contratto diverso da un contratto di vendita in base al quale il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio, compreso un servizio digitale, al consumatore”.

In merito alle clausole di rinnovo automatico, si ricorda che il Codice del consumo prevede l’obbligo per il professionista di informare il consumatore, prima che questi sia vincolato da un contratto a rinnovo automatico, circa le condizioni di risoluzione del contratto. L’obbligo è previsto sia in caso di contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta (art. 49, comma 1, let. q)), sia negli altri casi (art. 48, comma 1, let. f)). Tale obbligo si applica anche ai contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale (art. 48, comma 2 e art. 49, comma 2).

 

La comunicazione dell’avviso è inviata per iscritto, tramite sms o altra modalità telematica indicata dal consumatore e la sua mancanza consente al consumatore, sino alla successiva scadenza del contratto, di recedere in qualsiasi momento senza spese.


Articolo 15
(Misure di semplificazione per lo svolgimento delle attività agricole)

 

 

L’articolo 15 introduce misure di semplificazione inerenti ai prodotti ortofrutticoli di quarta gamma. Esse consistono nell’esclusione di talune tipologie di prodotti ortofrutticoli di quarta gamma il cui ciclo produttivo si svolge in siti chiusi, da alcune fasi di lavorazione (lavaggio e asciugatura).

 

Nello specifico, l’articolo 15, introdotto durante l’esame in sede referente, interviene, modificandola, sulla disciplina normativa delineata dagli articoli 2 e 4 della legge n. 77 del 2011 riguardante la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.

In particolare, la lettera a) inserisce un ulteriore comma, 1-bis, dopo il comma 1 dell’articolo 2 della citata legge n. 77 del 2011 mentre la lettera b) abroga i commi 1-bis e 1-ter del successivo articolo 4.

Come sopra enunciato, la lettera a) introduce il nuovo comma 1-bis con il quale si stabilisce che - nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea in materia di igiene dei prodotti alimentari - le fasi del lavaggio e dell'asciugatura, di cui al comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 77 del 2011, non si applicano ai prodotti ortofrutticoli di quarta gamma il cui intero ciclo produttivo, dalla semina al confezionamento finale del prodotto, si svolge all'interno di siti chiusi (ossia secondo specifiche procedure automatizzate ed in ambienti a clima controllato e dotati di livelli di filtrazione dell'aria adeguati ai fini della limitazione delle particelle aerotrasportate).

Il comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 77 del 2011 contiene la definizione di prodotti di quarta gamma: essi sono quei prodotti ortofrutticoli destinati all’alimentazione umana freschi, confezionati e pronti per il consumo che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità atti a valorizzarli secondo le buona pratiche di lavorazione articolare nelle seguenti fasi: selezione, cernita, eventuale moda e taglio, lavaggio, asciugatura e confezionamento in buste o in vaschette sigillate, con eventuale utilizzo di atmosfera protettiva.

E’ inoltre stabilito che il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle imprese e del made in Italy entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, definisca le modifiche al decreto di cui al comma 1 dell'articolo 4, individuando le tecniche e le modalità di produzione dei prodotti di quarta gamma, compatibili con la normativa vigente in materia di igiene dei prodotti alimentari.

Il richiamato comma 1 dell’articolo 4 della legge 77 del 2011 indica le Autorità, tra le quali il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, che definiscono i parametri chimico-fisici e igienico-sanitari del ciclo produttivo, del confezionamento e della distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.

Tale ultima disposizione prevede, infatti, che il Ministro dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle imprese e del Made in Italy e d'intesa con la Conferenza Stato Regioni e le province autonome, definisca, con proprio decreto, i parametri chimico-fisici e igienico-sanitari del ciclo produttivo, del confezionamento, individuando le misure da introdurre progressivamente al fine di utilizzare imballaggi ecocompatibili secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche di settore, della conservazione e della distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma e i requisiti qualitativi minimi, anche sulla base delle norme di cui all'allegato I al regolamento (CE) n. 1580/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, e successive modificazioni, in quanto compatibili, nonché le informazioni che devono essere riportate sulle confezioni a tutela del consumatore. In attuazione della predetta disposizione è stato emanato il D.M. 20 giugno 2014 recante disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.

 

La lettera b) della disposizione in commento abroga i commi 1-bis e 1-ter all'articolo 4 della succitata legge n. 77 del 2011.

Il citato comma 1-bis stabilisce che le disposizioni dell’articolo 4, ad eccezione delle fasi del lavaggio e dell’asciugatura, si applicano anche ai prodotti ortofrutticoli destinati all’alimentazione umana freschi, confezionati e pronti per il consumo che assicurano l’assenza di elementi inquinanti o nocivi. Il successivo comma 1-ter prevede che, con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste di concerto con il Ministro della salute e quello delle imprese e del Made in Italy, sono individuati i parametri igienico-sanitari del ciclo produttivo dei prodotti di cui al comma 1-bis.

Si ricorda che il predetto comma 1-bis è stato introdotto dal D. L. 22 marzo 2021, n. 41 (decreto sostegni) recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19”, pubblicato nella G.U. 22 marzo 2021, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69. L’art. 39, comma 1-bis, D.L. 22 marzo 2021, n. 41, è infatti, intervento sull’allora vigente articolo 4 della legge 13 maggio 2011, n. 77,  inserendo il comma 1-bis che prevedeva che fino al 31 dicembre 2022, fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia di igiene dei prodotti alimentari, le disposizioni di cui al comma 1, ad eccezione delle fasi del lavaggio e dell'asciugatura, si applicano anche ai prodotti ortofrutticoli destinati all'alimentazione umana freschi, confezionati e pronti per il consumo che assicurano l'assenza di elementi inquinanti ovvero nocivi. Successivamente il D.L. n. 198 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2023, ha prorogato il termine originariamente previsto dalla norma al 31 dicembre 2022, al 31 dicembre 2023. Il successivo comma 1-ter aggiunto dalla legge di conversione 21 maggio 2021, n. 69  stabilisce, come sopra esposto, che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (oggi Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuati i parametri igienico-sanitari del ciclo produttivo dei prodotti di cui al comma 1-bis.

 


Articolo 16
(Preparazione dei farmaci galenici)

 

 

L’articolo 16, sopprimendo la disposizione “purché non si utilizzino principi realizzati industrialmente” produce l’effetto di consentire anche l’utilizzo di principi realizzati industrialmente nelle preparazioni galeniche ampliando le fattispecie della c.d. “eccezione galenica”.

 

A normativa vigente, l’articolo 68 del D.Lgs. n. 30 del 2005 (cd. Codice della proprietà industriale) disciplina le ipotesi di limitazione del diritto di brevetto che tutela la proprietà industriale, prevedendo, tra gli altri casi, che la facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estenda, quale che sia l’invenzione, ai casi di preparazioni galeniche di limitata quantità (unità di medicinali) confezionate nelle farmacie su presentazione di ricetta medica, purché non si utilizzino principi attivi realizzati industrialmente (art. 68 comma 1, lett. c).

Ciò in quanto il diritto alla tutela della salute è preminente sulla tutela della proprietà industriale nei casi di preparazioni estemporanee, cioè in base alle esigenze del singolo paziente che può necessitare di un diverso dosaggio ovvero può essere allergico all'eccipiente utilizzato per il medicinale autorizzato al commercio.

 

L’intervento in esame, sopprimendo la disposizione “purché non si utilizzino principi realizzati industrialmente” produce l’effetto di consentire anche l’utilizzo di principi realizzati industrialmente nelle preparazioni galeniche ampliando le fattispecie della c.d. “eccezione galenica”.

Nell’uso comune dei preparati galenici magistrali - vale a dire su presentazione di ricetta medica[18] – tale condizione pone infatti su un piano di disparità il farmacista rispetto alle aziende produttrici di medicinali equivalenti che possono approvvigionarsi da grossisti che certifichino il diritto alla vendita di tali farmaci.

Ciò peraltro considerata la segnalazione dell’AGCM dell’8 ottobre 2015, come evidenziato dalla relazione illustrativa, che ha sottolineato le criticità derivanti sul piano concorrenziale dalla vigenza della disposizione in esame. Come risulta infatti da una sentenza del Consiglio di Stato, (Sez. III, n. 4257/2015), che conferma un pronunciamento del Tar Lombardia (Sent. n. 739/2014) è stata riconosciuta sì la legittimità dello “sconfezionamento” dei medicinali prodotti industrialmente per utilizzare il relativo principio attivo nell’allestimento di una formula galenica magistrale - atteso che non si possa procedere diversamente dato il principio attivo univocamente individuato -, ma chiarendo che fosse necessario “rivolgersi direttamente all’eventuale titolare del brevetto o alle aziende o distributori autorizzati per ottenere il principio attivo soggetto a privativa industriale”.

 


Articolo 17
(Termine per il controllo delle concentrazioni)

 

 

L’articolo 17 estende da 45 a 90 giorni il termine perentorio per la comunicazione, da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), delle proprie conclusioni sulle istruttorie sulle operazioni di concentrazione.

 

Segnatamente, l’articolo 17 novella l’articolo 16 della Legge n. 287/1990[19], il quale disciplina la comunicazione delle operazioni di concentrazione tra imprese all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) e l’attività istruttoria da parte della stessa Autorità.

In particolare, la novella interviene sul comma 8 dell’articolo 16, il quale attualmente stabilisce che l'AGCM, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dall'inizio dell'istruttoria, deve dare comunicazione alle imprese interessate ed al Ministro delle imprese e del made in Italy, delle proprie conclusioni nel merito.

La novella qui in esame porta tale termine perentorio da quarantacinque a novanta giorni dall’inizio dell’istruttoria.

Il comma 8 dispone anche, nella parte qui non modificata, che il termine così fissato può essere prorogato nel corso dell'istruttoria per un periodo non superiore a trenta giorni, qualora le imprese non forniscano informazioni e dati a loro richiesti che siano nella loro disponibilità.

 

L’articolo 17 recepisce una proposta dell’AGCM, formulata nella Segnalazione AS1730 al Governo di marzo 2021[20], che non era stata recepita tra le modifiche alla disciplina sul controllo delle concentrazioni già operate dalla legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022). L’articolo 32 della legge citata ha, infatti, già introdotto alcune correzioni e integrazioni ai poteri dell’Autorità in sede di valutazione e controllo delle operazioni di concentrazione, in linea con quanto dalla stessa auspicato.

L’AGCM, dunque, nella segnalazione in oggetto muoveva dall’opportunità di adeguare la normativa nazionale a quella europea in materia (Regolamento 139/2004/UE, di cui si darà dettagliatamente conto nel

focus in calce). In particolare – e per quanto qui interessa – l’AGCM ha rilevato che un termine di 45 giorni per la comunicazione delle risultanze istruttorie rende particolarmente difficoltoso, se non sostanzialmente impossibile, il ricorso a indagini di mercato volte ad acquisire elementi utili a definire i mercati rilevanti e a valutare gli effetti della concentrazione. Questo rilievo è riportato anche nella relazione illustrativa al provvedimento qui in commento.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la modifica qui in esame non sembra avere conseguenze di sorta rispetto alla valutazione delle concentrazioni che non danno luogo a criticità di natura concorrenziale e che non necessitano quindi di un approfondimento istruttorio. Le concentrazioni da ultimo indicate costituiscono invero la stragrande maggioranza delle operazioni notificate all’Autorità (nel corso del 2020, esse hanno rappresentato il 92% delle concentrazioni esaminate dall’Autorità), le quali continuerebbero a essere autorizzate nella fase 1 e, quindi, entro il primo termine di trenta giorni dalla notificazione.

 

 

la disciplina nazionale sulle concentrazioni è contenuta  alla Legge 10 ottobre 1990 n. 287, come modificata da ultimo dalla legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022).

Il Titolo II, Capo II, della legge n. 287/1990 disciplina i poteri dell'Autorità, istruttori e sanzionatori, in materia di intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante (articoli 12-15) e in materia di divieto delle operazioni di concentrazione (articoli 16-19).

Le concentrazioni tra imprese non sono di per sé vietate, ma sono sottoposte – in linea con la disciplina europea - a un procedimento di controllo preventivo da parte dell’Antitrust, che può sfociare nel divieto per le imprese di realizzare l’operazione comunicata, quando risulta che questa possa creare o rafforzare una posizione dominante nel mercato.

L’articolo 5 della legge n. 287, come modificato dall’articolo 32 della L. n. 118/2022, dispone, al comma 1, che l'operazione di concentrazione si realizza:

a)    quando due o più imprese procedono a fusione;

b)   quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese[21];

c)    quando due o più imprese procedono alla costituzione di un'impresa comune che esercita stabilmente tutte le funzioni di un'entità autonoma[22]. Questa formulazione è stata introdotta dall’articolo 32 della legge sulla concorrenza. Questa ha quindi definito “impresa comune” non più, unicamente, quella che deriva dalla costituzione di una nuova società, bensì quella che esercita stabilmente tutte le funzioni di una entità autonoma[23].

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della legge n. 287/90, come modificato dall’articolo 32 della Legge n. 118/2021, l'Autorità valuta se le operazioni assoggettate all’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 16 della legge, ostacolino in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, in particolare a causa della costituzione o del rafforzamento di una posizione dominante. Tale situazione deve essere valutata tenendo conto della struttura di tutti i mercati interessati e della concorrenza attuale o potenziale, nonché della posizione sul mercato delle imprese partecipanti, del loro potere economico e finanziario, delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi di mercato, dell'esistenza di diritto o di fatto di ostacoli all'entrata, dell'andamento dell'offerta e della domanda dei prodotti e dei servizi in questione, degli interessi dei consumatori intermedi e finali, nonché del progresso tecnico ed economico purché esso sia a vantaggio del consumatore e non costituisca impedimento alla concorrenza. L'Autorità può valutare gli effetti anticompetitivi di acquisizioni di controllo su imprese di piccole dimensioni caratterizzate da strategie innovative, anche nel campo delle nuove tecnologie[24].

Al termine dell'istruttoria, quando si accerti che l'operazione comporta le conseguenze suddette, l’AGCM vieta la concentrazione ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze (comma 2 dell’articolo 6).

L’articolo 7 disciplina i casi in cui si ha controllo richiamando l'art. 2359 del codice civile e, inoltre, la presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un'influenza determinante sulle attività di un'impresa. Ciò avviene anche attraverso a) diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio di un'impresa; b) diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un'influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi di un'impresa.

L’articolo 16 – in più punti modificato dall’articolo 32 della legge sulla concorrenza 2022 - indica le soglie di fatturato in presenza delle quali le operazioni devono essere preventivamente comunicate all'Autorità: fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate superiore a quattrocentonovantadue milioni di euro e fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate superiore a trenta milioni di euro[25]. Tali valori sono incrementati ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo. (comma 1).

Per gli enti creditizi e gli altri istituti finanziari, il fatturato è sostituito dalla somma delle seguenti voci di provento al netto, in caso, dell’IVA e di altre imposte direttamente associate ai proventi: a) interessi e proventi assimilati; b) proventi di azioni, quote ed altri titoli a reddito variabile, proventi di partecipazioni, proventi di partecipazioni in imprese collegate e altri proventi su titoli; c) proventi per commissioni; d) profitti da operazioni finanziarie; e) altri proventi di gestione[26](comma 2).

Quanto alla procedura, entro 5 giorni dalla notifica, l’operazione è comunicata dall’AGCM alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle imprese e del made in italy (comma 3).

L’istruttoria è avviata dall’Autorità, qualora ritenga che l’operazione sia suscettibile di essere vietata, entro 30 giorni dalla notifica, avvalendosi dei poteri istruttori previsti dall’articolo 14 della L. n. 287, inerenti il vaglio dei cartelli e l’abuso di posizione dominante.

Se non ritiene di avviare l’istruttoria, l’Autorità propone le proprie conclusioni nel merito, entro trenta giorni dal ricevimento della notifica (comma 4).

L'Autorità può avviare l'istruttoria dopo la scadenza dei termini, nel caso in cui le informazioni fornite dalle imprese con la comunicazione risultino gravemente inesatte, incomplete o non veritiere (comma 7).

Sui termini di conclusione dell’istruttoria, definiti nel comma 8, si rinvia a quanto già sopra indicato.

L’articolo 16-bis, inserito dall’articolo 35 dalla legge sulla concorrenza 2021. il quale, al comma 1, consente all’Autorità, in ogni momento, dunque, anche al di fuori di procedimenti istruttori, di richiedere alle imprese o ad enti informazioni e documenti utili, ai fini dell’esercizio dei poteri in materia di divieto delle operazioni di concentrazione.

Coloro che si rifiutano o omettono di fornire le informazioni e i documenti richiesti, o forniscano informazioni e documenti non veritieri, senza giustificato motivo, sono sottoposti, con provvedimento dell’Autorità, alle medesime sanzioni amministrative pecuniarie, previste dall’articolo 14, comma 5 della legge n. 287/1990 per chi, nel corso dell’istruttoria, si rifiuta, omette o fornisce informazioni e documenti non veritieri. Sono salve le diverse sanzioni previste dall’ordinamento vigente. L'Autorità riconosce ai soggetti cui le informazioni sono richieste un congruo periodo di tempo per rispondere, anche in ragione della complessità delle informazioni stesse, comunque non superiore a sessanta giorni, rinnovabili con richiesta motivata.

L’AGCM può, ai sensi dell’articolo 17, disporre la sospensione temporanea dell’operazione di concentrazione fino al termine dell’istruttoria. Ai sensi dell’articolo 18, all'esito dell’istruttoria, se si accerta che una concentrazione rientra tra quelle contemplate dall'art. 6, l’Autorità ne vieta l'esecuzione.

Ove invece, non emergano elementi tali da consentire un intervento, l’AGCM provvede a chiudere l'istruttoria, e deve dare immediata comunicazione delle conclusioni alle imprese interessate ed al Ministro dello sviluppo economico. Tale provvedimento può essere adottato a richiesta delle imprese interessate che comprovino di avere eliminato dall'originario progetto di concentrazione gli elementi eventualmente distorsivi della concorrenza.

L'Autorità, se l'operazione di concentrazione è già stata realizzata, può prescrivere le misure necessarie a ripristinare condizioni di concorrenza effettiva, per eliminare gli effetti distorsivi.

L’articolo 19 indica le sanzioni amministrative pecuniarie che l’AGCM può comminare in caso di inottemperanza al divieto di concentrazione o all'obbligo di notifica.

Per l’inottemperanza al divieto di concentrazione, le relative sanzioni sono non inferiori all'uno per cento e non superiori al dieci per cento del fatturato delle attività di impresa oggetto della concentrazione.

Nel caso di imprese che non abbiano ottemperato agli obblighi di comunicazione preventiva, l'Autorità può infliggere per tali violazioni sanzioni amministrative pecuniarie fino all'uno per cento del fatturato dell'anno precedente a quello in cui è effettuata la contestazione in aggiunta alle sanzioni eventualmente applicabili a seguito delle conclusioni dell'istruttoria.


Articolo 18
(Misure per l'attuazione del regolamento 2022/1925/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2022)

 

 

L’articolo 18 è volto ad attribuire all'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (di seguito AGCM) tutte le funzioni di cui al regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2022, relativo alla disciplina dei mercati equi e contendibili nel settore digitale, che modifica le Direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (c.d. "Digital Market Act", di seguito DMA).

 

A tale riguardo si ricorda che il Digital Markets Act (DMA) è entrato in vigore il 1° novembre 2022. La nuova normativa introduce una serie di obblighi e divieti per i c.d. gatekeepers (su cui si dirà a breve) al fine di garantire contendibilità ed equità dei mercati, contrastare abusi di posizione dominante e consentire ad imprese e consumatori di beneficiare delle opportunità digitali.

L’intero DMA ruota quindi attorno alla figura dei c.d. gatekeepers, ossia i controllori dell’accesso al mercato digitale, una categoria di soggetti nota già da tempo in dottrina, ma mai prima d’ora introdotta in un provvedimento normativo. I gatekeepers del mercato digitale sono i fornitori di servizi di piattaforme di base, quali social network, browser, motori di ricerca, servizi di messaggistica o social media.

 

L’intervento normativo in questione si è reso necessario in considerazione del fatto che, in assenza di un esplicito conferimento ad opera del diritto interno, l'AGCM è allo stato priva dei poteri necessari per svolgere le funzioni previste dal regolamento europeo.

Per quanto riguarda, più nello specifico, il contenuto dell’articolo in esame, si segnala che il comma 1 designa l'AGCM quale autorità preposta all'esecuzione del DMA in Italia, sulla falsariga della terminologia tipicamente utilizzata in casi analoghi.

A tale riguardo è utile sottolineare come, pur essendo la Commissione europea l'istituzione competente a garantire il rispetto del DMA da parte delle imprese, l'applicazione del Regolamento europeo si inserisce in un contesto di stretta cooperazione tra la Commissione europea e le autorità nazionali responsabili per l'applicazione delle norme in materia di concorrenza, nel quale queste ultime sono chiamate a svolgere un ruolo essenziale per l'efficace implementazione del DMA stesso.

 

Il comma 2, coerentemente con il comma 1, chiarisce che l'AGCM costituisce il referente della Commissione e della rete di autorità per tutti gli adempimenti previsti dal DMA, ovvero tutte le forme di coordinamento e di cooperazione ivi indicati. Si ricorda, infatti che il DMA prevede molteplici strumenti di collaborazione tra la Commissione europea e l’autorità designata, quali, a titolo meramente esemplificativo, lo scambio di informazioni e l'esecuzione di accertamenti ispettivi.

Inoltre, si evidenzia che il comma 2 è funzionale ad attribuire all'AGCM il potere di regolamentare le procedure e le modalità con le quali tali adempimenti saranno posti in essere, non potendo essere automaticamente applicabili le procedure già vigenti per l'applicazione della normativa sulla concorrenza.

 

Il comma 3 è funzionale all'attuazione del DMA nella parte in cui si prevede la possibilità che l'autorità nazionale in materia di concorrenza svolga nell'ordinamento indagini finalizzate all'eventuale accertamento da parte della Commissione europea delle violazioni del DMA. L'esercizio di questa facoltà, essenziale per consentire alle autorità di concorrenza di contribuire efficacemente all'implementazione del DMA nell'ordinamento nazionale, presuppone l'espressa attribuzione dei poteri di indagine e sanzionatori.

 

Il comma 4, strettamente collegato al precedente comma 3, richiama specificatamente i poteri sanzionatori previsti dagli articoli 12 e 14 della legge n. 287/1990.

 

Il comma 5, invece, è funzionale a garantire all'AGCM, nell'espletamento delle funzioni derivanti dal DMA, ivi incluso lo svolgimento degli accertamenti ispettivi, la collaborazione della Guardia di Finanza, con le medesime modalità e con l'esercizio dei poteri già previsti nell'ambito della collaborazione per l'applicazione della normativa in materia di concorrenza.

 

Il comma 6 prevede un vincolo di scopo delle informazioni raccolte ad esito delle indagini svolte in applicazione del DMA, circoscrivendone il possibile uso e ponendosi su una linea di continuità e coerenza con il plesso normativo unionale.

 

Il comma 7 stabilisce che l’Autorità svolga i compiti di cui la presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 8, da ultimo, fa salve le competenze generali di supervisione e controllo del Garante per la protezione dei dati personali, con particolare riguardo ad alcuni dei profili disciplinati dal regolamento, per i quali più evidente appare il rischio di violazione del diritto fondamentale alla tutela e alla riservatezza dei dati personali.

L'esplicitazione di tale clausola di salvaguardia, pur ricavabile dall'ordinamento sovranazionale, si rende necessaria, così come emerge anche dalla relazione illustrativa, al fine di evitare, sul piano interno, potenziali conflitti e sovrapposizioni di competenze, nonché allo scopo di evitare maggiori oneri amministrativi a carico dei soggetti privati sottoposti alla vigilanza delle Autorità coinvolte.


Articolo 19
(Disposizioni relative alle partecipazioni in società del settore fieristico)

 

 

L’articolo 19 modifica il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, precisando che le partecipazioni ammesse ai sensi del relativo articolo 4, comma 7, sono sia dirette che indirette e riguardano, nel rispetto dei principi di concorrenza e apertura al mercato, anche le attività, forniture e servizi direttamente connessi e funzionali ai visitatori ed agli espositori. L’efficacia di tali previsioni viene condizionata alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di Linee guida con le quali sono definite le modalità che il gestore dello spazio fieristico osserva per garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie e una corretta e completa informazione alle imprese terze che operano nel mercato fieristico, che dovranno essere adottate dal Ministro delle imprese e del made in Italy, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame.

 

L’articolo in esame reca modifiche al decreto legislativo n. 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).

L’articolo 4 del citato Testo unico reca norme relative alle finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche. Il comma 7 vigente prevede che sono ammesse (tra l’altro) le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l'organizzazione di eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili.

 

Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo in esame viene specificato che le partecipazioni ammesse:

·        sono sia dirette che indirette,

·        riguardano, nel rispetto dei principi di concorrenza e apertura al mercato, anche le attività, forniture e servizi direttamente connessi e funzionali ai visitatori ed agli espositori.

 

Il comma 2 stabilisce che entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, il Ministro delle imprese e del made in Italy, previa consultazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, adotti Linee guida con le quali sono definite le modalità che il gestore dello spazio fieristico osserva per garantire condizioni di accesso eque e non discriminatorie e una corretta e completa informazione alle imprese terze che operano nel mercato fieristico. L'efficacia delle previsioni di cui al comma 1 viene condizionata alla pubblicazione dell'avviso dell'avvenuta adozione delle Linee guida sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Articolo 20
(Criteri di misurazione della rappresentatività nelle attività di intermediazione dei diritti d'autore)

 

 

L’articolo 20, introdotto durante l’esame in sede referente, modifica l’articolo 180 della legge n. 633 del 1941 (c.d. legge sul diritto d’autore), prevedendo che l’attività di intermediazione per la tutela del diritto d’autore, svolta dalle società di gestione collettiva, è esercitata anche per effettuare la concessione di licenze e autorizzazioni per l’utilizzazione economica di opere tutelate a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell'utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività delle medesime società di gestione collettiva. I criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva per ciascuna categoria di diritti intermediati saranno individuati con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

 

L’articolo in commento, introdotto durante l’esame in sede referente, opera una modifica all’articolo 180 della legge n. 633 del 1941 (c.d. legge sul diritto d’autore), articolo che riserva in via esclusiva alla Società italiana autori ed editori (SIAE) e ad altri organismi di gestione collettiva l’attività di intermediazione per la tutela del diritto d’autore ai fini della protezione delle opere d’ingegno di carattere creativo. Con le modifiche apportate, si specifica che tale attività è esercitata per effettuare la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per l’utilizzazione economica di opere tutelate a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell'utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività di ciascun organismo di gestione collettiva.

 

 

Si ricorda che le società di gestione collettiva, come disciplinate dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, sono organismi indispensabili per la determinazione, il controllo, la riscossione e la ripartizione dei proventi ricavati dall’utilizzo delle opere dell’ingegno. Esse soddisfano l’incontro tra domanda e offerta per utilizzazioni frammentate di vasti repertori, effettuano un controllo dello sfruttamento delle opere in relazione al maggior numero possibile di utilizzazioni, e consentono negoziazioni da posizioni di forza, o quanto meno in modo equilibrato, delle condizioni di licenza e i compensi dovuto dagli utilizzatori a favore dei titolari dei diritti, e si occupano di collezionare i diritti a compenso che la legge sul diritto d’autore riconosce a diversi soggetti (autori, artisti interpreti ed esecutori, produttori di fonogrammi e di videogrammi).

Generalmente il potere negoziale del singolo non è tale da ottenere un compenso commisurato al valore commerciale dell’opera. Mantenendo il valore delle opere, le società riescono ad attrarre i titolari dei diritti attraverso la qualità dei servizi. Grazie a esse gli autori con scarso potere contrattuale o che lavorano in nicchie di mercato possono gestire in modo efficace i propri diritti e mantenerne intatto il controllo degli stessi.

In Italia vi sono diversi tipi di gestione collettiva del diritto d’autore:

1) l’intermediazione di diritti esclusivi di utilizzazione economica: musica, teatro, televisione, e l’intermediazione dei diritti di reprografia oltre il 15%;

2) l’incasso e ripartizione di diritti a compenso;

3) i compensi per i titolari delle opere orfane.

I generi di opere e i diritti esclusivi che godono della gestione collettiva sono, in generale:

1) musica: diritti esclusivi (esecuzioni, comunicazioni al pubblico, riproduzioni meccaniche);

2) letteratura: utilizzazione secondarie (p.e. letture in pubblico; audiolibri);

3) arti plastiche e visive: utilizzazioni secondarie (immagini su internet);

4) cinema;

5) teatro, televisione.

La gestione collettiva potrebbe essere utile anche in diversi casi di utilizzazione massive di repertori, come, per esempio, nell’ambito delle utilizzazioni frammentarie dell’opera cinematografica e delle rassegne stampa.

L’elenco delle imprese che svolgono in Italia attività di intermediazione dei diritti d’autore e dei diritti connessi al diritto d’autore è pubblicato nel sito dell’Autorità garante nelle comunicazioni (AGCOM).

 

 

I criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva per ciascuna categoria di diritti intermediati saranno individuati con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

 

Il decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35 di "Attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno" assegna ad AGCOM nuove competenze in materia di vigilanza e tutela del diritto d’autore.

In particolare, l'Autorità accerta la sussistenza dei requisiti da parte degli organismi di gestione collettiva diversi da SIAE e delle entità di gestione indipendenti che intendono svolgere attività di amministrazione e di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore. Tali soggetti sono tenuti a trasmettere all'Autorità una segnalazione certificata di inizio attività mediante l'invio di una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà attestante il possesso dei requisiti; verifica l'effettivo adeguamento organizzativo e gestionale dei soggetti che già operano nel settore dell'intermediazione dei diritti d'autore e dei diritti connessi; pubblica sul proprio sito l'elenco delle imprese che hanno comunicato l'inizio delle attività e che risultano in possesso dei requisiti nonché l'elenco dei soggetti che non risultano essere più in possesso dei requisiti; effettua il monitoraggio ai fini dell'eventuale applicazione delle  sanzioni  amministrative pecuniarie.


Articolo 21
(Differimento dei termini per la revisione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31)

 

 

L’articolo 21, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga da centottanta giorni a ventiquattro mesi il termine, decorrente dalla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2022, entro il quale poter modificare il d.P.R. n. 31 del 2017, sul quale si dirà in seguito nel dettaglio, volto a semplificare la normativa relativa alle procedure per favorire la costruzione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili con particolare riguardo alle strutture o al riammodernamento degli impianti stessi.

 

In particolare, l’articolo in esame modifica il testo dell’articolo 26, comma 13, della legge. n. 118/2022, ossia la legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021. Nello specifico, si ricorda che l’articolo 26 aveva previsto una delega a favore del Governo per avviare una revisione dei procedimenti amministrativi per la semplificazione in materia di autorizzazioni per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’articolo 21 proroga, quindi, l’attuale termine, di centottanta giorni, dall’entrata in vigore della  legge n. 118 del 2022, a ventiquattro mesi, procedendo ad una dilazione considerevole dei tempi necessari per modificare il contenuto del d.P.R. n. 31/2017.

Si ricorda che le modifiche al citato d.P.R. dovranno ampliare e meglio precisare le categorie di interventi e opere di lieve entità per le quali viene prevista una semplificazione procedurale caratterizzata dall’assenza di richiesta di autorizzazione paesaggistica.



[1]        Cfr. in particolare, Consiglio dell’Unione europea Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul PNR 2019 dell’Italia, CSR. n. 3) e cfr. Commissione Europea, Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report 2020) del 26 febbraio 2020

[2]        Per questioni applicative in ordine alla mediazione marittima, v. corte d’appello di Genova, 4 aprile 2008 e corte d’appello di Genova (sez. I), 17 gennaio 2018, n. 61; nonché – per contratti di mediazione nel diporto – corte d’appello di Firenze (sez. II), 8 gennaio 2015, n. 5 e tribunale di Grosseto, 4 gennaio 2018, n. 5.

[3]        Così come definita ai sensi dell’articolo 2, del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 238 del 10 ottobre 2005

[4]        D.L. n. 34/2020, conv., con mod., nella L 17 luglio 2020, n. 77.

[5]        Il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 25 novembre 2020 ha approvato le “linee guida” per il rinnovo delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020” previste dell’articolo 181, comma 4-bis. Le linee guida sono entrate in vigore il 28 novembre 2020. Si escludono dunque dal rinnovo le concessioni con scadenza entro il 31 dicembre 2020 relative a posteggi o aree già riassegnati ai sensi dell’Intesa del 2012, con atti ad efficacia differita. In tal caso le concessioni in scadenza il 31 dicembre 2020 non sono oggetto di rinnovo, divenendo efficaci, a partire dal 1° gennaio 2021, i nuovi titoli abilitativi rilasciati in esito alle suddette procedure di riassegnazione per la durata prevista dai rispettivi bandi di gara. Qualora, in esito alle procedure di riassegnazione, non siano state riassegnate tutte le concessioni oggetto di selezione, quelle non riassegnate sono attribuite secondo le Linee guida le quali specificano a tal fine che per "operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione devono intendersi soltanto quelli che non hanno presentato domanda di partecipazione alla selezione oppure l'hanno presentata tardivamente o con modalità non ammesse. Trattandosi di procedimenti relativi a concessioni già esistenti, non è necessario l'espletamento di procedure selettive purché sia effettuata la verifica della sussistenza dei presupposti e dei requisiti indicati.

[6]        Segnatamente, la norma ha così previsto: le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione, ove necessario, agli operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione previsti dalla vigente normativa ovvero che, all'esito dei procedimenti stessi, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione”.

[7]        A seguito del parere espresso dall’AGCM del 15 febbraio 2021, Roma Capitale, con Determinazione dirigenziale del 22 febbraio 2021, aveva provveduto ad annullare in autotutela il procedimento di proroga delle concessioni di posteggio già avviato ai sensi della citata norma del D.L. n. 34/2020 (determinazione dirigenziale Rep. n. QH/1328 del 3 dicembre 2020 avente ad oggetto l’Avvio della procedura di rinnovo delle concessioni dei “posteggi a rotazione” per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza al 31 dicembre 2020), poiché – in base a quanto espresso dall’AGCM – ha ritenuto tale norma contrastante con la disciplina europea contenuta nella Direttiva Bolkestein e dunque da disapplicare.

Con il ricorso al TAR Lazio, che ha dato luogo alla citata sentenza, è stato impugnato il provvedimento di annullamento di Roma Capitale, sostenendosi che il settore del commercio su aree pubbliche è espressamente sottratto all’ambito applicativo della Direttiva Bolkestein e che l’amministrazione non ha il potere di disapplicare l’atto amministrativo contrastante con la normativa europea. Il TAR ha giudicato infondate le censure e dunque ritenuto legittimo l’annullamento del procedimento da parte del Comune di Roma.

[8] Le disposizioni del D.lgs. n. 59 del 2010 - ha sostenuto la Corte - sono da ascrivere alla tipologia di disposizioni che tendono ad assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la loro strutturazione in modo da consentire «la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007) e sono da ricomprendere, secondo la giurisprudenza costituzionale, nella nozione di concorrenza che «non può che riflettere quella operante in ambito comunitario» (sent. n. 270 e n. 45 del 2010, n. 401 del 2007), la quale ha «un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l'insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza "nel mercato" e "per il mercato", secondo gli sviluppi ormai consolidati nell'ordinamento europeo e internazionale (sent. n. 200 del 2012).

Si ricorda inoltre che, con riferimento alla possibilità di rinnovo, la Corte costituzionale si è espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011). La Corte ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza, con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, impediscono «l'accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori».

In particolare la Corte costituzionale, con la sentenza del 4 luglio 2013 n. 171, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della l. reg. Liguria 30.7.2012, n. 24, che ha previsto di reintrodurre il rinnovo automatico delle concessioni a seguito di eventi naturali atmosferici che causassero danni. La Corte ha affermato che il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni, venendo meno agli obblighi che incombono ai sensi degli artt. 49 e 101 del TFUE e dell'articolo 12 della dir. 2006/123/UE (c.d. dir. Bolkestein), viola l'articolo 117, co. 1, cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell'articolo 117, co. 2, lett. e).

[9]        Anche in questo caso, il ricorrente ha impugnato il provvedimento di annullamento in autotutela disposto dal Comune di Roma, sopra indicato. Il TAR ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimo l’atto di annullamento disposto da Roma Capitale.

[10]      La norma richiama l’articolo 5 della legge n. 287/1991, che individua le seguenti tipologie di pubblici servizi:

a)      esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)      esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)      esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)      esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

[11]      Il Regolamento è stato adottato ai sensi dell’articolo 15, comma 8 del D.lgs. n. 114/1998, il quale, ai fini della disciplina delle vendite sottocosto, dispone il Governo possa adottare regolamenti di delegificazione.

[12]      Il citato articolo 1, comma 4 del D.P.R. 218/2001 stabilisce, nel dettaglio, che la vendita sottocosto deve essere comunicata al comune dove è ubicato l'esercizio almeno dieci giorni prima dell'inizio e può essere effettuata solo tre volte nel corso dell'anno; ogni vendita sottocosto non può avere una durata superiore a dieci giorni ed il numero delle referenze oggetto di ciascuna vendita sottocosto non può essere superiore a cinquanta. Tale previsione, così come tutto il DPR 218 non si applica alle vendite promozionali non effettuate sottocosto, né si applica alle vendite di liquidazione e di fine stagione, nonché alle vendite disposte dall'autorità giudiziaria nell'àmbito di una procedura di esecuzione forzata o fallimentare.

[13]      L’articolo 15, comma 2 del D.lgs. n. 114/1998 dispone attualmente che le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di: cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda, trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono essere effettuate in qualunque momento dell'anno, previa comunicazione al comune dei dati e degli elementi comprovanti tali fatti.

[14]      L’articolo 15, comma 3 del D.lgs. n. 114/1998 dispone che le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo.

[15]      Si rammenta che la Corte costituzionale, con sentenza 9 giugno-9 luglio 2015, n. 140 (Gazz. Uff. 15 luglio 2015, n. 28 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale del comma 1-bis, nella parte in cui non prevede l’intesa fra Stato e Regioni e del comma 1-ter, nella parte in cui non contemplava il coinvolgimento anche delle regioni (ora previsto a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 16, comma 1-ter del D.L. n. 78/2015).

[16]      La successiva delibera capitolina n. 49/2019 ha modificato l’articolo 8 sulle attività tutelate, al fine da renderlo conforme alle censure della giurisprudenza amministrativa (Sentenza TAR per il Lazio, sez. II-ter, 26 aprile 2019 n. 5321), relative, tra l’altro, al comma 1 del medesimo articolo, laddove si subordinava l’accesso alle attività tutelate (solo) al soggetto che avesse maturato un’anzianità di iscrizione alla Camera di Commercio o all’albo delle imprese artigiane non inferiore a tre anni e che eserciti da almeno tre anni. La norma è stata censurata dalla giurisprudenza in quanto atta ad arrecare un illogico appesantimento all’esercizio dell’attività.

[17]      In questo senso, si rileva che il Consiglio di Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 298, ha ritenuto che rientra nei principi della Direttiva Bolkestein una legge regionale volta a contemperare la libertà di iniziativa economica con valori quali la garanzia della sostenibilità economica, sociale, territoriale ed ambientale del sistema commerciale; la compatibilità della localizzazione degli interventi commerciali all'interno dei centri storici e urbani; l'incentivazione del risparmio di suolo, nonché il rafforzamento del servizio di prossimità e del pluralismo delle forme distributive, "atteso che l'intervento normativo è stato incentrato proprio sul principio di libertà dell'esercizio dell'attività commerciale che, come è noto, non è illimitata, ma deve essere posta in equilibrio con altri principi e valori di pari rango se non superiore (tutela dell'ambiente, lotta al degrado urbano, divieto di consumo di nuovo suolo, quando è possibile un'alternativa)".

[18]      Differente è il caso della preparazione galenica officinale, che può essere confezionata in farmacia con o senza ricetta medica.

[19]      L. 10 ottobre 1990, n. 287 “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”.

[20]      AGCM S4143 Segnalazione ai sensi dell’articolo 21 e 22 della legge n. 287/1990, in merito a proposte di riforma ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza, anno 2021, inviata al presidente del Consiglio dei ministri.

[21]      L'assunzione del controllo di un'impresa non si verifica nel caso in cui una banca o un istituto finanziario acquisti, all'atto della costituzione di un'impresa o dell'aumento del suo capitale, partecipazioni in tale impresa al fine di rivenderle sul mercato, a condizione che durante il periodo di possesso delle partecipazioni, comunque non superiore a ventiquattro mesi, non eserciti i diritti di voto inerenti alle partecipazioni stesse (comma 2 dell’articolo 5).

[22]      Prima dell’intervento contenuto nella L. sulla concorrenza 2021, la lett. c) prevedeva che l’operazione di concentrazione si realizzava, attraverso la costituzione di una nuova società, con la costituzione di un'impresa comune.

[23]      Se la costituzione di un'impresa comune che realizza una concentrazione ha per oggetto o per effetto il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti, il coordinamento è valutato secondo i parametri di valutazione delle intese restrittive della libertà di concorrenza, per stabilire se l'operazione comporti una fattispecie vietata dall’articolo 6 della stessa legge 287/1990. Nella sua valutazione, l’Autorità tiene conto, in particolare, della presenza significativa e simultanea di due o più imprese fondatrici sullo stesso mercato dell'impresa comune, o su uno situato a monte o a valle di tale mercato, ovvero contiguo strettamente legato, nonché della possibilità offerta alle imprese interessate, attraverso il loro coordinamento risultante direttamente dalla costituzione dell'impresa comune, di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti e servizi in questione.

Tali previsioni, contenuta nel comma 3 dell’articolo 5 sono state stata così riformulate dalla L. sulla concorrenza 2021.

[24]      L’articolo 6, prima dell’intervento contenuto nella legge sulla concorrenza, prevedeva dunque il cosiddetto “test di dominanza”, ai sensi di quanto in precedenza disposto dal regolamento europeo del 1989, e non già il Substantial Impediment of Effective Competition (SIEC) test previsto dalla vigente disciplina europea. La legge sulla concorrenza ha inteso adeguare la disciplina nazionale a quella europea.

[25]      L'ammontare di fatturato previsto dal presente comma è stato fissato nella prima ipotesi, a cinquecentotrentadue milioni di euro e, nella seconda ipotesi, a trentadue milioni di euro dal Provvedimento 14 marzo 2023, n. 30507 dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, pubblicato nel Bollettino 27 marzo 2023, n. 12 della medesima autorità.

[26]      Per le imprese di assicurazione il fatturato è sostituito dal valore di premi lordi emessi, che comprendono tutti gli importi incassati o da incassare a titolo di contratti d'assicurazione stipulati direttamente da dette imprese o per loro conto, inclusi i premi ceduti ai riassicuratori, previa detrazione delle imposte o tasse parafiscali riscosse sull'importo dei premi o sul relativo volume complessivo.