Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Legge di bilancio 2019 - I Sezione Interventi - Volume I |
Riferimenti: | AC N.1334/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 58/4 - Sezione I - Vol. I |
Data: | 10/12/2018 |
BILANCIO 2019
Edizione provvisoria
Schede di lettura
Sezione I – Volume I
(Articolo 1, commi 1 - 320)
A.S. 981
Servizio Studi
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Dossier n. 78/4 Sezione I - Vol. I
Servizio del Bilancio
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Servizio Studi
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233 - * st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 58/4 Sezione I - Vol. I
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Articolo 1, comma 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato)
Articolo 1, commi 2 e 3 (Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA e accise)
Articolo 1, comma 4 (Sterilizzazione aumento accise carburanti)
Articolo 1, commi 5 e 6 (Estensione del regime forfetario)
Articolo 1, comma 7 (Deducibilità IMU immobili strumentali)
Articolo 1, commi 8-11 (Imposta sostitutiva per lezioni private e ripetizioni)
Articolo 1, commi 18-21 (Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti Irpef)
Articolo 1 comma 22 (Detrazioni fiscali per i cani guida per i non vedenti)
Articolo 1, commi 30-31 (Accise in materia di autotrasporto)
Articolo 1, comma 32 (Cedolare secca sugli immobili commerciali)
Articolo 1, commi 33-38 (Proroga e rimodulazione dell’iperammortamento)
Articolo 1, comma 39 (Estromissione agevolata beni strumentali)
Articolo 1, comma 41 (Proroga detrazioni sistemazione a verde)
Articolo 1, commi 42-44 (Modifiche al credito d’imposta per ricerca e sviluppo)
Articolo 1, commi 45-48 (Modifiche alla disciplina del credito d'imposta formazione 4.0)
Articolo 1, commi 51-54 (Contributo per l'Istituto di riabilitazione e formazione dell'ANMIL)
Articolo 1, comma 55 (Proroga della convenzione con Radio radicale)
Articolo 1, commi 56 e 57 (Canone RAI)
Articolo 1, commi 58-60 e 62-63 (Fondo investimenti Amministrazioni centrali)
Articolo 1, comma 61 (Sperimentazione nelle città di velocipedi elettrici)
Articolo 1, commi 64-66 (Fondo investimenti Enti Territoriali)
Articolo 1, comma 67 (Ambiti territoriali delle centrali di committenza)
Articolo 1, comma 68 (Limiti acquisti di beni e servizi con Mercato elettronico della PA - MEPA)
Articolo 1, commi 69-70 (Aeroporto di Reggio Calabria)
Articolo 1, commi 71-85 (Risorse per la messa in sicurezza del territorio)
Articolo 1, commi 86-93 (Centrale per la progettazione delle opere pubbliche)
Articolo 1, commi 94-96 (Acceleratore degli investimenti regionali)
Commi 97-101 e 188 (InvestItalia)
Articolo 1, comma 102 (Rifinanziamento della “Nuova Sabatini”)
Articolo 1, comma 103 (Potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy)
Articolo 1, comma 104 (Strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa)
Articolo 1, commi dal 108 al 116 (Investimenti in capitale di rischio)
Articolo 1, commi 117-120 (Chiusura del Fondo rotativo fuori bilancio “Fondo Start Up”)
Articolo 1, comma 121 (Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things)
Articolo 1 comma 122 (Fondo per il potenziamento delle iniziative in materia di difesa cibernetica)
Articolo 1, commi 123-125 (Voucher Manager)
Articolo 1, comma 128 (Piani di Risparmio)
Articolo 1, commi 129-131 (Portali per la raccolta di capitali on-line)
Articolo 1, commi 132-134 (Monitoraggio e controllo progetti settore aeronautico)
Articolo 1, comma 135 (Scuola europea di industrial engineering and management)
Articolo 1, comma 137 (Proroga dell'incentivo all'occupazione nel Mezzogiorno)
Articolo 1-commi 138-142 (Reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza)
Articolo 1, comma 144 (Congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente)
Articolo 1, comma 145 (Lavoratori esposti all’amianto)
Articolo 1, commi 147 e 153 (Apprendistato e alternanza scuola-lavoro)
Articolo 1, comma 148 (Piani di recupero occupazionale)
Articolo 1, comma 149 (Politiche attive del lavoro )
Articolo 1, comma 150 (Fondo nazionale per le politiche migratorie)
Articolo 1, comma 154 (Investimenti qualificati)
Articolo 1, commi 155-159 (Incentivi giovani conducenti del settore autotrasporto)
Articolo 1, comma 160 (Dispositivi antiabbandono)
Articolo 1, commi 161-163 (Assunzioni nella pubblica amministrazione)
Articolo 1, comma 168 (Assunzioni Ministero Interno)
Articolo 1, comma 169 (Assunzioni presso il Ministero dell’ambiente)
Articolo 1, commi 170 e 171 (Assunzioni e ampliamento di organici presso l’Avvocatura dello Stato)
Commi 172 e 173 (Assunzioni nella giustizia amministrativa)
Articolo 1, comma 174 (Assunzioni di nuovi referendari della Corte dei conti)
Articolo 1, comma 178 (Personale della carriera diplomatica)
Articolo 1, commi 180-182 (Assunzioni nel Mibac)
Articolo 1, comma 183 (Obbligo di comunicazione)
Articolo 1, commi 186-187 (Assunzioni presso il MEF)
Articolo 1, commi 189-191 (Assunzioni di personale da parte dell’Accademia della Crusca)
Commi 192-195 (Assunzioni di magistrati ordinari)
Articolo 1, commi 196-203 (Assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia)
Articolo 1, commi 204-208 (Assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
Articolo 1, comma 209 (Accesso di 1000 ricercatori nelle università)
Articolo 1, comma 210 (Chiamata diretta di ricercatori negli enti pubblici di ricerca)
Articolo 1, commi 211 e 584 (Finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR)
Articolo 1, comma 212 e 213 (Contributo straordinario all’European Brain Research Institute)
Articolo 1, commi 214-218 (Scuola normale superiore meridionale)
Articolo 1, commi 219 e 220 (INAIL)
Articolo 1, commi 221-223 (Investimenti mobiliari e immobiliari dell’INAIL)
Articolo 1, comma 224 (Società partecipate del Ministero dell’economia e delle finanze)
Articolo 1, comma 234 (Assunzioni da parte delle Camere di Commercio)
Articolo 1, comma 236 (Contributi in favore di biblioteche per ciechi o ipovedenti)
Articolo 1, comma 239 (Fondo per le politiche giovanili)
Articolo 1, commi 240-242 (Riparto delle risorse destinate agli Istituti tecnici superiori)
Articolo 1, commi 243-250 (Consiglio Nazionale Giovani)
Articolo 1, comma 251 (Nuova disciplina del Fondo per le politiche della famiglia)
Articolo 1, commi 252-253 (Misure di conciliazione vita-lavoro)
Articolo 1, comma 254 (Carta Famiglia)
Articolo 1, comma 255 (Buono per l’iscrizione in asili nido)
Articolo 1, commi da 256 a 267 (Fondo per il ristoro dei risparmiatori)
Articolo 1, comma 268 (Potenziamento della COVIP)
Articolo 1, commi 269-271 (Risorse per riduzione tempi di attesa prestazioni sanitarie)
Articolo 1, commi 272-274 (Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019 -2021)
Articolo 1, commi 276 (Borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale)
Articolo 1, comma 278 (Fondo per il diritto al lavoro dei disabili)
Articolo 1, comma 279 (Contratti di formazione specialistica)
Articolo 1, comma 280 (Medici in servizio presso reti dedicate alle cure palliative)
Articolo 1, comma 285 (Accertamenti diagnostici neonatali)
Articolo 1, comma 291 (Trasferimento fondi medicinali innovativi e oncologici innovativi)
Articolo 1, commi 292-293 (Disposizioni in materia di sconto per le farmacie)
Articolo 1, commi 296-298 (Programmi di edilizia sanitaria e contributo in favore del CNAO)
Articolo 1, comma 301 (Carta europea della disabilità)
Articolo 1, comma 302 (Fondo piattaforma italiana fosforo)
Articolo 1, commi 306-308 (Misure di prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo)
Articolo 1, comma 309 (Ospedale Mater Olbia)
Articolo 1, commi 311-320 (Disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica)
Articolo 1, comma 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)
Il comma 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.
Il comma 1 fissa, mediante rinvio all'allegato 1, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e, per il saldo netto da finanziare, anche in termini di cassa.
Secondo quanto disposto dall’articolo 21, comma 1-ter, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, tali livelli sono indicati nell'allegato n. 1 annesso al disegno di legge, e sono determinati in coerenza con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Si fa presente che, diversamente da quanto desumibile dall'articolato, in realtà l'allegato 1 reca per il ricorso al mercato anche i livelli massimi in termini di cassa.
Si fa presente che alle regolazioni contabili e debitorie pregresse, incluse nel valore del saldo, viene data separata evidenza (ai sensi del comma 12-quater dell’articolo 21 della legge n. 196) nel prospetto di raccordo tra il bilancio dello Stato e il conto della P.A. contenuto nella nota tecnico-illustrativa (che al momento di predisposizione del presente dossier non risulta ancora presentata dal Governo).
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Tabella 1 (importi in milioni di euro)
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2019 |
2020 |
2021 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza |
-68.179 |
-55.343 |
-43.895 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa |
-146.309 |
-109.319 |
-94.488 |
Livello massimo del ricorso al mercato in termini di competenza |
299.687 |
284.252 |
288.730 |
Livello massimo del ricorso al mercato in termini di cassa |
377.818 |
338.228 |
339.323 |
Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Quanto al ricorso al mercato, questo rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
Come espone la tabella, il valore del saldo netto da finanziare di cassa è consistentemente superiore a quello di competenza. Tale circostanza, riscontrabile di norma in sede di bilancio previsionale, deriva dalla diversa composizione dei due livelli, in quanto il saldo di competenza fa riferimento alla differenza tra entrate finali e spese finali di competenza – vale a dire impegni ed accertamenti – mentre le componenti del saldo di cassa vengono quantificate tenendo conto delle relative masse acquisibili (incassi) e spendibili (pagamenti): nella cassa, in altri termini, unitamente agli stanziamenti di competenza si valuta anche l’ammontare dei residui attivi e, soprattutto, passivi. Il maggior livello del saldo di cassa determina un analogo differenziale sul risultato del ricorso al mercato in termini di cassa rispetto a quello di competenza, atteso che il ricorso al mercato corrisponde alla somma del saldo netto da finanziare e del rimborso dei prestiti.
Come si evince dall’Allegato 1, gli importi del saldo netto da finanziare sono leggermente inferiori ai livelli programmatici di tale saldo indicati nella Nota di aggiornamento, - come poi previsti nelle risoluzioni parlamentari di approvazione della Nota medesima - nella quale gli stessi, riferiti per il 2019 ad un livello di indebitamento netto del 2,4 per cento di Pil, risultavano cifrati, in termini di competenza, in 68,5 miliardi nel 2019 e poi in 56,5 e 45,5 miliardi per il 2020 ed il 2021.
Un livello leggermente inferiore è riscontrabile anche per il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa, rispetto a quanto previsto nelle risoluzioni approvate sulla Nadef 2018, che fissavano i valori massimi in 147 miliardi per il 2019, 110,5 miliardi per il 2020 e 96 miliardi per il 2021.
Tutti i valori riportati nella tabella corrispondono a quanto risultante dal disegno di legge di bilancio in esame per il triennio considerato, nel quale gli importi iscritti nel bilancio “integrato” per ciascun anno sono egualmente costruiti ricomprendendovi i risultati derivanti dalla manovra di bilancio e dal decreto fiscale n.119 del 2018.
Articolo 1, commi 2 e 3
(Sterilizzazione clausole di salvaguardia IVA e accise)
L’articolo 1, commi 2 e 3, prevede la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote IVA (cd. clausole di salvaguardia) per l’anno 2019 e una riduzione degli aumenti per gli anni successivi.
Si prevede inoltre una parziale sterilizzazione dell’aumento delle accise sia per l’anno 2019 sia, in misura minore, per gli anni successivi.
L’impegno a disattivare le clausole di salvaguardia per l’anno 2019 era stato assunto dal Governo nella Nota di aggiornamento al DEF.
In relazione alle aliquote IVA, occorre preliminarmente ricordare che a decorrere dal 1° ottobre 2013 l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento. L’ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: un’aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest’ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, applicabile a condizione che l’aliquota sia in vigore al 1° gennaio 1991 e che essa risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).
Si ricorda che i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall’anno 2016.
La legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA, rispettivamente, al 2017 ed al 2018 e ridotto gli aumenti dell’accisa a 350 milioni di euro. La legge di stabilità 2016 ha inoltre disattivato la precedente clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2014, volta a introdurre variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017.
Successivamente, l’articolo 9 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha rimodulato gli aumenti di imposta previsti, posticipandoli in parte agli anni successivi, mentre la legge di bilancio 2018 ha completato la sterilizzazione degli aumenti IVA per l’anno 2018 e delle accise per l’anno 2019, già parzialmente avviata con il decreto-legge n. 148 del 2017, rimodulando per il 2019 gli aumenti IVA, mentre sono rimasti invariati gli aumenti IVA e accise per gli anni successivi.
Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dalla legge di bilancio 2018
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2018 |
2019 |
2020 |
2021 |
Aliquota Iva 10% al 13% |
0 |
(11,5%) 3.478,5 |
(13%) 6.957 |
(13%) 6.957 |
Aliquota Iva 22% al 25 % |
0 |
(25,4%) 8.993,4 |
(24,9%) 11.855 |
(25%) 12.263,80 |
Incremento accise |
0 |
0 |
350 |
350 |
TOTALE CLAUSOLE |
0 |
12.471,9 |
19.162 |
19.570,80 |
L’articolo 1, comma 2, in commento elimina per l’anno 2019:
§ l’aumento di 1,5 punti percentuali dell’aliquota IVA ridotta al 10%;
§ l’aumento di 2,2 punti percentuali dell’aliquota IVA ordinaria, che rimane quindi fissata al 22%.
Per gli anni successivi:
§ è ridotto di 1,5 punti percentuali il previsto aumento di 3 punti percentuali dell’IVA al 10%, che passa quindi all’11,5% a decorrere dal 2020, con un aumento complessivo, a regime, di 1,5 punti percentuali (anziché 3) rispetto all’aliquota vigente;
§ è ridotto di 0,8 punti percentuali l’aumento dell’aliquota ordinaria per il 2020 (passando quindi dal 22 al 24,1% anziché al 24,9%, come previsto dalla legge di bilancio 2018) e di 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2021 (passando al 24,5 anziché al 25%, come previsto dalla legge di bilancio 2018), con un aumento complessivo, a regime, di 2,5 punti percentuali (anziché 3) rispetto all’aliquota vigente.
Sotto il profilo della formulazione del testo si segnala che la norma in commento interviene direttamente sulla Tabella A, Parte III, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, (decreto IVA), che contiene le aliquote IVA; viceversa gli aumenti introdotti dalle leggi di stabilità e di bilancio sopra illustrate sono contenuti all’articolo 1, comma 718, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015, come modificata nel tempo, che la norma in commento non modifica.
Occorrerebbe pertanto coordinare le norme citate.
Il comma 3 riduce l’aumento delle accise su benzina e gasolio da 350 a 140 milioni di euro per l’anno 2020 e da 350 a 300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021 (a tal fine modificando l’articolo 1, comma 718, lettera c), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015).
Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, ai fini del calcolo della nuova clausola di salvaguardia, diversamente da quanto effettuato per le sterilizzazioni precedenti, gli incrementi delle aliquote dell’IVA sono parametrati non ai valori storici utilizzati alla base dei calcoli nelle diverse clausole succedutesi nel tempo ma vengono calcolati sulla base degli ultimi dati del gettito IVA disponibili. Questi dati mostrano un valore di circa 2,9 miliardi di euro per un punto percentuale dell’aliquota ridotta IVA del 10% e di circa 4,37 miliardi di euro per un punto percentuale dell’aliquota ordinaria.
Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dall’articolo 2 in commento
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2019 |
2020 |
2021 |
Aliquota Iva 10% sterilizzazione per il 2019 + 1,5 punti percentuali dal 2020 |
0 |
(11,5%) 4.345 |
(11,5%) 4.345 |
Aliquota Iva 22% sterilizzazione per il 2019 + 2,1 punti percentuali nel 2020 + 2,5 punti percentuali dal 2021 |
0 |
(24,1%) 9.177 |
(24,5%) 10.925 |
Accise carburanti
|
0 |
140 |
300 |
TOTALE CLAUSOLE |
0 |
13.662 |
15.570 |
Si determinano quindi minori effetti finanziari pari a 12.471,90 milioni di euro per il 2019, 5.500 milioni per il 2020 e 4.000,80 milioni a decorrere dal 2021.
Articolo 1, comma 4
(Sterilizzazione aumento accise carburanti)
L’articolo 1, comma 4, elimina l’aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché sul gasolio usato come carburante, previsto a copertura delle agevolazioni introdotte con l’ACE.
Si ricorda che l’articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, per incentivare la capitalizzazione delle imprese italiane, ha introdotto il cd. Aiuto alla crescita economica – ACE, che consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile la componente derivante dal rendimento nozionale di nuovo capitale proprio. L'articolo 19 del decreto-legge n. 91 del 2014 ha disposto una maggiorazione del 40 per cento dell'ACE per le società ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati. Il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 7) ha rideterminato, abbassandole, le aliquote ACE, già modificate dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 549-553, della legge n. 232 del 2016). Da ultimo, l’articolo 1, comma 639, del provvedimento in esame abroga l’agevolazione, che continua ad applicarsi relativamente all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.
Il comma 3 del predetto articolo 19 del decreto-legge n. 91 del 2014 - qui abrogato - prevedeva che agli oneri derivanti dalla citata maggiorazione dell’ACE si provvedesse, a decorrere dal 1° gennaio 2019, mediante aumento, disposto con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, (di cui all'allegato I del TU accise, d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021.
Gli oneri per gli anni 2015-2018 erano invece coperti mediante riduzione della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
Articolo 1, commi 5 e 6
(Estensione del regime forfetario)
I commi 5 e 6 estendono il regime forfettario, imposta sostitutiva unica con aliquota del 15 per cento, introdotto dalla legge di stabilità 2015, ai contribuenti che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 65.000 euro e ne semplificano le condizioni di accesso.
Il comma 5, lettera a), modifica, sostituendoli, i commi 54 e 55 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 che aveva istituito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva di quelle dovute con l'aliquota del 15 per cento.
Tale regime costituisce il regime naturale per chi possiede i requisiti, in quanto i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare un’opzione, comunicazione preventiva o successiva, per l’ingresso nel regime.
Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfetario agevolato del Portale della documentazione, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.
In tema di fatturazione elettronica, si ricorda, inoltre, che la stessa legge di bilancio 2018 che ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, ha previsto alcuni esoneri, tra i quali i soggetti che applicano il regime forfettario.
Le modifiche introdotte al comma 54 della legge di stabilità 2015 elevano, in primo luogo, a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfettario, disciplinato dai commi da 55 a 89 della legge di stabilità 2015. Tale soglia di accesso è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti - fissati tra 25.000 e 50.000 euro - differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (riportati nell’Allegato 4 della legge di stabilità 2015).
Si ricorda che ai fini dell’accesso al regime forfettario l’attuale comma 54 della legge di stabilità 2015, qui modificato, prevede che i contribuenti interessati applicano il regime forfetario se, nell'anno precedente, hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti indicati nell'allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata.
Sono eliminati gli ulteriori requisiti, oltre a quello del conseguimento annuale di ricavi non superiori a 65.000 euro, necessari per l’accesso al regime forfettario come stabilito nella normativa vigente.
L’attuale comma 54, lettere b) e c), ora sostituito dalla norma in commento, dispone che per accedere al regime forfettario è necessario che si siano sostenute spese complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti, nonché che il costo complessivo dei beni strumentali, assunto al lordo degli ammortamenti, non abbia superato, alla data di chiusura dell’esercizio, i 20.000 euro.
È conseguentemente modificato il comma 56 della legge di stabilità 2015 in tema di dichiarazione di inizio attività (comma 5, lettera b).
Il nuovo comma 55, lettera a), della legge di stabilità 2015, stabilisce che, ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l’accesso al regime forfettario non rilevano gli ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali, adeguando il riferimento agli indici sintetici di affidabilità fiscale, che hanno sostituito gli studi di settore.
Si ricorda che, in base a quanto disposto dal comma 9 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, per i periodi d'imposta per i quali trovano applicazione gli indici sintetici di affidabilità fiscale, i contribuenti interessati possono indicare nelle dichiarazioni fiscali ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, rilevanti per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, per migliorare il proprio profilo di affidabilità nonché per accedere al regime premiale.
Non viene modificata la disposizione, contenuta al comma 55, lettera b), della legge di stabilità 2015, che, nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, stabilisce di assumere, sempre ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l’accesso al regime, la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Il nuovo comma 57 della legge di stabilità 2015, come modificato dal comma 5, lettera c), prevede che non possono avvalersi del regime forfetario gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a imprese familiari. Tali soggetti si aggiungono a quelli, già esclusi dal regime forfetario sulla base delle norme vigenti, che partecipano a società di persone, ad associazioni ovvero a società a responsabilità limitata o ad associazioni in partecipazione (nuova lettera d) del comma 57 della legge di stabilità 2015).
Ai sensi della nuova lettera d-bis), interamente sostituita alla Camera, non possono altresì avvalersi del regime le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro.
La norma appare intesa ad evitare un incentivo indiretto alla trasformazione di rapporti di lavoro dipendente in altre forme contrattuali che godono dell’agevolazione in commento.
Si segnala, inoltre, che dalla norma in esame viene espunto il vigente tetto dei 30.000 euro, percepiti da reddito da lavoro dipendente o assimilabile, oltre il quale opera l’esclusione dall’ regime forfetario.
Si ricorda che l’attuale lettera d-bis) prevede che non possono avvalersi del regime forfetario i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente eccedenti l'importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Le modifiche al comma 71 della legge di stabilità 2015 sono volte a chiarire che il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito dei 65.000 euro (comma 5, lettera e)).
Il comma 5, lettera f), coerentemente con quanto disposto dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 193 del 2016, che reca l'abolizione degli studi di settore, in sostituzione dei quali sono introdotti gli indici sintetici di affidabilità fiscale, sopprime il primo periodo del comma 73 della legge di stabilità 2015 che disponeva la non applicabilità degli studi di settore e dei parametri ai contribuenti che si avvalgono del regime forfetario.
A tale proposito si ricorda che il decreto 23 marzo 2018 del Ministero dell’economia e delle finanze ha escluso i soggetti che si avvalgono del regime forfetario agevolato tra le categorie di contribuenti alle quali non si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale.
Anche la lettera g) del comma 5 è volta a inserire una modifica di coordinamento formale: il regime forfetario cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno il requisito dei 65.000 euro.
Le modifiche introdotte dalle lettere h) e i) sono volte a introdurre analoghe modifiche di coordinamento formale con riguardo al regime contributivo agevolato di cui ai commi 77 e seguenti della legge di stabilità 2015, cui si applicano il requisito e condizioni già illustrate per il regime forfetario.
La lettera j) modifica il comma 87 della legge di stabilità 2015, prevedendo un termine più lungo, un quinquennio al posto di un triennio, entro il quale i soggetti che nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono di altri regimi fiscali agevolati possono applicare il regime forfettario previsto per le nuove iniziative economiche.
Il comma 87 richiamato stabilisce che i soggetti che nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale agevolato per il trattamento degli avanzi di gestione di consorzi o del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità possono applicare, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge, il regime di cui al comma 65 per i soli periodi d'imposta che residuano al completamento del triennio agevolato.
Si ricorda, a tal proposito, che il comma 65 richiamato stabilisce una specifica disciplina di vantaggio per coloro che iniziano una nuova attività: in tal caso l'aliquota è del 5 per cento e può essere utilizzata per cinque anni.
Il nuovo allegato n. 4, introdotto dal comma 6 sostituisce il precedente allegato annesso alla legge di stabilità 2015, tenendo conto delle modifiche illustrate, non prevede l’indicazione dei valori soglia dei ricavi e compensi,
Si rammenta che l’attuale allegato indica soglie di ricavi diverse a seconda del tipo di attività esercitata. Tali soglie a seguito delle modifiche disposte dalla legge di stabilità 2016, variano da 25.000 a 50.000 euro.
PROGRESSIVO |
GRUPPO DI SETTORE |
CODICI ATTIVITA' ATECO 2007 |
COEFFICIENTE DI REDDITIVITA’ |
|
1 |
Industrie alimentari e delle bevande |
(10 - 11) |
40% |
|
2 |
Commercio all'ingrosso e al dettaglio |
45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9 |
40% |
|
3 |
Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande |
47.81 |
40% |
|
4 |
Commercio ambulante di altri prodotti |
47.82 - 47.89 |
54% |
|
5 |
Costruzioni e attività immobiliari |
(41 - 42 - 43) - (68) |
86% |
|
6 |
Intermediari del commercio |
46.1 |
62% |
|
7 |
Attività dei Servizi di alloggio e di ristorazione |
(55 - 56) |
40% |
|
8
|
Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi |
(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88) |
78% |
|
9 |
Altre attività economiche |
(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99) |
67% |
Articolo 1, comma 7
(Deducibilità IMU immobili strumentali)
Il comma 7, introdotto alla Camera, eleva dal 20 al 40 per cento la percentuale di deducibilità dalle imposte sui redditi dell’IMU dovuta su immobili strumentali.
A tal fine viene modificato l’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2011, n. 23, che dispone:
- la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali, sia ai fini della determinazione del reddito di impresa, sia del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni; con le norme in esame la misura della deducibilità è raddoppiata, elevandola dal 20 al 40 per cento;
- l’indeducibilità dell’IMU a fini IRAP;
- l’applicazione delle predette regole anche con riferimento all'imposta municipale immobiliare (IMI) della provincia autonoma di Bolzano, istituita con legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, e all'imposta immobiliare semplice (IMIS) della provincia autonoma di Trento, istituita con legge provinciale 30 dicembre 2014, n. 14.
Con riferimento alle imposte immobiliari, si segnala che durante l’esame del provvedimento alla Camera è stata introdotta la possibilità per i comuni di confermare, anche per gli anni 2019 e 2020, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera consiliare; l’estensione della riduzione a metà della base imponibile IMU / Tasi per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta, anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest’ultimo in presenza di figli minori (commi 648-649).
Articolo 1, commi 8-11
(Imposta sostitutiva per lezioni private e ripetizioni)
L’articolo 1, commi 8-11 introduce un’imposta sostitutiva al 15 per cento sull’attività di lezioni private e di ripetizioni svolte da docenti titolari di cattedra nelle scuole di ogni ordine e grado.
In particolare, ai sensi del comma 8, a partire dal 2019, alle predette attività si applica un’imposizione sostitutiva e - dunque - separata da quella ordinaria, con l’aliquota del 15 per cento. L’imposta tiene il luogo dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali. Sotto l’aspetto soggettivo, come già detto, possono usufruire dell’aliquota agevolata i docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado. Resta ferma la facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari.
Occorrerebbe chiarire se si intenda fare riferimento solo ai docenti delle istituzioni scolastiche statali o anche a quelli degli istituti paritari.
Dal tenore della norma sembrerebbero inoltre esclusi coloro i quali svolgono lavoro di docenti nella scuola statale senza titolarità di cattedra (coloro – per esempio – che sono inseriti nelle graduatorie di istituto). Esclusi anche i soggetti che non svolgano attività di insegnamento nelle scuole.
Secondo quanto emerge dalla relazione tecnica, sulla base anche dei dati riportati da uno studio della fondazione Einaudi, si stima un volume di affari complessivo legato a compensi per attività di lezioni private e ripetizioni di quasi 1 miliardo. Dallo stesso studio risulta che solo il 10% viene regolarmente dichiarato.
Il comma 9 stabilisce che i dipendenti pubblici devono comunicare all’amministrazione d’appartenenza l’esercizio dell’attività ai fini della verifica di eventuali incompatibilità.
Si segnala che l’art. 508 del TU in materia di istruzione (d.lgs. n. 297 del 1994) vieta al personale docente di impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto. Il personale docente, ove svolga lezioni private, è tenuto ad informare il dirigente scolastico, al quale deve altresì comunicare il nome degli studenti e la loro provenienza. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il dirigente scolastico può vietare lo svolgimento di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto. Nessuno studente può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto.
Ai sensi del medesimo comma, resta ferma l’applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi prevista dall’articolo 53 del TU sul pubblico impiego (decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).
Si ricorda che l’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 disciplina la materia delle incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi secondo cui, in generale, i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato non possono intrattenere altri rapporti di lavoro dipendente o autonomo o esercitare attività imprenditoriali.
I dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono svolgere incarichi retribuiti conferiti da altri soggetti, pubblici o privati, solo se autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, che fissa criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, in base ai quali rilasciare l’autorizzazione.
L’imposta sostitutiva è versata entro i termini stabiliti per l’IRPEF, alla cui disciplina si rinvia per gli aspetti di liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso (comma 10). Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni, sono stabilite le modalità attuative (comma 11).
Articolo 1, commi 12-17
(Imposta sostitutiva per imprenditori individuali
ed esercenti arti e professioni)
I commi da 12 a 17, modificati alla Camera, introducono un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, con aliquota al 20 per cento, per gli imprenditori individuali, gli artisti e i professionisti con ricavi fino a 100.000 euro che non ricadono nel regime forfettario.
Il comma 12 in particolare consente, dal 1° gennaio 2020, alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che nel periodo d'imposta precedente a quello per il quale è presentata la dichiarazione hanno conseguito ricavi o percepito compensi tra 65.001 e 100.000 euro, ragguagliati ad anno, di applicare al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, determinato con le modalità ordinarie, un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito, delle addizionali regionali e comunali IRPEF e dell’IRAP dell’imposta regionale sulle attività produttive con aliquota al 20 per cento.
Al riguardo la relazione illustrativa al DDL precisa che tale imposta sostitutiva, pari al 20 per cento, può essere applicata in luogo della tassazione progressiva per scaglioni e, dunque, è un regime opzionale; essa si applica inoltre al reddito determinato secondo le vigenti disposizioni in materia di determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo. La relazione chiarisce inoltre che, stante la modalità di determinazione ordinaria del reddito imponibile, si applica il regime fiscale delle perdite disposto dall’articolo 8 del Tuir (per cui si veda l’articolo 7 del DDL in esame). Inoltre gli adempimenti contabili e fiscali sono quelli ordinariamente previsti dalla vigente normativa per gli esercenti arti e professioni, nonché per le persone fisiche che esercitano attività d’impresa operanti in contabilità semplificata o ordinaria (per opzione).
Dal momento che la norma configura un regime opzionale, sembrerebbe opportuno precisare – anche rinviando a un provvedimento secondario – le modalità di esercizio della relativa scelta.
Come anticipato in premessa, l’imposta sostitutiva al 20 per cento trova applicazione, dal 2020, ai soggetti che non rientrano nel regime forfettario “esteso”, come risultante dalle modifiche dell’articolo 4 del DDL in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Il comma 13 individua le modalità di computo delle soglie di reddito che danno diritto all’applicazione dell’imposta sostitutiva.
In particolare, per individuare tali soglie:
a) non rilevano gli ulteriori componenti positivi, non risultanti dalle scritture contabili, che i contribuenti possono indicare nelle dichiarazioni fiscali per i periodi d'imposta in cui trovano applicazione gli indici sintetici di affidabilità fiscale, per migliorare il proprio profilo di affidabilità e accedere all’apposito regime premiale (ai sensi dell’articolo 9-bis, comma 9 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50).
Rinviando alla documentazione web per ulteriori approfondimenti, nonché alle schede predisposte dall’Agenzia delle Entrate, in questa sede si ricorda sinteticamente che agli indici sintetici di affidabilità fiscale - ISA, istituiti dal decreto-legge n. 50 del 2017 ed applicabili dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018, sono correlati specifici benefìci, in relazione ai diversi livelli di affidabilità dei contribuenti. L’introduzione degli ISA ha previsto al contempo la progressiva eliminazione degli effetti derivanti dall'applicazione dei parametri e degli studi di settore;
b) ove il contribuente eserciti contemporaneamente differenti attività, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle attività esercitate.
Il comma 14 disciplina le esclusioni, prevedendo che non possono applicare l’imposta sostitutiva:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato e di terreni edificabili (che, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, numero 8), del D.P.R. IVA, n. 633 del 1972, sono operazioni esenti da IVA) o di mezzi di trasporto nuovi (di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge n. 331 del 1993). Sulla base della normativa vigente, se tali soggetti non operano nell’esercizio di impresa, arti o professioni ed effettuano le cessioni nei confronti di soggetti residenti in altri Stati membri, ai primi spetta il rimborso dell'imposta compresa nel prezzo di acquisto o assolta o pagata per la loro acquisizione o importazione;
d) gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, ad associazioni o imprese familiari (di cui all’articolo 5 del citato TUIR), a srl o ad associazioni in partecipazione;
e) persone fisiche che esercitano la propria attività prevalentemente nei confronti dei datori coi quali siano in essere rapporti di lavoro o lo siano stati nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti riconducibili ai medesimi datori di lavoro. La norma appare intesa ad evitare un incentivo indiretto alla trasformazione di rapporti di lavoro dipendente in altre forme contrattuali che godono dell’agevolazione in commento, analogamente a quanto previsto all’articolo 4.
L’originario disegno di legge esclude i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati (articoli 49 e 50 del Testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917 del 1986) e che esercitano attività d’impresa, arti o professioni prevalentemente nei confronti anche di uno dei datori di lavoro dei due anni precedenti o, in ogni caso, nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili.
Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, il comma 15 prescrive che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta. A tale fine, spetta ai contribuenti rilasciare apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva.
Il comma 16 dispone che le persone fisiche (come precisato alla Camera, in luogo di riferirsi ai “soggetti”) che applicano l’imposta sostitutiva non debbano effettuare le ritenute alla fonte obbligatorie per legge (di cui al titolo III del DPR n. 600 del 1973 sull’accertamento), ma sono obbligati, nella dichiarazione dei redditi, a indicare il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all'atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l'ammontare dei redditi stessi.
Il comma 17 dispone che l’applicazione dell’imposta sostitutiva alle persone fisiche:
§ esonera dall’applicazione dell’IVA e dai relativi adempimenti, analogamente a quanto previsto per gli aderenti al regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), per cui si vedano i commi 5 e 6 del disegno di legge in esame;
§ mantiene tuttavia fermo l’obbligo di fatturazione elettronica previsto dal decreto legislativo 5 agosto 2015 n. 127. Con riferimento alla fatturazione elettronica – obbligatoria nei rapporti tra privati dal 1° gennaio 2019 – si rinvia alla relativa documentazione web.
Si rammenta in questa sede che il Consiglio UE ha autorizzato l’Italia a rinnovare fino al 31 dicembre 2019 le esenzioni IVA previste dal citato regime forfettario (disciplinato dalla legge di stabilità 2015 e modificato dal provvedimento in parola) con la decisione di esecuzione n. 2016/1988/UE. In tal modo ha risposto alla richiesta di autorizzazione avanzata dall’Italia per continuare a prevedere, in deroga all’articolo 285 della direttiva n. 2006/112/CE sul sistema comune dell’IVA, l’esenzione da IVA per i contribuenti in regime forfettario.
Già con la decisione n. 2008/737/CE, l'Italia era stata autorizzata, come misura di deroga, a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari annuo non supera 30.000 euro fino al 31 dicembre 2010. La misura di deroga era stata quindi prorogata, dapprima fino al 31 dicembre 2013, successivamente - con la decisione n. 2013/678/UE - fino al 31 dicembre 2016; contestualmente, la decisione del 2013 ha aumentato fino a un volume di affari annuo di 65.000 euro la soglia massima di esenzione autorizzata.
Si rammenta che la relazione tecnica che accompagna il DDL originario fa riferimento alla necessità di ottenere la previa deroga comunitaria per la suddetta esenzione IVA.
Articolo 1, commi 18-21
(Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti Irpef)
L’articolo 1, commi 18-21, introduce il riporto illimitato delle perdite per tutti i soggetti IRPEF, a prescindere dal regime contabile adottato; le perdite sono rese riportabili agli esercizi successivi, nel limite dell’ottanta per cento dei redditi conseguiti in tali esercizi, per l’intero importo che vi trova capienza.
Si ricorda che, ai sensi delle norme vigenti, per i soggetti IRPEF che sono lavoratori autonomi (soggetti esercenti arti e professioni) e imprese minori in contabilità semplificata si applica, ai fini delle imposte sui redditi, la compensazione orizzontale delle perdite: in sostanza, le perdite possono essere utilizzate per compensare i redditi eventualmente prodotti dal contribuente nello stesso periodo di imposta. L’eventuale eccedenza è perduta.
Il vigente articolo 8, comma 1 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) stabilisce infatti che, per i predetti soggetti, il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti:
§ dall’esercizio di imprese commerciali minori (di cui all’articolo 66 TUIR, ossia dei soggetti che operano in contabilità semplificata);
§ dall’esercizio di arti e professioni.
Per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria (articolo 8, comma 3, TUIR), in presenza di perdite di esercizio, tali componenti possono essere compensati con gli eventuali altri redditi d’impresa o partecipazione conseguiti dal medesimo contribuente. Ove non esistano o non soccorrano altri imponibili d’impresa nell’anno di competenza, il TUIR riconosce la possibilità di riportare la perdita fiscale residua nei successivi periodi d’imposta, ma non oltre il quinto (comma 3 del richiamato articolo 8, secondo periodo), escludendo esplicitamente da tale regola le perdite delle imprese minori determinate a norma dell'articolo 66 TUIR (comma 3, terzo periodo del richiamato articolo 8).
Con una prima modifica (comma 18, lettera a), n. 1) si espunge dall’articolo 8, comma 1, TUIR, che disciplina il regime delle perdite a fini IRPEF, il riferimento alle imprese cd. minori, ovvero le imprese in contabilità semplificata, di cui all’articolo 66 TUIR. Dunque la disciplina della “compensazione orizzontale” delle perdite ivi contenuta opera per i soli soggetti IRPEF lavoratori autonomi (professionisti ed artisti).
Inoltre con le modifiche al comma 1 dell’articolo 8 TUIR le imprese in contabilità semplificata di cui all’articolo 66 del TUIR possono scomputare le perdite esclusivamente dai redditi d’impresa e, dunque, non dagli altri redditi (di categoria diversa) che concorrono alla formazione del reddito complessivo; tale possibilità rimane riservata ai lavoratori autonomi.
Inoltre (comma 18, lettera a), n. 2, che incide sull’articolo 8, comma 3 del TUIR, sostituendo con un unico periodo i vigenti periodi secondo e terzo) si stabilisce che:
§ le imprese minori sono incluse nel novero dei soggetti che possono riportare le perdite negli esercizi successivi;
§ è contestualmente modificata la disciplina delle perdite per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria (imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice), eliminando il limite quinquennale alla riportabilità delle perdite e introducendo invece un limite quantitativo: le perdite ottenute nell’esercizio d’impresa sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi d'imposta e, per la differenza, nei successivi, nella misura dell’ottanta per cento dei redditi conseguiti in detti periodi d'imposta, per l'intero importo che trova capienza in essi.
In tal modo il legislatore sembra operare un avvicinamento del regime fiscale delle perdite IRPEF con quanto già stabilito, in linea generale, per i soggetti IRES: nei confronti di questi ultimi (articolo 84, comma 1 TUIR), la perdita di un periodo d'imposta può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.
Si ricorda che per i soggetti IRES sono previste ulteriori, specifiche regole per i primi tre periodi di attività di impresa (articolo 84, comma 2), nonché alcune disposizioni antielusive (che, come si vedrà in seguito, sono contenute all’articolo 84, comma 3, TUIR).
La relazione illustrativa specifica che le modifiche intendono superare alcuni problemi emersi per le imprese in contabilità semplificata che applicano il nuovo regime di cassa.
I soggetti in contabilità semplificata, nel primo anno di applicazione del nuovo principio di cassa (articolo 1, comma 18 della legge n. 232/2016) devono ridurre il reddito del periodo di imposta in cui si applica il regime semplificato sottraendo l’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, secondo il principio della competenza. Nel caso in cui tali imprese, per effetto della deduzione dell’intero importo del magazzino presente alla fine dell’anno precedente, dovessero eventualmente trovarsi in perdita nel 2017, ai sensi dell’articolo 8 del TUIR nella versione vigente, possono sottrarre le perdite dagli altri redditi eventualmente posseduti, ma senza riportare l’eventuale eccedenza negli anni successivi.
Con le modifiche introdotte si prevede la possibilità, per le imprese in contabilità semplificata (nonché per gli altri soggetti Irpef che svolgono attività d’impresa) di riportare le perdite nei periodi d’imposta successivi senza limiti temporali, ma in misura non superiore al 80 per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi.
La lettera b) del comma 18 modifica le regole di computo delle perdite nel reddito d’impresa (articolo 56 TUIR, comma 2).
Le norme vigenti consentono di scomputare le perdite derivanti dal reddito d’impresa dal reddito complessivo dell’imprenditore, e, dunque, di utilizzarle anche a scomputo di componenti reddituali diverse dal reddito d’impresa (ad es. redditi fondiari o da lavoro autonomo).
Le modifiche in commento eliminano il riferimento al reddito complessivo, rendendo le perdite conseguite nell’esercizio dell’impresa compensabili solo con i relativi redditi d’impresa.
Con la lettera c) del comma 18 (che incide sull’articolo 101, comma 6 TUIR) viene modificato il regime di utilizzabilità delle perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice.
Ai sensi delle norme vigenti, tali perdite sono utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d'imposta dalla stessa società che ha generato le perdite; con le modifiche in esame si elimina il limite temporale dei cinque anni relativo alla riportabilità di dette perdite.
La lettera d) effettua le seguenti modifiche:
1) novella, con finalità di coordinamento, l’articolo 116, comma 2 del TUIR, relativo al regime delle perdite per le società a ristretta base proprietaria; scopo della norma è rinviare all’articolo 8, comma 3 TUIR come modificato dalla lettera a) del comma in esame.
Si ricorda che sono società “a ristretta base proprietaria” le srl il cui volume di ricavi non superi le soglie previste per l'applicazione degli studi di settore (oggi indici sintetici di affidabilità fiscale) e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10, o a 20 nel caso di società cooperativa; esse possono optare per l’applicazione della trasparenza fiscale (il reddito prodotto viene determinato in capo alla società e imputato ai soci indipendentemente dall’effettiva percezione e in proporzione alla percentuale di partecipazione agli utili);
2) aggiunge alla fine del comma 2-bis due periodi, al fine di applicare alle società a ristretta base proprietaria le norme che disincentivano il commercio delle cd. “bare fiscali” (contenute al comma 3 dell’articolo 84 TUIR) e per consentire, ai soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile, di riportare le perdite per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti (articolo 84, comma 1, secondo periodo TUIR).
Il richiamato comma 3 dell’articolo 84 contiene una norma antielusione, che limita il commercio di società con ingenti perdite (cd. “bare fiscali”). In sintesi, viene vietato il riporto delle perdite fiscali pregresse, laddove la maggioranza delle azioni o quote della società titolare delle perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo, e inoltre risulti modificata, in uno spazio temporale limitato, l’attività principale effettivamente esercitata dalla medesima società nei periodi di formazione delle perdite. Il divieto non opera se l’impresa che riporta le perdite soddisfa taluni indici (di carattere contabile ed extra-contabile) ritenuti sintomatici della sua persistente vitalità economica.
Il legislatore, per alcune società, prevede l’esenzione – totale o parziale – da imposta dell’utile di esercizio (ad es. le cooperative a mutualità prevalente), a condizione che tale utile sia destinato a specifiche finalità ritenute meritevoli (ad es. a riserve indivisibili).
Il comma 19 disciplina la decorrenza delle modifiche in esame, che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, dunque retroattivamente.
Il comma 20 reca una disciplina transitoria per le perdite delle imprese in contabilità semplificata. In particolare le perdite:
a) del periodo d’imposta 2018, sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta 2019 e 2020 in misura non superiore, rispettivamente, al quaranta e al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi;
b) del periodo d’imposta 2019 sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti nel periodo d’imposta 2020 in misura non superiore al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi.
Il comma 21 reca la disciplina transitoria per le perdite del periodo d’imposta 2017, per la parte non compensata ai sensi dell’articolo 8, comma 1, TUIR nel testo previgente alle modifiche apportate dalle norme in esame.
Esse sono computate in diminuzione dei relativi redditi conseguiti:
a) nei periodi di imposta 2018 e 2019, in misura non superiore al quaranta per cento dei medesimi redditi, per l’intero importo che trova capienza in essi;
b) nel periodo d’imposta 2020, in misura non superiore al sessanta per cento dei medesimi redditi e per l’intero importo che trova capienza in essi.
Articolo 1, comma 22
(Detrazioni fiscali per i cani guida per i non vedenti)
Il comma 22, introdotto durante l’esame alla Camera, innalza da 516.46 a 1.000 euro la detrazione forfetaria per le spese sostenute dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida, nel limite di spesa di 510.000 euro per il 2020 e 290.000 euro a decorrere dall’anno 2021.
In particolare, il comma 22 sostituisce interamente il comma 1-quater dell’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917 (Tuir), in materia di detrazione per oneri.
Con le modifiche apportate, dall’imposta lorda si possono detrarre, nella misura forfetaria di euro 1.000, le spese sostenute dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida, nel limite di spesa di 510.000 euro per il 2020 e 290.000 euro annui, a decorrere dall’anno 2021.
Si ricorda che l’attuale comma 1-quater dell’articolo 15 Tuir prevede che la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida si detrae dall'imposta lorda nella misura forfettaria di un milione di lire.
Articolo 1, commi 23-29
(Tassazione agevolata utili reinvestiti in beni materiali strumentali
e incremento dell’occupazione)
L’articolo 1, commi 23-29, modificati alla Camera, prevede l’applicazione di un’aliquota IRES agevolata al 15 per cento (in luogo dell’ordinaria 24 per cento) a parte del reddito delle imprese che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché l’applicazione di tale agevolazione alle imprese soggette a IRPEF.
Più in dettaglio, dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2018, il comma 23 assoggetta ad aliquota agevolata al 15 per cento (aliquota IRES del 24 per cento ridotta di nove punti) una parte di reddito complessivo netto dei soggetti IRES, per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente a quello per il quale è presentata la dichiarazione (come precisato alla Camera, in luogo del “periodo d’imposta precedente”), conseguiti nell’esercizio di attività commerciali e accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili, entro specifici limiti di importo.
L’importo massimo assoggettabile ad aliquota ridotta è pari alla somma tra:
a) investimenti in beni strumentali materiali nuovi (ai sensi dell’articolo 102 del TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986);
b) costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato.
Il comma 24, modificato alla Camera, reca le definizioni rilevanti ai fini del computo degli importi sottoposti a tassazione agevolata.
In particolare, sono “riserve di utili non disponibili” quelle formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’articolo 2433 del codice civile, in quanto derivanti da processi di valutazione.
L’articolo 2433 c.c., si ricorda, disciplina le modalità di distribuzione degli utili: in linea generale, la relativa delibera è adottata dall'assemblea che approva il bilancio. Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato.
Rilevano gli utili realizzati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, al netto delle riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti (comma 24, lettera a)).
Il richiamato articolo 2433 stabilisce che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.
La lettera b) del comma 24 individua la definizione rilevante di “investimento”. Per tale si intende la realizzazione, nel territorio dello Stato, di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e l’acquisto di beni strumentali materiali acquisiti a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 – così per effetto delle modifiche apportate alla Camera, in luogo di riferirsi ai beni “nuovi” individuati dal DDL originario - anche mediante contratti di locazione finanziaria, destinati a strutture situate nel territorio dello Stato. Sono esclusi gli investimenti in immobili e in veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta (le cui spese sono deducibili al 70 per cento, ai sensi dell’articolo 164, comma 1, lettera b-bis), del testo unico delle imposte sui redditi.
La norma poi individua puntualmente il calcolo, per ciascun periodo d’imposta, dell’ammontare degli investimenti rilevanti.
Tale ammontare è determinato in base all’importo degli ammortamenti dei beni strumentali materiali nuovi deducibili, a norma dell’articolo 102 del TUIR.
Il richiamato articolo disciplina l’ammortamento ordinario, che si effettua mediante la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l'esercizio dell'impresa, a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene. Le quote sono calcolate applicando al costo dei beni i coefficienti ordinari previsti dalle tabelle ministeriali.
La norma tuttavia chiarisce che l’ammontare degli investimenti è calcolato nei limiti dell’incremento del costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione dei beni immobili e dei veicoli menzionati, assunto al lordo delle quote di ammortamento dei beni strumentali materiali nuovi dedotte nell’esercizio, rispetto al costo complessivo fiscalmente riconosciuto di tutti i beni strumentali materiali, ad eccezione di immobili e veicoli, assunto al netto delle relative quote di ammortamento dedotte, del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.
La lettera c) definisce cosa debba intendersi per costo del personale dipendente, in ciascun periodo d’imposta. Tale costo è rilevante a condizione che:
§ il personale sia destinato, per la maggior parte del periodo d’imposta, a strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato;
§ che si verifichi l’incremento del numero complessivo medio dei lavoratori dipendenti impiegati nell’esercizio di attività commerciali, rispetto al numero dei lavoratori dipendenti assunti al 30 settembre 2018, nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale rilevato in specifiche voci del conto economico dell’impresa, rispetto a quello del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018.
Si tratta delle spese per il personale individuate dall’articolo 2425, primo comma, lettera b), numeri 9) e 14), del codice civile (relativo alle voci del conto economico): costi per il personale (salari e stipendi, oneri sociali, trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza e simili e altri costi) ed oneri diversi di gestione.
L’incremento va considerato, limitatamente al personale impiegato per la maggior parte del periodo d’imposta nelle strutture produttive localizzate nel territorio dello Stato, al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate in senso civilistico (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.) o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
Per i soggetti IRES diversi dalle società (articolo 73, comma 1, lettera c), TUIR) la base occupazionale è individuata con riferimento al personale dipendente impiegato nell’attività commerciale e il beneficio spetta solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività.
In caso di lavoratori impiegati anche nell’esercizio di attività istituzionale si considera, sia ai fini dell’individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della rilevazione del costo, il solo personale dipendente riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi relativi all’attività commerciale e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Per i soggetti che assumono la qualifica di datore di lavoro a decorrere dal 1° ottobre 2018, ogni lavoratore dipendente assunto costituisce incremento della base occupazionale.
Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, il beneficio spetta limitatamente al numero dei lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita.
I datori di lavoro possono usufruire dell’aliquota ridotta solo se rispettano le prescrizioni, anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto all’agevolazione, dei contratti collettivi nazionali e delle norme in materia di salute e sicurezza di lavoratori previste dalle vigenti disposizioni.
I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale si assumono nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.
I soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.
Il comma 25 reca le ulteriori modalità di calcolo delle somme agevolabili. Ai fini della concessione dell’agevolazione di cui al comma 23 e delle definizioni rilevanti ai sensi del comma 24, per ciascun periodo d’imposta, alternativamente:
a) la parte degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 23) che eccede l’ammontare del reddito complessivo netto dichiarato è computato in aumento, rispettivamente, degli utili accantonati a riserva e dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui al comma 23) dell’esercizio successivo;
b) la parte degli utili accantonati a riserva (di cui al comma 23) che eccede l’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale (di cui allo stesso comma 23) è computato in aumento dei predetti utili accantonati a riserva dell’esercizio successivo;
c) la parte dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale che eccede gli utili accantonati a riserva è computato in aumento dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti in beni strumentali e del costo del personale dell’esercizio successivo.
Il comma 26 reca le disposizioni valide per le società che partecipano al consolidato nazionale (di cui agli articoli da 117 a 129 del TUIR). Per tali soggetti l’importo su cui spetta l’aliquota ridotta, è utilizzato dalla società o ente controllante, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, fino a concorrenza del reddito eccedente le perdite computate in diminuzione.
Tali norme si applicano anche per l’importo determinato dalle società e dagli enti che esercitano l’opzione per il consolidato mondiale.
Gli istituti del consolidato nazionale e del consolidato mondiale prevedono, per il gruppo di imprese, la determinazione in capo alla società o ente consolidante di un reddito complessivo globale (consolidato nazionale) o di un’unica base imponibile (consolidato mondiale), su opzione facoltativa delle società partecipanti (articoli da 117 a 142 del TUIR).
Il consolidato nazionale non obbliga al consolidamento di tutto il gruppo: l’opzione può essere esercitata anche soltanto da alcune delle società del gruppo. Inoltre, l’esercizio dell’opzione va effettuato congiuntamente da ciascuna controllata e dall’ente o società controllante.
L'opzione per il consolidato mondiale consente alle società di capitale e agli enti commerciali di includere nella propria base imponibile, indipendentemente dalla distribuzione, i redditi di tutte le proprie controllate non residenti. L'imputazione dei risultati positivi e negativi avviene per la quota parte corrispondente alla percentuale di partecipazione agli utili, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria di controllo.
Il comma 27 reca le disposizioni applicabili in caso di opzione per la trasparenza fiscale (articolo 115 TUIR): in tal caso, l’importo su cui spetta l’aliquota ridotta determinato dalla società partecipata è attribuito a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota attribuita non utilizzata dal socio è computata in aumento dell’importo su cui spetta l’aliquota ridotta dell’esercizio successivo determinato ai sensi delle norme in esame.
Le società di capitali possono scegliere di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per “trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone. Il regime di trasparenza è applicabile alle società di capitali partecipate da altre società di capitali (articolo 115 TUIR) ed alle società a responsabilità limitata a ristretta base azionaria (articolo 116 TUIR).
Il comma 28 estende le agevolazioni in commento anche ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, al reddito d’impresa dichiarato da imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.
Per le imprese in regime di contabilità semplificata le disposizioni si applicano se sono integrate le scritture contabili previste per tali soggetti dall’articolo 2217, secondo comma, del codice civile: occorre redigere un con apposito prospetto, da cui devono risultare la destinazione a riserva dell’utile d’esercizio e le vicende della riserva.
L’IRPEF è determinata applicando alla quota parte del reddito complessivo attribuibile al reddito d’impresa le ordinarie aliquote, ridotte di nove punti percentuali a partire da quella più elevata.
Il comma 29 consente il cumulo dell’aliquota agevolata in commento con altri benefici eventualmente concessi, ad eccezione di quelli che prevedono regimi forfetari di determinazione del reddito (tra cui i cd. ex minimi di cui all’articolo 4 del provvedimento in esame).
Articolo 1, commi 30-31
(Accise in materia di autotrasporto)
I commi 30 e 31, introdotti alla Camera, recano norme interpretative in tema di accise applicabili al gasolio utilizzato come carburante per autotrasporto.
In particolare si chiarisce che è da intendersi abrogata la norma che dispone l’operatività dal 2019 del taglio del 15 per cento della percentuale di fruizione del credito di imposta in favore degli autotrasportatori per l’aumento di accisa sui carburanti. In sostanza, per effetto delle norme in commento, tale credito d’imposta - modificato nel 2016 – è da ritenersi applicabile senza riduzioni; non trova infatti applicazione il taglio, previsto nel 2014 e più volte posticipato nel tempo, che avrebbe dovuto operare dal 2019.
Più in dettaglio il comma 30 chiarisce che l’articolo 4-ter, comma 1, lettera o), numero 1, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 ha fissato la nuova aliquota dell’accisa da applicare al gasolio commerciale usato come carburante (numero 4-bis della tabella A del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, Testo Unico Accise – TUA).
Il predetto decreto fiscale del 2016, modificando il Testo unico accise, ha previsto:
· una specifica misura di accisa per il gasolio commerciale usato come carburante, assoggettandolo a imposta con aliquota pari a 403,22 euro per mille litri
· la disciplina del rimborso dell’onere conseguente alla maggiore accisa applicata al gasolio commerciale, determinato come differenza tra l’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante e l’aliquota di 403, 22 euro per mille litri;
· la possibilità di utilizzare il credito mediante compensazione con F24 entro il 31 dicembre dell’anno solare successivo a quello in cui lo stesso è sorto (in alternativa, il credito può essere riconosciuto in denaro).
Si ricorda che nel corso del tempo diverse previsioni legislative hanno previsto il rimborso, a favore dei soggetti esercenti attività di autotrasporto, del maggior onere derivante da specifici incrementi di accise sul gasolio. In particolare, il decreto-legge n. 1/2012 prevede che in tutti i casi in cui disposizioni di legge determinano aumenti dell’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, il maggior onere conseguente deve essere sempre rimborsato, anche mediante compensazione con F24, nei confronti di alcuni soggetti che esercitano attività di trasporto (articolo 61, comma 4).
Di conseguenza, le norme chiariscono che è da intendersi superato l’effetto di riduzione del credito d’imposta disposto dall’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2014.
I commi da 577 a 580 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) hanno introdotto disposizioni finalizzate al riordino di specifiche agevolazioni tributarie e crediti d’imposta. In particolare, si è affidato a un D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di stabilire, per ciascuno dei crediti d’imposta indicati all’elenco n. 2 allegato alla predetta legge di stabilità, le percentuali di fruizione dei crediti d’imposta, in misura pari ad almeno l’85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente.
In particolare, il comma 579, nella sua formulazione originaria, stabiliva che per il solo 2014 la riduzione dello stanziamento non si applicasse al credito d'imposta relativo all'agevolazione sul gasolio per autotrazione degli autotrasportatori.
Nella G.U. n. 67 del 21 marzo 2014 è stato pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2014, contenente le indicazioni sulla riduzione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta indicati nel predetto elenco 2 allegato alla legge di stabilità 2014.
Ai sensi del predetto D.P.C.M., a partire dal 1° gennaio 2014 sono rideterminate, in modo da ridurre del 15% l'importo agevolato calcolato secondo le disposizioni istitutive e attuative di ciascun incentivo, alcune agevolazioni fiscali.
Successivamente l’articolo 1, comma 234, della legge di stabilità 2016 (legge n. 190 del 2014) novellando il citato comma 579, ha posticipato dal 2015 al 2019 la decorrenza della riduzione delle percentuali di fruizione del credito d’imposta relativo all’innalzamento delle accise sul gasolio per autotrazione.
Il comma 30 in esame chiarisce infine che il predetto comma 234 è da intendersi implicitamente abrogato.
In sostanza, per effetto delle norme in commento, il credito d’imposta per gli autotrasportatori - come modificato delle citate norme del 2016 – è da ritenersi pienamente applicabile; non trova applicazione il taglio, previsto nel 2014 e più volte posticipato nel tempo, che avrebbe dovuto operare dal 2019.
Il comma 31 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Articolo 1, comma 32
(Cedolare secca sugli immobili commerciali)
Il comma 32 estende il regime agevolato della cedolare secca ai contratti stipulati nell’anno 2019 relativi a locali commerciali classificati nella categoria catastale C/1 fino a 600 mq di superficie.
In particolare, il comma 32 interviene sull’ambito di applicazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che ha istituito il regime facoltativo della cedolare secca, prevedendo l’estensione della disciplina (imposta sostitutiva del 21% ovvero del 10% in presenza di locazioni a canone concordato) anche alle unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie, al netto delle pertinenze, fino a 600 mq e alle relative pertinenze locate congiuntamente.
La cedolare secca è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). In più, per i contratti in regime di cedolare secca non vanno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto.
La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.
È inoltre, prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).
Dal 2013 l'aliquota per questi contratti è pari al 15% (Dl 102/2013), ridotta al 10% per il quadriennio 2014-2017. Il Dl 47/2014 ha disposto che la stessa aliquota sia applicabile anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Infine, con la legge di bilancio 2018 è stata prorogata di altri 2 anni (2018 e 2019) l’aliquota ridotta al 10% per i contratti a canone concordato.
Per una panoramica più dettagliata sul regime della cedolare secca si consiglia la lettura del paragrafo Regime fiscale delle locazioni sul Portale della documentazione, all’interno del tema “Tassazione delle persone fisiche”.
Per un’analisi degli effetti in termini di gettito e di lotta all’evasione si rinvia al volume Gli Immobili in Italia-2017 del Dipartimento delle Finanze del Mef e dell’Agenzia delle Entrate.
Si ricorda che per categoria catastale C/1 si intendono negozi e botteghe ovvero locali per attività commerciale per vendita o rivendita di prodotti. Pertanto, l’opzione per la cedolare secca non si applica a tutti gli immobili non abitativi, ma solo a quelli destinati ad attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti, restando escluse, ad esempio, le locazioni di immobili ad uso uffici o studi privati (categoria A/10).
Come anticipato, l’agevolazione è estesa alle relative pertinenze, che sono quelle classificate nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle scuderie e rimesse) e C/7 (tettoie chiuse e aperte), se congiuntamente locate.
Per evitare che si proceda alla risoluzione di un contratto in essere e alla contestuale sottoscrizione di altro contratto tra le stesse parti e per lo stesso bene con effetto dal 2019, il regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.
Articolo 1, commi 33-38
(Proroga e rimodulazione dell’iperammortamento)
I commi da 33 a 38, modificati alla Camera, recano la proroga e rimodulazione del cd. iperammortamento, che consente di maggiorare il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale: innovando la normativa vigente in materia, il beneficio viene concesso in misura differenziata secondo l’importo degli investimenti effettuati. Sono conseguentemente sterilizzati gli acconti di imposta dovuti per il 2019 e 2020, al fine di non tener conto delle norme agevolative introdotte.
Il comma 33 proroga il cd. iperammortamento, disposto in origine dalla legge di bilancio 2017.
Tale misura consente di maggiorare il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale secondo il modello Industria 4.0.
Com’è noto, l'espressione Industria 4.0 indica un processo generato da trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri, finalizzato alla produzione industriale automatizzata e interconnessa.
L’articolo 1, comma 9 della legge di bilancio 2017 ha introdotto il beneficio dell’iperammortamento per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico, atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0 (inclusi nell'allegato A della stessa legge di bilancio). Il beneficio è stato prorogato dall’articolo 1, comma 30 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) anche agli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2018 ovvero fino al 31 dicembre 2019 a specifiche condizioni.
La misura consisteva, in origine, nella maggiorazione del costo di acquisizione del 150 per cento, permettendo in sostanza di ammortizzare un valore pari al 250 per cento del costo di acquisto dei beni.
Viene dunque prorogata la maggiorazione del costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale secondo il modello Industria 4.0, ricompresi nell’Allegato A annesso alla legge di bilancio 2017.
Essa viene riconosciuta anche per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2019 ovvero fino al 31 dicembre 2020, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
Si ricorda che sulla disciplina dell’iperammortamento fiscale è intervenuto l’articolo 7 del decreto-legge n. 87 del 2018 (cd. decreto dignità) che ha subordinato l’applicazione della misura alla condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale. Tale condizione è esplicitamente richiamata nelle disposizioni in commento.
Il medesimo decreto ha previsto che si proceda al recupero dell’iperammortamento se, nel periodo di fruizione del beneficio, i beni agevolati vengono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa.
Il comma 34, a differenza del passato, modula l’iperammortamento secondo gli importi degli investimenti effettuati.
In particolare la maggiorazione:
§ si applica nella misura del 170 per cento per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro; tale misura è stata elevata dall’originario 150 per cento, per effetto delle modifiche apportate alla Camera;
§ si applica nella misura del 100 per cento per gli investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni;
§ si applica nella misura del 50 per cento per gli investimenti compresi tra 10 e 20 milioni;
§ non si applica sulla parte di investimenti eccedenti il limite di 20 milioni;
§ non si applica agli investimenti che fruiscono dell’iperammortamento 2018, ossia della maggiorazione al 150 per cento disposta dalla legge di bilancio 2018 (di cui al richiamato articolo 1, comma 30, della legge 27 dicembre 2017, n. 205).
Il comma 35 proroga la maggiorazione, nella misura del 40 per cento, del costo di acquisizione dei beni immateriali (software) funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0 (beni ricompresi nell’Allegato B alla citata legge n. 232 del 2016), in favore dei soggetti che usufruiscono dell’iperammortamento 2019, con riferimento gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2019 e, a certe condizioni, al 31 dicembre 2020.
Tale maggiorazione è stata introdotta in origine dall’articolo 1, comma 10 della legge di bilancio 2017 ed è stata prorogata dal comma 31 della legge di bilancio 2018.
Il comma 10 della legge di bilancio 2017 ha concesso ai soggetti che beneficiano dell’iperammortamento e che investono, nel periodo di riferimento, in beni immateriali strumentali (inclusi nell'allegato B della legge, ossia software funzionali a favorire una transizione verso i sopra citati processi tecnologici) la possibilità di procedere a un ammortamento di tali beni con una maggiorazione del 40 per cento.
Dunque, per quanto riguarda l’estensione del periodo di agevolazione al 31 dicembre 2020, anche per i beni immateriali devono essere soddisfatte, entro il 31 dicembre 2019, le condizioni sopra indicate: accettazione dell’ordine da parte del venditore e pagamento di acconti pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
Si ricorda che l’allegato B alla legge di bilancio 2017 è stato integrato dal comma 32 della legge di bilancio 2018 (cui esplicitamente si riferisce la norma in esame), al fine di includervi alcuni sistemi di gestione per l’e-commerce e specifici software e servizi digitali.
Si tratta in particolare di:
§ sistemi di gestione della supply chain finalizzata al drop shipping nell'e-commerce;
Per drop shipping si intende un modello di vendita grazie al quale il venditore vende un prodotto ad un utente finale, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino. Il venditore, effettuata la vendita, trasmette l'ordine al fornitore, il quale spedirà il prodotto direttamente all'utente finale. In questo modo, il venditore si preoccupa esclusivamente della pubblicizzazione dei prodotti, senza le relative incombenze legate ai processi di imballaggio e spedizione che invece sono a cura del fornitore.
§ software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà aumentata;
§ software, piattaforme e applicazioni per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio (comunicazione intra-fabbrica, fabbrica-campo con integrazione telematica dei dispositivi on-field e dei dispositivi mobili, rilevazione telematica di prestazioni e guasti dei dispositivi on-field).
Il comma 36, nel confermare la documentazione già richiesta dalle precedenti leggi di bilancio (dettagliata all’articolo 1, comma 11, della legge 16 dicembre 2016, n. 232) dispone che, ai fini dell’applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali e immateriali di cui agli allegati A e B alla legge di bilancio, l’impresa è tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 ovvero, per i beni aventi ciascuno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali ovvero un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, attestanti che il bene: (i) possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo nell’elenco di cui all’allegato A e/o all’allegato B, e (ii) è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. La dichiarazione del legale rappresentante, l’eventuale perizia e l’attestato di conformità devono essere acquisite dall’impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
Il comma 37 mantiene ferma la norma (contenuta nell’articolo 1, comma 93 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016, e riferita in passato al cd. superammortamento) che esclude la possibilità di maggiorare l’ammortamento per i beni materiali strumentali per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%, per gli acquisti di fabbricati e di costruzioni, nonché per gli acquisti dei beni di cui allo specifico allegato 3 alla medesima legge di stabilità 2016.
Tale allegato si riferisce in particolare a condutture, condotte, materiale rotabile e aerei. Nel citato allegato 3, con riferimento al "Materiale rotabile, ferroviario e tranviario (motrici escluse)" viene specificato che fanno eccezione i macchinari e le attrezzature, anche circolanti su rotaia, necessari all'esecuzione di lavori di manutenzione e costruzione di linee ferroviarie e tranviarie.
La legge di stabilità per il 2016 (art. 1, commi 91-97 della legge n. 208 del 2015) aveva introdotto un innalzamento del 40 per cento delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione di beni strumentali, a fronte di investimenti in beni materiali strumentali nuovi, nonché per quelli in veicoli utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività dell'impresa. Tale agevolazione, disposta in origine per gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016, è stata prorogata dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 8 della legge n. 232 del 2016) con riferimento alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che detti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal venditore entro la data del 31 dicembre 2017 e che, entro la medesima data, sia anche avvenuto il pagamento di acconti in misura non inferiore al 20 per cento. Con particolare riferimento ai veicoli e agli altri mezzi di trasporto, il beneficio è riconosciuto a condizione che essi rivestano un utilizzo strumentale all'attività di impresa (in pratica sono esclusi gli autoveicoli a deduzione limitata). L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti con le circolari 26/E del 26 maggio 2016 e 4/E del 30 marzo 2017. Il superammortamento per gli investimenti relativi a tali beni è stato da ultimo prorogato dalla legge di bilancio 2018, in misura diversa e con alcune eccezioni rispetto agli anni precedenti: per il 2018 l’aumento del costo di acquisizione è stato pari al 30 per cento e sono stati esclusi dalla misura gli investimenti in veicoli e gli altri mezzi di trasporto. Esso non viene prorogato dalle norme in esame.
Il medesimo comma 37 mantiene ferme le norme in tema di investimenti sostitutivi (contenute nei commi 35 e 36 della legge di bilancio 2018).
Tali norme intendono evitare che il beneficio dell’iperammortamento interferisca, negli esercizi successivi, con le scelte di investimento più opportune che l’impresa possa aver esigenza di compiere al fine di mantenere il livello di competitività raggiunto. In particolare le richiamate norme contemplano l’ipotesi che il bene agevolato sia realizzato a titolo oneroso, (ad esempio, per la necessità di sostituire i beni agevolati con beni più performanti). In tali casi si prevede che il beneficio non venga meno per le residue quote, come determinate in origine, purché nel medesimo periodo d’imposta del realizzo l’impresa:
§ sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;
§ attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione, secondo le regole previste dal citato articolo 1, comma 11, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
Di conseguenza, la sostituzione non determina la revoca dell’agevolazione a condizione che il bene nuovo abbia caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dall’allegato A alla legge n. 232 del 2016 e che siano soddisfatte le condizioni documentali richieste dalla legge per l’investimento originario (dichiarazione resa dal legale rappresentante, perizia tecnica giurata o attestato di conformità).
Ove l’investimento sostitutivo sia di costo inferiore a quello del bene originario, ferme restando le altre condizioni oggettive e documentali richieste, il beneficio calcolato in origine deve essere ridotto in corrispondenza del minor costo agevolabile.
Si ricorda che sulla materia è intervenuto il cd. decreto dignità (articolo 7, comma 4 del richiamato decreto-legge n. 87 del 2018) il quale ha chiarito che, se si tratta di investimenti sostitutivi, non si applica la revoca dell’iperammortamento (di cui al comma 2 del medesimo articolo 7) ordinariamente prevista nel caso di delocalizzazione, ossia nel caso in cui i beni agevolabili sono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero.
Il comma 38 ridetermina gli acconti d’imposta per i soggetti che usufruiscono dell’agevolazione: il calcolo degli acconti dovuti per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e per quello successivo è effettuato considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni agevolative di cui ai commi 33 e 35.
Articolo 1, comma 39
(Estromissione agevolata beni strumentali)
Il comma 39, introdotto alla Camera, estende la procedura di estromissione agevolata, ovvero di esclusione dei beni immobili strumentali dal patrimonio dell'impresa, disposta dalla legge di stabilità 2016 (comma 121 della legge n. 208 del 2015), ai beni posseduti dagli imprenditori individuali al 31 ottobre 2018. Anche per tali beni si può optare per il pagamento di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento. Il pagamento consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2019. I versamenti rateali dell'imposta sostitutiva sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2019 e il 16 giugno 2020.
Più in dettaglio il comma 39 consente agli imprenditori individuali che alla data del 31 ottobre 2018 possiedono beni immobili strumentali di optare, nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 maggio 2019, per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2019. L’esclusione implica il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.
I versamenti rateali dell’imposta sostitutiva sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2019 e il 16 giugno 2020.
Per i soggetti che si avvalgono delle disposizioni del presente comma, gli effetti dell’estromissione decorrono dal 1° gennaio 2019.
La disposizione agevolativa consente all’imprenditore individuale una maggiore flessibilità in ordine alla definizione dell’assetto patrimoniale della propria impresa, riproponendo nella sostanza una disciplina già conosciuta dal nostro ordinamento, in quanto introdotta dapprima con l’articolo 58 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, successivamente riproposta con l’articolo 3, commi da 4 45 a 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), con l’articolo 1, comma 37, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e con il richiamato comma 121 della legge di stabilità 2016.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 26 del 2016, l’esclusione dal patrimonio dell’impresa riguarda i beni immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, del TUIR, posseduti dall’imprenditore alla data del 31 ottobre 2018 e precisamente i beni immobili:
- strumentali per destinazione, che sono utilizzati cioè esclusivamente per l’esercizio dell’impresa indipendentemente dalle caratteristiche specifiche;
- strumentali per natura, cioè “che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni” e che si considerano strumentali anche se non utilizzati direttamente dall’imprenditore o anche se dati in locazione o comodato.
La base imponibile dell’imposta sostitutiva è data dalla differenza tra il valore normale dei beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto, assumendo il valore iscritto nel libro degli inventari oppure nel registro dei beni ammortizzabili, al netto delle quote di ammortamento fiscalmente dedotte e tenendo conto di eventuali rivalutazioni fiscalmente rilevanti.
Articolo 1, comma 40
(Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili)
Il comma 40 dispone la proroga, per l’anno 2019, delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la cui disciplina è contenuta, rispettivamente, negli articoli 14 e 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63.
Il comma 40, lettera a), n.1) proroga al 31 dicembre 2019 il termine previsto per avvalersi della detrazione d'imposta nella misura del 65% per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus) disposta ai commi 1 e 2, lettera b), dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.
Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo dai provvedimenti di seguito illustrati, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento) delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese sostenute per:
§ la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;
§ il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;
§ l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;
§ la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione: detrazione massima 30.000 euro.
§ la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro (articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011).
§ Il decreto-legge n. 63 del 2013 (articolo 14) ha elevato la misura al 65 per cento anche per i condomini (parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio). La legge di stabilità per il 2015 (n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)), ha introdotto:
§ l'acquisto e posa in opera delle schermature solari, fino a 60.000 euro;
§ l'acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a 30.000 euro.
La legge di stabilità 2016 (n. 208 del 2015, art. 1, co.74, lett. a)) ha introdotto:
§ - l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative che garantiscano un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche (comma 88).
§ - per gli interventi nei condomini, la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale ai fornitori che hanno effettuato i lavori.
La legge di bilancio 2017 (n. 232 del 2016, articolo 1, comma 2) ha prorogato la detrazione per i condomini fino al 31 dicembre 2021. La misura è aumentata al 70 per cento nel caso di interventi che interessano più del 25 per cento della superficie disperdente dell'edificio e al 75 per cento in caso di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard. Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio. Per i condomini situati in zone sismiche 1, 2 e 3 (rimane esclusa solo la zona 4). la misura della detrazione è dell’80 per cento in caso di passaggio ad una classe di rischio inferiore e dell’85 per cento in caso di passaggio di due classi di rischio. La detrazione è ripartita in dieci quote annuali e si applica su un ammontare delle spese non superiore a 136 mila euro moltiplicato per il numero di unità immobiliari del condominio (legge di bilancio 2018).
La legge di bilancio 2018, infine, ha prorogato le detrazioni illustrate al 31 dicembre 2018.
Il comma 40, lettera a), n.2) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per avvalersi della detrazione al 65 per cento per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 (a tal fine modificando il comma 2, lettera b-bis) dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).
Si ricorda che per poter beneficiare della detrazione gli interventi in esame devono condurre a un risparmio di energia primaria (PES), come definito all’allegato III del D.M. 4 agosto 2011, pari almeno al 20 per cento (lettera b-bis) del comma 2 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013).
Infine, la lettera a), n.3) estende al 2019 la detrazione prevista al 50 per cento per le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (con una modifica al comma 2-bis, del citato articolo 14).
Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni per gli interventi di efficienza energetica si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier “Legge di bilancio 2018” del Servizio studi di Camera e Senato. Si segnala infine la guida dell’Agenzia delle entrate sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico.
La lettera b) n. 1) proroga al 31 dicembre 2019 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall’articolo 16-bis, comma 1, del TUIR (con una modifica all’articolo 16 del D.L.63/2013).
Si ricorda che gli interventi previsti dall’articolo 16-bis del TUIR sono:
§ - interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia,
§ - ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;
§ - realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali;
§ - eliminazione delle barriere architettoniche;
§ - misure finalizzate a prevenire il compimento di atti illeciti da parte di terzi
§ - opere finalizzate alla cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;
§ - opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici e all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia
§ - adozione di misure antisismiche
§ - bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.
Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier Legge di bilancio 2018 dei Servizi studi di Camera e Senato. Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie.
La lettera b), n. 2) proroga al 2019 la detrazione al 50 per cento per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici di classe non inferiore ad A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione (con una modifica all’articolo 16, comma 2, D.L.63/2013).
Si ricorda che a legislazione vigente per avere l’agevolazione è indispensabile realizzare una ristrutturazione edilizia (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici, sempre residenziali. Per gli interventi effettuati nel 2017, ovvero per quelli iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2018, l’ammontare complessivo massimo di 10.000 euro deve essere calcolato al netto delle spese sostenute nell’anno 2017 per le quali si è fruito della detrazione (articolo 16, comma 2, D.L. 63/2013).
Per una più dettagliata ricognizione della legislazione vigente in materia di agevolazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici si rinvia alla scheda dell’articolo 1, comma 3, del dossier Legge di bilancio 2018 dei Servizi studi di Camera e Senato. Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.
Articolo 1, comma 41
(Proroga detrazioni sistemazione a verde)
Il comma 41 proroga di un anno (dal 2018 a tutto il 2019) l’agevolazione fiscale inerente alla sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione riguarda l’IRPEF e consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36 per cento della spesa sostenuta, nei limiti di un massimo di spesa di euro 5000 annui e – pertanto – entro la somma massima detraibile di 1800 euro.
La misura prorogata è stata introdotta nella legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi da 12 a 15). La disposizione in vigore specifica che gli interventi per cui è possibile ottenere la detrazione sono:
a) la «sistemazione a verde» di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;
b) la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.
Condizioni per la detraibilità della spesa sono che:
i) le spese siano documentate ed effettuate con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni;
ii) le spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.
Ai sensi del comma 13 della citata legge di bilancio per il 2018, la detrazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, entro il medesimo importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale ipotesi la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che essa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi ivi indicati.
La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli aspetti applicativi – poi – la disposizione in esame rinvia alle norme sulla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 16-bis, commi 5, 6 e 8 del testo unico delle imposte sui redditi (d. P. R. n. 917 del 1986), per i quali si veda la relativa scheda di lettura (comma 40).
Si ricorda, infine, che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato è disciplinata dall'articolo 12 della legge 26 luglio 2016, n. 154. E’ rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la regolazione delle modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione necessari per ottenere i relativi titoli abilitativi.
Articolo 1, commi 42-44
(Modifiche al credito d’imposta per ricerca e sviluppo)
I commi 42-44, modificati alla Camera, intervengono sulla disciplina del credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, prevedendo l’abbassamento della quota agevolabile (salvo specifiche ipotesi) dal 50 al 25 per cento, nonché del massimo importo annualmente concedibile a ciascuna impresa da 20 a 10 milioni; si introduce un maggior dettaglio nell’individuazione delle spese agevolabili; si prevede infine l’introduzione di adempimenti documentali per la spettanza e l’utilizzabilità del credito d’imposta.
Si ricorda in breve che l'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, come successivamente modificato nel tempo (in particolare dalla legge di bilancio 2017, legge n. 232 del 2016, e dal decreto cd. dignità, decreto-legge n. 87 del 2018) istituisce e disciplina il credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo.
Esso si applica dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020. Destinatari dell’agevolazione sono tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. La misura del credito d’imposta è pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti calcolati secondo specifici criteri.
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017 (commi 15 e 16 della legge n. 232 del 2016), il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996).
Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta le spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo devono almeno ammontare a 30 mila euro, mentre l’importo massimo annuale riconosciuto a ciascun beneficiario è pari a 20 milioni di euro.
I commi 4 e 5 dell'articolo 3 elencano le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta e quelle che, invece, non possono essere considerate tali. Il comma 6 reca l’indicazione (lettere da a) a d)) delle spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d’imposta.
Il decreto dignità (articolo 8 del decreto-legge n. 87 del 2018) ha escluso dal credito d'imposta taluni costi di acquisto - anche in licenza d'uso - di beni immateriali connessi ad operazioni all’interno del gruppo societario. Si tratta di spese relative a competenze tecniche e privative industriali. La disposizione trova applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 14 luglio 2018.
Più in dettaglio, con una prima novella, la norma in esame (comma 42, lettera a), che modifica l’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 145 del 2013, interviene sulla misura del credito d’imposta per ricerca e sviluppo, che viene in linea generale abbassata dal 50 al 25 per cento dell’eccedenza agevolabile.
Resta ferma la misura del 50 per cento solo con riferimento a specifiche spese (di cui al comma 6-bis), nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate internamente all’impresa, e cioè: per le spese del personale titolare di un rapporto di lavoro subordinato direttamente impiegato in tali attività di ricerca e, nel caso di attività di ricerca e sviluppo commissionate a terzi, solo per i contratti stipulati con Università, enti e organismi di ricerca nonché con startup e PMI innovative indipendenti.
Con la lettera b), che incide sul comma 3 del richiamato articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, viene abbassato da 20 a 10 milioni di euro l’importo massimo annuo concedibile a ciascuna impresa a titolo di credito d’imposta per ricerca e sviluppo.
La lettera c) modifica in più parti il comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, che elenca le spese agevolabili.
In particolare, sostituendo la lettera a) del comma 6 (lettera c), n. 1)) si chiarisce che le spese per il personale ammissibili al credito sono solo quelle relative a personale dipendente titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, che sia direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (spesa agevolabile al 50 per cento); la disciplina vigente invece vi include genericamente le spese per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo.
Viene inoltre introdotta lettera a-bis) che comprende tra le spese agevolabili anche quelle per il personale titolare di rapporto di lavoro autonomo o comunque diverso dal lavoro subordinato, direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (che, come chiarisce la relazione illustrativa, è una spesa agevolabile al 25 per cento).
Con le modifiche alla lettera c) del comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (lettera c), n. 2)), sostituita con le due nuove lettere c) e c-bis), viene specificato l’ambito delle spese ammissibili al credito d’imposta sostenute per contratti di ricerca.
La norma vigente ammette all’agevolazione le spese per contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative.
Per effetto delle modifiche in commento, sono ammissibili al credito d’imposta le spese relative a:
§ contratti stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, agevolabile al 50 per cento per effetto delle norme in esame (nuova lettera c));
§ contratti stipulati con imprese residenti rientranti nella definizione di start-up innovative e di PMI innovative, per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, a condizione, in entrambi i casi, che non appartengano al medesimo gruppo dell’impresa committente. A tale scopo rileva il controllo a fini civilistici (ai sensi dell’articolo 2359 c.c.), inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali; per le persone fisiche si tiene conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati a fini fiscali (articolo 5, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986). Per la definizione di start-up innovative e PMI innovative si rinvia alla relativa documentazione web, anch’essa agevolabile al 50 per cento per effetto delle norme in esame (nuova lettera c));
§ contratti stipulati con imprese diverse da quelle indicate nella precedente lettera c) per il diretto svolgimento delle attività di attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, sempre che non appartengano al medesimo gruppo dell’impresa committente. Anche in tale caso rileva la nozione civilistica di controllo o, per le persone fisiche, la definizione fiscale; tale spesa è agevolabile al 25 per cento (nuova lettera c-bis)).
La lettera c), n. 3 introduce tra le spese agevolabili (lettera d-bis)) del comma 6) dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013) quelle sostenute per materiali, forniture e altri prodotti analoghi direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale (di cui alle lettere b) e c) del comma 4 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013).
Per effetto delle modifiche apportate alla Camera, è specificato che l’ammissibilità di nuove fattispecie di spesa al credito d’imposta (spese sostenute per materiali, forniture e prodotti analoghi impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota, relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale) non opera, qualora l’inclusione del costo di tali beni tra le spese ammissibili al credito d’imposta abbia l’effetto di ridurre l’eccedenza agevolabile.
La lettera d) del comma 42 introduce un nuovo comma 6-bis all’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, che individua nuovi criteri di calcolo del beneficio, in quanto le modifiche al comma 1 dell’articolo 3, come si è visto, hanno differenziato le aliquote applicabili.
In particolare, come chiarito dalla relazione illustrativa, il nuovo criterio opera direttamente sull’eccedenza agevolabile (differenza tra l’ammontare complessivo delle spese ammissibili sostenute nel periodo agevolato e media del triennio 2012-2014), individuando la quota su cui applicare l’aliquota del 50 per cento e la restante quota su cui applicare l’aliquota del 25 per cento in ragione della diversa incidenza della varie tipologie di spese sulle spese complessive sostenute nel periodo agevolabile:
La quota del 50 per cento si applica, in particolare, sulla parte delle somme agevolabili (ovvero sulla parte dell’eccedenza di spese in ricerca e sviluppo rispetto agli esercizi di imposta passati, ai sensi del comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145), proporzionalmente riferibile alle spese per il personale e per i contratti di ricerca, indicate nelle lettere a) e c) del comma 6 (come modificate dalle disposizioni in commento, vedi supra), rispetto alle spese ammissibili complessivamente sostenute nello stesso periodo d’imposta agevolabile; per la parte residua, si applica l’aliquota del 25 per cento.
La lettera e) del comma 42 (aggiungendo un periodo alla fine del comma 8 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013), chiarisce che l’utilizzabilità del credito d’imposta è subordinata all’avvenuto adempimento di specifici obblighi di certificazione previsti dalla legge (successivo comma 11 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, come modificato dall’articolo in commento).
Il comma 8 disciplina la rilevanza a fini fiscali del credito d’imposta; esso è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi agevolabili.
Il nuovo comma 11 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (come sostituito dalla lettera f) del comma 1) subordina il riconoscimento del credito d’imposta - e, in virtù delle modifiche al comma 8 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, l’utilizzabilità dello stesso - ad alcuni adempimenti certificativi.
Il vigente comma 11 reca invece la disciplina dei successivi controlli, (che per effetto delle norme in esame confluisce con sostanziali modifiche nel seguente comma 11-bis) da svolgere sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali, da allegare al bilancio. Se l’impresa non è soggetta a revisione legale dei conti ed è priva di un collegio sindacale, è comunque necessario avvalersi della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti iscritti, quali attivi, nell’apposito registro. Il revisore legale dei conti o il professionista responsabile della revisione legale dei conti, nell'assunzione dell'incarico, osserva i princìpi di indipendenza richiesti dalla legge (ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 39 del 2010: detti principi sono elaborati da associazioni e ordini professionali congiuntamente al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Consob e adottati dal Ministero dell'economia e delle finanze sentita la Consob; non risultano ancora emanati) e, in attesa della loro emanazione, quelli previsti dal codice etico dell'International Federation of Accountants (IFAC). Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile da parte delle imprese di cui al terzo periodo sono ammissibili entro il limite massimo di euro 5.000. Le imprese con bilancio certificato sono esenti dagli obblighi previsti dal presente comma.
Con le modifiche in commento, come anticipato, il credito d’imposta è riconosciuto ed utilizzabile solo previa documentazione dell’effettivo sostenimento delle spese ammissibili, nonché del fatto che le spese corrispondono alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.
Le predette circostanze devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti; per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’apposita certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti (iscritti nella sezione A del registro dei revisori legali, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 39 del 2010,: si tratta degli iscritti che al momento dell’istituzione del registro svolgono attività di revisione legale o che collaborano a un'attività di revisione legale in una società di revisione legale, o che hanno svolto le predette attività nei tre anni precedenti). Nell’assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti o la società di revisione legale dei conti osservano i già menzionati princìpi di indipendenza.
Per le sole imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione della documentazione contabile sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore al minore tra quello effettivamente sostenuto e 5.000 euro; fermo restando, comunque, il limite massimo di 10 milioni di euro di importo concedibile per ciascuna impresa su base annuale.
La successiva lettera g) fa confluire la disciplina dei controlli successivi, con importanti modifiche, nel nuovo comma 11-bis dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013.
A tale scopo, le imprese beneficiarie del credito d’imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d’imposta in relazione ai progetti o ai sotto progetti in corso di realizzazione. La relazione, nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate e svolte internamente all’impresa, deve essere predisposta a cura del responsabile aziendale delle attività di ricerca e sviluppo o del responsabile del singolo progetto o sottoprogetto e deve essere controfirmata dal rappresentante legale dell’impresa ai sensi del TU in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445 del 2000). Nel caso in cui le attività di ricerca siano commissionate a soggetti terzi, la relazione deve essere redatta e rilasciata all’impresa dal soggetto commissionario che esegue le attività di ricerca e sviluppo.
Viene tenuto fermo, in materia di obblighi formali e documentali, quanto ulteriormente previsto nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 27 maggio 2015, che all’articolo 7, tra l’altro, disciplina gli obblighi di conservazione dei documenti a carico delle imprese.
La lettera h) del comma 42 effettua una modifica di coordinamento al comma 12 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, che nella formulazione vigente dispone l’applicazione della disciplina penale sulle attività dei periti al revisore legale dei conti o al professionista responsabile della revisione legale dei conti, ove questi incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti richiesti per il rilascio della certificazione di cui al menzionato comma 11 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013.
Con le norme in esame si sostituisce il riferimento al revisore legale o al professionista responsabile con quello al generico “soggetto incaricato” della predetta attività.
Il comma 43 individua la decorrenza delle modifiche apportate con le norme in esame. Queste si applicano, in linea generale, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.
Tuttavia, in deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie sancito all’articolo 3 dello statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000), si applicano già al periodo d’imposta in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2018 le norme che riguardano gli adempimenti documentali per la spettanza e l’utilizzabilità del credito d’imposta e il regime dei controlli successivi (lettere e), f), g) del comma 42).
Il comma 44 reca una norma interpretativa della disposizione (comma 1-bis dell’articolo 3 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013) che riconosce il credito d’imposta in parola ai soggetti residenti commissionari che eseguono attività di ricerca e sviluppo per conto di imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996).
Tale norma si interpreta nel senso che, ai fini del calcolo del credito d’imposta attribuibile, assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato.
Articolo 1, commi 45-48
(Modifiche alla disciplina del credito d'imposta formazione 4.0)
I commi da 45 a 48, introdotti durante l’esame alla Camera, prorogano di un anno l’applicazione del credito d’imposta formazione 4.0, più precisamente estendendolo alle spese di formazione sostenute nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018. Le disposizioni in esame mantengono fermo il limite massimo annuale di 300.000 euro ed effettuano alcune rimodulazioni del credito, secondo la dimensione delle imprese: in particolare, il credito è attribuito alle piccole imprese nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per la formazione (in luogo della precedente misura del 40 per cento); rimane ferma la misura del 40 per cento per le medie imprese e viene ridotta al 30 per cento per le grandi imprese. Per queste ultime vi è anche un limite massimo annuale di 200.000 euro.
Si autorizza, a tal fine, una spesa di 250 milioni di euro anche per l’anno 2020.
In particolare, il comma 45 estende l’applicazione della disciplina del credito d’imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano nazionale industria 4.0, di cui all’articolo 1, commi da 46 a 55 della legge di bilancio 2018 anche alle spese di formazione sostenute nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.
Si ricorda che la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n.205, stabilisce che il credito di imposta è riconosciuto in favore di ogni tipo e forma di impresa, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, fino ad un importo massimo annuale di euro 300.000 per ciascun beneficiario, qualora le attività di formazione siano pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali. Il comma 48 della legge di bilancio 2018 prevede, inoltre, che tali attività devono essere svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0 quali big data e analisi dei dati, cloud, fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali.
Si ricorda, altresì, che il comma 49 della legge di bilancio 2018 ha escluso in ogni caso dal beneficio le attività di formazione, ordinaria o periodica, organizzata dall’impresa per conformarsi alle norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e di protezione dell’ambiente o ad altre norme obbligatorie in materia di formazione.
Inoltre il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di spettanza e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi in cui il credito sia impiegato, e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione (ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni). Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini fiscali.
Al beneficio in esame non si applicano né il limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti di imposta (di cui all'art. 1, comma 53, della L. 24 dicembre 2007, n. 244) né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi, pari a 700.000 euro (di cui all'art. 34 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni).
Il beneficio si applica nel rispetto delle norme europee ivi richiamate sulla compatibilità degli aiuti con il mercato interno. Agli adempimenti in àmbito europeo provvede il Ministero dello sviluppo economico.
Il comma 53 della legge di bilancio 2018 disciplina i requisiti di certificazione dei costi ai fini del beneficio in esame, anche con riferimento alle imprese non soggette alla revisione legale dei conti. Per queste ultime, le spese sostenute per l'apposita attività di certificazione contabile sono ammesse al credito d'imposta in oggetto entro il limite massimo di 5.000 euro.
Nei confronti del revisore legale dei conti o del professionista responsabile della revisione legale dei conti che incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli siano richiesti per il rilascio della certificazione si applicano le sanzioni penali richiamate dall’articolo 64 del codice di procedura civile. (sanzioni relative al consulente tecnico nel processo civile).
Il comma 55 della legge 27 dicembre 2017 n.205, infine, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle disposizioni applicative, con particolare riguardo alla documentazione richiesta, all'effettuazione dei controlli e alle cause di decadenza del beneficio.
Il comma 46 effettua alcune rimodulazioni del credito, secondo la dimensione delle imprese, prevedendo che il credito d’imposta, fermo restando il limite massimo annuale di 300.000 euro, è attribuito nella misura del 50 per cento delle spese ammissibili sostenute dalle piccole imprese e del 40 per cento di quelle sostenute dalle medie imprese. Alle grandi imprese, come definite dalla normativa europea, il credito d’imposta è attribuito nel limite massimo annuale di 200.000 euro e nella misura del 30 per cento.
Si ricorda che l’allegato I al regolamento (UE) 2014/651 della Commissione, del 17 giugno 2014 fornisce i criteri per la definizione di piccole, medie e grandi imprese. In particolare l’articolo 2 stabilisce che la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. All'interno della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
Il comma 47 dispone che per l’attuazione degli interventi di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 maggio 2018, che attua il credito d’imposta per la formazione 4.0.
Infine il comma 48 stabilisce che per l’attuazione delle misure previste ai commi precedenti è autorizzata la spesa di 250 milioni di euro per l’anno 2020.
Si dispone, inoltre, che il Ministero dell’economia e delle finanze effettui il monitoraggio dell’applicazione del credito d’imposta ai fini di quanto previsto in merito alla copertura finanziaria dalla legge articolo17, comma 13, della legge 31 dicembre2009, n. 196.
Si ricorda che l’articolo17, comma 13, della legge 31 dicembre2009, n. 196, ha stabilito che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.
Articolo 1, commi 49 e 50
(Fondazioni ex Ipab operanti in ambito sociale, sanitario e socio-sanitario)
I commi in esame - inseriti dalla Camera - recano una disposizione fiscale in favore delle fondazioni ex Ipab che svolgano attività in ambito sociale, sanitario e socio-sanitario.
La norma - che novella una norma del codice del terzo settore[1] - prevede che, ai fini delle imposte sui redditi, tali attività siano considerate non commerciali, a condizione che gli utili siano reinvestiti interamente nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso in favore degli organi amministrativi. Potrebbe essere opportuno chiarire se quest'ultima condizione riguardi solo l'attribuzione di compensi a valere sui redditi derivanti dalle attività summenzionate.
È fatto salvo il rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato in regime cosiddetto di de minimis.
La novella in esame riguarda le ex istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza che siano state trasformate in fondazioni ai sensi del D.Lgs. 4 maggio 2001, n. 207.
Articolo 1, commi 51-54
(Contributo per l'Istituto di riabilitazione e formazione dell'ANMIL)
I commi in esame - inseriti dalla Camera - prevedono un contributo annuo, pari a 1,5 milioni di euro a decorrere dal 2019, per l'Istituto di riabilitazione e formazione (IRFA) dell'Associazione nazionale fra lavoratori mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL).
Il contributo è stanziato al fine di favorire la formazione e la riqualificazione professionale delle persone con disabilità, nonché delle vittime di infortuni sul lavoro e di malattie professionali e delle loro famiglie. Il contributo è erogato secondo la procedura di acconto, di verifica amministrativo-contabile degli utilizzi e di conguaglio ivi disciplinata.
Articolo 1, comma 55
(Proroga della convenzione con Radio radicale)
Il comma 55, introdotto durante l’esame alla Camera, autorizza la proroga al 31 maggio 2019 della convenzione stipulata fra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.A. titolare dell’emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari. A tal fine, autorizza la spesa di € 5 mln per il 2019
Si ricorda che la predetta convenzione è stata stipulata ai sensi dell’art. 1, co. 1, della L. 224/1998. Tale disposizione, confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri dovevano essere definiti nel quadro dell’approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni[2], ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione a suo tempo stipulata[3] tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, quantificando un onere annuo di 11,5 mld di lire.
Le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per bienni o per singole annualità[4]. In particolare, con riferimento all’ultimo periodo:
Provvedimento |
Anno |
Onere annuo |
art. 2, co. 3, D.L. 194/2009 (L. 25/2010) |
2010 |
€ 9,9 mln |
2011 |
€ 9,9 mln |
|
art. 33, co. 38, L. 183/2011 (L. stabilità 2012) |
2012 |
€ 3 mln |
art. 28, co. 1, D.L. 216/2011 (L. 14/2012) |
€ 7 mln |
|
art. 33-sexies D.L. 179/2012 (L. 221/2012) |
2013 |
€ 10 mln |
Art. 1, co. 306, L. 147/2013 (L. stabilità 2014) |
2014 |
€ 10 mln |
2015 |
€ 10 mln |
|
Art. 1, co. 177, L. 208/2015 (L. stabilità 2016) |
2016 |
€ 10 mln |
Art. 6, co. 2, D.L. 244/2016 (L. 19/2017) |
2017 |
€ 10 mln |
Art. 1, co. 689, L. 205/2017 (L. bilancio 2018) |
2018 |
€ 10 mln |
Le risorse sono appostate sul cap. 3021 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.
Articolo 1, commi 56 e 57
(Canone RAI)
Il comma 56 conferma, a regime, l’importo di € 90 dovuto per il canone RAI per uso privato, già fissato per il 2017 e il 2018.
Il comma 57 stabilizza la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, confermandone anche le finalizzazioni, tra cui l'ampliamento sino a € 8.000 della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione dal pagamento del canone per gli ultrasettantacinquenni.
In particolare, quanto all’importo di € 90 definitivamente fissato per il canone RAI per uso privato, il comma 56 estende agli anni successivi quanto già previsto per il 2017 e il 2018 dall’art. 1, co. 40, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017), come modificato dall’art. 1, co. 1147, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018).
A tal fine, novella ulteriormente il citato art. 1, co. 40, della L. 232/2016.
Si ricorda che, a decorrere dal 2014, l’importo del canone è stato definito a livello legislativo (e non più con decreto del Ministro delle comunicazioni, come previsto dall’art. 47, co. 3, del d.lgs. 177/2005) e che, a partire dall’introduzione delle nuove modalità di riscossione, con l’addebito dello stesso nella bolletta elettrica (art. 1, co. 152 e ss., della L. 208/2015-L. di stabilità 2016), è stata avviata una progressiva riduzione del suo importo.
In particolare, per il 2016 la misura del canone è stata fissata dal medesimo art. 1, co. 152, della L. 208/2015 in € 100 (a fronte di € 113,50 dovuti negli anni dal 2013 al 2015), mentre per il 2017 e il 2018 – come già detto – è stata pari a € 90.
Relativamente alla destinazione a regime del c.d. extra gettito, il comma 57 novella, invece, l’art. 1, co. 160, della L. 208/2015.
L’art. 1, co. 160, della L. 208/2015 - come modificato, da ultimo, dall’art. 57, co. 3-bis, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) - ha previsto che, per gli anni dal 2016 al 2018, le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per il 2016 (c.d. extra gettito) – derivanti dalle nuove modalità di riscossione del canone, con l’addebito dello stesso nella bolletta elettrica – dovevano essere riversate all'Erario per una quota pari al 33% del loro ammontare per il 2016 e del 50% per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per essere destinate:
- all'ampliamento sino a € 8.000 della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione dal pagamento del canone di abbonamento in favore di soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni.
Al riguardo, infatti, si ricorda che l’art. 1, co. 132, della L. 244/2007 (L. di stabilità 2008) – come modificato dall’art. 42, co. 2-bis, del D.L. 248/2007 (L. 31/2008) – ha abolito, a decorrere dal 2008, il pagamento del canone di abbonamento alla televisione (esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza stabilito) per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge non superiore complessivamente a € 516,46 per tredici mensilità (€ 6.713,98 annui), senza conviventi.
La soglia è stata elevata, per il 2018, ad € 8.000 (annui) dal DI 16 febbraio 2018, che ha destinato a tal fine € 20,9 mln, provenienti da parte delle risorse accertate quale extra gettito relativo al canone RAI per il 2017. Le relative modalità attuative sono state definite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 aprile 2018;
- al nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, fino ad un importo massimo di € 125 mln in ragione d’anno;
- al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (di cui all'art. 1, co. 431, della L. 147/2013).
La restante parte dell’eventuale extragettito è assegnata alla RAI.
Articolo 1, commi 58-60 e 62-63
(Fondo investimenti Amministrazioni centrali)
I commi 58-59 dispongono l’istituzione di un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, con una dotazione complessiva di circa 49,7 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033, da ripartirsi sulla base di programmi settoriali presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato per le materie di propria competenza.
Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati entro il 31 gennaio 2019.
Il profilo finanziario del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7557), è il seguente: 2,750 miliardi di euro per l'anno 2019, 3 miliardi per l'anno 2020, 3,3 miliardi per l’anno 2021, 3,350 miliardi per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e di 3,4 miliardi per ciascuno degli anni dal 2024 al 2033, per una dotazione complessiva di risorse pari a 47,750 milioni di euro nel periodo indicato (commi 58-59).
Si sottolinea che il testo iniziale del provvedimento prevedeva una dotazione del Fondo del 50,2 miliardi di euro. Su tale dotazione è stata tuttavia posta la copertura finanziaria di alcune disposizioni introdotte nel corso dell’esame alla Camera, che ne hanno ridotto l’importo di 450 milioni di euro complessivi. Si tratta, in particolare di:
- comma 269, che ha incrementato di 200 milioni per il triennio 2019-2021 le spese in conto capitale per l'ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche relative ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture sanitarie, finalizzati alla riduzione delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie;
- comma 516, che ha stanziato 250 milioni di euro per il periodo 2019-2023 per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po.
Il Fondo è finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese. A seguito di una modifica approvata alla Camera, una quota parte è specificamente destinata alla realizzazione, allo sviluppo e alla sicurezza di sistemi di trasporto pubblico di massa su sede propria (comma 59).
Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati - sulla base di programmi settoriali presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato per le materie di propria competenza (comma 60).
Tali D.P.C.M. di riparto sono adottati entro il 31 gennaio 2019.
I decreti individuano altresì i criteri e le modalità di eventuale revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione e la loro diversa destinazione nell’ambito delle finalità previste dalla norma in esame.
Si evidenzia che il fondo in esame presenta caratteristiche analoghe a quelle del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese[5], istituito dall’articolo 1, comma 140, della legge n. 232/2016 (con una dotazione di oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale dal 2017 al 2032) e rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge n. 205/2017 (per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033). Tale ultimo Fondo finanzia interventi in specifici settori di spesa e viene ripartito con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sui quali è richiesto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
Il comma 60 prevede, inoltre, nel caso in cui siano individuati interventi rientranti nelle materie di competenza regionale o delle province autonome, e limitatamente agli stessi, che vengano adottati appositi decreti, previa intesa con gli enti territoriali interessati, ovvero in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell'assegnazione. Decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza del predetto parere.
Dalla formulazione della norma non risulta chiaro se il parere parlamentare è richiesto sugli schemi di D.P.C.M. di riparto del Fondo (come sembrerebbe desumersi dalla relazione illustrativa), oppure sugli schemi di decreto adottati nel caso di interventi rientranti nelle materie di competenza regionale (di cui al quarto periodo del comma 60).
Andrebbe inoltre chiarita la natura dei decreti da adottare nel caso di materie di competenza regionale, ossia se si tratta di D.P.C.M. oppure di decreti ministeriali (nel qual caso andrebbe indicato il Ministro competente).
Il comma 60 prevede, infine, che i medesimi decreti devono indicare le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti (BEI), con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancari ai sensi del D.Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.
Al riguardo sarebbe opportuno chiarire se la disposizione si riferisce oltre che alle banche anche agli intermediari finanziari iscritti all’albo di cui all’articolo 106 del Testo unico bancario.
Si segnala come tale modalità di utilizzo dei contributi, che ne prevede l’impiego anche con ricorso ad operazioni con diverse tipologie di soggetti finanziatori, sia già stata prevista in altre disposizioni legislative, quali in particolare:
§ il comma 140 dell’articolo 1, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), che reca la disciplina del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, che prevede una norma del tutto analoga a quella prevista dal comma in esame;
§ il D.L. n. 189 del 2016, sul sisma del 2016 in Italia centrale, il cui articolo 5, comma 6 prevede che il commissario straordinario possa stipulare appositi mutui (di durata massima venticinquennale) con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato - pagati agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato - con i medesimi soggetti finanziatori;
§ l’articolo 10 del D.L. n. 104 del 201 ove si fa riferimento ai soggetti finanziatori di cui al D.Lgs. n. 385/1993 e si dispone il pagamento diretto ai soggetti medesimi da parte dello Stato.
Ai fini del monitoraggio degli interventi finanziati dal Fondo, il comma 62 richiama il decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti.
Sulla base dei dati di monitoraggio, nonché delle risultanze dell’ultimo Rendiconto generale dello Stato, la norma prevede, inoltre, che ciascun Ministero, entro il 15 settembre di ogni anno, illustri lo stato dei rispettivi investimenti e lo stato di utilizzo dei finanziamenti, con indicazione delle principali criticità riscontrate nell’attuazione degli interventi, nell’ambito di una apposita sezione della Relazione predisposta ai sensi dell’articolo 1, comma 1075, della legge n. 205/2017.
Si tratta della Relazione annuale sullo stato di avanzamento degli interventi finanziati con le risorse del già citato Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (art. 1, comma 1075, legge n. 205/2017), che ciascun Ministero beneficiario è tenuto ad inviare, entro il 15 settembre di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell’economia e finanze ed alle Commissioni parlamentari competenti per materia.
Il decreto legislativo n. 229/2011 ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche. Il decreto introduce nuovi obblighi informativi a carico delle amministrazioni pubbliche e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti.
La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è disciplinata dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze emanato in data 26 febbraio. Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati delle amministrazioni pubbliche istituita ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009 presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato.
L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.
Il comma 63, infine, autorizza la spesa per le finalità connesse alla Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, istituita dall’articolo 17 del provvedimento in esame nell’ambito dell’Agenzia del Demanio, nell’importo di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.
Articolo 1, comma 61
(Sperimentazione nelle città di velocipedi elettrici)
Il comma 61, autorizza la sperimentazione nelle città della circolazione su strada di veicoli di mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica (Segway, hoverboard, monopattini).
Il comma 61, introdotto alla Camera, autorizza la sperimentazione nelle città della circolazione su strada di mezzi di mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come Segway, hoverboard e monopattini, al fine di sostenere la diffusione della micromobilità elettrica e promuovere l'utilizzo di mezzi di trasporto innovativi e sostenibili.
Si tratta di mezzi elettrici a due ruote, che possono essere a bilanciamento assistito (come i segway e gli hoverboard), oppure no (monopattini elettrici e skateboard elettrici), i quali attualmente non sono regolamentati dal Codice della Strada, in quanto non sono inclusi nell’elenco dei mezzi che sono qualificati come “veicoli” ai sensi dell’articolo 47 del Codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992).
Si ricorda che l’art. 47 classifica come veicoli, i seguenti:
a) veicoli a braccia;
b) veicoli a trazione animale;
c) velocipedi;
d) slitte;
e) ciclomotori;
f) motoveicoli;
g) autoveicoli;
h) filoveicoli;
i) rimorchi;
l) macchine agricole;
m) macchine operatrici;
n) veicoli con caratteristiche atipiche.
I velocipedi, sono definiti in dettaglio dall’art. 50 del Codice, che vi ricomprende le biciclette, anche a pedalata assistita elettrica.
Nella proposta di legge A.C. 1368 della quale è previsto l’avvio dell’esame in sede referente nella IX Commissione della Camera dei deputati nella seduta del 12 dicembre 2018, insieme ad ulteriori proposte di legge abbinate, si dispone, con riferimento a questi mezzi, la modifica dell'articolo 50, comma 1 del Codice della strada relativo ai velocipedi (biciclette, anche a pedalata assistita), al fine di ricomprendere tra questi anche i mezzi elettrici, concepiti per il trasporto di una sola persona di età non inferiore a sedici anni, con bilanciamento assistito ovvero dotati di due ruote in asse, con sistemi e sottosistemi di sicurezza ridondanti, che hanno una velocità massima di 20 km/h con possibilità di autolimitazione a 6 km/h.
Per le modalità attuative e gli strumenti operativi della sperimentazione si rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 1, commi 64-66
(Fondo investimenti Enti Territoriali)
I commi 64-66 disciplinano l’istituzione, a decorrere dal 2019, di un Fondo destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nei settori dell’edilizia pubblica, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Al riparto del fondo si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2019.
In particolare, il comma 64 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7558), di un Fondo da ripartire destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali a decorrere dal 2019, con il seguente profilo finanziario: 3.000 milioni per l'anno 2019, 3.350,2 milioni per l'anno 2020, 1.565 milioni per il 2021, 2.165 milioni per il 2022, 2.565 milioni per il 2023, 2.965 milioni per l’anno 2024, 3.065 milioni per il 2025, 2.780 milioni per il 2026, 2.635 milioni per il 2027, 2.435 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 2.385 milioni per l’anno 2032, 2.340 milioni per l’anno 2033 e 1.500 milioni a decorrere dal 2034.
Si sottolinea che, rispetto al testo iniziale del provvedimento, la dotazione finanziaria del Fondo in esame risulta diminuita in quanto a valere su di essa è stata posta la copertura finanziaria di alcune disposizioni introdotte nel corso dell’esame alla Camera.
Il comma 65 definisce le finalità del Fondo, destinato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, indicando i seguenti settori di spesa:
§ edilizia pubblica, inclusa manutenzione e sicurezza;
§ manutenzione della rete viaria;
§ dissesto idrogeologico;
§ bonifiche (finalità, quest’ultima, introdotta nel corso dell’esame alla Camera);
§ prevenzione del rischio sismico;
§ valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Le risorse del Fondo vengono altresì destinate, ai sensi del medesimo comma 65, alle finalità di copertura finanziaria previste dalle seguenti norme del disegno di legge in esame:
§ comma 297, diretto ad incrementare il livello delle risorse destinate agli interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico (complessivamente pari a 2 miliardi di euro) con una riduzione delle risorse del Fondo in esame di 100 milioni di euro in ciascuno degli anni 2021 e 2022, di 300 milioni di euro annui per gli anni dal 2023 al 2025, 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2026 al 2031, 300 milioni di euro nel 2032 e 200 milioni per l’anno 2033;
§ comma 487, che reca la copertura degli oneri derivati dalle nuove regole di finanza pubblica per gli enti territoriali ai fini del pareggio di bilancio, che consentono agli enti di utilizzare il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa senza vincoli. Ciò comporta una riduzione delle risorse del Fondo in esame di 404 milioni di euro per il 2020, di 711 milioni per il 2021, di 1.334 milioni per il 2022, di 1.528 milioni per il 2023, di 1.931 milioni per il 2024, di 2.050 milioni per il 2025, di 1.891 milioni per il 2026, di 1.678 milioni per il 2027 e di 1.500 milioni di euro a decorrere dall’anno 2028;
§ comma 504 che individua a valere sulle risorse del Fondo in esame la copertura degli oneri, per complessivi 2.496,20 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020, derivanti dalla riduzione del contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per l’anno 2020 e dall’attribuzione di contributi agli investimenti alle medesime regioni per il 2019 e il 2020;
§ comma 514, che reca la copertura degli oneri derivati dal contributo concesso a favore delle province delle regioni a statuto ordinario per il finanziamento di piani di sicurezza per la manutenzione di strade e scuole, con relativa riduzione delle risorse del Fondo in esame di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033.
Si segnala peraltro che, a valere sulle risorse del Fondo in esame, è stata posta la copertura finanziaria di altre disposizioni introdotte nel corso dell’esame alla Camera, quali:
- commi 71-85 che, al fine di fronteggiare le situazioni di dissesto e rischio idrogeologico del territorio nazionale attribuiscono, per il periodo 2021-2033, contributi alle regioni a statuto ordinario e ai comuni per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Per le regioni sono stanziati 135 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui dal 2027 al 2032 e 360 milioni per il 2033; lo stanziamento per i comuni è pari a 250 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 400 milioni per il 2026, 400 milioni annui dal 2027 al 2032 e 500 milioni per il 2033;
- comma 505 che stanzia, a decorrere dall’anno 2021 e fino al 2033, l’importo di 50 milioni di euro annui (650 milioni complessivi) finalizzati a spesa di investimento delle regioni a statuto ordinario da attribuire in favore di quelle che hanno rispettato il parametro di virtuosità relativamente al contenimento dei costi degli apparati amministrativi.
Per quanto riguarda la procedura di ripartizione del Fondo, il comma 66 rinvia ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro la data del 31 gennaio 2019, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con i Ministri competenti, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. I decreti individuano le risorse da destinare a ciascun settore, i comparti cui destinare le risorse, i criteri di riparto e le modalità di utilizzo e di monitoraggio, anche in termini di effettivo utilizzo delle risorse assegnate, di rendicontazione e di verifica, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.
Si segnala che l’iter di adozione dei D.P.C.M. non prevede l’espressione di un parere parlamentare.
Per quanto concerne il monitoraggio, la disposizione in esame richiama il decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti (si rinvia, al riguardo, al Box nella scheda relativa ai commi 58-60 e 62-63 del presente dossier).
Gli importi da destinare a ciascun beneficiario sono individuati con decreti dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro 90 giorni dalla pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri D.P.C.M. di riparto del Fondo.
Articolo 1, comma 67
(Ambiti territoriali delle centrali di committenza)
Il comma 67 – che sostituisce il comma 5 dell’articolo 37 del Codice dei contratti pubblici – stabilisce, ai fini dell’aggregazione e centralizzazione delle committenze, che gli ambiti territoriali di riferimento delle centrali di committenza, in attesa della definizione delle procedure sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, coincidono con il territorio provinciale o metropolitano, prevedendo altresì che i comuni non capoluogo di provincia possano ricorrere (la trasformazione in facoltà dell’obbligo previsto nel testo iniziale è stata introdotta nel corso dell’esame alla Camera) alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici.
Il nuovo testo del comma 5 dell’art. 37 del Codice dei contratti pubblici, che sostituisce il vigente comma 5, introduce un periodo transitorio - valevole fino alla qualificazione delle stazioni appaltanti prevista dall’articolo 38 del Codice dei contratti pubblici – per cui le province e le città metropolitane diventano l’ambito territoriale di riferimento delle centrali di committenza.
Conseguentemente, si introduce a favore dei comuni non capoluogo di provincia la possibilità di ricorrere (tale facoltà è stata inserita nel corso dell’esame alla Camera, in luogo dell’obbligo previsto dal testo iniziale) per gli appalti di lavori pubblici alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane.
In tale ambito, rispetto al vigente comma 5 del citato art. 37, non si prevede più l’emanazione di un D.P.C.M., d’intesa con la Conferenza unificata, per l’individuazione degli ambiti territoriali e i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. Inoltre, rispetto al testo vigente non è più prevista l’applicazione dell'articolo 216, comma 10, del medesimo Codice, che prevede che fino alla data di entrata in vigore del suddetto D.P.C.M., i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l'iscrizione all'anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all'articolo 33-ter del D.L.179/12.
Sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, l’articolo 38, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/16) prevede un D.P.C.M. (non ancora emanato), sentite l'ANAC e la Conferenza Unificata, che definisca i requisiti tecnico-organizzativi, ai fini dell’iscrizione nell’elenco istituito presso l'ANAC, e che tra l’altro, per le centrali di committenza, individui il relativo ambito territoriale.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 33-ter del D.L. 179/12 è istituita presso l'ANAC l'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, nel cui ambito è previsto l’elenco dei soggetti aggregatori ai sensi dell’art. 9, comma 1, del D.L. 66/14, recentemente aggiornato nella deliberazione 17 gennaio 2018, n. 31/2018.
Da ultimo, si ricorda che il comma 4 dell’art. 37 del medesimo Codice prevede che, se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, si proceda secondo una delle seguenti modalità: ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati; mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento; ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.
Articolo 1, comma 68
(Limiti acquisti di beni e servizi con Mercato elettronico della PA - MEPA)
Il comma, aggiunto dalla Camera, dispone l'innalzamento del limite di importo previsto per il ricorso al MEPA.
Il comma 68 dispone l'innalzamento da 1.000 a 5.000 euro del limite di importo oltre il quale le amministrazioni pubbliche sono obbligate a effettuare acquisti di beni e servizi facendo ricorso al Mercato Elettronico della PA (MEPA), lo strumento di eProcurement pubblico gestito da Consip per conto del Ministero Economia e Finanze.
Articolo 1, commi 69-70
(Aeroporto di Reggio Calabria)
I commi 69 e70, dispongono uno stanziamento di 25 milioni € complessivi in tre anni per l’aeroporto di Reggio Calabria, al fine di consentire i lavori di ristrutturazione e la messa in sicurezza dell’aeroporto.
Il comma 69, introdotto alla Camera, dispone uno stanziamento di 15 milioni di euro per il 2019 e 10 milioni per ciascuno degli anni 2020 per l’aeroporto di Reggio Calabria.
I fondi sono finalizzati a consentire i lavori di ristrutturazione e la messa in sicurezza dell’aeroporto.
L’aeroporto di Reggio Calabria, conosciuto anche con il nome di aeroporto dello Stretto Tito Minniti, è classificato come aeroporto di interesse nazionale (D.P.R. n. 201/2015) e fa parte della rete comprehensive nell’ambito delle reti treanseuropee TEN-T. E’ il secondo aeroporto per numero di passeggeri della regione Calabria dopo l’aeroporto di Lamezia Terme, classificato invece, tra gli aeroporti di interesse nazionale, come aeroporto di particolare rilevanza strategica. L’aeroporto di Reggio Calabria è servito da tre compagnie aeree: Alitalia, Blu-express e Blue Air. L’area complessiva dello scalo ospita due piste ed un unico terminal passeggeri.
Si ricorda che la disciplina nazionale e la procedura per l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, prevista dall’art. 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144, che ha assegnato al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la competenza di disporre con proprio decreto, l'imposizione degli oneri di servizio pubblico su alcuni scali aeroportuali, in conformità con le disposizioni del Regolamento (CE) n. 1008/2008, è stata estesa dall'art. 4, comma 206, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, anche ai servizi aerei di linea effettuati tra lo scalo aeroportuale di Reggio Calabria ed i principali aeroporti nazionali.
All’onere della norma (pari a 15 milioni per il 2019 e a 10 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021) si provvede con a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e coesione (comma 70).
Articolo 1, commi 71-85
(Risorse per la messa in sicurezza del territorio)
I commi 71-85 prevedono due distinti programmi - gestiti rispettivamente dalle singole regioni e dal Ministero dell’interno - aventi però la medesima finalità di consentire la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Per la realizzazione di tali programmi sono assegnati ai comuni, per il periodo 2021-2033, mediante riparto effettuato dal soggetto gestore, contributi (a valere sul fondo per gli investimenti degli enti territoriali, istituito e finanziato dai commi 64-66) per un importo complessivo di circa 8,1 miliardi di euro.
Oltre alle procedure per la concessione dei contributi ai comuni, sono disciplinati l’utilizzo dei risparmi derivanti da eventuali ribassi d'asta nonché il monitoraggio degli investimenti effettuati.
Il programma gestito dalle regioni a statuto ordinario (co. 71-75)
Le risorse assegnate (comma 71, primo periodo)
Il comma 71 assegna alle regioni a statuto ordinario, per il periodo 2021-2033, contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, pari complessivamente a circa 3,2 miliardi di euro (135 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui dal 2027 al 2032 e 360 milioni per il 2033), a valere sul fondo per gli investimenti degli enti territoriali (istituito e finanziato dai commi 64-66).
Investimenti a cui sono destinati i contributi (comma 72, secondo periodo)
Il comma 72 chiarisce che i contributi sono destinati ad investimenti per la messa in sicurezza:
- del territorio a rischio idrogeologico;
- di strade, ponti, e viadotti;
- nonché degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e altre strutture di proprietà dei comuni.
Procedura per l’assegnazione dei contributi ai comuni (commi 71, secondo periodo, e 72, primo periodo)
Il secondo periodo del comma 71 dispone che il riparto dei contributi tra le regioni avvenga nella misura definita da apposita tabella (tabella 1 allegata al presente disegno di legge); tale riparto può essere modificato mediante accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni da sancire entro il 31 gennaio 2020.
Il primo periodo del comma 72 dispone invece che, ogni anno, le regioni devono provvedere all’assegnazione dei contributi ricevuti ai comuni del proprio territorio entro il 30 ottobre dell'anno precedente al periodo di riferimento.
Affidamento dei lavori (comma 73, primo periodo)
Il comma 73, primo periodo, prevede che il comune beneficiario del contributo è tenuto ad affidare i lavori per la realizzazione delle opere pubbliche entro 8 mesi decorrenti dalla data di attribuzione delle risorse.
Poiché il comma 72 prevede che tale attribuzione debba avvenire entro il 30 ottobre dell'anno precedente al periodo di riferimento, l’affidamento dei lavori dovrà presumibilmente intervenire entro il 30 giugno dell’anno successivo.
Utilizzo dei risparmi derivanti da eventuali ribassi d’asta (comma 73, secondo periodo)
Il comma 73, secondo periodo, prevede che i risparmi derivanti da eventuali ribassi d’asta sono vincolati fino al collaudo o alla regolare esecuzione.
Successivamente possono essere utilizzati per ulteriori investimenti, per le medesime finalità previste dal comma 72, se vengono impegnati entro 6 mesi dal collaudo o dalla regolare esecuzione.
Monitoraggio (commi 74-75)
In base al comma 74, le regioni a statuto ordinario pongono in essere le azioni necessarie per un costante monitoraggio degli investimenti dei comuni beneficiari dei contributi ed effettuano un controllo a campione sulle opere pubbliche oggetto dei medesimi contributi.
Il comma 75 disciplina invece le modalità di monitoraggio delle opere pubbliche in questione, stabilendo che lo stesso sia effettuato dai comuni beneficiari attraverso il sistema previsto dal D.Lgs. 229/2011, classificando le opere sotto la voce «Contributo investimenti legge di bilancio 2019».
Il D.Lgs. 229/2011 reca "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti".
In esso sono delineati specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per tutti i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche.
Il monitoraggio ha, tra l'altro, ad oggetto "le informazioni anagrafiche, finanziarie, fisiche e procedurali relative alla pianificazione e programmazione delle opere e dei relativi interventi, nonché all'affidamento ed allo stato di attuazione di tali opere ed interventi, a partire dallo stanziamento iscritto in bilancio fino ai dati dei costi complessivi effettivamente sostenuti in relazione allo stato di avanzamento delle opere" (art.1, comma 1, lett.a)).
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 febbraio 2013 sono stati definiti i dati relativi alle opere pubbliche costituenti il contenuto informativo minimo dei sistemi gestionali informatizzati che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori devono detenere e comunicare alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).
L'art. 5 del decreto legislativo n. 229 specifica che tali informazioni, in relazione alla singola opera, devono comunque includere i seguenti dati: "data di avvio della realizzazione, localizzazione, scelta dell'offerente, soggetti correlati, quadro economico, spesa e varie fasi procedurali di attivazione della stessa, valori fisici di realizzazione previsti e realizzati, stato di avanzamento lavori, data di ultimazione delle opere, emissione del certificato di collaudo provvisorio e relativa approvazione da parte della Stazione appaltante, il codice unico di progetto e il codice identificativo di gara".
Si ricorda, inoltre, che l’art. 13 del D.L. 109/2018 ha istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche (AINOP) al fine (esplicitato nel comma 8) di garantire un costante monitoraggio dello stato e del grado di efficienza delle opere pubbliche, in particolare per i profili riguardanti la sicurezza, anche tramite le informazioni rivenienti dal Sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali previsto (in via sperimentale) dall’art. 14 del medesimo decreto.
In base a quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, nell’AINOP sono indicati, per ogni opera pubblica, tra l’altro, i costi sostenuti e da sostenere, i finanziamenti disponibili, nonché lo stato dei lavori e il monitoraggio costante dell'opera.
Il comma 4 di tale articolo dispone, tra l’altro, che le Regioni e gli enti locali (oltre ad altri soggetti che gestiscono o detengono dati riferiti ad un'opera pubblica o all'esecuzione di lavori pubblici) alimentano l'AINOP con i dati in proprio possesso per la redazione di un documento identificativo, contenente i dati tecnici, amministrativi e contabili, relativi a ciascuna opera pubblica presente sul territorio nazionale. Sulla base dei dati forniti, l'AINOP genera un codice identificativo della singola opera pubblica (IOP), che contraddistingue e identifica in maniera univoca l'opera medesima riportandone le caratteristiche essenziali e distintive quali la tipologia, la localizzazione, l'anno di messa in esercizio e l'inserimento dell'opera nell'infrastruttura. A ciascuna opera pubblica, identificata tramite il Codice IOP, sono riferiti tutti gli interventi di investimento pubblico, realizzativi, manutentivi, conclusi o meno, che insistono in tutto o in parte sull'opera stessa, tramite l'indicazione dei rispettivi Codici Unici di Progetto (CUP).
In tal modo l’AINOP, attraverso la relazione istituita fra Codice IOP e CUP, assicura l'interoperabilità con la BDAP.
Il comma 6 dispone inoltre che gli enti e le amministrazioni che a qualsiasi titolo esercitano attività di vigilanza sull'opera effettuano il monitoraggio dell’attuazione degli interventi (identificati dai CUP) insistenti sulle opere pubbliche (identificate dai codici IOP) e delle relative risorse assegnate utilizzando le informazioni presenti nella BDAP, che vengono segnalate dai soggetti titolari degli interventi, ai sensi del D.Lgs. 229/2011.
Il programma gestito dal Ministero dell’interno (co. 76-85)
Le risorse assegnate (comma 76, primo periodo)
Il comma 76 assegna ai comuni, per il periodo 2021-2033, contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, pari complessivamente a circa 4,9 miliardi di euro (250 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 400 milioni per il 2026, 450 milioni annui dal 2027 al 2031 e 500 milioni annui per il 2032-2033), a valere sul fondo per gli investimenti degli enti territoriali (istituito e finanziato dai commi 64-66).
Le disposizioni citate sono volte, nella sostanza, a prolungare fino al 2033 quanto previsto, fino al 2020, dai commi 853 e seguenti della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), che ha disposto, per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per il triennio 2018-2020, a favore dei comuni, l'assegnazione di contributi nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020. A differenza della norma in esame, il comma 853 citato ha previsto che i comuni destinatari possono essere solo quelli che non risultano beneficiare delle risorse connesse al "Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia" (previsto dal comma 974 della L. 208/2015).
I commi 77-79 e 81 disciplinano la procedura per la concessione dei contributi ai comuni prevedendo le seguenti fasi procedurali:
1. presentazione, al Ministero dell’interno, delle richieste di contributo entro il 15 settembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo (comma 77);
2. determinazione, con decreto del Ministero dell’interno di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, dei contributi entro il 15 novembre (comma 78, primo periodo);
3. erogazione dei contributi, da parte del Ministero dell’interno, a partire dal 28 febbraio dell’anno di riferimento del contributo, secondo uno scadenziario che tiene conto delle fasi di avanzamento (comma 81). In particolare, la tranche più consistente (pari al 60% del contributo) viene erogata entro il successivo 31 luglio, previa verifica dell’avvenuto affidamento dei lavori. L’affidamento dei lavori, in base al comma 80, deve avvenire entro 8 mesi dall’emanazione del decreto di determinazione del contributo, quindi, presumibilmente, entro il 15 luglio.
Il comma 77, primo periodo, dispone che i comuni presentano le richieste di contributo al Ministero dell'interno entro il termine perentorio del 15 settembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo.
Per ciascun anno viene stabilito che la richiesta di contributo non può eccedere i seguenti importi massimi:
- ogni comune può inviare una richiesta, nel limite di 1 milione di euro, se ha una popolazione fino a 5.000 abitanti;
- ogni comune può inviare una richiesta, nel limite di 2,5 milioni di euro, se ha una popolazione da 5.001 a 25.000 abitanti;
- ogni comune può inviare una richiesta, nel limite di 5 milioni di euro, se ha una popolazione superiore a 25.000 abitanti.
In base al secondo periodo del comma 76, non sono assegnati contributi per la realizzazione di opere integralmente finanziate da altri soggetti.
La richiesta di contributo deve contenere, ai sensi del secondo periodo del comma 77, le informazioni riferite alla tipologia dell’opera e al codice unico di progetto (CUP) e ad eventuali forme di finanziamento concesse da altri soggetti sulla stessa opera. In mancanza dell’indicazione di un CUP valido, o in caso di errata indicazione in relazione all’opera per la quale viene chiesto il contributo, viene prevista l’esclusione dalla procedura (comma 77, terzo periodo).
Il codice unico di progetto (CUP) è il codice che identifica un progetto d’investimento pubblico ed è lo strumento cardine per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici (MIP) istituito presso il CIPE (art. 1, comma 5, della L. 144/1999 e art. 11 della L. 3/2003).
Il CUP, costituito da una stringa alfanumerica di 15 caratteri (v. deliberazione del CIPE n. 143 del 27 dicembre 2002, disciplinante il sistema per l'attribuzione del CUP), accompagna ciascun progetto dal momento in cui il soggetto responsabile decide la sua realizzazione fino al completamento dello stesso.
Il CUP è anche uno dei principali strumenti adottati per garantire la trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari e per prevenire eventuali infiltrazioni criminali.
Il quarto periodo del comma 77 dispone, inoltre, che la richiesta di contributo deve:
- riferirsi ad opere inserite in uno strumento programmatorio;
- riguardare tipologie di investimenti che sono specificatamente individuate nel decreto del Ministero dell'interno con cui sono stabilite le modalità per la trasmissione delle domande.
Ulteriori requisiti, che fanno riferimento alla trasmissione alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) di specifici documenti contabili, sono previsti dal comma 79 (al cui commento si rinvia, per una trattazione dettagliata).
La determinazione dei contributi attribuiti agli enti avviene entro il 15 novembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo, con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, secondo il seguente ordine di priorità:
a) investimenti di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico;
b) investimenti di messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti;
c) investimenti di messa in sicurezza degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e altre strutture di proprietà dell'ente.
Disciplina per il caso in cui l'entità delle richieste pervenute superi l'ammontare delle risorse disponibili (comma 78, secondo periodo)
Ferme restando le succitate priorità, qualora l’entità delle richieste pervenute superi l’ammontare delle risorse disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore degli enti che presentano la minore incidenza del risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, risultanti dai rendiconti della gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento, assicurando, comunque, ai comuni con risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, negativo, un ammontare non superiore alla metà delle risorse disponibili.
L'art. 11 del decreto legislativo n. 118 del 2011 ("Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42") prevede che le regioni e gli enti locali, i loro organismi ed enti strumentali in contabilità finanziaria adottino comuni schemi di bilancio finanziari, economici e patrimoniali e comuni schemi di bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate e altri organismi controllati.
L'Allegato 13 al D.Lgs. 118/2011 reca l'Elenco delle entrate per titoli, tipologie e categorie. I titoli richiamati nel comma in esame sono i seguenti: titolo 1 (Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa); titolo 2 (Trasferimenti correnti); titolo 3 (Entrate extratributarie); titolo 4 (Entrate in conto capitale); titolo 5 (Entrate da riduzione di attività finanziarie).
Modalità di acquisizione delle informazioni (comma 79)
In base al comma 79, primo periodo, le informazioni che i comuni richiedenti il contributo sono tenuti a fornire ai sensi del precedente comma sono desunte dal prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione allegato al rendiconto della gestione e dal quadro generale riassuntivo trasmessi ai sensi dell’art. 18, comma 2, del D.Lgs. 118/2011, alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).
In base al secondo periodo del medesimo comma, sono considerate esclusivamente le richieste di contributo pervenute dagli enti che, alla data di presentazione della richiesta medesima, hanno provveduto alla trasmissione alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) dei documenti contabili di cui all’art. 1, comma 1, lettere b) ed e), e all’art. 3 del D.M. Economia e finanze 12 maggio 2016, pubblicato nella G.U. n. 122 del 26 maggio 2016, riferiti all’ultimo rendiconto della gestione approvato.
Per i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, per i quali l'art. 44, comma 3, del D.L. 189/2016 ha disposto (per un periodo di dodici mesi, salva ulteriore proroga[6]) la sospensione dei termini relativi ad adempimenti finanziari, contabili e certificativi previsti dal TUEL (di cui al D.Lgs. 267/2000) e da altre specifiche disposizioni, le informazioni citate sono desunte dall’ultimo certificato di conto consuntivo trasmesso al Ministero dell’interno (comma 79, terzo periodo).
L'art. 13 della legge n.196 del 2009, recante la disciplina della Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, impone alle amministrazioni pubbliche di inserire in essa i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all'attuazione della medesima legge n. 196.
L'art. 18, comma 2, del D.Lgs. 118/2011 - richiamato nel comma in esame - dispone che le regioni e gli enti locali trasmettano i loro bilanci preventivi e i bilanci consuntivi alla predetta banca dati, secondo gli schemi e le modalità previste dall'articolo 13, comma 3, della legge n.196, il quale ha demandato ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione di schemi, tempi e modalità di acquisizione dei dati.
In attuazione dell'art. 13, comma 3, della legge n.196/2009, è stato adottato il succitato D.M. 12 maggio 2016, recante "Modalità di trasmissione dei bilanci e dei dati contabili degli enti territoriali e dei loro organismi ed enti strumentali alla banca dati delle pubbliche amministrazioni".
Nel comma in esame vengono richiamati i documenti contabili di cui all'art.1, comma 1, lett. b) ed e), e di cui all'art. 3 del D.M. 12 maggio 2016. Si tratta dei seguenti documenti:
- i rendiconti della gestione, compresi gli allegati previsti dall'art. 11, comma 4, lettere da a) a p), del D.Lgs. 118/2011, predisposti secondo gli schemi di cui all'allegato n. 10 al medesimo decreto legislativo (art. 1, comma 1, lett.b));
- il piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio di cui all'art. 18-bis del D.Lgs. 118/2011 (art. 1, comma 1, lett.e));
- i dati afferenti al rendiconto della gestione secondo la struttura del piano dei conti integrato (art.3).
Il comma 81 dispone che all’erogazione dei contributi agli enti beneficiari provvede il Ministero dell'interno, secondo il seguente scadenziario:
- erogazione di una quota pari al 20% entro il 28 febbraio dell'anno di riferimento del contributo;
- erogazione di una quota pari al 60% entro il 31 luglio dell'anno di riferimento del contributo, previa verifica (attraverso il sistema di monitoraggio previsto dal comma 83) dell'avvenuto affidamento dei lavori;
Si fa notare che l’affidamento dei lavori, in base al comma 80, deve avvenire entro otto mesi dall’emanazione del decreto di determinazione del contributo, quindi, presumibilmente, entro il 15 luglio.
- erogazione del restante 20% previa trasmissione al Ministero dell'interno del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato per i lavori dal direttore dei lavori, ai sensi dell’art. 102 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).
L'art. 102 del Codice dei contratti pubblici disciplina il collaudo per i lavori e la verifica di conformità per i servizi e per le forniture. Si tratta di procedure volte a certificare che l'oggetto del contratto - in termini di prestazioni, obiettivi e caratteristiche tecniche, economiche e qualitative - sia stato realizzato ed eseguito nel rispetto delle previsioni e delle pattuizioni contrattuali.
Il collaudo finale deve avere luogo, di norma, non oltre sei mesi dall'ultimazione dei lavori.
Nei casi contemplati dal comma 2 dell’art. 102, il certificato di collaudo può essere sostituito dal certificato di regolare esecuzione rilasciato, per i lavori, dal direttore dei lavori. In tali casi, il certificato di regolare esecuzione è emesso non oltre tre mesi dalla data di ultimazione delle prestazioni oggetto del contratto.
Il primo periodo del comma 80 impone all’ente beneficiario del contributo di affidare i lavori per la realizzazione delle opere pubbliche entro 8 mesi dalla data di emanazione del decreto di determinazione del contributo.
Poiché il comma 78 prevede che tale decreto debba essere emanato entro il 15 novembre dell'esercizio precedente all'anno di riferimento del contributo, l’affidamento dei lavori dovrà presumibilmente intervenire entro il 15 luglio dell’anno di riferimento del contributo.
Il comma 80, secondo periodo, prevede che i risparmi derivanti da eventuali ribassi d’asta sono vincolati fino al collaudo o alla regolare esecuzione.
Successivamente possono essere utilizzati per ulteriori investimenti, per le medesime finalità previste dal comma 78, se vengono impegnati entro 6 mesi dal collaudo o dalla regolare esecuzione.
In base al comma 82, in caso di mancato rispetto dei termini e delle condizioni previsti dai commi 80 e 81, il contributo è recuperato dal Ministero dell'interno secondo le modalità di cui ai commi 128-129 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012.
L'art. 1, comma 128, della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) reca disposizioni relative al recupero, a decorrere dal 1° gennaio 2013, delle somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell'interno, a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso. Il successivo comma 129 disciplina il recupero delle somme in caso di incapienza sulle assegnazioni finanziarie di cui al comma 128.
Il comma 83 dispone che il monitoraggio delle opere pubbliche del programma in questione è effettuato dai comuni beneficiari attraverso il sistema previsto dal D.Lgs. 229/2011 (v. supra), classificando le opere sotto la voce «Contributo investimenti Legge di bilancio 2019».
Il successivo comma 84 prevede che il Ministero dell'interno, in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, effettua un controllo a campione sulle opere pubbliche oggetto di contribuzione.
In base al comma 85, il Ministero dell'interno può stipulare un’apposita convenzione con la Cassa depositi e prestiti S.p.A., per disciplinare le attività di supporto e assistenza tecnica connesse all'utilizzo delle risorse stanziate dal comma 76.
A carico delle medesime risorse è assicurata la copertura degli oneri relativi alle citate attività in convenzione.
Il comma in esame ricorda che, ai sensi dell'art. 1, comma 826, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), la Cassa depositi e prestiti S.p.A. ha la qualifica di istituto nazionale di promozione (come definito dall'articolo 2, numero 3), del regolamento (UE) 2015/1017, relativo al FEIS, secondo quanto previsto nella comunicazione (COM(2015)361 final)).
Articolo 1, commi 86-93
(Centrale per la progettazione delle opere pubbliche)
I commi 86-93 istituiscono la Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, che gode di autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, di cui possono avvalersi le amministrazioni centrali e gli enti territoriali interessati per la progettazione di opere pubbliche. Si autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, a partire dal 2019, di personale con prevalente profilo tecnico nonché di un limitato contingente di personale della pubblica amministrazione. Per il funzionamento della Centrale è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, che tuttavia il comma 63 dispone a favore di un ente (Agenzia del Demanio) distinto dalla Centrale e non collegato alla stessa da alcun rapporto di tipo funzionale o organizzativo.
Il comma 86 prevede l’istituzione, dal 1° gennaio 2019, della “Centrale per la progettazione delle opere pubbliche” (di seguito Centrale).
A norma del comma 87, la Centrale opera, in autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, sotto la responsabilità di un Coordinatore che ne dirige l’attività e può stipulare convenzioni per il perseguimento delle finalità di cui al presente articolo con i soggetti interessati. Si stabilisce altresì che è assicurata l’indipendenza delle valutazioni della Centrale nell’esercizio delle funzioni ad essa demandate. Si prevede, poi, che il personale tecnico della Centrale svolga le attività di progettazione in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nelle valutazioni tecniche, anche attivando opportune collaborazioni con gli altri organi dello Stato aventi competenze per le opere di cui trattasi.
Il comma 88, primo periodo, affida alla Centrale la progettazione delle opere pubbliche, ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).
Si ricorda che l’art. 23 del Codice disciplina i livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi. In particolare il comma 1 dispone che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. Il comma 14 stabilisce invece che la progettazione di servizi e forniture è articolata, di regola, in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti, di regola, mediante propri dipendenti in servizio. In caso di concorso di progettazione relativa agli appalti, la stazione appaltante può prevedere che la progettazione sia suddivisa in uno o più livelli di approfondimento di cui la stessa stazione appaltante individua requisiti e caratteristiche.
L’art. 24 disciplina la progettazione interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici e stabilisce, in particolare, che “le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, al collaudo, al coordinamento della sicurezza della progettazione nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici” possono essere espletate “dagli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge” (lettera c) del comma 1).
La stessa disposizione precisa che la Centrale provvede alla progettazione su richiesta delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali interessati, alla quale questi possono rivolgersi (ai sensi del citato art. 24, comma 1, lettera c), del Codice) previa convenzione.
Si ricorda che l’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 267/2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) dispone che, ai fini del testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni. Si fa notare che il successivo comma 2 dispone che le norme sugli enti locali previste dal testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
Nel dettaglio, il secondo periodo del comma 88 affida alla Centrale i seguenti compiti:
a) progettazione di opere pubbliche e, quindi, prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, collaudo, nonché, ove richiesto, anche direzione dei lavori e incarichi di supporto tecnico-amministrativo al RUP (responsabile del procedimento) e al dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici;
Si tratta di una norma che ripropone, salvo lievi differenze (in quanto non viene considerato, dalla norma in esame, il coordinamento della sicurezza della progettazione), quanto previsto dall’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 50/2016.
b) gestione delle procedure di appalto in tema di progettazione per conto della stazione appaltante interessata;
c) predisposizione di modelli di progettazione per opere simili o con elevato grado di uniformità e ripetitività;
d) valutazione economica e finanziaria del singolo intervento;
e) assistenza tecnica alle amministrazioni coinvolte nel partenariato pubblico/privato.
Personale necessario per l’operatività della Centrale (comma 89)
Il comma 89, al fine di consentire lo svolgimento dei compiti affidati alla Centrale, autorizzata l’assunzione a tempo indeterminato, a partire dall’anno 2019, con destinazione alla Centrale, di un massimo di 300 unità di personale, con prevalenza di personale di profilo tecnico per una percentuale almeno pari al 70%, a livello impiegatizio e quadro nonché con qualifica dirigenziale nei limiti del 5 per cento, oltre al Coordinatore che è nominato per tre anni rinnovabili ed è equiparato a dirigente di prima fascia.
Tale personale è assunto, anche in momenti diversi, con procedura selettiva pubblica svolta da una Commissione permanente di valutazione il cui presidente è designato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta da quattro membri designati rispettivamente dai Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e degli affari regionali. Le modalità di svolgimento e i criteri per la selezione sono stabiliti con DPCM, di concerto con i predetti Ministri
Il comma 90 prevede altresì, per garantire l’immediata operatività della Centrale e in sede di prima applicazione, che l’Agenzia (con oneri a proprio carico) provvede al reclutamento di un massimo di 50 unità di personale di ruolo, anche mediante assegnazione temporanea, con il consenso dell’interessato:
§ sulla base di appositi protocolli d’intesa con le amministrazioni pubbliche di cui al comma 3;
§ e per singoli progetti di interesse specifico per le predette amministrazioni.
Si valuti l’opportunità di chiarire se tali 50 unità di personale siano o meno ricomprese nel limite delle 300 unità da assumere.
Coordinamento delle attività della Centrale con le attività di progettazione di altri organi tecnici; organizzazione della Centrale (comma 91)
Il comma 91 rinvia ad un decreto del Presidente della Repubblica, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, n. 400, la definizione delle misure per coordinare le attività della Centrale con le attività di progettazione svolte dagli organi tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e da CONSIP. La stessa disposizione prevede, inoltre, che il citato D.P.R. stabilisca anche l’organizzazione della Centrale.
Considerato che a norma del comma 87 la Centrale gode di autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale, si valuti l’opportunità di chiarire che con il D.P.R. di cui al comma 91 si definisca anche la sede della stessa e la presenza di eventuali articolazioni territoriali.
Esenzione da imposte e tasse (comma 92)
In base al comma 92, tutti gli atti connessi con l’istituzione della Centrale sono esenti da imposte e tasse.
Autorizzazione di spesa (comma 93)
Il comma 93 prevede che agli oneri connessi all’istituzione, al funzionamento e all’attività della Centrale si provvede ai sensi del comma 63 (il quale, a sua volta, dispone che per le finalità di cui ai commi da 86 a 93 è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 a favore dell’Agenzia del Demanio).
Si valuti l’opportunità di coordinare la disposizione in esame con il comma 63, ove si prevede che la spesa sia autorizzata a favore dell’Agenzia del Demanio e non della Centrale, tenuto conto che non risultano specifiche disposizioni che prevedano che la Centrale sia istituita presso la predetta Agenzia o sia ad essa collegata.
Articolo 1, commi 94-96
(Acceleratore degli investimenti regionali)
I commi 94-96, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, aumentano le facoltà assunzionali delle regioni che attivano determinate misure amministrative, prevedendo che le stesse possono assumere sino ad un massimo di 50 unità di personale a tempo determinato.
Il suddetto aumento è disposto in favore delle regioni che attivano misure amministrative volte a rafforzare le funzioni di programmazione e realizzazione degli investimenti (previsti nel relativo piano definito con il Documento di economia e finanza regionale 2019-2021) (comma 94).
Nel dettaglio, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, le regioni possono procedere, per il triennio 2019-2021, all’assunzione a tempo determinato, mediante procedure selettive, di un contingente massimo di 50 unità di personale di profilo tecnico di qualifica non dirigenziale per lo svolgimento delle procedure disciplinate dal Codice dei contratti pubblici (di cui al D.Lgs. 50/2016) (comprese le attività di responsabile unico del procedimento e di componente delle commissioni giudicatrici) (comma 95).
Riguardo alle facoltà assunzionali, il D.L. 90/2014 ha eliminato (dal 2014) il vincolo alle assunzioni relativo alle percentuali di unità lavorative cessate nell'anno precedente (cd. limite capitario), mantenendo il solo criterio basato sui risparmi di spesa legati alla cessazioni di personale (peraltro con riferimento al solo personale di ruolo) avvenute nell'anno precedente. Si ricorda, inoltre, che la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata fissata dalla legge di stabilità 2016, per il triennio 2016-2018, nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. Di conseguenza, a partire dal 2019, riacquista piena efficacia la disciplina contenuta nell’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 secondo cui la predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 100 per cento.
Per quanto riguarda specificamente le regioni che nell'anno precedente rilevino una spesa di personale inferiore al 12% al titolo I delle entrate correnti (entrate tributarie), al netto delle entrate a destinazione vincolate, si ricorda che l'articolo 22, comma 1-bis, del D.L. 50/2017 ha disposto che la suddetta percentuale del 25% fosse aumentata al 75% per il biennio 2017-2018.
Per ulteriori approfondimenti in materia di facoltà assunzionali degli enti locali, si rinvia al Quaderno elaborato dall'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani), "Il personale degli enti locali – le assunzioni", del giugno 2018.
Le suddette assunzioni sono realizzate nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e i relativi contratti sono esclusi dall’applicazione di quanto previsto dall’art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010, secondo cui le amministrazioni statali possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 (comma 96).
Articolo 1, commi 97-101 e 188
(InvestItalia)
I commi 97-101 prevedono l’istituzione, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di una struttura di missione temporanea per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei ministri in materia di investimenti pubblici e privati. Alla struttura, denominata “InvestItalia” sono attribuiti diversi compiti, funzionali al potenziamento della capacità espansiva degli investimenti pubblici, tra cui in particolare quello di analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali. Vengono inoltre disciplinati i profili relativi al personale della struttura e al coordinamento con altre strutture esistenti competenti in materia di investimenti e sviluppo infrastrutturale.
Per l’attuazione delle disposizioni è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro a decorrere dal 2019.
Il comma 97 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è istituita e disciplinata (ai sensi dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. 303/1999), una struttura di missione per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei ministri in materia di investimenti pubblici e privati e nelle altre materie di cui al comma 2, denominata «InvestItalia».
Il D.Lgs. 303/1999 (che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede, all’art. 7, comma 4, che per lo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, il Presidente del Consiglio istituisce, con proprio decreto, apposite strutture di missione, la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall’atto istitutivo.
Si valuti l’opportunità di prevedere un termine per l’emanazione del decreto istitutivo.
Il comma 1 dispone che InvestItalia opera alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, anche in raccordo con la Cabina di regia “Strategia Italia”.
Tale cabina di regia è prevista dall’art. 40 del D.L. 109/2018 (in corso di conversione presso il Senato, A.S. 909), che ne ha demandato l’istituzione ad un apposito D.P.C.M. da adottare su proposta del Segretario del CIPE.
A tale struttura sono attribuiti i compiti di verifica dello stato di attuazione di piani e programmi di investimento infrastrutturale e adozione delle iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi, nonché quelli di verifica dello stato di attuazione degli interventi connessi a fattori di rischio per il territorio, quali dissesto idrogeologico, vulnerabilità sismica degli edifici pubblici, situazioni di particolare degrado ambientale necessitanti attività di bonifica e di proposizione di possibili rimedi.
In base al comma 98, a InvestItalia sono attribuiti i seguenti compiti:
§ analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali;
§ valutazione delle esigenze di ammodernamento delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni;
§ verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali;
§ elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridica di progetti di investimento in collaborazione con i competenti uffici del Ministero dell’economia e delle finanze;
§ individuazione di soluzioni operative in materia di investimento, in collaborazione con i competenti uffici dei Ministeri;
§ affiancamento delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei piani e programmi di investimento;
§ individuazione degli ostacoli e delle criticità nella realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni utili al loro superamento;
§ elaborazione di soluzioni, anche normative, per tutte le aree di intervento di cui al presente comma;
§ ogni altra attività o funzione che, in ambiti economici o giuridici, le sia demandata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Il comma 99 stabilisce che a InvestItalia può essere assegnato un contingente di personale, anche estraneo alla pubblica amministrazione, dotato di elevata qualificazione scientifica e professionale, individuato tramite procedure che assicurino adeguata pubblicità delle selezioni e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e la trasparenza.
Il comma 100 demanda ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata, la definizione delle misure occorrenti per realizzare un efficace coordinamento delle attività di InvestItalia con quelle della Centrale per la progettazione delle opere pubbliche di cui all’art. 17, e con quelle delle altre strutture competenti in materia di investimenti e di sviluppo infrastrutturale.
Si valuti l’opportunità di prevedere un termine per l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio che disciplina le misure per il coordinamento con le altre strutture competenti. Si valuti altresì l’opportunità di un coordinamento con il decreto istitutivo di cui al comma 1.
Una particolare esigenza di coordinamento riguarda il rapporto con la struttura tecnica di missione istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e disciplinata dall’art. 214, comma 3, del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici). Tale comma dispone che il MIT può avvalersi di tale struttura “per le attività di indirizzo e pianificazione strategica, ricerca, supporto e alta consulenza, valutazione, revisione della progettazione, monitoraggio e alta sorveglianza delle infrastrutture”. Lo stesso comma dispone che la struttura tecnica di missione “svolge, altresì, le funzioni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici”.
Si ricorda che l’art. 1 della legge 144/1999, al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo, ha previsto l’istituzione, presso le amministrazioni centrali e regionali, di nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici che, in raccordo fra loro e con il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero del tesoro, garantiscono il supporto tecnico nelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di piani, programmi e politiche di intervento promossi e attuati da ogni singola amministrazione.
Per l’attuazione di quanto disposto dalle presenti disposizioni e per lo svolgimento dei compiti di InvestItalia è autorizzata, dal comma 5, la spesa di 25 milioni di euro a decorrere dal 2019.
Infine, se segnala che il comma 188, relativamente agli investimenti locali individuati ai sensi dei commi da 97 a 101, prevede la facoltà, per InvestItalia, di avvalersi della collaborazione tecnica della Fondazione Patrimonio Comune dell'ANCI.
Articolo 1, comma 102
(Rifinanziamento della “Nuova Sabatini”)
L’articolo 1, comma 102 dispone un rifinanziamento di 48 milioni di euro per il 2019, di 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020-2023 e di 48 milioni di euro per il 2024 della cd. Nuova Sabatini, misura di sostegno volta alla concessione - alle micro, piccole e medie imprese - di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali “Industria 4.0” e di un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti.
Sulle somme autorizzate è mantenuta la riserva (30% delle risorse) e la maggiorazione del contributo statale (del 30%) per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”, nonché il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati (fino ad esaurimento delle risorse statali autorizzate) di cui alla legge di bilancio per il 2018.
Le risorse non utilizzate per la riserva sopra citata al 30 settembre di ciascun anno, rientrano nelle disponibilità complessive della misura.
Lo strumento agevolativo cd. "Nuova Sabatini" – istituito dall'articolo 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziato ed esteso – è finalizzato a migliorare l'accesso al credito per investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente:
§ l'accesso a finanziamenti agevolati per investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario) e
§ l’accesso a contributi statali in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione.
La tipologia degli investimenti in beni strumentali ammissibili al beneficio – inizialmente individuata in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013) - è stata estesa dalla legge di bilancio per il 2017 (Legge n. 232/2016) ai seguenti investimenti cd. "Industria 4.0": macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (articolo 1, comma 55 della legge di bilancio 2017 e circolare attuativa 15 febbraio 2017, n. 14036, allegati 6/A e 6/B). Per tali investimenti, la legge di bilancio 2017 ha costituito apposita riserva di risorse ed una maggiorazione del contributo statale in conto impianti concedibile a valere sulle nuove risorse dalla medesima legge stanziate.
La legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) ha rifinanziato, all’articolo 1, comma 40, la misura e ha mantenuto il meccanismo preferenziale, introdotto nell’anno precedente, per gli investimenti in beni strumentali “Industria 4.0”. Ad essi ha riservata una quota pari al 30 per cento delle nuove risorse stanziate dalla medesima legge e ha disposto che il relativo contributo statale in conto impianti rimanga maggiorato del 30% rispetto alla misura massima concessa per le altre tipologie di investimento ammissibili. La legge ha altresì disposto che le risorse risultanti non utilizzate per la predetta riserva alla data del 30 settembre 2018, rientrino nella disponibilità complessiva della misura (articolo 1, comma 41). Inoltre, ha portato il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulla misura in questione dal 31 dicembre 2018 fino alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (articolo 1, comma 42).
Quanto ai finanziamenti agevolati, la normativa istitutiva del 2013 aveva previsto che la concessione degli stessi avvenisse da parte di banche e società di leasing finanziario esclusivamente a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A.. Successivamente, è intervenuto il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), che ha previsto la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento - compreso il leasing finanziario - non più necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).
I finanziamenti vengono concessi alle MPMI (micro, piccole e medie imprese) per un importo non superiore a 2 milioni di euro, anche frazionato in più iniziative di acquisto, possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (commi 2 e 3 del D.L. n. 69/2013).
Come detto alle PMI beneficiarie è concesso - sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati - un contributo statale in conto impianti. Esso è pari all'ammontare degli interessi calcolati con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: il contributo è concesso dal MISE e determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale su un finanziamento quinquennale di importo pari all'investimento al tasso del 2,75% (commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013, DD.MM. attuativi 27 novembre 2013 e 25 gennaio 2016 e Circolare 23 marzo 2016, n. 26673). Per gli investimenti "Industria 4.0", il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. Dunque, il tasso convenzionale su cui calcolare il beneficio è elevato al 3,575% annuo rispetto al 2,75% annuo riservato ai beni ordinari (Circolare 15 febbraio 2017, n. 14036). Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell'ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo 29 settembre 2015.
Quanto alle risorse statali appostate per la misura in questione, destinate alla concessione del sopra citato contributo in conto impianti, si ricorda che il D.L. n. 69/2013 ha inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.
Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9 bis, lett. b)) è stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiarie.
Da ultimo, la legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017), all’articolo 1, comma 40, ha autorizzato la spesa di 33 milioni di euro per il 2018, di 66 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019-2022 e di 33 milioni di euro per il 2023.
Articolo 1, comma 103
(Potenziamento del Piano straordinario
per la promozione del Made in Italy)
L’articolo 1, comma 103, dispone lo stanziamento, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020 per il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia, da destinare alle finalità già individuate per l’attuazione del Piano medesimo.
La norma prevede lo stanziamento, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di ulteriori 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020 per il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia.
Sia la Relazione illustrativa sia la relazione tecnica evidenziano che la finalità dell’intervento normativo è il rafforzamento della presenza sui mercati internazionali delle imprese italiane, alla luce dei risultati molto positivi conseguiti dal Piano straordinario per il Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia nel quadriennio 2015-2018.
Si ricorda in proposito che l’art. 30 del D.L. n. 133/2014 ha previsto l’istituzione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e per l’attrazione degli investimenti, le cui finalità sono:
- l’ampliamento del numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale;
§ l’espansione delle quote italiane del commercio internazionale;
§ la valorizzazione dell’immagine del Made in Italy nel mondo;
§ il sostegno alle iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.
A tal fine, il citato art. 30 del D.L. n. 133/2014, nell’indicare le finalità da perseguire attraverso il Piano in questione (comma 2, lettere da a) a l)), ha demandato l’adozione del Piano a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, nonché con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (attualmente denominato “Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo”) con specifico riferimento alle azioni relative al settore agroalimentare (cfr. D.M. del 20 febbraio 2015). L’art. 30 citato, al comma 3, prevede che l'ICE-Agenzia provveda all'attuazione del piano, nell'esercizio delle proprie competenze istituzionali.
Inizialmente, la legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014) ha destinato al Piano risorse per il triennio 2015-2017, nella misura di 130 milioni per il 2015, 50 milioni per il 2016 e 40 milioni per il 2017. La legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) ha poi previsto uno stanziamento di 51 milioni di euro per l’anno 2016, per il potenziamento delle azioni dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane relative al Piano made in Italy. Il Piano, nel suo complesso, è stato poi rifinanziato per 110 milioni di euro per l'anno 2017 dalla legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016). La legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017) ha da ultimo esteso l'operatività del Piano per il Made in Italy anche al successivo triennio 2018-2020, rifinanziandolo di 130 milioni per il 2018 e di 50 milioni per ciascun anno del biennio 2019-2020.
Il citato art. 30, comma 2, del D.L. n. 133/2014 delinea le seguenti linee di intervento:
a) iniziative straordinarie di formazione e informazione sulle opportunità offerte dai mercati esteri alle imprese, in particolare PMI;
b) supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale;
c) valorizzazione delle produzioni di eccellenza, in particolare agricole e agroalimentari, e tutela all'estero dei marchi e delle certificazioni di qualità e di origine delle imprese e dei prodotti;
d) sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani nei diversi mercati, anche attraverso appositi accordi con le reti di distribuzione;
e) realizzazione di un segno distintivo unico, per le iniziative di promozione all'estero e durante l'Esposizione universale 2015, delle produzioni agricole e agroalimentari che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano;
f) realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell'Italian sounding;
g) sostegno all'utilizzo degli strumenti di e-commerce da parte delle PMI;
h) realizzazione di tipologie promozionali innovative per l'acquisizione e la fidelizzazione della domanda dei mercati esteri;
i) rafforzamento organizzativo delle start up nonché delle micro, piccole e medie imprese in particolare attraverso l'erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher;
l) sostegno ad iniziative di promozione delle opportunità di investimento in Italia, nonché di accompagnamento e assistenza degli investitori esteri in Italia.
La norma in commento prevede la destinazione delle risorse stanziate a tutte le predette linee di attività, fatta eccezione per quella di cui alla lettera e) – realizzazione di un segno distintivo unico, per le iniziative di promozione all'estero e durante l'Esposizione universale 2015, delle produzioni agricole e agroalimentari che siano rappresentative della qualità e del patrimonio enogastronomico italiano – la cui finalità appare evidentemente esaurita.
La Relazione tecnica, confermando quanto già riportato nella Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali allegata alla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2018, ha evidenziato come prioritarie, per il triennio 2018-2020, le seguenti macro-linee progettuali:
§ consolidamento della presenza e della visibilità delle imprese italiane, soprattutto PMI, nei principali marketplace ed e-tailer internazionali, attraverso un’adeguata strategia di progetti e-commerce di sistema, in particolare per i settori agroalimentare e del fashion;
§ potenziamento della presenza dei prodotti italiani nelle reti della GDO internazionale;
§ rafforzamento della strategia di comunicazione multicanale, per rilanciare l’immagine del Made in Italy nel mondo;
§ sostenere la crescita organizzativa e professionale delle aziende italiane, soprattutto PMI, anche attraverso l’utilizzo di temporary export manager;
§ consolidamento della strategia nazionale per l’attrazione degli investimenti dall’estero.
Si ricorda, infine, che l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane è il principale organo competente all'attuazione del Piano di promozione del Made in Italy, tenuto conto delle intese raggiunte con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per ciò che attiene agli interventi che riguardano il settore agroalimentare. Con l’ICE il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.
L'ICE-Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero – con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti – e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione e l'attrazione investimenti delle imprese italiane, nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali.
Per favorire la sinergia tra i diversi attori è prevista l'istituzione di un Comitato presso il Ministero dello sviluppo economico, composto da rappresentanti dei diversi ministeri interessati e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni, che può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento.
Articolo 1, comma 104
(Strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa)
La norma rifinanzia di 5 milioni di euro per l’anno 2019 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 lo strumento del contratto di sviluppo, misura di incentivazione per le imprese che intendano realizzare, singolarmente o in forma associata, investimenti di grande dimensione in determinati settori.
Il comma 104 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2019 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 a favore delle agevolazioni concesse nell’ambito dello strumento del contratto di sviluppo, che rappresenta il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni nei settori industriale, turistico e della tutela ambientale.
Lo strumento è gestito dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia
Il contratto di sviluppo è stato introdotto nell’ordinamento dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 per favorire la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere, nei settori industriale, turistico e commerciale.
Il D.L. n. 69/2013 è intervenuto sulla disciplina dello strumento agevolativo in questione, demandando, all'articolo 3, comma 4, al Ministro dello sviluppo economico di provvedere, con proprio decreto, alla ridefinizione delle modalità e dei criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui al menzionato articolo 43 del D.L. n. 112/2008, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal MISE, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.
In attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 69/2013 è stato adottato il D.M. 14 febbraio 2014, che ha operato una riforma della disciplina relativa ai contratti di sviluppo. Il successivo D.M. 9 dicembre 2014 ha operato un adeguamento alle nuove norme in materia di aiuti di Stato previste dal regolamento (UE) n. 651/2014 dello strumento dei contratti disviluppo. Il D.M. 8 novembre 2016 ha apportato modifiche al D.M. 9 dicembre 2014 in materia di contratti di sviluppo, al fine di assicurare una più efficiente gestione delle fasi procedimentali, nonché di modulare le medesime in funzione delle dimensioni dei programmi di sviluppo proposti. In particolare, con il citato D.M. è stata introdotta la possibilità di stipulare accordi di sviluppo tra il Ministero, Invitalia (soggetto gestore), l'impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, per promuovere la realizzazione di programmi che rivestono una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale di riferimento. Con D.M. 7 dicembre 2017 si è provveduto ad adeguare il D.M. 9 dicembre 2014 alle nuove disposizioni comunitarie in materia di delocalizzazione introdotte dal regolamento (UE) n. 1084/2017, che modifica il Regolamento (UE) n. 651/2014. Con D.M. 23 marzo 2018 sono state ampliate le modalità di intervento in favore delle imprese, prevedendo la possibilità per il soggetto gestore, ad integrazione delle agevolazioni di natura contributiva o di finanziamento già previste, di intervenire alle normali condizioni di mercato nel capitale di rischio del soggetto proponente. Al suddetto intervento, il citato D.M. 23 marzo 2018 ha destinato 20 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile.
Le istanze di accesso alle agevolazioni sono presentate all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, la quale procede allo svolgimento delle attività istruttorie di competenza. La procedura è finalizzata alla sottoscrizione tra il Ministero, Invitalia, l’impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, di accordi di sviluppo ed è attivabile su istanza dell’impresa proponente, ossia l’impresa che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo.
Le agevolazioni sono concesse nelle seguenti forme, anche in combinazione tra loro: finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributo in conto interessi; contributo in conto impianti; contributo diretto alla spesa; prestiti; garanzie. Particolari criteri per la determinazione delle agevolazioni concedibili sono previsti, sempre in attuazione dei vigenti regolamenti comunitari, per i programmi di sviluppo per la tutela ambientale e per i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Per tale ultimo settore, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 agosto 2017 sono state fornite specifiche disposizioni applicabili per il periodo 2014-2020.
La Relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio stima che le risorse stanziate dalla norma in commento potrebbero essere utilizzate in ragione di 2/3 per contributi a fondo perduto e 1/3 per finanziamenti agevolati.
Per un’analisi delle risorse finanziarie assegnate, per il periodo di programmazione 2014-2020, allo strumento dei contratti di sviluppo, si rinvia alla sezione dedicata sul sito del MISE.
L’art. 15-bis del D.L. 9 febbraio 2017, n. 8, Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, dedicato ai contratti di sviluppo nei territori colpiti dagli eventi sismici, ha da ultimo introdotto agevolazioni procedurali per l'accesso ai contratti di sviluppo per i progetti di sviluppo di impresa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. In particolare, la norma ha innanzitutto previsto che le istanze di agevolazione a valere sulla disciplina dei contratti di sviluppo di cui all'articolo 43 del D.L. n. 112/2008 proposte per la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa nei predetti territori fossero esaminate prioritariamente. In secondo luogo, la norma ha disposto che i progetti di sviluppo fossero oggetto di specifici accordi di programma – stipulati ai sensi della disciplina attuativa dei contratti di sviluppo – tra il Ministero dello sviluppo economico, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa-Invitalia, l'impresa proponente, la Regione che interviene nel cofinanziamento del programma, e le eventuali altre amministrazioni interessate.
Si ricorda, infine, che il soggetto gestore dei contratti di sviluppo, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, opera sotto le direttive ed il controllo del Ministero dello sviluppo economico.
Articolo 1, comma 105
(Fondo per contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse
Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica)
Il comma 105 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo finalizzato all'erogazione dei contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica.
Il fondo ha la seguente dotazione:
Valori in milioni di euro
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
50 |
50 |
60 |
100 |
100 |
100 |
La norma demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (per la cui emanazione non è previsto un termine), la definizione dei criteri per l'utilizzazione e per la ripartizione del fondo, nel rispetto della Decisione della Commissione europea di autorizzazione dell’IPCEI.
I contributi sono erogati annualmente sulla base delle richieste adeguatamente corredate della documentazione amministrativa e contabile relativa alle spese sostenute.
Articolo 1, commi 106-107
(Rifinanziamento del Fondo crescita sostenibile
per le aree di crisi industriale)
Si incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo crescita sostenibile destinando tali risorse al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e delle aree di crisi non complessa. Un decreto del Ministro dello sviluppo economico provvederà al riparto delle risorse.
Più nel dettaglio, il comma 106 incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, destinando le risorse in questione al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e non complessa di cui all’art. 27 del medesimo D.L. n. 83/2012.
Ai sensi del comma 107, un decreto del Ministro dello sviluppo economico provvederà a ripartire le risorse tra gli interventi da attuare per le situazioni di crisi industriale complesse e quelli per le situazioni di crisi industriale non complessa.
Il comma non indica il termine entro il quale adottare il decreto ministeriale di riparto delle risorse.
La relazione tecnica afferma che si si rende necessario integrare le residue risorse disponibili per l’intervento in questione, che rappresenta un valido strumento di sostegno all’occupazione e agli investimenti nelle aree colpite da crisi produttiva.
La stessa relazione tecnica ipotizza che le risorse autorizzate – per 67 milioni di euro per il 2019 e 34 per l’anno 2020 – verranno destinate all’erogazione di finanziamenti agevolati, mentre – per 33 milioni di euro per il 2019 e 16 milioni di euro per il 2020 – verranno destinate all’erogazione di contributi a fondo perduto.
Il “Fondo per la crescita sostenibile”, è stato istituito dall’articolo 23 del D.L. n. 83/2012. L’articolo, in particolare, ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (già istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ex art. 14, legge n. 46/1982) in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente oggetto di abrogazione. Il Fondo in questione è dunque la risultante da una razionalizzazione del previgente sistema di agevolazione alle imprese. Il Fondo è destinato al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo (cfr. D.M. attuativo 8 marzo 2013), con particolare riguardo ad una serie di finalità, esplicitamente indicate nell’articolo 23, comma 2, tra le quali, il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (tra cui quelli di cui alla legge n. 181/1989) (articolo 23, comma 2, lettera b)). Per ciascuna delle finalità indicate dal comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo (comma 4 dell’articolo 23). Il Fondo opera come fondo rotativo. Infatti, il comma 8 dell’articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.
Il meccanismo di sostegno alle aree industriali in crisi delineato dalla legge n. 181/1989 è stato riformato dall’articolo 27 del D.L. n. 83/2012 come integrato e modificato dal successivo D.L. n. 145/2013. Il meccanismo di sostegno consiste essenzialmente nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale nelle aree – soggette a recessione economica e crisi occupazionale - dichiarate dal Ministero dello sviluppo economico (MiSE) di crisi complessa o non complessa. Per l’approvazione dei progetti, si prevede lo strumento degli accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi per investimenti produttivi nelle aree di crisi. Si tratta di contributi in conto capitale a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato. Il soggetto gestore della misura è l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (già Sviluppo Italia S.p.A. - INVITALIA).
L’articolo 27 del D.L. n. 83/2012 demanda al MiSE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza presentata dalla regione interessata, per specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da: una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto; una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.
I progetti di riconversione e riqualificazione industriale promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili compatibili, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi (commi 1 e 2). I progetti sono adottati tramite appositi accordi di programma. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi (commi 3 e 4).
La disciplina agevolativa a favore delle aree di crisi contempla la concessione di contributi in conto capitale e finanziamenti a tasso agevolato, nei limiti della disciplina generale sugli aiuti di stato di cui al Reg.UE n. 651/2014 (GBER).
Tali agevolazioni sono contemplate prioritariamente nell'ambito dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale, ma anche per gli interventi concernenti le aree di crisi industriale non complessa.
È stata demandata al MiSE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, l’adozione di un decreto di natura non regolamentare di disciplina delle modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e la determinazione dei criteri per la definizione e l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale (comma 8). In attuazione di tale previsione, è stato adottato il Decreto del Ministro dello sviluppo economico 31 gennaio 2013.
Il decreto ministeriale 9 giugno 2015 ha poi stabilito i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio di tutte le aree di crisi, complessa e non complessa. Con decreto direttoriale 24 febbraio 2017 sono stati stabiliti i termini e le modalità per la presentazione delle domande per l’accesso alle agevolazioni. Nel corso dell’audizione sulla situazione delle imprese nelle aree di crisi industriale complessa tenutasi in data 31 luglio 2018, presso la Commissione 10° del Senato, INVITALIA ha diffuso una Tabella riepilogativa delle aree di crisi industriale complessa.
Quanto alle aree di crisi non complessa, si ricorda che il comma 8-bis dell’articolo 27 (introdotto dal successivo D.L. n. 145/2013) ha demandato ad un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le condizioni e le modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione.
Il Decreto ministeriale 4 agosto 2016 ha proceduto all’individuazione delle aree di crisi industriale non complessa. Con decreto direttoriale 19 dicembre 2016 il MISE ha pubblicato l'elenco dei territori che possono accedere alle agevolazione per le aree di crisi industriali non complesse. I territori in questione sono stati individuati, ex articolo 4 del D.M. 4 agosto 2016, sulla base delle delibere delle diverse giunte regionali adottate ai sensi dei criteri individuati nel citato decreto di agosto 2016. L’elenco delle aree candidate a poter usufruire dei benefici previsi per le imprese insistenti nelle aree di crisi industriale non complessa rimane valido per due anni a partire dalla data di pubblicazione (sul sito istituzionale del MISE) del decreto direttoriale 19 dicembre 2016.
Per ciò che concerne le risorse per gli interventi (sia in aree di crisi industriale complessa che in quelle di crisi non complessa), l’articolo 27, comma 10, del D.L. n. 83 ha disposto che le risorse già destinate al finanziamento degli interventi del D.L. n. 120/1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni già assunti, affluissero all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreti del Ministro dell'economia, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del MiSE per la successiva assegnazione al Fondo per la crescita sostenibile. Contestualmente, la norma ha disposto che all'attuazione degli interventi previsti dai Progetti si provveda a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo per la crescita sostenibile ( ex art. 23, co. 2, lett. b) del medesimo D.L. n. 83/2012). Le attività sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili (comma 9).
In attuazione della previsione di cui al comma 10 dell’articolo 27, è stato complessivamente assegnato alla Sezione del Fondo crescita destinata al finanziamento degli interventi per il rilancio delle aree colpite da crisi industriale di cui alla legge n. 181 del 1989 l’importo di 78,9 milioni di euro (D.M. 19 marzo 2015 e D.M. 26 settembre 2016).
Alla medesima Sezione, è stato poi assegnato:
§ a valere sulle disponibilità complessive del Fondo crescita, l’ulteriore importo di 80 milioni (D.M. 26 settembre 2016);
§ a valere sulle risorse del PON «Imprese e competitività» 2014-2020 FESR, Asse III-Competitività PMI, l’ulteriore importo di 80 milioni di euro, per le aree localizzate nelle regioni in ritardo di sviluppo (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Di tale importo, 30 milioni sono stati riservati all'area di crisi industriale complessa di Taranto(D.M. 26 settembre 2016)[7].
Con il successivo D.M. del 7 giugno 2017 sono state assegnate alla Sezione speciale ulteriori risorse nel frattempo affluite ai sensi del citato comma 10 dell’art. 27, risorse pari a 18,5 milioni, nonché ulteriori risorse, pari a 51,3 milioni, provenienti dalla contabilità 1201 del Fondo crescita. Tale importo è stato ripartito dal medesimo D.M.[8].
Quanto specificamente alle aree di crisi industriale non complessa, si ricorda che il Decreto ministeriale 9 agosto 2017 ha operato la ripartizione tra le Regioni delle risorse finanziarie destinate agli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva nelle aree di crisi non complessa disciplinati da accordi di programma (si tratta di risorse complessivamente pari a 99 milioni di euro, di cui euro 64 milioni a valere sulle risorse della Sezione del Fondo crescita ed e 35 milioni a valere sulle risorse del PON “Imprese e competitività” 2014-2020 FESR).
Il Decreto ministeriale del 4 aprile 2018 ha prorogato al 28 settembre 2018 il termine previsto dall’articolo 1, comma 1, lett. c) del DM 31 gennaio 2017 per l’utilizzo delle risorse a favore delle aree di crisi industriali non complesse da parte delle Regioni, mediante Accordi di Programma.
Articolo 1, commi 108-116
(Investimenti in capitale di rischio)
I commi da 108 a 116, istituiscono un Fondo di sostegno al Venture Capital con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per sostenere la sottoscrizione da parte dello Stato, tramite il MISE, di quote o azioni di fondi di Venture Capital. I commi da 12 a 15 dispongono la chiusura del fondo rotativo “Fondo Balcani di venture capital”.
I fondi di Venture Capital sono organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi e di società di investimento a capitale fisso che investono almeno l’85% del valore degli attivi in piccole e medie imprese non quotate (ai sensi dell’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, come modificato dalla lettera b) del successivo comma 112).
Il comma 108 consente allo Stato di sottoscrivere, tramite il MISE, speciali classi di quote o azioni di fondi di Venture Capital. Il comma 109 specifica che le sottoscrizioni possono essere effettuate anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento.
Il comma 110 delega al MISE, di concerto con il MEF, l'adozione di un decreto volto a definire le modalità di realizzazione degli investimenti suddetti (commi 108 e 109).
Tale decreto dovrà essere adottato nel rispetto della Comunicazione della Commissione relativa agli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio 2014/C 19/04 o del Regolamento n. 651/2014. La Comunicazione chiarisce che, se un investimento è effettuato garantendo parità di trattamento a investitori pubblici e privati, la Commissione europea ritiene che esso sia conforme al test dell’operatore in un’economia di mercato e non costituisca quindi aiuto di Stato, purché non alteri la concorrenza a vantaggio di specifici operatori. Il Regolamento n. 651/2014 dichiara, nel rispetto di specifiche condizioni, alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune.
Il comma 111 reca la dotazione finanziaria destinata a sostenere gli interventi suddetti, a tal fine istituendo il Fondo di sostegno al Venture Capital, con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025.
Il comma 112 modifica l’articolo 31 del decreto legge n. 98 del 2011, che disciplina gli interventi per favorire l'accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese. In particolare:
§ viene sostituita la definizione di fondi comuni di investimento con quella di organismo di investimento collettivo del risparmio chiuso (OICR chiuso) e di società di investimento a capitale fisso (SICAF) previste dall'articolo 1, comma 1, lettere k-ter e i-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza - TUF) (comma 11, lettera a));
§ vengono ridefinite le caratteristiche dei Fondi per il Venture Capital (FVC), stabilendo che sono tali gli OICR chiusi e le SICAF che investono almeno l’85% del valore degli attivi in piccole e medie imprese (PMI) non quotate su mercati regolamentati e il restante 15% in PMI emittenti azioni quotate (comma 11, lettera b));
§ vengono eliminati alcuni requisiti previsti dalla normativa vigente per le società target dei FVC: non essere quotate, avere quote o azioni direttamente detenute, in via prevalente, da persone fisiche; operare da non più di 36 mesi e avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro (comma 11, lettera c)).
Le condizioni dimensionali affinché un'impresa sia inclusa fra le PMI non quotate sono quelle definite dall’articolo 2 paragrafo 1, lettera f), primo alinea, del Regolamento (UE) n. 2017/1129.
In particolare, deve trattarsi di una società che in base al suo più recente bilancio annuale o consolidato soddisfi almeno due dei tre criteri seguenti: numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro e fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro.
L'impresa deve inoltre trovarsi, con riferimento al proprio ciclo di vita in una delle seguenti fasi:
§ sperimentazione (seed financing),
§ costituzione (start-up financing),
§ avvio dell’attività (early-stage financing)
§ sviluppo del prodotto (expansion o scale-up financing)
Per la parte residua del FVC, invece, il riferimento per l'inclusione delle società fra quelle eleggibili è contenuto nell'articolo, 1, comma 1, lettera w-quater.1. Si tratta di emittenti azioni quotate che non devono aver registrato un fatturato superiore a 300 milioni di euro né una capitalizzazione di mercato superiore a 500 milioni nell'ultimo triennio e, per questo, definiti PMI.
I commi dal 113 a 116 dispongono la chiusura del Fondo rotativo “Fondo Balcani di venture capital” istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera g) della legge n. 84 del 2001, destinando le relative risorse, pari a 2,5 milioni di euro attualmente presenti sul conto aperto presso la tesoreria dello Stato n. 22050 intestato a Finest S.p.A., all’entrata del bilancio dello Stato.
Finest S.p.A. è una società partecipata da Friulia S.p.A., finanziaria di sviluppo della Regione Friuli Venezia Giulia, dall’omologa Veneto Sviluppo S.p.A., dalla Regione Veneto, dalla Provincia Autonoma di Trento, da Simest S.p.A. e da alcuni istituti bancari.
Secondo quanto indicato dal Governo nella relazione illustrativa, la chiusura del fondo, che rimarrà operativo limitatamente alle operazioni già deliberate, è riconducibile allo scarso utilizzo dello strumento da parte del tessuto imprenditoriale del Triveneto.
Si demanda ad una convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la Finest Spa la definizione delle modalità operative per la gestione a stralcio, compreso il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse residue non utilizzate per le finalità del fondo e delle disponibilità derivanti dai rientri relativi dal riacquisto da parte dei beneficiari delle relative partecipazioni (comma 115).
Articolo 1, commi 117-120
(Chiusura del Fondo rotativo fuori bilancio “Fondo Start Up”)
Le disposizioni prevedono il versamento all’entrata del Bilancio statale della somma di 2,5 milioni di euro delle risorse disponibili presso la contabilità speciale intestata al Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up (contabilità n.5650 “Simest-Fondo Start Up”). La Simest continua a gestire le disponibilità residue insistenti sulla contabilità speciale limitatamente agli interventi già deliberati e alle domande di intervento già pervenutele. Un’apposita convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la Simest disciplinerà le modalità operative per la gestione a stralcio della misura, compreso il versamento all'entrata del Bilancio dello Stato delle risorse residue non utilizzate per le finalità del Fondo e delle disponibilità derivanti dai rientri. Alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame termina la ricezione delle domande per l'accesso ai benefici del Fondo Start up.
L’articolo 1, commi 117-120 disciplina la chiusura del Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up, istituito dall’articolo 14 della legge n. 99/2009 fuori bilancio in apposita contabilità speciale aperta presso la Tesoreria dello Stato (conto n. 5650).
Nel dettaglio, il comma 117 dispone il versamento all’entrata del Bilancio statale della somma di 2,5 milioni di euro delle risorse disponibili presso la contabilità speciale intestata al Fondo.
Il comma 118 attribuisce alla SIMEST, già soggetto gestore del Fondo, il compito di continuare a gestire le disponibilità residue sulla predetta contabilità, limitatamente agli interventi del Fondo già deliberati nonché alle domande di intervento già pervenute alla Simest alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nonché il compito di curare i rapporti con le società beneficiarie delle partecipazioni sulla base dei contratti già stipulati, assicurando il rientro delle partecipazioni stesse alle relative scadenze.
Il comma 119 dispone che le modalità operative per la gestione a stralcio della misura - compreso il versamento all'entrata del Bilancio statale delle risorse residue non utilizzate e delle disponibilità derivanti dai rientri relativi dal riacquisto da parte dei beneficiari delle relative partecipazioni - saranno disciplinate con apposita Convenzione stipulata tra il MISE e la Simest.
Ai sensi del comma 120, alla data di entrata in vigore del provvedimento di legge in esame, termina la ricezione delle domande per l'accesso ai benefici del Fondo Start up.
Il Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up è stato istituito ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 99/2009, presso la Tesoreria dello Stato, con apposita contabilità speciale (conto di tesoreria n. 5650), per favorire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione di PMI in Paesi al di fuori dell’Unione europea. La gestione del Fondo è stata affidata a SIMEST Spa (comma 1). Nel dettaglio, ai sensi del citato articolo 14, gli interventi del Fondo hanno per oggetto investimenti transitori e non di controllo nel capitale di rischio di società appositamente costituite da singole piccole e medie imprese, o da loro raggruppamenti, per realizzare progetti di internazionalizzazione (comma 3).
Quanto alle risorse finanziarie, il Fondo in questione è stato istituito con le disponibilità finanziarie derivanti da utili di spettanza del Ministero dello sviluppo economico in qualità, al tempo[9], di socio della SIMEST Spa, già finalizzate, dal D.Lgs. n. 143/1998, a interventi per lo sviluppo delle esportazioni. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 14, è stato adottato il D.M. n. 102 del 4 marzo 2011[10]. Nel 2013 ha avuto inizio l’operatività del Fondo.
La Corte dei Conti, a giugno 2018, nel Giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2017 (cfr. Vol. 1, “I conti dello Stato e le politiche di bilancio per il 2017, pag. 553”), ha confermato la ridotta operatività del Fondo già emersa nell’esercizio precedente, segnalando l’assenza nell’anno 2017 di acquisizioni e cessioni da parte di esso.
La Corte ha citato in proposito la relazione del MISE che segnalava la formulazione di una proposta per la chiusura del Fondo che avrebbe trovato quanto prima il corretto veicolo normativo.
Pertanto il portafoglio alla data del 31 dicembre 2017 restava composto da 4 iniziative per un importo complessivo di 0,8 milioni.
La Corte ha rilevato come nel 2017 il Fondo presentasse una disponibilità di fine anno sul conto di tesoreria centrale di 3,24 milioni. La Corte ha altresì rilevato che i compensi spettanti al gestore per l’attività svolta sono stati stabiliti nella Convenzione MISE/SIMEST stipulata nel 2012 e sono comprensivi di una indennità “una tantum” pari all’1,5 per cento dell’importo deliberato e un compenso del 3 per cento (pro-die) sull’ammontare delle partecipazioni acquisite (0,8 milioni al 2017).
Articolo 1, comma 121
(Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things)
Il comma 121 istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, per finanziare progetti di ricerca e sfide competitive in questi campi.
La disposizione prevede che il nuovo Fondo sia destinato a finanziare:
a) progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, nelle aree strategiche per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, della Blockchain e dell’Internet of Things, funzionali alla competitività del Paese;
b) sfide competitive per il raggiungimento di specifici obiettivi tecnologici e applicativi;
c) il supporto operativo ed amministrativo alla realizzazione di quanto previsto alle lettere a) e b), al fine di valorizzarne i risultati e favorire il loro trasferimento verso il sistema economico produttivo, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese.
Il Fondo ha lo scopo di perseguire obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché di accrescere la competitività e la produttività del sistema economico.
La funzione di amministrazione vigilante è attribuita al Ministero dello sviluppo economico, mentre si rinvia all’emanazione di un regolamento di attuazione (da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400/1988, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), l’individuazione di un organismo competente alla gestione delle risorse e la definizione dell'assetto organizzativo per l'uso efficiente delle risorse del Fondo, al fine di favorire il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati, la collaborazione con gli organismi di ricerca internazionali, l'integrazione con i finanziamenti della ricerca europei e nazionali, le relazioni con il sistema del venture capital italiano ed estero.
Con lo stesso regolamento saranno definite anche le modalità di contribuzione, su base volontaria, da parte di enti, associazioni, imprese o singoli cittadini, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione in spesa.
L’Internet of Things (IoT) rappresenta il prossimo passo verso la digitalizzazione della società e dell'economia, consentendo di unire mondi fisici e virtuali in cui gli oggetti e le persone sono interconnessi attraverso le reti di comunicazione e creando ambienti intelligenti. Secondo uno studio della Commissione europea il valore di mercato della IoT nella UE dovrebbe superare 1.181 miliardi di euro nel 2020. La Commissione europea ha pubblicato nell'aprile 2016 il documento di lavoro "Advancing the Internet of Things in Europe”, nell’ambito delle iniziative di digitalizzazione dell’industria europea. Nell’ambito del mercato unico digitale, l’iniziativa “European data economy" (gennaio 2017), intende contribuire anche alla creazione di un mercato unico europeo per l'IoT. Per approfondimenti si veda anche il documento di lavoro della Commissione UE sulle tecnologie digitali emergenti dell’aprile 2018.
Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale (AI), la Commissione europea ha adottato il 25 aprile 2018 una apposita Comunicazione (COM(2018)237 final), che ne analizza le caratteristiche e gli aspetti. La Commissione sta aumentando gli investimenti annuali nell'IA del 70% nell'ambito del programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020. Raggiungerà 1,5 miliardi di euro per il periodo 2018-2020. Il 10 aprile 2018, 25 paesi europei, tra cui l’Italia, hanno firmato una dichiarazione di cooperazione sull'intelligenza artificiale. I sistemi basati sull’AI sono basati su software che mostrano comportamenti “intelligenti”, avendo la capacità di analizzare caratteristiche di contesto esterno e di fornire risposte in qualche misura autonome, basate sull’analisi complessa dei dati a disposizione (ad esempio assistenti vocali, software di analisi delle immagini, motori di ricerca , sistemi di riconoscimento facciali e vocali). L'apprendimento automatico denota la capacità di un software/computer di apprendere dal proprio ambiente o da una serie molto ampia di dati rappresentativi, consentendo ai sistemi di adattare il loro comportamento a circostanze mutevoli o di eseguire compiti per i quali non sono stati programmati esplicitamente. L’AI può essere utilizzata anche nell’ambito di hardware come i robot avanzati, le automobili a guida autonoma, i droni e altre applicazioni dell’Internet of Things.
La Blockchain è uno strumento tecnologico innovativo che consente la creazione e gestione di archivi (database) distribuiti che sono in grado di registrare e gestire transazioni di vario tipo (sia finanziarie che aventi ad oggetto beni o servizi di altra natura), le quali vengono controllate, validate e condivise da tutti i c.d. nodi che fanno parte della rete. Si tratta in sostanza di un nuovo protocollo che consente che sulla rete internet, invece che sole informazioni, possano essere condivise e archiviate anche transazioni di valori, o meglio, di c.d. asset digitali. Si realizza quindi attraverso le blockchain un grande registro pubblico di tipo distribuito, fortemente innovativo rispetto agli attuali sistemi di archiviazione, che consistono di database centralizzati presso un unico soggetto gestore e "garante", ovvero presso un'autorità centrale, che provvede a garantire la transazione, ad archiviare e custodire i dati. La blockchain consente la creazione di database distribuiti, basato sulla tecnologia dei c.d Distributed Ledger (DLT- dove Ledger sta per Libro Mastro) strutturati in blocchi di informazioni, ciascuno dei quali contiene un certo numero di transazioni che a seguito di un articolato procedimento di validazione e controllo (che verifica ad esempio che il soggetto sia effettivamente titolare di un certo diritto, come la valuta o il bene che vuole vendere), vengono validate in tutti i loro elementi attraverso strumenti matematici complessi (funzioni di hash) da parte dei nodi della rete ed entrano quindi a far parte della catena di blocchi (blockchain) che rende queste transazioni certe, immodificabili. Si viene così a creare uno "storico" nel tempo di tutte le modifiche avvenute.
L’Italia ha aderito il 27 settembre 2018 alla European Blockchain Partnership Initiative, promossa dalla Commissione UE con l'intento di creare una piattaforma europea basata sulla tecnologia blockchain per lo sviluppo di servizi pubblici digitali ed il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il 28 settembre 2018 un “Avviso pubblico per la manifestazione di interesse per la selezione di 30 componenti del Gruppo di esperti di alto livello per l’elaborazione della strategia nazionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti e blockchain”. La finalità è quella di elaborare una Strategia Nazionale per le DLT e la Blockchain.
L’Italia ha inoltre sottoscritto il 4 dicembre 2018 una dichiarazione sullo sviluppo della Blockchain nell’ambito del MED7, il gruppo costituito da sette Paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Francia, Malta, Cipro, Grecia e Portogallo)
Nella Relazione Tecnica si ricorda che il CIPE, nella seduta del 25 ottobre 2018, ha deciso, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, di assegnare 100 milioni di euro per lo sviluppo del Wi-Fi e le tecnologie emergenti (Intelligenza artificiale, Blockchain, Internet delle cose) a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 con contestuale rifinalizzazione delle risorse già assegnate con le delibere CIPE n. 65/2015, n. 71/2017 e successivamente con la delibera n. 105/2017 relative al piano banda ultra larga.
Articolo 1, comma 122
(Fondo per il potenziamento delle iniziative
in materia di difesa cibernetica)
Il comma 122, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento alla Camera istituisce nello stato di previsione del Ministero della difesa un Fondo, con dotazione finanziaria di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, al fine di potenziare gli interventi e le dotazioni strumentali in materia di difesa cibernetica nonché il rafforzamento delle capacità di resilienza energetica nazionale.
La ripartizione del Fondo tra i diversi interventi è predisposta con apposito decreto del Ministro della Difesa, adottato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, da comunicare alle competenti commissioni competenti.
Al relativo onere si provvede mediante riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 658, del disegno di legge in esame (iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze).
In relazione al tema della sicurezza cibernetica la Ministra della difesa, lo scorso 26 luglio, in sede di illustrazione delle linee programmatiche del suo dicastero presso le Commissioni difesa congiunte della Camera e del Senato, ha osservato che “sono stati avviati una serie di programmi di acquisizione per accedere a strumenti operativi ad alto contenuto tecnologico in grado di assicurare la protezione, la resilienza e l’efficienza delle reti e dei sistemi informativi gestionali e operativi della Difesa. In tale quadro, è necessario continuare ad investire, al fine di potenziare ulteriormente le dotazioni strumentali e organizzative di protezione cibernetica e sicurezza informatica, incrementando progressivamente la capacità di contrastare in maniera efficace le minacce. È poi imprescindibile il conseguimento di capacità operative che andranno a supportare il neocostituito Comando Interforze per le Operazioni Cibernetiche (CIOC)”.
Con riferimento al tema della sicurezza energetica la Ministra della Difesa ha osservato che la medesima “si pone come condizione basilare per garantire la sicurezza nazionale. Nel medio e lungo termine la Difesa italiana mira al raggiungimento di elevate capacità di resilienza energetica, produzione e approvvigionamento da fonti sostenibili tali da assorbire e mitigare gli effetti dovuti a eventuali attacchi o a calamità e assicurare il mantenimento della capacità e della prontezza operativa dello strumento militare, sia in Patria che nei teatri operativi. In particolare, nel settore delle infrastrutture, a partire dai siti a valenza strategica, l’intento è la realizzazione di distretti energetici intelligenti (definiti smart military district) nei quali sia massimizzato il ricorso all’autoconsumo e la gestione dei flussi energetici avvenga in tempo reale in un alveo certo di cyber security. In tale ambito, la Difesa italiana potrà giocare un ruolo cruciale, anche a sostegno degli altri Dicasteri, nell’ambito della protezione delle infrastrutture critiche energetiche, sia come possibile entità istituzionale ospitante dei nodi di rilevanza strategica della rete di approvvigionamento/distribuzione, sia per il fattivo contributo alla difesa cibernetica del Paese, nell’ottica del consolidato paradigma del binomio energy security-cyber security”.
Articolo 1, commi 123-125
(Voucher Manager)
I commi 123-125 attribuiscono alle PMI un contributo a fondo perduto per l’acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0.
Il comma 123 definisce, in senso più favorevole alle micro e piccole imprese, i criteri di riparto del contributo a fondo perduto (voucher manager) riconosciuto alle PMI per l'acquisizione di prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale previsti dal "Piano Nazionale Impresa 4.0" e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell'impresa.
Si ricorda che per finanziare il contributo voucher manager di cui all'originario articolo 19, comma 21, il successivo comma 23 (ora comma 125), istituisce un apposito Fondo dotato di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021.Tale Fondo rimane confermato nella sua entità.
In particolare, con la novella all'articolo 19, comma 21, per i due periodi di imposti successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018:
ü alle micro e piccole imprese il contributo nella forma di voucher è riconosciuto – in relazione a ciascun periodo di imposta – in misura pari al 50% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40 mila euro.
ü alle medie imprese il contributo in questione è riconosciuto in misura pari al 30% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 25 mila euro.
Nel testo originario dell'articolo 19, comma 21, si prevedeva invece - a favore delle PMI, senza una differenziazione, a tal proposito, tra micro, piccole e medie imprese - un contributo non superiore a 40 mila euro e comunque non superiore al 50% dei costi sostenuti a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello del 31 dicembre 2018 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020;
ü nel caso di adesione ad un contratto di rete avente nel programma comune di rete lo sviluppo di processi innovativi in materia di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal "Piano Nazionale Impresa 4.0" e di organizzazione, pianificazione e gestione delle attività, compreso l'accesso ai mercati finanziari e dei capitati, il contributo riconosciuto alla rete è in misura pari al 50% dei costi sostenuti ed entro un limite massimo complessivo di 80 mila euro.
Nel testo originario dell'articolo 19, comma 21 si prevedeva invece a favore delle imprese sottoscrittrici o aderenti a un contratto di rete, aventi nel programma comune le predette attività, un contributo, tramite voucher, di importo non superiore a 80.000 euro (non vi era limite del 50% dei costi sostenuti) finalizzato all'acquisizione di prestazioni consulenziali;
ü rimane fermo che i contributi voucher manager vengano concessi subordinatamente alla sottoscrizione di un apposito contratto di servizio di consulenza tra i soggetti beneficiari tra i soggetti beneficiari e le società o manager qualificati iscritti in un apposito elenco e che con decreto ministeriale - da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - siano fissati i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per l’erogazione dei contributi. Si demanda altresì al decreto ministeriale la definizione dell’eventuale riserva di una quota delle risorse da destinare prioritariamente alle micro e piccole imprese e alle reti di impresa.
In base al comma 124, i contributi sono erogati in conformità al regolamento (UE) 1407/2013, relativo agli aiuti de minimis.
Infine, per l'erogazione dei contributi in questione, il comma 125 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo, con una dotazione pari a € 25 mln per ciascuno degli anni inclusi nel periodo 2019-2021.
Articolo 1, commi 126 e 127
(Finanziamenti per il trasporto merci intermodale con vie navigabili interne)
I commi 126 e 127 prevedono l’estensione di taluni finanziamenti già previsti per il trasporto merci intermodale anche al trasporto effettuato per collegarsi a vie navigabili interne. Sono inoltre destinate risorse pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2021, al fine di finanziare gli oneri derivanti dal citato intervento.
I commi 126 e 127, sono stati introdotti nel corso dell’esame alla Camera.
Il comma 126 dispone che al fine del potenziamento delle catene logistiche e dell'intermodalità sostenibile, lo stanziamento quindicennale di 20 milioni €, già previsto a decorrere dal 2006 dall’art. 3, comma 2-ter del DL 209/2002 per l’innovazione del trasporto merci, dello sviluppo delle catene logistiche e dell’intermodalità per le autostrade del mare, nonché per il cabotaggio marittimo e per i processi di ristrutturazione aziendale, per l'innovazione tecnologica e per interventi di miglioramento ambientale, sia utilizzabile anche per il trasporto per vie d’acqua navigabili interne.
Viene conseguentemente disposta la modifica del regolamento attuativo della sopra citata disposizione, contenuta nel DPR 205 del 2006 avente ad oggetto il regolamento recante modalità di ripartizione e di erogazione dei fondi per l'innovazione del sistema dell'autotrasporto merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento delle intermodalità, il quale disciplina in dettaglio la ripartizione e l’erogazione dei finanziamenti in questione, in modo da:
a) ricomprendere nella nozione di “potenziamento dell’intermodalità”, consistente nella realizzazione di interventi mirati alla effettuazione di trasporto di merci mediante fruizione combinata di almeno due diverse modalità (strada-rotaia, rotaia-mare, strada-mare, terra-aria), anche il trasporto merci che combini anche le seguenti modalità:
· strada-vie d’acqua navigabili interne;
· mare-vie d’acqua navigabili interne.
b) prevedere che nell’ambito della assegnazione del 90 per cento dello stanziamento annuale tra le diverse finalità, siano ricompresi anche gli interventi di innovazione del sistema dell'autotrasporto merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalità, con particolare riferimento all'utilizzazione della modalità marittima e per vie d'acqua navigabili interne.
Con il comma 127 si stabilisce che agli oneri del comma 126, si provveda nel limite di spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione del programma di governo di cui al comma 421.
Articolo 1, comma 128
(Piani di Risparmio)
Il comma 128 introduce un ulteriore vincolo alla politica di investimento dei piani di risparmio a lungo termine, prevedendo che almeno il 3 per cento sia investito in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese (PMI) e non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (mulilateral trading facilities - MTF).
Il comma 128 integra l’articolo 1, comma 102, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) che qualifica gli investimenti ai quali possono essere destinati i piani di risparmio a lungo termine (c.d. PIR), costituiti ai sensi del comma 101 della medesima legge.
In particolare, con la modifica in esame, si viene a prevedere quale ulteriore criterio vincolante per la destinazione dei PIR, che i relativi fondi debbano essere investiti per almeno il 3 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari emessi da PMI e non negoziati nei mercati regolamentati o in MTF.
Per la definizione di PMI la norma rinvia alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea che identifica tali imprese sulla base di due requisiti:
· uno relativo agli occupati, che non devono superare le 250 persone,
· uno relativo alla dimensione economica e finanziaria, per cui il fatturato annuo non deve superare i 50 milioni di euro oppure il totale di bilancio annuo non deve superare i 43 milioni di euro.
Per un approfondimento sulla disciplina dei PIR (agevolazioni fiscali, limiti quantitativi per le somme investite e per la politica di investimento del gestore) si fa rinvio alla relativa scheda pubblicata dalla Camera dei deputati fra i temi dell'attività parlamentare.
Articolo 1, commi 129-131
(Portali per la raccolta di capitali on-line)
I commi 129 e 130 intervengono sulla disciplina relativa ai portali per la raccolta di capitali on-line da parte delle piccole e medie imprese, estendendone l'operatività alla raccolta di finanziamenti tramite strumenti finanziari di debito, riservando la sottoscrizione specifiche categorie di investitori. Il comma 131 reca la copertura dei relativi oneri.
Nel dettaglio, il comma 129, novellando l'articolo 1, comma 5-novies del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF), integra la definizione dei portali per la raccolta di capitali per le piccole e medie imprese e per le imprese sociali, ampliando il perimetro delle piattaforme on line regolate dal TUF alla raccolta di finanziamenti tramite obbligazioni o strumenti finanziari di debito da parte delle piccole e medie imprese (PMI).
Le PMI sono definite come le società che in base al loro più recente bilancio annuale o consolidato soddisfino almeno due dei tre criteri seguenti:
· numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250;
· totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro
· fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro.
Il comma 130 modifica conseguentemente la disciplina delle offerte al pubblico condotte attraverso uno o più portali per la raccolta di capitali (novellando l'art. 100-ter del TUF, cui aggiunge il nuovo comma 1-ter), disponendo che la sottoscrizione di obbligazioni o di strumenti finanziari di debito sia riservata, nei limiti stabiliti dal codice civile, agli investitori professionali e a particolari categorie di investitori eventualmente individuate dalla CONSOB e debba avvenire in una sezione del portale diversa da quella in cui si svolge la raccolta del capitale di rischio.
Il comma 131 provvede agli oneri dei commi precedenti mediante la riduzione di 10 milioni di euro per il 2020 del fondo di parte corrente derivante dal riaccertamento dei residui passivi, ai sensi dell’articolo 49 del decreto-legge n. 66 del 2014, iscritto nello stato di previsione del MEF.
Articolo 1, commi 132-134
(Monitoraggio e controllo progetti settore aeronautico)
Le norme, introdotte nel corso dell’esame in prima lettura, autorizzano la spesa di 250 mila euro a decorrere dall’anno 2019 per assicurare le attività di monitoraggio controllo e valutazione sui progetti per lo sviluppo delle industrie del settore aeronautico finanziati ai sensi della legge n. 808/1985, nonché per il funzionamento del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica, rinviando ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità e degli obiettivi delle attività di controllo e valutazione sui progetti. Si interviene altresì sulla composizione del Comitato, prevedendo che esso abbia tra i suoi componenti anche un rappresentante del Ministero dell’economia e finanze.
Nel dettaglio, i commi da 132 a 134, introdotti nel corso dell’esame in prima lettura:
§ autorizzano la spesa di 250 mila euro a decorrere dall’anno 2019 per assicurare le attività di monitoraggio controllo e valutazione sui progetti per lo sviluppo delle industrie del settore aeronautico finanziati ai sensi dell’art. 3, lettera a), della legge n. 808/1985, nonché per il funzionamento del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica, di cui all’art.2 della medesima legge (comma 132);
§ rinviano ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione dei criteri, delle modalità e degli obiettivi delle attività di monitoraggio controllo e valutazione sui progetti. Le attività in questione potranno essere svolte anche attraverso il ricorso ad esperti e società specializzate (comma 133);
§ intervengono sulla composizione del Comitato, prevedendo che esso abbia tra i suoi componenti anche un rappresentante del Ministero dell’economia e finanze. A tal fine, si novella l’art. 2, primo comma, della citata legge n.808 (comma 134).
La legge n. 808/1985 costituisce il principale strumento di politica industriale di sostegno al settore della ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale e dell'elettronica connessa. In particolare, l'articolo 3 della legge 808 disciplina i finanziamenti e i contributi per la partecipazione di imprese nazionali a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici, disponendo, al comma 1, che a queste possano essere concessi:
· finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime (lettera a)). Tali finanziamenti, ai sensi della legge, sono rimborsabili mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici (art. 4, comma nono, lettera c));
· contributi in conto interessi sui finanziamenti:
- a sostegno della produzione di serie, concessi da istituti di credito, per lo svolgimento dell'attività di produzione di serie, nella misura del 70% del costo del programma di produzione considerato e per un periodo massimo di cinque anni (l'80% per le iniziative localizzate nelle aree del mezzogiorno di cui all'art. 1, D.P.R. n. 218/1978) (lettera b))
- per un periodo massimo di dieci anni relativi a dilazioni di pagamento ai clienti finali, nelle misure necessarie ad allineare le condizioni del finanziamento a quelle praticate dalle istituzioni finanziarie nazionali delle imprese estere partecipanti al programma (lettera c)).
Gli interventi possono essere effettuati anche in relazione all'eventuale finanziamento, da parte delle imprese nazionali, delle attività comuni di programma per la quota di loro pertinenza. Le agevolazioni di cui all'articolo 3 non sono cumulabili con altri incentivi (articolo 4, comma settimo).
Come viene evidenziato dalla relazione in esame, l'intervento di sostegno di cui alla legge n. 808/85 è di regola nella forma di finanziamenti agevolati (a tasso zero) che vengono restituiti attraverso un piano di rimborso dalle imprese beneficiarie, ai sensi dell'articolo 3, comma primo, lettera a) e articolo 4, comma settimo della stessa legge 808. L'accesso ai finanziamenti, avviene attraverso appositi bandi.
L'ammissione del programma di ricerca e sviluppo dell'impresa ai benefici previsti dall'articolo 3 è deliberata dal MISE previo parere del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica, previsto dall’articolo 2 della legge n. 808/1985 per assicurare la coordinata e razionale applicazione degli interventi di sostegno previsti dal citato articolo 3. Il Comitato è presieduto dal Ministro dello sviluppo economico ed è costituito da rappresentanti del MISE, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'istruzione università e ricerca MIUR e del Ministero della Difesa e da tre esperti (professori universitari) nelle discipline riconducibili all'aerospazio. I componenti del Comitato sono stati rinnovati per il periodo 2017-2019 con D.M. 22 dicembre 2016. Con un recente D.M. 4 ottobre 2018, i componenti del Comitato sono stati integrati con un rappresentante del Ministro per il Sud.
In attuazione dell’articolo 3 della legge n. 808, è stato adottato il D.M. 173/2010 (Regolamento concernente la disciplina degli interventi relativi ai progetti di ricerca e sviluppo). Successivamente, è intervenuto il D.M. 3 luglio 2015 ha ridefinito i criteri e le modalità degli interventi finalizzati a promuovere e sostenere i progetti di ricerca e di sviluppo nel settore aerospaziale.
Il D.M. n. 174/2010 disciplina invece specificamente i criteri e le modalità procedurali degli interventi di sostegno ai progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale funzionali alla sicurezza nazionale.
Articolo 1, comma 135
(Scuola europea di industrial engineering and management)
Il comma 135 autorizza la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2019 per il finanziamento di progetti innovativi di formazione in industrial engineering and management.
La disposizione è volta alla promozione del progetto della Scuola europea di industrial engineering and management, e a tal fine stanzia 2 milioni di euro per l’anno 2019 per il finanziamento di progetti innovativi di formazione in questo campo in Italia.
Articolo 1, comma 136
(Modifiche alla normativa in materia di limiti all’utilizzo del denaro contante)
Il comma 136 modifica le vigenti disposizioni in tema di tracciabilità dei pagamenti per specifiche categorie di acquisti di beni e servizi effettuati da parte di stranieri non residenti. In particolare, viene elevato da 10.000 a 15.000 euro l’importo massimo dei pagamenti in contanti effettuabili, e viene estesa la possibilità di effettuare tali operazioni anche ai cittadini dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo.
Il comma 136 modifica l’articolo 3 del decreto legge n. 16 del 2012 sostituendo integralmente il comma 1, che introduce facilitazioni per l'acquisto di beni e di prestazioni di servizi legate al turismo.
In particolare, per specifiche categorie di acquisti effettuati da persone fisiche non residenti di cittadinanza diversa da quella italiana, il limite per il trasferimento di denaro contante, fissato a 3.000 euro dall'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007, n. 231, è elevato a 15.000 euro nel rispetto di specifici adempimenti amministrativi posti a carico del cedente del bene o del prestatore del servizio.
Il limite, già in precedenza fissato a 15.000 euro, era stato ridotto a 10.000 euro per effetto del decreto legislativo n. 90 del 2017 recante l'attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Oltre ad accrescere il limite all'utilizzo del contante, lo stesso viene esteso agli acquisti effettuati da cittadini dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, che attualmente sono soggetti al limite ordinario di 3.000 applicabile agli acquisti effettuati da cittadini italiani.
Le specifiche categorie di esercizi commerciali e prestazioni ai quali si applica il limite dei 15.000 euro per l'utilizzo del contante sono identificate con riferimento agli articoli 22 e 74-ter del D.P.R. n. 633 del 1972. Si tratta, in particolare di:
· commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante;
· prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica;
· prestazioni di trasporto di persone nonché di veicoli e bagagli al seguito;
· prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell'abitazione dei clienti;
· prestazioni di custodia e amministrazione di titoli e per gli altri servizi resi da aziende o istituti di credito e da società finanziarie o fiduciarie;
· per alcune delle operazioni esentate dall'IVA ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. 633 del 1972, tra cui la prestazione di servizi connessi alla concessione, gestione e negoziazione di crediti, operazioni di assicurazione, relative a valute e a strumenti finanziari;
· attività di organizzazione di escursioni, visite della città, giri turistici ed eventi similari, effettuata dalle agenzie di viaggi e turismo;
· prestazioni di servizi di telecomunicazione, di servizi di teleradiodiffusione e di servizi elettronici resi a committenti che agiscono al di fuori dell'esercizio d'impresa, arte o professione.
La possibilità di derogare al limite ordinario all'utilizzo del contante viene, come anticipato, condizionata al compimento di specifici adempimenti. In particolare, si viene a prevedere che il venditore (o il prestatore del servizio):
· contestualmente all’effettuazione dell’operazione, acquisisca la fotocopia del passaporto del cessionario o del committente nonché apposita autocertificazione di quest’ultimo attestante che non è cittadino italiano e che ha la residenza fuori del territorio dello Stato;
· nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione versi il denaro contante incassato in un conto corrente ad esso intestato presso un operatore finanziario, consegnando a quest’ultimo copia della ricevuta della comunicazione con la quale è stato indicato all'Agenzia delle entrate il conto che il cedente del bene o il prestatore del servizio intende utilizzare per potersi avvalere della deroga al limite ordinario di utilizzo del contante.
Articolo 1, comma 137
(Proroga dell'incentivo all'occupazione nel Mezzogiorno)
Il comma in esame prevede che i programmi operativi nazionali e regionali e quelli operativi complementari possano stabilire per il 2019 e il 2020, nell’àmbito degli obiettivi specifici contemplati dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire l’assunzione con contratto a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età ovvero di soggetti di età pari o superiore alla suddetta soglia, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
Tali misure possono consistere anche in un esonero contributivo integrale della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro privato (fatti salvi i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), entro il limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua (anche in deroga a norme vigenti relative a divieti di cumulo con altri esoneri o riduzioni della contribuzione).
La rimodulazione in esame dei suddetti programmi operativi non può essere superiore a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Le azioni di rimodulazione sono adottate con le procedure previste dalla disciplina vigente.
L'intervento in oggetto ripropone, in termini analoghi, una misura già stabilita per il 2018 dall'art. 1, commi 893 e 894, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, a cui è stata attuazione con il decreto direttoriale dell'ANPAL n. 2 del 2018 (come rettificato dal decreto direttoriale n. 81 del 2018).
Si ricorda che, in generale, le misure di agevolazione contributiva non incidono sul calcolo del trattamento pensionistico, in quanto, nella disciplina del cosiddetto sistema contributivo, l'aliquota di computo del trattamento è fissata in via autonoma e non mediante rinvio al livello dell'aliquota contributiva.
Articolo 1, commi 138-142
(Reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza)
I commi da 138 a 142 istituiscono due distinti Fondi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con possibilità per gli stessi di utilizzare reciprocamente a compensazione eventuali risparmi realizzati.
Il primo è il Fondo per il reddito di cittadinanza volto a introdurre nel nostro ordinamento il reddito e la pensione di cittadinanza con una dotazione pari a 9 miliardi di euro annui a decorrere dal 2019 (risorse in parte destinate al potenziamento dei centri per l’impiego e al finanziamento di ANPAL Servizi S.p.A.). Fino all’entrata in vigore di tali istituti continuano ad essere garantite le prestazioni del Reddito di inclusione.
Il secondo è il Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, per introdurre ulteriori modalità di pensionamento anticipato e per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, con una dotazione pari a 6,7 miliardi di euro per il 2019, di 7 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, a 6.999 milioni di euro per il 2023 e a 7 miliardi di euro a decorrere dal 2024.
Il comma 138 istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il reddito di cittadinanza, al fine dell’introduzione, nell’ordinamento, degli istituti della pensione di cittadinanza e del reddito di cittadinanza.
La norma provvede a stanziare le risorse per l’istituzione dei richiamati istituti (9 miliardi di euro annui dal 2019), demandando l’attuazione degli stessi ad appositi provvedimenti normativi nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa.
Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le suddette risorse sono iscritte sul cap. 2780, nell’ambito della Missione 3 “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”.
Si segnala, al riguardo che, il testo, nell’individuare espressamente l’istituto del reddito di cittadinanza[11], non fornisce elementi sulle pensioni di cittadinanza.
Il terzo periodo del comma 138 è volto a garantire il riconoscimento delle prestazioni del Reddito di inclusione di cui al D. Lgs. n. 147/2017, fino alla piena operatività delle nuove misure da introdurre. Se ne dispone, pertanto, la prosecuzione, confermandone i limiti di spesa e disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.
A tal fine, le risorse destinate all'erogazione economica del ReI, nei suddetti limiti di spesa, sono trasferite ed accantonate nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza, riducendo, conseguentemente, a decorrere dal 2019, le relative risorse del Fondo povertà previste per la misura.
Per gli anni 2019, si ricorda, il limite di spesa previsto per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione (ReI) è stato determinato, all'articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 147/2017, in 2.198 milioni. Le cifre diminuiscono a 2.158 milioni per il 2020 e 2.130 milioni annui dal 2021.
Tali importi sono quelli portati in riduzione del Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale, sul relativo capitolo di bilancio (cap. 3550/Lavoro).
Considerando le risorse provenienti dall’autorizzazione legislativa di spesa riferita al Reddito di inclusione, la Relazione Tecnica quantifica, pertanto, i maggiori oneri derivanti dal comma 138 in esame, rispetto a quelli previsti a legislazione vigente, in 6.802 milioni di euro nel 2019, 6.842 milioni di euro per il 2020 e 6.870 milioni di euro dal 2021, quale differenza tra il nuovo stanziamento di 9.000 milioni a decorrere dal 2019 e le risorse già previste per l'erogazione dei benefici economici del ReI, che vanno a costituire un apposito accantonamento nell'ambito del nuovo Fondo per il reddito di cittadinanza.
Per quel che concerne specificamente il Fondo povertà, si sottolinea che l’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 147/2017 prevede una dotazione pari a 2.059 milioni di euro per l'anno 2018, 2.545 milioni di euro per l'anno 2019 e a 2.745 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
Rispetto a tali importi stanziati, la norma ha fissato limiti di spesa per l'erogazione dei benefici economici del Reddito di inclusione determinati in 2.198 milioni per il 2019, 2.158 milioni per il 2020 e 2.130 milioni annui dal 2021. A decorrere dal 2020 per i suddetti limiti di spesa occorre peraltro considerare gli incrementi determinati dal Piano nazionale per la lotta alla povertà (v. approfondimento).
La disciplina prevista ai fini del rispetto dei limiti di spesa annuali prevede che l'INPS accantoni, alla concessione di ogni beneficio economico del ReI, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell'anno, per ciascuna annualità in cui il beneficio è erogato. In caso di esaurimento delle risorse disponibili per l'esercizio di riferimento (e che non risultano accantonate), con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, da adottarsi entro trenta giorni dall'esaurimento di dette risorse, è ristabilita la compatibilità finanziaria mediante rimodulazione dell'ammontare del beneficio. In attesa del decreto, comunque, l'acquisizione di nuove domande e le erogazioni vengono sospese. La rimodulazione del beneficio è prevista esclusivamente per le erogazioni successive all'eventuale esaurimento delle risorse non accantonate.
Si sottolinea che sul Fondo Povertà (cap. 3550), dopo la riduzione di risorse disposta dal comma in esame, per la costituzione dell’accantonamento nell’ambito del Fondo per il reddito di cittadinanza, residuano risorse pari a 347 milioni di euro per il 2019, 587 milioni per il 2020 e a 615 milioni per il 2021, riservate al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 147/2017.
Dal 1° gennaio 2018 è stato istituito il Reddito di inclusione (ReI) quale misura unica nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, condizionata alla valutazione della condizione economica attraverso l’ISEE. Il ReI ha sostituito il SIA (Sostegno per l’inclusione attiva) e l’ASDI (Assegno di disoccupazione).
Il ReI si compone di due parti:
§ un beneficio economico, su dodici mensilità, con un importo variabile a secondo della numerosità del nucleo familiare (da circa 187 a circa 539 euro per nuclei familiari con 6 o più componenti). Il beneficio economico viene erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta ReI);
§ un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà, predisposto sotto la regia dei servizi sociali del Comune.
Per l'accesso al ReI sono previsti requisiti economici, di residenza/soggiorno e di compatibilità (i membri del nucleo familiare non devono essere percettori di prestazioni di disoccupazione).
Per quanto riguarda i requisiti di residenza e soggiorno, il richiedente deve essere: cittadino dell'Unione o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia, in via continuativa, da almeno due anni al momento della presentazione della domanda. Per quanto riguarda i requisiti economici, il nucleo familiare deve essere in possesso congiuntamente di: un valore ISEE non superiore a 6mila euro; un valore ISRE (l'indicatore reddituale dell'ISEE, ossia l'ISR diviso la scala di equivalenza, al netto delle maggiorazioni) non superiore a 3mila euro; un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro; un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti) non superiore a 10mila euro (ridotto a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola).
Sono previste sanzioni, nonché la sospensione e decadenza dal REI nelle ipotesi di mancato rispetto degli obblighi di condizionalità assunti con la sottoscrizione del progetto personalizzato. Sono inoltre previste ulteriori ipotesi sanzionatorie nei casi di percezione del ReI a seguito di dichiarazione mendace in sede di DSU, o di mancata comunicazione di variazioni nella composizione del nucleo familiare.
Nell'ottica della progressiva estensione della misura, la Legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017) ha abrogato dal 1° luglio 2018 tutti i requisiti familiari transitori (presenza di un minorenne, di una persona disabile, di una donna in gravidanza, di un disoccupato ultra 55enne) richiesti in sede di prima applicazione.
Il ReI è finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015). Il Fondo, a carattere permanente e con risorse certe, è finalizzato alla copertura del beneficio economico collegato al ReI, ma una sua quota (quota servizi) è destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali indirizzati ai nuclei familiari beneficiari. Nel giugno 2018, sono stati adottati il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà insieme al riparto della "quota servizi" del Fondo povertà per il triennio 2018-2020. Compito del Piano è programmare, mediante indirizzi nazionali, l'utilizzo delle risorse afferenti alla quota servizi del Fondo Povertà.
A fronte di risorse certe e programmate (Fondo povertà), il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni in ambito sociale.
Per un approfondimento del tema, si rinvia alla sezione “Misure di contrasto alla povertà” del Portale della documentazione, sul sito Camera e alle Linee guida ReI per gli operatori, a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Con riferimento alla dotazione del Fondo per il reddito di cittadinanza il successivo comma 141 dispone che parte delle risorse ad esso destinate siano vincolate a specifici obiettivi, e precisamente, nell’importo fino ad 1 miliardo di euro annui per il biennio 2019-2020 al potenziamento dei centri per l’impiego e un importo fino a 10 milioni di euro per il 2019 al finanziamento del contributo di funzionamento di ANPAL[12] Servizi S.p.A..
A questo proposito, nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio è stato approvato un emendamento che, integrando il comma 141, autorizza le Regioni ad assumere fino a 4 mila unità di personale, aumentando le rispettive dotazioni organiche, con decorrenza 2019 e a regime, a valere sulle risorse previste per il potenziamento dei suddetti centri, di cui al primo periodo del comma 141, per gli anni 2019 (120 mln di euro) e 2020 (160 mln di euro) e sulle risorse di cui al comma 138, a partire dal 2021 (160 mln di euro).
Lo stesso emendamento introduce il comma 142, con il quale si prevede la facoltà, anziché l’obbligo, per le regioni di destinare una quota delle proprie facoltà assunzionali per garantire la piena operatività dei centri per l’impiego (modificando l’art. 3-bis.del D.L. 12/07/2018, n. 87 Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese).
Il comma 139 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche un fondo denominato Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani, con lo scopo di attuare interventi in materia pensionistica per l’introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato e di misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani.
Anche in questo caso, la norma provvede a stanziare le risorse per la revisione del sistema pensionistico e l’incentivazione delle assunzioni di giovani lavoratori (6,7 miliardi di euro per il 2019, di 7 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, a 6.999 milioni di euro per il 2023 e a 7 miliardi di euro a decorrere dal 2024), demandando l’attuazione degli istituti ad appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa.
Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le suddette risorse sono iscritte sul cap. 4100, nell’ambito della Missione 2 “Politiche previdenziali”.
Il comma 140 disciplina le procedure per il monitoraggio e per la eventuale riallocazione delle risorse afferenti le due misure introdotte dai commi precedenti, qualora si determinino risparmi di spesa, fermo restando l’ammontare complessivo di risorse autorizzate.
In particolare, il comma prevede, al primo periodo, la possibilità di utilizzare a compensazione degli eventuali maggiori oneri che dovessero derivare dai provvedimenti attuativi delle misure afferenti a uno dei due Fondi gli eventuali risparmi derivanti dai provvedimenti attuativi delle misure afferenti all’altro Fondo, mediante ridefinizione contestuale degli specifici limiti di spesa, fermo restando l’ammontare complessivo annuo delle risorse autorizzate dai commi 138 e 139.
La norma precisa, al riguardo, che gli eventuali risparmi da destinare a compensazione sono “puntualmente quantificati nelle relazioni tecniche di accompagnamento dei provvedimenti stessi”, richiedendosi, altresì, la contestuale rideterminazione dei limiti di spesa.
Al riguardo andrebbe chiarito come i risparmi derivanti dai provvedimenti che disciplinano l’attuazione delle misure introdotte dai commi 138 e 139 possano essere quantificati già nelle relazioni tecniche di accompagnamento dei provvedimenti attuativi medesimi, tenuto conto che tali risparmi possono essere accertati effettivamente solo all’esito del previsto monitoraggio trimestrale sull’andamento della spesa (comma 140).
La disposizione in esame sembra quindi volta a consentire ai citati provvedimenti attuativi di riconsiderare gli oneri derivanti dalle misure afferenti a ciascuno dei fondi di cui ai commi 138 e 139 (comunque entro l’ammontare complessivo annuo delle risorse stanziate dai commi 138 e 139) rispetto a quanto ora quantificato dal disegno di legge di bilancio in esame.
Per quel che concerne il monitoraggio sull’andamento della spesa, il secondo periodo del comma 140 prevede che l’amministrazione a cui è demandata la gestione delle misure suddette – che presumibilmente sarà individuata dai provvedimenti attuativi - effettua il monitoraggio trimestrale sull’andamento della spesa e ne comunica i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il mese successivo al relativo trimestre.
Qualora siano accertate, rispetto agli oneri previsti per le due misure in esame, eventuali economie per alcune misure e maggiori oneri per altre, altre, entrambi aventi anche carattere pluriennale, il terzo periodo del comma prevede che possono essere effettuate variazioni compensative tra gli stanziamenti interessati, per allineare gli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato sui due Fondi agli effettivi livelli di spesa.
Le eventuali economie non utilizzate per le suddette compensazioni, possano altresì essere destinate a riconfluire nei rispettivi Fondi, assicurando comunque, per ciascun anno, il rispetto del limite di spesa complessivamente derivante dai commi 138 e 139.
Si tratta di meccanismo analogo a quello previsto per il ReI, che consente di trascinare all’esercizio successivo le eventuali economie che si determinano di anno in anno.
Al riguardo, l’articolo 20, comma 4, del D.Lgs. n. 147/2017 prevede che le risorse afferenti al Fondo Povertà eventualmente non impegnate nell'esercizio di competenza, possono esserlo in quello successivo, con priorità rispetto a quelle impegnabili nel medesimo esercizio successivo, assicurando comunque il rispetto dei limiti di spesa.
Il Ministro dell'economia e delle finanze è quindi autorizzato ad apportare con propri decreti, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le occorrenti variazioni di bilancio, anche in conto residui.
L’accertamento avviene quadrimestralmente, tramite la procedura di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, cioè tramite Conferenza dei servizi.
Articolo 1, comma 143
(Pensionamento anticipato per i dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici in crisi)
Il comma 143, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, reca disposizioni in materia di pensionamento anticipato per i dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici in crisi.
In particolare, si prevede che il limite massimo di spesa entro il quale l’INPS accetta le domande di pensionamento anticipato (pari a 3 milioni annui per il periodo 2018-2020) sia riconosciuto anche per il 2023 per un importo di 1 milione di euro; inoltre, si dispone la non applicazione dell’adeguamento dei requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico all'incremento della speranza di vita (accertato dall'ISTAT), di cui all’articolo 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, del D.L. 78/2010.
Si ricorda che il richiamato art. 12 del D.L. 78/2010 ha disposto l'adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita inizialmente con cadenza triennale, poi, a partire da quello successivo al 2019, si avranno aggiornamenti con cadenza biennale.
Sul punto, il DM 5 dicembre 2017 ha aumentato i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, di cinque mesi a decorrere dal 2019.
Articolo 1, comma 144
(Congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente)
Il comma 144, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, proroga per il 2019 il congedo obbligatorio di paternità, elevandone la durata a cinque giorni.
Più nel dettaglio, l’articolo in esame proroga per il 2019 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente (di cui all’articolo 4, comma 24, lett. a), della L. 92/2012, come prorogato da successivi provvedimenti – vedi infra), elevandone la durata a cinque giorni (lett. a) e b)).
Inoltre, si dispone che anche per il 2019 il padre possa astenersi per un ulteriore giorno (in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima) (lett. c)).
Si conferma, inoltre, la copertura finanziaria prevista per il biennio 2017-2018 come disposta dall’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 354, della L. 232/2016 (pari a 20 milioni di euro per il 2017 e a 41,2 milioni di euro per il 2018) (lett. d)).
Il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotto in via sperimentale dall’art. 4, c. 24, lett. a), della L. 92/2012, è stato oggetto di successive proroghe, da ultima quella disposta per gli anni 2017 e 2018 dalla legge di bilancio per il 2017 (articolo 1, comma 354, L. 232/2016).
Si ricorda che il suddetto congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e la sua durata è pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016) e a 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante).
Articolo 1, comma 145
(Lavoratori esposti all’amianto)
Il comma 145, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, estende ulteriormente la platea ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali in virtù dell’esposizione all’amianto.
Il comma 145, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, estende ulteriormente la platea ai quali sono riconosciuti specifici benefici previdenziali in virtù dell’esposizione all’amianto
Si ricorda che tale platea è stata già ampliata ai sensi dell’articolo 1, comma 275, della L. 208/2015.
Più specificamente, si dispone che nei lavoratori (individuati dal, richiamato comma 275 ai fini della fruizione dei benefici pensionistici, vedi infra) che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell’INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, siano ricompresi (sempre ai fini della fruizione dei benefici pensionistici), i lavoratori che, transitati nel pubblico impiego ovvero nella gestione ex-IPOST (gestione dei postelegrafonici, attualmente gestita all’interno dell’INPS) abbiano effettuato la ricongiunzione contributiva (ai sensi dell’articolo 2 della L. 29/1979) e risultino iscritti a forme previdenziali obbligatorie diverse dall’Assicurazione Generale Obbligatoria[13].
I commi da 274 a 279 dell’articolo 1 della L. 208/2015 recano disposizioni in materia di trattamento previdenziale dei lavoratori esposti all’amianto, in primo luogo prorogando per il triennio 2016-2018 l’applicazione della maggiorazione contributiva (di cui all’articolo 13, comma 2, della L. 257/1992 e pari, per i lavoratori con almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva, al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne) riconosciuta (ai sensi dell’articolo 1, comma 117, della L. 190/2014) ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico agli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese (e cioè, ai sensi dell’articolo 1, comma 117, delle L. 190/2014, esercenti attività di scoibentazione e bonifica e con attività di lavoro cessata per chiusura, dismissione o fallimento e il cui sito sia interessato dal Piano di Bonifica da parte dell'Ente territoriale), che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto-correlata (accertata e riconosciuta ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della L. 257/1992, che ha stabilito che ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall’I.N.A.I.L., il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto debba essere moltiplicato per il coefficiente di 1,5).
In particolare, il comma 275 ha esteso la platea a cui si applicano le disposizioni richiamate, comprendendovi anche i lavoratori che, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro, siano approdati ad una gestione di previdenza diversa da quella dell’INPS e che non abbiano maturato il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso degli anni 2015 e 2016, derogando alla norma (articolo 1, comma 115, della L. 190/2014) che fissa al 31 giugno 2015 il termine ultimo per la presentazione all’INPS della domanda per il riconoscimento dei benefici previdenziali.
La ricongiunzione è l'unificazione dei periodi di assicurazione maturati dal lavoratore in diversi settori di attività. Lo scopo è quello di ottenere un'unica pensione (generalmente di importo più elevato di quella che risulterebbe dalla somma delle pensioni nelle singole gestioni) calcolata su tutti i contributi versati. La ricongiunzione può essere chiesta dai lavoratori dipendenti pubblici e privati e dai lavoratori autonomi, che hanno contributi in diversi settori di attività, o dai loro superstiti.
L'articolo 12, commi da 12-septies a 12-undecies, del D.L. 78/2010, ha modificato sostanzialmente la disciplina della ricongiunzione dei contributi pensionistici (di cui alla L. 7 febbraio 1979, n. 29) al fine di armonizzare le norme previste nei diversi regimi pensionistici.
In particolare, il comma 12-septies ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2010, l'applicazione alle ricongiunzioni effettuate da lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che siano o siano stati iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive, esclusive od esonerative dell'A.G.O., delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 3, 4 e 5, della stessa L. 29/1979. In base a tale disposizioni è stato quindi posto a carico del richiedente la ricongiunzione il 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base a specifici criteri e tabelle, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative a norma del comma precedente. Il pagamento della richiamata somma può essere effettuato, su domanda, in un numero di rate mensili non superiore alla metà delle mensilità corrispondenti ai periodi ricongiunti, con la maggiorazione di interesse annuo composto pari al 4,50%. Infine, il debito residuo al momento della decorrenza della pensione può essere recuperato ratealmente sulla pensione stessa, fino al raggiungimento del numero di rate indicato in precedenza. È comunque fatto salvo il trattamento previsto per la pensione minima erogata dall'INPS. Le disposizioni di cui al comma 12-septies trovano applicazione, a decorrere dal 1° luglio 2010, anche nei casi di trasferimento della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (comma 12-nonies).
L'onere da porre a carico dei richiedenti è determinato in base ai criteri fissati dall'articolo 2, commi da 3 a 5, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184[14]. Infine, il successivo comma 12-octies ha previsto l'applicazione delle stesse modalità di cui al comma 12-septies, dalla medesima decorrenza, nei casi di trasferimento della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per i dipendenti dell'E.N.E.L. e delle aziende elettriche private al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Articolo 1, comma 146
(Contributo in favore della Federazione italiana per il superamento dell'handicap)
Il comma in esame - inserito dalla Camera - prevede un contributo, pari a 400 migliaia di euro per il 2019, in favore della Federazione italiana per il superamento dell’handicap ONLUS.
Il contributo è stanziato al fine di garantire l'attività di inclusione e promozione sociale delle persone con disabilità svolta dalla suddetta ONLUS.
Articolo 1, commi 147 e 153
(Apprendistato e alternanza scuola-lavoro)
I commi 147 e 153 rideterminano specifiche risorse destinate (comma 147) al finanziamento dei percorsi formativi relativi all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (e dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro) e (comma 153) agli incentivi per le assunzioni con la medesima tipologia di apprendistato (della cui nuova dotazione occorre rideterminate la destinazione, in relazione al 2019). Gli oneri sono posti a carico del Fondo sociale occupazione e formazione, di cui si conferma la sussistenza delle risorse.
Più specificamente:
§ il comma 147 incrementa lo stanziamento per il finanziamento dei richiamati percorsi formativi disposto dalla L. 205/2017 (75 milioni di euro a decorrere dal 2018) per un importo pari a 50 milioni (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui la relazione tecnica allegata conferma la sussistenza delle necessarie risorse), portando così il finanziamento a 125 milioni di euro limitatamente al 2019;
§ il comma 153 diminuisce lo stanziamento degli incentivi per le assunzioni con il contratto di apprendistato richiamato in precedenza (di cui all’articolo 32, comma 1, del D.Lgs. 150/2015[15]), così come stabilito dalla L. 205/2017. In particolare, sono stanziati 5 milioni per il 2019 (in luogo dei 15,8 milioni previsti, considerati eccedenti dalla relazione tecnica allegata) e 5 milioni di euro a decorrere dal 2020 (in luogo dei 22 milioni previsti).
Al riguardo la relazione tecnica allegata afferma che l’incremento finanziario previsto a partire dal 2019 dall’articolo 1, comma 110, lettera d) (vedi infra), risulta eccedente rispetto al totale finanziario allocato dall’articolo 68, comma 4, lettera a), della L. 144/1999, nell’ambito del quale rientra l’intervento del citato comma 110 dell’articolo 1 della legge 205/2017. Inoltre, risulta necessario rideterminare la destinazione in 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.
L’articolo 1, commi 110-112, della L. 205/2017 ha previsto specifici finanziamenti nel settore della formazione e dell'apprendistato, a decorrere dal 2018, a carico del richiamato Fondo sociale per occupazione e formazione.
In particolare:
§ il comma 110, lettera b), ha stanziato 75 milioni per il finanziamento dei percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, nonché dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro;
§ il comma 110, lettera d), ha stanziato 5 milioni per il 2018, 15,8 milioni per il 2019 e 22 milioni annui a decorrere dal 2020, per l'estensione degli incentivi (già previsti da precedenti interventi legislativi fino al 31 dicembre 2017) per le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
Articolo 1, comma 148
(Piani di recupero occupazionale)
Il comma 148 autorizza per l’anno 2019 la destinazione di somme per la erogazione del trattamento di mobilità in deroga per i lavoratori delle aree di crisi industriale al fine di completare i piani di recupero occupazionale previsti.
La norma prevede la facoltà di utilizzare le restanti risorse finanziarie stanziate per far fronte, attraverso l’erogazione del trattamento di mobilità in deroga, ai piani di recupero occupazionale in favore dei lavoratori delle aree di crisi industriale previsti da specifiche disposizioni (l'articolo 44, comma 11-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 maggio 2018, n. 44, per le specifiche situazioni occupazionali della regione Sardegna), nonché ulteriori 117 milioni di euro a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185)
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le predette risorse sono ripartite proporzionalmente tra le regioni in base alle rispettive esigenze.
L'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto la possibilità di concedere un ulteriore intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga (sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa), entro un limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per il 2016 e di 117 milioni di euro per il 2017. Il trattamento può essere concesso, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta alla data dell'8 ottobre 2016. Per essere ammessa all'ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa ha l'obbligo di presentare un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, con contestuale dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni presenti nello stesso D.Lgs. 148/2015 né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Con specifico decreto ministeriale, le risorse sono proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste, entro il limite massimo complessivo di spesa in precedenza richiamato. È previsto, infine, il monitoraggio da parte dell'INPS.
Il richiamato art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga. A legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017), il capitolo afferente al Fondo sociale per occupazione e formazione, Cap. 2230/Lavoro, riporta stanziamenti pari a 543,8 milioni per il 2018, a 528,2 milioni per il 2019 e a 428 milioni per il 2020.
Articolo 1, comma 149
(Politiche attive del lavoro)
Il comma 149 prevede che specifiche risorse, stanziate da precedenti provvedimenti legislativi e non utilizzate, siano destinate ad interventi di politica attiva del lavoro, incrementando a tal fine anche il Fondo per le politiche attive del lavoro.
Più specificamente:
§ le risorse non utilizzate per i programmi di riqualificazione e ricollocazione di lavoratori in situazione di crisi aziendale o settoriale nel Mezzogiorno, di cui all’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017, restano acquisite al bilancio dell’ANPAL al fine di essere utilizzate per programmi di politica attiva del lavoro;
§ i risparmi di spesa presenti nel Fondo istituito per finanziare l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 2013[16] ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni realizzati, di cui all’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013, affluiscono al Fondo per le politiche attive del lavoro.
L’articolo 10, comma 1, del D.L. 91/2017 ha stanziato 15 milioni di euro per il 2017 e 25 milioni di euro per il 2018 a favore dell’ANPAL per specifici programmi (attuati dall’ANPAL stessa) volti alla riqualificazione e alla ricollocazione di lavoratori coinvolti in situazioni di crisi aziendale o settoriale nelle regioni del Mezzogiorno, in raccordo con le regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) e con i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua.
L’articolo 2, comma 6, del D.L. 76/2013 ha disposto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, l’erogazione dell’indennità di partecipazione prevista dall’Accordo del 24 gennaio 2013 ai tirocinanti che effettuino tirocini formativi e di orientamento nelle Pubbliche Amministrazioni, allo scopo istituendo un apposito fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con dotazione di 2 milioni di euro annui per il periodo temporale in precedenza richiamato. Tale fondo opera per le ipotesi in cui si possa, per comprovate ragioni, far fronte al relativo onere attingendo ai fondi già destinati alle esigenze formative delle amministrazioni interessate.
Il Fondo per le politiche attive del lavoro, istituito dall’articolo 1, comma 215, della L. 147/2013 (con l’obiettivo favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, e di lavoratori in stato di disoccupazione involontaria), presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con dotazione pari a 15 milioni di euro per il 2014, e 20 milioni di euro annui per il biennio 2015-2016, opera per la realizzazione di iniziative, anche sperimentali, volte a potenziare le politiche attive del lavoro, tra le quali la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione. Il Fondo è stato rideterminato con l’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. 22/2015 (32 milioni di euro per il 2015), e successivamente con l’articolo 43, comma 6, del D.Lgs. 148/2015 (32 milioni di euro per il 2016, 82 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019, 72 milioni di euro per il 2020, 52 milioni di euro per il 2021, di 40 milioni di euro per il 2022, 25 milioni di euro per il 2023 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2024). Con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 14 novembre 2014 sono state stabilite le finalità del Fondo e le modalità di accesso allo stesso.
Articolo 1, comma 150
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)
Reca un rifinanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie per 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.
Si viene a prevedere un incremento di 3 milioni annui, per il Fondo nazionale per le politiche migratorie.
L’articolo 45 del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 286 del 1998) istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle seguenti iniziative:
§ accoglienza di stranieri immigrati per cause eccezionali;
§ istruzione degli stranieri ed educazione interculturale;
§ centri di accoglienza;
§ misure di integrazione quali la diffusione delle informazioni utili all’inserimento degli stranieri nella società e alla conoscenza della cultura originaria degli stranieri;
§ stanziamento per la Commissione per le politiche di integrazione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il regolamento (d.P.R. n. 394 del 1999) di attuazione del Testo unico stabilisce, all'articolo 58, che una quota pari all'80 per cento dei finanziamenti dell'intero Fondo sia destinata ad interventi annuali e pluriennali attivati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali, per straordinarie esigenze di integrazione sociale determinate dall'afflusso di immigrati. La restante quota pari al 20 per cento dei finanziamenti è destinata ad interventi di carattere statale.
La medesima disposizione prevede che il riparto delle somme sia effettuato con decreto ministeriale.
Le note integrative allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali riportano che il Fondo è volto a sostenere l'azione 'di sistema' per l'integrazione sociale e l'inserimento lavorativo dei migranti.
Esso è alimentato annualmente attraverso il riparto del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Per questo motivo il fondo non viene mai accreditato sul pertinente capitolo di spesa dalla legge di bilancio ma interviene solo verso la fine dell'anno finanziario. Pertanto si utilizzano una serie di impegni i cui effetti risultano visibili nell'anno finanziario successivo.
Si segnala che lo stanziamento del fondo è recato dal cap. 3783 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale capitolo non reca somme a legislazione vigente.
Articolo 1, commi 151-152
(Fondo per l’assistenza e l’aiuto alle minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi)
Viene istituito un Fondo per interventi di sostegno diretto alle minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi effettuati da soggetti senza finalità di lucro, con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per ciascuna annualità 2019 e 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2021.
La norme, inserite durante l’esame alla Camera, istituiscono nello stato di previsione del MAECI un Fondo con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per ciascuna annualità 2019 e 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2021, finalizzato ad interventi di sostegno diretto alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi, posti in essere dalle organizzazioni della società civile e dagli altri soggetti senza finalità di lucro, di cui all’art. 26, comma 2, della legge n. 125/2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo) (comma 151). Ai sensi del comma 152 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale è tenuto a presentare una relazione annuale sulla realizzazione delle iniziative di sostegno finanziate con le risorse del Fondo.
Secondo il Rapporto 2018 sulla libertà religiosa nel mondo, rilasciato dalla onlus Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), fondazione di diritto pontificio attiva dal 1947, i cristiani che soffrono di persecuzione assommano a 300 milioni a livello mondiale. In particolare il rapporto individua 38 Paesi nei quali la libertà religiosa subisce gravi o estreme violazioni.
Si segnala infine che, presso la Commissione esteri della Camera dei deputati, nella seduta del 15 novembre 2018, si è svolta l’audizione del direttore di ACS, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella Comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni.
Articolo 1, comma 154
(Investimenti qualificati)
L’articolo 1, comma 154 innalza l’importo che gli enti di previdenza obbligatoria possono destinare agli investimenti qualificati e ai PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine, dal 5 all’8 per cento dell’attivo patrimoniale di detti enti.
Il comma 154 eleva dal 5 all’8 per cento dell’attivo patrimoniale (comma 88 della legge di bilancio 2017, come modificato dal decreto-legge n. 50 del 2017) il limite delle somme che gli enti di previdenza obbligatoria (di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) possono destinare agli investimenti qualificati, come definiti dal comma 89 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio 2017, nonché ai piani di risparmio a lungo termine indicati al comma 100 dello stesso articolo 1.
Rinviando alla documentazione web per approfondimenti, si ricorda in questa sede che la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 88-114, successivamente modificata dal decreto-legge n. 50 del 2018 e dalla legge di bilancio 2018) ha introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nelle imprese e in particolar modo nelle PMI, nonché per le persone fisiche attraverso i piani individuali di risparmio.
In particolare, i commi 88 e 89 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 hanno consentito agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) di effettuare investimenti qualificati e (per effetto del decreto-legge n. 50 del 2017) di investire nei PIR – Piani di risparmio a lungo termine, nel limite del 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente.
Gli investimenti cd. qualificati devono avere per oggetto (comma 89) azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo ovvero azioni o quote di OICR residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo i quali investono prevalentemente nelle predette azioni o quote di imprese. I redditi generati dai suddetti investimenti, salve le partecipazioni qualificate, sono esenti da imposizione (comma 90); il comma 91 prevede che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni. Ove ceduti prima dei cinque anni, essi sono sottoposti all’imposta sostitutiva secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni.
La disciplina dei PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine (commi 100-114 della legge n. 232 del 2016) prevede un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti da investimenti detenuti per almeno 5 anni nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le Pmi, nei limiti di 30mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150mila euro. I piani di risparmio devono essere gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.
Si ricorda infine che il comma 92 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 consente anche alle forme di previdenza complementare (fondi pensione) di destinare somme, fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, negli investimenti qualificati ed ai PIR. Le modifiche in esame non incidono, tuttavia, sul comma 92: per i fondi pensione resta dunque fermo il limite del 5 per cento attualmente previsto.
Articolo 1, commi 155-159
(Incentivi giovani conducenti del settore autotrasporto)
I commi 155-159, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, prevedono incentivi, per gli anni 2019 e 2020, in favore di giovani conducenti (che non abbiano compiuto i 35 anni d’età) nel settore dell’autotrasporto merci, disponendo, in particolare, il rimborso del 50% delle spese sostenute per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’autotrasporto per conto terzi.
Deve trattarsi di personale assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato da imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi attive sul territorio italiano, alle quali spetta una detrazione, ai fini dell’imposta sul reddito delle società, pari ad una quota dei rimborsi erogati ai giovani conducenti per un importo complessivo massimo di 3 mila euro per ciascun periodo d’imposta (commi 155-158).
Il rimborso di cui al comma 155 è erogato in favore dei giovani conducenti da ciascuna impresa entro sei mesi dalla data di decorrenza del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Nel caso di conducenti già assunti e già inquadrati nelle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi, il rimborso è erogato da ciascuna impresa entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, purché al momento della richiesta sussistano i requisiti di età e di qualifica previsti per gli aventi diritto.
Le modalità di richiesta e di erogazione del rimborso di cui al comma 155 saranno definite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con apposito provvedimento da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Si prevede che dal rimborso siano esclusi i versamenti corrisposti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rilascio della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi, nonché per le spese relative all’acquisto dei contrassegni telematici richiesti dalla normativa vigente, che restano quindi a carico dei conducenti (comma 159).
Agli oneri per il 2019, pari a 40 milioni di euro, si provvede mediante la riduzione del Fondo per l’attuazione del programma di Governo, di cui al comma 421. Al medesimo fondo affluiscono le maggiori entrate derivanti dall’articolo, pari a 16 mln di euro per il 2020 e a 0,5 mln di euro per il 2021.
Con riferimento alle abilitazioni concernenti il trasporto di cose si distingue la licenza per lo svolgimento dell’attività di trasporto di cose in conto proprio (disciplinata dagli articoli 31-39 della legge n. 298 del 1974, avente ad oggetto l’istituzione dell'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, la disciplina degli autotrasporti di cose e l’istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada) e l’attività di trasporto di cose per conto di terzi.
Tale ultima attività è definita come “attività imprenditoriale per la prestazione di servizi di trasporto verso un determinato corrispettivo” (articolo 41).
Per l'effettuazione dei trasporti di cose per conto di terzi è necessario che l'imprenditore sia iscritto nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi ed abbia ottenuto apposita autorizzazione che consente l'effettuazione di trasporti nell'àmbito dell'intero territorio nazionale. Le autorizzazioni vengono rilasciate dagli uffici provinciali della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione alle imprese che abbiano la sede nel territorio di competenza degli uffici stessi e che siano iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, sono rilasciate per un periodo di nove anni e, alla scadenza, possono essere rinnovate con il parere favorevole dei competenti comitati per l'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi.
Qui sono indicate le modalità secondo le quali devono essere presentate le domande per l’iscrizione all’albo degli autotrasportatori.
Articolo 1, comma 160
(Dispositivi antiabbandono)
Il comma 160 prevede l’assegnazione di 1 milione di euro per l'anno 2019 da destinare agli incentivi per l’acquisto dei dispositivi di allarme volti a prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli, resi obbligatori dalla legge n.117 del 2018
La legge 117/2018 modifica l'articolo 172 che ha ad oggetto l'uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini.
In particolare si prevede che il conducente dei veicoli della categoria M1, N1, N2 e N3 immatricolati in Italia, o immatricolati all'estero e condotti da residenti in Italia, quando trasporta un bambino di età inferiore ai quattro anni assicurato al sedile con il sistema di ritenuta, ha l'obbligo di utilizzare apposito dispositivo di allarme volto a prevenire l'abbandono del bambino, rispondente alle specifiche tecnico-costruttive e funzionali stabilite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
La disposizione modifica anche il comma 10 dell'articolo 172, che ha ad oggetto le sanzioni in caso di mancato uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per i bambini, introducendo tra le fattispecie sanzionate anche l'ipotesi di utilizzo di un sistema di ritenuta privo del dispositivo di allarme sonoro sopra indicato (la sanzione applicata è quella prevista per il mancato uso dei sistemi di ritenuta).
Si prevede anche che le caratteristiche tecnico-costruttive e funzionali del dispositivo di allarme siano definite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e che l'obbligo di installazione del dispositivo di allarme si applichi decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto sulle caratteristiche tecnico-funzionali e comunque a decorrere dal 1o luglio 2019.
Da ultimo la legge prevede che, al fine di agevolare l'acquisto di dispositivi di allarme volti a prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli, possano essere previste agevolazioni fiscali, limitate nel tempo con appositi provvedimenti normativi.
La disposizione in commento, introdotta alla Camera, prevede l’assegnazione di risorse economiche per consentire l’effettività della previsione dell’articolo 3 della legge che stabilisce che, al fine di agevolare l'acquisto di dispositivi di allarme volti a prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli, possano essere previste agevolazioni fiscali, limitate nel tempo con appositi provvedimenti normativi.
Si ricorda che le citate agevolazioni fiscali non sono state ancora oggetto di disciplina.
Articolo 1, commi 161-163
(Assunzioni nella pubblica amministrazione)
I commi 161-163, rifinanziano il Fondo per il pubblico impiego per la parte relativa alle nuove assunzioni a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, individuate nell’ambito delle vacanze di organico e in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente.
Più nel dettaglio, la parte del suddetto Fondo destinata al finanziamento di assunzioni nella P.A. (di cui all’art. 1, c. 365, lett. b), della L. 232/2016) è rideterminata nel modo seguente (comma 161):
§ 130 milioni di euro per il 2019;
§ 320 milioni di euro per il 2020;
§ 420 milioni di euro dal 2021.
La legge di bilancio 2017 ha istituito un Fondo per il pubblico impiego, con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,93 miliardi di euro a decorrere dal 2018, volto a finanziare:
- la contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 e il miglioramento economico del personale non contrattualizzato;
- le assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, nell'ambito delle amministrazioni dello Stato (inclusi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco);
- l'attuazione degli interventi normativi previsti in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione in carriera del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ovvero il finanziamento della proroga, per il 2017, del contributo straordinario di 960 euro su base annua, già previsto per il 2016, in favore del personale appartenente ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e alle forze armate non destinatario di un trattamento retributivo dirigenziale.
Sul punto, si ricorda che il D.P.C.M. 27 febbraio 2017, nella ripartizione delle risorse del Fondo, ha destinato alla medesima finalità 153,24 milioni di euro dal 2018.
Ai sensi dei commi 161 e 162, le assunzioni a favore dei predetti soggetti sono individuate, in aggiunta alle vigenti facoltà di assunzione, con apposito decreto interministeriale, con conseguente ripartizione delle risorse (tenendo conto, tra l’altro, delle indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni), da destinarsi prioritariamente per il reclutamento di professionalità con competenze in specifiche materie (tra cui digitalizzazione, semplificazione dei procedimenti amministrativi, controllo di gestione, verifica di impatto della regolamentazione, ecc.) .
Riguardo alle facoltà assunzionali, il D.L. 90/2014 ha eliminato (dal 2014) il vincolo alle assunzioni relativo alle percentuali di unità lavorative cessate nell'anno precedente (cd. limite capitario), mantenendo il solo criterio basato sui risparmi di spesa legati alla cessazione di personale (peraltro con riferimento al solo personale di ruolo) avvenute nell'anno precedente. Si ricorda, inoltre, che la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata fissata dalla legge di stabilità 2016, per il triennio 2016-2018, nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. Di conseguenza, a partire dal 2019, riacquista piena efficacia la disciplina contenuta nell’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 secondo cui la predetta facoltà ad assumere è fissata nella misura del 100 per cento.
Il comma 163 prevede che, fatta salva l’esigenza di professionalità con competenze specifiche, le suddette procedure concorsuali autorizzate sono svolte mediante concorsi pubblici unici (per esami o per titoli ed esami, in relazione a figure professionali omogenee) organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica per il tramite della Commissione Interministeriale per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), in deroga a quanto previsto in materia di mobilità volontaria.
La mobilità volontaria (di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001) è un istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e, generalmente, con assenso dell'amministrazione di appartenenza. In via sperimentale, si è prevista la possibilità di trasferimenti anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza.
Limitatamente alla procedura concorsuale per la copertura di posizioni dirigenziali, il medesimo comma 163 prevede, infine, la possibilità di destinare al personale interno, in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al concorso, una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli banditi.
Articolo 1, commi 164-167
(Assunzione di personale amministrativo e di dirigenti penitenziari presso il Ministero della giustizia)
Il comma 164, modificato dalla Camera, autorizza il Ministero della giustizia, per il triennio 2019-2021, ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, un numero massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale. I commi da 165 a 167, aggiunti dalla Camera, prevedono l’assunzione, nello stesso triennio, di 35 dirigenti penitenziari, di livello dirigenziale non generale, le corrispondenti autorizzazioni di spesa e l’adozione di un DM giustizia che detti le modalità e i criteri per le assunzioni.
Il comma 164, modificato durante l’esame alla Camera, autorizza per il triennio 2019-2021, il Ministero della giustizia all’assunzione a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali (v. supra) e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, di un numero massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale.
Le finalità dell’intervento risiedono nell’esigenza di potenziare e garantire la piena funzionalità degli uffici giudiziari nonché di far fronte alle esigenze di funzionamento degli istituti penali minorili.
La modifica introdotta alla Camera ha previsto che le assunzioni:
§ sono limitate ai soli ruoli dell’amministrazione giudiziaria; sono state, infatti, escluse, tra le finalità dell’intervento, la prevenzione dei fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale in carcere e la realizzazione di una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri;
§ possono avvenire anche mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo).
Analoga disposizione è stata dettata dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 489) che, per favorire la piena funzionalità' degli uffici giudiziari, ha autorizzato il Ministero della giustizia ad assumere, nell'ambito della dotazione organica, per il triennio 2018-2020, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un ulteriore contingente massimo di 1.400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria.
Le assunzioni programmate dal comma 164 riguardano:
§ 903 unità di Area II nel 2019, 1000 unità di Area III per il 2020 e 1.000 unità di Area II per il 2021, reclutate mediante lo scorrimento di graduatorie valide alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame o mediante procedure concorsuali pubbliche (disciplinate con apposito decreto interministeriale) disposte senza la previa attivazione della procedura di mobilità collettiva, nonché in deroga ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente in materia di turn over (v. supra);
§ 97 unità per il 2019 (81 di Area III e 16 di Area II) per l’esigenza del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, destinate ai ruoli di funzionario contabile, funzionario dell’organizzazione, funzionario amministrativo e tecnico nonché di contabile.
Alla copertura dei relativi oneri (pari a 30.249.571 euro per il 2019, 78.363.085 per il 2020 e 114.154.525 a regime, dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.
Viene, inoltre, autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2019 per lo svolgimento delle procedure concorsuali necessarie alle suddette assunzioni.
La Relazione tecnica riepiloga il programma assunzioni per il triennio 2019-2021, da attuare attraverso lo scorrimento di graduatorie in corso di validità e mediante svolgimento di procedure concorsuali. Per il primo anno, il contingente di personale è assunto non prima del mese di marzo 2019.
Programma assunzioni 2019-2021 |
2019 |
2020 |
2021 |
n. 1.000 unità (81 area III, 919 area II) |
30.249.571 |
36.299.485 |
36.299.485 |
n. 1.000 unità di III area |
0 |
42.063.600 |
42.063.600 |
n. 1.000 unità di II area |
|
|
35.791.440 |
Totale |
30.249.571 |
78.363.085 |
114.154.525 |
Nel corso dell’esame alla Camera sono stati aggiunti tre nuovi commi:
§ il comma 165, che prevede l’assunzione a tempo indeterminato, nel triennio 2019-2021 - nei limiti della dotazione organica e in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali - di 35 dirigenti di istituto penitenziario di livello dirigenziale non generale, per assicurare il funzionamento degli stessi istituti;
§ il comma 166, che demanda un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con quello della pubblica amministrazione, da adottare entro 90 gg. dall’entrata in vigore della legge in esame, le modalità e i criteri per le citate assunzioni;
§ il comma 167, che prevede le autorizzazioni di spesa (dal 2019 e dal 2029 in poi) per le 35 assunzioni, derivanti dalla riduzione in Tabella A - alla voce del Ministero della giustizia- di 1.689.844 euro per il 2019, di 3.379.686 per il 2020 e di 3.420.770 per il 2021; la riduzione tabellare per il 2021 (3.749.436) corrisponde all’onere massimo a regime a decorrere dal 2029.
Articolo 1, comma 168
(Assunzioni Ministero dell'Interno)
Il comma 168 autorizza il Ministero dell’Interno - per il triennio 2019-2021 - ad assumere a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, 775 unità di personale della carriera prefettizia e di livello dirigenziale e non dirigenziale dell’amministrazione civile dell’interno.
Più nel dettaglio, la suddetta autorizzazione, volta ad assicurare la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno, anche in relazione ai compiti in materia di immigrazione e ordine pubblico, riguarda le seguenti unità di personale:
§ 50 unità nella qualifica iniziale di accesso alla carriera prefettizia;
§ 25 unità nella qualifica iniziale di accesso alla dirigenza dell’Area Funzioni Centrali;
§ 250 unità nell’Area III posizione economica F1;
§ 450 unità nell’Area II posizione economica F2.
Le relative procedure concorsuali possono essere bandite anche in deroga a quanto disposto in materia di mobilità volontaria (vedi supra) e di mobilità collettiva.
La mobilità collettiva si attiva nelle ipotesi di soprannumero o eccedenze di personale. In particolare, il richiamato art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001, dispone che le amministrazioni pubbliche prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare al personale in disponibilità (iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro) l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.
Alla copertura dei relativi oneri (pari a 32.842.040 euro per il 2019 e il 2020 e 34.878.609 euro dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.
Articolo 1, comma 169
(Assunzioni presso il Ministero dell’ambiente)
Il comma 169 autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, presso il Ministero dell’ambiente, di 420 unità di personale (di cui 20 di livello dirigenziale) anche in sovrannumero (con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo) e in deroga alla normativa vigente e senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva. Conseguentemente, si dispone la progressiva riduzione delle vigenti convenzioni del Ministero riguardanti attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico ed operativo in materia ambientale.
Gli oneri corrispondenti sono quantificati nel limite massimo di spesa di 4,1 milioni di euro per il 2019, 14,9 milioni per il 2020 e 19,1 milioni dal 2021, nonché in ulteriori 800.000 euro, per il 2019, per lo svolgimento delle procedure concorsuali.
Assunzioni presso il Ministero dell'ambiente
Il comma 169 – al fine di potenziare l’attuazione delle politiche ambientali, di perseguire un’efficiente ed efficace gestione delle risorse pubbliche destinate alla tutela dell’ambiente, anche allo scopo di prevenire l’instaurazione di nuove procedure europee di infrazione e di superare quelle in corso – autorizza l’assunzione a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, presso il Ministero dell’ambiente, di un contingente di personale di 420 unità così suddivise:
§ 400 unità di livello non dirigenziale;
§ 20 unità di livello dirigenziale non generale (con riserva di posti non superiore al 50 per cento al personale interno).
Disciplina delle assunzioni e modifiche alla dotazione organica
Le suddette assunzioni sono effettuate mediante concorsi (affidati alla Commissione Interministeriale per l’attuazione del progetto RIPAM) per titoli ed esami (valorizzando l’esperienza lavorativa in materia ambientale nell’ambito della pubblica amministrazione).
Viene altresì precisato che le assunzioni avvengono anche in sovrannumero con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo.
Conseguentemente, la dotazione organica del Ministero viene incrementata di 320 unità (300 di livello non dirigenziale e 20 di livello dirigenziale non generale).
Le assunzioni in questione avvengono inoltre:
§ in deroga alle vigenti facoltà assunzionali;
§ anche in deroga a quanto previsto dal D.L. 101/2013 (che dispone, tra l’altro, che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare nuove procedure concorsuali, attingano dalle graduatorie in corso di validità);
§ senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva.
La mobilità volontaria (di cui al richiamato art. 30 del D.Lgs. 165/2001) è un istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e, generalmente, con assenso dell'amministrazione di appartenenza. In via sperimentale, si è prevista la possibilità di trasferimenti anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza.
La mobilità collettiva si attiva nelle ipotesi di soprannumero o eccedenze di personale. In particolare, il richiamato art. 34-bis del D.Lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare al personale in disponibilità (iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro) l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.
Riduzione delle convenzioni in essere
Conseguentemente si dispone, con riferimento al totale delle convenzioni vigenti nel 2018, la progressiva riduzione delle convenzioni riguardanti attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico ed operativo in materia ambientale nelle seguenti percentuali: fino al 10% nel 2020, al 20% nel 2021, al 50% nel 2022, al 70% nel 2023 e al 100% nel 2024. La riduzione fa salva la possibilità per il Ministero, prevista dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 349/1986, di avvalersi dei servizi tecnici dello Stato e delle aziende sanitarie locali, nonché della collaborazione di organi di consulenza dello Stato, enti pubblici di ricerca ed istituti universitari. Le risorse derivanti dalle suddette riduzioni sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite all’erario, con corrispondente riduzione, a regime, dei relativi stanziamenti di bilancio a seguito della quantificazione delle risorse che derivano dall’estinzione delle suddette convenzioni, demandata ad apposito decreto interministeriale nell’esercizio finanziario 2025.
Per gli anni dal 2019 al 2024, le risorse derivanti dalla riduzione delle convenzioni, annualmente accertate con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite all’erario.
Nell’esercizio finanziario 2025, con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate e quantificate le risorse che derivano dall’estinzione delle convenzioni al fine di ridurre corrispondentemente, a regime, i relativi stanziamenti di bilancio.
Il Ministero dell’ambiente si avvale, per numerose attività tecniche, della Sogesid S.p.A., a capitale interamente statale, la quale è strumentale anche alle esigenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente dispone che il Ministro se ne avvalga per le attività strumentali alle finalità e alle attribuzioni istituzionali del Ministero “nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, per la gestione in house”. Oltre che per attività di ingegneria finalizzate alla realizzazione di interventi sul territorio (bonifiche, interventi di risanamento idrogeologico, messa in sicurezza di discariche, e così via), il Ministero dell’ambiente si è servito, nel corso degli anni, della Sogesid per le attività di “assistenza tecnica” o di “supporto tecnico-specialistico ed operativo” alle direzioni generali, che si sono sostanziate in prestazioni lavorative rese dal personale della società presso la sede del Ministero in collaborazione diretta con gli uffici ministeriali, attraverso la stipula di numerose convenzioni. Per approfondire i compiti del Ministero dell'ambiente e il ruolo della Sogesid S.p.A. si rinvia alla Deliberazione 6 agosto 2018, n. 16/2018/G della Corte dei conti.
Copertura degli oneri
Alla copertura degli oneri corrispondenti alle assunzioni autorizzate dal comma in esame si provvede (nel limite massimo di spesa di 4,1 milioni di euro per il 2019, 14,9 milioni per il 2020 e 19,1 milioni dal 2021) a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal disegno di legge in esame.
Per lo svolgimento delle relative procedure concorsuali è autorizzata la spesa di 800.000 euro per il 2019, a valere sul Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente.
Articolo 1, commi 170 e 171
(Assunzioni e ampliamento di organici
presso l’Avvocatura dello Stato)
Il comma 170 autorizza l’Avvocatura Generale dello Stato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, ad assumere per il triennio 2019-2021 un contingente di personale pari a 91 unità, di cui 6 dirigenti di livello non generale e 85 unità di personale non dirigenziale. Il comma 171, aggiunto dalla Camera, amplia l’organico di avvocati e procuratori dello Stato, rispettivamente di 10 unità, disciplina le modalità delle relative assunzioni e autorizza le conseguenti spese, a decorrere dal 2019.
Il comma 170 autorizza, per il triennio 2019-2021 l’Avvocatura dello Stato, all’assunzione a tempo indeterminato, mediante apposita procedura concorsuale per titoli ed esami (affidata alla Commissione Interministeriale per l’attuazione del progetto RIPAM, cfr. comma 3), un contingente di personale di 91 unità così suddivise:
§ 85 unità di livello non dirigenziale (35 unità appartenenti all’Area III, posizione economica F1 e 50 unità appartenenti all’Area II, posizione economica F1, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, anche con particolare specializzazione nelle materie tecnico-giuridiche);
§ 6 unità di livello dirigenziale non generale.
Conseguentemente, la dotazione organica dell’Avvocatura è incrementata di 91 unità.
Le suddette assunzioni e le relative procedure concorsuali avvengono per titoli ed esami:
§ in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali;
§ in deroga a quanto previsto dal D.L. 101/2013 (che dispone, tra l’altro, che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare nuove procedure concorsuali, attingano dalle graduatorie in corso di validità);
§ senza il previo esperimento delle procedure in materia di mobilità ordinaria e collettiva.
Limitatamente alla procedura concorsuale per la copertura di posizioni dirigenziali, viene prevista la possibilità di destinare al personale interno, in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al concorso, una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli banditi.
Alla copertura dei relativi oneri assunzionali (nel limite massimo di spesa di 1.082.216 euro per il 2019, 3.591.100 per il 2020 e 4.013.480 dal 2021) si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame.
Il minor onere per l’anno 2019 deriva dai tempi tecnici per effettuare le procedure concorsuali e dalla conseguente impossibilità di assumere il personale (verosimilmente) prima del giugno 2019. Entro detto termine, le assunzioni riguarderanno le seguenti misure massime: n. 12 funzionari appartenenti all’Area III – posizione economica F1, n. 25 funzionari appartenenti all’Area II – posizione economica F1 e n. 6 unità di personale di livello dirigenziale non generale.
Nel corso dell’esame alla Camera è stato aggiunto il comma 171 che, per assicurare lo svolgimento dei comiti assegnati, amplia di 10 unità le dotazioni organiche, sia degli avvocati che dei procuratori dello Stato, disponendo la conseguente modifica della tabella A, di cui alla legge n. 103 del 1979 (Modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), che viene ad aggiornarsi come di seguito.
Tabella A
Ruolo organico degli avvocati e procuratori dello Stato
Qualifiche Numero dei posti
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Avvocato generale dello Stato 1
Avvocati dello Stato 309
Procuratori dello Stato 80
Totale 390
La disposizione precisa che le procedure per i relativi concorsi saranno disciplinati con decreto dell’Avvocato generale dello Stato nonché disposte anche in deroga ai vincoli sul reclutamento nelle P.A. e ai limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente sul turn over.
Vengono, infine, previste, dal 2019 (1.372.257 euro) e, dal 2028 (3.228.143 euro), anno in cui l’onere finanziario si stabilizza, le necessarie crescenti autorizzazioni di spesa.
Articolo 1, commi 172 e 173
(Assunzioni nella giustizia amministrativa)
Il comma 172, al fine di migliorare la funzionalità della giustizia amministrativa, autorizza per il triennio 2019-2021, l’assunzione, con conseguente incremento della dotazione organica, di Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali amministrativi regionali, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali ed in deroga alla normativa sul turn-over. Per le stesse finalità, il comma 173 prevede l’assunzione di un massimo di 26 unità di personale amministrativo nel triennio 2019-2021.
Per agevolare la definizione dei processi amministrativi pendenti e di ridurre ulteriormente l'arretrato della giustizia amministrativa, è autorizzata l’assunzione, anche in deroga ai vigenti limiti assunzionali e con conseguente incremento della dotazione organica, di:
§ Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali Amministrativi regionali (comma 172);
§ nel triennio 2019-2021, un numero massimo di 26 unità di personale amministrativo non dirigenziale (comma 173).
Per le assunzioni dei nuovi magistrati amministrativi è autorizzata la spesa per un onere massimo complessivo di 4,9 milioni di euro per il 2019, 5 milioni per gli anni 2020 e 2021, 5,6 milioni per il 2022, 5,9 milioni per gli anni 2023 e 2024, 6 milioni per il 2025, 6,1 milioni per il 2026 e 7 milioni dal 2027. Per le connesse esigenze di funzionamento della giustizia amministrativa è inoltre autorizzata la spesa di 500 mila euro per il 2019 e di un milione dal 2020.
La Relazione tecnica chiarisce che la proiezione decennale della spesa corrisponde ad un contingente di 20 Referendari di T.A.R. e di 12 Consiglieri di Stato.
Per le assunzioni del personale amministrativo è autorizzata la spesa di 0,6 milioni di euro per il 2019 e 1,12 milioni dal 2020; per tali assunzioni, si configura l’obbligo, per l’amministrazione, di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale assunto e i relativi oneri.
Sempre la citata Relazione tecnica segnala che “in considerazione dei tempi tecnici di svolgimento delle procedure concorsuali, il predetto contingente di n. 26 unità di personale sarà verosimilmente assunto non prima del mese di luglio 2019”.
Articolo 1, comma 174
(Assunzioni di nuovi referendari della Corte dei conti)
La disposizione autorizza assunzioni di nuovi referendari della Corte dei Conti anche in deroga alla vigente normativa in materia di turn over.
Il comma 174, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, al fine di agevolare la definizione dei processi pendenti dinanzi alla giurisdizione contabile, compresi i giudizi di conto, e di ridurre ulteriormente l'arretrato, autorizza l'assunzione di nuovi referendari della Corte dei conti, anche in deroga alla vigente normativa in materia di turn over.
Per tale finalità la disposizione- senza indicare un numero massimo di unità - stanzia un tetto massimo di spesa complessivo di circa 3,3 milioni di euro per l'anno 2019, di circa 3,4 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021, di circa 3.5 milioni di euro per il 2022, di circa 3,9 milioni di euro per il 2023, di circa 3,9 milioni di euro per il 2024, di circa 4 milioni di euro per il 2025, di circa 4,1 milioni di euro per l'anno 2026 e di circa 5,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027.
I dati relativi al personale assunto e i relativi oneri devono essere comunicati dal Segretariato generale della Corte dei conti alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Inoltre per le connesse esigenze di funzionamento della giustizia contabile è autorizzata la spesa di 500.000 euro per l'anno 2019 e di 1 milione di euro annui a decorrere dall'anno 2020.
Secondo i dati riportati nell'ultima relazione del Presidente della Corte dei conti per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, al 31 dicembre 2017, l’organico magistratuale, che prevede una dotazione pari a 611 posti, si presentava con una copertura effettiva di 376 unità, cui si dovevano aggiungere alcune unità in posizione di fuori ruolo e aspettativa, con una vacanza in organico di 230 magistrati (pari a circa il 37,6 per cento), confermando ancora un trend negativo.
Con riguardo alla distribuzione sul territorio del medesimo personale, nella medesima relazione si evidenzia che lo stesso esercita la propria attività, in assegnazione principale, per il 75,2 per cento presso le sedi regionali (numeri assoluti, 283) e per il 24,7 per cento per cento presso gli uffici di Roma (numeri assoluti, 93). I magistrati addetti ai diversi settori del controllo erano, a fine 2017, 164 (pari al 43,6 per cento) – distribuiti per 102 unità nelle sezioni regionali e 62 in quella centrale -, quelli con funzioni giudicanti 112 (pari al 29,7 per cento) – distribuiti per 91 unità nelle sezioni regionali e 21 in quella centrale -, mentre i magistrati con funzioni requirenti si attestano su 100 unità (pari al 26,5 per cento) – distribuiti per 90 unità nelle sezioni regionali e 10 in quella centrale. La conseguente scopertura sulla relativa pianta organica ammontava a 159 posti nelle sedi regionali, mentre a 71 nella sede centrale.
Articolo 1, commi 175-177
(Assunzioni di personale dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali)
L’articolo 1, commi 175-177, amplia il contingente di personale da assegnare all’ Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali (ANSFISA).
Il comma 175 dell'articolo 1, al fine di poter far fronte alle complesse funzioni affidate alla nuova Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali (ANSFISA), apporta alcune modifiche all'articolo 12 del decreto-legge n. 109 del 2018 (cd. decreto legge Genova), ancora in corso di conversione.
L'articolo 12, è opportuno ricordare, ha previsto l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, a decorrere dal 1° gennaio 2019. Tale Autorità succede a titolo universale all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF).
Più nel dettaglio la disposizione in commento modifica, in primo luogo, la lettera b) del comma 9 dell'articolo 12, prevedendo un aumento della dotazione organica complessiva dell’Agenzia di ulteriori 135 unità (incremento da 434 a 569 unità), di cui 7 posizioni dirigenziali di livello non generale (da 35 a 42 unità) (lett.a).
Il comma 9 prevede che il regolamento di amministrazione dell'Agenzia sia deliberato, su proposta del direttore, dal comitato direttivo e sottoposto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che lo approva, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze. A tale regolamento è demandata dalla lettera b) la fissazione delle dotazioni organiche complessive del personale di ruolo dipendente dall'Agenzia nel limite massimo di 434 unità, di cui 35 di livello dirigenziale non generale e 2 uffici di livello dirigenziale generale.
Il comma 175, in secondo luogo, modifica il comma 12 dell'articolo 12 del c.d. decreto-legge Genova, il quale prevede l’incremento del contingente aggiuntivo, da assegnare all’Agenzia, per l’esercizio delle funzioni in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali personale. In particolare la modifica in esame prevede un incremento di ulteriori 128 unità di personale non dirigenziale (da 122 a 250) e di ulteriori 7 posizioni di livello dirigenziale non generale (da 8 a 15) (lett. b).
Il comma 12 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109 oltre all'intera dotazione organica del personale dell'ANSF, assegna all'Agenzia un contingente di personale di 122 unità, destinato all'esercizio delle funzioni in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali e di 8 posizioni di uffici di livello dirigenziale non generale.
Infine la disposizione in commento modifica il comma 15 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109, incrementando di ulteriori 128 unità di personale non dirigenziale (incremento da 211 a 339 unità), di cui 64 unità da assumere nel 2019 e 64 unità nel 2020 e di ulteriori 7 posizioni dirigenziali di livello non generale (incremento da 25 a 32 unità), di cui 4 unità da assumere nel 2019 e 3 unità nel 2020 (lett. c).
Ai sensi del comma 15, l'Agenzia è autorizzata all'assunzione a tempo indeterminato di 141 unità di personale e 15 dirigenti nel corso dell'anno 2019 e di 70 unità di personale e 10 dirigenti nel corso dell'anno 2020 da inquadrare nelle aree iniziali stabilite nel regolamento di amministrazione.
Il comma 176 dell'articolo 1, inoltre, prevede che a tali oneri assunzionali, quantificati in euro 2.063.891 per l’anno 2019 e in euro 8.113.523 a decorrere dal 2020, si provveda a valere sulle risorse del fondo di cui all’articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, lettera b), come rifinanziato dal comma 161.
In merito alla quantificazione del trattamento economico complessivo, la relazione tecnica precisa come siano stati presi a riferimento i costi unitari medi per singola qualifica sulla base del CCNL delle funzioni centrali, secondo le tabelle retributive dell’ENAC, che l’ANSFISA applicherà al proprio personale ai sensi del comma 16 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 109.
Inoltre per il funzionamento dell’agenzia il comma 177 autorizza l’ulteriore spesa di 1 milione nel 2019 e a 2 milioni a decorrere dal 2020.
Gli oneri di funzionamento, come precisa la relazione tecnica, comprendono le spese per missioni, assicurazioni, buoni pasto, formazione, interventi assistenziali, materiali di cancelleria, spese di rappresentanza, utenze e canoni, utilizzo beni di terzi, manutenzioni ordinarie e riparazioni, consulenze, servizi amministrativi, servizi informatici, etc.
Articolo 1, comma 178
(Personale della carriera diplomatica)
Prevede la rimodulazione, in base ai fabbisogni triennali programmati, della dotazione organica del personale della carriera diplomatica, garantendo la neutralità finanziaria della medesima rimodulazione.
Il comma demanda a un apposito D.P.C.M. - da adottarsi secondo la procedura prevista per l’adozione dei decreti per il riordino dell’organizzazione dei Ministeri[17] - la rimodulazione, sulla base dei fabbisogni triennali programmati, della dotazione organica del personale della carriera diplomatica, tenendo anche conto della spesa autorizzata dal decreto-legge n. 1/2010, da ultimo modificato dalla legge 27 dicembre 2017 n. 205, per le assunzioni effettuate dal Ministero degli Affari esteri, autorizzate per il periodo 2010-2014 e 2016-2019.
La relazione tecnica (AC 1334) precisa cha dalla norma non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, stante che la rimodulazione in parola dovrà avvenire garantendo la neutralità finanziaria.
Il richiamato decreto-legge n.1/2010, nella sua formulazione originaria, all’art. 4, disponeva, ai fini dell’entrata in funzione, a partire dall’aprile 2010, del nuovo Servizio europeo per l’azione esterna, che il Ministro degli affari esteri fosse autorizzato, in deroga alle vigenti disposizioni sul blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, a indire, nel quinquennio 2010-2014 a bandire annualmente un concorso di accesso alla carriera diplomatica e ad assumere un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione.
La legge di stabilità per il 2016, (legge n. 208/2015, art.1, comma 244, lett. a)) ha autorizzato l’indizione del concorso annuale in questione e l’assunzione di un contingente annuo non superiore a 35 segretari di legazione in prova era stata autorizzata per il triennio 2016-2018.
Tale misura è stata ulteriormente prorogata al 2019 dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 286, della legge n. 205/2017).
Articolo 1, comma 179
(Dotazione organica di personale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS))
Incrementa da 200 a 240 il limite massimo della dotazione organica di personale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS).
La disposizione novella l’art. 19, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 125, recante la disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, elevando da 200 a 240 unità il limite massimo della dotazione organica di personale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS).
L’AICS è autorizzata a bandire una procedura concorsuale per assumere fino a 20 unità di personale appartenenti alla III area funzionale, posizione economica F1.
Per la copertura degli oneri si ricorre alle risorse previsti per i contratti di lavoro a tempo flessibile entro i limiti di spesa di 812.080 euro annui a decorrere dal 2019, mentre agli ulteriori oneri - sempre pari s 812.080 euro annui a decorrere dal 2019 - si provvede mediante corrispondente riduzione del finanziamento annuale dell’AICS, iscritto nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
La dotazione organica dell’AICS è stata fissata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 novembre 2015, secondo quanto disposto dal richiamato art. 19, comma 1 che ha altresì previsto quattro distinte modalità di copertura dell’organico dell’Agenzia:
a) mediante l’inquadramento del personale in servizio in posizione di comando o fuori ruolo presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che opti per il transito alle dipendenze dell’Agenzia e previo parere favorevole dell’amministrazione di appartenenza, nonche’ del personale dell’Istituto agronomico per l’Oltremare;
b) mediante l’inquadramento di non oltre quaranta dipendenti delle aree funzionali del Ministero degli affari esteri e della coperazione internazionale, che optino per il transito alle dipendenze dell’Agenzia;
c) mediante le procedure di mobilità, ricorrendo prioritariamente alle eccedenze determinatesi a seguito delle riduzioni delle dotazioni organiche
d) a regime, mediante le ordinarie forme di procedure selettive pubbliche nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente.
Articolo 1, commi 180-182
(Assunzioni nel Mibac)
I commi 180-182 prevedono assunzioni di personale non dirigenziale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, in parte mediante scorrimento di graduatorie di procedure selettive già espletate, e in parte all’esito di procedure selettive ancora da avviare.
In particolare, il comma 180 autorizza il Mibac ad espletare procedure concorsuali per l'assunzione – a decorrere dal 2020 e dal 2021 – di complessive 1.000 unità di personale di Area II e III, in deroga ai limiti assunzionali attualmente previsti.
Il comma 181 lo autorizza a procedere nel 2019 ad assunzioni, nel limite di spesa dallo stesso fissato, attraverso scorrimento delle graduatorie relative alle procedure di selezione pubblica bandite nel maggio 2016 per personale di Area III.
Il comma 182, introdotto durante l’esame alla Camera, lo autorizza, infine, a coprire, nel 2019, i posti vacanti nei profili professionali delle Aree II e III assumendo, nel limite del 50% delle proprie facoltà assunzionali, i candidati idonei presenti nelle graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 a seguito di procedure selettive interne per il passaggio, rispettivamente, alla II e alla III Area. Le assunzioni avvengono in ordine di graduatoria e nel limite dei posti previsti in ciascun bando.
In particolare, il comma 180, ferma restando l'attuale dotazione organica, autorizza il Mibac ad assumere, rispettivamente, dal 2020 e dal 2021, 500 e 500 unità di personale di qualifica non dirigenziale, di cui, per ciascun anno, 250 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1, e 250 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F1.
Al riguardo si ricorda che, in base alla tabella B allegata al regolamento di organizzazione del MIBAC, di cui al DPCM 171/2014, la dotazione organica del personale non dirigenziale è pari a 19.050 unità, ripartita nelle seguenti aree: 700 unità nella I Area; 12.893 unità nella II Area; 5.457 unità nella III Area.
Alla copertura degli oneri derivanti, quantificati in € 18,6 mln per il 2020 e in € 37,2 mln annui dal 2021, si provvede a valere sul Fondo per il pubblico impiego di cui all'art. 1, co. 365, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) (per il quale si rimanda alla scheda di lettura relativa al comma 161).
Il comma 181 autorizza il Mibac a procedere ad un ulteriore scorrimento delle graduatorie relative alle procedure di selezione pubblica bandite ai sensi dell’art. 1, co. 328-330, della L. di stabilità 2016 (L. 208/2015) per l'assunzione di 500 funzionari di Area III, nel limite massimo di spesa di € 3,75 mln e “per un numero di posizioni superiore al 100 per cento dei posti messi a concorso”. Anche tali assunzioni sono effettuate nel rispetto dell‘attuale dotazione organica.
L’art. 1, co. 328-330, della L. di stabilità 2016 ha autorizzato l'assunzione a tempo indeterminato presso il Mibac, a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto interministeriale, di 500 funzionari da inquadrare nell'Area III del personale non dirigenziale, posizione economica F1, nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore e storico dell'arte. A tal fine, ha autorizzato la spesa nel limite di € 20 mln annui a decorrere dal 2017.
La procedura di selezione è stata disciplinata con D.I. 15 aprile 2016 che, per quanto qui più interessa, ha disposto che sono dichiarati vincitori i candidati utilmente collocati in graduatoria nel limite dei posti messi a concorso per ciascun concorso, come previsto nei rispettivi bandi, e che ciascuna graduatoria degli idonei è valida per un numero di posizioni pari al 100% dei posti messi a concorso per il rispettivo profilo professionale. Ha, altresì, disposto che la validità delle graduatorie si esaurisce entro tre anni dalla data di pubblicazione di ognuna.
Nella G.U. - serie speciale concorsi ed esami - n. 41 del 24 maggio 2016 si è dunque data comunicazione della pubblicazione sul sito http://ripam.formez.it dei relativi bandi di concorso ripartiti per profilo professionale: Funzionario antropologo: 5 posti; Funzionario archeologo: 90 posti; Funzionario architetto: 130 posti; Funzionario archivista: 95 posti; Funzionario bibliotecario: 25 posti; Funzionario demoetnoantropologo: 5 posti; Funzionario della promozione e comunicazione: 30 posti; Funzionario restauratore: 80 posti; Funzionario storico dell'arte: 40 posti.
Il 28 settembre 2017, rispondendo nella VII Commissione della Camera all’interrogazione a risposta immediata 5-12301, il rappresentante del Governo aveva poi fatto presente che con DPCM 4 aprile 2017 il Mibac era stato autorizzato allo scorrimento delle graduatorie degli idonei per 200 unità e che il 28 aprile 2017 era stato richiesto un ulteriore scorrimento per 100 unità (v. qui).
Da ultimo, l’art. 1, co. 305, della L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) ha autorizzato il Mibac ad assumere fino ad un massimo di (ulteriori) 200 unità.
Si è così pervenuti, complessivamente, a 1.000 assunzioni.
La relazione tecnica all’A.C. 1334 specificava che la norma autorizza il Mibac a procedere all’esaurimento delle graduatorie di concorso e che il numero complessivo delle unità di idonei collocati nelle graduatorie di merito relative ai vari profili professionali è pari a 91, così articolato: a) 1 funzionario architetto; b) 1 funzionario storico dell'arte; c) 11 funzionari archivisti; d) 34 Funzionari per la promozione e la comunicazione; e) 16 funzionari archeologi; f) 9 funzionari demoetnoantropologi; g) 6 funzionari bibliotecari; h) 13 funzionari restauratori.
Alla luce di quanto esposto, dunque, la specifica relativa a “un numero di posizioni superiore al 100 per cento dei posti messi a concorso” appare volta a superare quanto stabilito con il citato D.I. 15 aprile 2016, nella parte in cui lo stesso aveva disposto che ciascuna graduatoria degli idonei era valida per un numero di posizioni pari al 100% dei posti messi a concorso per il rispettivo profilo professionale.
Alla copertura degli oneri si provvede, anche in tal caso, a valere sulle risorse del Fondo per il pubblico impiego.
Il comma 182 autorizza il Mibac a coprire, nel 2019, sempre nel rispetto dell’attuale dotazione organica, i posti vacanti nei profili professionali delle Aree II e III assumendo, nel limite massimo del 50% delle facoltà assunzionali per il 2019, i candidati idonei presenti nelle graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 a seguito di procedure selettive interne per il passaggio, rispettivamente, alla II e alla III Area. Le assunzioni avvengono in ordine di graduatoria e nel limite dei posti previsti in ciascun bando.
Al riguardo, si ricorda che nel 2007 il Mibac ha emanato bandi riferiti a diversi profili professionali per il passaggio fra Aree ex art. 15 del CCNL 1998/2001. Le premesse dei bandi evidenziavano che con nota 45261 del 22 dicembre 2005 l’Amministrazione aveva richiesto l’autorizzazione ad avviare procedure per il passaggio dall’area B alla posizione economica C1 per complessivi 920 posti.
Con DPCM 16 gennaio 2007, il Mibac era stato, però, autorizzato ad avviare procedure per 460 posti.
Le procedure di selezione sono state avviate per la copertura di 920 posti. Gli stessi bandi specificavano, tuttavia, che l’inquadramento in ruolo sarebbe potuto avvenire – nelle more del rilascio dell’ulteriore autorizzazione – solo per complessive 460 unità e che le restanti unità di personale sarebbero state immesse in ruolo solo dopo la concessione al Mibac dell’autorizzazione. A titolo di esempio, la selezione relativa al profilo professionale di architetto è stata indetta per 43 posti, prevedendo che l’Amministrazione avrebbe proceduto all’inquadramento in ruolo solo delle prime 21 unità di personale collocate nelle varie graduatorie regionali, mentre le altre 22 unità di personale avrebbero conseguito l’inquadramento in ruolo solo dopo la concessione dell’autorizzazione.
Dunque, destinatari dell’assunzione saranno 460 unità di personale.
Si tratta di una disposizione che, come quella prevista per il MEF dall’art. 1, co. 1129, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – dalla quale, però, si differenzia per la platea[18] –, opera in deroga a quanto disposto dall’art. 24 del d.lgs. 150/2009, in base al quale, a decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni pubbliche coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al 50% a favore del personale interno.
Articolo 1, comma 183
(Obbligo di comunicazione)
Il comma 183, introduce l’obbligo per le amministrazioni beneficiarie delle risorse di cui al Fondo per il pubblico impiego di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale da assumere ed i relativi oneri.
Più nel dettaglio, tale obbligo viene configurato in capo alle suddette amministrazioni, ad eccezione del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi regionali e del Ministero degli affari esteri, ai fini dell’assegnazione delle risorse del Fondo per il pubblico impiego relative alla parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dal provvedimento in esame (vedi scheda articolo 1, commi 161-163).
Si autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 1, commi 184-185
(Assunzioni a tempo indeterminato ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente))
I commi 184-185, per il triennio 2019-2021, autorizzano l’ARERA ad assumere a tempo indeterminato, previo superamento di un esame-colloquio, il personale non dirigenziale in possesso di determinati requisiti.
Il comma 184, ai fini del superamento del precariato, per il triennio 2019-2021, autorizza l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (nell’ambito della propria autonomia organizzativa, contabile ed amministrativa e senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato) ad assumere a tempo indeterminato, previo superamento di un esame-colloquio, il personale non dirigenziale in possesso di tutti i seguenti requisiti:
- sia in servizio con contratto a tempo determinato presso la suddetta Autorità alla data di entrata in vigore del presente provvedimento;
- sia stato assunto a tempo determinato attraverso selezioni pubbliche;
- abbia maturato (o maturi al 31 dicembre dell’anno in cui si procede all’assunzione) almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni
A seguito delle suddette assunzioni la pianta organica del personale di ruolo dell’Autorità è rideterminata numericamente e il numero dei dipendenti a tempo determinato delle Autorità di regolazione di servizi di pubblica utilità (di cui all’art. 2, c. 30, della L. 481/1995) è ridotto da 60 a 20 unità (comma 185).
Articolo 1, commi 186-187
(Assunzioni presso il MEF)
I commi 186-187, introdotti nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, incrementa la dotazione organica del MEF di 20 posti di funzione dirigenziale di livello non generale per il conferimento di incarichi di consulenza, studio e ricerca.
I commi 186-187, introdotti nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, dispone l’incremento della dotazione organica del Ministero dell’Economia e delle Finanze di 20 posti di funzione dirigenziale di livello non generale al fine di sostenere le attività in materia di programmazione degli investimenti pubblici e di valutazione della fattibilità e della rilevanza economico-finanziaria dei provvedimenti normativi e della relativa verifica della quantificazione degli oneri e della loro coerenza con gli obiettivi programmatici in materia di finanza pubblica (comma 186). Per l'attuazione della presente disposizione è autorizzata la spesa di 2.700.000 euro annui a decorrere dal 2019.
Per le finalità richiamate il Ministero è quindi è autorizzato, nel triennio 2019-2021, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, a bandire procedure concorsuali e ad assumere a tempo indeterminato fino a 20 unità di personale con qualifica di dirigente di seconda fascia (comma 187).
Articolo 1, commi 189-191
(Assunzioni di personale da parte dell’Accademia della Crusca)
I commi 189-191, introdotti durante l’esame alla Camera, dispongono che l’organico dell’Accademia della Crusca è aumentato di 3 unità di personale non dirigenziale, da assumere mediante apposita procedura concorsuale per titoli ed esami, e che la gestione amministrativa dell’Accademia è affidata a un Segretario amministrativo.
Per effetto di tale previsione, l’organico dell’Accademia della Crusca, definito in 7 unità dal decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 1° marzo 2002, aumenterebbe a 10 unità.
Più nello specifico, l’Accademia è autorizzata ad assumere a tempo indeterminato, nel 2019, mediante concorso per titoli ed esami, 3 unità aggiuntive di personale non dirigenziale, 2 delle quali di Area C (posizione economica C1) e 1 di Area B (posizione economica B1):
- in deroga alle vigenti facoltà assunzionali;
- senza previo esperimento delle procedure di mobilità di cui all’art. 30 del d.lgs. 165/2001;
- in deroga alle previsioni (che si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, agli enti pubblici non economici e agli enti di ricerca) in base alle quali l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica dell'avvenuta immissione in servizio di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate, nonché alla verifica dell'assenza di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie (art. 4, co. 3, D.L. 101/2013 –L. 125/2013).
Il reclutamento delle 2 unità di area C può avvenire anche con procedura riservata, ai sensi dell’ art. 20, co. 2, del d.lgs. 75/2017.
In base all’art. 20, co. 2, del d.lgs. 75/2017, nel triennio 2018-2020 le amministrazioni possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni (art. 6, co. 2), e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della L. 124/2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso e che abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno 3 anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.
Il Segretario amministrativo è scelto, mediante procedura di selezione pubblica, tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale. L’incarico – a tempo determinato, di durata non inferiore a 3 anni e non superiore a 5 anni, rinnovabile una sola volta – è incompatibile con qualsiasi altro lavoro subordinato (pubblico o privato) o autonomo, e con qualsiasi altra attività professionale privata, anche occasionale, che possa entrare in conflitto con gli scopi e i compiti dell’Accademia.
Il trattamento economico del Segretario amministrativo non può essere superiore a quello medio dei dirigenti di livello non generale del Mibac.
A tali fini, si autorizza una spesa di € 236.000 annui a decorrere dal 2019.
Articolo 1, commi 192-195
(Assunzioni di magistrati ordinari)
I commi da 192 a 195 prevedono la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2019 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2019. L’organico della magistratura ordinaria viene, inoltre, aumentato di 600 unità (sono rimodulati gli organici all’interno delle funzioni esercitate) e il Ministero della giustizia è, al contempo, autorizzato a bandire annualmente, nel triennio 2019-2021, un concorso per un massimo di 200 posti.
Il comma 192 prevede la possibilità per il Ministero della giustizia, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di assumere nel 2019 i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame. Analoga disposizione era contenuta nella legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 478).
Il comma 193 autorizza al contempo la relativa spesa, di cui stabilisce gli importi: 20,94 milioni di euro per l'anno 2019; 25,04 milioni per il 2020; 27,38 milioni per il 2021; 27,92 milioni per il 2022; 35,42 milioni per il 2023; 35,63 milioni per il 2023; 36,27 milioni per il 2025, 37,02 milioni per il 2026; 37,66 milioni per il 2027; 38,41 milioni a decorrere dall'anno 2028.
La Relazione tecnica chiarisce che si tratta del concorso per 360 posti, bandito con D.M. 19/10/2016, elevabili a 396, ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 160/2006, le cui procedure si concluderanno nel corso del 2018; la relativa graduatoria sarà approvata entro il mese di dicembre 2018. Considerato che dal 1° gennaio al 13 settembre 2018 le cessazioni dei magistrati, a qualsiasi titolo, sono state di 74 unità, mentre per il periodo 13 settembre /31 dicembre 2018 sono previste cessazioni per limiti di età e dimissioni di ulteriori 41 unità, per un totale complessivo di 115 unità, le risorse da destinare al turn over per l’anno 2019, secondo le percentuali previste a legislazione vigente (pari al 100% delle cessazioni dell’anno precedente), sono da riferire ad un numero di circa 115 unità. Gli oneri aggiuntivi, per il bilancio dello Stato, riferiti ad un contingente massimo di n. 300 unità, con decorrenza 1° gennaio 2019 , tengono conto dell’utilizzo delle risorse del turnover.
Il comma 194 aumenta di 600 unità il ruolo organico del personale della magistratura ordinaria. Il Ministero della Giustizia, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, è quindi autorizzato, dal 2019 assumere tramite concorso un contingente massimo annuo di 200 magistrati ordinari per il triennio 2020-2022.
Nel corso dell’esame alla Camera - ferma restando la dotazione organica complessiva dei magistrati - sono stati rimodulati gli organici all’interno delle specifiche funzioni esercitate.
In particolare si è previsto che:
§ nell’ambito della Corte di cassazione, è aumentato di 5 unità (da 60 a 65) l’organico dei magistrati con funzioni direttive ed è ridotto di 15 unità (da 455 a 440) quello dei magistrati con funzioni non direttive;
§ è aumentato di 10 unità (da 9.611 a 9.621) l’organico dei magistrati di merito di primo e secondo grado, dei magistrati distrettuali e di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, dei magistrati con funzioni semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado.
Di conseguenza, è adeguata alle modifiche intervenute la tabella 2 prevista dal comma 194 e allegata alla legge in esame, che sostituisce la tabella B (allegata alla legge 5 marzo 1991, n. 71) recante le dotazioni organiche della magistratura ordinaria.
Di seguito, la tabella B, come risultante dalle modifiche.
RUOLO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA |
|
A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: Primo presidente della Corte di cassazione |
1 |
B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: Procuratore generale presso la Corte di cassazione |
1 |
C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità: |
- |
Presidente aggiunto della Corte di cassazione |
1 |
Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione |
1 |
Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche |
1 |
D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità |
65 |
E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità |
440 |
F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo |
1 |
G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti |
52 |
H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado elevate, giudicanti e requirenti |
53 |
I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado |
314 |
L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado |
9.621 |
M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie |
200 |
N. Magistrati ordinari in tirocinio |
* |
TOTALE |
10.751 |
* Numero pari a quello dei posti vacanti nell'organico
La rideterminazione delle piante organiche è demandata ad uno o più decreti del Ministro della giustizia, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entra in vigore del disegno di legge in esame, sentito il Consiglio Superiore della Magistratura.
Per l’attuazione dell’aumento del ruolo organico dei magistrati ordinari, sono autorizzate dal comma 195 le spese determinate dalla seguente tabella.
Anno |
200 unità dal 2020 |
200 unità dal 2021 |
200 unità dal 2022 |
Totale Onere |
2019 |
0 |
0 |
0 |
0 |
2020 |
13.962.056,00 |
0 |
0 |
13.962.056,00 |
2021 |
16.695.800,00 |
13.962.056,00 |
0 |
30.657.856,00 |
2022 |
18.258.140,00 |
16.695.800,00 |
13.962.056,00 |
48.915.996,00 |
2023 |
18.617.344,00 |
18.258.140,00 |
16.695.800,00 |
53.571.284,00 |
2024 |
23.615.918,00 |
18.617.344,00 |
18.258.140,00 |
60.491.402,00 |
2025 |
23.755.234,00 |
23.615.918,00 |
18.617.344,00 |
65.988.496,00 |
2026 |
24.182.536,00 |
23.755.234,00 |
23.615.918,00 |
71.553.688,00 |
2027 |
24.681.056,00 |
24.182.536,00 |
23.755.234,00 |
72.618.826,00 |
2028 |
25.108.360,00 |
24.681.056,00 |
24.182.536,00 |
73.971.952,00 |
2029 |
25.606.880,00 |
25.108.360,00 |
24.681.056,00 |
75.396.296,00 |
2030 |
25.606.880,00 |
25.606.880,00 |
25.108.360,00 |
76.322.120,00 |
2031 |
25.606.880,00 |
25.606.880,00 |
25.606.880,00 |
76.820.640,00 |
Articolo 1, commi 196-203
(Assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia)
L’articolo 1, commi 196-203, autorizza assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia Penitenziaria), fino a complessive 6.150 unità, nel quinquennio 2019-2023. A tal fine è istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Inoltre, la disposizione autorizza l’assunzione di ulteriori 938 unità nella Polizia penitenziaria, quali anticipazioni di assunzioni previste da altri provvedimenti legislativi. A queste ultime assunzioni si provvede mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo dapprima a quelle approvate nel 2017 e poi, per i posti residui, a quelle approvate nel 2018. Con la disposizione in esame, secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica, la dotazione organica delle Forze di polizia verrebbe a coincidere con la forza effettiva.
Il comma 196 autorizza l'assunzione straordinaria, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, di un contingente massimo fino a 6.150 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria) e comunque entro il limite delle rispettive dotazioni organica.
Le assunzioni sono finalizzate, come indicato nella disposizione in esame, all’incremento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale.
La tabella che segue illustra in dettaglio le unità di personale di cui è autorizzata l’assunzione straordinaria per anno di riferimento ai sensi del comma 196. Sono comprese le ulteriori 362 unità della Polizia penitenziaria da assumere dal marzo 2019 ai sensi del comma 197, coperte finanziariamente dal comma 200.
|
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
2023 |
Totale |
Polizia di Stato |
389 |
389 |
389 |
389 |
387 |
1.943 |
Carabinieri |
427 |
427 |
427 |
427 |
427 |
2.135 |
Guardia di finanza |
227 |
227 |
227 |
227 |
225 |
1.333 |
Polizia penitenziaria |
362 |
277 |
100 |
100 |
100 |
939 |
Totale per anno |
1.405 |
1.320 |
1.143 |
1.143 |
1.139 |
6.150 |
Come si legge nella relazione tecnica di accompagnamento del d.d.l. di bilancio, “rimane impregiudicata ogni diversa articolazione annuale si renda necessaria”.
Le unità di personale così assunte entrano nei ruoli iniziali, dal 1° ottobre di ciascun anno (le assunzioni nel ruolo iniziale del Corpo di polizia penitenziaria non prima del 1° marzo 2019).
Le assunzioni sono autorizzate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri oppure con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Nel secondo caso si procede con le modalità di copertura dei posti per turn-over, secondo il procedimento previsto dall'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 112/2008).
Si ricorda che è previsto un regime speciale in materia di turn over per i Corpi di polizia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, i quali possono procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016 (D.L. 112/2008, art. 66, comma 9-bis). Il termine per procedere alle assunzioni è stato da ultimo fissato al 31 dicembre 2018 (D.L. 192/2014, art. 1, comma 2, come modificato dalla L. 205/2017, art. 1, comma 1148, lett. d), n. 2).
Il reclutamento è effettuato da ciascuna amministrazione sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Inoltre, per le amministrazioni dello Stato con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di appositi D.P.C.M. di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (art. 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001). Le assunzioni sono autorizzate previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo (art. 66, comma 10, D.L. 112/2008).
La disposizione in esame fa espressamente salva - al comma 196 - la riserva dei posti in favore dei volontari delle Forze armate per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i volontari, “come previsto dal Codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. 66/2010) agli articoli 703 e 2199”.
L’art. 703 del codice militare riserva una determinata percentuale di posti nei concorsi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i volontari in ferma prefissata cosi determinata:
§ Carabinieri: 70 per cento;
§ Guardia di Finanza: 70 per cento;
§ Polizia di Stato: 45 per cento;
§ Polizia penitenziaria: 60 per cento.
L’art. 2199 del codice militare prevede che, in deroga alle percentuali fissate dall’art. 703, fino al 31 dicembre 2015 per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, i posti messi annualmente a concorso sono riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle predette carriere (comma 1). Una ulteriore deroga è stabilita dal comma 7-bis: fino al 31 dicembre 2018 i posti di cui al comma 1 sono destinati, per gli anni 2016 e 2017, nella misura del 50 per cento e, per l'anno 2018, nella misura del 75 per cento dell'aliquota riservata per il concorso pubblico prevista per ciascuna Forza di polizia, ai sensi dell'articolo 703, per l'accesso, mediante concorso pubblico, nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, nonché per la parte restante, nella misura del 70 per cento all'immissione diretta a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale in servizio e nella misura del 30 per cento a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno in congedo ovvero in ferma quadriennale in servizio o in congedo.
L’intervento previsto dai commi in esame – unitamente a quanto disposto dai commi 204-208 per le assunzioni straordinarie nel Corpo dei vigili del fuoco - si pone in linea di continuità con quello analogo operato dalla legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) che ha previsto l’assunzione straordinaria, dal 1° ottobre di ciascun anno, di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia, di cui 1.300 nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’arco del quinquennio 2018-2022 (art. 1, comma 287); le assunzioni sono state finanziate con un fondo istituito dalla stessa legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 299) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Come si legge nella relazione tecnica del d.d.l. di bilancio, le nuove assunzioni previste dalla disposizione in esame consentirebbero di ripianare, nell’arco del quinquennio, la residua carenza organica delle Forze di Polizia. La dotazione organica, complessivamente pari a 328.257 unità, verrebbe così a coincidere con la forza effettiva.
Come anticipato, il comma 197 autorizza specifiche assunzioni nel Corpo di Polizia penitenziaria, al fine di incrementare l’efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell’ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario.
Le unità di personale entrano nei ruoli iniziali dal 1° marzo 2019 (anziché dal 1° ottobre come quelle delle Forze di polizia di cui al comma 196).
Si tratta, in primo luogo, di 362 unità aggiuntive alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e comprese nelle 6.150 unità complessive di cui al comma 1.
Inoltre, la disposizione autorizza l’assunzione nel ruolo iniziale del Corpo di ulteriori unità, quale anticipazione al 2019 delle straordinarie facoltà assunzionali già previste dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 287, si veda sopra). Si tratta di 86 unità da assumere quale anticipazione delle assunzioni previste per il 2019 e di 200 unità di quelle previste per il 2022. Tali unità pertanto entreranno nei ruoli il 1° marzo 2019, anziché, rispettivamente, il 1° ottobre 2019 e il 1° ottobre 2022. Infine, 652 unità sono assunte a valere sulle ordinarie facoltà assunzionali previste per il 2019 ai sensi della disciplina del turn-over vista sopra (D.L. 112/2008, art. 66, comma 9-bis).
Il comma 197 in commento dispone inoltre una deroga alla procedura vigente per tali assunzioni nella Polizia penitenziaria sopra descritta: ossia, reclutamento sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale; emanazione di appositi DPCM per le amministrazioni con organico superiore alle 200 unità; specifica richiesta delle amministrazioni interessate.
Il comma 198 prevede che a queste ultime assunzioni si provvede mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo in via prioritaria a quelle approvate nell'anno 2017 e, per i posti residui, in parti uguali, a quelle approvate nell'anno 2018, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2199 del codice militare (v. supra).
Il comma 199 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai fini delle assunzioni straordinarie sopra indicate al comma 196. La dotazione così prevista costituisce limite di spesa complessiva per le medesime assunzioni. La dotazione non comprende le 362 assunzioni della polizia penitenziaria di cui al comma 197, la cui copertura è assicurata dal comma 200.
La tabella 3, allegata al provvedimento in esame, riporta il riepilogo degli stanziamenti necessari per la copertura degli oneri (valori in euro). Tra parentesi le unità di personale di cui è autorizzata l’assunzione.
Onere |
Polizia di Stato |
Carabinieri (2.135) |
Guardia di finanza (1.133) |
Polizia penit. (577) |
TOTALE (5.788) |
2019 |
1.530.715 |
2.247.087,50 |
1.161.105,00 |
0,00 |
4.938.907,50 |
2020 |
15.396.620 |
18.194.470,00 |
9.704.250,00 |
1.089.995,00 |
44.385.335,00 |
2021 |
31.843.540 |
36.461.530,00 |
19.546.970,00 |
11.839.140,00 |
99.691.180,00 |
2022 |
48.290.460 |
54.728.590,00 |
29.389.690,00 |
15.971.140,00 |
148.379.880,00 |
2023 |
64.729.510 |
72.995.650,00 |
39.222.180,00 |
20.103.140,00 |
197.050.480,00 |
2024 |
79.839.035 |
89.208.840,00 |
47.920.475,00 |
23.841.640,00 |
240.809.990,00 |
2025 |
83.433.740 |
92.301.387,50 |
49.535.480,00 |
23.941.360,00 |
249.211.967,50 |
2026 |
84.460.700 |
93.074.257,50 |
49.862.360,00 |
24.276.520,00 |
251.673.837,50 |
2027 |
85.487.660 |
93.847.127,50 |
50.189.240,00 |
24.420.520,00 |
253.944.547,50 |
2028 |
86.513.300 |
94.619.997,50 |
50.515.400,00 |
24.564.520,00 |
256.213.217,50 |
dal 2029 |
87.279.560 |
95.199.650,00 |
50.758.400,00 |
24.672.520,00 |
257.910.130,00 |
Il comma 200, prevede che, per l’attuazione delle disposizioni del comma 197, recante le assunzioni nella Polizia penitenziaria, il fondo di cui al comma199 è incrementato di euro:
· 17.830.430 per l’anno 2019;
· 23.221.840 per ciascuno degli anni 2020 e 2021;
· 22.434.840 per l’anno 2022;
· 14.957.840 per l’anno 2023;
· 15.392.240 per l’anno 2024
· 15.479.120 a decorrere dall’anno 2025.
Una copertura specifica è prevista dal comma 201 per le assunzioni ulteriori nella Polizia penitenziaria quali anticipazioni di assunzioni, già previste dalla legge di bilancio 2018, di cui alle lettere b) e c). A tal fine il fondo di cui al comma 199 è incrementato di euro:
· 338.410 per l’anno 2019;
· 3.553.520 per ciascuno degli anni 2020 e 2021
· 4.340.520 per l’anno 2022;
· 11.817.520 per l’anno 2023;
· 12.160.720 per l’anno 2024;
· 12.229.360 a decorrere dal 2025.
Alla copertura di tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017).
Il comma 202 dispone un ulteriore finanziamento per le spese di funzionamento connesse alle assunzioni straordinarie di cui all’articolo in esame, ivi comprese le spese per mense e buoni pasto, pari a 1 milione di euro per l’anno 2019 e 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Tali somme sono iscritte in apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’interno, da ripartire tra le amministrazioni interessate con il D.P.C.M. di autorizzazione alle assunzioni, di cui al comma 196, tenendo conto del numero di assunzioni.
Infine, il comma 203 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Articolo 1, commi 204-208
(Assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)
Si incrementa (secondo una determinata scansione temporale) di 1.500 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si dispone che per tali assunzioni si attinga alle graduatorie esistenti (con esaurimento di quella a valere sul concorso del 2008).
È disposto un incremento della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per complessive 1.500 unità.
La modulazione temporale di questo incremento è così disegnata:
§ non prima del 10 maggio 2019: 650 unità;
§ non prima del 1° settembre 2019: 200 unità;
§ non prima del 1° aprile 2020: 650 unità.
La dotazione organica attuale - si ricorda - è determinata dal decreto legislativo n. 217 del 2005 (recante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale).
La Tabella A allegata al decreto (come sostituita dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 97 del 2017) la determina in 37.481 unità complessive per l'intero Corpo nazionale.
Di queste, 32.710 sono le unità del personale non direttivo e non dirigente che espleti funzioni tecnico-operative.
Di queste ultime, 20.066 sono le unità complessivamente annoverate dal ruolo dei vigili del fuoco.
Siffatte unità sono state successivamente incrementate dalla legge di bilancio 2018. Si tratta di 300 unità aggiuntive (articolo 1, comma 289 della legge n. 205 del 2017)[19].
A seguito dell'ulteriore incremento ora previsto, la complessiva consistenza numerica del ruolo dei vigili del fuoco ammonterebbe pertanto a 21.866 unità.
È posta altresì una duplice riserva di posti.
La prima riserva vale sia per la copertura dei nuovi posti, qui previsti con l'incremento della dotazione organica, sia per le assunzioni ordinarie.
La riserva è a favore degli iscritti nella graduatoria del concorso a vigile del fuoco del 2008[20]. Questo, fino al suo esaurimento. La validità di tale graduatoria è al contempo prorogata, fino al 31 dicembre 2019[21].
Una volta esaurita quella graduatoria, si aggiunge altra riserva di posti, la quale opera solo per la copertura dei nuovi posti conseguenti all'incremento della dotazione organica - dunque non per le assunzioni ordinarie.
Questa aggiuntiva riserva è a favore degli iscritti nella graduatoria dei concorsi del 2016 e del 2017.
In particolare, la riserva è pari a:
§ il 70 per cento dei posti, per gli iscritti nella graduatoria del concorso del 2016;
§ il restante 30 per cento, per gli iscritti nella graduatoria del concorso del 2017.
L'autorizzazione di spesa per le assunzioni è così determinata:
§ 20,4 milioni, per il 2019,
§ 56,3 milioni, per il 2020;
§ 63,1 milioni, per ciascun anno del triennio 2021-2023; 63,5 milioni per il 2024;
§ 64,2 milioni per il 2025; 64,3 milioni per ciascun anno del triennio 2026-2028; 64,4 milioni per il 2029; 54,6 milioni per il 2030;
§ 64,7 milioni a decorrere dal 2031.
Si aggiunge autorizzazione di spesa per le spese di funzionamento (inclusi mense e buoni pasti) connesse alle assunzioni straordinarie qui disposte.
Sono: 200.000 euro per il 2019; 1 milione a decorrere dal 2020.
Articolo 1, comma 209
(Accesso di 1000 ricercatori nelle università)
Il comma 209 incrementa, dal 2019, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), al fine di consentire l’accesso nelle università di ulteriori ricercatori universitari a tempo determinato.
In particolare, incrementa il FFO di € 20 mln nel 2019 e di € 58,63 mln annui dal 2020, per il conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato di tipo B (art. 24, co. 3, lett. b), L. 240/2010) a 1000 ricercatori.
La relazione tecnica all’A.C. 1334 specificava che il costo unitario annuo del ricercatore di tipo B è pari a € 58.625 e che l’avvio del contratto presumibilmente non potrà avvenire prima di settembre 2019.
L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato. La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda (lett. b) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).
Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.
Le risorse sono ripartite tra le università con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Le risorse eventualmente non utilizzate entro il 30 novembre di ciascun anno rimangono disponibili, nel medesimo esercizio finanziario, per essere destinate ad altre finalità del FFO.
Si ripropone, così, un intervento disposto con la legge di stabilità 2016 e con la legge di bilancio 2018, rispetto a cui, tuttavia, ora non si fa più riferimento al conseguente, eventuale, consolidamento dei ricercatori nella posizione di professore di seconda fascia e non si precisano i criteri con cui si procederà al riparto delle risorse tra gli enti.
L’art. 1, co. 247 e ss., della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha disposto un incremento del FFO di € 47 mln per il 2016 e di € 50,5 mln dal 2017. L'assegnazione alle singole università dei fondi doveva essere effettuata tenendo conto dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR). È conseguentemente, intervenuto il DM 18 febbraio 2016, n. 78, che ha previsto 861 assunzioni.
L’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto un incremento del FFO di € 12 mln per il 2018 e di € 76,5 mln annui dal 2019. L'assegnazione dei fondi doveva essere effettuata, in relazione all'obiettivo del riequilibrio della presenza di giovani ricercatori nei vari territori, al numero dei ricercatori in servizio rispetto al numero delle altre figure del personale docente e ricercatore e, in relazione all'obiettivo del sostegno ai livelli di maggiore qualità della ricerca, ai risultati della VQR. E’, conseguentemente, intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 168, che ha previsto 1.305 assunzioni.
Articolo 1, comma 210
(Chiamata diretta di ricercatori negli enti pubblici di ricerca)
Il comma 210 ridefinisce le modalità di nomina e disciplina il funzionamento delle commissioni cui spetta la valutazione per l’assunzione per chiamata diretta di ricercatori presso gli enti pubblici di ricerca (nonché altri enti pubblici). La modifica è collegata all’abrogazione, prevista dall’art. 1, co. 455, del Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta.
A tal fine, sostituisce il co. 3 dell’art. 16 del d.lgs. 218/2016.
Preliminarmente, si ricorda che il d.lgs. 218/2016 si applica a 20 enti pubblici di ricerca, di cui 14 vigilati dal MIUR e 6 da altri Ministeri.
Nello specifico, l’art. 16 ha previsto che gli enti pubblici di ricerca, previo nulla osta del Ministro vigilante, possono assumere per chiamata diretta, con contratto a tempo indeterminato, ricercatori o tecnologi italiani o stranieri dotati di altissima qualificazione scientifica, che si sono distinti per merito eccezionale o che sono stati insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambito internazionale.
Tali assunzioni sono effettuate nell'ambito del 5% dell'organico dei ricercatori e dei tecnologi e nel limite del numero di assunzioni effettuate nel medesimo anno per concorso, a condizione che a ciò siano destinate entrate ulteriori e apposite, che possono provenire anche dai Ministeri vigilanti. Gli enti devono comunque dimostrare di non aver superato il limite per l'indicatore di spese per il personale.
La valutazione del merito eccezionale doveva essere effettuata da apposite commissioni che dovevano essere nominate con le stesse modalità delle commissioni di valutazione delle c.d. cattedre universitarie del merito Giulio Natta, cui si doveva provvedere con DPCM., mai intervenuto.
In base all’art. 19, co. 4, le disposizioni in materia di chiamata diretta si applicano anche ad altri enti pubblici, limitatamente al personale e alle funzioni di ricerca trasferiti ai medesimi in virtù di disposizioni legislative.
Per approfondimenti sugli enti cui si riferisce il D.lgs. 218/2016, si veda il Tema predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Nello specifico, la norma in commento stabilisce che:
§ le commissioni sono nominate con decreto del Ministro vigilante e sono composte da un minimo di tre fino ad un massimo di cinque esperti del settore di afferenza degli enti che propongono l'assunzione per chiamata diretta;
§ la durata delle commissioni non può essere superiore ad un anno dalla data di nomina e l'incarico di componente delle commissioni è consentito solo per due mandati consecutivi;
§ la partecipazione alle commissioni non dà diritto a compensi o gettoni di presenza;
§ il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate è proporzionalmente a carico dei bilanci degli enti che propongono le assunzioni.
Articolo 1, commi 211 e 584
(Finanziamento degli enti di ricerca vigilati dal MIUR)
Il comma 211 –introdotto durante l’esame alla Camera – riconosce un contributo straordinario di € 30 mln annui per 10 anni – dal 2019 al 2028 – al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Non è specificata la finalità del contributo.
Il comma 584 – sempre introdotto durante l’esame alla Camera - incrementa la dotazione del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti e degli istituti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) di € 10 mln per il 2019.
Il FOE è allocato sul capitolo 7236 dello stato di previsione del MIUR.
Il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) è stato istituito dal d.lgs. 204/1998.
Nello specifico, i contributi ai 12 enti di ricerca vigilati, fra i quali il CNR, sono determinati come somma di due addendi, ossia assegnazioni ordinarie e non ordinarie. Per il 2018, in base al riparto operato con DM 568 del 26 luglio 2018, le assegnazioni non ordinarie sono relative ad attività di ricerca a valenza internazionale, finanziamento di progettualità di carattere straordinario, progetti bandiera e progetti di interesse.
In base al medesimo DM 568/2018, nel 2018 al CNR sono stati destinati, a valere sul FOE, € 602.337.541.
Più ampiamente, si veda il dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera sullo schema di decreto ministeriale per il riparto del Fondo per l’anno 2018 (A.G. n. 28).
I commi 212 e 213, introdotti durante l’esame in prima lettura, autorizza la concessione di un contributo straordinario di 1 milione di euro per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021, a valere in quota-parte sulle risorse del Fondo da ripartire nel corso della gestione per eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, iscritto nello stato di previsione del MIUR.
Il comma 212 dispone la concessione di un contributo straordinario di 1 milione di euro per il 2019, 2020 e 2021.
La copertura contabile dell’onere è posta a valere per una quota-parte corrispondente a 771.854 euro per l’anno 2019 e a 186.552 euro per l’anno 2020 sul Fondo da ripartire nel corso della gestione per eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, previsto dall’art. 23, comma 1, secondo periodo, della L. n. 289/2002 e allo scopo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, università e ricerca (comma 213).
Per la restante parte, pari a 228.146 euro per il 2019, 813.448 euro per il 2000 e 1 milione di euro per il 2021, si provvede - in base a quanto riportato nella relazione tecnica dell’emendamento introdotto – a valere sul Fondo da ripartire (Fondo di parte corrente - cd. “La Buona Scuola” - per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica di cui al comma 202, art. 1, della L. 107/2015 iscritto nella stato di previsione del MIUR), riducendo la quota di risparmi che si prevedeva di iscrivere in tale Fondo.
Si ricorda che la legge di stabilità 2013 (art. 1, co. 288, L. 228/2012) aveva disposto un contributo straordinario di 800.000 euro annui per ciascun anno del triennio 2013-2015. La Fondazione peraltro riceve assegnazioni straordinarie a sostegno di iniziative di potenziamento delle ricerche nei settori della genomica funzionale e delle neuroscienze, da realizzarsi nell'ambito dell'Accordo quadro CNR-Fondazione EBRI (qui il link all’Accordo).
La Fondazione EBRI (European Brain Research Institute Rita Levi-Montalcini, qui il link) è un Istituto internazionale di ricerca scientifica interamente dedicato allo studio delle Neuroscienze, costituito nel 2002, per volontà del premio Nobel Rita Levi-Montalcini. Attualmente la Fondazione EBRI collabora con istituzioni italiane e straniere e gestisce diversi progetti di ricerca finanziati da istituzioni nazionali ed internazionali e, a livello nazionale, con il CNR (v. ante).
Articolo 1, commi 214-218
(Scuola normale superiore meridionale)
I commi 214-218, introdotti durante l’esame alla Camera, prevedono che la Scuola normale superiore di Pisa istituisce sperimentalmente, per un triennio, a decorrere dall’a.a. 2019-2020, una propria sede a Napoli, che assume la denominazione di Scuola normale superiore meridionale, in spazi messi a disposizione dall’Università di Napoli Federico II. Al termine della sperimentazione, la Scuola, previa valutazione positiva dell’ANVUR e reperimento di idonea copertura finanziaria, assume carattere di stabilità.
Si tratta, mutatis mutandis, di una previsione similare a quella relativa alla Scuola di dottorato internazionale GSSI (Gran Sasso Science Institute)[22].
Lo scopo dell’istituzione della Scuola normale superiore meridionale è anche quello di assicurare una più equa distribuzione delle Scuole superiori nel territorio nazionale[23].
Preliminarmente, si ricorda che la Scuola normale superiore di Pisa è un Istituto universitario ad ordinamento speciale.
In base all’art. 1 dello Statuto emanato con Decreto del Direttore n. 202 del 7 maggio 2012 e modificato, da ultimo, con Decreto del Direttore n. 46 del 25 gennaio 2018, la Scuola è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile.
In base all’art. 5 dello stesso Statuto, nella Scuola si svolgono:
a) corsi ordinari per gli allievi iscritti contestualmente ai corsi di laurea e di laurea magistrale dell’Università di Pisa e/o di laurea magistrale dell’Università di Firenze; specifici accordi possono prevedere che gli allievi siano iscritti ad altre università;
b) corsi di perfezionamento (Ph.D.) di durata almeno triennale, anche in collaborazione con università, enti di ricerca e istituti di alta cultura sia italiani sia stranieri a ciò abilitati.
La Scuola può inoltre attivare:
a) corsi di laurea magistrale di alta qualificazione scientifica sperimentali con percorsi innovativi e interdisciplinari con uno o più degli atenei federati e corsi di laurea magistrale con altre università italiane o straniere, mediante la stipula di apposite convenzioni;
b) corsi di specializzazione post laurea e post dottorali;
c) corsi di dottorato di ricerca;
d) master universitari di primo e di secondo livello;
e) master o altri corsi di studio e di alta formazione permanente e ricorrente.
I corsi di cui alle lettere da b) ad e) possono essere attivati anche in collaborazione con università, enti di ricerca e istituti di alta cultura a ciò abilitati.
Infine, in base all’art. 8, la Scuola è federata con la Scuola superiore di studi e perfezionamento Sant’Anna e con l’Istituto universitario studi superiori di Pavia, anch’essi aventi natura di Istituti universitari a ordinamento speciale, ferma restando l’autonomia giuridica, scientifica, gestionale e amministrativa di ciascun ateneo.
In particolare, l’istituenda Scuola normale superiore meridionale organizza corsi di diversa tipologia, sulla base di un piano strategico predisposto da un apposito comitato, formato dal direttore della Scuola normale superiore di Pisa e dal rettore dell’Università di Napoli Federico II, nonché da tre esperti di elevata professionalità scelti dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Ai componenti del comitato non spettano compensi, gettoni o rimborsi spese.
Più in particolare, i corsi sono i seguenti:
§ corsi ordinari e master;
§ corsi di laurea magistrale in collaborazione con scuole universitarie federate o con altre università;
§ corsi di dottorato di ricerca di alto profilo internazionale, che uniscono ricerca pura e ricerca applicata;
§ corsi di formazione pre-dottorale e di ricerca e formazione post-dottorato, rivolti a studiosi, ricercatori, professionisti e dirigenti altamente qualificati.
Per le attività della Scuola Normale Superiore Meridionale si autorizza una spesa pari a € 8,209 mln per il 2019, € 21,21 mln per il 2020, € 18,944 mln per il 2021, € 17,825 per il 2022, € 14,631 mln per il 2023, € 9,386 mln per il 2024, € 3,501 mln per il 2025.
Allo scadere del triennio di operatività sperimentale, previo reperimento di idonea copertura finanziaria, e previa valutazione positiva dei risultati da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), la Scuola normale superiore meridionale assume, con apposito provvedimento legislativo, carattere di stabilità e autonomia di bilancio, statutaria e regolamentare.
In caso di mancato reperimento delle risorse o in caso di valutazione non positiva da parte dell’ANVUR, le attività didattiche e di ricerca della Scuola sono portate a termine dalla Scuola normale superiore di Pisa, nell’ambito delle risorse di cui si è detto.
Articolo 1, commi 219 e 220
(INAIL)
I commi in esame prevedono un incremento, nella misura di 60 unità, della dotazione organica dell'INAIL e l'istituzione di un nucleo di valutazione e verifica degli investimenti mobiliari ed immobiliari del medesimo Istituto.
Le disposizioni in oggetto sono intese ad ampliare ulteriormente le aree di intervento dell'INAIL e a consentire l'assunzione tempestiva ed efficace di iniziative di investimento - con particolare riferimento ai settori dell’edilizia sanitaria, scolastica e di elevata utilità sociale e per la realizzazione di edifici da destinare a poli amministrativi (federal building) -, in coerenza con il modello assicurativo dell'Istituto.
Al fine di implementare il suddetto incremento della dotazione organica, i numeri 1) e 2) del comma 219, lettera a), prevedono, rispettivamente: l'assunzione mediante procedure concorsuali di 30 unità di personale, appartenente all'area C, livello economico C1, in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative e di adeguata professionalità in materia di investimenti mobiliari e immobiliari; il reclutamento, mediante un apposito bando di mobilità, di 30 unità di personale delle pubbliche amministrazioni, di qualifica non dirigenziale ed in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative e di adeguata professionalità nel campo dei suddetti investimenti.
Si ricorda che, in base al contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale non dirigente del comparto enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 2006-2009, appartengono all'area C i lavoratori strutturalmente inseriti nei processi produttivi e nei sistemi di erogazione dei servizi, che assicurano il presidio di importanti e diversi processi, ai fini del raggiungimento degli obiettivi stabiliti, assicurando la qualità dei servizi e dei risultati, la circolarità delle comunicazioni, l’integrazione/facilitazione dei processi, la consulenza specialistica, l’ottimizzazione delle risorse affidate, anche attraverso la responsabilità diretta di moduli e strutture organizzative.
Le procedure concorsuali suddette (e le relative assunzioni) sono previste in deroga ai vincoli e limiti previsti dalla normativa vigente. Per i relativi oneri, il comma 220 provvede alla costituzione di un apposito fondo di parte corrente nell'ambito del bilancio dell'INAIL, con una dotazione non superiore, per il 2019, a 600 mila euro ed a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, a valere sulle risorse dell'Istituto destinabile agli investimenti immobiliari. Il nuovo impiego delle risorse è giustificato, da parte del medesimo comma 220, in base alla considerazione che le assunzioni sono relative all'efficace svolgimento di attività connesse e strumentali all'attuazione degli investimenti ed alla relativa valorizzazione.
Riguardo invece al bando di mobilità, qualora il personale così reclutato provenga da amministrazioni non sottoposte a disciplina limitativa delle assunzioni, la neutralità finanziaria complessiva del medesimo bando è assicurata dalla previsione (di cui al suddetto numero 2)) che tali eventuali unità siano reclutate a valere sulle facoltà assunzionali dell'Istituto.
La lettera b) del comma 219 prevede, come accennato, l'istituzione, presso l'INAIL, di un nucleo di valutazione e verifica degli investimenti mobiliari ed immobiliari dell'Istituto. Il nucleo ha la funzione di assicurare il supporto tecnico alla programmazione, alla valutazione, all’attuazione e al monitoraggio degli investimenti. Si demanda ad un regolamento dell'INAIL la disciplina del funzionamento del nucleo, secondo criteri intesi a valorizzare la peculiarità delle diverse tipologie di investimento. Il nucleo è composto da 10 unità, aventi specifica professionalità, selezionate tramite un’apposita procedura di valutazione comparativa. La nomina può concernere, nel numero massimo di 5 unità, anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione (per le altre unità, qualora si tratti di dipendenti di amministrazione pubbliche diverse dall'INAIL, si ricorre allo strumento del comando). Il trattamento economico (comprensivo dei rimborsi spese) è stabilito con determinazione del presidente dell'INAIL; in ogni caso, ai sensi della presente lettera b), il trattamento non può essere superiore a determinate misure percentuali di una base di calcolo pari a 83.000 euro annui lordi (valore di cui all'art. 3, comma 5, del regolamento "recante disciplina dei nuclei istituiti presso le amministrazioni centrali dello Stato con la funzione di garantire il supporto tecnico alla programmazione, alla valutazione e al monitoraggio degli interventi pubblici", di cui al D.P.C.M. 21 dicembre 2012, n. 262).
Il finanziamento del Nucleo è assicurato dall'INAIL mediante le risorse finanziarie, umane, strumentali e tecnologiche disponibili a legislazione vigente.
Articolo 1, commi 221-223
(Investimenti mobiliari e immobiliari dell’INAIL)
Le disposizioni facoltizzano l’INAIL ad investire nel campo immobiliare e mobiliare per il perseguimento degli scopi dell’Ente, senza oneri per il Bilancio dello Stato.
La disposizione in commento, approvata nel corso dell’esame alla Camera, con particolare riferimento alle esigenze riabilitative degli assicurati, nonché alla sperimentazione di nuovi modelli di assistenza volti al contenimento della spesa sanitaria, autorizza l’INAIL a valutare - in via eccezionale, nell’ambito del piano triennale degli investimenti 2019-2021 e senza maggiori oneri per la finanza pubblica – la realizzazione di investimenti immobiliari nel settore termale e alberghiero-termale, con riferimento esclusivo alle aree caratterizzate da significative condizioni di crisi economico-industriale, individuati nell’ambito degli appositi accordi stipulati tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali volti all'unitarietà del sistema termale nazionale (di cui all’art. 4, c. 4, della L. 323/2000) (comma 221).
Per il perseguimento delle proprie finalità si riconosce, altresì, all’INAIL la facoltà di sottoscrivere quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi (con particolare riferimento a quelli gestiti da società di gestione del risparmio partecipate da società quotate) la cui politica di investimento sia orientata prevalentemente ad imprese con significative possibilità di crescita, ad imprese attive nella ricerca o alla crescita dimensionale delle imprese. (comma 222)
Il comma 223 dispone che all’attuazione di quanto previsto dal comma 222 si provvede a valere sulle disponibilità che l’INAIL può detenere presso le aziende di credito e Poste italiane S.pA.
Articolo 1, comma 224
(Società partecipate del Ministero dell’economia e delle finanze)
Il comma 224, introdotto alla Camera, interviene sulla disciplina delle società quotate del Ministero dell’economia e delle finanze, ampliando le possibilità di utilizzo delle eventuali maggiori entrate riscontrate rispetto alle previsioni.
Il comma 224 modifica l’articolo 6, comma 6, primo periodo della legge n.183 del 2011, al fine di consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di utilizzare le eventuali maggiori entrate (rispetto alle previsioni), derivanti dalla distribuzione di utili d'esercizio o di riserve sotto forma di dividendi o la attribuzione di risorse per riduzioni di capitale, anche per l’aumento della quota di partecipazione al capitale delle società di nuova costituzione.
L’articolo 6, comma 6, primo periodo, della legge n.183/2011, attualmente dispone, relativamente alle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, che “le eventuali maggiori entrate rispetto alle previsioni, derivanti dalla distribuzione di utili d'esercizio o di riserve sotto forma di dividendi o la attribuzione di risorse per riduzioni di capitale, possono essere utilizzate, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e secondo criteri e limiti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, per aumenti di capitale di società partecipate, anche indirettamente, dal medesimo Ministero, ovvero per la sottoscrizione di capitale di società di nuova costituzione”.
Articolo 1, comma 225
(Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro)
Il comma 225, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, incrementa il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
Il suddetto incremento è pari ad 1 milione di euro annui, a decorrere dal 2019.
Istituito dall’articolo 1, comma 1187, della L. 296/2006, il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro ha lo scopo di fornire un puntuale supporto ai familiari dei lavoratori, assicurati e non, vittime di gravi infortuni. Le prestazioni sono erogate esclusivamente per infortuni avvenuti successivamente al 1° gennaio 2007 e che abbiano comportato il decesso del lavoratore (ad esclusione, quindi, delle malattie professionali e degli infortuni avvenuti precedentemente al 1° gennaio 2007 con decesso successivo alla data richiamata).
Beneficiari del Fondo sono solamente i seguenti familiari dei lavoratori deceduti: coniuge; figli legittimi, naturali, adottivi fino al 18° anno di età; fino al 21° anno di età se studenti di scuola media superiore o professionale; fino al 26° anno d'età se studenti universitari; in caso di maggiorenni inabili finché dura l'inabilità.
In mancanza di coniugi o figli beneficiari sono i genitori (naturali o adottivi) a carico del lavoratore deceduto; fratelli e sorelle se a carico o conviventi con il lavoratore deceduto.
L’erogazione dei fondi è di competenza dell'INAIL, previo trasferimento delle risorse da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Con il D.M. 19 novembre 2008 sono state individuate le tipologie di benefici spettanti (non sottoposte a tassazione), e precisamente:
· prestazione una tantum, con importo (fissato annualmente con specifico decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali) determinato dal numero dei componenti del nucleo superstite, dalle risorse disponibili del Fondo e dall'andamento del fenomeno infortunistico. I beneficiari di tale prestazione sono sia i superstiti di lavoratori assicurati (ai sensi del D.P.R. 112/1965) sia quelli di lavoratori non soggetti ad obbligo assicurativo. Sono compresi, inoltre, i superstiti dei soggetti tutelati ai sensi dell'assicurazione contro gli infortuni domestici (di cui alla L. 493/1999);
· anticipazione della rendita dei superstiti, pari a 3 mensilità della rendita annua, calcolata sul minimale di legge per la liquidazione delle rendite. Tale anticipazione è prevista esclusivamente per i superstiti di lavoratori soggetti alla tutela assicurativa obbligatoria, ed è erogata unitamente alla prestazione una tantum.
L'erogazione dei benefici è subordinata all'esito di un accertamento sommario e da una ispezione da parte degli organismi preposti.
Articolo 1, commi 226-232
(Pubblico impiego: risorse per la contrattazione collettiva
nazionale e per i miglioramenti economici)
I commi da 226 a 232 determinano gli oneri complessivi (pari a 1.100 milioni di euro per il 2019, 1.425 milioni per il 2020 e 1.775 milioni dal 2021) a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico. Nelle more della definizione dei contratti collettivi di lavoro e dei provvedimenti negoziali relativi al medesimo triennio, vengono, inoltre, disposte (a valere sulle predette risorse):
- l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a favore del personale destinatario dei suddetti contratti e provvedimenti negoziali;
- l’erogazione dell’elemento perequativo una tantum previsto per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche dai relativi CCNL 2016-2018;
- l’incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
In particolare, il comma 226 destina alla copertura dei suddetti oneri, per il triennio 2019-2021:
§ 1.100 milioni di euro per il 2019;
§ 1.425 milioni di euro per il 2020;
§ 1.775 milioni di euro dal 2021.
Il comma 227 specifica che gli importi sopra indicati per ciascun anno del triennio 2019-2021 sono da intendersi comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Quei medesimi importi concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico (ai sensi dell’articolo 21, comma 1-ter, lett.e) della legge n. 196 del 2009).
La Relazione tecnica specifica che le suddette risorse corrispondono ad un incremento delle retribuzioni medie complessive del personale appartenente al settore Stato pari all’1,3 per cento per l’anno 2019, all’1,65 per cento (1,3 per cento + 0,35 per cento) per l’anno 2020 e all’1,95 (1,3 per cento + 0,35 per cento + 0,3 per cento) per cento a decorrere dal 2021, considerando anche gli effetti dei miglioramenti economici previsti per il personale in regime di diritto pubblico non contrattualizzato.
Il comma 228 dispone che gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2019-2021 relativi al personale dipendente delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, nonché gli oneri per la corresponsione dei miglioramenti economici a professori e ricercatori universitari siano posti a carico dei rispettivi bilanci.
Il medesimo comma 228 prevede, inoltre, che i Comitati di settore[24], in sede di emanazione degli atti di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, provvedano alla quantificazione delle relative risorse, attenendosi ai criteri previsti per il personale delle amministrazioni statali di cui al comma 226 (ossia il personale contrattualizzato e quello in regime di diritto pubblico). A tal fine, i suddetti Comitati si avvalgono dei dati disponibili presso il Ministero dell'economia e delle finanze, comunicati dalle rispettive amministrazioni in sede di rilevazione annuale dei dati concernenti il personale dipendente.
Le previsioni di cui al comma 228 si estendono anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (comma 229).
Il successivo comma 230 dispone, nelle more della definizione dei CCNL o dei provvedimenti negoziali relativi al triennio 2019-2021, l’erogazione di alcuni benefici economici in favore del personale contrattualizzato ovvero destinatario di provvedimenti negoziali.
Più nel dettaglio, a valere sulle risorse a copertura degli oneri di cui ai commi 226 e 228 e in deroga alle procedure previste dai rispettivi ordinamenti, si procede all’erogazione:
§ dell’indennità di vacanza contrattuale, ossia di una copertura economica che costituisce un’anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale (di cui all’art. 47-bis del D.Lgs. 165/2001) per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nonché degli analoghi trattamenti disciplinati dai provvedimenti negoziali relativi al personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico, nella misura percentuale, rispetto agli stipendi tabellari, dello 0,42% dal 1° aprile 2019 al 30 giugno 2019, e dello 0,7% a decorrere dal 1° luglio 2019;
§ dell’elemento perequativo una tantum, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 2, c. 2, del D.Lgs. 165/2001), se previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2016-2018 (nelle misure, con le modalità e i criteri ivi previsti), con decorrenza dal 1° gennaio 2019 fino alla data di definitiva sottoscrizione dei predetti CCNL relativi al triennio 2019-2021 che ne disciplinano il riassorbimento.
Si segnala che le Tabelle 1 e 2 sub art. 34 della Relazione tecnica (sul personale pubblico contrattualizzato, rispettivamente, statale e non statale) evidenziano come tali oneri abbiano natura strutturale a decorrere dal 2021.
Sul punto, si ricorda che l’Accordo stipulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con le Organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016 ha disposto, per i lavoratori pubblici dei vari comparti, un incremento medio di 85 euro lordi al mese per il triennio 2016-2018. Poiché tale aumento avrebbe potuto causare la perdita del bonus di 80 euro (introdotto, per i lavoratori dipendenti, dall’art. 1 del D.L. 66/2014 e reso strutturale dalla legge di stabilità 190/2014 entro il limite di reddito di 24.600 euro, per la soglia relativa al bonus integrale, e di 26.600 euro per la soglia di reddito prevista per ottenere il bonus ridotto), nei CCNL sottoscritti per il triennio 2016-2018 dai diversi comparti è stato introdotto un elemento perequativo variabile, con scadenza al 31 dicembre 2018, al fine di sterilizzare l’aumento dello stipendio base.
In relazione al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’ambito dei rispettivi provvedimenti negoziali relativi al triennio 2019-2021 e a valere sulle predette risorse (di cui al comma 226), il comma 231 dispone che 210 milioni di euro possano essere destinati alla disciplina degli istituti normativi, nonché ai trattamenti economici accessori (privilegiando quelli finalizzati a valorizzare i servizi di natura operativa di ciascuna amministrazione).
Qualora i predetti provvedimenti negoziali non si perfezionino alla data del 30 giugno di ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 (previo avvio delle rispettive procedure negoziali e di concertazione), il suddetto importo annuale è destinato, sulla base di apposito D.P.C.M., all’incremento delle risorse dei fondi per i servizi istituzionali del personale del Comparto Sicurezza-Difesa e dei fondi per il trattamento accessorio del personale dei Vigili del Fuoco, con successivo riassorbimento nell’ambito dei benefici economici relativi al triennio 2019-2021.
Infine, il comma 232 dispone che, nel 2019, sono versate all’entrata al bilancio dello Stato e restano acquisiti all’erario 140 milioni di euro, iscritti sul conto dei residui delle risorse stanziate per la contrattazione collettiva dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, c. 679, della L. 205/2017).
Un 'blocco' economico della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti fu disposto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" (come convertito dalla legge n. 122 del 2010).
Esso dispose che non si desse luogo (senza possibilità di recupero delle componenti retributive) alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 e 'congelò' (per il triennio 2011-13) il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti pubblici (compreso il trattamento accessorio, fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale), con inapplicabilità dei meccanismi di progressione stipendiale.
Proroga al 31 dicembre 2014 fu indi disposta dal D.P.R. n. 122 del 2013 (era un regolamento governativo, per effetto dell'autorizzazione posta dall'articolo 16, comma 1 del decreto-legge n. 98 del 2011 - come convertito dalla legge n. 111 del 2011 - recante "Misure urgenti per la stabilizzazione della finanza pubblica").
Una ulteriore proroga al 31 dicembre 2015 del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego si ebbe con l'articolo 1, commi 254-256 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).
La prospettiva di rinnovi contrattuali nel pubblico impiego riemerse - dietro 'impulso' della sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015 - con l'articolo 1, comma 466 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), che a tal fine quantificava in 300 milioni annui dal 2016 (per il triennio 2016-2018) gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio statale pluriennale.
La successiva legge di bilancio 2017 (ossia la legge n. 232 del 2016, all'articolo 1, comma 368) ha istituito un Fondo (con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018) con alcune finalità, tra cui il finanziamento della contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 ed il miglioramento economico del personale non 'contrattualizzato'.
Infine, l’art. 1, c. 679, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) destina alla copertura degli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale nelle amministrazioni pubbliche ed ai miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche in regime di diritto pubblico, le seguenti risorse:
- 300 milioni per il 2016;
- 900 milioni per il 2017;
- 2.850 milioni dal 2018.
Tali complessive somme annuali corrispondono ad incrementi retributivi rispettivamente pari a: 0,36 per cento per il 2016; 1,09 per cento per il 2017; 3,48 per cento per il 2018 (assumendo come termine di raffronto l'ammontare retributivo dato dal trattamento economico principale ed accessorio per il 2015, al netto dell'indennità di vacanza contrattuale).
Nella percentuale sopra ricordata per il 2018, ricade pertanto l'attribuzione di aumenti medi mensili di 85 euro lordi, secondo l'accordo stipulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con le Organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016.
Articolo 1, comma 233
(Assunzioni presso l'Ispettorato nazionale del lavoro
e sanzioni in materia di lavoro)
Il comma in esame prevede un incremento della dotazione organica (con relative assunzioni) dell'Ispettorato nazionale del lavoro e l'elevamento di ammende penali e sanzioni amministrative pecuniarie in materia di lavoro e legislazione sociale. Inoltre, il comma reca, alla lettera f), una norma finanziaria relativa all'attività di rappresentanza in giudizio dell'Ispettorato e, alla lettera g), una norma sui provvedimenti di fuori ruolo o di comando del personale del medesimo Ispettorato.
In particolare, la lettera a), autorizza l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (di seguito Ispettorato) ad assumere (con relativo aumento della dotazione organica) a tempo indeterminato un contingente di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 300 unità l’anno nel biennio 2019-2020 e a 330 unità per il 2021. A tal fine, viene integrato il Fondo risorse decentrate di cui all’articolo 76 del CCNL funzioni centrali per il triennio 2016-2018 per un importo di 750.000 euro per il 2019, 1,5 milioni per il 2020 e di 2.325.000 dal 2021. Oltre a ciò, viene elevato (da 10 a 13 milioni) il limite massimo entro cui riassegnare ad un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali i maggiori importi derivati dall'aumento delle sanzioni per lavoro irregolare (di cui all’articolo 14, comma 1, lettera d), n. 2, del D.L. 145/2013) relativo a misure dirette ad un più efficiente impiego sull'intero territorio nazionale del personale ispettivo, ad una maggiore efficacia, anche attraverso interventi di carattere organizzativo, della vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché all’attuazione di iniziative di contrasto del lavoro sommerso ed irregolare. Spetta all’Ispettorato comunicare agli organismi preposti il numero delle unità da assumere e la relativa spesa. Agli oneri relativi, pari a 6 milioni di euro per il 2019, 24 milioni di euro per il 2020 e 37 milioni di euro annui dal 2021 (in luogo di 6,1 milioni di euro per il 2019, 24.393.000 per il 2020 e 40.655.000 annui a decorrere dal 2021) si provvede a valere sulle risorse stanziate per assunzioni ulteriori, presso pubbliche amministrazioni nazionali, rispetto a quelle consentite a legislazione vigente, risorse di cui all'art. 1, comma 365, lettera b), della L. 232/2016, come incrementate dall'articolo 1, comma 161, del presente disegno di legge. Ai fini delle assunzioni in oggetto, il ricorso alle procedure concorsuali è subordinato al previo esperimento della procedura cosiddetta di mobilità volontaria, mentre viene esclusa l'applicazione della cosiddetta mobilità "per ricollocazione" del personale collocato in disponibilità.
Si ricorda che il D.Lgs. 149/2015 ha disposto l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività.
L’articolo 40, comma 4-ter, del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’articolo 11, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 75/2017), ha demandato alla contrattazione collettiva il riordino, la razionalizzazione e la semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. In relazione a ciò, l’articolo 76 del CCNL per il personale del comparto funzioni centrali del 12 febbraio 2018 (vigenza triennio 2016-2018) ha costituito il Fondo risorse decentrate per razionalizzare e semplificare la disciplina dei fondi per la contrattazione decentrata, al fine di far confluire in un unico Fondo (a decorrere dal 2018) in un unico importo consolidato, tutte le risorse delle amministrazioni e degli enti del comparto richiamato destinati alla contrattazione integrativa ed ai trattamenti accessori. Più specificamente, affluiscono al suddetto Fondo tutte le risorse aventi caratteristiche di certezza, stabilità e continuità, negli importi determinati per il 2017, come certificati dagli organi di controllo interno ai quali è demandato il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori (cioè, ai sensi dell’articolo 40-bis, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, il collegio dei revisori dei conti, il collegio sindacale, gli uffici centrali di bilancio o gli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti). Il Fondo è incrementato stabilmente da specifiche voci inerenti a determinati trattamenti economici accessori del personale.
La lettera b) del presente comma 233 modificando l’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 149/2015, incrementa da 2 a 4 le posizioni dirigenziali di livello dirigenziale generale e da 88 a 94 le posizioni dirigenziali di livello non generale della dotazione organica dell'Ispettorato. Conseguentemente, viene demandata ad apposito decreto direttoriale dell’Ispettorato la modifica delle disposizioni del D.P.C.M. 23 febbraio 2016 relative agli organi e strutture centrali di vertice e allo staff dell’Ispettorato medesimo.
Contestualmente, la successiva lettera c) autorizza l’Ispettorato ad assumere le nuove unità dirigenziali non generali richiamate in precedenza, nonché ulteriori 12 unità dirigenziali di livello non generale, al fine di garantire una presenza continuativa dei responsabili di ciascuna struttura territoriale. Queste ultime assunzioni possono effettuarsi anche attingendo dalla graduatoria del concorso bandito dal Ministero del lavoro con decreto direttoriale del 14 novembre 2006, la cui validità viene conseguentemente prorogata al 30 giugno 2019. Non trovano applicazione le disposizioni relative alla mobilità volontaria e all’assegnazione del personale collocato in disponibilità (di cui agli articoli 30 e 34-bis, comma 2, del D.Lgs. 165/2001). Ai relativi oneri (pari a 2.783.000 euro annui a decorrere dal 2019) si provvede a valere sulle risorse del Fondo per il pubblico impiego per la parte destinata al finanziamento di nuove assunzioni a tempo indeterminato nella P.A., come rifinanziato dall'articolo 1, comma 161, del presente disegno di legge.
La mobilità volontaria tramite passaggio diretto di personale tra amministrazioni pubbliche è disciplinata dall’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza. Le richiamate amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a 30 giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere. I presupposti perché la domanda possa essere accolta sono i seguenti:
- esistenza di un posto vacante nella pianta organica dell'amministrazione di destinazione;
- corrispondenza della qualifica posseduta dal dipendente rispetto a quella richiesta per la copertura del posto vacante;
- parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici dell'amministrazione di appartenenza.
Nell'ambito dei rapporti di lavoro, i dipendenti possono essere trasferiti all'interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune, ovvero, a distanza non superiore ai 50 chilometri dalla sede in cui il dipendente è adibito. Tali disposizioni sono applicate ai dipendenti con figli di età inferiore a 3 anni, che hanno diritto al congedo parentale, e ai soggetti di cui all'articolo 33, comma 3, della L. 104/1992, con il consenso degli stessi alla prestazione della propria attività lavorativa in un'altra sede.
Con il D.M. 14 settembre 2015 sono stati fissati i criteri per realizzare i richiamatati processi di mobilità, anche con passaggi diretti di personale tra amministrazioni senza accordo preventivo, al fine di garantire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico.
La mobilità attivata d’ufficio o mobilità collettiva è disciplinata dagli articoli da 33 a 34-bis del D.Lgs. 165/2001, che prevedono in primo luogo che sia attivata una apposita procedura volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. In particolare, l’articolo 34-bis, comma 2, dispone che il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all' articolo 34, comma 3, provveda (di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali interessate) entro 15 giorni dalla comunicazione, ad assegnare secondo l'anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità ai sensi dei precedenti articoli 33 e 34. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, il Dipartimento della funzione pubblica provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell'elenco di disponibilità del personale. A seguito dell'assegnazione, l'amministrazione destinataria iscrive il dipendente in disponibilità nel proprio ruolo e il rapporto di lavoro prosegue con l'amministrazione che ha comunicato l'intenzione di bandire il concorso.
La lettera d) del presente comma 233 prevede l’incremento di alcune ammende penali e sanzioni amministrative pecuniarie.
Più specificamente:
§ viene disposto l’incremento del 20% (invece della somma fissa di 100 euro prevista nel testo originario) degli importi dovuti con riferimento a (numeri 1 e 3):
§ la sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di ulteriore impiego (dopo la diffida) di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (si ricorda che la sanzione - la quale non concerne il datore di lavoro domestico - è distinta da quella relativa alla prima violazione dell'obbligo di comunicazione);
§ la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione del limite di durata dell'orario di lavoro per periodi di sette giorni o della prescrizione sul riposo di almeno 24 ore consecutive per i medesimi periodi;
§ la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione della disciplina sul periodo minimo annuale di ferie retribuite;
§ la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione delle norme sul riposo minimo giornaliero;
§ le ammende penali e le sanzioni amministrative pecuniarie previste (ai sensi dell'art. 18 del D.Lgs. 276/2003 e del D.Lgs. 8/2016) per la violazione di alcune norme in materia di somministrazione di lavoro e di mercato del lavoro;
§ le sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di alcuni obblighi posti dalla disciplina sul distacco temporaneo in Italia (da parte del datore di lavoro) di lavoratori occupati abitualmente in un altro Stato;
§ la violazione delle altre disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
§ viene disposto l’incremento del 10% degli importi dovuti per la violazione di norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (numero 2).
Non c’è più il riferimento (previsto nel testo originario del disegno di legge) all’incremento del 15% delle sanzioni amministrative pecuniarie in materia prevenzionistica e delle somme che l'Ispettorato ammette a pagare, in sede amministrativa, in caso di adempimento delle prescrizioni indicate in sede di accertamento di violazioni di norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (di cui al comma 3 del testo originario).
Le maggiorazioni in oggetto (lettera e)) sono raddoppiate se nei 3 anni precedenti il datore di lavoro è già stato colpito da sanzioni amministrative o penali per medesimi illeciti. Le ulteriori maggiorazioni di cui alla presente lettera e) sono versate al bilancio dello Stato (salvo quanto previsto dall’articolo 13, comma 6, del D.Lgs. 81/2008, concernente le somme che le ASL, in quanto organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa) per essere riassegnate allo stato di previsione del MLPS e destinate all’incremento del Fondo risorse decentrate per valorizzare l’apporto del personale secondo criteri da definire mediante contrattazione collettiva integrativa nel rispetto del D.Lgs. 150/2009.
La lettera f) del presente comma 233 stabilisce che le entrate derivanti dall’applicazione delle norme sulla rappresentanza in giudizio dell’Ispettorato (ex articolo 9, comma 2, del D.Lgs. 149/2015) siano destinate, nel limite massimo di 800.000 euro (500.000 nel testo originario), ad incrementare il Fondo risorse decentrate (vedi supra) e ad incentivare l’attività di rappresentanza dell’Ispettorato.
Ai sensi della successiva lettera g), al fine di consentire la piena operatività dell’Ispettorato, la norma secondo cui, qualora disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta non si applica sino al 31 dicembre 2020 per il personale dell'Ispettorato, ad esclusione dei provvedimenti di fuori ruolo o di comando presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
Articolo 1, comma 234
(Assunzioni da parte delle Camere di Commercio)
La norma dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e fino al completamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 3 del D.Lgs. di riordino delle Camere di commercio (D.Lgs. n. 219/2016), le predette Camere, non oggetto di accorpamento, ovvero che ne abbiano concluso il relativo processo, possono procedere all’assunzione di nuovo personale, nel limite della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente al fine di assicurare l’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
Il comma 234, introdotto nel corso dell’esame in prima lettura, reca modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. n. 219/2016, in materia di riordino delle Camere di Commercio, introducendo nel predetto articolo, dopo il comma 9, un nuovo comma 9-bis.
Si ricorda che il comma 9 dell’articolo 3 dispone un divieto per le camere di commercio di procedere a nuove assunzioni o al conferimento di incarichi, fino al completamento delle procedure di mobilità di cui al medesimo articolo 3. Si tratta delle procedure di mobilità del personale connesse al piano di razionalizzazione organizzativa delle medesime Camere di commercio. L’articolo 3, infatti, nel prevedere la riduzione a 60 del numero delle camere di commercio attraverso la rideterminazione delle relative circoscrizioni territoriali, la razionalizzazione delle sedi delle singole camere nonché delle Unioni regionali ha altresì previsto – all’interno del piano di razionalizzazione organizzativa delle stesse - la razionale distribuzione del personale dipendente delle camere stesse, con possibilità di realizzare processi di mobilità tra le medesime camere.
Il nuovo comma 9-bis dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 219/2016, introdotto dall’emendamento in esame, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2019 e fino al completamento delle procedure di mobilità di cui al medesimo articolo 3, le Camere di commercio, non oggetto di accorpamento, ovvero che ne abbiano concluso il processo, possono procedere all’assunzione di nuovo personale, nel limite della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente al fine di assicurare l’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
Il comma 235 dispone l’incremento di euro 100.000.000, a decorrere dall’anno 2020, del fondo di cui all’articolo 35 del decreto legge n. 113 del 2018, finalizzato all’adozione dei provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto.
Nello specifico il comma in esame interviene, incrementandone la dotazione finanziaria di 100 milioni di euro dal 2020, sul Fondo appositamente istituito dall’articolo 35 del decreto legge n. 113 del 2018 (c.d. “decreto sicurezza e immigrazione”) per l’adozione di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto, volti a correggere ed integrare il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, e il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.
Il richiamato articolo 35 del decreto-legge n. 113 del 2018 ha istituito un Fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzato all’adozione dei richiamati provvedimenti integrativi e correttivi dei decreti legislativi nn. 94 e 95 del 2017 di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
Nel Fondo sono allo stato “cristallizzate” le residue risorse finanziarie già previste dall’autorizzazione di spesa di cui al citato articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, a sua volta incrementate di un ulteriore stanziamento di 5 milioni di euro annui disposto dal richiamato articolo 5 del decreto legge n. 113 del 2018.
Relativamente alle richiamate residue finanziarie, nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto legislativo correttivo per le sole Forze di polizia (A.G. 35, ora decreto legislativo n. 126 del 2018), presentato al Parlamento nel mese di luglio 2018, viene evidenziato come siano disponibili 30.120.313 euro per l' anno 2017, 15.089.182 euro per l'anno 2018 e 15.004.387 a decorrere dall' anno 2019, di cui all'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, derivanti dalle risorse finanziarie destinate alla revisione dei ruoli delle Forze di polizia, relative agli ulteriori risparmi di spesa conseguenti all'attuazione del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 sulla razionalizzazione delle funzioni di polizia.
Lo schema di decreto legislativo in questione (A.G. 35, ora decreto legislativo n. 126 del 2018) ha previsto, a sua volta, oneri finanziari così articolati (art. 22): 508.961 euro per l’anno 2018, 1.005.629 euro per l’anno 2019, 923.613 euro per l’anno 2020, 1.032.429 euro per l’anno 2021, 789.425 euro per l’anno 2022, 702.360 euro per l’anno 2023, 723.419 euro per l’anno 2024, 1.015.370 euro per l’anno 2025, 816.467 euro per l’anno 2026, 1.100.429 euro per l’anno 2027, 730.884 euro a decorrere dall’anno 2028.
Si ricorda, inoltre, che a seguito delle modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare, la legge di conversione del decreto-legge 113/2018 ha previsto, all’articolo 1, una disposizione di delega al Governo per l’adozione – entro il 30 settembre 2019 - di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia di riordino dei ruoli delle Forze armate e delle Forze di polizia nei limiti delle risorse del fondo di cui al presente articolo.
Il decreto legislativo n. 94 del 2017, recante Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, adottato in attuazione della delega prevista dall'articolo 1, comma 5 della legge 244/2012, ha carattere trasversale e riguarda tutti i ruoli del personale militare. Le disposizioni in esso contenute incidono sul reclutamento, l’avanzamento, la formazione, i compiti, le responsabilità e i trattamenti economici connessi agli accresciuti impegni del personale militare. Viene stabilito il principio generale in base al quale gli ufficiali hanno una carriera a sviluppo dirigenziale e unitario e sono distinti in tre componenti: ufficiali generali e ammiragli, ufficiali superiori e ufficiali inferiori. La categoria dei sottufficiali è comprensiva dei ruoli marescialli (per i quali il Codice prescrive il conseguimento della laurea) e sergenti, gli uni con carriera a sviluppo direttivo e gli altri esecutivo. Inoltre per i gradi apicali di entrambi i ruoli, è prevista l'attribuzione di specifiche qualifiche connesse all'assunzione di funzioni di particolare rilievo in relazione al ruolo d'appartenenza e all'anzianità posseduta. La categoria dei graduati, comprende il ruolo dei volontari in servizio permanente (da caporal maggiore a caporal maggiore capo scelto), caratterizzati da una carriera a sviluppo meramente esecutivo, e quella dei militari di truppa, nel cui alveo sono ricompresi i militari di leva, i volontari in ferma prefissata e, più in generale le varie tipologie di allievi (carabinieri, finanzieri, frequentatori delle Accademie/scuole militari, etc.). E', evidenziato il carattere di specialità dell'ordinamento del personale militare prevedendo, all'uopo, l'applicazione delle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione solo se espressamente richiamate. Le corrispondenze con le qualifiche degli appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento civile sono aggiornate alla luce dei nuovi gradi e qualifiche previsti nell'ordinamento militare.
Altre novità introdotte con il decreto legislativo in esame riguardano:
§ l'esclusione, per il personale militare in servizio che partecipa a concorsi interni dalla misurazione dei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva;
§ la possibilità di incrementare i volumi dei reclutamenti annuali nei ruoli iniziali, in presenza di specifiche esigenze funzionali, connesse alle emergenze operative derivanti da attività di soccorso e assistenza in Patria e all'estero, ovvero al controllo dei flussi migratori e al contrasto alla pirateria;
§ il calcolo dei periodi di congedo straordinario nell'anzianità giuridica valida ai fini della progressione di carriera.
In relazione al decreto legislativo in esame si segnala che la sopra richiamata legge delega (articolo 1, comma 5 della legge 244 del 2012) non ha tempo previsto la facoltà di adottare successivi decreti legislativi correttivi; tale facoltà è stata, invece, prevista dalla legge 124/2015, concernente il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia.
A sua volta, con il decreto legislativo n. 95 del 2017 è stata data attuazione alla delega recata dall’art. 8 della legge 124/2015 (legge di riorganizzazione della p.a.) per la revisione dei ruoli del personale delle Forze di polizia (Polizia di Stato; Arma dei carabinieri; Corpo della Guardia di finanza; Corpo di polizia penitenziaria).
Complessivamente la riforma disposta con il D.Lgs. 95/2017 ha perseguito le seguenti finalità:
§ l'adeguamento delle dotazioni organiche di ciascun corpo rendendole più vicine alla consistenza effettiva del personale in servizio e rimodulandole nell'ambito dei diversi ruoli;
§ la semplificazione dell'ordinamento, anche attraverso la rimodulazione e la valorizzazione del percorso formativo e la riduzione dei tempi per la conclusione delle procedure di selezione, anche attraverso l'utilizzo dei mezzi informatici;
§ l'ampliamento delle opportunità di progressione in carriera attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, nonché dell'anzianità di servizio;
§ l'elevazione del titolo di studio per l'accesso alla qualifica iniziale dei ruoli di base, nonché al possesso di titoli di studio universitari per la partecipazione al concorso ovvero per l'immissione in servizio, dopo il corso di formazione iniziale, nelle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali; l'ampliamento delle funzioni, in particolare, per il personale con qualifica e gradi apicali del ruolo degli agenti e assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori, con il conseguente intervento sui trattamenti economici connessi alle nuove funzioni e responsabilità
§ l'adeguamento, in particolare, delle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali, attraverso la loro qualificazione professionale, rispettivamente, direttiva e dirigenziale, conseguente al potenziamento delle funzioni;
§ l'adeguamento della disciplina della dirigenza e dei relativi trattamenti economici, con il superamento di alcuni istituti risalenti nel tempo.
Il comma 235 ricomprende, come si è detto, tra i soggetti destinatari dei futuri provvedimenti di riordino anche il personale del Corpo delle Capitanerie di porto.
Il Corpo delle Capitanerie di Porto -Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della loro opera, primo fra tutti il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti che ha "ereditato" nel 1994, dal Ministero della marina mercantile, la maggior parte delle funzioni collegate all'uso del mare per attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto e sul cui bilancio gravano le spese di funzionamento.
Il Corpo si configura come una struttura altamente specialistica, sia sotto il profilo amministrativo che tecnico-operativo, per l’espletamento di funzioni pubbliche statali che si svolgono negli spazi marittimi di interesse nazionale. Tali spazi comprendono 155.000 Kmq di acque marittime, interne e territoriali, che sono a tutti gli effetti parte del territorio dello Stato, nonché ulteriori 350.000 KMq di acque sulle quali l'Italia ha diritti esclusivi (sfruttamento delle risorse dei fondali) o doveri (soccorso in mare e protezione dell'ambiente marino): un complesso di aree marine di estensione quasi doppia rispetto all'intero territorio nazionale che ammonta a 301.000 KMq.
Il Corpo dispone di un organico complessivo di circa 11.000 uomini e donne, distribuiti in una struttura capillare costituita da 15 Direzioni Marittime, 55 Capitanerie di porto, 51 Uffici Circondariali Marittimi, 128 Uffici Locali Marittimi e 61 Delegazioni di Spiaggia, mediante la quale il Corpo continua ad esercitare le proprie molteplici attribuzioni, sul mare e lungo le coste del Paese.
Il Corpo, inoltre, opera in regime di dipendenza funzionale dai diversi Dicasteri, tra i quali il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio? e del mare, e il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che si avvalgono della sua organizzazione e delle sue competenze specialistiche. Le principali linee di attività sono:
§ ricerca e soccorso in mare (SAR), con tutta l’organizzazione di coordinamento, controllo, scoperta e comunicazioni attiva nelle 24 ore che tale attività comporta;
§ sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;
§ protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, utilizzando sinergicamente a tal fine anche risorse (centrali operative, mezzi aereonavali, sistemi di controllo del traffico navale) già attivati per compiti di soccorso, sicurezza della navigazione e di polizia marittima;
§ controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali: a tal fine il comando generale è l’autorità responsabile del Centro Nazionale di Controllo Pesca e le Capitanerie effettuano i controlli previsti dalla normativa nazionale e comunitaria sull’intera filiera di pesca;
§ amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;
§ polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.
Ulteriori funzioni sono svolte per i Ministeri della difesa (arruolamento personale militare), dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), degli interni (contrasto immigrazione clandestina), della giustizia, del lavoro (Uffici di collocamento della gente di mare) e del dipartimento della protezione civile, tutte aventi come denominatore comune il mare e la navigazione.
Articolo 1, comma 236
(Contributi in favore di biblioteche per ciechi o ipovedenti)
Il comma 236 – introdotto durante l’esame alla Camera – incrementa di € 1 mln per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 il contributo in favore della Biblioteca italiana per ciechi “Regina Margherita” di Monza.
Inoltre, autorizza la spesa di € 100.000 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, quale contributo alla Biblioteca italiana per ipovedenti «B.I.I. Onlus».
La Biblioteca italiana per ciechi "Regina Margherita" - ONLUS, fondata nel 1928 dall’Unione Italiana Ciechi, ha la finalità di soddisfare le diverse esigenze culturali e di apprendimento dei minorati della vista. Il patrimonio librario – che consiste in oltre 50 mila titoli, tra opere in braille, su audiocassetta, su supporto informatico e opere in caratteri ingranditi – copre diversi settori disciplinari e si indirizza a differenti fasce di lettori. La sua produzione varia da opere di letteratura, ad opere scientifiche o di carattere informativo, a spartiti e manuali didattici per la musica. I volumi sono disponibili per il prestito sul territorio nazionale ed estero.
Con riguardo ai finanziamenti, si ricorda che l’art. 1 della L. 260/2002 aveva previsto un contributo di € 4 mln annui a decorrere dal 2003.
Successivamente, l’art. 1 della L. 76/2011 ha previsto un incremento di € 700.000 per il 2011 e di € 1.682.190 annui a decorrere dal 2012.
Ancora in seguito, l’art. 1, co. 420, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha ulteriormente incrementato il contributo di € 2 mln per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.
Da ultimo, l’art. 1, co. 341, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – novellando l’art. 1, co. 420, della L. 208/2015 – ha disposto un incremento del contributo di € 1 mln per il 2019.
Le risorse sono allocate sul cap. 3631/pg 1 dello stato di previsione del Mibac. Rispetto a quanto ricordato, peraltro, gli stanziamenti per il triennio 2019-2021, comprensivi delle modifiche apportate dal comma in esame, ammonterebbero a € 4,5 mln per il 2019, € 3,5 mln per il 2020 e € 3,5 mln per il 2021.
La Biblioteca Italiana per Ipovedenti (B.I.I.) è una ONLUS con sede in Treviso con la finalità di promuovere, in tutta Italia, la lettura tra persone con minorazioni visive non classificabili legalmente e tra le persone anziane affette da disturbi visivi legati all'età.
Con riguardo ai finanziamenti, si ricorda che l’art. 1, co. 421, della L. 208/2015 ha previsto un contributo di € 100.000 per ciascuno degli anni 2016. 2017 e 2018. Le risorse sono state allocate sul cap. 3631/pg 7 dello stato di previsione del Mibac.
Articolo 1, commi 237-238
(Contributo in favore dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità)
Allo scopo di affidare alla sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità (IAPB) la gestione di un progetto di screening straordinario sulle minorazioni visive, i commi 237 e 238 assegnano alla stessa sezioni IAPB un contributo straordinario di 250.000 euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
I commi 237 e 238 attribuiscono alla sezione italiana dell’Agenzia dell’International Agency for the Prevention of Blindness (IAPB) un contributo straordinario, pari a 250.000 euro, per ciascun anno del triennio 2019-2021, per la gestione di un progetto di screening straordinario sulle minorazioni visive, finalizzato alla prevenzione della cecità, con particolare riferimento alle patologie retiniche. Il contributo in esame si somma alle risorse già previste dalla normativa vigente.
In proposito, alla sezione italiana della IAPB, a decorrere dal 2006, è stato riconosciuto un contributo annuo di euro 750.000, dal comma 10, dell’articolo 11-quaterdecies, del DL. 203/2005 (L. 248/2005) per le attività ed il conseguimento delle finalità scientifiche del Polo nazionale cui la medesima Sezione fa parte (come da tabella A, articolo 1 della L. n. 291/2003 che ha disposto interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l'università e la ricerca).
La creazione di tale Polo, finalizzato ai servizi e alla ricerca per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva degli ipovedenti, è stata prevista a Roma.
Inoltre, la legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 325, L. 205/2017) ha disposto l’incremento, dal 2018, di 250.000 euro del contributo annuo riconosciuto alla sezione italiana AIPB a valere, corrispondentemente, sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui alla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 200, L. 190/2014).
La sezione italiana (IAPB Italia Onlus) dell’International Agency for the Prevention of Blindness (IAPB), fondata nel 1975 a Londra come organizzazione non governativa per promuovere l’impiego di risorse, a livello mondiale, da destinare alle attività di prevenzione delle malattie della vista, collabora con l’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’ambito delle iniziative per la riabilitazione visiva degli ipovedenti. A tale scopo, ha fondato un Polo Nazionale presso il Policlinico A. Gemelli, per la prevenzione della cecità e la riabilitazione visiva.
Articolo 1, comma 239
(Fondo per le politiche giovanili)
Il comma 239 incrementa di 30 milioni, a decorrere dal 2019, le risorse del Fondo per le politiche giovanili
La Relazione illustrativa al provvedimento sottolinea che l’incremento della dotazione del Fondo è finalizzato a promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, nonché a facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi.
Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, dall'articolo 19, comma 2, del decreto legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le regioni e gli enti Locali.
Nel 2010 la consistenza del Fondo era di circa 81 milioni di euro. Negli anni successivi la dotazione del Fondo è stata considerevolmente ridotta (per una puntuale rassegna delle dotazioni del Fondo per le politiche giovanili nel periodo 2007-2018 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome).
Lo stanziamento del Fondo per il 2018, come determinato dalla legge di bilancio 2018 (legge 205/2017) era pari a circa 8,9 milioni di euro, di cui una quota pari al 30% (circa 2,6 milioni) da destinare agli enti territoriali per la realizzazione di interventi volti prioritariamente a promuovere attività di orientamento o dirette alla prevenzione del disagio giovanile. Gli enti territoriali si sono fra l'altro impegnati a cofinanziare almeno il 20% del progetto presentato (qui il riparto 2018).
Articolo 1, commi 240-242
(Riparto delle risorse destinate agli Istituti tecnici superiori)
I commi 240-242, introdotti durante l’esame alla Camera, ridefiniscono le modalità di ripartizione delle risorse del Fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore, da erogare agli Istituti tecnici superiori (ITS).
Inoltre, ribadiscono che, con DPCM, adottato su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si procede all’integrazione degli standard organizzativi delle strutture e dei percorsi degli ITS .
Preliminarmente, si ricorda che, a seguito della riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) – istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 e costituente un sistema di “formazione terziaria non universitaria” –, operata, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il DPCM 25 gennaio 2008, sono state previste tre differenti tipologie di intervento: percorsi di IFTS, poli tecnico-professionali e Istituti tecnici superiori (ITS).
In particolare, il DPCM 25 gennaio 2008 ha previsto che gli ITS – istituiti dall’art. 13 del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) – possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza.
Gli ITS sono realizzati secondo il modello organizzativo della Fondazione di partecipazione, alla quale possono partecipare: un istituto tecnico o professionale, statale o paritario, che risulti ubicato nella provincia sede della Fondazione; una struttura formativa accreditata dalla regione per l’alta formazione, anch’essa ubicata nella provincia; un’impresa del settore produttivo cui si riferisce l’ITS; un dipartimento universitario o altro organismo appartenente al sistema della ricerca scientifica e tecnologica; un ente locale. Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando, ai sensi dell’allegato A del DPCM 25 gennaio 2008, la distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto all’ITS.
Ai percorsi si accede con il diploma di istruzione secondaria di secondo grado, ovvero, a seguito, dell’art. 1, co. 46, della L. 107/2015, di un diploma professionale conseguito al termine dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale, integrato da un percorso di istruzione e formazione tecnica superiore, la cui struttura e i cui contenuti sono stati definiti con Decreto interministeriale (MIUR-Lavoro) 27 aprile 2016, n. 272.
In particolare, si stabilisce che (tutte) le risorse del Fondo citato sono ripartite tra le regioni e assegnate dal MIUR – entro il 30 settembre di ciascun anno – direttamente agli ITS che siano stati valutati nell’annualità formativa precedente secondo quanto definito in sede di Conferenza unificata con Accordo del 5 agosto 2014, come modificato con l’Accordo del 17 dicembre 2015.
Si dispone, dunque, l’unificazione dei criteri di ripartizione delle risorse di cui all’autorizzazione di spesa recata dall’art. 1, co. 875, della L. 296/2006 – come modificato dall'art. 7, co. 37-ter, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) – (che fino al 2018 sono state ripartite secondo i criteri individuati nell’Accordo del 17 dicembre 2015) e di quelle stanziate con specifiche finalità dall’art. 1, co. 67, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) (che nel 2018 sono state ripartite secondo i criteri individuati con DM 394 del 16 maggio 2018).
Con riguardo al sistema di finanziamento, si ricorda, anzitutto, che l’art. 1, co. 875, della L. 296/2006 ha istituito il citato Fondo per l’istruzione e formazione tecnica superiore. In particolare, al Fondo confluiscono somme stanziate a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, co. 634, della stessa L. 296/2006 (contenente diverse finalità, tra cui la riorganizzazione dell’Istruzione e formazione tecnica superiore), che – a seguito delle modifiche apportate dall’art. 7, co. 37-ter, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) – ammontano a € 14 mln annui e sono specificatamente destinate ai percorsi svolti dagli ITS.
A sua volta, il già citato DPCM 25 gennaio 2008 (art. 12) ha disposto che, ai fini dell’ammissibilità alle risorse del Fondo, resta fermo l’obbligo del cofinanziamento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per almeno il 30% dello stanziamento ad esse destinato sul Fondo medesimo e che per la realizzazione delle misure nazionali di sistema, ivi compresi il monitoraggio e la valutazione, è riservata una quota non superiore al 5% delle risorse complessivamente disponibili sul Fondo.
Successivamente, l’art. 1, co. 45, della L. 107/2015 ha disposto che, dal 2016, le risorse del Fondo destinate ai percorsi degli ITS sono assegnate alle singole Fondazioni, in misura non inferiore al 30%, tenendo conto del numero dei diplomati e del tasso di occupabilità a 12 mesi raggiunti in relazione ai percorsi attivati da ciascuna di esse, con riferimento alla fine dell'anno precedente a quello del finanziamento. Tale quota costituisce elemento di premialità, da destinare all'attivazione di nuovi percorsi degli ITS da parte delle Fondazioni esistenti.
Quanto ai criteri per l’assegnazione agli ITS delle risorse del Fondo, il 5 agosto 2014 in Conferenza unificata è stato raggiunto l’Accordo in base al quale il sistema di monitoraggio e valutazione si realizza tenendo conto degli indicatori di realizzazione e di risultato di cui alle linee guida emanate con D.I. 7 febbraio 2013 e secondo i criteri e le modalità di applicazione degli stessi indicatori descritti nell’allegato tecnico facente parte integrante dell’Accordo.
L’Accordo di agosto 2014 è stato successivamente modificato – a seguito delle novità intervenute con la L. 107/2015 – con l’Accordo in Conferenza unificata del 17 dicembre 2015.
In particolare, in base all’art. 2 dell’accordo del 2015, il finanziamento è ripartito secondo i seguenti criteri:
§ 70% a livello regionale sulla base del numero degli studenti ammessi al secondo anno/terzo anno e del numero degli studenti ammessi all’esame, riferiti all’anno precedente a quello di assegnazione delle risorse (al netto del numero dei diplomati all’interno dei percorsi valutati con un risultato inferiore a 50). Successivamente, le regioni individuano e comunicano al MIUR l’entità delle risorse da assegnare ad ogni ITS con riferimento ai singoli percorsi, anche tenendo conto: del risultato dell’attività di valutazione e degli indicatori; dei percorsi finanziati negli anni precedenti e non attivati;
§ 30%, a titolo di premialità, sulla base di quanto previsto dalla L. 107/2015.
Da ultimo, l’art. 1, co. 67, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha disposto che il Fondo è incrementato di € 10 mln nel 2018, € 20 mln nel 2019 e € 35 mln annui dal 2020, per consentire al sistema degli ITS di aumentare la propria offerta formativa e, conseguentemente, di aumentare il numero di soggetti in possesso di competenze abilitanti all’utilizzo degli strumenti avanzati di innovazione tecnologica e organizzativa correlati anche al processo Industria 4.0.
Per il 2018, il MIUR, con Nota prot. 11508 del 9 luglio 2018, ha comunicato che il contributo di cui al Fondo per l'istruzione e formazione tecnica superiore è costituito da:
§ € 12.617.209,00, al netto della quota del 4% destinata alle misure nazionali di sistema, da ripartire sulla base dei criteri definiti con l'Accordo in sede di Conferenza Unificata 17 dicembre 2015, tenuto conto delle disposizioni di cui all'art. 1, co. 45, della L. 107/2015;
§ € 10.000.000,00 da ripartire sulla base dei programmi di sviluppo definiti con DM 394 del 16 maggio 2018. Più nello specifico, l’art. 4 del DM ha disposto che le risorse stanziate dalla legge di bilancio 2018 sono ripartite tra le regioni, per quota parte, sulla base del numero delle Fondazioni ITS che:
- hanno ricevuto la premialità a seguito di valutazione nel 2017 e 2018;
- sono state valutate nel 2017 e/o 2018 e rispettano uno dei seguenti criteri: punteggio pari o superiore a 60 per almeno un percorso; punteggio pari o superiore a 50 in più del 50% dei percorsi valutati;
- aver attivato almeno un percorso per il periodo 2017/2019.
Con riguardo alla previsione in base alla quale, con DPCM adottato su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono integrati gli standard organizzativi delle strutture e dei percorsi degli ITS, si tratta di una disposizione che ribadisce quanto già previsto dall’art. 1, co. 69, della stessa L. 205/2017.
Articolo 1, commi 243-250
(Consiglio Nazionale Giovani)
I commi 243-250, introdotti alla Camera, istituiscono il Consiglio Nazionale dei Giovani quale organo consultivo e di rappresentanza, con funzioni volte ad incoraggiare la partecipazione dei giovani allo sviluppo politico, sociale, economico e culturale dell’Italia. Ulteriori compiti possono essere attribuiti con decreto del Presidente del Consiglio o dell’Autorità politica delegata in materia. Contestualmente, viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del MEF, con una dotazione di 200 mila euro per il 2019. Tra le funzioni in capo al Consiglio, si segnalano: la promozione del dialogo tra istituzioni ed organizzazioni giovanili, la formazione e lo sviluppo di organismi consultivi dei giovani a livello locale, l’espressione di pareri e proposte su atti normativi di iniziativa del Governo che interessano i giovani nonché la partecipazione ai forum associativi, europei ed internazionali. Il Consiglio è composto dalle associazioni giovanili maggiormente rappresentative e dai soggetti indicati nel proprio statuto. La prima Assemblea generale del Consiglio, a cui partecipano le associazioni aderenti al Forum Nazionale dei Giovani, stabilisce modalità e funzionamento del Consiglio Nazionale dei Giovani e ne approva lo Statuto e i regolamenti. A decorrere dalla data di adozione dello Statuto, il Consiglio Nazionale dei Giovani, subentra al Forum nazionale dei Giovani nella rappresentanza presso il Forum Europeo della Gioventù.
Più nel dettaglio, il comma 243 istituisce il Consiglio Nazionale dei Giovani, quale organo consultivo e di rappresentanza dei giovani. Contestualmente, per il finanziamento delle attività del Consiglio, viene istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito del programma “Incentivazione e sostegno alla gioventù” della missione “Giovani e sport”, un fondo con una dotazione di 200.000 euro per il 2019, Le risorse sono accreditate su un apposito conto corrente infruttifero aperto presso la tesoreria centrale (comma 245).
Il successivo comma 246 illustra le finalità del Consiglio, al quale possono comunque essere attribuiti ulteriori compiti e funzioni con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata in materia. Più in particolare, al fine di incoraggiare la partecipazione dei giovani allo sviluppo politico, sociale, economico e culturale del paese, il Consiglio Nazionale dei Giovani:
a) promuove il dialogo tra le istituzioni, le organizzazioni giovanili ed i giovani;
b) promuove il superamento degli ostacoli alla partecipazione dei giovani ai meccanismi della democrazia rappresentativa e diretta;
c) promuove la cittadinanza attiva dei giovani e, a tal fine, sostiene l'attività delle associazioni giovanili, favorendo lo scambio di buone pratiche e incrementando le reti tra le stesse;
d) agevola la formazione e lo sviluppo di organismi consultivi dei giovani a livello locale;
e) collabora con le amministrazioni conducendo studi e stilando rapporti sulla condizione giovanile utili a definire le politiche per i giovani;
f) esprime pareri e proposte sugli atti normativi di iniziativa del Governo che interessano i giovani;
g) partecipa ai forum associativi, europei ed internazionali, incoraggiando la comunicazione, le relazioni e gli scambi tra le organizzazioni giovanili dei diversi paesi.
Inoltre, il Consiglio Nazionale dei Giovani è ulteriormente sentito sulle questioni che il Presidente del Consiglio dei Ministri, o l'Autorità politica delegata in materia, ritengano opportuno sottoporre al suo esame e può anche essere sentito, su richiesta dei Ministri competenti e d'intesa con le Autorità politiche precedentemente indicate, su materie e politiche che abbiano impatto sulle giovani generazioni.
Si ricorda che il D.P.C.M. 27 giugno 2018 ha delegato il Sottosegretario Vincenzo Spadafora ad esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nonché ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei ministri nelle materie concernenti le politiche giovanili. In particolare, salve le competenze attribuite dalla legge ad altri Ministri, il Sottosegretario è delegato a promuovere e coordinare: le azioni di Governo volte ad assicurare l'attuazione delle politiche in favore dei giovani in ogni ambito, ivi compresi gli ambiti economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell'educazione, dell'istruzione e della cultura, anche mediante il coordinamento dei programmi finanziati dall'Unione europea; le azioni di Governo in materia di scambi internazionali giovanili; le funzioni in tema di contrasto e trattamento della devianza e del disagio giovanile in ogni ambito, ivi compresi quelli economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell'educazione, dell'istruzione e della cultura. Inoltre il Sottosegretario esercita le funzioni di indirizzo e vigilanza dell'Agenzia nazionale per i Giovani (ANG), organismo pubblico, dotato di autonomia organizzativa e finanziaria, creata in attuazione della Decisione 1719/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario Gioventù in Azione per il periodo 2007-2013. A partire dal 1 gennaio 2014 l’ANG è l’ente attuatore in Italia del capitolo Gioventù del nuovo Programma ERASMUS+, per il periodo 2014-2020. Inoltre, il Sottosegretario esercita tra le altre le funzioni relative alla gestione del Fondo per le politiche giovanili, del Fondo nazionale per le comunità giovanili (art. 1 comma 556 della Legge 266/2005) e del connesso Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili. Il Sottosegretario esercita, altresì, le funzioni in materia di Servizio civile nazionale. Per l'esercizio delle funzioni citate, il Sottosegretario si avvale del Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale.
A decorrere dalla data di adozione dello Statuto, il Consiglio Nazionale dei Giovani, subentra al Forum nazionale dei Giovani nella rappresentanza presso il Forum Europeo della Gioventù.
L’art. 1, comma 153 e 154, della Legge 311/2004, ha istituito, nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali, un Fondo speciale al fine di promuovere le politiche giovanili finalizzate alla partecipazione dei giovani sul piano culturale e sociale nella società e nelle istituzioni, mediante il sostegno della loro capacità progettuale e creativa e favorendo il formarsi di nuove realtà associative nonché consolidando e rafforzando quelle già esistenti. Al Fondo, per il 2005, era stata assegnata una dotazione di 5000.000 euro, di cui il 70 per cento destinato al finanziamento dei programmi e dei progetti del Forum nazionale dei giovani e il restante 30 per cento da ripartire tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio. Attualmente il Forum, costituito con atto del 26 febbraio 2004, è una realtà associativa formata da 75 organizzazioni, per una rappresentanza di circa 4 milioni di giovani.
Il comma 249 regolamenta composizione e funzionamento del Consiglio Nazionale dei Giovani, stabilendo che è composto dalle associazioni giovanili maggiormente rappresentative e dai soggetti indicati nel proprio statuto. La prima Assemblea generale del Consiglio, da tenersi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, stabilisce modalità e funzionamento del Consiglio Nazionale dei Giovani e ne approva lo Statuto e i regolamenti. Alla prima Assemblea generale del Consiglio partecipano le associazioni aderenti, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, al Forum Nazionale dei Giovani. La disposizione sottolinea che tali modalità di funzionamento garantiscono l'effettiva rappresentanza dei giovani e la democraticità interna e si conformano alle disposizioni di cui al paragrafo 3.1.1 dello Statuto del Forum Europeo della Gioventù approvato dall'Assemblea generale del 26 aprile 2014 e all'articolo 28 dello Statuto del Forum Nazionale dei Giovani adottato con delibera dell'Assemblea del 29 novembre 2008.
Articolo 1, comma 251
(Nuova disciplina del Fondo per le politiche della famiglia)
Il comma 251, inserito nel corso dell’esame alla Camera, introduce una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo per le politiche della famiglia, volto a finanziare interventi di sostegno alla famiglia, alla natalità, alla maternità e alla paternità, al fine prioritario del contrasto della crisi demografica, nonché per finanziare misure di sostegno alla componente anziana dei nuclei familiari. Fra le finalizzazioni del Fondo si ricordano:
- interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia;
- definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata);
- percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive;
- progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita;
- contrasto del fenomeno del cyberbullismo;
- interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati;
- interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono dei minori:
- interventi in materia di adozione e affidamenti.
Le risorse del Fondo sono ripartite con due distinti decreti del Ministro della famiglia e della disabilità. Il primo decreto, adottato dal medesimo Ministro, dovrà ripartire le risorse destinate al funzionamento degli Osservatori la cui attività è sostenuta con le risorse del Fondo nonché ripartire le risorse per il finanziamento delle campagne istituzionali sui temi della famiglia. Il secondo decreto, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata, dovrà invece ripartire le risorse per le restanti finalità del Fondo, come ridisciplinato.
Il comma 251, ridisciplina il Fondo per le politiche della famiglia (di cui all’art. 1, commi da 1250 a 1252 della legge finanziaria 2007).
Si ricorda che la Sezione II del disegno di legge di bilancio ha incrementato il finanziamento del cap. 2102, Fondo per le politiche per la famiglia, (Somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche di sostegno alla famiglia), che, in conseguenza di un robusto rifinanziamento di circa 99,8 milioni di euro, ha raggiunto la previsione integrata, sempre per ciascun anno del triennio, di circa 107,9 milioni di euro. Come rilevabile dall’Allegato alla Relazione Tecnica del disegno di legge di bilancio il rifinanziamento di 100 milioni è da considerarsi a regime.
Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato disciplinato dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, commi 1250-1253 della legge 296/2006).
La legge di bilancio 2018 ha confermato, per il triennio 2017-2019, una dotazione del Fondo per le politiche della famiglia pari a circa 5 milioni di euro.
Si ricorda che, fino al 2015, nel Fondo per le politiche della famiglia erano appostate le risorse per il sostegno alle adozioni internazionali. Successivamente, è stata ritenuto opportuno costituire fondi finalizzati. A tal fine, la stabilità 2016 (commi 411-412 della legge 208/2015) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (cap. 2134), per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un autonomo Fondo per le adozioni internazionali, dotato, nel 2016, di 15 milioni annui. La gestione del Fondo per le adozioni internazionali è stata quindi assegnata al Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. La legge di bilancio 2018 (legge 205/2017) ha rifinanziato il Fondo per le adozioni internazionali di ulteriori 10 milioni di euro; pertanto le risorse ora stanziate sono in complesso 25 milioni di euro, una parte delle quali destinate anche al funzionamento della CAI (Commissione adozioni internazionali)
Recentemente, l’art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, le funzioni precedentemente svolte in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza.
Più in particolare, il decreto legge 86/2018 ha attribuito al Ministro per la famiglia e la disabilità le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali e relazionali, nonché le funzioni di competenza statale precedentemente attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di coordinamento delle politiche volte alla tutela dei diritti e alla promozione del benessere della famiglia, di interventi per il sostegno della maternità e della paternità (anche al fine del contrasto della crisi demografica), di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, di misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità, con riassegnazione della gestione delle risorse afferenti al Fondo sostegno alla natalità e della funzioni (precedentemente in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) concernenti la Carta famiglia.
Con riferimento alle politiche per l'infanzia e l'adolescenza, l’art. 3 del decreto legge 86/2018 ha invece attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, il compito – precedentemente spettante al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di convocare periodicamente (e in ogni caso almeno ogni tre anni) la Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza e ha trasferito - dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali al Dipartimento per le politiche della famiglia - la funzione di organizzazione della medesima Conferenza. Inoltre, nell'ambito della Presidenza del Consiglio, sono state trasferite le funzioni inerenti all'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile dal Dipartimento per le pari opportunità al Dipartimento per le politiche della famiglia.
Infine, in materia di adozioni il decreto legge 86/2018 ha attribuito al Ministro per la famiglia e la disabilità le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di adozioni, anche internazionali, di minori italiani e stranieri, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007, n. 108, in ordine alla presidenza della Commissione per le adozioni internazionali da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, fatta salva la facoltà di delega della funzione.
Più in particolare:
L’intervento legislativo viene attuato sostituendo l’art. 1, commi da 1250 a 1252, della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).
Come specificato dal novellato comma 1250, il Fondo è volto a finanziare interventi di sostegno alla famiglia, alla natalità, alla maternità e alla paternità, al fine prioritario del contrasto della crisi demografica, nonché per finanziare misure di sostegno alla componente anziana dei nuclei familiari.
Più precisamente, il Fondo per le politiche della famiglia viene finalizzato a finanziare i seguenti obiettivi:
a) l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, in seno al quale si stabilisce, come già previsto dalla legge finanziaria 2007, la rappresentanza paritetica delle amministrazioni statali da un lato, delle regioni, delle province autonome e degli enti locali dall'altro, nonché la partecipazione dell'associazionismo e del Terzo settore;
b) l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, la cui attività è già sostenuta con le risorse del Fondo politiche per la famiglia;
L’Osservatorio è stato finora operante presso la Presidenza del Consiglio– Dipartimento Pari opportunità. Compito dell’Osservatorio è acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte da tutte le PA, per la prevenzione e la repressione del fenomeno dell'abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori.
c) l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, la cui attività è già sostenuta dalle risorse del Fondo.
L’Osservatorio è attualmente regolato dal DPR 103/2007, che ne affida la presidenza congiunta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro con delega per le politiche della famiglia. Si ricorda che il D.L legge 86/2018 di riordino dei Ministeri ne ha affidato l’esercizio delle funzioni di competenza al Ministro delegato per la famiglia e la disabilità;
d) l'elaborazione, come già precedentemente previsto, di un Piano nazionale per la famiglia, e la promozione e organizzazione con cadenza biennale di una Conferenza nazionale sulla famiglia;
e) interventi volti a valorizzare il ruolo dei Consultori familiari e dei Centri per la famiglia, nonché a realizzare, unitamente al Ministro della salute, una intesa in sede di Conferenza unificata avente ad oggetto criteri e modalità per la riorganizzazione dei consultori familiari, finalizzata a potenziarne gli interventi sociali in favore delle famiglie. Si rileva, che la riorganizzazione dei consultori familiari è già prevista tra le finalità del Fondo, risulta invece assente la finalizzazione per i Centri per la famiglia.
f) interventi volti alla prevenzione di ogni abuso sessuale nei confronti dei minori e al contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, introducendo, rispetto a quanto attualmente previsto, la previsione di progetti volti ad assicurare adeguati percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive;
g) progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita (l’esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative), nonché interventi a favore delle famiglie in cui sono presenti minori vittime di violenza assistita. Tale finalizzazione delle risorse del Fondo costituisce una novità;
h) interventi a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento, innovando rispetto alle ora previste finalizzazioni, alle situazioni di vulnerabilità socioeconomica e al disagio minorile, anche con riferimento al contrasto del fenomeno del cyberbullismo;
Sul punto si ricorda che recentemente è stata approvata la legge 71/2017 a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, che promuove una progettualità intersettoriale volta alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo. La legge 71/2017 prevede, all’art.3, l’istituzione di un Tavolo di lavoro interistituzionale, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, coordinato dal MIUR, con il compito di redigere un piano di azione integrato e realizzare un sistema di raccolta di dati per il monitoraggio, nonché di realizzare un sistema di raccolta di dati finalizzato non soltanto al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni, ma anche al controllo dei contenuti per la tutela dei minori.
i) interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati, anche attraverso lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi sociali finalizzati alla loro presa in carico;
l) interventi per incentivare la diffusione della figura professionale dell’assistente familiare. Tale finalizzazione, già ora prevista dall’art. 1, comma 1251, lettera c), della finanziaria 2007, rivolgendosi a operatori di sostegno alla famiglia e alla persona, in grado di assistere nelle attività della vita quotidiana una persona anziana fragile, disabile, temporaneamente o permanentemente priva di autonomia, è l’unico riferimento alla componente anziana dei nuclei familiari;
m) iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con almeno tre figli minori, ivi compresa la Carta della famiglia (di cui all’art.1, comma 391, della legge di stabilità 2016, legge 208/2015);
n) iniziative di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro di cui all'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
o) interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. A tal fine il Ministro per la famiglia e disabilità, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, promuove, un’intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto la definizione dei criteri e delle modalità sulla base delle quali le regioni, in concorso con gli enti locali, definiscono ed attuano un programma sperimentale di azioni al quale concorrono i sistemi regionali integrati dei servizi alla persona;
Si rileva che finora tale finalizzazione del Fondo non esiste. Tuttavia, non si può fare a meno di pensare al Programma P.I.P.P.I. (Programma di Intervento per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione) nato nel 2010 da una collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Università di Padova, le 10 Città italiane riservatarie del fondo della legge 285/1997 e i servizi sociali di protezione e tutela minori nonché le Aziende che gestiscono i servizi sanitari degli enti locali coinvolti. Il Programma, in parte finanziato con i fondi dedicati alla legge 285/1997, ovvero con le risorse del Fondo infanzia ed adolescenza, intende innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie cosiddette negligenti per ridurre il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamento dei bambini dal nucleo familiare d’origine
p) attività di informazione e comunicazione in materia di politiche per la famiglia, attualmente non prevista;
q) interventi che diffondano e valorizzino, anche attraverso opportune sinergie, le migliori iniziative in materia di politiche familiari adottate da enti pubblici e privati, enti locali, imprese e associazioni, al fine di agevolare il mutuo scambio, la condivisione e il sostegno di esperienze virtuose e buone pratiche. La finalizzazione del Fondo, attualmente già prevista (ai sensi dell’art. 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007), rinvia ad iniziative in essere del Dipartimento per le politiche della famiglia quali il monitoraggio delle politiche della famiglia delle Regioni e dei Comuni italiani;
r) interventi in materia di adozione e affidamenti, volti a tutelare il superiore interesse del minore e a sostenere le famiglie affidatarie o adottive, anche al fine di sostenere il percorso successivo all’adozione.
Il novellato comma 1251 dispone che il Ministro per la famiglia e le disabilità si possa avvalere del Fondo per finanziare ulteriori iniziative volte a sostenere, realizzare e promuovere politiche a favore della famiglia.
L’introdotto comma 1251-bis specifica che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con uno o più regolamenti si provveda al riordino dell’organizzazione e del funzionamento dell’Osservatorio nazionale della famiglia, di quello per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, nonché dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
Il comma 1252, come novellato, dispone che il Fondo sia ripartito dal Ministro per la famiglia e le disabilità, con due decreti distinti. Il primo decreto, adottato dal medesimo Ministro, in concerto con il MEF, dovrà ripartire le risorse destinate al funzionamento dei tre Osservatori sopra citati e all’attuazione delle misure di competenza statale definite nell’ambito dei correlati Piani nazionali (Piano nazionale famiglia, Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori, il quale costituisce parte integrante del Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, predisposto dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza), nonché ripartire le risorse per il finanziamento delle campagne istituzionali sui temi della famiglia. Il secondo decreto, da adottare con il concerto del MEF e d’intesa con la Conferenza unificata, dovrà invece ripartire le risorse del Fondo per le restanti finalità di cui ai commi 1250 e 1251.
Articolo 1, commi 252-253
(Misure di conciliazione vita-lavoro)
In alternativa a quanto previsto circa l’astensione dal lavoro delle donne in gravidanza, il comma 252, inserito alla Camera, riconosce alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino. Il comma 253, anch’esso inserito in sede di esame, pone a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, l’obbligo di dare priorità alle richieste fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili.
Il comma 252 dispone che, in alternativa a quanto previsto dall’art. 16, c. 1, del D.Lgs. 151/2001, che vieta di adibire al lavoro le donne in gravidanza in determinati periodi, ossia durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, durante i tre mesi dopo il parto (oppure, a determinate condizioni, a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto) e durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta - alle lavoratrici è riconosciuta la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Il comma 253 pone a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile (smart working), l’obbligo di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.
Articolo 1, comma 254
(Carta Famiglia)
Il comma 254, inserito dalla Camera, modifica la normativa vigente in materia di Carta della famiglia relativamente alla platea dei destinatari. La Carta è rilasciata alle famiglie costituite da cittadini italiani ovvero appartenenti a Paesi membri dell’Unione europea regolarmente residenti nel territorio italiano (attualmente “alle famiglie di cittadini italiani o di cittadini stranieri regolarmente residenti nel territorio italiano”), con almeno tre figli conviventi di età non superiore ai 26 anni (attualmente è richiesto il requisito della minore età). La carta è accordata su richiesta, in base ai criteri e con le modalità stabilite da un apposito decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio. Ai fini dell’attuazione della misura, il limite massimo di spesa previsto è di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 a valere sulla dotazione del Fondo per le politiche della famiglia.
Il comma 254, inserito durante l'esame alla Camera, modifica la normativa vigente in materia di Carta della famiglia di cui all’art. 1, co. 391, della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015) relativamente alla platea dei destinatari. Dal provvedimento in esame, la Carta è destinata alle famiglie costituite da cittadini italiani ovvero appartenenti a Paesi membri dell’Unione europea regolarmente residenti nel territorio italiano (la normativa vigente prevede che la carta è assegnata “alle famiglie di cittadini italiani o di cittadini stranieri regolarmente residenti nel territorio italiano”), con almeno tre figli conviventi di età non superiore ai 26 anni (attualmente è richiesto il requisito della minore età). La carta è rilasciata alle famiglie che ne facciano richiesta, in base ai criteri e con le modalità stabilite da un apposito decreto del Presidente del Consiglio ovvero del Ministro delegato per le politiche della famiglia, di concerto con il MEF, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio. Ai fini dell’attuazione della misura, il limite massimo di spesa previsto è di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 a valere sulla dotazione del Fondo per le politiche della famiglia. Si evidenzia che non viene modificata la funzionalità della carta che, come prevede la normativa vigente, consente l’accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi e riduzioni tariffarie concessi dai soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa. I soggetti che partecipano all'iniziativa, concedendo sconti o riduzioni maggiori di quelli normalmente praticati sul mercato, possono valorizzare a scopi promozionali e pubblicitari la loro partecipazione all'iniziativa.
Si ricorda che per le prestazioni non rientranti all'interno dei livelli essenziali, ex art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione la giurisprudenza della Corte riconosce al legislatore la facoltà di sottoporre l'erogazione del beneficio allo straniero a requisiti molto stringenti, come, ad esempio, una residenza sul territorio superiore ai 5 anni ma in ogni caso il controllo a cui tali norme sono sottoposte è quello del principio di ragionevolezza piena.
A tal proposito si ricorda che da ultimo, con la sentenza 106/2018, la Corte è intervenuta sulla previsione della legge regionale della Liguria che richiedeva un periodo di residenza di 10 anni nel territorio della regione per il migrante intenzionato ad accedere all'assegnazione di un alloggio popolare rilevando che le politiche sociali ben possono richiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza (sentenza n. 432 del 2005; ordinanza n. 32 del 2008) ma ciò sempreché un tale più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi ai fini dell'accesso alle prestazioni in questione, sia contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli (sentenza n. 222 del 2013). La Corte ha riscontrato in tale caso una irragionevolezza e mancanza di proporzionalità risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari.
Articolo 1, comma 255
(Buono per l’iscrizione in asili nido)
Il comma 255, inserito alla Camera, eleva da 1.000 a 1.500 euro su base annua il buono per l’iscrizione in asili nido pubblici o privati e lo estende a ciascun anno del triennio 2019-2021. A decorrere dal 2022, il buono è determinato con DPCM, da adottare entro il 30 settembre 2021, nel rispetto del limite di spesa programmato, e comunque per un importo non inferiore a 1.000 euro su base annua, tenuto conto degli esiti del monitoraggio previsto per la misura.
Il comma 255, inserito alla Camera, eleva a 1.500 euro su base annua il buono per l’iscrizione in asili nido pubblici o privati previsto alla legge di bilancio 2017 (art. 1, co. 355, della L. 232 del 2016) e lo estende a ciascun anno del triennio 2019-2021. A decorrere dal 2022 esso è determinato, nel rispetto del limite di spesa programmato e comunque per un importo non inferiore a 1.000 euro su base annua, con DPCM, su proposta del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, con il concerto del MLPS e MEF, da adottare entro il 30 settembre 2021, tenuto conto degli esiti del monitoraggio previsto per la misura. Conseguentemente, viene ridotta, per il 2020, di 40 milioni l’autorizzazione di spesa del Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività, connessi anche al programma Industria 4.0.
La legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 355, della legg 232/2017) ha introdotto, a decorrere dal 2017, l'erogazione di un buono di 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità, pari a circa 90,9 euro mensili, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati. Il beneficio è anche utilizzabile per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche.
Il buono è riferito ai nuovi nati a decorrere dal 1° gennaio 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni.
Le modalità di attuazione sono state stabilite dal D.p.c.m. 17 febbraio 2017 Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) - Agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati, pubblicato sulla G. U. n.90 del 18 aprile 2017 che ha specificato che:
· il genitore richiedente deve essere in possesso della cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell'UE oppure, in caso di cittadino di Stato extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e deve essere residente in Italia;
· per accedere al beneficio, il genitore richiedente presenta domanda all'INPS tramite i canali telematici, indicando, al momento della domanda stessa, a quale fattispecie (pagamento retta asilo o supporto presso la propria abitazione) intende accedere;
· i benefici sono cumulabili con i voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero con il contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati;
· per ciascun anno, a decorrere dal 2017, le domande possono essere presentate entro il 31 dicembre e il beneficio è erogato, secondo l'ordine di presentazione telematica delle domande, nel limite di spesa di 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019, e di 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Superato il limite di spesa non verranno prese in considerazione ulteriori domande.
Articolo 1, commi da 256 a 267
(Fondo per il ristoro dei risparmiatori)
I commi dal 256 al 267 istituiscono, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, e disciplinano il Fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata. Tale Fondo sostituisce quello istituito dalla legge di bilancio 2018, avente analoghe finalità.
Il ristoro è pari al 30 per cento dell’importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore. Per favorire l'efficace erogazione del Fondo viene potenziata la dotazione di risorse umane e finanziarie a disposizione dell'ACF.
In particolare, il comma 256, istituisce nello stato di previsione del MEF, con una dotazione finanziaria iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, un Fondo di ristoro, per i risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto in relazione a specifiche operazioni di investimento.
Per danno ingiusto si intende quello riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di azioni emesse da banche aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. I casi più significativi, in termini di soggetti coinvolti, riguardano la Banca popolare di Vicenza e Veneto banca, di cui è stata decretata la liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017 (decreto legge n. 99 del 2017).
Il Fondo è alimentato per 500 milioni di euro attraverso le risorse della contabilità speciale previste dall'articolo 7-quinquies, comma 7 del decreto legge n. 5 del 2009 per interventi a legislazione vigente, e per i restanti 25 mediante il fondo di ristoro finanziario previsto dall'articolo 1, comma 1106, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018). La procedura disposta dall'articolo in esame, pertanto, rappresenta la continuazione di quella prevista dall'articolo 1, commi 1106 e 1107 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).
Al riguardo si ricorda che la legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 1106 e ss.gg. della legge n. 205 del 2017) ha istituito il Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori: esso era volto a tutelare i risparmiatori che avessero subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 210 del codice dei contratti pubblici, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione (decreto legislativo n. 180 del 2015) comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018 (data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018). Successivamente, il decreto legge n. 91 del 2018 (comma 1-bis dell’articolo 11) è intervenuto sull’ambito operativo e sui termini per l’attuazione del Fondo: l’operatività del Fondo è stata estesa anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ed è stato posticipato al 31 gennaio 2019 il termine per l’emanazione delle norme secondarie di attuazione della relativa disciplina.
Al Fondo istituito dall’articolo in commento sono rimesse le disponibilità già stanziate con il decreto appena citato, incrementate delle risorse della contabilità speciale.
Con finalità di coordinamento, il comma 266 dispone la sostituzione del Fondo di ristoro finanziario disciplinato dall’articolo 1, commi da 1106 a 1108, della legge n. 205 del 2017, con il Fondo di ristoro istituito dall'articolo in esame.
La definizione dei risparmiatori che possono accedere al fondo è disposta dal comma 257: si tratta di persone fisiche, imprenditori individuali, anche agricoli, nonché i coltivatori diretti che abbiano acquistato le azioni di banche definite dal comma 1. Oltre ai soggetti che hanno effettivamente investito nel capitale di banche poste in liquidazione nell'ultimo biennio, hanno parimenti accesso al fondo i loro successori mortis causa, nonché il coniuge, il convivente more uxorio, i parenti entro il secondo grado in possesso delle predette azioni, a seguito di trasferimento con atto tra vivi.
Il comma 258 stabilisce, con riferimento alle azioni in argomento, due ulteriori condizioni: le stesse devono essere state acquistate dal risparmiatore avvalendosi della prestazione di servizi di investimento da parte della banca emittente o di società da questa controllate e devono risultare ancora detenute dallo stesso alla data in cui la banca è stata posta in risoluzione o in liquidazione (lettere a) e b) del comma 258).
Ulteriori condizioni per la gestione del Fondo prevedono che:
§ la domanda all’autorità giudiziaria ordinaria o all’ACF debba essere presentata entro il 30 giugno 2019 (lettera c) del comma 258);
§ la misura del ristoro erogato entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore, corrisponda al 30 per cento dell’importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'ACF, dedotti i dividendi percepiti (lettera d) del comma 258);
§ il ristoro non sia cumulabile con altre forme di indennizzo (lettera e) del comma 258) ma resti impregiudicato il diritto dei risparmiatori di agire in giudizio per il risarcimento della parte di danno eccedente il ristoro corrisposto ai sensi dei commi da 256 a 267 (lettera f) del comma 258);
§ il Fondo operi entro i limiti della dotazione finanziaria e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione della domanda avanti l’autorità giudiziaria ordinaria o l’ACF e sia surrogato nei diritti del risparmiatore per l’importo corrisposto (comma 259).
Il comma 260 prevede una disciplina specifica per quei risparmiatori che hanno aderito a iniziative transattive da banche poi poste in liquidazione e, dunque, oggetto del Fondo di ristoro in esame.
Si segnala, in particolare, che nel gennaio 2017 la Banca popolare di Vicenza e Veneto banca hanno rivolto ai propri soci delle offerte di transazione volte a determinare un indennizzo forfettario corrisposto a fronte della rinuncia ad agire contro le stesse banche in relazione a tutte le operazioni di acquisto o sottoscrizione di azioni o al loro mancato disinvestimento. In base ai dati diffusi dagli offerenti, hanno aderito per Veneto banca 54.374 azionisti (il 72,6 per cento circa del totale), portatori del 67,6% delle azioni comprese nel perimetro dell'offerta, e per Banca popolare di Vicenza 66.770 azionisti (il 71,9 per cento del totale), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell’offerta.
Poiché il ristoro garantito dal Fondo potrebbe risultare anche significativamente superiore al corrispettivo incassato da coloro che hanno a suo tempo aderito ad offerte transattive, a tali risparmiatori il comma 260 consente di proporre la domanda di risarcimento del danno nel rispetto dei limiti di 100.000 euro complessive e del 30 per cento dell'importo riconosciuto da sentenze dell'autorità giudiziaria o pronunce dell'ACF, dedotti gli importi già liquidati al risparmiatore in esecuzione della transazione.
I soggetti che presentano domanda al Fondo dopo aver aderito ad accordi transattivi sono postergati nell'erogazione del rimborso ai risparmiatori il cui danno ingiusto è stato riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), fatta eccezione per coloro per cui risulti un valore dell’ISEE inferiore a 35 mila euro nell’anno 2018.
Nel caso di intervenuta revocatoria della transazione, i risparmiatori che hanno aderito a iniziative transattive assunte dalle banche aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, possono presentare domanda al Fondo previa restituzione dell’importo percepito in esecuzione della transazione e nel rispetto delle condizioni di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo in esame.
Il comma 261 prevede specifici obblighi di comunicazione per il Ministero della Giustizia e la CONSOB che dovranno segnalare al MEF, nei termini indicati con il decreto attuativo dell'articolo in esame (comma 264), i dati relativi alle domande presentate e agli importi richiesti, le sentenze e le pronunce con gli importi riconosciuti a titolo di risarcimento del danno nonché quelle di rigetto. Tali comunicazioni sono finalizzate a consentire l’erogazione da parte del MEF degli importi riconosciuti (nei limiti stabiliti) e a consentire una verifica delle risorse occorrenti per l’erogazione della misura di rimborso agli aventi diritto, in caso di incapienza della dotazione finanziaria del Fondo di ristoro, nonché per aumentare la misura percentuale dei rimborsi all’esito del processo avviato con il decreto legge n. 91 del 2018 e rimodulato dall'articolo in esame, tenendo conto delle risorse effettivamente disponibili.
Il comma 262 stabilisce una serie di misure volte a potenziare la capacità della CONSOB (presso cui l'ACF è istituito) di esaurire l'esame delle domande presentate dai risparmiatori il cui profilo ricade nell'ambito di applicazione dell'articolo in esame.
Per garantire il raggiungimento di tale obiettivo si prevede che la CONSOB potenzi l’attività dell'ACF con l'istituzione di nuovi organi giudicanti, fino ad un massimo di dieci collegi, prevedendo uno o più collegi specializzati per la trattazione delle domande presentate dai risparmiatori che hanno un valore dell’ISEE non superiore a euro 35.000 nell’anno 2018.
La norma in esame definisce dunque un primo gruppo di aventi diritto al ristoro, di cui fanno parte i soggetti a cui è stato riconosciuto di aver patito un danno ingiusto e quelli che hanno aderito a offerte transattive per cui risulti un valore dell'ISEE non superiore al limite appena richiamato, e un secondo, postergato nell'erogazione dei ristori, composto dagli aderenti ad accordi transattivi con un valore dell’ISEE superiore a euro 35.000 nell’anno 2018. A parità di situazioni, si applica il criterio cronologico dell’adozione della pronuncia.
La presentazione dei ricorsi all'ACF e l'adozione delle relative pronunce potrà essere effettuata prevedendo modalità semplificate, nel rispetto delle regole procedurali stabilite dal Regolamento adottato con delibera CONSOB n. 19602 del 2016 (Regolamento ACF). Tali modalità sono definite dalla CONSOB entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame e pubblicate sul sito internet dell’Autorità, previa consultazione pubblica. Agli oneri di funzionamento dell'ACF la CONSOB provvede a valere sulle disponibilità del Fondo per la tutela stragiudiziale dei risparmiatori e degli investitori (di cui all’articolo 32-ter.1 del TUF). Sul medesimo Fondo gravano anche le spese del procedimento non altrimenti recuperabili.
In deroga a quanto disposto dal Regolamento ACF, limitatamente alla trattazione dei ricorsi presentati dai risparmiatori di cui ai commi 256 e 260, l’ambito di operatività dell’ACF è estesa anche alle domande di valore superiore a cinquecentomila euro.
L’ACF è competente anche per la trattazione dei ricorsi presentati dai risparmiatori le cui richieste afferiscono alle azioni oggetto dell'articolo in esame acquisite prima dall’introduzione dell’articolo 25-bis del TUF, che ha riconosciuto l'applicazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal TUF nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi dalle banche.
Per potenziare l'ACF, la CONSOB può inoltre assumere, ai sensi del comma 263, mediante selezione pubblica, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, in aggiunta alla dotazione della pianta organica vigente per un massimo di cinque anni, fino a 55 unità di personale in possesso di idonee professionalità e competenze. A tal fine è autorizzata la spesa di 4,5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, a cui si provvede, in via del tutto eccezionale, in deroga all’articolo 40, comma 3, della n. 724 del 1994 che stabilisce il sistema di finanziamento della CONSOB prevedendo che lo stesso derivi dalla contribuzione dei soggetti vigilati senza oneri a carico del bilancio dello Stato. All’onere per gli anni dal 2019 al 2021, pari a 4,5 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo di ristoro.
Le disponibilità finanziarie destinate a potenziare il funzionamento dell’ACF affluiscono in appositi fondi iscritti distintamente nel bilancio della CONSOB.
Il comma 264 prevede che le misure di attuazione dell'articolo in esame siano adottate con decreto del MEF entro il 31 gennaio 2019. Nelle more dell'adozione del decreto si applica quanto previsto dal comma 1107 della legge di bilancio 2018, per cui i risparmiatori già destinatari di pronuncia favorevole adottata dall'ACF nonché quelli i cui ricorsi, già presentati, saranno decisi con pronuncia favorevole entro il 30 novembre 2018 dall'ACF, possono avanzare istanza alla CONSOB al fine di ottenere tempestivamente l'erogazione, nella misura del 30 per cento e con il limite massimo di 100.000 euro, dell'importo liquidato.
Il comma 265 consente la stipula di un apposito protocollo fra la CONSOB e il Fondo interbancario di tutela dei depositi per favorire l'accesso da parte dell'ACF alla documentazione occorrente per l’adozione della decisione che il risparmiatore non è in grado di produrre e che si trovano nella disponibilità delle banche in liquidazione ovvero delle banche cessionarie di attività e passività delle stesse.
Il comma 267, infine, detta le condizioni per l’accesso alle procedure arbitrali relative al Fondo di solidarietà da parte degli obbligazionisti subordinati delle due banche venete in liquidazione coatta amministrativa, dando definitiva attuazione a quanto stabilito dall’articolo 6 del decreto legge n. 99 del 2017.
Articolo 1, comma 268
(Potenziamento della COVIP)
Il comma 268 stabilisce un'autorizzazione di spesa pari a 1,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, volta a potenziare la funzione di vigilanza della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), anche in conseguenza dell’attuazione dei compiti derivanti dal recepimento della direttiva (UE) 2016/2341 relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP).
Articolo 1, commi 269-271
(Risorse per riduzione tempi di attesa prestazioni sanitarie)
I commi 269-271 autorizzano una spesa in conto capitale - incrementata durante l’esame in prima lettura - pari a 150 milioni di euro per il 2019 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, volta ad implementare e ad ammodernare le infrastrutture tecnologiche relative ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture sanitarie, finalizzati alla riduzione delle liste d'attesa delle prestazioni sanitarie. Le risorse saranno ripartite con decreto ministeriale adottato previa intesa Stato-Regioni.
I commi 269-271 autorizzano la spesa complessiva di 150 milioni di euro per il 2019 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, per l’attivazione di interventi volti a ridurre, anche secondo le indicazioni del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2010-2012, i tempi di attesa nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, secondo il principio dell’appropriatezza clinica, organizzativa e prescrittiva.
A tale scopo vengono perseguiti l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche legate ai sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle prestazioni sanitarie, come previsto dall’articolo 47-bis del decreto legge n. 5/2012 (comma 269).
Nel testo iniziale del disegno di legge, la spesa prevista risultava pari a 50 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 e pertanto tale quota-parte dell’autorizzazione di spesa risulta già stanziata ai fini della copertura. Pertanto, vengono corrispondentemente ridotti gli stanziamenti del Fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali di cui al co. 58, per un ammontare pari a 150 milioni per il 2019 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021.
Si segnala che il DL 119/2018 (AC. 1408), all'art 23-quater, comma 5, contiene un’autorizzazione di spesa pari a 50 milioni di euro per l’anno 2020 per le stesse finalità di riduzione dei tempi delle liste d’attesa delle prestazioni sanitarie.
L’art 47-bis del decreto legge 5/2012 promuove il sostegno, nei piani sanitari nazionale e regionali, di sistemi di prenotazione a gestione elettronica.
Più in particolare esso prevede che nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, nei piani di sanità nazionali e regionali si privilegia la gestione elettronica delle pratiche cliniche, attraverso l'utilizzo della cartella clinica elettronica, così come i sistemi di prenotazione elettronica per l'accesso alle strutture da parte dei cittadini con la finalità di ottenere vantaggi in termini di accessibilità e contenimento dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
A tale proposito va ricordato che il Centro Unificato di Prenotazione (CUP) è il sistema centralizzato informatizzato di prenotazione delle prestazioni sanitarie, incaricato di gestire l'intera offerta dei servizi sanitari (SSN, regime convenzionato, intramoenia) presenti sul territorio di riferimento.
Il 29 aprile 2010 è stata siglata dalla Conferenza Stato-Regioni l'intesa sulle Linee Guida nazionali del sistema CUP. Le Linee Guida, predisposte dal Ministero della salute in stretta collaborazione con le regioni, sottolineano l'importanza della gestione delle prestazioni in circolarità, cioè tramite tutti i punti d'accesso del Sistema CUP indifferentemente dall'appartenenza ad una specifica azienda sanitaria e indicano il percorso per lo sviluppo di un centro CUP unificato a livello nazionale in cui far confluire i sistemi CUP oggi presenti a livello provinciale e regionale, che operano spesso in modalità isolata e con canali differenziati. Le Linee Guida disciplinano pertanto le modalità di articolazione del Sistema CUP, nelle sue componenti di Front-office - raccolta delle richieste, prenotazione delle prestazioni e riscossione -, nonché di Back-office, per la programmazione e la manutenzione ordinaria/straordinaria delle attività propedeutiche alla prenotazione.
Il Piano nazionale di governo delle liste di attesa, cui si richiama la disposizione in commento:
§ riporta l’elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera per le quali vanno fissati i tempi massimi di attesa da parte delle singole Regioni nell’ambito del proprio Piano;
§ individua le aree cardiovascolare e oncologica quali aree prioritarie per lo sviluppo di Percorsi Diagnostico Terapeutici (PDT) e fissa i relativi tempi massimi di attesa a garanzia della tempestività della diagnosi e del trattamento;
§ promuove la valutazione ed il miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva;
§ identifica vari monitoraggi per la rilevazione dei tempi di attesa;
§ individua, a garanzia della trasparenza e dell’accesso alle informazioni su liste e tempi di attesa, la necessità di procedere, in via sistematica, al monitoraggio della loro presenza sui siti web di Regioni e Province autonome e di Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate;
§ promuove l’acquisto delle prestazioni erogate in regime libero professionale dai professionisti all’interno dell’Azienda nell’ambito del governo delle liste d’attesa; prevede il monitoraggio dell’ALPI per verificare il previsto rispetto dell’equilibrio tra prestazioni rese dal professionista in regime istituzionale e, rispettivamente, in libera professione intramuraria; promuove le attività informatizzate di prenotazione per le prestazioni erogate in libera professione, anche in osservanza a quanto previsto dalle Linee guida nazionali sul sistema CUP, di cui all’Accordo Stato-Regioni 29/04/2010.
Il comma 270 demanda la definizione delle modalità di ripartizione delle risorse citate in favore delle regioni ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge.
Il comma 271, infine, demanda il monitoraggio degli effetti derivanti dalle azioni citate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
Articolo 1, commi 272-274
(Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019 -2021)
I commi 272-274, in materia di fabbisogno sanitario nazionale standard, ne determinano il livello, per il 2019, in 114.439 milioni di euro, incrementandolo di 2.000 milioni per il 2020 e di ulteriori 1.500 milioni per il 2021. L’accesso delle regioni a tale incremento, dal 2020, è subordinato al raggiungimento di una specifica intesa in Conferenza Stato-regioni che aggiorni - entro il 31 marzo 2019 - il Patto per la salute per il triennio 2019-2021-, definendone le specifiche misure.
Il comma 272 determina, per l’anno 2019, il livello del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato in 114.439 milioni di euro[25] (per la ricostruzione delle somme a legislazione vigente si veda infra box di approfondimento). Per l’anno 2020 tale livello è incrementato di 2.000 milioni di euro e per l’anno 2021 di ulteriori 1.500 milioni di euro
Pertanto, per il triennio 2019-2021 il livello del fabbisogno sanitario è fissato negli importi come definiti in Tabella 2 (in milioni di euro):
Tabella 2 (in milioni di euro)
Articolo 40, co. 1 |
2019 |
2020 |
2021 |
114.439 |
114.439 |
114.439 |
|
- |
+2.000 |
+2.000 |
|
- |
- |
+1.500 |
|
TOTALE |
114.439 |
116.439 |
117.939 |
Elaborazione su dati della RT.
Il comma 273 precisa che l’accesso delle regioni all’incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021 (e non anche fin dal 2019, come originariamente previsto nel ddl iniziale), rispetto al valore stabilito per l’anno 2019, viene comunque subordinato alla stipula, entro il 31 marzo 2019 (termine così prorogato dall’iniziale 31 gennaio 2019, a seguito di modifica della disposizione alla Camera), di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi.
Il comma 274 definisce le misure citate al precedente comma, che dovranno riguardare, in particolare:
a) la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell’accesso alle cure;
Si segnala che all'interno dei sistemi sanitari regionali, le misure di compartecipazione per le diverse tipologie di prestazioni si presentano differenziate, e di conseguenza anche gli importi da corrispondere e le esenzioni previste. Tali differenze si evidenziano ulteriormente se si considerano le prestazioni specialistiche ambulatoriali, per le quali l’art. 8, comma 15, L. 537/1993 ha stabilito il pagamento di prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e delle altre prestazioni specialistiche, fino all'importo massimo di 36,15 euro per ricetta (importo prima ridotto e poi abolito da disposizioni successivamente abrogate), con assunzione a carico del Servizio sanitario nazionale degli importi eccedenti tale limite. La stessa L. 537/1993 (art. 8, comma 16) ha anche stabilito che si ha diritto all'esenzione nei seguenti casi: particolari situazioni di reddito associate all'età o alla condizione sociale; presenza di determinate patologie (croniche o rare); riconoscimento dello stato di invalidità: altri casi particolari (gravidanza, diagnosi precoce di alcuni tumori, accertamento dell'HIV).
Successivamente, il DL 98/2011 (L. 111/2011) ha reintrodotto, per i non esenti, il pagamento di una ulteriore quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro (il cosiddetto superticket), consentendo però alle regioni di adottare misure alternative purché in grado di assicurare lo stesso gettito.
Da ultimo, la L.B. 2018 (art. 1, comma 804, L. n. 205/2017) ha istituito nello stato di previsione del Ministero della salute (v. approfondimento) un Fondo per la riduzione della quota fissa sulla ricetta con una dotazione di 60 milioni annui a decorrere dal 2018, da ripartire (v. intesa del 30 marzo 2018) privilegiando quelle regioni che abbiano adottato iniziative di ampliamento dei casi di esenzione.
b) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d’attesa;
Il concetto di rete strutturale dell’offerta ospedaliera è strettamente collegato alla rete clinico assistenziale nello specifico prevista dal D. M. n. 70/2015. Questo decreto ha regolamentato gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera con l’obiettivo di assicurare una presa in carico del paziente in condizioni di appropriatezza, efficacia, efficienza, qualità e sicurezza delle cure, collegando tra loro tipologia e livelli diversi di professionisti, strutture e servizi sanitari.
Con più specifico riferimento alle norme contenute nel presente ddl che stanziano nuove risorse per ridurre i tempi di attesa delle prestazioni sanitari si rinvia alla scheda relativa all’art. 39.
c) la valutazione dei fabbisogni del personale del SSN e riflessi sulla programmazione della formazione di base e specialistica e sulle necessità assunzionali, ivi ricomprendendo l’aggiornamento del parametro di riferimento relativo al personale;
In proposito occorre ricordare che il D.Lgs. n. 75/2017 ha novellato in più punti il D.Lgs. n. 165/2001 apportando sostanziali modifiche alla materia dei fabbisogni di personale, e in particolare rendendo obbligatorio e potenziando il piano triennale dei fabbisogni del personale (PTFP). Il nuovo art. 6-ter del citato D.Lgs. 165 ha peraltro demandato a specifici decreti di natura non regolamentare adottati dal Ministro per la semplificazione e la PA, di concerto con il MEF, la definizione delle linee di indirizzo (qui l’atto successivamente approvato) per orientare le amministrazioni pubbliche nella predisposizione dei piani, stabilendo in particolare che, con riguardo alle aziende e agli enti del SSN, i predetti decreti siano adottati di concerto con il Ministro della salute, in sede di Conferenza unificata Stato-regioni. Nella definizione dei fabbisogni, considerata anche la complessità delle organizzazioni in ambito sanitario, si fa riferimento a indicatori standard in relazione alle attività da svolgere: viene pertanto definito un “parametro di riferimento” o valore standard sulla base del quale è possibile effettuare analisi comparative tra diverse organizzazioni e definire i livelli di risultato.
d) l’implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN che consentiranno di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell’ambito del sistema Tessera Sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico (FSE);
Riguardo allo stato di attuazione del Fascicolo sanitario elettronico nelle differenti regioni, viene effettuato un monitoraggio dei dati a livello regionale (v. i singoli fascicoli regionali) per il tramite dell'Agenzia per l'Italia digitale, il Ministero della salute e il CNR. Sono in particolare oggetto del monitoraggio le percentuali degli operatori abilitati al FSE, i medici divisi per regione che utilizzano il Fascicolo, gli assistiti della regione che lo hanno già attivato, nonchè la percentuale di servizi del Fascicolo realizzati. Dall'attuale stato di attuazione si evince che sono 17 le regioni attive e 11 le regioni che hanno aderito alla interoperabilità (v. anche interoperabilità UE), con oltre 10,8 milioni di Fascicoli sanitari già attivati e oltre 229,7 milioni di referti già digitalizzati.
e) la promozione della ricerca in ambito sanitario.
In merito occorre ricordare gli interventi che, da ultimo, sono stati previsti nella L.B. 2018 (art. 1, co. 421 e co. 422-434), attraverso la rivalutazione, da parte delle regioni, del fabbisogno di prestazioni assicurate dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto pubblico e privato (accreditati nell'àmbito del Servizio sanitario regionale), al fine di valorizzare la qualità delle prestazioni di tali Istituti (v. approfondimento). E’ stata inoltre prevista l'istituzione, presso gli IRCCS pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), di un ruolo non dirigenziale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria. Si tratta di una nuova disciplina – che beneficia peraltro di ulteriori risorse finanziarie - relativa ai contratti di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca e all'eventuale successiva trasformazione a tempo indeterminato del rapporto (v. approfondimento).
f) efficientamento e appropriato uso dei fattori produttivi, ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati;
g) la valutazione del fabbisogno di interventi infrastrutturali di ammodernamento tecnologico.
Nell’ultimo triennio, il livello del fabbisogno sanitario nazionale ha proseguito il progressivo trend di riduzione degli incrementi, come originariamente stabiliti nel Patto per la Salute 2014-2016 per il triennio di riferimento, che in ogni caso faceva salve eventuali modifiche necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e in seguito a variazioni del quadro macroeconomico. Infatti, limitandosi a considerare il fabbisogno fissato dal Patto per l’ultimo anno del triennio, vale a dire il 2016, che riportava un importo di 115.444 milioni, si evince che il fabbisogno sanitario confermato per il 2019 dal presente disegno di legge di bilancio, si attesta ad un livello inferiore (114.435 milioni), se confrontato a quello di tre anni prima.
La progressiva riduzione degli incrementi è principalmente ascrivibile al contributo aggiuntivo che le regioni (segnatamente a statuto ordinario) hanno dovuto assicurare alla finanza pubblica nel corso degli anni dal 2015 al 2018, con una serie di atti concordati a livello di Conferenza Stato-regioni. In proposito si ricorda, da ultimo, l'Intesa dell'11 febbraio 2016, che ha rideterminato in 113.063 milioni per il 2017 e 114.998 milioni tale livello, successivamente ridotto dalla legge di bilancio 2017 (L. 323/2016, art. 1, co. 392) a 113.000 milioni di euro per il 2017 e 114.000 milioni di euro per il 2018. Per il 2019 il livello del finanziamento era stato fissato in 115.000 milioni di euro.
Tuttavia, a causa del mancato contributo delle autonomie speciali agli obiettivi di finanza pubblica (contributo previsto dal sopra citato co. 392 della legge di bilancio 2017, da stabilirsi mediante sottoscrizione di singoli accordi con lo Stato – poi non raggiunti – entro il 31 gennaio 2017 in attuazione dell’art. 1, co. 680, L. 208/2015), il decreto 5 giugno 2017 ha nuovamente rideterminato il livello del fabbisogno sanitario nazionale, stabilendo ulteriori riduzioni: 423 milioni per il 2017 e 604 milioni a decorrere dal 2018.
La Tab. 2 che segue ricapitola pertanto gli importi a legislazione vigente del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, considerando ulteriori (residuali) incrementi e riduzioni dovuti a successivi atti normativi:
Tabella 3 (in milioni di euro)
Finanziamento FSN |
2017 |
2018 |
2019 |
Art.1, co. 392, L.323/2016 (L.B. 2017), in base a Intesa CSR 11 febbraio 2016 e in attuazione art. 1, co. 680, L. 208/2015 (L. S. 2016). |
113.000 |
114.000 |
115.000 |
D.I. MEF – Salute 5 giugno 2017: riduzione a carico del RSO, considerati i mancati accordi dello Stato con le autonomie speciali. |
-423 |
-604 |
-604 |
Art. 18-bis, co. 3, DL. 148/2017 (L.172/2017): incremento del limite di fatturato di alcune farmacie (tra cui quelle rurali) per l’applicazione delle misure di sconto obbligato. |
- |
9,2 |
9,2 |
Art. 1, co. 435, L. 205/2017 (L.B. 2018): incremento (dal 2019) per valorizzare, con una compensazione alle riduzioni del trattamento accessorio dei dirigenti, il personale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria. |
- |
- |
30 |
Art. 1, co. 827, L. 205/2017 ulteriore riduzione (dal 2018) finanziamento della regione FV-Giulia per superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari. |
- |
-1,12 |
-1,12 |
Art. 9, L. 4/2018 che incrementa (dal 16 febbraio 2018) il livello del fabbisogno per assistenza minori orfani di crimini domestici. |
- |
0,056 |
0,064 |
Totale |
112.577 |
113.404 |
114.435 |
Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati.
Si deve peraltro sottolineare che il predetto livello si presenta al netto del finanziamento alle regioni per l’acquisto dei medicinali innovativi ed oncologici innovativi iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute (ai sensi degli art. 1, co. 400 e 401, L. 232/2016, L. B. 2017) e che presentano un effetto positivo sul finanziamento del fabbisogno sanitario pari, rispettivamente, a 223 milioni e 500 milioni a decorrere dal 2018.
Un ultimo rilievo, infine, va fatto con riferimento alla legittimità dei tagli lineari alla spesa sanitaria, imposti dalla normativa statale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 2017 con la quale sono state respinte alcune impugnative regionali per pretesa violazione del principio di leale collaborazione. In proposito, la Corte richiama una propria sentenza (la n. 65/2016) che riconosce l'imposizione di risparmi di spesa rientranti a pieno titolo nell'esercizio statale della funzione di coordinamento della finanza pubblica, purchè circoscritta ad un ambito temporalmente definito. La Corte argomenta inoltre circa l’opportunità di intervenire in modo differenziato nei diversi settori, limitandosi lo Stato ad individuare un importo complessivo di risparmio e lasciando alle Regioni il potere di decidere l'entità dell'intervento in ogni singolo ambito.
A conferma della coerenza della giurisprudenza della Corte, la sentenza n. 103 del 2018 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma statale (comma 527, art. 1, L. B. 2017 qui un approfondimento) che, in contrasto con il principio di transitorietà, ha esteso per la seconda volta una misura di riduzione della spesa sanitaria delle regioni a statuto ordinario (contributo di 750 milioni, già previsto dall’ art. 46, comma 6, del DL. n. 66/2014, esteso ora fino al 2020), misura originariamente prevista per il solo quadriennio 2015-2018. L'estensione, infatti, a giudizio della Corte, non solo contrasta con il principio di transitorietà, ma sottrae al confronto parlamentare la valutazione degli effetti complessivi e sistemici della disposizione di riduzione del livello di finanziamento del SSN che, in una prospettiva di lungo periodo, rischia di non garantire il rispetto del LEA e, quindi, il diritto alla salute.
Con la stessa sentenza n. 103 del 2018, la Corte ha inoltre colto l'occasione per sottolineare come non rispettoso del principio di leale collaborazione il rifiuto, da parte delle autonomie speciali, della sottoscrizione degli accordi bilaterali con lo Stato per sancire il loro contributo al risanamento del settore sanitario, determinando così un'ulteriore riduzione del livello del fabbisogno sanitario nazionale a carico delle regioni a statuto ordinario. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema Il Livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 275, al fine di conseguire risparmi di spesa, dispone l’estensione, all’interno dei presìdi socio-sanitari e della salute, delle attività dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista, limitatamente agli aspetti socio-educativi.
Il comma 275 estende anche ai presìdi socio-sanitari e della salute l’ambito di esercizio, limitatamente agli aspetti socio-educativi, dell’attività di educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista, mediante una modifica testuale al comma 594, secondo periodo, art. 1, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), con l’obiettivo di conseguire risparmi di spesa.
L’obiettivo della norma appare pertanto quello di consentire a tali figure professionali, già individuate nella normativa vigente, di proseguire la loro attività eventualmente legittimando situazioni di fatto in essere.
Si ricorda che i presidi socio-sanitari - peraltro oggetto di specifiche rilevazioni statistiche dell’ISTAT -, sono strutture pubbliche o private che erogano servizi residenziali (ospitalità assistita con pernottamento) di tipo socio-assistenziale e/o socio-sanitario, dove trovano alloggio persone in stato di bisogno per motivi diversi (anziani soli o con problemi di salute, persone con disabilità, minori sprovvisti di tutela, giovani donne in difficoltà, stranieri o cittadini italiani con problemi economici e in condizioni di disagio sociale, persone vittime di violenza di genere).
Con riferimento alla formulazione della disposizione, occorre chiarire se la locuzione “della salute” si riferisca anche a tutte le strutture a carattere sanitario (ASL, Ospedali e altri enti del SSN che erogano prestazioni sanitarie).
La legge di bilancio 2018 (commi 594-601, art. 1, L. 205/2017) ha disciplinato nel dettaglio la definizione delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, di pedagogista, nonché di educatore professionale socio-sanitario (qui la scheda di approfondimento), come figure del cd. “nuovo welfare”, anche allo scopo di consentire l’idoneità nello svolgimento della professione a coloro che risultavano in possesso di determinati requisiti di età, di anzianità lavorativa, di tipologia del titolo professionale e di inquadramento nei ruoli.
In proposito, occorre distinguere la figura di “educatore professionale socio-pedagogico” (con qualifica conseguibile con laurea della classe L-19, presso facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione) che opera nei servizi e presidi socio-educativi, socio-assistenziali e socio-sanitari - in quest’ultimo caso limitatamente agli aspetti educativo-pedagogici-, ivi ricompresi gli educatori degli asili nido e degli altri servizi per la prima infanzia, dalla figura di “educatore professionale socio-sanitario”, la quale resta disciplinata dal decreto del Ministro della sanità n. 520 del 1998 e attiene ad una professione sanitaria prevalentemente svolta nell’area della riabilitazione, nell’ambito dei presidi e servizi sanitari e socio-sanitari, con corrispondente qualifica acquisita con diploma di laurea relativo alle professioni sanitarie della riabilitazione (L/SNT2, presso facoltà di Medicina).
La citata legge di bilancio ha anche definito la figura del pedagogista, il quale opera negli stessi ambiti dell’educatore socio-pedagogico, ma con compiti di coordinamento e supervisione, di gestione e di valutazione dei servizi e degli interventi. La corrispondente qualifica è conseguita con laurea magistrale, ovvero con diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 (Programmazione e gestione dei servizi educativi), LM-57 (Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua), LM-85 (Scienze pedagogiche), o LM-93 (Teorie e metodologie dell’e-learning e della peer education).
Articolo 1, commi 276
(Borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale)
Il comma 276 dispone l’incremento di 10 milioni, come limite di spesa, a decorrere dal 2019, delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, dirette all’attivazione di ulteriori borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale.
Il comma 276 integra, con la finalità di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione specifica, le disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale per un importo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019. L’incremento rappresenta comunque un limite di spesa.
I corsi di formazione in commento sono disciplinati dal Titolo IV del D. Lgs. n. 368/1999 per consentire ai medici di medicina generale di esercitare l’attività nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
In proposito la norma richiama l’art. 3 del DL. 325/1994 (L. 467/1994) che stanzia le somme riservando quota-parte del FSN per il finanziamento di programmi speciali di interesse nazionale (art. 5, co. 3, DL. 27/1988), tra cui l’erogazione di borse di studio biennali a medici neolaureati per lo svolgimento del tirocinio teorico-pratico per la formazione specifica in medicina generale, secondo la direttiva del Consiglio della CEE n. 86/457.
Conseguentemente, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario di cui al presente articolo è incrementato di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019, per la formazione dei medici di medicina generale.
Il comma 277 dispone la proroga dell’autorizzazione per la Regione Siciliana, in deroga alla normativa vigente, ad incrementare la valorizzazione tariffaria dell’attività sanitaria e la valorizzazione delle funzioni dell’Istituto Mediterraneo per i trapianti e le terapie ad alta specializzazione (ISMETT), mediante una (nuova) modifica testuale alla norma che ha originariamente previsto tale deroga.
Il comma 277 proroga (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2021 la norma che ha autorizzato la Regione Siciliana, in deroga alla normativa vigente sui rapporti finanziari con le strutture sanitarie accreditate (considerato che tale regione è sottoposta ai programmi operativi di prosecuzione del Piano di rientro dal deficit sanitario, qui il link del Ministero della salute), ad incrementare la valorizzazione tariffaria dell’attività sanitaria e la valorizzazione delle funzioni dell’Istituto Mediterraneo per i trapianti e le terapie ad alta specializzazione (ISMETT) di Palermo.
La proroga in esame è disposta mediante una nuova modifica testuale della scadenza del regime derogatorio previsto dai commi 607 e 608, art. 1, della legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014), che lo aveva autorizzato fino al 31 dicembre 2017 e con norma retroattiva anche per il biennio 2013-2014.
Una identica proroga (ma dal 2017 al 2018) è stata successivamente prevista dal comma 410, art. 1, della legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017).
Le deroghe in esame sono stabilite ai fini della prosecuzione dell'investimento straniero e in considerazione dell'elevata specializzazione maturata dall'ISMETT nelle attività di trapianto e cura delle insufficienze terminali di organi vitali e del rilievo assunto in àmbito nazionale, così come attestato dal riconoscimento dello stesso come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS).
Esse riguardano:
- le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate per l'erogazione di assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 15, co. 17, secondo periodo, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), con il quale si stabilisce che per le regioni in piano di rientro sanitario, come la Regione siciliana, gli importi tariffari massimi costituiscono un limite invalicabile;
- il principio in base al quale, per una struttura che eroga assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale, il valore complessivo della remunerazione delle funzioni assistenziali - per le quali gli accordi di remunerazione devono prevedere un importo forfettario - non può superare il 30 per cento del limite complessivo di remunerazione assegnato (limite che comprende anche le attività remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione).
Più nel dettaglio, la misura quantitativa delle prestazioni erogabili e la loro remunerazione è oggetto del contratto che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie (artt. 8-quinquies e 8-sexies del D. Lgs. n. 502/1992). Successivamente, l'articolo 15, co. 13, lettera g), del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) ha stabilito che il valore complessivo della remunerazione delle funzioni assistenziali non può in ogni caso superare il 30 per cento del limite di remunerazione assegnato.
Resta fermo che, in relazione alle suddette deroghe, la Regione Sicilia deve assicurare in altre aree della spesa sanitaria il conseguimento degli obiettivi finanziari inerenti al settore sanitario.
Si ricorda che il comma 608 art. 1, della legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014) impegna la Regione siciliana ad approvare un programma triennale di riorganizzazione ed efficientamento dell'ISMETT (v. link ai Piani triennali per la trasparenza). Il programma triennale, predisposto nell'ambito dei Programmi operativi di prosecuzione del Piano di rientro, dovrà essere attuato a partire dal 30 giugno 2015 e monitorato dal Tavolo per la verifica degli adempimenti e dal Comitato per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
Il comma 278 dispone, per il 2019, un incremento di 10 milioni di euro del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili posto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 278 dispone, per il solo anno 2019, un incremento pari a 10 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili di cui all’art. 13, co. 4, della L. 68/1999.
In merito al Fondo, istituito dal citato art. 13, comma 4 per incentivare l’assuzione delle persone disabili, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 160-161, della L. 190/2014) ha disposto un incremento della dotazione di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE). Per il 2017, l’art. 55-bis del decreto-legge n. 50/2017 (L. n. 96/2017) ha disposto un incremento dello stanziamento di 58 milioni di euro.
Qui un focus del Ministero sul funzionamento del Fondo in esame e sulle ulteriori risorse ad esso attribuite per decreto (v. da ultimo il decreto interministeriale MLPS - MEF del 7 maggio 2018).
La copertura dello stanziamento previsto dalla norma in esame è posta a valere sul Fondo per far fronte alle esigenze indifferibili di cui al comma 653 del disegno di legge in esame.
Articolo 1, comma 279
(Contratti di formazione specialistica)
Il comma 279 incrementa gli stanziamenti per la definizione del numero dei contratti di formazione specialistica dei medici, allo scopo di prevederne un aumento. L’incremento riguarda la più recente autorizzazione di spesa destinata, a legislazione vigente, alla formazione di nuovi medici. Esso dovrebbe determinare un aumento annuo stimato di 900 nuovi contratti relativi a borse di specializzazione.
L’articolo in esame, al fine di aumentare il numero annuo dei contratti di formazione specialistica dei medici, stanzia ulteriori risorse per gli importi indicati in Tab. 1:
Tabella 4 (in milioni di euro)
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
dal 2023 |
22,5 |
45 |
68,4 |
91,8 |
100 |
Dati RT.
In base al costo unitario di un contratto di formazione specialistica medica ai sensi del D.P.C.M. 7 marzo 2007, pari a 25.000 euro lordi per i primi due anni di corso e 26.000 euro lordi dal terzo anno in poi, il nuovo numero di contratti a decorrere dal 2019 è stimato dalla relazione tecnica pari a 900 unità annue.
Le nuove risorse vanno ad incrementare l’autorizzazione di spesa già prevista all’articolo 1, comma 252, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), che a sua volta aveva disposto un incremento degli stanziamenti aventi la medesima finalità ai sensi dell’art. 1, comma 424 della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), diretti ad aumentare le risorse a legislazione vigente ascrivibili al Titolo VI del D.Lgs. 368/1999 (di attuazione di alcune direttive comunitarie in materia di circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei diplomi) relativo alla formazione specialistica dei medici.
La Tab. 2 che segue evidenzia i rispettivi incrementi delle risorse stanziate per i contratti di formazione medica specialistica previsti dai diversi atti normativi richiamati:
Tabella 5 (in milioni di euro)
Finanziamento borse formazione medica specialistica |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
dal 2023 |
Legislazione vigente ex D.Lgs. 368/1999 Tit. VI, di cui: |
708 |
702 |
702 |
702 |
702 |
Art. 1, co. 424, L. 147/2013 |
50 |
50 |
50 |
50 |
50 |
Art. 1, co. 252, L. 208/2015 |
70 |
90 |
90 |
90 |
90 |
DDL di bilancio 2019 |
22,5 |
45 |
68,4 |
91,8 |
100 |
Risorse complessive |
730,5 |
747 |
770,4 |
793,8 |
802 |
Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati e dalla RT.
I contratti cui fa riferimento la norma sono disciplinati all’articolo 37 del citato D.Lgs. 368/1999, nell’ambito della disciplina della formazione dei medici specialisti. Ai sensi di questa disciplina, i medici specializzandi stipulano uno specifico contratto annuale di formazione specialistica (che non dà in alcun modo diritto all'accesso ai ruoli del SSN e dell'università o della ASL ove si svolge la formazione), finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante frequenza programmata delle attività didattiche e svolgimento di attività assistenziali, conformemente anche alle indicazioni comunitarie.
I contratti di formazione sono stipulati dai medici specializzandi con l'università ove abbia sede la scuola di specializzazione e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie le cui strutture siano parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.
Il comma 280 stabilisce l'idoneità dei medici già in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche e private accreditate ad operare presso tali reti, in base a specifici criteri individuati dal Ministero della salute.
Il comma 280 stabilisce l'idoneità ad operare presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche e private accreditate di medici già in servizio presso tali reti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Scopo della norma è garantire l’attuazione della legge sulle cure palliative (L. n. 38/2010) ed il rispetto dei livelli essenziali di assistenza di cui al DPCM 12 gennaio 2017, tenuto altresì conto di specifici criteri che dovranno essere individuati con decreto del Ministro della salute di natura non regolamentare, previa intesa in Conferenza Stato-regioni.
I medici già in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche sono considerati idonei, pur essendo sprovvisti di taluni requisiti definiti dal DM Salute 28 marzo 2013 in materia di inquadramento ed equipollenze relativa alla disciplina cure palliative, se rispondono ad altri requisiti certificati dalla regione di appartenenza, quali:
- esperienza almeno triennale, anche non continuativa, in cure palliative presso strutture ospedaliere, residenziali- hospice ed unità di cure palliative (UCP) domiciliari accreditate a tale scopo presso il SSN;
- almeno il 50% dell'orario previsto per il rapporto di lavoro a tempo determinato risultante per ore professionali e casistica assistita in cure palliative;
- acquisizione di una specifica formazione in cure palliative, attraverso ECM (educazione continua in medicina), master universitari o corsi organizzati dalla regioni per l'acquisizione di competenze specifiche in cure palliative di cui all'Accordo Stato-regioni del 10 luglio 2014.
Viene fissato il termine di 18 mesi dalla entrata in vigore della presente legge per la presentazione dell’istanza di certificazione dei requisiti.
Si ricorda che il sopra citato DM 28 marzo 2013 ha definito l’inquadramento della disciplina “Cure palliative” nell’Area della medicina diagnostica e dei servizi, modificando le tabelle A e B relative alla valutazione dei servizi prestati e delle specializzazioni possedute per l’accesso, rispettivamente, alla direzione sanitaria aziendale e al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del SSN (medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri, biologi, chimici, fisici e psicologi) di cui al decreto del Ministro della sanità 30 gennaio 1998.
Con riferimento alle certificazioni già previste in materia di esperienza medica in cure palliative, si deve ricordare che la legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 425 della n. 147 del 2013) ha abilitato i medici in servizio presso le reti pubbliche e private accreditate dedicate alle cure palliative, se in possesso di esperienza almeno triennale in tale campo, certificata dalla regione di competenza, tenuto conto di specifici criteri individuati con decreto del Ministero della salute, previa intesa in CSR. In attuazione di questa disposizione è stato emanato il decreto del Ministero della salute 4 giugno 2015.
Le cure palliative possono qualificarsi come la cura globale e multidisciplinare per i pazienti affetti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e di cui la morte è diretta conseguenza. L’assistenza domiciliare sanitaria e socio-sanitaria ai pazienti terminali, l’assistenza territoriale residenziale e semiresidenziale a favore degli stessi, i trattamenti erogati nel corso del ricovero ospedaliero (quindi anche per i pazienti terminali) e gli interventi ospedalieri a domicilio rientrano anche nei nuovi LEA (DPCM 12 gennaio 2017).
La legge n. 38/2010 ha introdotto alcuni principi e linee guida omogenei su tutto il territorio nazionale, per quanto attiene l’erogazione dell’assistenza, la formazione del personale impiegato nel settore, l’uso dei farmaci per la terapia del dolore, il monitoraggio dell’attuazione delle nuove disposizioni, e di quelle preesistenti, da parte delle regioni e dei soggetti impegnati in tale ambito. Una particolare attenzione viene dedicata alla formazione e all’aggiornamento del personale medico e sanitario sulle cure palliative e sulla terapia del dolore.
E’ previsto un aggiornamento periodico specifico nell’attuazione dei programmi obbligatori di formazione continua in medicina. In attuazione delle citate disposizioni va ricordato che il D.M. 4 aprile 2012 ha istituito diversi Master, tra cui il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in terapia del dolore per medici specialisti e il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in Cure palliative per medici specialisti. Vi sono inoltre: il Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione in Terapia del dolore e cure palliative pediatriche per medici pediatri; il Master universitario di I livello in Cure palliative e terapia del dolore per professioni sanitarie; e il Master universitario di II livello in Cure palliative e terapia del dolore per psicologi.
Il comma 281, introdotto durante l’esame in prima lettura, dispone, per il 2019, di due reti di ricerca sanitaria del Ministero della salute, la Rete oncologica e la Rete cardiovascolare, di 5 milioni di euro ciascuno.
Il comma 281, dispone, per il 2019, due finanziamenti di 5 milioni di euro ciascuno per due reti di ricerca sanitaria del Ministero della salute: la Rete oncologica e la Rete cardiovascolare, cui fanno parte Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico (IRCCS) impegnati, rispettivamente, nello sviluppo di nuove tecnologie antitumorali CAR-T e nella prevenzione primaria cardiovascolare.
I corrispondenti fondi sono allocati nello stato di previsione del Ministero della salute, al programma Ricerca per il settore della sanità pubblica, Missione Ricerca e innovazione.
In proposito si segnala che il DL. 119/2018 (AC 1408) prevede analogo finanziamento agli IRCCS delle suindicate reti per l’anno 2020, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10 comma 5 del DL. n. 282/2004 (L. 307/2004).
Gli oneri quantificati, pari a complessivi 10 milioni di euro, vengono coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’attuazione del programma di Governo di cui al comma 421 del disegno di legge in esame.
Nel giugno 2018, l’EMA (European Medicines Agency - Agenzia Europea del Farmaco) ha raccomandato l’autorizzazione all’immissione in commercio per i primi due farmaci antigene chimerico Car-T, prodotti d’immunoterapia cellulare che prevedono l’utilizzo dei linfociti T del paziente modificati geneticamente. Si ricorda inoltre che l’Alleanza Contro il Cancro (ACC), fondata nel 2002 dal Ministero della Salute, è attualmente formata da 25 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Le aree di interesse primario in cui ACC opera sono tre: ricerca di base e clinica oncologica, diagnosi e terapia dei tumori e istruzione e informazione in oncologia.
Per quanto riguarda la ''Rete cardiologica'' del Ministero della salute, questa consente di mettere in comune le risorse presenti negli IRCCS in termini di competenze scientifiche cliniche, sperimentali e biotecnologiche, di tecnologie avanzate –– terapie innovative anche cellulari e geniche - casistiche e registri di malattia - per ottimizzare l’impiego delle risorse per rafforzare la posizione italiana in Europa in termini di ricerca e cura in ambito cardiovascolare.
Tra le reti della ricerca sanitaria del Ministero della salute è ricompresa anche la Rete Neurologica cui partecipano IRCCS impegnati nella ricerca sulle neuroscienze.
Articolo 1, commi 282 e 283
(Pubblicità sanitaria e Incarichi di direttore sanitario nelle strutture private di cura)
I commi in esame - introdotti dalla Camera - modificano la disciplina in materia di pubblicità sanitaria e richiedono che ogni struttura sanitaria privata di cura si doti di un direttore sanitario.
In particolare, si prevede che le comunicazioni informative - da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli ordini delle professioni sanitarie (in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività) -, consentite, in base alla normativa finora vigente, relativamente ai titoli ed alle specializzazioni professionali, alle caratteristiche del servizio offerto, nonché al prezzo ed ai costi complessivi delle prestazioni (secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine), possano contenere esclusivamente gli elementi funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari; viene escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo. Sono richiamati i princìpi della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.
In caso di violazione delle norme in esame, si prevedono sanzioni disciplinari e la segnalazione all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza.
Si dispone, inoltre, che tutte le strutture sanitarie private di cura siano tenute a dotarsi di un direttore sanitario, iscritto all'albo dell’ordine territoriale competente per il luogo nel quale le strutture abbiano la loro sede operativa, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Potrebbe essere ritenuto opportuno valutare le motivazioni della limitazione, nella scelta del direttore sanitario, agli iscritti all'albo dell'ordine territoriale competente e chiarire, considerato che la norma fa un generico richiamo ad albi professionali, quali siano i professionisti legittimati a ricoprire l'incarico in oggetto.
Il comma 284, introdotto durante l’esame in prima lettura, estende la possibilità di assunzione a tempo determinato ai titolari di borsa di studio alla data del 31 dicembre 2017 per attività di ricerca presso Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS pubblici) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS).
Il comma 284, introdotto apporta una modifica all’art. 1, comma 432, della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) in materia di rapporti di lavoro per attività di ricerca presso Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS pubblici) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), volta ad estendere la possibilità di assunzione a tempo determinato ai titolari di borsa di studio alla data del 31 dicembre 2017 - e non solo, come attualmente previsto, ai soli titolari rapporti di lavoro flessibile – che, a seguito di procedura selettiva pubblica, abbiano maturato una titolarità di borsa di almeno tre anni negli ultimi cinque.
Si ricorda che tale possibilità di assunzione, già prevista per i titolari di rapporti di lavoro flessibile instaurati a seguito di procedura selettiva pubblica con un’anzianità di servizio di almeno tre anni negli ultimi cinque, è stata prevista dalla suindicata norma della legge di bilancio 2018 per garantire un’adeguata flessibilità nelle attività di ricerca, entro il limite, per quanto qui interessa, del 30% a decorrere dall’anno 2019 delle complessive risorse finanziarie disponibili per le attività di ricerca. Il limite per le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro (in apposita sezione) del comparto Sanità, può essere incrementato con le risorse aggiuntive trasferite a ciascun Istituto dal Ministero della salute pari, per quanto qui interessa, a complessivi 50 milioni di euro per il 2019, 70 milioni per il 2020 e 90 milioni a decorrere dal 2021.
Articolo 1, comma 285
(Accertamenti diagnostici neonatali)
Il comma 285, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, modifica in più punti la normativa in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e cura delle malattie metaboliche ereditarie. In particolare:
- estende tali accertamenti obbligatori anche alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale;
- prevede una revisione periodica, almeno biennale, della lista di patologie da ricercare attraverso screening neonatale (revisione a cura del Ministero della salute, in collaborazione con Istituto superiore di sanità, Age.na.s e regioni e province autonome, sentite le società scientifiche di settore);
- prevede l’inserimento nei LEA della diagnosi precoce anche delle suddette patologie genetiche;
- incrementa, a decorrere dal 2019, di 4 milioni di euro (da 25,715 a 29,715 milioni) la copertura finanziaria della legge. Tali oneri incrementano il livello del fabbisogno sanitario nazionale per il 2019 che viene riderterminato in 114.439 milioni di euro (in luogo del livello già definito a legislazione vigente di 114.435 milioni).
Il comma in esame modifica la legge n. 167 del 2016 volta a garantire la prevenzione delle malattie metaboliche ereditarie, attraverso l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA) di screening neonatali obbligatori, da effettuare su tutti i nati a seguito di parti effettuati in strutture ospedaliere o a domicilio, per consentire diagnosi precoci e un tempestivo trattamento delle patologie. Con l’introduzione dei nuovi LEA (D.P.C.M. 12 gennaio 2017 di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza) , lo screening neonatale è divenuto obbligatorio in ogni regione per 40 patologie rare.
In particolare, il comma 285 estende gli screening neonatali obbligatori anche alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale: patologie, per la cui terapia, come per quella delle malattie metaboliche, vi sono evidenze scientifiche che una diagnosi precoce, in età neonatale, comporta un vantaggio in termini di accesso a terapie in avanzato stato di sperimentazione, anche di tipo dietetico.
In relazione all’evoluzione nel tempo delle evidenze scientifiche in campo diagnostico-terapeutico per le malattie genetiche ereditarie, si inserisce, nel corpo dell’art. 4 della legge n. 167 del 2016, il comma 2-bis prevedendo una revisione periodica, almeno biennale, della lista di patologie da ricercare attraverso screening neonatale (revisione a cura del Ministero della salute, in collaborazione con Istituto superiore di sanità, Age.na.s e regioni e province autonome, sentite le società scientifiche di settore).
Il Centro di coordinamento sugli screening neonatali, istituito presso l’Istituto superiore di sanità, amplia conseguentemente i compiti relativi alla fornitura di informazioni codificate e standardizzate ai servizi territoriali per l'assistenza alle famiglie dei neonati sui rischi derivanti dalle patologie metaboliche ereditarie, dalle malattie neuromuscolari genetiche, dalle immunodeficienze congenite severe e dalle malattie da accumulo lisosomiale nonché sui benefici conseguibili attraverso l'attività di screening, offrendo anche informazioni sulla terapia e sulle migliori cure disponibili per la specifica malattia metabolica e genetica.
Infine viene modificato l’art. 6 della legge n. 167 del 2016 incrementando, a decorrere dal 2019, di 4 milioni di euro (da 25,715 a 29,715 milioni), la copertura finanziaria della legge. Tali oneri incrementano anche il livello del fabbisogno sanitario nazionale al fine di consentire la erogazione dei nuovi screening neonatali genetici. L’incremento viene caricato sulla quota di finanziamento (15.715.000 euro che salgono così a 19.715.000 euro dal 2019) a cui si provvede con la procedura (di cui all'art. 1, comma 554, della legge 208/2015) di definizione e aggiornamento dei LEA da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Si ricorda che ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge 167/2016, alla copertura degli oneri derivanti dall'inserimento degli screening neonatali nei LEA, valutati in 25.715.000 euro annui per il triennio 2016-2018, si provvede, quanto a 15.715.000 euro, mediante la procedura di aggiornamento dei LEA di cui all'art. 1, comma 554, della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e, quanto a 10 milioni di euro, mediante pari incremento di 10 milioni di euro del Fondo sanitario nazionale disposto a tal fine dalle leggi di stabilità 2014 e 2015 (Più precisamente, 5 milioni dall'art. 1, comma 229, della legge di stabilità 2014 - legge 147/2013, poi fatti salire a 10 milioni di euro dall'art. 1, comma 167, della legge di stabilità 2015 - legge 190/2014).
Articolo 1, commi 286-290
(Disposizioni varie in materia di spesa sanitaria e di concorsi per dirigenti medici)
I commi in esame sono stati inseriti dalla Camera. Il comma 286 concerne il trattamento economico aggiuntivo per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Il comma 287 dispone che alcune risorse finanziarie, attualmente vincolate a determinate destinazioni, confluiscano nella quota indistinta del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard. I commi 288 e 289 ammettono i medici in formazione specialistica iscritti all'ultimo anno del relativo corso alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza. Il comma 290 concerne la quota fissa sulla ricetta, pari a 10 euro, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
Più in particolare, il comma 286 prevede che, a decorrere dal triennio contrattuale 2019-2021, il trattamento economico aggiuntivo, stabilito dalla contrattazione collettiva per la categoria di dirigenti medici, veterinari e sanitari con rapporto di lavoro esclusivo (che abbiano, cioè, optato per l'esercizio della libera professione intramuraria), concorra alla formazione del monte salari utile ai fini della determinazione degli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva a carico del bilancio degli enti del Servizio sanitario nazionale, con oneri a valere sul finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato; resta fermo che, ai fini pensionistici, l'eventuale incremento dell'indennità non ha effetto con riferimento alle anzianità contributive maturate in precedenza.
L'intervento in esame appare connesso a quello di cui al successivo comma 287.
Quest'ultimo dispone che alcune risorse finanziarie, attualmente vincolate a determinate destinazioni, confluiscano nella quota indistinta del finanziamento del suddetto fabbisogno sanitario nazionale standard, ai fini del riparto generale della medesima quota indistinta tra le regioni e le province autonome. Le quote finora vincolate oggetto della disposizione in esame sono quelle relative all'assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale ed all'esclusività del rapporto dei dirigenti del ruolo sanitario.
I commi 288 e 289 ammettono i medici in formazione specialistica iscritti all'ultimo anno del relativo corso alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario (qualora il bando concerna la specifica disciplina oggetto del corso). In caso di esito positivo, tali soggetti sono collocati in graduatoria separata; l'assunzione è in ogni caso subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione ed all'esaurimento della graduatoria dei medici già specialisti alla data di scadenza del bando.
Il comma 290 amplia le possibili fattispecie in base alle quali le regioni possono non applicare la quota fissa sulla ricetta, pari a 10 euro, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Si prevede che tra tali fattispecie rientri, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico del settore sanitario, l'adozione di azioni di efficientamento della spesa e di promozione dell'appropriatezza delle prestazioni (certificate dagli organismi ivi citati).
Il comma 291 trasferisce l’iscrizione contabile dei Fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi dal Ministero della salute allo stato di previsione del MEF.
Il comma 291 dispone il trasferimento allo stato di previsione del MEF (da quello del Ministero della salute) dei Fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi, introdotti, rispettivamente, dai commi 400 e 401 della legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016) nell'ambito del finanziamento - vincolato a tali fini - del fabbisogno sanitario standard cui concorre lo Stato.
Rimane ferma la competenza già attribuita al Ministero della salute per la disciplina delle modalità operative di erogazione delle risorse stanziate (v. DM 16 febbraio 2018), secondo quanto previsto dalla normativa vigente di cui all’art. 1, comma 405, della citata legge 232/2016, che stabilisce il versamento delle risorse in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle medesime per l'acquisto di tali medicinali.
Si ricorda che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, i citati commi 400 e 401 hanno istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, rispettivamente, due Fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi e innovativi oncologici con una dotazione, ciascuno, di 500 milioni di euro annui. Il trasferimento dei due fondi nell’ambito dello stato di previsione del MEF è giustificato dal fatto che entrambi sono finanziati nell’ambito del fabbisogno sanitario nazionale cui concorre lo Stato[26].
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla scheda di lettura riferita ai commi 397 e 408, art. 1, della legge di bilancio 2017 (qui scheda del Dossier del Servizio studi sulla Governance farmaceutica).
Articolo 1, commi 292-293
(Disposizioni in materia di sconto per le farmacie)
I commi 292 e 293, inseriti alla Camera, apportano modifiche alla disciplina relativa agli sconti dovuti dalle farmacie al SSN, come di seguito sintetizzato:
· identificano come farmacie a basso fatturato quelle con un fatturato annuo in regime di servizio sanitario nazionale al netto dell'IVA non inferiore a euro 150.000 (attualmente il fatturato è fissato a 300mila euro);
· confermano per le farmacie con un fatturato annuo in regime di SSN al netto dell’IVA inferiore a 150.000 euro sia l’esenzione dagli sconti a beneficio del SSN proporzionali al prezzo del farmaco che l’esenzione dall’ulteriore trattenuta del 2,25 per cento;
· definiscono in dettaglio le voci di fatturato che, dal 2019, rientreranno nella determinazione dell'ammontare annuo delle farmacie convenzionate, facendo salve le determinazioni delle regioni e province autonome già assunte fino a fine 2018.
La copertura degli oneri, quantificati in 4 milioni di euro, dal 2019 è a valere sulle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale per la realizzazione di specifici obiettivi e progetti elaborati dalle regioni.
Il comma 292 apporta modifiche all'articolo 1, comma 40, della legge 662/1996, in materia di sconti a carico delle farmacie a favore del SSN.
Il prezzo al pubblico dei farmaci rimborsati integralmente dal SSN viene definito a seguito di una contrattazione fra l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e le aziende produttrici. L’articolo 1, comma 40, della legge 662/1996 stabilisce le quote di spettanza per le aziende farmaceutiche, i grossisti ed i farmacisti, ovvero le percentuali di ricavo, pari rispettivamente al 66,65 per cento, al 3 per cento e al 30,35 per cento del prezzo di vendita al pubblico al netto dell’IVA. Il prezzo al pubblico di un farmaco rimborsabile viene pertanto fissato partendo dal prezzo ex factory negoziato fra l’azienda produttrice ed il SSN, con l’aggiunta delle quote di spettanza dovute ai grossisti ed ai farmacisti, ovvero agli altri attori della filiera del farmaco. Per le farmacie, la quota di spettanza è ridotta dallo sconto, articolato per fasce di prezzo dei farmaci, che le stesse farmacie sono tenute a concedere al SSN (per una visione d’insieme si rinvia alla sezione Margini e sconti sul sito di Federfarma.it). A tale sconto deve essere aggiunta la trattenuta determinata dall’articolo 11 del decreto legge 78/2010 che ha disposto che il SSN trattenga, ad ulteriore titolo di sconto sulla quota di spettanza delle farmacie, una percentuale pari all’1,82 per cento sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci al netto dell’IVA, lasciando peraltro inalterati gli sconti già previsti. Successivamente, l’art. 15, comma 2, del decreto legge 95/2012 ha innalzato tale percentuale al 2,25 per cento.
Tali quote sono ridotte per le farmacie rurali sussidiate e per le farmacie con un fatturato annuo in regime di servizio sanitario nazionale al netto dell'IVA non superiore a euro 300.000.
Pertanto le modifiche apportate intendono:
· identificare come farmacie a basso fatturato quelle con un fatturato annuo in regime di servizio sanitario nazionale al netto dell'IVA non inferiore a euro 150.000 (attualmente il fatturato è fissato a 300mila euro). La modifica è apportata dalla lett. a) numero 1;
· confermare per le farmacie con un fatturato annuo in regime di SSN al netto dell’IVA inferiore a 150.000 euro sia l’esenzione dagli sconti a beneficio del SSN ex lege 662/1996 (proporzionali al prezzo del farmaco) che l’esenzione dall’ulteriore trattenuta di cui all’art. 15, comma 2, del decreto-legge 95/2012 (pari al 2,25 per cento). La modifica è operata dalla lett. a) numero 2) che aggiunge un periodo all’art. 1, comma 40, della legge 662/1996;
· definire in dettaglio le voci di fatturato che, dal 2019, rientreranno nella determinazione dell'ammontare annuo delle farmacie convenzionate, facendo salve le determinazioni delle regioni e province autonome già assunte fino a fine 2018. Più precisamente concorrono al fatturato annuo delle farmacie le seguenti voci: a) il fatturato per i farmaci ceduti in regime di SSN; b) la remunerazione del servizio di distribuzione reso in nome e per conto; c) il fatturato delle prestazioni di assistenza integrativa e protesica erogati in regime di servizio sanitario nazionale e regionale; d) le quote di partecipazione alla spesa a carico dell’assistito. Sono in ogni caso escluse dal calcolo; a) le percentuali IVA; b) le trattenute convenzionali e di legge; c) gli importi che a titolo di sconto vengono trattenuti sul prezzo del farmaco nel determinare le somme da rimborsare alle farmacie convenzionate; d) la quota a carico dei cittadini; e) la remunerazione di ulteriori prestazioni per servizi erogati dalle farmacie convenzionate.
La modifica è operata dalla lettera b) che inserisce nel corpo dell’art. 1 della legge 662/1996 il comma 41-bis.
Il comma 293 stabilisce che la copertura degli oneri, quantificati in 4 milioni di euro dal 2019 è a valere sul finanziamento di cui all'art. 1, co. 34 e 34-bis della legge 662/1996, vale a dire sulle quote vincolate del Fondo sanitario nazionale per la realizzazione di specifici obiettivi e progetti elaborati dalle regioni.
Articolo 1, commi 294-295
(Disposizioni in materia di negoziazione dei prezzi dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale)
I commi in esame - inseriti dalla Camera - concernono la disciplina della negoziazione dei prezzi dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale.
Si demanda ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro il 15 marzo 2019 di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la definizione dei criteri a cui l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) deve attenersi nel determinare, mediante negoziazione con l'azienda farmaceutica titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale.
Si prevede, inoltre, che dal 1° gennaio 2019 l'AIFA possa riavviare, prima della scadenza dell'accordo negoziale con l'azienda farmaceutica titolare di AIC, le procedure negoziali per riconsiderare le condizioni dell'accordo in essere, nel caso in cui intervengano medio tempore variazioni del mercato tali da far prevedere un incremento del livello di utilizzo del medicinale ovvero da configurare un rapporto costo-terapia sfavorevole rispetto alle alternative presenti nel prontuario farmaceutico nazionale. Potrebbe essere opportuno chiarire se tale disposizione implichi una facoltà dell'AIFA di risoluzione dell'accordo prima della scadenza, qualora le nuove procedure negoziali non diano luogo ad un nuovo accordo, nonché chiarire se queste ultime possano essere avviate anche qualora le fattispecie medio tempore summenzionate si siano verificate prima del 1° gennaio 2019.
Articolo 1, commi 296-298
(Programmi di edilizia sanitaria e contributo in favore del CNAO)
I commi 296 e 297 - modificati dalla Camera - prevedono un incremento delle risorse per gli interventi in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, con corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per gli investimenti degli enti territoriali (Fondo istituito dall'articolo 1, comma 64, del presente disegno di legge). Il comma 298 - inserito dalla Camera - dispone la destinazione in favore del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di un contributo per investimenti, per gli anni 2019-2021, a valere sulle risorse suddette in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.
L'incremento di risorse in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (così come la corrispondente riduzione del suddetto Fondo per gli investimenti degli enti territoriali) è pari nel complesso a 4 miliardi di euro (2 miliardi nel testo originario, così modificato dalla Camera), con riferimento al periodo 2021-2033, di cui 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 300 milioni per ciascuno degli anni 2023-2025, 400 milioni per ciascuno degli anni 2026-2031, 300 milioni per il 2032 e 200 milioni per il 2033. Si segnala, inoltre, che la sezione II del disegno di legge (unità di voto 9.1 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) prevede una riduzione delle risorse per gli investimenti sanitari in oggetto per il 2020, nella misura di 1.375 milioni di euro, ed un incremento di identico importo delle risorse per il 2021, incremento che si somma a quello suddetto di 100 milioni di euro. Per il 2019, la sezione II non opera variazioni. Complessivamente, le risorse in materia (in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa) risultano pari a 625 milioni di euro per il 2019, 1.121,2 milioni per il 2020 ed a 2.450 milioni per il 2021, mentre il livello globale del finanziamento - disposto a partire dal 1988 e fino al 2033 - ammonta, in base al suddetto incremento di 4 miliardi di euro, a 28 miliardi.
Il comma 296 specifica inoltre che: restano fermi, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni (e le province autonome) e l'assegnazione di risorse agli altri enti del settore sanitario interessati (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, policlinici universitari a diretta gestione diretta, "ospedali classificati", istituti zooprofilattici sperimentali ed Istituto superiore di sanità), i limiti annuali summenzionati (come eventualmente ridefiniti dalle successive leggi di bilancio); l'incremento di 4 miliardi in oggetto è destinato prioritariamente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la propria disponibilità a valere sul livello di risorse precedenti.
Si ricorda che il riparto di risorse tra le regioni (e le province autonome) e la misura della quota di riserva relativa agli altri enti suddetti sono stabiliti con delibera del CIPE (previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome).
Il comma 298, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di ricerca, di assistenza e di cura dei malati oncologici mediante l'erogazione dell'adroterapia, attribuisce in favore del Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) un contributo per investimenti, per gli anni 2019-2021, a valere sulle risorse suddette in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. Il contributo è pari a 5 milioni di euro per il 2019 ed a 10 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Ai fini della concessione del predetto contributo, il CNAO presenta al Ministero della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il piano degli investimenti in conto capitale da effettuare per il perseguimento degli scopi istituzionali del Centro. Il CNAO presenta alla fine di ogni anno il rendiconto del processo di avanzamento progettuale. L'erogazione dei contributi in esame è effettuata in base allo stato di avanzamento dei lavori.
Articolo 1, commi 299 e 300
(Risorse per i servizi di supporto per l’istruzione degli alunni con disabilità o in situazioni di svantaggio)
I commi 299 e 300, introdotti durante l’esame alla Camera, autorizzano l’ulteriore spesa di € 25 mln annui, per il periodo 2019-2021, per l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali (art. 13, co. 3, L. 104/1992), nonché per i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per i medesimi alunni o per quelli in situazione di svantaggio (art. 139, co. 1, lett. c), d.lgs. 112/1998).
Dispongono, inoltre, che il DPCM di riparto delle risorse tra gli enti territoriali interessati è emanato anche di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
A tali fini, novellano, anzitutto, l’art. 1, co. 947, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), che ha attribuito le funzioni citate alle regioni, a decorrere dal 1° gennaio 2016, fatti salvi i casi in cui, con legge regionale, esse erano già state attribuite alle province, alle città metropolitane o ai comuni, disponendo che il riparto del contributo tra gli enti territoriali interessati doveva essere disposto, tenendo conto dell'effettivo esercizio delle funzioni, con DPCM, emanato su proposta del Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 70 mln per il 2016.
La disposizione era collegata al processo di riordino delle province, di cui alla L. 56/2014, alle quali l’art. 139 del d.lgs. 112/1998 aveva attribuito le funzioni suddette in relazione all’istruzione secondaria superiore. Le medesime funzioni, in base allo stesso art. 139, sono attribuite ai comuni, in relazione agli altri gradi di scuola.
Le risorse previste per il 2016 sono state appostate sul cap. 2836 dello stato di previsione del MEF e ripartite con DPCM 30 agosto 2016.
Per il 2017, le risorse, autorizzate mediante intervento diretto nella seconda sezione della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017), pari a € 75 mln, sono state appostate sul cap. 2836 dello stato di previsione del MIUR e ripartite con DPCM 28 settembre 2017.
Per il 2018, l’art. 1, co. 70, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha autorizzato una spesa di € 75 mln. Al riguardo, con comunicato del 24 settembre 2018 è stato reso noto che il Consiglio dei ministri, “visto il mancato raggiungimento nei termini previsti dell’intesa nella Conferenza unificata”, ha deliberato l’adozione del DPCM. Al momento il DPCM non risulta ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
Per quanto concerne le risorse aggiuntive, le stesse vanno ad aggiungersi a quelle – pari a € 75 mln annui per gli anni 2019-2021 –stanziate dal disegno di legge di bilancio originario, con un intervento operato direttamente in Sezione II, per le medesime finalità (cap. 2836 dello stato di previsione del MIUR).
Pertanto, a seguito delle modifiche introdotte durante l’esame alla Camera, le risorse ammonterebbero complessivamente a € 100 mln annui per il periodo 2019-2021.
Articolo 1, comma 301
(Carta europea della disabilità)
Il comma in esame - inserito dalla Camera - prevede l'istituzione della Carta europea della disabilità.
A tal fine, il comma autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
La Carta è intesa ad agevolare l’accesso a benefìci, supporti ed opportunità utili alla promozione dei diritti delle persone con disabilità. Si demanda ad un decreto ministeriale la definizione dei criteri per il rilascio della Carta nonché delle modalità per l’individuazione degli aventi diritto e per la realizzazione e la distribuzione della stessa a cura dell’INPS. Le caratteristiche tecniche della Carta devono essere conformi alle indicazioni operative elaborate dalla Commissione europea ai fini del reciproco riconoscimento dello stato di disabilità dei cittadini negli Stati membri dell’Unione europea.
Articolo 1, comma 302
(Fondo piattaforma italiana fosforo)
Il comma 302, introdotto dalla Camera, rifinanzia per un importo di 200 mila euro per l’anno 2019 il fondo per la realizzazione della piattaforma italiana del fosforo, istituito dalla legge di bilancio per il 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente
Si rifinanzia per un importo di 200 mila euro per l’anno 2019 il fondo per la realizzazione della piattaforma italiana del fosforo, istituito dalla legge di bilancio per il 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente.
L’intervento è volto a preservare il ciclo del fosforo, l’eutrofizzazione ingravescente e l’import del fosforo, favorendone il recupero dai settori zootecnico, dalla depurazione civile e da altre fonti di sostanza organica.
Si ricorda che le risorse del fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare originariamente con dotazione per l'anno 2018 di 100.000 euro, secondo quanto previsto all’articolo 1, comma 122, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono destinate:
- alla realizzazione di uno studio mirato al raggiungimento dell'autosufficienza del ciclo del fosforo su base nazionale e coordinamento con le politiche europee dedicate;
- alla raccolta delle migliori pratiche di recupero del fosforo dal ciclo di gestione dei rifiuti;
- alla raccolta e diffusione di informazioni riguardanti la filiera di approvvigionamento del fosforo;
- alla messa a punto di proposte, anche legislative o regolamentari, per incoraggiare il recupero del fosforo e prevenirne gli sprechi;
- all’istituzione di un tavolo tematico sulla conservazione e il recupero del fosforo;
- alla realizzazione di un portale telematico per la raccolta e la pubblicazione delle attività del tavolo tematico, dei documenti elaborati e delle altre informazioni raccolte durante le attività della piattaforma.
Articolo 1, commi 303-305
(Prevenzione incendi in istituti e luoghi della cultura, sedi del Ministero per i beni e le attività culturali, e sedi di altri Ministeri sottoposte a vincolo)
I commi 303-305, introdotti durante l’esame alla Camera, recano disposizioni in materia di prevenzione incendi negli istituti e luoghi della cultura, nelle sedi del Ministero per i beni e le attività culturali, nonché nelle sedi degli altri Ministeri che siano sottoposte alle disposizioni di tutela di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. vincolo).
In base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.
L’art. 10 del medesimo Codice individua, inoltre, le categorie di beni culturali, ossia delle cose assoggettate alle disposizioni di tutela contenute nel Titolo I della Parte seconda dello stesso Codice, tra le quali sono ricomprese, in particolare, misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).
Tra le categorie di cui all’art. 10 rientra, in particolare, la categoria dei beni culturali (immobili e mobili) che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, appartenenti a soggetti pubblici (o a persone giuridiche private senza fine di lucro) (co. 1 e 4), che divengono tali solo a seguito della verifica dell’interesse culturale.
La verifica dell’interesse culturale, disciplinata dall’art. 12, è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del MIBAC. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (c.d. vincolo) i beni sono (definitivamente) soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice.
Con riferimento alla prevenzione incendi, si ricorda, preliminarmente, che, in base al regolamento in materia di controlli di prevenzione incendi e verifica delle condizioni di sicurezza antincendio, emanato con DPR 151/2011, gli edifici sottoposti a tutela ai sensi del medesimo d.lgs. 42/2004, aperti al pubblico, destinati a biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre, nonché qualsiasi altra attività contenuta nel medesimo (richiamata al punto 72 dell’allegato I), sono soggetti alle disposizioni da esso recate.
Il medesimo regolamento stabilisce che se, in presenza di particolari situazioni, non è possibile rispettare la regola tecnica prevista, si rende necessario attivare il procedimento della deroga, con la previsione di misure compensative, al fine di ottenere un grado di sicurezza equivalente.
Con la circolare del Ministero dell’interno n. 3181 del 15 marzo 2016, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha pubblicato la “Linea guida per la valutazione, in deroga, dei progetti di edifici sottoposti a tutela ai sensi del D.lgs. 22 gennaio 2014, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere attività dell’allegato 1 al D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151”, con cui si è inteso fornire uno strumento di ausilio al progettista per l’individuazione delle misure di sicurezza equivalenti quando si ricorre alla deroga.
Da ultimo, l’art. 2 del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 30 giugno 2016 ha disposto, fermo restando, fra l’altro, quanto previsto dal decreto del Ministro dei beni culturali e ambientali, di concerto con il Ministro dell’interno, 20 maggio 1992, n. 569, recante “Norme di sicurezza antincendio per edifici storici ed artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e mostre” – che ad ognuno dei musei e dei luoghi della cultura dello Stato sono assicurati, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, per quanto qui più interessa, adeguati sistemi di allarme e sicurezza antincendio. Ha, altresì, previsto che la vigilanza degli istituti e dei luoghi della cultura statali è svolta secondo le modalità stabilite da un apposito piano della sicurezza, redatto dal direttore dell'istituto, nel rispetto della normativa vigente e delle ulteriori disposizioni emanate dal Ministero in materia di emergenza e di sicurezza del patrimonio culturale, in accordo con gli standard dell'International Council of Museums (ICOM) e sulla base dell'allegato tecnico allegato al decreto. Il piano doveva essere adottato dal direttore, sentito il direttore del polo museale regionale e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e, per gli istituti dotati di autonomia speciale, sentito anche il consiglio di amministrazione, entro 60 giorni dall'emanazione del decreto e successivamente deve essere aggiornato a cadenza almeno triennale.
In particolare, dispone che il MIBAC provvede ad una ricognizione in tutti gli istituti e luoghi della cultura, nonché nelle proprie sedi e nelle sedi degli altri Ministeri che siano sottoposte alle disposizioni di tutela, soggetti al controllo di prevenzione incendi, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Lo stesso MIBAC e gli altri Ministeri che hanno in uso tali immobili provvedono, poi, nei limiti delle risorse disponibili, alla messa a norma delle eventuali criticità rilevate, e all’adempimento delle eventuali prescrizioni impartite, secondo modalità e tempi stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell’interno, adottato, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le amministrazioni interessate, entro 60 giorni dalla scadenza del termine per l’effettuazione della ricognizione (dunque, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge).
Con lo stesso atto si prevedono, altresì, misure di sicurezza equivalenti eseguibili ai fini dell’adeguamento alle norme di prevenzione incendi, ovvero all’adempimento delle eventuali prescrizioni impartite, da attuare nei termini da esso stesso previsti e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2022.
All’attuazione delle suddette disposizioni, si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche in conto residui, incluse quelle rivenienti dalla riassegnazione dei fondi per l’attuazione del Programma Operativo Interregionale "Attrattori culturali, naturali e turismo"- Fondo europeo di sviluppo regionale.
In materia, si ricorda che con comunicato del 6 novembre 2018 il MIBAC ha reso noto lo stanziamento di € 109 mln finalizzato alla “sicurezza di visitatori, dipendenti e siti culturali con uno sforzo senza precedenti che interesserà 314 siti”. Sempre in base al comunicato, “si tratta della più ampia programmazione di interventi nel settore della sicurezza antincendio, compresa la formazione, mai realizzata dal MIBAC”. Il comunicato non evidenzia, però, la provenienza delle risorse.
Nella stessa data, il Ministro per i beni e le attività culturali, incontrando i direttori delle biblioteche statali, ha rivolto a tutti l'invito a fare un'approfondita analisi delle criticità e di tutte le possibili soluzioni in tema di sicurezza.
Articolo 1, commi 306-308
(Misure di prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo)
I commi dal 306 al 308 prevedono che, a decorrere dal 1° luglio 2019, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli metta a disposizione degli enti locali gli orari relativi agli apparecchi da gioco il cui funzionamento sia subordinato al collegamento ad un sistema di elaborazione della rete.
Le regole tecniche di produzione degli apparecchi che consentono il gioco da remoto dovranno prevedere la memorizzazione, la conservazione e la trasmissione al sistema remoto dell’orario di funzionamento degli apparecchi.
Si demanda, infine, alla riforma complessiva in materia di giochi pubblici la definizione di criteri omogenei sul territorio nazionale in ordine alla distribuzione e agli orari degli esercizi che offrono gioco pubblico, anche al fine del monitoraggio in via telematica del rispetto dei limiti definiti.
Il comma 306 prevede misure volte a rendere effettive le norme degli enti locali che disciplinano l’orario di funzionamento degli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati e definiti nelle loro caratteristiche essenziali dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), ovvero di monitorarne il rispetto e di irrogare le relative sanzioni.
A tali fini è previsto che, a decorrere dal 1° luglio 2019, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, avvalendosi della SOGEI S.p.A., metta a disposizione degli enti locali gli orari di funzionamento delle VLT. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame la stessa Agenzia dovrà stabilire, con provvedimento del proprio direttore, le norme di attuazione della precedente disposizione.
Con riferimento alle AWP, viene invece stabilito che le relative regole tecniche di produzione che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto, da emanare con decreto del MEF ai sensi dell’articolo 1, comma 943, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), debbano prevedere la memorizzazione, la conservazione e la trasmissione al sistema remoto dell’orario di funzionamento degli apparecchi medesimi. Anche i dati relativi all'orario di funzionamento degli AWP devono essere messi a disposizione degli enti locali dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, avvalendosi della SOGEI Spa.
Gli oneri previsti per mettere a disposizione degli enti locali gli orari di funzionamento degli apparecchi citati sono stimati pari a 50.000 euro annui, ai quali l’Agenzia delle dogane e dei monopoli dovrà far fronte con le risorse umane e finanziarie già disponibili (comma 308).
Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, il MEF dovrà notificare lo schema di decreto alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione.
Il comma 307 dispone, infine, che la riforma complessiva in materia di giochi pubblici, da adottare ai sensi dell’articolo 9, comma 6-bis, del decreto legge n. 87 del 2018, definisca criteri omogenei su tutto il territorio nazionale in ordine alla distribuzione e agli orari degli esercizi che offrono gioco pubblico.
Il comma 309, mediante una modifica della normativa vigente che disciplina l'acquisto di prestazioni specialistiche del centro di ricerca medica applicata "Mater Olbia" da parte della regione Sardegna, autorizza in via sperimentale la medesima regione, per il triennio 2019-2021, a programmare l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati incrementato del 20% rispetto al livello massimo definito dall’art. 15, comma 14, del DL. 95/2012 (cd. decreto spending review).
Il comma 309, novellando la normativa di cui all’art. 16, commi 2 e 2-bis del DL. 133/2014 (L. 164/2014, cd. Proroga termini), autorizza la regione Sardegna ad estendere dal 6 al 20 per cento il tetto di incidenza della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie specialistiche ambulatoriali ed ospedaliere da soggetti privati rispetto al livello definito dall’art. 15, comma 14, del DL. 95/2012 (cd. decreto spending review), al fine di favorire la partecipazione di investimenti stranieri per la realizzazione di strutture sanitarie, per la medesima regione, presso l'ospedale Mater Olbia. Il precedente tetto di incidenza era previsto in via sperimentale per il triennio 2018-2020. E’ fatto comunque salva la possibilità dell’acquisto di prestazioni sanitarie in deroga, ai sensi del citato art. 15, comma 14, secondo periodo[27].
Si ricorda che tale tetto è stato fissato dall’art. 15, comma 14, partendo dai contratti e dagli accordi vigenti nell’esercizio 2012, ai quali viene applicata una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi d'acquisto in misura determinata dalla regione, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, del 2 per cento (a decorrere dall'anno 2014). E’ stata comunque prevista, dal 2016, al fine di valorizzare il ruolo dell'alta specialità all'interno del territorio nazionale, la possibilità per le regioni di programmare in deroga a tale tetto l'acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché di prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza ricomprese negli accordi per la compensazione della mobilità interregionale (comma 14, secondo periodo).
Viene peraltro precisato che la predetta autorizzazione triennale - a carattere sperimentale - è finalizzata al conseguimento di incrementi di tassi di mobilità attiva ed abbattimento di quelli relativi alla mobilità passiva.
La copertura dei maggiori oneri, come previsto dell’art. 1, comma 836, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), in base alla quale, dal 2007, la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, è assicurata annualmente all’interno del bilancio regionale.
In base alla modifica della disposizione di cui al citato comma 2-bis in materia di monitoraggio delle prestazioni sanitarie, si prevede che, per il triennio considerato, lo stesso sia effettuato in relazione all’effettiva qualità dell’offerta clinica, alla piena integrazione con la rete sanitaria pubblica e al conseguente ed effettivo decremento della mobilità passiva.
Si segnala peraltro che le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-bis del citato DL. 133/2014 - oggetto delle novelle in esame - sono stati così modificati, rispettivamente, dall’art. 8, comma 4, lett. a) e b) del recente DL. n. 91/2018 (L. 108/2018), prevedendo le deroghe transitorie in commento per la regione Sardegna finalizzati al completamento di investimenti privati nelle strutture ospedaliere.
In particolare, è stato modificato il termine temporale (dal triennio 2015-2017 al periodo 2018-2020) della deroga transitoria per la regione Sardegna relativa all’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati posta con riferimento al "carattere sperimentale dell'investimento straniero" da realizzarsi per l'ospedale ex San Raffaele di Olbia (struttura in passato mai ultimata). La deroga, anche in considerazione della circostanza che la struttura ospedaliera in oggetto - denominata Mater Olbia e che dovrebbe essere gestita, in base ad un accordo del luglio 2017, dalla Qatar Foundation Endowment e dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli - non è entrata ancora in funzione.
In relazione a tale modifica, il comma 2-bis (aggiunto dalla lett. b), comma 4, del citato articolo 8) riferisce al medesimo periodo 2018-2020 la norma - inerente finora al periodo 2015-2017 - secondo cui la regione Sardegna e il Ministero della salute devono assicurare un monitoraggio sull’effettiva rispondenza della qualità delle prestazioni sanitarie della struttura in oggetto e sulla loro piena integrazione con la restante offerta sanitaria pubblica in Sardegna nonché sulla mobilità sanitaria verso altre regioni.
Articolo 1, comma 310
(Finanziamento delle spese di manutenzione e gestione del sistema informativo della banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento -DAT)
Il comma 310, inserito alla Camera, autorizza, a decorrere dal 2019, la spesa di 400 mila euro annui per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario (DAT).
Il comma 310 autorizza, a decorrere dal 2019, la spesa di 400 mila euro annui per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario (DAT).
I commi 418 e 419 della legge di bilancio 2018 (legge 205/2017) hanno previsto l’istituzione di una banca dati destinata alla registrazione delle DAT, presso il Ministero della salute. Per l’attuazione della banca dati è stata autorizzata, per il 2018, la spesa di 2 milioni. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018, le modalità di registrazione delle DAT avrebbero dovuto essere definite da un decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali. Il decreto non è stato ancora emanato in quanto il Ministero della salute ha preventivamente richiesto un parere al Consiglio di Stato, che si è espresso sulla materia il 31 luglio 2018.
Più precisamente, per la realizzazione della Banca dati, il Ministero ha istituito con Decreto direttoriale del 22 marzo 2018 un Gruppo di lavoro, a cui partecipano rappresentanti del Ministero della salute, delle Regioni e dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Il Ministero della salute, con richiesta del 22 giugno 2018, ha posto al Consiglio di Stato alcuni quesiti riguardo l'istituzione della banca dati nazionale, Il Consiglio si è espresso con Parere del 31 luglio 2018, secondo il quale “la banca dati nazionale deve, su richiesta dell’interessato, poter contenere copia delle DAT stesse, compresa l’indicazione del fiduciario e l’eventuale revoca”, inoltre “è da escludere la possibilità di prevedere una vera e propria standardizzazione delle DAT a fini di conservazione elettronica” e “appare necessario che vi sia certezza in ordine alla adeguatezza delle informazioni mediche acquisite dall’interessato e riguardanti le conseguenze delle scelte effettuate. Pertanto, pur non potendo rilevare sotto il profilo della validità dell’atto, sembra decisamente opportuno che tale circostanza venga attestata, magari suggerendola nel modulo-tipo facoltativo che verrà predisposto dal Ministero della salute”. Infine il Consiglio ha rilevato che i principi costituzionali vanno nella direzione di imporre una lettura estensiva, aprendo il registro nazionale anche a tutti coloro che non sono iscritti al Ssn. La tutela costituzionale garantita a questo diritto, infatti, non permette di subordinare il riconoscimento alla suddetta iscrizione.
Come comunicato nella sezione dedicata del sito del istituzionale del Ministero della salute, come previsto, il Ministero provvederà con proprio Decreto, a seguito di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, a stabilire le modalità di registrazione delle DAT nella Banca dati.
Articolo 1, commi 311-320
(Disposizioni in materia di limiti per la spesa farmaceutica)
I commi in esame - inseriti dalla Camera - concernono la spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti e (limitatamente al comma 319) anche le procedure di ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017.
In base a tali commi, a decorrere dal 2019: l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), ai fini del monitoraggio della spesa summenzionata per acquisti diretti si avvale dei dati delle fatture elettroniche, nonché, fino al 31 dicembre 2021, dei dati presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario; sulla base di questi dati, l'AIFA rileva il fatturato di ciascuna azienda titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), con riferimento a tutti i farmaci di classe A ed H oggetto di acquisti diretti, ad esclusione dei vaccini, dei farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani per uso umano dell'Unione europea, dei medicinali beneficiari dei Fondi per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi o oncologici innovativi (fino a concorrenza della dotazione dei medesimi Fondi) e, per i gas medicinali, della componente relativa al servizio; dal fatturato sono altresì escluse le somme versate dalle aziende farmaceutiche in base ai meccanismi richiamati dal comma 4; il 50 per cento dell'eventuale superamento del limite della spesa per acquisti diretti è a carico delle aziende farmaceutiche in proporzione al suddetto fatturato, mentre il restante 50 per cento è a carico delle regioni e delle province autonome in proporzione ai rispettivi disavanzi in oggetto.
Il comma 319 dispone che, qualora alla data del 15 febbraio 2019, il Ministero dell'economia e delle finanze, le regioni e le province autonome non abbiano recuperato le risorse finanziarie relative al ripiano del superamento dei limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2013-2017, i limiti di spesa farmaceutica per gli acquisti diretti e per la farmaceutica convenzionata siano calcolati (fino al recupero integrale delle suddette risorse) con riferimento (come base di calcolo) al fabbisogno sanitario nazionale standard previsto per il 2018, anziché con riguardo a quello previsto per l'anno di riferimento.
[1] Codice di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117.
[2] La norma faceva implicito riferimento al disegno di legge A.S. 1138 “Disciplina del sistema delle comunicazioni” presentato al Senato il 31 luglio 1996 e, all’epoca, in corso d’esame.
[3] La convenzione era stata stipulata ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 602/1994, successivamente decaduto (il co. 3 aveva previsto che "la scelta del concessionario avviene mediante gara”). Essa era stata approvata con decreto del Ministro del 21 novembre 1994. La disposizione di autorizzazione fu poi riproposta in una serie di D.L., recanti misure di risanamento della RAI, decaduti per mancata conversione e più volte reiterati; da ultimo, l'art. 1, co. 3, della L. 650/1996, di conversione del D.L. 545/1996, fece salvi gli effetti dei provvedimenti adottati sulla base dei decreti-legge reiterati. Pertanto, la convenzione citata mantenne la sua validità; dopo la scadenza (21 novembre 1997) fu adottata la L. 224/1998 che, come già anticipato nel testo, ne dispose in via transitoria il rinnovo per un triennio.
[4] Per la proroga della convenzione scaduta il 21 novembre 2000, l’art. 145, co. 20, della L. finanziaria 2001 ha autorizzato la spesa di £ 15 mld per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003; l’art. 4, co. 7, della L. finanziaria 2004 ha autorizzato la spesa di € 8,5 mln per gli anni 2004, 2005 e 2006; l’art. 1, co. 1242, della L. finanziaria 2007 ha autorizzato la spesa di € 10 mln per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
[5] Per approfondimenti si rinvia al Tema curato dal Servizio Studi della Camera sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese.
[6] Il comma 3 ha demandato a successivi decreti del Ministro dell'interno, adottati di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la possibilità di disporre la proroga del periodo di sospensione. In attuazione di tale disposizione sono stati emanati il D.M. 17 novembre 2017, il Decreto 4 dicembre 2017, il D.M. 7 maggio 2018 e il D.M. 22 maggio 2018.
[7] Le predette risorse sono state ripartite con il D.M. 31 gennaio 2017. Tale D.M. ha assegnato:
§ alla convenzione quadro tra MISE e INVITALIA l’importo di 4,7 milioni di euro,
§ agli accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa l’importo di 60 milioni di euro (di cui 40 provenienti da somme in perenzione amministrativa del già Fondo unico legge n. 181/1989);
§ ai programmi di investimento da agevolare nelle aree di crisi industriale non complessa tramite procedura valutativa con procedimento a sportello l’importo di 124 milioni, di cui 44 milioni, per un anno dalla data di apertura dello sportello (4 aprile 2017), in favore degli interventi disciplinati da accordi di programma;
§ agli interventi nelle aree di crisi localizzate nelle Regioni in ritardo di sviluppo (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) disciplinati da accordi di programma, l’importo di 80 milioni del PON Imprese e competitività 2014-2020, di cui 45 milioni accantonati per accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa sottoscritti entro il 31 dicembre 2017.
A seguito di tale riparto, sulla Sezione del Fondo crescita destinata alle aree di crisi, sono residuate risorse pari a 10,2 milioni di euro circa.
[8] Il D.M. del 7 giugno ha assegnato in particolare:
§ 12 milioni all'incremento della quota già assegnata dal D.M. 31 gennaio 2017 agli interventi inseriti in accordi di programma relativi ad aree di crisi industriale complessa;
§ 20 milioni all'incremento della quota accantonata dal citato D.M. di gennaio a favore delle aree di crisi industriale non complessa disciplinati da accordi di programma;
§ 37,8 milioni (+ 10,2 che residuavano dal precedente riparto) alle aree di crisi nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.
[9] SIMEST è attualmente società del Gruppo Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A., controllata al 76% dalla SACE Spa., a sua volta società interamente controllata da CDP S.p.A..
[10] La gestione del Fondo è stata disciplinata da apposita convenzione MISE/SIMEST stipulata in data 7 maggio 2012 e di durata quinquennale. La Corte dei Conti ha evidenziato, nella relazione sul Rendiconto dello Stato per l’anno 2017, la sopraggiunta scadenza - in data 26 giugno 2017 - della Convenzione MISE-SIMEST.
[11] Tale istituto è da considerarsi, ai sensi del comma 1, una “misura contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, della libera scelta del lavoro, nonché il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura, attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”.
[12] Si veda in proposito la scheda relativa al comma 149.
[13] Nel nostro Ordinamento attualmente coesistono 5 diverse forme assicurative obbligatorie di previdenza, con differenze anche notevoli fra le prestazioni che offrono e i sistemi di calcolo della pensione che adottano.
La principale è l’Assicurazione generale obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti (AGO IVS), cui sono iscritti i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori autonomi titolari di imprese commerciali, artigiane o diretto-coltivatrici e i lavoratori indipendenti e parasubordinati.
Le altre forme assicurative si caratterizzano per come si pongono in relazione all’obbligo assicurativo generale: esistono quindi le forme i cui iscritti sono “esclusi” dall’ambito di applicazione dell’AGO, le forme “sostitutive” dell’AGO, quelle “integrative”, sempre dell’AGO, e, fino al 1990, sono esistite anche forme assicurative previdenziali “esonerative” dell’AGO. Esistono inoltre le casse private cui sono iscritti obbligatoriamente i liberi professionisti, tenuti o meno all’iscrizione ad un albo professionale.
[14] Tali norme disciplinano il riscatto dei corsi universitari di studi, disponendo che il relativo onere sia determinato con le norme che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto. Inoltre, si prevede l'applicazione di specifici coefficienti ai fini del calcolo dell'onere per i periodi oggetto di riscatto, in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo, nonché particolari modalità di versamento per gli oneri per periodi in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo ovvero contributivo. Per il calcolo dell'onere da valutare con il sistema contributivo, infine, si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti nel regime ove il riscatto opera alla data di presentazione della domanda
[15] Tale articolo, in relazione alle assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, ha introdotto, a titolo sperimentale, specifici incentivi fino al 31 dicembre 2016 . Gli incentivi consistono in:
§ disapplicazione del contributo di licenziamento;
§ riduzione della specifica aliquota contributiva dal 10% al 5%;
§ sgravio totale dei contributi a carico dei datore di lavoro, inclusi il contributo di finanziamento dell'ASpI (ora NASpI) ed il contributo integrativo dello 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.
Gli incentivi, inizialmente previsti fino al 31 dicembre 2016, sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 1, comma 240, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).
[16] Con tale Accordo Governo, Regioni e Province Autonome hanno approvato le linee guida in materia di tirocini in attuazione del'articolo1, commi 34-36, della L. 92/2012, al fine di fornire uno standard minimo di riferimento, uniformando così la qualità e le possibilità di accesso all'istituto su tutto il territorio nazionale, prescindendo dai contesti regionali. Le linee guida definiscono il quadro di riferimento nazionale, intervenendo sugli aspetti qualificanti del tirocinio quali la sua durata, l'indennità da corrispondere al tirocinante, il regime sanzionatorio in caso di abuso dello strumento o inadempienza da parte dei soggetti ospitanti.
[17] L’art. 4-bis del decreto-legge n. 86/2018 dispone che i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti il riordino dell’organizzazione dei Ministeri siano adottati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri. Tali decreti sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti e sugli stessi il Presidente del consiglio dei ministri può richiedere il parere del Consiglio di Stato.
[18] In particolare, l’art. 1, co. 1129, della L. 205/2017 ha autorizzato il MEF, tra l’altro, a coprire, per il 2018, le proprie carenze nei profili professionali della Area III, assumendo in ordine di graduatoria, nel limite massimo del 50% delle facoltà assunzionali per il 2018, i candidati risultati idonei nelle procedure selettive interne per il passaggio alla Area III con graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 (senza limiti dettati dai posti previsti dai bandi).
[19] Una quota delle assunzioni di quelle unità è stata riservata (nel limite massimo del 30 per cento dei contingenti annuali) al personale volontario iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo, con almeno centoventi giorni di servizio (articolo 1, comma 295 della legge n. 205 del 2017).
[20] Si tratta del concorso a 814 posti di vigile del fuoco (indetto con decreto del Ministro dell'interno n. 5.140 del 2008), che ha prodotto una graduatoria di 7.599 nominativi.
[21] La precedente proroga - fino al 31 dicembre 2018 - è stata disposta dall'articolo 1, comma 1122, lettera h) della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).
[22] Di tale Scuola, infatti, l’art. 31-bis del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) aveva previsto l’istituzione in via sperimentale per un triennio a decorrere dall’a.a. 2013/2014, disponendo che, allo scadere dello stesso, la Scuola poteva assumere carattere di stabilità, previo reperimento delle adeguate risorse finanziarie con apposito provvedimento legislativo; a tal fine, erano stati previsti come elementi necessari la valutazione dei risultati conseguiti, operata dall'ANVUR, e un decreto di riconoscimento e approvazione da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Intervenuti i presupposti citati, il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 31 marzo 2016 ha istituito la Scuola di dottorato internazionale GSSI, con sede a L'Aquila, come Istituto di istruzione universitaria di alta formazione dottorale a ordinamento speciale.
[23] Degli istituti universitari a ordinamento speciale previsti dal T.U. emanato con R.D. 1592/1933 restano ancora come tali, per quanto riguarda “l’Alta formazione”, la Scuola normale superiore di Pisa, nonché l’Università per stranieri di Perugia (già Regia Università per stranieri di Perugia: art. 258, R.D. 1592/1933; con riferimento alla denominazione di Istituto superiore statale ad ordinamento speciale dell’Università per stranieri di Perugia, si veda anche l’art. 1 della L. 204/1992).
Successivamente, sono stati istituiti la Scuola internazionale superiore di studi avanzati (S.I.S.S.A.) di Trieste (D.P.R. 102/1978), la Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento “S. Anna” di Pisa (L. 41/1987), l’Università per stranieri di Siena (L. 204/1992, quale trasformazione della Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri di Siena riconosciuta con L. 359/1976).
In seguito, in attuazione di quanto previsto dall’art. 2 del DPR 25/1998, sono stati istituiti, nell’ambito della programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006 (di cui al DM 5 agosto 2004):
§ Istituto universitario di studi superiori (I.U.S.S.) di Pavia (D.M. 8 luglio 2005);
§ Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) alti studi di Lucca (D.M. 18 novembre 2005);
§ Istituto italiano di scienzeu di Firenze (D.M. 18 novembre 2005).
Da ultimo, si ricorda l’istituzione dell’Università per stranieri “Dante Alighieri” non statale legalmente riconosciuta, con sede a Reggio Calabria, quale istituto di istruzione universitaria con ordinamento speciale (D.M. 17 ottobre 2007, n. 504).
[24] Vale a dire le istanze associative o rappresentative attraverso cui le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN (ex art. 41, c. 1, del D.Lgs. 165/2001).
[25] La cifra iniziale del livello del fabbisogno sanitario nazionale standard prevista dal ddl iniziale veniva confermata rispetto all’ammontare stabilito dalla legislazione vigente in 114.435 milioni di euro. Nel corso dell’esame in sede referente, a tale cifra sono stati sommati 4 milioni di euro derivanti dal comma 285 che ha disposto lo stanziamento aggiuntivo di tali risorse per l’estensione degli accertamenti diagnostici neonatali obbligatori anche per la prevenzione e la cura delle malattie genetiche.
[26] Più precisamente, il Fondo per l’acquisto di medicinali innovati presenta anche una quota-parte di 175 milioni finanziata mediante risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale.
[27] Si ricorda che tale disposizione è stata introdotta dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, co. 574, L. n. 208/2015).