Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | D.L. 50/2022 - Disposizioni in materia di energia e imprese - A.C. 3614 |
Riferimenti: | AC N.3614/XVIII |
Serie: | Progetti di legge Numero: 576 |
Data: | 24/05/2022 |
Organi della Camera: | V Bilancio, VI Finanze |
Disposizioni in materia
di energia e imprese
D.L. 50/2022 – A.C. 3614
Parte I – Schede di lettura
24 maggio 2022
Parte I – Schede di lettura
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 554
Servizio Studi -
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233 - * - st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Dipartimento Finanze
Tel. 06 6760-9496 - * - st_finanze@camera.it - @CD_finanze
Progetti di legge n. 576
Parte II – Profili di carattere finanziario
Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 448
Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it
Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione
Tel. 06 6760-3545 – 06 6760-3685 * com_bilancio@camera.it
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D22050.docx
INDICE
Titolo I - Disposizioni in materia di energia e imprese
Capo I - Misure in materia di energia
Articolo 1 (Bonus sociale elettricità e gas)
Articolo 3 (Credito d’imposta per gli autotrasportatori)
Articolo 5 (Disposizioni per la realizzazione di nuova capacità di rigassificazione)
Articolo 9, comma 2 (Disposizioni in materia di comunità energetiche rinnovabili)
Articolo 10 (Disposizioni in materia di VIA)
Articolo 11 (Semplificazioni autorizzative per interventi di ammodernamento asset esistenti)
Capo II - Misure a sostegno della liquidità delle imprese
Articolo 16 (Misure temporanee di sostegno alla liquidità delle piccole e medie imprese)
Articolo 17 (Garanzie concesse da SACE S.p.A. a condizioni di mercato)
Articolo 18 (Fondo per il sostegno alle imprese danneggiate dalla crisi ucraina)
Articolo 21 (Maggiorazione del credito di imposta per investimenti in beni immateriali 4.0)
Articolo 22 (Credito d'imposta formazione 4.0)
Articolo 23 (Credito d’imposta sale cinematografiche)
Articolo 24 (Rifinanziamento del Fondo IPCEI)
Articolo 25 (Fondo per il potenziamento dell'attività di attrazione degli investimenti esteri)
Articolo 26 (Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori)
Articolo 27 (Disposizioni urgenti in materia di concessioni di lavori)
Articolo 28 (Patti territoriali dell’alta formazione delle imprese)
Articolo 29 (Misure a favore di imprese esportatrici)
Titolo II - Misure in materia di politiche sociali, accoglienza e finanziarie
Capo I - Misure in materia di lavoro, pensioni e servizi ai cittadini e sport
Articolo 30 (Semplificazioni procedurali in materia di investimenti)
Articoli 31 e 32 (Una tantum per lavoratori dipendenti, pensionati e altre categorie di soggetti)
Articolo 33 (Indennità una tantum per i lavoratori autonomi)
Articolo 36 (Servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale)
Articolo 37 (Misure in materia di locazione)
Articolo 38 (Disposizioni in materia di servizi di cittadinanza digitale)
Capo II - Misure in favore degli enti territoriali
Articolo 40, commi 1 e 2 (Incremento finanziamento corrente del Servizio Sanitario nazionale)
Articolo 40, comma 4 (Deroga contabile per gli enti locali)
Articolo 41 (Contributo a Province e Città metropolitane per riduzione gettito IPT e RC Auto)
Articolo 42 (Sostegno obiettivi PNRR grandi città)
Articolo 43, comma 1 (Riequilibrio finanziario di province e città metropolitane)
Articolo 43, commi 9 e 10 (Rimborso spese per il Presidente della CTFS)
Articolo 43, comma 11 (Proroga deliberazione TARI e termine di deliberazione del bilancio)
Capo III - Disposizioni in relazione alla crisi ucraina
Articolo 44 (Assistenza a favore delle persone richiedenti la protezione temporanea)
Articolo 45 (Misure per l’attività di emergenza all’estero)
Articolo 47 (Misure di sostegno in relazione alla crisi ucraina)
Capo IV - Disposizioni in materia di spesa pubblica e altre misure urgenti
Articolo 49, commi 1-3 (Disposizioni in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione)
Articolo 49, comma 4 (Aquisti beni e servizi)
Articolo 49, comma 5 (Comitato scientifico per la revisione della spesa)
Articolo 49, commi 6-8 (Controllo e monitoraggio spese PNRR – Eutalia s.r.l.)
Articolo 49, comma 9 (Aquisti beni e servizi INPS)
Articolo 51, commi 1 e 4 (Incarichi di collaborazione presso il Ministero della cultura)
Articolo 51, commi 2 e 4 (Incarichi di collaborazione presso la Soprintendenza speciale per il PNRR)
Articolo 51, commi 3 e 4 (Contributo ad Ales S.p.A.)
Articolo 51, comma 5 (Proroga graduatoria dirigenti Protezione civile)
Articolo 51, comma 6 (Scuola superiore della magistratura)
Articolo 51, comma 7 (Sistema informatico CSM)
Articolo 51, commi 8 e 11 (Norme sul Comando operativo di vertice interforze)
Articolo 51, comma 9 (Sistemi informatici MITE)
Articolo 51, comma 10 (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
Articolo 52 (Misure in materia di società pubbliche)
Articolo 54 (Disposizioni urgenti per i trasporti in condizioni di eccezionalità)
Capo V - Disposizioni transitorie, finali e finanziarie
Articolo 55 (Disposizioni sul contributo straordinario contro il caro bollette)
Articolo 56 (Disposizioni in materia di Fondo per lo sviluppo e la coesione)
Articolo 57 (Disposizioni transitorie)
Articolo 58 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 59 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Bonus sociale elettricità e gas)
L’articolo 1, al comma 1, dispone che le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale siano rideterminate dall'ARERA entro il 30 giugno, nel limite delle risorse disponibili nel bilancio della Cassa per i servizi energetici e ambientali-CSEA per l’anno 2022.
Il comma 2 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6 del decreto-legge n. 21/2022, il quale ha esteso la platea dei beneficiari dei bonus sociali elettricità e gas, elevando da 8.265 euro a 12.000 euro il valore soglia dell’ISEE entro il quale è ammesso l’accesso ai bonus. L’interpretazione autentica chiarisce che se sono state pagate somme eccedenti nell’anno in corso perché l’attestazione ISEE è intervenuta dopo l’inizio dell’anno, si procede a compensazione ovvero a rimborso. Se il pagamento non è stato ancora effettuato, l’importo è rideterminato con applicazione del bonus.
L’articolo 1, al comma 1, dispone che le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale, riconosciute sulla base del valore dell’ISEE, siano rideterminate dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente - ARERA, con delibera da adottare entro il 30 giugno, nel limite delle risorse disponibili nel bilancio della Cassa per i servizi energetici e ambientali-CSEA per l’anno 2022.
Il comma 1 prevede la rideterminazione delle agevolazioni “riconosciute sulla base del valore ISEE”, facendo espresso riferimento:
1) alle agevolazioni tariffarie per la fornitura di energia elettrica riconosciute:
a) ai clienti domestici economicamente svantaggiati;
b) ai clienti domestici in gravi condizioni di salute;
2) alla compensazione per la fornitura di gas naturale, che l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, concede alle stesse famiglie economicamente svantaggiate che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia.
Si osserva al riguardo che solo le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica e gas naturale per clienti domestici economicamente svantaggiati (cd. bonus sociali elettricità e gas, nel precedente elenco riportate ai punti 1, lett. a) e 2) sono riconosciute sulla base del valore ISEE.
Le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica ai clienti domestici in gravi condizioni di salute (cd. bonus disagio fisico, nel precedente elenco riportato al punto 1, lett. b) non presentano invece limiti reddituali ai fini dell’accesso, ma sono rivolte ai soggetti che si trovano in gravi condizioni di salute e che utilizzano apparecchiature elettromedicali indicate con decreto del Ministero della salute.
Si valuti l’opportunità di intervenire sul comma 1 per precisarne l’ambito applicativo, se riferito a tutti i bonus, o se riferito ai bonus riconosciuti sulla base del valore ISEE.
La relazione illustrativa fa chiaramente riferimento alle sole agevolazioni concesse per motivi economici, ossia alle famiglie economicamente svantaggiate, non tenendo in considerazione l’agevolazione per disagio fisico.
Il comma 2 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 6 del decreto-legge n. 21/2022, il quale ha esteso la platea dei beneficiari dei bonus sociali elettricità e gas, elevando da 8.265 euro a 12.000 euro il valore soglia dell’ISEE entro il quale è ammesso l’accesso ai bonus. Tale norma - considerato che il valore della dichiarazione ISEE ha valore annuale - si interpreta nel senso che, in caso di ottenimento di attestazione ISEE, l’eventuale intervenuto pagamento, nell’anno in corso - ma in data antecedente all’ottenimento dell’attestazione - di somme eccedenti quelle dovute sulla base dell’applicazione del bonus, è oggetto di automatica compensazione da effettuare nelle bollette immediatamente successive, ovvero qualora questa non sia possibile, di automatico rimborso. Nel caso in cui il pagamento non sia stato ancora effettuato, l’importo è rideterminato con applicazione del bonus.
Ai sensi dell’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (l. n. 157 del 2019. Cfr. infra, box ricostruttivo), il bonus sociale per il disagio economico riconosciuto sia per la bolletta del gas, che dell’energia elettrica è ancorato a limiti reddituali e necessita dell’ISEE. In via ordinaria, limiti di reddito per il bonus sociale sono i seguenti:
- il cittadino/nucleo familiare deve:
- appartenere ad un nucleo familiare con indicatore ISEE non superiore a 8.265 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare con almeno 4 figli a carico (famiglia numerosa) e indicatore ISEE non superiore a 20.000 euro, oppure
- appartenere ad un nucleo familiare titolare di reddito di cittadinanza o pensione di cittadinanza.
L’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 21/2022 (A.S. 2564), in corso di esame in prima lettura al Senato per la sua conversione in legge, ha esteso la platea dei beneficiari dei bonus sociali per l’energia elettrica ed il gas, elevando, per il periodo 1 aprile – 31 dicembre 2022, da 8.265 euro a 12.000 euro il valore soglia dell’ISEE per l’accesso delle famiglie economicamente svantaggiate ai bonus in questione.
L’articolo 1, comma 3, interviene su tale norma estendendo dunque tale elevazione a tutto l’anno 2022.
L’accesso al bonus per disagio fisico è invece valevole per la bolletta elettrica e non anche per quella del gas e non presenta limiti reddituali, ma è rivolto ai soggetti che si trovano in gravi condizioni di salute e che utilizzano apparecchiature elettromedicali di cui al Decreto del Ministero della Salute del 13 gennaio 2011.
Con i bonus, non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta. L'importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta elettrica suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda. Ogni bolletta riporta una parte del bonus proporzionale al periodo cui la bolletta fa riferimento. Il comma 2 dell’articolo 1 in esame interviene dunque implicitamente su tale previsione, disponendo che l’eventuale intervenuto pagamento, nell’anno in corso ma in data antecedente all’ottenimento dell’attestazione, di somme eccedenti quelle dovute sulla base dell’applicazione del bonus stesso, è oggetto di automatica compensazione da effettuare nelle bollette immediatamente successive, ovvero qualora questa non sia possibile, di automatico rimborso. Nel caso in cui il pagamento non sia stato ancora effettuato, l’importo è rideterminato con applicazione del bonus.
Integrazioni ai bonus per il settore elettrico e del gas sono state già autorizzate per il IV trimestre 2021, per il I trimestre 2022 e per il II trimestre 2022.In particolare, sono state disposte integrazioni ai bonus esistenti con i seguenti interventi:
§ l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 130/2021, ha provveduto per il IV trimestre 2021 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021). I bonus sono stati resi operativi con la Delibera attuativa ARERA 396/2021/R/Com.
Come chiarito dall’Autorità, l’ammontare dei bonus sociali integrativi si somma a quelli delle compensazioni già riconosciute ai clienti del settore elettrico e ai clienti diretti del settore gas in stato di disagio economico (di cui alle Tabelle 1 e 2 dell’Appendice 2 all’Allegato A alla deliberazione 63/2021/R/com) e ai clienti del settore elettrico in stato di disagio fisico (di cui alla Tabella 1 dell’Appendice 2 all’Allegato D alla deliberazione 63/2021/R/com);
§ l’articolo 1, comma 508, della legge di bilancio per l’anno 2022 (l. n. 234/2021) ha provveduto per il I trimestre 2022 (periodo di competenza delle fatturazioni compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2022). Per questo trimestre è intervenuta la Delibera attuativa ARERA 635/2021/R/Com. L'Autorità, nella audizione dell’8 febbraio 2022, ha rilevato che il potenziamento dei bonus, per il solo primo trimestre 2022, ha il fine di sostenere le famiglie in difficoltà con circa 600 euro, di cui 200 euro per l'elettricità (famiglia con 3-4 componenti) e 400 euro per il gas (famiglia fino a 4 componenti, con riscaldamento a gas in zona climatica D);
§ articolo 3 del decreto-legge n. 17/2022 (legge n. 34/2022) il quale ha disposto che le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale siano rideterminate dall'ARERA in modo da minimizzare gli incrementi della spesa per la fornitura, previsti per il II trimestre 2022, fino a concorrenza dell'importo di 400 milioni di euro (da trasferire alla CSEA):
Si riportano di seguito tre Tabelle, tratte dal sito istituzionale dell’Autorità, che riportano l’entità, per il I e il II trimestre 2022, del bonus per disagio economico nei due settori (elettricità e gas) e di quello per disagio fisico nel settore elettrico (per il settore del gas non il bonus disagio fisico non è previsto) per il I trimestre (sul sito ARERA non sono ancora pubblicati gli importi del II trimestre).
Gli importi sono inclusivi dei bonus straordinari integrativi previsti per l’anno in corso dalla legge di bilancio 2022 e dal decreto-legge n. 17/2022 (L. n. 34/2022).
Con i bonus, non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta.
Tabella 1: Bonus sociale elettrico per disagio economico nel I Trimestre 2022 (1° gennaio-31 marzo 2022) |
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Valori in vigore nel I trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
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Bonus ordinario (CCE) |
Esempio fatturazione mensile (30gg) |
|
Numerosità familiare 1-2 componenti |
165,60 |
55,20 |
Numerosità familiare 3-4 componenti |
200,70 |
66,90 |
Numerosità familiare oltre 4 componenti |
235,80 |
78,60 |
Tabella 1: Bonus sociale elettrico per disagio economico nel II Trimestre 2022 (1° aprile-30 giugno 2022) |
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Valori in vigore nel II trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
||
Bonus ordinario (CCE) |
Esempio fatturazione mensile (30gg) |
|
Numerosità familiare 1-2 componenti |
141, 05 |
46,50 |
Numerosità familiare 3-4 componenti |
170,17 |
56,10 |
Numerosità familiare oltre 4 componenti |
199,29 |
65,70 |
Tabella 2: Bonus sociale elettrico per disagio fisico nel I Trimestre 2022 |
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Valori in vigore nel I trim. 2022 €/trimestre/punto di prelievo |
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Extra consumo rispetto a utente tipo (2700/kWh/anno) |
Fasce di potenza |
Bonus disagio fisico ordinario (CCE + Bonus straordinari c.d. Compensazione integrativa temporanea - CCI) |
Esempio fatturazione mensile |
FASCIA MINIMA fino a 600 kWh/anno |
fino a 3 kW |
90,00 |
30,00 |
3,5 kW |
99,90 |
33,30 |
|
4,0 kW |
102,60 |
34,20 |
|
da 4,5 kW in su |
152,10 |
50,70 |
|
FASCIA MEDIA tra 600 e 1200 kWh/anno |
fino a 3 kW |
153,90 |
51,30 |
3,5 kW |
160,20 |
53,40 |
|
4,0 kW |
162,90 |
54,30 |
|
da 4,5 kW in su |
215,10 |
71,70 |
|
FASCIA MASSIMA oltre 1200 kWh/anno |
fino a 3 kW |
222,30 |
74,10 |
3,5 kW |
225,00 |
75,00 |
|
4,0 kW |
228,60 |
76,20 |
|
da 4,5 kW in su |
277,20 |
92,40 |
Come detto, in via ordinaria, l’importo del bonus viene scontato direttamente sulla bolletta elettrica suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda. Ogni bolletta riporta una parte del bonus proporzionale al periodo cui la bolletta fa riferimento.
Tabella 3: bonus gas per disagio economico nel I Trimestre 2022 |
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Valori in vigore nel I trimestre 2022 €/trimestre per punto di riconsegna[1] bonus ordinario (CCG) + compensazione integrativa temporanea prevista per il I trimestre 2022 (CCI) |
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Zona climatica |
|||||
A/B |
C |
D |
E |
F |
|
Famiglie fino a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
62,10 |
Riscaldamento |
143,10 |
210,60 |
315,90 |
431,10 |
508,50 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
205,20 |
272,70 |
378,00 |
493,20 |
571,50 |
Famiglie oltre a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
112,50 |
Riscaldamento |
192,60 |
290,70 |
440,10 |
602,10 |
704,70 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
304,20 |
402,30 |
552,60 |
714,60 |
816,30 |
Tabella 3: bonus gas per disagio economico nel II Trimestre 2022 |
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Valori in vigore nel II trimestre 2022 €/trimestre per punto di riconsegna[2] bonus ordinario (CCG) + compensazione integrativa temporanea prevista per il I trimestre 2022 (CCI) |
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Zona climatica |
|||||
A/B |
C |
D |
E |
F |
|
Famiglie fino a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
28,21 |
28,21 |
28,21 |
28,21 |
28,21 |
Riscaldamento |
9,10 |
13,65 |
20,02 |
26,39 |
70,07 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
19,11 |
28,21 |
44,59 |
50,05 |
99,19 |
Famiglie oltre a 4 componenti |
|||||
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura |
49,14 |
49,14 |
49,14 |
49,14 |
49,14 |
Riscaldamento |
11,83 |
19,11 |
27,30 |
36,40 |
98,28 |
Acqua calda sanitaria e/o Uso cottura + Riscaldamento |
36,40 |
50,05 |
71,89 |
81,09 |
146,51 |
I bonus attualmente vigenti sono diretti a contemperare il costo della bolletta energetica sostenuto da clienti finali domestici in condizione di disagio fisico o da clienti finali domestici in condizione di disagio economico. Non vengono corrisposte somme al beneficiario, ma gli importi del bonus vengono compensati nella bolletta.
L’accesso al bonus per disagio fisico è valevole per la bolletta elettrica e non anche per quella del gas e non presenta limiti reddituali, ma è rivolto ai soggetti che si trovano in gravi condizioni di salute e che utilizzano apparecchiature elettromedicali di cui al Decreto del Ministero della Salute del 13 gennaio 2011.
Il bonus per il disagio economico è invece ancorato a limiti reddituali e a tal fine necessita dell’ISEE (sulla cui determinazione incidono anche condizioni di invalidità ai sensi della normativa vigente, es. l. n. 104/1992). Il bonus sociale per disagio economico è riconosciuto sia per la bolletta del gas, che dell’energia elettrica.
La disciplina dei bonus sociali è contenuta nell'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), il quale ha affidato ad un decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. Sulla base di tale disposizione è stato adottato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, citato dall’articolo qui in esame.
Lo stesso decreto ha disciplinato anche i criteri per individuare i clienti aventi diritto alle tariffe agevolate per gravi condizione di salute[3].
A sua volta, l'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (l. n. 2 del 2009), citato anch’esso dall’articolo in esame, ha esteso il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007 anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.
Ai sensi della medesima disposizione - dal 1° gennaio 2009 - le famiglie economicamente svantaggiate aventi diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica hanno diritto anche alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.
L’articolo 5, comma 7, del decreto-legge 18 gennaio 2019, n. 4, ha accordato ai beneficiari del reddito o della pensione di cittadinanza le agevolazioni relative alle tariffe elettriche riconosciute alle famiglie economicamente svantaggiate e quelle relative alla compensazione per la fornitura di gas naturale, alle stesse applicabili.
Si ricorda che in base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (l. n. 157 del 2019), dal 1° gennaio 2021, i bonus sociali per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale a cittadini in condizioni di disagio economico [4], sono riconosciuti automaticamente a tutti i soggetti il cui indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità sia compreso entro i limiti stabiliti dalla legislazione vigente. La norma ha demandato all’ARERA di definire, con propri provvedimenti, le modalità applicative per l'erogazione delle compensazioni nonché, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le modalità di condivisione delle informazioni relative agli aventi diritto ai bonus tra il Sistema informativo integrato (Sii) e il Sistema di gestione delle agevolazioni sulle tariffe energetiche (Sgate) al fine di assicurare il pieno riconoscimento ai cittadini delle altre agevolazioni sociali previste. Ai sensi del comma 6 dell’articolo 57-bis l’ARERA ha stipulato un'apposita convenzione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) al fine di assicurare una capillare diffusione tra i cittadini delle informazioni concernenti i bonus sociali.
Le modalità operative per l’accesso ai bonus sono dettagliatamente illustrate da ARERA (si rinvia alle apposite pagine) e sul sito dell’ANCI.
L’articolo 2 incrementa alcuni crediti d’imposta concessi alle imprese del settore energetico con il decreto-legge n. 21 del 2022.
In particolare:
§ il comma 1 incrementa il credito d’imposta per l’acquisto del gas naturale alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa agevolabile sostenuta per l'acquisto del medesimo combustibile, consumato nel secondo trimestre solare dell'anno 2022;
§ il comma 2 incrementa ulteriormente il credito d'imposta, riconosciuto dal decreto legge n. 17 del 2022 e già elevato dal decreto-legge n. 21 del 2022, per le imprese a forte consumo di gas naturale (gasivore), portando dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici;
§ il comma 3 innalza il credito d’imposta concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, elevando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022.
Più in dettaglio, il comma 1 incrementa il credito d’imposta per l’acquisto del gas naturale alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa oggetto di beneficio sostenuta per l'acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell'anno 2022, come previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 17 del 2022.
Il richiamato articolo 4 introduce un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, per l'acquisto del gas naturale, da riconoscersi alle imprese diverse da quelle a forte consumo del gas medesimo (di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1° marzo 2022 n. 17), a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di tale prodotto.
Tale credito è stato inizialmente concesso dal menzionato decreto-legge n. 21 in misura pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell'anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019. La disposizione prevede, altresì, che tale credito d'imposta sia cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo. In caso di cessione del credito d'imposta, le imprese beneficiarie sono tenute a richiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti.
Si rinvia al dossier sul decreto-legge n. 21 del 2022 per ulteriori informazioni.
Il comma 2 incrementa ulteriormente il credito d'imposta, riconosciuto dal decreto legge n. 17 del 2022 e già elevato dal decreto-legge n. 21 del 2022, per le imprese a forte consumo di gas naturale (gasivore), portando dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, secondo la disciplina dell’articolo 5, comma 2 del richiamato decreto-legge n. 21 del 2022.
Le norme in esame valutano gli oneri derivanti dal comma 2 in 235,24 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi della norma generale di copertura del provvedimento in esame (per cui si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 58).
L'articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle imprese a forte consumo di gas naturale (cosiddette "gasivore") che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari al pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
L'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha incrementato dal 15 al 20 per cento la quota delle spese sostenute oggetto del contributo straordinario. Si rinvia al dossier sul decreto-legge n. 21 del 2022 per ulteriori informazioni.
Infine, il comma 3 innalza il credito d’imposta concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, elevando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022, di cui all’articolo 3, comma 1 del più volte richiamato decreto-legge n. 21 del 2022.
Le norme in esame valutano gli oneri derivanti dal comma 2 in 215,89 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi della norma generale di copertura del provvedimento in esame (per cui si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 58).
L’articolo 3 del richiamato provvedimento ha concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari originariamente al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022, qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento rispetto al medesimo trimestre del 2019.
Più in dettaglio il riconoscimento di tale contributo è subordinato alla condizione che il prezzo della componente energetica, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Si rinvia al dossier sul decreto-legge n. 21 del 2022 per ulteriori informazioni.
L’articolo 3 concede alle imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia, esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta; esso è pari al 28 per cento della spesa sostenuta, nel primo trimestre 2022, per l’acquisto del gasolio impiegato in veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati per l'esercizio delle predette attività di trasporto, al netto dell'imposta sul valore aggiunto e purché l’acquisto sia comprovato mediante le relative fatture.
Viene abrogato l’articolo 17 del decreto-legge n. 21 del 2022, che ha istituito un fondo di 500 milioni di euro per il 2022 da destinare al sostegno del settore dell’autotrasporto.
Più in dettaglio, il comma 1, all’esplicito fine di mitigare gli effetti economici derivanti dall'aumento eccezionale del prezzo del gasolio utilizzato come carburante, concede alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia e che esercitano le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate (in particolare, quelle indicate all’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), del Testo Unico delle Accise, D. Lgs. n. 504 del 1995 - TUA) un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta.
L’agevolazione spetta nella misura del 28 per cento della spesa sostenuta, nel primo trimestre dell'anno 2022, per l’acquisto del gasolio impiegato dai medesimi soggetti in veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati per l'esercizio delle predette attività di trasporto, al netto dell'imposta sul valore aggiunto e purché l’acquisto sia comprovato mediante le relative fatture.
Il richiamato articolo 24-ter del Testo Unico Accise prevede l’assoggettamento ad accisa agevolata del gasolio commerciale usato come carburante, nella misura sancita dal numero 4-bis della Tabella A allegata al Testo unico Accise (403,22 euro per mille litri), in virtù di specifici utilizzi.
Tra le ipotesi previste dalla legge, l’accisa agevolata spetta per il gasolio impiegato da veicoli utilizzati dal proprietario o in virtù di altro titolo che ne garantisca l'esclusiva disponibilità, allo scopo di svolgere attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate (comma 2, lettera a), richiamata nelle norme in esame) se esercitata da:
1) persone fisiche o giuridiche iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi;
2) persone fisiche o giuridiche munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito;
3) imprese stabilite in altri Stati membri dell'Unione europea, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina dell'Unione europea per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 1-bis, comma 2 del decreto-legge n. 21 del 2022 prevede che, in dipendenza delle riduzioni di accisa sul gasolio usato come carburante, operativa fino all’8 luglio 2022, fino a tale data non trovi applicazione l’aliquota di accisa agevolata sul gasolio commerciale usato come carburante, di cui al numero 4-bis della Tabella A del TUA.
Il comma 2 individua le modalità operative del credito d'imposta, che è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
Al credito di imposta non si applicano i limiti di utilizzabilità cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Al credito di imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
L’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha stabilito un limite massimo di crediti imposta compensabili ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2022, ai sensi dell’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) a 2 milioni di euro, confermando così per gli anni a venire l’importo indicato transitoriamente, per il 2021, dall’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis).
Entrambi i limiti (quello di ordine generale previsto dalla legge 388 del 2000 e quello relativo alle agevolazioni stabilito dalla legge 244 del 2007) non si applicano, quindi ai crediti di imposta previsti dalla norma in esame.
Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. 917 del 1986. Pertanto, non sono considerati ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito e non.
Il credito di imposta, inoltre, è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 3 prevede che le norme in esame si applichino nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato. Ai relativi adempimenti europei provvede il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
Ai sensi del comma 4, agli oneri derivanti dal riconoscimento del credito di imposta, valutati in 496.945.000 euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi della norma generale di copertura del provvedimento (articolo 58, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Il comma 5 abroga l’articolo 17 del decreto-legge n. 21 del 2022, che aveva istituito un fondo di 500 milioni di euro per il 2022 da destinare al sostegno del settore dell’autotrasporto.
Il richiamato articolo 17, per mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti, ha istituito il predetto Fondo nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con una dotazione di 500 milioni di euro per l’anno 2022, rinviando a un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per la definizione dei criteri di determinazione, delle modalità di assegnazione e delle procedure di erogazione delle risorse, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato. Per ulteriori approfondimenti sui finanziamenti al settore dell’autotrasporto si rinvia al relativo Tema, pubblicato sul portale di documentazione della Camera dei deputati.
Il comma 6 affida al Ministero dell’economia e delle finanze il monitoraggio delle fruizioni del credito d’imposta, affinché, in caso riscontri che l’attuazione della norma rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assuma tempestivamente le iniziative legislative che assicurino il rispetto degli equilibri di finanza pubblica (ai sensi dell’articolo 17, comma 13 della legge di contabilità, legge n. 196 del 2009).
Articolo 4
(Estensione al primo trimestre 2022 del credito di imposta in favore delle imprese a forte consumo di gas naturale)
L’articolo 4 prevede che alle imprese a forte consumo di gas naturale sia riconosciuto un credito di imposta in ragione del 10 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto di gas nel primo trimestre 2022 qualora il prezzo di riferimento del gas naturale riferito all’ultimo trimestre 2021 abbia subito un incremento superiore del 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferimento al medesimo trimestre del 2019.
L’articolo 4 introduce l’articolo aggiuntivo 15.1 nel testo del D.L. n. 17/2022, convertito con legge n. 34/2022, per prevedere un credito di imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto del gas naturale nel primo trimestre 2022.
In particolare, il comma 1 dell’articolo aggiuntivo prevede che alle imprese a forte consumo di gas naturale sia riconosciuto un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare del 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita all’ultimo trimestre 2021, dei prezzi di riferimento del Mercato infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferimento al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Sulla base dei dati di sintesi del GME, il prezzo medio in €/MWh sul MI-GAS è stato pari a 14,59€/MWh nel IV° trimestre 2019 e a 98,17€/MWh nel IV° trimestre 2021.
Il successivo comma 2 dell’articolo aggiuntivo precisa l’ambito soggettivo di applicazione, prevedendo che, per accedere al credito di imposta riconosciuto al comma 1, le imprese debbano operare in uno dei settori, classificati per codice ATECO, di cui all'allegato 1 al decreto del Ministro della transizione ecologica 21 dicembre 2021, n. 541.
Il citato decreto stabilisce i criteri per l’individuazione delle imprese a forte consumo di gas naturale a cui sono applicabili in forma ridotta gli oneri generali del sistema del gas da corrispondere in tariffa.
Inoltre, stabilisce che, ai fini dell’accesso al credito di imposta, le imprese debbano aver consumato, nel primo trimestre solare del 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore a 0,25 GWh (ovvero 23.645,5 Smc, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Smc), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici.
Il dato si ricava applicando la misura del 25 per cento (ossia un quarto, corrispondente quindi ad un trimestre) al quantitativo annuale di consumo di gas indicato dal decreto n. 541/2021, pari a 1 Gwh (ossia 94.582 Smc/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Smc), per individuare le imprese a forte consumo di gas naturale a cui è riconosciuta una riduzione degli oneri generali del sistema del gas.
Il comma 3 dell’articolo aggiuntivo stabilisce le caratteristiche del credito di imposta prevedendo che sia utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro il 31 dicembre 2022.
Il citato articolo 17 stabilisce che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. La compensazione, sempre secondo il citato articolo 17, deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.
Al credito di imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
L’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
L’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha previsto un limite massimo di crediti imposta compensabili ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), che ha confermato così per gli anni a venire l’importo indicato transitoriamente, per il 2021, dall’articolo 22 del decreto-legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis).
Entrambi i limiti (quello di ordine generale previsto dalla legge 388 del 2000 e quello relativo alle agevolazioni stabilito dalla legge 244 del 2007) non si applicano, quindi, ai crediti di imposta previsti dalla norma in esame.
Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. 917 del 1986. Pertanto, non è considerato ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito e non.
L’articolo 61 del TUIR prevede che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa siano deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Pertanto, gli interessi passivi dei soggetti IRPEF imprenditori sono deducibili pro rata, nella stessa misura in cui i ricavi e proventi dell’impresa sono imponibili.
In base all’articolo 109, comma 5, i componenti negativi diversi dagli interessi passivi e gli oneri fiscali o contributivi sono deducibili ai fini dell’IRES se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e non, essi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Pertanto, nei casi previsti agli articoli 61 e 109 del TUIR, il credito di imposta previsto all’articolo 3 non concorre a formare l’ammontare dei ricavi e proventi complessivi da imputare al denominatore, il cui aumento determinerebbe una riduzione della parte deducibile degli interessi passivi per i soggetti IRPEF e, per i soggetti IRES, di altre componenti negative indistintamente riferite a beni o attività produttivi di proventi computabili e non computabili ai fini delle imposte sui redditi.
Il credito di imposta, inoltre, è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 4 dell’articolo aggiuntivo prevede che il credito di imposta sia cedibile fino a tre volte, ma solo per intero e che la seconda e la terza cessione possano essere fatte solo a favore di banche, intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario o imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia. Si applica a tali cessioni l’articolo 122-bis, comma 4, del D.L. 34 del 2020, in base al quale i soggetti obbligati al rispetto del D. Lgs. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio (in particolare, gli intermediari finanziari), non devono procedere all’acquisizione di un credito d’imposta in caso di operazione sospetta o qualora sia impossibile effettuare l’adeguata verifica della clientela. I contratti di cessione conclusi in violazione di tali disposizioni sono nulli.
Il medesimo comma 4 prevede, inoltre, che, in caso di cessione del credito di imposta, le imprese beneficiarie richiedano il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto al credito, che può essere rilasciato dai centri di assistenza fiscale, dagli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro o da soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria.
Si precisa, inoltre, che il cessionario può utilizzare il credito di imposta con le medesime modalità con cui sarebbe utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro il 31 dicembre 2022.
Il comma 4 rinvia poi ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità attuative delle disposizioni relative alle cessioni e alla tracciabilità del credito e prevede che queste siano effettuate in via telematica, anche avvalendosi di soggetti che possono essere incaricati della presentazione delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, ossia:
§ iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
§ iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
§ associazioni sindacali di categoria tra imprenditori o che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
§ centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
§ altri soggetti individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
L’ultimo periodo del comma 4 prevede l’applicazione ai crediti di imposta delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis del D.L. n. 34/2020, che prevedono la eventuale sospensione, per un periodo non superiore a trenta giorni, degli effetti delle comunicazioni delle cessioni che presentano profili di rischio, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui all’articolo 121, commi da 4 a 6, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, relative ai poteri di controllo e di recupero degli importi non spettanti in capo all’Agenzia delle entrate.
L’articolo 122-bis prevede che l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, possa sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni che presentano profili di rischio in merito alla loro regolarità, ai fini del relativo controllo preventivo.
L’articolo 121, comma 4, prevede che si applichino le norme sulle attribuzioni e i poteri conferiti all’Agenzia delle Entrate dal D.P.R. n. 600 del 1973. Il successivo comma 5 stabilisce che, nel caso risultino non sussistere i requisiti per beneficiare dell’agevolazione, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato degli interessi (stabiliti nella misura del 4 per cento annua dall’art. 20 del D.P.R. 602 del 1973) e della sanzione amministrativa (stabilita dall’art. 13 del D.lgs. n. 471 del 1997 nella misura del 30 per cento nel caso di credito non spettante o dal 100 al 200 per cento nel caso di credito inesistente).
Il comma 5 dell’articolo aggiuntivo affida al Ministero dell’economia e delle finanze il monitoraggio delle fruizioni del credito d’imposta, affinché, in caso riscontri che l’attuazione della norma rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assuma tempestivamente le iniziative legislative che assicurino il rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che agli oneri derivanti dal riconoscimento del credito di imposta, valutati in 427,10 milioni di euro per il 2022, si provveda ai sensi dell’articolo 58, alla cui scheda si rinvia.
L’articolo 5 del D.L. n. 17/2022 aveva già previsto il riconoscimento di un credito di imposta pari al 15 per cento della spesa sostenuta nel secondo trimestre del 2022 dalle imprese a forte consumo di gas naturale, come individuate ai sensi del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, n. 541. L’aliquota del 15 per cento è stata poi elevata al 20 per cento dal D.L. n. 21/2022. Condizione per l’accesso a tale agevolazione è che il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019.
Il D.L. n. 50/2022, quindi, prevede un’analoga agevolazione fiscale in relazione alla spesa sostenuta nel primo trimestre 2022, con alcune differenze:
§ il credito di imposta è riconosciuto nella misura del 10, anziché del 20 per cento;
§ l’aumento significativo di prezzo, precondizione al riconoscimento del credito di imposta, si riferisce al prezzo di riferimento, calcolato come media, riferita all’ultimo trimestre del 2021, rispetto al medesimo periodo riferito al 2019, anziché al primo trimestre del 2022, rispetto al medesimo periodo del 2019;
§ accedono al beneficio tutte le imprese, operanti nei medesimi settori indicati dal decreto 21 dicembre 2021, n. 541, che abbiano consumato un quantitativo di gas naturale di almeno 0,25 Gwh nel primo trimestre 2022, anziché le imprese operanti nei medesimi settori che abbiano consumato un quantitativo di gas naturale pari almeno a 1GWh negli anni 2018-2020 e che abbiano registrato nei medesimi anni un VAL (valore medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato, al netto di eventuali imposte indirette e degli eventuali sussidi) e un’intensità gasivora rispetto al VAL positivi, come invece, richiesto (salvo che per le imprese di recente costituzione), dal citato decreto n. 541/2021 per l’accesso alle agevolazioni ivi previste sull’imputazione degli oneri generali del sistema gas.
Articolo 5
(Disposizioni per la realizzazione di nuova capacità
di rigassificazione)
L’articolo 5 definisce i rigassificatori come “interventi di pubblica utilità indifferibili e urgenti” e definisce le regole per la realizzazione di nuovi impianti – compresi quelli galleggianti, e delle connesse infrastrutture, prevedendo una priorità per le valutazioni ambientali e le procedure autorizzative e disponendo la nomina – allo scopo – di un commissario straordinario del Governo.
L’articolo 5 interviene in materia di rigassificatori galleggianti, nell’ambito delle misure volte a diversificare le fonti di approvvigionamento di gas ai fini della sicurezza energetica nazionale, fermo restando il programma di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale.
La promozione dei rigassificatori deriva dalle note difficoltà di approvvigionamento del gas russo, attualmente pari a circa 29 miliardi di metri cubi. I terminali di rigassificazione accolgono il gas trasportato allo stato liquido, attraverso navi, e lo trasformano allo stato gassoso. Dopo questa attività di rigassificazione, il gas naturale può essere immesso direttamente nella rete di trasporto.
Nella seduta del 3 maggio 2022 dell’Assemblea della Camera, il Ministro Cingolani ha riferito che la strategia governativa prevede di arrivare già nel 2025 ad un approvvigionamento di gas alternativo per un ammontare di 25 miliardi di metri cubi da operatori diversi rispetto alla Russia.
I nuovi contratti di differenziazione delle forniture di gas provenienti dall’Algeria, mediante l’incremento di importazione tramite la TAP e l’aumento della produzione nazionale dovrebbero portare a circa 12 miliardi di metri cubi nel 2025. A questo ammontare, va aggiunto quello delle importazioni di GNL con nuovi contratti, che dovrebbero giungere alla soglia di circa 13 miliardi di metri cubi sempre nel 2025.
Nella medesima seduta, il Ministro Cingolani ha illustrato in modo dettagliato la politica per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di gas, basata su una serie articolata di misure, che vanno dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento alla riduzione della domanda.
Mentre su quest’ultimo fronte la situazione è più semplice, dovendosi pensare allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alla riduzione dei consumi mediante il contingentamento della domanda e l’accelerazione dell’efficientamento energetico, sul primo versante, il Ministro ha dichiarato che il Governo sta intervenendo tramite: nuove forniture di GNL accompagnate da infrastrutture di rigassificazione non permanenti (galleggianti); nuove forniture via gasdotto, sfruttando al massimo i gasdotti esistenti da Sud; incremento della produzione nazionale, raggiungendo 1,5-2 miliardi di metri cubi di produzione.
Per quanto riguarda in particolare il GNL (gas liquido) e i rigassificatori, il Ministro ha ricordato l’incremento previsto dell’importazione di GNL, con una ampia campagna che coinvolge Qatar, Angola, Nigeria e Mozambico; nove infrastrutture nazionali galleggianti di rigassificazione, che saranno galleggianti, non stabili, per circa 12 o 15 miliardi di metri cubi; la massimizzazione dell’utilizzo dei terminali GNL già a disposizione (Panigaglia, Livorno e Rovigo), che, normalmente, vengono usati al 60 per cento, con circa 5 o 6 miliardi in più di metri cubi di produzione.
Scendendo ulteriormente nel dettaglio dei rigassificatori galleggianti, il Ministro ha ritenuto “di fondamentale importanza che il primo rigassificatore galleggiante entri in funzione entro l’inizio del 2023” per poter sostituire la parte di gas allo stato gassoso che probabilmente verrà a mancare. Il secondo rigassificatore galleggiante “dovrebbe essere messo in funzione entro la fine del 2023, o al massimo all’inizio del 2024”.
In questo quadro, l’articolo in esame, al comma 1 dichiara che le opere finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione, da allacciare alla rete di trasporto esistente alla data di emanazione del presente decreto, incluse le connesse infrastrutture, costituiscono interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.
Per la realizzazione delle opere e delle infrastrutture connesse, saranno nominati uno o più Commissari straordinari di Governo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Al Commissario o ai Commissari non saranno corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti, comunque denominati.
Il Commissario o i Commissari si avvalgono delle amministrazioni centrali e territoriali competenti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si ricorda che l’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri”) prevede che alla nomina dei Commissari straordinari di Governo si proceda con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Il comma 2 dispone che l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio delle opere e le connesse infrastrutture prevista dall’articolo 46 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (l. n. 222 del 2007), sia rilasciata dal Commissario a seguito di procedimento unico, da concludersi entro centoventi giorni dalla data di ricezione dell’istanza prevista dal successivo comma 5.
L’articolo 46 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, reca disposizioni sulle procedure di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, in particolare, si fa ricorso all'autorizzazione unica, rilasciata in esito ad un "procedimento unico", con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché d'intesa con la regione interessata.
L’autorizzazione unica sostituisce ogni autorizzazione, concessione o atto di assenso comunque denominato, ivi compresi la concessione demaniale e il permesso di costruire. L'intesa con la Regione costituisce variazione degli strumenti urbanistici vigenti o degli strumenti di pianificazione e di coordinamento comunque denominati o sopraordinati alla strumentazione vigente in ambito comunale.
Tuttavia, per il rilascio dell'autorizzazione, ai fini della verifica della conformità urbanistica dell'opera, resta obbligatorio richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadono le opere da realizzare.
Infine, viene espressamente previsto che l'autorizzazione venga emanata previa valutazione di impatto ambientale.
L’articolo 46 appena citato introduce una deroga alla disposizione generale del Codice dell’ambiente (art. 5, comma 1, lett. o) del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”), secondo cui il provvedimento dell'autorità competente che conclude la fase di valutazione del processo di VIA "è un provvedimento obbligatorio e vincolante che sostituisce o coordina, tutte le autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale ".
Il comma 3 prevede l’esenzione dalla VIA per le opere e le infrastrutture connesse di cui al comma 1, previa comunicazione alla Commissione europea.
Viene infatti disposto che, previa la citata comunicazione, si applica l’esenzione prevista dall’art. 6, comma 11, del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).
Il comma 11 citato (come riscritto dall'art. 3, comma 1, lett. h), del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, di recepimento della direttiva 2014/52/UE) dispone che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora della transizione ecologica) può, in casi eccezionali (previo parere del Ministro della cultura), esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalla disciplina della VIA (recata dal titolo III della parte seconda del Codice), qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalità del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro della transizione ecologica:
a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
c) informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite.
Si fa notare che la citata facoltà è espressamente contemplata nell’art. 1 della direttiva 2014/52/UE, recepita con il succitato D.Lgs. 104/2017.
La Corte costituzionale (sentenza 19 giugno 2018, n. 198) ha ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata in via diretta, proprio perché la facoltà è prevista dalla normativa europea e – sotto il profilo della competenza – ritenendo giustificato porre in capo al vertice dell’amministrazione centrale “la scelta di derogare ai livelli di tutela ambientale”, rimettendo allo Stato “la responsabilità politico-amministrativa di esonerare specifici progetti di fronte alla Commissione europea”. Ciò anche in ragione della “necessaria uniformità della protezione ambientale”, evitando un esiziale frazionamento delle esigenze di tutela.
Ai sensi del comma 4, le amministrazioni interessate nelle procedure autorizzative, incluso il rilascio della concessione demaniale marittima, delle opere e delle infrastrutture connesse, attribuiscono ad esse priorità e urgenza negli adempimenti e nelle valutazioni di propria competenza, anche ai fini del rispetto del termine di cui al comma 2 (120 giorni dalla ricezione dell’istanza).
L’autorizzazione di cui al comma 2 tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative.
Questa ultima previsione mantiene fermo quanto previsto da due disposizioni dell’articolo 46 del decreto-legge n. 159 del 2007. In particolare, sono richiamati:
· il comma 1, terzo periodo, dell’articolo 46, in base al quale l'autorizzazione sostituisce ogni autorizzazione, concessione o atto di assenso comunque denominato, compresi la concessione demaniale e il permesso di costruire, fatti salvi la successiva adozione e l'aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative da parte dei competenti organi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
· il comma 2, primo periodo del medesimo articolo 46, in base al quale l'autorizzazione sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi - fatti salvi gli adempimenti previsti dalle norme di sicurezza - ogni altra autorizzazione, concessione, approvazione, parere e nulla osta comunque denominati necessari alla realizzazione e all'esercizio dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e delle opere connesse o all'aumento della capacità dei terminali esistenti.
Con una dizione ancora più ampia, il comma in esame continua precisando che l’autorizzazione tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni per la localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative e assorbe anche altri atti. In particolare vengono citati:
· l’autorizzazione di cui all’articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che riguarda la movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte, soggetta ad autorizzazione regionale.
· eventuali atti di assenso ai fini della realizzabilità dell’opera all’interno di siti contaminati;
· ogni eventuale ulteriore autorizzazione comunque denominata richiesta ai fini della realizzabilità dell’opera ivi incluse:
- quelle ai fini antincendio ai sensi del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (“Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”);
- la verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. L’articolo 25 impone alle stazioni appaltanti di raccogliere e trasmettere documentazione in materia archeologica, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari;
- ove necessario, la concessione demaniale, fatta salva la successiva adozione e aggiornamento delle relative condizioni economiche e tecnico-operative.
L’autorizzazione ha altresì effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti, nonché di approvazione della variante al piano regolatore portuale, ove necessaria.
La variante urbanistica, conseguente all’autorizzazione, comporta l’assoggettamento dell’area a vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.
L’articolo 10 – qualora la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non sia prevista dal piano urbanistico generale – consente, su richiesta dell’interessato o dell’amministrazione competente, di costituire un vincolo preordinato all'esproprio mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.
Il comma prosegue precisando che le comunicazioni agli interessati di cui all’articolo 14, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si parla della comunicazione dell’avvio della conferenza di servizi) tengono luogo della fase partecipativa di cui all’articolo 11 del citato del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, che impone di inviare un avviso in merito al progetto di variante del piano regolatore al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio.
A loro volta, gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera.
Nonostante l’ampio tenore del comma 4, non viene menzionata la valutazione di impatto sanitario, che - in base all'art. 23, comma 2, del medesimo decreto n. 152/2006 - il proponente è tenuto a trasmettere seguendo le linee guida adottate con decreto del Ministero della salute del 27 marzo 2019.
In base al comma 5, entro il termine di 30 giorni dalla nomina del Commissario di Governo, i soggetti interessati alla realizzazione delle opere e delle connesse infrastrutture presentano la relativa istanza di autorizzazione al medesimo Commissario, corredata, ove necessario, dalla soluzione tecnica di collegamento dell’impianto alla rete nazionale di trasporto del gas naturale, da un cronoprogramma di realizzazione ed entrata in esercizio dell’impianto, nonché da una descrizione delle condizioni di approvvigionamento del gas.
Il comma 6 dispone che il Commissario comunichi alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero della transizione ecologica e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili le istanze di autorizzazione entro cinque giorni dalla presentazione e i progetti autorizzati entro cinque giorni dal rilascio dell’autorizzazione.
Qualora l’ubicazione individuata per l’installazione delle unità galleggianti sia un sito militare, il comma 7 prescrive che per l’autorizzazione all’installazione degli impianti e delle connesse infrastrutture si applicano le disposizioni di cui all’articolo 358 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che esclude l’applicabilità della disciplina di valutazione ambientale per i programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o coperti dal segreto di Stato.
Al fine di limitare il rischio sopportato dalle imprese di rigassificazione che gestiscono le opere e le infrastrutture di cui al comma 1, è istituito, dal comma 8, un Fondo con una dotazione di 30 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2043.
Il Fondo è finalizzato in sostanza alla remunerazione investimenti sostenuti dalle imprese in questione, essendo, per espressa previsione del comma, destinato a:
· coprire la quota dei ricavi per il servizio di rigassificazione, inclusivi del costo d’acquisto e/o realizzazione dei nuovi impianti, prioritariamente per la quota eccedente l’applicazione del fattore di copertura dei ricavi (già) riconosciuta dalla vigente regolazione tariffaria dell’ARERA (Delibera 474/2019/R/gas)
La Delibera 19 novembre 2019 474/2019/R/gas stabilisce i criteri di regolazione tariffaria del servizio di rigassificazione del gas naturale liquefatto per il quinto periodo di regolazione (2020-2023). I criteri si applicano, in termini generali, anche ai terminali cui sia stata riconosciuta un’esenzione, per l’eventuale quota parte di capacità in regime regolato. Per tali terminali, l’Autorità provvede alla determinazione dei ricavi di riferimento e dei corrispettivi tariffari unitari sulla base dei medesimi criteri previsti per la generalità dei terminali di rigassificazione. I criteri di regolazione tariffaria si applicano inoltre ai depositi di stoccaggio del GNL considerati strategici ai sensi dell’articolo 9 del D.lgs. n. 257/16 e dotati di impianti funzionali al processo di rigassificazione che consentono l’immissione di gas naturale nella rete di trasporto. Le unità galleggianti di rigassificazione sono assimilate ai terminali di GNL purché siano in grado di immettere gas nella rete nazionale di gasdotti per almeno 320 giorni all’anno.
· l’importo residuo del Fondo è destinato a contribuire alla copertura dei ricavi riconosciuti al servizio di rigassificazione della vigente regolazione tariffaria, a beneficio di utenti e consumatori.
I criteri di accesso e le modalità di impiego del Fondo sono definiti con decreto del Ministero dell’economia e finanze, sentita ARERA, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.
Anticipando l’illustrazione del comma 14, ai fini della copertura degli oneri di cui al comma 8 si provvede:
· quanto a 30 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 ai sensi dell’articolo 58 del provvedimento, cui si rinvia;
· quanto a 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2043 mediante corrispondente riduzione del Fondo interventi strutturali di politica economica;
· quanto a 15 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2043 mediante corrispondente riduzione del Fondo esigente indifferibili.
Il comma 9 prevede una ulteriore clausola di accelerazione delle opere. Infatti – per quanto non espressamente disciplinato dall’articolo in esame, qualora trovi applicazione il codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50/2016 - – la disposizione stabilisce che, per l'affidamento delle attività necessarie alla realizzazione delle opere e delle infrastrutture connesse, il Commissario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto:
· delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;
· dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, sugli appalti pubblici e le procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali;
· dei principi di cui agli articoli 30 (“Principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni”), 34 (“Criteri di sostenibilità energetica e ambientale”) e 42 (“Conflitto di interesse”) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e delle disposizioni in materia di subappalto.
Il comma 10 prevede che in ogni caso, in considerazione della necessità di realizzare con urgenza le opere e le connesse infrastrutture, nell’ambito delle relative procedure di affidamento:
a) è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l’esecuzione del contratto in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, che prevede tale facoltà, nelle more della verifica dei requisiti di esclusione di cui all’articolo 80 del medesimo decreto legislativo, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura;
b) si applicano le previsioni di cui all’articolo 3, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (l. n. 120 del 2020), sulle verifiche antimafia e protocolli di legalità fino al 30 giugno 2023, prevedendo che ricorre sempre il caso d'urgenza per cui i lavori procedono anche in assenza dell'informazione antimafia mediante il rilascio della informativa liberatoria provvisoria;
c) non si applicano le previsioni di cui all’articolo 22 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che prevede l'istituto del dibattito pubblico sui progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio;
d) le stazioni appaltanti possono prevedere, a pena di esclusione dalla procedura, l’obbligo per l’operatore economico di procedere alla visita dei luoghi, nonché alla consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati ai sensi e per gli effetti dell’articolo 79, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 esclusivamente laddove detto adempimento sia strettamente indispensabile in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell'appalto da affidare. Il comma richiamato riguarda i casi in cui le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara e relativi allegati;
e) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza previsti dagli articoli 60, comma 3 (procedura aperta), 61, comma 6 (procedura ristretta), 62, comma 5 (procedura competitiva con negoziazione), 74, commi 2 e 3 (disponibilità elettronica dei documenti di gara), del decreto legislativo n. 50 del 2016, nonché i termini ridotti ovvero i termini minimi previsti, per i settori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica), come previsto dagli articoli 122 e 124 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016;
f) nelle ipotesi previste dall'articolo 79, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (proroga dei termini per la ricezione delle offerte in caso di modifica delle condizioni) la proroga dei termini per la presentazione delle offerte non può superare sette giorni;
g) il termine massimo previsto dall'articolo 83, comma 9, secondo periodo, del decreto legislativo n. 50 del 2016 è ridotto a cinque giorni (procedura di soccorso istruttorio in caso di carenze delle domande). In ogni caso, è esclusa la possibilità di esperire la procedura del soccorso istruttorio con riguardo alle mancanze, alle incompletezze e ad ogni altra irregolarità essenziale degli elementi rilevanti ai fini della valutazione dell'offerta;
h) in caso di presentazione di offerte anormalmente basse, il termine previsto dall'articolo 97, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016 per la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni del basso livello di prezzi o di costi proposti non può essere superiore a sette giorni.
Il comma 11, sempre a fini semplificatori e acceleratori, prevede che le stazioni appaltanti possono altresì ricorrere alla procedura di cui all'articolo 63 (uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara) del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125 (uso della procedura negoziata senza previa indizione di gara), per i settori speciali, nella misura strettamente necessaria, quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili, non imputabili alla stazione appaltante, ivi comprese quelle derivanti dalla grave crisi internazionale in atto in Ucraina, l'applicazione dei termini, anche abbreviati, previsti per le procedure ordinarie può compromettere la realizzazione degli obiettivi di cui al primo comma. Le disposizioni richiamate consentono in via eccezionale di non ricorrere alla gara in varie ipotesi, tra cui quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati.
In ogni caso, sia pure al solo scopo di assicurare la trasparenza, le stazioni appaltanti danno evidenza dell'avvio delle procedure negoziate mediante i rispettivi siti internet istituzionali.
Il comma 12 dispone che ai giudizi che riguardano le impugnazioni degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui ai commi 10, 11 e 12 si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che prevede criteri specifici nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi, ad esempio nei provvedimenti cautelari si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e della comparazione tra la irreparabilità del pregiudizio comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.
Il comma 13, infine, dispone che le opere e le connesse infrastrutture autorizzate siano identificate dal Codice Unico di progetto (CUP) che deve essere riportato all’atto dell’autorizzazione. Il monitoraggio del loro avanzamento finanziario, fisico e procedurale è svolto dalle stazioni appaltanti titolari delle opere attraverso il sistema di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche disciplinato dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificandole come “Opere di rigassificazione”.
L’articolo 6 introduce norme di ulteriore semplificazione dei procedimenti di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nelle aree idonee, intervenendo anche sui procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge, come dispone in linea generale l’articolo 57, comma 1 (salva l’eccezione prevista dallo stesso articolo 57, comma 2, descritto più avanti).
Il comma 1 dell’articolo 6 modifica la procedura di individuazione delle aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, attribuendo al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri funzioni di impulso, anche ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo statale, relativamente all’individuazione da parte delle Regioni, con proprie leggi, delle aree idonee.
Lo stesso comma 1 inserisce nell’elenco delle aree considerate idonee ope legis, nelle more del procedimento di individuazione delle stesse, le aree non ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici, né ricadenti nella fascia di rispetto dei beni culturali tutelati. La fascia di rispetto è determinata:
§ nel caso di impianti eolici, considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri;
§ per gli impianti fotovoltaici, considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di un chilometro.
Ai sensi del già menzionato articolo 57, comma 2, questa disposizione si applica ai procedimenti nei quali, al 31 luglio 2022, non sia intervenuta la deliberazione del Consiglio dei ministri che, in via sostitutiva, dispone in ordine alla VIA di competenza statale.
Ancora il comma 1 dell’articolo 6 integra l’articolo 22 del decreto legislativo n. 199/2021, relativo alle procedure autorizzative specifiche per le aree idonee (parere del Ministero della cultura obbligatorio e non vincolante anche in caso di VIA e termini ordinari ridotti di un terzo) al fine di estenderle anche - ove ricadenti su aree idonee - alle infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e a quelle necessarie per lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, qualora strettamente funzionale all’incremento dell’energia producibile da fonti rinnovabili.
Infine, ai sensi del comma 2 dell’articolo 6, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, la competente Direzione generale del Ministero della cultura stabilisce, con proprio atto, criteri uniformi di valutazione dei progetti di impianti di energia da fonti rinnovabili, idonei a facilitare la conclusione dei procedimenti, assicurando che la motivazione delle eventuali valutazioni negative dia adeguata evidenza della sussistenza di stringenti, comprovate e puntuali esigenze di tutela degli interessi culturali o paesaggistici, nel rispetto della specificità delle caratteristiche dei diversi territori.
L’articolo 6, comma 1, lett. a), n. 1, modifica il comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale dispone che le Regioni individuino, con proprie leggi, le aree idonee, conformemente ai criteri prefissati con decreti interministeriali, entro 180 giorni dall’adozione degli stessi decreti e che, in caso di inerzia, o ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti dai decreti, interviene lo Stato, in via sostitutiva.
La lettera a), n. 1 aggiunge la previsione che il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri eserciti funzioni di impulso, anche ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo statale.
La lettera a), n. 2 interviene sul comma 8 dell’articolo 20, nel quale è contenuto un elenco di siti e di aree che, nelle more del procedimento di individuazione delle aree idonee, sono considerate ope legis idonee.
La lettera b) inserisce a tal elenco un ulteriore voce (nuova lettera c-bis)). Sono idonee le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici (decreto legislativo n. 42/2004), né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della Parte II oppure dell’articolo 136 del medesimo Codice (aree e immobili di notevole interesse pubblico).
Per fascia di rispetto si intende:
§ nel caso di impianti eolici, considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri;
§ per gli impianti fotovoltaici, considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di un chilometro.
Ai sensi dell’articolo 57, comma 2, la predetta disposizione si applica ai procedimenti nei quali, al 31 luglio 2022, non sia intervenuta la deliberazione del Consiglio dei ministri che, in via sostitutiva, dispone in ordine alla VIA di competenza statale, per la quale si rinvia all’articolo 7, comma 1, del provvedimento in esame[5]. Anche l’articolo 7 si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Resta in ogni caso ferma la norma di portata generale – come espressamente dispone lettera a), n. 2 - l’applicazione dell’articolo 30 del decreto-legge n. 77/2021 (legge n. 108/2021), relativo agli interventi di costruzione di impianti a fonti rinnovabili realizzati in aree contermini, nell’ambito del cui procedimento autorizzatorio (qualora sia richiesta l’autorizzazione unica) il Ministero della cultura si esprime con parere obbligatorio e non vincolante. L’articolo 30 è una.
Si rammenta che l’individuazione di un’area come idonea ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021 fa sì che si applichi il regime previsto dall’articolo 22, comma 1 del medesimo decreto (rubricato “procedure autorizzative specifiche per le aree idonee”), ai sensi del quale:
§ nei procedimenti di autorizzazione - ivi inclusi quelli per l’autorizzazione di valutazione di impatto ambientale (VIA) [6]- l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante; dunque, decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere, l'amministrazione competente provvede comunque (lett. a));
§ i termini delle procedure autorizzative sono ridotti di un terzo (lett. b)).
Il comma 1, lettera b) dell’articolo 6 qui in esame integra tali previsioni, inserendo un nuovo comma 1-bis nel citato articolo 20 del decreto legislativo n. 199/2021.
Il nuovo comma 1-bis dispone che la disciplina speciale appena descritta si applica anche, ove ricadenti su aree idonee, alle infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e a quelle necessarie per lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, qualora strettamente funzionale all’incremento dell’energia producibile da fonti rinnovabili.
L’articolo 136, comma 1, lettere a) - c), del Codice dei bei culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004), individua come aree e immobili di notevole interesse pubblico: le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali (lettera a)); le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del codice (relativa ai beni culturali), che si distinguono per la loro non comune bellezza (lettera b)); i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (lettera c)).
Tali beni sono dichiarati di notevole interesse pubblico in base ad un procedimento disciplinato dai successivi articoli da 138 a 141 del codice stesso.
Con riferimento alla disciplina attualmente vigente, si rammenta che l’articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 17/2022 (legge n. 34/2021) esclude la subordinazione all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati l’installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi comprese strutture, manufatti e edifici già esistenti all'interno dei comprensori sciistici e la realizzazione di tutte le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, nonché nelle relative pertinenze, compresi eventuali potenziamenti e/o adeguamenti della rete esterni alle aree dei predetti edifici.
Fanno eccezione gli impianti installati in aree o immobili individuati mediante apposito provvedimento amministrativo come di notevole interesse pubblico (ai sensi dell’articolo 136, lett. a) e b) e 138-141 del Codice dei beni culturali e paesaggistici). In presenza dei vincoli di cui al periodo precedente, la realizzazione dei medesimi interventi è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente, ai sensi del codice dei beni culturali e paesaggistici. Il regime di edilizia libera si applica comunque anche in presenza di vincoli ai sensi dell'art. 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice (immobili di pregio e nuclei storici), ai soli fini dell’installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
Quanto sopra disposto viene introdotto facendo salvo quanto previsto alle lettere da a) a c) del comma 8 dell’articolo 20.
Il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, prevede - all’articolo 20 - la delimitazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili. Ai fini della delimitazione l’articolo 20 prevede che:
§ con decreto interministeriale (decreto del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata), da adottare entro il 13 giugno 2022, verranno fissati i principi e criteri generali, e la ripartizione della potenza installata tra regioni e province autonome (comma 1 - 3).
A tale proposito, con il decreto-legge n. 17/2022 (articolo 12, comma 02) le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, sono state incluse tra quelle il cui utilizzo debba essere privilegiato ai fini dello sfruttamento con impianti a fonte rinnovabile (novella al comma 3 dell’articolo 20).
§ entro i successivi 180 giorni dall’entrata in vigore dei decreti interministeriali attuativi, conformemente a questi ultimi, le Regioni dovranno individuare, con proprie leggi, le aree idonee, anche con il supporto della piattaforma digitale prevista all’uopo[7]. Nel caso di mancata adozione della legge, ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti dai decreti ministeriali, interviene lo Stato, in via sostitutiva[8] (comma 4).
Nelle more dell'individuazione delle aree idonee, sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti con decreto ministeriale, sono considerate aree idonee (comma 8):
§ i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale (lett. a));
§ le aree dei siti oggetto di bonifica ai sensi del codice dell’ambiente (Titolo V, Parte IV, decreto legislativo n. 152/2006) (lett.b)),
§ le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale (lett. c))
§ i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali, secondo quanto inserito dall’articolo 18 del decreto legge n. 17/2022 (c-bis));
§ per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, in assenza di vincoli (tutela come bene culturale[9])
- le aree classificate agricole, distante non più di 300 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere (c-ter, n. 1));
- le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti[10], nonché le aree classificate agricole distanti non più di 300 metri dal medesimo impianto o stabilimento(c-ter, n. 2));
- le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 150 metri (c-ter, n. 3));
- i siti in cui sono eseguiti interventi di modifica sostanziale degli impianti fotovoltaici esistenti, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, anche con l’aggiunta di sistemi di accumulo di capacità non superiore a 3 MWh per ogni MW di potenza dell’impianto fotovoltaico. Vi può essere anche variazione d’area purché nei limiti dei 300 metri di cui al primo punto (articolo 12, comma 03 del decreto-legge n. 17/2022) (lett. a)).
L’articolo 30, comma 1 del decreto-legge n. 77/2021 – che interviene sulla disciplina dell’autorizzazione unica per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili - dispone che il Ministero della cultura partecipi al procedimento unico in relazione ai progetti aventi ad oggetto impianti alimentati da fonti rinnovabili comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 (codice dei beni culturali), nonché nelle aree contermini ai beni sottoposti a tutela ai sensi del medesimo decreto legislativo.
Ai sensi del comma 2, nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili, localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela paesaggistica, il Ministero della cultura si esprime nell’ambito della Conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante.
Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. In tutti i casi, il rappresentante del Ministero della cultura non può attivare i rimedi, previsti dalla normativa vigente (art. 14-quinquies della legge n. 241/1990) avverso la determinazione di conclusione della Conferenza.
Infine, ai sensi del comma 2, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, la competente Direzione generale del Ministero della cultura stabilisce, con proprio atto, criteri uniformi di valutazione dei progetti di impianti di energia da fonti rinnovabili, idonei a facilitare la conclusione dei procedimenti, assicurando che la motivazione delle eventuali valutazioni negative dia adeguata evidenza della sussistenza di stringenti, comprovate e puntuali esigenze di tutela degli interessi culturali o paesaggistici, nel rispetto della specificità delle caratteristiche dei diversi territori.
Articolo 7
(Semplificazione dei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili)
L'articolo 7 reca norme in materia di semplificazione delle procedure di autorizzazione per l'installazione degli impianti di energia da fonti rinnovabili disciplinate dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Il comma 1 prevede che, nei procedimenti autorizzativi per impianti da fonti rinnovabili di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, in caso di progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale (VIA) dello Stato le deliberazioni del Consiglio dei ministri adottate in caso di valutazioni contrastanti da parte delle amministrazioni competenti sostituiscano il provvedimento di VIA e ad esse si applicano le norme richiamate del Codice dell'ambiente.
Il comma 2 stabilisce che le suddette deliberazioni confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, così come quelle adottate dal Consiglio dei ministri inerente il caso di amministrazioni dissenzienti; il procedimento deve concludersi entro i successivi sessanta giorni, decorsi inutilmente i quali l'autorizzazione si intende rilasciata se il Consiglio dei ministri si esprime per il rilascio della VIA.
Il comma 3 prevede che alle riunioni delle Consiglio dei ministri convocate per l'adozione delle deliberazioni di cui al comma 2 possono essere invitati, senza diritto di voto, i Presidenti delle regioni e delle province autonome, che esprimono definitivamente la posizione delle amministrazioni di riferimento e di quelle non statali che abbiano partecipato al procedimento autorizzatorio.
L'articolo in esame, costituito da tre commi, reca norme volte a snellire le procedure di autorizzazione per l'installazione di impianti di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, facendo riferimento al procedimento per l'autorizzazione unica di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 in materia di promozione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili.
In particolare, il comma 1 prevede che, qualora nell'ambito dei procedimenti di autorizzazione di cui all'articolo 12 del suddetto decreto n. 387/2003 un progetto di impianto alimentato da energia rinnovabile sia subordinato alla valutazione di impatto ambientale (VIA) da parte dello Stato, il provvedimento di VIA viene sostituito dalle eventuali deliberazioni del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 5, comma 2, lettera c-bis della legge 23 agosto 1988 n, 400.
La legge 23 agosto 1988, n. 400, che reca la disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, prevede, all'articolo 5, comma 2 lettera 2 c-bis) che il Presidente del Consiglio possa deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti.
La Relazione illustrativa al decreto-legge afferma che, in caso di valutazione di impatto ambientale di competenza statale riguardante procedure autorizzative di impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui all’articolo 12 del decreto legislativo numero 387 del 2003, qualora sorgano valutazioni contrastanti tra amministrazioni a vario titolo coinvolte e la questione venga deferita alla sede governativa, la conseguente deliberazione del Consiglio dei Ministri sostituirà quindi il provvedimento di valutazione di impatto ambientale e alla medesima deliberazione verranno comunque applicate le richiamate norme del Codice dell’ambiente che prevedono i contenuti e gli oneri della pubblicazione del provvedimento di VIA.
Il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 attua la direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, successivamente abrogata dalla direttiva 2009/28/CEE, a sua volta abrogata dalla direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (attuata con decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199).
L'articolo 12 del decreto richiamato dalla norma in esame reca la razionalizzazione e la semplificazione della procedura autorizzativa per i progetti di impianti ad energia rinnovabile, le opere ad essi connesse e le infrastrutture per la loro costruzione e il loro utilizzo. Il comma 3 dell’articolo 12 dispone in particolare che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica e potenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi di ripristino ambientale per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dalla regione (o dalle province delegate dalla regione o, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.
L'autorizzazione unica è rilasciata al termine di un procedimento unico svolto nell'ambito della Conferenza dei Servizi: la norma richiamata dispone che a tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione o dal Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione; per gli impianti off-shore, incluse le opere per la connessione alla rete, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della transizione ecologica di concerto il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e sentito, per gli aspetti legati all'attività di pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell'ambito del provvedimento adottato a seguito del procedimento unico di cui al comma 4, comprensivo del rilascio della concessione d'uso del demanio marittimo; per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della transizione ecologica, sentito il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e d'intesa con la regione interessata, con le modalità di cui al comma 4 del medesimo articolo 12. Si rammenta che tale disposizione è stata più di recente modificata dall'art. 23, comma 1, D. Lgs. 8 novembre 2021, n. 199, e, successivamente, dall'art. 13, comma 1, D.L. 1 marzo 2022, n. 17, come convertito, con modificazioni, dalla recente L. 27 aprile 2022, n. 34. Per ulteriori approfondimenti, sullo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale in cui è competente la commissione tecnica PNRR-PNIEC nonché sulla c.d. procedura di VIA fast-track in cui sono dimezzati i termini per la fase di consultazione, si veda il recente dossier relativo al D.L. n. 17/22 con riferimento all'articolo 13.
Le “Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, di cui al D.M. 10 settembre 2010 fissano le modalità tecnico operative di svolgimento del procedimento autorizzativo unico (punti 13-15) e i criteri generali per l’inserimento degli impianti nel territorio e nel paesaggio (punti 16-17). In base a quanto previsto dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, tali linee guida sono state aggiornate (Per maggiori dettagli si veda qui).
In base al comma 4 del citato articolo 12, l'autorizzazione unica è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241); il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Sempre in base all'articolo 12, qualora il progetto di impianto sia soggetto alla verifica di assoggettabilità, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti del medesimo decreto per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
Il Codice dell'ambiente disciplina, nella parte seconda, titolo III, le procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA) (artt 19-29). In particolare, l'articolo 19 regola le modalità di svolgimento e la tempistica per la verifica di assoggettabilità a VIA specificando gli attori coinvolti. L'autorità competente decide se un progetto debba essere assoggettato al procedimento di VIA, in base ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V alla parte seconda del Codice (in sintesi: caratteristiche dei progetti, localizzazione dei progetti e impatti ambientali).
Si ricorda che il Codice dell'ambiente, all'articolo 7-bis ripartisce le competenze tra Stato e Regioni stabilendo che sono sottoposti a VIA e a verifica di assoggettabilità a VIA, in sede statale i progetti elencati, rispettivamente, negli allegati II e II-bis alla parte seconda, e, in sede regionale i progetti elencati, rispettivamente, negli allegati III e IV. In particolare, si rammenta che tra i progetti di competenza statale rientrano le centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW; centrali per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti, impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW; impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, nonché gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare, impianti geotermici pilota, nonché attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare. Si rammenta che la disciplina dei procedimenti di verifica ambientale è riservata in via esclusiva alla legislazione statale (Corte Cost. sent. n. 178 del 2019; n. 258 del 2020; n. 53 del 2021), che rintraccia il punto di equilibrio tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la «speciale» tutela che deve essere riservata al bene ambiente, dall’altro (si veda altresì Corte Cost. n. 106 del 2020 e n. 246 del 2018). Si ricorda infine in materia che novità sono state introdotte nel settore energetico con il Decreto legge 31 maggio 2021, n. 77. Tale decreto, nel recare norme sulla Governance del PNRR e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure, ha introdotto alcune novità nel settore energetico, con riferimento in particolare alle energie rinnovabili. Per maggiori dettagli si veda il Dossier n. 394/Vol I a cura dei Servizi Studi del Senato e della Camera.
Il comma 1 in esame precisa poi che le deliberazioni del Consiglio dei ministri sostituiscono a ogni effetto il provvedimento di VIA e ad esse si applicano le norme di cui ai commi 3, 5 e 5 dell'articolo 25 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente).
Il citato articolo 25 del Codice dell'ambiente, che reca disposizioni in materia di valutazioni ambientali e provvedimento di VIA, prevede tra l'altro che il provvedimento di VIA contenga: le motivazioni su cui si basa la decisione dell'autorità competente (comma 3); le eventuali e motivate condizioni ambientali che definiscono, tra l'altro, le misure da seguire per ridurre gli impatti ambientali negativi (comma 4). L'articolo 25 stabilisce inoltre che il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale comunque non inferiore a cinque anni. Trascorso questo termine senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la proroga da parte dell'autorità competente (comma 5).
Il comma 2 stabilisce che le deliberazioni previste dal comma precedente, nonché le eventuali deliberazioni del Consiglio dei ministri adottate ai sensi dell'articolo 14-quinquies, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico che è concluso perentoriamente dall'amministrazione competente entro i successivi sessanta giorni.
La legge 7 agosto 1990, n. 241 recante norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, prevede all'articolo 14-quinquies i rimedi in caso di amministrazioni dissenzienti. In particolare al comma 6 prevede la possibilità per il Consiglio dei ministri di modificare parzialmente la determinazione di conclusione adottata dalla Conferenza dei servizi, qualora questa stessa non sia condivisa da alcune amministrazioni e qualora il caso sia stato rimesso al Consiglio stesso e il Consiglio abbia in parte accolto le obiezioni sollevate dalle amministrazioni interessate.
Il comma 2 prevede poi che, se la decisione del Consiglio dei ministri autorizza il rilascio del provvedimento VIA, ove sia decorso inutilmente il termine perentorio di sessanta giorni l'autorizzazione si intende rilasciata.
La Relazione illustrativa afferma che la norma prevede quindi un sistema di silenzio assenso in caso di deliberazione autorizzativa positiva del Consiglio dei Ministri, laddove si sia in presenza di inerzia dell'autorità competente al rilascio del provvedimento finale.
Il comma 3 prevede che alle riunioni delle Consiglio dei ministri convocate per l'adozione delle deliberazioni di cui al comma 2, possono essere invitati, senza diritto di voto, i Presidenti delle regioni e delle province autonome che esprimono definitivamente la posizione delle amministrazioni di riferimento e di quelle non statali che hanno partecipato al procedimento autorizzatorio.
Tale regime di facoltà di invito dei Presidenti delle regioni e delle province autonome - alla luce del riferimento alla adozione delle deliberazioni di cui al comma 2 della norma in esame - risulta dunque interessare:
§ Sia le deliberazioni in cui il provvedimento di VIA viene sostituito dalle eventuali deliberazioni del Consiglio dei ministri adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c-bis della legge 23 agosto 1988 n, 400, ai sensi del comma 1;
§ Sia le deliberazioni adottate dal Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 14-quinquies, comma 6, della legge n. 241 del 1990, inerenti le fattispecie di amministrazioni dissenzienti.
La relazione illustrativa afferma che tale norma si conforma al principio costituzionale di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni, come più volte valorizzato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale
Si segnala al riguardo che il comma 3 in esame, laddove prevede che 'possono' essere invitati nell'ambito del procedimento autorizzatorio i Presidenti delle regioni e delle province autonome, senza diritto di voto, sembrerebbe profilare una facoltà di tipo discrezionale in ordine a tale elemento partecipativo.
L’articolo 8, comma 1, al fine di aumentare la capacità di produzione di energia elettrica rinnovabile, ammette la concessione di aiuti in favore delle imprese del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale per la realizzazione di impianti di produzione, sulle coperture delle proprie strutture produttive, aventi potenza eccedente il consumo medio annuo di energia elettrica, compreso quello familiare. Ai medesimi soggetti, beneficiari dei predetti aiuti, è altresì consentita la vendita in rete dell'energia elettrica prodotta.
Quanto sopra è disposto in applicazione degli orientamenti europei vigenti in materia di aiuti di stato per il settore agricolo, forestale e nelle zone rurali, di cui alla Comunicazione della Commissione europea 2014/C 204/01
Ai sensi del comma 2, quanto sopra si applica anche alle misure di aiuto in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge, incluse quelle finanziate a valere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
Il comma 3 subordina l’efficacia dell’articolo in esame alla previa autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, par. 3, del TFUE.
In via generale, secondo il Trattato, lo Stato membro deve notificare preventivamente le misure di aiuto alla Commissione europea prima di concederle. L’art. 108, par. 3 TFUE dispone che alla Commissione siano comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno (a norma dell'articolo 107 TFUE[11]), la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale”.
Purtuttavia, è ammessa l’adozione, da parte della Commissione di regolamenti volti a disciplinare le categorie di aiuti le quali, sulla base di quanto previsto dal Consiglio, possono essere dispensate (esentate) dalla procedura di notifica ex ante: come i regolamenti sugli aiuti di Stato di modesta entità, cd. “de minimis” e i regolamenti di esenzione per categoria di aiuto, GBER - General Block Exemption Regulation, ABER- Agricultural Block Exemption Regulation e FIBER- Fishery block exemption regulation (che saranno descritti nel prosieguo).
L’articolo 108, par. 4 TFUE dispone infatti che “la Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all'art. 109, che possono essere dispensate dalla procedura (di notifica ex ante) di cui al paragrafo 3 del presente articolo.
L’articolo 109 dispone che il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dell'applicazione degli articoli 107 e 108 e fissare in particolare le condizioni per l'applicazione dell'articolo 108, paragrafo 3, nonché le categorie di aiuti che sono dispensate da tale procedura. Laddove, l’aiuto non soddisfi le specifiche condizioni delineate per le categorie esentate, dovrà essere notificato ex ante alla Commissione UE e su di esso la Commissione effettuerà un’analisi approfondita sulla base dei criteri stabiliti nel Trattato e nei diversi Orientamenti dalla stessa adottati concernenti i settori interessati.
Per quanto qui rileva, si segnala che - con la Comunicazione della Commissione 2020/C 424/05, pubblicata in GUCE l'8 dicembre 2020 – l’operatività degli Orientamenti in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali 2014-2020 (2014/C 204/01), è stata prorogata di due anni, dunque al 31 dicembre 2022. Contestualmente, gli orientamenti in questione sono stati modificati. Tenuto conto delle conseguenze economiche e finanziarie che la pandemia di COVID-19, la Commissione ha ritenuto necessario un adeguamento temporaneo degli orientamenti per quanto riguarda l’ammissibilità delle imprese alle misure di aiuto. Pertanto, le imprese che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019, ma che sono diventate imprese in difficoltà nel periodo tra il 1 gennaio 2020 e il 30 giugno 2021 rimangono ammissibili agli aiuti ai sensi degli orientamenti.
Negli Orientamenti della Commissione si precisa che gli aiuti agli investimenti nel settore del risparmio energetico, dei biocarburanti e dell’energia da fonti rinnovabili sono esclusi dal campo di applicazione degli stessi Orientamenti, in quanto tali aiuti dovrebbero essere conformi alla disciplina in materia di aiuti a favore dell’ambiente e dell’energia, salvo qualora tali aiuti siano esenti dall’obbligo di notifica (sull’esenzione dall’obbligo di notifica ai sensi del GBER e dell’ABER, cfr. infra). Tuttavia gli aiuti agli investimenti connessi alla produzione agricola primaria, in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili o alla produzione di biocarburanti in aziende agricole, possono rientrare nell’ambito dei presenti orientamenti, a condizione che tale produzione non superi il consumo medio annuo di carburanti o di energia dell’azienda agricola interessata (sezione 1.1.1.1).
Con riferimento agli investimenti nel PNRR per l’agrisolare, il D.M. 25 marzo 2022 di approvazione del Bando Agrisolare (qui scheda illustrativa del bando predisposta dal MIPAAF) richiama la disciplina sugli aiuti di Stato di cui al Regolamenti europei di esenzione per categoria: GBER - General Block Exemption Regulation (art.38, relativo agli aiuti agli investimenti a favore di misure di efficienza energetica e art. 41, relativo agli Aiuti agli investimenti volti a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili) e ABER- Agricultural Block Exemption Regulation.
Il rispetto dei criteri e dei massimali fissati in questi regolamenti fa si, come sopra accennato, che gli aiuti alle imprese interessate siano concessi senza obbligo di notifica preventiva e di preventiva autorizzazione alla Commissione UE (e sebbene la Commissione debba essere comunque informata). Quindi, la previsione contenuta nel Bando per cui, "per le aziende agricole di produzione primaria, gli impianti fotovoltaici sono ammissibili agli aiuti unicamente se l’obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell’azienda agricola, compreso quello familiare e la vendita di energia elettrica è consentita nella rete purché sia rispettato il limite di autoconsumo annuale", risponde ai criteri fissati nel regolamento ABER- Agricultural Block Exemption Regulation , il quale all'articolo 14 così testualmente dipone: "Qualora nelle aziende agricole sia realizzato un investimento per la produzione di energia termica ed elettrica da fonti rinnovabili, gli impianti di produzione soddisfano unicamente il fabbisogno energetico del beneficiario e la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo combinato di energia termica ed elettrica dell'azienda agricola, compreso quello della famiglia agricola. La vendita di energia elettrica alla rete è consentita purché sia rispettato il limite di autoconsumo annuale" (si veda anche il considerando n. 48))[12].
Ne consegue che, per istituire un regime di incentivo alle imprese del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale a realizzare impianti fotovoltaici sui tetti delle proprie strutture produttive aventi potenza eccedente il consumo medio annuo di energia elettrica, compreso quello familiare, sarà necessaria la previa autorizzazione della Commissione europea, la quale valuterà gli aiuti ai sensi degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per la protezione dell'ambiente e l'energia per il periodo 2022-2027, approvati il 21 dicembre 2021 (2014/C 200/01), o, laddove applicabile, il Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina approvato con la Comunicazione della Commissione (2022/C 131 I/01), pubblicata in GUUE del 24 marzo 2022 (cfr. Sezione 2.4). Relativamente agli aiuti ammissibili ai sensi di tale quadro, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell'epidemia da COVID-19 e nell'attuale contesto di crisi energetica: il quadro europeo”.
Articolo 9, comma 1
(Disposizioni in materia di comunità energetiche
rinnovabili nell’ambito della Difesa)
L’articolo 9, comma 1, interviene sulle disposizioni previste dal cd. “decreto energia” relative all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sui beni del demanio militare o comunque in uso al Ministero della difesa. La norma in esame consente al Ministero della difesa e ai terzi concessionari di tali beni di costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali, anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali, derogando a taluni requisiti specifici previsti dalla normativa in materia ma consentendo l’accesso al regime di sostegni economici offerto dalla medesima normativa, a fronte del pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l’illuminazione pubblica.
Più in dettaglio, l’articolo 9, comma 1, sostituisce interamente il comma 2 dell’articolo 20 del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17 (cd. decreto “energia”), come risulta dal seguente testo a fronte.
Testo originario |
Testo modificato |
Articolo 20. Contributo del Ministero della difesa alla resilienza energetica nazionale |
Articolo 20. Contributo del Ministero della difesa alla resilienza energetica nazionale |
1. Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e per il perseguimento della resilienza energetica nazionale, il Ministero della difesa, anche per il tramite della società Difesa Servizi S.p.A., affida in concessione o utilizza direttamente, in tutto o in parte, i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, anche ricorrendo, per la copertura degli oneri, alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 2, previo accordo fra il Ministero della difesa e il Ministero della transizione ecologica, qualora ne ricorrano le condizioni in termini di coerenza con gli obiettivi specifici del PNRR e di conformità ai relativi principi di attuazione.
2.
3. I beni di cui al comma 1 sono di diritto superfici e aree idonee ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 e sono assoggettati alle procedure autorizzative di cui all'articolo 22 del medesimo decreto legislativo n. 199 del 2021. Competente ad esprimersi in materia culturale e paesaggistica è l'autorità di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108. |
1. Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e per il perseguimento della resilienza energetica nazionale, il Ministero della difesa, anche per il tramite della società Difesa Servizi S.p.A., affida in concessione o utilizza direttamente, in tutto o in parte, i beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero, per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, anche ricorrendo, per la copertura degli oneri, alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, Missione 2, previo accordo fra il Ministero della difesa e il Ministero della transizione ecologica, qualora ne ricorrano le condizioni in termini di coerenza con gli obiettivi specifici del PNRR e di conformità ai relativi principi di attuazione.
2. Per le finalità di cui al comma 1, il Ministero della difesa e i terzi concessionari dei beni di cui al comma 1 possono costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali anche per impianti superiori a 1 MW, anche in deroga ai requisiti di cui al comma 2, lettere b) e c), dell'articolo 31 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 e con facoltà di accedere ai regimi di sostegno del medesimo decreto legislativo anche per la quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l'illuminazione pubblica.
3. I beni di cui al comma 1 sono di diritto superfici e aree idonee ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 e sono assoggettati alle procedure autorizzative di cui all'articolo 22 del medesimo decreto legislativo n. 199 del 2021. Competente ad esprimersi in materia culturale e paesaggistica è l'autorità di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108. |
Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e per il perseguimento della resilienza energetica nazionale, si consente quindi al Ministero della difesa e ai terzi concessionari dei beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero di costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali anche per impianti superiori a 1 MW, anche in deroga ai requisiti di cui al comma 2, lettere b) e c), dell'articolo 31 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (di recepimento della direttiva UE 2018/2001 “RED II”).
Si ricorda che una comunità energetica rinnovabile è un soggetto giuridico che:
§ si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità di energia rinnovabile;
§ i cui azionisti o membri sono persone fisiche, piccole e medie imprese (PMI), enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l'attività commerciale e/o industriale principale;
§ il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.
L’articolo 31 del D.Lgs. n. 199/2021 attribuisce ai clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, nel rispetto di determinate condizioni e requisiti espressamente elencati. In particolare, il comma 2 elenca le condizioni entro cui devono operare le Comunità energetiche rinnovabili; le lettere b) e c) – a cui deroga la norma in esame – richiedono che
b) l'energia autoprodotta sia utilizzata prioritariamente per l'autoconsumo istantaneo in sito ovvero per la condivisione con i membri della comunità secondo le modalità di cui alla lettera c), mentre l'energia eventualmente eccedentaria può essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile, direttamente o mediante aggregazione;
c) i membri della comunità utilizzino la rete di distribuzione per condividere l'energia prodotta, anche ricorrendo a impianti di stoccaggio, con le medesime modalità stabilite per le comunità energetiche dei cittadini. L'energia può essere condivisa nell'ambito della stessa zona di mercato, ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l'accesso agli incentivi di cui all'articolo 8, e alle restituzioni di cui all'articolo 32, comma 3, lettera a), secondo le modalità e alle condizioni ivi stabilite.
La disposizione attribuisce inoltre la facoltà di accedere ai regimi di sostegno del medesimo decreto legislativo anche per la quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l'illuminazione pubblica.
Secondo la relazione illustrativa, la motivazione della disposizione risiede nella portata nazionale ed organica dell’impegno del Ministero della difesa che si intende promuovere in materia, in considerazione delle sedi ramificate sul territorio, la cui riconducibilità ad un unico ente può consentire importanti economie ed efficienze di gestione.
Per approfondimenti si rinvia al tema dell’attività parlamentare “La transizione ecologica della Difesa”.
Articolo 9, comma 2
(Disposizioni in materia di comunità energetiche rinnovabili)
L’articolo 9, comma 2, consente alle Autorità di sistema portuale di costituire comunità energetiche rinnovabili.
In dettaglio, il comma 2 consente alle Autorità di sistema portuale (AdSP) di costituire una o più comunità energetiche rinnovabili, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 6, comma 11, della legge n. 84 del 1994.
La previsione di una deroga si rende necessaria alla luce del fatto che il richiamato art. 6, comma 11, non consente alle AdSP di svolgere, né direttamente né tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse strettamente connesse. Esso consente loro, invece, di disciplinare, ai sensi dell’articolo 15 della legge n. 241 del 1990 – pertanto, tramite lo strumento, ivi previsto, degli accordi tra pubbliche amministrazioni - lo svolgimento di attività e servizi di interesse comune e utili per il più efficace compimento delle funzioni attribuite, in collaborazione con Regioni, enti locali e amministrazioni pubbliche, nonché di assumere partecipazioni, a carattere societario di minoranza, in iniziative finalizzate alla promozione di collegamenti logistici e intermodali, funzionali allo sviluppo del sistema portuale.
La finalità dichiarata della disposizione è quella di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico e al perseguimento della resilienza energetica nazionale,
Il comma 2 dispone, inoltre, che le comunità energetiche rinnovabili, che sono disciplinate dall'articolo 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021, siano istituite in coerenza con il documento di pianificazione energetica e ambientale, di cui all’articolo 4-bis della legge n. 84 del 1994, già citata.
Le comunità energetiche rinnovabili sono previste dall’art. 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, cosiddetta RED II - su cui si veda il tema di documentazione parlamentare disponibile al seguente link.
Esse sono istituite con l'obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, senza la realizzazione di profitti finanziari.
Esse sono soggetti di diritto autonomo e l'esercizio dei relativi poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale, nonché le amministrazioni locali contenute nell'elenco ISTAT; sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione.
Ciascun consumatore che partecipa a una comunità può detenere impianti a fonti rinnovabili e l'energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per l'autoconsumo istantaneo in sito ovvero per la condivisione con i membri della comunità, i quali, per condividere l'energia prodotta, utilizzano la rete di distribuzione.
Quanto al richiamato articolo 4-bis della legge n. 84 del 1994 - introdotto dal decreto legislativo n. 169 del 2016, di riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali -, esso reca il principio della sostenibilità energetica e ambientale della pianificazione del sistema portuale, in coerenza con le politiche promosse dalle vigenti direttive europee in materia.
A tale scopo, le Autorità di sistema portuale devono promuovere la redazione del documento di pianificazione energetica ed ambientale del sistema portuale, con il fine di perseguire adeguati obiettivi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2; il documento, inoltre, definisce indirizzi strategici per la implementazione di specifiche misure al fine di migliorare l'efficienza energetica e di promuovere l'uso delle energie rinnovabili in ambito portuale.
Il comma 2 dispone, infine, che gli incentivi previsti dal decreto legislativo n. 199 del 2021 si applichino agli impianti da fonti rinnovabili inseriti in comunità energetiche rinnovabili costituite dalle Autorità di sistema portuale, ai sensi del presente comma, anche se di potenza superiore a 1 MW.
Si segnala, innanzitutto, che il decreto legislativo n. 199 del 2021, sopra citato, reca, nel Titolo IV, Capo I, agli articoli da 30 a 33, la disciplina dell'autoconsumo e delle comunità energetiche rinnovabili.
In particolare, ad ARERA è stato assegnato il compito di adottare i provvedimenti regolatori necessari a garantire l’attuazione di tale disciplina, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo e, pertanto, entro il 15 marzo 2022. Sul punto, si rinvia alla Determina 04 aprile 2022 3/2022 – DMEA di ARERA[13].
Quanto al sistema incentivante cui fa riferimento il comma 2 della disposizione in esame, il riferimento è all’articolo 8 del decreto legislativo n. 199 del 2021, il quale dispone che, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono aggiornati i meccanismi di incentivazione già previsti dalla disciplina sperimentale e transitoria (di cui all'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 ed al D.M. 16 settembre 2020)[14], la quale continua ad applicarsi fino all’adozione del nuovo decreto attuativo.
Il decreto legislativo n. 199 del 2021, rispetto alla disciplina sperimentale, dispone l'aumento del limite di potenza degli impianti ammessi ai meccanismi di incentivazione, che passa da 0,2 a 1 MW.
Il contributo è erogato in forma di tariffa incentivante ed è attribuito solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria (non più secondaria).
Anche in questo caso, è previsto l'accesso diretto agli incentivi e una programmazione quinquennale dei contingenti, sulla base del raggiungimento di obiettivi di stabilità della produzione. Nel dettaglio, si prevede che:
· possono accedere all'incentivo gli impianti a fonti rinnovabili che hanno singolarmente una potenza non superiore a 1 MW e che entrano in esercizio in data successiva al 15 dicembre 2021;
· per autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e comunità energetiche rinnovabili, l'incentivo è erogato solo in riferimento alla quota di energia condivisa da impianti e utenze di consumo connesse sotto la stessa cabina primaria. Nei casi in cui la condivisione sia effettuata sfruttando la rete pubblica di distribuzione, è previsto un unico conguaglio, composto dalla restituzione delle componenti tarrifarie non dovute ai sensi di quanto previsto da ARERA, compresa la quota di energia condivisa, e dall'incentivo;
· l'incentivo è erogato in forma di tariffa incentivante attribuita alla sola quota di energia prodotta dall'impianto e condivisa all'interno della configurazione;
· la domanda di accesso agli incentivi è presentata alla data di entrata in esercizio e non è richiesta la preventiva iscrizione a bandi o registri;
· l'accesso all'incentivo è garantito fino al raggiungimento di contingenti di potenza stabiliti, su base quinquennale.
Si segnala, inoltre, che il medesimo decreto legislativo dispone - decorsi novanta giorni dall'adozione dei decreti ministeriali volti a definire le nuove incentivazioni - l'abrogazione del meccanismo dello scambio sul posto (attualmente operante per l'energia in autoconsumo prodotta da impianti fotovoltaici). I nuovi impianti che entrano in esercizio dopo tale data potranno accedere ai nuovi meccanismi, ovvero al ritiro dedicato dell'energia.
Si rinvia, per ulteriori approfondimenti, al sito del GSE sulle comunità energetiche rinnovabili e al Vademecum ENEA 2021 sulle comunità energetiche.
Articolo 10
(Disposizioni in materia di VIA)
L’articolo 10 reca novelle alla disciplina della valutazione di impatto ambientale (VIA) contenuta nella parte seconda del Codice dell’ambiente. In particolare le modifiche riguardano: il diritto di voto in capo al rappresentante del Ministero della cultura nella Commissione tecnica PNRR-PNIEC, che viene eliminato; la precisazione dei soggetti tenuti ad avviare l’istruttoria di VIA e il relativo termine; il provvedimento di proroga della VIA; la soppressione dell’obbligo di VIA statale per alcune tipologie di elettrodotti.
La lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame modifica il decimo periodo del comma 2-bis dell’art. 8 del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), che nel testo previgente prevede che alle riunioni della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC partecipa, con diritto di voto, anche un rappresentante del Ministero della cultura. In base alla modifica in questione, tale diritto di voto viene eliminato.
Si osserva che la norma fa erroneamente riferimento al nono periodo, in cui non si disciplina alcun diritto di voto. Tenuto conto che l’espressione “con diritto di voto”, che viene tramutata dalla lettera in esame in “senza diritto di voto”, compare non solo nel decimo periodo, ma anche nei periodi settimo e dodicesimo, si valuti l’opportunità di una riformulazione.
Si ricorda che l’art. 8, comma 2-bis, del Codice, per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti compresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di quelli finanziati a valere sul fondo complementare nonché dei progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, individuati nell'allegato I-bis al presente decreto, ha previsto l’istituzione della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC.
Per i citati progetti, l’art. 25, comma 2-bis, del medesimo Codice, dispone che la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC si esprime (entro i termini previsti dal medesimo comma) predisponendo lo schema di provvedimento di VIA e che, nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di venti giorni.
La relazione illustrativa chiarisce che “la proposta normativa in esame mira – mediante l’eliminazione del diritto di voto del rappresentante del Ministero della cultura – a far sì che la partecipazione dello stesso alle riunioni della Commissione valga unicamente ad assicurare un raccordo fra l’attività dell’ufficio del Ministero competente a esprimersi, con proprio parere, sul procedimento di VIA e l’attività svolta dalla Commissione. Viene così eliminato ogni profilo di possibile sovrapposizione fra le valutazioni della Commissione e quelle riservate al Ministero della cultura, chiarendo ulteriormente che come del resto evincibile anche dalla disciplina vigente le valutazioni di competenza del Ministero della cultura, relative sia al profilo della tutela paesaggistica, che di quella culturale, sono svolte attraverso le competenti strutture del predetto Ministero, alle quali spetta lo svolgimento dell’istruttoria destinata a concretarsi nell’espressione del concerto del medesimo Ministero ai fini della VIA” e richiama il disposto del comma 2-bis dell’art. 25 poc’anzi illustrato.
La lettera b) del comma 1 riscrive il secondo periodo del comma 3 dell’art. 23 del D.Lgs. 152/2006, che disciplina l’avvio dell’istruttoria da parte dell’autorità competente e l’eventuale richiesta di integrazioni documentali.
Rispetto al testo previgente, che prevede che l’autorità competente avvii l’istruttoria entro lo stesso termine fissato per l’effettuazione (da parte della medesima autorità) della verifica della completezza della documentazione trasmessa con l’istanza di VIA e che richieda poi le eventuali integrazioni documentali necessarie, il nuovo testo risultante dalla norma in esame:
- modifica il soggetto della norma, ponendo gli obblighi attualmente in capo all’autorità competente ai seguenti soggetti: la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS, la Commissione Tecnica PNRR-PNIEC e la competente Direzione generale del Ministero della Cultura.
- prevede che l’avvio dell’istruttoria da parte dei soggetti testé indicati avviene non entro lo stesso termine ma entro i successivi 15 giorni.
La relazione illustrativa ricorda che il Codice dell’ambiente prevede che la documentazione in questione “sia particolarmente accurata, anche sotto il profilo del potenziale impatto dell’intervento proposto sul patrimonio culturale e paesaggistico” e sottolinea che “nella prassi, non di rado la documentazione allegata alla istanza presenta lacune sotto tali aspetti, di pertinenza del Ministero della cultura. Va sottolineato inoltre che il Ministero della cultura, allo stato attuale delle previsioni legislative in argomento, è coinvolto nel procedimento solo in una fase successiva, essendo messo in condizione di prendere visione della documentazione presentata dal proponente soltanto dopo la conclusione della fase di verifica documentale riservata al Ministero della transizione ecologica, che si conclude con la pubblicazione della documentazione. La completezza della documentazione sotto il profilo, estremamente rilevante, dell’impatto sul patrimonio culturale e paesaggistico può essere, quindi, valutata dal Ministero della cultura solo in una fase già avanzata della procedura, dopo che la Commissione competente, istituita presso il Ministero della transizione ecologica, ha già svolto interlocuzioni con il proponente al fine di completare la documentazione mancante sotto il profilo strettamente ecologico e naturalistico. Ove la documentazione si riveli, poi, incompleta per tali profili, il procedimento incontra inevitabili ostacoli ed è destinato ad allungarsi”. Per tali motivi, secondo la relazione illustrativa, viene previsto che la valutazione della completezza della documentazione coinvolga sin dall’inizio “anche l’altra autorità chiamata, poi, a fornire il proprio concerto”.
La lettera c) del comma 1 integra la disciplina della proroga del provvedimento di VIA, inserendo un nuovo periodo (alla fine del comma 5 dell’art. 25 del D.Lgs. 152/2006) che precisa che il provvedimento di proroga della VIA, fatto salvo il caso di mutamento del contesto ambientale di riferimento, non contiene prescrizioni diverse e ulteriori rispetto a quelle già previste nel provvedimento di VIA originario.
Si ricorda che il previgente testo del citato comma 5 si limita a disporre che, decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA (che non può essere inferiore a cinque anni) senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente.
La relazione illustrativa sottolinea che la novella in esame “si rende necessaria per porre un limite ad un’ingiustificata prassi che porta talune amministrazioni a subordinare la concessione della proroga del decreto di VIA … ad ulteriori prescrizioni da rispettare in fase esecutiva, che sono il frutto di un riesame nel merito del progetto e che porta a confondere l’istituto della ‘proroga’ con quello ben diverso della ‘rinnovazione’ dell’atto. In tal senso, anche giurisprudenza amministrativa conferma la tesi esposta: la proroga dei termini stabiliti da un atto amministrativo ha natura giuridica di provvedimento di secondo grado giacché modifica solo parzialmente il complesso degli effetti giuridici delineati dall'atto originario. In particolare, per il suo carattere parziale e limitato essa non richiede una rinnovata valutazione di tutti gli elementi istruttori posti a base dell'originario provvedimento né esige la ripetizione di tutte le tappe procedimentali che hanno condotto all'adozione dell'atto modificato e in tali sensi la proroga si atteggia come una sorta di sanatoria o convalida dell'originario atto di conferimento delle funzioni, sì da incidere unicamente sul termine di esercizio di una facoltà o per l'adempimento di un obbligo (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 360)”.
La lettera d) del comma 1 dell’articolo in esame sopprime il punto 4) dell’allegato II alla parte seconda del Codice dell’ambiente che prevede l’obbligo di VIA statale per le seguenti tipologie di elettrodotti:
§ elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km;
§ elettrodotti in cavo interrato in corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri.
Si fa notare che il punto 4-bis) del medesimo allegato assoggetta a VIA statale gli elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km. Inoltre il punto 1), lettera d), del successivo allegato II-bis, prevede l’obbligo di verifica di assoggettabilità a VIA di competenza statale per gli elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.
La relazione illustrativa sottolinea che “la prima parte della previsione oggetto di soppressione, che dispone l’assoggettamento alla VIA statale per elettrodotti con tensione superiore a 150 e di lunghezza superiore a 15 Km, è sostanzialmente già priva di efficacia”, in quanto superata da quanto disposto dal citato punto 4-bis). La medesima relazione evidenzia che “l’eliminazione della seconda parte della stessa previsione, che dispone la VIA statale per linee in cavo interrato in corrente alternata e superiori a 40 km, è motivata dall’evidente beneficio ambientale e paesaggistico che si ottiene attraverso la progettazione e successiva realizzazione di una linea elettrica in cavo interrato piuttosto che in aereo, indipendentemente dalla sua lunghezza”.
Articolo 11
(Semplificazioni autorizzative per interventi
di ammodernamento asset esistenti)
L’articolo 11 contiene una norma di semplificazione delle opere volte al miglioramento delle prestazioni di esercizio di linee esistenti oppure a consentire l’esercizio delle linee esistenti in corrente continua, funzionale al trasporto delle energie rinnovabili. Tali opere potranno essere realizzate mediante denuncia di inizio attività. L’effetto atteso è di ridurre le perdite di rete e assicurare un minore impatto ambientale degli impianti.
L’articolo 11 consente di ricorrere alla denuncia di inizio attività per effettuare le opere volte al miglioramento delle prestazioni di esercizio di linee esistenti oppure a consentire l’esercizio delle linee esistenti in corrente continua, funzionale al trasporto delle energie rinnovabili.
La relazione illustrativa chiarisce che lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale comporta un sempre più frequente ricorso alla tecnologia del cavo interrato e quindi a soluzioni tecnologiche in corrente continua, in luogo di quelle in corrente alternata. Questa evoluzione garantisce minori perdite di rete e un minore impatto ambientale, con la riduzione dei campi elettromagnetici emessi.
Inoltre, potenziando e valorizzando la rete di trasmissione esistente, si previene il ricorso alla realizzazione di nuove infrastrutture, che occuperebbero nuove porzioni di territorio.
Si ricorda inoltre che l'energia elettrica prodotta dalle batterie e dai pannelli fotovoltaici degli impianti domestici è continua.
Dal puto di vista normativo, viene introdotto un nuovo comma (comma 4-septiesdecies) all’articolo 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239 (l. n. 290 del 2003), che regola i procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici.
Il comma aggiuntivo in esame prevede che la denunzia di inizio attività possa essere utilizzata per gli interventi:
§ su linee aeree esistenti realizzate sul medesimo tracciato ovvero che se ne discostano per un massimo di 60 metri lineari e che non comportano una variazione dell’altezza utile dei sostegni superiore al 30 per cento rispetto all’esistente
§ linee in cavo interrato esistenti, se gli interventi sono effettuati sul medesimo tracciato o entro il margine della strada impegnata o entro i cinque metri dal margine esterno della trincea di posa.
Appare opportuno verificare la possibilità di unificare il comma in esame con il vigente comma 4-quinquiesdecies, che già prevede la denuncia di inizio attività per le ricostruzioni di linee aeree esistenti effettuate sul medesimo tracciato o che se ne discostino per un massimo di 15 metri lineari e non comportino una variazione dell'altezza utile dei sostegni superiore al 20 per cento rispetto all'esistente, nonché la sostituzione della linea aerea con l’interramento in cavo.
Il comma prosegue prevedendo che - qualora, per gli interventi volti a consentire l’esercizio in corrente continua, si rendano necessari la realizzazione di nuove stazioni elettriche – anche l’adeguamento o l’ampliamento delle stazioni esistenti è soggetto al regime della denunzia di inizio attività, a condizione che i medesimi siano localizzati in aree o siti industriali dismessi, o parzialmente dismessi, ovvero nelle aree individuate come idonee (ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 - vedi in proposito la scheda relativa all’articolo 6).
L’esercizio delle linee autorizzate ai sensi del comma in esame avviene nel rispetto delle medesime limitazioni in materia di campi elettromagnetici già applicabili alla linea esistente, in caso di mantenimento della tecnologia di corrente alternata, nonché nel rispetto dei parametri previsti dalla normativa tecnica in materia di corrente continua nel caso di modifica tecnologica.
Articolo 12
(Disposizioni in materia di autorizzazione unica ambientale degli impianti di produzione di energia da fonti fossili)
L’articolo 12 interviene sulla disciplina relativa alla sicurezza del sistema nazionale del gas naturale, contenuta nell'articolo 5-bis del D.L. n. 14/2022 (L. n. 28/2022). La lettera a) novella il comma 2 di detto articolo, escludendo l'assimilazione, da parte della società Terna Spa, alle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico per gli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile, dei quali la medesima società effettua il dispacciamento. La lettera b) detta una disciplina relativamente all'approvazione di regimi di esercizio dei predetti impianti in deroga alle condizioni autorizzative previste dall'autorizzazione integrata ambientale (AIA).
L'articolo 5-bis qui novellato prevede sl comma 1 che, al fine di fronteggiare l'eccezionale instabilità del sistema nazionale del gas naturale derivante dalla guerra in Ucraina e di consentire il riempimento degli stoccaggi di gas per l'anno termico 2022-2023, possono essere adottate le misure finalizzate all'aumento della disponibilità di gas e alla riduzione programmata dei consumi di gas previste dal piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale, a prescindere dalla dichiarazione del livello di emergenza. Le misure di cui al primo periodo sono adottate mediante provvedimenti e atti di indirizzo del Ministro della transizione ecologica. Delle predette misure è data comunicazione nella prima riunione del Consiglio dei ministri successiva all'adozione delle misure medesime.
Il comma 2 prevede che, in caso di adozione delle misure finalizzate a ridurre il consumo di gas naturale nel settore termoelettrico ai sensi del comma 1, la società Terna Spa predispone un programma di massimizzazione dell'impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell'emergenza, fermo restando il contributo degli impianti alimentati a energie rinnovabili. La società Terna Spa trasmette con periodicità settimanale al Ministero della transizione ecologica e all'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente un programma di utilizzo degli impianti di cui al primo periodo ed effettua il dispacciamento degli impianti medesimi, nel rispetto dei vincoli di sicurezza della rete, in modo da massimizzarne l'utilizzo nonché assimilandoli alle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico. L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi sostenuti dai predetti impianti.
Il comma 3 prevede che, tenuto conto della finalità di cui al comma 1 e della situazione di eccezionalità che giustifica la massimizzazione dell'impiego degli impianti di cui al comma 2, a tali impianti si applicano esclusivamente i valori limite di emissione nell'atmosfera e le regole sulla qualità dei combustibili previsti dalla normativa dell'Unione europea, in deroga a più restrittivi limiti eventualmente prescritti a livello nazionale in via normativa o amministrativa.
Il comma 4 prevede che il programma di cui al comma 2 può comprendere l'utilizzo degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da bioliquidi sostenibili, prevedendo, esclusivamente durante il periodo emergenziale, anche l'alimentazione tramite combustibile convenzionale, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, fermo restando quanto disposto dal comma 3 del presente articolo. La deroga di cui al primo periodo è concessa nell'ambito dei provvedimenti di cui al comma 1 esclusivamente qualora risulti che l'alimentazione a biocombustibili non sia economicamente sostenibile rispetto all'alimentazione a combustibile tradizionale e non consenta l'esercizio degli impianti, considerando la disponibilità e i prezzi dei biocombustibili e l'attuale livello degli incentivi. Fermo restando che l'erogazione dei predetti incentivi è sospesa per il periodo emergenziale di alimentazione a combustibile tradizionale, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente definisce i corrispettivi a reintegrazione degli eventuali maggiori costi rispetto ai proventi derivanti dalla vendita di energia sul mercato elettrico, strettamente necessari per sostenere l'esercizio dei predetti impianti nel periodo emergenziale ed effettivamente sostenuti a partire dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al comma 1.
Il comma 5 prevede che, nelle ipotesi di cui al comma 2, il Ministro della transizione ecologica adotta le necessarie misure per incentivare l'uso delle fonti rinnovabili.
Il comma 6 prevede che, sino all'adozione dei provvedimenti e degli atti di indirizzo di cui al comma 1 non è riconosciuto alcun corrispettivo a reintegrazione degli eventuali maggiori costi di gestione e di stoccaggio sostenuti dagli impianti di produzione di energia elettrica alimentati con i combustibili di cui al presente articolo.
La lettera b) sostitusce il comma 3 dell'articolo 5-bis del D.L. n. 14/2022 e vi introduce altresì il nuovo comma 3-bis.
Il comma 3 novellato prevede che, tenuto conto della finalità di fronteggiare l'eccezionale instabilità del sistema nazionale del gas naturale derivante dalla guerra in Ucraina e di consentire il riempimento degli stoccaggi di gas per l'anno termico 2022-2023 e della situazione di eccezionalità che giustifica la massimizzazione dell'impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW che utilizzino carbone o olio combustibile, i gestori degli impianti medesimi comunicano all'autorità competente al rilascio dell autorizzazione integrata ambientale le deroghe necessarie alle condizioni autorizzative, per un periodo di sei mesi dalla notifica alla Commissione europea dei regimi derogatori straordinari ai sensi del comma 3-bis. Alla scadenza del termine di sei mesi, qualora la situazione di eccezionalità permanga, i gestori comunicano all'autorità competente le nuove deroghe necessarie alle condizioni autorizzative, indicando il periodo di durata delle stesse che, in ogni caso, non è superiore a sei mesi dalla data della nuova notifica ai sensi del comma 3-bis. Con la medesima comunicazione, i gestori indicano le motivazioni tecniche che rendono necessaria l'attuazione delle deroghe e le condizioni autorizzative temporanee. I valori limite in deroga non possono in ogni caso eccedere, per ciascun impianto, i riferimenti derivanti dai piani di qualità dell'ambiente e dalla normativa unionale, nonché i valori meno stringenti dei BAT-AEL indicati nelle conclusioni sulle BAT di cui all'articolo 3, punto 12), della direttiva 2010/75/UE.
La disposizione richiamata defininsce le «conclusioni sulle BAT» come un documento contenente le parti di un documento di riferimento sulle BAT riguardanti le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l'applicabilità, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito.
L'autorizzazione integrata ambientale è disciplinata nel Titolo III-bis della Parte Seconda del codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006). In base all'articolo 4, comma 4, lettera c), del codice, l'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale. Essa è definita come il provvedimento che autorizza l'esercizio di una installazione rientrante fra quelle di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di essa a determinate condizioni che devono garantire che l'installazione sia conforme ai requisiti di cui al Titolo III-bis ai fini dell'individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c). Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per una o più installazioni o parti di esse che siano localizzate sullo stesso sito e gestite dal medesimo gestore. Nel caso in cui diverse parti di una installazione siano gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni integrate ambientali sono opportunamente coordinate a livello istruttorio.
Il nuovo comma 3-bis prevede che le autorità competenti al rilascio dell autorizzazione integrata ambientale trasmettono le comunicazioni di cui al comma 3 al MITE e predispongono idonee misure di controllo nel rispetto di quanto previsto dall articolo 29-decies (Rispetto delle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale) del codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006), adeguando, ove necessario, il piano di monitoraggio e controllo contenuto nell'autorizzazione integrata ambientale. Il Ministero della transizione ecologica notifica le predette comunicazioni alla Commissione europea, al fine di consentire la valutazione dell'impatto complessivo dei regimi derogatori straordinari, informando l'Autorità competente e il gestore dell'impianto interessato. Tale notifica determina la modifica delle autorizzazioni vigenti per il periodo di cui al comma 3. L'autorità competente assicura adeguata pubblicità alle comunicazioni di cui al comma 3 e agli esiti dei relativi controlli.
Articolo 13
(Gestione dei rifiuti a Roma e altre misure per il Giubileo
della Chiesa cattolica per il 2025)
L’articolo 13 dispone, con riferimento al territorio di Roma capitale, il trasferimento al Commissario straordinario per il Giubileo 2025 - per il periodo del suo mandato - delle competenze regionali in materia di rifiuti previste dal Codice dell'ambiente (adozione del piano rifiuti, regolamentazione dell’attività di gestione dei rifiuti, approvazione dei progetti di nuovi impianti, ecc.). La norma attribuisce al Commissario, sentita la regione Lazio, il potere di provvedere tramite ordinanza in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’UE. É prevista la possibilità di nomina di uno o più subcommissari e si dispone che il Commissario straordinario si avvale di una struttura commissariale anche sulla base di apposite convenzioni con le amministrazioni pubbliche. Viene stabilito che per le condotte poste in essere ai sensi del presente articolo l’azione di responsabilità di cui all’art. 1 della L. n. 20/1994 è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta e che tale limitazione di responsabilità non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. Si stabilisce infine che per ogni opera del programma degli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo 2025 deve essere specificato anche il soggetto attuatore e la percentuale dell’importo complessivo lordo dei lavori che in sede di redazione o rielaborazione del quadro economico di ogni singolo intervento deve essere riconosciuta alla società «Giubileo 2025».
Il comma 1 attribuisce al Commissario straordinario del Governo istituito dall'art. 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) al fine di assicurare gli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025, limitatamente al periodo del relativo mandato e con riferimento al territorio di Roma Capitale, le competenze in materia di gestione dei rifiuti e di autorizzazioni assegnate alle regioni ai sensi degli articoli 196 e 208 del D. Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente).
La relazione illustrativa segnala che “alla luce della recente pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 189 del 2021), la norma intende affrontare l’emergenza derivante dal maggiore afflusso di individui sul territorio di Roma capitale in ragione anche dell’evento religioso Giubileo 2025 per il quale lo Stato ha già adottato norme ad hoc riguardanti altri profili di intervento”.
Si ricorda che con la sent. n. 189 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, a far data dal 29 aprile 2006, dell’art. 6 comma 2, lettere b) e c), quest’ultima limitatamente al riferimento alla lettera b), della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27. Le norme regionali dichiarate incostituzionali prevedevano la delega ai comuni dell’approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e rimorchi, dalla rottamazione dei macchinari e delle apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa autorizzazione alla realizzazione degli impianti, nonché l'approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e la relativa autorizzazione alla realizzazione, e la delega dell’autorizzazione all'esercizio delle attività di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui alle lettere a) e b) del citato art. 6. Nella richiamata pronuncia la Corte costituzionale evidenzia che la disposizione regionale oggetto di censura delegava ai comuni la funzione amministrativa – attinente alla cura del procedimento di autorizzazione alla realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti derivanti dall’autodemolizione e rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti – ad essa conferita con legge nazionale, con ciò incidendo senza esservi abilitata da tale fonte normativa, su una competenza istituita dallo Stato nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La norma precisa che l’attribuzione al Commissario straordinario di tali ulteriori competenze è disposta tenuto anche conto di quanto disposto dall’articolo 114, terzo comma, della Costituzione (a norma del quale Roma è la capitale della Repubblica e la legge dello Stato disciplina il suo ordinamento).
Il comma 421 dell’art. 1 della L. 234/2021 (legge di bilancio 2022), al fine di assicurare gli interventi funzionali alle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica del 2025 nell'ambito del territorio di Roma Capitale, ha previsto la nomina, ai sensi dell’art. 11 della L. n. 400/1988, di un Commissario straordinario del Governo, che resta in carica fino al 31 dicembre 2026. Con decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 2022 è stato nominato commissario straordinario il Sindaco di Roma pro tempore, prof. Roberto Gualtieri. Per approfondimenti si rinvia al commento ai commi 420-443 dell’art. 1 della legge di bilancio 2022 nel relativo dossier dei Servizi studi di Camera e Senato. L’art. 40 del D.L. 36/2022, attualmente in corso di conversione, estende ora le competenze del commissario straordinario agli interventi relativi alla linea di investimento del PNRR in materia di “Caput Mundi - Next Generation EU per grandi eventi turistici”.
In sintesi, l’art. 196 del Codice dell’ambiente, al comma 1, assegna alle regioni le seguenti competenze in materia di gestione dei rifiuti:
a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le province, i comuni e le Autorità d'ambito, dei piani regionali di gestione dei rifiuti, di cui all'art. 199;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, secondo un criterio generale di separazione dei rifiuti di provenienza alimentare e degli scarti di prodotti vegetali e animali o comunque ad alto tasso di umidità dai restanti rifiuti;
c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate di propria competenza;
d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali;
e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all'art. 7, comma 4-bis;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti;
g) la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani;
h) la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione;
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti;
l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi;
m) la specificazione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 214, 215 e 216 (procedure semplificate);
n) la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti;
o) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
p) l'adozione, sulla base di metodologia di calcolo e di criteri stabiliti da apposito decreto ministeriale, delle disposizioni occorrenti affinché gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il proprio fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo.
Il comma 2 dell’art. 196 dispone che per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le regioni si avvalgono anche delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, mentre il comma 3 prevede che le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, fatta eccezione per le discariche.
L’art. 208 del Codice dell’ambiente disciplina l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, prevedendo, tra l’altro, in estrema sintesi, che i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, la quale individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. L’approvazione del progetto da parte della conferenza di servizi sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. L’autorizzazione unica indica, tra gli altri aspetti, i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato, le misure precauzionali e di sicurezza da adottare, la localizzazione dell'impianto autorizzato, la data di scadenza dell'autorizzazione, i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico. Ai sensi del comma 11-bis dell’art. 208, le autorizzazioni concernenti l'incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di efficienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
Il comma 1 precisa che il Commissario straordinario esercita, in particolare, le seguenti competenze:
§ predispone e adotta il piano di gestione dei rifiuti di Roma Capitale, nel rispetto dei criteri di cui all'art. 199 del D. Lgs. n. 152/2006 e degli indirizzi del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti di cui all'art. 198-bis del medesimo decreto legislativo (lettera a);
L'art. 199 del D. Lgs. n. 152/2006, in estrema sintesi, stabilisce che le regioni e le province autonome predispongono e adottano piani di gestione dei rifiuti, applicando la procedura in materia di VAS per la loro approvazione, e provvedono a valutare la necessità di aggiornare il piano almeno ogni sei anni e stabilisce le modalità di comunicazione con il Ministero della transizione ecologica in merito all’adozione o revisione dei piani. Ai sensi del comma 8, la regione approva o adegua il piano entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma Nazionale di cui all'art. 198-bis (v. infra). Il comma 9 dell’art. 199 disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri in caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell'approvare o adeguare il piano.
L’art. 198-bis del D. Lgs. n. 152/2006 – introdotto dal D.Lgs. n. 116/2020 di recepimento delle direttive UE 2018/851 e 2018/852 su rifiuti, imballaggi e rifiuti di imballaggio) – prevede la predisposizione di un Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR) che "fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti" e che contiene, tra l'altro: i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità, e fonte; la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione; l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di macroaree, definite tramite accordi tra Regioni, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero; lo stato di attuazione in relazione al raggiungimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'UE in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi; l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero, con i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macroaree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socioeconomico fra le aree del territorio nazionale.
L'art. 198-bis prevede che il PNGR sia predisposto dal Ministero della transizione ecologica, con il supporto di ISPRA, e approvato, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, con decreto dello stesso Ministro.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede, quale traguardo da raggiungere entro il primo semestre del 2022, l'entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione del PNGR (M2C1.13-R.1.2). Nel testo del PNRR si legge, in proposito, che "a fronte delle evidenze emerse dalla Commissione europea sull'assenza di una rete integrata di impianti di raccolta e trattamento rifiuti attribuibile all'insufficiente capacità di pianificazione delle regioni e, in generale, alla debolezza della governance, risulta necessario sviluppare un programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Il programma, oltre ad evitare procedure di infrazione sui rifiuti, consentirà di colmare le lacune impiantistiche e gestionali. Inoltre, il programma permetterà di migliorare significativamente i dati medi nazionali e di raggiungere gli obiettivi previsti dalla nuova normativa europea e nazionale". Nello stesso PNRR viene altresì evidenziato che a tale intervento di riforma si accompagna la linea di investimento M2C1.1-I.1.1 ("Realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti").
§ regolamenta le attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi (lettera b);
§ elabora e approva il piano per la bonifica delle aree inquinate (lettera c);
§ approva i progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, assicura la realizzazione di tali impianti e autorizza le modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui agli articoli 7, comma 4-bis e 195, comma 1, lettera f), del D. Lgs. n. 152/2006 (lettera d);
L'art. 7, comma 4-bis, del Codice dell’ambiente stabilisce che sono sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all'allegato XII al medesimo decreto – ossia quelli riguardanti le categorie di impianti relativi alle attività industriali – e loro modifiche sostanziali. L’art. 195, comma 1, lettera f), del medesimo Codice dispone che spetta allo Stato l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.
§ autorizza l'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all'art. 7, comma 4-bis, del D. Lgs. n. 152/2006 (lettera e).
Il comma 2, ai fini dell'esercizio dei compiti di cui al comma 1, dispone che:
§ il Commissario straordinario, ove necessario, può provvedere a mezzo di ordinanza, sentita la regione Lazio, in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al D. Lgs. n. 159/2011, delle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D. Lgs. n. 42/2004, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea;
§ le ordinanze adottate dal Commissario straordinario sono immediatamente efficaci e sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
§ la Regione Lazio si esprime entro il termine di quindici giorni dalla richiesta; decorso tale termine, si procede anche in mancanza della pronuncia.
Il comma 3 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Commissario straordinario e la regione Lazio, possono essere nominati uno o più subcommissari e che il Commissario straordinario si avvale di una struttura commissariale anche sulla base di apposite convenzioni con le amministrazioni pubbliche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Viene stabilito che ai subcommissari eventualmente nominati non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Il comma 4 disciplina una clausola di limitazione della responsabilità per il Commissario straordinario. Viene, in particolare, stabilito, al primo periodo, che per le condotte poste in essere ai sensi del presente articolo l’azione di responsabilità di cui all’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta.
Il secondo periodo specifica che la limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. Pertanto, come peraltro già previsto da una disposizione temporanea di carattere generale introdotta dall’art. 21 del decreto-legge n. 76/2020 (si v., infra, ricostruzione), tale limitazione si applica esclusivamente ai danni cagionati da una condotta di tipo commissivo, rimanendo ascrivibile la responsabilità anche a titolo di colpa grave per quelli derivanti da omissione o inerzia del Commissario.
In proposito è utile ricordare che il comma 1 dell'art. 1 della legge n. 20 del 1994 sancisce il carattere personale della responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica (responsabilità erariale), limitando la responsabilità ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Con una novella del 2020 si è precisato che la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.
Di recente, le disposizioni di semplificazione previste dall’art. 21, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020 in materia di responsabilità erariale, hanno limitato con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 al 30 giugno 2023 (il termine originario era il 31 dicembre 2021, successivamente prorogato dall’articolo 51, comma 1, lettera h), del decreto-legge n. 77 del 2021) la responsabilità per danno erariale conseguente ad azioni del soggetto agente al solo dolo, con la precisazione che tale limitazione di responsabilità non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. Pertanto la limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive, mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia il soggetto agente continuerà a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave.
Il comma 5 prevede la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 6 novella l’art. 1, comma 423, della L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022) al fine di modificare, introducendo una normativa di maggior dettaglio, la disciplina in ordine ai contenuti del programma dettagliato degli interventi predisposto dal commissario straordinario ai sensi del comma 422 della citata disposizione. In particolare, in luogo della previgente previsione secondo cui per ogni intervento il programma dettagliato individua il cronoprogramma procedurale, viene introdotta (con il nuovo secondo periodo del comma 423) una più articolata elencazione dei contenuti del medesimo programma, cui è demandato il compito di individuare altresì (oltre al cronoprogramma procedurale):
§ il soggetto attuatore;
§ e la percentuale dell’importo complessivo lordo dei lavori che in sede di redazione o rielaborazione del quadro economico di ogni singolo intervento deve essere riconosciuta alla società «Giubileo 2025» di cui al comma 427.
Si ricorda che i commi da 427 a 432 dell’art. 1 della legge di bilancio 2022 prevedono la costituzione di una società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) denominata “Giubileo 2025” – che agisce anche in qualità di soggetto attuatore e di stazione appaltante per la realizzazione degli interventi e l’approvvigionamento dei beni e dei servizi utili ad assicurare l’accoglienza e la funzionalità del Giubileo 2025 – e ne disciplinano l’organizzazione e i compiti.
Il nuovo terzo periodo del comma 423, introdotto dalla norma in esame, specifica, inoltre, che l’ammontare di detta percentuale è determinato:
§ in ragione della complessità e delle tipologie di servizi affidati alla società «Giubileo 2025»;
§ e non può essere superiore al 2 per cento dell’importo complessivo lordo dei lavori ovvero alla percentuale prevista dalla normativa applicabile tenuto conto delle risorse utilizzate a copertura dei suddetti interventi.
Articoli 14 e 57, comma 3
(Proroga Superbonus e modifiche alla cessione
del credito e norma transitoria)
L’articolo 14 proroga di tre mesi il termine previsto per realizzare il 30 per cento dei lavori effettuati sulle unità immobiliari dalle persone fisiche, soglia necessaria per avvalersi nel 2022 dell’applicazione della detrazione cd. Superbonus al 110 per cento. La norma precisa altresì che il conteggio del 30 per cento va riferito all’intervento nel suo complesso, comprensivo anche dei lavori non agevolati al 110 per cento.
La disposizione interviene anche sulla disciplina della cessione del credito, stabilendo che alle banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo tenuto dalla Banca d'Italia, è sempre consentita la cessione a favore dei clienti professionali privati.
Il comma 3 dell’articolo 57 del provvedimento in esame precisa che le nuove norme in materia di cedibilità del credito si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 28, lett. e)) ha sostituito interamente il comma 8-bis dell’articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 che disciplina la misura della detrazione del Superbonus 110 per cento prevedendo sia dei nuovi termini per avvalersi dell’agevolazione fiscale, che una rimodulazione della percentuale della detrazione stessa per alcuni soggetti beneficiari. In particolare, il terzo periodo del comma 8-bis, come modificato, prevede che per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche, l’agevolazione fiscale spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 a condizione che alla data del 30 giugno 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo (non specificando se si tratta del totale del solo intervento complessivo agevolato al 110 per cento o di tutte le opere da compiere, anche quelle fuori dal beneficio dell’articolo 119).
Si ricorda che nel testo originario del disegno di legge di bilancio 2022 la proroga al 31 dicembre 2022 era prevista per i soli interventi effettuati su unità immobiliari adibite ad abitazione principale dalle persone fisiche, che presentavano un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui.
L'articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 (cd. decreto Rilancio) introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici). La detrazione è ripartita dagli aventi diritto in 5 quote annuali di pari importo e in quattro quote annuali di pari importo per la parte di spesa sostenuta dal 1° gennaio 2022.
La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2022 (nuovo termine introdotto dal comma 66 della legge di bilancio 2021) per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali su unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari, nonché sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due). Il medesimo comma 66 chiarisce che un'unità immobiliare può ritenersi funzionalmente indipendente qualora sia dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l'approvvigionamento idrico; impianti per il gas; impianti per l'energia elettrica; impianto di climatizzazione invernale.
Il comma 28 della legge di bilancio 2022 ha ulteriormente modificato la disciplina, introducendo una serie di proroghe della misura con scadenze differenziate in base al soggetto beneficiario. In sintesi per gli interventi effettuati:
§ dai condomini,
§ dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche, compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all'interno dello stesso condominio o dello stesso edificio,
§ dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri,
§ il beneficio, da ripartire in quattro quote annuali di pari importo, spetta ancora nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, nella misura ridotta al 70% per le spese sostenute nel 2024 e in quella ulteriormente ridotta al 65% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Tale beneficio si applica anche agli interventi effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.
§ da persone fisiche sugli edifici unifamiliari, la detrazione del 110% spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022 a condizione che al 30 giugno siano stati effettuati lavori per almeno il 30% dell'intervento complessivo;
§ dagli Iacp su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti a edilizia residenziale pubblica, ovvero dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa su immobili assegnati in godimento ai propri soci, la detrazione è confermata al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, purché, al 30 giugno 2023, siano stati eseguiti lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo.
Per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici dal 1° aprile 2009, laddove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione spetta comunque nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Gli interventi “trainanti” per i quali è previsto il Superbonus sono:
§ interventi di isolamento termico sugli involucri;
§ sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni;
§ sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti;
§ interventi antisismici.
A queste tipologie di spese trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione però che siano eseguiti congiuntamente ad almeno un intervento trainante (interventi trainati).
Rientrano in questa categoria: interventi di efficientamento energetico, installazione di impianti solari fotovoltaici, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici nonché interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.
Per una panoramica dettagliata della disciplina del superbonus si rinvia alla lettura del dossier: Il superbonus edilizia al 110 per cento - aggiornamento alla legge di bilancio 2022 realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
Sull’applicazione della misura, si segnala che, secondo i dati presentati dall'Enea nel suo Rapporto sul Superbonus 110%, al 30 aprile 2022, erano in corso 155.543 interventi edilizi incentivati, per circa 27,4 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per oltre 30 miliardi. Sono 24.263 i lavori condominiali avviati (64,8% già ultimati), che rappresentano il 48,9 % del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 81.973 (74,1% già realizzati che rappresentano il 33,5% del totale investimenti) e 49.303 (76,6% realizzati che rappresentano il 17,5% degli investimenti). La regione con più lavori avviati è la Lombardia (23.733 edifici per un totale di oltre 4,5 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (19.720 interventi e 2,7 miliardi di euro d'investimenti) e dal Lazio (13.902 interventi già avviati e 2,5 miliardi di euro di investimenti).
La disposizione in esame, comma 1, lettera a), sostituendo il secondo periodo del richiamato comma 8-bis, proroga il sopra citato termine previsto per avvalersi della detrazione a seguito di lavori realizzati su unità immobiliari da persone fisiche. La norma in esame stabilisce infatti che per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arti e professioni, la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 (anziché 30 giugno 2022) siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo.
Come evidenziato anche nella Relazione illustrativa che accompagna il testo, si tratta in particolare dei lavori realizzati sostanzialmente per interventi sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all'interno di edifici plurifamiliari a condizione che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall'esterno.
Circa l’ambito applicativo della norma si consiglia la lettura della Circolare 24/E del 2020 dell’Agenzia delle entrate dove, tra l’altro, si precisa che: per edificio unifamiliare si intende un’unica unità immobiliare di proprietà esclusiva, funzionalmente indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinato all’abitazione di un singolo nucleo familiare. Una unità immobiliare può ritenersi «funzionalmente indipendente» qualora sia dotata di installazioni o manufatti di qualunque genere, quali impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento di proprietà esclusiva. La presenza, inoltre, di un «accesso autonomo dall’esterno», presuppone, ad esempio, che «l’unità immobiliare disponga di un accesso indipendente non comune ad altre unità immobiliari chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o giardino di proprietà esclusiva». Le «unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari», alle quali la norma fa riferimento, vanno individuate verificando la contestuale sussistenza del requisito della «indipendenza funzionale» e dell’«accesso autonomo dall’esterno», a nulla rilevando, a tal fine, che l’edificio plurifamiliare di cui tali unità immobiliari fanno parte sia costituito o meno in condominio. Pertanto, l’unità abitativa all’interno di un edificio plurifamiliare dotata di accesso autonomo fruisce del Superbonus autonomamente, indipendentemente dalla circostanza che la stessa faccia parte di un condominio o disponga di parti comuni con altre unità abitative (ad esempio il tetto).
La norma precisa altresì che, ai fini del computo del 30 per cento dell'intervento complessivo, possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi dell’articolo 119 (ovvero non solo gli interventi trainanti e trainati sopra descritti). Pertanto i lavori necessari per la realizzazione dell’intervento complessivo non devono essere separatamente computati nel conteggio del 30 per cento, ma deve essere valutata la generalità dei lavori in corso, comprendendo anche gli interventi diversi da quelli rientranti nel Superbonus.
A tale proposito, si ricorda che l’Agenzia delle entrate, in una risposta a una FAQ del 3 febbraio 2022 che chiedeva conferma che per il calcolo del 30% dei lavori complessivi, tale percentuale vada “commisurata all'intervento complessivamente considerato” (risposta ad interpello n. 791/2021) comprendendo, quindi, non solo tutti gli interventi programmati al 110%, ma anche quelli a diverse percentuali di detrazione (es. spese di ristrutturazione detraibili al 50%), rispondeva che: “la risposta all’interpello n. 791/2021 si riferisce all’applicazione del comma 8-bis dell’articolo 119 del decreto rilancio, nella formulazione vigente al 31 dicembre 2021, riferito all’ampliamento temporale dell’agevolazione in taluni casi specifici. In particolare, la disposizione pro tempre vigente stabiliva che le persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa o di arti e professioni, potevano fruire del Superbonus con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022. Ciò a condizione, tuttavia, che al 30 giugno di tale anno fossero stati effettuati almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo. In tale contesto è stato, pertanto, precisato che, stante la formulazione della norma, la predetta percentuale andava commisurata all'intervento complessivamente considerato e non solo ai lavori ammessi al Superbonus. Tale criterio si ritiene valido anche con riferimento alle nuove disposizioni contenute nel citato comma 8-bis dell’articolo 119 del decreto Rilancio, come sostituito dalla legge di bilancio 2021”.
La lettera b), numero 1), sostituisce interamente l’ultimo periodo dell'articolo 121, comma 1, lettera a), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che consente di fruire delle agevolazioni fiscali in materia edilizia ed energetica mediante sconto in fattura (recuperato dai fornitori mediante credito di imposta cedibile) mentre il numero 2), sostituisce (introducendo un periodo identico al numero 1)) l’ultimo periodo dell'articolo 121, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che consente di fruire delle agevolazioni mediante credito di imposta cedibile.
Le norme sostituite, introdotte dall’articolo 29-bis decreto legge n.17 del 2022, avevano elevato da tre (la seconda e la terza esclusivamente a favore di banche, intermediari finanziari e società appartenenti a un gruppo bancario vigilato, nonché di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia) a quattro il numero di cessioni effettuabili con riferimento ai predetti crediti di imposta. In particolare veniva prevista la facoltà di un’ultima cessione, da parte delle sole banche a favore dei soggetti coi quali abbiano concluso un contratto di conto corrente.
Per effetto delle modifiche in esame il comma 1 dell’articolo 121, in luogo di consentire una quarta cessione rivolta a favore dei correntisti, si stabilisce che alle sole banche, ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo tenuto dalla Banca d'Italia (di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), è sempre consentita la cessione a favore dei clienti professionali privati di cui all’articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.
In pratica, le banche e le società appartenenti ad un gruppo bancario possono cedere direttamente il credito ai correntisti che siano clienti professionali, della banca stessa o della banca capogruppo, senza la necessità che sia stato previamente esaurito il numero di cessioni a favore dei soggetti qualificati sopra indicati.
A tale proposito si ricorda che per clienti professionali privati, secondo l’Allegato n.3 del Regolamento Consob, recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si intendono:
1) i soggetti che sono tenuti a essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali:
a) banche;
b) imprese di investimento;
c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati;
d) imprese di assicurazione;
e) organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi;
f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi;
g) i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci;
h) soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché al sistema di compensazione e garanzia (locals);
i) altri investitori istituzionali;
l) agenti di cambio;
2) le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:
- totale di bilancio: 20 000 000 EUR;
- fatturato netto: 40 000 000 EUR;
- fondi propri: 2 000 000 EUR;
3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie.
Si ricorda altresì che gli intermediari possono trattare i clienti diversi da quelli sopra indicati, che ne facciano espressa richiesta, come clienti professionali (clienti professionali su richiesta), purché siano rispettati i criteri e le procedure menzionate nel medesimo allegato.
Si evidenzia inoltre che tale intervento normativo sembra accogliere, in parte, l’impegno contenuto nella risoluzione n. 6-00220, riferita al Documento di economia e finanza 2022, che chiedeva, tra l’altro, di prorogare il termine previsto dal comma 28, lettera e), dell'articolo 1, della legge di bilancio 2022 per le abitazioni unifamiliari, specificando che la percentuale del 30 per cento dell'intervento complessivo sia riferito al complesso dei lavori e non ai singoli lavori oggetto dell'intervento, valutando la possibilità di prevedere, da parte delle banche, il frazionamento del credito, qualora esso sia ceduto ai propri correntisti, anche in maniera frazionata per importo e annualità; a valutare la possibilità di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto rilancio a soggetti diversi da banche, istituti finanziari e assicurazioni consentendo la cessione non solo ad esaurimento del numero delle possibili cessioni attualmente previste, ma anche prima.
In tema di frazionamento del credito si segnala una FAQ pubblicata il 19 maggio 2022 dall'Agenzia delle entrate che precisa che il divieto di cessione parziale si intende riferito all'importo delle singole rate annuali in cui è stato suddiviso il credito ceduto da ciascun soggetto titolare della detrazione; pertanto, le cessioni successive potranno avere ad oggetto (per l'intero importo) anche solo una o alcune delle rate di cui è composto il credito; le altre rate (sempre per l'intero importo) potranno essere cedute anche in momenti successivi, ovvero utilizzate in compensazione tramite modello F24 (in tale ultima eventualità, anche in modo frazionato). Invece, le singole rate non potranno essere oggetto di cessione parziale o in più soluzioni. Le suddette disposizioni si applicano ai crediti derivanti dalle prime cessioni e dagli sconti in fattura comunicati all’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° maggio 2022, che saranno caricati, come di consueto, entro il giorno 10 del mese successivo.
L’articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. Rilancio) consente, in origine per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune agevolazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di sconti sui corrispettivi, ovvero crediti d’imposta cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.
Si permette in particolare, in favore di chi sostiene spese in materia edilizia ed energetica per le quali è previsto un meccanismo di detrazione dalle imposte sui redditi, di usufruire di tali agevolazioni sotto forma, alternativamente, di:
§ un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, che viene anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi, il quale può recuperarlo sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti;
§ per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, originariamente cedibile in successione ulteriore ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con trasformazione della detrazione in credito di imposta solo all’atto della cessione ad altri soggetti.
L’opzione si può esercitare in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. In particolare, per gli interventi di cui all’articolo 119 del provvedimento in esame (cd. ecobonus, sismabonus, incentivi per il fotovoltaico e per l’installazione di colonnine elettriche) gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento.
Le norme suddette si applicano alle spese relative agli interventi di:
a) recupero del patrimonio edilizio (di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917): manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia sulle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari;
b) efficienza energetica (di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 119 del decreto Rilancio);
c) adozione di misure antisismiche (di cui all’articolo 16, commi da 1-bis e 1-ter a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, e di cui al comma 4 del richiamato articolo 119);
d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate) ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219, della legge di bilancio 2020 (27 dicembre 2019, n. 160), ivi compresi i lavori di rifacimento della facciata, che non siano di sola pulitura o tinteggiatura esterna, e che riguardino interventi influenti dal punto di vista termico o interessino oltre il 10 per cento dell'intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio;
e) installazione di impianti fotovoltaici, di cui al già richiamato articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del TUIR e di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 119 del decreto Rilancio;
f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (di cui all’articolo 16-ter del richiamato decreto-legge n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 dell'articolo 119);
f-bis) superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all'articolo 119-ter del decreto legge 34 del 2020).
I crediti d’imposta cedibili sono utilizzati in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), sulla base delle rate residue di detrazione non fruite, e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.
L’Agenzia delle entrate ha attuato le relative norme con il provvedimento dell’8 agosto 2020 e con il provvedimento del 29 luglio 2021.
Successivamente, il decreto-legge n. 157 del 2021 ha rafforzato i presidi per la fruizione di alcuni crediti d’imposta e delle detrazioni per lavori edilizi, anche attraverso lo sconto in fattura e la cessione del credito.
In sintesi, le disposizioni del predetto decreto-legge:
- hanno esteso l’obbligo del visto di conformità anche al caso in cui il c.d. Superbonus sia utilizzato in detrazione nella dichiarazione dei redditi, fatta eccezione per il caso in cui la dichiarazione è presentata direttamente dal contribuente, attraverso l’utilizzo della dichiarazione precompilata predisposta dall’Agenzia delle entrate ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale;
- hanno previsto che per stabilire la congruità dei prezzi, da asseverarsi da un tecnico abilitato, occorre fare riferimento anche ai valori massimi stabiliti, per talune categorie di beni, con decreto del Ministro della transizione ecologica;
- hanno introdotto l’obbligo del visto di conformità anche in caso di opzione per la cessione del credito o sconto in fattura relativa alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al Superbonus 110% e l’obbligo di asseverazione della congruità di prezzi, da operarsi a cura dei tecnici abilitati;
- hanno riconosciuto all’Agenzia delle Entrate la possibilità di sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, l’efficacia delle comunicazioni telematiche necessarie per l’esercizio dell’opzione della cessione del credito e dello sconto in fattura, nei casi in cui vengano riscontrati particolari profili di rischio;
- hanno chiarito i poteri dell'Agenzia delle entrate nell'ambito dei controlli su Superbonus, sconto in fattura, cessione del credito e sulle agevolazioni e i contributi a fondo perduto, da essa erogati, introdotti a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, consentendo all’Agenzia di esercitare i poteri di accertamento e controllo delle imposte dei redditi e dell’IVA, consentendo di emanare un atto di recupero per gli importi dovuti e non versati.
Dopo l’emanazione del decreto-legge n. 157 l’Agenzia delle entrate ha pubblicato:
- il 12 novembre 2021, il nuovo modello per comunicare l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio;
- il 29 novembre 2021, la Circolare n. 16/2021 che contiene i chiarimenti sulle misure antifrode introdotte dal menzionato decreto-legge n. 157;
- il provvedimento del 1 dicembre 2021, con la definizione dei criteri e delle modalità per la sospensione delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate all’Agenzia delle entrate;
Sul punto è intervenuta poi la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 29 della legge n. 234 del 2021) che ha prorogato:
§ agli anni 2022, 2023 e 2024 la facoltà dei contribuenti di usufruire delle detrazioni fiscali concesse per gli interventi in materia edilizia ed energetica, alternativamente, sotto forma di sconto in fattura o credito d’imposta cedibile anche a banche e intermediari finanziari;
§ al 31 dicembre 2025 la facoltà di optare per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, in luogo della detrazione fiscale, per le spese sostenute per gli interventi coperti dal cd. Superbonus.
Durante l’esame parlamentare sono state trasfuse nella norma alcune disposizioni del decreto-legge n. 157, contestualmente abrogato (con salvezza degli effetti nel frattempo prodottisi) e sono state previste specifiche novità: si è chiarito che rientrano tra le spese detraibili anche quelle sostenute per il rilascio del visto di conformità, nonché delle asseverazioni e attestazioni previste dalla legge, sulla base dell’aliquota di detrazione fiscale pervista per ciascuna tipologia di intervento.
È stato escluso l’obbligo del visto di conformità per le opere di edilizia libera e per gli interventi di importo complessivo non superiore a 10.000 euro, eseguiti sulle singole unità immobiliari o sulle parti comuni dell’edificio, fatta eccezione per gli interventi relativi al cd. bonus facciate.
L’articolo 28 del decreto-legge Sostegni-ter (decreto-legge n. 4 del 2022) è ulteriormente intervenuto sulla disciplina dell’utilizzo delle agevolazioni fiscali per gli interventi edilizi mediante sconto in fattura e cessione del credito, nonché dei crediti di imposta riconosciuti in ragione dell’emergenza da COVID-19. Ove il contribuente usufruisca delle detrazioni per interventi edilizi sotto forma di sconto sul corrispettivo ovvero opti per la trasformazione delle detrazioni in crediti d’imposta cedibili, in luogo di consentire una sola cessione del credito d'imposta (comma 1 del testo originariamente previsto dall'articolo in esame, già abrogato dal decreto legge n. 13 del 2022), le norme permettono di effettuare due ulteriori cessioni, ma solo a banche, intermediari finanziari e società appartenenti a un gruppo bancario vigilati, ovvero a imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, ferma restando l’applicazione delle norme in materia di antiriciclaggio per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima. Analoghe previsioni sono disposte per la cessione dei crediti di imposta riconosciuti in base a provvedimenti emanati per fronteggiare l'emergenza da COVID-19. Per le predette agevolazioni, dunque, in luogo di una sola cessione viene prevista la possibilità di effettuarne tre in totale. Successivamente l'articolo 29-bis del decreto legge n.17 del 2022 ha eleva da tra a quattro il numero di cessioni effettuabili con riferimento ai predetti crediti di imposta. In particolare con le modifiche viene prevista la facoltà di una ultima cessione, da parte delle sole banche a favore dei soggetti coi quali abbiano concluso un contratto di conto corrente.
I crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura o per la cessione non possono formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell’opzione all’Agenzia delle entrate, a partire dalle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate dal 1° maggio 2022.
Per i crediti che alla data del 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di cessione o sconto in fattura, viene consentita esclusivamente una ulteriore cessione ad altri soggetti.
Con Provvedimento del 3 febbraio 2022 l’Agenzia delle entrate ha emanato le disposizioni di attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto-legge Rilancio, per l’esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.
L’Agenzia delle entrate pubblica, sul proprio sito internet, le FAQ relative ai bonus edilizi, in aggiornamento.
Il comma 3 dell’articolo 57 del provvedimento in esame (disposizioni transitorie) precisa che le sopra descritte disposizioni di cui all'articolo 14, comma 1, lettera b), si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
Il comma 2 dell’articolo 14 provvede alla copertura finanziaria stabilendo che agli oneri derivanti dalle disposizioni dell’articolo in esame, valutati in 1,2 milioni di euro per l'anno 2022, 127,6 milioni di euro per l'anno 2023, 130,2 milioni di euro per l'anno 2024, 122,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e 3,1 milioni di euro per l'anno 2033, si provvede ai sensi dell'articolo 58 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
Articolo 15
(Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese tramite garanzie prestate da SACE S.p.A.)
L’articolo 15 contiene una misura finalizzata a sopperire alle esigenze di liquidità delle imprese con sede in Italia, riconducibili alle conseguenze economiche negative derivanti dalla aggressione militare russa contro la Repubblica ucraina.
L'efficacia della misura è subordinata, ai sensi del comma 14, alla previa approvazione della Commissione Europea ai sensi dell'art.108 TFUE.
Segnatamente, il comma 1 autorizza SACE S.p.A. a concede, fino al 31 dicembre 2022, garanzie, in conformità alla normativa europea in tema di aiuti di Stato, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma in favore delle imprese - ivi inclusa l’apertura di credito documentaria finalizzata a supportare le importazioni verso l’Italia di materie prime o fattori di produzione la cui catena di approvvigionamento sia stata interrotta o abbia subito rincari per effetto dalla crisi attuale. L’impresa deve dimostrare che la crisi in atto comporta dirette ripercussioni economiche negative sulla sua attività.
Ai sensi del comma 2, la garanzia copre il capitale, gli interessi e gli oneri accessori fino all'importo massimo garantito, e opera a prima richiesta, è esplicita, irrevocabile e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale. Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dal rilascio delle garanzie è accordata di diritto, ai sensi del comma 10, la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni trattenute per l’acquisizione, gestione, ristrutturazione e recupero degli impegni connessi alle garanzie.
Ai sensi del comma 13, SACE S.p.A. assume gli impegni a valere sulle risorse disponibili del Fondo a copertura degli oneri statali già costituito per la “Garanzia Italia SACE” a sostegno della liquidità delle imprese colpite dagli effetti della pandemia da COVID-19. La nuova garanzia SACE qui prevista può essere concessa entro l’importo complessivo massimo dei 200 miliardi della “Garanzia Italia SACE” previsto dal decreto-legge n. 23/2020.
Inoltre, ai sensi del comma 7, si applicano in quanto compatibili, le disposizioni che disciplinano la “Garanzia Italia SACE” - di cui al citato articolo 1 e, per le imprese cd. “mid cap”, all’articolo 1-bis del decreto-legge n. 23/2020 – ai fini della determinazione, nei casi di imprese beneficiarie appartenenti a gruppi di imprese, della percentuale di garanzia applicabile (le cui soglie sono comunque indicate nel successivo comma 5, lett. c)), e di ogni altra disposizione operativa riguardante lo svolgimento dell’istruttoria per il rilascio della garanzia, incluso quanto disposto in merito alle operazioni di cessione del credito pro-solvendo o pro-soluto.
I commi 3 e 4 delimitano l’ambito soggettivo della garanzia, indicando le imprese che possono beneficiarne. Possono accedere alla garanzia le imprese che alla data del 31 gennaio 2022 non si trovavano in situazione di difficoltà e in ogni caso, sono escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria (comma 3). Sono poi in ogni caso escluse le imprese soggette alle sanzioni adottate dall’Unione europea (comma 4).
Il comma 5 indica le condizioni per usufruire della garanzia e in quale misura percentuale può essere concessa: è rilasciata entro il 31 dicembre 2022, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di preammortamento non superiore a 36 mesi. La garanzia copre l'importo del finanziamento entro limiti - 70, 80 o 90 per cento - inversamente proporzionali al fatturato dell’impresa e al numero di dipendenti:
a) 90 per cento per imprese con non più di 5000 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro;
b) 80 per cento per imprese con fatturato superiore a 1,5 miliardi e fino a 5 miliardi o con più di 5000 dipendenti in Italia;
c) 70 per cento per le imprese con fatturato superiore a 5 miliardi di euro.
Il comma 6 disciplina le condizioni di cumulo della misura in esame con altri interventi di sostegno, in conformità alla disciplina UE sugli aiuti di Stato.
Quanto alle procedure di rilascio delle garanzie, per le imprese di minori dimensioni (con non più di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro) o per finanziamenti sino ad un importo garantito predeterminato (non eccedente 375 milioni) si applica, ai sensi del comma 8, la procedura semplificata di accesso di cui al decreto-legge n. 23/2020 per la “Garanzia Italia SACE”.
Nel caso di dimensioni e soglie più elevate, l’efficacia della garanzia è subordinata, ai sensi del comma 9, ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A., tenendo in considerazione il ruolo che l'impresa beneficiaria svolge rispetto ad aree e profili di rilievo per il tessuto economico italiano (sviluppo tecnologico, rete logistica, infrastrutture critiche e strategiche, livelli occupazionali, filiera produttiva strategica).
Ai sensi del comma 11, SACE S.p.A. svolge anche per conto del Ministero dell'economia e delle finanze le attività di escussione della garanzia e di recupero dei crediti, che può altresì delegare a terzi e/o agli stessi garantiti.
Ai sensi del comma 12, i finanziatori devono fornire un rendiconto periodico a SACE S.p.A. circa l’attuazione della misura e la Società ne riferisce periodicamente al Ministero dell'economia e delle finanze.
L’articolo 15 contiene una misura finalizzata a sopperire alle esigenze di liquidità delle imprese con sede in Italia, diverse dalle banche e da altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito, riconducibili – come precisa il comma 1 - alle conseguenze economiche negative derivanti dalla aggressione militare russa contro la Repubblica ucraina, dalle sanzioni imposte dall’UE dai partner internazionali nei confronti della Federazione Russia e della Bielorussia e dalle eventuali misure ritorsive adottate dalla Federazione Russa.
L'efficacia della misura è subordinata, ai sensi del comma 14, alla previa approvazione della Commissione Europea ai sensi dell'art.108 TFUE.
Segnatamente, il comma 1 autorizza SACE S.p.A. a concedere, fino al 31 dicembre 2022, garanzie, in conformità alla normativa europea in tema di aiuti di Stato, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma in favore delle imprese - ivi inclusa l’apertura di credito documentaria finalizzata a supportare le importazioni verso l’Italia di materie prime o fattori di produzione la cui catena di approvvigionamento sia stata interrotta o abbia subito rincari per effetto dalla crisi attuale.
Ai fini dell’accesso alla garanzia l’impresa deve dimostrare che la crisi in atto comporta dirette ripercussioni economiche negative sull’attività d’impresa in termini di contrazione della produzione o della domanda dovuta a perturbazioni nelle catene di approvvigionamento dei fattori produttivi, in particolare materie prime e semilavorati, o a rincari dei medesimi fattori produttivi o dovute a cancellazione di contratti con controparti aventi sede legale nella Federazione russa o nella Repubblica della Bielorussia, o nella Repubblica Ucraina, ovvero che l’attività d’impresa sia limitata o interrotta quale conseguenza immediata e diretta, dei rincari dei costi per energia e gas riconducibili alla crisi in atto e che le esigenze di liquidità siano ad esse riconducibili.
A tale riguardo appare opportuno evidenziare come lo schema di garanzia previsto dall’articolo qui in commento, quanto al periodo di efficacia e alle condizioni, per le quali si rinvia infra, ai successivi commi 3-5, e per esplicita previsione contenuta nel comma 6, si richiami, in particolare (ma non solo), alla disciplina prevista dal Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, approvato con la Comunicazione della Commissione (2022/C 131 I/01), pubblicata in GUUE del 24 marzo 2022.
In particolare, la norma segue i criteri della Sezione 2.2 del Quadro che consente agli Stati membri - a date condizioni meglio descritte nel Box successivo e nel relativo tema dell’attività parlamentare – di concedere garanzie pubbliche sui finanziamenti bancari alle imprese colpite dalla crisi. Le misure dal Quadro devono essere previamente notificate e autorizzate alla Commissione UE.
Quanto alla disciplina sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto di crisi seguito all’aggressione della Russia all’Ucraina, nella Comunicazione RepowerEU (COM (2022) 108 def) dell’8 marzo la Commissione ha espresso l’intenzione di avvalersi appieno della flessibilità in materia di aiuti di Stato per consentire agli Stati membri di sostenere le imprese e i settori duramente colpiti dagli attuali sviluppi geopolitici. Per consentire agli Stati membri di ovviare alle gravi perturbazioni dell'economia causate dall'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina, la Commissione ha preannunciato un nuovo e autonomo quadro temporaneo per le crisi e la definizione del relativo ambito di applicazione.
Tale quadro – si legge nella Comunicazione – è volto a consentire di fornire sostegno alla liquidità a tutte le imprese colpite direttamente o indirettamente dalla crisi e aiuti alle imprese, in particolare quelle ad alta intensità energetica, affinché possano compensare parzialmente l'aumento dei costi dell'energia dovuto allo shock dei prezzi verificatosi dopo l'invasione russa.
Il nuovo Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina è stato approvato con la Comunicazione della Commissione (2022/C 131 I/01), pubblicata in GUUE del 24 marzo 2022[15].
Gli aiuti sono consentiti dal nuovo quadro, per un periodo limitato, fino al 31 dicembre 2022[16] ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b) TFUE (che consente alla Commissione di dichiarare compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economica di uno Stato membro) e alle specifiche condizioni indicate dal Quadro stesso. Le misure di aiuto previste come ammissibili dal Quadro devono essere notificate alla Commissione UE.
Il Quadro - come quello già adottato e vigente per fronteggiare la crisi economica da COVID-19 – (cfr. apposito tema) è suddiviso in Sezioni e in sottosezioni, che disciplinano le tipologie di aiuti e i criteri per l’ammissibilità degli stessi.
Le tipologie di aiuti ammissibili sono indicati nella Sezione 2.
Gli aiuti di importo limitato sono trattati alla sezione 2.1.
Si tratta di aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme (quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni), ammissibili a condizione che l’importo complessivo concesso alle imprese colpite dalla crisi non superi in alcun momento i 400 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o altro onere). L’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale e non oltre il 31 dicembre 2022. Per le imprese attive nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, pesca e acquacoltura l’importo complessivo dell’aiuto non deve superare in alcun momento i 35 mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta o altro onere). Le misure concesse sotto forma di anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti o altri strumenti rimborsabili possono essere convertite in altre forme di aiuto, come le sovvenzioni, purché entro il 30 giugno 2023 e siano rispettate le condizioni della sezione.
È ammesso il sostegno alla liquidità sotto forma di garanzie ai sensi della sottosezione 2.2 del Quadro. Tali aiuti non sono cumulabili, per lo stesso capitale di prestito sottostante con i prestiti pubblici agevolati consentiti dalla sezione 2.3 (Sostegno alla liquidità sotto forma di prestiti agevolati) e viceversa, né le stesse tipologie di aiuti concessi a norma del quadro temporaneo per la COVID-19. Le garanzie possono essere cumulate con gli aiuti concessi per prestiti diversi, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi i massimali consentiti (cfr. infra).
Un beneficiario può fruire contemporaneamente di molteplici misure previste dalla Sezione, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi i massimali consentiti.
Le condizioni di ammissibilità per la concessione delle garanzie sono le seguenti:
· le garanzie pubbliche sono su nuovi prestiti individuali concessi alle imprese;
· per ciascun singolo prestito i premi di garanzia sono fissati a un livello minimo, che aumenterà progressivamente man mano che aumenta la durata del prestito garantito, come indicato nella tabella seguente:
In alternativa, gli Stati possono, utilizzando la tabella, notificare i regimi per i quali sia possibile modulare la durata della garanzia, i premi di garanzia e la copertura della garanzia per ciascun prestito individuale (ad es., una copertura inferiore compensata da una durata più lunga o consentire premi di garanzia di importo inferiore). Inoltre, può essere applicato un premio fisso per l’intera durata della garanzia, se è superiore ai premi minimi indicati nella tabella per il 1° anno e per ciascun tipo di beneficiario, aggiustato in funzione della durata e della copertura della garanzia;
· le garanzie devono essere concesse entro e non oltre il 31 dicembre 2022;
· l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario, per i quali è concessa una garanzia in applicazione della presente sezione, non deve superare:
(i) il 15 % del fatturato annuo totale negli ultimi tre periodi contabili chiusi, oppure
(ii) il 50 % dei costi energetici nei 12 mesi precedenti il mese di presentazione della domanda di aiuto
(iii) sulla base di un’opportuna giustificazione fornita dallo Stato alla Commissione (ad es., le sfide che il beneficiario deve affrontare durante la crisi attuale), l’importo del prestito può essere aumentato fino a coprire il fabbisogno di liquidità dal momento della concessione per i seguenti 12 mesi per le PMI e per i seguenti 6 mesi per le grandi imprese. Il fabbisogno di liquidità già coperto dalle misure di aiuto nell’ambito del quadro temporaneo per la COVID-19 non può essere coperto dalle misure adottate a norma della comunicazione qui in esame. Il fabbisogno di liquidità dovrebbe essere stabilito mediante autocertificazione da parte del beneficiario;
· la durata della garanzia, a meno che sia stata modulata, è limitata a un massimo di sei anni e la garanzia non deve eccedere:
(i) il 90% del capitale di prestito in caso di perdite subite in modo proporzionale, e alle stesse condizioni, dall’ente creditizio e dallo Stato; oppure
(ii) il 35% del capitale di prestito, se le perdite siano dapprima attribuite allo Stato e solo successivamente agli enti creditizi (ad esempio, se si tratta di una garanzia di prima perdita);
(iii) in entrambi i casi, quando l’entità del prestito diminuisce nel tempo, ad esempio perché il prestito inizia a essere rimborsato, l’importo garantito deve diminuire proporzionalmente;
· la garanzia riguarda tanto i prestiti per gli investimenti che quelli per il capitale di esercizio;
· le garanzie possono essere fornite direttamente ai beneficiari finali o agli enti creditizi e ad altri istituti finanziari in qualità di intermediari finanziari, i quali dovrebbero, nella misura più ampia possibile, trasferire ai beneficiari finali i vantaggi delle garanzie pubbliche.
Ai sensi del comma 2, la garanzia copre il capitale, gli interessi e gli oneri accessori fino all'importo massimo garantito, opera a prima richiesta, è esplicita, irrevocabile ma deve essere comunque conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza prudenziale ai fini della migliore mitigazione del rischio.
Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie è accordata di diritto, ai sensi del comma 10, la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata.
La garanzia dello Stato è esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio, al netto delle commissioni trattenute per l’acquisizione, gestione, ristrutturazione e recupero degli impegni connessi alle garanzie.
Ai sensi del comma 13, SACE S.p.A. assume gli impegni a valere sulle risorse disponibili del Fondo a copertura degli oneri statali già costituito per la “Garanzia Italia SACE” a sostegno della liquidità delle imprese colpite dagli effetti della pandemia da COVID-19 dall’articolo 1, comma 14 del decreto-legge n. 23/2020 (L. n. 40/2020)).
Il Fondo di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge n. 23/2020 (L. n. 40/2020) è stato inizialmente dotato di 1 miliardo milioni di euro per l'anno 2020. Successivamente, l’articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 34/2020 (L. n. 77/2020) ha rifinanziato il fondo di 30 miliardi di euro per l'anno 2020, di cui 1,7 miliardi destinati alla sezione speciale, istituita dall'articolo 35, comma 5 del medesimo decreto legge, relativa alle Garanzie SACE in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine.
La nuova garanzia SACE qui prevista può essere concessa entro l’importo complessivo massimo dei 200 miliardi della “Garanzia Italia SACE” dal citato decreto legge n. 23/2020 (articolo 1, comma 1).
Lo schema di garanzia qui in esame si serve dunque delle risorse ancora disponibili della stessa Garanzia Italia SACE.
Secondo le informazioni della “Task Force” costituita per promuovere l’attuazione delle misure a sostegno della liquidità adottate dal Governo per far fronte all’emergenza Covid-19, di cui fanno parte Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dello Sviluppo Economico, Banca d’Italia, Associazione Bancaria Italiana, Mediocredito Centrale e SACE, alla data del 4 maggio 2022, attraverso 'Garanzia Italia' SACE i volumi dei prestiti garantiti salgono a circa 34,5 miliardi di euro, per un totale di 5.201 operazioni[17].
La relazione tecnica al decreto legge in esame evidenzia che le risorse libere sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge n. 23/2020 a copertura degli oneri statali sulle suddette garanzie SACE ammontano a 24 miliardi di euro, al netto degli accantonamenti di cui all’articolo 8, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 21/2022.
Si rammenta che l’articolo 8, del decreto-legge n. 21/2022 consente a SACE S.p.A. di rilasciare le proprie garanzie in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, entro un limite massimo di impegni pari a 9.000 milioni di euro, alle condizioni e secondo le modalità di cui agli articoli 1 e 1-bis.1 del decreto-legge n. 23/2020 (L. n. 40/2020), al fine di sostenere le specifiche esigenze di liquidità derivanti dai piani di rateizzazione concessi dai fornitori di energia elettrica e gas naturale con sede in Italia ai sensi del comma 1 del medesimo articolo[18]. Il comma 3 autorizza poi SACE S.p.A., per le medesime finalità, a concedere in favore delle imprese di assicurazione autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni una garanzia pari al 90 per cento degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia, per effetto dell'inadempimento da parte delle imprese con sede in Italia che presentano un fatturato non superiore a 50 milioni di euro alla data del 31 dicembre 2021, del debito risultante dalle fatture emesse entro il 30 giugno 2023 relative ai consumi energetici effettuati fino al 31 dicembre 2022, conformemente alle modalità declinate dall’analogo schema di garanzia contenuto nell’articolo 35 del decreto-legge 34/2020.
Il comma 4 accorda di diritto, sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie di cui ai commi 2 e 3, la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività sarà registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. Il comma 6 istituisce nell'ambito del Fondo per le garanzie rilasciate da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 23/2020 (L. 40/2020), due sezioni speciali, con autonoma evidenza contabile a copertura delle garanzie di cui ai commi 2 e 3, con una dotazione iniziale pari rispettivamente a 900 milioni di euro e 2000 milioni di euro alimentate, altresì, con le risorse finanziarie versate a titolo di remunerazione della garanzia al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A.
Ai sensi del comma 7, si applicano in quanto compatibili, le disposizioni che disciplinano la “Garanzia Italia SACE” - di cui al citato articolo 1 e, per le imprese cd. “mid cap”, all’articolo 1-bis del decreto-legge n. 23/2020 – ai fini della determinazione, nei casi di imprese beneficiarie appartenenti a gruppi di imprese, della percentuale di garanzia applicabile (le cui soglie sono comunque indicate nel successivo comma 5, lett. c)), e di ogni altra disposizione operativa riguardante lo svolgimento dell’istruttoria finalizzata al rilascio della garanzia qui in esame, incluso quanto disposto in merito alle operazioni di cessione del credito con o senza garanzia di solvenza (pro-solvendo o pro-soluto).
Per far fronte alla grave emergenza economica determinata dalla pandemia da coronavirus, e sostenere la liquidità del sistema produttivo, fortemente colpito dalle misure restrittive di contrasto all’espansione del virus, il decreto-legge n. 23/2020 delinea uno schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI (articolo 1 e articolo 13). Il quadro straordinario di misure di intervento opera sino al 30 giugno 2022, ai sensi di quanto consentito dalla disciplina quadro europea sugli aiuti di Stato nell’attuale contesto pandemico "Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak", cd. "Temporary Framework" della Commissione UE.
L'articolo 1 del decreto-legge n. 23/2020, convertito in L. n. 40/2020, ha autorizzato SACE S.p.A a concedere garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19.
Possono beneficiare dei finanziamenti garantiti le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI[19], nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.
Sono escluse dal beneficio le società, direttamente o indirettamente, controllanti o controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali.
L'operatività della misura, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 2020, è stata dapprima prorogata fino al 30 giugno 2021 con la legge di bilancio 2021, l. n. 178/2020, art. 1, co. 206, lett. a)) , successivamente, sino al 31 dicembre 2021 dal decreto-legge n. 73/2021(articolo 13, comma 1, lett. a)), da ultimo con la legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 59) al 30 giugno 2022.
Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti.
Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e, a tal fine, è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze. La dotazione iniziale del Fondo era pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il decreto-legge n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo, di 30.000 milioni di euro per l'anno 2020 destinando, di tale importo, 1.700 milioni di euro alle garanzie rilasciate da SACE in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali, ai sensi dell’art. 35 del medesimo decreto (articolo 31, comma 1). Gli stanziamenti a favore del Fondo sono dunque complessivamente pari a 29,3 miliardi di euro (articolo 31).
La garanzia SACE è rilasciata – secondo quanto attualmente dispone la disciplina vigente - entro il 30 giugno 2022, sulla base di una serie di condizioni:
§ la durata massima del finanziamento è di 6 anni (con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi). Con il decreto-legge n. 73/2021, previa notifica e autorizzazione della Commissione UE, su richiesta delle parti, è stato disposto che la durata dei finanziamenti garantiti da SACE S.p.A. possa essere estesa fino a 10 anni. L’esercizio di tale facoltà è stata limitata nel suo ammontare massimo ad 8 anni all’indomani dell’interlocuzione con la Commissione UE.
§ l'impresa beneficiaria, al 31 dicembre 2019 non doveva rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà, e, al 29 febbraio 2020, non doveva avere esposizioni deteriorate nei confronti del settore bancario. Le imprese ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, che hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, sono state ammesse. a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non fossero classificabili come deteriorate, non presentassero importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese con esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente;
§ l'importo garantito non deve essere superiore, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;
§ percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 per cento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese;
§ l'assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;
§ destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali; tra queste, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID. In particolare, il finanziamento coperto dalla garanzia SACE deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria, e le medesime imprese devono impegnarsi a non delocalizzare le produzioni. L’articolo 8, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 17/2022 (L. n. 34/2022) ha esteso la concessione della garanzia SACE anche a sostegno di comprovate esigenze di liquidità conseguenti agli aumenti dei prezzi dell’energia;
§ ovvero il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato al rimborso di finanziamenti nell'ambito di operazioni di rinegoziazione del debito accordato in essere dell'impresa beneficiaria purché il finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari almeno al 25 per cento dell'importo del finanziamento oggetto di rinegoziazione e a condizione che il rilascio della garanzia sia idoneo a determinare un minor costo o una maggior durata del finanziamento rispetto a quello oggetto di rinegoziazione.
Per facilitare l'accesso delle imprese alle garanzie di SACE e per contrastare tentativi di infiltrazione criminale, è stata prevista l'autocertificazione. Il soggetto che eroga il finanziamento non è tenuto a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato (articolo 1-bis del decreto-legge n. 23/2020).
Si rinvia anche al nuovo aggiornamento del Manuale operativo SACE, del 28 aprile 2022, che comunque conferma la suddetta durata
La "Garanzia Italia" SACE di cui all'articolo 1 del decreto-legge n.23/2020 si applica anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente (pro solvendo) e, a decorrere dal 1 gennaio 2021, senza di garanzia di solvenza (pro soluto) effettuate dalle imprese beneficiarie a favore di banche e intermediari finanziari. Si rinvia al sito istituzionale SACE.
Inoltre, SACE è stata autorizzata a concedere, fino al 30 giugno 2022, garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle imprese ai quali sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente.
La legge di bilancio 2021 ha consentito alle imprese "mid-cap" di accedere, a decorrere dal 1° marzo 2021, allo strumento "Garanzia Italia" SACE alle medesime condizioni agevolate straordinarie già offerte a tale tipologia di imprese dal Fondo di garanzia PMI ai sensi dell'articolo 13, comma 1 del decreto-legge 23/2020, la cui operatività straordinaria, per le imprese "mid cap", è cessata il 28 febbraio 2021 (art. 1, co. 245 e co. 209, che ha inserito un nuovo articolo 1-bis.1 nel decreto-legge n. 23/2020). La garanzia SACE a favore delle imprese cd. "mid-cap" opera anch'essa fino al 30 giugno 2022, ai sensi della proroga contenuta nella Legge di bilancio 2022. Si rinvia all'apposito manuale operativo SACE del 28 aprile 2022.
I commi 3 e 4 delimitano l’ambito soggettivo della garanzia, indicando le imprese che possono beneficiarne.
Ai sensi del comma 3, possono accedere alla garanzia le imprese che alla data del 31 gennaio 2022 non si trovavano in situazione di difficoltà ai sensi del Regolamento n. 651/2014/UE, del Regolamento n. 702/2014/UE, del Regolamento n. 1388/2014/UE.
L’articolo 2, punto 18 del Regolamento n. 651/2014/UE della Commissione del 17 giugno 2014 (General Block Exeption Regulation - GBER[20]) reca la definizione di impressa in difficoltà. In essa non è data indicazione di come trattare i crediti certificati verso la PA ai fini della determinazione della condizione patrimoniale delle imprese.
Tale definizione corrisponde a quella contenuta nel Regolamento n. 702/2014/UE del 25 giugno 2014 (articolo 2, par. 1, n. 14) che esenta dall’obbligo di notifica preventiva talune categorie di aiuti nel settore agricolo (Agricultural Block Exemption Regulation -ABER) e nel Regolamento n.1388/2014 del 16 dicembre 2014, che esenta dall’obbligo di notifica preventiva talune categorie di aiuti nel settore della pesca e acquacoltura (Fishery block exemption regulation). Quest’ultimo Regolamento, in ragione della specificità delle imprese cui è rivolto, non considera l’ipotesi di imprese in difficoltà diverse da PMI.
È in difficoltà un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:
§ nel caso di società a responsabilità limitata (diverse da PMI costituite da meno di tre anni o con determinate caratteristiche) qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;
§ nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società diverse da PMI con determinate caratteristiche, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;
§ qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
§ qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
§ nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:
- il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e
- il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.
Nella definizione del rapporto debito/patrimonio netto contabile registrato negli ultimi due anni dall'impresa - il quale, ai sensi della sopra descritta disciplina europea (Reg. UE n. 651/2014, art. 2, p. 18, lett. e), n. 1)), deve essere superiore a 7,5 ai fini della qualificazione di «impresa in difficoltà» - devono essere inclusi, nel calcolo del patrimonio, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili e certificati nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazione, forniture e appalti, nonché le certificazioni inerenti crediti delle imprese già accertati in sede di predisposizione dei piani di rientro sanitari da parte delle regioni, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l'apposita piattaforma elettronica (si richiama la disciplina contenuta nell’art. 9, comma 3-bis e 9, comma 3-ter, lettera b) ultimo periodo del decreto-legge n. 185/2020, convertito in Legge n. 2/2009).
Sono, in ogni caso, escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria.
Sono ammesse le imprese in difficoltà alla data del 31 gennaio 2022 purché siano state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale (di cui all'articolo 186-bis del R.D. n. 267/1942[21]), o abbiano stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti (ai sensi dell'articolo 182-bis del R.D.[22]) o abbiano presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (di cui all’articolo 67 del R.D.), a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non siano classificabili come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato e la banca, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza, ai sensi di quanto previsto dal già citato Regolamento UE sui requisiti prudenziali per gli enti creditizi, Reg. UE n. 575/2013 (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c)).
Ai sensi del comma 4, dalle garanzie sono in ogni caso escluse le imprese soggette alle sanzioni adottate dall’Unione europea, comprese quelle specificamente elencate nei provvedimenti che comminano tali sanzioni, quelle possedute o controllate da persone, entità o organismi oggetto delle sanzioni adottate dall’UE e quelle che operano nei settori industriali oggetto delle sanzioni europee, nella misura in cui il rilascio della garanzia pregiudichi gli obiettivi delle stesse sanzioni.
Una panoramica delle sanzioni dell'UE contro la Russia a seguito dell'invasione dell'Ucraina è esposta nel sito della Commissione europea, cui si fa rinvio. Anche il Consiglio dell’Unione europea ha pubblicato un suo documento in proposito.
Sono altresì escluse le società che, ai sensi dell'articolo 2359 cc:
· controllano direttamente o indirettamente, una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, ovvero che
sono controllate, direttamente o indirettamente da una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali. Per Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali si intendono le giurisdizioni individuate nell'allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell'Unione europea.
Al riguardo si ricorda che la lista UE delle giurisdizioni non cooperative, pubblicata come allegato delle conclusioni adottate dal Consiglio ECOFIN (allegato I). Nel novembre 2016 il Consiglio ha incaricato il gruppo "Codice di condotta (Tassazione delle imprese)", istituito dal Consiglio, di svolgere i lavori preparatori per la creazione della lista. La relazione di analisi e di valutazione del gruppo è stata presentata al Consiglio e, su tale base, il 5 dicembre 2017 è stata adottata la prima lista UE, che inizialmente comprendeva Paesi o territori non appartenenti all'Unione europea che non avevano assunto impegni sufficienti in risposta alle preoccupazioni dell'UE. Detta lista è stata aggiornata periodicamente negli anni successivi e riveduta a seguito del monitoraggio dinamico delle misure attuate dalle giurisdizioni per rispettare i loro impegni. L'ultima revisione ha avuto luogo nel febbraio 2022, mentre la prossima revisione è prevista per ottobre 2022.
Ai sensi dell’art. 2359 cc. sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Nei casi 2) e 3) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Il comma 5 indica le seguenti condizioni i termini per il rilascio della garanzia (si segue l’indice delle diverse lettere previste dal comma 5):
d) la garanzia deve essere rilasciata entro il 31 dicembre 2022, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento di durata non superiore a 36 mesi;
e) fermo quanto previsto al comma 1, circa la necessità che l’impresa dimostri che la crisi in atto comporta dirette ripercussioni economiche negative sull’attività, l'importo del prestito assistito da garanzia non deve essere superiore al maggiore tra i seguenti elementi:
1) il 15 per cento del fatturato annuo totale medio negli ultimi tre esercizi (risultante dai relativi bilanci o dichiarazioni fiscali); se si tratta di impresa che ha iniziato l’attività dopi il 31 dicembre 2019, si fa riferimento al fatturato annuo totale medio degli esercizi effettivamente conclusi. Ai sensi della lett. g) del comma 5, si fa riferimento al valore del fatturato in Italia da parte dell'impresa ovvero su base consolidata qualora l'impresa appartenga ad un gruppo. L'impresa richiedente è tenuta a comunicare alla banca finanziatrice tale valore;
2) il 50 per cento dei costi sostenuti per fonti energetiche nei dodici mesi precedenti quello di richiesta di finanziamento. Ai sensi della lett. g) del comma 5, si fa riferimento ai costi sostenuti in Italia ovvero, qualora l'impresa appartenga ad un gruppo, su base consolidata. L'impresa richiedente è tenuta a comunicare alla banca finanziatrice tale valore.
I requisiti percentuali corrispondono a quelli prescritti nella Sezione 2.2 del Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina (vedi Box, supra).
f) la garanzia copre l'importo del finanziamento entro i sotto indicati limiti, i quali sono inversamente proporzionali al fatturato dell’impresa e al numero di dipendenti:
1) 90 per cento per imprese con non più di 5000 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro;
2) 80 per cento per imprese con fatturato superiore a 1,5 miliardi e fino a 5 miliardi o con più di 5000 dipendenti in Italia;
3) 70 per cento per le imprese con fatturato superiore a 5 miliardi di euro;
Viene precisato il concorso paritetico e proporzionale tra garante e garantito nelle perdite per mancato rimborso del finanziamento.
Posto quanto sopra, i requisiti percentuali massimi corrispondono a quelli prescritti nella Sezione 2.2 del Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina (vedi Box, supra).
g) il premio annuale corrisposto a fronte del rilascio delle garanzie è determinato come segue:
1) per i finanziamenti di PMI fino a 6 anni sono corrisposti, in rapporto all'importo garantito, 25 punti base durante il primo anno, 50 punti base durante il secondo e terzo anno, 100 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno;
2) per i finanziamenti di imprese diverse dalle PMI fino a 6 anni sono corrisposti, in rapporto all'importo garantito, 50 punti base durante il primo anno, 100 punti base durante il secondo e terzo anno, 200 punti base durante il quarto, quinto e sesto anno;
h) la durata dei finanziamenti può essere estesa fino a 8 anni.
Si specifica che il premio e la percentuale di garanzia sono determinate in conformità della decisione della Commissione europea di compatibilità dello schema di garanzia qui in esame.
Si rammenta, che ai sensi della Sezione 2.2 del Quadro, le condizioni di ammissibilità per la concessione delle garanzie sono le seguenti:
§ le garanzie pubbliche sono su nuovi prestiti individuali concessi alle imprese;
§ per ciascun singolo prestito i premi di garanzia sono fissati a un livello minimo, che aumenterà progressivamente man mano che aumenta la durata del prestito garantito, come indicato nella tabella seguente:
In alternativa, gli Stati possono, utilizzando la tabella, notificare i regimi per i quali sia possibile modulare la durata della garanzia, i premi di garanzia e la copertura della garanzia per ciascun prestito individuale (ad es., una copertura inferiore compensata da una durata più lunga o consentire premi di garanzia di importo inferiore).
i) il finanziamento coperto da garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.
Anche tale previsione appare richiamare la Sezione 2.2 del Quadro, secondo cui la garanzia può riguardare tanto i prestiti per gli investimenti che quelli per il capitale di esercizio.
Le imprese devono impegnarsi a non delocalizzare le produzioni.
h) il costo dei finanziamenti coperti dalla garanzia deve essere inferiore al costo che sarebbe stato richiesto dalla banca o dagli intermediati finanziari eroganti per operazioni con le stesse caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato dal rappresentante legale degli stessi soggetti.
Il minor costo deve essere almeno uguale alla differenza tra il costo che sarebbe stato richiesto dalla banca o dagli intermediati finanziari eroganti per operazioni con le stesse caratteristiche ma prive della garanzia, come documentato e attestato ed il costo effettivamente applicato all'impresa.
La previsione va letta alla luce di quanto previsto Sezione 2.2 del Quadro, secondo cui le garanzie possono essere fornite direttamente ai beneficiari finali o agli enti creditizi e ad altri istituti finanziari in qualità di intermediari finanziari, i quali dovrebbero, nella misura più ampia possibile, trasferire ai beneficiari finali i vantaggi delle garanzie pubbliche.
Ai sensi del comma 6, qualora la medesima impresa, o il medesimo gruppo, quando la prima è parte di un gruppo, siano beneficiari di più finanziamenti assistiti dalla garanzia qui prevista, gli importi dei finanziamenti si cumulano ai fini della verifica del rispetto dei limiti indicati da comma 5, lettera b).
Per lo stesso finanziamento, le garanzie concesse non possono essere cumulate con altre misure di supporto alla liquidità, concesse sotto forma di prestito agevolato, ai sensi normativa nazionale emanata in attuazione della sezione 2.3 del Quadro, né con le misure di supporto alla liquidità concesse - sotto forma di garanzia o prestito agevolato - dalle sezioni 3.2 o 3.3 del Quadro Temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell'emergenza del COVID-19.
Le garanzie possono essere cumulate con eventuali aiuti concessi in regime “de minimis” o in regime di “esenzione per categoria” di cui l’impresa abbia beneficiato.
Ai sensi di quanto previsto dal Quadro (Sezione I, punto 39) le misure di aiuto che vi rientrano possono essere cumulate con gli aiuti previsti dai regolamenti «de minimis» o dai regolamenti di esenzione per categoria a condizione che siano rispettate le disposizioni e le norme relative al cumulo. Possono essere altresì cumulate con gli aiuti concessi nell’ambito del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato introdotto a seguito della pandemia di COVID-19, a condizione che siano rispettate le relative norme sul cumulo di entrambe le comunicazioni.
Quando gli Stati concedono agli stessi beneficiari prestiti o garanzie nell’ambito del quadro temporaneo COVID-19 e della comunicazione qui in esame, se l’importo complessivo del capitale del prestito è calcolato sulla base del fabbisogno di liquidità autodichiarato del beneficiario, gli Stati stessi devono garantire il fabbisogno di liquidità sia coperto una sola volta dalle misure di aiuto.
Analogamente, possono essere cumulati con gli aiuti gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; cui all’articolo 107, par. 2, lett. b), TFUE ma non devono verificarsi sovra compensazioni del danno subito dal beneficiario.
Quanto ai regolamenti di esenzione, si richiama:
· il Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (General Block Exeption Regulation - GBER) che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE e li esenta dall’obbligo di notifica preventiva alla stessa Commissione UE;
· il Regolamento n. 702/2014/UE (articolo 2, par. 1, n. 14) che esenta dall’obbligo di notifica preventiva talune categorie di aiuti nel settore agricolo (Agricultural Block Exemption Regulation -ABER)
· il Regolamento n.1388/2014 che esenta dall’obbligo di notifica preventiva talune categorie di aiuti nel settore della pesca e acquacoltura (Fishery block exemption regulation).
I Regolamenti prevedono specifici massimali e regole di cumulo, che variano a seconda degli interventi ivi previsti.
Quanto agli aiuti in regime “de minimis”, si rammenta la seguente disciplina europea.
Il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli[23]. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. L'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica che opera nel settore del trasporto di merci su strada per conto terzi non può superare 100.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Gli aiuti «de minimis» non possono essere utilizzati per l'acquisto di veicoli destinati al trasporto di merci su strada.
Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013[24], come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316. Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola- di importo complessivo non superiore a 20.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. L'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro alle imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli nell'arco di tre esercizi finanziari non può superare, per l’Italia, il limite complessivo di 700,4 milioni di euro circa.
In deroga a quanto sopra previsto, l’Italia ha potuto decidere che l'importo totale degli aiuti «de minimis» concessi a un'impresa unica non superi i 25.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari, a condizione che l'importo complessivo totale degli aiuti concessi in de minimis nell'arco di tre esercizi non superi – per lo Stato italiano - di 840,5 milioni di euro, e nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) per le misure di aiuto che vanno a beneficio di un unico settore di prodotti, l'importo complessivo totale concesso nell'arco di tre esercizi finanziari non può superare il limite del 50 % dell'importo massimo di cui sopra (quindi, 420,25 milioni di euro);
b) è necessario dotarsi di un registro centrale nazionale degli aiuti «de minimis» (che l’Italia ha).
Con D.M. Mipaaf del 19 maggio 2020 l’Italia ha aderito alla facoltà consentita dal Regolamento, prevedendo che l'importo totale degli aiuti de minimis concessi ad un'impresa unica attiva nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli non superi i 25.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.
Infine, per gli aiuti “de minimis” nel settore della pesca e dell’acquacoltura opera il Reg. (UE) n. 717/2014. Ai sensi di tale Regolamento, l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi dallo Stato a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura[25] non può superare i 30 mila euro nell'arco di tre esercizi finanziari. L'importo cumulativo che può essere corrisposto alle imprese del settore, nell'arco di tre esercizi finanziari, è pari, per l'Italia, a 96 milioni e 310 mila euro.
Il comma 7 dispone che - ai fini dell’accesso alle garanzie - la dichiarazione di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lett. a) del decreto-legge n. 23/2020, attesta la sussistenza dei requisiti previsti dal comma 1 del presente articolo.
La procedura e la documentazione necessaria per il rilascio della garanzia sono ulteriormente specificate da SACE S.p.A.
L’articolo 1-bis, comma 1, lett. a) del medesimo decreto-legge n. 23/2020 dispone che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE (con la “Garanzia Italia” di cui all’articolo 1 del medesimo decreto) devono essere integrate da una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, con la quale il titolare o il legale rappresentante dell'impresa richiedente, sotto la propria responsabilità, dichiara che l'attività d'impresa è stata limitata o interrotta dall'emergenza o dagli effetti derivanti dalle misure connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una situazione di continuità aziendale.
Quanto alle procedure di rilascio delle garanzie, l’articolo in esame segue lo schema già adottato dall’articolo 1 decreto-legge n. 23/2020, per il rilascio della “Garanzia Italia” SACE sui finanziamenti a favore delle imprese danneggiate dalla crisi da COVID-19. L’articolo 1, comma 6 del citato decreto ha previsto per le imprese di minori dimensioni una procedura semplificata di accesso.
Ai sensi del comma 8, tale procedura si applica, anche per la concessione della Garanzia qui in esame, nel caso di
· imprese con un numero di dipendenti in Italia non superiore a 5000 o con valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro, da verificarsi sulla base dei dati risultanti dal bilancio, ovvero di dati certificati qualora, alla data di entrata in vigore del decreto (18 maggio 2022), l'impresa non abbia approvato il bilancio;
· ovvero per il caso di finanziamenti il cui importo massimo garantito non ecceda 375 milioni di euro.
L’articolo 1, comma 6 del decreto-legge n. 23/2020 ha previsto che, per il rilascio delle garanzie che coprono finanziamenti in favore di imprese con non più di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro - sulla base dei dati risultanti da bilancio ovvero di dati certificati con riferimento alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame se l’impresa non ha approvato il bilancio - si applichi una procedura semplificata, specificata sul piano procedurale e documentale da SACE S.p.A.(qui le istruzioni operative adottate da SACE, aggiornate al 28 aprile 2022). Tale procedura, applicabile dunque alle imprese di minori dimensioni di cui al comma 2, lettera d), n. 1) – per le quali è prevista una copertura del 90 percento dell’importo del finanziamento, consta dei seguenti passaggi:
a) l’impresa interessata all’erogazione di un finanziamento garantito da SACE S.p.A. presenta a un soggetto finanziatore, che può operare ed eventualmente erogare anche in modo coordinato con altri finanziatori, la domanda di finanziamento garantito dallo Stato;
b) in caso di esito positivo della delibera di erogazione del finanziamento da parte dei suddetti soggetti, questi ultimi trasmettono la richiesta di emissione della garanzia a SACE S.p.A., la quale esamina la richiesta stessa, verificando l’esito positivo del processo deliberativo del soggetto finanziatore ed emettendo un codice unico identificativo del finanziamento e della garanzia;
c) il soggetto finanziatore procede al rilascio del finanziamento assistito dalla garanzia concessa dalla SACE S.p.A.
Ai sensi del comma 9, nel caso di dimensioni e soglie più elevate da quelle sopra indicate, l’efficacia della garanzia e del corrispondente codice unico è subordinata all’adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell'istruttoria trasmessa da SACE S.p.A., con cui viene dato corso alla delibera assunta dagli organi statutariamente competenti di SACE, tenendo in considerazione il ruolo che l'impresa beneficiaria svolge rispetto alle seguenti aree e profili in Italia:
a) contributo allo sviluppo tecnologico;
b) appartenenza alla rete logistica e dei rifornimenti;
c) incidenza su infrastrutture critiche e strategiche;
d) impatto sui livelli occupazionali e mercato del lavoro;
e) peso specifico nell'ambito di una filiera produttiva strategica.
Ai sensi del comma 11, SACE S.p.A. svolge anche per conto del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) le attività relative all'escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che può altresì delegare a terzi e/o agli stessi garantiti.
SACE S.p.A. deve operare con la dovuta diligenza professionale.
Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell'attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell'escussione della garanzia dello Stato, del rispetto degli indirizzi e dei criteri e condizioni previsti dall’ articolo in esame.
Ai sensi del comma 12, i soggetti finanziatori devono fornire un rendiconto periodico a SACE S.p.A., secondo i contenuti, la cadenza temporale e le modalità da questa indicati, per la verifica del rispetto degli impegni e delle condizioni previste per il beneficio della garanzia ai sensi dell’articolo qui in commento.
SACE S.p.A. ne riferisce periodicamente al Ministero dell'economia e delle finanze.
Ai sensi del comma 14, sono a carico della SACE S.p.A. gli obblighi di registrazione nel Registro nazionale degli aiuti di Stato.
Articolo 16
(Misure temporanee di sostegno alla liquidità
delle piccole e medie imprese)
L’articolo 16 contiene misure di sostegno alla liquidità delle piccole e medie imprese - subordinatamente alla previa approvazione della Commissione europea – per far fronte alle difficoltà derivanti dall’interruzione delle catene di approvvigionamento e dal rincaro dei prezzi di materie prime e fattori di produzione, dovuti alle sanzioni e contro-sanzioni adottate a seguito dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia.
Le misure hanno valore fino al 31 dicembre 2022 e consentono – a carico del Fondo di garanzia PMI - il rilascio di garanzie a fronte di investimenti per la realizzazione di obiettivi di efficientamento o diversificazione della produzione o del consumo energetici, con esplicita esclusione delle imprese soggette a sanzioni a seguito del conflitto in Ucraina.
L’articolo 16 contiene misure di sostegno alla liquidità delle piccole e medie imprese a seguito delle difficoltà derivanti dall’interruzione delle catene di approvvigionamento e dal rincaro dei prezzi di materie prime e fattori di produzione, dovuti alle sanzioni e contro-sanzioni adottate a seguito dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia.
L’articolo in esame aggiunge, dopo il comma 55, due commi all’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), che aveva prorogato – sia pure attenuandole nel tempo – le misure di favore vigenti nel 2021 per favorire la liquidità delle imprese, in particolare con riferimento alla funzionalità del Fondo di garanzia PMI.
Il comma 55-bis fa salvo quanto previsto dal comma 55 dell’articolo 1 della legge di bilancio, che era intervenuto per regolare le operazioni nel periodo intercorrente tra il 1° luglio 2022 e il 31 dicembre 2022, parzialmente ripristinando le modalità operative ordinarie del Fondo, per cui nel secondo semestre del 2022 l’importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo è pari a 5 milioni di euro e la garanzia è nuovamente concessa mediante applicazione del modello di valutazione, con talune eccezioni.
Le misure di accompagno hanno validità fino a dicembre 2022.
Salva la necessità di una previa approvazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, la garanzia del Fondo può essere concessa su finanziamenti individuali, concessi successivamente alla data di entrata in vigore del comma in esame e destinati a finalità di investimento o copertura dei costi del capitale di esercizio.
Il comma elenca poi le condizioni e i limiti per la concessione della garanzia:
1) per le esigenze connesse al sostegno alla realizzazione di investimenti (comma 55, numero 2) dell’articolo 1 della legge n. 234 del 2021), la garanzia può essere concessa nella misura massima del 90 per cento (in luogo dell’80 per cento precedentemente previsto), in favore di finanziamenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di efficientamento o diversificazione della produzione o del consumo energetici, quali, a titolo esemplificativo quelli volti a soddisfare il fabbisogno energetico con energie provenienti da forme rinnovabili, a effettuare investimenti in misure di efficienza energetica che riducono il consumo di energia assorbito dalla produzione economica, a effettuare investimenti per ridurre o diversificare il consumo di gas naturale ovvero a migliorare la resilienza dei processi aziendali rispetto a oscillazioni eccezionali dei prezzi sui mercati dell’energia elettrica;
2) entro il limite di 5 milioni di euro (già disposto dal comma 55 citato), l’importo massimo del finanziamento assistito da garanzia non deve essere superiore al maggiore tra i seguenti elementi:
a) il 15 per cento del fatturato annuo totale medio degli ultimi tre esercizi conclusi come risultante dai relativi bilanci o dalle dichiarazioni fiscali; qualora l'impresa abbia iniziato la propria attività successivamente al 31 dicembre 2019, si fa riferimento al fatturato annuo totale medio degli esercizi effettivamente conclusi;
b) il 50 per cento dei costi sostenuti per l’energia nei dodici mesi precedenti il mese della richiesta di finanziamento inviata dall’impresa beneficiaria al soggetto finanziatore;
3) la garanzia può essere accordata a titolo gratuito nei confronti delle imprese, localizzate in Italia, che operino in uno o più dei settori o sottosettori particolarmente colpiti di cui all’allegato I alla Comunicazione della Commissione recante il Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, nel rispetto delle condizioni di compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, previste dalla citata Comunicazione e dai pertinenti regolamenti «de minimis» o di esenzione per categoria. Per una illustrazione della comunicazione della Commissione europea, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 15. L’Allegato I elenca 26 settori particolarmente colpiti, per comodità riprodotti al termine della presente scheda;
4) sono escluse dalla garanzia le imprese soggette alle sanzioni adottate dall’Unione europea, comprese quelle specificamente elencate nei provvedimenti che comminano tali sanzioni, quelle possedute o controllate da persone, entità o organismi oggetto delle sanzioni adottate dall’Unione europea e quelle che operano nei settori industriali oggetto delle sanzioni adottate dall’Unione europea, nella misura in cui il rilascio della garanzia pregiudichi gli obiettivi delle sanzioni in questione.
Una panoramica delle sanzioni dell'UE contro la Russia a seguito dell'invasione dell'Ucraina è esposta nel sito della Commissione europea, cui si fa rinvio. Anche il Consiglio dell’Unione europea ha pubblicato un suo documento in proposito.
Il comma 55-ter, a sua volta, dispone in materia di cumulo delle garanzie relative allo stesso capitale di prestito sottostante.
In particolare, le garanzie concesse a norma del comma 55-bis non possono essere cumulate con altre misure di supporto alla liquidità concesse sotto forma di prestito agevolato, ai sensi della sezione 2.3 (Sostegno alla liquidità sotto forma di prestiti agevolati) della citata Comunicazione, né con le misure di supporto alla liquidità concesse sotto forma di garanzia o prestito agevolato ai sensi delle sezioni 3.2 (Aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti) o 3.3 (Aiuti sotto forma di tassi d'interesse agevolati per i prestiti) del quadro temporaneo per l'emergenza del COVID-19 (cfr. apposito tema).
Se invece il beneficiario è il medesimo ma muta il capitale di prestito sottostante, le garanzie concesse a norma del comma 55-bis possono essere cumulate con altre misure di aiuto, anche diverse da quelle di supporto alla liquidità mediante garanzie, a condizione che l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario non superi l’importo massimo di 5 milioni, ai sensi del comma 55-bis, numero 2).
Articolo 17
(Garanzie concesse da SACE S.p.A. a condizioni di mercato)
L’articolo 17 modifica la disciplina relativa alle garanzie che SACE in via ordinaria è autorizzata a rilasciare a condizioni di mercato sui finanziamenti alle imprese italiane, ai sensi dell’articolo 6, comma 14-bis, del decreto-legge n. 269/2003. Vengono pertanto ampliate le finalità degli interventi suscettibili di dare origine alle misure di sostegno e – mediante un allegato – vengono definiti i criteri, le modalità e le condizioni del rilascio delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, superando la precedente formulazione che richiedeva l’intervento di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico.
Il comma 14-bis dell’articolo 6 del decreto-legge n. 269/2003 è stato introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 23/2020 e modificato dal comma 210 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020).
Il comma 14-bis autorizza SACE a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione europea per una percentuale massima di copertura, salvo specifiche deroghe previste dalla legge, del 70 per cento, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all' esercizio del credito in Italia, nonché di imprese di assicurazione, nazionali e internazionali, autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.
Per le stesse finalità ed entro l’importo massimo complessivo, la SACE S.p.A. è altresì abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia. L'attività è svolta in regime di contabilità separata rispetto alle attività finalizzate all’internazionalizzazione del settore produttivo italiano svolte da SACE.
Sugli impegni assunti da SACE è accordata la garanzia dello Stato a prima richiesta. Non è ammesso il ricorso diretto dei finanziatori alla garanzia dello Stato.
Il comma demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico - la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell’Unione europea. Con il decreto sono anche individuate le attività che SACE S.p.A. svolge per conto del Ministero dell’economia e delle finanze. Il decreto non risulta allo stato ancora adottato.
Le modifiche apportate dall’articolo in esame al comma 14-bis dell’articolo 6 del decreto-legge n. 269/2003, in primo luogo, specificano meglio le finalità dell’intervento della SACE.
Mentre la dizione previgente si riferiva “ai fini di sostegno e rilancio dell’economia”, la modifica - disposta dal comma 1, lettera a) n. 1 - aggiunge obiettivi più specifici, come quello di supportare la crescita dimensionale e la patrimonializzazione delle imprese o l’incremento della loro competitività, migliorandone la capitalizzazione, lo sviluppo tecnologico, la sostenibilità ambientale, le infrastrutture o le filiere strategiche o favorendo l’occupazione.
La seconda modifica – disposta anch’essa dal comma 1, lettera a) n. 1- ha un carattere eminentemente tecnico. La norma previgente prevedeva che le imprese beneficiarie dovessero avere la sede in Italia. La modifica specifica che le imprese beneficiarie debbano avere la sede legale in Italia, ovvero si deve trattare di imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia.
La terza modifica – disposta dal comma 1, lettera a) n. 2- sopprime il periodo finale che rimandava ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico - la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie e dell’operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell’Unione europea.
La nuova formulazione rinvia ad un allegato che tiene luogo del decreto e che – essendo inserito direttamente nel decreto-legge - rende immediatamente operativa la disciplina, subordinatamente alla positiva decisione della Commissione europea sulla conformità a condizioni di mercato del regime di garanzia.
Successivamente, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, possono essere disciplinate, in conformità con la decisione della Commissione europea, ulteriori modalità attuative e operative, ed eventuali elementi e requisiti integrativi, per il rilascio delle garanzie.
Nel dettaglio, il nuovo periodo rimette all’Allegato il compito di definire “i criteri e le modalità di rilascio della garanzia nonché di definizione della composizione del portafoglio di garanzie gestito da SACE S.p.A., inclusi i profili relativi alla distribuzione dei relativi limiti di rischio, in funzione dell’andamento del portafoglio garantito e dei volumi di attività attesi e in considerazione dell’andamento complessivo delle ulteriori esposizioni dello Stato, derivanti da altri strumenti di garanzia gestiti dalla medesima SACE S.p.A”.
L’allegato, che il comma 1, lettera b) dell’articolo in esame, inserisce nel D.L. 269/2003, è diviso in cinque sezioni, che regolano rispettivamente:
le definizioni ai fini della disciplina |
|
SEZIONE B |
i criteri, le modalità e le condizioni per il rilascio della garanzia |
SEZIONE C |
l’operatività della garanzia dello Stato |
SEZIONE D |
la remunerazione della garanzia e le commissioni spettanti a SACE S.P.A. |
SEZIONE E |
la gestione, gli indennizzi e i recuperi |
In particolare, si segnala che SACE S.p.A. è abilitata a rilasciare le garanzie a condizioni di mercato entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro, per cui la somma degli impegni in essere assunti da SACE S.p.A. non può superare tale importo. L’allegato prevede poi limiti più ridotti per i primi 18 mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame.
Le garanzie su finanziamenti sono concesse per una percentuale massima di copertura del 70%, salva la facoltà di arrivare al 100% qualora i Titoli di debito non siano subordinati, non siano convertibili e fermi restando i limiti declinati nel documento di gestione dei rischi (di cui si dirà subito appresso).
In base all’ammontare della garanzia e al rapporto con il fatturato dell’impresa la procedura di rilascio della garanzia viene man mani rafforzata, arrivando a prevedere oltre alla delibera finale anche l’immediata comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze dell’avvio delle attività istruttorie e dei relativi esiti.
Come criterio generale, SACE S.p.A. è tenuta ad operare con la dovuta diligenza professionale nella valutazione dei rischi ed esegue la valutazione, caso per caso, di ciascuna richiesta di concessione della garanzia.
I limiti di rischio prevedono una durata massima della singola garanzia pari a 20 anni, con massima esposizione su singola controparte pari all’8% dell’importo massimo delle garanzie concedibili, ovvero del 15% nei confronti di un gruppo di controparti connesse.
Con riferimento al settore di attività economica, il limite è pari al 25% dell’importo massimo delle garanzie concedibili.
Il rating minimo assegnato alla controparte al momento del rilascio delle Garanzie deve essere non inferiore alla classe equivalente “B”, secondo la scala Standard and Poor's.
Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso. SACE S.p.A., anche al fine di consentire un’adeguata programmazione pluriennale della dotazione del Fondo, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze, periodicamente, con cadenza almeno annuale, un’informativa volta a fornire, su base previsionale e tenuto conto dei limiti di rischio applicabili, una panoramica dei volumi, della composizione del portafoglio delle garanzie e delle relative stime di rischio. Inoltre, con cadenza almeno trimestrale, trasmette un’informativa ex ante sugli impegni da assumere.
Per quanto riguarda la remunerazione della garanzia e le commissioni spettanti a SACE s.p.a., l’allegato prevede che il livello dei premi sia rivisto almeno annualmente per verificarne l’adeguatezza ai fini dell’autofinanziamento del regime di garanzia.
Le commissioni dovute a SACE S.p.A. sono limitate alla copertura dei costi sostenuti.
Da ultimo, con riferimento a gestione, indennizzi e recuperi, l’allegato richiede a SACE S.p.A. di svolgere con la dovuta diligenza professionale, per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, l’attività di gestione delle garanzie rilasciate, l’attività di pagamento degli importi dovuti in relazione alle Garanzie e l’attività di recupero crediti. SACE S.p.A. gestisce direttamente le attività di recupero dei crediti ovvero conferendo mandato a terzi e/o agli stessi garantiti, e monitorando lo svolgimento delle attività esternalizzate nonché l’adeguatezza delle stesse.
Testo a fronte dell’articolo 6, comma 14-bis, |
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Testo vigente |
Testo con le modifiche previste dal decreto-legge |
14-bis.Ai fini del sostegno e rilancio dell'economia, SACE S.p.A. è abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione Europea per una percentuale massima di copertura, salvo specifiche deroghe previste dalla legge, del 70 per cento, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all' esercizio del credito in Italia nonché di imprese di assicurazione, nazionali e internazionali, autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, ivi inclusi portafogli di finanziamenti, concessi alle imprese con sede in Italia, entro l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro. Per le medesime finalità ed entro tale importo massimo complessivo, la SACE S.p.A. è altresì abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia. L'attività di cui al presente comma è svolta con contabilità separata rispetto alle attività di cui al comma 9. Sulle obbligazioni della SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie disciplinate dal presente comma, è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta a favore di SACE S.p.A. Non è ammesso il ricorso diretto dei soggetti finanziatori alla garanzia dello Stato. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di SACE S.p.A. delle garanzie di cui al presente comma e dell'operatività della garanzia dello Stato, in conformità alla normativa dell'Unione europea, e sono altresì individuate le attività che SACE S.p.A. svolge per conto del Ministero dell'economia e delle finanze.
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14-bis.Ai fini del sostegno e rilancio dell'economia e al fine di supportare la crescita dimensionale e la patrimonializzazione delle imprese o l’incremento della loro competitività, migliorandone la capitalizzazione, lo sviluppo tecnologico, la sostenibilità ambientale, le infrastrutture o le filiere strategiche o favorendo l’occupazione, SACE S.p.A. è abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione Europea per una percentuale massima di copertura, salvo specifiche deroghe previste dalla legge, del 70 per cento, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all' esercizio del credito in Italia nonché di imprese di assicurazione, nazionali e internazionali, autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, ivi inclusi portafogli di finanziamenti, concessi alle imprese con sede legale in Italia e alle imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, entro l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro. Per le medesime finalità ed entro tale importo massimo complessivo, la SACE S.p.A. è altresì abilitata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese con sede in Italia. L'attività di cui al presente comma è svolta con contabilità separata rispetto alle attività di cui al comma 9. Sulle obbligazioni della SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie disciplinate dal presente comma, è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta a favore di SACE S.p.A. Non è ammesso il ricorso diretto dei soggetti finanziatori alla garanzia dello Stato. I criteri e le modalità di rilascio della garanzia nonché di definizione della composizione del portafoglio di garanzie gestito da SACE S.p.A. ai sensi del presente comma, inclusi i profili relativi alla distribuzione dei relativi limiti di rischio, in funzione dell’andamento del portafoglio garantito e dei volumi di attività attesi e in considerazione dell’andamento complessivo delle ulteriori esposizioni dello Stato, derivanti da altri strumenti di garanzia gestiti dalla medesima SACE S.p.A., sono definiti nell’allegato tecnico al presente decreto. L’efficacia del presente comma è subordinata alla positiva decisione della Commissione europea sulla conformità a condizioni di mercato del regime di garanzia. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, possono essere disciplinate, in conformità con la decisione della Commissione europea, ulteriori modalità attuative e operative, ed eventuali elementi e requisiti integrativi, per il rilascio delle garanzie di cui al presente comma. |
Articolo 18
(Fondo per il sostegno alle imprese danneggiate dalla crisi ucraina)
L’articolo 18 istituisce per l’anno 2022, nello stato di previsione del MISE, un Fondo con una dotazione di 130 milioni di euro per il sostegno – attraverso contributi a fondo perduto - alle piccole e medie imprese danneggiate dalla crisi ucraina, diverse da quelle agricole, in presenza dei requisiti (commi 1 e 2) e secondo i criteri di riparto (commi 3 e 4) ivi indicati.
Si demanda comunque ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità attuative della misura (comma 5). Si dispone altresì che, qualora la dotazione finanziaria sopra indicata non sia sufficiente a soddisfare tutte le istanze ammissibili, il MISE provveda a ridurre in modo proporzionale il contributo (comma 6). Quanto alla copertura finanziaria dell’onere recato dall’articolo in esame, pari come detto a 130 milioni di euro per l'anno 2022, si rinvia all’articolo 58 del decreto legge (comma 7).
Segnatamente, ai sensi del comma 1, il Fondo ivi istituito è finalizzato a far fronte, mediante erogazione di contributi a fondo perduto, alle ripercussioni economiche negative per le imprese nazionali derivanti dalla crisi internazionale in Ucraina, che si sono tradotte in perdite di fatturato derivanti dalla contrazione della domanda, dall'interruzione di contratti e progetti esistenti e dalla crisi nelle catene di approvvigionamento.
Il comma 2 specifica che sono destinatarie del fondo, a domanda e nei limiti delle risorse disponibili, le piccole e medie imprese, diverse da quelle agricole, come definite dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione europea, che presentano, cumulativamente, i seguenti requisiti:
In base all'articolo 2 della raccomandazione sopra richiamata, la categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.
a) hanno realizzato negli ultimi due anni operazioni di vendita di beni o servizi, ivi compreso l'approvvigionamento di materie prime e semilavorati, con l'Ucraina, la Federazione russa e la Repubblica di Bielorussia, pari almeno al 20 per cento del fatturato aziendale totale;
b) hanno sostenuto un costo di acquisto medio per materie prime e semilavorati nel corso dell'ultimo trimestre antecedente la data di entrata in vigore del presente decreto incrementato almeno del 30 per cento rispetto al costo di acquisto medio del corrispondente periodo dell'anno 2019 ovvero, per le imprese costituite dal 1° gennaio 2020, rispetto al costo di acquisto medio del corrispondente periodo dell'anno 2021;
c) hanno subito nel corso del trimestre antecedente la data di entrata in vigore del presente decreto un calo di fatturato di almeno il 30 per cento rispetto all'analogo periodo del 2019. Ai fini della quantificazione della riduzione del fatturato rilevano (articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del TUIR - DPR n. 917/1986):
§ i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;
§ i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.
Il comma 3 prevede che le risorse del fondo sono ripartite tra le imprese aventi diritto, riconoscendo a ciascuna di esse un importo calcolato applicando una percentuale pari alla differenza tra l'ammontare medio dei ricavi relativi all'ultimo trimestre anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto e l'ammontare dei medesimi ricavi riferiti al corrispondente trimestre del 2019, determinata come segue:
a) 60 per cento, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d'imposta 2019 non superiori a 5 milioni di euro;
b) 40 per cento, per i soggetti con ricavi relativi al periodo d'imposta 2019 superiori a 5 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro;
c) per le imprese costituite dal 1° gennaio 2020 il periodo di imposta di riferimento di cui alle lettere a) e b) è quello relativo all'anno 2021.
Il comma 4 prevede che i contributi, che non possono comunque superare l'ammontare massimo di euro 400.000 per singolo beneficiario, sono attribuiti nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea 2022/C131 I/01, recante «Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina». E' comunque escluso il cumulo con i benefici di cui all'articolo 29 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Il comma 5 demanda a una decreto del Ministro dello sviluppo economico la definizione delle modalità attuative di erogazione delle risorse, ivi compreso il termine di presentazione delle domande, che è fissato in data non successiva al sessantesimo giorno dalla data di pubblicazione sul sito internet istituzionale del Ministero del decreto medesimo, nonché delle modalità di verifica del possesso dei requisiti da parte dei beneficiari, anche tramite sistemi di controllo delle autodichiarazioni delle imprese. Per lo svolgimento delle attività previste dall'articolo in esame il MISE può avvalersi di società in house mediante stipula di apposita convenzione. Gli oneri derivanti dalla convenzione sono posti a carico delle risorse assegnate al fondo di cui al presente articolo, nel limite massimo dell'1,5 per cento delle risorse stesse.
Il comma 6 prevede che, qualora la dotazione finanziaria di cui al comma 1 non sia sufficiente a soddisfare tutte le istanze ammissibili, il MISE provvede a ridurre in modo proporzionale il contributo.
Il comma 7 rinvia all'articolo 58 del provvedimento in esame relativamente alla copertura degli oneri, pari a 130 milioni di euro per l'anno 2022.
Articolo 19
(Rifinanziamento del Fondo per lo sviluppo e il sostegno
delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura)
L’articolo 19 rifinanzia il Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l’anno 2022.
Il comma 1 rifinanzia il Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle imprese (rectius, filiere) agricole, della pesca e dell’acquacoltura, di cui all’articolo 1, comma 128, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021), con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l’anno 2022.
Al riguardo si segnala che il Fondo di cui all’articolo 1, comma 128, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) è nominato “Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura”, andrebbe quindi sostituita la parola “imprese” con “filiere” sia nella rubrica che nell’articolo.
Si ricorda che il Fondo in oggetto - di cui all’articolo 1, comma 128, della L. 178/2020 (legge di bilancio 2021) – è stato istituito nello stato di previsione del MIPAAF (capitolo 7098) con una dotazione finanziaria iniziale pari a 150 milioni di euro per l’anno 2021, poi successivamente incrementata di altri 150 milioni di euro dall’articolo 39, comma 1, del D.L. 41/2021 (L.69/2021), portando le risorse complessive del Fondo a 300 milioni di euro per il 2021.
In considerazione del rilevante incremento dei costi di produzione per il settore zootecnico, derivante dalle tensioni sui mercati nazionale e internazionali, riguardanti gli alimenti per il bestiame, il Fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per l'anno 2021 al fine di erogare contributi agli allevatori bovini [articolo 68, comma 2-bis, D.L. 73/2021 (L. 106/2021)].Inoltre, l’articolo 68-quater del D.L. 73/2021 (L.106/2021) ha riconosciuto, per l'anno 2021, un contributo a fondo perduto ai birrifici nella misura di 10 milioni di euro a cui si è provveduto mediante corrispondente riduzione del Fondo in oggetto. Il D.M. 23 dicembre 2021 ha stabilito i criteri e le modalità di attuazione dell'intervento agevolativo e ha stabilito le procedure di concessione e di erogazione del contributo, nonché le condizioni di revoca e l'effettuazione dei controlli.
Per l’anno 2021 le risorse del predetto Fondo sono state cosi distribuite:
§ il D.M. 6 agosto 2021 ha destinato 94 milioni di euro alle filiere zootecniche;
§ il D.M. 11 agosto 2021 ha destinato 20 milioni di euro in favore delle imprese della pesca e dell'acquacoltura.
§ il D.M. 8 novembre 2021 ha destinato 50 milioni di euro a titolo di contributo straordinario per il rafforzamento patrimoniale delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli e 0,5 milioni di euro a sostegno del processo di internazionalizzazione delle imprese operanti nel settore ortofrutticolo;
§ il D.M. 23 novembre 2021 ha destinato risorse pari a 30 milioni di euro alla filiera olivicola-olearia;
§ Il D.M. 23 marzo 2022 ha destinato 25 milioni di euro per la filiera vitivinicola.
Inoltre, la legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) ha previsto la destinazione di una somma non inferiore a 40 milioni di euro dello stanziamento per l'anno 2022 a misure in favore della filiera delle carni derivanti da polli, tacchini, conigli domestici, lepri e altri animali vivi destinati all'alimentazione umana, nonché delle uova di volatili in guscio, fresche e conservate (art. 1, comma 528) e con la sezione II, [ai sensi dell'art. 23, comma 3, lettera b) della legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009)] ha rifinanziato il Fondo in oggetto con 80 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Successivamente, l’articolo 20 del D.L. 21/2022 (il disegno di legge di conversione del decreto è stato definitivamente dalla Camera dei deputati nella seduta del 19 maggio 2022 ed è in fase di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale) ha rifinanziato tale Fondo con una dotazione pari a 35 milioni di euro per l’anno 2022 al fine di fronteggiare il peggioramento economico internazionale con innalzamento dei costi di produzione dovuto alla crisi ucraina.
Ai sensi del comma 2 si provvede alla copertura degli oneri, pari a 20 milioni di euro per il 2022, con le modalità previste all’articolo 58 del provvedimento in esame, alla cui scheda analitica si rinvia.
Articolo 20
(Garanzie sui mutui in favore delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura che hanno subito un incremento
dei costi energetici)
L’articolo 20, comma 1, prevede che, previa autorizzazione del regime di aiuti da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE, sono ammissibili alla garanzia diretta dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), con copertura al 100 per cento, i nuovi finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari autorizzati, iscritti nell'albo unico tenuto dalla Banca d'Italia (di cui all'articolo 106 del TUB - d.lgs. n. 385/1993), e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in favore di piccole e medie imprese agricole e della pesca che abbiano registrato un incremento dei costi per l'energia, per i carburanti o per le materie prime nel corso del 2022 come da dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (resa ai sensi dell'articolo 47 del DPR n. 445/2000), purché tali finanziamenti prevedano l'inizio del rimborso del capitale non prima di ventiquattro mesi dall'erogazione e abbiano una durata fino a centoventi mesi e un importo non superiore al 100 per cento dell'ammontare complessivo degli stessi costi, come risultante dall'ultimo bilancio depositato o dall'ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia, ovvero da altra idonea documentazione, prodotta anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà e, comunque, non superiore a 35.000 euro.
Il comma 2 dispone in relazione agli oneri, pari a 180 milioni di euro per il 2022, ai quali si provvede:
§ quanto ad euro 100 milioni, ai sensi dell'articolo 58 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia);
§ e, quanto ad euro 80 milioni, mediante utilizzo delle risorse disponibili sul conto corrente di tesoreria centrale di cui all'articolo 13, comma 11, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020), che sono trasferite su un conto corrente di tesoreria centrale appositamente istituito, intestato all'ISMEA, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie di cui all'articolo in esame.
L'articolo 13, comma 11, del D.L. n. 23/2020 prevede che la disciplina temporanea da esso dettata con riferimento al Fondo centrale di garanzia PMI, in quanto compatibile, si applica anche alle garanzie di cui all'articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole, forestali, della pesca e dell'acquacoltura e dell'ippicoltura, nonché dei consorzi di bonifica e dei birrifici artigianali. Per tali finalità sono assegnati all'ISMEA 100 milioni di euro per il 2020. Le predette risorse sono versate su un conto corrente di tesoreria centrale appositamente istituito, intestato a ISMEA, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.
L'articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004 prevede che l'ISMEA può concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.
Secondo quanto si evince dalla Determinazione del 21 ottobre 2021, n. 108 della Corte dei conti (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA 2020), pp. 24-26 (Garanzie dirette o a prima richiesta), l’attività di prestazione di garanzie dirette, che consiste nella concessione di fideiussione, cogaranzia e controgaranzia a fronte di finanziamenti bancari destinati ad imprenditori agricoli è disciplinata dal decreto del 22 marzo 2011 emanato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, entrato in vigore il 6 aprile 2012 con l’approvazione del testo delle relative Istruzioni applicative. Per tali garanzie, si configura la controgaranzia dello Stato, sancita dall’art. 10, c. 8, lett. b) del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 maggio 2005, n. 80.
In applicazione di quanto disposto dall’art. 13, c. 2, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla l. 1° dicembre 2016, n. 225, la garanzia ISMEA è stata resa gratuita, nel limite di euro 15.000, erogato in regime de minimis, a tutte le imprese agricole, per una spesa massima di 30 mln.
Nel corso del 2020 l’attività di rilascio di garanzie dirette è stata incentrata prevalentemente nella gestione delle misure straordinarie, affidate dallo Stato all’ISMEA, previste prima dall’art. 49 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), convertito, con modificazioni, dalla l. 24 aprile 2020 n. 27, e poi, con abrogazione della precedente disposizione, dall’art. 13 del d.l. n. 23 del 2020, (c.d. decreto “Liquidità”), a sua volta modificato dalla legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40 e dalla l. 30 dicembre 2020, n. 178 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”.
Si tratta di misure che si inseriscono nel citato “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza della Covid-19” adottato con Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 del 19 marzo 2020 e successivamente modificato con Comunicazioni C (2020) 2215 del 3 aprile 2020, C (2020) 3156 dell’8 maggio 2020, C (2020) 4509 del 29 giugno 2020, C (2020) 7127 del 13 ottobre 2020 e C (2021) 564 del 28 gennaio 2021.
Ai fini dell’attuazione delle misure straordinarie, previste dalle norme sopra richiamate, per un totale complessivo di 430 mln, l’ISMEA ha ottenuto autorizzazione da parte della Commissione europea con decisione C (2020) 2621 del 21 aprile 2020 con la quale è stato approvato il regime di aiuto SA.57068 (2020-N), successivamente emendato con decisioni nn. C (2020) 5100 del 20 luglio 2020, C (2020) 9178 dell’11 dicembre 2020 e C (2021) 995 dell’11 febbraio 2021.
In particolare, fino al 31 dicembre 2021 e salvo ulteriori proroghe, l’ISMEA è autorizzato a concedere garanzie a titolo gratuito entro i limiti di importo, di durata e di percentuale di copertura normativamente stabiliti. Le attività svolte nel corso del 2020 per la gestione di tali fondi statali sono puntualmente rendicontate in allegato al bilancio.
Il numero delle richieste pervenute nel corso dell’esercizio, incluse le posizioni rilasciate a valere sui fondi per l’emergenza Covid-19 di cui all’art 13 c. 1 lett. c), e) e p), del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 espresso per numero di finalità garantite, è di 1.697, per un totale garantito richiesto complessivo al 31 dicembre 2020 pari a 1.095,1 mln (735,5 mln nel 2019), mentre le garanzie in essere, cioè quelle per le quali sono state versate le commissioni, espresse per numero di finalità, sono 4.018 (2.919 nel 2019), per un totale, effettivamente garantito, pari a 556,2 mln (344,5 nel 2019).
Per quanto riguarda la misura di cui all’art. 13 c. 1 lett. m) della medesima disposizione legislativa fino al 31 dicembre 2020, risultano pervenute 35.449 richieste di garanzia, di cui 33.327 erogate, per l’importo complessivo di 645,7 mln.
Si fa presente che gli elementi quantitativi espressi sono comprensivi anche delle garanzie richieste decadute, o rinunciate, a seguito di istruttoria negativa.
ISMEA garantisce due portafogli di finanziamenti, di cui il primo di importo iniziale pari a 171,7 mln, garantito per 8,59 mln, e il secondo di importo iniziale pari a 166,3 mln, garantito per 9,98 mln. A fronte delle garanzie di portafoglio rilasciate, l’Istituto ha impegnato, al 31 dicembre 2020, risorse per 2,12 mln a valere sul Fondo patrimoniale destinato al rilascio di garanzie a norma dell’art. 17 commi 2 e 4 del d.lgs. n. 102 del 2004, e ss.mm.ii..
Articolo 21
(Maggiorazione del credito di imposta
per investimenti in beni immateriali 4.0)
L’articolo 21 eleva dal 20 al 50 per cento la misura del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati funzionali ai processi di trasformazione 4.0 effettuati dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022 (ovvero, a specifiche condizioni, entro il 30 giugno 2023).
Preliminarmente si ricorda che la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 184-197 della legge n. 160 del 2019), in luogo di prorogare al 2020 il cd. superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese – misure che in sostanza consentivano di maggiorare, a fini fiscali, i costi sostenuti per specifiche categoria di investimenti – ha sostituito tali misure con un credito d’imposta per le spese sostenute, a titolo di investimento in beni strumentali nuovi, con scadenza iniziale prevista al 31 dicembre 2020. Esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito è riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell’investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0.
L’articolo 1, commi 1051-1063 e 1065 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), nell’ambito di un più ampio rafforzamento del programma Transizione 4.0 diretto ad accompagnare le imprese nel processo di transizione tecnologica e di sostenibilità ambientale, e per rilanciare il ciclo degli investimenti penalizzato dall’emergenza legata al COVID-19, ha esteso fino al 31 dicembre 2022 la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, potenziando e diversificando le aliquote agevolative, incrementando le spese ammissibili e ampliandone l’ambito applicativo. La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 44 della legge 234 del 2021) ha ulteriormente prorogato e a disciplina del credito d'imposta, lasciando immutato il regime vigente fino al 2022 e occupandosi, invece, del triennio 2023-2025.
Il credito d'imposta è inquadrabile nella revisione complessiva delle misure fiscali di sostegno del "Piano industria 4.0" annunciato dal Governo a novembre 2019, alla luce del monitoraggio effettuato sull'efficacia delle misure fiscali Industria 4.0 previgenti e della necessità di supportare la trasformazione tecnologica (cd. transizione 4.0) del tessuto produttivo italiano anche in chiave di sostenibilità ambientale. Rientra in tale riforma anche il credito d'imposta in ricerca e sviluppo (articolo 9, comma 2, alla cui scheda di lettura si rinvia). Per una panoramica sulle misure adottate in seno a tale piano si rinvia al sito della documentazione parlamentare.
Il regime vigente fino al 31 dicembre 2022
I beneficiari del credito d'imposta sono le imprese che, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023 - in tale ultimo caso se entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione - effettuano investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, ivi incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito.
Per le imprese ammesse al credito d'imposta, la fruizione del beneficio spettante è condizionata al rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.
Il credito d'imposta è riconosciuto in misura differenziata, secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento. Esso spetta nella misura del 10 per cento del costo sostenuto, alle imprese che effettuano:
§ investimenti in beni strumentali materiali, purché diversi dai beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello Industria 4.0 (indicati nell'allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232), nel limite massimo di costi ammissibili pari a 2 milioni di euro;
§ investimenti in beni strumentali immateriali diversi da software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni connessi a investimenti in beni materiali Industria 4.0 (indicati nell'allegato B annesso alla medesima legge 11 dicembre 2016, n. 232), nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro.
La misura del credito d'imposta è elevata al 15 per cento per gli investimenti in strumenti e dispositivi tecnologici destinati dall'impresa alla realizzazione di forme di lavoro agile.
La misura del credito d'imposta scende al 6 per cento per gli stessi investimenti - coi medesimi limiti - se effettuati dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
Per gli investimenti in beni ricompresi nell'allegato A annesso alla legge di bilancio 2017, ovvero i beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello Industria 4.0, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d'imposta è riconosciuto:
§ nella misura del 50 per cento del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
§ nella misura del 30 per cento per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
§ nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili, pari a 20 milioni di euro.
Per gli investimenti aventi a oggetto beni ricompresi nell'allegato A, a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d'imposta sia riconosciuto:
§ nella misura del 40 per cento del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
§ nella misura del 20 per cento per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro;
§ nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili, pari a 20 milioni di euro.
Per gli investimenti aventi ad oggetto beni immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti "Industria 4.0" (ricompresi nell'allegato B annesso alla legge di bilancio 2017 e successivamente integrato dalla legge di bilancio 2018) il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro, fino al 31 dicembre 2022.
Per un approfondimento, si veda la pagina web dedicata del sito istituzionale dell'Agenzia delle entrate. Con decreto direttoriale del MISE 6 ottobre 2021 è stato approvato il modello di comunicazione dei dati e delle altre informazioni riguardanti l'applicazione del credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese (il decreto è disponibile qui) L'Agenzia delle entrate, con Risoluzione n.68/E del 30 novembre 2021 ha definito i Codici tributo per l'utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d'imposta.
Il regime introdotto dalla legge di bilancio 2022 per il 2023-2025
Come anticipato, la legge di bilancio 2022, sostanzialmente lasciando immutati i destinatari dell'agevolazione e le condizioni per l'accesso, ha prorogato e rimodulato la disciplina del credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi.
In sintesi:
§ per gli investimenti in beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello Industria 4.0, se effettuati dal 2023 al 2025, il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro; nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e nella misura del 5 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili, pari a 20 milioni di euro;
§ per gli investimenti aventi ad oggetto beni immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti in beni materiali "Industria 4.0", si proroga al 2025 la durata dell'agevolazione e, per gli anni successivi al 2022, se ne riduce progressivamente l'entità (dal 20 per cento del 2022 e nel 2023 al 15 per cento del 2024 e al 10 per cento del 2025).
§ L’articolo 20 del decreto-legge n. 73 del 2021 ha inoltre consentito, anche ai soggetti con un volume di ricavi o compensi non inferiori a 5 milioni di euro, di usufruire in un’unica quota annuale del credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi a condizione che:
§ si tratti di investimenti in beni strumentali materiali diversi dai beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello Industria 4.0 (beni diversi da quelli indicati nell’allegato A annesso alla legge di bilancio 2017);
§ gli investimenti siano effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021.
Più in dettaglio, secondo il vigente comma 1058 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) il credito d'imposta spetta nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo di 1 milione di euro, per gli investimenti aventi ad oggetto beni strumentali immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni, ricompresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232) funzionali ai processi di trasformazione 4.0, fino al 2023. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all'utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza.
Le disposizioni in esame prevedono che, per gli investimenti aventi ad oggetto i predetti beni immateriali, se effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2022 (ovvero entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione), la misura del credito d’imposta venga elevata dal 20 al 50 per cento.
Il comma 2 dispone che, agli oneri derivanti dalle norme in esame, valutati in 15,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 3,9 milioni di euro per l’anno 2025, si provvede ai sensi della norma generale di copertura del provvedimento (articolo 58, alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 22
(Credito d'imposta formazione 4.0)
L’articolo 22 rimodula complessivamente l’aliquota del credito d'imposta Formazione 4 per le piccole e medie imprese.
In particolare, la misura dell’agevolazione viene elevata per le piccole imprese dal 50 al 70 per cento e, per le medie imprese, dal 40 al 50 per cento, con riferimento alle spese di formazione del personale dipendente volte ad acquisire o consolidare competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale. La maggiorazione spetta a condizione che le attività formative siano erogate dai soggetti individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico e che i risultati relativi all'acquisizione o al consolidamento delle suddette competenze siano certificati secondo le modalità stabilite con il medesimo decreto.
Per quanto invece riguarda progetti di formazione avviati successivamente al 18 maggio 2022, qualora non soddisfino i suindicati requisiti, le misure del credito d'imposta sono diminuite al 40 per cento per le piccole imprese e al 35 per cento per le medie imprese.
La legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) ha istituito e disciplinato il credito di imposta formazione 4.0, per le spese di formazione del personale dipendente finalizzate all'acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale previste dal Piano nazionale Impresa 4.0.
Esso spetta in favore di ogni tipo e forma di impresa, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato. Il comma 48 della legge di bilancio 2018 prevede inoltre che tali attività fossero svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0 quali big data e analisi dei dati, cloud, fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali. Sono escluse dal beneficio le attività di formazione, ordinaria o periodica, organizzata dall’impresa per conformarsi alle norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e di protezione dell’ambiente o ad altre norme obbligatorie in materia di formazione. Inoltre il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di spettanza e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi in cui il credito sia impiegato.
Con D.M. 4 maggio 2018 sono state emanate le disposizioni applicative del credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Industria 4.0., con particolare riguardo alla documentazione richiesta, all'effettuazione dei controlli e alle cause di decadenza del beneficio.
La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 79 della legge n. 145 del 2018) ha rimodulato il beneficio secondo la dimensione delle imprese.
Il beneficio è stato poi prorogato al 2020 dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 210 della legge n. 160 del 2019) che ha effettuato alcune rimodulazioni del limite massimo annuale del credito, da applicarsi secondo la dimensione delle imprese, prevedendo che:
§ nei confronti delle piccole imprese il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 50 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300.000 euro;
§ nei confronti delle medie imprese, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 40 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro;
§ nei confronti delle grandi imprese il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 30 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro.
La medesima legge di bilancio 2020 ha aumentato la misura dell’agevolazione per tutte le imprese, fermi restando i limiti massimi annuali, al 60 per cento nel caso in cui i destinatari delle attività di formazione ammissibili rientrino nelle categorie dei lavoratori dipendenti svantaggiati o ultra svantaggiati come definite dal decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali 17 ottobre 2017. Sono state chiarite le modalità di applicazione del credito d’imposta per il caso in cui le attività di formazione siano erogate da soggetti esterni all'impresa ed è stato eliminato l’obbligo di disciplinare espressamente lo svolgimento delle attività di formazione in contratti collettivi aziendali o territoriali.
La legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha prorogato al 2022 (più precisamente, fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2022) il beneficio del credito d'imposta formazione 4.0. Ha poi chiarito che, per il periodo in corso al 31 dicembre 2020 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2023, ai fini della disciplina introdotta originariamente dalla legge di bilancio 2018 (dall’articolo 1, commi da 46 a 56, della legge 27 dicembre 2017, n. 205) sono ammissibili all’agevolazione i seguenti costi, previsti dall’articolo 31, comma 3, del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno UE.
Si tratta in particolare di:
a) spese di personale relative ai formatori per le ore di partecipazione alla formazione;
b) costi di esercizio relativi a formatori e partecipanti alla formazione direttamente connessi al progetto di formazione, quali le spese di viaggio, le spese di alloggio, i materiali e le forniture con attinenza diretta al progetto, l'ammortamento degli strumenti e delle attrezzature nella misura in cui sono utilizzati esclusivamente per il progetto di formazione;
c) i costi dei servizi di consulenza connessi al progetto di formazione;
d) le spese di personale relative ai partecipanti alla formazione e le spese generali indirette (spese amministrative, locazione, spese generali) per le ore durante le quali i partecipanti hanno seguito la formazione.
Più in dettaglio – come già anticipato - secondo il vigente comma 211 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2029) il credito d'imposta nei confronti delle piccole imprese, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 50 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300.000 euro. Nei confronti delle medie imprese, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 40 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro. Nei confronti delle grandi imprese, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 30 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro.
La misura del credito d'imposta è comunque aumentata per tutte le imprese, fermi restando i limiti massimi annuali, al 60 per cento nel caso in cui i destinatari delle attività di formazione ammissibili rientrino nelle categorie dei lavoratori dipendenti svantaggiati o molto svantaggiati.
Per effetto delle norme in esame (comma 1), all’esplicito scopo di rendere più efficace il processo di trasformazione tecnologica e digitale delle piccole e medie imprese, con specifico riferimento alla qualificazione delle competenze del personale, l’aliquota del credito d'imposta formazione 4.0 per le piccole imprese è elevata dal 50 al 70 per cento e per le medie imprese è innalzata dal 40 al 50 per cento, relativamente al spese di formazione del personale dipendente finalizzate all'acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale.
L’elevazione dell’aliquota spetta a condizione che le attività formative siano erogate dai soggetti individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 17 giugno 2022 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame) che i risultati relativi all'acquisizione o al consolidamento delle suddette competenze siano certificati secondo le modalità stabilite con il medesimo decreto, il quale assicura altresì l’invarianza di spesa riaspetto agli stanziamenti vigenti.
Ai sensi del comma 2, per i progetti di formazione avviati successivamente al 18 maggio 2022 (successivamente all’entrata in vigore del presente decreto) che non soddisfino le condizioni previste dal già visto comma 1, le misure del credito d'imposta sono rispettivamente diminuite al 40 per cento e al 35 per cento.
Articolo 23
(Credito d’imposta sale cinematografiche)
L’articolo 23 eleva al 40 per cento (per due anni) la misura massima del credito d’imposta riconosciuto alle sale cinematografiche per i costi di funzionamento delle sale stesse.
La norma, per gli anni 2022 e 2023, porta al 40 per cento (rispetto al 20 per cento previsto a regime) la misura massima del credito di imposta riconosciuto alle sale cinematografiche dall’articolo 18 della legge 14 novembre 2016, n. 220.
Si ricorda che l’articolo 18 della legge. 14 novembre 2016, n. 220, ha istituito un credito d'imposta per il potenziamento dell'offerta cinematografica. In particolare la norma prevede che al fine di potenziare l'offerta cinematografica e in particolare di potenziare la presenza in sala cinematografica di opere audiovisive italiane ed europee, agli esercenti sale cinematografiche è riconosciuto un credito d'imposta commisurato ad un'aliquota massima del 20 per cento sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario, effettuata nelle rispettive sale cinematografiche, con modalità adeguate a incrementare la fruizione da parte del pubblico secondo le disposizioni stabilite dal decreto ministeriale attuativo. La norma prevede, altresì, meccanismi incentivanti a favore delle opere italiane e per particolari tipologie di opere e di sale cinematografiche, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche ubicate nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti.
La disposizione in commento precisa che la percentuale del 40 per cento va calcolata, nel periodo di riferimento, sui costi di funzionamento delle sale e non, come previsto a regime, sugli introiti derivanti dalla programmazione di opere audiovisive, con particolare riferimento alle opere italiane ed europee, anche con caratteristiche di documentario.
Nella Relazione tecnica che accompagna il testo si precisa che la rimodulazione dell’aliquota e dei costi ammissibili all’agevolazione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto i crediti d'imposta previsti dalla legge cinema sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato nel decreto ministeriale di cui all'articolo 13, comma 5, della medesima legge n.220. Ai sensi del citato articolo 13, comma 5, con decreto del Ministro della cultura si provvede al riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo fra le tipologie di contributi previsti dalla legge cinema.
Al riguardo, si ricorda che il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, denominato «Fondo per il cinema e l'audiovisivo», istituito dal medesimo articolo 13 nello stato di previsione del Ministero della cultura a decorrere dal 2017, è destinato al finanziamento degli interventi previsti dalla legge cinema e il complessivo livello di finanziamento è parametrato annualmente all'11% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell'anno precedente derivanti dal versamento delle imposte IRES e IVA nei settori di attività interessati dalla legge cinema e comunque in misura non inferiore a 750 milioni di euro annui.
La misura viene applicata secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 5, della medesima legge, ovvero attraverso un decreto adottato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.
Il comma 5 sopra citato stabilisce, nello specifico, che con uno o più decreti del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono stabiliti, partitamente per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta previste nella sezione degli incentivi fiscali (della legge n. 220 del 2016) e nell'ambito delle percentuali ivi stabilite, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere ovvero alle varie tipologie di impresa o alle varie tipologie di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative della presente sezione, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza. Si segnala inoltre che l’articolo 21 della legge n.220 dispone, tra l’altro, che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione. A tal fine, non si applicano i vigenti limiti alla compensazione, in particolare: il limite annuale a di 250.000 euro nell'utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007). Il credito è cedibile dal beneficiario a intermediari bancari, ivi incluso l'Istituto per il credito sportivo, finanziari e assicurativi sottoposti a vigilanza prudenziale. I cessionari possono utilizzare il credito ceduto solo in compensazione dei propri debiti d'imposta o contributivi. La cessione del credito non pregiudica i poteri delle competenti amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del cedente il credito d'imposta.
Si ricorda che, con decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il 15 marzo 2018, sono state pubblicate le disposizioni applicative per avvalersi del credito di imposta in commento.
In sintesi, la disciplina introdotta del decreto ministeriale prevede che il credito d'imposta spetta alle imprese dell'esercizio cinematografico per la realizzazione di nuove sale cinematografiche o il ripristino di sale inattive, per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale.
Alle imprese dell'esercizio cinematografico è riconosciuto un credito di imposta pari al:
a) 25 per cento del costo eleggibile per la realizzazione di nuove sale o per il ripristino di sale inattive, nonché per la ristrutturazione di sale esistenti che comportino l'incremento del numero di schermi;
b) 20 per cento del costo eleggibile per la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale e per l'installazione, la ristrutturazione, il rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale.
Per gli interventi realizzati dalle piccole e medie imprese dell'esercizio cinematografico l'aliquota è ulteriormente innalzata in base alla ubicazione delle sale, in particolare per quelle ubicate nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti.
Le imprese di esercizio beneficiarie dei crediti d'imposta ai sensi del decreto, a pena di inammissibilità ovvero di decadenza del credito concesso, devono impegnarsi a programmare per tre anni dalla data di richiesta del beneficio una percentuale di film di nazionalità italiana o di altro Paese dell'Unione europea almeno pari al 35 per cento dell'intera programmazione effettuata nella struttura per la quale viene richiesto il credito d'imposta.
Articolo 24
(Rifinanziamento del Fondo IPCEI)
L’articolo 24, comma 1, rifinanzia di 150 milioni di euro per l'anno 2022, di 200 milioni per l'anno 2023 e di 150 milioni per l'anno 2024 il Fondo IPCEI (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo), per sostenere le imprese che partecipano alla realizzazione dei progetti stessi.
Il comma 2 dispone in ordine alla copertura dei relativi oneri finanziari.
L’articolo 24, comma 1, rifinanzia di 150 milioni di euro per l'anno 2022, di 200 milioni per l'anno 2023 e di 150 milioni per l'anno 2024 il Fondo IPCEI (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo), per sostenere le imprese che partecipano alla realizzazione dei progetti stessi.
Ai sensi del comma 2, ai relativi oneri si provvede:
§ quanto a 100 milioni per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (MISE) dall’articolo 23 del D.L. n. 17/2022 (L. n. 34/2022).
§ Si rammenta che il Fondo è stato dotato, dalla norma istitutiva, di uno stanziamento iniziale pari a 150 milioni di euro per l'anno 2022 e 500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030. I criteri e le modalità di riparto delle risorse del fondo sono stati demandati ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, da adottare entro il 1 aprile 2022 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 17/2022).
§ quanto a 50 milioni di euro per l'anno 2022, 200 milioni di euro per l'anno 2023 e 150 milioni di euro per l'anno 2024 ai sensi dell'articolo 58, che reca disposizioni finanziarie e di copertura del provvedimento in esame (cui si rinvia).
Gli IPCEI contemplano iniziative di collaborazione industriale su larga scala e sono volti a far convergere nello stesso progetto conoscenze, competenze, risorse finanziarie e attori economici di tutta l’Unione, “per ovviare ai fallimenti sistemici o del mercato e alle sfide sociali che non potrebbero altrimenti essere affrontati” (Comunicazione della Commissione 2014/C 188/02 – “Criteri per l’analisi della compatibilità con il mercato interno degli aiuti di Stato destinati a promuovere la realizzazione di importanti progetti di comune interesse europeo”).
In particolare, gli IPCEI costituiscono una evoluzione della disciplina degli aiuti di Stato. Già l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea considera compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo. A livello europeo si considera i settori della ricerca e dello sviluppo tra i più esposti a rischi e incertezze connessi alle asimmetrie e imperfezioni dell'informazione, con scarsa propensione per gli investitori privati a finanziare progetti utili e parallela difficoltà per personale altamente qualificato di venire a conoscenza di adeguate opportunità di lavoro in imprese innovatrici (Comunicazione 2006/C 323/01 - Disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione).
Gli IPCEI sono quindi volti a favorire la collaborazione tra settore pubblico e privato per intraprendere progetti su larga scala che apportano vantaggi significativi all’Unione e ai suoi cittadini, con particolare riferimento alle catene del valore strategiche per l’industria europea.
Attualmente, la partecipazione italiana è rivolta a tre IPCEI, uno relativo alla “microelettronica” (autorizzato con decisione della Commissione UE COM (2018)8864 final e due relativi alle batterie (“Batterie 1” autorizzato con decisione della Commissione UE COM (2019)8829 final e“Batterie 2” autorizzato con decisione della Commissione UE COM (2021)494 final. Altri progetti nel settore microelettronica ed idrogeno interesseranno poi l’Italia, grazie anche all’impiego delle risorse del PNRR (cfr. infra).
Il Fondo IPCEI è dunque lo strumento agevolativo nazionale che supporta le attività svolte dai soggetti italiani coinvolti nella realizzazione degli “importanti progetti di comune interesse europeo”.
Il Fondo è stato istituito con l'articolo 1, comma 203, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. La legge n. 145 si riferiva specificamente al progetto di interesse sulla microelettronica, stanziando risorse pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, di 60 milioni di euro per il 2021 e di 83,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024
Successivamente, l'articolo 1, comma 232, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha conferito al fondo precedentemente istituito la denominazione di «Fondo IPCEI» e ne ha poi incrementato la dotazione del Fondo di 10 milioni di euro nel 2020 e di 90 milioni nel 2021.
Il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, all’articolo 60, comma 6, ha incrementato di 950 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione del Fondo.
Il Fondo IPCEI è stato poi destinatario di ulteriori risorse - pari a 282,8 milioni di euro - in sede di riparto del Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese (decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 35546, Allegato 1, registrato in data 13 aprile 2021).
Il Fondo interviene attraverso agevolazioni a sostegno delle attività svolte in Italia nell’ambito dei progetti approvati a livello europeo.
Il comma 232 ha:
§ demandato la definizione dei criteri generali per l'intervento e il funzionamento del Fondo, nonché per la concessione delle agevolazioni alle imprese che partecipano ai progetti ad un decreto interministeriale, del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
§ l’attivazione dei singoli interventi a successivi decreti del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sulla base dei predetti criteri e nel rispetto delle decisioni di autorizzazione della Commissione UE.
È quindi intervenuto il decreto interministeriale 21 aprile 2021, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. La procedura di ammissione prevede una selezione preliminare, da parte del MISE, delle proposte e dei soggetti interessati alla costituzione di un IPCEI, per l’individuazione dei contenuti dell’iniziativa e dei partecipanti alla stessa ai fini della successiva fase di notifica alla Commissione europea[26]. L’intervento del Fondo a sostegno della realizzazione di un IPCEI è attivato con specifico decreto del Ministro dello sviluppo economico, che individua le risorse destinate all’intervento e le procedure di dettaglio per l’attuazione dello stesso.
Si evidenzia che le regioni, le province autonome e le altre amministrazioni pubbliche possono contribuire finanziariamente alla quota italiana di supporto alla realizzazione di ciascun IPCEI, nei limiti dei massimali di aiuto concedibili dalle autorità italiane stabiliti nelle decisioni di autorizzazione della Commissione e mettendo a disposizione del Fondo proprie risorse aggiuntive, recepite nel rispettivo decreto di attivazione.
Il D.M. 7 luglio 2021 ha così attivato l’IPCEI Microelettronica cui sono state destinate risorse pari a 325,9 milioni, che si aggiungono ai precedenti 410,2 milioni già stanziati [27]; il D.M. 7 luglio 2021 l’IPCEI Batterie 1 cui sono stati destinati 473,4 milioni; il D.M. 7 luglio 2021 l’ IPCEI Batterie 2 cui sono stati destinati 533,6 milioni.
A tali interventi, rileva la relazione tecnica al provvedimento in esame, è stata destinata la somma di 1.743 milioni di euro a valere sulle risorse autorizzate del Fondo.
La dotazione residua, ammonta dunque ora complessivamente a 500 milioni. A tali risorse, si aggiungono quelle del Piano nazionale di ripresa e resilienza, pari a 1,5 miliardi.
Gli IPCEI fanno parte dei programmi di investimento del Piano, Missione 4 "Istruzione e ricerca" componente C2 "Dalla ricerca all'Impresa" (M4C2-11 Investimento 2.1), per un ammontare pari a 1,5 miliardi di euro[28]. L’obiettivo del Piano è di integrare il Fondo nazionale IPCEI, con risorse aggiuntive che consentiranno di finanziare nuovi progetti. La finalità è di finanziare imprese e centri di ricerca per progetti su sviluppo, innovazione e produzione industriale, anche in collaborazione con centri e aziende europee, favorendo la collaborazione tra settore pubblico e privato.
Finora, come sopra accennato, l'Italia ha partecipato a 3 IPCEI, due sulle batterie e l'altro sulla microelettronica. Mentre le risorse disponibili sul Fondo IPCEI sono destinate a coprire gli IPCEI ai quali l’Italia già partecipa – Batterie 1, Batterie 2, e Microelettronica 1 – quelle del progetto PNRR possono essere utilizzate per gli IPCEI a venire, con priorità per Idrogeno e Microelettronica 2. L’investimento comprende ulteriori futuri IPCEI, come il cloud, la salute, le materie prime e la cybersecurity.
Articolo 25
(Fondo per il potenziamento dell'attività di attrazione
degli investimenti esteri)
L’articolo 25, comma 1, istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo per il potenziamento dell'attività di attrazione degli investimenti esteri, con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Il fondo è finalizzato alla realizzazione di iniziative volte alla ricognizione, anche sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, di potenziali investitori strategici esteri, secondo le caratteristiche e le diverse propensioni all'investimento di ciascuna tipologia di investitori, per favorire l'avvio, la crescita ovvero la ricollocazione nel territorio nazionale di insediamenti produttivi, nonché l'elaborazione di proposte di investimento strutturate, comprensive di tutti gli elementi utili ad un'approfondita valutazione delle opportunità prospettate, in relazione alle diverse tipologie di investitori. Il comma 2 costituisce, per le predette finalità e al fine di garantire il supporto tecnico-operativo al Comitato interministeriale per l'attrazione degli investimenti esteri (CAIE), una segreteria tecnica coordinata da un dirigente di livello generale in servizio presso il MISE e composta dal personale in servizio presso il predetto Ministero, nei limiti della vigente dotazione organica e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L'articolo 30, comma 7, del D.L. n. 133/2014 (L. n. 164/2014), ha istituito presso il MISE un Comitato con il compito di coordinamento dell'attività in materia di attrazione degli investimenti esteri, nonché di favorire, ove necessario, la sinergia tra le diverse amministrazioni centrali e locali. Il Comitato è composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, che lo presiede, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da un rappresentante del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e da un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni. Il Comitato può essere integrato con i rappresentanti delle amministrazioni centrali e territoriali di volta in volta coinvolte nel progetto d'investimento. Ai componenti del Comitato non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Al funzionamento del Comitato si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Sempre in base al comma 2, alla segreteria tecnica sono attribuiti, tra l'altro, i compiti inerenti alla ricognizione di potenziali investitori strategici esteri, all'elaborazione di proposte di investimento strutturate, all'adozione di metodologie uniformi, alla definizione di indicatori di performance, all'implementazione di banche dati, alla creazione, in via sperimentale, di uno «sportello unico» che accompagni e supporti gli investitori esteri con riferimento a tutti gli adempimenti e alle pratiche utili alla concreta realizzazione dell'investimento, nonché all'attivazione di un sito web unitario, che raccolga e organizzi in maniera razionale tutte le informazioni utili sulle iniziative e sugli strumenti attivabili a supporto dei potenziali investitori esteri. Per le medesime finalità il MISE può avvalersi, con contratti di lavoro autonomo e in presenza dei presupposti di legittimità di cui all'articolo 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, di un contingente massimo di dieci esperti con elevate competenze e qualificazioni professionali in materia, nel limite di spesa di 40.000 euro annui per singolo incarico al lordo degli oneri fiscali e contributivi a carico dell'amministrazione, con oneri a valere sul fondo di cui al comma 1.
Il comme 3 dispone in relazione agli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MISE.
Articolo 26
(Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori)
L’articolo 26 reca alcune disposizioni volte a fronteggiare, nel settore degli appalti pubblici di lavori, gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, dei carburanti e dei prodotti energetici.
Atrraverso tale intervento normativo si mira, tra l'altro, ad assicurare la realizzazione degli interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC.
In particolare, al comma 1, si prevede che per tutti i contratti di lavori pubblici, compresi quelli affidati a un contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte presentate entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori relativo alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate sotto la responsabilità dello stesso, dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, viene adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzi del prezzario di cui al successivo comma 2.
I maggiori importi derivanti dall’applicazione dei citati prezzari, al netto dei ribassi d’asta formulati in sede di offerta, sono riconosciuti dalla stazione appaltante nella misura del 90% nei limiti delle risorse di cui al allo stesso comma 1, nonché di quelle trasferite alla stazione appaltante a valere sulle risorse dei fondi di cui al successivo comma 4.
Il pagamento è effettuato, al netto delle compensazioni già riconosciute o liquidate nei limiti della disponibilità finanziaria della stazione appaltante e nel limite del 50 per cento delle risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento.
Il comma 2 stabilisce che, per le finalità di cui al comma 1, in deroga al Codice dei contratti pubblici, e limitatamente all’anno 2022, le regioni entro il 31 luglio 2022 procedono ad un aggiornamento infrannuale dei prezzari in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Nel caso di inadempienza da parte delle regioni, i prezzari sono comunque aggiornati, entro i successivi quindici giorni, dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentite le regioni interessate. Ai fini della determinazione del costo di prodotti, attrezzature e lavorazioni, in relazione alle procedure di affidamento avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in esame e sino al 31 dicembre 2022, si applicano i prezzari aggiornati secondo quanto previsto dal comma in questione.
Al comma 3, viene previsto che, nelle more della determinazione dei prezzari regionali secondo quanto stabilito dal comma 2, per i contratti relativi a lavori, ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni le stazioni appaltanti incrementano fino al 20% le risultanze dei prezzari regionali.
Per le medesime finalità di cui al comma 1, si prevede, inoltre, che, qualora all’esito dell’aggiomamento dei prezzari secondo le modalità di cui al comma 2 risulti un incremento inferiore alla sopra indicata percentuale del 20%, le stazioni appaltanti procedono al recupero dei maggiori importi riconosciuti ai sensi del medesimo comma 1, in occasione del pagamento dello stato di avanzamento dei lavori afferenti alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori.
Il comma 4 stabilisce le modalità con cui la stazione appaltante può coprire i relativi oneri a fronte di eventuale insufficienza delle risorse. A tale riguardo il comma 5, per le finalità di cui al comma 4, provvede ad incrementare:
a) la dotazione del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto- legge 16 luglio 2020, n. 76, di 1000 milioni di euro per l’anno 2022 e di 500 milioni di euro per l’anno 2023.
b) la dotazione del Fondo di cui all'articolo 1-septies, comma 8, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, di ulteriori 500 milioni di euro per l'anno 2022 e di 550 milioni di euro per l’anno 2023.
Per le stesse finalità, le stazioni appaltanti possono inoltre utilizzare le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza delle medesime stazioni appaltanti e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Il comma 6 prevede che le stazioni appaltanti possano procedere alla rimoduzione delle somme a disposizione e indicate nel quadro economico degli interventi.
Il comma 7 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze il “Fondo per l’avvio di opere indifferibili”, volto a far fronte all’insufficienza delle risorse di cui al comma 6 per i maggiori costi derivanti dall’aggiornamento, ai sensi dei commi 2 e 3, dei prezzari utilizzati nelle procedure di affidamento delle opere pubbliche avviate successivamente all’entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2022.
Inoltre al Fondo sopra richiamato possono altresì accedere: il Commissario straordinario per le celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025; la società Milano-Cortina 2020-2026 S.p.A per la realizzazione degli interventi inseriti nel programma delle infrastrutture connesse alle Olimpiadi, nonché i soggetti attuatori per la realizzazione delle opere infrastrutturali per lo svolgimento dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026.
Si prevede inoltre che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sono determinate le modalità di accesso al Fondo, di assegnazione e gestione finanziaria delle relative risorse.
Al comma 8 si introducono disposizioni specifiche in materia di accordi quadro, prevedendo, che, fino al 31 dicembre 2022, gli accordi quadro di lavori già aggiudicati ovvero efficaci alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le stazioni appaltanti ai fini della esecuzione di detti accordi, nei limiti delle risorse complessivamente stanziate per il finanziamento dei lavori previsti dall'accordo quadro, utilizzano le risultanze dei prezzari aggiornati secondo le modalità stabilite dal comma 2.
I commi 9 e 10 contengono disposizioni di coordinamento.
Al comma 11 si prevede che le disposizioni di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 in materia di anticipazione dell’importo richiesto nella misura del 50%, si applicano anche alle istanze di riconoscimento di contributi a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 4, del presente articolo.
Il comma 12 precisa che ai contratti pubblici di lavori, nonché agli accordi quadro delle società del gruppo Ferrovie dello Stato e di ANAS S.p.A. si applicano le disposizioni dell'articolo in esame, ad esclusione del comma 2, secondo e quarto periodo, e del comma 3. Con riferimento ai contratti affidati come contraente generale dal gruppo Ferrovie dello Stato e ANAS S.p.A. in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto le cui opere siano in corso di esecuzione è prevista un’applicazione di un incremento del 20 per cento agli importi delle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori dal 1° gennaio 2022 sino al 31 dicembre 2022.
Il comma 13, contiene le relative autorizzazioni di spesa a favore del Ministero dell'economia e delle finanze.
Articolo 27
(Disposizioni urgenti in materia di concessioni di lavori)
L’articolo 27 consente ai concessionari autostradali di aggiornare, utilizzando il prezzario di riferimento più recente, il quadro economico del progetto esecutivo, in corso di approvazione o approvato alla data di entrata in vigore del presente decreto, in relazione al quale è previsto l’affidamento entro il 31 dicembre 2023, al fine di fronteggiare, nell’anno 2022, gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, anche in conseguenza della grave crisi internazionale in atto in Ucraina.
L’articolo 27 specifica che la finalità dell’intervento proposto in materia di concessioni di lavori è volto a fronteggiare, per l’anno 2022, gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, anche in conseguenza della grave crisi internazionale in atto in Ucraina.
A tale fine, il comma 1, consente, per l’anno 2022, ai concessionari autostradali previsti all’art. 142, comma 4, del previgente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 163/2006) e all’art. 164, comma 5, del vigente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), cioè ai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, di modificare, utilizzando il prezzario di riferimento più aggiornato, il quadro economico del progetto esecutivo, in corso di approvazione o approvato alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, in relazione al quale si prevede l’avvio delle relative procedure di affidamento entro il 31 dicembre 2023.
Il comma 2 dell’art. in esame dispone, inoltre, l’approvazione da parte del concedente del quadro economico del progetto aggiornato, da includersi nel rapporto concessorio sulla base delle delibere adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti.
Gli oneri derivanti dall’aggiornamento del quadro economico del progetto non concorrono alla determinazione della remunerazione del capitale investito netto del concessionario e non rilevano ai fini della durata della concessione.
Nella relazione illustrativa si rappresenta che le clausole convenzionali precludono al concessionario la possibilità di procedere all’aggiornamento del quadro economico del progetto esecutivo già approvato o in corso di approvazione da parte del concedente. Per le medesime ragioni il concedente non può avanzare alcuna richiesta di modi?ca ?nalizzata all’aggiornamento del quadro economico. Pertanto, senza una regolamentazione di tale aspetto, si potrebbe determinare il rischio di un eventuale contenzioso.
L’articolo 37 del D.L. 201/2011, che disciplina l’attività regolatoria dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ATR), prevede, in particolare, lo svolgimento di funzioni riguardanti, l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali, la determinazione dei criteri per la fissazione di tariffe, canoni e pedaggi, la predisposizione degli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni, da inserire nei capitolati delle medesime gare, e i criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici (per approfondire in merito alle ulteriori funzioni dell’ATR si rinvia al seguente link).
L’art. 142, comma 4, del previgente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 163/2006) e l’articolo 164, comma 5, del vigente Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), richiamati dalla norma in esame, specificano quali parti del Codice dei contratti pubblici sono tenuti ad osservare i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, nel caso di affidamento a terzi dell’appalto di lavori oggetto della concessione, prevedendo, nella sostanza, l’applicazione di procedure ad evidenza pubblica, in coordinamento con quanto indicato all'articolo 1, comma 2, lettera c), del Codice dei contratti pubblici, che prevede l'applicazione tout court delle disposizioni del Codice medesimo per l'affidamento di lavori da parte dei concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici; in tale ambito, l’art. 174 del Codice dei contratti pubblici, che disciplina il subappalto per le concessioni, specifica al comma 2 che gli operatori economici indicano in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi.
In merito alla questione riguardante la scelta da parte di tali operatori economici della procedura ad evidenza pubblica ovvero del subappalto per l’affidamento di lavori a terzi, si riporta quanto indicato dal parere n. 823/2020 del Consiglio di Stato, che sottolinea che “con riferimento ai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici – e che dunque sono stati scelti previo esperimento di gara pubblica – per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all'osservanza delle disposizioni contenute agli artt. 164-178 (parte III del Codice) nonché delle disposizioni di cui alle parti I e II del Codice in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, purché non derogate dalla parte III. Da ciò si ricava che tali concessionari, essendo stati scelti normalmente tramite gara e non rientrando tra le amministrazioni aggiudicatrici, potranno ricorrere al subappalto, più che all’appalto, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 174 Codice”.
Definito ciò, in base alla normativa vigente (art. 3 del Codice dei contratti pubblici), il concessionario è un operatore economico a cui è stata affidata o aggiudicata una concessione di lavori o servizi. In particolare, nella concessione di lavori si configura un contratto a titolo oneroso in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l'esecuzione di lavori ovvero la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere.
La disciplina sui contratti di concessione è prevista nella Parte III del Codice dei contratti pubblici (artt. 164-178).
L’aspetto centrale del contratto di concessione è regolato dall’art. 167 che disciplina i metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni, per cui il valore di una concessione, ai fini della rilevanza delle soglie comunitarie (art. 35 del Codice), è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. Il valore stimato è calcolato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione.
L’art. 168 disciplina la durata delle concessioni, prevedendo che la loro durata sia limitata ed è determinata nel bando di gara dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario. La stessa è commisurata al valore della concessione, nonché alla complessità organizzativa dell’oggetto della stessa.
Particolarmente importante è l’art. 169 dedicato alla regolamentazione dei contratti misti di concessioni, secondo cui le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l’oggetto principale del contratto.
Le modalità di selezione e valutazione qualitativa dei candidati sono rimesse al successivo articolo 172, secondo cui tra l’altro le stazioni appaltanti verificano le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti. L’art. 177 regola gli affidamenti dei concessionari, disponendo che, entro il 31 dicembre 2022 (art. 47-ter del D.L. 77/2021), i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici (19 aprile 2016), non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Entro il 31 dicembre 2020, i titolari di concessioni autostradali sono obbligati ad affidare a terzi una quota di lavori pari al sessanta per cento.
La sentenza n. 218 del 2021 della Corte costituzionale, in materia di obbligo di affidamento a terzi da parte di concessionari di contratti pubblici, ha dichiarato l’illegittimità del richiamato art. 117, nonché del principio di delega contenuto dall’art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Delega al governo per l’attuazione delle direttive 2014/23, 2014/24 e 2014/25). In sostanza, la Corte sottolinea che se la previsione legislativa di obblighi a carico dei titolari delle concessioni in essere, a suo tempo affidate in maniera non concorrenziale, può risultare necessaria nella corretta prospettiva di ricondurre al mercato settori di attività ad esso sottratti, le misure da assumere a tale fine non possono non tenere conto di tutto il quadro degli interessi rilevanti e operarne una ragionevole composizione, nella consapevolezza che tali scelte presentano una complessità che non sembra essere sfuggita allo stesso legislatore, il quale ha prorogato più volte il termine per l'adeguamento, fissandolo, da ultimo, al 31 dicembre 2022 (per ulteriori approfondimenti, si veda il paragrafo "La sentenza n. 218 del 2021 in materia di obbligo di affidamento a terzi da parte di concessionari di contratti pubblici" del dossier Rassegna costituzionale n. 4/2021).
È in corso di esame alla Camera, il disegno di legge di delega al Governo in materia di contratti pubblici (AC 3514), approvato con modifiche dal Senato, che, tra i principi ed i criteri direttivi previsti, stabilisce:
il divieto di proroga dei contratti di concessione, fatti salvi i princìpi europei in materia di affidamento in house (art. 1, comma 2, lettera dd); la razionalizzazione della disciplina concernente le modalità di affidamento dei contratti da parte dei concessionari; la revisione della disciplina delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione della delega, non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea (art. 1, comma 2, lettera ee).
Articolo 28
(Patti territoriali dell’alta formazione delle imprese)
L’articolo 28 istituisce la figura dei “patti territoriali dell’alta formazione delle imprese”. Si tratta di accordi stipulati dalle Università con altri soggetti privati e pubblici per promuovere e migliorare l’offerta formativa universitaria, con specifico riguardo alla formazione delle figure professionali necessarie allo sviluppo delle potenzialità produttive e della competitività dei settori e delle filiere in cui sussiste mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro: l’ambito elettivo di applicazione – come chiarito dalla relazione illustrativa – è dunque quello delle discipline STEM. L’attivazione dei patti è riservata alle Università aventi sede in Regioni caratterizzate da particolari indici relativi al numero dei laureati e al loro impiego inferiori alla media nazionale. La disposizione, per gli anni 2022-2028, prevede un contributo complessivo, a titolo di cofinanziamento, di 290 milioni di euro, di cui 20 milioni dì euro nel 2022 e 90 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025.
L’istituto dei “patti territoriali” non è nuovo nell’ordinamento giuridico, ove peraltro ha conosciuto declinazioni e funzionalizzazioni diverse; il tratto caratterizzante, in linea di massima, sembra però potersi individuare nella finalità di promuovere, a livello economico-sociale, aree e territori, grazie all’iniziativa concordata dei soggetti privati e pubblici che vi operano.
Esemplificativo, in tal senso, era il patto territoriale previsto dall’art. 2, comma 203, lett. d), della L. 662 del 1996, definito quale «accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati […] relativo all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale». Le connesse agevolazioni sono state avviate a chiusura dall’art. 28, comma 1, del D.L. 34/2019, che al comma 3 ha destinato le risorse residue al finanziamento di progetti volti allo sviluppo del tessuto imprenditoriale territoriale, stipulati fra enti territoriali e imprese, soprattutto medio-piccole, come definiti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 30 novembre 2020. Si rinvia al relativo dossier per ulteriori approfondimenti.
Ad analoghi obiettivi erano tesi anche altri strumenti previsti dallo stesso art. 2, comma 203 (accordo di programma quadro, contratto di programma, contratto di area ecc..).
Del modello in questione, i nuovi “patti territoriali” dell’articolo 14 riprendono la configurazione di accordo fra quelle che la relazione illustrativa (p. 26) definisce «le componenti territoriali espressione degli ecosistemi formativi e imprenditoriali», per la promozione d’iniziative che, pur destinate a proiettarsi su scala nazionale, sono inevitabilmente modulate sulla base di istanze, esigenze e fabbisogni formativi e professionali dei territori di origine.
Sempre la relazione illustrativa (p. 28), da questo angolo visuale, precisa che «i patti territoriali […] hanno l'obiettivo di facilitare al massimo il dialogo tra università e territorio (enti, impese, ecc.). Tale “specializzazione territoriale” dei corsi di laurea arginerebbe anche il noto fenomeno delle asimmetrie territoriali nel sistema della formazione superiore e la conseguente mobilità territoriale per studio e lavoro. Fenomeno quest'ultimo in costante crescita, sia con riferimento alla mobilità tra ripartizioni geografiche diverse (Nord, Centro, Sud), sia in relazione alla mobilità tra province non limitrofe. Inoltre, è rilevante osservare come tale mobilità non sia omogenea tra i diversi gruppi disciplinari soprattutto ove raffrontata alle relative prospettive occupazionali. A titolo esemplificativo il gruppo disciplinare dell'ingegneria industriale e dell'informazione, che registra costantemente i dati più alti in relazione al tasso occupazionale (i.e. 83,8% di occupati a un anno dal conseguimento del titolo di primo livello e 95,2% a cinque, secondo soltanto a Informatica e tecnologie ICT e medicina) allo stesso tempo conta anche uno tra i dati più alti di mobilità territoriale tra ripartizioni geografiche diverse (16,5%, che arriva a 25,1% considerando anche chi si sposta in una provincia comunque non limitrofa al luogo di residenza)».
Il fine ultimo della disciplina in commento – come si diceva – è quello di creare percorsi universitari orientati alla formazione delle figure professionali necessarie allo sviluppo delle potenzialità produttive e della competitività dei settori e delle filiere in cui sussiste mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro, intendendosi quest’ultima come insufficente presenza di forza lavoro qualificata in relazione alla domanda d’impiego.
Nella relazione illustrativa si evidenzia come il mismatch istruzione/formazione e lavoro impedisca l’espressione del gradiente di sviluppo e di crescita economica che il tessuto imprenditoriale presente in numerosi settori e territori è potenzialmente in grado di esprimere. Dunque – a quanto si legge (p. 27) – colmare il divario «è quantomai necessario nell'ottica della ripresa economica del paese costituendone tassello imprescindibile. A tal fine, è necessario adottare politiche in grado di incentivare una programmazione dell'offerta formativa più aderente ai bisogni del territorio, sulla base della valutazione degli sbocchi professionali e sulla formazione di una classe dirigente orientata all'integrazione tre l'impresa e la pubblica amministrazione. In tale ottica riveste grande importanza il cd. "public private partnership" ovvero l’incontro tra il mondo accademico e le imprese, ma anche con enti regionali che operano sul territorio e che pertanto banno contezza delle necessità attuali. L'università italiana ha bisogno di affinare proprio questa capacità, ovvero guardare alle esigenze del suo territorio, pianificando in vista delle necessità future. Tale esigenza è particolarmente sentita con riferimento alle discipline della scienza, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica, cosiddette STEM. Il rafforzamento del sistema della formazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico nell'ambito delle discipline STEM è necessario non solo alla luce degli obiettivi di sostenibilità e sviluppo digitale imposti dal PNRR ma anche dalla considerazione che i maggiori sbocchi occupazionali in tali settori non hanno implicato nel tempo un aumento sostanziale di individui che si orientano verso percorsi di istruzione e formazione dell'area STEM. In particolare, tale divario diviene ancora più significativo se si prendono in considerazione le regioni del Sud Italia».
Venendo all’esame del contenuto, l’art. 28 in commento si compone di due commi: il comma 1 novella il D.L. 152/2021, aggiungendo, dopo l’art. 14 (rubricato “Ulteriori criteri per l'adeguamento delle classi di laurea” e informato a una ratio sostanzialmente omogenea: cfr. il dossier), un nuovo art. 14-bis; il comma 2 reca le coperture finanziarie.
Si esaminano, di seguito, le previsioni del nuovo art. 14-bis.
Il comma 1 delinea i tratti generali della disciplina: alle università che, nell’ambito della propria autonomia, promuovano la stipula dei nuovi "patti territoriali per l'alta formazione per le imprese", è riconosciuto per gli anni 2022-2028 un contributo complessivo, a titolo di cofinanziamento, di euro 290 milioni, di cui 20 milioni dì euro nel 2022 e 90 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025; alla relativa copertura si provvede ai sensi del comma 2 dell’art. 28 in commento nonché dell’art. 58 dello stesso decreto n. 50. La relazione tecnica precisa (p. 21) che «si tratta di un contributo per iniziative aggiuntive delle università volte a promuoverne e migliorarne l'offerta formativa di modo che tale contributo è da intendersi quale limite di spesa nell'ambito del quale i soggetti legittimati devono formulare e realizzare i relativi progetti considerando che lo stesso si somma alle risorse disponibili sulla base di una ulteriore pluralità di canali di finanziamento (i.e. somme disponibili sulla base dei bilanci degli atenei coinvolti, ovvero a carico di altri soggetti, pubblici o privati. firmatari dei patti)».
Il patto, dunque, origina da un’iniziativa delle università, che fungono da capofila.
Il comma 1 individua quali controparti degli atenei imprese, enti o istituzioni di ricerca privati o pubblici, società pubbliche, altre università e pubbliche amministrazioni.
La finalità dei patti – pure individuata dalla disposizione in commento – è quella di promuovere l'interdisciplinarità dei corsi di studìo e la formazione di profili professionali innovativi e altamente specializzati in grado di soddisfare i fabbisogni espressi dal mondo del lavoro e dalle filiere produttive nazionali, nonché di migliorare e ampliare l’offerta formativa universitaria anche attraverso la sua integrazione con le correlate attività di ricerca, sviluppo e innovazione.
I commi successivi tratteggiano più in dettaglio i singoli profili della disciplina; per chiarezza espositiva, l’analisi che segue è organizzata per temi, ove necessario prescindendo dall’ordine sequenziale dei commi.
Con riguardo al contenuto dei patti, il comma 4 elenca gli elementi essenziali:
a) recano la puntuale indicazione di progetti volti, in particolare, a promuovere l'offerta formativa di corsi universitari finalizzati alla formazione delle professionalità, anche a carattere innovativo, necessarie allo sviluppo delle potenzialità e della competitività dei settori e delle filiere in cui sussiste mancata corrispondenza tra domanda e offena di lavoro, con particolare riferimento alle discipline STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics, anche integrate con altre discipline umanistiche e sociali. I progetti possono altresì prevedere iniziative volte a sostenere la transizione dei laureati nel mondo del lavoro e la loro formazione continua, nel quadro dell'apprendimento permanente per tutto il corso della vita, e a promuovere il trasferimento tecnologico, soprattutto nei riguardi delle piccole e medie imprese;
b) sono corredati dal cronoprogramma di realizzazione delle fasi intermedie dei progetti con cadenza semestrale e prevedono la revoca, anche parziale, del contributo accordato dall’art.28 in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti, fenne restando le obbligazioni giuridicamente vincolanti già assunte. Per il 2022, il cronoprogramma prevede obiettivi annuali;
c) indicano le risorse finanziarie per provvedere all'attuazione dei progetti, distinguendo tra quelle disponibili nei bìlanci delle università e quelle eventualmente a carico degli altri soggetti pubblici o privati sottoscrittori;
d) assicurano la complementarità dei relativi contenuti e obiettivi rispetto a quelli di altre iniziative di ricerca in corso o in fase di avvio, anche nell'ambito del PNRR, e possono recare misure per potenziare i processi dì internazionalizzazione nei settori della ricerca coinvolti;
e) possono prevedere, ai fini dell'attuazione, la stipula di accordi di programma tra le singole università o aggregazioni delle stesse e il Ministero dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della L. 240/2010, o la federazione, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero la fusione di università ai sensi dell'articolo 3 della medesima L. 240/2010.
Con riguardo alle università legittimate a promuovere i patti, il comma 6 riserva l’iniziativa alle sole università che hanno sede in regioni che presentano parametri inferiori rispetto alla media nazionale, in relazione a ciascuno dei seguenti parametri (cioè, a tutti e tre contemporaneamente):
a) numero di laureati rispetto alla popolazione residente nella regione interessata dal Patto;
b) tasso di occupazione dei laureati a tre anni dalla laurea;
c) numero di laureati in regione diversa da quella di residenza sul totale dei laureati residenti nella regione interessata dal Patto.
La relazione illustrativa (pp. 27-30) contiene quattro tabelle (1-4) che, rappresentando i dati, consentono già prime proiezioni sulle Regioni interessate. Le si riporta, quindi, a conclusione dell’analisi del presente articolo per comodità di lettura.
Per quanto attiene al procedimento di presentazione e approvazione, il comma 5 prevede che i patti sono definiti e proposti dalle università interessate e valutati da una commissione nominata dal Ministro dell'università e della ricerca e composta da cinque membri, due designati dal Ministro dell'università e della ricerca e tre designati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro dello sviluppo economico. Ai componenti della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
Il comma 7 prevede che ai fini della valutazione delle proposte di Patto, la commissione tiene conto della capacità, in relazione alle discipline per le quali è proposto l'ampliamento dell'offerta formativa e con priorità per le discipline STEM - Science, Technology, Engineering and Mathematics anche integrate con altre discipline umanistiche e sociali, di colmare i divari territoriali e di genere espressi dai medesimi parametri di cui al comma 6, nonché del tasso di crescita delle filiere produttive connesse alle discipline medesime. Sono prioritariamente ammessi al cofinanziamento statale i progetti che prevedono la federazione, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero la fusione di atenei ai sensi dell'art. 3 della legge n. 240/2010.
All’assegnazione del contributo, segmento terminale del procedimento, sono dedicati i commi 2 e 3.
Il comma 3 prevede che l'erogazione del contributo è subordinata all'effettiva sottoscrizione del Patto tra il Presidente del Consiglio dei ministri o un suo delegato, il Ministro dell'università e della ricerca, il Rettore dell'università proponente, i Rettori delle altre eventuali università sottoscrittrici e i rappresentanti degli altri soggetti pubblici o privati sottoscrittori.
Il comma 2 – a conclusione dell’iter – stabilisce che il contributo è ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, all'esito della valutazione delle proposte di patto.
Il comma 8 disciplina il sistema di monitoraggio sull’attuazione del patto ammesso al contributo. In particolare, si dispone che la verifica dell'attuazione del patto, il monitoraggio delle misure adottate e il raggiungimento degli obiettivi sono effettuati dal Ministero dell'università e della ricerca. Il Ministero verifica, in particolare, l'effettivo incremento del numero di studenti iscritti alle discipline previste e del tasso di occupazione dei laureati nelle filiere produttive correlate, anche in relazione al tempo intercorso dalla laurea, nonché alla rispondenza dell'ampliamento dell'offerta didattica rispetto alle esigenze del mercato del lavoro e all'innalzamento della qualità della formazione e della relativa attività di ricerca. Il mancato rispetto degli obiettivi è valutato dal Ministero dell'università e della ricerca, anche tramite l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), ai fini della distribuzione delle risorse pubbliche destinate alle università. I contributi revocati possono essere destinati ad altri patti.
Si segnala infine che il comma 9 detta una specifica disciplina in sede di prima applicazione, funzionale a una pronta implementazione del nuovo istituto. Al riguardo, si prevede che le università interessate definiscono e propongono i patti entro il 15 settembre 2022; la relativa procedura di valutazione dovrà esaurirsi entro il 15 novembre 2022.
Articolo 29
(Misure a favore di imprese esportatrici)
L’articolo 29, comma 1, prevede che le disponibilità del Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri (di cui all'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981), possono essere utilizzate per concedere finanziamenti agevolati alle imprese esportatrici per fare fronte ai comprovati impatti negativi sulle esportazioni derivanti dalle difficoltà o rincari degli approvvigionamenti a seguito della crisi in atto in Ucraina. Nei suddetti casi è ammesso, per un importo non superiore al 40 per cento dell'intervento complessivo di sostegno, il cofinanziamento a fondo perduto. Il comma 2 prevede che la misura si applica fino al 31 dicembre 2022, secondo condizioni e modalità stabilite con una o più deliberazioni del Comitato agevolazioni, tenuto conto delle risorse disponibili e dell'ammontare complessivo delle domande presentate. L'efficacia dell'articolo in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del TFUE.
In base al punto 41 della Comunicazione della Commissione Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina (2022/C 131 I/01), la Commissione considererà tali aiuti di Stato compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, purché siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti (le disposizioni specifiche relative ai settori dell’agricoltura primaria e della pesca e dell’acquacoltura sono stabilite al punto 42): a. l’importo complessivo dell’aiuto non supera in alcun momento i 400 000 EUR per impresa. L’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale di 400 000 EUR per impresa; tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere; b. l’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale; c. l’aiuto è concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2022; d. l’aiuto è concesso ad imprese colpite dalla crisi; e. gli aiuti concessi ad imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli sono subordinati al fatto di non venire parzialmente o interamente trasferiti a produttori primari e non sono fissati in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti immessi sul mercato dalle imprese interessate o acquistati da produttori primari, a meno che, in quest’ultimo caso, i prodotti non siano stati immessi sul mercato o siano stati utilizzati per scopi non alimentari, quali la distillazione, la metanizzazione o il compostaggio, da parte delle imprese interessate.
L'articolo 72, comma 1, lettera d), del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), espressamente richiamato dall'articolo qui in commento, prevede la concessione, a valere sulle risorse del Fondo per la promozione integrata, istituito nello stato di previsione del MAECI, di cofinanziamenti a fondo perduto fino al dieci per cento dei finanziamenti concessi ai sensi del citato articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981), quale incentivo da riconoscere a fronte di iniziative caratterizzate da specifiche finalità o in settori o aree geografiche ritenuti prioritari, secondo criteri selettivi e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato agevolazioni di cui all'articolo 1, comma 270, della legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017). I cofinanziamenti sono concessi tenuto conto delle risorse disponibili e nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato. Fino al 31 dicembre 2021 i cofinanziamenti a fondo perduto sono concessi fino al limite del venticinque per cento dei finanziamenti concessi ai sensi dell'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981), tenuto conto delle risorse disponibili e dell'ammontare complessivo delle domande di finanziamento presentate nei termini e secondo le condizioni stabilite con una o più delibere del Comitato agevolazioni.
La relazione illustrativa segnala che la disposizione estende il sostegno, già previsto per le imprese che esportano in Russia, Bielorussia e Ucraina dal decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni , dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, alle imprese colpite da specifiche difficoltà o rincari degli approvvigionamenti , per via della guerra in Ucraina.
L'interlocuzione con gli stakeholder ha confermato che crescono non solo i prezzi delle materie prime, ma anche quelli dei semilavorati, dei prodotti finiti utilizzati per l'attività aziendale anche se non incorporati nel prodotto , nonché i costi di trasporto , sia per effetto dei rincari energetici sia per la sostituzione di importazioni dai tre Paesi con importazioni da località più remote.
La RT ricorda che, come tutti gli interventi disposti sul fondo 394/81, la misura è subordinata alle effettive disponibilità del fondo stesso. Sono al momento disponibili le seguenti risorse (dati in milioni di euro)
Le predette disponibilità non comprendono il finanziamento PNRR, pari a 800 milioni a credito agevolato ad incremento delle disponibilità del fondo 394/81 e a 400 milioni per cofinanziamenti a fondo perduto. Tali disponibilità, infatti, sono iscritte in apposita contabilità separata.
Secondo quanto si evince dal PNRR, M1C2, Investimento 5: Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione, Sub-misura: Rifinanziamento e ridefinizione del Fondo 394/81 gestito da SIMEST, l’intervento si pone l’obiettivo di sostenere l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, agendo sui servizi offerti dal Fondo introdotto con la legge 394/81 e gestito da SIMEST che eroga contributi e prestiti agevolati a imprese italiane operanti sui mercati esteri (inclusi dal 2020 i paesi membri dell’Unione Europea). Le risorse finanziarie saranno dirette a investimenti a sostegno delle PMI italiane per favorirne lo sviluppo della competitività, in termini di innovazione e sostenibilità, con inevitabili ricadute positive per la loro riuscita anche sui mercati internazionali (a titolo di esempio: studi di fattibilità, partecipazioni a fiere internazionali, servizi di consulenza da parte di personale specializzato sui temi legati all’internazionalizzazione ed al commercio digitale, finanziamento di progetti tesi a favorire innovazioni di processo o di prodotto, finanziamento di progetti tesi a sostenere la transizione green dei processi di produzione e di gestione delle attività).
L’obiettivo viene realizzato attraverso un ampliamento delle risorse finanziarie disponibili per il fondo: la SIMEST dispone già delle procedure necessarie affinché l’intervento sia pienamente operativo una volta ricevute le risorse del PNRR.
Gli interventi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Come ricorda la Relazione della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nel corso dei sei anni di vita del Piano il Ministero dovrà complessivamente raggiungere/monitorare 2 traguardi/obiettivi concordati con l’Europa a cui si aggiungono 2 traguardi/obiettivi intermedi. Si tratta nel primo caso soprattutto di obiettivi normativi (adozione del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, pubblicazione dei bandi di finanziamento) e di piani di riparto (assegnazione dei fondi).
Sotto il profilo della programmazione finanziaria, gli interventi si sono esauriti in un solo semestre di riferimento. L’investimento del MAECI è stato infatti programmato in una sola rata relativa al primo semestre (con scadenza 31 dicembre 2021) ed è stato interamente attuato.
L’intervento si suddivideva nei seguenti adempimenti principali:
M1C2-26; (Entrata in vigore del rifinanziamento del Fondo 394/81 e adozione della politica di investimento;
M1C2-27; (PMI che hanno fruito del sostegno dal Fondo 394/81)
Il primo adempimento è stato conseguito con l’adozione del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, che all’articolo 11 stabilisce che, per l’attuazione della linea progettuale sono istituite nell’ambito del Fondo 394 la “Sezione Prestiti” e la “Sezione Contributi”. Le due sezioni hanno una dotazione finanziaria, rispettivamente, di 800 e 400 milioni di euro.
Il secondo con l’approvazione della concessione del contributo a fondo perduto a 4.000 imprese. Il target è stato conseguito mediante delibera del Comitato Agevolazioni SIMEST.
Erano previsti anche due adempimenti intermedi:
M1C2-00-ITA-33 -T3 – 2021; Decisione del Consiglio del Fondo 394/81 (Comitato Agevolazioni) che stabilisce i criteri di selezione dei progetti da finanziare;
M1C2-27-ITA-1 -T3 – 2021; PMI che hanno ricevuto sostegno (sovvenzioni e prestiti) dal Fondo 394/81. (obiettivo numerico raggiunto, come per l’obiettivo M1C2-27, e il cui limite minimo era stabilito in “almeno 4.000 imprese”).
A seguito del comunicato del 11 gennaio 2022, risulta che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è stato tra le prime amministrazioni centrali ad avere raggiunto l’obiettivo previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Infatti, in sede di attuazione del PNRR,
- nel settembre 2021, il Fondo 394/81 è stato rifinanziato con una dotazione di 1,2 miliardi di euro, di cui 800 milioni per crediti agevolati e 400 milioni di contributi a fondo perduto. Le risorse sono destinate a favorire i processi di digitalizzazione, innovazione e sostenibilità, la partecipazione a fiere internazionali e l’e-commerce delle PMI italiane, per rafforzarne la competitività e la presenza sui mercati internazionali;
- dal 28 ottobre è aperto il portale per l’invio delle richieste di finanziamento;
- il 29 dicembre 2021, il comitato interministeriale che amministra il Fondo, presieduto dal Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese, ha deliberato la concessione di finanziamenti a 5.224 PMI, per un valore complessivo di circa 753 milioni di euro, consentendo il raggiungimento dell’obiettivo PNRR entro il termine previsto.
Per completezza di informazione va detto che, sebbene l’obiettivo numerico di imprese beneficiarie sia stato pienamente raggiunto nei tempi stabiliti, risultano ancora disponibili circa 450 milioni di euro per le imprese interessate, che possono presentare le domande di finanziamento fino al 31 maggio 2022 attraverso il portale SIMEST.
Con comunicato del 3 maggio 2022, la SIMEST ha reso noto che tutte le risorse assegnate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) al Fondo 394 sono state prenotate dalle imprese. Pertanto, il Portale operativo chiude per totale assorbimento dei fondi a disposizione: 1,2 miliardi di euro.
In base all'articolo 1, comma 270, della legge di bilancio (L. n. 205/2017), il Comitato agevolazioni è l'organo competente ad amministrare il Fondo n. 295/73 nonché il fondo n. 394/81. Esso è composto da due rappresentanti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di cui uno con funzioni di presidente, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico e da un rappresentante designato dalle regioni, nominati con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il D.M. 24 aprile 2019 disciplina competenze e funzionamento del predetto Comitato.
Articolo 30
(Semplificazioni procedurali in materia di investimenti)
L’articolo 30, comma 1, stabilisce il potere del MISE di adottare ogni atto o provvedimento necessario, in sostituzione dell'amministrazione proponente, previa assegnazione di un termine per provvedere non superiore a trenta giorni, alle seguenti condizioni:
§ nei procedimenti aventi ad oggetto investimenti per il sistema produttivo nazionale di valore superiore ai 50 milioni di euro;
§ al di fuori dei casi in cui operano i poteri sostitutivi di cui all'articolo 12 del D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021);
§ in caso di inerzia o ritardo ascrivibili a soggetti diversi dalle regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, città metropolitane, province e comuni.
Il suddetto potere comprende:
§ l'indizione
- della conferenza di servizi decisoria;
- della conferenza di servizi preliminare;
§ l'adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza. L'esercizio dei poteri sostitutivi sopra descritti può essere richiesto anche dal soggetto proponente. Il comma 2 disciplina l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, alle seguenti condizioni:
§ ove il Ministero dello sviluppo economico non adotti gli atti e provvedimenti necessari di cui al comma 1;
§ ovvero, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, in caso di inerzia o ritardo ascrivibili a regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, città metropolitane, province e comuni.
L'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Consiglio dei ministri si concreta nell'individuazione dell'amministrazione, dell'ente, dell'organo o dell'ufficio, ovvero in alternativa nella nomina di uno o più commissari ad acta, ai quali esso attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari.
Il secondo comma dell’art. 120 disciplina l’esercizio da parte dello Stato di poteri sostitutivi rispetto agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni.
Tali poteri sono attivabili quando si riscontri che tali enti non abbiano adempiuto a norme e trattati internazionali o alla normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza e l’incolumità pubblica, ovvero lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
La disposizione costituzionale demanda ad una successiva legge statale di attuazione il compito di disciplinare l’esercizio dei poteri sostituitivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
L’articolo 8 della L. 131/2003, nel dettare le norme attuative dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione, ha in primo luogo delineato (comma 1) un meccanismo che ruota attorno alla fissazione di un congruo termine per l’adozione da parte dell’ente degli “atti dovuti o necessari”.
La fissazione del termine e la previsione, dopo il suo inutile decorso, dell’intervento sostitutivo del Governo viene a configurare un’ipotesi di inadempienza avente ad oggetto atti che, in quanto “dovuti”, dovrebbero trovare un proprio fondamento in una disposizione di legge o comunque normativa.
È prevista una procedura che può essere qualificata come “generale” (comma 1), sulla quale si innestano, poi, le procedure “settoriali” previste dai successivi commi per le specifiche ipotesi ivi indicate.
Alla fissazione del “congruo termine” per l’adozione degli atti “dovuti o necessari” provvede il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio, esercita il potere sostitutivo, che può esprimersi adottando direttamente i “provvedimenti necessari, anche normativi”, ovvero nominando un apposito Commissario. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
Il successivo articolo 10 della L. 131/2003 affida l’esecuzione di provvedimenti costituenti esercizio del potere sostitutivo direttamente adottati dal Consiglio dei ministri al Rappresentante dello Stato, ossia al prefetto titolare dell’Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione, cui sono trasferite le funzioni del Commissario del Governo compatibili con la riforma costituzionale del 2001.
Il comma 1 dell’articolo 8, facendo espresso riferimento a provvedimenti “anche normativi”, prefigura la possibile adozione, da parte del Governo, di atti di natura regolamentare, nonché di natura legislativa.
L’articolo 8 (comma 2) individua la prima “disciplina settoriale” che si innesta sul tronco della procedura generale di cui al comma 1, ed ha ad oggetto le ipotesi di violazione della normativa comunitaria.
La L. 131/2003 prevede una seconda “procedura settoriale” (art. 8, comma 3) per i casi in cui l’esercizio del potere sostitutivo riguardi gli g (Comuni, province o Città metropolitane).
In questi casi si prevede che la nomina del Commissario debba tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione e si richiede, per l’adozione dei provvedimenti sostitutivi da parte del Commissario stesso, che sia sentito il Consiglio delle autonomie locali (qualora tale organo sia stato istituito).
Poiché anche tale disposizione pare innestarsi come specificazione di una particolare fase procedurale, nell’ambito della disciplina generale delineata dal comma 1, essa non comporta l’esclusione dell’esercizio dei poteri sostitutivi nei riguardi degli enti locali secondo l’altra opzione indicata dal comma 1, ossia attraverso l’adozione, direttamente da parte del Consiglio dei ministri, dei provvedimenti necessari, anche normativi.
L’articolo 8 prevede poi una “procedura d’urgenza” (comma 4), ricalcando almeno in parte quanto disposto dall’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 112 del 1998: si tratta di una procedura speciale, cui il Governo può fare ricorso nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione: in questi casi, i provvedimenti necessari sono adottati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. I provvedimenti in questione sono poi immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame.
Il comma 5 dell’articolo 8 evidenzia infine che i provvedimenti sostitutivi “devono essere proporzionati alle finalità perseguite”; in base al comma 6, il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.
Come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, l’art. 8 della legge n. 131 del 2003 «non deve necessariamente applicarsi ad ogni ipotesi di potere sostitutivo (sentenze n. 254 del 2009 e n. 240 del 2004), potendo il legislatore, con normativa di settore, disciplinare altri tipi di intervento sostitutivo (sentenze n. 56 del 2018, n. 171 del 2015, n. 250 e n. 249 del 2009 e n. 43 del 2004)».
Tuttavia anche in tali casi, secondo il costante orientamento della Corte, lo stesso legislatore è tenuto a rispettare i principi desumibili dall’art. 120 Cost., pur rimanendo libero di articolarli in forme diverse (sentenze n. 44 del 2014, n. 209 del 2009).
In particolare, come da ultimo affermato nelle sentenze n. 56 del 2018 e n. 171 del 2015, «i poteri sostitutivi:
a) devono essere previsti e disciplinati dalla legge, che ne deve definire i presupposti sostanziali e procedurali, in ossequio al principio di legalità;
b) devono essere attivati solo in caso di accertata inerzia della Regione o dell’ente locale sostituito;
c) devono riguardare solo atti o attività privi di discrezionalità nell’an, la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi unitari alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo;
d) devono essere affidati ad organi di Governo;
e) devono rispettare il principio di leale collaborazione all’interno di un procedimento nel quale l’ente sostituito possa far valere le proprie ragioni;
f) devono conformarsi al principio di sussidiarietà (sentenza n. 171 del 2015, che richiama le sentenze n. 227, n. 173, n. 172 e n. 43 del 2004).
Il richiamato articolo 12 del D.L. n. 77/2021 reca la disciplina relativa all'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancato rispetto da parte delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle città metropolitane, delle province e dei comuni degli obblighi e impegni finalizzati all'attuazione del PNRR e assunti in qualità di soggetti attuatori, consistenti anche nella mancata adozione di atti e provvedimenti necessari all'avvio dei progetti del Piano, ovvero nel ritardo, inerzia o difformità nell'esecuzione dei progetti. In tali casi, si prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR e su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere non superiore a trenta giorni. In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l'amministrazione, l'ente, l'organo o l'ufficio, ovvero in alternativa nomina uno o più commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari ovvero di provvedere all'esecuzione dei progetti, anche avvalendosi di società a controllo pubblico, società a partecipazione pubblica, società in house, società a partecipazione pubblica quotate o di altre amministrazioni specificamente indicate.
Articoli 31 e 32
(Una tantum per lavoratori dipendenti, pensionati e altre categorie di soggetti)
Gli articoli 31 e 32 riconoscono una somma di 200 euro, a titolo di indennità una tantum, da erogare a lavoratori dipendenti, pensionati e altre categorie di soggetti.
In particolare, ai fini della erogazione della indennità una tantum, l’art. 31 individua la platea dei lavoratori dipendenti, mentre l’art. 32 contempla diverse categorie di soggetti: pensionati, percettori di prestazioni assistenziali, titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, lavoratori domestici, lavoratori agricoli, lavoratori autonomi privi di partita IVA, nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza.
Lavoratori dipendenti
L’art. 31 individua la platea dei lavoratori dipendenti interessati dalla disposizione, rinviando all’art. 1, comma 121 della l. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022), in base al quale è ad essi riconosciuto un esonero contributivo. Da questa platea sono esclusi i lavoratori domestici.
La disposizione del comma 121 prevede, in particolare, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, il riconoscimento di un esonero sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore di 0,8 punti percentuali a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l'importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
In dettaglio, i parametri richiesti perché i suddetti lavoratori possano accedere alla misura sono i seguenti:
· che essi non siano titolari dei trattamenti di cui all’art. 32 (pensione, assegno sociale, assegno di invalidità ed altre tipologie: cfr. infra art. 32);
· che essi nel primo quadrimestre dell’anno 2022 abbiano beneficiato dell’esonero di cui al predetto comma 121 per almeno una mensilità.
La misura è erogata una sola volta (anche nel caso in cui i lavoratori siano titolari di più rapporti di lavoro) tramite il datore di lavoro, con la mensilità di luglio 2022, per effetto del riconoscimento automatico che opera in base alla norma in conseguenza della previa dichiarazione, da parte del lavoratore, di non essere titolare di uno o più trattamenti previsti dall’art. 32 (commi 1 e 2).
L’importo dell’indennità non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (comma 3)
L’Istituto nazionale della previdenza sociale fornisce indicazioni perché, nello stesso mese di luglio 2022, il credito relativo alla indennità, sia compensato attraverso la denuncia dei redditi, a norma dell’art. 44, comma 9, della l. 269/2003 (comma 4).
In base a tale disposizione, i sostituti d'imposta tenuti al rilascio della certificazione uniche (di cui ai commi 6-ter e 6-quater dell’art. 4 D.P.R. 22/07/1998, n. 322[29])[30] trasmettono mensilmente in via telematica all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi, per l'implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l'erogazione delle prestazioni, entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento.
Agli oneri derivanti dai commi 1 e 2 valutati in 2.756 milioni di euro per l’anno 2022 si provvede ai sensi dell’articolo 58 (cfr. la relativa scheda) (comma 5).
Pensionati
L’articolo 32, al comma 1, individua la platea dei soggetti aventi diritto alla una tantum di 200 euro nei titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, di pensione o assegno sociale, di pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, nonché di trattamenti di accompagnamento alla pensione.
I presupposti per l’erogazione d’ufficio della misura, da parte dell’INPS o di altro Ente previdenziale (in caso di trattamenti non gestiti dall’INPS[31]), con la mensilità di luglio 2022, sono:
· la residenza in Italia;
· la decorrenza dei trattamenti che danno diritto alla erogazione dell’indennità entro il 30 giugno 2022;
· un reddito personale complessivo, per l’anno 2022, non superiore a 35.000 euro lordi.
Agli effetti del comma 1, dal computo del reddito personale assoggettabile ad IRPEF, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali, sono esclusi: i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, il reddito della casa di abitazione e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata (comma 2).
L’indennità non costituisce reddito ai fini fiscali, né ai fini della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, non è cedibile, né sequestrabile, né pignorabile (comma 3) ed è corrisposta sulla base dei dati disponibili all’ente erogatore al momento del pagamento con successiva verifica del reddito complessivo annuo lordo (di cui ai commi 1 e 2), anche attraverso le informazioni fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall’Amministrazione finanziaria e ogni altra amministrazione pubblica che detiene informazioni utili (comma 4).
L’ente erogatore procede alla verifica della situazione reddituale e, in caso di somme corrisposte in eccedenza, provvede alla notifica dell’indebito entro l’anno successivo a quello di acquisizione delle informazioni reddituali (comma 5).
L’indennità una tantum di cui al comma 1 dell’art. 32 è corrisposta, a ciascun soggetto avente diritto, una sola volta, anche nel caso in cui tale soggetto svolga attività lavorativa (comma 6).
Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 6 valutati in 2.740 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 58 (cfr. la relativa scheda) (comma 7).
Altre categorie di soggetti
Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 18 dell’art. 32, individuano le seguenti specifiche categorie di soggetti, aventi diritto alla predetta indennità una tantum del valore di 200 euro:
· lavoratori domestici che abbiano in essere uno o più rapporti di lavoro, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, per il mese di luglio 2022. L’indennità è corrisposta dall’INPS, a domanda. Le domande possono essere presentate presso gli istituti di patronato e sono valutate come assegni sociali (la disposizione rinvia, infatti, al numero 8 della tabella D, allegata al regolamento di cui al decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 10 ottobre 2008, n. 193[32]) (comma 8);
· soggetti che, per il mese di giugno 2022, risultano essere percettori di NASpI[33] e DIS-COLL[34] (prestazioni previste dagli articoli 1 e 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22). L’indennità è riconosciuta dall’INPS (comma 9);
· soggetti che percepiscono, nel corso del 2022, l’indennità di disoccupazione agricola di competenza del 2021[35], ai quali l’INPS riconosce l’indennità (comma 10);
· titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile[36] i cui contratti sono attivi alla data di entrata in vigore del decreto in esame e iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. I soggetti non devono essere titolari di pensione e non devono essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. L’indennità è corrisposta dall’INPS, a domanda, ai soggetti che hanno reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 35.000 euro per l’anno 2021 (comma 11).
· lavoratori che nel 2021 siano stati beneficiari di una delle indennità connesse all'emergenza Covid-19 di cui all'articolo 10 commi da 1 a 9 del decreto legge 22 marzo 2021 n. 41[37], per i quali l’INPS eroga automaticamente l’indennità (comma 12);
· lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti (di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81[38]) che, nel 2021 abbiano svolto la prestazione per almeno 50 giornate. L'indennità è corrisposta, a domanda, dall’INPS, ai soggetti che hanno reddito derivante dai suddetti rapporti non superiore a 35.000 euro per l'anno 2021 (comma 13);
· lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo che nel 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri versati e abbiano maturato un reddito non superiore a 35.000 euro per l'anno 2021. L’INPS eroga la indennità a domanda (comma 14);
· lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie che, nel 2021, siano stati titolari di contratti autonomi occasionali (riconducibili alle disposizioni di cui all'articolo 2222 del codice civile[39]) per i quali, nello stesso anno, risulti l'accredito di almeno un contributo mensile, purchè i suddetti lavoratori siano già iscritti, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335[40]. L’INPS eroga la indennità a domanda (comma 15);
· lavoratori incaricati alle vendite a domicilio con reddito nell'anno 2021, derivante dalle medesime attività, superiore a 5.000 euro e titolari di partita IVA attiva (di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 mano 1998, n. 114) con reddito nell'anno 2021 derivante dalle medesime attività superiore a 5.000 euro e titolari di partita TV A attiva, iscritti a11a data di entrata in vigore del presente decreto alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. L’INPS eroga l’indennità a domanda (comma 16); Si rileva che, a differenza di quanto previsto per le altre fattispecie, nei commi da 9 a 16 non è contemplato un riferimento temporale entro il quale provvedere alla erogazione della indennità.
· nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza di cui decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4: l’indennità è corrisposta d’ufficio nel mese di luglio 2022, unitamente alla rata mensile di competenza. L’indennità non è corrisposta nei nuclei in cui è presente almeno un beneficiario delle indennità di cui all’articolo 31, e di cui ai commi da 1 a 16 dell’articolo 32 stesso (comma 18).
Per le indennità di 200 euro di cui ai commi da 9 a 16, il comma 17 dispone che saranno erogate successivamente all'invio delle denunce dei datori di lavoro di cui all'articolo 31, comma 4.
L’indennità di cui ai commi da 8 a 18 non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (comma 19).
Si dispone, infine, la incompatibilità tra le prestazioni di cui all’articolo 32 e all’articolo 31 che possono essere corrisposte a ciascun soggetto avente diritto una sola volta (comma 20).
Agli oneri derivanti dai commi da 8 a 18 valutati in 804 milioni di euro per l’anno 2022 si provvede ai sensi dell’articolo 58 (cfr. la relativa scheda) (comma 21).
La Relazione tecnica al provvedimento, stima in 31, 5 milioni i soggetti aventi diritto alla indennità una tantum, ai sensi degli artt. 31 e 32 e quantifica, complessivamente, in 6,3 mld di euro il relativo onere, come si evince dalla seguente Tabella:
Articolo 33
(Indennità una tantum per i lavoratori autonomi)
L’articolo 33 istituisce un Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2022, ai fini della concessione, per il medesimo 2022, con un successivo decreto ministeriale, di un'indennità una tantum in favore dei lavoratori autonomi, ivi compresi i professionisti iscritti a regimi previdenziali obbligatori gestiti da enti di diritto privato. Al decreto ministeriale è demandata - fermo restando il limite di spesa complessiva, corrispondente alle suddette risorse - la definizione dei profili concernenti: l'importo dell'indennità, la misura del limite massimo del reddito complessivo percepito nel periodo d'imposta relativo al 2021 (al rispetto del quale è subordinato il diritto in esame), i criteri e le modalità di concessione dell'indennità, la quota delle risorse da destinare agli iscritti ai regimi gestiti dai suddetti enti di diritto privato ed i relativi criteri di ripartizione delle risorse.
Il Fondo per l’indennità una tantum per i lavoratori autonomi e i professionisti viene istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; il suddetto decreto è emanato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.
I soggetti interessati sono:
§ i lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni previdenziali dell'INPS (artigiani, esercenti attività commerciali, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professionali, nonché i soggetti che, in qualità di lavoratori autonomi, siano iscritti alla cosiddetta Gestione separata[41]);
§ i professionisti iscritti agli enti di diritto privato - gestori di forme previdenziali obbligatorie - di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103.
Dall'ambito dell'indennità in esame sono esclusi i soggetti che percepiscano un'indennità una tantum in base ad una delle fattispecie di cui ai precedenti articoli 31 e 32 (tale esclusione è posta sia dal comma 1 sia dal comma 2 del presente articolo 33).
Si valuti l'opportunità di chiarire se l'indennità una tantum di cui al presente articolo 33 sia riconosciuta con riferimento ad una sola iscrizione previdenziale, nell'ambito dei regimi previdenziali di cui al medesimo articolo, con conseguente esclusione di cumulo di indennità (si ricorda, tra l'altro, che gli iscritti all'ENASARCO[42] - ente rientrante nella disciplina di cui al citato D.Lgs. n. 509 - sono per definizione anche iscritti alla Gestione INPS relativa agli esercenti attività commerciali).
Riguardo all'ambito delle categorie di cui al presente articolo 33, si rileva che - in base all'interpretazione seguita dal Ministero dell'economia e delle finanze e dall'INPS in occasione di precedenti norme che, ai fini della concessione di indennità una tantum, facevano riferimento in termini analoghi ai lavoratori autonomi[43] - vi rientrano anche i soggetti che siano iscritti ad uno dei regimi previdenziali in oggetto in qualità di socio o di associato, ovvero in qualità di coadiuvante o di coadiutore.
L'articolo 33 in esame non specifica che l'indennità una tantum ivi prevista non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini fiscali, specificazione che invece è posta dalle norme relative alle indennità una tantum previste dai precedenti articoli 31 e 32 (cfr. il comma 3 dell'articolo 31 ed i commi 3 e 19 dell'articolo 32). Si valuti l'opportunità di definire in termini espliciti tale profilo.
Ai fini della copertura finanziaria dello stanziamento costituito dalla dotazione del suddetto Fondo, il comma 3 del presente articolo 33 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 58.
Articolo 34
(Ricontrattualizzazione del personale che presta assistenza tecnica per il funzionamento del reddito di cittadinanza)
L’articolo 34 dispone che Anpal Servizi S.p.A. ricontrattualizzi per due mesi, decorrenti dal 1° giugno 2022 e prorogabili per un periodo massimo di tre mesi, il personale che presta assistenza tecnica presso le regioni per il funzionamento del reddito di cittadinanza con incarico di collaborazione ancora attivo al 30 aprile 2022 e terminato alla medesima data (cosiddetti navigator). Si dispone altresì che la ricontrattualizzazione avvenga per lo svolgimento non solo delle suddette attività, ma anche di quelle in favore dei beneficiari del programma Garanzia occupabilità dei lavoratori (GOL), anche se non beneficiari del Reddito di cittadinanza.
Aver prestato la suddetta attività di assistenza tecnica costituisce, inoltre, titolo per un punteggio aggiuntivo nei concorsi per l’assunzione di personale nei Centri per l’impiego.
Ricontrattualizzazione (commi 1 e 2)
Nelle more del completamento delle procedure selettive per le previste 11.600 assunzioni presso i centri per l’impiego (ex art. 12, co. 3-bis, del D.L. 4/2019 – vedi infra il box relativo al Piano di potenziamento dei CPI), il presente articolo (comma 1) dispone che il suddetto personale, già selezionato mediante procedura selettiva pubblica (ex art. 12, co. 3, del D.L. 4/2019) e pari al 30 aprile 2022 a 1.790 unità (come specificato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento), venga ricontrattualizzato da ANPAL Servizi Spa alle medesime condizioni degli incarichi terminati alla suddetta data e per un periodo di due mesi a decorrere dal 1° giugno 2022.
Si dispone altresì che la ricontrattualizzazione avvenga per lo svolgimento non solo delle attività di assistenza tecnica presso le regioni per il funzionamento del reddito di cittadinanza, ma anche di quelle in favore dei beneficiari del programma Garanzia occupabilità dei lavoratori (GOL), anche se non beneficiari del reddito di cittadinanza, a cui sono estese le convenzioni bilaterali già esistenti tra ANPAL Servizi Spa e le singole amministrazioni regionali in cui sono definite le modalità di intervento con cui opera il personale per lo svolgimento delle predette attività di assistenza tecnica.
Il Programma GOL, adottato con Decreto ministeriale 5 novembre 2021, rappresenta, insieme al Piano nazionale nuove competenze, una delle due linee di intervento in cui si struttura la Riforma sulle politiche attive di cui alla Missione 5, Componente 1, del PNRR, quale programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata.
Agli oneri per la stipulazione dei suddetti contratti, per l’eventuale equipaggiamento dei soggetti ricontrattualizzati, nonché per la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività - quantificati in non oltre 13 mln di euro per il 2022[44] - si provvede a valere sulle risorse assegnate alle Regioni per il 2022 destinate alle assunzioni per il potenziamento dei centri per l'impiego e alla proroga dei contratti dei cosiddetti navigator[45] e non utilizzate al 30 aprile 2022. A tal fine, entro il 25 maggio 2022 le regioni comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali gli oneri per il 2022 sostenuti fino al 30 aprile 2022 per le unità del suddetto personale già assunto e i risparmi definitivamente conseguiti sulle risorse loro assegnate (comma 2).
Se tali risorse non sono sufficienti, la copertura è integrata con le risorse del Fondo per le politiche attive (di cui all’art. 1, co. 215, L. 147/2013) – corrispondentemente rideterminato da apposito decreto ministeriale - sul quale è accantonata la quota di 13 mln di euro. In esito alla definizione dei risparmi definitivamente conseguiti dalle regioni, tale quota di risorse accantonata e non utilizzata è disaccantonata col medesimo decreto ministeriale che ha rideterminato la dotazione del Fondo.
Si ricorda che le risorse complessivamente assegnate alle regioni per il 2022 sono pari a 534 mln di euro (304 mln di cui all’art. 12, co. 3-bis, del D.L. 4/2019, 160 mln di cui all’art. 1, co. 258, L. 145/2018 e 70 mln di cui all’art. 1, co. 85, L. 234/2021), mentre la dotazione per il medesimo 2022 del Fondo per le politiche attive è pari a 40,2 mln di euro, a cui si aggiungono, come si legge nella Relazione tecnica allegata al provvedimento, le risorse non erogate in relazione a prestazioni oggetto di provvedimenti di decurtazione o decadenza che l’INPS versa annualmente per il 50 per cento al Fondo.
La richiamata Relazione tecnica giudica congrua la copertura sussidiaria del predetto Fondo, in considerazione del fatto che lo stesso è stato largamente inutilizzato nel 2021 e nei primi mesi del 2022 a causa della scarsa attrattività dell’assegno di ricollocazione, al finanziamento del quale il Fondo è destinato.
Proroga incarichi di collaborazione oltre i due mesi (comma 3)
Le regioni che intendono prorogare i suddetti incarichi di collaborazione oltre il periodo di due mesi devono comunicarlo entro il 23 giugno 2022 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e entro il 10 luglio 2022 devono aggiornare al 30 giugno 2022 gli oneri e i risparmi precedentemente comunicati.
L’eventuale proroga è effettuata a valere e nei limiti dei risparmi conseguiti e non già utilizzati per un periodo massimo di tre mesi e comunque non oltre l’avvenuto completamento delle procedure di selezione e di assunzione delle unità di personale da destinare ai centri per l’impiego.
Successivamente, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali comunica ad ANPAL Servizi Spa le regioni che richiedono il prolungamento delle attività di assistenza tecnica e il periodo per il quale corrispondentemente prorogare gli incarichi di collaborazione.
Punteggio aggiuntivo nelle procedure selettive (comma 4)
Aver prestato la suddetta attività di assistenza tecnica presso le sedi territoriali delle regioni per garantire l’avvio e il funzionamento del Reddito di cittadinanza costituisce titolo per un punteggio aggiuntivo nei bandi delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale nei Centri per l’impiego.
Il potenziamento dei centri per l'impiego nel Piano triennale e nel PNRR
In materia di assunzioni presso i CPI, si ricorda che il Piano triennale straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro– adottato con DM 28 giugno 2019 in attuazione dell’art. 12, co. 3, del D.L. n. 4/2019 - ha provveduto, tra l'altro, a ripartire le seguenti assunzioni, per un totale di 11.600 unità di personale, previste da diversi provvedimenti legislativi e volte al rafforzamento dei CPI:
- fino a 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 (art. 12, co. 3-bis, D.L. 4/2019)
- fino a 4.000 unità di personale, da assumere nel 2019 e a decorrere dal 2020 (art. 1, co. 258, della L. 145/2018)
- fino a 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021 (art. 12, co. 3-bis, D.L. 4/2019).
Tali assunzioni sono state ripartite nel seguente modo dal DM 22 maggio 2020, che ha modificato parzialmente il suddetto Piano di potenziamento (si segnala che tali limiti non vanno sommati, ma ciascuno assorbe il precedente, così che le unità di personale da assumere corrispondono alle 11.600 previste dalle richiamate norme di rango legislativo):
- 5.600 unità dal 2019;
- 8.600 unità dal 2020;
- fino a 4.600 unità dal 2021.
Il potenziamento dei centri per l’impiego costituisce altresì uno degli investimenti presenti nella Missione 5, Componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, volto alla ristrutturazione delle sedi attuali dei servizi pubblici per l'impiego e all’acquisto di nuovi servizi, ad una ulteriore attuazione del sistema informatico, nella prospettiva di un'interoperabilità nazionale, alla formazione professionale del personale, all’istituzione di osservatori regionali dei mercati del lavoro locali, nonché a migliorare la comunicazione istituzionale.
L'investimento si accompagna alla Riforma 1.1 della medesima Missione 5 che ha previsto la creazione del Programma Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL) e di un Piano Nazionale per le Nuove Competenze, adottati, rispettivamente, con il Decreto ministeriale 5 novembre 2021 e il Decreto ministeriale 14 dicembre 2021.
Articolo 35
(Disposizioni urgenti in materia di sostegno alle famiglie
per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico)
Al fine di mitigare i costi di trasporto, soprattutto per studenti e lavoratori, l’articolo 35 autorizza l’erogazione di un buono per l’acquisto di abbonamenti per i servizi TPL, regionale e interregionale nonché per i servizi di trasporto ferroviario nazionale. Il valore del buono è pari al 100 per cento della spesa da sostenere per l’acquisto dell’abbonamento e, comunque, non può superare l’importo di 60 euro ed è riconosciuto esclusivamente in favore delle persone fisiche che, nel 2021, hanno dichiarato un reddito personale ai fini IRPEF non superiore ai 35.000 euro. Il buono è nominativo e non cedibile, è utilizzabile per un solo abbonamento, non costituisce reddito imponibile e non rileva ai fini ISEE. Il beneficio è erogabile fino ad esaurimento delle risorse a tal fine indirizzate, pari a 79 milioni di euro per il 2022, di cui 1 milione è destinato alla progettazione e alla realizzazione della piattaforma informatica per l’erogazione del beneficio. Il buono è fruibile a decorrere dalla data di pubblicazione in G.U. del decreto attuativo interministeriale Lavoro/MEF/Infrastrutture (da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in commento) e fino al 31 dicembre 2022.
Più in dettaglio, al fine di mitigare l’impatto dell’aumento dei costi di trasporto per studenti e lavoratori, il comma 1 istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo, con una dotazione di 79 milioni di euro per il 2022, da utilizzare per l’erogazione di un buono per l’acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale nonché per i servizi di trasporto ferroviario nazionale.
La RT al provvedimento (a cui si rinvia) fornisce una analisi puntuale, relativa al 2019, della spesa complessiva e del numero degli abbonamenti acquistati per il trasporto TPL, regionale ed Alta velocità, nonché (sulla base delle dichiarazioni dei redditi) del numero dei contribuenti con reddito fino a 35.000 euro che dichiarano spese detraibili al 19%. Sulla base di tali dati, la RT stima una spesa complessiva 2022 per l’acquisto di abbonamenti ai servizi TPL, regionale, interregionale e ferroviario nazionale, da parte di persone fisiche con reddito fino a 35.000 euro, di circa 813 milioni di euro. Tenuto conto che il periodo considerato dall’articolo in commento è di sette mesi, si stima una spesa complessiva di 474 milioni di euro. Pertanto, la RT stima che lo stanziamento di 79 milioni di euro (di cui 1 milione per la piattaforma) che costituisce il limite di spesa per l’erogazione del beneficio, consentirebbe di coprire circa il 16,45 per cento della spesa complessiva per l’acquisto di abbonamenti.
Il valore del buono è pari al 100 per cento della spesa da sostenere per l’acquisto dell’abbonamento e, comunque, non può superare l’importo di 60 euro ed è riconosciuto esclusivamente in favore delle persone fisiche che, nel 2021, hanno dichiarato un reddito personale ai fini IRPEF fino ai 35.000 euro. Il buono reca il nominativo del beneficiario, è utilizzabile per l’acquisto di un solo abbonamento, non è cedibile, non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rileva ai fini del computo del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Resta ferma la detrazione del 19 per cento sulla spesa per l'acquisto degli abbonamenti rimasta a carico del beneficiario del buono (per un importo non superiore a 250 euro).
Il buono, erogabile nei limiti della dotazione del fondo e fino ad esaurimento delle risorse, è utilizzabile a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale Lavoro/MEF/Infrastrutture attuativo e fino al 31 dicembre 2022. Come specificato dal comma 2, il decreto interministeriale lavoro/MEF/infrastrutture, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, definisce:
§ le modalità di presentazione delle domande per il rilascio del buono;
§ le modalità di emissione del buono, anche ai fini del rispetto del limite di spesa;
§ le modalità di rendicontazione da parte delle aziende di trasporto dei buoni utilizzati per l’acquisito degli abbonamenti.
Una quota delle risorse del fondo, pari a 1 milione di euro, è destinata alla progettazione e alla realizzazione della piattaforma informatica per l'erogazione del beneficio. Per tali finalità, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può avvalersi, mediante stipulazione di apposite convenzioni, della società SOGEI - Società generale d'informatica Spa e CONSAP - Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa. Eventuali economie derivanti dall'utilizzo delle risorse previste per la realizzazione della piattaforma sono utilizzate per l'erogazione del beneficio.
Agli oneri derivanti dalla disposizione in commento, pari a 79 milioni di euro per il 2022, si provvede mediante le risorse di cui all’articolo 59 del provvedimento, che reca le disposizioni finanziarie.
Articolo 36
(Servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale)
L’articolo 36 incrementa di 50 milioni di euro per il 2022 il fondo per consentire l’erogazione, fino al 30 giugno 2022, dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale destinati anche a studenti.
L’articolo 36, al comma 1, rifinanzia con ulteriori 50 milioni di euro per l'anno 2022, il fondo istituito dall’art. 1, comma 816, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) al fine di consentire l'erogazione dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale, programmati nel periodo compreso tra il 1° aprile 2022 e il 30 giugno 2022, anche in ragione della necessità di assicurare il regolare svolgimento delle attività didattiche e in coerenza con gli esiti dei tavoli prefettizi.
È espressamente previsto che tale somma ne costituisca anche il limite di spesa.
Il richiamo è ai tavoli prefettizi istituti presso ciascuna Prefettura-UTG, ai sensi dell’articolo 21, comma 3, del d.P.C.M. 2 marzo 2021 e dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 52 del 2021 (cosiddetto decreto riaperture), per la definizione del più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.
Per quanto riguarda il fondo che viene rifinanziato con la disposizione in esame, si ricorda che esso recava, per il 2021, una dotazione iniziale di 200 milioni di euro, poi incrementata di 450 milioni dall’art. 51, co. 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 (cosiddetto decreto sostegni-bis) e rifinanziata, infine, con 80 milioni di euro per il 2022 dall’art. 25 del decreto-legge n. 4 del 2022 (cosiddetto decreto sostegni-ter).
Le risorse aggiuntive per il 2022 erano destinate - fino al 31 marzo 2022, termine dello stato di emergenza - al finanziamento dei servizi aggiuntivi programmati, al fine di far fronte agli effetti derivanti dalle limitazioni poste al coefficiente di riempimento dei mezzi di TPL, anche in coerenza con gli esiti dei tavoli prefettizi e secondo modalità che consentissero la rilevazione dell’effettivo utilizzo da parte degli utenti nell’anno 2021.
Il comma 1 dispone, inoltre, che le risorse stanziate siano ripartite tra le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché le aziende esercenti i servizi di trasporto pubblico regionale che residuano in capo alla competenza statale, con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata sulla base dei fabbisogni comunicati dagli stessi.
È, altresì, previsto che, ai fini dell'erogazione dei contributi, i predetti enti:
§ rendicontino entro il 15 settembre 2022, tanto al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, quanto al Ministero dell'economia e delle finanze, i servizi aggiuntivi esercitati nel periodo 1° aprile 2022 - 30 giugno 2022 ed i relativi oneri; e
§ dichiarino che, sulla base delle apposite evidenze fornite dai gestori dei servizi di trasporto pubblico locale, tali servizi aggiuntivi sono stati effettivamente utilizzati dagli utenti.
Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1 si provvede ai sensi dell'articolo 58 del presente decreto, alla cui scheda, pertanto, si rinvia.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 816, della citata legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), istitutivo del fondo, ha previsto l’emanazione di un decreto ministeriale per l’assegnazione delle risorse, secondo i criteri stabiliti ai sensi del decreto di cui al comma 1-bis dell'articolo 44 del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto decreto agosto), vale a dire del decreto interministeriale n. 340 dell'11 agosto 2020, che reca le percentuali di ripartizione.
Con il successivo decreto interministeriale n. 541 del 3 dicembre 2020, sono stati ripartiti tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, a titolo di anticipazione per servizi aggiuntivi da effettuare entro il 31 dicembre 2020, 150 milioni di euro e, con il decreto interministeriale n. 33 del 27 gennaio 2021, si è proceduto alla ripartizione definitiva delle risorse per un onere complessivo, per il 2020, pari a 62,8 milioni di euro.
Successivamente, con decreto dirigenziale n. 374 del 20 dicembre 2021, è stato autorizzato, per l'anno 2021 (sul Cap. 1318 – P.G.3, missione 13, programma 6, azione 2, dello stato di previsione del MIMS), l’impegno ed il contemporaneo pagamento della somma complessiva di 450 milioni di euro delle risorse destinate ai servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale esercitati nel 2021, a favore delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché delle aziende esercenti i servizi di trasporto pubblico regionale.
Il comma 2 prevede, infine, che le eventuali risorse residue, derivanti dal riparto di cui al comma 1, siano utilizzate per la copertura di oneri sostenuti dalle regioni e province autonome per i servizi aggiuntivi esercitati nel primo trimestre 2022, fermo restando che l'erogazione avviene a seguito della rendicontazione dell’effettivo utilizzo dei servizi, come previsto dal terzo periodo del comma 1.
Articolo 37
(Misure in materia di locazione)
L’articolo 37 prevede un finanziamento di 100 milioni di euro per il 2022 a favore del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione.
L’articolo 37 prevede un finanziamento di 100 milioni di euro per il 2022 a favore del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione istituito dall’articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'art. 11 della legge n. 431/1998, è destinato alla concessione di contributi integrativi a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse per il pagamento dei canoni di locazione.
A tale finalità sono state destinate risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 (art. 1, comma 20, legge di bilancio 2018, L. 205/2017) e ulteriori risorse per 50 milioni sono state destinate per ciascuno degli anni del periodo 2020-2022 (art. 1, comma 234, legge di bilancio 2020, L. 160/2019).
La dotazione del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione è stata poi incrementata di 160 milioni di euro per l'anno 2020 (art. 29, D.L. 34/2020) e per l'anno 2021 sono stati stanziati ulteriori 160 milioni (art. 11, legge di bilancio 2021, L. 178/2020).
L'art. 11, comma 5, della citata legge n. 431/1998 stabilisce che le risorse assegnate al Fondo siano ripartite, entro il 31 marzo di ogni anno, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base dei criteri fissati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (D.M. 14 settembre 2005), previa medesima intesa, ed in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome. Il DM 4 luglio 2019 ha ripartito le disponibilità per il 2019, pari a 10 milioni di euro. Il D.M. 6 maggio 2020 ed il D.M. 12 agosto 2020 hanno ripartito, rispettivamente, per l'anno 2020, 60 milioni di euro e ulteriori 160 milioni. Per l'anno 2021, il Decreto del 19 luglio 2021 ha ripartito tra le regioni e le province autonome 210 milioni.
Articolo 38
(Disposizioni in materia di servizi di cittadinanza digitale)
L’articolo 38 prevede la stipula di convenzioni tra il Ministero dello sviluppo economico e le amministrazioni pubbliche per realizzare il progetto “Polis – Case dei servizi di cittadinanza digitale”. Il progetto, affidato a Poste italiane, ha l’obiettivo di rendere accessibili i servizi delle amministrazioni pubbliche in modalità digitale nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti tramite uno “sportello unico” di prossimità situato nel territorio del comune.
L’articolo 35, al comma 1, stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico stipuli convenzioni con le amministrazioni pubbliche al fine di realizzare il progetto “Polis – Case dei servizi di cittadinanza digitale” (previsto dal Fondo complementare al PNRR) per rendere accessibili i servizi delle medesime amministrazioni anche nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti tramite uno “sportello unico” di prossimità situato nel territorio del comune.
L’erogazione del servizio, viene precisato, è affidata al soggetto attuatore di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 – ossia Poste italiane S.p.A. – che utilizza, a tal fine, la propria infrastruttura tecnologica e territoriale.
La norma da ultimo citata dispone l’affidamento del servizio universale postale a Poste Italiane S.p.A. per un periodo di quindici anni, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2008/6/CE (D.lgs. 31 marzo 2011, n. 57), ossia fino al 29 aprile 2026.
All’affidamento si procede anche in deroga all’articolo 7-vicies ter, comma 2-bis, del decreto legge 31 gennaio 2005, n.7, che riserva al Ministero dell’interno l’emissione della carta di identità elettronica. Pertanto, in tal modo si consentirebbe la fornitura del servizio di emissione della CIE anche agli sportelli unici gestiti dalle Poste.
Il citato comma 2-bis dell’art. 7-vicies ter, del D.L. 43/2005 dispone che l'emissione della carta d'identità elettronica è riservata al Ministero dell'interno, che vi provvede nel rispetto delle norme di sicurezza in materia di carte valori, di documenti di sicurezza della Repubblica e degli standard internazionali di sicurezza. Inoltre affida ad un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza Stato-città autonomie locali, la definizione delle caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d'identità elettronica, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato. Tale decreto è stato adottato con decreto del Ministero dell’interno del 23 dicembre 2015.
L'art. 1, comma 811, della legge di bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145) ha modificato la disposizione succitata consentendo al Ministero dell’interno di stipulare convenzioni per la gestione e il rilascio della carta d’identità elettronica con soggetti dotati di alcuni requisiti, nel limite di spesa di 750 mila euro a decorrere dal 2019. Le convenzioni possono essere stipulate con soggetti che abbiano i seguenti requisiti:
- siano dotati di una rete di sportelli diffusa su tutto il territorio nazionale;
- siano Identity provider;
- abbiano la qualifica di Certification Authority accreditata dall'Agenzia per l'Italia Digitale.
Nell’ambito del Sistema pubblico di identità digitale (SPID), gli Identity provider sono soggetti privati accreditati dall’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) che, nel rispetto delle regole emesse dall’Agenzia, forniscono le identità digitali SPID per l’accesso ai servizi delle pubbliche amministrazioni e gestiscono l’autenticazione degli utenti. L’elenco degli Identity provider accreditati è pubblicato sul sito dell’AgID: Aruba, InTeSa, Infocert, Lepida, Namirial, Poste Italiane, Register.it, Sielte, TITrust Technologies.
Il progetto Polis – Case dei servizi digitali consiste nella realizzazione di uno sportello unico di prossimità, che assicuri ai cittadini residenti nei comuni più piccoli la possibilità di fruire di tutti i servizi pubblici, in modalità digitale, per il tramite di un unico punto di accesso alla piattaforma di servizio multicanale di Poste Italiane (Senato, 5a Commissione, seduta dell’8 giugno 2021).
Il progetto è finanziato dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (di cui al D.L. 59/2021, art. 1, comma 2. Lett. f), n. 1) per 800 milioni che si affiancano agli investimenti e alle risorse stanziate dal PNRR (v. infra la scheda di approfondimento).
Il comma 2 prevede che, nell’esercizio delle funzioni di erogazione dei servizi pubblici, di cui al comma 1 e ai soli fini dell’esecuzione delle convenzioni e sulla base delle attribuzioni, qualifiche e procedure in esse definite, al personale preposto è attribuita la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Detto personale è autorizzato a procedere all’identificazione degli interessati all’acquisizione dei relativi dati ed è autorizzato all’acquisizione dei dati biometrici e della firma grafometrica, con l'osservanza delle disposizioni di legge o di regolamento in vigore.
La definizione di “incaricati di pubblico servizio”, che implica il riconoscimento della natura pubblicistica delle attività assegnate ai soggetti convenzionati, determina l’applicabilità delle forme di tutela e di responsabilità penale previste nel nostro ordinamento per tali soggetti, nonché delle altre disposizioni relative all’attività amministrativa riconducibili allo svolgimento di un pubblico servizio.
Si ricorda, in proposito, che la nozione di incaricato di pubblico servizio è contenuta nell’art. 358 del codice penale, in base al quale, agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito in proposito che “al fine di individuare se l'attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 357 e 358 c.p., ha rilievo esclusivo la natura delle funzioni esercitate, che devono essere inquadrabili tra quelle della P.A. Non rilevano, invece, la forma giuridica dell'ente e la sua costituzione secondo le norme di diritto pubblico, né lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, né tanto meno il rapporto di lavoro subordinato con l'organismo datore di lavoro" (Cass. n. 17109/2011).
Il medesimo comma 2 rinvia alle singole convenzioni la disciplina delle modalità di accesso alle banche dati in possesso delle pubbliche amministrazioni necessarie all’espletamento delle attività richieste ad eccezione per le banche dati in uso alle Forze di polizia.
Il trattamento dei dati personali correlati alle attività di cui sopra, è consentito se necessario per l'adempimento dei compiti svolti nel pubblico interesse o per l'esercizio di pubblici poteri ed in modo tale da non poter arrecare un pregiudizio effettivo e concreto alla tutela dei diritti e delle libertà degli interessati (come previsto dall’art. 2-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).
L'obiettivo del progetto è di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale in relazione ai piccoli centri urbani e nelle aree interne del Paese, contribuendo al loro rilancio attraverso la realizzazione di uno “sportello unico” di prossimità che assicuri ai cittadini residenti nei comuni più piccoli la possibilità di fruire di tutti i servizi pubblici, in modalità digitale, per il tramite di un unico punto di accesso alla piattaforma di servizio multicanale di Poste Italiane. L’intervento coinvolgerà 4.800 Uffici Postali in 4.764 Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, nel 100% delle 72 aree interne del Paese.
Il progetto prevede anche la creazione di una rete nazionale di spazi di co-working, nei capoluoghi di Provincia e in altri centri di medie dimensioni attraverso la realizzazione di 250 “Spazi per l’Italia” con oltre 5.000 postazioni di lavoro, spazi di riunione, servizi condivisi, aree dedicate a eventi e formazione.
Si tratta di uno dei tre progetti finanziati dal Piano nazionale per gli investimenti complementari (di cui al D.L. 59/2021, art. 1, comma 2. Lett. f), n. 1) che si affiancano agli investimenti e alle risorse stanziate dal PNRR a valere sulla Missione 1 Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, Componente 1 Digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA.
Tali risorse aggiuntive si riferiscono prevalentemente all’investimento 1.4 Servizi digitali e cittadinanza digitale, afferente alla Digitalizzazione della PA.
L’investimento 1.4 è finalizzato allo sviluppo dell’offerta di servizi digitali delle PA in favore di cittadini, residenti e imprese, in linea con gli obiettivi del "Digital Compass" dell'Europa, secondo cui entro nel 2030 i principali servizi pubblici saranno disponibili online.
In primo luogo, si intende rafforzare ed estendere servizi già esistenti quali identità digitale (SPID e CIE), firma elettronica, strumenti di pagamento digitale per pubblico e privato (PagoPA), piattaforma AppIO. Inoltre, si prevede di introdurre nuovi servizi, quali la Piattaforma unica di notifiche digitali e la sperimentazione in ambito mobilità (Mobility as a Service) per migliorare l’efficienza dei sistemi di trasporto urbano.
Si punta, entro il 2026, a rendere disponibili on line l’80% dei principali servizi pubblici e a dotare di CIE/SPID il 70% della popolazione.
Al progetto Polis sono destinato 800 milioni di euro dei complessivi 1,4 miliardi di euro, distribuiti come segue.
(milioni di euro)
Anno |
Servizi digitali e cittadinanza digitale |
Servizi digitali e competenze digitali |
Polis – Case dei servizi digitali |
2021 |
50,00 |
0,73 |
0,00 |
2022 |
100,00 |
46,81 |
125,00 |
2023 |
100,00 |
26,77 |
145,00 |
2024 |
50,00 |
29,24 |
162,62 |
2025 |
40,00 |
94,69 |
245,00 |
2026 |
10,00 |
51,76 |
122,38 |
Totale |
350,00 |
250,00 |
800,00 |
A questi 800 milioni si aggiungono 320 milioni a carico di Poste che, inoltre, sosterrà i costi di manutenzione e gestione dei macchinari e delle piattaforme realizzate con il progetto (si veda la Scheda progetto presentata dal Governo al Parlamento l’8 giugno 2021 nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 59/2021 recante gli investimenti del Fondo complementare).
Si ricorda infine che il comma 6 dell’articolo 1, del D.L. 59/2021 ha introdotto una disposizione volta espressamente ad agevolare la realizzazione degli interventi previsti dal progetto “Polis”; a tal fine si esclude per tali interventi l’obbligo, per le imprese che per disposizioni di legge esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, di rendere accessibili beni o servizi anche informativi di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte, anche alle imprese concorrenti, in condizioni equivalenti rispetto a quelle offerte a proprie società partecipate o controllate (art. 8, comma 2-quater, della legge n. 287 del 1990).
Articolo 39
(Interventi urgenti in favore del Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano)
L’articolo 39 dispone che le risorse stanziate sul Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive dilettantistiche dall'articolo 14-bis del decreto-legge n. 41 del 2021[46], nonché dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 73 del 2021[47], già nella disponibilità del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono portate ad incremento, nell'ambito del medesimo bilancio, delle risorse provenienti dal Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano (di cui all'art. 1, comma 369, della legge n. 205 del 2017).
Come si evince dalle relazioni illustrativa e tecnica, la finalità della disposizione in commento è quella di razionalizzare l'utilizzo delle risorse residue stanziate in favore di associazioni e società dilettantistiche sportive con vari provvedimenti legislativi volti a far fronte all'emergenza Covid-19. A tal fine si canalizzano gli stanziamenti residui rispetto alle autorizzazioni di spesa originarie sul Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano.
Con riferimento al Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano, esso è stato istituito con la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017).
L'art. 1, comma 369, della legge di bilancio per il 2018 - al fine di sostenere il potenziamento del movimento sportivo italiano - ha istituito, presso l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri (che ha successivamente assunto configurazione dipartimentale con DPCM 28 maggio 2020).
Le risorse del Fondo sono destinate a finanziare progetti collegati a una delle seguenti finalità: incentivare l'avviamento all'esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l'uso di ausili per lo sport; sostenere la realizzazione di eventi calcistici di rilevanza internazionale; sostenere la realizzazione di altri eventi sportivi di rilevanza internazionale; sostenere la maternità delle atlete non professioniste; garantire il diritto all'esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore, anche attraverso la realizzazione di campagne di sensibilizzazione; sostenere la realizzazione di eventi sportivi femminili di rilevanza nazionale e internazionale.
L'utilizzo del Fondo è disposto con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 28 febbraio di ciascun anno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati.
Si segnala che il decreto-legge n. 4 del 2022[48], all'articolo 9 comma 3, dispone che le risorse di cui al medesimo Fondo unico possano essere parzialmente destinate all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi maggiormente colpite dalle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Più nello specifico, una quota delle risorse stanziate, fino a fino al 30 per cento della dotazione complessiva del fondo, è destinata alle società e associazioni dilettantistiche che gestiscono impianti per l’attività natatoria.
La definizione delle modalità e dei termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, dei criteri di ammissione, delle modalità di erogazione, nonché delle procedure di controllo, da effettuarsi anche a campione, è affidata ad un decreto dell’Autorità politica delegata in materia di sport.
La dotazione originaria del Fondo era pari a 12 milioni di euro per l'anno 2018, a 7 milioni di euro per l'anno 2019, a 8,2 milioni di euro per l'anno 2020 e a 10,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021.
Successivamente il Fondo viene incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2022 dall'art. 9, comma 4, del citato decreto-legge n. 4 del 2022 (l'art. 5, comma 5, del medesimo decreto-legge è intervenuto in riduzione del Fondo per 1 milione di euro).
Da ultimo, l'art. 7, comma 3, del decreto-legge n. 17 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2022, ha incrementato il Fondo di 40 milioni di euro per l'anno 2022, ai fini dell'erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche maggiormente colpite dagli aumenti dei prezzi nel settore elettrico, con specifico riferimento alle associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi e piscine (si veda, al riguardo, la scheda di lettura relativa all'articolo 7 alle pagg. 51-54 del Dossier relativo all'AS 2588 - DL 17/2022 in materia di "Contenimento dei costi dell'energia e rilancio delle politiche industriali").
Ai fini dell'incremento stabilito dalla disposizione in esame, sono utilizzate le risorse stanziate sul Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive dilettantistiche dall'articolo 14-bis del decreto-legge n. 41 del 2021, originariamente pari a 50 milioni di euro per l'anno 2021, e dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 73 del 2021, originariamente pari a 190 milioni di euro per l'anno 2021.
La Relazione tecnica precisa che la disposizione legislativa mira a convogliare le "risorse residue" (e non già le risorse inizialmente stanziate, pari a 240 milioni di euro, che sono state in gran parte utilizzate) delle autorizzazioni di spesa appena menzionate nel Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano. Ciò al fine di consentire "una maggiore omogeneità nella strategia di policy per l'erogazione di contributi a fondo perduto in favore del settore sportivo", evitando interventi frammentari. Al riguardo, dà conto delle risorse disponibili, pari a 11.374.031,43 euro, che sono residuate a seguito dell'espletamento dei bandi con cui si è provveduto all'erogazione erogazione di contributi a fondo perduto in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche in relazione all'emergenza sanitaria.
Tenuto conto di quanto affermato nella relazione tecnica, si valuti l'opportunità di precisare, anche in sede normativa, che si tratta di risorse residue e che le stesse sono esclusivamente destinate in favore delle associazioni e società sportive.
Si ricorda che il Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive dilettantistiche è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall'art. 3 del decreto-legge n. 37 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020, con una dotazione di 142 milioni di euro per l'anno 2020 (ai quali si sono aggiunti 30 milioni di euro, originariamente stanziati per le sole associazioni sportive dilettantistiche dall’art. 218-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020).
Il medesimo art. 3, comma 1, ha previsto che le risorse del suddetto Fondo siano trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per essere assegnate al Dipartimento per lo Sport.
Le risorse del Fondo sono destinate all'adozione di misure di sostegno e ripresa delle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno cessato o ridotto la propria attività istituzionale a seguito dei provvedimenti statali di sospensione delle attività sportive conseguenti alla emergenza epidemiologica da Covid-19 (art. 3, comma 2).
Sempre ai sensi dell'art. 3, comma 2, i criteri di ripartizione delle risorse del Fondo sono stabiliti con il provvedimento del Capo del Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri che dispone la loro erogazione[49].
Successivamente l'art. 14-bis del decreto-legge n. 41 del 2021 - richiamato dalla disposizione in esame - ha incrementato il Fondo in questione per un importo di 50 milioni di euro per l'anno 2021 (che costituisce limite massimo di spesa), destinando tale importo all'erogazione di contributi a fondo perduto alle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno sospeso l'attività sportiva (per approfondimenti relativi ai contributi a fondo perduto alle associazioni e società sportive dilettantistiche, si veda la pagina web del Dipartimento per lo sport).
Infine, la dotazione del Fondo è stata incrementata di ulteriori 190 milioni di euro per l'anno 2021 dall'art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021 (disposizione anch'essa oggetto di richiamo nell'articolo in commento). Anche tale importo costituisce limite di spesa ed è destinato all'erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno sospeso l'attività sportiva (art. 10, comma 6, del decreto-legge n. 73 del 2021). L'individuazione delle modalità e i termini di presentazione delle richieste di erogazione dei contributi, dei criteri di ammissione, delle modalità di erogazione, nonché delle procedure di verifica, di controllo e di rendicontazione delle spese in oggetto è demandata a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dell'Autorità politica delegata in materia di sport (art. 10, comma 7, del decreto-legge n. 73 del 2021).
In attuazione di tale disposizione è stato adottato il DPCM del 20 settembre 2021, recante "Criteri di gestione delle risorse del "Fondo unico per il sostegno delle associazioni e società sportive dilettantistiche".
Articolo 40, commi 1 e 2
(Incremento finanziamento corrente
del Servizio Sanitario nazionale)
L’articolo 40 dispone una misura per far fronte ai maggiori costi a carico degli enti del SSN dovuti all’aumento dei prezzi delle fonti energetiche, prevedendo l’incremento, per l’anno 2022, del livello del finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato per un importo di 200 milioni di euro.
Il riparto di queste maggiori risorse è previsto a beneficio di tutte le Regioni, incluse quelle a statuto speciale, e delle province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
L’articolo 40, al comma 1, dispone l’incremento, per l’anno 2022, del livello del finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato per un importo stimato di 200 milioni di euro finalizzato a contribuire ai maggiori costi a carico degli enti del SSN dovuto all’aumento dei prezzi delle fonti energetiche.
La relazione tecnica evidenzia che l’incremento è necessario in quanto l’aumento in questione non era preventivabile al momento della definizione del fabbisogno sanitario relativo all’anno 2022, in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 258, della legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021).
Il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale, che rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e accreditata in Italia, è stato da ultimo fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) in 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l'anno 2024[50].
Il comma 2 prevede che al finanziamento accedono tutte le Regioni e province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Pertanto, tali autonomie speciali concorreranno come le altre regioni a statuto ordinario al riparto delle risorse per il finanziamento della misura in esame.
Si ricorda che l’accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario tiene conto di quanto previsto ai sensi della legge n. 296/2006, art. 1, comma 830, che stabilisce la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. Fa eccezione la sola Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.
Articolo 40, comma 3 e 5
(Contributo straordinario per garantire la continuità
dei servizi erogati dagli enti locali)
L’articolo 40, comma 3, incrementa di 170 milioni di euro per l’anno 2022 l’importo del contributo straordinario previsto per gli enti locali al fine di garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti, autorizzato dal D.L. n. 17/2022, in relazione alla maggiore spesa per utenze di energia elettrica e gas derivante dalla crisi energetica. L’incremento di risorse è destinato per 150 milioni di euro in favore dei comuni e per 20 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
Il rifinanziamento riguarda il contributo straordinario già riconosciuto agli enti locali dall’articolo 27, comma 2, del D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), nell’importo di 250 milioni di euro per il 2022 (di cui 200 milioni ai comuni e 50 milioni a città metropolitane e province), finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti locali, in relazione alla maggiore spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, in conseguenza della crisi energetica.
Alla ripartizione dei fondi tra gli enti interessati si provvede con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 30 giugno 2022, in relazione alla spesa sostenuta dai singoli enti per utenze di energia elettrica e gas.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di inserire il rinvio ai dati del SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, ai fini della individuazione della “spesa sostenuta dai singoli enti per utenze di energia elettrica e gas” sulla cui base è effettuato il riparto delle somme, così come peraltro espressamente previsto per il riparto del fondo di cui all’articolo 27, comma 2, del D.L. n. 17 del 2022, rifinanziato dal comma in esame.
Si rammenta che il D.L. n. 17 del 2022 (c.d. decreto energia), all’articolo 27, comma 2, ha autorizzato un primo contributo straordinario agli enti locali finalizzato a garantire la continuità dei servizi erogati, da ripartire in relazione alla spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas.
A tal fine è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un apposito fondo con una dotazione di 250 milioni di euro per l’anno 2022, da destinare, per 200 milioni di euro in favore dei comuni e per 50 milioni di euro in favore delle città metropolitane e delle province.
Quanto alla ripartizione del fondo tra gli enti interessati, la norma prevede che si provveda con decreto del Ministro dell'interno - di concerto con il Ministro dell'economia e finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali - entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione[51] del D.L. n. 17/2022 (vale a dire, entro il 28 maggio 2022), tenendo conto della spesa sostenuta dagli enti per utenze di energia elettrica e gas, secondo i dati risultanti dal SIOPE-Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici.
Stante il rifinanziamento disposto dal comma in esame, il contributo straordinario per la continuità dei servizi erogati dagli enti locali ammonta quindi complessivamente a 420 milioni di euro per l’anno 2022, di cui:
- 350 milioni destinati ai comuni;
- 70 milioni destinati a città metropolitane e province.
Per il combinato disposto delle due norme autorizzatorie, la prima tranche del contributo autorizzato dal D.L. n. 17/2022 (250 milioni) sarà ripartita con DM Interno entro il 28 maggio 2022; la seconda tranche, autorizzata dal comma in esame (170 milioni) sarà ripartita con un ulteriore DM Interno, entro il 30 giugno 2022.
Il comma 5 quantifica gli oneri complessivamente recati dall’articolo 3, pari a 370 milioni di euro per l’anno 2022 - derivanti dal comma 1 (finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato per un importo di 200 milioni nel 2022) e dal comma 3 (contributo di 170 milioni di euro per garantire la continuità dei servizi erogati dagli enti), alla cui copertura finanziaria si provvede ai sensi del successivo articolo 58.
Articolo 40, comma 4
(Deroga contabile per gli enti locali)
L’articolo 40, comma 4, consente agli enti locali di approvare il bilancio di previsione per il 2022 con l'applicazione della quota libera dell'avanzo di amministrazione, accertato con l'approvazione del rendiconto 2021. La norma ha carattere eccezionale, in considerazione della crisi in Ucraina e dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
La norma in esame, prevedendo la possibilità di applicare l'avanzo in sede di previsione iniziale, pone una deroga alle disposizioni recate dall'art. 187, comma 2, del TUEL (testo unico enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) inerenti all'utilizzo dell'avanzo, consentito in via ordinaria solamente con variazione di bilancio.
La finalità della norma, secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, è quella di favorire l'approvazione del bilancio degli enti locali entro i termini di legge. A tale riguardo si rammenta che l’art. 3, comma 5-sexiesdecies del decreto-legge n. 228 del 2021 ("proroga termini", convertito dalla legge n.15 del 2022) ha previsto il differimento al 31 maggio 2022 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione riferito al triennio 2022-2024 da parte degli enti locali.
Nello specifico, l’articolo 187, comma 2, del TUEL dispone che la quota libera dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio precedente possa essere utilizzata con provvedimento di variazione di bilancio, per specifiche finalità, indicate in ordine di priorità: per la copertura dei debiti fuori bilancio; per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio (nel caso in cui non possa provvedersi con mezzi ordinari); per il finanziamento di spese di investimento; per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente; per l'estinzione anticipata dei prestiti.
Si ricorda, inoltre, che l'articolo 109, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020 ("cura Italia", convertito dalla legge n. 27 del 2020) prevede, fino al 2022, la possibilità per gli enti locali di utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione per il finanziamento di spese correnti connesse con l'emergenza da Covid-19, in deroga alle citate disposizioni di cui all’art. 187, comma 2, del TUEL, esplicitamente richiamato dall'art. 109 in parola. Si deve osservare che tale facoltà può essere esercitata dagli enti locali ferme restando le priorità relative alla copertura dei debiti fuori bilancio e alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.
Articolo 41
(Contributo a Province e Città metropolitane
per riduzione gettito IPT e RC Auto)
L’articolo 41 istituisce un fondo di 80 milioni di euro di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, destinato alle province e città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e della Regione Siciliana e Sardegna, le quali hanno subito una determinata riduzione nel 2021, rispetto al 2019, del gettito dell’Imposta provinciale di trascrizione (IPT) o dell'Imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto).
Nel dettaglio, l’articolo istituisce un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione pari a 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024, destinato alle province e città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e della Regione Siciliana e Sardegna che hanno subito una riduzione percentuale nel 2021, rispetto al 2019, del gettito dell’Imposta provinciale di trascrizione (IPT) o dell'Imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto), in misura, rispettivamente:
§ superiore al 16 per cento rispetto al 2019, per l’IPT,
§ superiore 10 per cento rispetto al 2019, per la RC AUTO.
La riduzione del gettito deve risultare dai dati a disposizione del Dipartimento delle Finanze alla data del 30 aprile 2022.
Il fondo è ripartito con decreto del Ministero dell’interno - di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza stato città ed autonomie locali - entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto (vale a dire, entro il 16 giugno 2022), sulla base del criterio della popolazione residente al 1° gennaio 2021.
Si rammenta, al riguardo, che la normativa attuativa del federalismo fiscale (articoli da 16 a 21 del D.Lgs. n. 68 del 2011) ha determinato la soppressione dei trasferimenti erariali e regionali in favore delle province - attuata nel 2012 (con il D.P.C.M. 12 aprile 2012) nell’importo di 1.039,9 milioni - e la loro sostituzione, ai fini del finanziamento delle funzioni fondamentali, con entrate proprie provinciali, costituite principalmente dai tributi propri relativi al trasporto su gomma, ed in particolare dall'imposta provinciale di trascrizione (IPT) e dall'imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC AUTO), che insieme rappresentano l’80% circa delle entrate proprie. Ad esse si aggiungono le risorse di carattere perequativo.
Per completezza, si ricorda altresì che il sistema delle entrate provinciali ricomprende anche i seguenti ulteriori cespiti:
§ compartecipazione alla tassa automobilistica, la quale, tuttavia (benché l'art. 19 del D.L. n. 68/2011 prevedesse il termine del 20 novembre 2012 per la fissazione di tale compartecipazione) non risulta ancora stabilita;
§ altri tributi propri derivati, riconosciuti alle province dalla legislazione vigente. Tra questi si ricorda:
§ il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (art. 3, L. n. 549/1995);
§ il tributo cosiddetto ambientale (art. 19, D.Lgs. n. 504/1992);
§ il canone occupazione di spazi ed aree pubbliche (art. 63, D.Lgs. n. 446/1997);
§ la tassa per l'ammissione ai concorsi (art. 1, R.D. 21 ottobre 1923, n. 2361);
§ i diritti di segreteria, disciplinati dall'art. 40, legge 8 giugno 1962, n. 604;
§ è prevista inoltre la possibilità di istituire con D.P.R. un'imposta di scopo provinciale (articolo 20, comma 2, del D.Lgs. 68 del 2011).
Il comma 2 rinvia per la copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo, pari a 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2022-2024, alle disposizioni dell’articolo 58.
Articolo 42
(Sostegno obiettivi PNRR grandi città)
L’articolo 42 istituisce un Fondo con una dotazione complessiva di 665 milioni di euro per gli anni 2023-2026, volto a rafforzare gli interventi del PNRR da parte dei comuni con più di 600.000 abitanti: si tratta dei comuni di Roma (278 milioni), Milano (139 milioni), Napoli (94 milioni), Torino (87 milioni) e Palermo (67 milioni).
Con decreti interministeriali, da adottare entro novanta giorni d’intesa con i comuni destinatari, sono individuati il Piano degli interventi e le schede progettuali con gli obiettivi iniziali, intermedi e finali, in coerenza con gli impegni previsti nel PNRR. I decreti disciplinano inoltre le modalità di erogazione delle risorse, di monitoraggio e di eventuale revoca delle risorse in caso di mancato utilizzo secondo il cronoprogramma.
Agli interventi ricompresi nel Piano si applicano le procedure di semplificazione previste per il PNRR.
La norma in esame istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un Fondo con una dotazione di 325 milioni di euro per il 2023, 220 milioni di euro per il 2024, 70 milioni di euro per il 2025 e 50 milioni per il 2026 al fine di rafforzare gli interventi del PNRR da parte dei comuni con popolazione superiore a 600.000 abitanti (comma 1).
L’Allegato 2 ripartisce le risorse per ciascuno dei comuni interessati, sulla base della popolazione residente al 1° gennaio 2021, con gli importi sotto indicati.
Allegato 2
|
Popolazione |
Peso |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
Totale |
Torino |
858.205 |
13% |
42 |
29 |
9 |
7 |
87 |
Milano |
1.374.582 |
21% |
68 |
46 |
15 |
10 |
139 |
Roma |
2.770.226 |
42% |
136 |
92 |
29 |
21 |
278 |
Napoli |
922.094 |
14% |
46 |
31 |
10 |
7 |
94 |
Palermo |
637.885 |
10% |
33 |
22 |
7 |
5 |
67 |
Totale |
6.562.992 |
100% |
325 |
220 |
70 |
50 |
665 |
Il comma 2 assegna a uno o più decreti del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie - da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame - d’intesa con i comuni destinatari del finanziamento, il compito di individuare per ciascun comune il Piano degli interventi e di adottare le relative schede progettuali degli interventi identificati dal Codice Unico di Progetto (CUP), con gli obiettivi iniziali, intermedi e finali determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e coerenti con gli impegni assunti nel PNRR con la Commissione europea.
Il comma 3 dispone che i decreti interministeriali citati disciplinano altresì le modalità di:
§ erogazione delle risorse;
§ monitoraggio, attraverso il sistema di Monitoraggio delle Opere Pubbliche, ai sensi del D.Lgs. n. 229 del 2011, previsto nell’ambito della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP);
§ eventuale revoca delle risorse, in caso di mancato utilizzo secondo il cronoprogramma definito, per ciascun intervento, dalle schede progettuali che costituiscono parte integrante del Piano degli interventi.
Il comma 4 estende agli interventi ricompresi nei Piani degli interventi l’applicazione delle procedure stabilite per il PNRR in tema di semplificazione, accelerazione, trasparenza e conoscibilità dello stato di avanzamento.
Con il decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77 (c.d. decreto Semplificazioni) sono state adottate, in primo luogo, disposizioni in ordine all'organizzazione della gestione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, definendo i ruoli ricoperti dalle diverse amministrazioni coinvolte nonché le modalità di monitoraggio del Piano e del dialogo con le autorità europee (c.d. governance). Nella seconda parte del decreto sono previste misure di semplificazione che incidono in alcuni dei settori oggetto del PNRR (tra cui la transizione ecologica, le opere pubbliche, la digitalizzazione) al fine di favorirne la completa realizzazione. Le misure e le procedure di accelerazione e semplificazione delineate nel decreto per l'efficace e tempestiva attuazione degli interventi trovano applicazione anche per gli investimenti finanziati con il Fondo complementare al PNRR (di cui al D.L. 59/2021) nonché anche agli investimenti contenuti nei Contratti Istituzionali di Sviluppo.
Per quanto riguarda i profili della trasparenza e della conoscibilità dello stato di avanzamento degli interventi del PNRR si segnala, in primo luogo, il portale governativo ItaliaDomani, nel quale, oltre ad una illustrazione analitica del PNRR e del Piano nazionale complementare, sono pubblicati i bandi, gli avvisi e le altre procedure pubbliche per la presentazione e selezione dei progetti PNRR. La Ragioneria generale dello Stato, inoltre, gestisce il sistema informativo ReGiS al fine di garantire la semplificazione dei processi di gestione, controllo, monitoraggio e rendicontazione dei progetti finanziati, e, contestualmente, aderire ai principi di informazione, pubblicità e trasparenza prescritti dalla normativa europea e nazionale. Tale sistema informatico è stato previsto dall’articolo 1, comma 1043, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge Bilancio 2021), al fine di fornire alla Commissione europea una “raccolta efficiente, efficace e tempestiva dei dati per il monitoraggio dell’attuazione delle attività e dei risultati”, come previsto dall’articolo 29 del Regolamento (UE) 2021/241. Tale sistema di monitoraggio unitario rileva tutti i dati relativi all’attuazione del PNRR, sia a livello finanziario (spese sostenute per l’attuazione delle misure e le riforme), sia fisico (attraverso la rilevazione degli appositi indicatori), sia a livello procedurale. Nel sistema sono anche registrati i dati di avanzamento dei Target e Milestone. Le informazioni sono rilevate, a livello di dettaglio, da parte dei titolari degli interventi (Comuni, Regioni, Ministeri, altri Enti) e rese disponibili alle singole Amministrazioni responsabili di ciascuna misura che le validano e le inviano al Ministero dell’economia e delle finanze. Il sistema di monitoraggio ha la caratteristica di sistema “unitario” per le politiche di investimento a sostegno della crescita, in quanto rileverà anche i dati relativi all’attuazione degli interventi finanziati con il Fondo complementare al PNRR, nonché i dati dei programmi finanziati dai Fondi Strutturali e di investimento europei del ciclo 2021-2027 e dal Fondo di sviluppo e coesione nazionale. Al sistema informatico di monitoraggio hanno accesso gli utenti delle Istituzioni nazionali coinvolte, nonché la Commissione Europea, l'OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode), la Corte dei conti e, se del caso, l'EPPO (Procura europea) in adempimento a quanto previsto dall’articolo 22, paragrafo 2, lettera e) del Regolamento (EU) 2021/241.
Il comma 5 rinvia per la copertura degli oneri derivanti dall’articolo in esame, pari a 325 milioni di euro per il 2023, 220 milioni di euro per il 2024, 70 milioni di euro per il 2025 e 50 milioni per il 2026, a quanto previsto dall’articolo 58.
Articolo 43, comma 1
(Riequilibrio finanziario di province e città metropolitane)
L’articolo 43, comma 1 istituisce, presso il Ministero dell’interno, un fondo finalizzato a favorire il riequilibrio finanziario delle province e delle città metropolitane che sono in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o che si trovano in stato di dissesto finanziario, con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2022 e di 15 milioni di euro per l’anno 2023.
L’articolo 43 dispone, al comma 1, l’istituzione, presso il Ministero dell’interno, di un fondo finalizzato a favorire il riequilibrio finanziario delle province e delle città metropolitane[52] che si trovino coinvolte in una delle due seguenti condizioni disciplinate dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali:
a) procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all’articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267/2000;
b) stato di dissesto finanziario, ai sensi dell’articolo 244 del medesimo decreto legislativo.
La norma in esame assegna a tale fondo una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2022 e di 15 milioni di euro per l’anno 2023. Al riparto delle risorse assegnate al nuovo fondo si provvede, entro il 30 giugno 2022, con decreto del Ministero dell’interno, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Premessa
Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), reca, alla Parte II, Titolo VIII (articoli 242-269), le disposizioni concernenti gli enti locali in condizioni di sofferenza finanziaria e le relative procedure di risanamento finanziario. Si distingue, a tal fine, tra enti deficitari (artt. 242-243), in predissesto (riequilibrio finanziario pluriennale, artt. da 243-bis a 243-sexies) e in dissesto (artt. 244 e seguenti).
Gli strumenti posti in essere dal TUEL per fronteggiare le predette situazioni di crisi degli enti locali sono il dissesto, il cd. dissesto guidato e la procedura di riequilibrio finanziario[53].
Il riequilibrio finanziario pluriennale (cd. “predissesto”).
In particolare, gli articoli da 243-bis a 243-sexies TUEL disciplinano la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (cd. “predissesto”) di quei comuni o province che versino in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocarne il dissesto finanziario. L’istituto, introdotto dal D.L. n. 174/2012, si è affiancato alla disciplina del dissesto – introdotta nel 1989 – al fine di ampliare la possibilità per gli enti locali di correggere squilibri finanziari ed evitare le conseguenze negative di una dichiarazione di dissesto finanziario.
Il presupposto per l’applicazione della procedura è che il comune o la provincia si trovino in condizioni di squilibrio rilevante, potenzialmente in grado di dichiararne il dissesto finanziario, nel caso in cui gli strumenti ordinari di riequilibrio – disciplinati agli artt. 193 e 194 TUEL: rispettivamente, deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio e riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio – non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio.
La condizione di squilibrio si sostanzia, in sintesi, nell’incapacità dell’ente territoriale di adempiere alle proprie obbligazioni a causa della mancanza di risorse effettive a copertura della spesa e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile. Lo squilibrio del bilancio è “strutturale”, ai sensi del citato art. 243-bis, quando il deficit esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino dei relativi equilibri, richiedendo mezzi extra ordinem.
Trattasi, dunque, di strumento straordinario, volto a responsabilizzare gli organi ordinari dell’ente territoriale quanto alla definizione e assunzione di ogni iniziativa utile al risanamento finanziario. La procedura di predissesto, infatti, avviata autonomamente dall’ente, evita il ricorso alla gestione commissariale e lascia la gestione finanziaria in capo all’organo elettivo, sebbene l’ente sia sottoposto a penetranti controlli volti a impedire che la situazione sfoci in un dissesto.
Alla finalità di responsabilizzazione dell’ente, quanto alla titolarità della gestione finanziaria in sede di procedura di predissesto, si lega, d’altro canto, la condizione che le accertate condizioni di squilibrio strutturale e la massa passiva da ripianare siano tali da non compromettere la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, e da consentire ragionevolmente di ripianare tale massa passiva nell’orizzonte temporale di svolgimento della procedura di riequilibrio.
La procedura può essere avviata fino a quando non siano stati assegnati dalla Corte dei conti i termini per l’adozione delle misure correttive di cui all’art. 6, comma 2, del d. lgs. n. 149/2011 – le quali possono portare, in caso di inadempimento dell’ente, alla eventuale dichiarazione di dissesto. La relativa deliberazione di ricorso alla procedura di predissesto deve essere trasmessa, entro 5 giorni, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’interno. Dalla data di esecutività della suddetta deliberazione, le procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente sono sospese, fino alla data di approvazione o diniego del piano di riequilibrio pluriennale da parte della sezione regionale per il controllo della Corte dei conti.
Il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di durata compresa tra 4 e 20 anni, contenente le misure necessarie a superare lo squilibrio e corredato del parere dell’organo di revisione economico-finanziario. La durata massima del Piano è determinata in base al rapporto tra le passività da ripianare in quest’ultimo e l’ammontare degli impegni di cui al Titolo I della spesa del rendiconto dell’anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura, o dell’ultimo rendiconto approvato, secondo la seguente tabella:
Rapporto passività/impegni di cui al titolo I |
Durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale |
Fino al 20% |
4 anni |
Superiore al 20% e fino al 60% |
10 anni |
Superiore al 60% e fino al 100% (comuni fino a 60 mila abitanti) |
15 anni |
Superiore al 60% (comuni oltre 60 mila abitanti) e oltre il 100% (tutti gli altri comuni) |
20 anni |
Il Piano, in particolare, provvede alla:
§ ricognizione completa dei fattori di squilibrio rilevati, determinazione del disavanzo di amministrazione, emersione dei debiti fuori bilancio;
§ determinazione delle misure di riequilibrio strutturale con indicazione dei tempi e degli esercizi di realizzo effettivo di queste;
§ individuazione delle risorse, che possono consistere in entrate proprie, indebitamento e accesso al Fondo di rotazione.
Il Piano è trasmesso entro 10 giorni alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali (COSFEL – art. 155 TUEL), nonché alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti[54], ai fini dell’approvazione o del diniego entro 30 giorni. Tali organi effettuano una valutazione di congruità e dell’adeguatezza dei mezzi disponibili rispetto ai fini di riequilibrio finanziario stabiliti. La congruità delle entrate e delle spese deve essere valutata in relazione agli obiettivi programmati, agli andamenti storici e al riflesso nel periodo degli impegni pluriennali rappresentati nel sistema di bilancio.
In caso di approvazione del Piano, la Corte dei conti vigila sulla sua esecuzione. In caso di diniego dell’approvazione del piano, di mancata presentazione dello stesso entro il termine di 90 giorni, di accertamento di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal Piano o di mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario dell’ente al termine del periodo di durata di quest’ultimo, il TUEL dispone l’attivazione della procedura del dissesto guidato di cui all’art. 6, comma 2, del d. lgs. n. 149/2011, con assegnazione al Consiglio dell’ente, da parte del Prefetto, di un termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto.
Sulla disciplina del predissesto sono intervenute numerose integrazioni e modifiche normative, principalmente volte a consentire agli enti locali, che avevano già attivato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, la facoltà di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio, in considerazione dell'esigenza di coordinamento tra i contenuti del piano di riequilibrio e gli eventuali effetti peggiorativi derivanti dall'adozione degli adempimenti previsti per il passaggio al sistema di contabilità armonizzata, introdotta dal decreto D. Lgs. n. 118/2011. Specifiche disposizioni sono state adottate, inoltre, a seguito della crisi connessa all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Su tale disciplina sono intervenute, altresì, numerose pronunce della Corte costituzionale, le quali hanno inciso sui profili relativi alla determinazione dell’arco temporale di restituzione delle anticipazioni di liquidità (sent. n. 18/2019), al calcolo complessivo del disavanzo (sent. n. 115/2020), ai termini di deliberazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale (sent. n. 34/2021), alla determinazione del periodo di ripiano di specifiche quote di disavanzo (sent. n. 80/2021).
Da ultimo, la legge di bilancio per il 2022 (commi 992-994) ha previsto per gli enti locali in predissesto, che hanno già proceduto all'approvazione del Piano di riequilibrio prima della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, ma il cui iter non si sia ancora concluso con l'approvazione del Piano di riequilibrio da parte della Corte dei conti, la facoltà di procedere alla rimodulazione o alla riformulazione del Piano, in deroga alle norme in materia contenute nel TUEL. A tal fine si prevede che l'ente comunichi di esercitare tale facoltà entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio alla Corte dei Conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, e che proceda, entro i successivi 150 giorni dalla data della comunicazione, a presentare la rimodulazione o la riformulazione del Piano di riequilibrio finanziario pluriennale, con la rideterminazione degli obiettivi ed eventualmente della relativa durata.
Il dissesto finanziario
La normativa sul dissesto finanziario dei comuni e delle province è contenuta agli articoli 244 ss. TUEL. L’istituto, introdotto nell’ordinamento nel 1989, è attivabile laddove l’ente locale non sia più in grado di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero on sia in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili.
La deliberazione dello stato di dissesto, non revocabile, è adottata dal consiglio dell’ente locale e trasmessa, entro 5 giorni, al Ministero dell’interno e alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente a una relazione dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.
A seguito della dichiarazione di dissesto, si procede alla nomina dell’organo straordinario di liquidazione (con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’intero), il quale provvede al ripiano dell’indebitamento pregresso dell’ente locale, e di un’amministrazione straordinaria, al fine di procedere all’accertamento della massa attiva e passiva, alla gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento dell’ente e alla liquidazione e pagamento della massa passiva.
Dalla data della dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione del rendiconto dell’organo di liquidazione, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per debiti rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. D’altro canto, l’ente, sino alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, è sottoposto a limiti nella contrazione di nuovi mutui (con alcune eccezioni) e nell’impegno delle somme previste nell’ultimo bilancio approvato con riferimento all’esercizio in corso, nonché all’aumento, nella misura massima consentita dalla legge, delle aliquote e delle tariffe di base delle imposte e tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (aumento non revocabile e avente efficacia per cinque anni).
Una volta dichiarato il dissesto, si determina una netta separazione tra la gestione passata e quella corrente. Compete all’organo straordinario di liquidazione, in particolare, la gestione finanziaria relativa ai fatti verificatisi fino al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di predisposizione di un bilancio riequilibrato[55].
L’ipotesi di bilancio riequilibrato è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio mediante l’attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. L’ente locale è tenuto a riorganizzare tutti i servizi secondo criteri di efficienza, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo le previsioni di spesa non finalizzate all’esercizio di servizi pubblici indispensabili, rideterminando, inoltre, la sua dotazione organica.
La Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali istruisce l’ipotesi di bilancio riequilibrato e lo sottopone all’approvazione del Ministro dell’interno che vi provvede con proprio decreto, contenente prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell’ente. Quest’ultimo provvede, poi alla deliberazione del bilancio dell’esercizio entro 30 giorni dall’approvazione ministeriale.
La procedura di risanamento dell’ente locale in dissesto ha la durata di 5 anni, decorrenti dall’anno di redazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.
Da ultimo, l’art. 3, comma 5-quater, del D.L. n. 228/2021 ha previsto che per le province in dissesto finanziario, che abbiano presentato l’ipotesi di bilancio riequilibrato entro il 31 dicembre 2022, il termine di 5 anni per il raggiungimento dell’equilibrio finanziario decorra dal 1° gennaio 2023.
Per quanto concerne la ricognizione delle province e delle città metropolitane per le quali è attualmente in corso una procedura di riequilibrio finanziario pluriennale o che si trovano in stato di dissesto finanziario, si segnala il rapporto COSFEL 2021, pubblicato in data 3 febbraio 2022 dalla menzionata Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali[56].
Dal rapporto emerge un sensibile incremento degli enti locali che versano in condizioni di precarietà finanziaria, riconducibile soprattutto all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e al consolidamento dei nuovi principi contabili, fattore quest’ultimo che ha favorito il tracciamento e l’emersione di risalenti e strutturali situazioni di sofferenza finanziaria.
In base a quanto riportato nel rapporto, i comuni e le province attualmente in dissesto finanziario – in quanto non ancora trascorsi i 5 anni decorrenti dall’anno del bilancio stabilmente riequilibrato – sono 120[57], mentre gli enti locali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale sono 266[58].
Nel corso del 2021, in particolare, la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali ha istruito 51 piani di riequilibrio finanziario pluriennale per il successivo inoltro alla Corte dei conti ai sensi dell’art. 243-bis TUEL. Tra questi si segnalano, quali enti potenziali destinatari del fondo istituito dalla norma in esame, le amministrazioni provinciali di La Spezia[59] e Terni e la città metropolitana di Catania[60].
Sullo stato dell’arte in materia di criticità finanziarie degli enti locali, la Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali – Comuni, Province e Città metropolitane – relativa agli esercizi 2019-2020, adottata dalla Corte dei conti – Sezione delle autonomie con deliberazione n. 11 del 27 maggio 2021, evidenzia come vi siano ancora 38 procedure di dissesto di enti locali in corso tra quelle attivate tra il 2001 e il 2015, mentre i dissesti attivi deliberati tra il 2016 e il 2020 sono 154.
Quanto ai criteri che presiederanno al riparto delle predette risorse, la norma in esame specifica che queste saranno ripartite tra le province e città metropolitane interessate in proporzione al disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2021, risultante dall’ultimo rendiconto definitivamente approvato e inviato alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (“BDAP”) entro il 31 maggio 2022.
L’articolo 13 della legge n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) ha previsto, al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, nonché per acquisire gli elementi informativi necessari a dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, che le amministrazioni pubbliche provvedano a inserire in una banca dati unitaria, istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze, accessibile all’ISTAT e alle amministrazioni pubbliche, i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all’attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica. L’articolo 13 ha demandato a un’intesa in sede di Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica la definizione delle modalità di accesso degli enti territoriali alla BDAP. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 12 maggio 2016 si è provveduto alla definizione della modalità di trasmissione dei bilanci e dei dati contabili degli enti territoriali e dei loro organismi ed enti strumentali alla medesima banca dati. Alla finanza degli enti territoriali è dedicata un’apposita sezione del portale OpenBDAP.
La disposizione in esame precisa, peraltro, che ai fini del riparto delle risorse del nuovo fondo, il dato sul disavanzo di amministrazione della provincia o città metropolitana beneficiaria sarà considerato al netto del contributo ricevuto ai sensi dell’articolo 52 del decreto-legge n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2021.
La nettizzazione del contributo, tuttavia, non è effettuata per il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2021. Con riferimento a quest’ultimo dato, pertanto, esso sarà considerato, ai fini dell’accesso alle risorse del fondo previsto dalla norma in esame, ricomprendendo nel relativo computo anche il contributo previsto dalla disposizione da ultimo menzionata.
Si ricorda, a questo proposito, che l’articolo 52 del decreto-legge n. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2021, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo, con una dotazione iniziale di 660 milioni di euro, in favore degli enti locali che hanno peggiorato il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del Fondo anticipazioni di liquidità (FAL), disciplinata dall’art. 39-ter, comma 1, del D.L. n. 162/2019, introdotto a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 4/2020.
La partecipazione degli enti locali al riparto delle risorse del fondo è stata subordinata alla condizione che il maggiore disavanzo determinato dall’incremento del FAL sia superiore al 10 per cento delle entrate correnti accertate, avendo riguardo al dato del rendiconto 2019 inviato alla BDAP.
Il riparto delle risorse del fondo – destinato alla riduzione del disavanzo – è stato demandato dal citato articolo 52 del D.L. n. 73/2021 a un decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Il decreto di riparto delle risorse del fondo per l’anno 2021 è stato adottato in data 10 agosto 2021.
La norma in esame specifica, infine, che il contributo complessivamente riconosciuto a ciascun ente beneficiario (provincia o città metropolitana) è prioritariamente destinato alla riduzione, anche anticipata, del disavanzo di amministrazione.
Per la copertura degli oneri derivanti dalla disposizione in esame, quest’ultima rinvia a quanto previsto nell’articolo 58 del decreto-legge in esame, recante le disposizioni finanziarie.
Articolo 43, commi 2-8
(Accordi tra Stato e comuni capoluogo di provincia
per il rientro dal disavanzo)
L’articolo 43, commi da 2 a 7, al fine di favorire il riequilibrio finanziario dei comuni capoluogo di provincia che hanno registrato un disavanzo di amministrazione pro-capite superiore a 500 euro, come risultante sulla base del rendiconto 2020, prevedono la facoltà, per i Sindaci di tali comuni, di sottoscrivere, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, un accordo con il Presidente del Consiglio dei ministri o un suo delegato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, per il ripiano del disavanzo stesso.
La sottoscrizione dell’accordo è subordinata all’impegno del comune sottoscrittore ad adottare una serie di iniziative, previste dalla legge di bilancio 2022, tra le quali l’incremento, fino ad almeno l’1%, dell’addizionale comunale all’Irpef.
L’articolo 43 dispone, al comma 2, che al fine di favorire il riequilibrio finanziario dei comuni capoluoghi di provincia che abbiano registrato un disavanzo di amministrazione pro-capite superiore a 500 euro, sulla base del disavanzo risultante dal rendiconto 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) alla data del 30 aprile 2022, possono sottoscrivere un accordo per il ripiano di tale disavanzo con il Presidente del Consiglio dei ministri o un suo delegato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
La norma precisa, a tal proposito, che il dato relativo al disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto 2020, utile ai fini della verifica del possesso dei requisiti per l’accesso del comune capoluogo di provincia alla facoltà di sottoscrizione del suddetto accordo di ripiano, sarà considerato ridotto dei contributi indicati all’articolo 1, comma 568, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), eventualmente ricevuti a titolo di ripiano del disavanzo stesso.
L’articolo 1, commi da 567 a 580, della legge di bilancio 2022 ha previsto un contributo statale complessivo di 2,67 miliardi di euro, per gli anni dal 2022 al 2042, a favore dei comuni sede di capoluogo di città metropolitana con disavanzo pro-capite superiore a 700 euro. Anche l’erogazione di questo contributo è stata subordinata alla sottoscrizione di un accordo tra il Presidente del Consiglio dei ministri (o suo delegato) e il Sindaco. Il contributo è ripartito in proporzione all’onere connesso al ripiano annuale del disavanzo e alle quote di ammortamento dei debiti finanziari al 31 dicembre 2021, al netto della quota capitale delle anticipazioni di liquidità e di cassa, sulla base di una specifica attestazione prodotta da ciascun ente beneficiario.
Il comma 568 ha stabilito, in particolare, che ai fini del riparto del contributo tra i comuni potenzialmente destinatari debbano essere scomputati, dal dato relativo al disavanzo, i contributi assegnati ai comuni beneficiari per le annualità 2021-2023 da una serie di norme vigenti, nonché dai commi 565 e 566 della medesima legge di bilancio 2022. Le norme richiamate dal suddetto comma 568 riguardano:
- contributi ai comuni che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario (art. 53 D.L. n. 104/2020);
- contributi in favore degli enti in difficoltà finanziarie imputabili alle condizioni socio-economiche dei territori (art. 1, comma 775, legge n. 178/2020);
- contributi per gli enti locali che abbiano registrato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente, a seguito della ricostituzione del Fondo anticipazioni di liquidità – FAL (art. 52, comma 1, D.L. n. 73/2021);
- contributi per il concorso al pagamento del debito dei comuni capoluogo delle città metropolitane (art. 38, comma 1-septies, D.L. n. 34/2019);
- contributi ai comuni della Regione siciliana e ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana per la riduzione del disavanzo (art. 16, commi 8-bis e 8-quinquies, D.L. n. 146/2021);
- contributi ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna che abbiano intrapreso la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, che presentino criticità di bilancio di tipo strutturale, imputabili alle caratteristiche socio-economiche della collettività e del territorio (al fine di tenere conto della sentenza n. 115/2020 della Corte costituzionale), che presentino un indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), nel valore più recente disponibile, superiore al valore medio nazionale e che abbiano una capacità fiscale pro-capite inferiore a 510 euro (art. 1, commi 565 e 566, legge di bilancio 2022).
Il comma 2 della disposizione in esame aggiunge, inoltre, che con la sottoscrizione del predetto accordo per il ripiano del disavanzo, il Sindaco impegna il comune capoluogo di provincia a porre in essere, per il periodo nel quale si dispiega tale ripiano, parte o tutte le misure previste dall’articolo 1, comma 572, della legge n. 234/2021.
La disposizione da ultimo citata della legge di bilancio 2022 ha stabilito, con riferimento al contributo disciplinato dai commi 567 e seguenti della legge n. 234/2021 – destinato, come detto in precedenza, ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana con disavanzo pro-capite superiore a 700 euro – che il Sindaco del comune che abbia sottoscritto con il Presidente del Consiglio dei ministri (o un suo delegato) l’accordo volto all’erogazione di tale contributo si impegna ad assicurare risorse proprie pari ad un quarto del contributo annuo, da destinare al ripiano del disavanzo e al rimborso dei debiti finanziari, attraverso parte o tutte le seguenti misure, da individuarsi per ciascun comune nell’ambito del predetto accordo:
· incremento dell’addizionale comunale Irpef in deroga ai limiti previsti dalla legislazione vigente e introduzione di una addizionale comunale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale;
· valorizzazione delle entrate, attraverso la ricognizione del patrimonio e l’incremento dei canoni di concessione e locazione e ulteriori utilizzi produttivi da realizzarsi attraverso appositi piani di valorizzazione e alienazione, anche avvalendosi del contributo di enti e istituti pubblici e privati;
· incremento della riscossione delle entrate proprie, anche attraverso modalità di rateizzazione (per una durata massima di 24 rate mensili) da fissare in deroga alla normativa vigente;
· incremento degli investimenti, anche attraverso l’utilizzo dei fondi del PNRR, del Fondo complementare e degli altri fondi nazionali e comunitari, garantendo un incremento dei pagamenti per investimenti nel periodo 2022-2026, rispetto alla media del triennio precedente, almeno pari alle risorse assegnate a valere dei richiamati fondi, incrementate del 5 per cento e, per il periodo successivo, ad assicurare pagamenti per investimenti almeno pari alla media del triennio precedente, al netto dei pagamenti a valere sul PNRR e sul Fondo complementare;
· realizzare un’ampia revisione della spesa, in particolare attraverso:
- una riduzione strutturale del 2% della spesa di parte corrente della Missione 1 (“Servizi istituzionali, generali e di gestione”), rispetto a quella risultante dal rendiconto consuntivo 2020;
- la completa attuazione delle misure di razionalizzazione previste nel piano delle partecipazioni societarie adottato ai sensi dell’articolo 24 del d. lgs. n. 175/2016 e, in particolare, delle prescrizioni in materia di gestione del personale di cui all’articolo 19 del decreto legislativo medesimo;
- la riorganizzazione e lo snellimento della struttura amministrativa, al fine di eliminare duplicazioni o sovrapposizioni di strutture o funzioni, di ottenere una riduzione significativa degli uffici di livello dirigenziale e delle dotazioni organiche, nonché di potenziare gli uffici coinvolti nell’utilizzo dei fondi del PNRR e del Fondo complementare e nell’attività di accertamento e riscossione delle entrate;
- la costituzione di uffici comuni per la gestione unitaria dei servizi strumentali;
- il contenimento della spesa del personale in servizio;
- l’incremento della qualità, quantità e diffusione su tutto il territorio comunale dei servizi erogati alla cittadinanza (con la predisposizione di un’apposita relazione annuale da parte dell’amministrazione comunale);
- la razionalizzazione dell’utilizzo degli spazi occupati dagli uffici pubblici, al fine di ridurre la spesa per locazioni passive;
- ulteriori misure di contenimento e di riqualificazione della spesa, individuate in piena autonomia dall’ente.
La realizzazione di tutte o parte delle suddette misure previste dall’articolo 1, comma 572, della legge di bilancio 2022 potrà costituire, pertanto, l’oggetto dei singoli accordi che, in base alla disposizione esaminata, potranno essere stipulati con il Presidente del Consiglio dei ministri dai Sindaci dei comuni capoluogo di provincia rispondenti ai requisiti sopra descritti relativamente all’entità del disavanzo di amministrazione del comune stipulante.
Il comma 3 stabilisce che la sottoscrizione di tale accordo è subordinata alla verifica della realizzazione delle misure di cui al comma 2, proposte dai comuni interessati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Tale attività di verifica è condotta da un Tavolo tecnico appositamente istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso il Ministero dell’interno.
Il Tavolo tecnico, istituito con decreto del Ministro dell’interno, è composto da rappresentanti del Ministero dell’interno medesimo, del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. Il comma 3 dispone, a tal proposito, che ai componenti del Tavolo tecnico non sono corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese ed altri emolumenti comunque denominati.
In sede di svolgimento delle suddette attività di verifica, è previsto che il Tavolo tecnico individui, una volta considerata l’entità del disavanzo da ripianare, anche l’eventuale variazione, quantitativa e qualitativa, delle misure proposte dal comune interessato, a fini di equilibrio strutturale del bilancio di quest’ultimo.
Il comma 4 stabilisce che le maggiori entrate derivanti dall’attuazione delle misure oggetto degli accordi di cui al comma 2, o comunque correlate ad esse, devono essere destinate, prioritariamente e fino a concorrenza della quota annuale del disavanzo da ripianare, al ripiano del disavanzo stesso.
Il comma 5 dispone la sospensione, per il periodo di due anni decorrenti dalla sottoscrizione dell’accordo di cui al comma 2, delle misure di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011, limitatamente alla dichiarazione di dissesto. Tale sospensione decade, tuttavia, nel caso di mancata deliberazione, entro i termini stabiliti nell’accordo, delle misure concordate tra il comune capoluogo di provincia e il Presidente del Consiglio dei ministri.
L’articolo 6, comma 2, del d. lgs. n. 149/2011 (decreto recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma della legge delega sul federalismo fiscale, n. 42/2009) stabilisce che, qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano – anche a seguito delle verifiche svolte dalla Ragioneria generale dello Stato sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, in caso di situazioni di squilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché delle verifiche effettuate dalla stessa RGS tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, in relazione alle esigenze di controllo e di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica – le seguenti criticità:
- comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria;
- violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata;
- irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell’ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario, senza che l’ente abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte di conti, le necessarie misure correttive;
la competente sezione regionale di controllo, accertato l’inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
Ove sia poi accertato entro trenta giorni dalla predetta trasmissione, da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell’inadempimento delle menzionate misure correttive da parte dell’ente locale, nonché la sussistenza delle condizioni di dissesto finanziario, ai sensi dell’art. 244 del Testo unico degli enti locali, il Prefetto assegna al Consiglio dell’ente locale, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto.
Decorso infruttuosamente quest’ultimo termine, il Prefetto procede alla nomina di un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del Consiglio dell’ente, ai sensi dell’art. 141 TUEL. Il decreto di scioglimento del Consiglio disposto a seguito dell’accertamento di tali inadempienze conserva i suoi effetti, ai sensi del comma 2-bis del citato articolo 6, per un periodo di almeno dodici mesi, fino ad un massimo di quindici mesi.
Il comma 6 rinvia, per i profili inerenti alle attività di verifica e di monitoraggio sullo stato di attuazione dell’accordo, a quanto previsto dai commi 577 e 578 del citato articolo 1 della legge di bilancio 2022.
Si rammenta, a questo proposito, che i commi 573 e 577-579 dell’articolo 1 della legge n. 234/2021 hanno disciplinato il meccanismo di monitoraggio degli accordi e di verifica della loro attuazione da parte del comune destinatario dei contributi statali. Tali compiti sono stati attribuiti alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, operante presso il Ministero dell’interno. La Commissione è stata incaricata di effettuare verifiche semestrali sul raggiungimento degli obiettivi intermedi definiti nel cronoprogramma dei suddetti accordi. In caso di verifica negativa, la Commissione indica al comune le misure da assumere entro il semestre successivo.
In caso di ulteriore inadempimento, la Commissione trasmette gli esiti della verifica alla sezione regionale della Corte dei conti e propone al Presidente del Consiglio dei ministri la sospensione del contributo per le annualità successive. La prima verifica dell’attuazione dell’accordo stipulato in attuazione delle suddette norme della legge di bilancio 2022 sarà effettuata con riferimento alla data del 31 dicembre 2022.
Per gli enti beneficiari dei contributi statali che si trovino in situazione di predissesto il comma 578 ha previsto, in deroga a quanto stabilito dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011, che la Corte dei conti non possa adottare la dichiarazione di dissesto guidato dell’ente prima che siano trascorsi due anni.
Rispetto alla disciplina delle attività di verifica e monitoraggio previste dai citati commi 577 e 578 della legge di bilancio 2022, si evidenzia che, in base a quanto precisato dalla Relazione tecnica del decreto-legge in esame, i commi da 2 a 8 dell’articolo 43 non determinano nuovi o maggiori oneri per il bilancio statale, in quanto gli accordi tra il Presidente del Consiglio dei ministri e i Sindaci dei comuni potenzialmente interessati non prevedono alcun contributo a carico del bilancio statale – a differenza di quanto previsto per gli accordi disciplinati dalla legge di bilancio 2022 – ma legittimano i predetti comuni a deliberare talune misure finalizzate all’incremento delle proprie entrate e/o alla riduzione delle spese, con l’obiettivo di favorire il riequilibrio finanziario o di garantire la sostenibilità dei debiti contratti.
Da ciò discende che, sul fronte delle attività di verifica e monitoraggio dell’attuazione degli accordi da parte dei comuni capoluogo di provincia che decidano di stipularli, il comma 577 della legge di bilancio 2022 risulterebbe inapplicabile ai nuovi accordi per il ripiano del disavanzo previsti dalla normativa in esame, nella parte in cui ha previsto che la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali possa proporre al Presidente del Consiglio dei ministri la sospensione del contributo per le annualità successive, in caso di mancata attuazione degli impegni e degli obiettivi intermedi stabiliti nell’accordo.
Il comma 7 estende ai comuni capoluogo di provincia che sottoscrivono l’accordo di cui al comma 2 l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 149/2011.
La disposizione va letta congiuntamente all’esaminato comma 5, il quale dispone, come precedentemente detto, la sospensione, per il periodo di due anni decorrenti dalla sottoscrizione dell’accordo, delle misure sanzionatorie di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149/2011, limitatamente alla dichiarazione di dissesto, salvo il caso di mancata deliberazione, entro i termini stabiliti nell’accordo, delle misure concordate tra il comune capoluogo di provincia e il Presidente del Consiglio dei ministri.
L’estensione dell’applicazione dell’articolo 6 del d. lgs. n. 149/2011 deve quindi intendersi riferita, altresì, a quanto previsto dal già menzionato comma 2-bis della disposizione – riguardante il periodo di conservazione degli effetti del decreto di scioglimento del Consiglio dell’ente locale disposto dal Prefetto in caso di infruttuoso decorso del termine assegnato per la deliberazione del dissesto dell’ente, sussistendone i presupposti – nonché al comma 1.
L’articolo 6, comma 1, del d. lgs. n. 149/2011 ha proceduto alla sostituzione dell’articolo 248, comma 5, del TUEL. Quest’ultima disposizione, tuttavia, è stata successivamente modificata dal decreto-legge n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012. Il rinvio, operato dal comma 7 della disposizione in esame, a quanto previsto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo, deve dunque intendersi, limitatamente al comma 1 di quest’ultima disposizione, come riferito all’articolo 248, comma 5, TUEL oggi vigente a seguito della modifica del 2012.
L’articolo 248, comma 5, TUEL, stabilisce, nell’ambito della disciplina delle conseguenze derivanti dalla dichiarazione di dissesto dell’ente locale[61], che gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito al verificarsi del dissesto finanziario – con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive – non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti degli enti locali e di rappresentante degli stessi presso altri enti, istituzioni e organismi pubblici e privati.
I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire, per un periodo di dieci anni, la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ove tali soggetti siano riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino a un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento della commissione della violazione.
Il comma 8 dispone, infine, che la procedura di cui ai commi 2, 3 e 6 dell’articolo 43 può essere attivata anche da parte dei comuni sede di città metropolitana, diversi da quelli di cui all’articolo 1, comma 567 della legge n. 234/2021, e dai comuni capoluoghi di provincia diversi da quelli rispondenti ai requisiti di cui al comma 2 dell’articolo in esame, che abbiano un debito pro capite superiore a euro 1.000, sulla base del rendiconto dell’anno 2020 definitivamente approvato e trasmesso alla banca dati della pubblica amministrazione (BDAP) al 30 aprile 2022, che intendano avviare un percorso di riequilibrio strutturale.
Quanto alla platea degli enti locali potenzialmente beneficiari della facoltà di attivazione dei predetti accordi ai sensi del comma da ultimo esaminato, si tratta, in base ai rinvii normativi ivi operati, di due categorie:
a) da un lato, i comuni sede di città metropolitana che, sulla base del rendiconto 2020, diversamente da quanto previsto dall’articolo 1, comma 567 della legge di bilancio 2022, non abbiano registrato un disavanzo pro-capite superiore a 700 euro;
b) dall’altro lato, i comuni capoluoghi di provincia che, sulla base del rendiconto 2020, diversamente da quelli rispondenti ai requisiti di cui al comma 2 dell’art. 43 in esame, non abbiano registrato un disavanzo di amministrazione pro-capite superiore a 500 euro.
Al fine di poter accedere alla richiamata procedura, le due categorie di enti devono integrare, inoltre, l’ulteriore requisito, previsto dallo stesso comma 8, del debito pro capite superiore a euro 1.000, attestato dal rendiconto 2020.
Si evidenzia che il comma 8, nel delineare la procedura applicabile ai comuni sede di città metropolitana e ai comuni capoluoghi di provincia non rispondenti ai requisiti sopra ricordati, opera il rinvio esclusivamente alla procedura di cui ai commi 2, 3 e 6, riguardanti, rispettivamente:
· la facoltà di sottoscrizione dell’accordo per il ripiano del disavanzo con il Presidente del Consiglio dei ministri;
· la subordinazione della sottoscrizione dell’accordo alla verifica delle misure proposte dai comuni interessati da parte del Tavolo tecnico presso il Ministero dell’interno;
· l’applicazione delle norme della legge di bilancio 2022 in materia di monitoraggio degli accordi e di verifica della loro attuazione da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali presso il Ministero dell’interno.
Non sono egualmente richiamati dal comma 8, invece, i commi 4, 5 e 7 dell’articolo 43 in esame, riguardanti, rispettivamente:
· la destinazione prioritaria – e fino a concorrenza della quota annuale del disavanzo da ripianare – delle maggiori entrate derivanti o correlate alle misure oggetto di accordo al ripiano del disavanzo di amministrazione;
· la sospensione, per un periodo di 2 anni dalla sottoscrizione dell’accordo, delle misure sanzionatorie di cui all’articolo 6, comma 2, d. lgs. n. 149/2011, connesse alla dichiarazione di dissesto dell’ente locale;
· l’estensione dell’applicazione delle altre norme di cui all’articolo 6 d. lgs. n. 149/2011, concernenti le conseguenze derivanti dalla dichiarazione di dissesto dell’ente locale sugli amministratori di quest’ultimo.
Articolo 43, commi 9 e 10
(Rimborso spese per il Presidente della CTFS)
L’articolo 43, commi 9 e 10, riconosce al Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, per gli anni dal 2022 al 2026, il rimborso delle spese sostenute in correlazione alle maggiori attività richieste per la realizzazione delle riforme previste in materia di federalismo fiscale nel PNRR e delle attività assegnate alla Commissione dalla legge di bilancio per il 2022.
In particolare al Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) è riconosciuto il rimborso delle spese sostenute, previste dalla normativa vigente in materia di trattamento di missione, nel limite massimo di 7.500 euro per l’anno 2022 e di 10.000 euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.
Si prevede una deroga espressa alla norma che istituisce CTFS senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che prevede che ai suoi componenti non è corrisposto alcun compenso, né indennità, né rimborso di spese (art. 1, comma 30, della legge n. 208 del 2015).
La norma in esame prevede il rimborso delle spese per il Presidente della CTFS negli anni 2022-2026 in connessione alle attività da svolgere in questi anni per il completamento del federalismo fiscale previsto dal PNRR (Missione 1, Componente 1, Riforma 1.14 “Completamento del quadro fiscale subnazionale”) e in relazione ai nuovi compiti attribuiti dalla legge di bilancio per il 2022 nella definizione delle modalità di riparto delle risorse finanziarie necessarie per le funzioni di competenza degli enti territoriali correlate con i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e del relativo monitoraggio.
Il PNRR prevede, come misura di bilancio strutturale, la Riforma 1.14 consistente nel completamento del federalismo fiscale previsto dalla legge 42 del 2009, con l'obiettivo di migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo, assegnare le risorse alle amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi e incentivare un uso efficiente delle risorse medesime. La riforma - da realizzare entro il 31 marzo 2026 - dovrà definire in particolare i parametri applicabili e attuare il federalismo fiscale per le regioni a statuto ordinario (M1C1-119), le province e le città metropolitane (M1C1-120), attraverso l’entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato.
La legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021, art. 1, comma 592) ha introdotto a decorrere dall’anno 2022 il parere obbligatorio della CTFS per la definizione dei criteri di riparto delle risorse da assegnare agli enti locali in relazione alle funzioni correlate ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) definiti dai Ministeri competenti, nonché ai relativi fabbisogni, costi standard e obiettivi di servizio e per il loro monitoraggio[62].
Al riguardo si ricorda che la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), nell’incrementare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali e il numero di posti disponibili negli asili nido, con particolare attenzione ai comuni nei quali i predetti servizi denotano maggiori carenze, ha integrato i criteri e le modalità di riparto delle quote incrementali del FSC per servizi sociali e asili nido. Per garantire che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi, la legge ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio (art. 1, commi 791-794, legge n. 178/2020). Per la prima volta dall’introduzione dei fabbisogni standard è stato superato il vincolo della spesa storica complessiva della funzione Sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio, e compiendo, in questo modo, un passo in avanti nel percorso di avvicinamento ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP).
La legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021) ha integrato ulteriormente le citate norme. In particolare i commi 172-173 hanno individuato i LEP con riferimento ai servizi educativi per l’infanzia (asili nido); il comma 174 ha destinato una quota del Fondo di solidarietà comunale al trasporto scolastico di studenti disabili sulla base dei costi standard e di obiettivi di servizio, fino alla definizione dei LEP; il comma 563 ha aggiornato la dotazione aggiuntiva del Fondo di solidarietà comunale destinata al finanziamento e allo sviluppo dei Servizi sociali comunali.
La Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) è stata istituita con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (come previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010 n. 216, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, n. 42 del 2009). La CTFS approva, inoltre, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione delle capacità fiscali, definite dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 57-quinquies del D.L. n. 124 del 2019).
La Commissione è formata da 12 componenti, di cui uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre designati dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dal Ministro dell'interno, uno designato dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, uno designato dall'Istituto nazionale di statistica, tre designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di cui uno in rappresentanza delle aree vaste, e uno designato dalle regioni. Il numero dei componenti è stato elevato da 11 a 12 membri dall’articolo 37 del D.L. n. 152 del 2021 al fine di comprendervi un delegato del Ministero per il Sud e la coesione territoriale, senza nuovi oneri per la finanza pubblica. Con il D.P.C.M. 31 gennaio 2022 è stato nominato presidente della CTFS il prof. Alberto Zanardi.
La CTFS è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e si avvale delle strutture e dell'organizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti della Commissione non è corrisposto alcun compenso, né indennità, né rimborso di spese (art. 1, comma 30, della legge n. 208 del 2015).
La Commissione tecnica per i fabbisogni standard in carica è stata nominata con D.P.C.M. 4 aprile 2019. Le metodologie predisposte ai fini dell'individuazione dei fabbisogni possono essere sottoposte alla CTFS anche separatamente dalle elaborazioni relative ai fabbisogni standard. Conseguentemente la nota metodologica ed il fabbisogno standard per ciascun ente possono essere adottati con D.P.C.M., anche distintamente tra loro. Il parere parlamentare è richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, e non più per la sola adozione dei fabbisogni standard.
La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, modificando altresì gli organi che intervengono nella procedura medesima, con l'istituzione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) in luogo della soppressa Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF).
Il comma 10 dispone la copertura degli oneri derivanti dal comma 9 (7.500 euro per il 2022 e 10.000 euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026) mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente iscritto nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per l’anno 2022, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo allo stesso Ministero.
Articolo 43, comma 11
(Proroga deliberazione TARI e termine di deliberazione del bilancio)
L’articolo 43, comma 11 prevede che, qualora il termine di deliberazione del bilancio di previsione del comune venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell’anno di riferimento, il termine per l’approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei regolamenti della TARI, nonché della tariffa corrispettiva, coincida con quello per la deliberazione del bilancio di previsione. Qualora l’approvazione o la modifica di provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva intervengano dopo l’approvazione del proprio bilancio di previsione, si dispone che il comune provveda ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.
Il comma 11 in esame integra il contenuto dell’articolo 3, comma 5-quinquies del D.L. n. 228/2021, che ha previsto, dal 2022, in deroga al principio secondo il quale il consiglio comunale deve approvare le tariffe della TARI sulla base del piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani entro il termine fissato da norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione, la possibilità di approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI o della tariffa corrispettiva entro il termine del 30 aprile di ciascun anno.
In particolare, la novella dispone che, se il termine per la deliberazione del bilancio di previsione viene prorogato a una data successiva al 30 aprile dell’anno di riferimento, il termine per l’approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei regolamenti della TARI, nonché della tariffa corrispettiva coincide con quello per la deliberazione del bilancio di previsione.
Si rammenta, a tal proposito, che l’art. 151, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000), fissa al 31 dicembre il termine per la deliberazione da parte degli enti locali del bilancio di previsione e dispone che il termine possa essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
In attuazione di tale disposizione, con il D.M. 24 dicembre 2021 (pubblicato nella G.U. n. 309 del 30 dicembre 2021) è stato disposto il differimento al 31 marzo 2022 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2022-2024 degli enti locali. Il successivo D.L. n. 228/2021, come modificato dalla legge di conversione n. 15/2022, all’articolo 3, comma 5-sexiesdecies, ha ulteriormente prorogato il termine al 31 maggio 2022.
Per il 2022, il termine per l’approvazione dei piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, delle tariffe e dei regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva è conseguentemente fissato al 31 maggio 2022.
Il comma in esame prevede poi che, qualora l’approvazione o la modifica alla TARI o alla tariffa corrispettiva intervengano dopo l’approvazione del proprio bilancio di previsione, il comune provveda ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.
Articolo 44
(Assistenza a favore delle persone richiedenti
la protezione temporanea)
L’articolo 44 estende l’ambito di applicazione delle misure di assistenza e accoglienza in favore delle persone provenienti dall’Ucraina, già adottate in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022. In particolare la disposizione incrementa le disponibilità di posti per l’accoglienza diffusa per un massimo di ulteriori 15.000 unità; incrementa, per un massimo di ulteriori 20.000 unità, i potenziali destinatari del contributo di sostentamento; integra, nel limite di 27 milioni di euro per l’anno 2022, il contributo in favore delle regioni per l’erogazione dell’assistenza sanitaria ai cittadini provenienti dall’Ucraina richiedenti e titolari della protezione temporanea (commi 1 e 2). Inoltre, si prevede un incremento di 112,749 milioni di euro per l’anno 2022 delle risorse che finanziano i centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari, da destinare in via prioritaria all’accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall’Ucraina (comma 3). Infine, si autorizza Dipartimento della protezione civile ad assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea, un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni per l’anno 2022, allo scopo di rafforzare l’offerta di servizi sociali (comma 4).
In premessa è utile sottolineare che gli interventi previsti dalla disposizione in esame si inquadrano in una più ampia serie di misure, disposte in via di urgenza, finalizzate ad assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto e dei suoi progressivi sviluppi.
In premessa è utile ricordare che con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2022 (pubblicata in G.U. n. 58 del 10 marzo 2022) è stato dichiarato fino al 31 dicembre 2022 lo stato di emergenza di rilievo nazionale in relazione all’esigenza di assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale. Contestualmente, per i primi interventi di soccorso, sono stati stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali, come previsto della medesima deliberazione.
Lo stato di emergenza è stato dichiarato ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7, comma 1, lettera c) e dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018[63], che reca il Codice della protezione civile.
Per l’organizzazione ed attuazione degli interventi urgenti di soccorso e assistenza alla popolazione proveniente dal teatro operativo, da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 25, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 1 del 2018, si provvede con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nei limiti delle risorse stanziate.
Per far fronte alle eccezionali esigenze connesse all’accoglienza, sono successivamente intervenuti due decreti-legge:
1) in un primo momento il decreto-legge n. 16 del 2022 (articolo 3)[64] ha incrementato le risorse finanziarie destinate alle attività del sistema di prima accoglienza di competenza del Ministero dell’interno (+54,2 mln di euro per il 2022, corrispondenti al costo di circa 5.000 posti), destinandole in via prioritaria per l’accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall’Ucraina. Per le stesse finalità è stata autorizzata l’attivazione di ulteriori 3.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), gestito dagli enti locali. È stata inoltre estesa ai profughi provenienti dall'Ucraina la riserva di posti (complessivamente 5.000) del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) già prevista e finanziata per i cittadini afghani con il D.L. n. 139 del 2021 e la legge dì bilancio per il 2022. Un’ulteriore disposizione di quel decreto ha stabilito che i cittadini ucraini, a decorrere dall'inizio del conflitto, possono essere accolti, sia nell’ambito delle strutture territoriali del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza temporanea (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) anche se non in possesso della qualità di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli di accesso previsti dalla normativa vigente[65].
2) successivamente, in considerazione dell’esigenza di integrare le misure di assistenza ed accoglienza ordinariamente previste, a fronte del continuo incremento del numero delle persone provenienti dall’Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31) ha previsto: l’attivazione di ulteriori modalità di assistenza diffusa affidata a Comuni e associazioni del terzo settore per garantire l’accoglienza fino a 15.000 persone, sulla base di convenzioni con soggetti che dimostrino di non aver riportato condanne e non aver in corso processi penali per una serie specifica di reati, nonché di non essere destinatari di una misura di prevenzione (co. 1, lett. a); la concessione, per un massimo di 60.000 persone, di un contributo per il sostentamento di coloro che hanno già provveduto ad autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni dall'ingresso in Italia (co. 1, lett. b); nonché un contributo alle regioni per le spese di assistenza sanitaria per complessivi 100.000 posti (co. 1, lett. c). Le attività così autorizzate possono svolgersi entro il termine del 31 dicembre 2022 e nel limite complessivo di 348 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, di cui si prevede contestualmente un corrispondente incremento nell’anno 2022. È inoltre disposto un incremento di circa 7,5 milioni di euro per l'anno 2022 delle risorse iscritte nel bilancio statale al fine di incrementare la capacità delle strutture di prima accoglienza.
Per quanto riguarda la governance di questo sistema di accoglienza, occorre ricordare che in base all’art. 1 della ocdpc n. 872/2022, il Dipartimento della protezione civile assicura il coordinamento del concorso delle componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile. Le Regioni e le Provincie autonome assicurano, nell’ambito dei rispettivi territori, il coordinamento dei sistemi regionali di protezione civile.
Al fine di assicurare il più efficace raccordo fra i diversi livelli operativi è stato istituito un Comitato ai sensi dell’art. 1, comma 3, della citata ordinanza, composto dal Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del consiglio dei ministri, dal Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, dal Direttore della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, dal Coordinatore tecnico della Commissione protezione civile della Conferenza delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e dal Segretario Generale dell’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia.
Per il coordinamento delle misure e delle procedure finalizzate alle attività di assistenza nei confronti dei minori non accompagnati (MSNA) provenienti dall’Ucraina il Prefetto Francesca Ferrandino, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno è stata nominata Commissario delegato provvedendo all’adozione il 25 marzo 2022 di un “Piano minori stranieri non accompagnati”.
A completamento delle prime indicazioni operative, il 13 aprile è stato adottato il Piano nazionale per l’accoglienza e l’assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina, che descrive le misure generali organizzative messe in atto dal Servizio Nazionale della protezione civile per assicurare il monitoraggio qualitativo dei flussi, l’accoglienza e l’assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina.
Secondo i dati del Ministero dell’interno, le persone in fuga dal conflitto in Ucraina finora giunte in Italia sono 118.231, 112.327 delle quali alla frontiera e 5.904 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia.
Sul totale, 61.659 sono donne, 16.830 uomini e 39.742 minori (aggiornamento al 19 maggio 2022).
Nel dettaglio delle misure previste dal decreto in esame, il comma 1 amplia il numero dei destinatari delle misure di assistenza in favore delle persone richiedenti la protezione temporanea di cui all’articolo 1 del dPCM 28 marzo 2022 che ha reso esecutiva nel nostro ordinamento l’attivazione a livello europeo della procedura di protezione temporanea (per approfondimenti si rinvia, infra, al box dedicato). Tali misure, di cui si prevede l’estensione, sono state già disposte ai sensi dell’articolo 31 del citato decreto-legge n. 21 del 2022, a cui ha fatto seguito in via di attuazione l’ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022.
Con la disposizione in esame, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, , è autorizzato in particolare a:
a) incrementare di ulteriori 15.000 unità i posti previsti per le attività di accoglienza diffusa attivabili attraverso i Comuni ed enti e associazioni del terzo settore, già disposte nel numero massimo di 15.000 unità con il D.L. n. 21 del 2022 (articolo 31, co. 1, lett. a));
In dettaglio, la richiamata disposizione del D.L. n. 21 ha disposto l’attivazione, fino a 15.000 unità, di forme e modalità di accoglienza diffusa assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i Centri di servizio per il volontariato, gli enti e le associazioni iscritte al Registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.Tali attività sono svolte nell’ambito di apposite convenzioni sottoscritte dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Conferenza delle regioni e province autonome e dall’ANCI con soggetti che dimostrino, oltre agli altri requisiti previsti, di non aver riportato condanne e non aver in corso processi penali per una serie specifica di reati, nonché di non essere destinatari di una misura di prevenzione. In attuazione dell’ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022 (art. 1) il Dipartimento della protezione civile ha pubblicato un avviso per l’acquisizione di manifestazioni di interesse di rilievo nazionale dei soggetti interessati (indetto con dcdpc n. 969 dell’11 aprile 2022), che secondo quanto si apprende dalla relazione illustrativa, sono attualemente in corso di verifica.
b) incrementare, per un massimo di ulteriori 20.000 unità, i potenziali destinatari del contributo di sostentamento concesso dal D.L. n. 21 del 2022 (articolo 31, co. 1, lett. b)), nel limite massimo di 60.000 unità, per coloro che hanno già provveduto ad autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni dall'ingresso in Italia;
Per dare attuazione alla richiamata disposizione del D.L. n. 21, l’ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022 (art. 2) ha disposto un contributo di sostentamento una tantum pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale, convenzionalmente individuata nella data di presentazione delle richiesta di protezione temporanea ove non altrimenti determinabile, e comunque non oltre il 31 dicembre 2022. In presenza di minori, in favore dell’adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni. Tale contributo è alternativo alla fruizione contestuale, da parte del beneficiario, di altre forme di assistenza alloggiativa, anche temporanea, messe a disposizione con oneri a carico di fondi pubblici.
c) integrare, nel limite di euro 27.000.000 per l’anno 2022, il contributo in favore delle regioni per l’erogazione dell’assistenza sanitaria ai cittadini provenienti dall’Ucraina richiedenti e titolari della protezione temporanea, di modo che rispetto alle 100.000 unità gia previste dal decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31, co. 1, lett. c)), siano finanziate ulteriori 20.000 unità.
Le misure così disposte possono avere efficacia nei limiti temporali definiti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2022, ossia entro il termine del 31 dicembre 2022 e nel limite delle risorse previste al comma 5.
Il comma 2 autorizza il Dipartimento della protezione civile a disporre con ordinanze ex art. 31, co. 2, D.L. n. 21 del 2022 (ossia ordinanze di protezione civile autorizzate con delibera dello stato di emergenza) l’estensione dell’applicazione delle misure integrate dal comma 1, lettera a) e b), del presente articolo, nonchè la rimodulazione tra le stesse, anche oltre le unità ivi indicate sulla base delle effettive esigenze e delle risorse impiegate al raggiungimento delle predette unità, fermi restando i termini temporali di applicazione delle misure medesime.
Sul punto la relazione tecnica precisa che la copertura finanziaria delle misure disciplinate dalle lettere a) e b) del comma 1, art. 31, D.L. n. 21 del 2022, come integrate dal comma 1 dell’articolo in esame, è stata calcolata avendo come riferimento l'eventuale attivazione immediata delle misure, nella misura massima ivi prevista, per una durata commisurata al termine di vigenza dello stato di emergenza. Considerato che i tempi tecnici necessari per l'attivazione delle citate disposizioni hanno richiesto l'impiego di alcune settimane e che, ad oggi, non è ancora noto l’effettivo impegno delle relative risorse, la relazione chiarisce che la “disposizione intende riservare al Dipartimento della Protezione Civile un opportuno margine di flessibilità affinché, nei limiti delle risorse stanziate dal decreto legge n. 21/2022 come integrate dal presente provvedimento, l'attuazione pratica delle misure. nei limiti massimali e di importo ivi indicati, possa avvenire entro il tetto della copertura finanziaria disponibile, anche in sovrannumero rispetto ai limiti numerici stabiliti dalla norma originaria come integrata, allo scopo di assicurare il più efficiente impiego delle risorse disponibili con l'obiettivo di ampliare al massimo la capacità di accoglienza pubblica che le citate disposizioni definiscono”-
Il comma 3 dispone un incremento di 112,749 milioni di euro per l’anno 2022 delle risorse messe a disposizione dall’articolo 5-quater, comma 1, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14 (pari a circa 54,2 milioni di euro), da destinare in via prioritaria all’accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall’Ucraina. Le risorse di cui si tratta riguardano il finanziamento dei centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza).
Il citato articolo 5-quater, co. 1, D.L. 25 febbraio 2022, n. 14 ha incrementato di 54,162 milioni di euro per l'anno 2022 le risorse iscritte a bilancio statale, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, relative all'attivazione, alla locazione e alla gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza». In proposito, si ricorda che tali risorse sono iscritte nell'ambito della missione 5 Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti (27), programma 5.1 Flussi migratori, interventi per la coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose, al capitolo 2351/2/Interno, il cui stanziamento, a legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021), risulta pari a 900 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2022-2023.
Sulla base dei dati messi a disposizione nella relazione tecnica, emerge la necessità di una integrazione di risorse in quanto già alla data del 1° maggio 2022 risultavano presenti nelle strutture CAS 9.746 persone provenienti dal teatro bellico ucraino, a fronte dei 5.000 stimati nella relazione tecnica che accompagnava la prima previsione di incremento di spesa.
A ciò la relazione aggiunge che sono in corso di trasferimento, mediante un'operazione di relocation dalla Moldavia, concordata in applicazione delle iniziative di solidarietà promosse dalla Commissione europea, ulteriori 1.000 profughi, sempre provenienti dall'Ucraina ed, infine, che sono in atto trasferimenti verso i CAS dagli alloggiamenti temporanei disposti dal sistema delle Regioni, ai sensi dell'art. 3, comma 4, dell'Ordinanza del Capo del Dipartimento di protezione civile n. 871 del 4 marzo 2022.
Il comma 4 autorizza il Dipartimento della protezione civile ad assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea ai sensi del dPCM 28 marzo 2022, un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni per l’anno 2022, allo scopo di rafforzare, in via temporanea, l’offerta di servizi sociali.
La disposizione precisa che il “significativo numero” di persone ospitate deve essere definito sia in termini percentuali che assoluti in considerazione dell’impatto sulla gestione dei servizi sociali. In ogni caso i criteri e le modalità di riparto del contributo ai comuni sono da definire con ordinanze di protezione civile adottate in attuazione della deliberazione del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2022.
L’assegnazione del contributo ai comuni può avvenire anche per il tramite dei Commissari delegati nominati con ocdpc n. 872 del 4 marzo 2022 e delle province autonome di Trento e di Bolzano interessati.
A tale riguardo, si ricorda che l’ocdpc n. 872 del 2022 ha stabilito che le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano, nell’ambito dei rispettivi territori, il coordinamento dei sistemi regionali di protezione civile nelle attività di accoglienza di competenza del Ministero dell’interno sul territorio.
Pertanto i Presidenti delle Regioni, nominati Commissari delegati ai sensi della medesima ordinanza, ed i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, provvedono a coordinare nel territorio regionale l’organizzazione del concorso dei rispettivi sistemi territoriali di protezione civile nelle attività di soccorso, assistenza ed accoglienza alla popolazione proveniente dall’Ucraina.
Il citato comma 5 stabilisce che per l’attuazione delle misure di cui ai commi 1 e 4, nel limite complessivo di 188,95 milioni di euro per l'anno 2022, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, di cui si prevede contestualmente un corrispondente incremento nell’anno 2022.
In base all’art. 44 del D.Lgs. 1/2018 (Codice della protezione civile), agli interventi connessi ad eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo, relativamente ai quali il Consiglio dei ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile.
Si ricorda in particolare che per il finanziamento delle attività di assistenza e accoglienza delle persone in fuga dall’Ucraina, previste dal decreto-legge n. 21 del 2022, il medesimo Fondo è stato incrementato di 348 milioni per il 2022.
Il comma 6 rinvia, per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni del presente articolo (commi 3 e 5), pari a complessivi 301.699.000 euro per l’anno 2022, alle disposizioni finanziarie di cui all’articolo 58 (si v. infra).
Nel diritto dell’Unione europea, la «protezione temporanea» è la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro paese d’origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione. L’obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’UE. Tra questi diritti rientrano il soggiorno, l'accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, l'assistenza medica e l'accesso all'istruzione per i minori.
Tale meccanismo è disciplinato dalla direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, che in Italia è stata recepita con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85.
La tutela temporanea viene accordata in tutti gli Stati membri allorché il Consiglio adotti, su proposta della Commissione, una decisione che accerta un afflusso massiccio di sfollati nell'UE e che specifica i gruppi di persone cui si applicherà la protezione. La durata della protezione temporanea è fissata al massimo ad un anno, dal giorno in cui essa viene attivata dal Consiglio. Tale termine può essere ridotto in qualunque momento, e quindi la protezione cessare, nel caso in cui lo stesso Consiglio decida in tal senso, ma anche prorogato, in via ordinaria, di un anno (in due tranche da sei mesi l’una) e, in via straordinaria, di un ulteriore anno, su richiesta della Commissione. Alla scadenza o in vigenza della protezione temporanea, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per consentire il rimpatrio volontario delle persone che godono della protezione stessa.
Possono essere escluse dal beneficio della protezione temporanea le persone sospettate di crimine contro la pace, crimine di guerra, crimine contro l'umanità, reato grave di natura non politica, azioni contrarie alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite e le persone che rappresentano un pericolo per la sicurezza dello Stato membro ospitante.
Tale procedura di carattere eccezionale non era stata mai utilizzata fino allo scorso 4 marzo 2022, quando il Consiglio dell’UE giustizia affari interni ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea. Secondo i dati forniti dall’UNHCR il 5 marzo 2022, circa 1,6 milioni cittadini ucraini avrebbero attraversato a quella data, i confini dell’Ucraina, in fuga dalla guerra. Nella decisione si legge che le stime indicano come possibile una cifra compresa tra 2,5 e 6,5 milioni di sfollati a causa del conflitto armato, da 1,2 a 3,2 milioni dei quali potrebbero chiedere protezione internazionale. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che, nello scenario peggiore, potrebbero fuggire dall'Ucraina fino a 4 milioni di persone.
La decisione prevede la possibilità per i cittadini dell’Ucraina e loro familiari in fuga dal Paese di risiedere e muoversi nel territorio dell’UE, con possibilità di lavorare e di avere accesso a diritti sociali, come il diritto di alloggio e di assistenza sanitaria. Nel concreto della Decisione 2022/382, il Consiglio ha stabilito che la protezione temporanea sia attiva retroattivamente, a far data dal 24 febbraio 2022. Il Consiglio non ha previsto una data di conclusione della protezione stessa, motivo per cui si considera la durata di almeno un anno dalla data di inizio.
In base all'articolo 2 della decisione, la protezione temporanea si applica alle seguenti categorie di persone che sono sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 incluso, a seguito dell'invasione militare delle forze armate russe che ha avuto inizio in tale data:
- cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall'Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; e
- familiari delle predette categorie di persone (che poi sono definiti in dettaglio dal comma 4 dell’art. 2).
Gli Stati membri applicano la decisione o una protezione adeguata ai sensi del loro diritto nazionale nei confronti degli apolidi e dei cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare che soggiornavano legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine.
Inoltre gli Stati membri possono applicare la decisione anche ad altre persone, compresi gli apolidi e i cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina, che soggiornavano legalmente in Ucraina e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine.
Nella premessa della decisione si prevede altresì che “gli Stati membri possono inoltre ammettere alla protezione temporanea ulteriori categorie di sfollati oltre a quelle a cui si applica la decisione, qualora tali persone siano sfollate per le stesse ragioni e dal medesimo paese o regione d'origine di cui alla presente decisione. In tale caso, gli Stati membri dovrebbero informare immediatamente il Consiglio e la Commissione”.
La decisione prevede anche che la Commissione coordini la cooperazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio delle capacità di accoglienza e l’individuazione di eventuali necessità di ulteriore sostegno. Le agenzie dell’UE, tra cui Frontex, l’Agenzia dell’UE per l’asilo ed Europol, possono fornire ulteriore sostegno operativo su richiesta degli Stati membri.
Sul piano del diritto interno, in attuazione della Decisione di esecuzione 2022/382 è stato emanato il d.P.C.M. 28 marzo 2022, ai sensi del quale (articolo 1) la protezione temporanea si applica alle seguenti categorie di persone che sono sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 incluso, a seguito dell'invasione militare delle forze armate russe che ha avuto inizio in tale data:
- cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall'Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; e
- familiari delle predette categorie di persone (che poi sono definiti in dettaglio dal comma 4 dell’art. 1);
- gli apolidi e i cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare che soggiornavano legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine.
La protezione temporanea ha la durata di un anno a decorrere dal 4 marzo 2022.
Articolo 45
(Misure per l’attività di emergenza all’estero)
L’articolo 45, al comma 1, è inteso a semplificare e accelerare, nel rispetto della normativa europea, il dispiegamento delle misure di ntervento all’estero del Servizio nazionale di protezione civile, novellando una previsione del Codice di settore. Il comma successivo istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un Fondo con uno stanziamento di euro 3.000.000 per l’anno 2022,volto a consentire l’anticipazione delle spese connesse all’impiego delle risorse rescEU.
Il comma 1 prevede la semplificazione dei meccanismi di dispiegamento delle misure d’intervento all’estero del Servizio nazionale di protezione civile neU’ambito del meccanismo unionale, esigenza ulterionnente accresciuta a seguito della crisi ucraina.
A questo fine il comma 2 dell’art. 29 del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.1) è novellato nel senso di consentire l’impiego, su richiesta del MAECI, di moduli, mezzi. attrezzature ed esperti qualificati, specificamente formati e registrati nel Sistema comune di comunicazione e e fòrmazione in caso di emergenza (CECIS), nel caso di interventi in Paesi terzi, nel quadro della partecipazione del Servizio nazioale al Pool europeo di protezione civile, istituto, nell’ambito del Meccanismo unionale di protezione civile, dall’articolo 11 della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013.
Tale impiego è consentito nel limite delle risorse disponìbili nel Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del Codice stesso, allo scopo finalizzate con i provvedimenti di cui al medesimo comma 1.
Il Meccanismo unionale di protezione civile – istituito nel 2001 e più volte riformato – coordina la risposta europea alle catastrofi naturali e legate alle attività dell’uomo. Tra i suoi obiettivi anche la promozione della cooperazione tra le autorità nazionali di protezione civile e il rafforzamento della consapevolezza e della preparazione dei cittadini rispetto ai rischi. Il Meccanismo è costituito da un pool volontario di risorse pre-impegnate dagli Stati Membri per essere dispiegate immediatamente all’interno o all’esterno dell’Unione e garantire in caso di emergenza un’assistenza rapida, efficace e coordinata alle popolazioni colpite. Cuore operativo del Meccanismo è il Centro di Coordinamento della Risposta alle Emergenze: attivo 7 giorni su 7, 24 ore su 24 coordina la risposta europea alle catastrofi. A livello europeo la protezione civile è incardinata nella Direzione generale aiuti umanitari e Protezione civile della Commissione Europea e conta l’adesione di 34 Paesi: oltre ai 28 Paesi membri dell’Unione Europea, Islanda, Norvegia, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia.
II comma 2 autorizza, nell’ambito del menzionato Meccanismo unionale di protezione civile, la partecipazione del Servizio nazionale a RescEU, istituito dall’articolo 12 della menzionata decisione n. 1313/2013/UE, rimettendo al Dipartimento per la protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa con il MAECI. la verifica della sussistenza di motivi di rifiuto all’impiego.
RescEU è una riserva supplementare di risorse (elicotteri, aerei antincendio e altri mezzi) in aree in cui sono state riscontrate carenze comprovate a livello europeo. Tali risorse possono essere impiegate rapidamente per integrare le risorse nazionali. Con rescEU si dispone quindi ora di una flotta di emergenza a livello europeo pronta a intervenire immediatamente, rendendo il Meccanismo di protezione civile ancora ancora più efficace. Il sistema non costituisce solo una «rete di sicurezza» per mobilitare esperti, squadre e risorse, ma anche un sistema che rafforza la capacità europea di prevenzione, preparazione e reazione alle catastrofi.
Ai fini dell’anticipazione delle spese connesse all’impiego delle risorse rescEU, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo per la partecipazione a RescEU, con uno stanziamento di 3.000.000 di euro per l’anno 2022. Su tale Fondo le risorse rimborsate dalla Commissione europea per gli interventi di cui al presente comma, secondo le procedure. di cui alla legge 5 aprile 1987, n. 183.
Come precisato nella relazione illustrativa, tale previsione è finalizzata a riallineare il dettato del Codice di settore a quanto previsto per le risorse unionali RescEU a seguito delle novelle normative intervenute. A differenza di quanto previsto per gli altri strumenti operanti nell'ambito del meccanismo unionale, le risorse rescEU infatti una volta rese disponibili non sono più nella disponibilità degli Stati membri, obbligati ad impiegarle a seguito di una richiesta di attivazione. In ragione di tale caratterizzazione delle risorse rescEU quali risorse unionali e non nazionali, la Commissione europea provvede a rimborsare integralmente i costi operativi, nonché a rimborsare, rispettivamente nella misura del 75% se in ambito Ue e del 100% se in Paesi terzi, i costi di trasporto. Il numero di attivazioni rescEU e la relativa entità non è predeterminabile a priori, ma generalmente si tratta di un numero di attivazioni limitate. In ragione dell'automatismo e dell'immediatezza dell'attivazione a livello Ue, non discrezionale da parte del Paese membro, è stata prevista l’istituzione del Fondo per la partecipazione a RescEU nello stato di previsione del MEF per il successivo trasferimento nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il comma 3 reca la norma di copertura finanziaria, rinviando all’art. 58 del provvedimento.
Articolo 46
(Valutazione degli apprendimenti e svolgimento
degli esami di Stato degli studenti ucraini)
L’articolo 46 prevede che, per l’anno scolastico 2021/2022, con una o più ordinanze del Ministro dell’istruzione, possano essere adottate specifiche misure per la valutazione degli apprendimenti e per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione dei profughi ucraini accolti nelle scuole italiane.
Nello specifico, il comma 1 prevede che ciò avvenga in relazione all’evolversi della situazione relativa alla crisi ucraina, con riferimento ai profughi ucraini accolti nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione (composto, in base all’art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 62 del 2000, dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali).
Il comma 2 dispone che, dall’attuazione dell’articolo in commento si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si ricorda che, il 21 aprile 2022, si è svolta, presso la Commissione parlamentare per l'infanzia, l'audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, sulle iniziative da adottarsi a favore dei bambini e degli adolescenti che si trovano in Ucraina e dei profughi minori di età provenienti da questa zona di conflitto. Qui la registrazione web-tv di tale audizione. Si rinvia, inoltre, alla seguente pagina web del Ministero dell’istruzione “Studenti in arrivo dall’Ucraina: contributi alla riflessione pedagogica e didattica delle scuole.
In materia di esami di Stato si ricorda che, da ultimo, la legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) ha previsto che, in relazione all'evolversi della situazione epidemiologica e al fine di garantire il corretto svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione per l'anno scolastico 2021/2022, con una o più ordinanze del Ministro dell'istruzione, potessero, sentite le competenti Commissioni parlamentari, essere adottate specifiche misure per la valutazione degli apprendimenti e per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione (art. 1, comma 956). Sono state quindi adottate: l'O.M. 64 del 14 marzo 2022, recante la disciplina sugli esami di Stato nel primo ciclo di istruzione per l'a.s. 2021/2022 (ex esami di terza media); l'O.M. 65 del 14 marzo 2022, recante la disciplina dello svolgimento dell'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione nel medesimo anno scolastico 2021/2022 e l'O.M. 66 del 14 marzo 2022, recante "Modalità di costituzione e di nomina delle commissioni dell'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione per l'anno scolastico 2021/2022" (cosiddetto esame di maturità).
La relazione illustrativa fa, inoltre, riferimento alla possibilità di derogare alle disposizioni del decreto legislativo n. 62 del 2017, recante “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato”, del DPR n. 122 del 2009, che reca il “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia”, del DM 741 del 2017, recante "Esame di Stato conclusivo del primo ciclo d'istruzione" e del DM 742 del 2017, recante “Finalità della certificazione delle competenze”. La possibilità di derogare alle suddette norme – prosegue la relazione - limitatamente agli studenti ucraini iscritti nelle istituzioni scolastiche italiane a seguito della guerra in Ucraina, e quindi dopo il 24 febbraio 2022, si rende necessaria in considerazione del fatto che l’iscrizione di tali studenti nel sistema scolastico italiano è avvenuta (e sta ancora avvenendo) in una fase avanzata dell’anno scolastico, in prossimità degli scrutini finali e degli esami di Stato. “Al fine di garantire la massima inclusione, tutti gli alunni e studenti ucraini rifugiati sono stati inseriti nelle istituzioni scolastiche dando priorità, nella prima fase dell’accoglienza (…) alla ricomposizione di gruppi di socializzazione, all’acquisizione di prime competenze comunicative in italiano, all’affronto dei traumi e. per quanto possibile, a dar continuità ai percorsi di istruzione interrotti. Le evidenti difficoltà degli alunni e studenti ucraini, sia in termini di mancata conoscenza dell’italiano (..) sia in termini di possibile mancata conoscenza dell’alfabeto latino (uso prevalente del cirillico), determinano la necessità di procedere ad una valutazione globale che tenga conto della suddetta situazione emergenziale e che deroghi alla normativa vigente in tema di valutazione degli apprendimenti per ciascuna disciplina con giudizi descrittivi per la scuola primaria e con voti in decimi per la scuola secondaria (…). Maggiori difficoltà si evidenziano per gli studenti ucraini iscritti nelle classi terminali della scuola secondaria di primo e secondo grado che, a normativa vigente, dovranno sostenere gli esami di Stato (…) con prove scritte e orali. Il potere d’ordinanza, pertanto, ha lo scopo di prevedere significative misure di semplificazione derogatorie degli esami di Stato (…), anche in considerazione del fatto che molti studenti stanno continuando a seguire a distanza le lezioni secondo il percorso di studi ucraino e che una legge speciale dell’Ucraina ha recentemente disposto il rilascio del diploma finale del percorso di studi ucraino senza lo svolgimento dei prescritti esami”. La medesima relazione illustrativa riferisce, inoltre, che, alla data del 9 maggio 2022, gli studenti ucraini, iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e paritarie, che sono potenzialmente destinatari della norma derogatoria in tema di valutazione degli apprendimenti, sono 10.399 nella scuola primaria, 5.226 nella scuola secondaria di secondo grado e 2.103 nella scuola secondaria di secondo grado: di questi, i potenziali destinatari della norma derogatoria in tema di esami di Stato – considerando la variabilità dei dati - sono soprattutto gli iscritti nelle classi terminali della scuola secondaria di primo grado statali e paritarie (al momento, 1176 studenti in totale), mentre sono pochissimi (al momento, 11, nel complesso) gli iscritti alle classi quinte della scuola secondaria di secondo grado statali e paritarie. La relazione illustrativa riporta anche una tabella – alla cui lettura si rinvia - ove sono indicati, per ciascuna regione, i potenziali destinatari della norma derogatoria in tema di esami di Stato.
Per quanto concerne la valutazione degli apprendimenti, si rinvia anche all’apposita sezione del sito del Ministero dell’istruzione.
Lo scorso 4 marzo 2022 il Consiglio dell’UE giustizia affari interni ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE e che ha come effetto l’introduzione di una protezione temporanea. Si tratta di una procedura di carattere eccezionale, disciplinata dal diritto dell’Unione europea, che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro paese d’origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione (direttiva 2001/55/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 85 del 2003).
Tale procedura di carattere eccezionale non era stata mai utilizzata finora.
La decisione prevede la possibilità per i cittadini dell’Ucraina e loro familiari in fuga dal Paese di risiedere e muoversi nel territorio dell’UE, con possibilità di lavorare e di avere accesso a diritti sociali, come diritto di alloggio e di assistenza sanitaria.
Sul piano del diritto interno, in attuazione della Decisione di esecuzione 2022/382 è stato emanato il D.P.C.M. 28 marzo 2022, ai sensi del quale (articolo 1) la protezione temporanea, che ha la durata di un anno a decorrere dal 4 marzo 2022, si applica alle seguenti categorie di persone che sono sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 incluso, a seguito dell'invasione militare delle forze armate russe che ha avuto inizio in tale data:
- cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
- apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall'Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; e
- familiari delle predette categorie di persone (che poi sono definiti in dettaglio dal comma 4 dell’art. 1).
L’Italia applica la protezione temporanea anche agli apolidi e ai cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare che soggiornavano legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine.
Secondo i dati del Ministero dell’interno, le persone in fuga dal conflitto in Ucraina finora giunte in Italia sono 109.325, 104.109 delle quali alla frontiera e 5.216 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia.
Sul totale, 56.817 sono donne, 14.576 uomini e 37.932 minori (aggiornamento al 6 maggio 2022).
In relazione all’istruzione di livello universitario si ricorda che l’art. 5-quinquies del decreto-legge n. 14 del 2022 (legge n. 28 del 2022), recependo, con modifiche, l'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 2021 (quest’ultimo provvedimento è stato poi abrogato dall’art. 1, comma 2, della suddetta legge n. 28 del 2022), prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'università e della ricerca, di un fondo di 1 milione di euro per l'anno 2022, destinato a finanziare le iniziative delle università, delle istituzioni AFAM e degli enti di ricerca a favore degli studenti, ricercatori, e professori di nazionalità ucraina che siano sul territorio italiano per ragioni di studio o di ricerca. Nel dettaglio, si è previsto che, al fine di promuovere iniziative di sostegno agli studenti di nazionalità ucraina iscritti, ovvero aderenti al programma Erasmus +, presso le università, anche non statali, legalmente riconosciute, ammesse al contributo statale di cui alla legge n. 243 del 1991 (in particolare, art. 2) e presso le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica di cui all'art. 1 della legge n. 508 del 1999, nonché ai dottorandi, ai ricercatori e ai professori di nazionalità ucraina che partecipano, a qualsiasi titolo, alle attività delle predette università e istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica o degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca (MUR), sia istituito, per l'anno 2022, un apposito fondo con una dotazione pari a 1 milione di euro da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca. Si è previsto poi che, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, siano definiti il riparto tra le università, le istituzioni e gli enti di cui sopra, nonché le modalità di utilizzazione delle relative risorse, anche attraverso la previsione di borse di studio ovvero di altri strumenti e servizi di diritto allo studio. La relazione illustrativa del decreto-legge n. 16 del 2022 rileva che, con il predetto fondo, si intende promuovere una pluralità di azioni accomunate dalla volontà di sostenere la prosecuzione della permanenza dei cittadini ucraini sul territorio nazionale, in ragione delle presumibili, concrete difficoltà degli stessi di fare ritorno nel proprio paese. Rileva, poi, che dai primi dati raccolti dal MUR, gli studenti ucraini iscritti presso le università e le istituzioni AFAM sono 1120. "Le possibili azioni di sostegno potranno essere di varia natura, dalle misure del diritto allo studio a possibili proroghe di progetti, assegni e/o contratti di ricerca: per tale ragione si demanda al citato decreto del Ministro dell'università e della ricerca la concreta individuazione delle stesse". Si dispone, inoltre, che il fondo di cui sopra venga destinato, per le iniziative ivi indicate, anche in favore dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 390, della legge n. 234 del 2021 (ovvero profughi, in conseguenza delle crisi politiche e militari in atto in Afghanistan e in Ucraina), nonché dei soggetti ai quali, in conseguenza delle crisi politiche e militari in atto, sia stata concessa la protezione internazionale, anche temporanea.
Articolo 47
(Misure di sostegno in relazione alla crisi ucraina)
L’articolo 47, commi 1-13, in attuazione della Raccomandazione (UE) del Consiglio del 19 aprile 2022 (2022/C166/01), consente ai rifugiati di guerra provenienti dall Ucraina di ottenere il cambio delle banconote denominate in hryvnìa ("banconote ucraine") con banconote denominate in euro - a determinate condizioni - presso le filiali territoriali della Banca d'Italia e quelle delle banche aventi sede e succursali in Italia che intendono partecipare allo schema nazionale di cambio. L'articolo, inoltre, ai commi da 14 a 17, dispone e disciplina l'erogazione di uno o più prestiti a beneficio del Governo dell'Ucraina per un importo non superiore a 200 milioni di euro.
I commi da 1 a 13 disciplinano la facoltà per gli sfollati provenienti dall'Ucraina di ottenere il cambio delle "banconote ucraine".
In particolare, il comma 1, in attuazione della raccomandazione n. 2022/C166/01 del Consiglio dell’Unione europea, del 19 aprile 2022, «relativa alla conversione delle banconote in hryvnia nella valuta degli Stati membri ospitanti a beneficio degli sfollati provenienti dall’Ucraina», stabilisce che gli sfollati provenienti dall’Ucraina, individuati sulla base delle condizioni stabilite dal comma 2, hanno facoltà di ottenere il cambio delle banconote denominate in hryvnia, di seguito «banconote ucraine», con banconote denominate in euro, alle condizioni stabilite dal comma 4, dalle filiali delle banche aventi sede e succursali in Italia, di seguito «banche italiane», elencate al comma 3 e dalle filiali territoriali della Banca d’Italia.
Nella relazione tecnica, il Governo chiarisce che lo Stato italiano, come altre nazioni europee, ha predisposto uno schema di cambio hryvnia/euro che prevede il coinvolgimento della Banca d'Italia, ritenuto necessario per consentire la partecipazione delle banche commerciali alle operazioni di cambio, tenuto anche conto dell'inesistenza di rapporti pregressi tra queste e il sistema bancario ucraino. È stato pertanto previsto il rimborso dei costi sostenuti dalla Banca d'Italia per lo svolgimento di tali attività nonché l'attivazione di una garanzia dello Stato che tenga indenne la Banca d'Italia da eventuali perdite per il caso di inadempimento da parte della Banca Nazionale di Ucraina dell'obbligo di acquisto delle banconote previsto nello stipulando Accordo tra le due Banche Centrali Nazionali. La garanzia è irrevocabile, a prima richiesta ed incondizionata.
La raccomandazione n. 2022/C166/01 del Consiglio dell’Unione europea, del 19 aprile 2022
Il 19 aprile 2022 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato, su proposta della Commissione europea, una raccomandazione in cui ha invitato gli Stati membri a istituire regimi nazionali che consentano la conversione della valuta nazionale ucraina (hrivna) a condizioni analoghe in tutta l'UE.
Oltre al sostegno agli sfollati per il soddisfacimento delle proprie spese essenziali, la raccomandazione mira a creare condizioni di parità per gli enti creditizi e evitare eventuali speculazioni sul mercato. La Banca centrale Ucraina ha sospeso infatti la conversione delle banconote in hrivna in valuta estera al fine di proteggere le limitate riserve del paese. I conseguenti rischi hanno indotto molte banche dell'Unione a negare il cambio (per maggiori dettagli, si rinvia al Comunicato stampa del Consiglio dell'Unione europea).
Il regime sollecitato dal Consiglio - la cui durata si auspica pari ad almeno tre mesi - si applicherebbe agli sfollati, compresi i minori, che beneficiano della protezione temporanea o di una protezione adeguata a norma del diritto nazionale. Questi potrebbero convertire un limite massimo di 10.000 hrivna a persona (circa 310 euro) al tasso di cambio ufficiale pubblicato dalla Banca nazionale dell'Ucraina, senza l'applicazione di spese di conversione ("raccomandazione principale", punto n. 2).
Il Consiglio ha poi rivolto agli Stati membri le raccomandazioni supplementari di:
1) adoperarsi per utilizzare al meglio una rete di enti creditizi partecipanti al regime di conversione (punto n. 3);
2) concordare con la Banca nazionale ucraina le modalità per la conversione futura di banconote in hrivna (punto n. 4).
Si evidenzia che la raccomandazione non è un atto giuridicamente vincolante. L'istituzione effettiva del regime è quindi rimessa agli Stati membri.
Il comma 2 precisa che sono ammessi al cambio delle banconote ucraine gli sfollati appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) 28 marzo 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 89 del 15 aprile 2022, in possesso di un permesso di soggiorno per protezione temporanea rilasciato dal questore del luogo in cui la persona è domiciliata, ai sensi dell’articolo 2 del medesimo decreto.
Si rammenta che l'articolo 1 del DPCM 228 marzo 2022 sopra menzionato riguarda la data di decorrenza della protezione temporanea e le categorie di sfollati beneficiari. Ai sensi del comma 1, la protezione temporanea di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accerta l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina, ha la durata di un anno a decorrere dal 4 marzo 2022. Ai sensi del comma 2, la protezione temporanea di cui al comma 1 si applica in favore delle persone che sono sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 incluso, a seguito dell’invasione militare delle forze armate russe che ha avuto inizio
in tale data, appartenenti alle seguenti categorie:
a) cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
b) apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022;
c) familiari delle persone di cui alle lettere a) e b).
La protezione temporanea di cui al presente articolo si applica anche agli apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare che soggiornavano in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine (comma 3).
In base al comma 4, ai fini del comma 2, lettera c), si considerano familiari, purché soggiornanti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e in possesso di documentazione attestante il vincolo familiare, preventivamente validata, ove possibile, dalla competente rappresentanza consolare straniera, anche in deroga all’articolo 33 (disciplina della legalizzazione di firme di atti da e per l'estero) del DPR n. 445 del 2000:
a) il coniuge di una persona di cui al comma 2, lettere a) e b), o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile con l’interessato;
b) i figli o le figlie minorenni non sposati di una persona di cui al comma 2, lettere a) e b) , o del coniuge, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottati;
c) i parenti corrispondenti alle categorie di cui alle lettere c) e d) dell’art. 29, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito «TUI», conviventi e appartenenti allo stesso nucleo familiare nel periodo in cui si sono verificate le circostanze connesse all’afflusso massiccio di persone sfollate e che erano totalmente o parzialmente, in tale periodo, dipendenti da una persona di cui al comma 2, lettere a) e b).
Ai sensi del comma 5, infine, i ricongiungimenti dei familiari di cui al comma 2, lettera c) , sono disposti solo nei confronti di coloro che risultano soggiornanti fuori del territorio degli Stati membri dell’Unione europea.
In caso di minori sfollati non accompagnati la richiesta di cambio delle banconote ucraine può essere presentata per il tramite del tutore legale nominato dal Tribunale per i minorenni ai sensi della legge n. 47 del 2017 (Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati). La conversione delle banconote ucraine può essere altresì richiesta dalle persone che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo n. 25 del 2008 e dell’articolo 3 del citato DPCM 28 marzo 2022.
Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 del DPCM 28 marzo 2022 in materia di protezione temporanea e protezione internazionale, il titolare di permesso di soggiorno per protezione temporanea può presentare, in qualsiasi momento, domanda di protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo n. 25 del 2008. L’esame e la decisione della domanda di protezione internazionale sono differiti alla cessazione della protezione temporanea, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 85 del 2003. La domanda di protezione internazionale presentata in Italia da persona appartenente alle categorie di sfollati di cui all’articolo 1, commi 2 e 3, non preclude la possibilità di presentare la domanda di protezione temporanea di cui all’articolo 2. In caso di rilascio del permesso di soggiorno per protezione temporanea, il Questore ne dà immediata comunicazione alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ai fini del differimento di cui al comma 2. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano, in quanto compatibili, alle ipotesi previste dall’articolo 19, commi 1 e 1.1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (TUI). Il riconoscimento della protezione internazionale preclude l’accesso al beneficio della protezione temporanea.
Il comma 3 stabilisce le modalità di partecipazione allo schema nazionale di cambio da parte delle banche private. Le banche che intendono partecipare, di seguito «banche aderenti», comunicano alla Banca d’Italia le filiali in cui è possibile effettuare il cambio. La Banca d’Italia pubblica sul proprio sito internet e mantiene aggiornato l’elenco delle banche aderenti, gli indirizzi delle loro filiali abilitate e gli indirizzi delle filiali territoriali della Banca d’Italia.
Il comma 4 indica le condizioni del cambio:
a) le banche aderenti procedono all’operazione di cambio previa esibizione da parte dell’avente diritto del permesso di soggiorno per protezione temporanea di cui al comma 2. L’identificazione dell’avente diritto assolve gli obblighi di adeguata verifica della clientela di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 231 del 2007 (Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo nonche' della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione);
b) il limite massimo di cambio è di 10.000 hryvnia per ciascun avente diritto. Il cambio può essere effettuato anche in più operazioni purché entro il predetto limite. Il taglio minimo delle banconote ucraine accettabili per il cambio è 100 hryvnia;
c) non è consentita l’applicazione di commissioni di cambio e non è necessaria l’apertura di un conto;
d) il tasso di cambio hryvnia/euro da applicare agli acquisti di valuta ucraina, definito dalla Banca Nazionale di Ucraina, è comunicato dalla Banca d’Italia con avviso sul proprio sito internet. Eventuali variazioni, da rilevarsi solo con frequenza settimanale, sono comunicate con le medesime modalità il venerdì entro le ore 15 CEST e hanno validità per le operazioni di cambio effettuate a partire dal lunedì della settimana successiva;
e) le banche aderenti procedono al controllo di autenticità ed idoneità delle banconote ucraine oggetto del cambio.
I commi 5, 6 e 7 disciplinano alcune modalità attuative di dettaglio dello schema di cambio.
Il comma 5, infatti, stabilisce che al fine di assicurare il rispetto del limite massimo di cambio di 10.000 hryvnia per ciascun avente diritto di cui al comma 4, lettera b), le banche aderenti si avvalgono della piattaforma informatica EDAHEX messa a disposizione dalla Banca Centrale Europea per il controllo di tale limite e, successivamente all’esito positivo di tale controllo, inseriscono sulla stessa piattaforma i dati delle operazioni di cambio svolte, contestualmente alla loro effettuazione. Le modalità di accesso a tale piattaforma sono portate a conoscenza delle banche aderenti dalla Banca d’Italia. In caso di indisponibilità della piattaforma, le banche aderenti segnalano immediatamente il disservizio alla Banca d’Italia e si astengono dall’effettuare le operazioni di cambio delle banconote ucraine fino al ripristino della normale operatività.
Il comma 6 stabilisce l'obbligo per le banche aderenti di trasmettere alla Banca d’Italia, nei tempi e modi da essa indicati, le informazioni sulle operazioni di cambio effettuate.
In base al comma 7, inoltre, alle condizioni stabilite dalla Banca d’Italia, le banche aderenti consegnano alla Banca d’Italia le banconote ucraine oggetto delle operazioni di cambio, indicando la settimana o le settimane cui si riferiscono e il relativo tasso di cambio. La Banca d’Italia accredita l’importo in euro in favore delle banche aderenti utilizzando il medesimo tasso di cambio in vigore al momento delle operazioni.
L'acquisto da parte della Banca Nazionale di Ucraina delle banconote ucraine acquisite dalla Banca d’Italia in attuazione dello schema nazionale di cambio è regolato, ai sensi del comma 8, da un accordo stipulato dalla Banca d’Italia con la Banca Nazionale di Ucraina. Gli elementi essenziali dell'accordo consistono nelle modalità con cui è fissato il tasso di cambio delle operazioni rientranti nello schema nazionale di cambio e l’ammontare massimo complessivo delle operazioni di cambio. Le modalità per il rimpatrio delle banconote ucraine sono definite in un successivo accordo da concludere entro sessanta giorni dalla stipula dell’accordo di cui al presente comma.
Il Governo comunica nella relazione illustrativa che l'accordo tra le due banche centrali previsto dal comma 8 è ancora in via di definizione.
Il comma 9 stabilisce il diritto della Banca d’Italia al rimborso da parte dello Stato dei costi e delle eventuali perdite sostenuti per le operazioni di cui ai commi 4, 7 e 8. Essa dà conto al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), al termine dello schema nazionale di cambio o comunque ogni tre mesi, dei costi sostenuti indicati al primo periodo. Il Ministero dell’economia e delle finanze procede all’approvazione del conto entro trenta giorni e al rimborso in favore della Banca d’Italia entro trenta giorni dall’approvazione del conto.
Si valuti l'opportunità di specificare nel secondo periodo che la Banca d'Italia debba rendicontare al MEF, per omogeneità con il testo del primo periodo, non solo i costi ma anche le eventuali perdite sostenute in relazione allo schema di cambio.
Nella relazione tecnica, il Governo illustra i costi e le eventuali perdite a cui si riferisce il comma:
- costi relativi alle attività di sportello;
- costi relativi alle attività di introito dei valori dall'utenza istituzionale (società di servizi per conto delle banche);
- costi relativi ai movimenti di fondi sul territorio nazionale (accentramento per successiva spedizione alla Banca Nazionale Ucraina);
- costi relativi a una o più spedizioni via aereo delle banconote ucraine alla Banca Nazionale Ucraina (o alla Banca Centrale dell'UE che dovesse fungere da hub su mandato della Banca Nazionale Ucraina);
- eventuali perdite relative ai rischi operativi connessi alle operazioni di cui ai commi 4,7 e 8.
La quantificazione effettiva dei costi e la loro ripartizione tra le singole voci di spesa dipenderà, oltre che dal numero effettivo di operazioni di cambio, anche dalla loro suddivisione tra sportelli delle banche commerciali e filiali della Banca d'Italia (per es. un maggiore numero di operazioni svolte dalle banche commerciali ridurrà i costi al primo alinea e accrescerà quelli al secondo alinea), dallo svolgimento di taluni servizi nell'ambito di attività già previste oppure ad hoc, nonché da altre caratteristiche dell'accordo con la Banca Nazionale Ucraina, di cui al comma 8, ancora in via di definizione.
Per fronteggiare il caso di inadempimento da parte della Banca Nazionale di Ucraina dell’obbligo di acquisto delle banconote di cui al comma 8, il comma 10 dispone la garanzia dello Stato in favore della Banca d’Italia. La garanzia ha per oggetto l’importo in euro delle banconote ucraine acquisite dalle banche aderenti e dalla Banca d’Italia, determinato secondo le modalità di cui ai commi 4, 7 e 8. Il MEF procede al pagamento entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte della Banca d’Italia. La garanzia è irrevocabile, a prima richiesta ed incondizionata. In seguito al pagamento, il MEF subentra nei diritti della Banca d’Italia nei confronti della Banca Nazionale di Ucraina e, ove applicabile, nella proprietà delle banconote rimaste in deposito presso la Banca d’Italia.
Il comma 11 fissa in sei mesi la durata dello schema nazionale di cambio dalla data di attivazione di cui al comma 12. In caso di raggiungimento dell’ammontare massimo complessivo delle operazioni di cambio stabilito nell’accordo di cui al comma 8, prima della predetta scadenza la Banca d’Italia comunica alle banche aderenti la cessazione dello schema.
Il comma 11, inoltre, attribuisce al MEF la facoltà di:
§ prorogare lo schema in caso di mancato raggiungimento dell’ammontare massimo complessivo, alla scadenza dei sei mesi;
§ disporre la riapertura dello schema in caso di raggiungimento dell’ammontare massimo complessivo prima della scadenza, a condizione che la Banca d’Italia, su richiesta del medesimo Ministero, aggiorni l’accordo con la Banca Nazionale di Ucraina riguardo all’ammontare massimo complessivo.
Il comma 12 stabilisce che le operazioni di cambio delle banconote ucraine hanno inizio entro quindici giorni dalla data della stipula dell’accordo di cui al comma 8 tra la Banca d’Italia e la Banca Nazionale di Ucraina. La data di avvio delle operazioni è comunicata dalla Banca d’Italia mediante pubblicazione sul proprio sito Internet.
Il comma 13 reca la quantificazione degli oneri dello schema nazionale di cambio a carico della finanza pubblica, per l'anno 2022, come segue:
§ euro 500.000 per il rimborso dello Stato alla Banca d’Italia dei costi sostenuti per le operazioni di cui ai commi 4, 7 e 8
§ euro 120.000.000 per l’eventuale escussione della garanzia dello Stato di cui al comma 10.
A copertura della garanzia concessa ai sensi del comma 10, è istituito nello stato di previsione del MEF un fondo con una dotazione di euro 120.000.000 per l’anno 2022. Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale. Le risorse del Fondo non più necessarie alle finalità di cui al comma 10 sono riversate all’entrata del bilancio dello Stato.
Nella relazione tecnica, il Governo chiarisce che l'importo di 120.000 euro del fondo è stato calcolato sulla base della somma massima di hryvnia di cui ciascun avente diritto può chiedere il cambio in euro, ponderato per il numero di sfollati già presenti all'interno del territorio nazionale e di cui ci si attende in futuro l'arrivo, nel periodo di applicazione dello schema nazionale di cambio.
I commi da 14 a 17 dispongono e disciplinano l'erogazione di uno o più prestiti a beneficio del Governo dell'Ucraina.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce l'intento delle disposizioni facendo riferimento al fatto che l'Ucraina sta subendo ingentissimi danni economici e sociali legati all'aggressione russa. Per contenere i danni all'economia e alla popolazione e fronteggiare spese per il funzionamento della amministrazione pubblica, ed evitarne il collasso, il Paese necessita di sostanziali risorse e fmanziamenti da partner esterni. Alla comunità internazionale, e in particolare ai Paesi del G7, ad altri importanti donatori -tra cui l'UE - e alle istituzioni finanziarie internazionali (tra cui la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca Europea per la ricostruzione allo sviluppo) si chiede di sostenere il Paese con ingenti e tempestivi pacchetti fmanziari. Finora, prosegue il Governo, l'Italia ha contribuito con 110 milioni di euro a valere sui fondi della cooperazione allo sviluppo, 26 milioni di euro per interventi e umanitari, e un apporto stimato in 500 milioni di euro per l'accoglienza a circa 100.000 rifugiati ucraini nel nostro Paese. Tuttavia, in qualità di Paese appartenente al G7 e importante membro dell'UE, è richiesto anche all'Italia di rivestire un ruolo di primo piano nel sostegno all'Ucraina e di contribuire allo sforzo congiunto con ulteriori risorse adeguate alla contingenza gravissima del momento.
In particolare, il comma 14 istituisce, per l’anno 2022, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione di 200 milioni di euro destinato all’erogazione di uno o più prestiti finanziari a beneficio del Governo dell’Ucraina di importo complessivo non superiore a 200 milioni di euro, quale sostegno al bilancio generale del predetto Stato. Le risorse del predetto Fondo sono impignorabili.
Riguardo all'impignorabilità delle risorse del fondo, nella relazione illustrativa il Governo dichiara che la disposizione va intesa a salvaguardia dell'azione che si vuole porre in essere. Ciò a somiglianza di quanto stabilito con la legge n. 125 del 2014, articolo 8, comma 2-bis, ai sensi del quale le risorse dei fondi di garanzia e di rotazione di cui al medesimo articolo 8 sono impignorabili nel senso di prevedere che, in caso di ricezione di un atto di pignoramento presso terzi si rende una dichiarazione negativa ai sensi dell’articolo 547 c.p.c.
Il comma 15 precisa che le finalità dell’azione di sostegno al bilancio generale dello Stato consistono nel supporto al funzionamento della pubblica amministrazione del Governo dell’Ucraina nel rispetto di criteri coerenti con il mantenimento della stabilità macroeconomica e dei principi di trasparenza.
Il Governo chiarisce nella relazione illustrativa che il mantenimento della stabilità macroeconomica sottende il tema della sostenibilità del debito.
Il comma 16 indica alcune possibili modalità di erogazione del prestito. Innanzitutto, il sostegno può realizzarsi anche in regime di cofinanziamento parallelo di iniziative promosse dalle istituzioni finanziarie multilaterali internazionali o europee. Inoltre, il MEF può affidare l’erogazione e gestione dei prestiti, nell’ambito delle disponibilità di cui al Fondo previsto dal predetto comma 14, alla società Cassa depositi eprestiti S.p.A. (CDP), secondo le modalità previste con apposita convenzione. Per la gestione degli interventi di cui al presente comma è autorizzata l’apertura di un apposito conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato al MEF e sul quale la CDP è autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento di liquidità secondo quanto disposto dalla suddetta convenzione. Il MEF di volta in volta autorizza la concessione dei prestiti.
Il Governo chiarisce nella relazione illustrativa, per quanto riguarda la prima possibile modalità di attuazione, che l'erogazione del prestito italiano con altri prestiti e iniziative internazionali in favore dell'Ucraina, è la modalità preferita dall'Ucraina stessa, come emerso in alcuni contatti ufficiali bilaterali, e che presenta maggiori garanzie per lo Stato erogante, permettendo un controllo maggiormente efficace da parte delle istituzioni finanziarie multilaterali e/o europee circa la correttezza dell'impiego dei fondi, e un allineamento con le metodologie di gestione, monitoraggio e valutazione dei risultati conseguiti da esse poste in essere.
Il comma 17 stabilisce il contenuto minimo dell'unico o più accordi di finanziamento stipulati tra il MEF, anche per il tramite della CDP, secondo le modalità stabilite nella convenzione di cui al comma 16, e il Governo dell’Ucraina, che comprende:
a) i termini e le condizioni finanziarie dei prestiti in coerenza con gli standard applicabili all’Ucraina secondo la classificazione dei Paesi per livelli di reddito definita e aggiornata dalla Banca Mondiale;
b) le modalità di erogazione, monitoraggio e reportistica;
c) le modalità di restituzione dei prestiti, nonché degli eventuali interessi.
Il comma 18 stabilisce che i rimborsi, comprensivi di quota capitale e quota interessi, derivanti dalle operazioni di prestito di cui al comma 14 ed effettuati secondo le modalità di cui al comma 17, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato.
Il comma 19 indica nella relazione al Parlamento di cui all’articolo 12, comma 4, della legge n. 125 del 2014 lo strumento per riportare elementi informativi sullo stato di attuazione del presente articolo.
Si tratta della relazione, predisposta dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulle attività di cooperazione allo sviluppo realizzate nell'anno precedente con evidenza dei risultati conseguiti mediante un sistema di indicatori misurabili qualitativi e quantitativi, secondo gli indicatori di efficacia formulati in sede di Comitato di aiuto allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-DAC). La relazione dà conto dell'attività di cooperazione allo sviluppo svolta da tutte le amministrazioni pubbliche, nonché della partecipazione dell'Italia a banche e fondi di sviluppo e agli organismi multilaterali indicando, tra l'altro, con riferimento ai singoli organismi, il contributo finanziario dell'Italia, il numero e la qualifica dei funzionari italiani e una valutazione delle modalità con le quali tali istituzioni hanno contribuito al perseguimento degli obiettivi stabiliti in sede multilaterale. La relazione indica in maniera dettagliata i progetti finanziati e il loro esito nonché quelli in corso di svolgimento, i criteri di efficacia, economicità, coerenza e unitarietà adottati e le imprese e le organizzazioni beneficiarie di tali erogazioni. Nella relazione sono altresì indicate le retribuzioni di tutti i funzionari delle amministrazioni pubbliche coinvolti in attività di cooperazione e dei titolari di incarichi di collaborazione o consulenza coinvolti nelle medesime attività. La relazione, previa approvazione del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, è trasmessa alle Camere e alla Conferenza unificata entro il 31 ottobre di ogni anno.
Secondo il Governo, come riportato nella relazione illustrativa, in omaggio al principio di semplificazione, il ricordo alla reportistica vigente sarebbe la modalità più efficiente per fornire una informativa alle Camere sull'attuazione della norma.
Il comma 20 autorizza, per l'anno 2022, per le attività oggetto della convenzione di cui al comma 16, la spesa fino a un massimo di 50 mila euro a copertura degli oneri e delle spese connessi alla concessione e erogazione dei prestiti del Fondo di cui al comma 14.
Il comma 21 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 320.550.000 euro per l’anno 2022, e rinvia per la copertura finanziaria all’articolo 58.
Articolo 48
(Contributo dei Fondi strutturali europei all’azione
di coesione a favore dei rifugiati in Europa)
L’articolo 48 autorizza le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020 attuativi dei Fondi strutturali europei e del Fondo europeo per gli aiuti agli indigenti, a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2021 fino al 30 giugno 2022, ivi comprese le spese emergenziali sostenute per far fronte alle sfide migratorie conseguenti alla crisi Ucraina, in attuazione di quanto previsto dal Regolamento (UE) 2022/562 del 6 aprile 2022.
Le risorse di cofinanziamento nazionale che si rendono disponibili, per effetto dell’applicazione del tasso di cofinanziamento al 100% a carico della UE, sono riassegnate alle stesse Amministrazioni titolari per essere destinate ad integrare la dotazione finanziaria dei Programmi operativi complementari (POC) 2014-2020.
Nel dettaglio, il comma 1, in attuazione di quanto stabilito dal Regolamento (UE) n. 2022/562 del 6 aprile 2022, consente alle Autorità di Gestione dei Programmi Operativi 2014-2020 dei fondi strutturali europei (di cui al Regolamento UE n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013) e del Fondo europeo per gli aiuti agli indigenti (di cui al Regolamento UE n. 223/2014 dell’11 marzo 2014) di poter richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, ivi comprese le spese emergenziali sostenute per far fronte alle sfide migratorie conseguenti alla crisi Ucraina.
Il Regolamento (UE) 2022/562 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 6 aprile 2022 ha modificato i Regolamenti (UE) n. 1303/2013 e n. 223/2014 per quanto riguarda l’azione di coesione a favore dei rifugiati in Europa (CARE), introducendo una flessibilità nell'impiego dei Fondi strutturali (FESR, FSE) e del Fondo europeo per gli aiuti agli indigenti (FEAD) in risposta all’emergenza migratoria causata dall’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Federazione russa e del conflitto armato in corso, al fine di consentire agli Stati membri di poter reindirizzare le risorse residue dei loro programmi operativi per far fronte a tali sfide migratorie.
In particolare, il Regolamento (UE) n. 2022/562, in deroga all'articolo 60, paragrafo 1, e all'articolo 120, paragrafo 3, primo e quarto comma del Regolamento (UE) n. 1303/2013, recante le disposizioni comuni sui fondi europei, e all’articolo 20, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 223/2014, di disciplina del FEAD, consente - in analogia con quanto già applicato in risposta alla pandemia[66] – l’applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% alle spese dichiarate nelle domande di pagamento riguardanti il periodo contabile che decorre dal 1° luglio 2021 fino al 30 giugno 2022 per uno o più assi prioritari di un programma finanziato dal FESR, FSE e FEAD, senza necessità di una decisione della Commissione che approvi la modifica del programma.
Il Regolamento prevede, altresì che le spese per le operazioni volte a far fronte alle sfide migratorie conseguenti all’aggressione militare da parte della Federazione russa sono ammissibili a decorrere dal 24 febbraio 2022.
I pagamenti aggiuntivi complessivi risultanti dall’applicazione del tasso di cofinanziamento del 100 % non devono superare gli importi di 5 miliardi di euro nel 2022 e 1 miliardo di euro nel 2023.
In sostanza, in analogia con quanto già sperimentato per le spese destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia di Covid-19 (per le quali, in attuazione del Regolamento (UE) 2020/558[67], è stato consentito alle Autorità di Gestione di Programmi Operativi di richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE, per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021[68]), anche le spese emergenziali sostenute per far fronte alle sfide migratorie conseguenti alla crisi Ucraina possono essere sostenute con le risorse provenienti dai fondi della politica di coesione e dal Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), prevedendo che le relative domande di pagamento, nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, siano rendicontate al tasso di cofinanziamento UE al 100%.
La Commissione ha adottato alcune iniziative legislative volte a mobilitare le risorse della politica di coesione a supporto dell'accoglienza dei rifugiati che fuggono dall'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina, che dovrebbero consentire di sbloccare, nel loro complesso, quasi 17 miliardi di euro (cfr. Comunicato del Consiglio UE del 12 aprile):
1. CARE
La prima iniziativa CARE (Cohesion’s Action for Refugees in Europe), adottata l'8 marzo, autorizza una flessibilità straordinaria nelle regole della Politica di Coesione 2014-2020 per consentire una rapida riassegnazione delle risorse ancora disponibili a sostegno dell'emergenza rifugiati. Agli Stati membri e alle regioni è stata concessa la possibilità di utilizzare le risorse provenienti dai fondi della politica di coesione, in particolare Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e Fondo sociale europeo (FSE), e dal Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) per finanziare qualsiasi tipo di misura rivolta alle persone in fuga dall'Ucraina. È stata inoltre prorogata di un anno la possibilità di richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese emergenziali sostenute per far fronte alle sfide migratorie conseguenti alla crisi Ucraina, già applicata in risposta alla pandemia.
Il Regolamento (UE) 2022/562 del 6 aprile 2022, recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l'Azione di coesione a favore dei rifugiati in Europa, è stato adottato dal Consiglio il 4 aprile, dopo il voto della plenaria del PE del 24 marzo, ed è entrato in vigore il 9 aprile, giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Prefinanziamento REACT EU e istituzione di un costo unitario
La seconda iniziativa consente agli Stati membri l'accesso immediato a maggiori finanziamenti iniziali a titolo di REACT-EU (Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d'Europa), uno dei principali programmi post-pandemia volto a rafforzare i fondi della politica di coesione e il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Nello specifico, il prefinanziamento della quota per il 2021 a titolo di REACT-EU sarà aumentato dall'11% al 15% per tutti gli Stati membri e al 45% per i Paesi dell'UE più vicini al teatro di guerra, in cui l'afflusso di rifugiati dall'Ucraina superava l'1% della rispettiva popolazione alla fine del primo mese successivo all'invasione russa. I paesi che riceveranno un prefinanziamento del 45% sono l'Ungheria, la Polonia, la Romania e la Slovacchia, che hanno frontiere comuni con l'Ucraina, nonché l'Austria, la Bulgaria, la Cechia, l'Estonia e la Lituania, che al 23 marzo 2022 avevano accolto un numero di sfollati superiore all'1% della rispettiva popolazione. Questo aumento totale del prefinanziamento da versare agli Stati membri, che vale in tutto circa 3,5 miliardi di euro, è stato approvato il 6 aprile, confermato in via definitiva dal Consiglio e pubblicato in Gazzetta ufficiale europea il 12 aprile, per entrare in vigore il giorno successivo. Il 28 aprile è arrivo il via libera di Bruxelles all'erogazione degli anticipi aggiuntivi agli Stati membri. L'Italia, con 452,1 milioni di euro, è - insieme a Polonia (562 milioni), Romania (450,1 milioni) e Spagna (434,2 milioni) - tra i principali destinatari degli importi autorizzati dalla Commissione.
Nel Regolamento (UE) 2022/613 del 12 aprile, recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l'aumento del prefinanziamento a titolo delle risorse REACT-EU e l'istituzione di un costo unitario, rientra anche l'ultimo tassello del pacchetto di misure proposto dalla Commissione: l'introduzione di una nuova "opzione di costo semplificata" per coprire i bisogni immediati dei rifugiati come cibo, assistenza materiale di base, nonché i costi di alloggio e trasporto. I Paesi membri potranno quindi beneficiare di un importo settimanale predefinito (40 euro) da destinare a tutti coloro a cui è stata concessa protezione temporanea, ai sensi della direttiva 2001/55/CE del Consiglio, e che si trovano in quello Stato membro. Il costo unitario può essere utilizzato per la durata massima totale di 13 settimane, a decorrere dalla data di arrivo della persona nell'Unione.
Il comma 2 dispone che le risorse di cofinanziamento nazionale dei programmi operativi in questione, a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, che si rendono disponibili per effetto dell’applicazione del tasso di cofinanziamento al 100% a carico della UE, sono riassegnate in favore delle stesse Amministrazioni titolari, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate ad integrare la dotazione finanziaria dei Programmi Operativi Complementari della programmazione 2014-2020.
I Programmi operativi complementari 2024-2020 (POC), si ricorda, sono programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione[69] resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (ordinariamente, 50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Si tratta, attualmente di 19 POC, di cui 13 nazionali a titolarità delle Amministrazioni centrali e 6 regionali. Le assegnazioni ad alcuni Programmi Complementari includono anche risorse destinate a consentire il completamento di interventi relativi alla programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013.
In sostanza, con il meccanismo introdotto dal comma 2 in esame, nel caso in cui le risorse dei Programmi Operativi dei Fondi europei di coesione vadano a contribuire alle spese per l’emergenza rifugiati nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, le corrispondenti risorse di cofinanziamento nazionale dei Programmi in questione, liberate dal cofinanziamento a carico della UE al 100%, vengono riassegnate ai Programmi Complementari delle stesse amministrazioni titolari, così da salvaguardare il volume complessivo degli investimenti della politica di coesione nel rispetto della destinazione territoriale delle risorse.
Il comma 2 precisa, altresì, che per i Programmi Operativi che hanno già presentato domande di pagamento nell’anno contabile dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, e che beneficiano del rimborso fino al 100 per cento del contributo europeo, il Fondo di rotazione provvede a compensare, anche a valere sui successivi rimborsi europei, eventuali quote di risorse già erogate a proprio carico.
Articolo 49, commi 1-3
(Disposizioni in materia di digitalizzazione
della pubblica amministrazione)
L’articolo 49, commi 1-3, provvede ad incrementare, nel limite massimo del 50 per cento, il valore iniziale di determinati strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dal Codice dei contratti pubblici, finalizzati all’acquisto di servizi e attività per la digitalizzazione della PA (comma 1). A tale fine, si provvede a prorogare, fino al 31 dicembre 2022, con i medesimi soggetti aggiudicatari, gli accordi quadro, le convenzioni ed i contratti quadro, in corso alla data del 28 febbraio 2022 (commi 2 e 3).
L’articolo 49, comma 1, estende agli strumenti di acquisto e di negoziazione, aventi ad oggetto desktop outsourcing, posta elettronica certificata, centrali telefoniche, servizi di digital transformation, servizi professionali di supporto alla digitalizzazione dei servizi e dei processi, nonché soluzioni di cybersecurity, l’incremento del cinquanta per cento del loro valore iniziale stabilito dall’articolo 16-bis, comma 7, del D.L. 146/2021, per i contratti per la digitalizzazione di determinati servizi e attività della PA.
Al fine di favorire la più ampia digitalizzazione dei servizi e delle attività della pubblica amministrazione, l’art. 16-bis, comma 7, del D.L. 146/2021 ha previsto che gli importi e i quantitativi massimi complessivi degli strumenti di acquisto e di negoziazione, il cui termine di durata contrattuale non sia ancora spirato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge (cioè il 21 dicembre 2021), anche se eventualmente sia stato già raggiunto l'importo o il quantitativo massimo, realizzati da Consip S.p.A. e dai soggetti aggregatori aventi ad oggetto, servizi applicativi e sistemistici, servizi cloud e contact center, sicurezza, reti locali, server, PC e licenze, siano incrementati in misura pari al cinquanta per cento del valore iniziale, fatta salva la facoltà di recesso dell'aggiudicatario da esercitarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il comma 1 prevede, in particolare, che l’incremento del valore iniziale del 50 per cento sia disposto a favore dei contratti che abbiano un termine di durata non ancora concluso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, consentendo inoltre la facoltà di rescissione dal contratto entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
Il comma 2 modifica l’articolo 31-bis del D.L. 76/2020, introdotto dall'art. 1-quinquies, comma 1, del D.L. 228/2021, che ha prorogato, fino all'aggiudicazione delle nuove procedure di gara e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2022, gli accordi quadro e le convenzioni del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), nel settore merceologico “Informatica, Elettronica, Telecomunicazioni e macchine per l'ufficio”, attualmente in corso ed esauriti alla data di pubblicazione del provvedimento medesimo (1° marzo 2022), con i medesimi soggetti aggiudicatari, e nel limite massimo del 50 per cento del valore iniziale.
La proroga è stata disposta, in particolare, in conseguenza dell'imponente adesione delle pubbliche amministrazioni e tenuto conto delle tempistiche necessarie all'indizione di nuove procedure di gara, e al fine di non pregiudicare il perseguimento, su tutto il territorio nazionale, dell'obiettivo di transizione digitale previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In particolare, l’articolo 31-bis del D.L. 76/2020, modificato dal comma 2, estende la proroga, sempre fino al 31 dicembre 2022, con i medesimi soggetti aggiudicatari, anche per i contratti quadro, oltre che degli accordi quadro e delle convenzioni, del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), in corso alla data del 28 febbraio 2022, riguardanti, specificamente, le categorie merceologiche indicate dal citato articolo 16-bis, comma 7, del D.L. 146/2021.
Il comma 3 estende inoltre quanto previsto dal nuovo articolo 31-bis del D.L. 76/2020 anche alle categorie merceologiche indicate dal comma 1 dell’art. in esame.
La proroga in questione viene disposta in conseguenza dell'imponente adesione delle pubbliche amministrazioni e tenuto conto delle tempistiche necessarie all'indizione di nuove procedure di gara, e al fine di non pregiudicare il perseguimento, su tutto il territorio nazionale, dell'obiettivo di transizione digitale previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In tale ambito, la Commissione Europea è intervenuta sulla compatibilità degli affidamenti diretti con il diritto dell’Unione nel contesto dell’emergenza sanitaria. Sul punto, con la comunicazione 2020/C 108 I/01 del 1° aprile 2020, la Commissione Europea ha confermato che (i) “l’aggiudicazione diretta a un operatore economico preselezionato rimane l’eccezione ed è applicabile se solo un’impresa è in grado di fornire i risultati richiesti nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall’estrema urgenza” e che (ii) “Le procedure negoziate senza previa pubblicazione possono dare la possibilità di soddisfare le esigenze immediate”.
Al fine di evitare possibili contrasti con il diritto europeo, si valuti l’opportunità di prevedere che la proroga degli accordi quadro, convenzioni e contratti quadro sia disposta fino all’aggiudicazione delle nuove procedure di gara, qualora tale data sia antecedente al 31 dicembre 2022, e ciò in conformità a quanto già previsto dalla normativa vigente.
I principali strumenti di acquisto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella PA di Consip S.p.A., a disposizione delle pubbliche amministrazioni, sono: convenzioni, accordi quadro, Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa), Sistema dinamico di acquisto della Pubblica Amministrazione (Sdapa) e gare su delega e gare in ASP (Application Service Provider). Gli strumenti di acquisto sono oggetto di obbligo/facoltà di utilizzo da parte delle PA, con diversi profili dipendenti dalla tipologia di amministrazione (centrale, regionale, territoriale, ente del servizio sanitario nazionale, scuola/università, organismo di diritto pubblico), di acquisto (sopra soglia europea o sotto soglia europea) e dalla categoria merceologica. La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 457, legge n. 296/2006) ha previsto l’operatività di un sistema a rete, costituito da Consip S.p.A., che opera come centrale di committenza nazionale, e dalle centrali di committenza regionali, per razionalizzare la spesa della PA e per realizzare sinergie nell’utilizzo degli strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi.
Gli accordi quadro e le convenzioni previste dal Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016) rientrano nella disciplina prevista dalle lettere cccc) e dddd) del comma 1 dell’art. 3 del Codice dei contratti pubblici, che regolano, rispettivamente, gli strumenti di acquisto, cioè gli strumenti di acquisizione che non richiedono apertura del confronto competitivo, e gli strumenti di negoziazione, cioè gli strumenti di acquisizione che richiedono apertura del confronto competitivo. Nel primo caso rientrano le convenzioni quadro stipulate da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori, gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza quando gli appalti specifici vengono aggiudicati senza riapertura del confronto competitivo, e il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo. Nel secondo caso rientrano gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza nel caso in cui gli appalti specifici vengono aggiudicati con riapertura del confronto competitivo, il sistema dinamico di acquisizione realizzato da centrali di committenza, il mercato elettronico realizzato da centrali di committenza nel caso di acquisti effettuati attraverso confronto concorrenziale e i sistemi realizzati da centrali di committenza che comunque consentono lo svolgimento delle procedure previste dal Codice dei contratti pubblici.
Articolo 49, comma 4
(Aquisti beni e servizi)
L’articolo 49, comma 4, modifica la disciplina dell'acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche prevedendo che, come avviene per le convenzioni, anche gli accordi quadro stipulati da Consip S.p.A. possono essere stipulati per specifiche categorie di amministrazioni ovvero per specifici ambiti territoriali, ove previsto dal bando di gara.
L'articolo 49, comma 4, in esame integra l'articolo 26, comma 1, della legge finanziaria 2000 (legge n. 488 del 1999). Con la novella in esame si prevede che, come avviene per le convenzioni, anche gli accordi quadro stipulati da Consip S.p.A. ai sensi dell’articolo 4, commi 3-ter e 3-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, possono essere stipulati per specifiche categorie di amministrazioni ovvero per specifici ambiti territoriali, ove previsto dal bando di gara.
Si ricorda che l'articolo 26 della legge finanziaria 2000 ha introdotto la disciplina delle convenzioni-quadro, assegnando al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di stipulare tali convenzioni per l’approvvigionamento di beni e servizi attraverso l’espletamento di procedure a evidenza pubblica, avvalendosi di una società che il Ministero ha individuato, con D.M. 24 febbraio 2000, nella Consip. Le Amministrazioni Pubbliche possono ricorrere alle convenzioni, ovvero utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse.
Il quarto periodo del comma 1, aggiunto dall'articolo 1, comma 585, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) prevede che le convenzioni possano essere stipulate non solo con riferimento alla generalità delle stazioni appaltanti ma anche per esigenze specifiche di determinate categorie di amministrazioni o di amministrazioni appartenenti a specifici territori, ove previsto dal bando di gara.
L'articolo 4 (Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche) del decreto-legge n. 95 del 2012 prevede, al citato comma 3-ter, che, fermo restando lo svolgimento da parte di Consip S.p.A. delle attività ad essa affidate con provvedimenti normativi, le attività di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement continuano ad essere svolte dalla Consip S.p.A. Gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip S.p.A. possono avere ad oggetto anche attività di manutenzione e lavori pubblici. La medesima società svolge, inoltre, le attività ad essa affidate con provvedimenti amministrativi del Ministero dell'economia e delle finanze. La Consip S.p.A. può, altresì, svolgere, nell'ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti, procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi. Sogei S.p.A., sulla base di apposita convenzione disciplinante i relativi rapporti nonché i tempi e le modalità di realizzazione delle attività, si avvale di Consip S.p.A, nella sua qualità di centrale di committenza, per le acquisizioni di beni e servizi. Il comma 3-quater, inoltre, prevede che, per la realizzazione di quanto previsto dall'articolo 14-bis (Agenzia per l'Italia digitale) del decreto legislativo n. 82 del 2005, Consip S.p.A. svolge altresì le attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la disposizione in esame intende estendere la disciplina già prevista per le convenzioni-quadro in considerazione della rilevanza che lo strumento dell'accordo-quadro ha assunto nel corso degli anni con riferimento alle attività di centralizzazione delle committenze realizzate da Consip, sia nell'ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, sia con riferimento più in generale agli strumenti per la digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Articolo 49, comma 5
(Comitato scientifico per la revisione della spesa)
L’articolo 49, comma 5, modifica composizione e funzionamento del Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa, istituito presso la Ragioneria generale dello Stato.
In particolare, la disposizione modifica l’articolo 9, comma 8, del decreto-legge n. 152 del 2021, che ha istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa.
L’articolo 9, comma 8, del decreto-legge n.152 del 2021, prevede che il Comitato è volto a rafforzare gli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica e i processi di revisione e valutazione della spesa, nonchè a supportare la definizione della proposta all’applicazione dell’art. 22-bis della legge n.196/2009[70]. Il Comitato opera in coerenza con le linee guida stabilite dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dei conseguenti specifici indirizzi del Ministro dell’economia e delle finanze. Il Comitato indica i criteri e le metodologie per la definizione dei processi e delle attività di revisione della spesa nonché gli obiettivi da perseguire. Al Comitato partecipa il Ragioniere Generale dello Stato, che lo presiede, i dirigenti generali da questi delegati e quelli di volta in volta competenti in relazione alla materia trattata, un componente della segreteria tecnica del Ministro dell’economia e delle finanze, un rappresentante della Banca d’Italia, un rappresentante dell’Istat, un rappresentante della Corte dei conti. Alle riunioni del Comitato possono essere invitati rappresentanti delle pubbliche amministrazioni ed esperti esterni con professionalità inerenti alle materie trattate. La partecipazione alle riunioni del Comitato non dà diritto alla corresponsione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Alle spese di funzionamento del Comitato si provvede nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Di seguito sono indicate le modifiche rispetto alla normativa previgente:
§ è espressamente previsto che il Ragioniere generale dello Stato “assume le funzioni di presidente” del Comitato (in luogo di “lo presiede”);
§ si prevede che il Ragioniere generale dello Stato possa delegare le funzioni di presidente a un soggetto da lui “individuato in relazione alla materia trattata”;
§ si specifica che i rappresentanti della Banca d’Italia, Istat e Corte dei conti, sono designati “dalle rispettive amministrazioni”;
§ si prevede che possano essere “chiamati a far parte del Comitato fino a due esperti di alto profilo tecnico-scientifico e di riconosciuta competenza in materia di finanza pubblica e di valutazione delle politiche pubbliche, individuati dal Presidente del Comitato nell’ambito delle istituzioni pubbliche, delle università, degli enti e istituti di ricerca”;
§ si prevede che “con decreto del Presidente sono disciplinati composizione e funzionamento del Comitato”.
Decreto legge n.152/2021 (articolo 9, comma 8) - Previgente |
Decreto legge n.152/2021 (articolo 9, comma 8) - Come modificato dal D.L. 50/2022 (articolo 49, comma 5) |
8. Ai fini del rafforzamento delle attività, degli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica e dei processi di revisione e valutazione della spesa, presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è istituito il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa, con funzioni di indirizzo e programmazione delle attività di analisi e di valutazione della spesa e di supporto alla definizione della proposta del Ministro dell'economia e delle finanze per l'applicazione dell’articolo 22-bis della legge 31 dicembre 2009, n.196. Il Comitato opera in coerenza con le linee guida stabilite dal Presidente del Consiglio dei ministri e con i conseguenti specifici indirizzi del Ministro dell'economia e delle finanze. Il Comitato indica i criteri e le metodologie per la definizione dei processi e delle attività di revisione della spesa, nonché gli obiettivi da perseguire. Al Comitato partecipa il Ragioniere generale dello Stato, che lo presiede, i dirigenti generali da questi delegati e quelli di volta in volta competenti in relazione alla materia trattata, un componente della segreteria tecnica del Ministro dell'economia e delle finanze, un rappresentante della Banca d'Italia, un rappresentante dell'Istituto nazionale di statistica (Istat), un rappresentante della Corte dei conti.
Alle riunioni del Comitato possono essere invitati rappresentanti delle pubbliche amministrazioni ed esperti esterni con professionalità inerenti alle materie trattate. La partecipazione alle riunioni del Comitato non dà diritto alla corresponsione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Alle spese di funzionamento del Comitato si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. |
8. Ai fini del rafforzamento delle attività, degli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica e dei processi di revisione e valutazione della spesa, presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è istituito il Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa, con funzioni di indirizzo e programmazione delle attività di analisi e di valutazione della spesa e di supporto alla definizione della proposta del Ministro dell'economia e delle finanze per l'applicazione dell’articolo 22-bis della legge 31 dicembre 2009, n.196. Il Comitato opera in coerenza con le linee guida stabilite dal Presidente del Consiglio dei ministri e con i conseguenti specifici indirizzi del Ministro dell'economia e delle finanze. Il Comitato indica i criteri e le metodologie per la definizione dei processi e delle attività di revisione della spesa, nonché gli obiettivi da perseguire. Il Comitato è composto dal Ragioniere generale dello Stato, che assume le funzioni di Presidente, o da un suo delegato individuato in relazione alla materia trattata, nonché da un rappresentante della Banca d'Italia, da un rappresentante dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) e da un rappresentante della Corte dei conti, designati dalle rispettive amministrazioni.
Possono essere chiamati a far parte del Comitato fino a due esperti di alto profilo tecnico-scientifico e di riconosciuta competenza in materia di finanza pubblica e di valutazione delle politiche pubbliche, individuati dal Presidente del Comitato scientifico nell’ambito delle istituzioni pubbliche, delle università, degli enti e istituti di ricerca. Alle riunioni del Comitato possono essere invitati rappresentanti delle pubbliche amministrazioni ed esperti esterni con professionalità inerenti alle materie trattate. Con decreto del Presidente sono disciplinati composizione e funzionamento del Comitato. La partecipazione alle riunioni del Comitato non dà diritto alla corresponsione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. Alle spese di funzionamento del Comitato si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente |
Per ulteriori informazioni sulla normativa vigente in materie di revisione della spesa a livello delle amministrazioni centrali si rinvia al tema web Il controllo della spesa pubblica e la spending review.
Articolo 49, commi 6-8
(Controllo e monitoraggio spese PNRR – Eutalia s.r.l.)
L’articolo 49, commi 6-8, prevede che la Ragioneria generale dello Stato possa avvalersi, mediante la stipula di apposite convenzioni, della società Eutalia s.r.l. per il rafforzamento delle capacità di analisi, monitoraggio, valutazione e controllo del Ministero dell’economia e delle finanze, in relazione alle politiche di spesa pubblica connesse alla realizzazione del PNRR e degli altri interventi finanziati con risorse europee e nazionali.
In particolare, le disposizioni in esame prevedono che la società Eutalia s.r.l. provvede alle relative attività di supporto tecnico specialistico al Ministero dell’economia e delle finanze anche mediante il reclutamento di personale con elevata specializzazione nelle materie economico-finanziarie, giuridiche, statistico-matematiche, ingegneristiche, sulla base delle esigenze specifiche rappresentate dall’Amministrazione, mediante contratti di lavoro a tempo determinato, ovvero con il ricorso a competenze di persone fisiche o giuridiche disponibili sul mercato, nel rispetto di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 50 del 2016[71] e dal decreto legislativo n. 175 del 2016[72].
A tal fine è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2022 e di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Eutalia s.r.l. (già Studiare Sviluppo s.r.l.) è una società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che svolge attività di assistenza e supporto all’analisi, programmazione, attuazione e valutazione di politiche pubbliche per lo sviluppo, in qualità di in house delle Amministrazioni Centrali dello Stato. La Società supporta, inoltre, le Amministrazioni centrali e le Agenzie pubbliche nazionali nella realizzazione di progetti pilota di capacity building per lo sviluppo territoriale, anche nell’ambito di programmi di cooperazione interregionale e transnazionale.
In ambito nazionale Eutalia supporta le Amministrazioni Centrali nell’attuazione di Programmi e progetti cofinanziati dai Fondi Strutturali e di Investimento Europei e da risorse nazionali, principalmente nel settore delle politiche di coesione. Eutalia, in particolare, opera attraverso la realizzazione di iniziative pilota e metodologie innovative a supporto degli attori locali sui temi dell’attuazione delle politiche pubbliche, della capacity building e dell’efficienza amministrativa.
In ambito internazionale Eutalia è accreditata presso la Commissione Europea come Mandated Body ed è attivamente impegnata a sostenere diverse Amministrazioni Italiane nel disegno, nell’attuazione e nel monitoraggio amministrativo e finanziario di progetti di cooperazione bilaterale, di assistenza tecnica, di gemellaggio istituzionale e di sovvenzione (Grant) finanziati dal Governo Italiano, dalle istituzioni dell’Unione Europea e da altri donors internazionali.
Eutalia opera attraverso il proprio staff interno e una vasta rete di esperti di elevata professionalità ed esperienza multidisciplinare, offrendo competenze specifiche sia di natura specialistica e settoriale, sia di natura gestionale.
Articolo 49, comma 9
(Aquisti beni e servizi INPS)
L’articolo 49, comma 9, incrementa di 40 milioni di euro per l'anno 2022 il limite fissato dalla legislazione vigente per le spese di acquisto di beni e servizi dell'INPS.
In particolare, l'articolo 49, comma 9, stabilisce che il valore medio dell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), come determinato ai sensi dell’articolo 1, comma 591, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), è incrementato nel limite annuo massimo di 40 milioni di euro per l’anno 2022.
Il comma reca inoltre la quantificazione degli oneri, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2022, in termini di fabbisogno e indebitamento, e rinvia per la copertura finanziariaria all’articolo 58.
La disposizione è motivata con la necessità di consentire lo sviluppo dei servizi finalizzati all’erogazione delle prestazioni destinate a contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica COVID-19 sul reddito dei lavoratori.
Si rammenta che, ai sensi del citato articolo 1, comma 591, della legge di bilancio 2020, a decorrere dall'anno 2020, le amministrazioni pubbliche, indicate dall'articolo 1, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) non possono effettuare spese per l'acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati.
Articolo 50
(Recepimento degli articoli 1 e 3 della direttiva (UE) 2019/2177 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 e disposizioni in materia di aiuti di Stato)
L’articolo 50, comma 1, modifica la disciplina antiriciclaggio identificando come unica Autorità di vigilanza europea competente in materia l'autorità bancaria europea (ABE). Il comma 2 modifica il Testo unico della finanza per dare attuazione alla riforma adottata a livello europeo in materia di autorizzazione e vigilanza sui servizi di comunicazione dei dati sulle operazioni effettuate sui mercati finanziari, mentre i commi 3 e 4 dispongono in merito all'attuazione di tali modifiche. Il comma 5 integra l’articolo 53 del decreto legge n. 34 del 2020 (cosiddetto "decreto Crescita"), inserendo a margine dello stesso il nuovo comma 1-quater, per effetto del quale, in ragione delle straordinarie condizioni economiche determinatesi a seguito della grave crisi internazionale in atto in Ucraina, viene consentito alle imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali già ricevuti di accedere ai regimi di aiuto concessi a livello nazionale o territoriale ai sensi del Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina.
I commi da 1 a 4 sono volti al recepimento degli articoli 1 e 3 della direttiva (UE) 2019/2177. Al riguardo, la relazione del Governo specifica che "in ordine alla direttiva in esame è stata avviata dalla Commissione europea una procedura d'infrazione per mancato recepimento entro ì1 termine previsto (30 giugno 2021). Stante l'urgenza rappresentata dalla sussistenza di una procedura di infrazione già avviata, si è reso necessario procedere all'attuazione della direttiva [...] mediante" l'articolo in esame.
Il comma 1 dell'articolo 50 reca modifiche al decreto legislativo n. 231 del 2007, che attua nell'ordinamento nazionale la disciplina sulla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (normativa antiriciclaggio o Anti-money laundering - AML).
Dopo il primo recepimento la disciplina europea sull'antiriciclaggio è stata oggetto di costante revisione, da ultimo per effetto del decreto legislativo n. 125 del 2019 mediante il quale è stata attuata la V direttiva antiriciclaggio (2018/843/UE). Nel maggio del 2020 è stato avviato un nuovo percorso di revisione della normativa AML con il Piano d'azione della Commissione.
La lettera a) del comma 1 reca un intervento correttivo delle definizioni (articolo 1 del decreto legislativo n. 231 del 2007) con il quale viene identificata come unica Autorità di vigilanza europea l'autorità bancaria europea (ABE). Si passa dunque da un modello di vigilanza tripartita, assegnata alle tre autorità di vigilanza europee (oltre a l'ABE, l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), a un modello con un solo riferimento per la vigilanza antiriciclaggio a livello europeo. Al medesimo fine rispondono le modifiche recate dalle lettere c) e d) rispettivamente agli articoli 7 e 14 del decreto legislativo n. 231 del 2007. La lettera b) integra l'articolo 2, comma 6-bis dello stesso decreto con il riferimento al regolamento (UE) 2018/1725 sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati.
Il comma 2 reca modifiche al decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF) per dare attuazione alle modifiche adottate a livello europeo in materia di autorizzazione e vigilanza sui servizi di comunicazione dei dati sulle operazioni effettuate sui mercati finanziari.
Si rappresenta, in via preliminare, che la direttiva 2014/65/UE (Markets in Financial Instruments Directive - MiFID II) istituisce un quadro normativo per i fornitori di servizi di comunicazione dati e dispone che i servizi di comunicazione dei dati sulle operazioni di negoziazione effettuate debbano essere autorizzati come dispositivi di pubblicazione autorizzati (APA). Inoltre, i fornitori di sistemi consolidati di pubblicazione (CTP) sono tenuti a fornire i dati delle negoziazioni su base consolidata sia per gli strumenti di capitale che per quelli diversi dagli strumenti di capitale in tutta l'Unione. La MiFID II, inoltre, formalizza i canali di segnalazione delle operazioni alle autorità competenti imponendo che i terzi i quali effettuano le segnalazioni per conto delle imprese siano autorizzati come meccanismi di segnalazione autorizzati (ARM). L'attuazione della suddetta direttiva è contenuta in primo luogo nel regolamento (UE) n. 600/2014 (Markets in Financial Instruments Regulation - MiFIR). Per effetto delle modifiche apportate a tale atto dal regolamento (UE) 2019/2175, è stata trasferita all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and Markets Authority - ESMA) l’autorizzazione e la sorveglianza dei fornitori di servizi di comunicazione dati (in precedenza attribuita alle autorità nazionali), fatta eccezione per quegli operatori che, in ragione della loro limitata rilevanza per il mercato interno, sono?soggetti ad autorizzazione e vigilanza da parte dell’autorità competente di uno?Stato membro.
La lettera a) corregge le definizioni contenute nell'articolo 1, comma 6-undecies del TUF con riferimento ai dispositivi autorizzati sui quali avviene la pubblicazione di dati sulle operazioni dei mercati finanziari e ai meccanismi di segnalazione autorizzati mediante i quali le imprese di investimento che effettuano operazioni in strumenti finanziari comunicano in modo completo e accurato i dettagli di tali operazioni all’autorità competente. In particolare, la nuova lettera a) del comma 6-undecies stabilisce che per dispositivo di pubblicazione autorizzato o “APA” si intende un soggetto quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, punto 34), del MiFIR a cui si applica la deroga prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, del medesimo regolamento e dai relativi atti delegati (si tratta quindi degli APA a limitata rilevanza per il mercato interno); mentre la nuova lettera b) del comma 6-undecies stabilisce che per meccanismo di segnalazione autorizzato o “ARM” si intende un soggetto quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, punto 36), del MiFIR a cui si applica la deroga prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, del medesimo regolamento e dai relativi atti delegati (anche in questo caso si tratta degli ARM a limitata rilevanza per il mercato interno). Entrambi i riferimenti regolamentari rimandano a quanto definito dalla MiFID II. Vengono invece abrogate le lettere b), d), e) riferite rispettivamente alle definizioni di fornitore di un sistema consolidato di pubblicazione o "CTP", servizi di comunicazione dati (APA, CTP o ARM) e fornitore di servizi di comunicazione dati.
La lettera b) del comma 2 abroga la lettera c) dell’articolo 1, comma 6-duodecies, recante la definizione di Stato membro d'origine di un APA, di un sistema consolidato di pubblicazione o di meccanismo di segnalazione autorizzato.
La lettera c) del comma 2 modifica l’articolo 4, comma 2-ter, per chiarire che la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) viene designata quale punto di contatto (tra l'altro) per la ricezione delle richieste di informazioni provenienti da autorità competenti di Stati membri dell'Unione europea in materia di APA o ARM (che, per dimensione, rimarranno nel suo ambito di competenza).
La lettera d) del comma 2 modifica la rubrica del Titolo I-ter della Parte III del TUF sostituendo l'attuale riferimento generale ai servizi di comunicazione dati con quello più specifico ad "autorizzazione e vigilanza di APA e ARM".
La lettera e) del comma 2 modifica l’articolo 79 del TUF disponendo che (nuovo comma 1) la gestione di un APA o di un ARM sia soggetta ad autorizzazione preventiva (e alla revoca della stessa, quando ricorrono i presupposti di cui all’articolo 27-sexies del MiFIR), da parte della Consob, in conformità a quanto previsto dal Titolo IV-bis del MiFIR e dai relativi atti delegati. Al riguardo, l'articolo 27-ter del MiFIR dispone che la gestione di un APA, un CTP o un ARM come occupazione o attività abituale è soggetta ad autorizzazione preventiva dell’ESMA, salvo che si tratti di un APA o un ARM identificato come limitatamente rilevante per il mercato interno, che resta soggetto ad autorizzazione preventiva e vigilanza da parte della pertinente autorità nazionale competente. La Consob è tenuta a pubblicare (nuovo comma 1-bis dell'articolo 79 del TUF) sul proprio sito internet l’elenco dei soggetti dalla stessa autorizzati, sui quali (nuovo comma 2 dell'articolo 79) l'autorità nazionale continua a esercitare la propria vigilanza. La Consob vigila inoltre sui gestori delle sedi di negoziazione che forniscono i servizi di un APA o di un ARM per accertare che essi rispettino le condizioni di esercizio previste dal MiFIR e dai relativi atti delegati, esercitando a tali fini i poteri ad essa già riconosciuti dalla normativa vigente. Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 79, infine, conferisce alla Consob il potere di disciplinare con regolamento la procedura di autorizzazione e di revoca di cui al nuovo comma 1.
Le lettere f), g) e h) del comma 2 abrogano rispettivamente gli articoli 79-bis, 79-ter e 79-ter.1 del TUF che disciplinavano il procedimento e i requisiti per l'autorizzazione e la revoca della stessa prima che il MiFIR riformasse la disciplina dei gestori di servizi di comunicazione dati.
La lettera i) adegua la disciplina sanzionatoria recata dall'articolo 166 per i casi di esercizio abusivo di attività soggette ad autorizzazione, fra le quali viene ricompresa la gestione di un APA o un ARM che risulterebbe identificabile come limitatamente rilevante per il mercato interno (e non più la gestione di servizi di comunicazione dati in genere).
La lettera l) modifica l'articolo 188 del TUF che disciplina l'abuso di denominazione per limitarne l'ambito di applicazione alle sole APA e ARM che risulterebbero identificabili come limitatamente rilevanti per il mercato interno.
Del medesimo tenore sono gli interventi recati dalla lettera m) alle sanzioni amministrative in materia di mercati (articolo 190.3 del TUF), dalla lettera n) con riferimento alla responsabilità degli esponenti aziendali e del personale per le violazioni della disciplina dei servizi di APA e di ARM (articolo 190-bis del TUF) e dalla lettera o) alle condizioni per il riconoscimento della possibilità di estinguere la sanzione con il pagamento in misura ridotta (articolo 194-quinquies del TUF).
Il comma 3 chiarisce che la Consob delibera sulle istanze di autorizzazione presentate ai sensi del TUF nella versione antecedente alle modifiche appena descritte, pervenute prima del 1° ottobre 2021.
Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria, per cui dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 5 integra l’articolo 53 del decreto legge n. 34 del 2020 (cosiddetto "decreto Crescita"), inserendo a margine dello stesso il nuovo comma 1-quater. Per effetto di tale norma, in ragione delle straordinarie condizioni economiche determinatesi a seguito della grave crisi internazionale in atto in Ucraina, viene consentito alle imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali già ricevuti di accedere ai regimi di aiuto concessi a livello nazionale o territoriale ai sensi del Quadro temporaneo di crisi per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina.
Si rammenta che l’articolo 53 del decreto Crescita prevede, in ragione delle straordinarie condizioni determinate dall'epidemia di COVID-19, che ai regimi di aiuto concessi, a livello nazionale o territoriale, ai sensi del Quadro temporaneo europeo sugli aiuti di Stato, accedono anche le imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali già ricevuti. A tali imprese, beneficiarie di aiuti non rimborsati, di cui è obbligatorio il recupero in esecuzione di una decisione della Commissione europea, è stato consentito di accedere ai regimi di aiuti del Temporary Framework previsto in risposta alla crisi sanitaria al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione
Con successivo intervento, in sede di conversione del decreto legge n. 41 del 2021, è stato disposto che, fino alla cessazione dello stato di emergenza nazionale, in ragione delle straordinarie condizioni determinate dall'epidemia, l'importo degli aiuti non rimborsati potesse essere rateizzato fino ad un massimo di 24 rate mensili, comprensive degli interessi (comma 1-bis dell'articolo 53), subordinando quanto sopra alla previa autorizzazione della Commissione europea (comma 1-ter).
L’articolo 53 opera in deroga alla cosiddetta “clausola Deggendorf”, che vieta l’erogazione di aiuti di Stato ad imprese che debbano restituire precedenti aiuti giudicati illegali ed incompatibili dalla Commissione, contenuta nella maggior parte dei regimi di aiuto adottati dalle diverse amministrazioni nel rispetto di quanto già previsto dal Regolamento generale di esenzione per categoria e dalla Comunicazione della Commissione europea sul recupero degli aiuti di Stato illegali e incompatibili (COM. 2019/C 247/01) e posta come condizione in tutte le recenti decisioni di autorizzazione della Commissione.
Nell’ordinamento interno, ne costituisce espressione l’articolo 46, comma 1, della legge n. 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), secondo il quale nessuno può beneficiare di aiuti di Stato se rientra tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero (comma 1).
La Commissione, attese anche le circostanze specifiche dell’epidemia COVID-19 e l’impatto sull’economia, ha comunicato, secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa del decreto Crescita, che la cosiddetta “clausola Deggendorf” non si applicherebbe alle misure di cui al Temporary Framework per sostenere l’economia nel contesto dell’epidemia di coronavirus.
Con riferimento alla Comunicazione della Commissione europea sul recupero degli aiuti di Stato illegali e incompatibili (COM. 2019/C 247/01) - adottata sulla base dell’articolo 16 del Regolamento n. 2015/1589/UE recante le modalità di applicazione dell'articolo 108 TFUE, questa dispone (punti 74-78) che, se uno Stato membro incontra difficoltà nell’esecuzione della decisione di recupero entro il termine per il recupero, lo Stato stesso è tenuto ad informarne la Commissione in tempo utile per permetterle di valutare la situazione, unitamente a proposte di soluzioni adeguate, tra cui eventualmente la proroga del termine per il recupero. In questi casi la Commissione e lo Stato membro interessato devono collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto del diritto dell’Unione europea. Allo stesso modo lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione che consenta a quest’ultima di verificare se il mezzo scelto comporterà la corretta esecuzione della decisione di recupero
La prassi della Commissione è di concedere una proroga del termine per l’esecuzione della decisione solo in circostanze eccezionali, qualora lo Stato membro dimostri con prove inconfutabili che tutte le altre possibili misure che potrebbero condurre a una tempestiva attuazione della decisione della Commissione non sarebbero efficaci. Le richieste di proroga del termine per il recupero non sono concesse se il ritardo nel recupero è dovuto alle modalità e ai mezzi che lo Stato membro ha scelto mentre erano disponibili opzioni più rapide.
Una volta che il termine per il recupero è scaduto, le richieste di proroga non possono essere concesse con effetto retroattivo.
Articolo 51, commi 1 e 4
(Incarichi di collaborazione presso il Ministero della cultura)
L’articolo 51, al comma 1, reca disposizioni in materia di rinnovo di incarichi di collaborazione presso il Ministero della cultura, nonché di autorizzazione di ulteriori incarichi presso il medesimo Ministero, provvedendo alla quantificazione dei relativi limiti di spesa. La copertura dei relativi oneri è assicurata dal comma 4.
Il comma 1 introduce la possibilità di rinnovare fino al 31 dicembre 2022 gli incarichi di collaborazione autorizzati ai sensi dell’art. 24, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020.
Il suddetto rinnovo deve rispettare il limite di spesa di euro 7.004.500 per l’anno 2022.
Si evidenzia che il rinnovo degli incarichi in questione opera in deroga all'art. 7, comma 6, lett. c), del decreto legislativo n. 165 del 2001 (su cui cfr. la scheda di approfondimento), che include, tra i presupposti di legittimità del conferimento di incarichi di collaborazione, la non ammissibilità del rinnovo.
Il medesimo comma 1 autorizza altresì a conferire ulteriori incarichi fino al 31 dicembre 2022, ai sensi del richiamato art. 24, comma 1, per un importo massimo di 40.000 euro per singolo incarico.
Tali ulteriori incarichi devono rispettare il limite di spesa di 1.600.000 euro per l’anno 2022.
La disposizione precisa che tali ulteriori contratti possono essere posti in essere "[p]er la durata e con la scadenza di cui al primo periodo".
Al riguardo, si osserva che al primo periodo non è presente alcun riferimento alla durata dei contratti. Cionondimeno, essa è contenuta all'articolo 24, comma 1, del DL 104/2020 (subito infra) ed è pari a 15 mesi. Tale durata non può tuttavia applicarsi ai nuovi contratti, tenuto conto che essi devono necessariamente scadere entro il 31 dicembre 2022 (e dunque anche se venissero sottoscritti al momento dell'entrata in vigore del presente decreto non potrebbero durare 15 mesi).
Si valuti un chiarimento al riguardo.
La relazione tecnica asserisce che i nuovi contratti avranno una durata di sei mesi (invero stando alla lettera del comma 1 potrebbero avere una durata leggermente maggiore o inferiore) e scadranno il 31 dicembre 2022.
La relazione illustrativa asserisce invece che la disposizione in esame consentirebbe il rinnovo "per la durata massima di quindici mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2023, di alcuni degli incarichi già autorizzati" nonché il conferimento di ulteriori incarichi "per la medesima durata e con la stessa scadenza".
Al riguardo, come anticipato, la norma in esame consente il rinnovo fino al 31 dicembre 2022 e non sino al 31 dicembre 2023.
Nella relazione illustrativa si specifica altresì che detto rinnovo interesserebbe 452 incarichi autorizzati dal Ministero della cultura - Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, di cui 387 relativi a figure professionali specializzate quali architetti, archeologi, ingegneri, storici dell'arte e 65 relativi alle figure di assistenti tecnici. Quanto ai nuovi contratti, essi riguarderebbero 100 incarichi che sarebbero conferiti dalla stessa Direzione generale che, come specificato nella relazione tecnica, riguarderebbero figure professionali specializzate, quali architetti, archeologi, ingegneri, storici dell'arte.
Tale documento stima un compenso di 16.000 euro lordi per sei mesi per singolo incarico, con un onere complessivo pari a 1.600.000 euro. Al riguardo si segnala che il comma 1, secondo periodo, in comento fa riferimento ad un importo massimo di 40.000 euro per ciascun incarico.
Si valuti un approfondimento al riguardo.
Nella relazione illustrativa si dà conto delle motivazioni dell'intervento normativo. Al riguardo si precisa che il rinnovo degli incarichi e il conferimento di nuovi si rende necessario "alla luce del considerevole carico di lavoro cui gli uffici periferici del Ministero devono far fronte ai fini dell'attuazione degli interventi del PNRR e del PNIEC".
L'art. 24, comma 1, del DL n. 104 del 2020 - che introduce misure urgenti per la tutela del patrimonio culturale e per lo spettacolo - dispone che il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (ora Ministero della cultura) possa autorizzare incarichi di collaborazione ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (cfr. la relativa scheda di approfondimento), per la durata massima di 15 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2021 e per un importo massimo di 40.000 euro per singolo incarico, entro il limite di spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2020 e di 24 milioni di euro per l'anno 2021.
La suddetta autorizzazione - finalizzata ad assicurare, nel territorio di competenza degli uffici periferici del Ministero, lo svolgimento delle funzioni di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio - interviene nelle more della pubblicazione dei bandi delle procedure concorsuali per l'assunzione di funzionari di Area III, posizione economica F1[73], dei profili tecnici già autorizzati dall'articolo 1, comma 338, della legge 30 dicembre 2018, n. 145[74].
Ai titolari degli incarichi di collaborazione possono essere attribuite le funzioni di responsabile unico del procedimento.
Ciascun ufficio periferico del Ministero assicura il rispetto degli obblighi di pubblicità e trasparenza nelle diverse fasi della procedura.
Si ricorda, altresì, che l'art. 39 del regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, di cui al DPCM n. 169 del 2 dicembre 2019, individua, quali organi periferici del Ministero: i Segretariati regionali del Ministero della cultura; le Soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio; le Direzioni regionali dei Musei; i Musei, le aree e i parchi archeologici e gli altri luoghi della cultura; le Soprintendenze archivistiche e bibliografiche; gli Archivi di Stato; le Biblioteche.
Ai sensi dell'art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, al fine di fare fronte a specifiche esigenze alle quali non sia possibile sopperire con personale in servizio, nonché in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
i) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
ii) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
iii) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;
iv) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.
È consentito prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.
Il ricorso ai contratti in argomento ai fini dello svolgimento di funzioni ordinarie ovvero l'utilizzo come lavoratori subordinati dei soggetti incaricati ai sensi dell'art. 7, comma 6, è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.
Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione (art. 7, comma 6-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001).
Le amministrazioni, inoltre, sono tenute a rendere noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico (art. 53, comma 14, del d.lgs. n. 165 del 2001).
Detti incarichi sono soggetti agli obblighi di pubblicazione stabiliti dall'art. 15 del decreto legislativo n. 33 del 2013[75], il quale dispone che le pubbliche amministrazioni pubblichino e aggiornino le seguenti informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza: gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico; il curriculum vitae; i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato (art. 15, comma 1, del d. lgs. n. 33 del 2013).
Il comma 4 provvede alla quantificazione complessiva e alla copertura degli oneri derivanti dal comma in esame e dai commi 2 e 3 (in riferimento ai quali si rinvia alle relative schede di lettura).
Nello specifico, esso:
§ quantifica gli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1-3 in 12.604.500 euro per l’anno 2022, 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, nonché 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026. Al riguardo, come anticipato, il comma 1 prevede una spesa per un onere complessivo pari a 8.604.500 euro solo 2022;
§ dispone che ad essi si provveda:
a) quanto a 8,6 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura;
b) quanto a 4.004.500 euro per l'anno 2022, 4 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, ai sensi dell'articolo 58, recante disposizioni finanziarie relative al presente decreto (si veda la relativa scheda di lettura del presente Dossier).
Articolo 51, commi 2 e 4
(Incarichi di collaborazione presso
la Soprintendenza speciale per il PNRR)
L’articolo 51, al comma 2, autorizza l'integrazione della segreteria tecnica costituita presso la Soprintendenza speciale per il PNRR (ex articolo 29, comma 4, del decreto-legge n. 77 del 2021) con ulteriori esperti di comprovata qualificazione professionale, ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001[76].
Alla copertura dei relativi oneri finanziari provvede il comma 4.
Gli incarichi conferiti ai suddetti esperti non possono eccedere la durata massima di 36 mesi e l'importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico.
Infine, il conferimento di tali incarichi deve rispettare il limite di spesa di 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024.
L'art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, ha disposto l'istituzione, presso la Soprintendenza speciale per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di una segreteria tecnica composta, oltre che da personale di ruolo del Ministero, da un contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per la durata massima di 36 mesi, per un importo massimo di 50.000 euro lordi annui per singolo incarico, entro il limite di spesa di 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.
Conseguentemente, a seguito dell'introduzione della disposizione in commento, il limite complessivo di spesa per il conferimento di incarichi a esperti di comprovata qualificazione professionale presso la suddetta segreteria tecnica è pari, per ciascuno degli anni 2022 e 2023, a 3 milioni di euro e, per l'anno 2024, a 1.500.000 euro.
Si ricorda che la Soprintendenza speciale per il PNRR è un ufficio di livello dirigenziale generale, incardinato presso il Ministero della cultura, di carattere straordinario, la cui operatività, strettamente legata alla durata del PNRR, è destinata a cessare il 31 dicembre 2026.
Ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del citato DL n.77/2021, essa svolge le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici nei casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal PNRR sottoposti a valutazione di impatto ambientale (VIA) in sede statale oppure rientrino nella competenza territoriale di almeno due uffici periferici del Ministero. Il decreto-legge n.36 del 2022 (recante ulteriori misure attuazione PNRR ed in corso di conversione presso il Senato, A.S. 2598), all'articolo 36 ha disposto che con riferimento agli interventi previsti dal Piano di investimenti strategici su siti del patrimonio culturale, edifici e aree naturali (di cui all'articolo 1, comma 2, lettera d), del DL 59/2021[77]), nell'ambito del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza, le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici sono svolte in ogni caso (pertanto anche quando non è richiesta la VIA) dalla Soprintendenza speciale.
Con decreto del Soprintendente speciale del 22 novembre 2021 è stata approvata la graduatoria finale definitiva della procedura concorsuale indetta con delibera n. 1 dell’8 luglio 2021, recante "Avviso pubblico per la selezione di n. 35 (trentacinque) esperti di comprovata qualificazione professionale per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo ex art. 7, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 per la composizione della Segreteria Tecnica costituita presso la Soprintendenza Speciale per il PNRR, ai sensi dell’art. 29 del Decreto Legge n. 77 del 31.05.2021". Il conferimento dei suddetti incarichi, tenuto conto delle effettive esigenze di lavoro e delle graduatorie finali approvate, ha riguardato: n. 5 archeologi; n. 15 architetti; n. 4 avvocati; n. 1 ingegnere ambientale; n. 1 ingegnere strutturista.
Il comma 4 provvede alla quantificazione complessiva e alla copertura degli oneri derivanti dal comma in esame e dai commi 1 e 3 (in riferimento ai quali si rinvia alle relative schede di lettura).
Nello specifico, esso:
§ quantifica gli oneri derivanti dall'attuazione dei precedenti commi in 12.604.500 euro per l’anno 2022, 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, nonché 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026;
§ dispone che ad essi si provveda:
a) quanto a 8,6 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura;
b) quanto a 4.004.500 euro per l'anno 2022, 4 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, ai sensi dell'articolo 58, recante disposizioni finanziarie relative al presente decreto (si veda la relativa scheda di lettura del presente Dossier).
Articolo 51, commi 3 e 4
(Contributo ad Ales S.p.A.)
L’articolo 51, al comma 3, reca un contributo, pari a 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, in favore della società Ales Spa.
Alla copertura dei relativi oneri finanziari provvede il comma 4.
Nello specifico, il comma 3 eleva da 5 a 7,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, il contributo già assegnato alla società Ales Spa, ai fini dell'attuazione degli interventi previsti nel Piano nazionale di ripesa e resilienza (PNRR).
L’articolo 1-bis, comma 6, del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113 del 2021 - oggetto di novella da parte della disposizione in esame - autorizza, infatti, il Ministero della cultura ad avvalersi della società Ales Spa per l'attuazione degli interventi previsti nel PNRR, fino al completamento del Piano e comunque fino al 31 dicembre 2026.
A tal fine, alla società Ales Spa è assegnato un contributo pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2026.
Tale contributo, come detto, è incrementato di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026, a seguito della introduzione della disposizione in esame.
Ai sensi del medesimo articolo 1-bis, comma 6, la società Ales Spa è qualificata di diritto centrale di committenza a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 113 del 2021 (quindi dalla data 8 agosto 2021).
Ales-Arte Lavoro e Servizi Spa è una società in house del Ministero della cultura, che ne detiene la totalità delle azioni. In quanto società in house, è soggetta all'attività di indirizzo e controllo analogo da parte del Ministero (nello specifico da parte della Direzione generale Bilancio), che esercita tali attività in conformità al Regolamento per l'indirizzo e il controllo analogo su Ales Spa.
L'art. 1, comma 322, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) ha disposto la fusione per incorporazione della «Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo-ARCUS Spa» nella società Ales Spa, prevedendo l'articolazione della struttura organizzativa di quest'ultima in due o più divisioni, una delle quali destinata a proseguire le funzioni della società ARCUS.
Secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 584, della legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016), ad Ales Spa non si applicano le norme di contenimento delle spese previste a legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
Ai sensi dello Statuto (art. 3), la Società svolge, prevalentemente per il Ministero della cultura e secondo le direttive e gli indirizzi vincolanti forniti dallo stesso, "l'esercizio di attività e la realizzazione di iniziative volte alla gestione, valorizzazione e tutela dei beni culturali in ambito nazionale e internazionale, nonché alla realizzazione di attività culturali ed alla promozione e al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di progetti e altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro e recupero di beni culturali e di altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo, anche attraverso la ricerca di sponsor".
La Società è amministrata da un Consiglio di amministrazione; organo di vigilanza è il Collegio sindacale. Il Consiglio di amministrazione, nominato dall’Assemblea ordinaria, è composto da tre membri: l'Amministratore delegato e un componente, entrambi designati dal Ministro della cultura, e un componente designato dal Ministro dell'economia e delle finanze (Statuto, art. 16).
Sulla base della Relazione della Corte dei conti relativa all'esercizio 2019[78] (Doc. XV, 409), l’organico del personale della Società, al 31 dicembre 2019, è risultato pari a 1.220 lavoratori con contratti di lavoro subordinato (con esclusione dei collaboratori e del personale in somministrazione), per un costo di 42,92 milioni di euro. La Corte precisa che l'incremento del personale rispetto al 2018 "è conseguenza dell’incremento dei servizi affidati rispetto al 2018" (Relazione, pag. 26).
Dalla Relazione (pag. 11) emerge che "nel corso dell’esercizio 2019, (...) le erogazioni complessive per progetti, sia previsti in decreti interministeriali e ministeriali che elaborati in autonomia, ammontano a complessivi 7,8 mln (al netto delle spese per “Art Bonus” per euro 148.767 e per il portale della Canzone italiana per euro 123.791); i progetti chiusi sono stati 27 e sono state sottoscritte 4 nuove convenzioni per un controvalore di 11 mln".
Il comma 4 provvede alla quantificazione complessiva e alla copertura degli oneri derivanti dal comma in esame e dai commi 1 e 2 (in riferimento ai quali si rinvia alle relative schede di lettura).
§ quantifica gli oneri derivanti dall'attuazione dei precedenti commi in 12.604.500 euro per l’anno 2022, 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, nonché 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026;
§ dispone che ad essi si provveda:
a) quanto a 8,6 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura;
b) quanto a 4.004.500 euro per l'anno 2022, 4 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, ai sensi dell'articolo 58, recante disposizioni finanziarie relative al presente decreto (si veda la relativa scheda di lettura del presente Dossier).
Articolo 51, comma 5
(Proroga graduatoria dirigenti Protezione civile)
Il comma 5 dell’articolo 51 introduce la proroga di due anni della validità delle graduatorie di un concorso pubblico per il reclutamento di 13 unità di personale dirigenziale di seconda fascia da inquadrare nel ruolo speciale della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di garantire la pronta operatività e la funzionalità del Dipartimento della protezione civile.
La graduatoria si riferisce al concorso pubblico per titoli ed esami indetto con delibera della Commissione RIPAM 7 settembre 2018 (in G.U. - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami», n. 77 del 28 settembre 2018) per il reclutamento di complessive diciassette unità di personale dirigenziale a tempo indeterminato, di cui:
§ tredici unità di personale dirigenziale di seconda fascia da inquadrare nel ruolo speciale della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e
§ quattro unità di personale dirigenziale di livello non generale da inquadrare nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Per la parte relativa al personale dirigente destinato alla protezione civile, i posti messi a concorso sono così articolati:
§ otto unità di personale con profilo tecnico-operativo (codice PC/TC);
§ cinque unità di personale con profilo tecnico-amministrativo (codice PC/AG).
Come risulta da avviso pubblico in G.U. - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami», n. 3 del 12 gennaio 2021, in data 4 gennaio 2021 è stata pubblicata sulla rete intranet della Presidenza del Consiglio dei ministri e sul sito istituzionale del Governo, la graduatoria finale di merito relativa a 8 posti di personale dirigenziale da inquadrare nel ruolo speciale della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri per il profilo di dirigente specialista in funzioni operative di protezione civile, codice del concorso PC/TC.
La proroga biennale disposta dal comma in esame si pone in deroga a quanto previsto, in via generale, dall’articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi del quale le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione.
Come espressamente enunciato nella disposizione, tale proroga è finalizzata ad assicurare la pronta operatività e la funzionalità del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio.
La relazione illustrativa spiega infatti che in seguito alla crisi ucraina il Dipartimento della protezione civile ha messo in campo un ampio dispiegamento delle risorse disponibili per fronteggiare l’emergenza umanitaria in corso all’estero e in Italia. Tenuto conto di ciò, si valuta l’opportunità di avvalersi pienamente delle procedure espletate sia per contrastare le ulteriori conseguenze derivanti dalla crisi ucraina, nonché per far fronte ad eventuali esigenze che dovessero emergere in relazioni a ulteriori contesti emergenziali.
Articolo 51, comma 6
(Scuola superiore della magistratura)
L’articolo 51, comma 6, è volto a precisare che, fermo restando il numero massimo di 3 sedi della Scuola superiore della magistratura, gli uffici di ciascuna sede possono essere ubicati in immobili diversi.
Il comma 6 dell’art. 51 contiene una disposizione di carattere interpretativo dell’art. 1, comma 7, secondo periodo, del d. lgs. n. 26 del 2006. Quest’ultima norma stabilisce che le sedi della Scuola superiore della magistratura, individuate con un decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, non possono superare il numero di tre.
La disposizione in commento chiarisce che, fermo restando il numero massimo di tre sedi, gli uffici di ciascuna sede della Scuola superiore della magistratura non devono necessariamente trovarsi nel medesimo immobile, ma possono essere collocati in edifici differenti. L’ubicazione in immobili diversi non può tuttavia comportare oneri ulteriori rispetto alle risorse finanziarie assegnate annualmente alla Scuola, che risultano iscritte nel capitolo 1478 “Istituzione e funzionamento della Scuola superiore della magistratura” dello stato di previsione del Ministero della giustizia, per un importo pari ad euro 13.335.928 a decorrere dall’anno 2022.
Allo stato attuale la Scuola dispone di 2 sedi operative (Villa Castelpulci a Scandicci, in provincia di Firenze, e Castel Capuano a Napoli) e di una sede amministrativa (Roma, via Tronto). Secondo quanto riportato dalla Relazione tecnica allegata al decreto in esame, alle sedi sopra indicate si è recentemente aggiunto un immobile, sito a Roma in via di S. Vincenzo, assegnato alla Scuola dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica.
La Scuola superiore della magistratura è stata istituita dal d. lgs. 26/2006 come un ente autonomo, con personalità giuridica di diritto pubblico e piena capacità di diritto privato, nonché di autonomia organizzativa, funzionale e contabile, che opera secondo le disposizioni del proprio statuto e dei regolamenti interni. La Scuola si avvale di personale dell'organico del Ministero della giustizia, ovvero comandato da altre amministrazioni.
Gli organi della Scuola sono:
§ il comitato direttivo, composto di 12 membri, che adotta e modifica lo statuto, i regolamenti interni e il programma annuale dell'attività didattica, approva la relazione annuale da trasmettere al Ministro della giustizia e al CSM, cura la tenuta dell'albo dei docenti e nomina i docenti delle singole sessioni formative;
§ il presidente, che ha la rappresentanza legale della Scuola, presiede il comitato direttivo e adotta i provvedimenti d'urgenza;
§ -l segretario generale, che è responsabile della gestione amministrativa, provvede all'esecuzione delle delibere del comitato direttivo e predispone la relazione annuale sull'attività della Scuola.
La Scuola ha competenza in via esclusiva in materia di formazione e aggiornamento dei magistrati.
In particolare la Scuola si occupa:
§ del tirocinio dei magistrati ordinari nominati a seguito di concorso per esame: tale tirocinio ha la durata di diciotto mesi e si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari;
§ dei corsi per la formazione e l'aggiornamento professionale, nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa e per il conferimento degli incarichi direttivi di primo e di secondo grado.
Articolo 51, comma 7
(Sistema informatico CSM)
L’articolo 51, comma 7, è volto ad includere il CSM tra i soggetti che possono avvalersi della SOGEI (Società generale d’informatica) s.p.a per lo sviluppo e la sicurezza del proprio sistema informatico.
Con la disposizione in esame, che inserisce la lettera f-sexies) nel comma 2 dell’art. 51 del decreto-legge n. 124 del 2019[79], il Consiglio superiore della magistratura entra a far parte dell’elenco dei soggetti che possono far ricorso alla SOGEI (Società generale d’informatica)[80] per l’implementazione dei propri sistemi informatici, allo scopo di garantirne non solo lo sviluppo ma anche la sicurezza e la continuità. Il CSM viene così ad aggiungersi a numerose altre amministrazioni pubbliche, tra le quali anche organi costituzionali come la Presidenza del Consiglio dei ministri o di rilievo costituzionale come il Consiglio di Stato.
L’art. 51, comma 1, del d.l. 124/2019 prevede che, al fine di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa e di favorire la sinergia tra processi istituzionali afferenti ad ambiti affini, favorendo la digitalizzazione dei servizi e dei processi attraverso interventi di consolidamento delle infrastrutture, razionalizzazione dei sistemi informativi e interoperabilità tra le banche dati, in coerenza con le strategie del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, la società di cui all’articolo 83, comma 15, del D.L. 112/2008 (ossia SOGEI), possa offrire servizi informatici strumentali al raggiungimento degli obiettivi propri delle pubbliche amministrazioni e delle società pubbliche da esse controllate indicate al comma 2 del medesimo articolo 51: oltre ai già menzionati Presidenza del Consiglio dei ministri e Consiglio di Stato, si tratta dell’Avvocatura dello Stato, del Comando generale del Corpo delle capitanerie, della Società investimenti immobiliari italiani società di gestione del risparmio società per azioni (Invimit SGR S.p.A.), della Società per la gestione della piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati (pagoPA), del Ministero dell'istruzione, dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), del Ministero della salute, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS). L’oggetto e le condizioni della fornitura dei sevizi sono definiti con apposite convenzioni.
La Relazione illustrativa allegata al decreto legge in esame rende noto che il ricorso alla SOGEI è volto ad attuare “interventi di urgenza al fine della messa in sicurezza del sistema informativo del CSM e della sua reingegnerizzazione” in modo che sia assicurata l’interoperabilità del predetto sistema con quello del Ministero della giustizia. L’interoperabilità tra i due sistemi è infatti strumentale alla realizzazione della riforma del sistema giudiziario.
Si ricorda che il Ministero della giustizia, pur non facendo parte dell’elenco di cui al citato comma 2 dell’art. 51, può avvalersi della SOGEI per i servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia e alla gestione dei sistemi informativi sviluppati dal Ministero stesso, in base a quanto stabilito dall’articolo 3, comma 7, del D.L. 59/2016 (come modificato dall’articolo 16-bis del D.L. 119/2018).
Articolo 51, commi 8 e 11
(Norme sul Comando operativo di vertice interforze)
L’articolo 51 reca, al comma 8, alcune modifiche al Codice dell’ordinamento militare (COM) che riconfigurano il Comando operativo di vertice interforze quale vertice militare al pari e in aggiunta a quelli già annoverati dall’ordinamento militare. Il comma 11 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla corresponsione di un’ulteriore Speciale indennità pensionabile pari a euro 408.813 annui a decorrere dal 2022.
La relazione illustrativa evidenzia che le mutate esigenze delle Forze armate impongono una rivisitazione del livello e della rilevanza del Comando operativo di vertice interforze (COVI) quale “vertice militare” di e per qualsiasi tipo di operazione in cui sono impegnate le Forze armate in Patria e all’estero. Alla luce delle rinnovate ed ampliate funzioni di comando e controllo, per il Comandante del COVI il Capo di stato maggiore della difesa ha già previsto l’attribuzione della quarta stella funzionale.
In particolare, le disposizioni di cui alle lettere a), b), c), d), h), i), l), del comma 8 sono volte ad apportare le modifiche al COM necessarie per riconfigurare il Comando operativo di vertice interforze quale Vertice militare, al pari e in aggiunta a quelli già presenti nell’ordinamento militare.
La relazione tecnica precisa che la configurazione del COVI quale “vertice militare” comporta anche l’attribuzione della Speciale indennità pensionabile ai sensi dell’articolo 1818 del Codice dell’ordinamento militare, che comporta nuovi oneri per la finanza pubblica per 408.813 euro annui lordi (calcolati in base agli importi ricavati dal DPCM 13 novembre 2020), che risultano come nuova spesa corrente nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari.
Si ricorda che l’articolo 1818 del COM prevede l’attribuzione di una speciale indennità commisurata a quella definita per le massime cariche della Pubblica amministrazione ai generali e agli ammiragli delle Forze armate di cui all'articolo 1094, comma 3 del COM.
Considerata l’integrazione all’articolo 1094, comma 3, del COM, operata dal comma 8 in esame, si tratta degli ufficiali generali o ammiragli nominati Capi di stato maggiore della difesa o di Forza armata, del Comandante del Comando operativo di vertice interforze, del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri e del Segretario generale del Ministero della Difesa.
La speciale indennità è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La relazione tecnica specifica inoltre che la Speciale indennità pensionabile è assoggettata alle riduzioni al percettore per garantire il rispetto del tetto massimo annuale dei 240.000 euro.
Il Comando operativo di vertice interforze svolge funzioni di pianificazione e di direzione delle operazioni nonché delle esercitazioni interforze e multinazionali (articolo 29 del COM).
La relazione illustrativa ricorda che, con determinazione ordinativa del Capo di stato maggiore della difesa sono state collocate alle dirette dipendenze del Comando di vertice interforze i Comandi interforze
§ per le operazioni delle Forze speciali (COFS);
§ per le operazioni nello spazio (COS);
§ per le operazioni in rete (COR);
§ per i profili Cyber e per le attività e gli apprestamenti di Cyber defense.
L’istituzione del COVI si colloca nella direzione di agevolare il comando nelle operazioni nei 5 domini (terra, mare, cielo, spazio e cyber) individuandolo quale interlocutore unico e privilegiato (principio dell’unicità del comando).
Dal 26 luglio 2021 il Comando Operativo di Vertice Interforze è operativo con il nuovo acronimo COVI (in luogo del precedente COI) e con la finalità di rendere più agevole il coordinamento delle componenti operative interforze. Da quel momento, l’allora Comandante del COVI, il Generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, in virtù delle nuove mansioni, ha indossato i gradi di Generale di Corpo d’Armata con l’aggiunta della quarta stella funzionale.
La motivazione è dovuta al fatto che dal COVI dipendono, come si è detto, il COFS (Comando Operativo delle Forze Speciali) e il COR (Comando Operazioni in Rete) guidati da generali di grado inferiore Corpo d’armata/Squadra Aerea o ammiragli di squadra a tre stelle, oltre al COS (Comando per le Operazioni Spaziali).
Attualmente, il Comandante del COVI è il Generale Francesco Paolo Figliuolo.
La disposizione di cui alla lettera e) aggiunge nell’articolo 88 del COM, oltre ai domini tradizionali (terrestre, marittimo ed aereo), anche i domini cibernetico e aero-spaziale tra gli ambiti tutelati dalla difesa nazionale, quale funzione propria e principale dello strumento militare.
La relazione illustrativa ricorda che il nostro Paese, in linea con le direttrici di sviluppo in ambito NATO, UE e in applicazione del PNNR (Missione M1C1-digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione), sta procedendo a rafforzare le proprie capacità nel dominio cibernetico, comprese quelle militari. Ciò, in particolare, in linea con il NATO Wales Summit del 2016, in cui lo spazio cibernetico è riconosciuto come dominio di operazioni da presidiare e difendere stanti i frequenti attacchi alle reti paragonabili a quelli propri di un conflitto con armi convenzionali. Dal momento che riguarda in via esclusiva la c.d. cyber defence - intesa come difesa cibernetica di natura militare dello Stato - la disposizione relativa alla difesa dello spazio cibernetico opera, sempre secondo la relazione illustrativa, nel pieno rispetto delle competenze di tutte le altre amministrazioni coinvolte nello specifico settore: cyber resilience, in capo all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, cyber intelligence, di competenza del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza e le collegate Agenzie, cyber crime & investigation, attestata al Ministero degli Interni. Allo stesso modo, afferendo esclusivamente ai profili di tutela militare delle infrastrutture spaziali (antenne satelliti strutture per la comunicazione satellitare, ecc.) strettamente connessi alla funzione di difesa nazionale, anche l’inclusione del dominio aero-spaziale non implica contrasti o sovrapposizioni di competenze, ma solo l’adeguamento dell’ambito di interesse della difesa nazionale.
Con la lettera f) si adeguano le funzioni di concorso delle Forze armate includendo quelle previste, sempre in ambito di cybersicurezza, dall’articolo 5, comma 5, del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82
Si ricorda che l’articolo 5 del D.L. n. 82/2021 ha istituito l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza. In particolare, il comma 5 prevede che l’Agenzia può richiedere, anche sulla base di apposite convenzioni e nel rispetto degli ambiti di precipua competenza, la collaborazione di altri organi dello Stato, di altre amministrazioni, delle Forze armate, delle forze di polizia o di enti pubblici per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali.
La disposizione di cui alla lettera g) è intesa a ridefinire i requisiti per la nomina del Vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e la durata dell’incarico. Il sistema vigente prevede che tale incarico sia conferito al generale di corto d’armata in servizio permanente effettivo più anziano in ruolo, e che il relativo mandato abbia la durata massima di un anno, salvo che nel frattempo l’ufficiale debba cessare dal servizio permanente effettivo per limiti di età o per altra causa. Secondo la relazione illustrativa, in applicazione di tale sistema e in conseguenza della peculiare dinamica dei ruoli, determinatasi a seguito delle varie riorganizzazioni dell’Arma, succede frequentemente che i titolari dell’incarico vi permangano per periodi talvolta anche di molto inferiori a un anno, a discapito dell’efficienza e della necessaria continuità. Al fine di evitare tali situazioni, la modifica in esame prevede che l’incarico debba essere conferito al generale di corpo d’armata in servizio permanente effettivo più anziano in ruolo tra quelli che si trovano ad almeno un anno dal limite di età per la cessazione dal servizio permanente e che abbia la durata di un anno. Se al termine del mandato non è presente in ruolo alcun generale di corpo d’armata che si trova ad almeno un anno dal limite di età per la cessazione dal servizio permanente, il Vice comandante generale in carica è confermato nell’incarico sino a un massimo di due anni e comunque non oltre la data di cessazione dal servizio permanente.
Per approfondimenti si rinvia al seguente testo a fronte relativo agli articoli del COM modificati dal comma 8 in esame.
Testo previgente COM |
Testo risultante dal D.L. in esame |
Modifica |
Articolo 25 Configurazione della carica di Capo di stato maggiore della difesa |
Articolo 25 Configurazione della carica di Capo di stato maggiore della difesa |
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1. Il Capo di stato maggiore della difesa è scelto tra gli ufficiali di grado non inferiore a quello di generale di corpo d'armata dell'Esercito italiano, di ammiraglio di squadra della Marina militare e di generale di squadra aerea dell'Aeronautica militare, in servizio permanente ovvero richiamati ai sensi dell'articolo 1094, comma 4, ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa.
2. Il Capo di stato maggiore della difesa: a) dipende direttamente dal Ministro della difesa, di cui è l'alto consigliere tecnico-militare e al quale risponde dell'esecuzione delle direttive ricevute; b) è gerarchicamente sovraordinato: 1) ai Capi di stato maggiore di Forza armata;
2) al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, limitatamente ai compiti militari devoluti alla stessa Arma; 3) al Segretario generale della difesa per le attribuzioni tecnico-operative a quest'ultimo affidate; c) svolge i compiti previsti dal codice, dal regolamento e dalla legge.
3. Il Capo di stato maggiore della difesa, in caso di assenza, impedimento, o vacanza della carica è sostituito dal più anziano in carica tra i Capi di stato maggiore di Forza armata, senza tener conto, ai fini dell'attribuzione della suddetta anzianità, di eventuali periodi espletati nella funzione vicaria. |
1. Il Capo di stato maggiore della difesa è scelto tra gli ufficiali di grado non inferiore a quello di generale di corpo d'armata dell'Esercito italiano, di ammiraglio di squadra della Marina militare e di generale di squadra aerea dell'Aeronautica militare, in servizio permanente ovvero richiamati ai sensi dell'articolo 1094, comma 4, ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa.
2. Il Capo di stato maggiore della difesa: a) dipende direttamente dal Ministro della difesa, di cui è l'alto consigliere tecnico-militare e al quale risponde dell'esecuzione delle direttive ricevute; b) è gerarchicamente sovraordinato: 1) ai Capi di stato maggiore di Forza armata; 1-bis) al Comandante del Comando operativo di vertice interforze 2) al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, limitatamente ai compiti militari devoluti alla stessa Arma; 3) al Segretario generale della difesa per le attribuzioni tecnico-operative a quest'ultimo affidate; c) svolge i compiti previsti dal codice, dal regolamento e dalla legge.
3. Il Capo di stato maggiore della difesa, in caso di assenza, impedimento, o vacanza della carica è sostituito dal più anziano in carica tra i Capi di stato maggiore di Forza armata, senza tener conto, ai fini dell'attribuzione della suddetta anzianità, di eventuali periodi espletati nella funzione vicaria. |
Art. 51, co 8, lett. a) |
Articolo 26 Attribuzioni del Capo di stato maggiore della difesa |
Articolo 26 Attribuzioni del Capo di stato maggiore della difesa |
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1. Il Capo di stato maggiore della difesa, in base alle direttive impartite dal Ministro della difesa: a) è responsabile della pianificazione, della predisposizione e dell'impiego delle Forze armate nel loro complesso; predispone, sentiti i Capi di stato maggiore di Forza armata e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, in relazione ai compiti militari dell'Arma, la pianificazione generale finanziaria e quella operativa interforze e definisce i conseguenti programmi tecnico-finanziari;
a-bis) provvede, per le esigenze dei comandi direttamente dipendenti e degli enti interforze di cui all'articolo 93 del regolamento, all'impiego operativo e alla diretta amministrazione dei correlati fondi del settore funzionamento volti ad assicurare l'efficienza dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture, anche avvalendosi delle competenti direzioni generali, nei limiti degli stanziamenti approvati dal Ministro; b) assicura i rapporti con le corrispondenti autorità militari degli altri Stati; c) adotta le misure organizzative conseguenti all'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 10, comma 3;
2. Il Capo di stato maggiore della difesa dirige, coordina e controlla l'attività di polizia militare, avvalendosi del Comando generale dell'Arma dei carabinieri per l'elaborazione delle disposizioni di carattere tecnico.
3. Le ulteriori specifiche attribuzioni del Capo di stato maggiore della difesa in campo nazionale, internazionale e tecnico-scientifico sono disciplinate nel regolamento. |
1. Il Capo di stato maggiore della difesa, in base alle direttive impartite dal Ministro della difesa: a) è responsabile della pianificazione, della predisposizione e dell'impiego delle Forze armate nel loro complesso; predispone, sentiti i Capi di stato maggiore di Forza armata, il Comandante del Comando operativo di vertice interforze e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, in relazione ai compiti militari dell'Arma, la pianificazione generale finanziaria e quella operativa interforze e definisce i conseguenti programmi tecnico-finanziari; a-bis) provvede, per le esigenze dei comandi direttamente dipendenti e degli enti interforze di cui all'articolo 93 del regolamento, all'impiego operativo e alla diretta amministrazione dei correlati fondi del settore funzionamento volti ad assicurare l'efficienza dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture, anche avvalendosi delle competenti direzioni generali, nei limiti degli stanziamenti approvati dal Ministro; b) assicura i rapporti con le corrispondenti autorità militari degli altri Stati; c) adotta le misure organizzative conseguenti all'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 10, comma 3;
2. Il Capo di stato maggiore della difesa dirige, coordina e controlla l'attività di polizia militare, avvalendosi del Comando generale dell'Arma dei carabinieri per l'elaborazione delle disposizioni di carattere tecnico.
3. Le ulteriori specifiche attribuzioni del Capo di stato maggiore della difesa in campo nazionale, internazionale e tecnico-scientifico sono disciplinate nel regolamento. |
Art. 51, co 8, lett. b) |
Articolo 28 Comitato dei Capi di stato maggiore delle Forze armate |
Articolo 28 Comitato dei Capi di stato maggiore delle Forze armate |
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1. Il Comitato dei Capi di stato maggiore delle Forze armate è organo di consulenza del Capo di stato maggiore della difesa. E' presieduto dal Capo di stato maggiore della difesa, e ne fanno parte, altresì, il Segretario generale della difesa, i Capi di stato maggiore di Forza armata e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri.
2. Le determinazioni adottate dal Capo di stato maggiore della difesa, che ne assume la piena responsabilità, costituiscono disposizioni per i Capi di stato maggiore di Forza armata, per il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, limitatamente ai compiti militari dell'Arma, e per il Segretario generale della difesa.
3. Le disposizioni regolanti il funzionamento dell'organo sono contenute nel regolamento. |
1. Il Comitato dei Capi di stato maggiore delle Forze armate è organo di consulenza del Capo di stato maggiore della difesa. E' presieduto dal Capo di stato maggiore della difesa, e ne fanno parte, altresì, il Segretario generale della difesa, i Capi di stato maggiore di Forza armata, il Comandante del Comando operativo di vertice interforze e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri.
2. Le determinazioni adottate dal Capo di stato maggiore della difesa, che ne assume la piena responsabilità, costituiscono disposizioni per i Capi di stato maggiore di Forza armata, per il Comandante del Comando operativo di vertice interforze, per il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, limitatamente ai compiti militari dell'Arma, e per il Segretario generale della difesa.
3. Le disposizioni regolanti il funzionamento dell'organo sono contenute nel regolamento. |
Art. 51, co 8, lett. c), numero 1)
Art. 51, co 8, lett. c), numero 2) |
Articolo 29 Comando operativo di vertice interforze |
Articolo 29 Comando operativo di vertice interforze |
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1. Il Comando operativo di vertice interforze,
1-bis. Il comandante del Comando operativo di vertice interforze è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa sentito il Capo di stato maggiore della difesa, tra gli ufficiali con il grado di generale di corpo d'armata, ammiraglio di squadra o generale di quadra aerea in servizio permanente effettivo.
2. Le norme disciplinanti l'ordinamento del Comando operativo di vertice interforze sono stabilite nel regolamento. |
1. Il Comando operativo di vertice interforze svolge funzioni di pianificazione e di direzione delle operazioni nonché delle esercitazioni interforze e multinazionali, assicurando le necessarie forme di coordinamento dei Comandi operativi di componente delle Forze armate.
1-bis. Il comandante del Comando operativo di vertice interforze dipende dal Capo di stato maggiore della difesa ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa sentito il Capo di stato maggiore della difesa, tra gli ufficiali con il grado di generale di corpo d'armata, ammiraglio di squadra o generale di quadra aerea in servizio permanente effettivo.
2. Le norme disciplinanti l'ordinamento del Comando operativo di vertice interforze sono stabilite nel regolamento. |
Art. 51, co 8, lett. d), numero 1)
Art. 51, co 8, lett. d), numero 2) |
Articolo 88 Principi in materia di organizzazione |
Articolo 88 Principi in materia di organizzazione |
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1. Lo strumento militare è volto a consentire la permanente disponibilità di strutture di comando e controllo di Forza armata e interforze, facilmente integrabili in complessi multinazionali, e di unità terrestri, navali e aeree di intervento rapido, preposte alla difesa del territorio nazionale e delle vie di comunicazione marittime e aeree; è finalizzato, altresì, alla partecipazione a missioni anche multinazionali per interventi a supporto della pace.
2. Le predisposizioni di mobilitazione, occorrenti ai fini di cui al comma 1, sono limitate al completamento dei comandi, enti e unità in vita. |
1. Lo strumento militare è volto a consentire la permanente disponibilità di strutture di comando e controllo di Forza armata e interforze, facilmente integrabili in complessi multinazionali, e di unità terrestri, navali, aeree, cibernetiche e aero-spaziali di intervento rapido, preposte alla difesa del territorio nazionale, delle vie di comunicazione marittime e aeree, delle infrastrutture spaziali e dello spazio cibernetico in ambito militare; è finalizzato, altresì, alla partecipazione a missioni anche multinazionali per interventi a supporto della pace.
2. Le predisposizioni di mobilitazione, occorrenti ai fini di cui al comma 1, sono limitate al completamento dei comandi, enti e unità in vita. |
Art. 51, co 8, lett. e) |
Articolo 92 Compiti ulteriori delle Forze armate |
Articolo 92 Compiti ulteriori delle Forze armate |
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1. Le Forze armate, oltre ai compiti istituzionali propri e fermo restando l'intervento prestato anche ai sensi dell'articolo 11, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 in occasione di calamità naturali di cui alla predetta legge e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza, forniscono a richiesta e compatibilmente con le capacità tecniche del personale e dei mezzi in dotazione, il proprio contributo nei campi della pubblica utilità e della tutela ambientale.
2. Il contributo di cui al comma 1 è fornito per le seguenti attività: a) consulenza ad amministrazioni ed enti in tema di pianificazione e intervento delle Forze armate in situazioni di emergenza nazionale; b) contributo di personale e mezzi alle amministrazioni istituzionalmente preposte alla salvaguardia della vita umana in terra e in mare; c) ripristino della viabilità principale e secondaria; d) pianificazione, svolgimento di corsi e di attività addestrative in tema di cooperazione civile-militare; e) trasporti con mezzi militari; f) campagna antincendi boschivi e interventi antincendi anche al di fuori di detta campagna, e anche attraverso la disponibilità, in dipendenza delle proprie esigenze, di risorse, mezzi e personale delle Forze armate, in caso di riconosciuta e urgente necessità, su richiesta delle regioni interessate, giusta quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, lettera c), legge 21 novembre 2000, n. 353, in materia di incendi boschivi; g) emissioni di dati meteorologici; h) emissioni bollettini periodici relativi a rischio-valanghe; i) rilevamento nucleare, biologico e chimico ed effettuazione dei relativi interventi di bonifica; l) svolgimento di operazioni a contrasto dell'inquinamento marino da idrocarburi e da altri agenti; m) rilevamento idrooceanografico e aereofotogrammetrico di zone di interesse e produzione del relativo supporto cartografico, nonché scambio di informazioni, elaborati e dati di natura geotopografica e geodetica; n) intervento in emergenze idriche nelle isole minori delle regioni a statuto ordinario; o) interventi in camera iperbarica per barotraumatizzati e ossigenoterapia; p) interventi sull'ambiente marino a tutela della fauna, della flora e del monitoraggio delle acque, attività di ricerca ambientale marina e scambio di informazioni e dati in materia di climatologia; q) demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi, secondo quanto previsto dagli articoli 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
3. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e del Dipartimento nazionale della protezione civile, sentiti i Ministri interessati, sono determinate le modalità per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1.
4. Le Forze armate, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolgono i compiti ulteriori previsti dalla legge e, in particolare, quelli di cui all'articolo 15 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e dall'articolo 12 della legge 3 agosto 2007, n. 124. |
1. Le Forze armate, oltre ai compiti istituzionali propri e fermo restando l'intervento prestato anche ai sensi dell'articolo 11, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 in occasione di calamità naturali di cui alla predetta legge e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza, forniscono a richiesta e compatibilmente con le capacità tecniche del personale e dei mezzi in dotazione, il proprio contributo nei campi della pubblica utilità e della tutela ambientale.
2. Il contributo di cui al comma 1 è fornito per le seguenti attività: a) consulenza ad amministrazioni ed enti in tema di pianificazione e intervento delle Forze armate in situazioni di emergenza nazionale; b) contributo di personale e mezzi alle amministrazioni istituzionalmente preposte alla salvaguardia della vita umana in terra e in mare; c) ripristino della viabilità principale e secondaria; d) pianificazione, svolgimento di corsi e di attività addestrative in tema di cooperazione civile-militare; e) trasporti con mezzi militari; f) campagna antincendi boschivi e interventi antincendi anche al di fuori di detta campagna, e anche attraverso la disponibilità, in dipendenza delle proprie esigenze, di risorse, mezzi e personale delle Forze armate, in caso di riconosciuta e urgente necessità, su richiesta delle regioni interessate, giusta quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, lettera c), legge 21 novembre 2000, n. 353, in materia di incendi boschivi; g) emissioni di dati meteorologici; h) emissioni bollettini periodici relativi a rischio-valanghe; i) rilevamento nucleare, biologico e chimico ed effettuazione dei relativi interventi di bonifica; l) svolgimento di operazioni a contrasto dell'inquinamento marino da idrocarburi e da altri agenti; m) rilevamento idrooceanografico e aereofotogrammetrico di zone di interesse e produzione del relativo supporto cartografico, nonché scambio di informazioni, elaborati e dati di natura geotopografica e geodetica; n) intervento in emergenze idriche nelle isole minori delle regioni a statuto ordinario; o) interventi in camera iperbarica per barotraumatizzati e ossigenoterapia; p) interventi sull'ambiente marino a tutela della fauna, della flora e del monitoraggio delle acque, attività di ricerca ambientale marina e scambio di informazioni e dati in materia di climatologia; q) demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi, secondo quanto previsto dagli articoli 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
3. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e del Dipartimento nazionale della protezione civile, sentiti i Ministri interessati, sono determinate le modalità per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1.
4. Le Forze armate, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolgono i compiti ulteriori previsti dalla legge e, in particolare, quelli di cui all'articolo 15 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e dall'articolo 12 della legge 3 agosto 2007, n. 124, nonché quelli di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2021, n. 109. |
Art. 51, co 8, lett. f) |
Articolo 168 Attribuzioni del Vice comandante generale |
Articolo 168 Attribuzioni del Vice comandante generale |
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1. Il Vice comandante generale è il generale di corpo d'armata in servizio permanente effettivo più anziano in ruolo ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa. Il decreto di nomina è predisposto dal Comandante generale e trasmesso dal Capo di stato maggiore della difesa.
2. Rimane in carica con mandato della durata
3. Il Ministro della difesa ha facoltà di escludere il generale di corpo d'armata
4. Il Vice comandante generale esercita le funzioni vicarie in caso di assenza o di impedimento del Comandante generale e lo coadiuva, assolvendo le funzioni e i compiti delegati; presiede la commissione ordinaria di avanzamento degli ufficiali dei carabinieri e su delega del Comandante generale effettua ispezioni agli Alti Comandi dell'Arma. |
1. Il Vice comandante generale è il generale di corpo d'armata in servizio permanente effettivo più anziano in ruolo tra quelli che si trovano ad almeno un anno dal limite di età per la cessazione dal servizio permanente ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa. Il decreto di nomina è predisposto dal Comandante generale e trasmesso dal Capo di stato maggiore della difesa.
2. Rimane in carica con mandato della durata di un anno, senza possibilità di proroga o rinnovo. Se, al termine del mandato di un anno, non è presente in ruolo alcun generale di corpo d’armata che si trova ad almeno un anno dal limite di età per la cessazione dal servizio permanente, il Vice comandante generale in carica è confermato nell’incarico sino a un massimo di due anni e comunque non oltre la data di cessazione dal servizio permanente. Il Vice comandante generale è gerarchicamente preminente rispetto agli altri generali di corpo d'armata dell'Arma dei carabinieri.
3. Il Ministro della difesa ha facoltà di escludere il generale di corpo d'armata di cui al comma 1 e proporre la nomina di quello che lo segue in ordine di anzianità tra quelli che si trovano ad almeno un anno dal limite di età per la cessazione dal servizio permanente.
4. Il Vice comandante generale esercita le funzioni vicarie in caso di assenza o di impedimento del Comandante generale e lo coadiuva, assolvendo le funzioni e i compiti delegati; presiede la commissione ordinaria di avanzamento degli ufficiali dei carabinieri e su delega del Comandante generale effettua ispezioni agli Alti Comandi dell'Arma. |
Art. 51, co 8, lett. g), numero 1)
Art. 51, co 8, lett. g), numero 2)
Art. 51, co 8, lett. g), numero 3) |
Articolo 909 Norme comuni alla riduzione dei quadri |
Articolo 909 Norme comuni alla riduzione dei quadri |
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1. Il collocamento in aspettativa per riduzione dei quadri avviene secondo il seguente ordine: a) ufficiali in possesso di un'anzianità contributiva pari o superiore a quaranta anni che ne fanno richiesta; b) ufficiali che si trovano a non più di cinque anni dai limiti d'età del grado rivestito che ne fanno richiesta; c) ufficiali promossi nella posizione di «a disposizione»; d) ufficiali in servizio permanente effettivo.
2. Sono esclusi dal provvedimento di collocamento in aspettativa: a) il Capo di stato maggiore della difesa; b) i Capi di stato maggiore di Forza armata;
c) il Segretario generale del Ministero della difesa; d) il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri; e) il Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza; f) gli ufficiali di grado pari a quello degli ufficiali di cui al presente comma, che ricoprono incarichi di livello non inferiore a Capo di stato maggiore di Forza armata in comandi o enti internazionali.
3. Gli ufficiali collocati in aspettativa per riduzione di quadri permangono in tale posizione fino al raggiungimento del limite di età.
4. Gli ufficiali collocati in aspettativa per riduzione dei quadri possono chiedere di cessare dal servizio permanente a domanda.
5. Gli ufficiali nella posizione di aspettativa per riduzione di quadri sono a disposizione del Governo per essere all'occorrenza impiegati per esigenze del Ministero della difesa o di altri Ministeri. A essi si applicano le norme di cui agli articoli 993 e 995.
6. Fermo restando quanto previsto dal comma 5, il Ministro della difesa, in relazione a motivate esigenze di servizio delle Forze armate, ha facoltà di richiamare a domanda gli ufficiali in servizio permanente collocati in aspettativa per riduzione di quadri.
7. Il comma 6 non si applica nei confronti degli ufficiali che, all'atto del collocamento in aspettativa per riduzione dei quadri, rivestono il grado apicale dei ruoli normali.
8. Gli ufficiali transitati nella posizione di aspettativa per riduzione di quadri direttamente dal servizio permanente effettivo, in caso di richiamo in servizio, non sono più valutati per l'avanzamento.
9. Il personale collocato in aspettativa per riduzione dei quadri può chiedere il trasferimento anticipato dall'ultima sede di servizio al domicilio eletto. Il trasferimento è ammesso una sola volta, indipendentemente dai richiami in servizio, e non può più essere richiesto all'atto del definitivo collocamento in congedo. Si applica l'articolo 23 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e il termine di cui al comma 1, secondo periodo, del medesimo articolo decorre dalla data del definitivo collocamento in congedo. Nessun beneficio è riconosciuto al personale per il raggiungimento della sede di servizio a seguito di successivi richiami. |
1. Il collocamento in aspettativa per riduzione dei quadri avviene secondo il seguente ordine: a) ufficiali in possesso di un'anzianità contributiva pari o superiore a quaranta anni che ne fanno richiesta; b) ufficiali che si trovano a non più di cinque anni dai limiti d'età del grado rivestito che ne fanno richiesta; c) ufficiali promossi nella posizione di «a disposizione»; d) ufficiali in servizio permanente effettivo.
2. Sono esclusi dal provvedimento di collocamento in aspettativa: a) il Capo di stato maggiore della difesa; b) i Capi di stato maggiore di Forza armata; b-bis) il Comandante del Comando operativo di vertice interforze; c) il Segretario generale del Ministero della difesa; d) il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri; e) il Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza; f) gli ufficiali di grado pari a quello degli ufficiali di cui al presente comma, che ricoprono incarichi di livello non inferiore a Capo di stato maggiore di Forza armata in comandi o enti internazionali.
3. Gli ufficiali collocati in aspettativa per riduzione di quadri permangono in tale posizione fino al raggiungimento del limite di età.
4. Gli ufficiali collocati in aspettativa per riduzione dei quadri possono chiedere di cessare dal servizio permanente a domanda.
5. Gli ufficiali nella posizione di aspettativa per riduzione di quadri sono a disposizione del Governo per essere all'occorrenza impiegati per esigenze del Ministero della difesa o di altri Ministeri. A essi si applicano le norme di cui agli articoli 993 e 995.
6. Fermo restando quanto previsto dal comma 5, il Ministro della difesa, in relazione a motivate esigenze di servizio delle Forze armate, ha facoltà di richiamare a domanda gli ufficiali in servizio permanente collocati in aspettativa per riduzione di quadri.
7. Il comma 6 non si applica nei confronti degli ufficiali che, all'atto del collocamento in aspettativa per riduzione dei quadri, rivestono il grado apicale dei ruoli normali.
8. Gli ufficiali transitati nella posizione di aspettativa per riduzione di quadri direttamente dal servizio permanente effettivo, in caso di richiamo in servizio, non sono più valutati per l'avanzamento.
9. Il personale collocato in aspettativa per riduzione dei quadri può chiedere il trasferimento anticipato dall'ultima sede di servizio al domicilio eletto. Il trasferimento è ammesso una sola volta, indipendentemente dai richiami in servizio, e non può più essere richiesto all'atto del definitivo collocamento in congedo. Si applica l'articolo 23 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e il termine di cui al comma 1, secondo periodo, del medesimo articolo decorre dalla data del definitivo collocamento in congedo. Nessun beneficio è riconosciuto al personale per il raggiungimento della sede di servizio a seguito di successivi richiami. |
Art. 51, co 8, lett. h) |
Articolo 1094 Attribuzione dei gradi di vertice |
Articolo 1094 Attribuzione dei gradi di vertice |
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1. L'ufficiale generale o ammiraglio nominato Capo di stato maggiore della difesa è promosso, con decorrenza dalla data della nomina, al grado di generale o ammiraglio.
2. La promozione al grado di generale o ammiraglio può essere conferita esclusivamente all'ufficiale generale o ammiraglio di cui al comma 1.
2-bis. Gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capo di stato maggiore della difesa e Segretario generale del Ministero della difesa sono collocati in soprannumero agli organici della Forza armata di appartenenza, a decorrere dal 30 dicembre 2019.
3. Gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capi di stato maggiore della difesa o di Forza armata, il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri e il Segretario generale del Ministero della Difesa, durano in carica tre anni e, se non abbiano raggiunto il limite di età al termine del triennio, permangono nell'incarico fino al limite di età e comunque al massimo per un altro anno, senza possibilità di proroga o rinnovo. Al termine del mandato, qualora il personale, di cui al primo periodo, non abbia raggiunto i limiti di età previsti per il grado, può esserne disposto, a domanda, il collocamento in congedo da equiparare a tutti gli effetti a quello per raggiungimento dei limiti di età, con riconoscimento, in aggiunta a qualsiasi altro istituto spettante, del trattamento pensionistico e dell'indennità di buonuscita che sarebbero spettati in caso di permanenza in servizio fino al limite di età, compresi gli eventuali aumenti periodici e i passaggi di classe di stipendio.
4. Gli ufficiali generali o ammiragli di cui al comma 3, se raggiunti dai limiti di età, sono richiamati d'autorità fino al termine del triennio. |
1. L'ufficiale generale o ammiraglio nominato Capo di stato maggiore della difesa è promosso, con decorrenza dalla data della nomina, al grado di generale o ammiraglio.
2. La promozione al grado di generale o ammiraglio può essere conferita esclusivamente all'ufficiale generale o ammiraglio di cui al comma 1.
2-bis. Gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capo di stato maggiore della difesa e Segretario generale del Ministero della difesa sono collocati in soprannumero agli organici della Forza armata di appartenenza, a decorrere dal 30 dicembre 2019.
3. Gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capi di stato maggiore della difesa o di Forza armata, il Comandante del Comando operativo di vertice interforze, il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri e il Segretario generale del Ministero della Difesa, durano in carica tre anni e, se non abbiano raggiunto il limite di età al termine del triennio, permangono nell'incarico fino al limite di età e comunque al massimo per un altro anno, senza possibilità di proroga o rinnovo. Al termine del mandato, qualora il personale, di cui al primo periodo, non abbia raggiunto i limiti di età previsti per il grado, può esserne disposto, a domanda, il collocamento in congedo da equiparare a tutti gli effetti a quello per raggiungimento dei limiti di età, con riconoscimento, in aggiunta a qualsiasi altro istituto spettante, del trattamento pensionistico e dell'indennità di buonuscita che sarebbero spettati in caso di permanenza in servizio fino al limite di età, compresi gli eventuali aumenti periodici e i passaggi di classe di stipendio. 4. Gli ufficiali generali o ammiragli di cui al comma 3, se raggiunti dai limiti di età, sono richiamati d'autorità fino al termine del triennio. |
Art. 51, co 8, lett. i) |
Articolo 1378 Autorità competenti a ordinare l'inchiesta formale |
Articolo 1378 Autorità competenti a ordinare l'inchiesta formale |
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1. La decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale spetta alle seguenti autorità: a) al Ministro della difesa se si tratti di: 1) ufficiali generali o colonnelli o gradi corrispondenti; 2) ufficiali o sottufficiali assegnati a enti, comandi e reparti di altra Forza armata; 3) militari corresponsabili appartenenti alla stessa Forza armata, ma dipendenti da autorità diverse; 4) militari corresponsabili appartenenti a Forze armate diverse, anche quando ricorre l'ipotesi di connessione tra i fatti a loro ascritti; b) al Capo di stato maggiore della difesa, nell'area di competenza, nei confronti del personale militare dipendente; c) al Segretario generale della difesa, se militare, nei confronti del personale militare dipendente dell'area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale; d) ai Capi di stato maggiore, sul personale militare in servizio presso reparti e uffici dei rispettivi stati maggiori e organismi centrali di Forza armata;
e) al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri: 1) per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri; 2) per gli altri militari dell'Arma, se non provvedono le autorità di cui alle lettere h) e i); f) ai rispettivi comandanti di Forza armata, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata o gradi corrispondenti, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio dell'Esercito italiano e dell'Aeronautica militare, nonché agli alti comandanti della Marina militare, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio della Marina militare; ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato se in congedo; g) al comandante militare competente a provvedere per il sottufficiale o per il militare di truppa più elevato in grado o più anziano, se vi è corresponsabilità tra sottufficiali o i militari di truppa della stessa Forza armata dipendenti da comandanti militari diversi o residenti in territori di competenza di diversi comandanti militari territoriali, tra quelli sopra considerati; h) ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell'Arma dei carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato; i) ai rispettivi comandanti di corpo per gli appuntati e carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell'interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano. In caso di corresponsabilità con militari di altre Forze armate si provvede ai sensi della lettera g). |
1. La decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale spetta alle seguenti autorità: a) al Ministro della difesa se si tratti di: 1) ufficiali generali o colonnelli o gradi corrispondenti; 2) ufficiali o sottufficiali assegnati a enti, comandi e reparti di altra Forza armata; 3) militari corresponsabili appartenenti alla stessa Forza armata, ma dipendenti da autorità diverse; 4) militari corresponsabili appartenenti a Forze armate diverse, anche quando ricorre l'ipotesi di connessione tra i fatti a loro ascritti; b) al Capo di stato maggiore della difesa, nell'area di competenza, nei confronti del personale militare dipendente; c) al Segretario generale della difesa, se militare, nei confronti del personale militare dipendente dell'area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale; d) ai Capi di stato maggiore, sul personale militare in servizio presso reparti e uffici dei rispettivi stati maggiori e organismi centrali di Forza armata; d-bis) al Comandante del Comando operativo di vertice interforze, nell’area di compentenza, nei confronti del personale militare dipendente; e) al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri: 1) per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri; 2) per gli altri militari dell'Arma, se non provvedono le autorità di cui alle lettere h) e i); f) ai rispettivi comandanti di Forza armata, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata o gradi corrispondenti, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio dell'Esercito italiano e dell'Aeronautica militare, nonché agli alti comandanti della Marina militare, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio della Marina militare; ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato se in congedo; g) al comandante militare competente a provvedere per il sottufficiale o per il militare di truppa più elevato in grado o più anziano, se vi è corresponsabilità tra sottufficiali o i militari di truppa della stessa Forza armata dipendenti da comandanti militari diversi o residenti in territori di competenza di diversi comandanti militari territoriali, tra quelli sopra considerati; h) ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell'Arma dei carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato; i) ai rispettivi comandanti di corpo per gli appuntati e carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell'interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano. In caso di corresponsabilità con militari di altre Forze armate si provvede ai sensi della lettera g). |
Art. 51, co 8, lett. l) |
Il comma 11 prevede la copertura degli oneri relativi alla Speciale indennità pensionabile che deriva dalle modifiche introdotte dal comma 8 al Codice dell’ordinamento militare, a decorrere dall’anno 2022, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente – accantonamento relativo al Ministero della difesa.
Articolo 51, comma 9
(Sistemi informatici MITE)
Con l'obiettivo di superare eventuali disagi derivanti dal temporaneo blocco informatico del sito del Ministero della transizione ecologica, disposto per preservarlo da un recente attacco hacker, il comma 9 dell'articolo 51 proroga di 60 giorni tutti i termini relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi di competenza del medesimo dicastero e pendenti alla data del 6 aprile 2022, ad eccezione dei termini relativi ai procedimenti per l'attuazione dei traguardi e degli obiettivi del PNRR da realizzarsi entro il secondo trimestre 2022.
Il comma 9 dell'articolo in esame prevede una dilazione temporale per i procedimenti amministrativi (ad. es VIA e VAS), nonché autorizzativi, a seguito degli effetti subiti dai sistemi informatici del Ministero della transizione ecologica, causati da attacchi cibernetici denunciati all'autorità giudiziaria e per i quali è interessata l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Nello specifico, per i predetti procedimenti di competenza del Ministero medesimo e pendenti alla data del 6 aprile 2022, ovvero iniziati nei 30 giorni successivi a tale data, si prevede che i relativi termini (ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi) siano prorogati di 60 giorni.
La disposizione in esame è tuttavia inapplicabile ai termini relativi ai procedimenti per l'attuazione dei traguardi e degli obiettivi del PNRR da realizzarsi entro il secondo trimestre 2022, per i quali sono state predisposte misure di carattere emergenziale atte a garantire il rispetto del cronoprogramma previsto dal medesimo PNRR.
Il differimento in esame viene giustificato in ragione dell'evento cibernetico che ha di recente interessato i sistemi informatici del medesimo Ministero. Come si evince dal relativo comunicato stampa dell'11 maggio u.s., il Ministero della transizione ecologica ha di recente subito un attacco hacker del proprio sistema informatico. Nel comunicato il Ministero ha segnalato che i propri sistemi informatici erano stati ripristinati e che dal 6 maggio era di nuovo raggiungibile il Portale di valutazioni e autorizzazioni ambientali VIA-VAS di cui, a scopo precauzionale, era stata interrotta l’accessibilità a seguito dell’attacco cibernetico di inizio aprile. L’accesso dall’esterno al sito e al portale VIA-VAS del MiTE - prosegue il comunicato - era stato inibito anche in osservanza delle raccomandazioni dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) e il superamento del blocco informatico e la ripresa delle attività procedimentali sono stati resi possibili grazie alla definizione di un piano di procedure nel quadro dei necessari parametri di sicurezza cibernetica. Per ovviare a eventuali disagi, il Ministero della Transizione Ecologica ha già disposto la proroga di alcuni bandi prossimi alla scadenza e il differimento di sessanta giorni di tutti i termini relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi, anche autorizzativi, di competenza del MiTE, con provvedimento varato dal Consiglio dei ministri il 2 maggio 2022. Con le misure adottate di contenimento del rischio e di proroga precauzionale dei termini non è stato intaccato in alcun modo il cronoprogramma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In tema di sicurezza cibernetica, si segnala che il Governo ha di recente trasmesso al Parlamento il seguente schema di decreto legislativo: Atto n. 388 - Schema di decreto legislativo recante norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del titolo III "Quadro di certificazione della cibersicurezza" del regolamento (UE) 2019/881 relativo all'ENISA, l'Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza, e alla certificazione della cibersicurezza per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e che abroga il regolamento (UE) n. 526/2013 ("regolamento sulla cibersicurezza").
La Relazione tecnica osserva che la disposizione in esame ha carattere ordinamentale e non comporta, quindi, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Per approfondimenti sul tema della 'Sicurezza cibernetica' si veda l'apposito tema web a cura della Camera
Per ulteriori approfondimenti, si veda anche il sito della Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
Articolo 51, comma 10
(Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
L’articolo 51, comma 10, attribuisce all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di vigilare sull’osservanza, da parte degli operatori del settore, del divieto di diffondere o consentire la diffusione dei contenuti proposti dai canali di informazione Russia Today e Sputnik.
L’articolo 51, comma 10, individua, ferme restando le competenze delle altre Autorità nazionali già designate, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) quale autorità competente a vigilare sull'osservanza, da parte degli operatori del settore, del divieto di diffondere o consentire la diffusione dei contenuti proposti dai canali di informazione Russia Today e Sputnik, di cui all'articolo 2-septies del regolamento (UE) n. 833/2014, introdotto dall'articolo 1, numero I), del regolamento (UE) 2022/350.
La designazione dell’AGCOM è effettuata ai sensi dell’articolo 9 del medesimo regolamento (UE) n. 833/2014, il quale rimette agli Stati membri l’individuazione delle autorità competenti a vigilare sull’osservanza dei divieti contenuti nel regolamento stesso.
Con il regolamento (UE) n. 833/2014, già l’Unione europea aveva stabilito delle misure restrittive in considerazione delle azioni della fedrazione russa che destabilizzavano la situazione in Ucraina. Il riferimento, allora, era all’annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli.
In risposta alle azioni così intraprese dalla Russia, era stata approvata la decisione 2014/145/PESC, nonché la decisione 2014/512/PESC, quest’ultima relativa all’imposizione di nuove misure restrittive contro organi di informazione russi impegnati in attività di propaganda.
Ad esse aveva fatto seguito un primo regolamento (UE) n. 269/2014 recante misure quali il congelamento dei fondi e delle risorse economiche di determinate persone fisiche o giuridiche, entità e organismi, nonché restrizioni su determinati investimenti.
Un secondo pacchetto di misure (oggetto, appunto, del regolamento (UE) n. 833/2014) aveva portato ad applicare restrizioni:
- sulle esportazioni di determinati beni e tecnologie a doppio uso – civile e militare;
- sulla prestazione di servizi connessi;
- sulla fornitura di armi e materiale bellico alla Federazione russa;
- sulla vendita, sulla fornitura, sul trasferimento e sull’esportazione, anche indiretti, di determinate tecnologie per l’industria petrolifera in Russia;
- sull’accesso al mercato dei capitali per determinati enti finanziari legati alla Russia.
A fronte della nuova minaccia recata all’indipendenza e all’integrità dell’Ucraina dalla Federazione russa con l’aggressione militare tuttora in corso, l’Unione europea ha adottato nuovi pacchetti di sanzioni, oggetto di regolamenti che apportano modifiche, alcuni, al Regolamento (UE) n. 269/2014 e, altri, al Regolamento (UE) n. 833/2014.
Il regolamento (UE) 2022/350, cui si riferisce la disposizione in esame, prevede ulteriori misure restrittive in considerazione dell’invasione opoerata dalla Federazione russa ai danni dell’Ucraina, conseguentemente apportando delle modifiche al Regolamento (UE) n. 833/2014.
Al Considerando (4), in particolare, le azioni militari della Federazione russa sono definite «illegali», causa di gravi violazioni del diritto internazionale e dei princìpi della Carta delle Nazioni Unite, nonché minaccia alla sicurezza ed alla stabilità europee e mondiali.
In tale contesto, il Consiglio europeo – dopo aver condannato con la massima fermezza, nelle sue conclusioni del 24 febbraio 2022, l’aggressione militare non provocata e ingiustificata della Federazione russa contro l’Ucraina – ha chiesto la preparazione e l’adozione urgenti di un ulteriore pacchetto di sanzioni individuali ed economiche, al contempo invitando la Russia e le formazioni armate da essa sostenute a fermare la loro campagna di disinformazione.
Da tempo, infatti – come si legge al Considerando (6) - la Federazione russa attua una sistematica campagna internazionale di manipolazione dei media e di distorsione dei fatti, nell'intento di rafforzare la sua strategia di destabilizzazione dei paesi limitrofi e dell'Unione e dei suoi Stati membri.
Specialmente - Considerando (7) - nell’intento di giustificare e sostenere l'aggressione nei confronti dell'Ucraina, la Federazione russa porta avanti da tempo la pratica di lanciare iniziative continue e concertate di propaganda prendendo di mira la società civile dell'Unione e dei paesi limitrofi, distorcendo gravemente i fatti e manipolando la realtà.
Tali iniziative di propaganda, come conferma il Considerando (8), hanno trovato una cassa di risonanza in vari organi di informazione sotto lo stabile controllo diretto o indiretto della leadership della Federazione russa e rappresentano una minaccia consistente e diretta all'ordine pubblico e alla sicurezza dell'Unione, poiché svolgono un ruolo strumentale ai fini della promozione e del sostegno dell’aggressione nei confronti dell’Ucraina e della destabilizzazione dei Paesi limitrofi – Considerando (9).
Pertanto, con il Regolamento in parola, l’Unione europea interviene allo scopo di sospendere in via d’urgenza le attività di radiodiffusione di tali organi di informazione che avvengano o siano comunque dirette all’Unione stessa, sempre nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali, in particolare con il diritto alla libertà di espressione e informazione, come riconosciuto all'articolo 11 della stessa.
L’articolo 2-septies, introdotto nel corpo del Regolamento (UE) n. 833/2014 dal Regolamento (UE) 2022/350, al paragrafo 1 vieta agli operatori:
- la radiodiffusione;
- il conferimento della capacità di diffondere;
- l'agevolazione della radiodiffusione o altro concorso a tal fine,
dei contenuti delle persone giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato XV, anche sotto forma di trasmissione o distribuzione tramite mezzi quali cavo, satellite, IP-TV, fornitori di servizi internet, piattaforma o applicazione di condivisione di video su internet, siano essi nuovi o preinstallati.
L’allegato XV, richiamato, reca l’elenco delle persone giuridiche, entità o organismi i cui contenuti sono soggetti al divieto appena illustrato, individuandoli nei seguenti:
a. RT — Russia Today English
b. RT — Russia Today UK
c. RT — Russia Today Germany
d. RT — Russia Today France
e. RT — Russia Today Spanish
f. Sputnik
Il paragrafo 2 dispone, in aggiunta, la sospensione di qualsiasi licenza o autorizzazione di radiodiffusione e qualsiasi accordo di trasmissione e distribuzione in essere con tali persone giuridiche, entità o organismi.
Articolo 52
(Misure in materia di società pubbliche)
L’articolo 52, comma 1, individua, a decorrere dal 25 maggio 2022, la Società “Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A”, quale soggetto attuatore degli interventi previsti per lo svolgimento delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino di Cortina d'Ampezzo 2020-2021 e non completati alla data del 30 aprile 2022.
Il comma 2 incrementa di 925 milioni di euro, per l’anno 2022, le risorse volte a sostenere programmi di sviluppo e rafforzamento patrimoniale delle società soggette a controllo dello Stato.
Il comma 1, in particolare, inserisce un nuovo comma 2-quater all’articolo 3 del D.L.16/2020, al fine di prevedere che la Società “Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A”, a decorrere dal 25 maggio 2022, sia il soggetto attuatore degli interventi, non ancora completati alla data del 30 aprile 2022, ricompresi nel piano previsto per lo svolgimento delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino di Cortina d'Ampezzo 2020-2021 dall'articolo 61, comma 4, del D.L. 50/2017.
Conseguentemente, la suddetta Società subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi, ivi compresa la gestione commissariale della contabilità speciale n. 6081, sorti in relazione alla gestione commissariale dell’evento Cortina d’Ampezzo 2020-2021, come disciplinata all'articolo 61, comma 1, del medesimo D.L. 50 del 2017, che cessa pertanto di avere efficacia.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Relazione trasmessa alla Camera dei deputati nel marzo 2021 sulle attività svolte dal Commissario per l’anno 2020.
Il D.L. 50/2017 ha previsto e disciplinato, all’art. 61, la realizzazione del progetto sportivo delle finali di coppa del mondo e dei campionati mondiali di sci alpino a Cortina d’Ampezzo, rispettivamente, nel marzo 2020 e nel febbraio 2021. In particolare, il comma 1 del citato art. 61 ha previsto, tra l’altro, la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Presidente della Regione Veneto, il Presidente della Provincia di Belluno, il Sindaco del Comune di Cortina d’Ampezzo e il legale rappresentante delle Regole d’Ampezzo, di un Commissario con il compito di provvedere alla progettazione e alla realizzazione del Piano degli interventi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 17 ottobre 2017, veniva nominato Commissario l’ing. Luigi Valerio Sant’Andrea, dimissionario il 31 luglio 2020. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 agosto 2020, è stato nominato Commissario il dott. Valerio Toniolo fino al 31 dicembre 2021.
Successivamente, l’art. 13, comma 3 del D.L. 228/2021, che ha modificato il comma 9 dell’art. 61 del D.L. 50/2017, ha previsto che la gestione commissariale cessi il 30 aprile 2022.
Ai sensi del comma 4 dell'art. 61 del D.L. 50/2017, è stato previsto che all'esito della Conferenza dei servizi, il Commissario approvasse il piano degli interventi con proprio decreto e che detto decreto sostituisse ogni parere, valutazione, autorizzazione o permesso comunque denominati, necessari alla realizzazione dell'intervento.
Per ulteriori approfondimenti sulle misure previste per i Campionati mondiali di sci alpino Cortina 2020-2021, si veda il seguente link.
L’articolo 3 del D.L. 16/2020 ha autorizzato la costituzione della Società pubblica “Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa”, cui è stato affidato il compito di realizzare le opere previste per lo svolgimento delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi invernali del 2026.
Il comma 2 incrementa di 925 milioni di euro per il 2022 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 66 del decreto-legge n.104 del 2020.
L’articolo 66 del decreto-legge n. 104 del 2020 dispone che al fine di sostenere programmi di sviluppo e rafforzamento patrimoniale delle società soggette a controllo dello Stato, nel rispetto del quadro normativo dell'Unione europea e di settore, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possa essere autorizzata la sottoscrizione di aumenti di capitale e di strumenti di patrimonializzazione di società controllate, per un importo complessivo fino a 1.500 milioni di euro in conto capitale.
Alla copertura degli oneri, pari a 925 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede mediante corrispondente versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme iscritte in conto residui, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 79, comma 7, secondo periodo, del decreto-legge n. 18 del 2020.
Il richiamato articolo 79, comma 7, secondo periodo, del decreto-legge n. 18 del 2020, ha istituito un Fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l’anno 2020, per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 4-bis del medesimo articolo 79, relative al sostegno al trasporto aereo in considerazione delle perdite subìte a causa dell’epidemia da COVID-19.
Nello specifico, il comma 3 - in considerazione della situazione determinata sulle attività di Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e di Alitalia Cityliner S.p.A. dall’epidemia da COVID-19 - autorizza la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta. Il decreto ministeriale di costituzione della nuova società, denominata Italia Trasporto Aereo Spa (ITA S.p.a), è stato firmato il 9 ottobre 2020 ed è stato registrato alla Corte dei conti il 30 ottobre 2020.
Ai sensi del successivo comma 4, l’atto costitutivo di tale società è un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che, adottato di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, e sottoposto alla registrazione della Corte dei Conti:
· definisce l’oggetto sociale, il capitale sociale iniziale e ogni altro elemento necessario per la costituzione e il funzionamento della società;
· approva lo statuto della società;
· reca la nomina degli organi sociali per il primo periodo di durata in carica;
· stabilisce le remunerazioni degli organi sociali ai sensi dell’articolo 2389, primo comma, del codice civile;
· definisce i criteri, in riferimento al mercato, per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile.
Fermo restando che alle modifiche e successive nomine degli organi sociali si provvede a norma del codice civile, il comma 4 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a partecipare al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della società con un apporto complessivo di 3 miliardi di euro, da sottoscrivere e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica. Tale importo è stato successivamente ridotto a seguito delle interlocuzioni con la Commissione europea.
Si segnala che, con DPCM 11 febbraio 2022, sono state definite le modalità di alienazione della partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze in ITA S.p.a.
Infine, il comma 4-bis (inserito dal decreto-legge n. 104 del 2020) autorizza, in sede di prima applicazione e con le modalità già viste al comma 4, la costituzione della società anche ai fini dell'elaborazione del piano industriale, determinandone il capitale sociale iniziale in 20 milioni di euro a valere sul Fondo di cui al comma 7.
Il comma 4-bis ha previsto, altresì, che il Consiglio di amministrazione provveda a redigere ed approvare, entro trenta giorni dalla costituzione della società, un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell'offerta, che includa strategie strutturali di prodotto. A tal fine, è stabilito che il piano possa prevedere la costituzione di una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché l'acquisto o l'affitto, anche a trattativa diretta, di rami d'azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria. Tale piano è trasmesso alla Commissione europea per le valutazioni di competenza, nonché alle Camere per l'espressione, da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, di un parere motivato nel termine perentorio di trenta giorni dalla data di assegnazione, decorso il quale la disposizione prevede che si prescinda dallo stesso.
Il primo Piano industriale di Italia Trasporto Aereo S.p.a. (ITA S.p.a.) è stato presentato il 21 dicembre 2020 ed è stato inviato, come previsto dalla normativa, tanto alle autorità europee che alle Camere. Su tale schema, la IX Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni il 17 marzo 2021 (A.G. 237), mentre, a seguito della interlocuzione con la Commissione europea, il CdA di ITA S.p.a. ha successivamente approvato, il 28 luglio 2021, il Piano industriale rivisto, 2021-2025.
Sul punto, si segnala che il decreto legge n. 121 del 2021, convertito dalla legge n. 156 del 2021, ha previsto (art. 7, comma 2) che il Ministro dell'economia e finanze riferisca annualmente alle Commissioni parlamentari sull'attuazione del piano industriale di ITA S.p.a.
Per completezza espositiva, si segnala che l’articolo 79, comma 7, terzo e quarto periodo, dispone che, per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 4-bis, il Ministero dell'economia e delle finanze si avvalga anche di primarie istituzioni finanziarie, industriali e legali nel limite di 300 mila euro per l'anno 2020. A tal fine, è, altresì, autorizzata la spesa di 300 mila euro per l'anno 2020.
Quanto agli interventi previsti dal comma 4, è stabilito che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possa essere riassegnata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una quota degli importi derivanti da operazioni di valorizzazione di attivi mobiliari e immobiliari o da distribuzione di dividendi o riserve patrimoniali.
Articolo 53
(Contabilità speciale a favore del Commissario straordinario
per l’emergenza della peste suina africana)
L’articolo 53 – attraverso una novella - autorizza l’apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per l’emergenza della peste suina africana nella quale confluiscono le risorse assegnate allo scopo di contrastare la malattia.
L’articolo in esame – attraverso l’inserimento di un periodo alla fine del comma 2-bis, dell’articolo 2, del D.L. 9/2022 (L.29/2022)[81] - autorizza l’apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario per l’emergenza della peste suina africana, nella quale confluiscono le risorse assegnate allo scopo di attuare tempestivamente lo svolgimento di misure di contrasto alla diffusione della malattia.
Si ricorda che il comma 2-bis, dell’articolo 2, del D.L. 9/2022 (L.29/2022), prevede che nella zona infetta corrispondente alla zona soggetta a restrizione II [ di cui all'allegato I al regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 della Commissione, del 7 aprile 2021, in conformità agli articoli 63, paragrafo 2, 64 e 65 del regolamento delegato (UE) 2020/687 della Commissione, del 17 dicembre 2019, nonché alle disposizioni previste per la predetta zona soggetta a restrizione II], le regioni e le province autonome, unitamente agli interventi urgenti di cui all'articolo 1, comma 1, attuano le ulteriori misure disposte dal Commissario straordinario per la prevenzione, il contenimento e l'eradicazione della peste suina africana, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili, idonee al contenimento dei cinghiali selvatici.
Per la messa in opera delle recinzioni e delle strutture temporanee di cui al presente comma il Commissario straordinario può indire procedure di gara [ai sensi dell'articolo 63, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50]. A tal fine è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022.
Le predette risorse sono conseguentemente trasferite al Commissario straordinario.
Con particolare riferimento alle zone soggette a restrizione, si sottolinea che la Decisione di esecuzione (UE) 2022/746 della Commissione del 13 maggio 2022, pubblicata lo scorso 16 maggio, ha previsto per l’Italia l’istituzione, fino al prossimo 31 agosto, di alcune zone infette nell’ambito del Comune di Roma (qui le aree) con riguardo a questa malattia diffusiva, in applicazione delle misure di cui agli articoli da 63 a 66 del richiamato Regolamento delegato (UE) 2020/687 (vedi link), dato il considerevole rischio di trasmissibilità del virus tra i suini selvatici e quelli detenuti in stabilimenti di allevamento, con potenziali gravi conseguenze sulla popolazione animale interessata, anche selvatica, e sulla redditività dell'allevamento di suini detenuti.
Articolo 54
(Disposizioni urgenti per i trasporti in condizioni di eccezionalità)
L’articolo 54 differisce al 31 luglio 2022 il termine per l’adozione delle nuove linee guida per la disciplina sui trasporti eccezionali, nonché la vigenza della disciplina transitoria per le autorizzazioni al trasporto eccezionale di massa complessiva fino a 108 tonnellate effettuato mediante complessi di veicoli a otto assi.
Il comma 1 della disposizione in esame differisce dal 30 aprile al 31 luglio 2022 il termine previsto dall'articolo 10, comma 10-bis, alinea, primo periodo, del Codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992.
Tale disposizione prevede che, con decreto del MIMS, adottato previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentite l’ANSFISA (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali) e la Conferenza unificata, siano adottate le linee guida finalizzate ad assicurare l'omogeneità:
§ della classificazione e gestione del rischio, e
§ della valutazione della compatibilità dei trasporti in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali, con la stabilità dei manufatti e con la sicurezza della circolazione.
In particolare, tali linee guida dovranno definire:
a) le modalità di verifica della compatibilità del trasporto in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali, con la stabilità dei manufatti e con la sicurezza della circolazione, in coerenza con quanto previsto dalle linee guida di cui all’articolo 14 del decreto-legge n. 109 del 2018 (cosiddetto decreto Genova);
b) le modalità di rilascio dell’autorizzazione per il trasporto in condizioni di eccezionalità per massa complessiva fino a 108 tonnellate effettuato mediante complessi di veicoli ad otto assi di cui al comma 2, lettera b), nonché per i trasporti in condizioni di eccezionalità di un unico pezzo indivisibile eccedenti i limiti di massa previsti dalla predetta lettera b), ivi comprese:
1. le specifiche attività di verifica preventiva delle condizioni delle sovrastrutture stradali e della stabilità dei manufatti, interessati dal trasporto in condizioni di eccezionalità, che l’ente proprietario o concessionario (per le autostrade, strade statali e militari) e le regioni (per la rimanente rete viaria, v. comma 6) sono tenuti ad effettuare, anche in considerazione del numero e della frequenza dei trasporti in condizioni di eccezionalità, prima del rilascio dell’autorizzazione;
2. le specifiche modalità di verifica della compatibilità del trasporto in condizioni di eccezionalità con la conservazione delle sovrastrutture stradali e con la stabilità dei manufatti;
3. le specifiche modalità di monitoraggio e controllo delle sovrastrutture stradali e dei manufatti, interessati dal trasporto in condizioni di eccezionalità, differenziate in considerazione del numero e della frequenza dei trasporti in condizioni di eccezionalità;
4. le specifiche modalità di transito del trasporto eccezionale.
Il comma 2 differisce a sua volta, dal 30 aprile al 31 luglio 2022, la vigenza della disciplina transitoria del trasporto eccezionale, prevista dall'articolo 7-bis, comma 2, del decreto-legge n. 146 del 2021 (cosiddetto decreto fiscale-lavoro) nelle more dell’emanazione delle sopracitate Linee guida.
Si prevede, in tal senso, che continui ad applicarsi, ai trasporti in condizioni di eccezionalità per massa complessiva fino a 108 tonnellate effettuati mediante complessi di veicoli a otto assi, la disciplina di cui al citato articolo 10 del Codice della strada vigente al 9 novembre 2021; inoltre, conservano efficacia fino alla loro scadenza e comunque non oltre il 31 luglio 2022, le autorizzazioni alla circolazione già rilasciate alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 10, comma 10-bis, del Codice.
Si ricorda che il citato articolo 7-bis del decreto-legge n. 146 del 2021 ha ripristinato il testo dell’art. 10 del Codice della strada nella versione (precedente al decreto-legge n. 121 del 2021, che aveva, viceversa, eliminato tale possibilità) che consente di traportare fino a un massimo di 108 tonnellate nei complessi di veicoli ad otto assi.
Dunque, tale art. 10, nel testo vigente in epoca anteriore alla legge di conversione del decreto legge n. 121 del 2021, prevede, al comma 2, lett. b), due ipotesi per il trasporto di blocchi di pietra naturale, elementi prefabbricati compositi ed apparecchiature industriali complesse per l'edilizia, di prodotti siderurgici, coils e laminati grezzi:
§ il trasporto che ecceda sia i limiti di sagoma dell'art. 61 sia quelli di massa dell'art. 62;
§ il trasporto che ecceda solo i limiti di massa dell'art. 62 ma non quelli dell'art. 61.
In entrambi i casi, la massa complessiva non può essere superiore:
- a 38 tonnellate se si tratta di autoveicoli isolati a tre assi;
- a 48 tonnellate se si tratta di autoveicoli isolati a quattro assi;
- a 86 tonnellate se si tratta di complessi di veicoli a sei assi;
- a 108 tonnellate se soi tratta di complessi di veicoli ad otto assi.
I limiti di massa relativi all’ultima ipotesi qui richiamata possono essere superati nel solo caso in cui venga trasportato un unico pezzo indivisibile.
Articolo 55
(Disposizioni sul contributo straordinario contro il caro bollette)
L’articolo 55 aumenta dal 10 al 25 per cento l’imposta sugli extraprofitti nel settore energetico introdotta con il D.L. n. 21/2022 e ne estende il periodo di applicazione di un mese, fino al 30 aprile 2022. Inoltre, prevede che il contributo sia versato in due date: un acconto del 40 per cento entro il 30 giugno 2022 e il saldo entro il 30 novembre 2022.
Il comma 1 modifica la norma istitutiva del contributo straordinario contro il caro bollette (art. 37 del D.L. n. 21/2022, alla cui scheda si rinvia) a carico delle imprese esercenti in Italia le attività di produzione, rivendita e importazione di energia elettrica e gas o di produzione, estrazione, rivendita, importazione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi.
Il decreto-legge n. 21/2022, all’articolo 37, ha istituito un contributo straordinario contro il caro bollette a carico di soggetti operanti nel settore energetico, nella misura del 10 per cento dell’incremento del saldo tra operazioni attive e passive realizzato dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022, rispetto al medesimo periodo tra il 2020 e il 2021.
Ai fini del calcolo della base imponibile, il totale delle operazioni attive e delle operazioni passive coincide con l’importo, al netto dell’IVA, indicato nelle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA trasmesse per i trimestri compresi nei periodi di riferimento dalla norma.
L’imposta si applica ai soggetti esercenti in Italia le attività di:
- produzione di energia elettrica per la successiva rivendita;
- produzione di gas metano;
- estrazione di gas naturale;
- rivendita di energia elettrica, gas metano e gas naturale;
- produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
- importazione a titolo definitivo, oppure introduzione nel territorio italiano da altri stati dell’UE, di energia elettrica, gas naturale, gas metano e prodotti petroliferi.
Sono tuttavia esclusi i soggetti che conseguono un incremento del saldo fino a 5 milioni di euro o, comunque, inferiore al 10 per cento.
Il contributo non è deducibile ai fini IRES e IRAP. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, avvalendosi della Guardia di finanza, è incaricata di verificare che il contributo non abbia ripercussioni sui prezzi al consumo dei prodotti energetici e dell’energia elettrica.
Le modifiche sono volte a:
§ estendere il periodo di riferimento in modo da ricomprendere nel calcolo della base imponibile le operazioni attive e passive intervenute ad aprile 2022. Pertanto, la base imponibile sarà costituita dall’incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022 (anziché al 31 marzo 2022), rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021 (anziché al 31 marzo 2022). Restano fermi i casi di esclusione previsti dalla norma istitutiva del contributo, ossia i casi in cui l’incremento non sia superiore a 5 milioni di euro o sia inferiore al 10 per cento (comma 1, lett. b);
§ elevare l’aliquota dal 10 al 25 per cento (comma 1, lett. b);
§ prevedere che il versamento dell’imposta non avvenga in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2022, bensì in due rate: un acconto del 40 per cento entro il 30 giugno 2022 e il saldo entro il 30 novembre 2022 (comma 1, lett. c);
Ai fini della corretta formulazione del testo, al comma 1, lettera c), appare necessario che le parole “30 giugno 2022” siano sostituite da “entro il 30 giugno 2022”.
§ posticipare di un mese (comma 1, lett. d), dal 1° maggio al 31 dicembre 2022 anziché dal 1° aprile al 31 dicembre 2022, l’entrata in vigore dell’obbligo per le imprese tenute al pagamento del contributo di comunicare entro la fine di ciascun mese solare all’Autorità garante della concorrenza e del mercato il prezzo medio di acquisto, produzione e vendita dell’energia elettrica, del gas naturale, del gas metano e dei prodotti petroliferi, relativi al mese precedente (le comunicazioni sono finalizzate a consentire all’AGCM di verificare che il contributo non abbia ripercussioni sui prezzi finali):
§ rinviare di un mese, dal 1° aprile al 1° maggio 2022, fermo il termine di conclusione del 31 dicembre 2022, la decorrenza del periodo con riferimento al quale è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per la remunerazione delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale della guardia di finanza finalizzate a fornire supporto all’AGCM (comma 1, lett. e).
Articolo 56
(Disposizioni in materia di Fondo per lo sviluppo e la coesione)
L’articolo 56 dispone, al comma 1, l’incremento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, della programmazione 2021-2027, di 1.500 milioni di euro per il 2025, in termini di competenza.
Il comma 2 reca disposizioni funzionali ad operare le riduzioni delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, della programmazione 2014-2020, ai fini del reperimento delle risorse poste a copertura finanziaria degli oneri complessivi del provvedimento in esame, ai sensi di quanto richiesto dall’articolo 58, comma 4, lettera f), nell’importo di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e di 3 miliardi di euro per l’anno 2025.
Tali riduzioni vengono imputate, in via prioritaria, a valere sulle risorse degli interventi definanziati a causa del mancato rispetto dei termini per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti, fissato dalla normativa vigente al 31 dicembre 2022 o al 31 dicembre 2023. Il valore degli interventi definanziati è accertato con apposite delibere del CIPESS. In caso di eventuale fabbisogno residuo, il CIPESS vi provvede a valere sulle risorse disponibili della programmazione 2014-2020, ovvero, in caso di disponibilità insufficienti, sulle risorse della programmazione 2021-2027, che vanno ad integrare la quota residua della programmazione 2014-2020, sino a concorrenza delle riduzioni.
Per gli interventi infrastrutturali, il comma 3 definisce una specifica procedura per la revoca dei finanziamenti concessi a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, che prevede: i) l’individuazione da parte del CIPESS, dopo apposita ricognizione, degli interventi infrastrutturali privi al 30 giugno 2022 dell’obbligazione giuridicamente vincolante; ii) la definizione di obiettivi (iniziali, intermedi e finali) con i relativi termini temporali di conseguimento, stabiliti in relazione ad un cronoprogramma finanziario e procedurale; iii) il definanziamento dell’intervento nel caso di mancato rispetto degli obiettivi indicati dal CIPESS. Non si procede al definanziamento nel caso in cui siano comunque intervenute, entro il 30 giugno 2023, obbligazioni giuridicamente vincolanti, intendendosi come tali – secondo la definizione introdotta dall’articolo in esame - quelle derivanti dalla stipulazione del contratto.
La procedura di revoca delle risorse non si applica agli interventi del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 rientranti nei progetti in essere del PNRR, cui sono estese le procedure gestionali e finanziarie in deroga, stabilite per le risorse del PNRR (comma 4).
Il comma 1 dispone l’incremento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, della programmazione 2021-2027, di 1,5 miliardi di euro per il 2025, in termini di competenza, ai cui oneri si provvede ai sensi dell’articolo 58.
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali. Nel Fondo - disciplinato dal D.Lgs. n. 88 del 2011 – sono pertanto iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali con carattere pluriennale, destinate alle richiamate finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea. Per il ciclo di programmazione 2021-2027, il DEF 2020 ha stabilito l’ammontare delle risorse del FSC nella misura di 73,5 miliardi di euro. La legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020), all'articolo 1, comma 177, ha dunque disposto una prima assegnazione di risorse aggiuntive al Fondo per lo sviluppo e la coesione nell'importo di 50 miliardi di euro. La legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021), in Sezione II, ha disposto un rifinanziamento del FSC 2021-2027 di 23,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2029.
Si rammenta, altresì, che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stata anticipata la programmazione nazionale del FSC 2021-2027 per un valore di 15,5 miliardi, al fine di accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti del PNRR. Tali risorse state sono reintegrate nella disponibilità del Fondo dall'art. 2 del D.L. n. 59/2021, al fine di garantirne la piena addizionalità.
Il comma 2 reca disposizioni funzionali ad operare le riduzioni delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, della programmazione 2014-2020, ai fini del reperimento delle risorse poste a copertura finanziaria degli oneri complessivi del provvedimento in esame (ai sensi di quanto richiesto dall’articolo 58, comma 4, lettera f)), nell’importo di:
§ 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e di
§ 3 miliardi di euro per l’anno 2025.
Tali riduzioni vengono imputate, in via prioritaria, a valere sulle risorse degli interventi definanziati per il mancato rispetto dei termini per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), in applicazione dell’articolo 44, comma 7, lettera b) e comma 7-bis del D.L. n. 34 del 2019 - quest’ultimo introdotto dal successivo comma 3 dell’articolo in esame (cfr. infra) – i quali stabiliscono, quali termini ultimi per l’assunzione delle OGV, rispettivamente, il 31 dicembre 2022 e il 31 dicembre 2023.
Si rammenta, al riguardo, che in base alla disciplina generale recata dalla delibera CIPE 10 agosto 2016, n. 25[82], punto 2, lettera e), la mancata assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti nei termini previsti comporta la revoca delle risorse assegnate ai relativi interventi. Le somme recuperate in conseguenza delle revoche sono annualmente riprogrammate dalla Cabina di regia nel rispetto delle destinazioni per area tematica e per macro area territoriale.
Va segnalato, tuttavia, che l’articolo 29, comma 9, del D.L. n. 4/2022 (Sostegni-ter) ha introdotto una disposizione di carattere generale che prevede, a decorrere dal 27 gennaio 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n. 4/2022) e fino al 31 dicembre 2026, il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse derivanti da revoca dei finanziamenti statali relativi a interventi di spesa in conto capitale, per la loro successiva riassegnazione al Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche (di cui all’articolo 7, comma 1, del D.L. n. 76 del 2020), con espressa esclusione soltanto per le risorse relative al PNRR, al programma React-EU, al Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC).
Il richiamato articolo 44 del D.L. n. 34/2019, nel prevedere l’istituzione dei Piani di sviluppo e coesione (PSC) per ciascuna amministrazione centrale e territoriale destinataria delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC), nei quali confluiscono le risorse ad esse assegnate nell’ambito degli strumenti di intervento dei cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020[83], stabilisce, al comma 7, che in sede di prima approvazione, ciascun Piano sviluppo e coesione può contenere:
· gli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata (lett. a));
· gli interventi che, pur non rientrando nella casistica di cui alla lettera a), siano valutati favorevolmente da parte del Dipartimento per le politiche di coesione (DPC) della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell'Agenzia per la coesione territoriale, sentite le amministrazioni titolari delle risorse, in ragione della coerenza con le "missioni" della politica di coesione e con gli obiettivi strategici del ciclo di programmazione dei fondi europei, fermo restando l'obbligo di generare obbligazioni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2022[84] (lettera b).
Il nuovo comma 7-bis dell’articolo 44 del D.L. n. 34/2019 - introdotto dal comma 3 dell’articolo in esame - prevede specifiche procedure di definanziamento degli interventi infrastrutturali finanziati con le risorse del FSC 2014-2020, che spostano al 30 giugno 2023 il termine ultimo per le obbligazioni giuridicamente vincolanti (cfr infra).
Ai fini del reperimento delle risorse utili per la copertura finanziaria, il comma 2 dell’articolo 56 in esame dispone che, con una o più delibere da adottare entro novanta giorni dalla scadenza del termine per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti, di cui all’articolo 44, commi 7, lettera b) (31 dicembre 2022) e comma 7-bis (30 giugno 2023) del decreto-legge n. 34/2019, il CIPESS accerta il valore degli interventi definanziati e - nell’eventualità in cui tale valore risulti inferiore alle riduzioni richieste dall’articolo 58 - provvede all’imputazione del fabbisogno residuo sulle risorse disponibili del FSC della programmazione 2014-2020.
In sostanza, la norma consente al CIPESS, in caso di insufficienza delle risorse rivenienti dalle revoche (rispetto a quanto richiesto dall’articolo 58), di portare in riduzione le risorse ancora disponibili della programmazione 2014-2020.
Qualora, tuttavia, le risorse della programmazione 2014-2020 dovessero presentare disponibilità insufficienti, il comma 2 ne prevede l’incremento, con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, della programmazione 2021-2027.
Riguardo alle risorse del FSC della programmazione 2014-2020, si ricorda che esse sono state autorizzate per un ammontare complessivo pari a circa 68,8 miliardi di euro, di cui 54,8 miliardi stanziati inizialmente dalla legge di stabilità per il 2014 (art. 1, comma 6, legge n. 147/2013), e poi via via rifinanziati dalle successive leggi di bilancio. Tali risorse risultano ad oggi pressoché interamente programmate, mediante delibere del Cipe o disposizioni legislative[85].
Circa l’utilizzo di tali risorse per finalità di copertura finanziaria – ai sensi di quanto disposto dagli articoli 56 e 58 del decreto-legge in esame - si ricorda che il comma 6 della legge n. 147/2013 destina le risorse del Fondo esclusivamente al sostegno di interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, a finalità di riequilibrio economico e sociale, secondo la chiave di riparto che ne assicura l’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e il 20 per cento alle aree del Centro-Nord.
Si evidenzia, pertanto, che l’utilizzo delle risorse del FSC per la copertura finanziaria di parte degli oneri recati dal provvedimento in esame, farebbe venir meno il principio di destinazione territoriale delle risorse secondo la chiave di riparto (80/20) definita dal medesimo art. 1, comma 6, della legge n. 147/2013.
Per quanto riguarda il valore degli interventi da definanziare del FSC della programmazione 2014-2020, di cui al comma 2 in esame, si sottolinea che il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, nell’audizione del 19 maggio 2022 presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, ha indicato in circa 12,8 miliardi l’importo delle risorse programmate, ma non ancora spese, soggette ad un rischio elevato di possibile revoca per mancata assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti, come segnalato nella Relazione, presentata dal Ministro per il Sud al CIPESS il 14 aprile scorso, sullo stato di avanzamento degli interventi dei Piani Sviluppo e Coesione 204-2020 sui dati riferiti al 31 dicembre 2021 e depositata in Commissione.
Nella citata Relazione è riportata una prima stima dell’entità delle risorse delle Sezioni ordinarie dei Piani Sviluppo e Coesione (riferite ai cicli 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020) per le quali, sulla base dei dati inseriti nel Sistema nazionale di monitoraggio, a un anno dalla scadenza del termine per l’assunzione di Obbligazioni Giuridicamente Vincolanti (OGV) (fissato al 31 dicembre 2022 dal D.L. n. 52/2021), non risultino essere state già conseguite le relative OGV. In particolare, nella Relazione si riporta che “La dotazione di risorse effettivamente monitorabili che rientra nell’area maggiormente a rischio di mancato conseguimento di OGV ad un anno dalla scadenza fissata dalla norma ammonta, pertanto, a 12,8 miliardi di euro, che deriva dalla sommatoria del valore dei progetti non avviati, pari a 3,7 miliardi di euro (…), e dei 9,1 miliardi di euro associati a opere pubbliche ancora in corso di progettazione (…).
Tra le risorse a rischio di mancato conseguimento di OGV devono essere considerate, almeno in parte, anche gli 8,5 miliardi di euro al momento non visibili nel monitoraggio in quanto associabili a progetti non ancora inseriti nel SNM [Sistema Nazionale di Monitoraggio]”[86].
Nelle more della procedura di definanziamento degli interventi 2014-2020 privi di OGV, le risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2021-2027 sono pertanto rese indisponibili, sino a concorrenza delle riduzioni operate sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020.
In merito all’eventuale riduzione delle risorse del FSC della programmazione 2021-2027, prevista a salvaguardia, dal comma 4 in esame, nell’ipotesi di risorse residue della programmazione 2014-2020 insufficienti rispetto al fabbisogno di cui all’articolo 58, lettera f) (complessivi 6 miliardi per il periodo 2022-2025), va segnalato che il Ministro per il Sud, nel corso dell’audizione del 19 maggio 2022 presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, ha sottolineato l’impegno del Governo a reintegrare tali risorse al FSC con la prossima legge di bilancio.
L’ultimoperiodo del comma 4 in esame mantiene comunque ferma la possibilità di procedere all’assegnazione programmatica delle risorse autorizzate per il Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2021-2027 alle aree tematiche, individuate ai sensi del comma 178, lettera b), della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021).
Si rammenta che il citato comma 178 della legge di bilancio per il 2021 definisce, alle lettere da a) a m), i meccanismi procedurali per la programmazione, la gestione finanziaria e il monitoraggio delle risorse del FSC 2021-2027 (stanziate per un importo di 73,5 miliardi), in sostanziale analogia con il precedente ciclo 2014-2020. In particolare, la normativa attribuisce al CIPE il compito di ripartirne la dotazione, con proprie deliberazioni - ferma restando la chiave di riparto delle risorse, che ne attribuisce l'80 per cento alle aree del Mezzogiorno e il 20 per cento alle aree del Centro-Nord – e ne prevede l'impiego per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, individuate in coerenza con con gli obiettivi e le strategie dei Fondi SIE e del PNRR. In base alla lettera b) del comma 178, spetta al Ministro per il Sud e la coesione territoriale il compito di individuare le aree tematiche e gli obiettivi strategici per ciascuna area, in collaborazione con le amministrazioni interessate, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni. Gli obiettivi strategici e le aree tematiche sono comunicate alle competenti Commissioni parlamentari. Spetta al CIPESS, con propria delibera, su proposta del Ministro per il Sud, disporre la ripartizione delle risorse del FSC 2021-2027 tra le diverse aree tematiche.
Il documento concernente l'individuazione delle aree tematiche e degli obiettivi strategici del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 è stato presentato al Parlamento dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale lo scorso 5 maggio 2022 (Doc. XXVII, n. 31).
Il comma 3 introduce all’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019 i commi da 7-bis a 7-quater, volti a disciplinare le modalità di definanziamento degli interventi infrastrutturali finanziati con il FSC 2014-2020 che non abbiano generato obbligazioni giuridiche vincolanti entro i termini ivi indicati.
In particolare, il nuovo comma 7-bis prevede che, a seguito di una ricognizione operata dal Dipartimento per le politiche di coesione (DPC) e dall’Agenzia per la coesione territoriale, anche sulla base dei sistemi informativi della Ragioneria generale dello Stato, il CIPESS, con apposita delibera da adottare entro il 30 novembre 2022[87], individui gli interventi infrastrutturali aventi valore finanziario complessivo superiore a 25 milioni che al 30 giugno 2022 risultino privi dell’obbligazione giuridicamente vincolante precisata al punto 2.3 della delibera del CIPE n. 26 del 28 febbraio 2018.
Il richiamato punto 2.3 della delibera n. 26/2018 stabilisce che l’obbligazione giuridicamente vincolante può considerarsi assunta con l’intervento della proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione giudicatrice ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).
Il Codice dei contratti pubblici opera una chiara distinzione tra la “proposta di aggiudicazione”, “l’approvazione della proposta di aggiudicazione” e “l’aggiudicazione”. La “proposta di aggiudicazione”, che è formulata dalla commissione giudicatrice composta da esperti nello specifico settore relativo all’oggetto del contratto d’appalto, è soggetta ad “approvazione” dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti (in mancanza di fissazione di detto termine lo stesso è individuato ope legis in trenta giorni) (art. 33, comma 1). L’“aggiudicazione”, invece, costituisce il provvedimento conclusivo della procedura di gara (art. 32, commi 5-7). Divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione deve avere luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario, purché comunque giustificata dall'interesse alla sollecita esecuzione del contratto (art. 32, comma 8).
Per tali interventi il CIPESS individua con la medesima delibera gli obiettivi iniziali, intermedi e finali con i relativi termini temporali di conseguimento, determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e procedurale.
Il mancato rispetto di tali obiettivi nei termini indicati o la mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio determina il definanziamento degli interventi.
Tale definanziamento non viene tuttavia disposto qualora siano comunque intervenute, entro il 30 giugno 2023, obbligazioni giuridicamente vincolanti.
A tale specifico fine, la norma in esame intende, per obbligazioni giuridicamente vincolanti, quelle derivanti dalla stipulazione del contratto ai sensi dell'articolo 32, comma 8 (vedi supra), del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) avente ad oggetto i lavori, o la progettazione definitiva unitamente all'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'articolo 44, comma 5, del D.L. 77/2021.
Il richiamato articolo 44 del D.L. 77/2021 disciplina le semplificazioni procedurali per l’approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto.
In tale ambito, il comma 1-bis prevede la possibiltà di espressione del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici anche sul progetto definitivo, invece che sul progetto di fattibilità tecnico-economica, con l’applicazione, tra l’altro, del comma 5, che prevede, nell’ottica acceleratoria, in caso di approvazione non unanime della progettazione da parte della conferenza di servizi (indetta ai sensi del comma 4), ma sulla base delle posizioni prevalenti ovvero nel caso in cui siano stati espressi dissensi qualificati, l’esame del Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici, per la relativa definizione conclusiva, secondo quanto previsto dal comma 6, cioè attraverso una determinazione motivata adottata dal Comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici o nuova determinazione conclusiva del Consiglio dei ministri.
In tale ambito rileva anche quanto disposto, dall’articolo 48 del D.L. 77/2021 disciplina le procedure afferenti agli investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti funzionali, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea. Il comma 5 consente l’affidamento “di progettazione ed esecuzione dei relativi lavori anche sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica”. Ne consegue che, al di fuori di tali ipotesi, pertanto, l’affidamento di un appalto integrato è possibile (fino al 30 giugno 2023) solo sulla base del progetto definitivo.
Il divieto di affidamento di un contratto pubblico a mezzo di appalto integrato (art. 59, comma 1 quarto periodo, D.Lgs. n. 50 del 2016) è stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 dall’art. 1, comma 1, lett. b) del D.L. 32/2019 (decreto “sblocca cantieri”). L’art. 8, comma 7, del D.L. 76/2020 ha prorogato la sospensione del divieto fino al 31 dicembre 2021, mentre l’art. 52, comma 1, lettera a), del D.L. 77/2021 ha differito il termine ultimo della sospensione fino al 30 giugno 2023.
In sostanza, al 30 giugno 2023, l’obbligazione giuridicamente vincolante che, in caso di mancato rispetto del cronoprogramma, impedisce il definanziamento degli interventi in questione, non può più considerarsi validamente assunta solo con l’approvazione della proposta di aggiudicazione (ex punto 2.3. della delibera CIPE n. 26/2018), ma è richiesta la stipulazione del contratto.
Per gli interventi infrastrutturali di valore complessivo superiore a 200 milioni, per i quali il cronoprogramma procedurale dettato dal CIPESS prevede il ricorso a più procedure di affidamento dei lavori, i termini previsti per l’adozione di obbligazioni giuridicamente vincolanti si intendono rispettati al momento della stipulazione di contratti per un ammontare complessivo superiore al 20 per cento del costo dell’intero intervento.
Il comma 7-ter dispone che con la medesima delibera CIPESS di novembre 2022, prevista al comma 7-bis, siano altresì individuati i cronoprogrammi procedurali e finanziari relativi agli interventi infrastrutturali ricompresi nei contratti istituzionali di sviluppo (CIS) e a quelli sottoposti a regime di commissariamento governativo[88], per i quali non si applica il termine di cui al comma 7, lettera b), cioè il termine del 31 dicembre 2022 ai fini dell'obbligo di generare obbligazioni giuridicamente vincolanti.
A fronte della disapplicazione del termine del 31 dicembre 2022 per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti, si valuti l’opportunità di chiarire espressamente se le prescrizioni di cui al comma 7-bis, relativamente ai termini di definanziamento e alla nozione più restrittiva di obbligazioni giuridicamente vincolanti, siano applicabili anche alle fattispecie di inteventi infrastrutturali di cui al comma 7-ter.
Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS), disciplinato dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 88/2011, costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di investimenti che si sviluppano in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedono un approccio integrato, in quanto tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione. In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione di opere infrastrutturali di rilievo nazionale, interregionale e regionale, funzionali alla coesione territoriale e ad uno sviluppo equilibrato del Paese. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e di monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il CIS viene stipulato dal Ministro per la coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti. Per la realizzazione degli interventi, le amministrazioni possono avvalersi di soggetti attuatori (attualmente Invitalia S.p.A. per i CIS 'territoriali', Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Anas S.p.A. per quelli 'infrastrutturali'). Da ultimo, il D.L. n. 77/2021 ha esteso ai CIS le norme di accelerazione e semplificazione introdotte per l'attuazione del PNRR.
I CIS finora istituiti per la valorizzazione di specifici territori riguardano: Matera, Taranto, Foggia, Molise, Ventotene, i Comuni del Cratere sismico del 2016, quelli della cosiddetta Terra dei Fuochi e, da ultimo, l’area del Vesuvio-Pompei-Napoli, sottoscritto lo scorso 17 maggio. È in via di finalizzazione il CIS Calabria. I CIS rivolti a realizzazioni infrastrutturali sono finora 4: CIS Napoli-Bari-Lecce/Taranto; CIS Messina-Catania-Palermo; CIS Salerno-Reggio Calabria; CIS Adeguamento itinerario SS Sassari-Olbia.
Il comma 7-quater conferma, infine, il definanziamento di tutti gli interventi diversi da quelli considerati ai commi 7-bis e 7-ter, che non generino obbligazioni giuridicamente vincolanti entro il termine del 31 dicembre 2022 indicato dal comma 7, lettera b).
Il comma 4, infine, è volto ad estendere alla gestione delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione del ciclo 2014-2020 che concorrono al finanziamento degli interventi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) le procedure finanziarie stabilite per le risorse del PNRR, così come già previsto dal comma 2 dell’articolo 14 del D.L. n. 77/2021 per le risorse del FSC 2021-2027 che concorrono al PNRR[89].
A tal fine, è introdotto un nuovo comma 2-bis al citato articolo 14 del D.L. n. 77/2021, recante la Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Si ricorda che il comma 2 dell’art. 14 del D.L. n. 77/2021 stabilisce che la quota parte delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione ciclo di programmazione 2021-2027 che concorrono al finanziamento degli interventi previsti dal PNRR sono gestite secondo le procedure finanziarie stabilite per le risorse del PNRR, definite dall’articolo 1, commi 1038-1049, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), in deroga dunque alle specifiche normative di settore.
A tal fine, il nuovo comma 2-bis prevede che il CIPESS provveda, con apposita delibera da adottarsi entro il 31 luglio 2022, alla ricognizione complessiva degli interventi del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 rientranti nei “progetti in essere del PNRR”, cui si applicano le procedure gestionali e finanziarie in deroga, stabilite per le risorse del PNRR.
A tali interventi, dunque, non si applica il termine di cui ai commi 7, lettera b), e 7-bis dell’articolo 44 del D.L. n. 34/2019 sopra illustrati, per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti.
Articolo 57
(Disposizioni transitorie)
L'articolo 57 reca disposizioni transitorie, come visto nella descrizione degli articoli 6, 7 e 14 ai quali si rinvia.
Articolo 58
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 58 reca disposizioni di carattere finanziario.
In particolare, il comma 1 dispone il parziale reintegro della riduzione della dotazione finanziaria delle Missioni e dei Programmi di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, operata dal D.L. n. 17/2022 per finalità di copertura finanziaria.
Il comma 2 incrementa di 30 milioni di euro per l'anno 2022 del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.
Il comma 3 reca la quantificazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso al maggiore indebitamento, fino all’anno 2032.
Il comma 4 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente decreto e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria.
Il comma 5 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 della legge di bilancio 2022, modificando i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario del bilancio dello Stato, in termini di competenza e di cassa, per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, precedentemente fissati dalla legge di bilancio 2022 e già modificati dall’articolo 38, comma 2-bis, del D.L. n. 21 del 2022.
Il comma 6, infine, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 1 dispone il parziale reintegro della riduzione della dotazione finanziaria delle Missioni e dei Programmi di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze che era stata operata dal D.L. n. 17/2022, per finalità di copertura finanziaria, con riferimento agli anni dal 2022 al 2025.
Si ricorda che alla copertura degli oneri complessivi del D.L. n. 17/2022 si è provveduto, in quota parte, anche mediante riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle Missioni e dei Programmi di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. a), per importi pari a 4.516 milioni di euro per l'anno 2022, 1.730 milioni per l'anno 2023, 1.530 milioni per l'anno 2024, 2.040 milioni per l'anno 2025, 2.040 milioni per l'anno 2026, 1.580 milioni per l'anno 2027, 1.780 milioni per ciascuno degli anni dal 2028 al 2030, 280 milioni per l'anno 2031 e 33 milioni di euro per l'anno 2032.
Il reintegro degli stanziamenti del Ministero dell’economa, garantito dal comma 1 in esame, è di 3.741 milioni di euro per l'anno 2022 (rispetto alla riduzione di 4.156 milioni), di 1.730 milioni di euro per l'anno 2023 e di 1.530 milioni di euro per l'anno 2024 (con un reintegro totale della riduzione) e di 1.500 milioni di euro per l'anno 2025 (rispetto alla riduzione di 2.040 milioni), secondo gli importi indicati per ciascun programma nell'Allegato 3 al decreto, qui riportato:
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE |
||||
MISSIONE/Programma |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
23. FONDI DA RIPARTIRE (33) |
1.427 |
400 |
400 |
160 |
23.2 Fondi di riserva e speciali (2) |
1.036 |
400 |
400 |
160 |
23.1 Fondi da assegnare (1) |
391 |
|
|
|
1. POLITICHE ECONOMICO-FINANZIARIE E DI BILANCIO E TUTELA DELLA FINANZA PUBBLICA (29) |
1.414 |
1.130 |
1.130 |
1.340 |
1.4 Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposte (5) |
1.414 |
1.130 |
1.130 |
1.40 |
7. COMPETITIVITA' E SVILUPPO DELLE IMPRESE (11) |
900 |
200 |
- |
|
7.2 Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità (9) |
900 |
200 |
|
|
TOTALE |
3.741 |
1.730 |
1.530 |
1.500 |
Il comma 2 dispone un incremento di 30 milioni di euro per l'anno 2022 del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3076). Il Fondo, che nel bilancio triennale 2022-2024 presentava una dotazione di 176,4 milioni per il 2022, di circa 303 milioni per il 2023 e di 387,3 milioni per il 2024, è stato, da ultimo definanziato dall’art. 15, comma 2, del D.L. n. 228/2021, di 15 milioni di euro per il 2022 e, poi, dall’art. 32, comma 2, del D.L. n. 4/2022, di 38,76 milioni di euro per l'anno 2023, 127,52 milioni per l'anno 2024, 118,16 milioni per l'anno 2025, 55 milioni per l'anno 2026, 95,96 milioni per l'anno 2027, 82,16 milioni per l'anno 2028, 79,36 milioni annui a decorrere dall'anno 2029 (lett. e), nonché di 54,86 milioni di euro per l'anno 2026 (lett. f), per finalità di copertura finanziaria del provvedimento.
Il comma 3 reca la quantificazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all'indebitamento, autorizzato dal Parlamento ad aprile scorso[90] e posto a copertura finanziaria del provvedimento in esame, di cui al successivo comma 4, lettera i), pari a:
- 22 milioni di euro per l'anno 2022,
- 126 milioni di euro per l'anno 2023,
- 233 milioni di euro per l'anno 2024,
- 313 milioni di euro per l'anno 2025,
- 374 milioni di euro per l'anno 2026,
- 399 milioni di euro per l'anno 2027,
- 423 milioni di euro per l'anno 2028,
- 450 milioni di euro per l'anno 2029,
- 478 milioni di euro per l'anno 2030,
- 502 milioni di euro per l'anno 2031
- e 522 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2032,
che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a:
- 39 milioni di euro per l'anno 2022,
- 163 milioni di euro per l'anno 2023,
- 266 milioni di euro per l'anno 2024,
- 344 milioni di euro per l'anno 2025,
- 403 milioni di euro per l'anno 2026,
- 427 milioni di euro per l'anno 2027,
- 454 milioni di euro per l'anno 2028,
- 479 milioni di euro per l'anno 2029,
- 505 milioni di euro per l'anno 2030,
- 528 milioni di euro per l'anno 2031
e 522 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2032.
Il comma 4 reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 14, 18, 19, 20, 21, 24, 26, 28, 31, 32, 33, 35, 36, 37, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 47, 49, 51, 56 e dai commi 1, 2 e 3 del presente articolo, nei seguenti importi:
- 16.702,8 milioni di euro per l’anno 2022,
- 5.467,2 milioni di euro per l'anno 2023,
- 3.986,8 milioni di euro per l'anno 2024,
- 5.132,3 milioni di euro per l'anno 2025,
- 1.879,4 milioni di euro per l'anno 2026,
- 399 milioni di euro per l'anno 2027,
- 423 milioni di euro per l'anno 2028,
- 450 milioni di euro per l'anno 2029,
- 478 milioni di euro per l'anno 2030,
- 502 milioni di euro per l'anno 2031,
- 522 milioni di euro per l'anno 2032,
- 525,1 milioni di euro per l'anno 2033
- e 522 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2034.
Tali oneri aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a:
- 5.504,2 milioni di euro per l'anno 2023,
- 4.019,8 milioni di euro per l'anno 2024,
- 5.163,3 milioni di euro per l'anno 2025,
- 1.908,4 milioni di euro per l'anno 2026,
- 427 milioni di euro per l'anno 2027,
- 454 milioni di euro per l'anno 2028,
- 479 milioni di euro per l'anno 2029,
- 505 milioni di euro per l'anno 2030,
- 528 milioni di euro per l'anno 2031,
- 552 milioni di euro per l'anno 2032,
- 555,1 milioni di euro per l'anno 2033
- e 522 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2034.
La relativa copertura finanziaria viene individuata come segue:
a) quanto a 500 milioni di euro per l'anno 2022, mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall'abrogazione dell’articolo 17 del decreto-legge n. 21 del 2022, che aveva istituito un fondo di 500 milioni di euro per il 2022 da destinare al sostegno del settore dell’autotrasporto per mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti, disposta dall'articolo 3, comma 5 del provvedimento in esame.
L’abrogazione del Fondo è da mettere in relazione con l’introduzione del nuovo contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta in favore degli autotrasportatori, recato dal medesimo articolo 3 del provvedimento in esame, con il medesimo fine di mitigare gli effetti economici derivanti dall'aumento eccezionale del prezzo del gasolio utilizzato come carburante (cfr. la relativa scheda di lettura);
b) quanto a 242,6 milioni di euro per l'anno 2023, 5,4 milioni di euro per l'anno 2026 e 3,1 milioni di euro per l'anno 2033, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2015, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3075).
c) quanto a 6.508 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’aumento dal 10 al 25 per cento dell’imposta sugli extraprofitti nel settore energetico introdotta con il D.L. n. 21/2022, disposto dall'articolo 55 del provvedimento, estendendone, altresì, il periodo di applicazione di un mese, fino al 30 aprile 2022;
d) quanto a 3,6 milioni di euro per l'anno 2022, 15,1 milioni di euro per l'anno 2023, 14,8 milioni di euro per l'anno 2027, 5,1 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031 e 4,3 milioni di euro per l'anno 2032, che aumentano, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, a 7,971 milioni di euro per l'anno 2022 e 17,198 milioni di euro per l'anno 2023, 0,198 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, 14,998 milioni di euro per l'anno 2027, 5,298 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2031, 4,498 milioni di euro per l'anno 2032 e 0,198 milioni di euro annui dall'anno 2033, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 14 – recante modifiche alla disciplina degli incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici – e dall’articolo 51 – derivanti dalle maggiori entrate tributarie connesse ai nuovi incarichi di collaborazione per le soprintendenze e al rinnovo di quelli in essere (cfr relative schede di lettura);
e) quanto a 1,9 milioni di euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo delle minori spese derivanti dagli effetti indotti sull’IRAP dalla proroga del Superbonus disposta dall'articolo 14;
f) quanto a 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e 3.000 milioni di euro per l'anno 2025, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche orientate alla coesione economica, sociale e territoriale, destinate ad attuare l'obiettivo costituzionale di "rimuovere gli squilibri economici e sociali" tra le diverse aree del Paese. Nel bilancio di previsione per il triennio 2022-2024, il Fondo Sviluppo e Coesione - iscritto al capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia - presenta una dotazione per il triennio pari a 15,2 miliardi nel 2022, a 13 miliardi nel 2023 e a 15,3 miliardi nel 2024, cui si aggiungono ulteriori 65,2 miliardi per gli anni dal 2025 al 2031, i cui stanziamenti annuali saranno indicati in bilancio negli anni successivi, per un complesso di risorse in bilancio pari a 108,7 miliardi di euro fino al 2031. Tale dotazione è riferita alle risorse autorizzate per i due cicli di programmazione, rispettivamente, dalla legge di stabilità 2014 per il ciclo 2014-2020 (art. 1, co. 6, L. 147/2013) e dalla legge di bilancio 2021 per il ciclo 2021-2027 (art. 1, co. 177, L. n. 178/2020). Di questi 108,7 miliardi di euro iscritti in bilancio, 29,7 miliardi sono relativi alla programmazione 2014-2020 (importo da utilizzare entro il 2025) e oltre 79 miliardi sono relativi alla programmazione 2021-2027.
Nonostante la disponibilità del cap. 8000 per la copertura in esame, va ricordato che, poiché le risorse iscritte in bilancio per la programmazione 2014-2020 risultano ad oggi pressoché interamente programmate, da delibere del Cipe o disposizioni legislative, le modalità per la loro riduzione sono dettagliatamente disciplinate dall’articolo 56 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia), che ne prevede l’imputazione, prioritariamente, alle risorse rivenienti da revoche di finanziamenti assegnati ad interventi che non hanno prodotto obbligazioni giuridicamente vincolanti nei termini previsti, e, in caso di insufficienza, sulle quote ancora disponibili della programmazione 2014-2020, ovvero, in caso di indisponibilità, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2017;
g) quanto a 1.500 milioni di euro per l'anno 2026, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2021-2027, di cui all'articolo 1, comma 177, della legge 30 dicembre 2020, n. 178;
Stante quanto si è detto con riferimento alla precedente lettera g), riguardo alla programmazione 2021-2027, si rammenta che il comma 1 dell’articolo 56 del provvedimento in esame ne dispone un rifinanziamento di 1.500 milioni di euro per l'anno 2025 in termini di sola competenza finanziaria.
In via generale, per quel che riguarda l’uso del Fondo Sviluppo e Coesione per la copertura finanziaria, ai sensi delle lettere f) e g) del comma in esame, si ricorda che tale Fondo è destinato esclusivamente ad attuare politiche orientate alla coesione, con finalità di riequilibrio economico, sociale e territoriale tra le aree del Paese, secondo la chiave di riparto dell’80% nelle aree del Mezzogiorno e del 20% nelle aree del Centro-Nord. L’utilizzo a copertura delle risorse del FSC farebbe pertanto venir meno il principio di destinazione territoriale delle risorse secondo la suddetta chiave di riparto.
h) quanto a 60 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n.154;
i) mediante il ricorso all'indebitamento autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 20 aprile 2022 con le risoluzioni di approvazione della Relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6 della legge rinforzata n. 243 del 2012.
Si valuti l'opportunità di esplicitare nel testo della lettera i) in esame l'importo del maggiore indebitamento netto destinato alla copertura degli oneri finanziari del presente decreto, come indicati nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari nella Relazione tecnica, con riferimento a tutto l'orizzonte temporale di riferimento (2022-2032).
In base a quanto riportato nella relazione tecnica, il decreto in esame ricorre agli spazi finanziari resi disponibili dall'autorizzazione delle Camere, in termini di indebitamento netto, per 8,364 miliardi di euro per l’anno 2022; 4,244 miliardi di euro per l’anno 2023; 3,019 miliardi di euro per l’anno 2024 e 2,163 miliardi di euro per l’anno 2025.
Con specifico riguardo alla parte di risorse reperite, a copertura degli oneri derivanti dal decreto-legge, attraverso il ricorso all’indebitamento autorizzato dai due rami del Parlamento il 20 aprile 2022 (comma 4, lett. i)) si rammenta che in data 7 aprile 2022 il Governo ha trasmesso al Parlamento la Relazione nella quale illustra, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, l’aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e il relativo piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine, rispetto a quanto indicato nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2021[91].
L’aggiornamento di tali obiettivi si è reso necessario a seguito del mutato quadro macroeconomico e di finanza pubblica illustrato nel Documento di economia e finanza 2022[92]. Attraverso la suddetta relazione, il Governo, sentita la Commissione europea, ha richiesto l’autorizzazione del Parlamento al ricorso al maggior indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni – ai sensi dell’articolo 81, comma 2, Cost. – nella misura di:
10,506 miliardi di euro per l’anno 2022;
4,248 miliardi di euro per l’anno 2023;
3,17 miliardi di euro per l’anno 2024;
2,212 miliardi di euro per l’anno 2025.
Il ricorso a maggior indebitamento richiesto a partire dal 2026 - nella misura di 460 milioni di euro per il 2026, 485 milioni per il 2027, 515 milioni per il 2028, 545 milioni per il 2029, 575 milioni per il 2030, 600 milioni per il 2031 e 625 milioni per il 2032 - è destinato interamente alla spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo autorizzato, come precisato nella Relazione.
Per quanto concerne il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica, la NADEF 2021 del 29 settembre 2021 fissava l’indebitamento netto al 5,6 per cento del PIL nel 2022, al 3,9 per cento nel 2023, al 3,3 per cento nel 2024. Il DEF 2022 ha previsto, in base al nuovo quadro previsionale tendenziale, un indebitamento netto pari al 5,1 per cento del PIL nel 2022, al 3,7 per cento nel 2023, al 3,2 per cento nel 2024 e al 2,7 per cento nel 2025.
Con la citata richiesta di autorizzazione del Parlamento al ricorso al maggior indebitamento il Governo ha richiesto l’autorizzazione a rivedere il percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (OMT), a seguito del quadro di finanza pubblica illustrato nel DEF 2022 e in considerazione del nuovo quadro macroeconomico, segnato dall’eccezionale aumento del prezzo del gas naturale e dell’energia elettrica, nonché dalle conseguenze della guerra russo-ucraina. In particolare, il Governo ha:
- confermato, da un lato, gli obiettivi programmatici di indebitamento netto indicati nella NADEF 2021 per gli anni dal 2022 al 2024 (rispettivamente, 5,6 per cento, 3,9 per cento e 3,3 per cento del PIL), fissando al 2,8 per cento del PIL il saldo nel 2025, al fine di sfruttare i più ampi margini finanziari riportati nel quadro macroeconomico tendenziale nell’ambito del DEF 2022;
- fissato l’indebitamento netto programmatico delle amministrazioni pubbliche al 5,9 per cento del PIL nel 2022, al 4,5 per cento nel 2023, al 4 per cento nel 2024 e al 3,6 per cento nel 2025.
L’autorizzazione – comprensiva, altresì, del valore programmatico del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza e di cassa corrispondentemente rideterminato – è stata approvata, a maggioranza assoluta dei componenti, il 20 aprile 2022 dalla Camera con la risoluzione n. 6/00221 e dal Senato con la risoluzione n. 6/00217.
Rispetto ai valori di maggior indebitamento netto autorizzati dalle Camere con le suddette risoluzioni, una parte degli spazi finanziari resi disponibili dall’autorizzazione parlamentare è già stata utilizzata con il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, recante misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina, il quale ha attinto alle risorse autorizzate a titolo di maggior indebitamento nella misura di:
2,138 miliardi di euro per il 2022;
147,3 milioni di euro per il 2024;
45 milioni di euro per il 2025.
Con il decreto-legge in esame, il Governo utilizza gli spazi finanziari resi disponibili dall’autorizzazione al ricorso al maggior indebitamento del 20 aprile 2022 nella misura di ulteriori:
8,364 miliardi di euro per il 2022;
4,244 miliardi di euro per il 2023;
3,019 miliardi di euro per il 2024;
2,163 miliardi di euro per il 2025.
A seguito del provvedimento in esame, risultano, pertanto complessivamente già impegnati:
10,502 dei 10,506 miliardi di maggior indebitamento autorizzati per il 2022;
4,244 dei 4,248 miliardi autorizzati per il 2023;
3,167 dei 3,17 miliardi autorizzati per il 2024;
2,208 dei 2,212 miliardi autorizzati per il 2025.
Il comma 5 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per ciascun anno del triennio di riferimento (2022, 2023 e 2024), con l'Allegato 1 annesso al presente decreto, riportato di seguito.
Si ricorda, peraltro, che l’Allegato 1 in questione è già stato sostituito dal decreto-legge n. 21 del 2022.
Nuovo Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021)
(tra parentesi i valori dell’Allegato 1 della legge di bilancio 2022, come già sostituito dall’articolo 38, comma 2-bis, del D.L. n. 21 del 2022)
(milioni di euro)
RISULTATI DIFFERENZIALI |
|||
- COMPETENZA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2020 |
2021 |
2022 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
214.000 (205.133) |
189.748 (180.500) |
119.970 (116.942) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
491.347 (482.480) |
494.848 (490.600) |
438.645 (435.617) |
- CASSA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2020 |
2021 |
2022 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
291.000 (282.133) |
249.748 (245.500) |
177.170 (174.142) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
568.372 (599.905) |
559.848 (555.600) |
495.845 (492.817) |
(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato. |
Si rammenta che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), l'articolo 1 della legge di bilancio determina, mediante rinvio all'Allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
L’allegato 1 della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) è già stato sostituito dall’articolo 38, comma 2-bis, del D.L. n. 21 del 2022, come illustrato nella tabella seguente (in neretto le cifre modificate dal provvedimento).
(milioni di euro)
|
|
2022 |
2023 |
2024 |
Legge di bilancio 2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
203.000 |
180.500 |
116.800 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
480.347 |
490.600 |
435.475 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
280.000 |
245.500 |
174.000 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
557.372 |
555.600 |
492.675 |
|
D.L. n. 21/2022 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
205.133 |
180.500 |
116.942 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
482.480 |
490.600 |
435.617 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
282.133 |
245.500 |
174.142 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
559.505 |
555.600 |
492.817 |
|
D.L. n. 50/2022, in esame |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
214.000 |
189.748 |
119.970 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
491.347 |
494.848 |
438.645 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
291.000 |
249.748 |
177.170 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
568.372 |
559.848 |
495.845 |
In ottemperanza inoltre a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell’attuazione delle disposizioni recate dal decreto. Il Ministero può altresì disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa (comma 6).
Articolo 59
(Entrata in vigore)
L’articolo 59 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 18 maggio 2022.
[1] Valori calcolati con arrotondamento a due decimali e tenendo conto del vincolo di divisibilità per 90 giorni del trimestre.
[2] Valori calcolati con arrotondamento a due decimali e tenendo conto del vincolo di divisibilità per 90 giorni del trimestre.
[3] Il bonus per disagio fisico, dunque, prescinde dalla posizione reddituale e per avervi accesso non è necessario presentare l’ISEE, ma una apposita domanda presso i Comuni o i CAF abilitati.
[4] Nonché le agevolazioni relative al servizio idrico integrato, di cui all'articolo 60, comma 1, della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
[5] Si rinvia, quanto al commento del comma 3 dell’articolo 57, alla scheda di lettura dell’articolo 14 del decreto legge.
[6] come precisato dal decreto legge n.17/2022, all’articolo 12, comma 1 del decreto-legge n. 17/2022
[7] Cfr. articolo 21 del D.lgs. n. 199/2021: a supporto alle Regioni e alle Province autonome, l’articoo prevede che entro il 13 giugno 2022 siano regolamentate le modalità di funzionamento di una piattaforma digitale presso il GSE con la finalità di includere tutte le informazioni e gli strumenti necessari alla Regioni e Province autonome per connettere ed elaborare i dati per la caratterizzazione e qualificazione del territorio, anche in relazione alle infrastrutture già realizzate e presenti nonché in relazione a quelle autorizzate e in corso di autorizzazione, la stima del potenziale e la classificazione delle superfici e delle aree.
[8] Le Province autonome provvedono al processo programmatorio di individuazione delle aree idonee ai sensi dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione
[9] Ai sensi della parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio decreto legislativo n. 42/2004.
[10] Come definiti dall’articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 152/ 2006.
[11] Ai sensi dell’articolo 107, par. 1 TFUE (ex articolo 87 del TCE) “salvo deroghe contemplate dai Trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Dunque, il divieto non è né assoluto, né incondizionato, ma ammette deroghe, in primis, quelle previste dallo stesso articolo 107 TFUE.
Ai sensi dell’articolo 107, par. 2 TFUE, sono compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera (la deroga può essere invocata per quelle regioni che risentono ancora oggi degli svantaggi economici a causa della divisione della Germania).
Il paragrafo 3 dell’articolo 107 indica poi delle tipologie di aiuti che possono essere considerate, sulla base di una valutazione discrezionale della Commissione europea, compatibili con il mercato interno (lett. a), b), c) e d)) e riconosce al Consiglio la possibilità di istituirne altre (lett. e)). Ai sensi dell’articolo 107, par. 3 TFUE, possono considerarsi compatibili:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349[11], tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo (IPCEI) oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Gli orientamenti della Commissione nel settore agricolo, forestale e nelle zone rurali trovano dunque fondamento in tale lettera. Ai sensi di questa, come evidenziato, la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato destinati ad agevolare lo sviluppo economico dei settori agricolo e forestale e quello delle zone rurali, sempreché non alterino le condizioni degli scambi.
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.
[12] Gli Stati membri, ai sensi delle Linee guida per la redazione del PNRR (Commission Staff Working Document– Guidance to Member State RRF - SWD(2021) 12 final Part 1, pag. 18-19), e dei relativi modelli di orientamento (si veda in particolare power up) , hanno dovuto indicare, per ciascuna misura del PNRR, se, a loro avviso:
§ la riforma o l'investimento rientra in un regolamento di esenzione per categoria, o approvato da una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato (fornendo il numero di riferimento di tale regime). Oppure,
§ se la misura richiede la notifica di aiuto di Stato, un'indicazione di quando la misura sarà pre-notificata o notificata alla Commissione e dettagli sulla base di compatibilità prevista.
§ In caso di dubbi sull'esistenza di un aiuto di Stato o sulla compatibilità di una misura con le norme UE in materia di aiuti, lo Stato membro è stato invitato a contattare la Commissione.
[13] Per completezza espositiva, si segnala che l’Autorità, con deliberazione 120/2022/R/eel del 22 marzo 2022, ha avviato i procedimenti per l’implementazione delle disposizioni previste dai decreti legislativi n. 199 del 2021 e n. 210 del 2021 in materia di autoconsumo, prevedendo, in particolare, che, entro il 30 settembre 2022, sia predisposto un nuovo testo integrato finalizzato alla valorizzazione dell’autoconsumo “esteso” (valorizzazione che rileva sia per gli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, sia per le comunità di energia rinnovabile).
Il GSE, dopo la conclusione della consultazione pubblica avviata il 4 marzo 2021, a seguito di diverse interlocuzioni con gli Uffici della Direzione Mercati Energia all’Ingrosso e Sostenibilità Ambientale dell’Autorità e con il Ministero della Transizione Energetica e tenuto conto di quanto disposto in materia dal decreto legislativo n. 199 del 2021, con lettera del 24 marzo 2022, ha trasmesso, previa informativa al Ministero della Transizione Energetica, alla Direzione Mercati Energia all’Ingrosso e Sostenibilità Ambientale dell’Autorità, le regole tecniche per l’autoconsumo collettivo, nonchè le modalità di profilazione dei dati di misura dell’energia elettrica prelevata e immessa e le relative modalità di utilizzo. Queste sono state positivamente verificate da ARERA con la Determina 04 aprile 2022 3/2022 – DMEA, già citata.
[14] Nelle more del completo recepimento della Direttiva 2018/2001 (RED II) ed in parziale e anticipata attuazione delle disposizioni ivi contenute e sopra descritte, l'articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019 (cd. decreto-legge "Milleproroghe") ha autorizzato l'attivazione dell'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili, ovvero la realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili, dettandone la relativa disciplina, gli incentivi previsti e le relative condizioni.
Con l'articolo 42-bis è stata così avviata la sperimentazione di un quadro di regole volte a consentire ai consumatori finali e/o ai produttori di energia di associarsi per condividere l'energia elettrica localmente prodotta da nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili di piccola taglia.
Il decreto-legge n. 162 del 2019, nello specifico, ha introdotto tale possibilità con riferimento a nuovi impianti alimentati a FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) con potenza complessiva non superiore ai 200 kW, entrati in esercizio a partire dal 1° marzo 2020 e fino al 12 febbraio 2022 (vale a dire, 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 199 del 2021, di recepimento della Direttiva 2018/2001 - RED II).
Il D.M. del 16 settembre 2020, in proposito, ha individuato la tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni sperimentali di autoconsumo collettivo o comunità energetiche rinnovabili, in attuazione del citato articolo 42-bis. Ai sensi dell’articolo 3, infatti, l’energia elettrica prodotta da tali impianti e che risulti condivisa ha diritto, per un periodo di 20 anni, ad una tariffa incentivante in forma di tariffa premio pari a:
- 100 €/MWh nel caso in cui l'impianto di produzione faccia parte di una configurazione di autoconsumo collettivo;
- 110 €/MWh nel caso in cui l'impianto faccia parte di una comunita' energetica rinnovabile.
[15] Le misure di aiuto che rientrano nel Quadro temporaneo qui in esame possono essere cumulate con gli aiuti previsti dai regolamenti «de minimis» o dai regolamenti di esenzione per categoria a condizione che siano rispettate le disposizioni e le norme relative al cumulo. Possono essere altresì cumulate con gli aiuti concessi nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato introdotto a seguito della pandemia di COVID-19, a condizione che siano rispettate le relative norme sul cumulo di entrambe le comunicazioni. Quando gli Stati concedono agli stessi beneficiari prestiti o garanzie nell’ambito del quadro temporaneo COVID-19 e della comunicazione qui in esame, se l’importo complessivo del capitale del prestito è calcolato sulla base del fabbisogno di liquidità autodichiarato del beneficiario, gli Stati stessi devono garantire il fabbisogno di liquidità sia coperto una sola volta dalle misure di aiuto. Analogamente, possono essere cumulati con gli aiuti gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; cui all’articolo 107, par. 2, lett. b), TFUE ma non devono verificarsi sovracompensazioni del danno subito dal beneficiario.
[16] Entro il 31dicembre 2022 la Commissione riesaminerà tutte le sezioni della Comunicazione alla luce di importanti considerazioni inerenti alla concorrenza o economiche, così come degli sviluppi della situazione internazionale. Se opportuno, la Commissione può anche fornire ulteriori chiarimenti su particolari aspetti.
[17] Di questi, circa 9,9 miliardi di euro riguardano sedici operazioni garantite attraverso la procedura ordinaria prevista dal Decreto Liquidità, relativa ai finanziamenti in favore di imprese di grandi dimensioni, con oltre 5000 dipendenti in Italia o con un valore del fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro. Crescono inoltre a 24,6 miliardi di euro i volumi complessivi dei prestiti garantiti in procedura semplificata, a fronte di 5.185 richieste di Garanzia gestite ed emesse tutte entro 48 ore dalla ricezione attraverso la piattaforma digitale dedicata a cui sono accreditate oltre 250 banche, istituti finanziari e società di factoring e leasing.
[18] Il comma 1 consente alle imprese con sede in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, di richiedere ai relativi fornitori con sede in Italia la rateizzazione dei consumi energetici, relativi ai mesi di maggio 2022 e giugno 2022, per un numero massimo di rate mensili non superiore a ventiquattro, al fine di contenere gli effetti economici negativi derivanti dall'aumento dei prezzi delle forniture energetiche.
[19] L'importo massimo garantito dal Fondo è stato elevato fino a 5 milioni di euro per singola impresa beneficiaria dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020.
[20] che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE e li esenta dall’obbligo di notifica preventiva alla stessa Commissione UE.
[21] Ai sensi di tale articolo, quando il piano di concordato prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, esso deve contenere un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; la relazione attestante che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Il piano può inoltre prevedere, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto al voto.
[22] Ai sensi di tale articolo, l'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione prevista per la domanda di concordato, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:
a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;
b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
[23] L'articolo 1 del Regolamento UE n. 1407/2013, fissa il campo di applicazione disponendo che esso si applichi agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione dei seguenti aiuti:
a) aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura di cui al regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio;
b) aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli;
c) aiuti concessi a imprese operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:
i) qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate,
ii) qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;
d) aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;
e) aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.
[24] L'articolo 2 del Regolamento UE n. 1408/2013, fissa il campo di applicazione disponendo che esso si applichi alle imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, ad eccezione dei seguenti aiuti:
a) aiuti il cui importo è fissato in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti commercializzati;
b) aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, cioè aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;
c) aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.
[25] Ai fini del regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «imprese del settore della pesca e dell'acquacoltura»: imprese operanti nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;
b) «prodotti della pesca e dell'acquacoltura»: i prodotti di cui all'articolo 5, lettere a) e b), del regolamento (UE) n. 1379/2013;
c) «trasformazione e commercializzazione»: l'intera serie di operazioni di movimentazione, trattamento, produzione e distribuzione effettuate tra il momento dello sbarco e l'ottenimento del prodotto finale.
[26] In particolare, l'articolo 6, comma 1, del decreto prevede che, preliminarmente all'attivazione dell'intervento del Fondo IPCEI, ai fini dell'individuazione dei soggetti partecipanti alle iniziative da sostenere e della costituzione del raggruppamento progettuale, il MISE pubblichi sul proprio sito internet apposito invito a manifestare interesse, con riguardo al settore di intervento individuato dallo stesso invito e relativamente alle attività da realizzare sul territorio italiano.
[27] Il massimale di aiuto statale - approvato dalla decisione di autorizzazione della Commissione C(2018) 8864 final (State Aid case SA.46595) del 18 dicembre 2018 - per il sostegno alle imprese italiane partecipanti, è stato pari a 789,365 milioni di euro. La dotazione di risorse a valere sull'art. 1, comma 203, della legge n. 145/2018, attivata per l'intervento, attuato ai sensi del decreto 30 ottobre 2019, è stato pari a 410,2 milioni di euro. Il D.M. di luglio 2021 ha dunque integrato la dotazione con risorse ulteriori pari a 325,9 milioni, derivanti dagli ulteriori stanziamenti autorizzati.
[28] Con riferimento al PNRR e alle sue articolazioni, si rinvia all'apposita sezione del Portale della documentazione della Camera dei deputati. Per il monitoraggio dell'attuazione dei traguardi e degli obiettivi da conseguire entro il 30 giugno 2022, si veda il relativo dossier.
[29] Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto
[30] Si tratta dei soggetti obbligati ad operare ritenute alla fonte, che corrispondono compensi, sotto qualsiasi forma, nonché gli intermediari e gli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti tenuti alla comunicazione di dati ai sensi di specifiche disposizioni normative, i quali presentano annualmente una dichiarazione unica, anche ai fini dei contributi dovuti all'Istituto nazionale per la previdenza sociale (I.N.P.S.) e dei premi dovuti all'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L.), relativa a tutti i percipienti, che attesta l'ammontare complessivo di tali compensi, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali.
[31] Nel caso di trattamenti non gestiti dall’INPS, il casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, individua l’ente previdenziale incaricato dell’erogazione dell’indennità una tantum che provvede negli stessi termini e alle medesime condizioni ed è successivamente rimborsato dall’INPS a seguito di apposita rendicontazione.
[32] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 dicembre 2008, n. 288.
[33] Ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 22/2015, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
[34] In base all’art. 15 del d.lgs. 22/2015, in via sperimentale per il 2015, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015, è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, una indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL.
[35] Di cui all’art. 32 della legge 264/1949, che estende l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione ai lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei salariati fissi ed assimilati, obbligati e braccianti fissi, giornalieri di campagna, piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in via sussidiaria esercitano un'attività agricola in proprio. La durata della corresponsione dell'indennità di disoccupazione è pari, per i lavoratori agricoli predetti, alla differenza tra il numero di 270 ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattie, infortunio, maternità, e sino ad un massimo di 180 giornate annue.
[36] L’art. 409 dispone la osservanza delle disposizioni in materia di controversie individuali di lavoro per i seguenti rapporti di lavoro:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2) rapporti di mezzadria , di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa; 4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice.
[37] Si tratta dei lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo (anche stagionali o in somministrazione e che abbiano cessato involontariamente il lavoro per effetto della pandemia), in presenza di particolari condizioni; lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, in settori diversi dal turismo e dal settore degli stabilimenti termali, in presenza di particolari condizioni.
[38] Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. L’art. 14 del medesimo d.lgs. dispone il divieto del ricorso al lavoro intermittente: a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi.
[39] L’art. 2222 descrive il contenuto del contratto d’opera, che ricorre quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
[40] A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e gli incaricati alla vendita a domicilio, mentre sono esclusi dall'obbligo i soggetti assegnatari di borse di studio, limitatamente alla relativa attività.
[41] I soggetti iscritti invece alla Gestione separata in qualità di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa possono beneficiare di un'indennità una tantum ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 32 del presente decreto (cfr. ivi, in particolare, il comma 11).
[42] Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio.
[43] Cfr. la faq del Ministero dell'economia e delle finanze, "Domande e risposte sulle nuove misure economiche – COVID-19, sezione lavoro", e la circolare dell'INPS n. 49 del 30 marzo 2020.
[44] Sul punto la Relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che gli oneri connessi alla stipula di tali contratti sono inferiori a 12 mln di euro (considerato che unitariamente gli emolumenti sono pari a poco meno di 3.200 euro al mese), mentre quelli per l’equipaggiamento, la gestione amministrativa e il coordinamento delle attività sono pari a meno di 1 mln di euro (considerato che unitariamente sono stimabili unitariamente in circa 500 euro
[45] Si ricorda che tali contratti sono stati prorogati, da ultimo sino al 30 aprile 2022 dall’art. 40-bis del D.L. 152/2021.
[46] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021.
[47] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021.
[48] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2022.
[49] Si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 40/2022 ha dichiarato (tra l'altro) l'illegittimità costituzionale del comma 2, nella parte in cui non prevede che il provvedimento del Capo del Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
[50] L'emergenza epidemiologica COVID-19 aveva portato il livello del fabbisogno sanitario per il 2021, a 121.370 milioni a seguito della manovra per il corrispondente anno data dalla legge di Bilancio 2021 (L. n. 178/2020), con un incremento di circa 4 miliardi rispetto ai valori condivisi in sede pattizia, mentre per il 2020 il finanziamento del SSN è risultato pari a 120.557 milioni. Precedentemente, per il triennio 2019-2021, la legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) aveva fissato il livello del fabbisogno a 114.474 milioni di euro nel 2019 (successivamente rideterminato a 113.810 milioni, in base alle delibere di riparto dell’allora CIPE), con successivi incrementi programmati pari a 2.000 milioni per il 2020 (quindi 116.474 milioni) e di ulteriori 1.500 milioni per il 2021 (117.974 milioni).
[51] Legge 27 aprile 2022, n. 34, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali”.
[52] Per un approfondimento sull’attuale assetto istituzionale, normativo e finanziario delle città metropolitane e delle province, si rinvia al tema web curato dal Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni della Camera dei deputati. Per un approfondimento sul quadro finanziario delle province e delle città metropolitane, si rinvia al tema web curato dal Servizio Studi – Dipartimento Bilancio.
[53] Si rinvia al tema web curato dal Servizio Studi – Dipartimento Bilancio della Camera dei deputati per un approfondimento sullo stato di dissesto e la procedura di riequilibrio finanziario degli enti locali, comprensivo di aggiornamenti relativi alle modifiche normative che hanno interessato tali istituti, in particolare a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, nonché alle principali pronunce della Corte costituzionale intervenute in materia.
[54] La Corte dei conti, Sezione delle autonomie, con delibera n. 5 del 10 aprile 2018, pubblicata sulla GU n. 105 dell’8 maggio 2018, ha adottato le linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza.
[55] Si rinvia al tema web a cura del Servizio Studi – Dipartimento Bilancio della Camera dei deputati per un approfondimento sulle conseguenze che dal dissesto dell’ente locale derivano verso i terzi, verso gli amministratori dell’ente e sul personale dell’ente medesimo.
[56] La Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, la cui composizione e modalità di funzionamento sono disciplinate da un regolamento adottato con D.P.R. 8 novembre 2013, n. 142, è costituita presso il Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’interno ed è presieduta dal sottosegretario di Stato pro tempore con delega in materie di autonomie locali e finanza locale. La Commissione è composta dal capo del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, che svolge le funzioni di vice-presidente; dai Direttori centrali per le autonomie locali e della finanza locale, i quali partecipano alternativamente ai lavori della Commissione in relazione alla materia trattata; da dirigenti del Ministero dell’interno, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, particolarmente esperti in materia di personale e di bilancio; infine, da rappresentanti dell’ANCI e dell’UPI.
[57] I dati elaborati dal Ministero dell’interno evidenziano una concentrazione di enti attualmente in stato di dissesto nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare si registrano:
- 37 enti in stato di dissesto nella regione Calabria;
- 30 enti nella regione Sicilia;
- 26 enti nella regione Campania;
- 9 enti nella regione Lazio;
- 3 enti in ciascuna delle regioni Abruzzo, Basilicata, Lombardia e Puglia;
- 1 ente in ciascuna delle regioni Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Toscana e Umbria.
[58] Tra gli enti locali attualmente in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale si evidenziano, in particolare, i seguenti dati aggregati su base regionale, riportati nel rapporto COSFEL 2021:
- 47 enti nella regione Campania;
- 46 enti nella regione Sicilia;
- 30 enti nella regione Calabria;
- 27 enti nella regione Puglia;
- 24 enti nella regione Lazio;
- 17 enti in ciascuna delle regioni Lombardia e Molise;
- 14 enti nella regione Piemonte;
- 12 enti nella regione Liguria.
[59] La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Liguria, con deliberazione n. 72 del 23 giugno/29 luglio 2021 ha approvato, con prescrizioni, il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale deliberato dal Consiglio provinciale di La Spezia, riservandosi la verifica sull’effettiva esecuzione dello stesso.
[60] La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione siciliana, con deliberazione n. 149 del 20/25 ottobre 2021, ha approvato il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale della Città metropolitana di Catania, valutandone l’attuale congruenza ai fini del riequilibrio
[61] Per un approfondimento sul tema delle conseguenze della dichiarazione di dissesto sugli amministratori dell’ente locale coinvolto, si rinvia al tema web curato dal Servizio Studi – Dipartimento Bilancio della Camera dei deputati.
[62] Tale misura è considerata nel DEF 2022 tra quelle attuative delle Raccomandazioni specifiche per Paese 2020 relative al rafforzamento del coordinamento tra le autorità nazionali e regionali (CSR 1.3).
[63] Quelle indicate dalla lettera c) sono le emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.
[64] Tali disposizioni sono successivamente confluite nel decreto legge n. 14 del 2022 (articolo 5-quater) in sede di conversione con legge 5 aprile 2022, n. 28.
[65] Con la successiva ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 872 del 4 marzo 2022 sono state stabilite le prime modalità, anche in deroga alla normativa vigente, per reperire idonee strutture ricettive per le esigenze di accoglienza, a partire dalle operazioni di identificazione, nonché per accelerare le procedure di attivazione dei posti del SAI.
[66] Si rammenta che per far fronte all’impatto dell’epidemia di COVID-19, i Regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013, relativi ai Fondi strutturali, sono stati modificati dal Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento europeo e del Consiglio per consentire maggiore flessibilità nell’attuazione dei programmi finanziati dal FESR, dal FSE e dal Fondo di coesione, nonché dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Inoltre, al fine di rispondere all’impatto della crisi COVID-19 sugli indigenti, il Regolamento (UE) n. 223/2014, relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) è stato modificato dal Regolamento (UE) 2020/559 con l’introduzione di misure specifiche per il FEAD volte ad affrontare l’epidemia di COVID-19, che hanno offerto un supplemento eccezionale di flessibilità per consentire agli Stati membri di concentrarsi sulla risposta necessaria alla crisi senza precedenti, aumentando le possibilità di mobilitare il sostegno inutilizzato dei fondi e semplificando gli obblighi procedurali connessi all’attuazione dei programmi in risposta all’esigenza di una reazione rapida a tale crisi.
[67] Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.
[68] Art. 242, del D.L. n. 34/2020.
[69] Il “Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie” (c.d. Fondo IGRUE) è stato previsto dall’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183; le sue risorse sono destinate al cofinanziamento nazionale degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali.
[70] Per quanto riguarda la spending review dei ministeri, l’articolo 22-bis, comma 1, della legge n. 196/2009, prevede che, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza, entro il 31 maggio di ciascun anno, con D.P.C.M., e su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (previa deliberazione del Consiglio dei Ministri), sono definiti gli obiettivi di spesa di ciascun Dicastero riferiti al successivo triennio. In relazione a tali obiettivi, definiti in termini di limiti di spesa e di risparmi da conseguire, i Ministri definiscono la propria programmazione finanziaria, indicando gli interventi da adottare con il successivo disegno di legge di bilancio.
Dopo l'approvazione della legge di bilancio, entro il 1° marzo di ciascun anno, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono in appositi accordi (definiti con decreti interministeriali) le modalità e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa. Negli accordi sono quindi indicati gli interventi che si intende porre in essere per la loro realizzazione e il relativo cronoprogramma. I medesimi accordi possono essere aggiornati, anche in considerazione di successivi interventi legislativi che possano avere effetti sugli obiettivi oggetto dei medesimi accordi.
Il Ministro dell'economia informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi, sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro entro il 15 luglio. Entro il 1° marzo dell'anno successivo, ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia una relazione – che verrà allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente.
La nuova procedura ha trovato attuazione per la prima (e, al momento, unica) volta nell'anno 2017, con riferimento al triennio di programmazione 2018-2020.
Da ultimo, l’articolo 1, comma 849, della legge n.178 del 2021 (legge di bilancio per il 2021) ha modificato la disciplina di revisione della spesa delle amministrazioni centrali prevedendo, in particolare, che le amministrazioni statali siano tenute, a decorrere dal 2023, a porre in essere processi di riorganizzazione amministrativa volti a conseguire risparmi di spesa nella misura corrispondente alle riduzioni delle dotazioni (di competenza e di cassa), relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei ministeri, nella misura indicata in apposito allegato al disegno di legge (allegato L).
Su proposta dei ministri competenti, con decreto del MEF, le riduzioni di spesa possono essere rimodulate nell’ambito dei pertinenti stati di previsione, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa in termini di indebitamento netto della P.A.
[71] Codice dei contratti pubblici.
[72] Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
[73] Al riguardo, si segnala che con decreto direttoriale n. 539 del 3 marzo 2022 è stata disposta la nomina nei ruoli del personale non dirigenziale del Ministero della cultura, nel profilo professionale di Funzionario Amministrativo, Terza Area funzionale, posizione economica F1, di n.289 unità di personale, quali candidati vincitori utilmente collocati nella graduatoria generale di merito del concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento, a tempo pieno e indeterminato, di complessive n. 2.133 unità di personale non dirigenziale, elevate a 2.736, da inquadrare nell’Area III, posizione retributiva/fascia retributiva F1, con profilo di Funzionario amministrativo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, IV Serie speciale - “Concorsi ed esami” n. 50 del 30 giugno 2020, avviso di modifica e riapertura dei termini pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, IV Serie speciale - “Concorsi ed esami” n. 60 del 30 luglio 2021.
[74] Il quale, con la finalità di consentire il più efficace perseguimento delle missioni istituzionali, ha autorizzato il Ministero per i beni e le attività culturali (ora Ministero della cultura), nel rispetto della vigente dotazione organica, ad esperire procedure concorsuali per l'assunzione, a decorrere dall'anno 2020, di 500 unità di personale di qualifica non dirigenziale, di cui 250 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1, e 250 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F1, e, a decorrere dall'anno 2021, di ulteriori 500 unità di personale di qualifica non dirigenziale, di cui 250 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1, e 250 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F1. Si segnala, inoltre, che la Tabella B allegata al regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, di cui al DPCM n. 169 del 2 dicembre 2019, prevede una dotazione organica relativa all'Area III di 5.587.
[75] Recante "Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni".
[76] Sulla disciplina degli incarichi ad esperti di cui alle menzionate disposizioni del d.lgs. n.165/2001 si rinvia alla scheda di lettura riferita all'articolo 51, commi 1 e 2, del presente Dossier e, in particolare, alla relativa scheda di approfondimento.
[77] Il DL n.59 del 2021, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge n.101/2021).
[78] Comunicata alle Camere il 4 maggio 2021.
[79] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019.
[80] La SOGEI è una società per azioni partecipata interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze. Istituita nel 1976 al fine di realizzare l’anagrafe tributaria, ad oggi SOGEI eroga servizi informatici, oltre che per il Ministero dell’economia e delle Agenzie fiscali, anche in favore di altre amministrazioni pubbliche, sia centrali che regionali e locali, in virtù di specifiche disposizioni legislative e regolamentari.
[81] Misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana.
[82] La delibera CIPE n. 25 del 2016 reca la ripartizione per aree tematiche e obiettivi strategici delle risorse FSC 2014-2020.
[83] L’art. 44 del D.L. n. 34/2019 ha introdotto una semplificazione nella governance del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, introducendo il nuovo strumento del 'Piano Sviluppo e Coesione' (PSC), che ha sostituito i molteplici strumenti esistenti per l'utilizzo delle risorse del FSC dei vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione titolare dei Piani operativi, nonché una accelerazione della spesa degli interventi. In attuazione dell’articolo 44, l’Agenzia per la coesione territoriale ha provveduto nel corso del 2021 alla predisposizione dei Piani di sviluppo e coesione per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, articolati per aree tematiche, in cui sono confluite le risorse rivenienti dalla ricognizione degli strumenti di programmazione relativi ai diversi cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020). I singoli PSC sono stati approvati dal CIPESS con apposite delibere.
[84] Tale termine, originariamente stabilito al 31 dicembre 2021, è stato prorogato al 31 dicembre 2022 dall'art. 11-novies, comma 1, del D.L. 22 aprile 2021, n. 52.
[85] A valere sul complesso delle risorse autorizzate, alla data del 31 marzo 2022 risultano assegnazioni per circa 68 miliardi, di cui circa 12,7 miliardi disposte disposte con interventi legislativi e 55,2 miliardi deliberate dal CIPE, tra cui rientrano anche quelle per l'emergenza sanitaria, assegnate mediante riprogrammazione degli interventi.
[86] Cfr. pag. 29 e segg. della “Prima relazione annuale sull’andamento degli interventi dei Piani Sviluppo e Coesione sui dati riferiti al 31/12/2021”, presentata dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale ai sensi ell’articolo 44, comma 15, lett.b), del D.L. n. 34/2019. Nella Relazione si trovano tavole di dettaglio con le prime stime dei rischi per il conseguimento di OGV entro il 31/12/2022 per le diverse tipologie di Amministrazioni e di interventi.
[87] Da adottare su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale d’intesa con il Ministro per l’economia e le finanze.
[88] Si rammenta che alcune categorie di progetti, per la loro natura e strategicità, sono state poste nella responsabilità gestionale di un Commissario indicato dallo Stato, sottraendole alla potestà attuativa delle originarie Amministrazioni titolari.
[89] Al riguardo, si ricorda che nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato espressamente previsto un anticipo della programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027, in linea con le politiche di investimento e di riforma previste nel PNRR, per accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti, per un valore complessivo di circa 15,5 miliardi, secondo un principio di complementarità e di addizionalità delle risorse. Tali risorse, infatti, sono state reintegrate nella disponibilità del fondo, così da garantirne la piena addizionalità, dal D.L. n. 59/2021, che ha incrementato la dotazione del Fondo sviluppo e coesione, programmazione 2021-2027, di 15,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2031.
[90] Il ricorso a maggiore indebitamento netto, richiesto dal Governo con la Relazione al Parlamento (DOC. LVII, N. 5 (ANNESSO) presentata contestualmente al DEF 2022, è stato autorizzato dal Parlamento il 20 aprile 2022, con apposite risoluzioni.
[91] Sul quale si veda il dossier curato dai Servizi Studi di Camera e Senato, dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera e dal Servizio del Bilancio del Senato.