Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. Decreto Rilancio) Volume III - Articoli 186-266
Riferimenti: AC N.2500/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 295/4
Data: 07/07/2020
Organi della Camera: V Bilancio, Assemblea

Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia
(cd. “Decreto Rilancio”)

 

Volume III - Articoli 186-266

Edizione provvisoria

 

D.L. 34/2020 – A.C. 2500-A/R

 

 

7 luglio 2020

 

 

 

 

 

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Dossier n. 256/4 Volume III

 

 

 

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Progetti di legge n. 295/4 Volume III

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE VOLUME III

N.B. Sono evidenziate le disposizioni introdotte o modificate durante l’esame in V Commissione (Bilancio)

 

Titolo VIII – Misure di settore.. 9

Capo II -  Misure per l'editoria.. 9

Articolo 186 (Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari). 9

Articolo 187 (Regime di forfettizzazione delle rese dei giornali) 12

Articolo 188 (Credito d’imposta per l’acquisto della carta dei giornali). 14

Articolo 189 (Bonus una tantum edicole). 18

Articolo 190 (Credito d’imposta per le testate edite in formato digitale). 21

Articolo 191 (Procedura straordinaria semplificata per il pagamento dei contributi diretti ad alcune imprese editoriali). 24

Articolo 192 (Misure per il riequilibrio finanziario dell’INPGI e sospensione della norma sul commissariamento). 26

Articolo 193 (Contribuzione figurativa per giornalisti ammessi a cassa integrazione in deroga) 28

Articolo 194 (Proroga degli affidamenti dei servizi di informazione primaria)  29

Articolo 195 (Fondo per emergenze relative alle emittenti locali ). 30

Articolo 195-bis (Disposizioni in materia di tutela del diritto d'autore). 31

Articolo 195-ter (Modifiche all'articolo 5 della legge 5 agosto 1981, n. 416, sulla cessazione di testata giornalistica). 34

Capo III -  Misure per le infrastrutture e i trasporti  37

Articolo 196 (Interventi a favore delle imprese ferroviarie). 37

Articolo 197 (Ferrobonus e Marebonus). 42

Articolo 198 (Istituzione di un fondo per la compensazione dei danni subiti dal trasporto aereo )  44

Articolo 199 (Disposizioni in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi)  47

Articolo 199-bis (Disposizioni in materia di operazioni portuali). 61

Articolo 200 (Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale). 65

Articolo 200, comma 9-bis (Risorse per interventi per la qualità dell’aria nella pianura padana). 77

Articolo 200-bis (Buono viaggio). 79

Articolo 201 (Incremento del Fondo salva-opere). 81

Articolo 202 (Trasporto aereo). 85

Articolo 203 (Trattamento economico minimo per il personale del trasporto aereo)  94

Articolo 204 (Incremento dotazione del Fondo di solidarietà per il settore aereo)  98

Articolo 205 (Disposizioni urgenti in materia di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori). 100

Articolo 206 (Interventi urgenti per il ripristino, la messa in sicurezza e l’ammodernamento delle tratte autostradali A24 e A25 e della strada statale n. 4 - via Salaria a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017, nonché per la realizzazione di nuove infrastrutture autostradali) 102

Articolo 207 (Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici)  115

Articolo 208 (Disposizioni per il rilancio del trasporto ferroviario). 118

Articolo 209 (Misure a tutela del personale e dell’utenza dei servizi di motorizzazione e del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche). 124

Articolo 210 (Disposizioni in materia di autotrasporto). 126

Articolo 211, commi 1 e 4 (Misure per la funzionalità del Corpo delle Capitanerie di Porto e per il sostegno di sinergie produttive nei comprensori militari). 132

Articolo 211, commi 2 e 3 (Convenzione Difesa Servizi Spa per infrastrutture industriali e logistiche militari). 134

Articolo 211-bis (Aggiornamento piani di sicurezza infrastrutture critiche). 137

Articolo 212 (Rinnovo parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano nel Comune di Taranto). 140

Articolo 212-bis (Rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico su acqua nel Comune di Venezia). 143

Articolo 213 (Finanziamento del sistema bus rapidtransit). 145

Articolo 213-bis (Messa in sicurezza del territorio di Taranto per i Giochi del Mediterraneo 2026)  147

Articolo 214, commi 1 e 2 (Contributo straordinario a compensazione dei minori incassi ANAS). 148

Articolo 214 comma 2-bis (SS42-variante Trescore-Entratico) 150


 

Articolo 214 comma 2-ter (SS 11-tangenziale ovest di Milano variante di Abbiategrasso)  152

Articolo 214, commi 3-7 (Contributi alle imprese ferroviarie per i servizi non sottoposti ad obblighi di servizio pubblico) 153

Articolo 215 (Misure di tutela per i pendolari di trasporto ferroviario e TPL). 155

Capo IV -  Misure per lo sport.. 157

Articolo 216, commi 1 e 2 (Disposizioni in tema di impianti sportivi). 157

Articolo 216, comma 3 (Riduzione dei canoni di locazione per palestre, piscine e impianti sportivi). 162

Articolo 216, comma 4 (Rimborso degli abbonamenti per l'accesso a impianti sportivi)  166

Articolo 217 (Costituzione del Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale)  169

Articolo 217-bis (Sostegno alle attività sportive universitarie). 175

Articolo 218 (Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici). 177

Articolo 218-bis (Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche). 182

Capo V -  Misure in materia di giustizia.. 183

Articolo 219 (Misure urgenti per la funzionalità dell’amministrazione della giustizia, per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per i dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria). 183

Articolo 220 (Disposizioni urgenti in materia di Fondo unico giustizia). 185

Articolo 220-bis (Interventi urgenti per la corresponsione dei crediti maturati e non pagati relativi a prestazioni di avvocati, ausiliari del magistrato e consulenti di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato ). 188

Articolo 221 (Modifiche all’art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, disposizioni concernenti il processo telematico, la partecipazione da remoto alle udienze civili, i colloqui )  190


 

Capo VI -  Misure per l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura   199

Articolo 222 (Disposizioni a sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura) 199

Articolo 222-bis (Imprese agricole danneggiate dalle eccezionali gelate occorse nel periodo dal 24 marzo al 3 aprile 2020). 205

Articolo 223 (Contenimento della produzione e miglioramento della qualità)  206

Articolo 224 (Misure in favore della filiera agroalimentare). 207

Articolo 224-bis (Sistema di qualità nazionale per il benessere animale). 214

Articolo 224-ter (Sostenibilità delle produzioni agricole). 217

Articolo 225 (Consorzi di bonifica ed enti irrigui). 220

Articolo 226 (Fondo emergenza alimentare). 224

Capo VII -  Misure per l'ambiente.. 227

Articolo 227 (Sostegno alle Zone economiche ambientali). 227

Articolo 227-bis (Rafforzamento della tutela degli ecosistemi marini). 231

Articolo 228 (Misure urgenti in materia di valutazione di impatto ambientale)  232

Articolo 228-bis (Abrogazione dell'articolo 113-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in materia di limiti quantitativi e temporali del deposito temporaneo di rifiuti). 234

Articolo 229 (Misure per incentivare la mobilità sostenibile). 236

Articolo 229, comma 2-bis (Trasporto scolastico) 249

Articolo 229, commi 4-bis-4-quinquies (Contributo in favore dei residenti nei comuni della gronda della laguna di Venezia). 251

Articolo 229-bis (Disposizioni per lo smaltimento dei dispositivi di protezione individuale)  253

Capo VIII -  Misure in materia di istruzione.. 260

Articolo 230, commi 1, 2 e 2-bis (Incremento dei posti relativi a concorsi già indetti per l’assunzione di docenti nella scuola secondaria). 260

Articolo 230, commi 2-ter e 2-quater (Contratti aggiuntivi per collaboratori scolastici nell’a.s. 2020-2021). 264

Articolo 230-bis, comma 1 (Contratti con assistenti tecnici per assicurare la funzionalità della strumentazione informatica nelle scuole dell’infanzia  e del primo ciclo). 267

Articolo 230-bis, comma 2 (Incarichi temporanei per le funzioni ispettive e immissione in ruolo di dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione). 269

Articolo 230-bis, comma 3 (Fondo per evitare la ripetizione di somme già erogate ai dirigenti scolastici negli a.s. 2017/2018 e 2018/2019) 271

Articolo 231 (Misure per sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza dell’anno scolastico 2020/2021). 273

Articolo 231-bis (Misure per la ripresa dell'attività didattica in presenza). 282

Articolo 232, commi da 1 a 3 e da 5 a 9 (Interventi in materia di edilizia scolastica)  289

Articolo 232, comma 4 (Stati di avanzamento lavori in edilizia scolastica). 298

Articolo 232, comma 4-bis (Contributo alla città di Milano per l'Istituto superiore S. Quasimodo). 300

Articolo 233, commi 1-3 (Misure di sostegno economico al sistema integrato da zero a sei anni)  301

Articolo 233, commi 4 e 5 (Sostegno economico all'istruzione paritaria). 305

Articolo 234 (Misure per il sistema informativo per il supporto all’istruzione scolastica)  307

Articolo 235 (Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 presso il Ministero dell’istruzione). 310

Capo IX -  Misure in materia di università e ricerca.. 311

Articolo 236, commi 1 e 8 (Incremento del Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca). 311

Articolo 236, comma 2 (Acquisto di servizi informatici per l’attività didattica di università statali e istituzioni di alta formazione artistica e musicale). 313

Articolo 236, comma 3-bis (Equipollenza dei diplomi di specializzazione in musicoterapia)  314

Articolo 236, commi 5 e 8, e articolo 243, comma 1, capoverso 65-sexies (Interventi a sostegno dei dottorati di ricerca). 316

Articolo 236, comma 6 (Assegni di ricerca). 320

Articoli 236, comma 7, e 238, comma 8 (Fabbisogno finanziario università statali)  323


 

Articolo 237, comma 1 (Disposizioni in materia di esami di abilitazione all'esercizio di alcune professioni). 326

Articolo 237, comma 2 (Accreditamenti delle scuole di specializzazione di area sanitaria con accesso riservato ai medici). 328

Articolo 237, comma 3 (Ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione in medicina). 331

Articolo 238, commi 1-3 e 9 (Ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca)  332

Articolo 238, comma 4 (Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN e Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST). 336

Articolo 238, commi 5 e 9 (Promozione dell’attività di ricerca nelle università)  338

Articolo 238, comma 6 (Deroga all'obbligo di risparmio di spesa nel settore informatico in favore di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca e Fondazione IIT). 340

Articolo 238, comma 7 (Ammissione al finanziamento di soggetti inseriti in graduatorie internazionali relative a progetti di ricerca internazionali). 342

Articolo 238-bis (Percorsi formativi a sostegno dell’industria della Difesa). 346

Capo X -  Misure per l'innovazione tecnologica.. 350

Articolo 239 (Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale) 350

Articolo 240 (Istituzione di una direzione generale per la tutela informatica. 352

entro il Ministero dell'interno). 352

Capo XI -  Coesione territoriale.. 354

Articolo 241 (Utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il contrasto all'emergenza Covid-19). 354

Articolo 242 (Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19) 358

Articolo 243, comma 1, capoversi 65-quinquies e 65 sexies (Incremento del Fondo di sostegno alle attività economiche nelle aree interne a seguito dell’emergenza Covid-19)  364

Articolo 244 (Credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo nelle aree del Mezzogiorno e nelle regioni colpite dagli eventi sismici degli anni 2016 e 2017). 368


 

Articolo 245 (Misura di sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di “Resto al Sud” per far fronte agli effetti dell’emergenza sanitaria). 371

Articolo 245-bis (Startup e misura “Resto al Sud”). 375

Articolo 246 (Sostegno al Terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno e nelle regioni maggiormente colpite dal Covid-19). 377

Capo XII -  Accelerazioni concorsi. 381

Sezione I - Decentramento e digitalizzazione delle procedure   381

Articoli 247-249 (Misure per la accelerazione dei concorsi mediante il decentramento e la digitalizzazione delle procedure). 381

Sezione II - Disposizioni per la velocizzazione dei concorsi e per la conclusione delle procedure sospese.. 387

Articolo 250, commi 1-4 (VIII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici). 387

Articolo 250, comma 5 (Procedure concorsuali negli enti pubblici di ricerca e conferimento di assegni di ricerca). 393

Articolo 251 (Modalità straordinarie di svolgimento dei concorsi pubblici presso il Ministero della salute). 395

Articolo 252 (Misure urgenti per lo svolgimento di concorsi per il personale del Ministero della giustizia). 399

Articolo 253 (Misure urgenti in tema di concorso per magistrato ordinario) 405

Articolo 254 (Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense). 409

Articolo 255 (Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti). 413

Articolo 256 (Misure straordinarie per la definizione dell’arretrato penale presso le Corti di appello). 417

Articolo 257 (Procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti)  420

Articolo 258 (Semplificazione di procedure assunzionali e formative. 421

del Corpo nazionale dei vigili del fuoco). 421

Articolo 259 (Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di procedure concorsuali). 424

Articolo 259-bis (Misure per l'assunzione e la formazione di allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria). 428

Articolo 260 (Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di corsi di formazione). 431

Articolo 260-bis (Concorsi e assunzioni allievi agenti della Polizia di Stato). 434

Articolo 261 (Procedure assunzionali per il Dipartimento della protezione civile)  441

Articolo 262 (Assunzioni di personale del Ministero dell’economia e delle finanze)  442

Sezione III - Disposizioni in materia di lavoro agile e per il personale delle pubbliche amministrazioni. 445

Articolo 263 (Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di voro agile)  445

Articolo 263-bis (Autorità garante della concorrenza e del mercato). 451

Capo XIII -  Misure urgenti di semplificazione per il periodo di emergenza Covid-19. 456

Articolo 264 (Semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID-19). 456

Articolo 265 (Disposizioni finanziarie finali). 475

Articolo 265-bis (Clausola di salvaguardia). 491

Articolo 266 (Entrata in vigore). 493


Titolo VIII – Misure di settore

Capo II -  Misure per l'editoria

Articolo 186
(Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari)

 

 

L'articolo 186 rafforza il regime straordinario di accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari introdotto per il 2020 dal D.L. 18/2020 che, in considerazione dell’attesa caduta dei volumi di investimento derivante dall’emergenza sanitaria, ha commisurato l'importo del medesimo credito al valore totale degli investimenti effettuati, anziché ai soli investimenti incrementali. In particolare, l’importo massimo dell’investimento ammesso al credito d’imposta è ora elevato (dal 30) al 50% ed è direttamente fissato in € 60 mln il tetto di spesa.

 

Nell’ambito di tale tetto di spesa, si stabilisce che il beneficio è concesso nel limite di 40 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di € 20 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

 

A tali fini, si novella il comma 1-ter dell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), introdotto dall’art. 98, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

L'art. 98 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) – nell’introdurre il comma 1-ter nell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – ha operato un primo rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari previsto a regime dallo stesso art. 57-bis (sul quale si rinvia al tema web Interventi per l’editoria curato dal Servizio Studi della Camera) stabilendo, per il 2020, un regime straordinario, in base al quale l'importo del credito di imposta è commisurato al valore totale degli investimenti effettuati, anziché ai soli investimenti incrementali..

In particolare, per l’anno 2020, aveva stabilito che il credito d’imposta era concesso nella misura unica del 30% del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali) nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del co. 3 del medesimo art. 57-bis - ossia nel limite stabilito con il DPCM che annualmente suddivide le risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico - e in ogni caso nei limiti del regime europeo degli aiuti di Stato.

In considerazione della novità introdotta, ha, altresì, disposto che la comunicazione per l’accesso al beneficio è presentata tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Le comunicazioni trasmesse nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 marzo 2020 restano comunque valide. Al riguardo, Il 23 marzo 2020 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha precisato, che “chi vorrà ampliare i propri investimenti pubblicitari per utilizzare appieno le più favorevoli condizioni stabilite per il 2020 potrà “sostituire” la prenotazione già inviata a marzo con una nuova, sempre nel periodo dal 1° al 30 settembre 2020. Il sistema, il modello telematico, e le relative istruzioni saranno opportunamente adeguati alla nuova normativa prima dell’apertura della nuova finestra temporale, dal 1° al 30 settembre 2020, per l’invio delle comunicazioni telematiche per l’accesso al credito di imposta per l’anno 2020”.

Infine, ha disposto che, ai fini della concessione del credito d’imposta si applicano, per i profili non derogati, le norme recate dal regolamento di cui al DPCM 16 maggio 2018, n. 90, emanato in sede di prima attuazione dell’art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017).

 

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, da imputare per € 40 mln alla quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri e per € 20 mln alla quota spettante al Ministero dello sviluppo economico. A tal fine, il Fondo è incrementato nella misura di € 32,5 mln per il 2020.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’articolo 1 della L. 198/2016.

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017, per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018, per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali (v. par. Le misure adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus (COVID-19): in particolare, il rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari del tema web Interventi per l’editoria, predisposto dal Servizio Studi della Camera), si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM. Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

 

 


 

Articolo 187
(Regime di forfettizzazione delle rese dei giornali)

 

 

L’articolo 187 introduce, per l’anno 2020, un regime straordinario di forfettizzazione delle rese di giornali quotidiani e periodici, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, che ne consente la riduzione del 95% (invece dell’80% previsto in via ordinaria).

 

Come evidenzia la relazione illustrativa, l’intervento è volto a sostenere i prodotti editoriali in edizione cartacea.

 

Più nello specifico, il comma 1 stabilisce che, limitatamente all’anno 2020, per il commercio di giornali quotidiani e di periodici e dei relativi supporti integrativi, l’IVA può applicarsi, in deroga al regime vigente, in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione delle rese del 95% (in luogo dell’80 per cento previsto in via ordinaria).

Resta fermo che sono esclusi dall’agevolazione i giornali pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

 

L’art. 74, co. 1, lett. c), del DPR 633/1972 (decreto IVA) prevede che, per il commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e di cataloghi, l’imposta è dovuta dagli editori sulla base del prezzo di vendita al pubblico, in relazione al numero delle copie vendute. L'imposta può applicarsi in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione della resa del 70% per i libri e dell'80% per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

In base alla stessa disposizione, per periodici si intendono i prodotti editoriali registrati come pubblicazioni ai sensi della L. 47/1948; per supporti integrativi si intendono i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori, videomagnetici o digitali ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che, per il loro contenuto, non siano commercializzabili separatamente.

L’agevolazione si applica anche se i giornali quotidiani, i periodici ed i libri sono ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto ed in unica confezione, sempreché il costo del bene ceduto, anche gratuitamente, congiuntamente alla pubblicazione non sia superiore al cinquanta per cento del prezzo dell'intera confezione; in ogni caso, l'imposta si applica con l'aliquota di ciascuno dei beni ceduti.

 

Ai sensi del comma 2, agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 13 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede secondo quanto previsto dall’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 188
(Credito d’imposta per l’acquisto della carta dei giornali)

 

 

L’articolo 188 prevede, in via straordinaria, per l’anno 2020, un credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto, nel 2019, della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici, quale misura di sostegno fiscale al settore editoriale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

In particolare, in base al comma 1, il credito di imposta è riconosciuto, per l’anno 2020, a favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC) ed è pari all’8% della spesa sostenuta nell'anno 2019 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite.

Il credito d’imposta è riconosciuto entro il limite di € 24 mln per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa.

Per il riconoscimento del credito d’imposta si applicano le disposizioni introdotte per il credito d’imposta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite e dei libri sostenuta nell'anno 2004, ossia l’art. 4, co. 182, 183, 184, 185 e 186 della L. 350/2003, e il DPCM 318/2004, la cui disciplina è stata successivamente estesa  alle spese sostenute nel 2005 dall'art. 1, co. 484, della L. 311/2004.

 

L’art. 4, co. 181-186, della L. 350/2003 (L. finanziaria per il 2004) ha riconosciuto alle imprese editrici di quotidiani e di periodici e alle imprese editrici di libri iscritte al registro degli operatori di comunicazione un credito d'imposta pari al 10% della spesa per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici e dei libri sostenuta nell'anno 2004.

In particolare, la spesa per l'acquisto della carta deve risultare dal bilancio certificato delle imprese editrici. Nel caso in cui la carta sia acquistata da soggetti diversi dall'editore, essa deve comunque essere ceduta agli editori con fatturazione distinta da quella relativa ad ogni altra vendita o prestazione di servizio.

Sono previste alcune fattispecie di esclusione dal beneficio, fra le quali: quotidiani ed i periodici che contengono inserzioni pubblicitarie per un'area superiore al 50%dell'intero stampato, su base annua; quotidiani e periodici non posti in vendita, cioè non distribuiti con un prezzo effettivo per copia o per abbonamento, ad eccezione di quelli informativi delle fondazioni e delle associazioni senza fini di lucro; quotidiani o periodici che siano ceduti a titolo gratuito per una percentuale superiore al 50% della loro diffusione; quotidiani e periodici diretti a pubblicizzare prodotti o servizi contraddistinti con il nome o con altro elemento distintivo e diretti prevalentemente ad incentivarne l'acquisto; quotidiani e periodici di vendita per corrispondenza; quotidiani e periodici di promozione delle vendite di beni o di servizi;  cataloghi, cioè pubblicazioni contenenti elencazioni di prodotti o di servizi; pubblicazioni aventi carattere postulatorio, ad eccezione di quelle utilizzate dalle organizzazioni senza fini di lucro e dalle fondazioni religiose esclusivamente per le proprie finalità di autofinanziamento; quotidiani e periodici delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici, nonché di altri organismi, comprese le società riconducibili allo Stato ovvero ad altri enti territoriali o che svolgano una pubblica funzione; prodotti editoriali pornografici.

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito imponibile e può essere fatto valere anche in compensazione, non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso ad altro titolo spettante; l'eventuale eccedenza è riportabile al periodo di imposta successivo.  L'ammontare della spesa complessiva per l'acquisto della carta e l'importo del credito d'imposta sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta durante il quale la spesa è stata effettuata.

In caso di utilizzo del credito d'imposta in tutto o in parte non spettante si rendono applicabili le norme in materia di accertamento, riscossione e contenzioso nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.

 

Il credito d’imposta non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui all'art. 2, co. 1 e 2, della L. 198/2016, e al d.lgs. 70/2017, conseguentemente emanato.

Sulla disciplina relativa ai contributi diretti all’editoria, si veda il tema web Interventi per l’editoria curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Inoltre, ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, co. 6, del D.L. 40 /2010 (L. 73/2010).

La disposizione richiamata prevede, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al recupero, i dati relativi ai crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione. Le somme recuperate sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.

 

Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione che, a tal fine, è incrementato di € 24 mln per il 2020.

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016.

Al Fondo affluiscono:

§  le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica;

§  le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale;

§  le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1% del reddito complessivo dei: concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica, sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali; società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; altri soggetti che esercitano l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

Inoltre, la L. di bilancio 2019 (L. 145/2018: art. 1, co. 90) ha stabilizzato la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, per essere destinata, fino ad un importo massimo di € 125 mln annui, al finanziamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione.

Da ultimo, l’art. 1, co. 389-392, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato il Fondo di € 20 mln annui dal 2020 ai fini della concessione di contributi a favore delle scuole statali e paritarie e di alcune categorie di studenti, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore. L’importo complessivo dei contributi, nel limite indicato, è fissato annualmente dal DPCM che stabilisce la destinazione delle risorse del Fondo ai diversi interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017, per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018, per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali (v. par. Le misure adottate a seguito dell’emergenza Coronavirus (COVID-19): in particolare, il rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari del tema web Interventi per l’editoria, predisposto dal Servizio Studi della Camera), si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM.

Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

 

Non si specifica – a differenza di quanto previsto nell’articolo 189 – se si provvede a valere sulla quota del Fondo spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

Ai sensi del comma 2, ai relativi oneri, valutati in € 24 mln per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

 


 

Articolo 189
(Bonus una tantum edicole)

 

 

L'articolo 189 riconosce un bonus una tantum agli esercenti delle edicole, a titolo di sostegno per gli oneri straordinari sostenuti per lo svolgimento dell’attività durante l’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che, nell’ambito delle disposizioni limitative dell’esercizio delle attività produttive adottate, a seguito del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) e del D.L. 19/2020, per fronteggiare l'emergenza connessa alla diffusione del Coronavirus, l’attività delle edicole non è mai stata sospesa.

 

Infatti, come ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per l’editoria nell’ambito dellaudizione nella VII Commissione della Camera, il 29 aprile 2020, il Governo, in considerazione della funzione di pubblico servizio svolta dal sistema dell’informazione, ha ritenuto di escludere le edicole e l’intera filiera della stampa dal novero delle attività commerciali e produttive soggette agli obblighi di sospensione.

In particolare, ha evidenziato come tale scelta sia stata imposta dal rispetto del dettato costituzionale che, attraverso l'art. 21, garantisce il diritto fondamentale di informare e di essere informati; un diritto tanto più rilevante in un così grave frangente per la vita civile e istituzionale del Paese.

 

Nello specifico, il bonus è riconosciuto alle persone fisiche esercenti punti vendita esclusivi per la rivendita di giornali e riviste, non titolari di redditi da lavoro dipendente o pensione.

La disciplina delle modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica è recata principalmente dal d.lgs. 170/2001, il cui art. 2 – da ultimo modificato dall’art. 64-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – stabilisce che il sistema di vendita si articola, su tutto il territorio nazionale, in punti vendita esclusivi (esercizi tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici) e non esclusivi (esercizi che possono vendere, alle condizioni stabilite dallo stesso d.lgs., quotidiani e/o periodici in aggiunta ad altre merci[1]).

 

Il contributo una tantum è riconosciuto a ciascun soggetto fino a un massimo di € 500, entro il limite di spesa complessivo di € 7 mln per il 2020, previa domanda diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale.

Le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta e i termini per la presentazione della domanda devono essere stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Il contributo una tantum non concorre alla formazione del reddito a fini IRPEF.

 

Ai fini indicati, si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, nell’ambito della quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, allo scopo incrementate di € 7 mln per l’anno 2020.

Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016[2].

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM[3].

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM[4].


 

Articolo 190
(Credito d’imposta per le testate edite in formato digitale)

 

 

L’articolo 190 riconosce, per il 2020, alle imprese editrici di quotidiani e di periodici che occupano almeno un dipendente a tempo indeterminato, - quale misura di sostegno fiscale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19 un credito d'imposta pari al 30% della spesa effettiva sostenuta nel 2019 per l’acquisizione dei servizi di server, hosting e banda larga per le testate edite in formato digitale, entro il limite di € 8 mln.

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1, per l’anno 2020, il credito d'imposta - nel limite di € 8 mln che costituisce tetto di spesa - è riconosciuto per la spesa effettiva sostenuta nel 2019 per l’acquisizione dei servizi di server, hosting e manutenzione evolutiva per le testate edite in formato digitale, e per information technology di gestione della connettività.

Il beneficio è concesso nel rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato (regolamento n. 1407/2013 della Commissione, relativo agli aiuti de minimis).

 

In base al comma 2, l'agevolazione è concessa a ciascuna impresa a seguito di istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale.

 

Ai sensi del comma 3, le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dall'art. 109 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi, vale a dire nell’esercizio di competenza.

Il predetto articolo 109 Tuir stabilisce che le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale.

L’effettuazione delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti abilitati a rilasciare il visto di conformità, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti.

 

Il comma 4 dispone che il credito d'imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa statale, regionale o europea, salvo che successive disposizioni di pari fonte normativa non prevedano espressamente la cumulabilità delle agevolazioni stesse. In particolare, esso non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici

Sulla disciplina dei contributi diretti all’editoria, si veda il tema web Interventi per l’editoria, curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Ai sensi del comma 5, il credito d’imposta si può utilizzare esclusivamente in compensazione, con modello F24 presentato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate. Il modello è scartato qualora l’ammontare del credito d’imposta utilizzato in compensazione risulti eccedente l’importo spettante

 

Il comma 6 prevede inoltre la revoca del credito d’imposta nel caso che venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti, ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese. La revoca parziale del credito d’imposta è disposta solo nel caso in cui dagli accertamenti effettuati siano rilevati elementi che condizionano esclusivamente la misura del beneficio concesso. Ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, si applica l’art. 1, co. 6, del D.L. 40/2010 (L. 73/2010).

La disposizione richiamata prevede, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, che l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al recupero, i dati relativi ai crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione. Le somme recuperate sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario.

 

Il comma 7 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta ed i termini per la presentazione della domanda.

 

Ai sensi del comma 8, ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione che, a tal fine, è incrementato di € 8 mln per l’anno 2020.

Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

Il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’art. 1 della L. 198/2016.

Esso è ripartito annualmente tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, per gli interventi di rispettiva competenza, sulla base dei criteri stabiliti con DPCM.

La destinazione delle risorse del Fondo assegnate alla Presidenza del Consiglio dei ministri è stabilita annualmente con altro DPCM.

Per ulteriori dettagli sul Fondo si rinvia alla scheda dell’articolo 188.

 

Ai sensi del comma 9, alla copertura degli oneri si provvede ai sensi dell’articolo 165, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

 

 


 

Articolo 191
(Procedura straordinaria semplificata per il pagamento dei
contributi diretti ad alcune imprese editoriali)

 

 

L'articolo 191 semplifica la procedura di pagamento della rata di anticipo dei contributi diretti riferiti all’annualità 2019 a favore di alcune categorie di imprese editoriali.

 

In particolare, dispone che, al fine di garantire il pagamento, entro i termini previsti dalla legislazione vigente, della rata di anticipo dei contributi dovuti per l’annualità 2019 alle imprese di cui all’art. 2, co. 1, lett. da a) a d), del d.lgs. 70/2017 – emanato sulla base della delega conferita dalla L. 198/2016 –, la verifica di regolarità previdenziale e fiscale è effettuata solo al momento del pagamento del saldo.

Si tratta dei contributi cui hanno diritto:

a) cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici;

b) imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti senza fini di lucro[5];

c) enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è interamente detenuto da tali enti;

d) imprese editrici che editano quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche.

 

La relazione illustrativa sottolineava che la previsione è assunta in considerazione della situazione di difficoltà economica e gestionale in cui si trovano le imprese editrici nell’attuale periodo di emergenza sanitaria.

 

Ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 70/2017 – esplicitamente riferito al procedimento di liquidazione dei contributi diretti ai soggetti di cui all’art. 2, co. 1, lett. da a) a c), ma le cui previsioni si applicano, in base all’art. 14, anche ai soggetti di cui alla lett. d) dello stesso co. 1 dell’art. 2 –, il contributo è erogato in due rate annuali.

La prima rata, consistente nell'anticipo di una somma pari al 50% del contributo erogato nell'anno precedente, è versata entro il 30 maggio successivo alla presentazione della domanda che, in base all’art. 2 del DPCM 28 luglio 2017 – emanato in attuazione dell’art. 10 dello stesso d.lgs. 70/2017 – deve avvenire dall'1 al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo[6].

Le imprese editrici che presentano per la prima volta domanda di contributo possono beneficiare del pagamento della rata di anticipo a decorrere dall'annualità successiva a quella in cui percepiscono il primo contributo.

La rata di anticipo è erogata previo accertamento del possesso dei requisiti sulla base dei documenti istruttori (indicati nel già citato DPCM 28 luglio 2017), e previa verifica della regolarità contributiva previdenziale, nonché previa verifica di non inadempimento fiscale di cui all’art. 48-bis del DPR 602/1973.

Qualora l'impresa editrice non produca la documentazione richiesta, ovvero in caso di documentazione incompleta, la stessa non può beneficiare della rata di anticipo e il contributo è liquidato in un'unica soluzione entro il termine di conclusione del procedimento ove l'istruttoria abbia dato esito positivo.

La seconda rata è versata, a saldo, subordinatamente all'esito positivo dell'istruttoria e agli stessi accertamenti previsti per il pagamento della rata di anticipo, entro il termine di conclusione del procedimento, fissato dall’art. 12 dello stesso d.lgs. 70/2017 nel 28 febbraio dell'anno successivo a quello di presentazione della domanda.

In base all’art. 12, a tal data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell'amministrazione di procedere al recupero delle somme che risultino indebitamente percepite all'esito dei controlli successivi disposti annualmente ai sensi dell'art. 6, co. 2, del DPR 223/2010.

 

Il 3 giugno 2020 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha reso noto che era in pagamento la rata di anticipo del contributo per l’annualità 2019 in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici risultate aventi titolo, di cui all'elenco.

In particolare, il comunicato stampa ha evidenziato che “L’anticipo è stato liquidato utilizzando le risorse già accantonate a tal fine con il decreto del 29 ottobre 2019 di ripartizione interna del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione per l’anno 2019. L’accantonamento, a suo tempo effettuato sulla scorta della stima dell’ammontare dei contributi spettanti per l’anno 2018, ha consentito oggi di erogare il 46,92% del contributo effettivamente liquidato nell'anno precedente”.


 

Articolo 192
(Misure per il riequilibrio finanziario dell’INPGI e sospensione della norma sul commissariamento)

 

 

L'articolo 192 modifica alcuni termini temporali relativi al processo di riequilibro finanziario dell’INPGI (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola") e alla sospensione della norma sull’eventuale commissariamento. La novella, in particolare, differisce dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020: il termine entro cui l’Istituto deve trasmettere ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate; il termine finale della sospensione - con esclusivo riferimento all'INPGI - della norma che prevede la nomina di un commissario straordinario per il caso in cui un ente di diritto privato che gestisca forme di previdenza obbligatoria presenti un disavanzo economico-patrimoniale.

 

Resta fermo - ai sensi della disciplina oggetto della presente novella  (disciplina di cui all’articolo 16-quinquies, comma 2, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni) - che l'INPGI deve adottare misure di riforma del regime previdenziale e che, nel caso di mancato conseguimento (tramite esse) di una prospettiva  - indicata nel suddetto bilancio tecnico attuariale - di sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo, sono emanati uno o più regolamenti governativi per l'ampliamento della platea contributiva relativa al medesimo INPGI.

Riguardo alla sospensione della norma sulla nomina di un commissario straordinario, la suddetta disciplina (oggetto della presente novella) fa letteralmente riferimento alla sola gestione relativa ai giornalisti lavoratori dipendenti ("gestione sostitutiva"), la quale presenta attualmente un disavanzo, anziché all’intero Istituto.

 

Più in dettaglio, il citato articolo 16-quinquies, comma 2, demanda all'INPGI di adottare, entro il 30 giugno 2020, misure di riforma intese al riequilibrio finanziario della gestione pensionistica concernente i giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente ed alla sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della stessa gestione. Le misure devono intervenire, in via prioritaria, sul contenimento della spesa e, in subordine, sull'incremento delle entrate contributive. Le delibere in esame sono approvate - ai sensi della disciplina generale, di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, sull'adozione delle misure in materia di contributi e prestazioni degli enti di diritto privato che gestiscono forme di previdenza obbligatoria - da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze[7]. Per i casi in cui le delibere concernano (come nel caso in esame) lavoratori dipendenti, la norma generale prevede che esse siano adottate sulla base delle determinazioni definite dalla contrattazione collettiva nazionale. La norma in oggetto non specifica se le nuove misure possano essere adottate in deroga a quest’ultima fase procedurale.

Come detto, l'INPGI deve trasmettere - entro il termine ora posto al 31 dicembre 2020 e che è qualificato come perentorio - ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate.

Qualora il suddetto bilancio tecnico non evidenzi la sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della gestione pensionistica relativa ai giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente, il Governo adotta uno o più "regolamenti di delegificazione", intesi a definire un allargamento della platea contributiva dell'INPGI. Ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'eventuale adozione delle suddette norme regolamentari - le quali potrebbero comportare un passaggio di assicurati dall'INPS all'INPGI -, si prevede che sia accantonato e reso indisponibile nel bilancio dello Stato un importo pari a 159 milioni di euro per il 2023, 163 milioni per il 2024, 167 milioni per il 2025, 171 milioni per il 2026, 175 milioni per il 2027, 179 milioni per il 2028, 183 milioni per il 2029, 187 milioni per il 2030, 191 milioni annui a decorrere dal 2031[8].

Riguardo alla norma sul commissariamento, si ricorda che l'articolo 2, comma 4, del citato D.Lgs. n. 509 del 1994, e successive modificazioni, prevede che, in caso di disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti, si provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. Sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione dell'ente.

Ai fini dell'eventuale attivazione della procedura di commissariamento, la Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale segnala ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario di cui sia venuta a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti privati suddetti.

 


 

Articolo 193
(Contribuzione figurativa per giornalisti ammessi
a cassa integrazione in deroga)

 

 

L’articolo 193 dispone l’accreditamento presso l’INPGI della contribuzione figurativa dei giornalisti dipendenti ammessi a cassa integrazione in deroga, iscritti alla relativa gestione sostitutiva

 

In particolare, ai fini dell’accreditamento della contribuzione figurativa, riconosciuta ai sensi dell’articolo 22, comma 1 del dl 18/2020, l’INPS trasmette mensilmente all’INPGI l’elenco dei beneficiari dei suddetti trattamenti. Entro il mese successivo, l’INPGI presenta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la rendicontazione necessaria al fine di ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati.

     La disposizione conferma  il ricorso alle procedure previste per la cassa integrazione in deroga di cui all’articolo 22, comma 4 del dl 18/2020 in base alle quali è l’INPS che provvede all'erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari[9]. L'INPS medesimo provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome. Qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto - anche in via prospettica - il limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome non possono emettere altri provvedimenti concessori.

 


 

Articolo 194
(
Proroga degli affidamenti dei servizi di informazione primaria)

 

 

L’articolo 194 autorizza la Presidenza del consiglio dei ministri a prorogare fino al 31 dicembre 2021come disposto nel corso dell’esame in V Commissione in luogo del 31 giugno 2020 attualmente previsto - la durata dei contratti, già in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, stipulati con le agenzie di stampa per l'acquisto di servizi giornalistici e informativi.

 

La suddetta possibilità di proroga - che opera nelle more della revisione organica della normativa a tutela del pluralismo dell'informazione e nei limiti delle disponibilità di bilancio – era prevista sino al 31 dicembre 2020 dall’art. 11, c. 2-ter, del D.L. 162/2019 e riguarda i contratti stipulati ai sensi della L. 237/1954 e dell’art. 55, c. 24, della L. 449/1997 (comma 1).

L’art. 55, co. 24, della L. 449/1997 – come modificato dall’art. 7, co. 2, della L. 198/2016 – ha stabilito che l’art. 2 della L. 237/1954 va interpretato nel senso che, al fine di un più razionale uso delle risorse e per garantire alle amministrazioni dello Stato una più completa informazione attraverso la più ampia pluralità delle fonti, la Presidenza del Consiglio dei ministri, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni sono autorizzati ad acquistare dalle agenzie di stampa, mediante appositi contratti, notiziari ordinari e speciali, servizi giornalistici e informativi, ordinari e speciali, e loro raccolte anche su supporto informatico, nonché il servizio di diramazione di notizie e di comunicati degli organi centrali e periferici delle amministrazioni dello Stato.

Da quanto si evince dal sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del consiglio dei ministri, per la fornitura dei citati servizi le agenzie di stampa sono selezionate mediante gare europee, ricorrendo a procedure aperte suddivise in lotti ai sensi del d.lgs. 50/2019 (Codice dei contratti pubblici).

 

A quanto disposto dall’articolo in commento, si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato (comma 2).

 


 

Articolo 195
(Fondo per emergenze relative alle emittenti locali )

 

 

L’articolo 195 istituisce un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19 a beneficio delle emittenti radiotelevisive locali per l’anno 2020. L’entità del contributo è pari a 50 milioni di euro.

 

In particolare il comma 1 richiede che le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnino a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi.

Si prevede che il contributo sia erogato conformemente ai criteri previsti con decreti del Ministero dello sviluppo economico, contenenti le modalità di verifica dell’effettivo adempimento degli oneri informativi, in base alle graduatorie per l’anno 2019 approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146.

 

Per l'annualità 2019 hanno presentato la richiesta di contributo al MISE 999 soggetti: 151 TV commerciali, 217 radio commerciali, 306 TV comunitarie e 325 radio comunitarie. La pubblicazione delle graduatorie avviene sul sito del MISE. Con il decreto direttoriale 9 aprile 2020 n. 331 sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Radio a carattere commerciale.

Con decreto direttoriale del 9 aprile 2020, numero 332 sono stati approvati le graduatorie definitive e gli importi dei contributi da assegnare alle TV commerciali.

Con decreto direttoriale del 3 aprile 2020, numero 309, sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Radio a carattere comunitario.

Con decreto direttoriale del 3 aprile 2020, al numero 308, sono stati approvati la graduatoria definitiva e gli elenchi degli importi dei contributi da assegnare alle Tv a carattere comunitario.

Qui è possibile trovare i link ai decreti e ai relativi allegati.

Per approfondimento ai criteri in base ai quali si formano la graduatorie per l’assegnazione dei citati fondi si rinvia all’apposito tema pubblicato sul sito della Camera dei deputati.

 

La finalità del contributo è quella di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini.

Il comma 2 dispone che la copertura finanziaria dell’intervento sarà assicurata ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

Articolo 195-bis
(Disposizioni in materia di tutela del diritto d'autore)

 

 

L’articolo 195-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, prevede che l’AGCOM possa ordinare la fine delle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi ai fornitori di servizi della società dell’informazione che utilizzano, anche indirettamente, risorse nazionali di numerazione; vengono inoltre inasprite le sanzioni irrogate dall’AGCOM per l'inottemperanza ad ordini impartiti a tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi.

 

 

In dettaglio, il comma 1 dispone che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (l’AGCOM), su istanza dei titolari dei diritti, possa ordinare ai fornitori di servizi della società dell'informazione (a titolo esemplificativo vi rientrano piattaforme di condivisione e i social media) che utilizzano, a tale fine, anche indirettamente, risorse nazionali di numerazione, di porre fine alle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi.

Più nel dettaglio, si ricorda che i "servizi della società dell'informazione" sono definiti dall'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE, come i servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e mediante trasmissione di dati su richiesta individuale. Il Codice delle Comunicazione Elettroniche (d.Lgs n. 259/2003, come modificato dal d.Lgs n. 70/2012) ha confermato l'attribuzione all'AGCOM della competenza a stabilire i piani di numerazione nazionale dei servizi di comunicazione elettronica e le procedure di assegnazione della numerazione nazionale. Le risorse di numerazione sono assegnate dal MISE agli operatori di telefonia per blocchi o per singolo numero, a seconda della loro tipologia. La legge annuale per la concorrenza n. 124 del 2017 (art. 1, co. 44) ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il registro dei soggetti che usano indirettamente risorse nazionali di numerazione: essi sono tenuti all’iscrizione nel ROC, il Registro degli operatori di comunicazione, in base al decreto MISE 5 marzo 2018.

Si ricorda altresì che il 16 ottobre 2018 l'AGCOM ha approvato, con delibera n. 490/18/CONS, rilevanti modifiche al Regolamento per la tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica, approvato con Delibera 680/13/Cons, per contrastare le violazioni più gravi attraverso appositi poteri cautelari e misure contro la reiterazione delle violazioni, secondo quanto previsto dall'art. 2 della legge europea 2017 (legge n. 167/2017), per completare l’attuazione delle direttive 2001/29/CE e 2004/48/CE. In particolare, ha espressamente previsto che l'Autorità, su istanza dei titolari dei diritti, possa ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi della società dell'informazione di porre fine immediatamente alle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi, qualora le violazioni medesime risultino manifeste sulla base di un sommario apprezzamento dei fatti e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente, e irreparabile per i titolari dei diritti.

Si ricorda altresì che con la sentenza n. 4993/2019 la VI sezione del Consiglio di Stato, nel confermare che la delibera 680/13/Cons era stata adottata in legittimo e corretto esercizio di attribuzioni proprie dell’AGCOM, ha tuttavia rilevato la mancanza di una norma primaria che attribuisca espressamente all'Autorità il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nell'ipotesi di inottemperanza agli ordini da essa legittimamente impartiti per porre fine alle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi sulle reti di comunicazione elettronica.

 

La disposizione del comma 1 richiama espressamente l’attuazione di quanto previsto dall'articolo 8 della direttiva 2001/29/CE, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione e dagli articoli 3 e 9 della direttiva 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

In particolare, il richiamato articolo 8 della direttiva 2001/29/CE, nel prevedere l’obbligo degli Stati membri di prevedere adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni dei diritti e degli obblighi contemplati nella direttiva e di adottare tutte le misure necessarie a garantirne l'applicazione, nonché che le sanzioni previste debbano essere efficaci, proporzionate e dissuasive, dispone che gli Stati membri si debbano assicurare che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o diritti connessi.

Per quanto riguarda la direttiva 2004/48/CE, il richiamato articolo 3 prevede che gli Stati membri definiscano le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi. L’articolo 9 prevede le misure provvisorie e cautelari da parte delle competenti autorità giudiziarie, in particolare disponendo che gli Stati membri assicurino che queste possano, su richiesta dell'attore:

a) emettere nei confronti del presunto autore della violazione un'ingiunzione interlocutoria volta a prevenire qualsiasi violazione imminente di un diritto di proprietà intellettuale, o a vietare, a titolo provvisorio e, imponendo se del caso il pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, ove sia previsto dalla legislazione nazionale, il proseguimento di asserite violazioni di tale diritto, o a subordinare l'azione alla costituzione di garanzie finalizzate ad assicurare il risarcimento del titolare; un'ingiunzione interlocutoria può inoltre essere emessa, alle stesse condizioni, contro un intermediario, i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale; ingiunzioni contro intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o un diritto connesso sono contemplate dalla direttiva 2001/29/CE;

b) disporre il sequestro o la consegna dei prodotti sospettati di pregiudicare un diritto di proprietà intellettuale per impedirne l'ingresso o la circolazione nei circuiti commerciali.

 

Il comma 2 novella il comma 31 dell'articolo 1 della legge n. 249/1997, istitutiva dell’AGCOM, in materia di poteri sanzionatori dell’Autorità, prevedendo che per un inasprimento delle sanzioni per l'inottemperanza ad ordini impartiti dall'Autorità nell'esercizio delle sue funzioni di tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi, si applichi a ciascun soggetto interessato una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila fino al 2 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione.

Attualmente il richiamato comma 31 prevede per i soggetti che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell'Autorità, la sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall’Autorità stessa, da lire venti milioni a lire cinquecento milioni. Solo nel caso in cui l'inottemperanza riguardi la violazione delle norme sulle posizioni dominanti, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al 2 per cento e non superiore al 5 per cento del fatturato realizzato dallo stesso soggetto nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della contestazione.

 


 

Articolo 195-ter
(Modifiche all'articolo 5 della legge 5 agosto 1981, n. 416, sulla cessazione di testata giornalistica)

 

 

L’articolo 195-ter, introdotto in sede referente, dispone l’applicazione della normativa sull’acquisto di una testata giornalistica cessata da parte di una cooperativa giornalistica o di un consorzio tra giornalisti e lavoratori dell’editoria anche in caso di fallimento dell’editore e prevede che in tale circostanza i medesimi consorzi o cooperative possano essere autorizzati dal giudice delegato a stipulare un contratto di affitto dell’azienda per un periodo non superiore a sei mesi.

 

L’articolo 195-ter modifica l’art. 5 della legge 5 agosto 1981, n. 416, riguardante la disciplina delle imprese editrici e le provvidenze per l’editoria, con l’aggiunta di due ulteriori commi (ovvero nono e decimo) volti ad estendere l’applicazione della normativa sulla cessazione delle testate giornalistiche, recata del medesimo articolo 5, all’ipotesi di fallimento dell’editore, favorendo la continuazione dell’attività di impresa da parte di cooperative giornalistiche o consorzi tra cooperative di giornalisti e cooperative di lavoratori non giornalisti, previsti dall’art. 6 della citata legge n. 416/1981[10].

In particolare, il nono comma dispone che il diritto di prelazione riconosciuto a favore dei citati cooperative e consorzi per l’acquisto della testata in caso di cessazione delle pubblicazioni di un quotidiano o di un settimanale si estenda anche al caso di dichiarazione di fallimento dell’editore. In tale circostanza, la pubblicazione nel registro delle imprese della sentenza dichiarativa di fallimento tiene luogo della comunicazione che l’editore deve effettuare al servizio dell'editoria e alle rappresentanze sindacali aziendali, prevista dall’art. 5, primo comma, per le ipotesi di cessazione o sospensione delle pubblicazioni.

 

La comunicazione di cui al primo comma dell’art. 5 ha un’importanza centrale nell’impianto normativo volto a favorire il subentro delle cooperative giornalistiche e dei lavoratori non giornalisti nell’attività d’impresa editoriale. Da tale comunicazione decorre infatti il termine di 30 giorni entro il quale le cooperative stesse devono avanzare la proposta di acquisto della testata all’editore e al servizio per l’editoria. Se nel medesimo termine dovessero pervenire all’editore proposte di acquisto più vantaggiose, la cooperativa o il consorzio hanno 15 giorni di tempo per adeguare la loro proposta, altrimenti prevale la proposta di acquisto più vantaggiosa. Al di fuori di quest’ultima ipotesi, la testata è ceduta alla cooperativa o al consorzio.

Se la cessazione della pubblicazione riguarda una testata di proprietà di un soggetto diverso dall'editore, la cooperativa o il consorzio hanno facoltà di subentrare nel contratto di cessione in uso della testata alle stesse condizioni praticate con il precedente editore.

Anche nel caso di sospensione delle pubblicazioni per oltre un mese, ad eccezione del caso di ristrutturazione aziendale, è prevista la facoltà di acquisto da parte della cooperativa o del consorzio, qualora l’editore non abbia ripreso le pubblicazioni entro il termine assegnatogli dal Garante con apposita diffida.

 

Il decimo comma prevede che, in caso di dichiarazione di fallimento dell’editore, il giudice delegato possa autorizzare la stipula di un contratto di affitto di azienda o di un suo ramo, di durata non superiore ai sei mesi, con i sopracitati consorzi o cooperative. Prima di concedere l’autorizzazione, il giudice deve aver acquisito il parere del curatore e del comitato dei creditori, nonché una perizia sul canone di affitto offerto, per valutarne la congruità. Scopo della norma è garantire la continuità delle pubblicazioni e la prosecuzione, seppur temporanea, dell’attività dell’impresa, in modo da conseguirne la liquidazione alle migliori condizioni.

Per la disciplina applicabile al contratto di affitto di azienda, la norma rinvia all'articolo 212, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

L’articolo 212 del Codice della crisi di impresa disciplina l’affitto dell’azienda e dei suoi rami e, per le disposizioni richiamate, prevede che sia il curatore a proporre al giudice delegato, anche prima della presentazione del programma di liquidazione, l’affitto dell’azienda o di alcuni suoi rami, che il giudice può autorizzare quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell'azienda o di parti della stessa. L’affitto può essere autorizzato solo qualora vi sia il parere favorevole del comitato dei creditori.

Il contratto di affitto, da stipulare per iscritto e iscrivere nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2556 c.c., deve prevedere: il diritto del curatore a procedere alla ispezione della azienda; la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto e dalla legge; del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all'affittuario di un giusto indennizzo.

A favore dell’affittuario può essere previso il diritto di prelazione sull’acquisto dell’azienda, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. La responsabilità per i debiti contratti durante l’affitto rimane in capo all’affittuario e non può in alcun modo, a seguito della retrocessione dell’azienda, investire la procedura fallimentare.

Come è noto l’entrata in vigore del Codice, in virtù dell’ultimo differimento operato dal decreto-legge n. 23/2020, è prevista per il 1° settembre 2021, quindi in data successiva all’entrata in vigore delle disposizioni in commento. L’attuale legge fallimentare (di cui al regio decreto n. 247/1942), che il Codice va a sostituire continuerà ad applicarsi alle procedure fallimentari aperte in data anteriore al 21 settembre 2021.

Si segnala peraltro che il contenuto delle disposizioni richiamate è identico a quello di cui all’art. 104-bis, commi primo, terzo, quarto, quinto e sesto, della vigente legge fallimentare (di cui al regio decreto n. 247/1942).

 

 


 

Capo III -  Misure per le infrastrutture e i trasporti

Articolo 196
(
Interventi a favore delle imprese ferroviarie)

 

 

L'articolo 196 autorizza, al comma 1, la spesa di 115 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, a compensazione dei minori introiti scaturenti dalla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e dei corrispettivi dei servizi relativamente al periodo tra il 10 marzo e il 30 giugno 2020, con la finalità di sostenere l'attività del gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale per i danni derivanti dalla contrazione del traffico ferroviario a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il comma 2 stabilisce che, per il medesimo periodo, RFI dispone una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per i servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. Si autorizza poi per le medesime finalità la spesa di 155 milioni di euro per l’anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. Tale stanziamento è dedotto da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo dello stanziamento, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nelle percentuali indicate (co. 3). Il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura su cui applicare la riduzione di cui al comma 3 è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall’Autorità di regolazione dei trasporti (co. 4) e si prevede che il residuo dello stanziamento di cui al comma 3 è destinato a compensare il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per l’anno 2020. Si prevede l'invio di una rendicontazione da parte di RFI al MIT sull'attuazione del presente articolo, entro il 30 aprile 2021 (co. 5).

Si reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 270 milioni di euro per il 2020, della disposizione, ai sensi dell'articolo 265 (co. 6).

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 115 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., a compensazione dei minori introiti scaturenti dalla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria relativamente al periodo tra il 10 marzo e il 30 giugno 2020.

Si indica la finalità di sostenere il settore ferroviario nazionale per i danni derivanti dalla contrazione del traffico ferroviario a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

La relazione illustrativa afferma che l'indennizzo a RFI quale gestore nazionale è finalizzato a compensare parzialmente lo stesso a fronte dei minori introiti derivanti relativi alla riscossione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nel periodo tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 a causa dei mancati pedaggi.

 

Il comma 2 stabilisce che, per il medesimo periodo compreso tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020, RFI dispone una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria da applicarsi ai servizi ferroviari sia passeggeri sia merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del D. Lgs. n. 112 del 2015.

 

Il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 reca attuazione della direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico.

Il comma 1 dell'articolo 17 di tale decreto prevede che, fermo restando il generale potere di indirizzo del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, ai fini dell'accesso e dell'utilizzo equo e non discriminatorio dell'infrastruttura ferroviaria da parte delle imprese ferroviarie, è l'Autorità di regolazione dei trasporti (di cui all'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) che definisce, fatta salva l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura e tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'equilibrio economico dello stesso, i criteri per la determinazione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria da parte del gestore dell'infrastruttura e dei corrispettivi dei servizi. Il comma 4 del dell'articolo 17 prevede inoltre che i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l'accesso all'infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio siano stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario, sulla base di quanto disposto al comma 1 e tenuto conto delle modalità di calcolo definite dall'atto di esecuzione di cui all'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE.

 

L'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE prescrive che i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l’accesso all’infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio siano stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. L'articolo attribuisce inoltre alla Commissione europea competenze di esecuzione in merito alle modalità applicabili al calcolo del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario.

La Commissione europea ha adottato a tal fine il Regolamento di esecuzione (UE) 2015/909, del 12 giugno 2015, relativo alle modalità di calcolo dei costi direttamente legati alla prestazione del servizio ferroviario.

 

In base a quanto affermato dalla relazione illustrativa, la proposta di cui al comma 2 stabilisce che, per il periodo compreso dal 10 marzo 2020 al 30 giugno 2020, il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, da applicarsi ai servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico per la quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17 comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, non è dovuto. Si segnala che invece in base a quanto previsto al comma 2, si prevede invece una riduzione del canone.

 

L'Autorità di regolazione dei trasporti (ART) è stata istituita ai sensi dell'articolo 37 del D.L. n. 201/2011 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) nell'ambito delle attività di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, come Autorità "competente nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione".

Con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015, l’Autorità di regolazione dei trasporti ha approvato i principi e criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (vd. anche l'Allegato alla delibera e il testo consolidato redatto dagli Uffici a seguito delle modifiche intervenute con la delibera n. 130/2019).

La delibera definisce, nell'Allegato, la componente B del canone di accesso all'infrastruttura. In base a quanto previsto, essa dovrà concretizzarsi in una tariffa variabile, market-based, ossia: basata sull’importo medio chilometrico definito a partire dal costo correlato alla componente A (canone base) del pedaggio; rettificata, attraverso un coefficiente di maggiorazione, in funzione dell’importo dei costi residui per il recupero dell’Efficient Total Cost; ripartita in tre sub-componenti additive fra loro, sulla base di due fattori, stabiliti dal Gestore sulla base di motivate scelte di carattere tecnico-economico.

 

Si ricorda che i principi e i criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria sono attualmente definiti in Allegato alla delibera n. 96/2015.

 

Il comma 3 dispone che, per le stesse finalità di cui al comma 1 e allo scopo di promuovere la ripresa del traffico ferroviario, è autorizzata la spesa di 155 milioni di euro per l’anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. Tale stanziamento è dedotto da RFI dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo del citato stanziamento, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria:

a)   pari al 60 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico;

b)   pari al 40 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari merci.

La relazione tecnica alla norma rileva che dai dati acquisiti da RFI risulta che la quota mensile della componente B definita dalla delibera 96/2015 con la riduzione del 60% per i servizi ferroviari passeggeri e del 40% per i servizi ferroviari merci, nell’arco temporale compreso tra 1° luglio 2020 ed il 31 dicembre 2020, comporta una minore entrata stimata per circa 112.000.000 per i passeggeri e circa 17 milioni di euro per le merci. In tale stima  si registrerebbe una riduzione di ricavi da pedaggio legati alla componente B per circa 130.000.000 milioni di euro.

 

Il comma 4 stabilisce che il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura su cui applicare la riduzione di cui al comma 3 è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall’Autorità di regolazione dei trasporti di cui all’articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Il comma 5 dispone che il residuo dello stanziamento di cui al comma 3, conseguente anche a riduzioni dei volumi di traffico rispetto a quelli previsti dal piano regolatorio 2016-2021 e riferiti al periodo compreso dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020, è destinato a compensare il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per l’anno 2020. Si prevede l'invio di una rendicontazione da parte di RFI al MIT sull'attuazione del presente articolo, entro il 30 aprile 2021.

 

Il Contratto di programma - Parte Servizi 2016-2021 è stato sottoscritto il 14 giugno 2017 e reso operativo dal 2 ottobre 2017. Oggetto principale del CdP-S è la disciplina del finanziamento delle attività di manutenzione della rete ferroviaria nazionale per interventi di tipo:

§  “ordinario” (finalizzati al contenimento del normale degrado dell’infrastruttura nell’ambito del previsto ciclo di vita utile degli oggetti tecnici in cui è articolata l’infrastruttura e di primo intervento);

§  “straordinario” (volti al rinnovo/sostituzione di componenti di sottosistema o sottosistemi interi, che determinano l’incremento del valore patrimoniale del bene e contestualmente ne migliorano l’affidabilità, la produttività, l’efficienza e la sicurezza).

Per il periodo 2016-2021 il Contratto di Programma– parte Servizi prevede un ammontare di fabbisogni pari a circa 10,5 miliardi (media annua circa 1,8 mld) a fronte di un totale di coperture disponibili a legislazione vigente pari a circa 9,3 miliardi.

Si ricorda che è attualmente all'esame delle Commissioni parlamentari competenti lo schema di aggiornamento 2018-2019 al Contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana S.p.A. (A.G. 160); per approfondimenti, si veda qui.

 

Il comma 6 reca la copertura finanziaria della disposizione. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione, pari ad euro 270 milioni per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

 


 

Articolo 197
(Ferrobonus e Marebonus)

 

 

L’articolo 197 prevede ulteriori risorse, pari complessivamente a 50 milioni di euro per l’anno 2020, per finanziare sia il cosiddetto “marebonus” (30 milioni di euro), di cui all’articolo 1, comma 647, della legge di stabilità 2016, che il cosiddetto “ferrobonus” (20 milioni di euro) previsto dall’articolo 1, comma 648, della medesima legge, mantenendo comunque ferme le risorse già assegnate dalla legge di bilancio 2020.

 

In particolare il comma 1 prevede l’attribuzione di 30 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare il cosiddetto “marebonus”, mantenendo ferme le risorse già assegnate dall’articolo 1, comma 110, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

Con il cosiddetto "marebonus", previsto, dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 647), si è disposta la concessione di contributi per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. A tal fine era stata autorizzata la spesa annua di 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44,1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018. Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di ulteriori 35 milioni di euro per l'anno 2018.

La legge di bilancio 2020 ha rifinanziato il cosiddetto "marebonus" per il quale è stata autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 110).

 

Il comma 2 prevede l’attribuzione di 20 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare il cosiddetto “ferrobonus”, mantenendo ferme le risorse già assegnate dall’articolo 1, comma 111, della legge di bilancio 2020.

 

Con il cosiddetto "ferrobonus" sono stati autorizzati contributi per servizi di trasporto ferroviario intermodale in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia. A tal fine è stata autorizzata la spesa annua di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 (art. 1, comma 648 della legge di Stabilità 2016). Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2018 per il "ferrobonus".

La legge di bilancio ha autorizzato a spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2020 e di 25 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 111).

Per ulteriori elementi informativi relativi al cosiddetto “marebonus” e al cosiddetto “ferrobonus” si rinvia all’apposito approfondimento “Gli incentivi per il miglioramento della logistica: ferrobonus e marebonus”.

 

Il comma 3 individua la copertura finanziaria ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

 


 

Articolo 198
(Istituzione di un fondo per la compensazione
dei danni subiti dal trasporto aereo )

 

 

L’articolo 198, modificato nel corso dell'esame in V Commissione, istituisce un Fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di 130 milioni di euro per l’anno 2020 al fine di compensare i danni subiti dagli operatori nazionali nel settore del trasporto aereo in ragione dell’epidemia di COVID 19.

 

In particolare il comma 1 sarà destinato alla compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali, diversi da quelli previsti dall’articolo 79, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) in corso di validità e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciati dall'Ente nazionale dell’aviazione civile, che impieghino aeromobili con una capacità superiore a 19 posti.

 

Il comma 2 dell’articolo 79  del decreto-legge n. 18 del 2020 riconosce misure compensative dei danni subiti, come conseguenza diretta dell’evento eccezionale, alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’ENAC che adempiano ad oneri di servizio pubblico alla data di entrata in vigore del decreto-legge n.18 del 2020, in considerazione dei danni subiti dall’intero settore dell’aviazione a causa dell’insorgenza dell’epidemia da COVID 19, al fine di consentire la prosecuzione dell’attività.

 

Come condizione necessaria per l’accesso al fondo si prevede che gli operatori applichino alla data di presentazione della domanda di accesso (come precisato da una modifica approvata nel corso dell’esame in V Commissione),  ai propri dipendenti con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE). 965/2012, nonché ai dipendenti di terzi da essi utilizzati per lo svolgimento della propria attività, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

I titolari di Certificato di Operatore Aereo Nazionale sono indicati in questo link.

Le imprese titolari di licenza di trasporto aereo sono indicate in questo elenco.

Nell’elenco delle imprese titolari di licenze di trasporto aereo sono indicate le imprese che possiedono aeromobili per il trasporto passeggeri con capacità superiore a 19 posti con licenza non sospesa. Si tratta di: Air Dolomiti S.p.A. Linee Aeree Regionali Europee; AIR ITALY S.p.A.; Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A.; Alitalia Cityliner  S.p.A.; Blue Panorama Airlines S.p.A.e Neos S.p.A.

Tutte queste società sono titolari anche del Certificato di Operatore Aereo.

Il regolamento (UE) 5 ottobre 2012 n. 965/2012, definisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda le operazioni di volo ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio che disciplina, tra l’altro i Certificati di Operatore Aereo (COA), e il concetto di “base di servizio” definita come “il luogo assegnato dall’operatore al membro d’equipaggio dal quale il membro d’equipaggio normalmente inizia e finisce un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio e dove, in circostanze normali, l’operatore non è responsabile della fornitura dell’alloggio al membro d’equipaggio interessato”.

Le modalità di applicazione della disposizione saranno definite con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze.

Con una modifica intervenuta nel corso dell’esame in V Commissione è stato previsto che il citato decreto dovrà anche stabilire le modalità di recupero dei contributi eventualmente riconosciuti ai vettori che non abbiano ottemperato alle disposizioni in materia di condizioni economiche minime applicabili al personale.

 

Al fine di accelerare i tempi di erogazione dei citati fondi andrebbe valutata l’opportunità di indicare un termine per l’emanazione del citato decreto di natura non regolamentare.

 

L'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

Il comma 2 individua la copertura finanziaria ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).


 

Articolo 199
(
Disposizioni in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi)

 

 

L'articolo 199, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, prevede la possibilità per le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro di accordare delle riduzioni fino all'azzeramento dei canoni concessori sia per le concessioni dei beni demaniali sia per le concessioni per i servizi portuali e relativi a operazioni portuali e per concessioni di aree e banchine marittime e servizi di supporto ai passeggeri. La riduzione riguarda i canoni dovuti in relazione all’anno 2020, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 92, comma 2, del decreto-legge Cura Italia, e può essere riconosciuta in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito nei periodi indicati una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019 (co. 1, lett. a). Si prevede, inoltre, la possibilità per le richiamate Autorità di corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale un contributo, nel limite massimo di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, pari a 90 euro per ogni dipendente in relazione a ciascuna minore giornata di lavoro rispetto al corrispondente mese del 2019 (co. 1, lett. b); tali limiti sono stati così incrementati nel corso dell’esame in V Commissione, in luogo, rispettivamente, dei 2 milioni di euro e dei 60 euro attualmente previsti. Nel corso dell’esame in V Commissione è stato introdotto il divieto di cumulo di tale contributo con l’IMA (indennità di mancato avviamento al lavoro).
Il comma 2 prevede la proroga di due anni delle autorizzazioni attualmente in corso in materia di disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, facendo fermo quanto previsto all’articolo 9-ter del decreto – legge n. 109 del 2018 (D.L. Genova). Si recano poi al comma 3 una serie di proroghe al fine di ridurre gli effetti economici derivanti dalla diffusione del COVID–19 e dalle conseguenti misure di prevenzione e contenimento adottate, quali la proroga di 12 mesi della durata delle autorizzazioni rilasciate per le operazioni portuali (lett. a), la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni di aree demaniali e per  aree e banchine e per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri (lett. b) e la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni per il servizio di rimorchio (lett. c), che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge.

Con una modifica apportata in sede referente, è stata inoltre prevista la proroga di 12 mesi la durata delle concessioni per la gestione del servizio ferroviario portuale attualmente in corso (nuova lett. c-bis).

La proroga di cui alle lettere a) e b) del comma 3 non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica ove già definite con l’aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020 (comma 4). Il comma 5 estende l’agevolazione del credito d'imposta di cui ai commi da 98 a 106 della legge di stabilità 2016 anche ai soggetti operanti nei settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti.

Il comma 6 riconosce alle società cooperative di cui all’articolo 14, comma 1-quinquies, della legge in materia portuale, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019, nel limite complessivo di euro 24 milioni per l’anno 2020. Per le finalità previste, il comma 7 prevede l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo, con una dotazione complessiva di euro 30 milioni per l’anno 2020. Il comma 8 demanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, la assegnazione delle risorse di cui al comma 7.

Nel corso dell’esame in V Commissione sono stati inseriti i nuovi commi da 8-bis a 8-quater. Il comma 8-bis concerne il riparto tra gli uffici periferici del Ministero della salute di un contingente di personale a tempo determinato già previsto dalle norme vigenti.

Il comma 8-ter prevede che, al fine di velocizzare gli interventi di digitalizzazione del ciclo di operazioni portuali previsti dall'emergenza da COVID-19, in deroga alle disposizioni vigenti o agli usi commerciali di piazza, le certificazioni di qualunque natura destinate a pubbliche amministrazioni o privati, i documenti di trasporto, i nulla osta, i titoli di credito e ogni documento necessario ad assistere le operazioni di importazione e di esportazione di merce possono essere inviati in formato digitale.  Il comma 8-quater concerne la disciplina del Fondo bilaterale di solidarietà relativo al Gruppo Poste italiane.

Il comma 9 prevede, al fine di far fronte alle fluttuazioni dei traffici portuali di merci e passeggeri riconducibili all’emergenza COVID-19, che fino allo scadere dei sei mesi successivi alla cessazione dello stato d’emergenza, le Autorità di sistema portuale e l’Autorità portuale di Gioia Tauro possono, con provvedimento motivato, destinare temporaneamente aree e banchine di competenza a funzioni portuali diverse da quelle previste nei piani regolatori portuali vigenti. La disposizione di cui al comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri.

Con una modifica approvata in sede referente, sono state poi aggiunte nuove disposizioni nei nuovi commi da 10-bis a 10-quater, prevedendo l'istituzione di un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, destinato, nel limite di 5 milioni di euro, a compensare le Autorità di sistema portuale, anche parzialmente, dei mancati introiti derivanti dai diritti di porto, dovuti al calo del traffico dei passeggeri e dei crocieristi e, per le disponibilità residue del fondo nel limite di 5 milioni di euro per l'anno 2020, a compensare, anche parzialmente, le imprese di navigazione operanti con navi minori nel settore del trasporto turistico di persone via mare e per acque interne. Queste ultime devono dimostrare di aver subìto, nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 31 luglio 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell'anno 2019, tenuto conto, altresì, della riduzione dei costi sostenuti.?Con D.M. del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale, sono dettate le relative disposizioni attuative. ??Il nuovo comma 10-quinquies prevede che l'efficacia delle misure in parola sia subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea.

 

Il comma 1 prevede che - in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall’emergenza COVID19 - le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro, compatibilmente con le proprie disponibilità di bilancio, possano stabilire la riduzione o sino all’azzeramento di canoni concessori, ed in particolare possano:

 

a)   disporre, fino all’azzeramento, la riduzione dell’importo dei canoni concessori demaniali di cui all’articolo 36 del codice della navigazione e di quelli relativi a operazioni portuali e alla concessione di aree e banchine, previsti dagli articoli 16, 17 e 18 della legge n. 84  del 1994 (Riordino della legislazione in materia portuale); la riduzione fino all'azzeramento è prevista anche per  i canoni relativi alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto ai passeggeri.

La riduzione riguarda i canoni dovuti in relazione all’anno 2020 ed ivi compresi quelli previsti dall’articolo 92, comma 2, del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia).

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 92 del D.L. Cura Italia ha disposto la sospensione dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 31 luglio 2020, prevedendo tuttavia il pagamento di quanto dovuto entro il 31 dicembre del medesimo anno:

§  delle tariffe per le operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimentazione) e i servizi portuali (individuati dalle Autorità di sistema portuale) di cui all’articolo 16 della legge n. 84 del 1994;

§  delle tariffe per la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese che svolgono operazioni e servizi portuali ovvero ai titolari di concessione di aree e banchine da corrispondere ai soggetti di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994 (ossia o da parte dell’impresa autorizzata alla somministrazione di lavoro portuale ovvero da agenzie promosse dalle Autorità di sistema portuale);

§  dei canoni di concessione di aree e banchine portuali previsti dall’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.

Con riferimento ai corrispettivi in parola è stato disposto dal Cura Italia un differimento, rimettendo alle singole Autorità di sistema portuale la definizione delle modalità di pagamento dei canoni sospesi anche mediante rateazione senza applicazione di interesse.

La norma qui in esame specifica che la riduzione o azzeramento avviene nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto degli equilibri di bilancio, allo scopo anche utilizzando il proprio avanzo di amministrazione.

La disposizione stabilisce che la riduzione di cui alla lettera a) può essere riconosciuta, per i canoni dovuti fino alla data del 31 luglio 2020, in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 30 giugno 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019 e, per i canoni dovuti dal 1° agosto 2020 al 31 dicembre 2020, in favore dei concessionari che dimostrino di aver subito subito, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 30 novembre 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell’anno 2019.

La parametrazione è dunque fatta, per il secondo periodo dell'anno, sul fatturato da luglio a novembre (anziché sul medesimo periodo dell'anno, vale a dire comprensivo di dicembre).

   

L'articolo 36 del codice della navigazione reca la concessione di beni demaniali. L'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo. Le concessioni di durata superiore a nove anni sono di competenza del ministro per le comunicazioni. Le concessioni di durata superiore a due ma non a nove anni, e quelle di durata non superiore al biennio che importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del direttore marittimo. Le concessioni di durata non superiore al biennio, quando non importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del capo di compartimento marittimo.

L'articolo 16 della legge di riordino del sistema portuale disciplina le operazioni portuali quali il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale. Sono servizi portuali quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali e i servizi ammessi sono individuati dalle Autorità di sistema portuale, attraverso una specifica regolamentazione, prevedendosi che le Autorità di sistema portuale disciplinano e vigilano sull'espletamento delle operazioni portuali e dei servizi portuali, nonché sull'applicazione delle tariffe indicate da ciascuna impresa ai sensi del comma 5 della disposizione. Le imprese autorizzate sono iscritte in appositi registri distinti e sono soggette al pagamento di un canone annuo e alla prestazione di una cauzione determinati dalle medesime autorità. Le tariffe delle operazioni portuali sono rese pubbliche. L'art. 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, reca la disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, alle imprese di cui agli articoli 16 e 18 per l'esecuzione delle operazioni portuali e dei servizi portuali autorizzati ai sensi dell'articolo 16, comma 3, costituendo tale disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo una disciplina speciale. L'articolo 18 della legge di riordino disciplina infine la concessione di aree e banchine comprese nell'ambito portuale.

Si ricorda che l'autorità Portuale di Gioia Tauro indicata dal comma 1 della norma in esame è un Ente Pubblico dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, istituita con Decreto del Presidente della Repubblica del 16 luglio 1998.

 

b)    corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente - e nel rispetto degli equilibri di bilancio, come specificato in sede di esame di rinvio in Commissione V -  al soggetto fornitore di lavoro portuale di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994[11], un contributo, nel limite massimo di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 (2 milioni nel testo originario, così elevato dalla V Commissione), pari a 90 euro (60 euro nel testo originario, così elevato dalla V Commissione) per ogni dipendente e in relazione a ciascuna minore giornata di lavoro, rispetto al corrispondente mese del 2019, riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COVID -19. Tale contributo è erogato dalla stessa Autorità di sistema portuale o dall’Autorità portuale. Nel corso dell’esame in V Commissione è stata eliminata la cumulabilità del contributo in oggetto con l'indennità di mancato avviamento (IMA). L’indennità di mancato avviamento (IMA) è uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, fino alla messa a regime effettuata dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 92/2012. L’indennità è riconosciuta a specifiche categorie di lavoratori del settore portuale addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e nelle agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della L. 84/1994, nonché ai lavoratori dipendenti delle società cooperative derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima L. 84/94.

L’indennità è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare:

§  per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro;

§  per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

La relazione illustrativa in relazione al comma 1, lettera b), sottolinea la finalità di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali e la fornitura di lavoro temporaneo - quale strumento ad alta flessibilità, funzionale in un periodo di congiuntura economica sfavorevole come quello attuale,  per cui si prevede la facoltà per le Autorità di sistema portuale di corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, al soggetto fornitore di lavoro temporaneo portuale il contributo previsto.

Il criterio delineato ricalca la disciplina già prevista dall’articolo 9–ter del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (come modificato dall’art. 33, c. 1, lett b), n.1, del D.L. 162/2019) che ha autorizzato l'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale a corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale analogo contributo, nel limite massimo di 3 milioni di euro per l'anno 2020, per eventuali minori giornate di lavoro rispetto all'anno 2017 riconducibili alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale del Mar Ligure occidentale conseguenti all'evento del crollo del ponte Morandi.

 

La disposizione di cui al comma 1 in esame fa fermo quanto previsto dall’articolo 9-ter del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (D.L. Genova), in materia di lavoro portuale temporaneo.

Il D.L. n. 109/2018, recante Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze, ha recato all'art. 9-ter disposizioni in materia di lavoro portuale temporaneo. Con tale norma si è previsto, in relazione al rilievo esclusivamente locale della fornitura del lavoro portuale temporaneo e al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali presso gli scali del Sistema portuale del Mar Ligure occidentale, compromessa dall'evento del Ponte Morandi, che le autorizzazioni in corso, rilasciate ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, fossero prorogate per sei anni. Per gli anni 2018, 2019 e 2020, l'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale è autorizzata a corrispondere, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, al soggetto fornitore di lavoro un contributo, nel limite massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 3 milioni di euro per l'anno 2020, per eventuali minori giornate di lavoro rispetto all'anno 2017 riconducibili alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale del Mar Ligure occidentale conseguenti all'evento. Tale contributo è erogato dalla stessa autorità di sistema portuale a fronte di avviamenti integrativi e straordinari da attivare in sostituzione di mancati avviamenti nei terminal, da valorizzare secondo il criterio della tariffa media per avviamento applicata dai soggetti autorizzati ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nel primo semestre dell'anno 2018.  Le eventuali minori giornate di lavoro indennizzate dal contributo non sono computate o elette dal soggetto operante ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, ai fini dell'indennità di mancato avviamento (IMA).

 

Il comma 2 prevede la proroga di due anni delle autorizzazioni attualmente in corso, rilasciate ai sensi del citato articolo 17 della legge n. 84 del 1994 in materia di disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, in relazione al rilievo esclusivamente locale della fornitura del lavoro portuale temporaneo e al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali presso gli scali del sistema portuale italiano, compromessa dall'emergenza COVID – 19. La disposizione fa fermo altresì quanto previsto all’articolo 9-ter del decreto – legge 28 settembre 2018, n. 109 (D.L. Genova) sopra richiamato.

La relazione illustrativa evidenzia come tale facoltà sia già prevista per l'Autorità di sistema portuale del mar Ligure occidentale.

 

Si recano poi al comma 3 una serie di proroghe e disposizioni al fine di ridurre gli effetti economici derivanti dalla diffusione del COVID–19 e dalle conseguenti misure di prevenzione e contenimento adottate, quali:

a)   la proroga di 12 mesi della durata delle autorizzazioni rilasciate per le operazioni portuali, ai sensi dell’articolo 16 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del presente decreto-legge;

b)   la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni di aree demaniali e per aree e banchine, rilasciate nei porti ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione e dell'articolo 18 della legge n. 84, nonché per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, che siano attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge;

c)   la proroga di 12 mesi della durata delle concessioni per il servizio di rimorchio attualmente in corso o scadute tra la data del 31 gennaio 2020 e quella di entrata in vigore del decreto-legge.

Si segnala che, in base alle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, le proroghe appaiono applicarsi - oltre alle autorizzazioni già scadute nel periodo indicato - anche, in via generalizzata, a tutte le autorizzazioni in corso, e non già relativamente alle autorizzazioni che vengano a scadenza nel periodo di emergenza.

La relazione illustrativa afferma che tali disposizioni estendono di un anno la durata di tutte le concessioni di aree in ambito portuale, sia per il settore passeggeri e merci (il cui flusso ha subito una drastica riduzione, soprattutto nell'ambito crocieristico), sia per il settore della cantieristica navale (settore anch'esso in sofferenza per contrazione dell'economia di mercato), nonché per quelle turistico ricreative, anche per mantenere e/o ristabilire un equilibrio con i piani economico-finanziari che assistono le concessioni in essere. Si prevede l’estensione di dodici mesi delle concessioni di rimorchio rilasciate ai sensi dell’articolo 101 del codice della navigazione, anche in considerazione del fatto che, tra gli elementi da porre a base di gara, c'è il fatturato recente e il numero delle prestazioni eseguite dal concessionario uscente: con la drastica riduzione dei traffici dovuti all’attuale emergenza - evidenzia la Relazione - rappresenta una criticità per le Autorità marittime, che operano quali stazioni appaltanti, calcolare in modo coerente il fatturato delle società concessionarie che rappresenta uno degli elementi essenziali per l’impostazione della gara e la determinazione dell’offerta.

 

 

Con una modifica apportata in sede referente, è stata inserita una nuova lettera c-bis), in base alla quale è prorogata di 12 mesi la durata delle concessioni per la gestione del servizio ferroviario portuale attualmente in corso.

 

In base al comma 4 della norma in esame, la proroga di cui alle lettere a) e b) del comma 3 non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica relative al rilascio delle autorizzazioni o delle concessioni previste e già definite con l’aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020.

L'esclusione dall'applicazione della norma interessa, in base alla formulazione, le 'procedure di evidenza pubblica relative al rilascio delle autorizzazioni o delle concessioni previste dagli articoli 16 e 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 ovvero dell’articolo 36 del codice della navigazione', non prevedendo il comma in esame invece riferimenti alle concessioni per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, che sono invece altresì menzionate dalla lettera b) del comma 3.

Si ricorda più nel dettaglio che l'art. 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, disciplina la concessione di aree e banchine. Esso prevede che 'Autorità di sistema portuale o l'autorità marittima danno in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese di cui all'articolo 16, comma 3, per l'espletamento delle operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività marittime e portuali. E' altresì sottoposta a concessione da parte dell'Autorità di sistema portuale e dall'autorità marittima, la realizzazione e la gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell'ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee anch'essi da considerarsi a tal fine ambito portuale, purché interessati dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali anche per la realizzazione di impianti destinati ad operazioni di imbarco e sbarco rispondenti alle funzioni proprie dello scalo marittimo. Le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, con proprio decreto. Con il medesimo decreto sono altresì indicati la durata della concessione, i poteri di vigilanza e controllo delle Autorità concedenti, le modalità di rinnovo della concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario, nonché i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare. Le concessioni per l'impianto e l'esercizio dei depositi e stabilimenti di cui all'articolo 52 del codice della navigazione e delle opere necessarie per l'approvvigionamento degli stessi, dichiarati strategici ai sensi della legge 23 agosto 2004, n. 239, hanno durata almeno decennale. Inoltre, le concessioni o gli accordi sostitutivi possono comprendere anche la realizzazione di opere infrastrutturali. In base alla normativa, ai fini del rilascio della concessione di cui al comma 1 è richiesto che i destinatari dell'atto concessorio: a) presentino, all'atto della domanda, un programma di attività, assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volto all'incremento dei traffici e alla produttività del porto; b) possiedano adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio e di terzi; c) prevedano un organico di lavoratori rapportato al programma di attività di cui alla lettera a). Inoltre, in ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione; l'Autorità di sistema portuale o l'autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività, disponendosi che, in caso di mancata osservanza degli obblighi assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel programma di attività, di cui al comma 6, lettera a), senza giustificato motivo, l'Autorità di sistema portuale  o l'autorità marittima revocano l'atto concessorio. Le disposizioni dell'articolo 18 richiamato si applicano anche ai depositi e stabilimenti di prodotti petroliferi e chimici allo stato liquido, nonché di altri prodotti affini, siti in ambito portuale.

 

Il comma 5 estende l’agevolazione del credito d'imposta di cui ai commi da 98 a 106 della legge di stabilità 2016 - fermo quanto previsto dal comma 107 del medesimo articolo - anche ai soggetti operanti nei settori del magazzinaggio e supporto ai trasporti.

 

L'articolo 1, comma 107, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge di stabilità 2016) prevede che l'agevolazione di cui ai commi da 98 a 106 sia concessa nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). In particolare, l'articolo 14 del regolamento disciplina gli aiuti a finalità regionale agli investimenti. Tale articolo precisa che le misure di aiuto a finalità regionale agli investimenti sono compatibili con il mercato interno, ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del TFUE, e sono esentate dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, del trattato, purché vengano soddisfatte le condizioni, sia generali che specifiche, stabilite dal regolamento stesso.

L’agevolazione di cui ai commi da 98 a 106 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 riguarda in particolare le imprese che effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del TFUE, e nelle zone assistite delle regioni Molise e Abruzzo, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 (C(2014)6424 del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C(2016)5938 del 23 settembre 2016) Fino al 31 dicembre 2020 è attribuito un credito d'imposta nella misura massima consentita dalla citata Carta. Inoltre, alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, nel settore della pesca e dell'acquacoltura, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, che effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi, gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico.

La relazione illustrativa, con riferimento al co. 5, afferma che tale disposizione si rende necessaria al fine di chiarire che, per ciò che concerne il settore dei trasporti, ai sensi del Regolamento UE 651/2014, si intendono escluse dal credito d’imposta le sole classi di Codice Ateco 49, 50 e 51 della sezione H Trasporto e Magazzinaggio, al fine di chiarire che il codice Ateco 52 rientra invece nell'agevolazione prevista. La relazione evidenzia la necessità di chiarire che, tra le attività incentivabili all’interno delle Zona Economica Speciale, che hanno come obiettivo l’aumento della competitività delle imprese insediate, l’attrazione di investimenti, l’incremento delle esportazioni, la creazione di nuovi posti di lavoro e il più generale impulso alla crescita economica e all’innovazione, sono ricomprese quelle relative al settore della logistica, in particolare quelle classificate con il codice 52. “magazzinaggio e attività di supporto ai trasporti”.

Si ricorda che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo C (2020) 1863 final Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final). Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare

 

Il comma 6 prevede che, al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dall’emergenza COVID – 19 ed assicurare la continuità del servizio di ormeggio nei porti italiani, è riconosciuto alle società cooperative di cui all’articolo 14, comma 1-quinquies, della legge in materia portuale, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019. A tal fine, si prevede il limite complessivo di euro 24 milioni per l’anno 2020.

Si ricorda che l'articolo 14 della legge sul sistema portuale reca le Competenze dell'autorità marittima. In particolare, il comma 1-quinquies di tale disposizione prevede che, a seguito dell'esercizio dei poteri del comandante del porto previsti dall'articolo 81 del Codice della navigazione e dall'articolo 209 del relativo Regolamento di esecuzione, gli ormeggiatori iscritti nel relativo registro, previa specifica procedura concorsuale, si costituiscono in società cooperativa. Il funzionamento e l'organizzazione di tale società sono soggette alla vigilanza e al controllo del comandante del porto e lo statuto e le sue eventuali modifiche sono approvate dal comandante del porto secondo le direttive emanate in materia dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si ricorda che tale comma è stato aggiunto dall'art. 10, comma 1, lett. b), D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 232, in materia di Autorità portuali.

Si ricorda in materia che l'articolo 92 del DL n. 18 del 2020 (cura Italia) ha previsto, al comma 1, la disapplicazione della tassa di ancoraggio nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto-legge e la data del 30 aprile 2020. La tassa di ancoraggio di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2009 si applica alle operazioni commerciali in un porto, rada o spiaggia dello Stato ovvero nell'ambito di zone o presso strutture di ormeggio, quali banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzati. Si ricorda che soggette alla tassa sono le navi nazionali, le navi estere equiparate alle nazionali in virtù di trattati, nonché le navi operate da compagnie di navigazione di Stati con i quali l'Unione europea abbia stipulato accordi di navigazione e di trasporto marittimo, ancorché non battano la bandiera di detti Stati. L'importo della tassa è calcolato per ogni tonnellata di stazza netta della nave in misura crescente al crescere della stessa. Il gettito della tassa d’ancoraggio è attribuito alle Autorità di sistema portuale.

Si segnala che, a differenza di altre disposizioni della norma, il comma 6 non prevede che l'indennizzo sia connesso alla dimostrazione della diminuzione di fatturato rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2019. La norma non appare chiarire i parametri per il riconoscimento di tale indennizzo, atteso che il successivo comma 8 si limita a rinviare ad un decreto ministeriale per l'assegnazione delle risorse (si vedano i co. 7, lett. b), e il co. 8).

Si valuti di chiarire i profili applicativi della norma di cui al comma 6, atteso che la stessa non appare indicare parametri in relazione all'indennizzo previsto.

Per le finalità di cui ai commi 1 e 6, il comma 7 prevede l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo, con una dotazione complessiva di euro 30 milioni per l’anno 2020, destinato:

a)   nella misura di complessivi euro 6 milioni a finanziare il riconoscimento dei benefici previsti dal comma 1 da parte delle Autorità di sistema portuale o dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, 'qualora prive di risorse proprie utilizzabili a tali fini';

b)   nella misura di complessivi euro 24 milioni all’erogazione, per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell’indennizzo di cui al comma 6.

Il comma 8 stabilisce che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, si procede all’assegnazione delle risorse di cui al comma 7, nonché alla determinazione delle quote di avanzo di amministrazione eventualmente utilizzabili da ciascuna delle Autorità di sistema portuale e dall'Autorità portuale di Gioia Tauro per le finalità di cui al comma 1, lettera a), in materia di riduzione dei canoni concessori, nel limite complessivo di 10 milioni di euro per il 2020.

 

Con una modifica apportata in sede referente, sono stati inseriti i commi 8-bis, 8-ter e 8-quater.

Il comma 8-bis prevede, al fine di sostenere la competitività dei servizi prestati in ambito portuale nella fase di emergenza da COVID-19, una novella all’art. 2 del D.L. Cura Italia[12], la quale demanda ad apposito decreto del Ministro della salute (da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto n. 34) l’assegnazione del personale a tempo determinato - che il Ministero della salute è autorizzato ad assumere ai sensi del medesimo art. 2 -, in modo proporzionale, agli uffici periferici del Ministero a cui fanno capo i principali porti e aeroporti sulla base del numero medio di certificazioni rilasciate nell'ultimo triennio.

Il comma 8-ter prevede che, al fine di velocizzare gli interventi di digitalizzazione del ciclo di operazioni portuali previsti dall'emergenza da COVID-19, in deroga alle disposizioni vigenti o agli usi commerciali di piazza, le certificazioni di qualunque natura destinate a pubbliche amministrazioni o privati, i documenti di trasporto, i nulla osta, i titoli di credito e ogni documento necessario ad assistere le operazioni di importazione e di esportazione di merce possono essere inviati in formato digitale. Qualora il documento cartaceo sia richiesto in forma originale, esso può essere sostituito da idonee forme digitali di autenticazione ovvero trasmesso alle autorità richiedenti secondo modalità conformi alle disposizioni vigenti in materia di salvaguardia della salute a seguito dell'emergenza da COVID-19.

Il comma 8-quater concerne il fondo bilaterale di solidarietà relativo al Gruppo Poste italiane (fondo[13] istituito ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n.?148).

La norma concerne l’ipotesi che, durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (dichiarato fino al 31 luglio 2020 dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), siano intervenuti accordi collettivi[14] volti a modificare (ai sensi del comma 3 del citato articolo 26) l'atto istitutivo del fondo suddetto e che, alla data di presentazione della domanda di accesso alle prestazioni del fondo, non sia ancora stato emanato il decreto (di cui al comma 3 del medesimo articolo 26) di recepimento delle modifiche apportate all'atto istitutivo. Per tale fattispecie il comma 8-quater prevede che le domande producano effetti (sulla base delle modifiche dell’atto istitutivo poi perfezionate) a decorrere dai periodi di sospensione ovvero di riduzione dell'attività lavorativa oggetto della suddetta domanda, anche qualora tali periodi siano (in tutto o in parte) antecedenti alla medesima domanda. Il comma provvede altresì a ridurre il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, nella misura di 4,95 milioni di euro per l'anno 2020 e di 1,9 milioni annui a decorrere dal 2021.

La disposizione di cui al comma 9 prevede, al fine di far fronte alle fluttuazioni dei traffici portuali di merci e passeggeri riconducibili all’emergenza COVID-19, che fino allo scadere dei sei mesi successivi alla cessazione dello stato d’emergenza, le Autorità di sistema portuale e l’Autorità portuale di Gioia Tauro possono, con provvedimento motivato, destinare temporaneamente aree e banchine di competenza a funzioni portuali diverse da quelle previste nei piani regolatori portuali vigenti.

La disposizione di cui al comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri; secondo quanto specificato con le modifiche in sede di esame di rinvio in Commissione, con riferimento ai commi 7, 8 e 10-bis, gli effetti sono pari a 40 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare, e a 50 milioni di euro in termini di fabbisogno e indebitamento.

 

Con una modifica approvata in sede referente, sono state aggiunte nuove disposizioni nei nuovi commi da 10-bis a 10-quater.

Il nuovo comma 10-bis prevede l'istituzione di un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Tale fondo è destinato:

§  nel limite di 5 milioni di euro, a compensare le Autorità di sistema portuale, anche parzialmente, dei mancati introiti, in particolare derivanti dai diritti di porto, dovuti al calo del traffico dei passeggeri e dei crocieristi per effetto dei provvedimenti legislativi assunti a tutela della salute pubblica.

§  in base al nuovo comma 10-ter, le disponibilità residue del fondo, nel limite di 5 milioni di euro per l'anno 2020, sono destinate a compensare, anche parzialmente, le imprese di navigazione operanti con navi minori nel settore del trasporto turistico di persone via mare e per acque interne che dimostrino di aver subìto, nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 31 luglio 2020, una diminuzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento del fatturato registrato nel medesimo periodo dell'anno 2019; la norma specifica che si tiene conto, altresì, della riduzione dei costi sostenuti.

La formulazione di cui al comma 10-ter potrebbe essere chiarita, laddove il parametro della indicata riduzione di fatturato viene legato 'altresì' a quello della riduzione dei costi sostenuti, al fine di meglio definire il parametro per l'applicazione della compensazione.

 

Il comma?10-quater prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle autorità di sistema portuale, sono dettate le disposizioni attuative dei commi 10-bis e 10-ter.

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Il comma 10-quinquies prevede che l''efficacia delle misure di cui ai commi 10-bis e 10-ter del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea.

 

 


 

Articolo 199-bis
(Disposizioni in materia di operazioni portuali)

 

 

L’articolo 199-bis, introdotto in sede referente, riforma la disciplina in materia di autoproduzione delle operazioni portuali, prevedendo che l’autoproduzione sia possibile solo qualora non sia possibile soddisfare la domanda di svolgimento di operazioni portuali né mediante le imprese autorizzate né tramite il ricorso all'impresa o all'agenzia per la fornitura di lavoro portuale temporaneo. Sono inoltre precisati i requisiti che deve avere la nave richiedente affinché possa essere consentito lo svolgimento in autoproduzione dei servizi portuali.

 

La nuova disciplina è introdotta dal comma 1 dell’articolo in commento aggiungendo due nuovi commi (4-bis e 4-ter) all’articolo 16 della legge n. 84 del 1994.

Il nuovo comma 4-bis, oltre alla sussistenza del presupposto essenziale secondo il quale l’autoproduzione sia possibile solo nel caso non sia possibile svolgere le operazioni con personale portuale, ossia appartenente alle imprese autorizzate ai sensi dell’articolo 16, comma 3, ovvero alle imprese di somministrazione di lavoro temporaneo o alle agenzie di cui ai commi 3 e 5 dell’articolo 17 della legge n. 84 del 1994 (per approfondimenti si veda il box infra), prevede anche a quali condizioni la nave possa essere autorizzata a svolgere le operazioni portuali in regime di autoproduzione.

Si dispone in dettaglio che: sia dotata di mezzi meccanici adeguati; sia dotata di personale idoneo, aggiuntivo rispetto all'organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave e dedicato esclusivamente allo svolgimento di tali operazioni; sia stato pagato il corrispettivo e sia stata prestata idonea cauzione.

 

Conseguentemente viene abrogata la lettera d) del comma 4, della legge n. 84 dell’articolo 16, della legge n. 84 del 1994 che conteneva la disciplina dell’autoproduzione. La norma prevedeva in particolare che con un decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione venissero determinati, tra l’altro, anche i criteri inerenti il rilascio di autorizzazioni specifiche per l'esercizio di operazioni portuali, da effettuarsi all'arrivo o alla partenza di navi dotate di propri mezzi meccanici e di proprio personale adeguato alle operazioni da svolgere, nonché per la determinazione di un corrispettivo e di idonea cauzione.

 

Rispetto al regime attualmente vigente si prevede espressamente che il personale idoneo allo svolgimento in autoproduzione dei servizi portuali sia aggiuntivo rispetto all'organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave e dedicato esclusivamente allo svolgimento di tali operazioni.

 

Il nuovo comma 4-ter precisa che l'autorizzazione di cui si tratta è rilasciata previa verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni ivi previsti e, come già previsto dalla disciplina vigente, non è compresa nel numero massimo di cui al comma 7.

 

Secondo il comma 7 dell’articolo 16 della legge n. 84 del 1994 l'Autorità di sistema portuale o, laddove non istituita, l'autorità marittima, sentita la commissione consultiva locale, determina il numero massimo di autorizzazioni che possono essere rilasciate ai sensi del comma 3, in relazione alle esigenze di funzionamento del porto e del traffico, assicurando, comunque, il massimo della concorrenza nel settore.

 

Le operazioni portuali, i servizi portuali e i servizi tecnico nautici nell’ordinamento nazionale ed europeo.

 

L’articolo 16 della legge n. 84 del 1994 distingue le attività portuali in operazioni portuali e servizi portuali.

In particolare sono qualificate come "operazioni portuali" solo "il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale".

I servizi portuali sono invece: "quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali" e sono individuate dalle Autorità di sistema portuale "attraverso una specifica regolamentazione da emanare in conformità dei criteri vincolanti fissati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione".

Tali servizi e operazioni portuali sono distinti dai servizi tecnico nautici (pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio) definiti dall’articolo 14, comma 1-bis, come servizi di interesse generale atti a garantire nei porti, ove essi sono istituiti, la sicurezza della navigazione e dell'approdo.

L'esercizio delle operazioni e dei servizi portuali, espletati per conto proprio o di terzi, è soggetto, ai sensi del comma 3 dell’articolo 16, ad autorizzazione dell'Autorità di sistema portuale o, laddove non istituita, dell'autorità marittima. Detta autorizzazione riguarda lo svolgimento di operazioni portuali previa verifica del possesso da parte del richiedente dei requisiti che, ai sensi del comma 4 dell’articolo 16, sono stati definiti dal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione n. 585 del 1995 oppure di uno o più servizi portuali da individuare nell'autorizzazione stessa.

Le imprese autorizzate sono iscritte in appositi registri distinti tenuti dall'Autorità di sistema portuale o, laddove non istituita, dall'autorità marittima e sono soggette al pagamento di un canone annuo e alla prestazione di una cauzione determinati dalle medesime autorità. Tali attività possono essere svolte anche con il supporto da parte delle imprese, la cui attività, ai sensi dell’articolo 17, comma 3,  sono esclusivamente rivolta e alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, che viene individuata secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie ovvero, in mancanza delle citate imprese, da agenzie promosse dalle Autorità di sistema portuale o, laddove non istituite, dalle autorità marittime e soggette al controllo delle stesse, che forniscono il lavoro temporaneo ai soggetti richiedenti (ai sensi dell’articolo 17, comma 5).

A livello europeo è stato emanato il Regolamento (UE) 2017/352, che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti.

Il regolamento istituisce “un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali” e, definendo il proprio ambito applicativo, chiarisce l’impatto di tale disciplina sull’ordinamento italiano.

Il Regolamento si applica al rifornimento di carburante; alla movimentazione merci; all’ormeggio; ai servizi passeggeri; alla raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico; al pilotaggio e ai servizi di rimorchio (ossia ad operazioni portuali, come il carico e lo scarico merci, a servizi tecnico-nautici, e ad alcuni servizi portuali come definiti nel nostro ordinamento).

A livello definitorio il Regolamento chiarisce anche in dettaglio quali attività rientrano nelle «movimentazione merci». Secondo il regolamento rientrano in tale ambito: "l'organizzazione e la movimentazione del carico tra la nave che effettua il trasporto e le aree portuali, in caso sia di importazione, sia di esportazione e transito delle merci, compresi il trattamento, il rizzaggio, il derizzaggio, lo stivaggio, il trasporto e il deposito temporaneo delle merci nel pertinente terminal portuale e operazioni direttamente correlate al trasporto delle merci, ma esclusi, salvo che non sia diversamente stabilito dallo Stato membro, il deposito, il disimballaggio, il reimballaggio o qualsiasi altro servizio che conferisca valore aggiunto al carico".

Ciò appare d’interesse anche alla luce della giurisprudenza, anche recente, relativa alla qualificazione come operazioni o servizi portuali delle attività di rizzaggio e derizzaggio (da ultimo la sentenza del Tar Sicilia del 27 marzo 2019).

Quanto alle modalità di organizzazione dei servizi portuali il Regolamento europeo ammette che l'accesso al mercato per la fornitura di servizi portuali nei porti marittimi possa (ma non debba necessariamente) essere soggetto, ad alcune condizioni. Le ragioni che possono giustificare una limitazione all'accesso al mercato per la fornitura di servizi portuali sono le seguenti: a) requisiti minimi per la fornitura di servizi portuali; b) limitazioni al numero di prestatori; c) obblighi di servizio pubblico; d) restrizioni applicabili agli operatori interni. Posto che la lettera d) non è applicabile alla situazione italiana, rilevano nel nostro ordinamento le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) (che sono disciplinate in dettaglio dagli articoli 4-5, 6 e 7 del Regolamento).

 

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni per l'attuazione dei nuovi commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 16 saranno definite da un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Tale decreto provvederà anche a disciplinare la determinazione del corrispettivo e della cauzione e la fissazione dei termini del procedimento, tenendo conto delle esigenze di economicità dei servizi di trasporto pubblico locale di corto raggio.


 

Articolo 200
(Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale)

 

 

L’articolo 200, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, contiene numerose disposizioni in materia di trasporto pubblico locale. Istituisce innanzitutto un Fondo per compensare gli operatori di servizio di trasporto pubblico regionale e locale passeggeri sottoposti a obbligo di servizio pubblico, degli effetti negativi in termini di riduzione dei ricavi a seguito dell’epidemia del Covid-19 (commi 1 e 2), nonchè dispone la non decurtazione dei corrispettivi per i servizi ferroviari di lunga percorrenza e interregionali indivisi (comma 3).

Prevede poi l’anticipo alle regioni a statuto ordinario, in un’unica rata entro il 30 giugno 2020, dell’80% del Fondo nazionale TPL e l’applicazione, anche per il 2020, degli attuali criteri di riparto del Fondo (commi 4 e 5), senza l’applicazione di penalità, secondo una modifica apportata nel corso dell’esame in Commissione.

I nuovi commi da 5-bis a 5-quater, introdotti nel corso dell’esame in V Commissione, dispongono l’anticipazione alle regioni e province autonome delle risorse per i contratti collettivi di trasporto pubblico locale, a decorrere dal 2019 nonché per gli anni 2014-2018.

Si prevede inoltre un anticipo di cassa entro il 31 luglio 2020 per le imprese affidatarie dei contratti di servizio TPL (comma 6).

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, consente fino al 30 giugno 2021, di destinare ai servizi di linea per trasporto di persone anche le autovetture destinate ad uso Taxi e noleggio con conducente (NCC).

Viene poi sospeso fino al 2024, l’obbligo per regioni, enti locali e gestori dei servizi di trasporto pubblico passeggeri, di cofinanziare il rinnovo del parco mezzi e fino al 30 giugno 2021 l’obbligo di utilizzare mezzi ad alimentazione alternativa. Si consente l’acquisto di autobus fino 30 giugno 2021 utilizzando la convenzione Consip Autobus 3 (comma 7).

Si consente, infine, fino al 30 giugno 2021, di utilizzare una quota delle risorse statali (massimo del 5%) destinate al rinnovo del materiale rotabile automobilistico e ferroviario del trasporto pubblico locale e regionale, per l'installazione di dotazioni sui relativi mezzi finalizzate a contenere i rischi epidemiologici per i passeggeri ed il personale viaggiante, nonché, in base ad una modifica introdotta in Commissione, per  progetti relativi all'acquisto, da parte degli esercenti i servizi di trasporto pubblico locale, di biciclette elettriche a pedalata assistita per la mobilità condivisa (comma 8).

 

Le compensazioni agli operatori di servizi di trasporto pubblico locale (commi 1 e 2)

In dettaglio, il comma 1, non modificato nel corso dell’esame in V Commissione, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a compensare le imprese di trasporto pubblico locale e trasporto ferroviario regionale, elencate nel comma 2, per la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020, rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio.  Si tratta delle seguenti:

§  le imprese di trasporto pubblico locale e regionale;

§  gli enti affidanti nel caso di contratti di servizio grosscost: si tratta dei contratti in cui il gestore riceve un corrispettivo concordato che è commisurato ai soli costi del servizio offerto ed indipendente dalle entrate del servizio stesso: il rischio commerciale è pertanto a carico dell'ente affidante che gestisce i ricavi incassati;

§  la gestione governativa navigazione laghi;

Nell'ambito della navigazione, la navigazione sui laghi Maggiore, di Como e di Garda è affidata alla Gestione Navigazione Laghi, ente governativo al quale, a sensi della legge n. 614/57, è stato affidato l'esercizio delle linee di navigazione su tali laghi tramite un funzionario dell’Amministrazione dello Stato nominato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che esercita la vigilanza. In via generale, in base al decreto legislativo n. 422/1997, della gestione laghi era previsto il trasferimento alla competenza regionale, previo risanamento tecnico economico, le cui procedure non sono state completate.

§  la gestione governativa della ferrovia circumetnea;

§  la concessionaria del servizio ferroviario Domodossola confine svizzero.

Si ricorda in proposito che oltre alla Rete ferroviaria nazionale, assegnata in concessione a Rete Ferroviaria Italiana S.p.a, sono presenti in Italia reti ferroviarie, sia interconnesse con la rete ferroviaria nazionale, che non interconnesse con la stessa, queste ultime denominate reti isolate, individuate dal DM n. 347 del 2019, che sono gestite da soggetti diversi. Le reti ferroviarie isolate sono oggi oggetto o di concessione regionale, in quanto trasferite alle regioni in base al decreto legislativo n. 422 del 1997, oppure sono tuttora in regime di gestione diretta governativa ovvero in concessione statale. Tra le reti isolate rientrano appunto la ferrovia tra Domodossola ed il confine svizzero, in concessione a SSIF S.p.A. e la Ferrovia Circumetnea in gestione governativa (per la sola tratta extraurbana, in quanto la tratta urbana è in fase di trasformazione in metropolitana urbana).

 

Il Fondo istituito dal comma 1 è destinato inoltre, nei limiti delle risorse disponibili, anche alla copertura degli oneri derivanti dalle misure previste dall’articolo 215, che prevede il ristoro degli abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali, ai soggetti che non abbiano potuto usufruirne durante il periodo interessato dalle limitazioni per il contrasto al Covid-19, alla cui scheda si rimanda.

Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, la fissazione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento della compensazione ai soggetti interessati. I criteri, al fine di evitare sovracompensazioni, saranno definiti anche tenendo conto dei costi cessanti, dei minori costi di esercizio derivanti dagli ammortizzatori sociali applicati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e dei costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza dell’emergenza.

Per quanto riguarda l’emanazione di tale decreto attuativo, il 18 giugno 2020 è stata raggiunta l'intesa in Conderenza Unificata sul decreto interministeriale, MIT/MEF, che dispone l'assegnazione alle Regioni, a titolo di anticipazione, di complessivi 412 milioni di euro, su 500 totali stanziati, a compensazione dei mancati introiti per le aziende di trasporto pubblico locale nel periodo di lockdown. L'anticipazione è pari al 55% dei ricavi certificati relativi al periodo dal 23 febbraio al 3 maggio 2018, in attesa dei dati certificati 2019 non ancora disponibili.Complessivamente alle regioni vengono attribuiti circa 406,219 milioni di euro, mentre 6,245 milioni sono attribuiti complessivamente alle gestioni governative (Ferrovia Circumetnea, Servizio ferroviario Domodossola- confine svizzero e Gestione governativa navigazione laghi). La tabella dell'attribuzione delle risorse è pubblicata sul sito del MIT. Gli 88 milioni di euro circa che costituiscono il residuo di risorse da ripartire, secondo quanto comunicato, consentiranno di rivedere eventualmente le attuali assegnazioni in sede di riparto definitivo.

 Le misure per i servizi ferroviari a lunga percorrenza e interregionali indivisi (comma 3)

Il comma 3, non modificato nel corso dell’esame in V Commissione, riguarda i servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza e quelli interregionali indivisi, e prevede che le riduzioni dei servizi di trasporto a seguito delle misure di contenimento del virus COVID- 19, non comportino decurtazioni di corrispettivo o l’applicazione di sanzioni o penali in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020.

La disposizione interviene su quanto previsto in materia dall’art. 92, comma 4-bis del D.L. n. 18/2020 che aveva previsto la non applicazione delle decurtazioni di corrispettivo, né delle sanzioni e/o delle penali nei confronti dei gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico a seguito delle minori corse effettuate e/o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, ma aveva escluso proprio il trasporto ferroviario passeggeri di lunga percorrenza e ai servizi ferroviari interregionali indivisi.

In materia interviene peraltro anche l’art. 109 del presente decreto legge (alla cui scheda si rinvia), sopprimendo nell’art. 92, co. 4-bis, del D.L: n. 18/2020 il riferimento al trasporto scolastico, ai cui gestori pertanto si potranno applicare le decurtazioni di corrispettivi.

I servizi in questione sono i servizi di trasporto passeggeri Intercity e Intercity notte di cui al Contratto di servizio tra Trenitalia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativo ai servizi di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico per la media e lunga percorrenza 2017 – 2026 e dei servizi interregionali indivisi, anch’essi assoggettati ad obblighi di servizio pubblico. Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 113 del 13 marzo 2020 era stato ridefinito il livello di servizi minimi essenziali da assicurare con riferimento alla lunga percorrenza, ai servizi interregionali indivisi e ai servizi a mercato, successivamente modificato dal decreto 16 marzo 2020 n. 116 e dal decreto 18 marzo 2020 n. 122. Con il decreto n. 145 del 3 aprile 2020 le misure di limitazione sono state prorogate al 13 aprile 2020. Dal 14 aprile 2020 il perimetro dei servizi minimi essenziali è stato definito dall’articolo 2, e dagli allegati 1 e 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro degli affari sociali 12 aprile 2020, modificato con decreto ministeriale 22 aprile 2020. Con il decreto interministeriale 29 aprile 2020, le misure sono state prorogate  fino al 17 maggio 2020 a seguito dell'emanazione del DPCM 26 aprile 2020.

Anticipo alle regioni dell’erogazione del Fondo nazionale TPL per il 2020 e criteri per la ripartizione del Fondo nel 2020 (commi 4 e 5)

Il comma 4, non modificato nel corso dell’esame in V Commissione, dispone l’erogazione alle Regioni a statuto ordinario dell'intero ammontare dell’anticipazione del Fondo nazionale TPL relativo al 2020, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020. L’anticipazione è pari all’80% dello stanziamento annuo del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale e avverrà per la parte relativa ai pagamenti che non siano già stati effettuati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

L’anticipazione in un’unica soluzione dell’80% del Fondo deroga alle tempistiche vigenti di erogazione (articolo 27, comma 4, del decreto-legge n. 50/2017), che prevedono che la ripartizione del fondo alle regioni venga effettuata con decreto ministeriale, entro il 15 gennaio di ciascun anno e la relativa erogazione avvenga con cadenza mensile, nonché che le risorse erogate a titolo di anticipazione siano oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi.

L'anticipazione dell’80% del Fondo viene effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente. Si ricorda che in proposito, a seguito delle modifiche apportate all’art. 27 del DL n. 50/2017 dall’articolo 47, comma 1 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, tale modalità di riparto è applicabile, a decorrere dal gennaio 2018, nelle more dell’emanazione del decreto annuale di riparto previsto dalla riforma che sarebbe dovuta entrare a regime dal 2020 e che riguarda sia il criterio di finanziamento del Fondo, in attesa del riordino del sistema della fiscalità regionale, sia i criteri per il suo riparto.

 

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, dispone che la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale TPL stanziate per il 2020 sia effettuata, senza che vi sia l’applicazione di penalità (inciso quest’ultimo introdotto in V Commissione), secondo quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 e successive modificazioni, al fine di ridurre i tempi procedurali di erogazione. Pertanto per il 2020 sono confermati gli attuali criteri di ripartizione del Fondo definiti nel DPCM, senza l’applicazione delle penalità legate al mancato raggiungimento degli obiettivi di efficientamento, anziché applicarsi la riforma del Fondo, con i relativi nuovi criteri descritti nell’art. 27, comma 2, del D.L. n. 50/2017.

Il DPCM 11 marzo 2013, come modificato dal DPCM 7 dicembre 2015 e da ultimo dal DPCM 26 maggio 2017, che ha anche sostituito la tabella di ripartizione percentuale del Fondo tra le Regioni, è tuttora applicato in attesa della riforma dei criteri di attribuzione del Fondo, prevista dal 2020. Il DPCM prevede che il 90% il Fondo sia assegnato alle regioni sulla base delle percentuali fissate nella Tabella 1 allegata al decreto e per il residuo 10%, sempre in base alle medesime percentuali, ma subordinatamente alla verifica del raggiungimento di specifici obiettivi di efficientamento. La riforma, che sarebbe dovuta entrare in vigore per il 2020 in base al DL n. 124/2019, prevede invece che:

§  il dieci per cento del Fondo sarà assegnato alle regioni sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell'incremento dei medesimi registrato tra il 2014, incrementata, negli anni successivi, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;

§  il dieci per cento dell'importo del Fondo, per il primo anno, in base al criterio dei costi standard, incrementato, negli anni successivi, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;

§  l'80% sulla base della Tabella di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2014 (tabella riportata anche nel DPCM 26 maggio 2017) ed a partire dal 2021 la ripartizione avverrà sulla base dei livelli adeguati di servizio e con penalizzazioni nel caso di affidamento dei servizi senza procedure ad evidenza pubblica.

 

Sempre in base al comma 5, resta fermo quanto previsto dall’articolo 27, comma 2-bis, del DL n. 50/2017, recentemente modificato dal DL n. 124 del 2019, che prevede che nella ripartizione del Fondo si dovrà tenere annualmente conto, determinandole a preventivo e consuntivo rispetto al riparto di ciascun anno, a partire dal saldo del 2019, delle variazioni per ciascuna Regione, in incremento o decremento rispetto al 2017, dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla società Rete ferroviaria italiana Spa, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, in ottemperanza ai criteri stabiliti dall'Autorità di Regolazione dei Trasporti.

L’articolo 47 del decreto legge 26 ottobre 2019, n.124 ha anche previsto che il DPCM 11 marzo 2013, come successivamente modificato, conservi efficacia fino al 31 dicembre dell’anno precedente alla data di entrata in vigore del decreto annuale di riparto del fondo, previsto dal comma 2 dell’art. 27 del D: n. 50/2017, da emanare entro il 30 giugno a decorrere dal 2020.

Lo stanziamento del Fondo nel Bilancio triennale 2020-2022 (cap. 1315/MIT) ammonta a 4.875,554 milioni di euro per il 2020 (di cui 1 mln è riservato all’adeguamento dei treni passeggeri con le misure di primo soccorso), ed a 4.874,554 milioni € per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Per il 2020 l’anticipazione dell’80% del Fondo TPL è stata concessa con decreto MIT-MEF n. 121 del 18/3/2020, per un importo complessivo di 3.898.668,289, 2 euro, prevedendone l’erogazione con cadenza mensile. Il decreto reca in allegato la tabella di ripartizione tra le Regioni dell'anticipazione del Fondo per il 2020. Con il Decreto dirigenziale n. 90 del 27 marzo 2020 si è autorizzato l’impegno di spesa per le erogazioni dell’anticipo per i mesi da gennaio a marzo 2020 e con il Decreto dirigenziale n. 98 del 7 aprile 2020 si è impegnato l’importo relativo ai mesi da aprile ad ottobre 2020.

Anticipazione alle regioni e province autonome delle risorse per i contratti collettivi di TPL negli anni 2014-2018 e dal 2019 (commi 5-bis-5 quater)

I nuovi commi da 5-bis a 5-quater, introdotti nel corso dell’esame in V Commissione, disciplinano l’anticipazione alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle risorse per i contratti collettivi di trasporto pubblico locale, a decorrere dal 2019, nonché per gli anni 2014-2018.

Il comma 5-bis autorizza, a decorrere dall'anno 2019, il pagamento a titolo di anticipazione dell'80 per cento delle risorse per le regioni e le province autonome relative ai contratti collettivi di trasporto pubblico locale sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni beneficiarie e salvo conguaglio in esito all'attività di verifica, con decreto interministeriale MIT/MEF, previa intesa in Conferenza unificata. La relativa erogazione è disposta con cadenza semestrale nelle more dell'emanazione dei decreti ministeriali previsti dal comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n.16 e dal comma 1230 dell'articolo 1 della legge n. 296/2006.

 Il richiamato comma 3 dell’art. 1 del DL n. 16 del 2005 prevede che le risorse per il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, per il quale è autorizzata la spesa di 260 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, siano assegnate alle regioni con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata.

L’articolo 1 della legge n. 296/2006 ha autorizzato a decorrere dal 2007 la spesa di 190 milioni di euro quale cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale, prevedendone l’assegnazione con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata.

 

Il comma 5-ter dispone che l'assegnazione e l'erogazione alle regioni beneficiarie delle risorse spettanti per gli anni di competenza dal 2014 al 2018 per i contratti collettivi di TPL, sopra citate, ai sensi dell'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n.16, e dell'articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n.296, sia effettuata in un'unica soluzione, sulla base delle informazioni già trasmesse dalle regioni stesse alla data del 23 febbraio 2020, con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata entro novanta giorni  dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Il comma 5-quater prevede infine che per gli anni di competenza dal 2014 al 2018 le somme residuate dagli importi di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n.16, come determinate ai sensi del comma 1 del presente articolo, nonché quelle residuate dagli importi di cui al comma 3-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n.355, siano assegnate con decreto ministeriale alle aziende aventi titolo ai sensi dell'articolo 1, comma 273, della legge 23 dicembre 2005, n.266, sulla base delle istanze già presentate dalle aziende stesse alla data del 23 febbraio 2020: si tratta delle somme a copertura degli oneri  sostenuti per l'indennità di malattia dei lavoratori addetti al trasporto pubblico locale.

Il richiamato comma 273 prevede infatti la destinazione di tali somme, fino a concorrenza, alla copertura degli oneri derivanti dagli accordi nazionali stipulati dalle associazioni datoriali e dalle organizzazioni sindacali di categoria. Con comunicato del Ministero del lavoro del 12 aprile 2019 è stato reso noto il decreto interministeriale emanato il 25 febbraio 2019 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per il rimborso degli oneri sostenuti per l'indennità di malattia dei lavoratori addetti al trasporto pubblico locale per l’anno di competenza 2013.

Il richiamato comma 3-bis dell’art. 23 del DL n. 355, si riferisce al decreto interministeriale MIT/MEF, sentita la Conferenza unificata con il quale si deve provvedere annualmente alla ricognizione e alla individuazione delle risorse al fine di emanare provvedimenti per contribuire al risanamento e allo sviluppo del trasporto pubblico locale, al potenziamento del trasporto rapido di massa nonché al corretto svolgimento delle procedure di affidamento dei servizi. Lo stesso articolo 23 prevede al comma 1 una specifica autorizzazione di spesa (214,3 milioni di euro annui a decorrere dal 2005), per il rinnovo del contratto collettivo del trasporto pubblico locale. Ogni anno il Ministero delle infrastrutture emana sulla base di tale disposizione, un comunicato per le procedure per richiedere la copertura degli oneri connessi col rinnovo del C.C.N.L. degli addetti al settore del trasporto pubblico locale. Per il 2020 è stato emanato il Comunicato del 25 marzo 2020 che ha disciplinato l’erogazione del contributo erariale per il 2020 destinato alla copertura degli oneri connessi con il rinnovo del secondo biennio C.C.N.L. 2002/03 degli addetti al settore del trasporto pubblico locale per le aziende attive esclusivamente nei territori della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Regione Sicilia.

 

In base al comma 5-quater, il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dovrà essere emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Anticipo di cassa a favore delle imprese affidatarie dei contratti di servizio passeggeri TPL (comma 6)

Il comma 6, non modificato, prevede che le autorità statali e locali titolari dei contratti di servizio eroghino alle imprese di trasporto pubblico di passeggeri, entro il 31 luglio 2020 un importo non inferiore all’80% dei corrispettivi contrattualmente previsti al 31 agosto 2020, in sostanza un anticipo di cassa al fine di garantire l’operatività.

La disposizione sembra riferirsi alle imprese affidatarie dei contratti di servizio per far fronte ai costi fissi connessi, tra l'altro, al personale ai fornitori e al mantenimento in efficienza del materiale rotabile.

Il riferimento della norma è alle autorità di cui all’articolo 2, lettere b) e c) del Regolamento (CE) n. 1370/2007:

b) «autorità competente»: un'amministrazione pubblica o un gruppo di amministrazioni pubbliche di uno Stato membro, o di Stati membri, che ha il potere di intervenire nei trasporti pubblici di passeggeri in una zona geografica determinata, o qualsiasi altro organismo investito di tale potere;

c) «autorità competente a livello locale»: qualsiasi autorità competente la cui zona di competenza geografica non è estesa al territorio nazionale.

 

Servizi di linea per trasporto di persone con autovetture ad uso di terzi (comma 6-bis)

 

Il nuovo comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, consente fino al 30 giugno 2021, con la finalità di contemperare le esigenze di mobilità e le misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV2, di destinare ai servizi di linea per trasporto di persone anche le autovetture a uso di terzi, richiamando espressamente la nozione di uso di terzi di cui all'articolo 82, comma 5, lettera b), del Codice della strada; che comprende il servizio di noleggio con conducente (NCC) e servizio di piazza (taxi) per trasporto di persone;

Si ricorda che le altre fattispecie, qui non richiamate, dell’art. 82, comma 5 sono:

c) servizio di linea per trasporto di persone;

d) servizio di trasporto di cose per conto terzi;

e) servizio di linea per trasporto di cose;

f) servizio di piazza per trasporto di cose per conto terzi.

 

La norma deroga all'articolo 87, comma 2, del Codice della strada, che prevede che possano essere destinati ai servizi di linea per trasporto di persone solo gli autobus, gli autosnodati, gli autoarticolati, gli autotreni, i filobus, i filosnodati, i filoarticolati e i filotreni destinati a tale trasporto.

Si ricorda che un veicolo si intende adibito al servizio di linea quando l'esercente, comunque remunerato, effettua corse per una destinazione predeterminata su itinerari autorizzati e con offerta indifferenziata al pubblico, anche se questo sia costituito da una particolare categoria di persone.

Sospensione degli obblighi di cofinanziare il rinnovo del parco autobus e di utilizzare mezzi ad alimentazione alternativa (comma 7 )

Il comma 7, non modificato, al primo periodo sospende fino al 31 dicembre 2024, l’applicazione per le regioni, gli enti locali e i gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale, dell’obbligo di cofinanziamento, previsto per i soggetti beneficiari di fondi statali, nell’acquisto dei mezzi per il rinnovo del parco autobus, nonché sospende, per tutte le risorse attribuite con stanziamento di competenza sino al 30 giugno 2021, l’obbligo di utilizzo di mezzi ad alimentazione alternativa, ferma restando la facoltà di impiegare tali mezzi qualora disponibili entro il 30 giugno 2021.

Si ricorda che per finanziare il rinnovo del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale è stato istituito (art. 1, comma 866 della legge n. 208 del 2015, poi modificato dal D.L. n. 50 del 2017, art. 27, comma 12-ter), il c.d. "Fondo mezzi" destinato all'acquisto diretto, anche per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica ed energetica o al noleggio dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, con l'intento di allineare il parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale agli standard europei. Al Fondo sono stati assegnati, oltre a quelli già previsti dalla legge n. 147 del 2013, finanziamenti per 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022 e successivamente, il comma 613 della legge di Bilancio 2017 ha incrementato le risorse di altri 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, per un totale di 3,7 miliardi €, estendendone le finalità al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto, segnatamente le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici e finalizzando le risorse alla realizzazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile. Il MIT ha comunicato che in attuazione del Piano, dopo l’Intesa del 31 marzo 2020 in Conferenza Unificata Stato Regioni, è stato firmato il decreto interministeriale con il quale sono state ripartite tra 38 comuni capoluogo delle città metropolitane e delle province con alti livelli di inquinamento, le risorse per un totale di 398 milioni di euro nel quinquennio 2019-2023 per il rinnovo dei mezzi (acquisto del materiale rotabile ad alimentazione elettrica, a metano e ad idrogeno), finanziate con il Fondo. Si veda la tabella di ripartizione. Dal testo dell’Intesa in CU risulta che per tali fondi verrebbe escluso dalle procedure regionali e comunali l’obbligo di cofinanziamento nel primo quinquennio e che vi sarebbe la facoltà delle Regioni nel primo biennio di scegliere la modalità di alimentazione dei mezzi da acquistare, purché non inferiore ad euro 6.

Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti n. 25 del 23 gennaio 2017, erano state concretamente assegnate al Fondo e ripartite tra le regioni, le risorse statali per gli anni 2017, 2018 e 2019, pari a 50 milioni € per ciascun anno, per l’acquisto di autobus da utilizzare per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale. Il Fondo finanzia direttamente una parte dell'acquisto, richiedendo una percentuale di cofinanziamento delle Regioni, definita in base al DM n. 345 del 2016 (che aveva definito il riparto delle risorse per il rinnovo dei mezzi della legge finanziaria n.147 del 2013). Il cofinanziamento minimo regionale, è indicato in allegato al decreto stesso, per un totale di circa 35,5 mln € annui. Il decreto ha previsto l'utilizzo di una centrale unica di committenza (Consip S.p.A.), per individuare con procedure ad evidenza pubblica il soggetto fornitore per ciascuno dei lotti previsti, con cui stipulare apposite convenzioni, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488 del 1999. Nel 2018 sono stati aggiudicati otto dei nove lotti del bando di gara (Consip Autobus 3) a procedura aperta per l’affidamento della fornitura in acquisto di Autobus e dei servizi connessi ed opzionali per le Pubbliche Amministrazioni. Gli enti interessati possono avvalersi della convenzione Consip per l'acquisto dei mezzi dal 2 agosto 2018 per una durata di 24 mesi.

 

Il comma 7 autorizza l’acquisito di autobus con la convenzione Consip Autobus 3, stipulata il 2 agosto 2018 e che scadrebbe il 1° agosto 2020, fino al 30 giugno 2021.

Si consente inoltre l’acquisto di materiale rotabile anche in leasing, da parte delle amministrazioni.

 

Per le medesime finalità di contenimento degli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica, il comma 7, secondo periodo prevede che non si applichino fino al 30 giugno 2021 le disposizioni relative all’obbligo di utilizzo di mezzi ad alimentazione alternativa, qualora non sia presente idonea infrastruttura per l’utilizzo di tali mezzi.

Si ricorda in proposito che al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni, nonché degli orientamenti e della normativa europea, è destinato il Piano Strategico Nazionale della Mobilità Sostenibile, approvato con Dpcm 30 aprile 2019.

Il comma 11-bis dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha stabilito che i contratti di servizio relativi all'esercizio dei servizi di trasporto pubblico stipulati successivamente al 31 dicembre 2017 non possano prevedere la circolazione di veicoli a motore adibiti al trasporto pubblico regionale e locale appartenenti alle categorie M2 o M3, alimentati a benzina o gasolio con caratteristiche antinquinamento Euro 0 o Euro 1. Il comma 11-quater ha previsto anche che i comuni, in sede di definizione dei piani urbani del traffico, individuino specifiche modalità per la diffusione di nuove tecnologie previste dal Piano di azione nazionale sui sistemi di trasporto intelligenti (ITS), impegnandosi in tale sede ad utilizzare per investimenti in nuove tecnologie per il trasporto specifiche quote delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea.

Disposizioni  per gli acquisti di materiale rotabile (comma 8)

Il comma 8, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, nonché oggetto di una modifica in sede di coordinamento formale, prevede che fino al 30 giugno 2021, una quota delle risorse statali per il rinnovo del materiale rotabile automobilistico e ferroviario destinato al trasporto pubblico locale e regionale, pari ad un massimo del 5%, possano essere utilizzate per l'installazione di dotazioni sui relativi mezzi, (come specificato in sede di coordinamento formale, anziché per l’attrezzaggio dei relativi parchi) finalizzate a contenere i rischi epidemiologici per i passeggeri ed il personale viaggiante.

Con una modifica approvata nel corso dell’esame in V Commissione la disposizione è stata estesa al finanziamento di progetti relativi all'acquisto, anche in leasing, da parte degli esercenti i servizi di trasporto pubblico locale di biciclette elettriche a pedalata assistita e progettate per la mobilità condivisa e all'utilizzo di detti mezzi per l'integrazione dei servizi flessibili e di mobilità condivisa con i programmi di esercizio esistenti.

Per tali finalità si prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche mediante apposite convenzioni sottoscritte con Enti pubblici di ricerca o Istituti universitari, promuova uno o più progetti di sperimentazione per incrementare, compatibilmente con le misure di contenimento dell’epidemia previste dall’articolo 1 del DL n. 6/2020 e dall’articolo 1 del DL n. 19/2020, nonché dai relativi provvedimenti attuativi, l’indice di riempimento dei mezzi di trasporto, garantendo la sicurezza dei passeggeri e del personale viaggiante.

L'articolo 27, comma 9, del decreto-legge n. 50 del 2017, ha previsto, al fine di favorire il rinnovo del materiale rotabile, la possibilità di acquisire mezzi anche ricorrendo alla locazione per quanto riguarda materiale rotabile per il trasporto ferroviario e alla locazione senza conducente per veicoli di anzianità massima di dodici anni adibiti al trasporto su gomma e per un periodo non inferiore all'anno.

 

Il comma 9 reca la copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 1, quantificati in euro 500 milioni per l’anno 2020, ai quali si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 200, comma 9-bis
(Risorse per interventi per la qualità dell’aria nella pianura padana)

 

 

Il comma 9-bis dell’art. 200, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, incrementa di 10 milioni di euro, per l'anno 2020, le risorse finalizzate all’adozione di specifiche strategie di intervento sulla situazione di inquinamento dell'aria presente nella pianura padana.

 

Il comma 9-bis dell’art. 200, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, incrementa di 10 milioni di euro, per l'anno 2020, le risorse previste dall'art. 30, comma 14-ter, nono periodo, del D.L. 34/2019 e già rifinanziate dall’art. 24, comma 5-bis, del D.L. 162/2019.

Si ricorda che l’art. 30, comma 14-ter, del D.L. 34/2019 (c.d. decreto crescita) stabilisce, a decorrere dall'anno 2020, l'assegnazione ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti di contributi per il potenziamento di investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche.

In base a quanto disposto dal nono periodo del comma 14-ter, il 40% delle risorse previste sono destinate, a decorrere dall'anno 2020, all’adozione di specifiche strategie di intervento nella pianura padana, anche attraverso un maggiore coordinamento tra le regioni che insistono sul predetto bacino (finalità prevista all'art. 10, comma 1, lettera d), della L. 88/2009 - legge comunitaria 2008, con il quale è stata conferita una delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa).

Il decimo periodo del comma in questione ha demandato alla Conferenza Stato-Regioni la definizione del riparto delle risorse tra le regioni interessate e l’individuazione delle misure a cui esse sono destinate, tenendo conto del perdurare del superamento dei valori limite relativi alle polveri sottili (PM10), di cui alla procedura di infrazione n. 2014/2147 e dei valori limite relativi al biossido di azoto (NO2), di cui alla procedura di infrazione n. 2015/2043, e della complessità dei processi di conseguimento degli obiettivi indicati dalla direttiva 2008/50/CE.

Il comma 5-bis dell’art. 24 del D.L. 162/2019 ha incrementato le risorse in questione di l milione di euro annuo per gli anni 2020, 2021 e 2022 e di 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 fino al 2034, demandandone il riparto regionale alla Conferenza Stato-Regioni e precisando che l’incremento del finanziamento è volto ad implementare gli interventi per il miglioramento della qualità dell'aria, prioritariamente rivolti ai macrosettori relativi ai trasporti e alla mobilità, alle sorgenti stazionarie ed all’uso razionale dell'energia e per altri interventi di riduzione delle emissioni in atmosfera, sempre tenendo conto del perdurare del superamento dei valori limite relativi a PM10 e NO2, della complessità dei processi di conseguimento degli obiettivi della direttiva 2008/50/CE e delle finalità di cui all'art. 10, comma 1, lett. d), della L. 88/2009 che individua la pianura padana quale area geografica con una particolare situazione di inquinamento dell'aria.

Per un approfondimento si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 24, comma 5-bis, del D.L. 162/2019.

 

Il comma in esame disciplina altresì la copertura degli oneri, disponendo che vi si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto-legge, al cui commento si rinvia.


 

Articolo 200-bis
(Buono viaggio)

 

 

L’articolo 200-bis, introdotto in sede referente, istituisce un Fondo pari a 5 milioni di euro per l’anno 2020, destinato alla concessione, fino all'esaurimento delle risorse, di un buono viaggio, da utilizzare per gli spostamenti effettuati a mezzo del servizio di taxi ovvero di noleggio con conducente in favore delle persone fisicamente impedite o comunque a mobilità ridotta ovvero con patologie accertate, anche se accompagnate, residenti nei comuni capoluoghi di città metropolitane o capoluoghi di provincia. Sono indicate anche le modalità di ripartizione del Fondo tra gli enti locali destinatari delle risorse e le modalità secondo le quali i comuni procedono all’erogazione dei buoni.

 

L’importo del buono è pari al 50 per cento della spesa sostenuta e, comunque, non può superare euro 20 per ciascun viaggio e deve essere utilizzato per gli spostamenti effettuati dal 15 luglio 2020 al 31 dicembre 2020

La finalità dell’intervento è di sostenere la ripresa del settore del trasporto pubblico non di linea eseguito mediante il servizio di taxi ovvero mediante il servizio di noleggio con conducente e consentire un'efficace distribuzione degli utenti del predetto trasporto pubblico, in considerazione delle misure di contenimento adottate per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

I buoni viaggio non sono cedibili, non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (comma 1).

 

Il trasferimento delle risorse del Fondo a beneficio degli enti locali sarà effettuata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Sono individuati i seguenti criteri di ripartizione: una quota pari all’80 per cento del totale, per complessivi 4 milioni di euro, è ripartita in proporzione alla popolazione residente in ciascun comune interessato mentre una quota pari al restante 20 per cento, per complessivi 1 milione di euro, è ripartita in parti uguali tra tutti i comuni interessati (comma 2).

Viene altresì precisato che le risorse spettanti ai comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono assegnate alle predette autonomie, che provvedono al successivo riparto in favore dei comuni ricadenti nel proprio territorio (comma 3).

 

Viene infine disciplinata la modalità secondo cui i comuni provvederanno ad assegnare tali risorse. Si dispone che ciascun comune individui i beneficiari e il relativo contributo prioritariamente tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 e tra quelli in stato di bisogno, privilegiando quelli non già assegnatari di misure di sostegno pubblico (comma 4).

 

Il comma 5 disciplina la copertura finanziaria dell’intervento a valere sul Fondo ci cui all’articolo 1, comma 200, della legge n.190 del 2014 ossia il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, incrementato di 800 milioni di euro per l'anno 2020 e di 90 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 dall’articolo 265, comma 5 del presente decreto-legge.


 

Articolo 201
(Incremento del Fondo salva-opere)

 

 

L’articolo 201, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, di tutelare i lavoratori e sostenere le attività imprenditoriali a seguito del contagio da COVID-19, incrementa per l’anno 2020 di 40 milioni di euro la dotazione del Fondo salva-opere istituito dall’articolo 47 del D.L. 34/2019 (comma 1).

Per le medesime finalità, si prevede che l’erogazione delle risorse del Fondo salva-opere in favore dei sub-appaltatori, sub-affidatari e i sub-fornitori, che hanno trasmesso all’amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito entro la data del 24 gennaio 2020, è effettuata per l’intera somma spettante ai sensi del comma 1-quinquies del citato articolo 47 (ossia per il 70 per cento del credito insoddisfatto), con esclusione dell’applicazione delle previsioni (di cui al citato art. 47, comma 1-ter, settimo e ottavo periodo) che condizionano l’erogazione alla verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle condizioni di regolarità contributiva e fiscale del richiedente (comma 2).

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame dispone che, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, di tutelare i lavoratori e sostenere le attività imprenditoriali a seguito del contagio da COVID-19, il Fondo salva-opere di cui all’art. 47 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, è incrementato di ulteriori 40 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 1-bis dell’art. 47 del D.L. 34/2019 (come da ultimo modificato dall’art. 15 del D.L.101/2019) prevede un fondo denominato “Fondo salva-opere”, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori.

Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall'aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d'appalto pari o superiore a euro 100.000.

Si rammenta altresì che il Fondo opera solo con riferimento agli appalti di opere pubbliche di competenza statale e non può, quindi, essere attivato per le gare aggiudicate da Comuni, Città Metropolitane, Province, anche autonome, e Regioni.

La relazione illustrativa segnala che l’incremento della dotazione è finalizzato a “ridurre l’impatto economico derivante dal diffondersi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulle attività imprenditoriali connesse alla realizzazione delle opere pubbliche e conseguentemente sui lavoratori impegnati nello svolgimento della attività, nonché al fine di garantire il rapido completamento delle stesse opere”.

Il secondo periodo del comma 1 prevede che alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del medesimo comma si provvede ai sensi dell’art. 265.

 

Il comma 2 stabilisce che, per le medesime finalità di cui al comma 1, l’erogazione delle risorse del Fondo salva-opere in favore dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori, che hanno trasmesso all’amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito entro la data del 24 gennaio 2020, è effettuata:

§  ai sensi dell’art. 47, comma 1-quinquies del citato decreto legge n. 34 del 2019, per l’intera somma spettante ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo, e dunque nella misura del 70 per cento del credito insoddisfatto;

Il comma 1-quinquies dell’art. 47 stabilisce che per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore, ferma restando l'applicabilità del meccanismo generale di cui al comma 1-bis, sono appositamente stanziati sul Fondo salva-opere 12 milioni di euro per l'anno 2019 e 33,5 milioni di euro per l'anno 2020.

La relazione illustrativa al provvedimento in esame sottolinea che, a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 12 novembre 2019, n. 144 (“Regolamento recante la definizione dei criteri di assegnazione delle risorse e delle modalità operative del Fondo Salva opere”), risultano presentate entro i termini indicati dal decreto dirigenziale n. 16861 del 19 dicembre 2019 (rectius: decreto direttoriale n. 16864 del 19 dicembre 2019) domande di accesso al fondo, da parte dei creditori di cui al comma 1-quinquies dell’art. 47 (creditori insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore) per complessivi 82 milioni di euro a fronte dei 45 milioni attualmente disponibili.

L’art. 47, comma 1-bis, del D.L. 34/2019 prevede che le risorse del Fondo sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei sub-appaltatori, dei sub-affidatari e dei sub-fornitori nei confronti dell'appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari, sub-fornitori, sub-appaltatori, sub-affidatari, quando questi sono assoggettati a procedura concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo.

La previsione in esame, nel prevedere la corresponsione dell’intera somma spettante ai creditori insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019, appare finalizzata a recepire in una norma di rango legislativo l’analoga previsione già contenuta nell’art. 4, comma 4, secondo periodo, del citato D.M. 144/2019, ai sensi della quale le risorse dell’unico piano di ripartizione per l’anno 2019 “sono destinate a soddisfare i crediti, per i quali è stata certificata la sussistenza delle condizioni per il pagamento, nella  misura  del  70 per  cento  dell'importo  certificato”.

Del pari, la norma in esame, con riferimento alla fissazione del termine del 24 gennaio 2020 entro cui deve essere stata presentata all’amministrazione aggiudicatrice o al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito, recepisce l’identico termine già fissato dall’art. 1, comma 1, secondo periodo, del decreto direttoriale del MIT n. 16864 del 19 dicembre 2019.

Si fa presente, peraltro, che gli ulteriori termini previsti dal citato decreto direttoriale risultano ormai scaduti (in particolare, il termine per la trasmissione al MIT della certificazione del credito da parte delle amministrazioni aggiudicatrici – scaduto il 14 febbraio 2020 - e il termine per la predisposizione da parte della Direzione generale per l’edilizia statale e per gli interventi speciali del MIT del piano di ripartizione per l’anno 2019, scaduto il 1° aprile 2020). Al riguardo, il Consiglio di Stato, nell’esprimere il parere sullo schema di regolamento recante la definizione dei criteri di assegnazione delle risorse e delle modalità operative del Fondo Salva opere – divenuto poi il D.M. 144/2019 – aveva già sottolineato la necessità di uno slittamento dei termini ivi previsti, molti dei quali in quel momento scaduti o di prossima scadenza.

 

§  e con esclusione dell’applicazione delle previsioni relative alle verifiche di regolarità contributiva e fiscale di cui al settimo ed all’ottavo periodo del comma 1-ter del citato art. 47.

Il settimo periodo del comma 1-ter dell’art. 47 prevede che prima dell'erogazione delle risorse il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti verifica la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente attraverso il DURC (documento unico di regolarità contributiva); in mancanza delle stesse, dispone direttamente il pagamento delle somme dovute, entro i limiti della capienza del Fondo salva-opere ed in proporzione della misura del credito certificato liquidata al richiedente stesso, in favore degli enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, ai sensi del combinato disposto dell'art. 31, commi 3 e 8-bis, del D.L. 69/2013. L’ottavo periodo della medesima disposizione prevede, inoltre, che prima dell'erogazione delle risorse il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti effettua la verifica di cui all'art. 48-bis, comma 1, del D.P.R. 602/1973 e, nell'ipotesi di inadempienze, provvede direttamente al pagamento in conformità alle disposizioni del periodo precedente. Tale ultima disposizione impone alle amministrazioni pubbliche e alle società a prevalente partecipazione pubblica di verificare, anche in via telematica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, di non procedere al pagamento e segnalare la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

Si ricorda altresì che l’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione ad una gara d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali e che costituiscono violazioni gravi in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC.

La relazione tecnica al provvedimento precisa che la disposizione di cui al comma 2 non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 202
(Trasporto aereo)

 

 

L’articolo 202, modificato nel corso dell’esame in sede referente, contiene un limitato intervento sul comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 (comma 1, lettera a), ed una proroga di due anni, introdotta nel corso dell’esame in sede referente, della durata delle concessioni aeroportuali (nuovo comma 1-bis)

La disposizione si concentra essenzialmente sulla modifica della disciplina concernente la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta, già prevista dall’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020. In particolare sono novellate le disposizioni di cui all’articolo 79, commi da 3 a 7, del citato decreto-legge. Con riguardo alla nuova società (comma 1, lettera b), si prevede che essa sia costituita per “l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo di persone” precisando che, per tale operazione, è necessaria l’autorizzazione della Commissione europea (nuovo comma 3). Sono modificate le modalità di istituzione e funzionamento della costituenda società e viene altresì quantificato in 3 miliardi di euro il limite di partecipazione del Ministero dell’economia e delle finanze al capitale della società (nuovo comma 4). Viene inoltre esplicitato che spetti alla nuova società predisporre un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta, che, secondo una modifica introdotta nel corso dell’esame in sede referente, sarà sottoposto all’esame parlamentare, e si riconosce la possibilità che la società possa costituire, a sua volta, società controllate e che possa acquistare o prendere in affitto rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’ENAC, anche in amministrazione straordinaria (nuovo comma 4-bis). Si prevede poi la stipula di un apposito contratto di servizio tra lo Stato e la nuova società per la prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale, e nell’ottica della continuità territoriale, con la possibilità di subentrare in quelli già in essere con società in amministrazione straordinaria (nuovo comma 4-ter). Con riferimento (comma 1, lettera c) alla disciplina applicabile si esclude che alla nuova società si applichino i limiti ai compensi per gli amministratori e per i dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni previsti dall’articolo 23-bis della legge n. 201 del 2011 (nuovo comma 5). Si prevede poi che la società possa avvalersi dell’Avvocatura dello Stato (nuovo comma 5-bis) e che tutti gli atti connessi all’applicazione della disposizione in commento siano esenti da imposizione fiscale (nuovo comma 5-ter). Vengono inoltre soppresse le disposizioni del comma 6 dell’articolo 79 in materia di trasferimento del personale. Viene infine istituto un nuovo Fondo di 3 miliardi di euro per finanziare gli interventi di capitalizzazione e di acquisizione di cespiti da parte della nuova società e rimodulata l’entità del Fondo previsto per il sostegno del trasporto aereo di cui al comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 (nuovo comma 7).

 

Il comma 1 dell’articolo 202, alla lettera a) modifica il comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n.18 del 2020 al fine di prevedere che anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dia il proprio concerto sul decreto del Ministro dello sviluppo economico che dovrà definire le modalità per attuare le misure a compensazione dei danni subiti come conseguenza diretta dell’epidemia di COVID 19 e al fine di consentire la prosecuzione dell'attività dalle compagnie aeree che adempiano ad oneri di servizio pubblico.

Il comma 1 dell’articolo 202, alla lettera b), novella i commi 3 e 4 dell’articolo 79 del decreto-legge n.18 del 2020 e aggiunge i commi 4-bis e 4-ter.

La novella al comma 3 prevede la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta per l’esercizio dell’attività d’impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci, e subordina l’efficacia della disposizione all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Con riferimento alla possibilità per gli Stati di operare nel mercato attraverso imprese di proprietà pubblica il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede, all’articolo 345, che: “I trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”. Tuttavia l’operatore pubblico, ai fini della valutazione dell’operazione posta in essere, è assoggettato ai principi in materia di aiuti di Stato. In particolare entra in considerazione quanto stabilito dalla Comunicazione 2016/C 262/01 della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con particolare riferimento al “criterio dell'operatore in un'economia di mercato” (si veda in particolare il paragrafo 4.2) richiamata anche dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

 

Rispetto al testo del precedentemente vigente comma 3 dell’articolo 79 viene pertanto escluso un collegamento tra la costituzione della nuova società e la situazione determinatisi per l’emergenza COVID 19, non vengono più menzionate le società del gruppo Alitalia e si precisa che, per la costituzione della società medesima sarà necessaria l’autorizzazione della Commissione europea.

Il medesimo comma 1, lettera b), novella altresì integralmente il comma 4 del decreto-legge n. 18 del 2020 concernente le modalità di costituzione e funzionamento della nuova società.

La disposizione stabilisce in particolare che essa sia costituita con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di natura non regolamentare, sottoposto alla registrazione della Corte dei Conti.

Tale decreto rappresenta l’atto costitutivo della società, e in esso sono definiti l’oggetto sociale, il capitale sociale iniziale e ogni altro elemento necessario per la costituzione e il funzionamento della società.

Con lo stesso decreto è, altresì, approvato lo statuto della società, sono nominati gli organi sociali per il primo periodo di durata in carica, sono stabilite le remunerazioni degli stessi organi ai sensi dell’articolo 2389, primo comma, del codice civile, e sono definiti i criteri, in riferimento al mercato, per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, del codice civile.

Rispetto al testo del comma 4 precedentemente vigente si prevede innanzi tutto che la costituzione della società avvenga attraverso un unico decreto escludendo la facoltà, prevista dal testo del decreto-legge n. 18 del 2020, di utilizzare più decreti ministeriali.

Una seconda differenza risiede nel fatto che il citato decreto ministeriale non “costituisce” ma “approva” lo statuto della nuova società. Inoltre si prevede che la nomina degli organi sociali sia effettuata con il sopra indicato decreto ministeriale solo per “il primo periodo di durata in carica” e non più in deroga alle diposizioni vigenti in materia.

Una terza differenza concerne il riferimento all’articolo 2389, commi 1 e 3, del Codice civile sia con riguardo alla definizione delle remunerazioni degli organi sociali sia con riferimento ai criteri per la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche da parte del consiglio di amministrazione.

 

L’articolo 2389 del Codice civile prevede, al comma 1, che “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea”. Il comma 2 precisa che

essi possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione.

Il comma 3 prevede che la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

 

Il comma 4, come novellato, precisa poi che le successive modifiche allo statuto e le successive nomine dei componenti degli organi sociali sono deliberate a norma del Codice civile.

Altra importante novità, rispetto al testo precedentemente in vigore, è rappresentata dalla previsione che il Ministero dell’economia e delle finanze sia autorizzato a partecipare al capitale sociale e a rafforzare la dotazione patrimoniale della società con un apporto complessivo di 3.000 milioni di euro, da sottoscrivere nell’anno 2020 e versare anche in più fasi e per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica.

Infine non compare più alcun riferimento ad attività che il commissario di Alitalia SAI S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A. possa essere autorizzato a porre in essere nelle more dell'espletamento della procedura di cessione dei complessi aziendali delle due società in amministrazione straordinaria e fino all'effettivo trasferimento dei medesimi complessi aziendali all'aggiudicatario della procedura di cessione.

Il nuovo comma 4-bis dispone che spetti alla nuova società il compito di redigere entro 30 giorni dalla costituzione della stessa, come previsto da una modifica approvata in sede referente (il testo del decreto-legge prevedeva che la redazione dovesse essere realizzata “senza indugio”), un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta, che includa “strategie strutturali di prodotto”.

Sempre con una modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione, si prevede che il Piano industriale sia trasmesso alle Camere, per l’espressione del parere da parte delle Commissioni permanenti competenti per materia che si dovranno pronunciare, con parere motivato, nel termine perentorio di trenta giorni dalla data di assegnazione.

Si prevede inoltre che la società possa costituire una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri e che sia altresì autorizzata ad acquistare e prendere in affitto, anche a trattativa diretta, rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

 Tale riferimento sembra richiamare, pur in termini assai meno diretti rispetto alle previsioni del testo originario dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, il rapporto esistente tra la costituzione della nuova compagnia aerea e la situazione attuale delle società Alitalia SAI S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A.

Il nuovo comma 4-ter prevede che la nuova società, ovvero le società dalla stessa controllate o partecipate, stipuli un contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico e con gli enti pubblici territorialmente competenti.

La finalità del citato contratto sono quelle di assicurare la “prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale, e nell’ottica della continuità territoriale”.

La nuova società (o anche le società controllate o partecipate dalla stessa) possono, in tale quadro, anche subentrare ai contratti già stipulati da imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.

 

Gli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto aereo sono disciplinati dagli articoli 16 e 17 del Regolamento n. 1008/2008 del Parlamento e del Consiglio. Va inoltre considerata la Comunicazione della Commissione — Orientamenti interpretativi relativi al regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio — Oneri di servizio pubblico 2017/C 194/01. Tali disposizioni disciplinano i presupposti, le modalità e le procedure per l’imposizione di oneri di servizio pubblico.

Per una sintetica descrizione della disciplina ivi contenuta si rinvia all’apposito tema di documentazione pubblicato sul sito della Camera dei deputati.

 

Il comma 1, lettera c), dell’articolo in commento sostituisce il comma 5, dell’articolo 79, del decreto-legge n. 18 del 2020 ed aggiunge i commi 5-bis e 5-ter. Rispetto al testo originario dell’articolo 79, comma 5, la novella conferma l’esclusione dell’applicazione alla nuova società delle disposizioni previste dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico delle società a partecipazione pubblica) ed aggiunge la non applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 23-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 in materia di compensi agli amministratori e ai dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni.

 

Tra le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, Testo unico delle società a partecipazione pubblica, si segnala come l’articolo 4 preveda che le amministrazioni pubbliche non possano, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. L’articolo 5 prescrive che l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L’articolo 7 prevede che la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali. Sono inoltre previste norme specifiche in materia di gestione delle partecipazioni (art. 9), alienazione delle stesse (art. 10), crisi d’impresa (art. 12), legittimazione ad agire per la denunzia di gravi irregolarità (art. 13), monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica (art. 15) e gestione del personale (artt. 19 e 25).

L’articolo 23-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 prevede, al comma 1, che per le società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, il limite dei compensi massimi per i membri dei consigli di amministrazione di dette società fa riferimento ad indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi delle specifiche imprese, classificate in cinque fasce. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi che non potranno comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni.

 

Il nuovo comma 5-bis prevede che la nuova società possa avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell'Avvocatura dello Stato.

 

Andrebbe chiarito se tale facoltà si estende anche alle società controllate o partecipate eventualmente costituite dalla nuova società ai sensi del comma 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 introdotto dalla disposizione in commento.

 

Il nuovo comma 5-ter prevede che tutti gli atti connessi all’operazione di cui al presente articolo sono esenti da imposizione fiscale diretta e indiretta e da tasse.

 

Il comma 1, lettera d), dell’articolo in commento abroga il comma 6 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il comma 6 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 disponeva che ai fini dell’eventuale trasferimento di personale ricompreso nel perimetro dei complessi aziendali di Alitalia e Cityliner in amministrazione straordinaria, efficientati e riordinati in base al programma dell’amministrazione straordinaria integrato con le iniziative di riorganizzazione ed efficientamento della struttura come previsto all’art. 1, co. 3 del DL n. 137/2019, si applicasse l’art. 5, co. 2-ter del DL n. 347 del 2003, con espressa esclusione di ogni altra disciplina applicabile.

L’art. 5, co. 2-ter richiamato prevede che nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese e ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali, siano ridotti della metà i termini previsti dalla legislazione vigente (articolo 4, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 2, comma 6, del DPR 10 giugno 2000, n. 218, e articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428). Inoltre la norma prevede che nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda, ovvero esaurite le stesse infruttuosamente, il Commissario e il cessionario possano concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitarie e definire i contenuti di uno o più rami d'azienda, anche non preesistenti, con individuazione di quei lavoratori che passano alle dipendenze del cessionario. I passaggi anche solo parziali di lavoratori alle dipendenze del cessionario possono essere effettuati anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro in essere e assunzione da parte del cessionario.

 

Il comma 1, lettera e), dell’articolo in commento novella il comma 7 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

La disposizione conferma il Fondo, già previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020 ma ne riduce l’importo da 500 a 350 milioni di euro e ne limita le finalità al conseguimento di quanto indicato dal comma 2 dell’articolo 79. Nel testo originario le risorse erano invece assegnate a copertura del complesso degli interventi previsti dalla disposizione.

 

Ciò appare coerente con quanto previsto dal Documento di economia e finanza, esaminato dalla Camera dei deputati nella seduta del 29 aprile 2020, che destinava 350 milioni di euro (dei 500 indicati dal testo originario decreto-legge n. 18 del 2020) per le compensazioni alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri. Si ricorda inoltre che ulteriori 130 milioni di euro sono stati attribuiti per la compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali del trasporto aereo, dall’articolo 198 del presente decreto-legge.

 

La medesima disposizione istituisce poi un Fondo ulteriore, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 3 miliardi di euro per l’anno 2020 per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 4-bis.

 

La norma precisa infine che per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 4-bis il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di primarie istituzioni finanziarie, industriali e legali nel limite di 300 mila euro per l’anno 2020 (a tal fine, è autorizzata la spesa di 300 mila euro per l’anno 2020).

Viene infine confermata la possibilità, già prevista dal testo del comma 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possa essere riassegnata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una quota degli importi derivanti da operazioni di valorizzazione di attivi mobiliari e immobiliari o da distribuzione di dividendi o riserve patrimoniali (per le finalità di cui al comma 4).

 

Nel corso dell’esame in V Commissione è stato introdotto un comma 1-bis, che proroga di due anni la durata delle concessioni aeroportuali in corso, in considerazione del calo del traffico negli aeroporti italiani derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID–19 e dalle misure di contenimento del contagio adottate dallo Stato e dalle regioni, al fine di contenerne i conseguenti effetti economici.

 

Per approfondimenti sul tema delle concessioni aeroportuali si veda l’apposito paragrafo del tema “Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo” pubblicato sul sito della Camera dei deputati. Con riferimento alla durata e alla scadenza delle concessioni aeroportuali in essere si veda il sito Enac con particolare riferimento agli aeroporti a gestione totale.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento contiene la copertura finanziaria delle disposizioni sopra commentate.

Si prevede in particolare che alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni sopra ricordate, pari a 2.850.300.000 euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno e 300.000 euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto, si provveda secondo le seguenti modalità:

§  quanto a 2.000 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle PA di cui all’articolo 3, comma 3 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3;

§  quanto a 850.300.000 euro per l’anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno e 300.000 euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda descrittiva si rinvia per approfondimenti).

 


 

Articolo 203
(
Trattamento economico minimo per il personale
del trasporto aereo)

 

 

L’articolo 203 prescrive ai vettori aerei e alle imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano, assoggettate a concessioni, autorizzazioni o certificazioni, l’applicazione ai propri dipendenti e al personale dipendente da terzi utilizzato per le proprie attività, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

In dettaglio, il comma 1 individua come destinatari dell’obbligo di applicare almeno i minimi retributivi del Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, i vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettate a concessioni, autorizzazioni o certificazioni previste dalla normativa dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea (EASA) o dalla normativa nazionale nonché alla vigilanza dell’Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), nei confronti del personale proprio con base di servizio in Italia , ai sensi del regolamento (CE) n. 965/2012, il quale stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda le operazioni di volo ed il relativo personale di volo.

 

Il contratto collettivo nazionale sul trasporto aereo, del 30 maggio 2019, nella parte generale siglata dalla totalità delle associazioni datoriali e dalle segreterie nazionali di categoria dei sindacati CGIL,CISL,UIL e UGL, che regolamenta l’intero settore, fa espresso rinvio al Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 e all’Accordo Interconfederale del 28 febbraio 2018, i cui contenuti recepisce integralmente, in ordine alle regole sulla rappresentatività sindacale. In generale, sul tema della rappresentanza e rappresentatività sindacale si ricorda che successivamente, con la Convenzione del 27 settembre 2019, intercorsa tra l’INPS, l’Ispettorato nazionale del lavoro, CONFAPI, CGIL, CISL e UIL è stato conferito all’INPS il servizio di raccolta, elaborazione e comunicazione del dato associativo ai fini della sua pubblicizzazione entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferisce la raccolta dei dati. All’INPS e all’Ispettorato del lavoro è conferita l’attività dir accolta dei dati elettorali delle singole Organizzazioni sindacali in occasione delle elezioni delle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) nelle aziende che applicano l’accordo.

 

Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione andrebbe precisato se la locuzione “imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano” sia comunque riferita al personale di volo.

 

Il Regolamento CE n. 965/2012, che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda tutte le operazioni di volo, prevede all’Allegato III i requisiti che un operatore aereo deve seguire per effettuare le operazioni di volo. In particolare, al Capo FCL (Limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti di riposo), Titolo I, tra le definizioni, al punto 14) la "base di servizio" è definita come il luogo assegnato dall'operatore al membro d'equipaggio dal quale il membro d'equipaggio normalmente inizia e finisce un periodo di servizio o una serie di periodi di servizio e dove, in circostanze normali, l'operatore non è responsabile della fornitura dell'alloggio al membro d'equipaggio interessato. Al Titolo II si prevede che (regola ORO.FTL.200) l’operatore aereo commerciale debba assegnare una base di servizio a ciascun membro d'equipaggio.

L’art. 9-ter (introdotto dal Regolamento 2018/1042/UE) e la cui applicabilità è prevista dal 14 agosto 2020, prevede che l'EASA effettui un esame continuo dell'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti dei tempi di volo e di servizio del personale e i requisiti relativi ai tempi di riposo.

Si ricorda che l’ENAC, quale ente nazionale di controllo sull’aviazione civile, effettua la sorveglianza, sia sulle manutenzioni che sulle operazioni di volo, sugli operatori italiani di trasporto aereo secondo gli standard ICAO ed i regolamenti dell’Unione europea. La responsabilità sull'idoneità tecnica ed operativa dei vettori aerei nonché della sorveglianza sul rispetto degli standard di sicurezza è di competenza dello Stato di appartenenza del vettore aereo, attraverso la propria autorità nazionale. Nell’UE è stato istituito un programma di sorveglianza comune denominato SAFA (direttiva CE 2004/36, recepita con decreto legislativo n. 192/2007. Una volta rilasciato il Certificato di Operatore Aereo (COA), che attesta la rispondenza dell'organizzazione (in termini di strutturazione funzionale interna, procedure, equipaggi, infrastrutture e aeromobili) alle normative tecnico-operative previste per le operazioni di Trasporto Aereo Commerciale, l'effettuazione dell'attività di trasporto aereo è subordinata all'emissione della relativa licenza di esercizio da parte dell'ENAC, in base al regolamento UE n. 1008/2008, una specifica abilitazione che consente di effettuare attività di trasporto aereo di passeggeri, posta e/o merci.

I titolari di Certificato di Operatore Aereo Nazionale aggiornati al 23 gennaio 2020 sono indicati in questo link. Le imprese titolari di licenza di trasporto aereo sono indicate in questo elenco. Nell’elenco delle imprese titolari di licenze di trasporto aereo sono indicate le imprese che possiedono aeromobili per il trasporto passeggeri con capacità superiore a 19 posti (con licenza non sospesa). Si tratta di: Air Dolomiti S.p.A. Linee Aeree Regionali Europee; AIR ITALY S.p.A.; Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A.; Alitalia Cityliner S.p.A.; Blue Panorama Airlines S.p.A. e Neos S.p.A.

 

Il comma 2 estende gli obblighi del comma 1 anche al personale dipendente di imprese terze, utilizzato per lo svolgimento delle proprie attività dai vettori aerei e dalle imprese di cui al comma 1.

 

Andrebbe chiarito l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione, atteso che il personale delle imprese terze utilizzato dai vettori aerei e dalle altre imprese indicate al comma 1, svolge mansioni assai eterogenee (dalla security, alla manutenzione, alla gestione bagagli, etc.) ed è talvolta assoggettato a contratti collettivi del proprio singolo comparto, diversi da quello del settore aereo.

 

Il comma 3 dispone che i soggetti di cui al comma 1, comunichino all’ENAC l’ottemperanza agli obblighi di cui ai commi 1 e 2 entro novanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento, a pena di revoca delle concessioni, autorizzazioni e certificazioni ad essi rilasciate dall'autorità amministrativa italiana.

 

Il comma 4 prevede che a decorrere dall’entrata in vigore della disposizione in commento, nelle domande dirette ad ottenere il rilascio di concessioni, autorizzazioni o certificazioni di cui al comma 1, debba essere contenuta, a pena di improcedibilità della domanda, la comunicazione all’ENAC dell’impegno a garantire al personale di volo trattamenti economici non inferiori a quelli minimi stabiliti dal contratto collettivo nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative.

 

Quanto ai soggetti titolari di concessioni, autorizzazioni e certificazioni non rilasciate dall’autorità amministrativa italiana, si prevede che la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 o 3 comporti l’applicazione da parte di ENAC di una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di euro 5.000 ed un massimo di euro 15.000 per ciascuna unità di personale impiegata sul territorio italiano[15] (comma 5).

 

Le somme rivenienti dall’applicazione delle sanzioni di cui al comma 5 sono destinate, nella misura dell’80 per cento, all’alimentazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 e nella restante misura del 20 per cento al finanziamento delle attività dell’ENAC (comma 6).

 


 

Articolo 204
(Incremento dotazione del Fondo di solidarietà per il settore aereo)

 

 

L’articolo 204 destina il 50% delle maggiori somme derivanti dall’incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, a decorrere dal 1° luglio 2021.

 

In dettaglio, per far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e della conseguente riduzione del traffico aereo, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco, di cui all'articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, che secondo l’attuale normativa avrebbero dovuto essere interamente riversate alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS[16], a decorrere dal 1° luglio 2021 siano riversate, per il 50 per cento a tale gestione INPS e nella restante misura del 50 per cento siano destinate ad alimentare il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249 (comma 1).

In relazione a tale modifica, il successivo comma 3 novella l'articolo 2, comma 47, della legge 28 giugno 2012, n. 92, prevedendo conseguentemente che l’integrale devoluzione delle maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2020, cessi il 30 giugno 2021.

 

Si ricorda che l'addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri, è stata introdotta nel 2003 (articolo 2, comma 11 della legge n. 350 del 2003) per un importo di 1 euro a passeggero imbarcato. La somma così riscossa, viene riassegnata quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare l'ENAV S.p.a., secondo modalità regolate dal contratto di servizio per i costi sostenuti da ENAV S.p.a. per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale. L'addizionale è stata successivamente incrementata di 1 euro a passeggero dall’art. 6-quater del D.L. n. 7/2005 e, a seguito del decreto-legge 134 del 2008, che ha novellato tale disposizione, l’incremento è stato fissato in 3 € a passeggero. Tale incremento dell'addizionale è stato destinato, a seguito di diverse proroghe, fino al 31 dicembre 2018 ad alimentare il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249) e, per l'anno 2019, all'alimentazione del predetto Fondo nella misura del cinquanta per cento. A decorrere dal 1° gennaio 2020 le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale sono state integralmente destinate, dall’art. 2, comma 47 della legge n. 92/2012, alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell'INPS (di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88).

 

Ai fini della riscossione e del versamento delle somme di cui al comma 1, si applicano le previsioni dell’articolo 6-quater, commi da 3 a 3-quater, del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7 (comma 2).

Secondo tali disposizioni, le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale sono versate dai soggetti tenuti alla riscossione direttamente su una contabilità speciale aperta presso la Tesoreria centrale dello Stato, gestita dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e intestata al Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale. L'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) provvede a comunicare semestralmente al Fondo il numero dei passeggeri registrati all'imbarco dagli scali nazionali nel semestre precedente, suddiviso tra utenti di voli nazionali e internazionali per singolo aeroporto. La riscossione dell'incremento dell'addizionale comunale avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l'obbligo. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all'INPS (la comunicazione costituisce accertamento del credito) da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite dall'Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione.

 

Per la copertura finanziaria degli oneri dei commi 1 e 3 pari a 65,7 milioni di euro per il 2021 e 131,4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, il comma 4 dispone che si provveda ai sensi dell’art. 265.

La Relazione Tecnica evidenzia in proposito che “le risorse affluite al Fondo di solidarietà, derivanti dal gettito dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco per l’anno 2018 è stato di 262,7 milioni di euro”.

 


 

Articolo 205
(Disposizioni urgenti in materia di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori)

 

 

L’articolo 205, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, proroga l’efficacia della convenzione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società CIN S.p.A. per i collegamenti marittimi di interesse nazionale, con le isole maggiori e minori, fino alla conclusione delle procedure di gara che saranno espletate in base alle norme dell’Unione europea, e comunque non oltre il 28 febbraio 2021 (anziché entro il 18 luglio 2021 come previsto nel testo iniziale).

 

In dettaglio, il comma 1, dispone la proroga dell’efficacia della convenzione per i collegamenti marittimi con le isole maggiori e minori, stipulata ai sensi dell’articolo 1, comma 998, della legge finanziaria 2007 e dell’articolo 19-ter del decreto-legge n. 135/2009, fino alla conclusione delle procedure di gara, obbligatorie in base all’articolo 4 del Regolamento CEE n. 3557/92 e comunque non oltre la data del 28 febbraio 2021, anziché entro il 18 luglio 2021 come previsto nel testo iniziale del decreto legge: si tratta della convenzione con la società C.I.N. S.p.A. (Compagnia Italiana di Navigazione), che era in scadenza il 18 luglio 2020  per i servizi di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori di interesse nazionale: Sicilia, Sardegna e isole Tremiti.

In proposito il richiamato Regolamento (CEE) 3577/1992 prevede che l’Ente affidante, prima di assoggettare determinati servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP), sia tenuto a effettuare una verifica preventiva del mercato per stabilire se vi siano le condizioni per l’offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato, senza compensazione; solo in presenza di comprovata incapacità da parte degli operatori a fornire tali servizi a condizioni di mercato l’Ente affidante può assoggettare i servizi a Obblighi di Servizio Pubblico. L'art. 4 disciplina il cabotaggio marittimo e consente, in deroga al principio di libera prestazione dei servizi (ossia la possibilità per ciascun armatore dell'Unione di offrire servizi di cabotaggio tra porti di un qualunque Stato membro), di concludere Contratti di servizio pubblico, esclusivamente in relazione a collegamenti da, tra e verso le isole. In accordo al principio di non discriminazione, sancito proprio dall’art. 4, tali contratti devono essere aggiudicati esclusivamente tramite gara aperta o ristretta. Gli obblighi di servizio pubblico sono imposti in maniera non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari.

 

La proroga è disposta al fine di evitare che gli effetti economici derivanti dalla diffusione del contagio da COVID-19 sulle condizioni di domanda e offerta di servizi marittimi possano inficiare gli esiti delle procedure di gara che, secondo quanto indicato nella Relazione illustrativa, hanno preso avvio e sono in corso presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti, per l'organizzazione dei servizi di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori.

Nella Relazione illustrativa si evidenzia in proposito che “sono tuttora in corso presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le procedure di analisi previste dall’art. 4 del Regolamento (CEE) n. 3577/92 e dalla delibera dell’Autorità di regolazione dei Trasporti n. 22/2019 del 13 marzo 2019 propedeutiche alla definizione delle esigenze di servizio pubblico ed alla verifica, attraverso la consultazione del mercato, della possibilità che dette esigenze possano essere soddisfatte senza alcun ricorso a misure di intervento pubblico ovvero, in subordine, attraverso il ricorso alle misure meno restrittive per la concorrenza in un’ottica di proporzionalità dell’intervento.”….”In definitiva, non appaiono sussistere allo stato le condizioni affinché l’organizzazione dei servizi possa beneficiare del massimo grado di concorrenza espresso dal mercato. Appare opportuno pertanto prorogare l’attuale convenzione fino a quando le condizioni di domanda e offerta dei servizi, con la conclusione dell’emergenza e la normalizzazione dei flussi di traffico, torneranno a regimi ordinari”.

 

Per quanto riguarda la nuova procedura di gara, si ricorda che dovranno essere seguite le regole recentemente approvate dall'Autorità dei Trasporti con la Delibera n. 22/2019: si tratta delle misure regolatorie per la definizione dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto marittimo di passeggeri da, tra e verso le isole, nonché degli schemi delle convenzioni da inserire nei capitolati delle gare, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge n. 201/2011. Le misure si applicano ai servizi di trasporto passeggeri, per mare, da, tra e verso le isole, sia di interesse nazionale (collegamenti con le isole maggiori), sia di interesse regionale e locale, anche qualora esercito unitamente al trasporto merci.

 

In base al comma 2 l'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

 

Per quanto riguarda la copertura finanziaria il comma 3 dispone che agli oneri si provveda con le risorse disponibili a legislazione vigente preordinate a tale scopo.

 


 

Articolo 206
(Interventi urgenti per il ripristino, la messa in sicurezza e l’ammodernamento delle tratte autostradali A24 e A25 e della strada statale n. 4 - via Salaria a seguito degli eventi sismici del
2009, 2016 e 2017, nonché per la realizzazione di
nuove infrastrutture autostradali)

 

 

L'articolo 206, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, prevede la nomina di un Commissario straordinario per l’espletamento delle attività finalizzate ad accelerare la messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25. Il Commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2025. La disposizione autorizza, inoltre, la spesa di 20 milioni di euro per il biennio 2020-2021 per le attività di progettazione al fine di completare gli interventi relativi alla SS n. 4 Via Salaria. Si prevede, infine, che, fino al 30 giugno 2021, al fine di accelerare la realizzazione delle infrastrutture autostradali relative a una o più regioni, l'affidamento della concessione autostradale a società in house può avvenire anche in favore di società integralmente partecipate da altre pubbliche amministrazioni.

 

Al Commissario straordinario è attribuito un compenso, determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non superiore a quello stabilito dalla normativa in materia di commissari e subcommissari, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico dell’opera. La nomina avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per l'esercizio dei compiti assegnati, il Commissario straordinario si avvale, come struttura di supporto tecnico-amministrativo, di una società pubblica di gestione di lavori pubblici con la quale stipula apposita convenzione nonché di esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione e anche in deroga alla normativa in materia di riduzione di spese delle P.A., di comprovata esperienza (co. 2). Si stabiliscono i poteri autorizzativi del Commissario; l'approvazione dei progetti da parte del Commissario straordinario, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali sono previsti comunque dimezzamenti di termini e specifiche previsioni procedurali (co. 3). Si stabilisce la scansione temporale delle attività del Commissario, che definisce il programma di riqualificazione delle tratte delle Autostrade A24 e A25, tenendo conto della soluzione economicamente più vantaggiosa ed individuando eventuali interventi da realizzare da parte del concessionario. Il Commissario straordinario assume direttamente le funzioni di stazione appaltante e opera in deroga alle disposizioni in materia di contratti pubblici (co. 5). In base al comma 6, il concessionario autostradale prosegue nella gestione ordinaria dell’intera infrastruttura riscuotendo i relativi pedaggi, proponendo al concedente l’atto aggiuntivo alla Convenzione e il nuovo Piano economico finanziario aggiornato con gli eventuali interventi di propria competenza. Si prevede,  per la realizza-zione degli interventi urgenti di cui al comma 1, l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario (co. 7), cui affluiscono le risorse già destinate agli interventi in base alla legislazione vigente.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede la nomina di un Commissario straordinario per le attività finalizzate ad accelerare la messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25. Si fa riferimento alle attività per la programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei necessari interventi, da attuare per fasi funzionali secondo livelli di priorità per la sicurezza antisismica, nel limite delle risorse che si rendono disponibili a legislazione vigente per la parte effettuata con contributo pubblico. Il Commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2025.

La società Strada dei Parchi è concessionaria del collegamento autostradale A24 Roma-L'Aquila-Teramo e del tronco A25 Torano-Avezzano-Pescara (per un totale di km 281,4).  La convenzione stipulata il 18 novembre 2009 tra ANAS S.p.A. e la società Strada dei Parchi disciplina il rapporto concessorio per la gestione della rete autostradale A24A25. Per una più ampia ricostruzione, anche con riferimento alla normativa più di recente adottata, anche con specifico riferimento agli interventi normativi per la messa in sicurezza e l'adeguamento sismico, si veda il box infra.

 

Al Commissario straordinario è attribuito un compenso, determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non superiore a quella del trattamento economico in materia di commissari o sub commissari, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico dell'opera.

 

L'articolo 15, co. 3, del D.L. n. 98 del 2011 (articolo recante Liquidazione degli enti dissestati e misure di razionalizzazione dell'attività dei commissari), richiamato in ordine al tema del compenso, prevede che il compenso dei commissari o sub commissari di cui al comma 2 della norma citata è composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50 mila euro, annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50 mila euro annui. La violazione delle disposizioni del comma costituisce responsabilità per danno erariale.

Si menziona nella disposizione in esame, oltre al fine di accelerare le attività di messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25, anche il necessario coordinamento dei lavori per l’adeguamento alla normativa tecnica nazionale ed europea.

La nomina avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Si fa notare che in relazione al D.M. del Ministro delle infrastrutture e trasporti che stabilirà il compenso del Commissario non è specificato un termine, invece previsto per il D.P.C.M. di nomina.

Il comma 2 prevede che per l'esercizio dei compiti assegnati il Commissario straordinario  si avvale,  come struttura di supporto tecnico-amministrativo,  di una società pubblica di gestione di lavori pubblici con la quale stipula apposita convenzione nonché di esperti o consulenti fino al numero massimo di 10, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione di comprovata esperienza, nel settore delle opere pubbliche, delle discipline giuridiche o tecnico-ingegneristiche, i cui costi sono posti a carico delle risorse disponibili per il finanziamento dell’opera nel limite complessivo  del 3 per cento.

 

L'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di Gestione delle risorse umane prevede che le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno, stabilendosi disposizioni di garanzia al riguardo. In base al comma 5-bis dell'articolo 7, è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21 del T.U. pubblico impiego e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Fermo restando quanto previsto dal comma 5-bis, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza degli indicati presupposti di legittimità (co. 6, art 7), risultando causa di responsabilità amministrativa la violazione di tale disposizione.

Si ricorda che l'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 vieta alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti indicati, prevedendo che gli incarichi, le cariche e le collaborazioni sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.

 

Il comma 3 prevede, allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori, che il Commissario straordinario:

§  assume ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, nella soluzione economicamente più vantaggiosa

§  provvede allo sviluppo, rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, anche avvalendosi dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di istituti universitari nonché di società di progettazione altamente specializzate nel settore, mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche, con oneri a carico del quadro economico dell’opera.

Si stabiliscono i poteri autorizzativi del Commissario.

L'approvazione dei progetti da parte del Commissario straordinario, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta; decorso tale termine, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati. L'autorità competente può altresì chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio; in tal caso il termine di cui al precedente periodo è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta e, a partire dall'acquisizione della medesima documentazione, per un periodo massimo di trenta giorni, decorso il quale i chiarimenti o gli elementi integrativi si intendono comunque acquisiti con esito positivo. Ove sorga l'esigenza di procedere ad accertamenti di natura tecnica, l'autorità competente ne dà preventiva comunicazione al Commissario straordinario e il termine di sessanta giorni di cui al secondo periodo del comma 3 è sospeso, fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti e, comunque, per un periodo massimo di trenta giorni, decorsi i quali si procede all'iter autorizzativo.

 

Il comma 4 stabilisce la seguente scansione temporale per l'esecuzione delle attività di cui al comma 3:

§  entro trenta giorni dalla nomina, il Commissario definisce il programma di riqualificazione delle tratte delle Autostrade A24 e A25 comprensivo degli interventi di messa in sicurezza antisismica e adeguamento alle norme tecniche sopravvenute, per l’esecuzione dell'attività di cui al comma 3; al riguardo si tiene conto della soluzione economicamente più vantaggiosa ed individuando eventuali interventi da realizzare da parte del concessionario.

§  entro 90 giorni dalla definizione del programma suddetto, per gli interventi individuati, il Commissario procede - autonomamente rispetto al concessionario, specifica la disposizione - alla predisposizione o rielaborazione dei progetti non ancora appaltati, definisce il fabbisogno finanziario e il cronoprogramma dei lavori nel limite delle risorse che si rendono disponibili a legislazione vigente e realizza i lavori a carico del contributo pubblico per fasi funzionali secondo livelli di priorità per la sicurezza antisismica.

Al momento del perfezionamento dell’iter approvativo, il Commissario procede all’affidamento dei lavori.

Dal momento dell’affidamento dei lavori e per l’intera durata degli stessi il Commissario straordinario sovraintende alla gestione delle tratte interessate e agli eventuali interventi realizzati dal concessionario ed emana, d'intesa con il concessionario, i conseguenti provvedimenti per la regolazione del traffico.

 

Il comma 5 dispone che in relazione alle attività di cui al comma 3, il Commissario straordinario assume direttamente le funzioni di stazione appaltante e opera in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici; viene fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, il Commissario straordinario, con proprio decreto, provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

 

Con una modifica apportata nel corso dell’esame in V Commissione, sono stati, inoltre, introdotti i nuovi commi 5-bis, 5-ter e 5-quater.

Con il comma 5-bis viene autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2020 e 17 milioni di euro per l’anno 2021 per le attività di progettazione al fine di completare gli interventi relativi alla strada statale n. 4 «Via Salaria» – variante Trisungo-Acquasanta – 2° lotto funzionale dal km 155+000 al km 161+500 e quelli relativi alla SS n.?4 «Via Salaria» – Realizzazione di strada a quattro corsie dal km 36 al km 54; si prevede che dette attività siano da concludere entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Viene, inoltre, previsto che le risorse di cui al comma 5-bis sono trasferite all'ANAS per le attività di progettazione, nonché, per la quota eventualmente residua, per la realizzazione dei medesimi interventi che sono inseriti nel contratto di programma con l'ANAS con priorità di finanziamento e realizzazione (comma 5-ter).

Si ricorda che il contratto di programma tra ANAS e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e i relativi aggiornamenti sono disciplinati dall’art. 1, commi da 870 a 874, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).

L’ultimo contratto di programma  - il contratto di programma 2016-2020 - è stato pubblicato con il decreto interministeriale MIT-MEF del 27.12.2017, n. 588, recependo le prescrizioni indicate nella delibera CIPE n. 65 del 7 agosto 2017, che ha approvato lo schema di contratto.

Con la delibera n. 36/2019 del 24 luglio 2019 è stato approvato l’aggiornamento 2018-2019 del contratto di programma 2016-2020 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS (Delibera n. 36/2019), nel quale sono previsti, complessivamente, 36 miliardi di euro di investimenti.

Alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 5-bis, pari a 3 milioni di euro per l'anno 2020 e a 17 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 5-quater).

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si osserva che i commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, concernenti gli interventi sulla strada statale Salaria, andrebbero ricollocati dopo il comma 7, in modo da evitare che interrompano la consequenzialità dei commi relativi agli interventi sulle tratte autostradali A24 e A25.

 

In base al comma 6, il concessionario autostradale (prosegue nella gestione ordinaria dell’intera infrastruttura riscuotendo i relativi pedaggi.

Si ricorda che l'articolo 9-tricies semel (Sospensione dell’incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25) del D.L. 123/2019 (proroga termini) ha disposto la sospensione dell’incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25 nelle more della rinegoziazione con la società concessionaria delle condizioni della concessione.  Il comma 1 di tale disposizione ha previsto che, nelle more della rinegoziazione tra Governo e società concessionaria delle condizioni della concessione delle Autostrade A24 e A25 prevista dall'art. 1, comma 183, della legge n. 228/2012, sia sospeso l’incremento delle tariffe di pedaggio. Detta sospensione - anche finalizzata ad evitare gli effetti di eventuali incrementi sugli utenti - è disposta per il periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2019 e il 31 ottobre 2021, in ogni caso non oltre la data di conclusione della verifica della sussistenza delle condizioni per la prosecuzione dell’attuale concessione qualora tale data sia anteriore al 31 ottobre 2021. Nel periodo di sospensione si applicano le tariffe di pedaggio vigenti alla data del 31 dicembre 2017. Si è previsto che sia contestualmente sospeso l’obbligo del concessionario delle Autostrade A24 e A25 di versare le rate del corrispettivo della concessione di cui all’art. 3, comma 3.0, lettera c), della Convenzione Unica stipulata il 18 novembre 2009, relative agli anni 2017 e 2018, ciascuna dell’importo di euro 55.860.000, comprendente gli interessi di dilazione; le rate del corrispettivo sospese saranno versate - con maggiorazione degli interessi maturati calcolati al tasso legale - dal concessionario delle Autostrade A24 e A25 ad ANAS S.p.A. al termine della concessione.  Restano ferme le scadenze delle restanti rate del corrispettivo di cui all’art. 3, comma 3.0, lettera c), della Convenzione Unica stipulata il 18 novembre 2009, spettanti ad ANAS S.p.A.

Il comma 6 prevede inoltre che entro 30 giorni dalla definizione del programma degli interventi stilato dal Commissario, il concessionario propone al concedente l’atto aggiuntivo alla Convenzione e il nuovo Piano economico finanziario aggiornato secondo la disciplina prevista dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), 'in coerenza con il presente articolo e con gli eventuali interventi di propria competenza.

Si fa presente che l'ART ha espresso il Parere n. 8/2019 con riferimento all'autostrada A24-A25, " Parere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti reso dall’Autorità di regolazione dei trasporti ai sensi dell’articolo 43 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, avente ad oggetto la revisione del rapporto concessorio dell’autostrada A24/A25 – Strada dei Parchi S.p.A.". Nel testo del parere si legge, peraltro, che gli atti aggiuntivi da sottoscrivere ed i relativi allegati dovranno fare espresso riferimento al sistema tariffario definito dall’Autorità con la delibera n. 66/2019, con anche esplicito richiamo agli “obiettivi di incremento di produttività da efficientamento” stabiliti nella predetta delibera e dovranno essere inoltre introdotte tutte le clausole necessarie ad assicurarne la piena e completa attuazione.

La disposizione di cui al comma 6, secondo periodo, potrebbe essere chiarita, atteso che la stessa fa riferimento alla proposta di un atto aggiuntivo alla Convenzione, non risultando definite le modalità con cui si addiviene successivamente al mutamento del quadro convenzionale di riferimento.

 

Il comma 7 prevede, per la realizzazione degli interventi urgenti di cui al comma 1, l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, alla quale affluiscono annualmente le risorse già destinate agli interventi del presente articolo nell'ambito dei riparti dei Fondi di investimento di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge di bilancio 2018 e all'articolo 1, comma 95, della legge 31 dicembre 2018, n. 145 per il finanziamento dei lavori di ripristino e della messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25 a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017, nei limiti dei relativi stanziamenti di bilancio annuali e delle disponibilità allo scopo destinate a legislazione vigente.

Il citato co. 1072 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 rifinanzia il fondo da ripartire di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per 800 milioni di euro per l'anno 2018, per 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, per 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, per 2.480 milioni di euro per l'anno 2024 e per 2.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033. Le predette risorse sono ripartite nei settori di spesa relativi a: a) trasporti e viabilità; b) mobilità sostenibile e sicurezza stradale; c) infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione; d) ricerca; e) difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche; f) edilizia pubblica, compresa quella scolastica e sanitaria; g) attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni; h) digitalizzazione delle amministrazioni statali; i) prevenzione del rischio sismico; l) investimenti in riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie; m) potenziamento infrastrutture e mezzi per l'ordine pubblico, la sicurezza e il soccorso; n) eliminazione delle barriere architettoniche. Restano fermi i criteri di utilizzo del fondo di cui al citato comma 140 della medesima legge di bilancio 2018. In attuazione è stato adottato D.P.C.M. 28 novembre 2018, il D.M. 4 giugno 2019, n. 450/2019 e il D.M. 7 agosto 2019. Il comma 95, della legge 31 dicembre 2018, n. 145 ha invece istituito il fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.

 

Si ricorda che Strada dei Parchi S.p.A. è un’azienda della Toto Holding S.p.A. Nata nel 2003 come joint venture tra il Gruppo Autostrade per l’Italia e il Gruppo Toto, dal 2011, con l’uscita della società del Gruppo Atlantia, è interamente controllata dalla Holding del Gruppo Toto. L’opera si sviluppa per un tracciato totale di 281 km. costituisce un sistema infrastrutturale strategico per il Paese, che unisce il versante tirrenico a quello adriatico e che è basato sull’integrazione funzionale e trasportistica di due importanti itinerari autostradali: 1) Autostrada A24, di estesa complessiva pari a Km 166,5, con funzione di collegamento tra le direttrici A1 “Milano – Napoli”, il Grande Raccordo Anulare di Roma, la stessa area metropolitana di Roma, L'Aquila e Teramo; 2) Autostrada A25, di estensione pari a Km 114,9, con funzione di collegamento tra la stessa Autostrada A24 (svincolo direzionale di Torano), le città di Chieti, Pescara e l’Autostrada A14 “Bologna – Bari”. Strada dei Parchi S.p.A. ha in concessione la costruzione e l’esercizio dell’autostrada A24 (Roma-Teramo) e della A25 (Torano- Pescara) e i servizi a loro connessi, subentrando alla precedente “gestione per conto ANAS”.  Le autostrade A24 e la A25 attraversano un’area che interessa i territori delle regioni Lazio e Abruzzo che comprende 6 parchi naturali e il massiccio del Gran Sasso. Dal punto di vista ambientale il sistema autostradale A24-A25 si sviluppa per 281,4 km in un territorio orograficamente complesso ed articolato e caratterizzato da un elevato rischio sismico.

Dalla Relazione sulle attività 2017 della Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si ricavano, altresì, i seguenti elementi informativi in merito al rapporto concessorio:

§  la scadenza della concessione è fissata al 31 dicembre 2030; in data 18 novembre 2009, è stato sottoscritto lo schema di Convenzione Unica tra ANAS e la Società;

§  in data 29 novembre 2010, è stato sottoscritto l’Atto di recepimento della Delibera CIPE n. 20 del 13/5/2010, di approvazione della medesima Convenzione; la Società ha richiesto il riequilibrio del Piano Economico-Finanziario previsto dalla Delibera CIPE 39/2007; è in corso la procedura di aggiornamento/revisione quinquennale del Piano Economico-Finanziario per la realizzazione degli interventi per la messa in sicurezza dell’infrastruttura, ai sensi della L. n. 228/2012.

Si ricorda poi che l’art. 1, co. 183 della L. 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) prevede la possibilità per il Governo, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, di rinegoziare con la società concessionaria delle autostrade A24 e A25 le condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza, in ragione della classificazione delle autostrade A24 e A25 quali opere strategiche per le finalità di protezione civile (per effetto del DPCM 21 ottobre 2003, Disposizioni attuative dell’art. 2, commi 2, 3 e 4, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”), ove i maggiori oneri per gli investimenti per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza siano di entità tale da non permettere il permanere e/o il raggiungimento delle condizioni di equilibrio del piano economico finanziario di concessione nel periodo di durata della concessione stessa.

Si ricorda che l'articolo 16, comma 2, del D.L. 109/2018 (D.L. Genova) ha recato la Rimodulazione dell’autorizzazione di spesa per la messa in sicurezza della tratta autostradale A24-A25. Il comma 2 dell’articolo 16 prevede una rimodulazione temporale dell’autorizzazione di spesa disposta (dall’art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 91/2017) a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A., incrementando di 192 milioni di euro le risorse a disposizione nel biennio 2018-2019 (50 milioni in più per il 2018 e 142 milioni in più per il 2019). Tale anticipazione di risorse è finalizzata a consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017.

Più nel dettaglio, il comma 2 dell’art. 16 – mediante alcuni interventi in novella all’art. 1, comma 725, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – ha previsto una rimodulazione temporale dell’autorizzazione di spesa disposta a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A. dall’art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 91/2017 al fine di consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017.Tale autorizzazione di spesa, che era stata già rimodulata dall’art. 1, comma 725, della citata legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) è stata ulteriormente incrementata  per il biennio 2018-2019, con un incremento di 50 milioni di euro per il 2018 e un contributo di 142 milioni di euro per l’anno 2019 (anno per il quale in precedenza non erano previsti stanziamenti), mentre per gli anni successivi il contributo a favore della società concessionaria veniva ridotto di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025.

Si segnala, inoltre, che già l'art. 52-quinquies del D.L. n. 50/2017 aveva dettato disposizioni finalizzate, attraverso la sospensione del versamento delle rate relative agli anni 2015 e 2016 del corrispettivo della concessione da parte della società concessionaria Strada dei Parchi (e dunque non con un apposito finanziamento dei lavori di messa in sicurezza, come poi si è provveduto a disporre in termini più generali a partire dall’art. 16-bis del DL 91/2017), a consentire l'immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25. Sulla disposizione da ultimo richiamata si era peraltro pronunciata la Corte costituzionale, la quale, con sent. n. 128/2018, aveva dichiarato non fondate le relative questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale dalla regione Abruzzo per l’asserita violazione delle competenze regionali concorrenti in materia di protezione civile, governo del territorio e grandi reti di trasporto, osservando, in motivazione, che la norma impugnata fosse volta ad evitare “che l’aggravio di costo per i lavori di messa in sicurezza sismica delle due autostrade finisse per essere traslato sull’utenza determinando un aumento delle tariffe”. La copertura finanziaria degli oneri recati dalle precedenti disposizioni era mediante la corrispondente riduzione per gli anni 2018 e 2019 e l’incremento di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020. Sulla normativa inerente Strada dei parchi è altrsì successivamente intervenuta la Corte costituzionale con sent. 181 del 2019, dichiarando la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52-quinquies del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), e non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 52-quinquies medesimo.

 

La relazione tecnica al decreto riporta la seguente tabella relativa alle risorse a legislazione vigente, con il dettaglio degli stanziamenti previsti per annualità, iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, capitolo 7701:

 

 

 

 

       (in mln di euro)

Nel corso dell’esame in V Commissione è stato, infine, introdotto il comma 7-bis, con il quale si prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021, al fine di accelerare la realizzazione delle infrastrutture autostradali relative a una o più regioni:

§  l'affidamento della concessione autostradale a società in house di cui all'art. 178, comma 8-ter, del D. Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) può avvenire anche in favore di società integralmente partecipate da altre pubbliche amministrazioni nelle forme previste dal D. Lgs n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);

§  il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad esercitare sulla società il controllo analogo di cui all'art. 5 del D. Lgs. n. 50/2016, secondo le modalità previste dal citato art. 178, comma 8-ter.

Si ricorda che il comma 8-ter dell’art. 178 del D. Lgs. 50/2016 stabilisce che le concessioni autostradali relative ad autostrade che interessano una o più regioni possono essere affidate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a società in house di altre amministrazioni pubbliche anche appositamente costituite. A tal fine il controllo analogo di cui all'art. 5 sulla predetta società in house può essere esercitato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attraverso un comitato disciplinato da apposito accordo tra le pubbliche amministrazioni interessate ai sensi dell'art. 15 della L. 241/1990, che eserciti sulla società in house i poteri di cui al citato art. 5. Tale ultima disposizione (al comma 1) esclude dall’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici le concessioni o gli appalti pubblici, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

b) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi;

c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

Il comma 2 dell’art. 5 fornisce la definizione di “controllo analogo” ai sensi del comma 1, lettera a), precisando che tale fattispecie ricorre qualora l’amministrazione aggiudicatrice eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore.

Una norma di contenuto analogo all’art. 178, comma 8-ter, del D. Lgs. 50/2016 è quella contenuta nell’art. 16, comma 1, del D. Lgs. 175/2016, ai sensi del quale le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata.

Elementi di informazione sull’affidamento in house di alcune concessioni autostradali possono essere reperiti nella relazione annuale 2019 dell'Autorità di regolazione dei trasporti all’indirizzo https://www.autorita-trasporti.it/wp-content/uploads/2019/06/ART-Sesto-Rapporto-Annuale-2019.pdf; alle pagine 21-24)

 

Ciò premesso, si valuti l’opportunità di chiarire il contenuto innovativo della previsione secondo cui sono consentiti fino al 30 giugno 2021 gli affidamenti in house in oggetto a società interamente partecipate da altre pubbliche amministrazioni, posto che tale fattispecie risulta già contemplata a regime dalla vigente normativa.


 

Articolo 207
(Disposizioni urgenti per la liquidità delle imprese appaltatrici)

 

 

L’articolo 207 dispone che – nei casi di procedure di gara i cui bandi o avvisi siano già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alla medesima data siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte ma non siano scaduti i relativi termini e in ogni caso per le procedure disciplinate dal D.Lgs. n. 50/2016 avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021 – l’importo dell’anticipazione prevista dall’art. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) a favore dell’appaltatore può essere incrementato fino al 30 per cento, nei limiti delle risorse stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante (comma 1).

Si prevede inoltre che, fuori dei casi previsti dal comma 1, l’anticipazione del prezzo, sempre nel limite massimo del 30 per cento, può essere riconosciuta anche a favore degli appaltatori che hanno già usufruito di un’anticipazione contrattualmente prevista ovvero che abbiano già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione (comma 2).

 

Più nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che limporto dellanticipazione del prezzo prevista a favore dell’appaltatore dallart. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) può essere incrementato fino al 30 per cento (in deroga, quindi, a quanto previsto dal citato art. 35, comma 18, che fissa l’importo massimo dell’anticipazione al 20 per cento), nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, e che l’anticipazione si applica alle seguenti procedure disciplinate dal medesimo D.Lgs. n. 50/2016:

§  procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono già stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto;

§  in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, procedure in cui, alla medesima data di entrata in vigore del presente decreto, siano già stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non siano scaduti i relativi termini;

§  e, in ogni caso, procedure disciplinate dal medesimo D.Lgs. n. 50/2016 avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021.

Si ricorda che il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che sul valore del contratto di appalto (di lavori, servizi e forniture) viene calcolato l'importo dell'anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all'appaltatore entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione.

Si ricorda altresì che l’art. 91, comma 2, del D.L. n. 18/2020, con novella all’art. 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici, ha previsto che l’erogazione dell’anticipazione del prezzo a favore dell’appaltatore è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza di lavori, servizi o forniture ai sensi dell’art. 32, comma 8, del Codice.

Si ricorda, in proposito, che l’ANAC, con la deliberazione 14 novembre 2018, n. 1050, ha chiarito che non sussiste alcun divieto o limite per l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia europea, a nulla rilevando che questa sia disciplinata, nel Codice dei contratti pubblici, all’art. 35, comma 18, rubricato "Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia" e al successivo art. 36, relativo invece agli appalti di importo inferiore a tale soglia. L’istituto dell’anticipazione del prezzo ha, infatti, la finalità di consentire all'appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto.

 

Il comma 2 prevede che, fuori dei casi previsti dal comma 1, l’anticipazione di cui al medesimo comma può essere riconosciuta, per un importo non superiore complessivamente al 30 per cento del prezzo e comunque nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, anche:

§  agli appaltatori che hanno già usufruito di un’anticipazione contrattualmente prevista;

Si valuti l’opportunità di chiarire se entro il limite massimo del 30 per cento debba essere computata anche la eventuale anticipazione già usufruita in precedenza, come parrebbe doversi ritenere alla luce della previsione (v. infra) secondo cui la determinazione dell’importo massimo attribuibile viene effettuata “tenendo conto” delle eventuali somme già versate all’appaltatore.

§  ovvero agli appaltatori che abbiano già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione.

 

Ai fini del riconoscimento dell’eventuale anticipazione:

§  si applicano le previsioni in materia di garanzia fideiussoria di cui al secondo, terzo, quarto e quinto periodo dellart. 35, comma 18, del D.Lgs. n. 50/2016;

L’art. 35, comma 18 secondo, terzo, quarto e quinto periodo, stabilisce che l'erogazione dell'anticipazione è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione maggiorata del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma della prestazione. La garanzia è rilasciata da imprese bancarie autorizzate ai sensi del D.Lgs. n. 385/1993 o assicurative autorizzate alla copertura dei rischi ai quali si riferisce l'assicurazione e che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano la rispettiva attività. La garanzia può essere, altresì, rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell'apposito albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del citato D.Lgs. n. 385/1993.

L'importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso delle prestazioni, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti. Il beneficiario decade dall'anticipazione, con obbligo di restituzione, se l'esecuzione delle prestazioni non procede, per ritardi a lui imputabili, secondo i tempi contrattuali. Sulle somme restituite sono dovuti gli interessi legali con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.

 

§  la determinazione dellimporto massimo attribuibile viene effettuata dalla stazione appaltante tenendo conto delle eventuali somme già versate a tale titolo allappaltatore.

 


 

Articolo 208
(Disposizioni per il rilancio del trasporto ferroviario)

 

 

L’articolo 208, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, contiene alcune disposizioni volte a favorire il rilancio del trasporto ferroviario. Si prevede il rifinanziamento del Fondo per il personale impiegato nel trasporto merci con la relativa copertura finanziaria (commi 1 e 2). I successivi commi (3-5) destinano risorse per alcune specifiche tratte ferroviarie e in particolare: potenziamento con caratteristiche AV/AC, delle direttrici ferroviarie Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia e Genova –Ventimiglia (comma 3); realizzazione del collegamento ferroviario “Bergamo – Aeroporto di Orio al Serio” e della “variante di Riga” (comma 4); raddoppio selettivo della linea ferroviaria Pontremolese, Parma-La Spezia (comma 5). A seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione è stato stabilito che il collegamento ferroviario Rosarno-San Ferdinando e il relativo impianto assumano la qualificazione di infrastruttura ferroviaria nazionale e siano trasferiti a Rete ferroviaria italiana definendone la procedura.

 

Con il comma 1 viene rifinanziato, con l’attribuzione di 2 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo di cui all’articolo 47, comma 11-quinquies, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, destinato alla formazione di personale impiegato per la circolazione ferroviaria e, in particolare dei macchinisti del settore merci. Viene a tale scopo novellato il primo periodo del comma in oggetto.

Il comma citato era stato peraltro recentemente modificato dal decreto-legge n. 162 del 2019 (articolo 13, comma 1) che aveva soppresso le risorse destinate alla formazione di tale personale per il 2020 prevedendo tuttavia la destinazione di 100.000 euro per l'anno 2020 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, “per la formazione delle altre figure professionali addette alla circolazione ferroviaria”. Tale ultima destinazione non viene modificata dal testo del decreto-legge.

 

La relazione illustrativa dà conto del fatto che: “la norma riguardante la formazione dei macchinisti impiegati nel trasporto ferroviario merci è risultata fondamentale al fine di formare e procedere all’assunzione a tempo indeterminato di circa 2000 addetti nel triennio 2017-2019 (…) Tuttavia, si rappresenta che il settore del trasporto ferroviario di merci necessita ancora oggi di oltre 2000 addetti che, data la delicatezza e la specificità dello stesso, andrebbero adeguatamente formati per poter essere successivamente assunti”.

 

Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria dell’intervento di cui al comma 1 attraverso la corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 18, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, ossia dell’autorizzazione di spesa a copertura del funzionamento dell’ANSFISA che, a decorrere dall’anno 2020, risulta essere pari a 22,3 milioni di euro annui.

 

La relazione tecnica precisa che la “prevista riduzione di 2 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 12, comma 18, del decreto – legge n. 109 del 2018, non determina alcun pregiudizio alla piena operatività dell’ANSFISA. Quest’ultima, infatti, in relazione alla medesima annualità, dispone per assunzioni e spese di funzionamento di risorse pari ad euro 29.413.523…Peraltro la predetta Autorità non ha ancora proceduto ad alcuna assunzione, né ha sostenuto gli oneri ad essa connessi (ivi comprese le c.d. spese di funzionamento). Dovendo, poi, l'Agenzia procedere al reclutamento del personale mediante apposito concorso pubblico, l'immissione nei ruoli di detto personale non potrà avvenire se non a partire dal secondo semestre dell'anno 2020”.

Si ricorda a questo proposito che Sono stati pubblicati sulla GU del 16 aprile 2020 il Decreto 13 febbraio 2020, n. 25, contenente il Regolamento di amministrazione dell'ANSFISA ed il Decreto 28 gennaio 2020, n. 24, contenente lo Statuto dell'ANSFISA. I decreti entreranno entrambi in vigore dal 1° maggio 2020.

 

Il comma 3 autorizza Rete ferroviaria italiana ad utilizzare un importo a 25 milioni di euro per l’anno 2020 e di 15 milioni di euro per l’anno 2021 –senza tuttavia indicare la ripartizione delle risorse tra i tre interventi- per la realizzazione del progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi di potenziamento, con caratteristiche AV/AC, delle seguenti direttrici ferroviarie:

·      Salerno-Reggio Calabria;

·      Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia;

·      Genova –Ventimiglia.

 

Con riguardo ai contenuti di dettaglio dei sopra indicati interventi e degli obiettivi che essi intendono perseguire, si rinvia a quanto indicato nella relazione illustrativa al decreto-legge.

 

Le risorse sopra indicate saranno reperite a valere sulle risorse attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nell’ambito del riparto delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ma per le quali non è prevista una specifica finalizzazione nell’ambito del Contratto di programma 2017-2021.

 

A seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione è stato inserito un nuovo comma 3-bis, e successivamente oggetto di un intervento correttivo a seguito del rinvio in Commissione del testo che ha disposto che il collegamento ferroviario Rosarno-San Ferdinando e il relativo impianto assumono la qualificazione di infrastruttura ferroviaria nazionale e sono trasferiti a titolo gratuito, previa intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Calabria, mediante conferimento in natura, a Rete ferroviaria italiana che ne assume la gestione come parte dell’infrastruttura ferroviaria nazionale. Si prevede pertanto che agli interventi per l’adeguamento e lo sviluppo delle infrastrutture trasferite (anziché, come nel testo precedentemente approvato, per la manutenzione e l’eventuale potenziamento della linea), si provveda prevedendone il finanziamento prioritario nell'ambito del Contratto di programma-parte investimenti mentre agli interventi per la manutenzione della tratta si provveda nell'ambito dell'efficientamento annuale del contratto di programma-parte servizi.

Si prevede inoltre, secondo quanto disposto nell’ambito della modifica introdotta in fase di rinvio in Commissione V, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Calabria, la società Rete ferroviaria italiana Spa, sentita l'Autorità portuale di Gioia Tauro, definiscano, d’intesa tra loro, la programmazione delle attività finalizzate allo sviluppo dell’area logistica a servizio del porto e dei connessi interventi di adeguamento infrastrutturale e tecnologico nonché i relativi fabbisogni (viene quindi soppresso il riferimento ad una convenzione, che disciplini i reciproci obblighi finalizzati allo sviluppo dell'area logistica a servizio del porto, nonché le attività di progettazione e realizzazione degli interventi di adeguamento infrastrutturale e tecnologico e l'individuazione delle occorrenti risorse finanziarie).

 

Il comma 4 autorizza due interventi:

§  la cosiddetta Variante di Riga al fine di garantire l’accessibilità sostenibile del territorio in tempo utile per lo svolgimento delle Olimpiadi 2026 per la quale si autorizza Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ad utilizzare uno stanziamento di complessivi 70 milioni di euro. 

La variante di Riga identifica il collegamento ferroviario che, in direzione Sud, connetterà direttamente, fra Rio Pusteria e Bressanone, la linea San Candido - Fortezza alla direttrice Verona – Brennero.

Le risorse sono così ripartite: 7 milioni di euro nel 2020; 10 milioni di euro nel 2021; 14 milioni di euro nel 2022; 15 milioni di euro nel 2023; 15 milioni di euro nel 2024; 9 milioni di euro nel 2025;

§  il collegamento ferroviario “Bergamo – Aeroporto di Orio al Serio” per il quale si autorizza Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ad utilizzare uno stanziamento di complessivi 131 milioni di euro.

Con una modifica approvata nel corso dell’esame in V Commissione sono state incrementate le risorse totali ed è stata modificata la ripartizione delle risorse nel corso degli anni. La nuova ripartizione è la seguente: euro 11 milioni (anziché 9) nel 2020, euro 21 milioni nel 2021 (anziché 13), euro 29 milioni nel 2022 (anziché 21), di euro 25 milioni nel 2023 (anziché 17), di euro 19 milioni nel 2024 (anziché 14), 16 milioni di euro per l’anno 2025 e 10 milioni di euro per l’anno 2026.

Rispetto al testo originario il finanziamento complessivo è passato quindi da 100 a 131 milioni di euro.

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione si è inoltre soppresso il riferimento alle risorse indicate al comma 3 (ossia le risorse attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. nell’ambito del riparto delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ma per le quali non è prevista una specifica finalizzazione nell’ambito del Contratto di programma 2017-2021).

Si evidenzia che la relazione illustrativa segnali come “il collegamento con l'aeroporto di Bergamo ha un costo complessivo di 170 milioni di euro, alla luce della effettuazione della progettazione, cui sono stati destinati 8 milioni di euro” nel Contratto di programma 2017-2021, parte investimenti, tra RFI e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il recente aggiornamento 2018/2019 del Contratto di programma 2017-2021, parte investimenti stimava il costo dell’opera in 110 milioni di euro (pag. 57 del testo dell’Atto del Governo n.160).

 

Il comma 5 autorizza l’utilizzo di risorse pari a complessivi 170 milioni di euro, incrementate a seguito delle modifiche introdotte in sede referente rispetto allo stanziamento inizialmente previsto pari a 92 milioni di euro, per gli interventi di raddoppio selettivo e di potenziamento delle stazioni (finalità inserita con una modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione) della linea ferroviaria Pontremolese (Parma-La Spezia).

L’intervento viene ricondotto alla necessità di effettuare interventi urgenti relativi alla mobilità a seguito del crollo del ponte sul fiume Magra e per garantire lo sviluppo della intermodalità nel trasporto delle merci nella direttrice est-ovest del paese sulla rete TEN-T

Le risorse, a seguito delle citate modifiche introdotte nel corso dell’esame in V Commissione, sono così ripartite: 5 milioni di euro (anziché 2) nel 2020; 16 milioni di euro per ciascuno degli anni dal nel 2021 al 2025 (anziché 1 milione di euro per ciascuno di questi anni); 14 milioni di euro nel 2026, 20 milioni di euro nel 2027, 17 milioni di euro nel 2028, 14 milioni di euro nel 2029, 10 milioni di euro nel 2030, 7 milioni di euro nel 2031 e 3 milioni di euro nel 2032.

Anche in tal caso viene soppressa la copertura finanziaria dell’intervento, prevista dal testo originario del decreto-legge, a valere sulle risorse del Fondo istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle Economia e delle Finanze e attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.

 

Con riferimento a tale tratta l’Aggiornamento 2018/2019 al Contratto di programma, prevede con riferimento al lotto funzionale Parma-Vicofertile, per il quale è stata sviluppata la progettazione definitiva risorse disponibili per 96 milioni di euro. Tale raddoppio ha un costo stimato di 247 milioni di euro. La relazione illustrativa dà conto del fatto che 12 milioni di euro sono stati già contabilizzati per progettazioni già sviluppate.

 

Con una modifica introdotta nel corso dell’esame in sede referente è stata pertanto prevista una nuova previsione di copertura degli interventi di cui ai commi 4 e 5 che in parte ricalca e in parte integra quanto già previsto nel testo originario del decreto legge.

 

In dettaglio si dispone che agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 4 e 5 si provvede:

§  a valere sulle risorse del fondo istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n.?232, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e attribuite a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. quanto agli importi originariamente stanziati ai sensi del testo originario del decreto-legge, e mantenuti a seguito delle modifiche introdotte (18 milioni di euro per l'anno 2020, 24 milioni di euro per l'anno 2021, 36 milioni di euro per l'anno 2022, 33 milioni di euro per l'anno 2023, 30 milioni di euro per l'anno 2024, 26 milioni di euro per l'anno 2025, 24 milioni di euro per l'anno 2026, 20 milioni di euro per l'anno 2027, 17 milioni di euro per l'anno 2028, 14 milioni di euro per l'anno 2029, 10 milioni di euro per l'anno 2030, 7 milioni di euro per l'anno 2031 e euro 3 milioni per l'anno 2032);

§  a valere sulle risorse del medesimo fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n.?232 del 2016, già trasferite al bilancio di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. con riferimento agli ulteriori stanziamenti disposti con le modifiche introdotte in V Commissione (5 milioni di euro per l'anno 2020, 23 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, 20 milioni di euro per l'anno 2024 e 15 milioni di euro per l'anno 2025).

Alla compensazione in termini di indebitamento e fabbisogno di questi ulteriori stanziamenti si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n.?154, che è stato rifinanziato con ulteriori 200 milioni di euro per l'anno 2021 dall’articolo 265, comma 6, del decreto-legge in commento.

 

 


 

Articolo 209
(Misure a tutela del personale e dell’utenza dei servizi di motorizzazione e del personale dei Provveditorati interregionali
alle opere pubbliche)

 

 

L’articolo 209, al comma 1, istituisce un Fondo con una dotazione di 7 milioni di euro per l’anno 2020 e 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 per assicurare la continuità dei servizi erogati dalla Motorizzazione civile e la tutela della salute dei dipendenti della stessa e dell’utenza.

Al comma 2, è prevista una autorizzazione di spesa di 345.000 euro per l’anno 2020 al fine di assicurare la continuità dei sopralluoghi nei cantieri da parte del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, salvaguardando al contempo la salute dei dipendenti attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi di protezione.

 

Per il conseguimento degli obiettivi sopra ricordati la disposizione fa riferimento, oltre che all’utilizzo di appositi dispositivi, all’adozione di modelli organizzativi e gestionali adeguati alla situazione in essere.

 

La relazione illustrativa indica, a titolo esemplificativo, gli interventi ipotizzati, consistenti nell’adozione o nell’installazione: di un sistema di termocamere per la misurazione della temperatura corporea del personale, dell’utenza e dei candidati e relativo sistema di monitoraggio e gestione; di un sistema di tornelli a tre vie per l’inibizione automatica dell’utenza con temperatura corporea superiore al limite ammesso; di un impianto del software di riconoscimento facciale, al fine di evitare la procedura di riconoscimento dei candidati prima della prova d’esame; di barriere “antifiato” in plexiglass su tutte le postazioni candidato; di installazione su ogni postazione candidato di monitor dotati di videocamera per il riconoscimento facciale dell’esaminando; di un sistema per garantire il lavoro da remoto della postazione dell’esaminatore; di un software di virtualizzazione dello sportello fisico dell’Ufficio con relativa gestione elettronica dei fascicoli e del relativo work flow;  di sistema per rendere tutte le risorse circuitali necessarie in modalità cloud, al fine di garantire la massima accessibilità e scalabilità della soluzione e non richiedere investimenti per l’acquisto di componentistica Hardware;  di un software centrale cd “Quiz patenti” per la necessaria integrazione con il software di riconoscimento facciale e la gestione remotizzata della sessione da parte dell’esaminatore.

 

Con riferimento alla copertura finanziaria dell’intervento essa è assicurata quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2020 mediante una corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Quanto a 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 la copertura è assicurata ai sensi dell’articolo 265 (al quale si rinvia per approfondimenti).

 

Il comma 2 della disposizione in esame reca, poi, una autorizzazione di spesa di 345.000 euro per l’anno 2020 finalizzata, nel quadro del contrasto alla diffusione del contagio da COVID-19, ad assicurare la continuità dei sopralluoghi nei cantieri da parte del personale dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, salvaguardando al contempo la salute dei dipendenti attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi.

La relazione illustrativa richiama, tra i dispositivi di protezione di cui al comma in esame, mascherine, guanti e gel disinfettante mani nonché la sanificazione delle postazioni di lavoro mediante apposito spray disinfettante.

 

     Con riferimento alla copertura finanziaria degli oneri recati dal comma 2, ad essi si provvede:

§  quanto ad euro 232.000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'art. 12 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni dalla legge 16 novembre 2018, n. 130;

L’art. 12 del D.L. 109/2018 (c.d. decreto Genova) ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA). Il comma 18 dell’art. 12 stabilisce che agli oneri del medesimo articolo, pari a complessivi 14.100.000 euro per l'anno 2019 e 22.300.000 euro a decorrere dall'anno 2020 si provvede ai sensi dell'articolo 45. In proposito, nella relazione tecnica si specifica che le risorse utilizzate a copertura sono allocate sul capitolo 1227, piano gestionale 3 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che presenta la necessaria disponibilità, in termini di competenza e cassa per l’anno 2020, il cui utilizzo non compromette l’attuazione dell'art. 12 del D.L. n. 109/2018;

§  quanto ad euro 113.000 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 210
(Disposizioni in materia di autotrasporto)

 

 

L’articolo 210 reca misure di sostegno al settore dell’autotrasporto, incrementando di 20 milioni di euro per l'anno 2020 il finanziamento al Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori (comma 1).

Dispone inoltre il recupero, per destinarle ad iniziative deliberate dall’Albo degli autotrasportatori per il sostegno del settore, delle somme incassate a titolo di riduzione compensata dei pedaggi autostradali e rimaste nella disponibilità di consorzi, raggruppamenti e cooperative iscritte all’Albo degli autotrasportatori, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018. Il monitoraggio e controllo dei relativi adempimenti è affidato al Comitato Centrale (commi 2 e 3).

 

In dettaglio il comma 1 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2020 l'autorizzazione di spesa dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, che assegna risorse al Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori. La finalità dichiarata dalla norma è di assicurare sostegno al settore dell’autotrasporto e assicurare un adeguato sostegno di natura mutualistica, alle imprese del settore, tenuto conto del ruolo centrale rivestito nella gestione della emergenza Covid-19 che costituisce evento eccezionale ai sensi dell’articolo 107, comma 2, lett. b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

 

Si ricorda che il richiamato art. 2, co. 3 della legge n. 451/1998 ha previsto un finanziamento al Comitato centrale di 140 miliardi di lire per il 1998, per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all'utilizzo delle infrastrutture, da realizzare mediante apposite convenzioni con gli enti gestori delle stesse. Lo stanziamento è stato stabilizzato a decorrere dal 2000, nella misura di 130 miliardi di lire, dall’art. 45, co. 1, lett. c) della legge n. 488 del 1999 e successivamente più volte rimodulato con numerosi provvedimenti; per il 2020 lo stanziamento in legge di Bilancio ammonta a 148,54 milioni di euro. Lo stanziamento è imputato al cap. 1330 del MIT, su cui vengono iscritte le risorse finanziarie, di volta in volta definite dalle leggi di revisione della spesa pubblica in termini di modifiche, integrazioni e/o riduzioni dell'iniziale stanziamento (si veda sub l’approfondimento “I finanziamenti all’autotrasporto”). Nell’ambito di tali stanziamenti viene finanziata la riduzione compensata dei pedaggi autostradali.

Si ricorda che il Comitato centrale per l'albo nazionale degli autotrasportatori è l’organo di direzione dell’Albo nazionale dei soggetti, persone fisiche e giuridiche, che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi (Albo istituito dalla legge n. 298 del 1974). L’iscrizione all’Albo è curata dagli uffici della motorizzazione civile.

Il Comitato centrale è disciplinato dal decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284, che all’articolo 9 ne definisce i compiti ed all’articolo 10 la composizione. Le risorse finanziarie del Comitato centrale sono costituite, in base all’art. 2 del D.P.R. n. 134/2010 (Regolamento Contabile del Comitato):

a) dalle quote annuali di iscrizione all'Albo degli autotrasportatori, determinate con deliberazione del Comitato e approvate dal MIT (delibera 16 ottobre 2019 per le quote del 2020), al cui versamento sono soggette le imprese iscritte (articolo 63 della legge 6 giugno 1974, n. 298), che vengono poi riassegnate ad appositi capitoli del programma «Logistica ed intermodalità nel trasporto», nell’ambito della Missione 13 dello stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; tali quote sono utilizzate esclusivamente per la tenuta dell'Albo nazionale e per le attività comunque connesse al funzionamento ed alle attribuzioni del Comitato centrale (art. 7 del regolamento contabile);

b) dagli stanziamenti di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, che sono utilizzati per l'assolvimento dei compiti istituzionali del Comitato, secondo le specifiche finalità stabilite dalla normativa che disciplina l'assegnazione degli stessi, nonché per l'espletamento di tutti gli adempimenti connessi.

Il D.P.R. n. 123/2009 contiene il regolamento di organizzazione dei Comitato.

 

Il comma 2 dispone il recupero delle somme incassate a titolo di riduzione compensate dei pedaggi autostradali (in base all’articolo 2, comma 3, del DL n. 451/1998 e dell’articolo 45 della legge n. 488/1999) che siano rimaste nella disponibilità dei soggetti che le hanno ricevute in ragione dell’impossibilità di procedere al loro riversamento in favore dei beneficiari aderenti al consorzio, alla cooperativa ovvero al raggruppamento. La finalità del recupero è quella di procedere ad una successiva riassegnazione delle somme per l’anno 2020 al Ministero delle infrastrutture e trasporti, per essere ridestinate ad iniziative deliberate dall’Albo degli autotrasportatori per il sostegno del settore e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture.

Il comma 2 prevede in dettaglio il recupero delle somme che siano state incassate dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018, a titolo di riduzione compensate dei pedaggi autostradali.

Poiché il testo della norma fa riferimento al momento dell’incasso delle somme, sembrerebbe trattarsi di somme ricevute per la riduzione compensata dei pedaggi degli anni precedenti al 2018, atteso che la procedura per ricevere tali somme richiede un iter abbastanza complesso: a titolo di esempio con Delibera MIT 18 maggio 2018 sono state definite le procedure e le modalità per presentare, entro il 10 agosto 2018, le domande di rimborso relative ai passaggi effettuati nel 2017, secondo una complessa procedura ed utilizzando l’apposito applicativo sul portale del Comitato.

Si prevede che i consorzi, anche in forma societaria, le cooperative e i raggruppamenti aventi sede in Italia ovvero in altro paese dell’Unione europea iscritti all’Albo nazionale degli autotrasportatori (albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terzi di cui all’articolo 1 della legge 6 giugno 1974, n. 298), ovvero titolari di licenza comunitaria, versino tali somme all’entrata del bilancio dello Stato tali somme entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

 

Le risorse finanziarie relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali vengono erogate alle imprese di autotrasporto aventi sede nell'Unione europea per incentivare i mezzi pesanti ad utilizzare la rete autostradale con conseguente minor congestione della rete stradale ordinaria e ricadute positive in termini di sicurezza della circolazione. Con la Delibera MIT n. 4 del 26 giugno 2019 sono state definite le disposizioni relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2018 e con la direttiva del Ministro n. RD 252 del 21 giugno 2019 è stato disposto che il  Comitato utilizzasse  le risorse finanziarie iscritte sul capitolo 1330 per l'anno 2019 per la copertura delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, pagati per i transiti effettuati nell'anno 2018 per un importo pari a euro 146.041.587

 

Nelle Note integrative alla Legge di Bilancio 2020 sono stimati 275.000 veicoli per il 2020 ammessi alla riduzione compensata dei pedaggi. La riduzione compensata è calcolata in ragione dei diversi scaglioni di fatturato globale annuo, sulla base della classe ecologica (almeno Euro III) del veicolo, premiando i veicoli meno inquinanti, come risulta dalla tabella allegata alla Delibera del MIT n. 2 del 24 aprile 2020 contenente le disposizioni per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2019, alla quale sono ammessi i seguenti soggetti che, alla data del 31 dicembre 2018, ovvero nel corso dell'anno 2019, avessero i seguenti requisiti:

a) imprese iscritte all'Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi;

b) cooperative aventi i requisiti mutualistici, di cui all'art. 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 e successive modificazioni, oppure consorzi o società consortili costituiti a norma del Libro V, Titolo X, Capo I, Sezione II e II-bis del codice civile, aventi nell'oggetto l'attività di autotrasporto, iscritti all’Albo nazionale degli autotrasportatori;

c) imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi oppure raggruppamenti aventi sede in uno dei Paesi dell'Unione europea titolari di licenza comunitaria prevista dal regolamento CE n. 881/1992 del 26 marzo 1992;

d) imprese o raggruppamenti aventi sede in Italia esercenti attività di autotrasporto in conto proprio, titolari di licenza in conto proprio di cui all'art. 32 della legge 6 giugno 1974, n. 298;

e) imprese o raggruppamenti aventi sede in altro Paese dell'Unione europea, che esercitavano l'attività di autotrasporto in conto proprio.

Una ulteriore riduzione compensata è calcolata sul fatturato relativo ai pedaggi notturni.

 

Il comma 3 dispone che il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori, anche avvalendosi delle strutture centrali e periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei traporti e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, provveda al monitoraggio ed al controllo dell’adempimento degli obblighi previsti dal comma 2 della presente disposizione, nell’ambito delle attività di cui alle lettere l-ter) e l-quater del comma 2 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 284/2005.

Il richiamato articolo 9 del D.Lgs. n. 284/2005 definisce i compiti del Comitato Centrale, prevedendo alle lett. l-ter) e l-quater i seguenti:

§  l-ter): verificare l'adeguatezza e regolarità delle imprese iscritte, in relazione alle modalità concrete di svolgimento dell'attività economica ed alla congruità fra il parco veicolare e il numero dei dipendenti autisti, nonché alla regolarità della copertura assicurativa dei veicoli, anche mediante l'utilizzazione dei dati presenti nel CED presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dei collegamenti telematici fra i sistemi informativi dell'INAIL, dell'INPS e delle camere di commercio;

§  l-quater): svolgere attività di controllo sulle imprese iscritte, al fine di garantirne la perdurante e continua rispondenza ai requisiti previsti per l'esercizio della professione come definiti ai sensi del regolamento (CE) n. 1071/2009.

Si ricorda che gli altri compiti del Comitato sono i seguenti:

§  curare la formazione, la tenuta e la pubblicazione dell'Albo nazionale delle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi;

§  determinare la misura delle quote dovute annualmente dalle imprese di autotrasporto, in base a quanto disposto dal d.P:R. 7 novembre 1994, n. 681, per il funzionamento del Comitato centrale (abrogato e sostituito dal DPR n. 134/2010);

§  collaborare con la Consulta per l’autotrasporto, provvedendo, in particolare, sulla base degli indirizzi dettati dalla Consulta stessa, ad effettuare studi preordinati alla formulazione delle strategie di governo del settore dell'autotrasporto, a realizzare iniziative di formazione del personale addetto ai controlli sui veicoli pesanti ed a partecipare al finanziamento delle connesse operazioni, ad attuare iniziative di assistenza e di sostegno alle imprese di autotrasporto, ad esprimere il proprio avviso su progetti di provvedimenti amministrativi in materia di autotrasporto, a formulare indirizzi in materia di certificazione di qualità delle imprese che effettuano trasporti di merci pericolose, di derrate deperibili, di rifiuti industriali e di prodotti farmaceutici;

§   accreditare gli organismi di certificazione di qualità;

§  attuare le direttive del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in materia di autotrasporto;

§  curare attività editoriali e di informazione alle imprese di autotrasporto, anche attraverso strumenti informatici e telematici;

§  svolgere funzioni di studio e di consulenza con specifico riferimento a progetti normativi, alla risoluzione delle problematiche connesse con l'accesso al mercato dell'autotrasporto e alla professione di autotrasportatore;

§  decide sui ricorsi proposti dagli interessati avverso i provvedimenti adottati dagli uffici della motorizzazione civile in materia di iscrizione, sospensione, cancellazione e radiazione dall'albo degli autotrasportatori, nonché di applicazione delle sanzioni disciplinari.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, quantificati in complessivi euro 20 milioni per l’anno 2020, per la quale si provvede ai sensi dell’art. 265, alla cui scheda si rinvia.

 

Nello Stato di previsione del MIT sono iscritte le spese per i trasferimenti correnti alle imprese di autotrasporto, in particolare i finanziamenti per gli interventi posti in essere dal Comitato Centrale per l’Albo degli autotrasportatori, tra cui la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, posti sul cap. 1330 del MIT, denominato «Somme assegnate al Comitato centrale per l'Albo degli autotrasportatori». Nella Legge di Bilancio 2020-2022, il capitolo 1330 reca uno stanziamento di circa 148,54 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 8,5 milioni per il 2022. Con direttiva del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 148 del 7 aprile 2020, è stato disposto che il Comitato utilizzi le risorse finanziarie iscritte sul capitolo 1330 per l'anno 2020 per la copertura delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, pagati per i transiti effettuati nell'anno 2019 dalle imprese con sede nell'Unione europea che effettuano autotrasporto di cose, delle relative spese di procedura nonché del contenzioso pregresso, per un importo pari a euro 146.041.587.

Interventi a favore dell’autotrasporto sono stati anche previsti dalla legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014), che ha autorizzato, a decorrere dall'anno 2015, la spesa di 250 milioni di euro annui, poi ridotti dal 2019, a 240 milioni di euro annui e iscritti sul cap. 1337 dello Stato di previsione del MIT. Tale importo viene ripartito annualmente con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per il triennio 2019-2021 la ripartizione dello stanziamento per l’autotrasporto è stata definita nei seguenti termini: 140 milioni di euro per il rimborso di pedaggi autostradali, 70 milioni per le spese di viaggio non documentate, 25 milioni per investimenti sul rinnovo parco mezzi, 5 milioni per la formazione.

Nella legge di bilancio 2020-2022 complessivamente gli interventi per l’autotrasporto sul cap. 1337 ammontano a 240 milioni di euro per il solo anno 2022, mentre non vi sono autorizzazioni di spesa per il 2020 e 2021.

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, art. 1, comma 1019) ha inoltre rifinanziato la spesa di 80 milioni € per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per il ristoro delle maggiori somme pagate dagli autotrasportatori a seguito del crollo del Ponte Morandi di Genova; tali somme si trovano sul cap. 1345/MIT. Il decreto ministeriale 7 agosto 2019 n. 376 ha definito le modalità di attuazione del finanziamento per gli anni 2019 e 2020, individuando le tipologie di spesa ammesse a ristoro nonché i criteri per l'erogazione del finanziamento.

Il decreto-legge n. 124 del 2019 ha poi stanziato altre risorse, per complessivi 12,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 destinate al rinnovo del parco veicolare delle imprese attive sul territorio italiano che siano iscritte al Registro elettronico nazionale (R.E.N.) e all'Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi per finanziare gli investimenti, effettuati fino al 30 settembre 2020, finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli a motorizzazione termica fino a euro IV, adibiti al trasporto merci e di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate. La legge di bilancio per il 2020 ha infine stanziato ulteriori 3 milioni di euro per l'anno 2020 per il rinnovo del parco veicolare delle medesime imprese in aggiunta alle risorse previste dalla vigente legislazione (art. 1, commi 113-117).

 


 

Articolo 211, commi 1 e 4
(Misure per la funzionalità del Corpo delle Capitanerie di Porto e per il sostegno di sinergie produttive nei comprensori militari)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 211 autorizza la spesa di euro 2.230.000 per l’anno 2020, al fine dello svolgimento, da parte del Corpo della capitanerie di porto – Guardia Costiera, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID- 19, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali del Corpo delle Capitanerie di porto, Guardia Costiera, per un periodo di novanta giorni a decorrere dal data di entrata di entrata in vigore del presente decreto. Il comma 4 reca la copertura degli oneri ai sensi dell'articolo 265 del decreto-legge.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di euro 2.230.000 per l’anno 2020, al fine dello svolgimento, da parte del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia Costiera, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID- 19, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali del Corpo delle Capitanerie di porto, Guardia Costiera, per un periodo di novanta giorni a decorrere dal data di entrata di entrata in vigore del presente decreto.

Si prevede la seguente specifica destinazione delle risorse:

§  euro 1.550.000 per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale;

§  euro 320.000 per l’acquisto di attrezzature tecniche;

Si valuti la formulazione letterale del testo laddove si fa riferimento alla destinazione delle risorse per 'acquisto di spese' .

§  ed euro 360.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario.

Si indica la finalità di consentire la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso al medesimo Corpo, nonché di assicurare l’adeguata dotazione di dispositivi di protezione individuale e l’idoneo equipaggiamento al relativo personale impiegato.

 

Il comma 4 reca la copertura degli oneri di cui al comma 1, in base a quanto disposto dall'articolo 265 del decreto.

La relazione illustrativa ricorda che con  l’articolo 74 del DL n. 18 del 2020 (Cura Italia) è stata autorizzata a favore del Corpo delle Capitanerie di Porto la spesa complessiva di euro 2.230.000 per far fronte alla situazione emergenziale. Il perdurare della situazione emergenziale, nella cosiddetta “FASE 2” anche in considerazione della progressiva riapertura degli Uffici al pubblico, richiede - evidenzia la Relazione - il rafforzamento delle attività di prevenzione e sanificazione attuate per contenere il contagio, al fine di garantire la salubrità degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso al Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera , e la piena operatività del relativo personale in condizioni di sicurezza, in relazione al peculiare livello di esposizione al rischio che caratterizza maggiormente, nella fase due dell’emergenza nazionale, lo svolgimento dei compiti istituzionali inerenti l’assolvimento della missione “ordine pubblico e sicurezza” nel programma di spesa Sicurezza e controllo nei mari, e sulle coste, prevedendosi quindi il rifinanziamento degli stanziamenti già disposti ai sensi dell’articolo 74 del DL n. 18 del 2020 che - prosegue la relazione- risultano ad oggi esauriti.

 

 


 

Articolo 211, commi 2 e 3
(Convenzione Difesa Servizi Spa per infrastrutture
industriali e logistiche militari)

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 211 attribuiscono al Ministero della difesa la possibilità di stipulare, per il tramite di Difesa servizi S.p.A., convenzioni con soggetti pubblici o privati finalizzate ad affidare, in uso temporaneo, infrastrutture industriali e logistiche militari, ferme restando le esigenze operative e manutentive delle Forze armate.

 

Nello specifico, il comma 2 riconosce al Ministero della difesa, nell’ambito delle misure volte alla valorizzazione del proprio patrimonio infrastrutturale e logistico, la facoltà di stipulare, attraverso, Difesa servizi S.p.A., convenzioni o accordi negoziali con soggetti pubblici o privati finalizzati ad affidare in uso temporaneo zone, impianti o parti di essi, bacini, strutture, officine, capannoni, costruzioni e magazzini, inclusi nei comprensori militari Tali accordi devono aver luogo “nel rispetto delle prioritarie esigenze operative e manutentive delle Forze armate” (comma 1).

Nel merito delle convenzioni, il comma 2 precisa che le medesime dovranno esplicitare l’oggetto dell’accordo (ovvero le zone, le strutture e gli impianti oggetto dell’affidamento in uso temporaneo), le obbligazioni pattuite tra le parti, le penali, le garanzie, le opzioni per il rinnovo, gli aspetti economici dell’accordo nonché le condivise modalità di gestione e di ogni altra clausola ritenuta necessaria alla regolazione dei discendenti rapporti tra le parti stipulanti.

 

L'istituzione della società per azioni denominata "Difesa Servizi Spa" è stata originariamente disposta dai commi 27, 32, 33, 34, 35 e 36 dell'articolo 2 della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010). Tali disposizioni sono state abrogate dall'articolo 2268, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) e il loro contenuto è stato trasposto nell'articolo 535 del medesimo Codice.

Con il decreto 10 febbraio 2011, Il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha adottato lo Statuto della società "Difesa Servizi Spa", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2011 (https://www.difesa.it/Content/DSspa/Pagine/Statuto.aspx). Il decreto, oltre all'approvazione dello Statuto di "Difesa Servizi Spa", contiene la nomina del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della società. La società è divenuta operativa con la prima riunione dell'assemblea ordinaria, che si è tenuta, l'8 marzo 2011.

L'articolo 535 del Codice dell'ordinamento militare ha previsto la costituzione della società per azioni denominata "Difesa Servizi spa" ai fini dello svolgimento dell'attività negoziale diretta all'acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'Amministrazione della Difesa e non direttamente correlate all'attività operativa delle Forze Armate. Le richiamate attività sono state specificate con il richiamato decreto del Ministro della difesa del 10 febbraio 2011.  Spetta, inoltre alla società "Difesa Servizi spa" la concessione in uso temporaneo, a titolo oneroso, previa autorizzazione del Ministro della Difesa, dei mezzi e materiali prodotti dall'industria nazionale e acquisiti dalle Forze armate, per effettuare prove dimostrative, anche all'estero, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 808 del 1985.

A tal proposito si ricorda che l'articolo 7, comma unico (Attività dimostrativa sul territorio nazionale e/o all'estero), della legge 24 dicembre 1985, n. 808 (Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico) prevede che i mezzi e i materiali realizzati dalle industrie italiane ed acquisiti dallo Stato possono essere messi a disposizione delle stesse industrie per effettuare a titolo oneroso prove dimostrative in occasione di vari eventi, quali ad esempio mostre o visite di alte personalità straniere. Sempre ai sensi del comma 1, sono affidate inoltre, alla società "Difesa servizi Spa", attività di valorizzazione e gestione degli immobili militari. Viene tuttavia esclusa da tale ambito di attività l'alienazione degli immobili medesimi. Tali attività di valorizzazione e di gestione potranno essere svolte anche attraverso accordi con altri soggetti e la stipula di contratti di sponsorizzazione.

A seguito di una novella all'articolo 535 del Codice, intervenuta con la legge di stabilità per l'anno 2015 (legge n. 190 del 2014) è stato specificato che le citate attività negoziali sono svolte attraverso l'utilizzo integrale delle risorse acquisite dalla società, attraverso la gestione economica dei beni dell'Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del dicastero.

La società, che ha sede in Roma, è posta sotto la vigilanza del Ministro della difesa ed ha un capitale sociale stabilito in un milione di euro. Le azioni di "Difesa Servizi Spa" sono interamente sottoscritte dal Ministero della Difesa, che esercita i diritti dell'azionista e determina eventuali successivi aumenti del capitale iniziale per mezzo di decreti del Ministro. La società opera secondo gli indirizzi strategici e i programmi stabiliti con decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Inoltre, la società per azioni espleta funzioni di centrale di committenza per gli acquisti inerenti allo svolgimento dei compiti istituzionali delle Forze armate; è previsto altresì l'espletamento delle predette funzioni di centrale di committenza anche per le altre forze di polizia, previa stipula di apposite convenzioni con le amministrazioni interessate (comma 3).

In base al comma 4 dell'articolo 535, la società, nell'esercizio delle funzioni di centrale di committenza utilizza, come limiti massimi, i parametri di prezzo-qualità, stabiliti nelle convenzioni di cui all'articolo 26 della legge finanziaria per il 2000 (legge n. 488/1999).

Si tratta di convenzioni con le quali l'impresa fornitrice di beni e servizi prescelta si impegna ad accettare ordinativi ai prezzi e alle condizioni ivi previsti. I contratti così conclusi non sono sottoposti al parere di congruità economica e non richiedono il parere del Consiglio di Stato, ma sono compresi nel controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche ad opera della Corte dei Conti (legge n. 488/1999, art. 26, commi 1 e 2). La stipulazione di contratti in violazione delle convenzioni suddette ovvero dei relativi parametri costituisce causa di responsabilità amministrativa (comma 3 dell'articolo 26 della legge n. 488/1999).

A sua volta il comma 5 ha dettato le disposizioni concernenti lo statuto della società – che, come in precedenza ricordato, è stato approvato con il decreto del Ministro della difesa del 10 febbraio 2011. Ai sensi del comma 5 le successive modifiche allo statuto e le nomine dei componenti degli organi sociali per i successivi periodi sono deliberate a norma del codice civile ed entrano in vigore a seguito dell'approvazione delle stesse con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il comma 6 prevede alcuni vincoli statutari, tra i quali:

a) il divieto esplicito di cedere le azioni o di costituire su di esse diritti a favore di terzi;

b) la nomina da parte del Ministro della difesa dell'intero consiglio di amministrazione e il suo assenso alla nomina dei dirigenti;

c) le modalità per l'esercizio del «controllo analogo» sulla società, nel rispetto dei princìpi del diritto europeo e della relativa giurisprudenza comunitaria;

d) le modalità per l'esercizio dei poteri di indirizzo e controllo sulla politica aziendale;

e) l'obbligo dell'esercizio dell'attività societaria in maniera prevalente in favore del Ministero della difesa;

f) il divieto di chiedere la quotazione in borsa o al mercato ristretto.

Il comma 7 prevede che la pubblicazione del decreto di approvazione dello statuto nella Gazzetta Ufficiale rispetti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente mentre il  comma 8 destina a riserva gli eventuali utili netti prodotti da "Difesa Servizi Spa", lasciando tuttavia facoltà all'organo amministrativo della società di disporre altrimenti, previa autorizzazione ministeriale, mentre il comma 9 prevede che la società possa sciogliersi solo per legge. Il comma 10 disciplina soprattutto questioni relative al personale dipendente, disponendo innanzi tutto che i rapporti di lavoro siano regolati delle norme di diritto privato e dalla contrattazione collettiva. È consentito avvalersi di personale militare e civile del Ministero della Difesa, anche di livello non dirigenziale, che possieda le specifiche competenze necessarie.

In relazione alla durata della Società l'articolo 3 dello Statuto stabilisce che "la Società è a tempo indeterminato e può essere sciolta per legge o per le altre cause previste dal codice civile".


 

Articolo 211-bis
(Aggiornamento piani di sicurezza infrastrutture critiche)

 

 

L’articolo 211-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, dispone che gli operatori di infrastrutture critiche, al fine di assicurare la continuità del servizio di interesse pubblico erogato e il funzionamento in sicurezza delle infrastrutture stesse, adottano o aggiornano i propri piani di sicurezza con disposizioni recanti misure di gestione delle crisi derivanti da emergenze di natura sanitaria emanate dalle autorità competenti. È prevista a tal fine la prelativa procedura ferma restando l’invarianza finanziaria, per le amministrazioni interessate, delle attività richieste.

 

Il nuovo articolo 211-bis dispone in primo luogo che gli operatori di infrastrutture critiche provvedano all’adozione o all’aggiornamento dei propri piani di sicurezza con disposizioni recanti misure di gestione delle crisi derivanti da emergenze di natura sanitaria emanate dalle autorità competenti.

 

Sono a tal fine considerati operatori di infrastrutture critiche:

a)   le società che gestiscono le infrastrutture individuate con i decreti dirigenziali emanati dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 11 aprile 2011, n.?61) nonché le società che gestiscono altre infrastrutture individuate con successivi decreti direttoriali in funzione dell'emergenza COVID-19;

b)   gli operatori di servizi essenziali e i fornitori di servizi digitali (di cui al decreto legislativo 18 maggio 2018, n.?65);

L’articolo 3, comma 1, lettera h) del decreto legislativo n. 65 del 2018 definisce i servizi digitali come servizi “ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, di un tipo elencato nell'allegato III”. 

La direttiva (UE) 2015/1535 definisce servizio “qualsiasi servizio della società dell'informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”.

L’allegato 3 del decreto legislativo n. 65 del 2018 qualifica come servizi digitali, ai fini del decreto legislativo citato esclusivamente: il mercato online; i motori di ricerca online e i servizi di cloud computing.

c)   le società e gli enti che gestiscono od ospitano i sistemi spaziali dell'Unione europea ubicati sul territorio nazionale, nonché i sistemi spaziali nazionali impiegati per finalità di difesa e sicurezza nazionale;

d)   ogni altra società o ente preposti alla gestione di infrastrutture o beni che sono dichiarati critici con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti.

Si valuti l’opportunità di definire maggiormente le condizioni che determinano la dichiarazione di criticità con DPCM ai sensi della lettera d).

 

Resta fermo, per gli aspetti di sicurezza cibernetica, quanto previsto dai provvedimenti adottati in materia di sicurezza cibernetica (decreto legislativo 18 maggio 2018, n.?65, di attuazione della direttiva NIS e decreto-legge 21 settembre 2019, n.?105, che ha istituito il perimetro di sicurezza nazionale).

 

All’aggiornamento dei piani di sicurezza si procede d'intesa con i rappresentanti delle amministrazioni responsabili della protezione delle infrastrutture critiche ubicate nel territorio nazionale individuate dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 11 aprile 2011, n.?61 (quali il Ministero dell’interno, della difesa, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti) e in modo tale da recepire il contenuto di eventuali direttive emanate ai sensi dell'articolo 14 dello stesso decreto legislativo.

Le misure adottate sono comunicate ai Ministeri competenti per materia e al Ministero dell'interno, anche per gli aspetti di sicurezza informatica connessi alla protezione delle infrastrutture critiche informatizzate e alla Segreteria infrastrutture critiche.

In base all’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 11 aprile 2011, n.?61 nell'ambito delle  strutture  della  Presidenza  del Consiglio dei  Ministri,  è individuata la struttura responsabile, cui sono affidate, per il supporto al Nucleo interministeriale situazione e pianificazione  (NISP), le attività tecniche  e  scientifiche  riguardanti  l'individuazione delle infrastrutture critiche per ogni altra attività connessa, nonché per i rapporti con la Commissione europea e con le analoghe  strutture  degli  altri Stati membri dell'Unione europea.

 

L'aggiornamento dei piani di sicurezza con riferimento all'emergenza COVID-19 deve tenere conto delle linee guida sulla gestione dell'emergenza COVID-19 emanate dai Ministeri competenti e dei princìpi precauzionali emanati dalla Segreteria infrastrutture critiche.

 

I Ministeri dell'interno e della salute, nell'ambito delle attività connesse con la gestione dell'emergenza COVID-19, informando i Ministeri competenti, emanano, per gli aspetti di rispettiva competenza, proprie direttive per favorire l'attuazione delle misure previste nelle suddette linee guida e per garantire il funzionamento delle infrastrutture critiche, la protezione dal contagio del personale operativo e la mobilità sul territorio nazionale per esigenze di continuità operativa e manutentive, anche se effettuate da soggetti terzi, inclusi coloro che provengono dall'estero.

 

È disposta infine l’invarianza finanziaria delle attività richieste dall’articolo in esame per le amministrazioni interessate.

L’ultimo comma dispone infatti che si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 212
(Rinnovo parco mezzi destinato ai servizi di
trasporto pubblico urbano nel Comune di Taranto)

 

 

L'articolo 212 attribuisce risorse al comune di Taranto al fine di anticipare le misure previste dal Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, relative al rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano, pari a 10 milioni di euro per l’anno 2020 e 10 milioni per l’anno 2021 a valere sulle risorse attribuite al Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile.

 

La norma attribuisce risorse al comune di Taranto al fine di anticipare le misure previste dal Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, relative al rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico urbano, ed in particolare:

§  10 milioni di euro per l’anno 2020

§  e 10 milioni per l’anno 2021

Le risorse sono a valere sulle risorse attribuite al Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile, di cui all’articolo 1, comma 613, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per la parte destinata al finanziamento di progetti sperimentali e innovativi di mobilità sostenibile di cui all’articolo 1, comma 71, della legge n. 205 del 2017. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tiene conto dell’assegnazione di tali risorse nell’ambito del decreto ministeriale di applicazione dell’articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 aprile 2019.

La relazione illustrativa afferma che il Comune di Taranto è uno dei più esposti agli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico per cui si rende estremamente urgente attivare misure atte a ridurre gli impatti delle emissioni inquinanti. Il rinnovo del parco automobilistico con mezzi più sostenibili, obiettivo del Piano Nazionale Strategico della Mobilità Sostenibile, va a garantire in tempi rapidi la sostituzione degli autobus circolanti, responsabili della produzione di emissioni inquinanti, con altri a impatto ambientale estremamente limitato, per rendere le risorse immediatamente erogabili.

Si ricorda che il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile è destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni, nonché degli orientamenti e della normativa europea; la relativa emanazione è stata prevista dalla legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi 613- 615, della L. 232/2016)  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il citato comma 613 della  legge di Bilancio 2017 ha disposto l'incremento delle risorse attribuite al Fondo mezzi, di cui all'articolo 1, comma 866, della legge n. 208 del 2015 di 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, per un totale di 3,7 miliardi €, e ne ha esteso le finalità al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto, per le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici, finalizzando tali risorse alla realizzazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile. Inoltre ha previsto che nell'ambito del Piano Strategico si definisca un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, attraverso il sostegno agli investimenti produttivi finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e allo sviluppo di modalità di alimentazione alternativa, per il quale è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2017 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Per approfondimenti, anche in ordine al quadro degli stanziamenti, si veda il tema web a cura della Camera.

Si ricorda che con il citato Dpcm 17 aprile 2019 è stato adottato il Piano Strategico Nazionale della Mobilità Sostenibile, previsto dalla legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi 613- 615, della L. 232/2016) e che in base a tale norma è destinato al rinnovo del parco degli autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative (quindi mezzi meno inquinanti, elettrici, a metano o a idrogeno), in attuazione degli accordi internazionali nonché degli orientamenti e della normativa comunitaria, nonché al finanziamento delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici. L'articolo 4 del Dpcm in questione è relativo alla formazione delle graduatorie di Comuni e Città metropolitane con più di 100.000 abitanti. Nel relativo comunicato del Mit si evidenzia che le risorse del Piano vengono erogate in 3 periodi quinquennali a partire dal 2019, in base a criteri prefissati (che terranno conto ad esempio del numero di passeggeri trasportati e del numero di mezzi circolanti) su tre graduatorie distinte: una per i comuni capoluogo di città metropolitane e Comuni capoluogo di provincia ad alto inquinamento di PM10 e biossido di azoto (a cui verranno assegnati limitatamente al primo quinquennio di applicazione 398 milioni di euro); una per i comuni e le città metropolitane con più di 100.000 abitanti (a cui andrà 1,1 miliardi  di euro); una per le Regioni (a cui verranno ripartiti 2,2 miliardi di euro). Le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50% del contributo concesso, potranno essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l'alimentazione alternativa (es. metano, idrogeno, elettrica).

È inoltre intervenuto il decreto interministeriale, approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, e dal Ministero dell’economia e delle finanze, che assegna alle Regioni 2,2 miliardi di euro per favorire la sostituzione dei vecchi autobus con nuovi veicoli tecnologicamente più avanzati e a basso impatto ambientale. Lo stanziamento prevede, tra l'altro, che alle regioni del Sud sia destinato circa il 35% delle risorse stanziate e viene stabilito che le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50% del contributo concesso, possano essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l’alimentazione alternativa. Sul sito del Mit le relative tabelle di ripartizione.

 

 


 

Articolo 212-bis
(Rinnovo del parco mezzi destinato ai servizi di trasporto pubblico
su acqua nel Comune di Venezia)

 

 

L’articolo 212-bis, introdotto durante l'esame in V Commissione, interviene sulla legge 29 novembre 1984, n.?798 relativa a Venezia, attribuendo al comune di Venezia, per l'ammodernamento della flotta dei mezzi di trasporto pubblico su acqua,   5 milioni di euro per l'anno 2020, 10 milioni di euro per l'anno 2021 e 5 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di incentivare la salvaguardia ambientale e la prevenzione dell'inquinamento delle acque e dell'aria nel comune di Venezia, anche promuovendo la sostenibilità e l'innovazione del trasporto pubblico locale su acqua.?Il comma 2 reca la copertura della norma.

 

La disposizione, introdotta durante l'esame in V Commissione, interviene sulla legge 29 novembre 1984, n.?798, recante Nuovi interventi per la salvaguardia di Venezia.

?Si prevede l'introduzione in tale legge di un nuovo articolo 18-bis, in base al quale sono attribuiti al comune di Venezia per l'ammodernamento della flotta dei mezzi di trasporto pubblico su acqua:

§  5 milioni di euro per l'anno 2020

§   10 milioni di euro per l'anno 2021

§   e 5 milioni di euro per l'anno 2022,

Si indica il fine di incentivare la salvaguardia ambientale e la prevenzione dell'inquinamento delle acque e dell'aria nel comune di Venezia, anche promuovendo la sostenibilità e l'innovazione del trasporto pubblico locale su acqua.

 

Il comma 2 reca la copertura, cui si provvede:

a)   quanto a 5 milioni di euro per l'anno 2020, mediante utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 34-ter, comma 5 della legge 31 dicembre 2009, n.?196, in materia di accertamento e riaccertamento annuale dei residui passivi, relativamente al Fondo di parte capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;

b)   quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2021 e a 5 milioni per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 


 

Articolo 213
(Finanziamento del sistema bus
rapidtransit)

 

 

L'articolo 213 autorizza la spesa di 130 milioni di euro in favore del comune di Taranto per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit, ivi comprese le attività di progettazione e altri oneri tecnici, modulando le relative risorse negli anni dal 2020 al 2024.

 

La norma autorizza la spesa di 130 milioni di euro in favore del comune di Taranto per la realizzazione di un sistema innovativo di bus rapidtransit, ivi comprese le attività di progettazione e altri oneri tecnici; le risorse sono così modulate:

§  - 5 milioni per l’anno 2020

§  - 10 milioni per l’anno 2021

§  - 35 milioni per l’anno 2022

§  - 40 milioni per l’anno 2023

§  - e 40 milioni per l’anno 2024.

Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sono quindi ricomprese anche le attività di progettazione e altri oneri tecnici.

Si indica il fine di ridurre la congestione nel comune di Taranto e nelle aree limitrofe, agevolando la mobilità dei cittadini.

Agli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato, di cui all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n.145, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il finanziamento dei sistemi di trasporto rapido di massa.

 

Il bus rapid transit (BRT) o autobus a trasporto rapido è una categoria che indica una varietà di sistemi di trasporto pubblici che utilizzano autobus o autobus a guida automatica per fornire un servizio più rapido rispetto al sistema di trasporto tradizionale su gomma. In vari paesi sono stati sviluppati sistemi BRT con filobus, autobus ibridi o totalmente elettrici, riducendo per l'effetto l'inquinamento atmosferico. In relazione al BRT, caratteristica fondamentale è la realizzazione di linee dedicate agli autobus separate dal resto del traffico, al fine della garanzia di standard di sicurezza e nell'ottica della rapidità. Con riferimento alla città di Taranto e alla relativa mobilità cittadina ridisegnata dal PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, un tavolo tecnico starebbe definendo, secondo quanto riportato dai mezzi stampa, due linee di bus elettrici a transito rapido (blu e rossa) in relazione ad un apposito bando che finanzierà la linea.

Il comma 95 della legge 30 dicembre 2018, n.145, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese con una dotazione di 740 milioni di euro per l'anno 2019, di 1.260 milioni di euro per l'anno 2020, di 1.600 milioni di euro per l'anno 2021, di 3.250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di 3.300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028 e di 3.400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2029 al 2033. Ai sensi del co. 96 della medesima legge di bilancio una quota del fondo di cui al comma 95 è destinata alla realizzazione, allo sviluppo e alla sicurezza di sistemi di trasporto pubblico di massa su sede propria. A valere sul fondo di cui al comma 95, sono state destinate al prolungamento della linea metropolitana 5 (M5) da Milano fino al comune di Monza risorse pari ad almeno 15 milioni di euro per il 2019, 10 milioni di euro per il 2020, 25 milioni di euro per il 2021, 95 milioni di euro per il 2022, 180 milioni di euro per il 2023, 245 milioni di euro per il 2024, 200 milioni di euro per il 2025, 120 milioni di euro per il 2026 e 10 milioni di euro per il 2027. Si ricorda che il D.L. n. 18 del 2020 recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (Cura Italia), all'Art. 94-bis recante Disposizioni urgenti per il territorio di Savona a seguito degli eccezionali eventi atmosferici del mese di novembre 2019 ha rideterminato la suddetta autorizzazione di spesa di cui al comma 95, operando a valere delle relative risorse.

La relazione illustrativa afferma che il nuovo sistema di bus rapidtransit essendo costituito da una serie di interventi (realizzazione corsie riservate, impianti di fermata, sistemi di priorità semaforica) che comporteranno una razionalizzazione della rete di autobus urbani e una drastica riduzione del trasporto su mezzo privato, permetterà la conseguente riduzione della congestione stradale ed abbattimento delle emissioni inquinanti.

 


 

Articolo 213-bis
(Messa in sicurezza del territorio di Taranto per i Giochi
del Mediterraneo 2026)

 

 

L’articolo 213-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, al fine di assicurare le condizioni per il regolare svolgimento dei XX Giochi del Mediterraneo nella Città di Taranto nel 2026, attribuisce al Comune di Taranto un contributo di 4 milioni di euro per il 2020, per il finanziamento degli interventi di messa in sicurezza idraulica e mitigazione del rischio idrogeologico finalizzati all'utilizzo dei siti individuati per lo svolgimento dei giochi.

 

Il 24 agosto 2019 il CONI ha reso noto sul proprio sito che in pari data l’assemblea annuale del Comitato internazionale dei Giochi del Mediterraneo (CIJM) aveva deliberato, a Patrasso, che la XX edizione dei Giochi del Mediterraneo, posticipata al 2026, si svolgerà a Taranto.

 Lo stesso comunicato ricordava che l’Italia ha già ospitato tre volte la manifestazione sportiva multidisciplinare dedicata ai 26 Paesi dell’area mediterranea, l’ultima delle quali, nel 2009, a Pescara.

Qui il dossier di candidatura.

Il 9 giugno 2020 il Presidente della regione Puglia e il Sindaco di Taranto hanno sottoscritto lo Statuto del Comitato organizzatore dei XX Giochi del Mediterraneo Taranto 2026, in rappresentanza dei due enti promotori e fondatori. Lo Statuto prevede che facciano parte del Comitato quali membri di diritto il Governo della Repubblica italiana, il CONI, il CIP e la provincia di Taranto. Per approfondimenti, si veda qui.


 

Articolo 214, commi 1 e 2
(Contributo straordinario a compensazione
dei minori incassi ANAS)

 

 

L’articolo 214, commi 1 e 2, introduce un contributo straordinario a favore dell’ANAS, a compensazione della diminuzione degli introiti del canone sui pedaggi delle concessionarie autostradali causata dalla riduzione della circolazione autostradale conseguente alle misure di contenimento dell'emergenza COVID-19. A tal fine viene autorizzata la spesa massima di 25 milioni di euro annui dal 2021 al 2034 e demandata la determinazione esatta della compensazione ad un apposito decreto ministeriale emanato sulla base della rendicontazione fornita dall’ANAS.

 

Il comma 1 introduce un contributo straordinario, a favore dell’ANAS, a compensazione della diminuzione degli introiti, relativi al 2020, del canone sui pedaggi delle concessionarie autostradali causata dalla riduzione della circolazione autostradale conseguente alle misure di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tale canone annuo è stato istituito dall’art. 10, comma 3, della legge 537/1993. In base a tale disposizione, a decorrere dal 1° gennaio 1994, gli enti concessionari di autostrade sono tenuti a corrispondere allo Stato un canone annuo, la cui misura è stata più volte modificata: dal comma 1020 della L. 296/2006, dall’art. 19, comma 9-bis, del D.L. 78/2009 e dall’art. 15, comma 4, del D.L. 78/2010.

Il citato comma 1020 ha fissato la misura del canone annuo al 2,4% dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Il 21% di tale canone (percentuale fissata dal comma 362 della L. 190/2014) è corrisposto direttamente all’Anas che lo destina prioritariamente alle sue attività di vigilanza e controllo.

Come ricordato nella relazione della Corte dei conti sulle concessionarie autostradali (delibera 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G), il canone sui pedaggi è corrisposto “in unica soluzione, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento. A tal fine, si provvede a richiedere la certificazione degli introiti e copia della quietanza di versamento della quota dello Stato. Inoltre, viene richiesta ad Anas conferma dei pagamenti ricevuti”.

L’art. 19, comma 9-bis, del D.L. 78/2009 ha incrementato il canone in questione, incorporandovi un sovrapprezzo sui pedaggi (in precedenza previsto dal comma 1021 della L. 296/2006, abrogato dal comma 9-bis). Tale sovrapprezzo è calcolato sulla percorrenza chilometrica di ciascun veicolo che ha fruito dell’infrastruttura autostradale, pari a 3 millesimi di euro a km per i veicoli leggeri e a 9 millesimi a km per i veicoli pesanti. Tali risorse, per espressa previsione del comma 9-bis, sono destinate alla manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché all’adeguamento e al miglioramento delle strade e delle autostrade in gestione diretta, riducendo corrispondentemente i trasferimenti dello Stato all’Anas a titolo di corrispettivo del contratto di programma (parte servizi). Lo stesso comma prevede che i concessionari recuperino il suddetto importo mediante l’equivalente incremento della tariffa di competenza non soggetto a canone.

Il comma 4 dell’art. 15 del D.L. 78/2010 ha successivamente previsto un ulteriore aumento della misura del canone annuo corrisposto all’ANAS dai concessionari autostradali dei seguenti importi calcolati sulla percorrenza chilometrica: 1 millesimo di euro a km per i veicoli leggeri e 3 millesimi di euro a km per i veicoli pesanti a decorrere dal 1° luglio 2010; 2 millesimi di euro a km per i veicoli leggeri e a 6 millesimi di euro a km per quelli pesanti a decorrere dal 1° gennaio 2011.

Nel bilancio ANAS 2018 le entrate derivanti dal canone, in virtù del disposto del comma 1020 della L. 296/2006, sono state pari a circa 29 milioni di euro, mentre le entrate derivanti dalle integrazioni al canone (disposte con i decreti-legge 78/2009 e 78/2010) sono state pari a circa 660 milioni di euro.

 

Per la prevista compensazione, il comma in esame autorizza la spesa complessiva massima di 350 milioni di euro (25 milioni di euro annui dal 2021 al 2034).

 

Il comma 2 prevede che la compensazione di cui trattasi è determinata, nei limiti degli stanziamenti annuali autorizzati dal comma 1, con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che dovrà essere emanato, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 marzo 2021.

Lo stesso comma precisa che l’emanazione dovrà avvenire previa acquisizione, entro il 31 gennaio 2021, di una rendicontazione fornita dall’ANAS sulla riduzione delle entrate in questione per il periodo interessato dalle misure di contenimento e prevenzione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, riferita al differenziale per lo stesso periodo del livello della circolazione autostradale tra gli anni 2019 e 2020.

 


 

Articolo 214 comma 2-bis
(SS42-variante Trescore-Entratico)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 214, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, trasferisce all'ANAS Spa 10 milioni di euro per l'anno 2020, per la realizzazione della variante alla strada statale 42 denominata “SS42-variante Trescore-Entratico”, utile allo svolgimento delle Olimpiadi 2026.

 

Il comma 2-bis, al fine di garantire l'accessibilità sostenibile in tempo utile per lo svolgimento delle Olimpiadi 2026, trasferisce all'ANAS Spa 10 milioni di euro per l'anno 2020, per la realizzazione della variante alla strada statale 42 denominata «SS42-variante Trescore-Entratico».

Si ricorda che i citati XXV Giochi olimpici invernali Milano-Cortina 2026 si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio 2026, mentre le Paralimpiadi si svolgeranno dal 6 al 15 marzo 2026.

A tale fine, la legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 18 e 20-23, L. 160/2019) ha previsto per l’evento un finanziamento complessivo di 1 miliardo di euro per il periodo 2020-2026 – di cui 50 mln per il 2020, 180 mln per il 2021, 190 mln per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025 e 10 mln per il 2026, a valere sulle risorse del Fondo per il rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e lo sviluppo del Paese istituito nello stato di previsione del MEF dal co. 14 – riservato alla realizzazione di interventi nei territori delle regioni Lombardia e Veneto e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con riferimento a tutte le aree olimpiche, al fine di garantire la sostenibilità delle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali 2026 sotto il profilo ambientale, economico e sociale, in un'ottica di miglioramento della capacità e della fruibilità delle dotazioni infrastrutturali attuali e da realizzarsi, per le opere di infrastrutturazione, ivi comprese quelle per l'accessibilità.

Le risorse devono essere ripartite con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome interessate.

Con i medesimi decreti devono essere identificate le opere infrastrutturali, ivi comprese quelle per l'accessibilità, distinte in opere essenziali, connesse e di contesto[17], con l'indicazione, per ciascuna opera, del soggetto attuatore e dell'entità del finanziamento concesso.

Per completezza, si ricorda che, nell’ambito della riqualificazione della viabilità funzionale allo svolgimento delle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali 2026, lo stesso art. 1, comma 26, della L. 160/2019 ha assegnato al soggetto attuatore degli interventi di manutenzione straordinaria della strada provinciale 72, in gestione alla provincia di Lecco, una somma pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022. Infine, si ricorda che, nella seduta del 24 luglio 2019, il CIPE ha approvato l’aggiornamento del Contratto di programma 2016-2020 fra MIT e ANAS relativo al 2018-2019, che include tra l’altro un piano per la manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie e un piano per Cortina (Mondiali del 2021 e Olimpiadi e Paralimpiadi del 2026) (vedi delibera CIPE del 24 luglio 2019, n. 36). Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente dossier sul D.L. 16/2020 (Disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 e delle finali ATP Torino 2021 – 2025).

 

Il comma 2-bis provvede alla copertura finanziaria specificando che all'onere derivante dalla disposizione in esame, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200 della legge di stabilità 2015 - L. 190/2014), rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto-legge (alla cui scheda di analisi si rinvia).

 


 

Articolo 214 comma 2-ter
(SS 11-tangenziale ovest di Milano variante di Abbiategrasso)

 

 

Il comma 2-ter dell’articolo 214, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, trasferisce all'ANAS Spa 10 milioni di euro per l'anno 2020, per la realizzazione dell'intervento di collegamento tra la strada statale 11-tangenziale ovest di Milano variante di Abbiategrasso (tratta A da Magenta ad Albairate – tratta B riqualificazione della strada provinciale 114 – tratta C da Abbiategrasso a Vigevano), utile allo svolgimento delle Olimpiadi invernali Milano – Cortina 2026.

 

Il comma 2-ter, al fine di garantire l'accessibilità sostenibile in tempo utile per lo svolgimento dei Giochi olimpici invernali 2026 Milano – Cortina, assegna ad ANAS S.p.A. 10 milioni di euro per l'anno 2020, per la realizzazione dell'intervento di collegamento tra la strada statale 11-tangenziale ovest di Milano variante di Abbiategrasso (tratta A da Magenta ad Albairate – tratta B riqualificazione della strada provinciale 114 – tratta C da Abbiategrasso a Vigevano).

Per una analisi dell’evento citato e degli interventi e finanziamenti previsti a partire dalla legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) e dal D.L. 16/2020 (Disposizioni urgenti per l'organizzazione e lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina 2026 e delle finali ATP Torino 2021 – 2025) si rinvia alla relativa scheda di commento del comma 2-bis dell’art. 214 del presente decreto-legge. 

Il comma 2-ter specifica che all'onere derivante, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200 della legge di stabilità 2015 - L. 190/2014), rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto-legge (alla cui scheda di analisi si rinvia).

 


 

Articolo 214, commi 3-7
(Contributi alle imprese ferroviarie per i servizi
non sottoposti ad obblighi di servizio pubblico)

 

 

L’articolo 214 commi 3-7, prevede un contributo alle imprese ferroviarie per i servizi di trasporto passeggeri e merci in regime di libero mercato per compensare gli effetti economici subiti direttamente imputabili dall’emergenza COVID-19. A tal fine viene autorizzata una spesa complessiva 1 miliardo e 190 milioni di euro (ripartiti negli anni dal 2020 al 2034). Con un apposito decreto ministeriale saranno determinate le modalità con le quali le imprese ferroviari dovranno rendicontare gli effetti economici imputabili all’emergenza.

 

Il comma 3 autorizza una spesa di 70 milioni di euro per l’anno 2020 e di 80 milioni di euro annui dal 2021 al 2034 (per un totale appunto di 1 miliardo e 190 milioni di euro) al fine di sostenere le imprese che effettuano servizi di trasporto ferroviario di passeggeri e merci non soggetti a obblighi di servizio pubblico per gli effetti economici subiti direttamente imputabili dall’emergenza COVID-19 registrati a partire dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 luglio 2020.

 

Il comma 4 prevede che le modalità di rendicontazione degli effetti economici siano definite con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto-legge in commento.

Il citato comma stabilisce inoltre il termine, fissato al 30 settembre 2020, in cui le imprese procedono a rendicontare gli effetti economici sopra indicati.

 

Il comma 5 prevede che il complesso delle risorse (ossia l’intera cifra di 1 miliardo e 190 milioni di euro, come ripartita per annualità ai sensi del comma 3) sia assegnata alle imprese beneficiarie con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 6 subordina l’erogazione dei fondi assegnati alla dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

 

Il comma 7 dispone che, con riguardo alla copertura finanziaria dell’intervento, si provveda ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

 

Nel corso dell’esame in V Commissione era stato previsto che al contributo riconosciuto alle imprese ferroviarie, ai sensi del comma 3, potessero concorrere le imprese di servizi di trasporto passeggeri con autobus. Era stato previsto che per le imprese esercenti servizi di trasporto di passeggeri con autobus non soggetti a obblighi di servizio pubblico le compensazioni fossero finalizzate al rimborso delle quote di ammortamento e dei costi, anche sospesi o oggetto di allungamento, dei canoni di leasing riferiti, in base all'originario piano di ammortamento o contratto di locazione finanziaria, al periodo compreso tra il 23 febbraio e il 31 dicembre 2020, relativi all'acquisto dal 2016 al 2019, anche mediante locazione finanziaria, di veicoli di categoria M2 ed M3.

Tale disposizione è stata soppressa nel corso dell’esame condotto a seguito del rinvio in Commissione.

 


 

Articolo 215
(Misure di tutela per i pendolari di trasporto ferroviario e TPL)

 

 

L’articolo 215 prevede il ristoro a chi non abbia potuto usufruirne, in tutto o in parte, durante il periodo interessato dalle limitazioni per il contrasto al Covid-19, dei titoli di viaggio e degli abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali, tramite l’emissione di un voucher o con il prolungamento dell’abbonamento.

 

In dettaglio il comma 1 dispone che i vettori possano scegliere una delle seguenti modalità di ristoro:

a) emissione di un voucher di importo pari all'ammontare del titolo di viaggio, compreso l’abbonamento, da utilizzare entro un anno dall'emissione;

b) prolungamento della durata dell’abbonamento per un periodo corrispondente a quello durante il quale non ne è stato possibile l’utilizzo.

 

Per quanto riguarda i soggetti interessati, mentre la rubrica dell’articolo fa riferimento ai pendolari, l’articolato fa più genericamente riferimento alla mancata utilizzazione di titoli di viaggio, senza identificare specifiche tipologie di soggetti. I soggetti interessati potranno pertanto accedere alla richiesta di ristoro qualora:

a) possiedano un titolo di viaggio, compresi gli abbonamenti, ferroviari o di trasporto pubblico locale in corso di validità durante il periodo interessato dalle misure governative per il contrasto all’epidemia di Covid-19, di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19;

b) dichiarino al vettore, sotto propria responsabilità, con autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non aver potuto utilizzare, in tutto o in parte, il titolo di viaggio a causa delle citate misure governative.

Il comma 2 detta le modalità da seguire per la richiesta. Occorre:

§   comunicare al vettore il ricorrere delle situazioni di cui al comma 1, quindi di non aver potuto utilizzare in tutto o in parte il titolo di viaggio, all’interno del periodo in questione;

§  allegare la documentazione comprovante il possesso del titolo di viaggio valido nel periodo interessato dalle misure di contenimento dell’emergenza;

§  allegare l'autocertificazione di non aver potuto utilizzare in tutto o in parte il titolo di viaggio a causa delle misure di contenimento.

 

Il comma 3 prevede che entro tenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 2, il vettore proceda al ristoro, scegliendo una delle modalità previste.

 

Per quanto riguarda la copertura finanziaria di tali disposizioni, l’articolo 200 del presente decreto legge prevede che il Fondo di 500 milioni di euro ivi istituito, per compensare gli operatori di servizio di trasporto pubblico regionale e locale passeggeri dei minori ricavi tariffari, sia destinato anche, nei limiti delle risorse disponibili, alla copertura degli oneri derivanti dalle misure previste dall’articolo 215.

 


 

Capo IV -  Misure per lo sport

Articolo 216, commi 1 e 2
(Disposizioni in tema di impianti sportivi)

 

 

L’articolo 216, così come modificato nel corso dell'esame in V Commissione, consente alle federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva, alle società e alle associazioni sportive, innanzitutto (comma 1) di sospendere fino al 30 settembre 2020 il versamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali. I canoni possono essere versati in un'unica soluzione entro il 30 settembre 2020 ovvero rateizzati fino a un massimo di 3 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di settembre 2020.

Inoltre (comma 2), l'articolo dispone che le parti dei rapporti di concessione in godimento, comunque denominati, o di gestione degli impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, su richiesta del concessionario, la revisione dei rapporti concessori in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto, comunque non superiore a ulteriori tre anni.

 

In particolare il comma 1, come modificato nel corso dell'esame in V Commissione, dispone la proroga dal 31 maggio al 30 settembre 2020 della sospensione dei termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali prevista dal decreto-legge n. 18 del 2020, articolo 95, comma 1, per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato. La sospensione decorre dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 18.

Il medesimo comma 1 dispone altresì la proroga dal 30 giugno al 30 settembre 2020 del termine per i versamenti in un'unica soluzione dei canoni, senza applicazione di sanzioni ed interessi, prevista dal medesimo decreto-legge n. 18 del 2020, articolo 95, comma 1. In alternativa, si prevede la facoltà di rateizzare il versamento fino a un massimo di 3 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di settembre 2020 (anziché 5 rate a decorrere dal mese di giugno, come previsto dal decreto-legge n. 18 o 4 rate mensili come previsto prima del rinvio in Commissione. La modifica è stata motivata dalla necessità di impedire l'impatto sui saldi di finanza pubblica dell'esercizio successivo).

 

Con il D.P.C.M. 9 marzo 2020, attuativo del decreto-legge n. 6 del 2020, sono state estese per la prima volta a tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.P.C.M. 8 marzo 2020 inizialmente solo per alcune zone, e in particolare (articolo 1, comma 1, lettera s), del D.P.C.M. 8 marzo) - per quanto qui di interesse - la sospensione delle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori. Il D.P.C.M. 9 marzo 2020 è entrato in vigore il 10 marzo 2020.

Successivamente il decreto-legge n. 19 del 2020 (in fase di conversione presso le Camere, A.C. 2447 - A.S. 1811), all'articolo 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

-       la limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonché di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all'interno degli stessi luoghi (articolo 1, comma 2, lettera m));

-       la limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive motorie svolte all'aperto o in luoghi aperti al pubblico (articolo 1, comma 2, lettera n)).

 

L'articolo 2, comma 1 e 2, del decreto-legge n. 19 del 2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

In attuazione, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 26 aprile 2020, efficace a partire dal 4 maggio 2020, che ha confermato - fino al 17 maggio 2020 - la sospensione delle  attività  di  palestre, centri  sportivi, piscine, centri natatori (articolo 1, comma 1, lettera u)).

Dal 18 maggio 2020, con il decreto-legge n. 33 del 2020 sono state date le prime indicazioni per un graduale allentamento delle misure di contenimento, efficaci fino al 31 luglio 2020, demandando ad ulteriori provvedimenti attuativi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, il dettaglio degli interventi, anche a seguito delle Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome del 16 maggio 2020. Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

-       la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono state emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

-       la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

-       la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

Successivamente, il D.P.C.M. 11 giugno 2020 ha confermato la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere presso palestre e centri sportivi nonché di quella all'aperto, e ha consentito la ripresa, a decorrere dal 12 giugno 2020 e fino al 14 luglio 2020, degli eventi e delle competizioni sportive a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico; anche le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse (articolo 1, comma 1, lettera e)).

 

Nella relazione illustrativa e tecnica, il Governo chiarisce che la norma intende agevolare le associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, che operano sull’intero territorio nazionale, affidatarie di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, che nel periodo in considerazione sono rimasti inutilizzati.

Richiamando le rilevazioni del Comitato olimpico nazionale (CONI) e dell’Istituto per il credito sportivo (ICS), il Governo indica in circa 76.000 unità il numero totale degli impianti pubblici censiti, di cui 2/3 (circa 51.000 unità) sarebbero di proprietà pubblica e il restante 1/3 (circa 25.000 unità) di proprietà privata.

A eccezione dello Stadio Olimpico e del Foro Italico, che risultano di pertinenza statale (il primo di proprietà della struttura operativa Sport e Salute S.p.a. e il secondo dato in usufrutto a Sport e Salute S.p.a.), la stragrande maggioranza di questi impianti è di proprietà di enti territoriali. Peraltro, non tutti gli impianti in esame sono dati in concessione onerosa: molti di essi sarebbero infatti affidati (in diritto di superficie, ad esempio) senza alcuna controprestazione, esclusi ovviamente gli oneri di manutenzione.

Quanto all'ammontare dei canoni di utilizzazione, citando una sommaria classificazione prodotta da Fitness Network Italia, dividendo per cluster di impianti grandi e piccoli-medi, pubblici e privati, la relazione stima un impatto mensile della disposizione non superiore a 200 milioni di euro per canoni di concessione e affitto.

Questo dato viene scomposto in termini dimensionali.

Il costo medio di concessione di un impianto di media grandezza è di circa 4.000 euro mensili.

Per l’impiantistica sportiva di maggiore dimensione, relativa alle attività sportive professionistiche di calcio e basket, viene riportato dalla relazione il seguente quadro di sintesi.

 

CALCIO

 

Stadi Serie A:

Atalanta e Sassuolo (a Reggio Emilia) di proprietà

Juventus, Udinese e Frosinone diritto di superficie (canone pagato alla società di scopo)

Roma e Lazio (Olimpico, proprietà Sport e Salute)

tutti gli altri di proprietà comunale

Per gli tali impianti la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 100.000 euro al mese per ognuno dei club.

 

Stadi Serie B:

tutti di proprietà comunale

Per tali impianti, invece, la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 20.000 euro al mese per ognuno dei 20 club.

 

Stadi Serie C/Lega Pro:

- tutti di proprietà comunale

Per tali impianti, invece, la relazione stima un canone di concessione o affitto medio pari a circa 5.000 euro al mese per ognuno dei 60 club.

 

BASKET

 

Palazzetti Serie A e Serie A2:

- tutti di proprietà comunale

Si stima un canone di concessione o affitto medio di 15.000 euro al mese per ognuno dei 17 club A, nonché di 5.000 euro al mese per ognuno dei 28 club A2.

Su queste basi, tenuto conto che il differimento dei versamenti è comunque previsto nello stesso anno di bilancio, non risultano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 2, così come modificato nel corso dell'esame in V Commissione, dispone che le parti dei rapporti di concessione in godimento, comunque denominati, o di gestione degli impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, ove il concessionario ne faccia richiesta, la revisione dei rapporti concessori in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto, comunque non superiore a ulteriori tre anni.

Tale facoltà è concessa, in ragione della sospensione delle attività sportive disposta con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti- legge n. 6 e n. 19 del 2020, e del regime di ripresa graduale delle attività medesime disposta con i successivi decreti attuativi nazionali e regionali, allo scopo di favorire il graduale recupero dei proventi non incassati e l’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati.

Nel corso dell'esame in V Commissione, si è chiarito che la revisione del rapporto concessorio può essere concordata anche in ragione della necessità di fare fronte ai sopravvenuti maggiori costi per la predisposizione delle misure organizzative idonee a garantire condizioni di sicurezza tra gli utenti e ai minori ricavi dovuti alla riduzione del numero delle presenze all'interno degli impianti sportivi.

La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto di concessione.

In caso di mancato accordo, le parti possono recedere dal contratto.

In tale caso, il concessionario ha diritto al rimborso del valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, dei costi effettivamente sostenuti, nonché delle penali e degli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza dello scioglimento del contratto.

 

Nella relazione illustrativa e tecnica, il Governo chiarisce che la disposizione è stata caldeggiata da diversi enti territoriali sulla scorta delle seguenti ragioni:

§  dal giorno della chiusura degli impianti sportivi, la maggior parte degli introiti derivanti dall’attività sportiva a favore di terzi è venuta meno, mentre i gestori dovranno comunque fronteggiare rilevanti spese fisse quali utenze, canoni di concessione, tasse e, in alcuni casi, anche compensi per i vari collaboratori sportivi;

§  considerato che la stagione sportiva 2019/2020 deve considerarsi oramai compromessa, per i gestori si pone la necessità di rimodulare la programmazione per la nuova stagione sportiva;

§  gli operatori dei centri sportivi dovranno presumibilmente anche affrontare maggiori spese di riqualificazione degli impianti sportivi per garantire le condizioni minime di sicurezza tra gli utenti, ivi inclusa una possibile riduzione del numero delle presenze all’interno degli impianti sportivi.

 

Costituisce dunque interesse economico generale quello di agevolare il riequilibrio economico-finanziario dei bilanci dei soggetti concessionari le cui convenzioni scadranno entro il 31 luglio 2023 (entro cioè tre anni dalla data di cessazione dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020). Per i rapporti concessori più lunghi il Governo ritiene che le diseconomie determinate dalla emergenza COVID-19 potranno essere nel tempo “assorbite” attraverso piani di recupero e di miglioramento dell'efficienza adottati autonomamente dal gestore.

 


 

Articolo 216, comma 3
(Riduzione dei canoni di locazione per palestre,
piscine e impianti sportivi)

 

 

L’articolo 216, comma 3, prevede una riduzione, limitatamente alle mensilità da marzo a luglio 2020, dei canoni di locazione di palestre, piscine e ogni altro impianto sportivo.  

 

La disposizione prevede che la sospensione delle attività sportive si consideri sempre valutata, ai sensi degli articoli 1256, 1464, 1467 e 1468 del codice civile, come fattore di sopravvenuto squilibrio dell’assetto di interessi pattuito con il contratto di locazione di palestre, piscine e impianti sportivi di ogni tipo[18]. A motivo di tale squilibrio si riconosce al conduttore il diritto, limitatamente alle cinque mensilità da marzo 2020 a luglio 2020, ad una corrispondente riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito.

 

L’art. 1256 c.c. stabilisce che l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diviene impossibile. L'impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore costituisce un modo di estinzione della obbligazione diverso dall'adempimento, di tipo non satisfattorio. Requisiti della impossibilità sopravvenuta quale causa estintiva della obbligazione sono da un lato la sopravvenienza, nel senso che l'impossibilità deve essere connessa ad eventi che si siano verificati in epoca successiva alla costituzione del rapporto obbligatorio e deve riguardare la prestazione e, dall'altro,

Tra le cause invocabili ai fini della richiamata “impossibilità della prestazione” - che fungono da esimente della responsabilità del debitore a prescindere dalle previsioni contrattuali in essere - rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa c.d. “factum principis”, ovvero i provvedimenti legislativi o amministrativi, dettati da interessi generali, che rendano impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato. In proposito è opportuno rilevare che secondo la giurisprudenza – l’impossibilità nell’adempimento contrattuale non può essere invocata qualora il factum principis sia «ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione» ovvero «rispetto al quale non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza della pubblica amministrazione» (Cass. Civ., Sez. III, n. 14915 del 08.06.2018). Nel caso invece, dell’impossibilità temporanea, l’art. 1256 c.c. si limita ad escludere, fino a quando tale impossibilità persiste, la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento. Ne deriva, in via generale, che il debitore, venuta meno la suddetta impossibilità, è obbligato sempre ad eseguire la prestazione, indipendentemente da un suo diverso interesse economico che può, eventualmente, far valere sotto il profilo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.

 

Se in linea generale (art. 1258 c.c.) l'impossibilità parziale della prestazione non estingue l'obbligazione e il debitore è liberato se esegue la prestazione per la parte che è rimasta, nei contratti a prestazioni corrispettiva l’articolo 1464 del codice civile introduce un correttivo, legittimando il creditore a pretendere una corrispondente riduzione della propria prestazione o a recedere dal contratto, ove non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.

Ai sensi dell’articolo 1467 del codice civile nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta, al momento dell'esecuzione, eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari o imprevedibili, comunque non imputabili al contraente, la parte tenuta a tale prestazione può domandare la risoluzione, sempre che la sopravvenuta onerosità non rientri nell'alea del normale contratto. L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter dar luogo quindi alla risoluzione del contratto richiede due requisiti: un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto e la riconducibilità della eccessiva onerosità ad “eventi straordinari ed imprevedibili”, che non rientrano nell’ambito della normale alea contrattuale. In particolare, il carattere della “straordinarietà” deve essere valutato in modo oggettivo, dovendosi qualificare in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni, all’intensità ecc.; l’“imprevedibilità” ha natura, invece, soggettiva, «facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza» Si vedano Cass. Civ. n. 22396 del 19.10.2006 e Trib. Roma, Sez. II, n. 7407 del 13.04.2017. Ne consegue quindi che la domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla rigorosa prova del fatto la cui sopravvenienza abbia «determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili» (si veda Trib. Milano, Sez. Spec. Impr., n. 8878 del 03.07.2014).

Nei contratti "con obbligazioni di una sola parte", invece, diversamente dall'articolo1464, il codice civile (art. 1468) concede alla parte eccessivamente onerata come unico rimedio la modifica del regolamento negoziale. Sempre in base all'articolo 1468 c.c. l'eccessiva onerosità deve essere valutata raffrontando il valore originario della prestazione con quello che la stessa ha assunto al momento dell'esecuzione.

Con particolare riguardo ai contratti di locazione, è opportuno ricordare che l’articolo 1571 c.c definisce la locazione come il contratto con cui una parte, il locatore, si obbliga a far godere all'altra parte, il conduttore o locatario, un bene mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (il canone locatizio). Oltre alla disciplina codicistica la materia locatizia è regolata anche dalla normativa speciale dettata dalla legge 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta “legge sull’equo canone”) e dalla legge 9 dicembre 1998 n. 431 (recante Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo).

 

Per contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica ad alcuni soggetti esercenti attività d’impresa l'art. 65, comma l il decreto-legge n. 18 del 2020 (conv. legge n. 27 del 2020) ha riconosciuto una agevolazione sotto forma di credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, per il mese di marzo 2020 a favore soltanto dei conduttori di locali commerciali rientranti nella categoria catastale C/1, tra cui non rientrano gli impianti sportivi. Il decreto-legge n. 18 ha comunque lasciato impregiudicata la questione se la legge civile attribuisca al conduttore il diritto ad una riduzione del canone (ed eventualmente ad un esonero dal relativo pagamento) relativamente al periodo di tempo in cui egli sia stato costretto, per factum principis, a tenere chiusa la sua attività commerciale.

A legislazione vigente l’indisponibilità dei locali per effetto delle misure di contenimento dell’epidemia, non legittima il conduttore dall’ astenersi dal versare il canone, né dal ridurlo unilateralmente rispetto all’importo contrattualmente convenuto. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’autoriduzione del canone da parte del conduttore è un fatto arbitrario ed illegittimo; neppure l’art. 1578 c.c., comma 1, c.c. – che prevede la possibilità del conduttore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo in presenza di un inadempimento del locatore, consistente in un vizio della cosa locata che ne diminuisca l’idoneità all’uso pattuito – facoltizza il conduttore di operare detta autoriduzione.

A ciò si aggiunga che, con riguardo alla situazione emergenziale attuale, il mancato godimento dei locali oggetto di locazione non è certo ricollegabile ad alcun inadempimento del locatore (come invece presuppone la norma di cui all’art. 1578 c.c), bensì deriva da una causa di forza maggiore, sub specie di factum principis, e dunque non legittima in alcun modo il conduttore a sospendere o ridurre il canone di locazione, avvalendosi dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

 

L'articolo 216, comma 3, qui in commento, di fatto - come evidenzia la relazione illustrativa - introduce un rimedio "conservativo" azionabile dal locatore "per ricondurre il rapporto all' equilibrio originariamente pattuito, consistente del diritto alla riduzione del canone locatizio mensile per tutto il periodo in cui, per il rispetto delle misure di contenimento, sono stati di fatto privati del godimento degli immobili locali".

L'assegnazione di un rimedio conservativo "appare giustificato alla luce delle seguenti considerazioni:

a)   il conduttore ha un forte interesse a mantenere in vita il contratto in ragione della «specificità ubicativa» dell'impianto sportivo e del rischio di non ricollocabilità altrove della sua attività;

b)   il locatore non ha alcun apprezzabile interesse a rifiutare la revisione, poiché da tale rimedio non subisce un pregiudizio che, in questa fase, potrebbe scongiurare ricorrendo al mercato".

Tale disposizione - precisa sempre la relazione - si applica a decorrere dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi dei decreti legge 23 febbraio 2020, n. 6, e 25 marzo 2020, n. 19, e dunque disciplina effetti di fatti verificatisi (anche) nel passato. La limitata retroattività della disposizione (da marzo 2020 a luglio 2020) appare rispondere ai parametri di riferimento dello scrutinio di non arbitrarietà e ragionevolezza elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, e segnatamente: i) l'esistenza di una inderogabile esigenza normativa; ii) la proporzionalità tra il peso imposto ai destinatari della norma e il fine perseguito dal legislatore (sentenza n. 203 del 2016).

 

Sulla sospensione delle attività sportive si veda la scheda di lettura relativa all'articolo 216, commi 1 e 2.

 


 

Articolo 216, comma 4
(Rimborso degli abbonamenti per l'accesso a impianti sportivi)

 

 

L'articolo 216, comma 4, modificato durante l'esame in V Commissione, consente il rimborso per gli abbonamenti, anche di durata uguale o superiore a un mese, relativi all'accesso a impianti sportivi, a causa della sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta alla sospensione delle attività sportive, disposta dalle misure di contenimento del virus COVID-19. Il rimborso può consistere, in alternativa alla restituzione del corrispettivo, nella emissione di un voucher di pari valore.

 

In dettaglio, la disposizione stabilisce che, a seguito della sospensione delle attività sportive disposta con i D.P.C.M. attuativi dei DD.LL. 6/2020 (L. 13/2020) e 19/2020 (L. 35/2020), ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di abbonamento, anche di durata uguale o superiore a un mese (precisazione introdotta in sede referente), per l'accesso a palestre, piscine e impianti sportivi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

Per la ricostruzione dei diversi provvedimenti con cui è stata disposta la sospensione delle attività sportive a seguito dell'emergenza da COVID-19 e poi la successiva ripresa a partire dal 25 maggio 2020, si rinvia alla scheda di lettura relativa all'art. 216, commi 1 e 2.

 

La disposizione stabilisce che la sopravvenuta impossibilità della prestazione ricorre dalla data di entrata in vigore dei citati provvedimenti attuativi dei DD.LL. 6/2020 e 19/2020. Parrebbe dunque che il termine iniziale di decorrenza dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione - dal quale dovrebbe sorgere il diritto al rimborso - sia da riferire alla data di efficacia del primo dei provvedimenti che ha previsto la sospensione delle citate attività, ossia il D.P.C.M. 9 marzo 2020, divenuto efficace dal 10 marzo 2020. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

 

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto in relazione ai contratti di abbonamento, anche di durata uguale o superiore a un mese. In virtù di tale precisazione introdotta in sede referente, parrebbe dunque consentito il rimborso anche di quanto corrisposto con riferimento a singole mensilità.

I soggetti acquirenti possono presentare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, istanza di rimborso del corrispettivo già versato per tali periodi, allegando il relativo titolo di acquisto o la prova del versamento effettuato.

Il gestore dell’impianto sportivo, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, in alternativa al rimborso del corrispettivo, può rilasciare un voucher di pari valore incondizionatamente utilizzabile presso la stessa struttura entro un anno dalla cessazione delle predette misure di sospensione dell’attività sportiva. Si valuti l'opportunità di specificare se il rimborso alternativo a mezzo voucher sia rimesso alla discrezionalità del venditore ovvero richieda il consenso dell'avente titolo al rimborso.

Si segnala che gli artt. 88 (oggetto di novella dall'art. 183, co. 11 e 11-bis, del provvedimento in esame) e 88-bis (oggetto di novella dall'art. 182, co. 3-bis, del provvedimento in esame) del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) prevedono una disciplina analoga a quella in commento relativa al rimborso per impossibilità sopravvenuta della prestazione relativa a titoli di accesso a spettacoli o eventi culturali, di viaggio, di soggiorno, di pacchetti turistici. In questi casi, la validità del voucher è di diciotto mesi dalla data di emissione ed è dunque parametrata al momento finale della procedura di rimborso.

Parrebbe invece che la validità del voucher in questione, essendo parametrata alla cessazione delle misure di sospensione - che terminano il 24 maggio 2020, potendo riprendere le attività presso palestre e impianti a partire dal 25 maggio 2020, in base al D.P.C.M. 17 maggio 2020[19] - permanga fino al 24 maggio 2021.


 

Articolo 217
(Costituzione del Fondo per il rilancio del
sistema sportivo nazionale)

 

 

L’articolo 217 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, finanziato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2022, da una quota pari allo 0,3% del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse. Il finanziamento del Fondo è in ogni caso determinato in misura non inferiore a 40 milioni di euro per l’anno 2020, e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

In dettaglio, il comma 1 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale, le cui risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per essere assegnate all’Ufficio per lo sport.

La finalità della disposizione è di fronteggiare le conseguenze economiche gravanti sui "soggetti operanti nel sistema sportivo" a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza da COVID-19.

 

A seguito delle predette misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 è stata prevista, fra l'altro, la sospensione delle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori (art. 1, co.1, lett. s), del D.P.C.M. 8 marzo) con il D.P.C.M. 9 marzo 2020, attuativo del D.L. 6/2020 (L. 13/2020), che ha esteso per la prima volta a tutto il territorio nazionale le misure previste dal D.P.C.M. 8 marzo 2020 inizialmente solo per alcune zone.

Successivamente il D.L. 19/2020 (in fase di conversione presso le Camere, A.C. 2447 - A.S. 1811) all'art. 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

§  la limitazione o sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati, ivi compresa la possibilità di disporre la chiusura temporanea di palestre, centri termali, sportivi, piscine, centri natatori e impianti sportivi, anche se privati, nonchè di disciplinare le modalità di svolgimento degli allenamenti sportivi all'interno degli stessi luoghi (art. 1, co. 2, lett. m));

§  la limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive motorie svolte all'aperto o in luoghi aperti al pubblico (art. 1, co. 2, lett. n)).

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

In attuazione, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 26 aprile 2020, efficace a partire dal 4 maggio 2020, che ha confermato - fino al 17 maggio 2020 - la sospensione delle  attività  di  palestre, centri  sportivi, piscine, centri natatori (articolo 1, comma 1, lettera u)).

Dal 18 maggio 2020, con il decreto-legge n. 33 del 2020 sono state date le prime indicazioni per un graduale allentamento delle misure di contenimento, efficaci fino al 31 luglio 2020, demandando ad ulteriori provvedimenti attuativi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, il dettaglio degli interventi, anche a seguito delle Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome del 16 maggio 2020. Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

§  la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

§  la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

§  la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

Successivamente, il D.P.C.M. 11 giugno 2020 ha confermato la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere presso palestre e centri sportivi nonché di quella all'aperto, e ha consentito la ripresa, a decorrere dal 12 giugno 2020 e fino al 14 luglio 2020, degli eventi e delle competizioni sportive a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico; anche le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse (articolo 1, comma 1, lettera e)).

 

Le risorse, per il triennio 2020-2022, derivano da una quota delle scommesse sportive (si veda infra) e sono destinate all’adozione di misure di sostegno e di ripresa del movimento sportivo.

 

Il comma 2 precisa le modalità di finanziamento del Fondo di cui al comma 1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, una quota pari allo 0,5% del totale della raccolta da scommesse relative a eventi sportivi di ogni genere, anche in formato virtuale, effettuate in qualsiasi modo e su qualsiasi mezzo, sia on-line, sia tramite canali tradizionali, come determinata con cadenza quadrimestrale dall’ente incaricato dallo Stato, al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo n. 504 del 1998, viene versata all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione sul Fondo.

Il finanziamento del predetto Fondo è determinato nel limite massimo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, e 50 milioni di euro per l'anno 2021.

Qualora, negli anni 2020 e 2021, l'ammontare delle entrate corrispondenti alla percentuale di cui al presente comma sia inferiore alle somme iscritte nel Fondo ai sensi del precedente periodo, è corrispondentemente ridotta la quota di cui all'articolo 1, comma 630, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

 

Nella relazione illustrativa e tecnica il Governo fornisce alcune informazioni di dettaglio sulle entrate sui giochi, chiarendo le motivazioni sottostanti la determinazione della quota pari allo 0,5% del totale della raccolta per il finanziamento del Fondo.

Le entrate generate dal comparto dei giochi si distinguono a seconda che il gettito rientri tra le entrate extra-tributarie o tributarie.

Nel primo caso il prelievo fiscale coincide con il margine erariale residuo, una sorta di utile di gestione, e si ottiene sottraendo dall’importo complessivo delle giocate (raccolta), le vincite pagate ai giocatori e l’aggio spettante al gestore del punto di gioco. La riscossione di tali entrate rientra nelle competenze dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), la quale esercita in modo diretto l’attività di raccolta presso i concessionari autorizzati. Questo prelievo si applica solo al Lotto, alle Lotterie istantanee e a estrazione differita e, fino al 2016, al Bingo. Tali entrate confluiscono ugualmente tra le imposte indirette del Bilancio dello Stato e del conto economico delle Amministrazioni pubbliche.

Il gettito generato da tutte le altre tipologie di gioco, viene classificato, invece, fra le entrate tributarie.

I soggetti passivi di imposta sono i concessionari e le basi imponibili e le aliquote variano a seconda della diversa tipologia di gioco. In particolare, la base imponibile può essere la raccolta lorda o il margine lordo del concessionario (differenza tra la raccolta e le vincite) e attualmente esistono quattro tipi di imposta:

i.          Il Prelievo erariale unico (PREU), istituito nel 2003 per i giochi praticati su macchine da intrattenimento (AWP e VLT). La base imponibile dell’imposta è rappresentata dalle somme giocate (raccolta), mentre l’aliquota, diversa fra AWP e VLT, viene in genere fissata dalle leggi di bilancio, anche se ADM, con propri decreti può emanare tutte le disposizioni in materia al fine di assicurare maggiori entrate, potendo tra l’altro variare la misura del PREU.

 

Gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) del regio decreto n. 773 del 1931, cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot),  sono quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal MEF - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del MEF - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina.

Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali (articolo 110, comma 6, lettera a)).

Si tratta inoltre (articolo 110, comma 6, lettera b) del regio decreto n. 773 del 1931) degli apparecchi facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, c.d. Video Lottery Terminal (VLT). Per tali apparecchi, con regolamento del MEF di concerto con il Ministro dell'interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1.    il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2.    la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3.    l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4.    le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5.    le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6.    le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

 

ii.          L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504), che si applica invece ai giochi numerici a totalizzatore, ai giochi a base sportiva e a base ippica, ai giochi di abilità a distanza, ai giochi di carte, ai giochi di sorte a quota fissa, ai poker cash e ai giochi da casinò. La base imponibile può corrispondere sia alla raccolta sia al margine lordo (GGR), calcolato quest’ultimo come differenza fra la raccolta e i premi restituiti ai giocatori. Le aliquote sono variabili fra i vari tipi di gioco e anche in questo caso possono essere modificate da interventi legislativi o da ADM.

iii.          Imposta sugli intrattenimenti (ISI), che si applica ai giochi nei quali non è prevista vincita in denaro (i videogiochi, i simulatori, il biliardo, il calcio balilla, ecc.) come gli apparecchi da intrattenimento. In genere, in questo caso la base imponibile viene calcolata in modo forfettario, a seconda della tipologia di gioco.

iv.          Aliquota IVA, che si applica esclusivamente ai giochi per i quali non è prevista vincita in denaro.

 

Dal 2012, infine, per alcuni tipologie di gioco è stata introdotta una tassazione ulteriore sulle vincite superiori a 500 euro, la cosiddetta tassa sulla fortuna. Da ottobre 2017 tale prelievo è stato esteso anche ad altre tipologie di gioco: ad oggi risultano tassate, anche se con aliquote diverse, le vincite oltre i 500 euro per i giochi numerici a totalizzatore, i giochi numerici a quota fissa, le lotterie e i premi corrisposti dalle VLT.

Il comparto delle scommesse sportive è oggi costituito prevalentemente dalle scommesse sportive (93,4 per cento nel 2016) e solo in piccolissima parte dalle scommesse ippiche, che hanno perso rilevanza soprattutto a causa della riduzione dell’offerta. Fino al 1998 inoltre, le uniche scommesse sportive possibili erano quelle a totalizzatore come il Totocalcio, il Totogol e il Totosei. Successivamente, oltre alle scommesse a quota fissa, non solo è stata prevista la possibilità di scommettere su eventi sportivi non organizzati dal Coni ma è anche stata introdotta, seguendo l’esempio di alcuni paesi europei, la possibilità di scommettere su eventi non sportivi. La tecnologia ha permesso di incrementare notevolmente il numero di scommesse grazie anche all’opportunità di poter effettuare scommesse on-line e live, anche dai propri dispositivi e su eventi già iniziati. Nel 2016 il volume di gioco delle scommesse sportive off-line si è assestato su valori prossimi ai 4,5 miliardi di euro ai quali si aggiungono oltre 4 miliardi provenienti dalla raccolta online.

Per quanto riguarda le scommesse ippiche, sia al totalizzatore sia a quota fissa, possono effettuare la raccolta i concessionari autorizzati da ADM attraverso le agenzie aderenti alle rispettive reti distributive. La raccolta è però anche permessa all’interno degli ippodromi presso gli appositi sportelli e i picchetti degli allibratori. Le altre scommesse sportive possono invece essere raccolte esclusivamente dai concessionari presso le ricevitorie facenti parte della loro rete distributiva.

Nel 2016, le scommesse sportive e ippiche a quota fissa sono state oggetto di una importante innovazione fiscale (per effetto dell’articolo 1, comma 945, della legge di stabilità 2016 - legge n. 208 del 2015). In particolare, le scommesse sportive sono passate a un sistema di tassazione sul margine lordo, definito come differenza fra la raccolta e le vincite dei giocatori, con un’aliquota del 18% per la rete fisica e del 22% per la rete telematica. Per le scommesse ippiche il cambio di regime è previsto dal 2018 con aliquote del 33% sulla rete fisica e del 37% sulla rete telematica. La ragione di questa differenziazione di aliquote risiede nel fatto che le ricevitorie on-line sopportano costi operativi di gestione molto più bassi rispetto alle ricevitorie fisiche. Da un punto di vista economico il passaggio dal sistema di tassazione sulla raccolta a uno sul margine lordo equivale a una trasformazione dell’imposta che si sposterebbe dalla quantità al prezzo.

Attualmente, sulle scommesse a quota fissa l’imposta si applica con l’aliquota del 20%, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24%, se la raccolta avviene a distanza, così aumentata dall’articolo 1, comma 1052, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), mentre sulle scommesse su eventi virtuali l’aliquota è del 22%.

Come esemplificato dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, considerato che per una raccolta di 100 euro la vincita sulle scommesse è di circa 82 euro con un margine di circa 18 euro, emerge che un aumento di 1 euro su una raccolta di 100 euro si trasla parimenti sul prelievo applicato al margine portandolo da 3,6 euro a 4,6 euro per il gioco fisico. L’ultimo aumento previsto nella legge di bilancio 2018 è stato – proseguendo nell'esempio – di 2 euro sul margine, equivalente a circa 0,35 euro sulla raccolta; ed in tale periodo si rammenta non vi era la crisi finanziaria in corso e la sospensione del gioco. Analoghe considerazioni per scommesse a distanza e virtuali.

Per la determinazione del prelievo nella misura dello 0,5% si è dunque tenuto conto del delicato momento di crisi di liquidità e di sospensione dei giochi.

Gli importi sono stati determinati prudenzialmente, partendo dall’ammontare della raccolta sportiva realizzatasi negli anni precedenti ed operando le necessarie correzioni al ribasso in ragione del periodo di lockdown del 2020.

Il Centro Studi della Federazioni Italiana Gioco Calcio, in un documento datato 27 marzo 2020, ha evidenziato che “solo tra il 2006 e il 2019 la raccolta delle scommesse sul Calcio è aumentata di quasi 5 volte, passando da 2,1 a 10,4 miliardi di euro, e nel medesimo periodo il relativo gettito erariale è passato da 171,7 a 248,5 milioni di euro”. La fonte dei dati indicati nel riportato documento della FIGC è la “Direzione Centrale gestione tributi e monopoli giochi – Ufficio scommesse e giochi sportivi a totalizzatore” del Ministero dell’Economia.

Il Governo chiarisce che, poiché il predetto livello di finanziamento del Fondo è stabilito al netto della quota riferita all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al decreto legislativo n. 504 del 1998, la norma non introduce alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.

 

In base al comma 3, i criteri di gestione del Fondo sono determinati con decreto dell’Autorità delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Si valuti l'opportunità di specificare anche i criteri per l'individuazione dei soggetti beneficiari delle risorse.

 


 

Articolo 217-bis
(
Sostegno alle attività sportive universitarie)

 

 

L'articolo 217-bis, introdotto durante l’esame in V Commissione, incrementa di € 3 mln per il 2020 le risorse stanziate per le finalità di cui alla L. 394/1977, allo scopo di sostenere le attività sportive universitarie e la gestione dei relativi impianti, danneggiate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Si tratta delle risorse definite annualmente dalla legge di bilancio in base alla stessa L. 394/1977.

In base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli per il triennio 2020-2022, le risorse, allocate sul cap. 1709  dello stato di previsione dell’allora MIUR[20], erano pari, per il 2020, a € 6.065.000.

Per lo stesso anno, esse sono state ripartite con D.D. 11304 del 4 maggio 2020. In particolare, la premessa del D.D. evidenzia che, con nota del 20 marzo 2020 prot. n. 554/1-a, il Centro universitario sportivo italiano, a fronte dell’emergenza epidemiologica in atto, aveva chiesto l’assegnazione anticipata dei fondi di cui alla L. 394/1977 agli atenei, al fine di consentire almeno di coprire i costi di manutenzione degli impianti sportivi universitari che, anche se non in uso al momento, avevano comunque costi fissi stabili, mentre erano venuti meno gli introiti solitamente ricavati dai tesseramenti degli studenti.

 

Per effetto dell’incremento disposto dall’articolo in esame, le risorse complessivamente disponibili per il 2020 risultano pari a € 9.065.000.

 

La L. 394/1977 ha previsto che presso ciascuna università o istituto di istruzione universitaria è istituito un comitato che sovraintende agli indirizzi di gestione degli impianti sportivi ed ai programmi di sviluppo delle relative attività.

Il comitato è composto dal rettore dell'università o dal direttore dell'istituto universitario, o da un loro delegato, che assume le funzioni di presidente, da due membri designati dagli enti sportivi universitari legalmente riconosciuti, che organizzano l'attività sportiva degli studenti su base nazionale, da due studenti eletti, e dal direttore amministrativo, o suo delegato, anche in qualità di segretario.

Nei centri in cui abbiano sede più università, i comitati possono essere autorizzati a costituirsi in consorzio.

I parametri di valutazione ai fini della ripartizione delle risorse sono stati definiti, da ultimo, con DM 45 del 24 maggio 2007. Qui la tabella.

 

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5.


 

Articolo 218
(Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici)

 

 

L'articolo 218, in considerazione dell’eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da Covid-19, reca disposizioni straordinarie e temporanee dirette a contenere in tempi certi l'eventuale contenzioso che potrebbe scaturire dalle decisioni che le federazioni sportive nazionali saranno presumibilmente costrette ad adottare, a causa del lockdown, in materia di prosecuzione e conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la stagione sportiva 2019/2020, e conseguenti misure organizzative per la successiva stagione sportiva 2020/2021.

 

Il comma 1 conferisce facoltà alle federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Coni) e dal Comitato Italiano Paralimpico (Cip), di adottare - anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo - provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali, con riferimento alla stagione sportiva 2019/2020.

Le medesime federazioni possono, inoltre, adottare i conseguenti provvedimenti relativi all’organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021.

 

Il comma 2 prevede che - nelle more dell’adeguamento dello statuto e dei regolamenti del Coni, e, a seguire, degli statuti delle federazioni sportive disciplinati  dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 242/1999 - la competenza degli organi di giustizia sportiva sia concentrata, in unico grado e con cognizione estesa al merito, nel Collegio di garanzia dello sport, il quale giudica sulla base di specifiche norme di giustizia sportiva per la trattazione delle controversie aventi a oggetto i provvedimenti di cui al comma 1, redatte in conformità ai criteri e ai requisiti stabiliti dal comma in esame.

Il comma 2, sotto il profilo procedurale, dispone, infatti, che: 1) il ricorso relativo a tali controversie, previamente notificato alle altre parti, sia depositato presso il Collegio di garanzia dello Sport entro 7 giorni dalla pubblicazione dell’atto impugnato a pena di decadenza; 2) il Collegio di garanzia dello sport decida in via definitiva sul ricorso, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, entro il termine perentorio di 15 giorni dal deposito, decorso il quale il ricorso si ha per respinto e l’eventuale decisione sopravvenuta è priva di effetti; 3) la decisione del Collegio di garanzia dello sport sia impugnabile ai sensi del comma 3.

 

Il decreto-legge n. 220 del 2003 (modificato dal codice del processo amministrativo) reca norme in materia di giustizia sportiva.

In attuazione del principio di autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (art. 1), l'art. 2 riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni relative all'osservanza e all'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (art. 2, comma 1, lett. a)), nonché la disciplina delle questioni relative ai comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e all'irrogazione ed applicazione delle conseguenti sanzioni disciplinari (art. 2, comma 1, lett. b)).

In tali materie, le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle Federazioni sportive nazionali, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, comma 2).

Con riferimento a tale disciplina (in particolare all'art. 2, commi 1, lett b), e 2), la Corte costituzionale ha recentemente ribadito la posizione espressa nella precedente sent. n. 49/2011, sulla base della quale le menzionate disposizioni sono frutto del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, che trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost. (sent. n. 160/2019).

 

Il sistema di giustizia sportiva è delineato dagli artt. 12 e sgg. dello Statuto del Coni, che istituisce presso il Coni, in piena autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport.

Il Collegio di Garanzia dello Sport è organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva dagli organi di giustizia federale (ad esclusione di quelle in materia di doping, per le quali è istituito il Tribunale Nazionale Antidoping, e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di minore rilevanza).

La Procura generale dello Sport ha il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali.

Il Codice della giustizia sportiva (adottato dal Consiglio Nazionale del Coni) regola l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi alle Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate, nonché l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi al Collegio di garanzia dello Sport e i rapporti tra le procure federali e la Procura generale dello Sport.

Avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia (ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a 90 giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro) è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12-bis dello Statuto del Coni.

Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.

Il Collegio di Garanzia dello Sport giudica altresì le controversie ad esso devolute dalle disposizioni del Codice, nonché dagli Statuti e dai Regolamenti federali, sulla base di speciali regole procedurali definite d’intesa con il Coni. In tali casi il giudizio può essere anche di merito e in unico grado.

La disposizione in commento interviene, dunque, a limitare temporaneamente l'autonomia dell'ordinamento sportivo, incidendo sia sulla disciplina statutaria del Coni in materia di giustizia sportiva sia sulle disposizioni procedurali recate dal Codice della giustizia sportiva.

 

Il decreto legislativo n. 242/99 (modificato dal decreto legislativo n. 15/2004) ha provveduto al riordino del CONI ai sensi dell'art. 11 della legge n. 59 del 1997 (successivamente l'art. 8 del decreto-legge n. 138 del 2002 ha costituito una società per azioni con la denominazione «CONI Servizi spa»).

In particolare, l'art. 15 - che reca disposizioni in materia di Federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate - ha statuito che le Federazioni sportive nazionali hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato, non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel decreto legislativo n. 242, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione.

Il successivo art. 16 reca disciplina degli Statuti delle Federazioni sportive nazionali.

 

Il comma 3 prevede che le controversie sulle decisioni del Collegio di garanzia dello sport rese ai sensi del comma 2, ovvero direttamente sui provvedimenti di cui al comma 1 qualora la decisione dell'organo di giustizia sportiva non sia resa nei termini, siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma.

Il comma reca inoltre disposizioni procedurali: 1) il termine per ricorrere decorre dalla pubblicazione della decisione impugnata, ovvero dalla scadenza del termine relativo, ed è di 15 giorni. Entro tale termine il ricorso, a pena di decadenza, è notificato e depositato presso la segreteria del giudice adito; 2) si applicano i limiti dimensionali degli atti processuali previsi per il rito elettorale, di cui all’articolo 129 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010, dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016; 3) la causa è discussa nella prima udienza utile decorsi 7 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, senza avvisi; 4) a pena di decadenza, i ricorsi incidentali e i motivi aggiunti sono notificati e depositati, al pari di ogni altro atto di parte, prima dell’apertura dell’udienza e, ove ciò si renda necessario, la discussione della causa può essere rinviata per una sola volta e di non oltre 7 giorni; 5) il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicare entro il giorno successivo a quello dell’udienza; 6) la motivazione della sentenza può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie; 7) qualora la complessità delle questioni non consenta la pubblicazione della sentenza entro il giorno successivo a quello dell’udienza, entro lo stesso termine è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria e la motivazione è pubblicata entro i 10 giorni successivi.

 

Ai sensi dell'art. 3 del decreto-legge n. 220/2003, in materia di giustizia sportiva, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è affidata un "ulteriore forma di tutela giustiziale" (Corte cost., sent. n. 49/2011) "relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra società, associazioni sportive, atleti (e tesserati) - demandati (...) al giudice ordinario - e, per altro verso, pur scaturendo da atti del CONI e delle Federazioni sportive, non rientra fra le materie che, ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, sono riservate - in quanto (...) non idonee a far sorgere posizioni soggettive rilevanti per l'ordinamento generale, ma solo per quello settoriale - all'esclusivo interesse degli organi della giustizia sportiva" (sent. n, 49/2011).

L'art. 3 del decreto-legge n. 220/2003 è stato modificato dall'art. 1, comma 647, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), il quale ha in ogni caso riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

E' stabilito che per le dette controversie resta esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva, fatta salva la possibilità che lo statuto e i regolamenti del Coni, e conseguentemente delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto n. 220/2003 decidono tali questioni anche nel merito ed in unico grado e le cui statuizioni, impugnabili di fronte al Tar Lazio, siano rese in via definitiva entro il termine perentorio di 30 giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato.

Con lo spirare di tale termine il ricorso all'organo di giustizia sportiva si ha per respinto, l'eventuale decisione sopravvenuta di detto organo è priva di effetto e i soggetti interessati possono proporre, nei successivi 30 giorni, ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio.

 

Il comma 4 prevede che - nei giudizi proposti ai sensi del comma 3 - il giudice provveda sulle eventuali domande cautelari prima dell’udienza, con decreto del presidente, soltanto qualora ritenga che possa verificarsi un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione di merito assunta nel rispetto dei termini fissati dal medesimo comma 3.

In ipotesi differenti dalla precedente, il giudice riserva la decisione su tali domande all’udienza collegiale e in tale sede provvede su di esse con ordinanza, a meno che, entro il giorno successivo a quello dell’udienza, non venga pubblicata la sentenza in forma semplificata e la pubblicazione del dispositivo non esaurisca le esigenze di tutela anche cautelare delle parti.

Ai giudizi di cui al comma 3 non si applica l’art. 54, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo n. 104/2010, il quale prevede la sospensione dei termini processuali dal 1° al 31 agosto di ciascun anno.

 

Il comma 5 dispone che l’appello al Consiglio di Stato sia proposto, a pena di decadenza, entro 15 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello dell’udienza, qualora entro tale data sia stata pubblicata la sentenza in forma semplificata, e in ogni altro caso dalla data di pubblicazione della motivazione.

Al relativo giudizio si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4.

 

Il comma 6 prevede che le disposizioni di cui all'articolo in commento si applichino esclusivamente ai provvedimenti, richiamati al comma 1, adottati tra la data di entrata in vigore del decreto in esame e il sessantesimo giorno successivo a quella in cui ha termine lo stato di emergenza dichiarato con la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.

 

 

 


 

Articolo 218-bis
(Sostegno alle
associazioni sportive dilettantistiche)

 

 

L'articolo 218-bis, introdotto durante l’esame in V Commissione, autorizza la spesa di € 30 mln per il 2020 a favore delle associazioni sportive dilettantistiche iscritte nell'apposito registro tenuto dal CONI.

 

In particolare, l’autorizzazione di spesa è finalizzata ad assicurare alle stesse associazioni sportive dilettantistiche adeguato ristoro e sostegno ai fini della ripresa e dell’incremento delle attività, in ragione del servizio di interesse generale da esse svolto per la collettività.

Le risorse devono essere ripartite con DPCM, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, per la cui emanazione non è previsto un termine.

 

Al riguardo, si ricorda che, sulla base dell’art. 5, co. 2, lett. c), del d.lgs. 242/1999 - ai sensi del quale il Consiglio nazionale del CONI delibera in ordine ai provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle federazioni sportive nazionali, delle società ed associazioni sportive, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite e di altre discipline sportive associate al CONI e alle federazioni, sulla base dei requisiti fissati dallo statuto, tenendo conto a tal fine anche della rappresentanza e del carattere olimpico dello sport, dell'eventuale riconoscimento del CIO e della tradizione sportiva della disciplina – con deliberazione 1574 del 18 luglio 2017 è stato istituito il registro per il riconoscimento delle associazioni e società sportive dilettantistiche.

Qui le discipline sportive ammissibili per l’iscrizione nel registro.

 

Si ricorda, altresì, che nel registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI vi è una Sezione CIP (Comitato italiano paralimpico), dedicata alle società e associazioni sportive dilettantistiche affiliate ai seguenti organismi sportivi:

- Federazioni e Discipline sportive paralimpiche riconosciute dal CIP;

- Federazione sportive nazionali paralimpiche e Discipline sportive associate paralimpiche le cui attività siano state riconosciute dal CIP;

- Enti di promozione sportiva paralimpica riconosciuti dal CIP[21].

 

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5, del decreto-legge in commento.


 

Capo V -  Misure in materia di giustizia

Articolo 219
(Misure urgenti per la funzionalità dell’amministrazione della giustizia, per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e
per i dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria)

 

 

L'articolo 219 reca una pluralità di misure finalizzate a garantire la funzionalità dell'amministrazione della giustizia, assicurando condizioni di sicurezza rispetto al rischio di contagio da Covid-19 all'interno sia degli uffici giudiziari, sia delle carceri, e stanziando le relative risorse economiche.

 

Il comma 1, prevede una serie di interventi volti a consentire, nell'immediato, lo svolgimento di compiti istituzionali improrogabili ed urgenti da parte degli uffici giudiziari e delle articolazioni centrali del Ministero della giustizia, e, al termine dell'emergenza epidemiologica, la ripresa ordinaria delle attività in condizioni di sicurezza. Per tali misure è autorizzata una spesa complessiva di euro 31.727.516 per l'anno 2020, destinata:

§  all'acquisto di materiale igienico sanitario e dispositivi di protezione individuale per attività di sanificazione e disinfestazione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso all'amministrazione giudiziaria;

§  all'acquisto di apparecchiature informatiche e delle relative licenze d'uso.

 

Al comma 2 è altresì previsto uno stanziamento di euro 4.612.454 per l'anno 2020, finalizzato all'acquisto di apparecchiature informatiche (e delle relative licenze d'uso) destinate al personale degli istituti e dei servizi dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, tanto in presenza quanto nella modalità da remoto.

 

Il comma 3 contempla invece l'aumento della spesa già prevista dall'art. 74 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. “cura Italia”) per la copertura di interventi in ambito carcerario, che comprendono il pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte dal personale dell'amministrazione penitenziaria al fine di assicurare l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari e le attività di sanificazione degli ambienti.

In dettaglio, lo stanziamento per l'anno 2020, che passa dai 6.219.625 euro previsti dal d.l. 18 ai 9.879.625 euro del d.l. in esame, è così ripartito:

§  7.094.500 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni;

§  1.585.125 euro per gli altri oneri connessi all’impiego temporaneo fuori sede del personale necessario;

§  1.200.000 euro per le spese di sanificazione e disinfezione degli ambienti nella disponibilità del medesimo personale e a tutela della popolazione detenuta.

 

L'incremento di 3.660.000 euro è imputato per intero alla copertura di prestazioni di lavoro straordinario, il cui pagamento è corrisposto anche in deroga ai limiti vigenti, in considerazione dell'aumento del carico di lavoro dovuto alle eccezionali misure messe in atto per fronteggiare l'emergenza epidemiologica e garantire la sicurezza e la tutela dei detenuti, oltreché dello stesso personale dell'amministrazione penitenziaria chiamato ad operare.

 

La relazione tecnica riferisce che gli stanziamenti di cui al comma 3 consentono la retribuzione di ulteriori 10 ore di lavoro straordinario a favore dei 255 dirigenti penitenziari e dei 17 direttori degli istituti per minori individuati nella relazione tecnica del d.l. 18/2020 come destinatari della norma e, per quello che riguarda gli oneri connessi all'impiego di personale fuori sede, la liquidazione dello stesso trattamento già previsto per 500 unità di personale dall'art. 74, comma 7, del d.l. 18/2020 ad ulteriori 800 unità di personale.

 

Gli oneri complessivi previsti dall'articolo in esame, pari a 40.000 euro per l'anno 2020, sono coperti ai sensi dell'art. 265, comma 7.

 


 

Articolo 220
(Disposizioni urgenti in materia di Fondo unico giustizia)

 

 

L’articolo 220 destina, soltanto per il 2020, le risorse del Fondo Unico Giustizia al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 o al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze.

 

Più nel dettaglio la disposizione prevede che per il solo anno 2020, in deroga alle vigenti disposizioni in materia, le somme versate nel corso dell’anno 2019 all’entrata del bilancio dello Stato sul capitolo 2414 art. 2 e art. 3 (per complessivi euro 116.587.953,25, come ricorda la relazione illustrativa) relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria delle quote intestate al Fondo unico giustizia alla data del 31 dicembre 2018, siano riassegnate al Ministero della giustizia e al Ministero dell’interno, nella misura del 49% per ciascuna delle due amministrazioni.  Tali somme devono essere destinate prioritariamente al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al contenimento e alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nonché al ristoro di somme già anticipate per le medesime esigenze.

 

Il Fondo Unico di Giustizia è un fondo dinamico in cui confluiscono:

§  i rapporti finanziari ed assicurativi sottoposti a sequestro penale o amministrativo oppure a confisca di prevenzione;

§  le somme non ritirate trascorsi 5 anni dalla definizione dei processi civili e delle procedure fallimentari.

 

Il Fondo Unico di Giustizia riceve le comunicazioni di sequestro, dissequestro e confisca degli uffici giudiziari o amministrativi i flussi informativi trasmessi dagli operatori finanziari (banche, Poste Italiane, SGR, ecc.) e assicurativi, mediante il sistema Entratel dell’Agenzia delle Entrate (DM 25.09.2009 e DM 07.11.2011).

 

La gestione delle risorse del Fondo è affidata a Equitalia Giustizia s.p.a. la quale versa allo Stato più nel dettaglio:

§  le somme confiscate dall’Autorità Giudiziaria o Amministrativa (art. 6, comma 1, del DM n. 127/2009);

§  l’utile della gestione finanziaria delle risorse liquide del FUG (art. 2 del DM 20 aprile 2012);

§  una quota delle risorse sequestrate stabilita con decreto ministeriale, in base a criteri statistici che tengono conto delle probabilità di restituzione (cd. «anticipazione») (comma 7   dell’art. 2 del DL n. 143/2008, conv. l. n. 181 del 2008).

Le somme versate allo Stato da Equitalia Giustizia sono destinate alla riassegnazione (art. 2 del DL n. 143/2008, conv. l. n. 181 del 2008):

§  in misura non inferiore a 1/3, al Ministero dell’Interno;

§  in misura non inferiore a 1/3, al Ministero della Giustizia;

§  all’entrata del bilancio dello Stato.

Le quote di riassegnazione sono stabilite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. I DPCM finora emanati hanno sempre previsto la destinazione del 49% al Ministero dell’Interno, del 49% al Ministero della Giustizia e del 2% all’entrata del bilancio dello Stato. Si precisa che alcuni versamenti residuali vengono eseguiti da Equitalia Giustizia in specifici capitoli di bilancio con differenti ripartizioni.

 

DATI PATRIMONIALI DEL FUG AL 31.12.2019[22]

Natura della risorsa

Importo

 Totale Liquide (1)

   2.146.941.747

di cui già “anticipate” (2)

  701.880.000

 


 

 

DATI PATRIMONIALI DEL FUG AL 31.12.2019[23]

Totale Non liquide 

 

2.354.447.327

di cui deposito titoli (3)

1.687.538.798*

di cui gestioni patrimoniali (3)

55.456.756

di cui gestione collettiva del risparmio (3)

123.524.687

di cui contratti assicurativi (4)

246.691.643

di cui mandati fiduciari (5)

157.435.680

di cui altri rapporti

83.799.764

Totale FUG

4.501.389.074

 (*) In tale voce l'importo di 1,16 Miliardi è relativo alla sottoscrizione del prestito obbligazionario ILVA

Natura della risorsa:

1.     Conti correnti e depositi a risparmio

2.     Somme sequestrate «anticipate» allo Stato da Equitalia Giustizia ai sensi dell’art. 2, comma 7, del DL n. 143/2008

3.     Gli operatori finanziari comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) il valore dei rapporti alla data di intestazione al FUG (valore «storico»)

4.     Gli operatori assicurativi comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) il valore del capitale assicurato al momento della stipula del contratto

5.    Le società fiduciarie comunicano a Equitalia Giustizia in via telematica (Entratel) l’importo del capitale ad esse affidato per l’esecuzione del mandato. Per il valore dei singoli rapporti finanziari ed assicurativi aperti in esecuzione di tali mandati si rinvia, rispettivamente, alla nota n. 3 e alla nota n. 4. Occorre inoltre considerare che, nell’importo dei mandati sequestrati comunicato dalle società fiduciarie, è ricompreso anche il valore di rapporti aperti all’estero, che, tuttavia, affluiscono effettivamente al FUG soltanto in caso di esito positivo di procedure di cooperazione giudiziaria internazionale.

 


 

Articolo 220-bis
(Interventi urgenti per la corresponsione dei crediti maturati e non pagati relativi a prestazioni di avvocati, ausiliari del magistrato e consulenti di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato
)

 

 

L’articolo 220-bis, introdotto nel corso dell'esame in V Commissione, è volto ad incrementare di 20 milioni di euro per l'anno 2020 la dotazione del Programma di spesa 1.4 "Servizi di gestione amministrativa dell'attività giudiziaria" della Missione "giustizia" dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Tali risorse vengono destinate alla corresponsione dei crediti maturati e non pagati relativi alle prestazioni di avvocati, ausiliari del magistrato e consulenti di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato.

 

In particolare la disposizione, al fine di contenere l'impatto economico sulle attività professionali conseguente all'emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 incrementa di 20 milioni di euro per l'anno 2020 la dotazione del Programma di spesa 1.4 "Servizi di gestione amministrativa dell'attività giudiziaria" dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Tali risorse vengono destinate alla corresponsione dei crediti maturati e non pagati relativi alle prestazioni dei difensori, degli ausiliari del magistrato e dei consulenti di parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, di cui agli articoli 82 e ss. del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (TU spese di giustizia), in riferimento agli anni pregressi.

 

Il Titolo I della Parte III del TU spese di giustizia reca disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario. Il Capo IV (artt. 80-85) in particolare disciplina la procedura di liquidazione del compenso per difensori, ausiliari del magistrato e consulenti tecnici di parte ammesse al patrocinio a spese dello Stato.

 

E' opportuno ricordare che è in corso di esame presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il disegno di legge di iniziativa governativa n. 1881, il quale reca una serie di modifiche proprio al TU spese di giustizia in materia di patrocinio a spese dello Stato. In particolare le lettere d) ed e) dell’articolo 1, co. 1, modificano rispettivamente gli articoli 82 e 83 del TU spese di giustizia, relativi alla liquidazione del compenso e delle spese del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

 

La spesa complessiva del Ministero della giustizia è allocata su 2 missioni:

§  Giustizia;

§  Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche.

 

La missione "Giustizia" è composta di 7 programmi, dei quali solo 4 sono attribuiti ai centri di responsabilità del Ministero della Giustizia; i restanti 3 (Giustizia tributaria, Giustizia amministrativa, Autogoverno della magistratura) sono di pertinenza del Ministero dell'economia.

 

I quattro programmi di spesa attribuiti al Ministero della giustizia sono:

 

1.1. Amministrazione penitenziaria;

1.2. Giustizia civile e penale;

1.3. Giustizia minorile e di comunità;

1.4. Servizi di gestione amministrativa per l'attività giudiziaria.

 

Il comma 2 dell'articolo reca la copertura finanziaria.


 

Articolo 221
(Modifiche all’art. 83 del decreto-legge n. 18 del 2020, disposizioni concernenti il processo telematico, la partecipazione da remoto
alle udienze civili, i colloqui )

 

 

L’articolo 221 interviene sull’articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020 - che rappresenta la disposizione principale in tema di misure di contenimento degli effetti dell’epidemia, e della quarantena, sul sistema giudiziario nazionale – estendendo la disciplina della sospensione dei termini processuali ai termini previsti per la presentazione delle querele.

Nel corso dell’esame presso la V Commissione sono state introdotte numerose disposizioni, che in buona parte riproducono il contenuto di alcune norme contenute nell’articolo 83, la cui efficacia è cessata il 30 giugno 2020, concernenti in particolare il processo telematico e le udienze da remoto nel processo civile. Anche tali disposizioni hanno natura provvisoria, essendo la loro efficacia limitata al 31 ottobre 2020 e concernono, con riguardo al processo civile: il deposito telematico degli atti; la possibilità di svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante il deposito telematico di note scritte; il processo telematico nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione; la partecipazione da remoto alle udienze dei difensori e delle parti su loro richiesta. Con riguardo al processo penale si prevede la partecipazione alle udienze penali degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere e dei condannati detenuti, mediante videoconferenze o collegamenti da remoto. Inoltre alcune disposizioni concernono lo svolgimento  a distanza dei colloqui dei detenuti, internati e imputati negli istituti penitenziari e negli istituti penitenziari e  penali per minorenni.

Infine nel corso dell’esame in V Commissione sono state introdotte disposizioni a regime - la cui efficacia non è quindi limitata al 31 ottobre 2020 - concernenti il deposito con modalità telematica di istanze e atti presso gli uffici del pubblico ministero, nella fase delle indagini preliminari, da parte dei difensori e della polizia giudiziaria.

 

In estrema sintesi, l’articolo 83 del DL n. 18/2020 - come convertito dalla legge n. 27 del 2020, e prorogato dal decreto-legge n. 23 del 2020 - dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio nonché la possibilità, dal 12 maggio al 31 luglio, di adottare misure organizzative - che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze - volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari.

A partire dal 12 maggio, dunque, spetta ai singoli capi degli uffici giudiziari l'adozione di misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19. Nei singoli uffici giudiziari sarà possibile:

-          limitare l'accesso del pubblico e l'orario di apertura al pubblico, eventualmente prevedendo una previa prenotazione per scaglionare gli ingressi;

-          celebrare le udienze a porte chiuse;

-          svolgere udienze civili mediante collegamenti da remoto;

-          rinviare ulteriormente le udienze civili e penali a data successiva al 31 luglio 2020, nel rispetto delle esclusioni già attualmente previste.

Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico, anche penale, ed a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento di attività processuali – dalle indagini alle udienze di trattazione – da remoto.

La legge n. 70 del 2020, di conversione del decreto legge n. n. 28 del 2020 ha riportato al 30 giugno 2020 – in luogo del 31 luglio 2020 – la data di conclusione della fase emergenziale nel settore della giustizia. La legge ha previsto dunque che la fase emergenziale per gli uffici giudiziari cessi il 30 giugno: le disposizioni dell’art. 83, relative alle misure organizzative da applicare negli uffici, al processo telematico, alla trattazione da remoto, hanno cessato l’efficacia alla fine del mese di giugno.

 

Il comma 1, non modificato, incide, sul comma 2 dell’art. 83, che ha sospeso dal 9 marzo al 15 aprile (termine poi prorogato fino all’11 maggio 2020) il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali: dai termini di durata delle indagini preliminari, ai termini per l’adozione e il deposito di provvedimenti giudiziari, dai termini per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, a quelli per proporre impugnazione.

In particolare, il comma 1 inserisce un ultimo periodo al comma 2, per sospendere – per il periodo dal 9 marzo all’11 maggio 2020 – anche il termine per proporre querela, di cui all’art. 124 del codice penale. La disposizione è destinata ad applicarsi retroattivamente, così da rimettere in termini quanti, a causa dell’emergenza epidemiologica, non abbiano potuto esercitare il proprio diritto di querela.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 124 del codice penale, salvo che la legge disponga diversamente, il diritto di querela non può essere esercitato decorsi 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.

 

I commi da 2 a 11 sono stati inseriti nel corso dell’esame in V Commissione.

In particolare, i commi da 3 a 10 contengono diverse disposizioni che riproducono in larga parte le norme dell’articolo 83 del decreto legge n. 18 del 2020, la cui efficacia è cessata il 30 giugno 2020, volte a potenziare il processo telematico civile, ed a consentire lo svolgimento di attività processuali da remoto.

La legge n. 70 del 2020, di conversione del decreto legge n. n. 28 del 2020 ha riportato al 30 giugno 2020 – in luogo del 31 luglio 2020 – la data di conclusione della fase emergenziale nel settore della giustizia. La legge ha previsto che le disposizioni dell’art. 83, relative alle misure organizzative da applicare negli uffici, al processo telematico, alla trattazione da remoto, hanno cessato l’efficacia alla fine del mese di giugno.

 

Secondo quanto previsto dal comma 2, le disposizioni introdotte dai commi da 3 a 10, contengono, così come quelle contenute nell’articolo 83, una disciplina a carattere provvisorio, legata alle esigenze sanitarie derivanti dalla diffusione del COVID 19 e applicabile fino al 31 ottobre 2020.

 

In particolare il comma 3, dispone in merito al deposito telematico degli atti del processo civile e il pagamento del contributo unificato con le medesime modalità. La disposizione riproduce il contenuto del comma 11 dell’articolo 83 del decreto legge n. 18 del 2020, la cui efficacia era limitata al 30 giugno 2020.

Più nel dettaglio si prevede l’obbligatorio deposito telematico da parte del difensore (o del dipendente di cui si avvale la p.a. per stare in giudizio) di ogni atto e dei documenti che si offrono in comunicazione, anche con riguardo ai procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione; ciò evidentemente solo negli uffici che hanno già la disponibilità del servizio di deposito telematico.

Si ricorda che l’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012 ha sancito l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali e dei documenti per le parti già costituite nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione presso il tribunale. Analoga obbligatorietà ha successivamente trovato applicazione anche per gli atti delle parti già costituite nei procedimenti davanti alle corti di appello, nei processi esecutivi e nei procedimenti di ingiunzione. Il comma 1-bis dell’articolo 16-bis prevede, però, che nell’ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai tribunali e innanzi alle corti di appello sia sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrono in comunicazione, con le modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.

 

In relazione alle medesime controversie, gli obblighi di pagamento del contributo unificato, nonché l’anticipazione forfettaria, connessi al deposito degli atti con le modalità telematiche, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5 del Codice dell’amministrazione digitale.

L’articolo 5, comma 2, del Codice dell’amministrazione digitale prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) mette a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

Rispetto al testo dell’articolo 83 (in vigore fino allo scorso 30 giugno) la disposizione in esame introduce un’ulteriore norma volta a specificare che il capo dell’ufficio autorizza il deposito con modalità non telematica quando i sistemi informatici del dominio giustizia non siano funzionanti e sussista un’indifferibile urgenza.

 

Il comma 4 dispone in merito alla possibilità di svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante il deposito telematico di note scritte. Il testo riproduce parzialmente quanto già previsto dalla lettera h) del comma 7 dell’articolo 83, la cui efficacia è limitata al 30 giugno.

In particolare si prevede la possibilità, per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori (e dunque quando non siano essenziali le parti), di procedere con lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice. Rispetto al testo in vigore fino al 30 giugno sono tuttavia disciplinati più nel dettaglio alcuni profili concernenti i termini entro i quali il giudice deve comunicare alle parti della sostituzione dell’udienza con le note scritte (30 giorni prima della data fissata per l’udienza) nonché i termini per il deposito delle stesse note (5 giorni prima della predetta data). E’ data alle parti la possibilità di presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento.

Si specifica inoltre che:

§  il giudice provvede entro i successivi cinque giorni.

§  nel caso di mancato deposito di note scritte da parte di tutte le parti, il giudice emette i provvedimenti previsti, in caso di mancata comparizione all’udienza dall'articolo 181 del codice di procedura civile.

L'articolo 181 c.p.c. prevede che se nessuna delle parti compare alla prima udienza, il giudice fissa un'udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti costituite. Se nessuna delle parti compare alla nuova udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l'estinzione del processo.

 

Il comma 5 dispone in merito al deposito telematico di atti e documenti da parte degli avvocati nei procedimenti civili innanzi alla Corte di Cassazione e conseguente assolvimento dell’obbligo di pagamento del contributo unificato.

La disposizione riproduce il contenuto del comma 11-bis dell’articolo 83 del decreto legge cura Italia, la cui efficacia era limitata al 30 giugno.

In particolare, previo provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, che dovrà accertare l’idoneità e la funzionalità dei servizi,

§  il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati potrà avvenire in modalità telematica;

§  il contributo unificato, quando la costituzione in giudizio avvenga con modalità telematiche, dovrà essere assolto con i già citati sistemi telematici di pagamento.

Quanto al deposito degli atti, si propone dunque la facoltà di provvedere con modalità telematiche; quanto al pagamento del contributo, una volta scelta la strada del processo telematico, si prescrive l’impiego dei mezzi telematici di pagamento.

 

Il comma 6 detta disposizioni volte a disciplinare la partecipazione da remoto alle udienze civili dei difensori e delle parti su loro richiesta.

In particolare:

·      la partecipazione avviene mediante collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia;

·      la parte può partecipare all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore e lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione;

·      il termine per il deposito dell'istanza di partecipazione mediante collegamento a distanza è fissato in almeno quindici giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell'udienza;

·      il giudice dispone la comunicazione alle parti dell'istanza, dell'ora e delle modalità del collegamento almeno cinque giorni prima dell'udienza;

·      il giudice, all’udienza, deve dare atto a verbale delle modalità con cui accerta l'identità dei soggetti partecipanti a distanza e, ove si tratta delle parti, la loro libera volontà e di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale.

 

Il comma 7 dispone in merito alla possibilità, con il consenso delle parti, di trattazione da remoto dell’udienza civile anche se finalizzata all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice. La disposizione riproduce il contenuto del comma 7, lettera f) dell’articolo 83, efficace fino al 30 giugno.

In particolare:

·      si rimette a provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia l’individuazione e regolazione dei collegamenti audiovisivi a distanza

·      si prevede che l'udienza sia tenuta con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti.

Disposizioni specifiche concernono la comunicazione ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, ove prevista la sua partecipazione, del giorno, dell'ora e delle modalità del collegamento, nonché delle operazioni cui il giudice deve dare atto nel verbale.

 

Il comma 8 prevede la possibilità che il giudice, in luogo dell'udienza fissata per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio (articolo 193 c.p.c), disponga che il consulente, prima di procedere all'inizio delle operazioni peritali, presti giuramento di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidate con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo telematico.

Si ricorda che l’art. 193 c.p.c.. prevede che all’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l'importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.

Si segnala inoltre che lettera h-bis), del comma 7 dell’art. 83, efficace fino al 30 giugno, prevedeva la possibilità dello svolgimento da remoto dell’attività degli ausiliari del giudice, purché fossero salvaguardati il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti.

 

Il comma 9, riproduce in parte il contenuto del comma 12 dell’articolo 83, e contiene alcune disposizioni relative alla partecipazione a qualsiasi udienza penale degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere o detenuti per altra causa e dei condannati detenuti, stabilendo che la stessa è assicurata mediante videoconferenze o collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili le disposizioni sulla partecipazione del procedimento a distanza di cui ai commi 3, 4, e 5 dell’articolo 146-bis c.p.p.

La norma in esame richiama le disposizioni sulla partecipazione del procedimento a distanza, di cui all’art. 146-bis disp.att.c.p.p.

In particolare, ai sensi del richiamato comma 3, quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri.

Il comma 4 afferma che è sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei.

In base al comma 5, il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza.

     Rispetto al testo della disposizione che è stata in vigore fino al 30 giugno, si specifica che:

§  resta fermo quanto previsto in materia di procedimento a distanza e di riprese audiovisive dei dibattimenti dagli articoli 146-bis e 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale;

§  il consenso dell'imputato o del condannato deve espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale;

§  l’udienza deve essere tenuta con la presenza del giudice, del pubblico ministero e dell'ausiliario del giudice nell'ufficio giudiziario e deve svolgersi con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti;

§  prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui è prevista la partecipazione il giorno, l'ora e le modalità del collegamento.

 

Il comma 10, riproduce in larga parte il contenuto del comma 16 dell’articolo 83, efficace fino al 30 giugno, disponendo che negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone a norma dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), dell'articolo 37 del relativo Regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 230 del 2000), nonché con riguardo ai condannati minorenni, dell’articolo 19 del d.lgs. n. 121 del 2018, sono svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti attualmente previsti (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000 e art. 19, comma 1, del predetto d.lgs. n. 121/2018).

Rispetto al testo in vigore fino al 30 giugno si specifica che la disposizione si applica su richiesta dell'interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate.

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Il comma 11 contiene invece disposizioni a regime - la cui efficacia non è quindi limitata al 31 ottobre 2020 - concernenti il deposito con modalità telematica di istanze e atti presso gli uffici del pubblico ministero, nella fase delle indagini preliminari, da parte dei difensori e della polizia giudiziaria.

Più nel dettaglio la norma:

·      demanda ad un decreto del Ministro della giustizia non avente natura regolamentare - previo accertamento da parte del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero  della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici - l’autorizzazione del deposito con modalità telematica, presso gli uffici del pubblico ministero, di memorie, documenti, richieste e istanze da parte del difensore dell’indagato una volta ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ( art. 415-bis, comma 3, c.p.p), nonché di atti e documenti da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria;

L’articolo 415-bis c.p.p. contiene la disciplina relativa all’avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. Ai sensi del comma 3 l’avviso deve contenere altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

·      quanto alle modalità del deposito rinvia ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, anche in deroga alle disposizioni del regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

Si tratta del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, emanato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n.?193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n.?24.

·      stabilisce che il deposito si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento direttoriale suddetto.

 

Le disposizioni di cui al comma 11 incidono sulla materia del deposito con modalità telematiche di atti presso gli uffici del pubblico ministero, che attualmente è regolata da una disciplina transitoria, diversa da quella introdotta dal comma in esame, contenuta nell’articolo 83, commi 12 quater.1 e 12 quater.2. Tale disciplina transitoria perderà efficacia il 31 luglio 2020.

Andrebbe valutata l’opportunità, per evitare dubbi interpretativi nell’applicazione della norma, di prevedere espressamente che la disciplina transitoria valida fino al 31 luglio 2020 è abrogata dalla disposizione in esame.

 

Si ricorda che i commi 12 quater. 1 e 12 quater.2 dell’articolo 83 che attualmente disciplinano, fino al 31 luglio 2020, il deposito con modalità telematiche di atti presso gli uffici del pubblico ministero, prevedendo che il Ministro della giustizia possa, con uno o più decreti di natura non regolamentare, autorizzare i singoli uffici del pubblico ministero che ne facciano richiesta, e che dispongano di servizi di comunicazione dei documenti informatici giudicati idonei dal ministero stesso:

a prevedere il deposito con modalità telematica delle memorie, dei documenti, delle richieste e delle istanze che l’indagato può presentare alla procura ai sensi dell’articolo 415-bis, comma 3, del codice; del deposito dovrà essere rilasciata ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali (comma 12-quater.1).

a prevedere la comunicazione con modalità telematica di atti e documenti da parte di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria; della comunicazione dovrà essere rilasciata ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali (comma 12-quater.2).

 

 


 

Capo VI -  Misure per l'agricoltura, la pesca e l'acquacoltura

Articolo 222
(Disposizioni a sostegno delle filiere agricole,
della pesca e dell'acquacoltura)

 

 

L’articolo 222 è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in V Commissione.

Mentre nel testo iniziale si istituiva un unico «Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi», nel testo approvato si prevedono i seguenti diversi interventi:

al comma 2, l’esonero dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2020 dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per alcuni comparti agricoli comparti (agrituristico, apistico, brassicolo, cerealicolo, florovivaistico, vitivinicolo, dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura);

al comma 3, l’istituzione «Fondo emergenziale per le filiere in crisi» di 90 milioni di euro per il 2020 a favore della zootecnia;

al comma 4, il finanziamento di 30 milioni di euro per il 2020 a favore di ISMEA per la concessione di c.d. cambiale agraria;

al comma 5, l’aumento di 30 milioni   della dotazione del Fondo di solidarietà nazionale – per il ristoro dai danni prodotti dalla cimice asiatica;

al comma 6, la concessione di un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 100 mila euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per lo sviluppo di processi produttivi innovativi;

al comma 7, la previsione di 20 milioni di euro per il 2020 per le imprese della pesca e dell'acquacoltura;

il riconoscimento di un'indennità di 950 euro per il mese di maggio 2020 ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca (comma 8).

 

L'articolo 222 è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in V Commissione.

Mentre nel testo iniziale si istituiva un «Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi», con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2020, il testo approvato contiene diversi interventi.

Viene riconosciuto, in primo luogo, al comma 2, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro di alcuni comparti, dovuti per il periodo dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2020. I beneficiari della misura sono le imprese appartenenti al comparto agrituristico, apistico, brassicolo, cerealicolo, florovivaistico, vitivinicolo, dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (comma 2).

Si demanda a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione dei criteri e delle modalità attuative della predetta misura. Il decreto dovrà essere adottato entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Gli oneri sono valutati in 426,1 milioni di euro per il 2020.

L'efficacia della predetta disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in base al quale alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché possa presentare le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno, la Commissione inizia la procedura di modifica o soppressione del nuovo regime di aiuto. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

Il comma 3 istituisce un «Fondo emergenziale per le filiere in crisi» a favore del settore zootecnico, con una dotazione di 90 milioni di euro per il 2020, finalizzato all'erogazione di aiuti diretti e alla definizione di misure di sostegno all'ammasso privato e al settore zootecnico.

Uno o più decreti dei Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, previa intesa in sede di Conferenza Stato- Regioni, sono chiamati a definire i criteri e le modalità di attuazione della predetta disposizione.

Gli aiuti sono definiti nel rispetto delle disposizioni stabilite dal Regolamento (UE) 2019/316, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo, nonché di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863 final, recante «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» e successive modificazioni e integrazioni.

Il comma 4 trasferisce a ISMEA la somma di 30 milioni di euro per il 2020 per la concessione di prestiti cambiari a tasso zero in favore delle imprese agricole e della pesca, in attuazione del regime di aiuto autorizzato dalla Commissione europea con decisione n. C (2020) 2999 del 4 maggio 2020.

 

La Commissione europea ha infatti già approvato un regime di aiuti per 30 milioni di euro concessi dallo Stato italiano a sostegno delle piccole e medie imprese (PMI) nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca nel contesto dell'emergenza Covid-19. Il regime è stato approvato in base al quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato adottato dalla Commissione il 19 marzo 2020 e modificato il 3 aprile 2020.

Il regime, rivolto alle PMI attive in questi settori, mira a dare loro accesso agli strumenti finanziari di cui hanno bisogno per coprire il loro fabbisogno immediato di capitale circolante, aiutandole così a proseguire le loro attività.

Nell'ambito del regime, il sostegno è concesso sotto forma di prestiti a tasso zero da parte dell'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA).

La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l'importo del prestito a tasso zero per impresa non può superare 30 000 euro e i contratti di prestito dovranno essere firmati entro il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 5 incrementa la dotazione del Fondo di solidarietà nazionaleinterventi indennizzatori di cui all'articolo 15 del d.lgs. n. 102/2004, di 30 milioni di euro per il 2020, ai fini dell'attuazione delle misure di cui all'articolo 1, comma 502, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020).

 

Il comma 501 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020 ha disposto che le imprese agricole ubicate nei territori che hanno subito danni dagli attacchi della cosiddetta cimice asiatica (Halyomorpha Halys) e ad essa correlati e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi possono accedere agli interventi compensativi previsti per favorire la ripresa dell’attività economica e produttiva di cui all'art. 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004.

L'ammissione a tali interventi avviene in deroga all'art. 1, comma 3, lettera b), del suddetto d.lgs. 102/2004, secondo cui il Fondo di solidarietà nazionale prevede - tra gli altri - interventi compensativi esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da calamità naturali ed eventi assimilabili, nei limiti previsti dalla normativa comunitaria.

Le Regioni sul cui territorio si è verificato l’attacco da parte della cimice asiatica possono conseguentemente deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità dei suddetti eventi entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2020.

Si rammenta che, ordinariamente, il termine previsto per attivare i suddetti interventi compensativi è di 60 giorni dalla cessazione dell’evento dannoso, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004. Nel caso in esame si tratta, invece, come già rilevato, di una deroga a quanto previsto dalla normativa ordinaria; il termine viene, quindi, fatto decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio.

Si ricorda, altresì, che gli aiuti che possono essere concessi - in base all'art. 5 del medesimo decreto legislativo - alle imprese agricole che abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile consistono in:

a)    contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile media ordinaria, da calcolare secondo le modalità e le procedure previste dagli orientamenti e dai regolamenti europei in materia di aiuti di Stato. Nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 32 del regolamento (UE) n. 1305/2013, il contributo può essere elevato fino al 90 per cento;

b)   prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio dell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso e per l'anno successivo, da erogare al seguente tasso agevolato: 1. 20 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi, per le aziende ricadenti nelle zone svantaggiate di cui sopra; 2. 35 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi, per le aziende ricadenti in altre zone. Nell'ammontare del prestito sono comprese le rate delle operazioni di credito in scadenza nei 12 mesi successivi all'evento inerenti all'impresa agricola;

c)    proroga delle operazioni di credito agrario; d) agevolazioni previdenziali.

In caso di danni causati alle strutture aziendali ed alle scorte possono essere concessi, a titolo di indennizzo, contributi in conto capitale fino all'80 per cento dei costi effettivi, elevabile al 90 per cento nelle citate zone svantaggiate.

Il comma 502 dello stesso articolo 1 ha disposto - conseguentemente - che, per far fronte ai danni subiti dalle imprese agricole danneggiate dagli attacchi della cimice asiatica, la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, di cui all'articolo 15 del citato decreto legislativo n. 102 del 2004, sia incrementata di 40 milioni di euro per l'anno 2020 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Si ricorda che il decreto di ripartizione in capitoli del bilancio 2019-2021 non presentava risorse – per gli anni 2020 e 2021 – nel cap. 7411 del MIPAAFT destinato al Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori.

Si rammenta, infine, che la XIII Commissione agricoltura della Camera ha approvato, il 2 ottobre 2019, la risoluzione conclusiva 8/00042, recante “Iniziative per il contrasto alla diffusione della cimice marmorata asiatica (Halyomorpha Halys)”, con la quale veniva richiesto al Governo, tra l’altro, di adottare misure straordinarie in favore delle imprese agricole che hanno subito danni a causa dell’invasione della cimice asiatica prevedendo opportune forme di credito specializzato supportate dagli strumenti pubblici a disposizione (ISMEA) e potenziando gli strumenti di risarcimento delle imprese danneggiate, con copertura sul Fondo di solidarietà nazionale o attraverso l’istituzione di uno specifico Fondo nella legge di bilancio 2020. Secondo quanto riportato in una Nota dell’ISPRA, consegnata nel corso delle audizioni svolte in merito all’esame delle risoluzioni per il contrasto alla Cimice asiatica, i danni causati da tale insetto sono molto rilevanti, con ricadute importanti sulla produzione frutticola e sui noccioleti. Essi ammontano a circa 350 milioni di euro; l’estensione del fenomeno al centro e al meridione d’Italia rende la stima dei danni ancora provvisoria. Il caso si collega al fenomeno delle invasioni biologiche, ovvero al trasporto operato dall’uomo – accidentalmente o intenzionalmente – di specie al di fuori del loro areale naturale. L’ISPRA riporta che le tecniche attualmente disponibili non appaiono efficaci a causa dell’elevata tolleranza a molti insetticidi. La tecnica che appare più promettente, al momento, è basata sul controllo biologico, ovvero sull’utilizzo di antagonisti naturali delle specie.

 

Il comma 6 sostituisce integralmente l'articolo 1, comma 520, della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019).

Nell'attuale formulazione, il comma 520 ha concesso alle imprese agricole, al fine di favorire l'efficienza economica, la redditività e la sostenibilità del settore agricolo e di incentivare l'adozione e la diffusione di sistemi di gestione avanzata attraverso l'utilizzo delle tecnologie innovative, un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile e mutui agevolati di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione o alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain, nei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato al settore agricolo. Esso ha demandato a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2020, la definizione dei criteri, delle modalità e delle procedure per l'erogazione dei contributi nel limite massimo di spesa pari a 1 mln di euro per il 2020, previsto dal comma 521.

 

La nuova disposizione concede alle imprese agricole e agroalimentari un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 100 mila euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione o alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain, nei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis.

La finalità prevista è aumentare il livello di sostenibilità economica sociale ed ambientale delle filiere agroalimentari incentivando una maggiore integrazione ed una migliore e più equa distribuzione del valore lungo la catena di approvvigionamento attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie emergenti.

Il comma in esame demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la determinazione dei criteri, delle modalità e delle procedure per l'erogazione dei contributi, nei limiti dell'autorizzazione di spesa pari a € 1 mln per il 2020, come previsto dal comma 521 dell'articolo 1, L. 160/2019.

Il comma 7 sostituisce integralmente il comma 2 dell'articolo 78 del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), riducendo da 100 a 20 milioni di euro per il 2020 la dotazione finanziaria del Fondo ivi istituito e modificando le finalità dello stesso, non più destinato alla copertura degli interessi sui mutui delle aziende agricole ma finalizzato esclusivamente al ristoro delle imprese di pesca e di acquacoltura per la sospensione dell’attività di pesca a causa dell’emergenza COVID-19.

Si demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della precedente disposizione, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento (UE) n.?717/2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura nonché di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863 final, recante «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» e successive modificazioni e integrazioni».

§  Il comma 8 riconosce un'indennità di 950 euro per il mese di maggio 2020 ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca in acque marittime, interne e lagunari, di cui alla L. n. 250/1958, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della gestione separata INPS per l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. n. 335/1995).

L'indennità è erogata dall'INPS, previa domanda, nel limite di spesa sotto-indicato e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del TUIR (DPR n. 917/1986). A tal fine, è autorizzata una spesa complessiva massima di 3,8 milioni di euro per il 2020.

Il comma 9 prevede che agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 2, 3, 4, 5 e 8 del presente articolo, determinati in 579,9 milioni di euro per il 2020, si provvede:

§  quanto a 499,9 milioni di euro ai sensi dell'articolo 265 del presente provvedimento;

§  quanto a 80 milioni di euro mediante utilizzo delle risorse rivenienti dalle dai risparmi di spesa previsti dal comma 7 del presente articolo.


 

Articolo 222-bis
(Imprese agricole danneggiate dalle eccezionali gelate occorse nel periodo dal 24 marzo al 3 aprile 2020)

 

 

L'articolo 222-bis è stato introdotto nel corso dell'esame in V Commissione. Esso prevede che le imprese agricole ubicate nei territori che hanno subìto danni per le eccezionali gelate occorse dal 24 marzo al 3 aprile 2020 possano accedere agli interventi compensativi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica: ciò per le produzioni per le quali non abbiano sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi. Conseguentemente, si incrementa di 10 milioni di euro, per il 2020, la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori.

 

Nello specifico, il comma 1 prevede che le imprese agricole ubicate nei territori che hanno subìto danni in conseguenza delle eccezionali gelate occorse dal 24 marzo al 3 aprile 2020 e per le produzioni per le quali non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi possano accedere agli interventi compensativi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 102 del 2004. Ciò in deroga alla previsione che limita gli interventi compensativi esclusivamente al caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura (articolo 1, comma 3, lettera b), del medesimo decreto legislativo).

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono conseguentemente deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi prima indicati, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Conseguentemente, si incrementa di 10 milioni di euro per il 2020 la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori di cui all'articolo 15, comma 2, del d.lgs. 102/2004, per fare fronte ai danni subiti dalle imprese agricole danneggiate dalle suddette eccezionali gelate.

Il comma 2 prevede che ai relativi oneri si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del provvedimento in esame.


 

Articolo 223
(Contenimento della produzione e miglioramento della qualità)

 

 

L’articolo 223 stanzia 100 milioni di euro, per l’anno 2020, da destinare alle imprese viticole - obbligate alla tenuta del Registro telematico - che si impegnano alla riduzione volontaria della produzione di uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica.

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1, ciò avviene attraverso la pratica della cosiddetta vendemmia verde parziale (la vendemmia verde, in genere, a mente dell’art. 47 del regolamento (UE) 1308/2013, consiste nella distruzione totale o l'eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa della relativa superficie), da realizzare nella corrente campagna.

La riduzione di produzione di uve destinate alla vinificazione non può essere inferiore al 15% rispetto al valore medio delle quantità prodotte negli ultimi 5 anni.

Sono escluse le campagne con produzione massima e minima, come risultanti dalle dichiarazioni di raccolta e di produzione presentate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 18 luglio 2019, n. 7701, da riscontrare con i dati relativi alla campagna vendemmiale 2020/21 presenti nel Registro telematico, istituito con decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015.

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le procedure attuative, le priorità di intervento e i criteri per l’erogazione del contributo da corrispondere alle imprese agricole.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in commento, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (comma 2).

 


 

Articolo 224
(Misure in favore della filiera agroalimentare)

 

 

L’articolo 224:

§  aumenta dal 50% al 70% la percentuale di anticipo dei contributi PAC che può essere richiesta con la procedura ordinaria, specificando che, in alternativa, può essere richiesta quella semplificata, introdotta con il decreto-legge n.18/2020, per la quale era stato già disposto l’innalzamento in pari percentuale per il 2020 (comma 1);

§  modifica la normativa introdotta con l’art. 78 del decreto-legge n. 18/2020 (comma 2):

§  specificando, al comma 3-ter, nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, che la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento;

§  aggiungendo un comma 3-decies con il quale l’ISTAT è delegato ad introdurre una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di idroponica e acquaponica;

§  sostituendo il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario e non trova copertura – non ulteriormente necessaria – sul Fondo garanzia PMI, come originariamente disposto;

§  prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo debba essere pari o inferiore a 30 tonnellate. Sono fatte salve quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP ed è previsto che un decreto stabilirà le aree vitate dove è ammessa una resa fino a 40 tonnellate (comma 3);

§  modifica, da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione riconosciuto agli affittuari o a coloro che detengono il fondo nei confronti del proprietario che intende alienarlo (comma 4);

§  prevede, in relazione all’obbligo di monitoraggio della produzione di latte vaccino e ovino, che le modalità di applicazione siano stabilite con decreti separati, uno riguardante la produzione latte bovino, l’altro la produzione di latte ovino (comma 5).

Nel corso dell’esame in V Commissione è stata prevista la sospensione dei termini di validità per gli attestati di funzionalità delle macchine agricole, prevedendo una scadenza omogenea a quella riguardante gli attestati per la vendita dei prodotti fitosanitari.

 

Nello specifico, il comma 1 modifica l’articolo 10-ter del decreto-legge n. 27 (c.d. decreto-legge emergenze agricole) prevedendo:

§  al comma 2, che la percentuale di contributi PAC che le imprese agricole hanno diritto di avere a titolo di anticipo secondo la procedura ordinaria sale al 70% rispetto al 50% originariamente previsto (secondo quanto specificato nella relazione, l’impatto finanziario della misura è di 400 milioni di euro in termini di cassa);

§  al comma 4-bis, che la procedura semplificata ivi prevista, introdotta con l’articolo 78 del DL Cura Italia, si applichi in alternativa al procedimento ordinario previsto al comma 2.

Si ricorda, al riguardo, che la procedura semplificata è stata introdotta dai commi 1 e 1-bis dell’articolo 78 del decreto-legge n. 18 del 2020, che hanno, in particolare, aggiunto un comma 4-bis all’articolo 10-ter del decreto-legge n.27/2019. Le disposizioni richiamate hanno previsto che le imprese agricole che non hanno potuto presentare la domanda ordinaria a causa dell’emergenza COVID-19 possano richiedere, per il solo 2020 e a determinate condizioni, l’anticipo del 70 per cento dell'importo richiesto per i pagamenti diretti dovuti a titolo di politica agricola comune (PAC).  Il calcolo è rapportato al valore del portafoglio titoli 2019 di cui si trovano in possesso gli agricoltori che conducono superfici agricole alla data del 15 giugno 2020; l’elargizione è condizionata all’impegno di presentare una domanda unica per la campagna 2020 per il regime di base. La richiesta dell’anticipazione non consente di cedere titoli sino a quando non sia stata compensata l’anticipazione. Gli aiuti connessi all’anticipazione sono erogati sotto forma di aiuti di Stato, autorizzati dalla Commissione europea nel “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid 19”.

Il comma 2 dell’articolo 10-ter del decreto-legge n.27/2019 prevedeva, invece, prima della modifica in esame, che le imprese agricole potessero ricevere con procedimento ordinario, entro il 31 luglio di ciascun anno, un anticipo del 50% dei contributi per i pagamenti diretti dovuti in base alla politica agricola comune -PAC. Tale percentuale viene ora elevata al 70 per cento.

 

La possibilità di chiedere in via ordinaria l’anticipo del 50% è stata definita - in attuazione dell’articolo 10-ter del DL n.27/2019 - dal DM  3 giugno 2019 che, oltre a richiedere che vengano effettuati i controlli di ammissibilità prima dell’elargizione dell’anticipo, esclude la concessione del beneficio nei confronti dei soggetti:

§  con una situazione debitoria con importi esigibili nel Registro nazionale debiti o nel Registro debitori dell'organismo pagatore e non esigibili ma comunque conosciuti dall'organismo pagatore;

§  con provvedimenti di sospensione dei pagamenti attivati dall'organismo pagatore;

§  con trasferimenti dei titoli in qualità di cedente non perfezionati al momento della concessione del finanziamento.

Sono poi esclusi i soggetti che già beneficiano dell’anticipazione bancaria dei contributi PAC attivata sulla base delle convenzioni sottoscritte dall’Organismo pagatore con gli istituti bancari, i soggetti che non soddisfano il requisito di agricoltore attivo e coloro per il quali l’importo dell’aiuto non trovi piena capienza dalle risultanze della consultazione del Registro nazionale degli aiuti di stato (RNA).

Il DM 8 aprile 2020 (pubblicato nella GU del 14 maggio 2020) ha prorogato al 2020 le disposizioni contenute nel suddetto DM 3 giugno 2019.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 78, commi 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge Cura Italia ha, inoltre, previsto, limitatamente al periodo dell’emergenza sanitaria in atto, che le amministrazioni pubbliche possano posticipare al momento del saldo le verifiche richieste, per la conformità dei provvedimenti di elargizione dei sussidi, alla regolarità europea in materia di aiuti di Stato, alla regolarità contributiva e fiscale e alla conformità alla certificazione antimafia

 

Si ricorda, infine, che il Reg. 2020/531 del 16 aprile 2020, consente, per l’anno 2020, di erogare gli anticipi dei pagamenti diretti nella misura del 70% e non più del 50%, aumentando, altresì, la percentuale erogabile dei pagamenti relativi allo sviluppo rurale, che passa dal 75% all’85%. Agea e gli Organismi pagatori possono, pertanto, pagare un anticipo del 70% dei pagamenti, a partire dal 16 ottobre 2020. I pagamenti che possono essere oggetto di anticipo sono quattro: pagamento di base, pagamento del regime dei piccoli agricoltori, pagamento greening, qualora siano stati effettuati gli specifici controlli amministrativi; pagamenti giovani agricoltori. Dal pagamento anticipato sarà, con ogni probabilità, escluso il pagamento accoppiato, in quanto – alla data del 16 ottobre – non saranno ancora disponibili i dati nazionali per il conteggio degli importi.

 

Il comma 2 apporta talune modifiche all’articolo 78 del decreto-legge n.18/2020.

 

In particolare:

 

§  specifica, al comma 3-ter, che nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 3-ter ha autorizzato le Regioni e le Province autonome ad agevolare l’utilizzo del latte, dei prodotti e derivati del latte negli impianti di digestione anaerobica siti nel proprio territorio regionale, derogando, limitatamente al periodo di crisi, alle procedure di autorizzazione previste per l’uso e la trasformazione delle biomasse.

In tal senso, le Regioni e le province autonome sono state chiamate a definire specifiche disposizioni transitorie cui dovranno attenersi i titolari di impianti di biogas.

Il gestore dell’impianto, nel caso in cui non sia in possesso delle autorizzazioni prescritte ai sensi del Reg. 1069/2009, è tenuto a formulare richiesta preventiva all’autorità sanitaria competente che, svolte le verifiche necessarie, è tenuta ad accogliere o respingere la richiesta entro tre giorni dalla data della richiesta.

Agli imprenditori agricoli è stato consentito, previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria competente, l’utilizzo agronomico delle acque reflue addizionate con siero, scotta, latticello e acque di processo delle paste filate nonché l’utilizzo di siero puro o in miscela con gli effluenti di allevamento su tutti i tipi di terreno in deroga alle disposizioni vigenti. Proprio in relazione a tale disposizione interviene la specifica in esame, prevedendo che tale utilizzo debba avvenire ai sensi della normativa prevista per gli effluenti di allevamento.

 

§  aggiunge un comma 3-decies, al medesimo art. 78, con il quale si prevede che l’ISTAT (in base a una correzione di forma introdotta nel corso dell’esame in V Commissione) definisca, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di coltivazione idroponica e acquaponica;

 

La coltivazione idroponica fa parte della categoria più ampia della coltivazione senza suolo, che può essere:

a)    con substrato (in particolare, con l'uso di vasi contenenti varie tipologie di substrati, come la torba, dove - ad esempio - possono essere coltivati pomodori o altri ortaggi)

b)   senza substrato, dove l'acqua e i nutrienti vengono dati al prodotto agricolo direttamente, ad esempio per immersione delle radici delle piante in contenitori privi di terra e di concime. In quest'ultimo caso, si parla di coltivazione idroponica che, di regola, avviene in serra, in particolare per ortaggi e fiori.

c)    Per coltivazione acquaponica si intende la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato derivante dall'integrazione tra coltivazione idroponica e acquacoltura.

La XIII Commissione Agricoltura ha iniziato l’esame della proposta di legge C. 1258, recante delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica. Nell’ambito dell’istruttoria del provvedimento la Commissione ha deliberato lo svolgimento di un ciclo di audizioni.

 

§  sostituisce il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario, sopprimendo il riferimento alle disponibilità finanziarie contenute nel Fondo di garanzia per la PMI, di cui all’art. 56 del decreto-legge n.18/2020.

Il comma 4-sexies ha previsto che sono rinegoziati i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive. La rinegoziazione deve portare ad un miglioramento delle condizioni applicabili, incidendo sul piano di ammortamento e sulla misura del tasso di interesse. Le operazioni di rinegoziazione sono esenti da ogni imposta e da ogni onere, anche amministrativo a carico dell’imprese, comprese le spese istruttorie.

Le modifiche apportate, come è dato leggere nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge 34/2020, sono finalizzate ad evitare effetti negativi per la finanza pubblica,  escludendo  mutui concessi dallo Stato, riformulando in termini di facoltà e non di diritto la procedura di rinegoziazione configurata e sopprimendo, infine, il riferimento, ai fini della copertura, alle risorse finanziarie del Fondo di garanzia PMI di cui all’articolo 56 del DL 18/2020.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento modifica l’articolo 8 della legge 12 dicembre 2016 n. 238 (Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino), che ha dettato specifiche disposizioni in merito allo schedario vitivinicolo e l’inventario del potenziale produttivo.

Il comma in esame prevede nello specifico che:

§  a decorrere dal 1° gennaio 2021 o, se successiva – in base a una correzione di forma inserita nel corso dell’esame in V Commissione - dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al nuovo comma 10-bis, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo è pari o inferiore a 30 tonnellate, salvo per quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP (periodo aggiunto al comma 10 dal comma in esame);

§  con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza Stato-regioni, sono definite le aree vitate nelle quali è ammessa, in deroga, una resa massima di uva ad ettaro fino a 40 tonnellate in base alle risultanze degli ultimi cinque anni di produzione (nuovo comma 10-bis introdotto dal comma in esame).

 

Si ricorda che l’articolo 8 della legge n. 238 del 2016 ha istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali uno schedario viticolo contenente le informazioni aggiornate sul potenziale produttivo viticolo, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013.  Ogni unità vitata idonea alla produzione di uva da vino deve essere iscritta nello schedario. L’amministrazione competente, proprio sulla base dello schedario, presenta, entro il 1º marzo di ogni anno, alla Commissione europea l’inventario aggiornato del potenziale produttivo. Sulla base degli elementi tecnici delle unità vitate, è attribuita l’idoneità ai vigneti alla produzione id uve atte a dare vini a DOCG, DOC e IGT. Il comma 10, in particolare, oggetto della modifica in esame, prevede che la resa massima di uva per ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e IGP è pari o inferiore a 50 tonnellate.

 

Il comma 4 interviene sull’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, recante disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice.

L’articolo 8 prevede che l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante di fondi, qualora il proprietario decida di trasferire la proprietà a terzi, hanno diritto, a parità di condizioni, di esercitare, la prelazione purché:

§  coltivi il fondo stesso da almeno due anni;

§  non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo in caso di ricomposizione fondiaria;

§  il fondo sul quale si intende esercitare la prelazione non superi, insieme ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi, il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

La prelazione non è esercitabile nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni siano destinati, in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente della famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione purché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.

 

Il comma in esame interviene sul sesto comma del suddetto art. 8, dove si prevede che nel caso il diritto di prelazione venga esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

La modifica porta da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione.

 

Il comma 5 interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n.27/2019 (c.d decreto emergenze agricole) che ha recato norme sul monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi

In particolare, è stato previsto che i primi acquirenti devono registrare mensilmente, nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) i quantitativi di:

§  latte ovino, caprino e il relativo tenore di materia grassa che vengono a loro consegnati loro dai singoli produttori nazionali;

§  latte di qualunque specie acquistati direttamente dai produttori;

§  latte acquistato da altri soggetti non produttori, situati in Paesi dell'Unione europea o in Paesi terzi;

§  prodotti lattiero-caseari semilavorati provenienti da Paesi dell'Unione europea o da Paesi terzi, con indicazione del Paese di provenienza.

Si prevede, poi, che le aziende che producono prodotti lattiero-caseari con latte vaccino, ovino o caprino sono tenute a registrare trimestralmente, nella banca dati del SIAN, i quantitativi di ciascun prodotto fabbricato, i quantitativi di ciascun prodotto ceduto e le relative giacenze di magazzino.

Le modalità di applicazione delle disposizioni introdotte sono state rinviate ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da adottarsi, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 dicembre 2020.

Il comma in esame interviene sul comma 3 dell’articolo 3, prevedendo che, al posto di un unico decreto, siano previsti distinti decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, differenziando il settore del latte vaccino e il settore del latte ovi-caprino.

Si ricorda, al riguardo, che al comma 2 del medesimo art. 3 è inoltre previsto che, con il decreto previsto al comma 3, si debba prevedere un eventuale diverso periodo di assolvimento dell'obbligo di registrazione per i piccoli produttori.  

Nel corso dell’esame in V Commissione è stato aggiunto il comma 5-bis, il quale sostituisce l’art. 78, comma 4-octies del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha sospeso i termini di scadenza dei certificati di abilitazione alla vendita dei prodotti fitosanitari, estendendola, da un lato, agli attestati di funzionalità delle macchine irroratrici, dall’altro, nuovamente definendo i termini di sospensione, previsti in entrambi i casi, per dodici mesi e, comunque, almeno fino al novantesimo giorno successivo alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.


 

Articolo 224-bis
(Sistema di qualità nazionale per il benessere animale)

 

 

L’articolo 224-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce il Sistema di qualità nazionale per il benessere animale. Gli allevatori che intendono aderire dovranno sottoporsi a un disciplinare di produzione che rispetti criteri superiori rispetto a quelli previsti come obbligatori dalla normativa vigente.

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce il “Sistema di qualità nazionale del benessere animale” a cui possono aderire volontariamente gli allevatori che si impegnano a rispettare il disciplinare che sarà appositamente predisposto, sottoponendosi ai prescritti controlli. Le modalità di produzione saranno, infatti, definite con uno o più decreti emanati dai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e della Salute, e dovranno prevedere il rispetto di parametri di salute e di benessere degli animali superiori a quelli attualmente previsti dalla normativa europea e nazionale, inclusi quelli relativi alle emissioni nell’ambiente, distinguendo per specie, orientamento produttivo e metodo di allevamento.

 

Il benessere degli animali in allevamento è materia soggetta a diverse disposizioni europee poi recepite dalla legislazione nazionale.

Innanzitutto, la Convenzione sulla protezione degli animali in allevamento di Strasburgo del 3 marzo del 1976 impegna gli Stati firmatari a proteggere gli animali allevati da inutili sofferenze, causate dalle condizioni dei ricoveri, dall’alimentazione o dalla mancanza di cure adatte.

Numerose disposizioni, poi, disciplinano a livello europeo, le condizioni relative ad ogni aspetto dell’allevamento, dalle strutture, all’alimentazione, alla gestione delle attrezzature, sino alla formazione del personale (tra le più rilevanti, si ricordano la Direttiva  98/58/CE del Consiglio, che definisce norme minime per la protezione di tutti gli animali negli allevamenti, il Regolamento n. 1/2005 (CE) sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate e il Regolamento 1099/2009 (CE), che regola lo stordimento prima delle macellazioni).

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha, poi, prodotto diverse linee guida che riguardano anche sistemi di allevamento e specie animali non soggetti a specifiche norme europee.

L’Unione Europea ha adottato una Strategia in materia di benessere degli animali per il periodo 2016-2020 che riprende, conferma e rafforza quella del periodo antecedente approvata nel 2012. In generale, l’obiettivo è regolamentare:

§  le norme standard minime per la protezione degli animali negli allevamenti;

§  le regole per i trasporti, nel momento dello stordimento e della macellazione;

§  le indicazioni per specifiche categorie animali come vitelli, suini e galline ovaiole.

Il Ministero della Salute ha elaborato, quindi, in attuazione della normativa europea, un “Piano Nazionale per il Benessere Animale”, che prevede l’individuazione di criteri armonici per valutare l’attività degli allevamenti italiani, controlli annuali, un coordinamento efficace tra le varie autorità di verifica e attività di formazione specifica per veterinari e allevatori.

Sul versante dell’attività agricola, il benessere animale è inserito tra i criteri obbligatori che devono essere rispettati per poter beneficiare dei contributi derivanti dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC).

Nella programmazione europea 2014-2020 per lo sviluppo rurale, la misura sul Benessere degli animali (Misura 14) prevede un sostegno agli allevatori che si impegnano a migliorare le condizioni di vita degli animali da reddito; il sostegno è finalizzato a compensare i maggiori costi e/o la riduzione dei guadagni derivanti dall’applicazione degli impegni assunti. Si tratta di spese legate all’adozione di sistemi migliorativi nella gestione degli allevamenti, in particolare l’aumento delle superfici a disposizione degli animali, la diminuzione della densità degli allevamenti, manodopera aziendale (maggiore tempo e attenzioni nelle varie fasi del ciclo produttivo) e riduzione/prevenzione delle patologie. La misura sostiene anche i costi legati all’introduzione di miglioramenti e adeguamenti tecnici-strutturali (temperature e qualità dell’aria, accesso all’aperto, innovazioni alimentari).

La stima dello stato di benessere degli animali in allevamento è attività connessa all’esigenza di migliorare il benessere degli animali e renderlo compatibile con le esigenze di economicità e sostenibilità ambientale.

 I metodi di stima differiscono con la specie e il sistema d’allevamento, pur partendo sempre dal principio del rispetto delle 5 libertà del Brambell Committee Report del 1965: libertà dai disagi ambientali, da fame e sete, da paura e stress, da dolore e malattia e libertà di esprimere comportamenti naturali.

 

Con i previsti decreti attuativi saranno definite anche le modalità di istituzione di uno specifico distintivo con cui identificare i prodotti conformi al sistema di qualità del benessere nazionale animale.

Con gli stessi strumenti dovranno, altresì, essere definite:

§  - le procedure di armonizzazione e coordinamento dei sistemi di certificazione e di qualità già autorizzati alla data di entrata in vigore della disposizione in esame;

§  - le misure di vigilanza e controllo;

§  - le modalità di utilizzo dei dati disponibili nelle banche dati esistenti, sia quelle di carattere nazionali che quelle di carattere regionale, operanti nel settore agricolo e sanitario, insieme con le modalità di alimentazione ed integrazione dei sistemi dove vengono registrati i risultati dei controlli ufficiali, inclusi i campionamenti e gli esiti di analisi, prove e diagnosi effettuate dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e dai sistemi alimentati dal veterinario aziendale.

In relazione a tale esigenza, viene prevista l’istituzione, con decreto dei Ministri delle politiche agricole e della salute, di un organismo tecnico-scientifico per definire il regime e le modalità di gestione del sistema e il ricorso a certificazioni rilasciate da organismi accreditati ai sensi del reg. (UE) n.765/08, con la partecipazione di rappresentanti dell'Ente unico nazionale per l'accreditamento.

 

Si fa presente che il Reg. n.765/08, citato nella disposizione di legge, è stato, in parte modificato, in parte, abrogato dal Reg. (CE) 20 giugno 2019, n. 2019/1020/UE, che ha recato nuove disposizioni sulla vigilanza del mercato e sulla conformità dei prodotti. Il provvedimento sarà applicabile a decorrere dal 16 luglio 2021.


 

Articolo 224-ter
(Sostenibilità delle produzioni agricole)

 

 

L’articolo 224-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, basato sul rispetto di uno specifico disciplinare di produzione, aggiornato annualmente attraverso un sistema di monitoraggio e approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

L’art. 224-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce, quindi, il sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola le cui regole produttive sono definite da uno specifico disciplinare di produzione. Il disciplinare è aggiornato annualmente ai più recenti orientamenti in materia di sostenibilità economica, ambientale e sociale tradotti in specifiche modalità produttive e gestionali (comma 1).

Per meglio far fronte alla necessità di un costante aggiornamento, è istituito il sistema di monitoraggio della sostenibilità e delle aziende della filiera vitivinicola italiana; gli indicatori sono definiti con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 2).

I dati e le informazioni ricavate dal sistema di monitoraggio sono fatti confluire nella Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) di cui al Regolamento (CE) 1217/2009 chiamata, a tal fine, ad adeguare il proprio sistema di rilevazione, come, del resto, richiesto dalla in Comunicazione della Commissione europea 20 maggio 2020 relativa alla strategia «dal produttore al consumatore» (comma 3).

 

Come è dato leggere nell’art.1 del Reg n.1217/2009, la rete d'informazione contabile agricola dell'Unione ("RICA" o "rete d'informazione") ha, in particolare, il compito di raccogliere i dati contabili

a)    per una rilevazione annua dei redditi nelle aziende agricole;

b)   per un'analisi del funzionamento economico di aziende agricole.

Ogni Stato membro elabora un piano di selezione delle aziende contabili che assicuri un campione contabile rappresentativo del campo d'osservazione.

 

Ai sensi del comma 5, il Disciplinare è approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previo parere dell'Organismo tecnico scientifico di produzione integrata, di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 8 maggio 2014, n.?4890.

In sede di prima applicazione, secondo quanto stabilito dal comma 4, il Disciplinare si basa sulle Linee guida nazionali di produzione integrata per la filiera vitivinicola, di cui alla legge n.?4 del 3 febbraio 2011.  Le procedure ivi delineate dovranno far da guida per l'adesione al sistema di certificazione.

 

La legge n. 4 del 2001 ha previsto all’articolo, comma 3, l’istituzione del «Sistema di qualità nazionale di produzione integrata», chiamato ad assicurare che le attività agricole e zootecniche siano esercitate in conformità a norme tecniche di produzione integrata.

La verifica del rispetto delle norme tecniche è eseguita in base a uno specifico piano di controllo da organismi terzi accreditati secondo le norme vigenti.

Secondo quanto precisa il comma 4 del medesimo articolo, si definisce «produzione integrata» il sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici.

La definizione dei requisiti e delle norme tecniche che devono contraddistinguere la produzione integrata - insieme con le procedure di coordinamento necessarie per le regioni e le province autonome che avevano già istituito il sistema di produzione integrata nei propri territori – veniva rinviata ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

In attuazione di ciò è stato emanato il DM 8 maggio 2014 che all’art. 2 ha chiarito cosa debba intendersi per norma tecnica della produzione integrata.

Sono tali i disciplinari adottati a livello regionale, redatti conformemente alle "linee guida nazionali di produzione integrata"(LGNPI), approvate dall'Organismo tecnico scientifico OTS.

I disciplinari regionali sono approvati dalle rispettive Regioni e Province autonome previa verifica di conformità alle LGNPI da parte dei gruppi specialistici dell'OTS, ognuno per la propria area di competenza.

La norma tecnica di produzione integrata è pubblicata sull'apposita pagina web a cura del Ministero.

I piani di controllo sono definiti dalle regioni e province autonome conformemente alle LGN per la redazione dei piani di controllo. In mancanza del piano di controllo regionale specifico, gli Organismi di controllo adottano quello definito nelle LGN per la redazione dei piani di controllo.

Sempre il comma 4 dell’articolo 2 della legge n.4/2001 prevede poi che i prodotti conformi al sistema possono essere contraddistinti da uno specifico segno distintivo. Secondo il comma 5, l'adesione al sistema è volontaria ed è aperta a tutti gli operatori che si impegnano ad applicare la disciplina di produzione integrata e si sottopongono ai relativi controlli. Ai sensi del comma 6, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede a istituire, al proprio interno, un organismo tecnico-scientifico, eventualmente organizzato in gruppi di lavoro omogenei per materia, con il compito di definire:

a)    il regime e le modalità di gestione del Sistema;

b)   la disciplina produttiva;

c)    il segno distintivo con cui identificare i prodotti conformi al Sistema;

d)   adeguate misure di vigilanza e controllo

L’organismo di cui sopra è stato disciplinato dal decreto ministeriale 8 maggio 2014 prima richiamato.

 

Il comma 6 dell’articolo in commento prevede, infine, che con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può essere estesa la certificazione della sostenibilità del processo produttivo ad altre filiere agroalimentari, nel rispetto dei principi e delle procedure previste dall’articolo in esame.


 

Articolo 225
(Consorzi di bonifica ed enti irrigui)

 

 

L’articolo 225 permette a Cassa depositi e prestiti o altri istituti finanziari abilitati di erogare mutui ai consorzi di bonifica, di importo complessivo non superiore a 500 milioni di euro, per lo svolgimento dei compiti istituzionali loro attribuiti. Gli interessi sono a carico del bilancio dello Stato, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui, corrisposti nel periodo 2021-2025, durante il quale viene restituito il capitale in rate annuali di pari importo. Nel corso dell’esame in V Commissione è stata introdotta una disciplina per l’utilizzo di risorse finanziarie da parte dei consorzi di bonifica e degli enti irrigui. Tale disciplina è stata modificata dalla Commissione di merito dopo il rinvio in Commissione del provvedimento.

 

Nel dettaglio, il comma 1, nel prevedere la possibilità da parte di Cassa depositi e prestiti e di altri istituti finanziari di erogare mutui ai consorzi di bonifica, esclude la possibilità che essi siano utilizzati per assunzioni di personale, anche in caso di carenza di organico. La disposizione in commento fa riferimento alla “situazione di crisi di liquidità derivante dalla sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica disposta” dall’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 - il quale ha sospeso i termini di taluni adempimenti tributari e contributivi (senza che si faccia esplicito riferimento, nei sette commi del citato art. 62, ai contributi di bonifica) - “aggravata dalla difficoltà di riscossione del contributo dovuto dalle aziende agricole per il servizio di irrigazione”. 

 

Al riguardo, si fa presente che l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 – richiamato come titolo giustificativo della sospensione del tributo - non fa espresso riferimento alla “sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica”.

 

Il suddetto art. 62 - in particolare - al comma 1, sospende ai soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

 

Si ricorda, in generale, che i consorzi di bonifica ed i relativi contributi a carico dei proprietari dei terreni che si trovano nei relativi perimetri, aventi, questi ultimi, natura di oneri reali sulla proprietà ed essendo considerati tributi, trovano la loro disciplina di base nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 e nel codice civile (agli articoli 857-865) e sono inoltre disciplinati da leggi regionali.

In particolare, l’art. 860 del codice civile prevede che i “proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica”, mentre l’art. 864 c.c. prevede che i “contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria. La Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 188 del 2018, dopo aver ricostruito la citata normativa statale che prevede il contributo di bonifica, e la ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia, ha dichiarato incostituzionale l’art. 23, comma 1, lettera a) della legge della regione Calabria n. 11 del 2003, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, sia dovuto indipendentemente dal beneficio fondiario, invece che «in presenza del beneficio».

 

Ai sensi del comma 2, i suddetti mutui sono concessi nell’importo massimo complessivo di 500 milioni di euro, con capitale da restituire in rate annuali di pari importo per cinque anni, a decorrere dal 2021 e fino al 2025.

 

Il comma 3 prevede che gli interessi, a carico del bilancio dello Stato, che maturano nel corso del periodo di utilizzo del finanziamento, con decorrenza dal giorno successivo alla erogazione, saranno determinati nel limite massimo complessivo di 10 milioni di euro annui.

 

Per tale finalità, è quindi autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 (comma 4).

 

Il comma 5 prevede che con decreto del  Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro quindici giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, siano stabiliti i termini e la modalità di presentazione delle domande, nonché i  criteri per la rimodulazione dell’importo del mutuo concedibile nel caso in cui gli importi complessivamente richiesti superino la disponibilità - sopra indicata - di 500 milioni di euro.

 

Il comma 6 dispone in merito alla relativa copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dal comma 4 (pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025) si provveda ai sensi dell’articolo 265.

 

Nel corso dell’esame in V Commissione sono stati introdotti i commi da 6-bis a 6-quinquies, i quali hanno previsto una disciplina per l’utilizzo di risorse finanziarie da parte dei consorzi di bonifica e degli enti irrigui ed è stata conseguentemente modificata la rubrica dell’articolo.

 

In seguito al rinvio in Commissione del provvedimento, dopo i rilievi formulati dalla Ragioneria generale dello Stato, con apposito emendamento dei relatori approvato dalla Commissione tale disciplina è stata modificata, ed è stata racchiusa nei commi da 6-bis a 6-quater.

 

La motivazione di tale emendamento dei relatori è stata indicata in quella «di escludere che le risorse a disposizione dei consorzi che tuttavia costituiscono "un debito nei confronti dell’amministrazione finanziatrice" siano destinate alla manutenzione ordinaria. In particolare, le disposizioni vengono modificate prevedendo che le risorse disponibili già trasferite agli enti interessati vengano indirizzate a interventi di manutenzione straordinaria e di investimenti sui sistemi irrigui».

 

Nello specifico, il comma 6-bis dispone attualmente che sia consentita la riprogrammazione delle economie (precedentemente il testo consentiva “l’utilizzo delle economie”) realizzate su interventi infrastrutturali irrigui approvati e finanziati prima dell'anno 2010 dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, anche con fondi provenienti da gestioni straordinarie in tale settore, soppresse e attribuite alla competenza dello stesso Ministero. Ciò – prosegue la disposizione in commento - in considerazione della sospensione del pagamento dei contributi dovuti per il servizio di bonifica idraulica, disposta dall’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 (nel testo precedente, non era stato indicato l’articolo di riferimento di tale decreto-legge), e della difficoltà da parte dei consorzi di bonifica e degli enti irrigui di realizzare gli interventi urgenti di manutenzione straordinaria per la corretta gestione dei sistemi idrici e della rete di distribuzione dell'acqua, anche al fine di evitare situazioni di rischio idraulico nelle aree ricadenti all'interno dei relativi comprensori.

 

Al riguardo - in analogia con quanto rilevato in relazione al comma 1 del presente articolo - si fa presente che l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, richiamato come titolo giustificativo della sospensione del tributo in commento, non fa espresso riferimento alla sospensione del pagamento dei “contributi dovuti per il servizio di bonifica idraulica”.

L'utilizzo delle economie di cui sopra è consentito limitatamente alle somme che sono nella disponibilità dei consorzi di bonifica e degli enti irrigui in conseguenza della chiusura delle opere finanziate, ivi inclusi gli interessi attivi maturati sui conti correnti accesi per la realizzazione delle opere infrastrutturali irrigue (comma 6-ter).

 

Precedentemente, il testo del comma 6-ter rinviato in Commissione prevedeva che l'utilizzo di tali economie fosse consentito limitatamente alle somme che, in quanto già erogate in anticipazione, fossero nella disponibilità dei consorzi di bonifica e degli enti irrigui alla chiusura del finanziamento dell'opera e costituissero un debito nei confronti dell'amministrazione finanziatrice, compresi gli interessi attivi maturati sui conti correnti accesi per la realizzazione delle opere infrastrutturali irrigue.

 

I consorzi e gli enti irrigui interessati comunicano le economie e relativi interessi di cui ai commi precedenti, i fabbisogni manutentivi della rete idrica cui intendono destinare le risorse, un cronoprogramma della spesa al Ministero delle politiche agricole e forestali e un’apposita rendicontazione dei costi sostenuti una volta conclusi gli interventi (comma 6-quater).

 

Precedentemente, il testo del comma 6-quater prevedeva che le economie e gli interessi attivi maturati sui conti correnti accesi con oneri a carico dello Stato, prima dell'anno 2010, per la realizzazione degli interventi infrastrutturali di cui sopra potessero essere utilizzati per lavori urgenti di manutenzione anche ordinaria all'interno del comprensorio interessato, con esclusione di qualsiasi intervento nelle aree aziendali. A tale fine, i consorzi di bonifica e gli enti irrigui interessati presentavano istanza motivata al MIPAAF che, verificate la disponibilità delle risorse e la compatibilità degli interventi alle finalità del presente articolo, ne autorizzava preventivamente l'utilizzo; al termine degli interventi autorizzati, i citati consorzi di bonifica e gli enti irrigui rendicontavano, per l'approvazione, i costi sostenuti, che venivano detratti dalla gestione da cui derivavano.

 

Non è stato riproposto - nel testo attuale - il comma 6-quinquies dell’art. 225, che prevedeva che l’autorizzazione all'utilizzo delle economie e degli interessi fosse subordinata all'avvenuto collaudo degli investimenti infrastrutturali irrigui da cui sono generati e all'assenza di autorizzazioni precedenti per opere complementari o della stessa tipologia, ove consentito dai relativi programmi di investimento, salva l'espressa rinuncia.

 


 

Articolo 226
(Fondo emergenza alimentare)

 

 

L’articolo 226 incrementa di 250 milioni di euro le risorse destinate alla distribuzione di derrate di alimentari agli indigenti.

 

Nello specifico, il comma 1 – così come risultante da un avviso di rettifica del testo del provvedimento in esame, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 20 maggio 2020 – prevede che, a valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 – indicato senza che venga specificato il riferimento all’articolo 5 - sia destinato l’importo di 250 milioni di euro, ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19, e con le procedure previste dal Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012), cui concorre il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) 2014/2020, istituito dal  regolamento (UE) n. 223/2014.

 

Il comma 2 prevede che alle erogazioni delle risorse di cui sopra provveda l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

 

Si ricorda che il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti (Fondo nazionale indigenti) è stato istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA, ed ha le proprie risorse allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Ai sensi dell’art. 58, comma 2, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, si prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, venga adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il relativo programma annuale di distribuzione, che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, anche in relazione alle erogazioni liberali e donazioni fornite da parte di soggetti privati e tese ad incrementare le dotazioni del Fondo.

Si precisa inoltre che, ai sensi del medesimo art. 58, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2012, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura è il soggetto responsabile dell'attuazione del suddetto programma.

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato, da ultimo, di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2019, 2020 e 2021 lo stanziamento del Fondo nazionale indigenti, il quale già presentava stanziamenti per 5 milioni di euro annui (art. 1, comma 668).

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 15 luglio 2019, che ha adottato il programma annuale di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti per l'anno 2019, destinando 6 milioni di euro all'acquisto di polpa di pomodoro in scatola.

L'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha ulteriormente incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati quindi stanziati 14 milioni di euro, per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora, con stagionatura minima di 5 mesi e massima 10 mesi, con contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento, con umidità superiore al 30 per cento e con cloruro di sodio inferiore al 5 per cento. In attuazione di quest'ultima disposizione, è stato quindi emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2019, recante il "Programma nazionale 2019 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti - Formaggio pecorino DOP".

Inoltre, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il suddetto Fondo (art. 1, comma 511), dopo che il disegno di legge iniziale aveva previsto un definanziamento - per il medesimo triennio - di 100 mila euro annui.

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 17 marzo 2020, che ha adottato il "Programma nazionale 2020 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti", destinando 6 milioni di euro all'acquisto di latte crudo da destinare alla trasformazione in latte UHT.

Infine, il decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha incrementato di ulteriori 50 milioni di euro per il 2020 il suddetto Fondo, al fine di assicurare la distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19 (art. 78, comma 3). In attuazione di tale ultima disposizione, è stato emanato il decreto ministeriale 8 aprile 2020, recante "Integrazione al decreto di ripartizione del «Fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti» per l'anno 2020". Il predetto decreto ha destinato:

- 14,5 milioni di euro per l'acquisto di formaggi DOP;

- 4 milioni di euro per conserve di verdure appertizzate ottenute da prodotto fresco;

- 2 milioni di euro per zuppe di legumi da verdura fresca;

- 2 milioni di euro per minestrone da verdura fresca;

- 2,5 milioni di euro per succhi di frutta;

- 2 milioni di euro per omogeneizzato d'agnello;

- 9 milioni di euro per prosciutto DOP;

- 4 milioni di euro per salumi IGP e/o DOP;

- 10 milioni di euro per carne bovina in scatola.

 

Il regolamento (UE) n. 223/2014 ha poi istituito il citato Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) che è andato a sostituire il Programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (PEAD), concluso a fine 2013. Con l'istituzione del Fondo di aiuti europei agli indigenti è proseguito il sistema di donazioni di prodotti alimentari e di base a chi si trova in condizioni di povertà estrema.

 

Le risorse disponibili del FEAD, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020, sono state pari a complessivi 3,395 miliardi di euro per tutti gli Stati membri (in prezzi del 2011). Ai sensi del medesimo Regolamento la dotazione contemplata per l'Italia è stata di 595 milioni (riferita sempre al 2011), pari a circa 670 milioni di euro a prezzi correnti. È stato, inoltre, previsto un cofinanziamento da parte dell'Italia pari a 118,3 milioni di euro.

L'attuazione del Programma Operativo per il periodo 2014-2020 ha previsto un coordinamento fra il Fondo nazionale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Mipaaf e l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, che opera in qualità di Organismo intermedio, cui è delegata la gestione degli interventi per la distribuzione degli aiuti alimentari.

Da ultimo, è stato adottato il regolamento (UE) 2020/559 che ha modificato il citato regolamento (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l'introduzione di misure specifiche volte ad affrontare l'epidemia di COVID-19.

 

Si ricorda infine che l’art. 5 della citata legge n. 183 del 1987 ha istituito, nell'ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche europee, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. A mente del successivo art. 6, tale fondo, su richiesta delle competenti amministrazioni e nei limiti delle quote indicate dal CIPE, eroga alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica europea e può, altresì, concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio delle Comunità europee.

 


 

Capo VII -  Misure per l'ambiente

Articolo 227
(
Sostegno alle Zone economiche ambientali)

 

 

L’articolo 227 prevede l’istituzione di un Fondo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, per la concessione di un contributo straordinario aggiuntivo di sostegno alle micro, piccole e medie imprese che operano nelle zone economiche ambientali (ZEA), costituite nei parchi nazionali, che svolgono attività economiche eco-compatibili e attività di guida escursionistica ambientale e di guida del parco, le quali abbiano sofferto una riduzione del fatturato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19.

 

Il comma 1 dell’articolo 227 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Fondo di 40 milioni di euro per l’anno 2020, per la concessione di un contributo straordinario aggiuntivo, a favore delle micro, piccole e medie imprese, operanti nelle zone economiche ambientali (ZEA), istituite dall’art. 4-ter, commi 1 e 2, del D.L. 111/2019, che svolgono attività economiche eco-compatibili, ivi incluse le attività di guida escursionistica ambientale (GAE), aderenti alle associazioni professionali, di cui all’art. 2 della legge 14 gennaio 2013 n. 4 e di guida del parco, ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, che hanno sofferto una riduzione del fatturato in conseguenza dell’emergenza determinata dalla diffusione del Covid-19.

L’art. 2 della L. n. 4/2013 stabilisce che coloro che esercitano una professione non organizzata in ordini o collegi possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

L’art. 14, comma 5, della legge quadro sulle aree protette (L. n. 394/1991) stabilisce che l'ente parco organizza, d'intesa con la regione o le regioni interessate, speciali corsi di formazione al termine dei quali rilascia il titolo ufficiale ed esclusivo di guida del parco.

Le zone economiche ambientali (ZEA) sono state costituite dall’art. 4-ter (Misure per contrastare i cambiamenti climatici e migliorare la qualità dell'aria nelle aree protette nazionali e nei centri urbani) del D.L. 111/2019 (cd. decreto clima), nel territorio di ciascun parco nazionale (disciplinati, tra l’altro, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 in materia di aree protette), al fine di potenziare il contributo delle aree naturalistiche a livello nazionale per il contenimento delle emissioni climalteranti e di assicurare il rispetto dei limiti previsti dalla direttiva 2008/50 sulla qualità dell'aria, nonché di favorire in tali aree investimenti orientati al contrasto ai cambiamenti climatici, all'efficientamento energetico, all'economia circolare, alla protezione della biodiversità e alla coesione sociale e territoriale e di supportare la cittadinanza attiva di coloro che vi risiedono. Nell'ambito delle suddette zone economiche ambientali possono essere concesse, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, forme di sostegno ad imprese nuove o esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale, compatibile con i progetti ambientali (come individuati dall'art. 19, comma 6, lettere a), b), d), d)-bis e h), del D.Lgs. n. 30/2013, che disciplina gli interventi per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra), e che rispettano determinati requisiti; si prevede, inoltre, al fine di stabilire i criteri e le modalità per la concessione di tali misure di sostegno economico, l’emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente, di cui non è previsto un termine di emanazione e che non risulta ancora pubblicato (art. 4-ter, comma 1). L’art. 4-ter prevede, inoltre, per le medesime finalità di cui sopra, e nell'ambito dei medesimi progetti ambientali, la destinazione di una parte dei proventi derivanti dallo scambio delle quote di CO2 (come disciplinati dal citato D. Lgs. 30/2013), per gli anni 2020, 2021 e 2022, riservati al Ministero dell'ambiente, a favore delle micro, piccole e medie imprese, che svolgono attività eco-compatibili e che hanno sede legale e operativa nei Comuni, aventi almeno il 45% della propria superficie compreso all’interno di una Zea (art. 4-ter, comma 2). Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente link.

Successivamente, la legge di bilancio per il 2020 (art. 1, commi 85, 86 e 88 della L. n. 160/2019) ha istituito un nuovo Fondo, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzato alla crescita sostenibile (Green new deal), con risorse previste per oltre 4,2 miliardi di euro per il periodo 2020-2023 (470 milioni di euro per l'anno 2020, 930 milioni di euro per l'anno 2021, 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023).

Detto Fondo è destinato ad operare secondo due distinti regimi: da una parte, si prevede che una quota, pari almeno a 150 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, sia destinata ad interventi coerenti con le finalità ambientali previste dal citato art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 30/2013, di cui una quota parte di 150 milioni deve essere destinata, nella misura minima di 20 milioni di euro annui, alle iniziative  da  avviare  nelle  Zone  Economiche Ambientali (ZEA), da definirsi con un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, per il quale non è previsto alcun termine di emanazione e che ancora non risulta pubblicato.

La restante dotazione del suddetto Fondo, pari alle somme residue rispetto allo stanziamento totale previsto per il periodo 2020-2022, è destinata a favorire l’intervento del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la concessione di una o più garanzie, a titolo oneroso, anche con riferimento ad un portafoglio collettivo di operazioni  e  nella  misura  massima  dell’80  per  cento,  al  fine  di  sostenere  programmi  specifici  di investimento  e  operazioni,  anche  in  partenariato  pubblico-privato,  finalizzati  a  realizzare  progetti economicamente sostenibili. Per approfondire ulteriormente, si rinvia al seguente link.

 

Il comma 2 disciplina la copertura degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2020, per cui si provvede ai sensi dell’articolo 265.

Il comma 3 prevede l’erogazione del contributo straordinario fino all’esaurimento delle risorse del Fondo di cui al comma 1, in proporzione alla differenza tra il fatturato registrato nel periodo tra gennaio e giugno 2019 e quello registrato nello stesso periodo del 2020.

 Le modalità di erogazione del contributo straordinario sono definite con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Per ottenere il contributo straordinario, i soggetti beneficiari devono risultare attivi alla data del 31 dicembre 2019, avere sede legale e operativa nei comuni aventi almeno il 45 per cento della propria superficie compreso all'interno di una ZEA, svolgere attività eco-compatibile, essere iscritti all'assicurazione generale obbligatoria o alle forme esclusive e sostitutive della medesima oppure alla Gestione separata INPS[24] .

 

Il comma 3 prevede inoltre che il contributo ricevuto non è assoggettato a tassazione sui redditi (più precisamente, non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) ed è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore (cd. “de minimis”).

Quanto agli aiuti di Stato concessi in regime de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. Si tratta di aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316, secondo il quale l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 20.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per il settore ittico (della pesca e dell'acquacoltura), la disciplina del regime de minimis è contenuta nel Regolamento (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare 30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

 


 

Articolo 227-bis
(Rafforzamento della tutela degli ecosistemi marini)

 

 

L’articolo 227-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, prevede uno stanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2020, per il rifinanziamento della legge 31 dicembre 1982, n.?979, al fine di promuovere l'attività turistica del Paese e di rafforzare la tutela degli ecosistemi marini delle aree protette, anche attraverso il servizio antinquinamento dell'ambiente marino.

 

La disciplina delle aree marine protette risulta contenuta negli artt. 19 e 20 della legge n. 394 del 1991 (Legge quadro sulle aree protette) e negli artt. 25 e 26 della legge n. 979 del 1982 (Disposizioni per la difesa del mare). In particolare, la legge quadro (art. 2, comma 2) non prevede la figura del parco regionale marino, ma solamente la possibilità che tratti di mare prospicienti la costa vengano a far parte di parchi regionali costituiti da aree terrestri, fluviali e lacuali. Con specifico riferimento all’ambiente marino, poi, l’art. 2, comma 4, della legge n. 394 del 1991 distingue le aree particolarmente protette e quelle definite dall’art. 25 della legge n. 979 del 1982, in base alla quale le riserve naturali marine sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Ai sensi dell’art. 18 della medesima legge n. 394 del 1991, il Ministro dell’ambiente istituisce le aree protette marine: l’istituto è imperniato sulla centralità del ruolo dello Stato anche nella fase di gestione (art. 19) e, in generale, nella disciplina richiamata (art. 20). L’ambito marino, diversamente da quello terrestre, risulta, dunque, caratterizzato da un prevalente interesse statale.

La legge 979/1982 prevede inoltre che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare attivi a livello nazionale un sistema finalizzato alla prevenzione e lotta agli inquinamenti marini lungo tutti i circa 7.500 chilometri di costa italiana, mediante l’impiego di unità navali specializzate.

Per l’esercizio 2020-2022,  la tabella 9 del Mattm al cap. 1641 riguardante le spese per il servizio antinquinamento dell'ambiente marino non risulta finanziata.

 

Il comma 2 prevede che all'onere pari a 2 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (art. 1, comma 200, legge di stabilità?del 2015 - L. 190/2014), come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto-legge (alla cui scheda si rinvia).


 

Articolo 228
(Misure urgenti in materia di valutazione di impatto ambientale)

 

 

L’articolo 228 sopprime il Comitato tecnico istruttorio previsto (dall’art. 8 del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente) per assicurare un supporto tecnico-giuridico alla “Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - VIA e VAS” posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente. Tale soppressione è compensata dalla facoltà, concessa alla Commissione, di potersi avvalere di enti pubblici di ricerca.

 

Si ricorda che la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA), contenuta nella parte seconda del Codice dell’ambiente, è stata riscritta dal D.Lgs. 104/2017 (attuativo della nuova direttiva europea sulla VIA, n. 2014/52/UE). Tale riscrittura ha interessato anche l’articolo 8 del Codice, volto a disciplinare la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale. Nel riscrivere tale articolo, il D.Lgs. 104/2017 ha, da un lato, confermato il ruolo della Commissione quale organo di supporto tecnico-scientifico al Ministero dell’ambiente nonché il numero di componenti (pari a 40[25]) previsto dalla legislazione previgente, e dall’altro previsto l’istituzione di un nuovo organismo (denominato “Comitato tecnico istruttorio” e posto anch’esso alle dipendenze funzionali del Ministero dell'ambiente), formato da 30 unità di personale pubblico, a cui è stato affidato il compito di assicurare il necessario supporto tecnico e giuridico alla citata Commissione (v. comma 3 dell’art. 8 del D.Lgs. 152/2006).

La riscrittura in questione ha inoltre demandato la disciplina dell’articolazione, dell'organizzazione, del funzionamento della Commissione e del Comitato, nonché la determinazione dei costi di funzionamento di tali organismi, a decreti del Ministero dell'ambiente (v. commi 4 e 5).

Si ricorda inoltre che l’art. 23, comma 5, del D.Lgs. 104/2017, reca una disposizione transitoria volta, tra l’altro, a prevedere la nomina (entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso), da parte del Ministro dell'ambiente, della nuova Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS e dei componenti del Comitato tecnico istruttorio, nonché a stabilire la permanenza in carica degli attuali componenti della Commissione fino al subentro dei nuovi.

La stessa disposizione transitoria prevede che l'entrata in carica dei nuovi componenti della Commissione e del Comitato è condizionata all'entrata in vigore dei decreti attuativi previsti dai succitati commi 4 e 5 dell’art. 8 del Codice.

Si ricorda che all’attuazione delle disposizioni recate dai commi 4 e 5 si è provveduto, rispettivamente, con il D.M. Ambiente 342/2017 e con il D.M. Ambiente 2/2018.

Nella relazione illustrativa al presente decreto-legge viene invece evidenziato, con riferimento alla nomina della nuova Commissione tecnica VIA-VAS, che “a causa dell’emergenza Covid-19 è stato impossibile procedere a costituire il suddetto Comitato con l’effetto che la nuova Commissione VIA-VAS - nominata con decreto del Ministro dell’ambiente n. 241 del 2019 registrato in Corte dei Conti a febbraio 2020 – non si è potuta insediare e prosegue ad operare, in deroga e solo per alcuni tipi di valutazione, la medesima Commissione già scaduta 5 anni fa con costi nettamente superiori rispetto alla nuova Commissione (applicandosi la previgente normativa sui compensi dei commissari)”.

 

L’esame di dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame evidenzia che:

§  la lettera b) prevede la soppressione del Comitato tecnico istruttorio;

Tale soppressione è operata mediante l’abrogazione della norma istitutiva del Comitato medesimo, recata dal comma 3 dell’art. 8 del Codice dell’ambiente.

§  le lettere c) e d) recano disposizioni conseguenti, volte ad eliminare, in ragione della soppressione del Comitato, i riferimenti a tale organismo previsti nei commi 4 e 5 dell’art. 8 del Codice;

§  la lettera a) amplia le possibilità di avvalimento concesse alla Commissione tecnica VIA-VAS, prevedendo che la stessa, per lo svolgimento delle istruttorie tecniche, può avvalersi (tramite appositi protocolli d'intesa) non solo del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (come previsto dalla norma vigente), ma anche degli altri enti pubblici di ricerca, a condizione che ciò avvenga senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Oltre a quanto già riportato in precedenza, la relazione illustrativa sottolinea che il mancato insediamento della nuova Commissione tecnica VIA-VAS “potrebbe comportare un significativo ritardo nel rilascio dei pareri VIA-VAS necessari per assicurare l’avvio di lavori strategici per il Paese specialmente alla luce dell’emergenza Covid-19” e, pertanto, al fine di consentire l’immediato insediamento della Commissione, la norma in esame “sopprime il Comitato tecnico istruttorio e, al contempo, estende, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, la possibilità di siglare protocolli di intesa non solo con il SNPA ma anche con altri enti pubblici di ricerca come l’ISPRA e il CNR”. La stessa relazione evidenzia altresì che “il venir meno di tale organo trova fondamento nel fatto che si tratta di una struttura di supporto tecnico-giuridico alla Commissione VIA VAS che a sua volta già svolge attività di supporto tecnico-scientifico … talché le competenze richieste per i membri del Comitato tecnico sono di fatto assorbite tra quelle individuate per i membri della Commissione VIA/VAS”.

 


 

Articolo 228-bis
(Abrogazione dell'articolo 113-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in materia di limiti quantitativi e temporali
del deposito temporaneo di rifiuti)

 

 

L’articolo 228-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, dispone l’abrogazione dell’art. 113-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con cui sono stati ampliati i limiti quantitativi e temporali entro i quali è ammesso il deposito temporaneo di rifiuti

 

L’articolo 113-bis del D.L. 18/2020 (c.d. cura Italia) dispone che, fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi, per l’effettuazione del deposito temporaneo di rifiuti (disciplinato dall’art. 183, comma 1, lettera bb), punto 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, c.d. Codice dell’ambiente) è consentito derogare:

§  al quantitativo massimo ammesso, che può essere raddoppiato;

§  al limite temporale massimo, che può essere elevato da un anno (termine previgente) fino a 18 mesi.

 

Si tratta di una disposizione che ha ripreso quanto auspicato nella circolare del Ministero dell’ambiente n. 22276 del 30 marzo 2020, con la quale sono state fornite alle Regioni e alle Province autonome alcune indicazioni per poter adottare ordinanze contingibili e urgenti al fine di “superare questo momento di forte criticità del sistema e consentire agli impianti la gestione di eventuali sovraccarichi, con il concreto rischio dell’interruzione del servizio … per disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio”. Nella nota infatti si legge che “le ordinanze adottate ai sensi dell’art. 191 del d.lgs. n. 152 del 2006, ove le autorità competenti lo ritengano necessario e comunque fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi, potrebbero consentire il deposito temporaneo di rifiuti fino ad un quantitativo massimo doppio di quello individuato dall’articolo 183, comma 1, lettera bb), punto 2, per il deposito temporaneo di rifiuti, mentre il limite temporale massimo non può avere durata superiore a 18 mesi”.

 

Rispetto a quanto auspicato nella citata circolare, che faceva riferimento al periodo emergenziale, la disposizione introdotta dall’art. 113-bis non ha fissato alcun termine per l’operatività della deroga introdotta nei confronti della disciplina del deposito temporaneo.

 

La dottrina[26] ha sottolineato che il “suggerimento fornito (dalla citata nota ministeriale, n.d.r.) per un periodo massimo di sei mesi (eventualmente rinnovabile fino a un anno) è, invece, diventato strutturale e definitivo nella legislazione di riferimento”.

 

Si osserva altresì che la disciplina del deposito temporaneo è oggetto di riscrittura da parte dello schema di decreto legislativo n. 169 - attualmente all’esame delle Commissioni ambiente di Camera e Senato per l’espressione del parere di competenza - finalizzato al recepimento della nuova direttiva sui rifiuti (direttiva 2018/851/UE).

 

L’abrogazione disposta dall’articolo in esame sembra quindi risolvere i problemi evidenziati, collegati alla mancanza di un limite temporale di applicazione della deroga e al mancato coordinamento con le disposizioni di recepimento della nuova direttiva rifiuti, destinate ad entrare in vigore a breve scadenza.

 


 

Articolo 229
(Misure per incentivare la mobilità sostenibile)

 

 

L'articolo 229, modificato in sede referente dalla Commissione V, reca disposizioni per incentivare forme di mobilità sostenibile alternative al trasporto pubblico locale, in considerazione dei cambiamenti indotti dalle misure di contenimento del covid-19 alla mobilità nelle aree urbane e metropolitane.

Il comma 1, lett. a) prevede un buono mobilità che può essere utilizzato, dal 4 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, per l'acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come definiti dall'art. 33-bis D.L. n. 162 del 2019, ovvero per l'utilizzo di forme di mobilità condivisa, escludendo l'utilizzo di autovetture. Il buono qui previsto copre il 60 per cento della spesa sostenuta per un ammontare non superiore a 500 euro. Il buono, che può essere richiesto una sola volta, è destinato ai maggiorenni residenti di città capoluogo (di regione o di provincia), di comuni con più di 50.000 abitanti o di città metropolitane. Un decreto ministeriale del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sessanta giorni dal presente decreto-legge, definisce modalità e termini per l'erogazione del beneficio, anche per il rispetto del limite di spesa.

Viene poi mantenuto il buono mobilità, già previsto dal testo finora vigente  per la rottamazione di veicoli inquinanti, esteso dal presente comma 1 ai veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica. La norma in esame prevede che questo buono sia corrisposto solamente in relazione a rottamazioni effettuate nel 2021.

La lett. b) reca una modifica di coordinamento mentre la lett. c) estende alla risistemazione delle piste ciclabili uno stanziamento già previsto art. 2, co. 2, del citato D.L. n. 11 del 2019, nel testo finora vigente.

Con una modifica approvata in sede referente, al comma 2 si prevede l'incremento di 70 milioni (mentre il testo originario del decreto-legge prevedeva un incremento di 50 milioni) per l’anno 2020 della dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità" e provvede alla copertura del relativo onere. Detta inoltre ulteriori disposizioni circa il decreto attuativo del buono mobilità previsto dal comma 1 per il periodo maggio-dicembre 2020. Le due tipologie di buono, distintamente previsti per l'anno 2020 (dal 4 maggio) e per le rottamazioni effettuate nell'anno 2021, sono cumulabili.

Si recano, quindi, modifiche al Codice della strada concernenti la circolazione delle biciclette, concernenti la c.d. casa avanzata e la definizione di corsia ciclabile (comma 3).

Il comma 4 prevede che imprese o pubbliche amministrazioni con più di cento dipendenti in una singola unità locali ed ubicate in zone urbane con le caratteristiche ivi previste, provvedano, entro il 31 dicembre di ogni anno, a predisporre un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente al fine di limitare il ricorso a mezzi di trasporto privato da parte del proprio personale. Si prevede, a tal fine, la nomina del mobility manager. Si demanda la definizione delle modalità attuative ad uno o più decreti ministeriali di natura non regolamentare, prevedendosi la clausola di invarianza finanziaria per l'attuazione del comma 4.

 

Mobilità sostenibile: buono mobilità, piste ciclabili, risorse (co.1 e 2)

 

Il comma 1, lett. a), novella le disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile nelle aree metropolitane recate dall'art. 2, comma 1, del D.L. n. 111 del 2019 (c.d. D.L. clima).

Secondo la novella, il nuovo "buono mobilità" è destinato ai residenti maggiorenni nei capoluoghi di Regione, nelle Città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia ovvero nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti per i seguenti acquisti:

§  biciclette, anche a pedalata assistita,

§  veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica di cui all’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019 ("Proroga termini", v. oltre),

§  per l’utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale esclusi quelli mediante autovetture.

 

Le risorse destinate al riconoscimento del buono in oggetto sono reperite a valere sulle disponibilità di bilancio relative all’anno 2020, anche in conto residui, nei limiti della dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità", nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (v. infra) e fino ad esaurimento delle risorse.

 

Il buono qui introdotto copre il 60 per cento della spesa sostenuta ed è concesso, comunque, in misura non superiore a euro 500. Esso è utilizzabile a partire dal 4 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020 e può essere richiesto per una sola volta ed esclusivamente per una delle destinazioni d’uso previste.

 

L’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019 dispone la proroga di un anno della sperimentazione riguardante la circolazione di segway, hoverboard e monowheel (comma 1) e introduce una nuova disciplina che precisa le condizioni e i limiti entro i quali è ammessa la circolazione dei monopattini elettrici; si introducono inoltre sanzioni per la violazione di tali condizioni e limiti. Sono altresì disciplinate le attività di noleggio di monopattini, anche in modalità free floating e introdotte le sanzioni amministrative per l’utilizzo non conforme alle disposizioni vigenti degli altri dispositivi di micromobilità oggetto di sperimentazione (comma 2).

 

Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità e i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio in parola, anche ai fini del rispetto del limite di spesa. Il successivo comma 2 prevede questo sia adottato entro sessanta giorni dal presente decreto-legge.

 

La norma in esame reca quindi modifiche alla disciplina del buono mobilità per la rottamazione di veicoli e motocicli inquinanti.

Il medesimo art. 2, comma 1, del D.L. n. 111 del 2019 prevede, a valere sul fondo "Programma sperimentale buono mobilità", fino ad esaurimento, per i residenti nei comuni italiani interessati alle procedure di infrazione comunitaria per non ottemperanza ai limiti di emissione ambientale (vedi infra), un “buono mobilità” per la rottamazione di veicoli e motocicli inquinanti, pari a 1.500 euro per le autovetture ed a 500 euro per i motocicli, purché si tratti di autovetture omologate fino alla classe Euro 3 o di motocicli omologati fino alla classe euro 2 ed euro 3 a due tempi. Il buono può essere utilizzato per l’acquisto, anche a favore di persone conviventi di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale, o per l'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale, nonché di biciclette anche a pedalata assistita, entro i successivi tre anni.

 

Secondo le disposizioni in esame, anche il presente buono per la rottamazione dei veicoli più inquinanti può essere utilizzato per l'acquisto di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come definiti dall'art. 33-bis D.L. n. 162 del 2019.

La novella stabilisce, inoltre, che la rottamazione dovrà avvenire nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021.

Infine, le due tipologie di buono mobilità, distintamente previste per l'anno 2020 (dal 4 maggio) e per l'anno 2021, sono cumulabili.

Quanto alla copertura degli oneri connessi al buono rottamazione, come modificato, la novella stabilisce che vi si provveda a valere sulle risorse relative agli anni dal 2021 al 2024, nei limiti della dotazione del fondo "Programma sperimentale buono mobilità" e fino ad esaurimento delle risorse (per il fondo, v. infra).

 

Il comma 1, lett. b), reca una modifica all'ultimo periodo dell'art. 2, comma 1, del D.L. n. 11 del 2019, di coordinamento formale con le novelle di cui alla lett. a).

 

Come nel testo finora vigente, si prevede che il "buono mobilità" non costituisca reddito imponibile del beneficiario e non rilevi ai fini del computo dell'ISEE. Inoltre, si ricorda che la norma vigente demanda la definizione delle modalità e dei termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio per la rottamazione in oggetto - anche ai fini del rispetto del limite di spesa - ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata. Si segnala che tale D.M., in quanto già previsto a legislazione vigente, prevedeva la decorrenza del termine per l'emanazione a decorrere dall'entrata in vigore del D.L n. 111 del 2019 (D.L. Clima).

In particolare la norma del D.L. clima, come modificata dalla legge di conversione del DL clima, legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto clima stesso, fosse adottato un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, con cui fossero definite le modalità e i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio del buono mobilità, anche ai fini del rispetto del limite di spesa.

 

Tuttavia, attese le novelle ora recate dalla disposizione in esame, al nuovo sesto periodo del comma 1 della norma novellata  in materia di buono connesso alla rottamazione, si segnala che l'adozione del relativo decreto attuativo al riguardo - da riferire al quadro normativo come modificato dalla norma del decreto-legge in esame - dovrebbe avere una specifica decorrenza dall'entrata in vigore delle novelle qui in esame; tal senso, si fa notare infatti che, per il buono mobilità prima esaminato, di cui al terzo periodo del co. 1 della norma novellata, la disposizione fissa difatti il termine per l'adozione della regolamentazione di attuazione a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge qui in esame, con autonoma disposizione del decreto-legge in esame (e non già nella norma novellata; segnatamente si veda il co. 2, primo periodo, della disposizione qui in esame).

Si valuti l'opportunità di chiarire il termine per l'adozione del D.M. attuativo, con riferimento al buono relativo alla rottamazione, a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame.

 

Dal Comunicato pubblicato sul sito del MIT, relativamente al buono mobilità si afferma che esso 'avrà efficacia retroattiva: potranno infatti beneficiarne quanti, avendone i requisiti, abbiano fatto acquisti a partire dal 4 maggio 2020, giorno di inizio della Fase 2. Per ottenere il contributo basterà conservare il documento giustificativo di spesa (fattura) e, non appena sarà on line, accedere tramite credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) sull’applicazione web che è in via di predisposizione da parte del Ministero dell’ambiente e accessibile anche dal suo sito istituzionale. Alternativamente alla procedura a rimborso, una volta che l’applicazione sarà operativa (entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale) il buono mobilità potrà essere fruito attraverso un buono spesa digitale che i beneficiari potranno generare sull’applicazione web'. La piattaforma - prosegue il Comunicato - genererà il buono spesa elettronico da consegnare ai fornitori autorizzati, insieme al saldo a proprio carico, per ritirare il bene o godere del servizio individuato. Si afferma che queste disposizioni resteranno in vigore solo fino al 31 dicembre del 2020, mentre nel 2021 torneranno efficaci le previsioni del decreto Clima che prevede un fondo a carico del Ministero dell’ambiente pari ad ulteriori 180 milioni di euro destinato ai residenti nei Comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria per la non ottemperanza dell’Italia agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria relativa alla qualità dell’aria.

 

Ulteriori modifiche (comma 1, lett. c)) sono apportate al comma 2 dell'art. 2 del D.L. n. 111 del 2019: l'autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro - per ciascuno degli anni 2020 e 2021, ivi prevista per il finanziamento di progetti per la creazione, il prolungamento, l’ammodernamento e la messa a norma di corsie preferenziali per il trasporto pubblico locale, viene estesa a progetti per la sistemazione delle piste ciclabili.

Al relativo onere si fa fronte con le risorse attribuite al Ministero dell'ambiente, quale quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra e destinate alla finalità sopra citate di cui all’art. 19, del D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30. Sono quindi dettate le modalità di presentazione dei progetti e attuative.

 

Il comma 2 incrementa la dotazione del fondo denominato "Programma sperimentale buono mobilità".

Con una modifica approvata in sede referente, l'incremento è stato innalzato a 70 milioni (mentre il testo originario del decreto in esame prevedeva un incremento di 50 milioni) per l’anno 2020.

Il Fondo è stato appositamente istituito dal comma 1 del medesimo art. 2, qui oggetto di modifica, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per finanziare il “bonus mobilità”. La finalità è la riduzione delle emissioni climalteranti.

La sua dotazione è pari a euro 5 milioni per l'anno 2019, euro 70 milioni per l'anno 2021, euro 55 milioni per l'anno 2022, euro 45 milioni per l'anno 2023 e euro 10 milioni per l'anno 2024. Per l'anno 2020, come già detto, si prevede - per effetto della modifica approvata in sede referente - un incremento di 70 milioni (per un totale quindi di 140 milioni di euro).

Si ricorda che nel testo vigente prima del D.L. in esame, era infatti previsto uno stanziamento di 70 milioni di euro.

Conseguentemente all'aumento della dotazione approvato in sede referente,  si prevede che al relativo onere si provvede, quanto a 50 milioni di euro per l'anno 2020, mediante utilizzo delle risorse disponibili, anche in conto residui, sui capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, finanziati con quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo, n.?30 del 2013, nonché per gli ulteriori 20 milioni di euro previsti per l'anno 2020, mediante riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestino nel corso della gestione, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto.

Le risorse destinate al fondo previsto dalla disposizione sono una parte di quelle attribuite, per gli anni dal 2019 al 2024, al Ministero dell'ambiente, quale quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra, per le finalità, contemplate dall’art. 19 del D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30, di ridurre le emissioni dei gas a effetto serra; tale quota è versata dal GSE, il Gestore dei Servizi Energetici a cui vengono versati i proventi delle aste (il GSE è il soggetto responsabile della messa all'asta delle quote per conto dello Stato italiano) ad apposito capitolo del bilancio dello Stato “e resta acquisita definitivamente all'erario”.

Si ricorda che nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n.?190,è istituito un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con la dotazione iniziale, oggetto di siuccessivi interventi,  di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si ricorda che il buono per la rottamazione dei veicoli è riconosciuto ai residenti nei comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria n. 2014/2147 del 10 luglio 2014 o n. 2015/2043 del 28 maggio 2015 per la non ottemperanza dell'Italia agli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE. Ai medesimi comuni si applica la norma sulla sistemazione delle piste ciclabili.

 

In relazione alla direttiva 2008/50/CE l'Unione europea ha aperto nei confronti dell'Italia due procedure di infrazione legate al superamento, in alcune zone, dei valori limite di biossido di azoto (N02) e di polveri sottili (PM10): la n. 2014/2147 e la n. 2015/2143.

 

Procedura di infrazione n. 2014/2147

La Commissione europea ha contestato all’Italia la violazione degli articoli 13 e 23, nonché l'allegato XI della direttiva 2008/50/CE, recante l’obbligo per gli Stati membri di evitare eccessive concentrazioni nell'aria di sostanze inquinanti, fra cui le polveri PM10. In particolare, l'art. 13 della direttiva impone agli Stati UE il rispetto di soglie massime (come definite dal predetto allegato), cui si può derogare, ai sensi dell’art. 22 della direttiva, qualora sussistano determinate circostanze le quali rendano particolarmente difficoltoso, per alcune zone, il rientro al di sotto dei valori limite suindicati.

Tale deroga, tuttavia, era stata consentita dalla direttiva non oltre la data dell'11 giugno 2011 e a condizione che lo Stato membro richiedente approntasse un "piano di gestione dell'aria", recante, tra l’altro, gli accorgimenti finalizzati alla messa in regola entro il tempo concesso, rispetto ai parametri stabiliti dal già citato allegato XI. La stessa direttiva, all’articolo 13, prevede che, in ogni caso in cui il superamento dei valori limite non sia legittimo (perché non può applicarsi il regime di deroga, o in quanto lo stesso, già applicato, sia scaduto), lo Stato membro responsabile deve, comunque, approntare un "piano di gestione dell'aria", recante tra l’altro la descrizione delle misure "appropriate" per ripristinare i valori limite “entro il più breve tempo possibile”.

Si segnala che l'inottemperanza, da parte dell'Italia, alle norme sulle concentrazioni massime di PM10 (e altri inquinanti gassosi) nell'aria ambiente ha già costituito oggetto di una procedura di infrazione (n. 2008/2194 del 02/02/2009) a seguito della quale la Corte di giustizia ha accertato l’inadempimento dell’Italia. La procedura è stata archiviata il 20 giugno 2013, dietro promessa, da parte italiana, dell'adozione di un pacchetto di misure volto a ripristinare il rispetto dei massimali da essa previsti.

In base alle relazioni annuali presentate dall'Italia, risulta che - per il periodo 2008-2012 - ancora 13 zone/agglomerati hanno continuato a sforare i valori limite. La Commissione contestava il fatto che a  tali situazioni "storiche" di criticità si aggiungerebbero altre sei zone, in cui si registrerebbe una violazione dei valori limite "giornalieri" e 3 nuove zone per le quali resterebbero violati i valori limite annuali (per l’elenco completo delle zone che, secondo la Commissione europea, hanno superato i limiti si rinvia al ricorso introduttivo della causa C-644/18).

La Commissione europea, dopo aver inviato all’Italia un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, ha presentato ricorso il 13 ottobre 2018 presso la Corte di giustizia per fare dichiarare l’Italia inadempiente. In particolare, con il primo motivo del proprio ricorso, la Commissione ritiene che i dati ottenuti sulla concentrazione di PM10 nell’aria dimostrino l’esistenza di una violazione sistematica e continuata del combinato disposto dell’art. 13 e dell’allegato XI (secondo il quale il livello di concentrazione di dette sostanze non può superare determinati limiti, giornalieri ed annuali). Secondo la Commissione europea detti limiti sarebbero stati violati senza alcuna interruzione per più di dieci anni.

Con il secondo motivo del ricorso, la Commissione europea considera che l’Italia sia venuta meno agli obblighi di cui all’art. 23, par. 1, della direttiva (da solo e in combinato disposto con l’allegato XV) della direttiva 2008/50/CE, poiché:

- i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al superamento dei valori limite di concentrazione di PM10, non permettono né di conseguire detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile;

- molti di questi piani sarebbero privi delle informazioni obbligatoriamente richieste ai sensi dell’articolo 23 della succitata direttiva.

 

Procedura di infrazione n. 2015/2043

La Commissione europea ha contestato all’Italia la violazione di una serie di disposizioni della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente, con riferimento alla situazione esistente, in diversi "agglomerati" e "zone" del territorio italiano, in ordine alle concentrazioni di biossido di azoto (NO2) nell'aria.

In particolare, la Commissione ritiene l'Italia inadempiente agli obblighi di cui all’articolo 13 della direttiva (relativo ai valori limite delle sostanze inquinanti), in quanto si è verificato che, nel triennio 2010-2013, riguardo a 12 "zone", i valori limite "annuali" della concentrazione di NO2 sono stati pressoché continuamente superati, mentre, nello stesso triennio, risultano quasi continuamente oltrepassati i valori limite "orari" di NO2 per un "Agglomerato" (per l’elenco completo delle zone che, secondo la Commissione europea, hanno superato i limiti si rinvia al ricorso introduttivo della causa C-573/19).

Secondo la Commissione europea è, altresì, violato l’articolo 23 sulla base del quale gli Stati UE, che superino i valori limite predetti, devono comunicare alla Commissione i "piani di gestione dell'aria ambiente" che hanno l’obiettivo di ricondurre, "nel più breve tempo possibile", i valori effettivi entro i limiti previsti dalla direttiva; secondo la Commissione europea i piani di gestioni presentati dall’Italia appaiono lacunosi rispetto alle informazioni richieste obbligatoriamente dalla normativa europea.

La Commissione ritiene inoltre che l’Italia abbia violato l'art. 27 della direttiva (trasmissione di informazioni e relazioni) per non aver comunicato, entro i 9 mesi indicati da tale articolo, la situazione del valore di NO2 circa l'anno 2013, limitandosi ad inviare al riguardo, nel corso del 2015, solo una lacunosa informativa.

La Commissione europea, dopo aver inviato all’Italia un parere motivato ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, ha presentato ricorso il 26 luglio 2019 presso la Corte di giustizia per fare dichiarare l’Italia inadempiente.

In particolare, con il primo motivo del proprio ricorso, la Commissione ritiene che i dati ottenuti sulla concentrazione di NO2 nell’aria dimostrino l’esistenza di una violazione sistematica e continuata del combinato disposto dell’art. 13 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50, in base al quale il livello di concentrazione di dette sostanze non può superare determinati limiti di concentrazione annuali; secondo la Commissione europea, in alcune zone, detti limiti sarebbero stati violati senza alcuna interruzione per più di dieci anni.

Con il secondo motivo del ricorso, la Commissione considera che l’Italia sia venuta meno agli obblighi di cui all’art. 23, par. 1, della direttiva, da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, della direttiva 2008/50, in quanto:

§  i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al superamento dei valori limite di concentrazione di NO2, non permetterebbero di conseguire detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile;

§  in secondo luogo, molti di questi piani sono privi delle informazioni richieste al punto A, dell’allegato XV, della direttiva, informazioni la cui indicazione è obbligatoria ai sensi dell’art. 23, par. 1, terzo comma di questa direttiva.

 

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier di documentazione sul decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229.

 

 

Modifiche al codice della strada (co. 3)

 

Il comma 3 dell'articolo in esame introduce le seguenti due nuove definizioni, integrando l'art. 3, comma 1, del Codice della strada (d.lgs. n. 285 del 1992):

§  casa avanzata: "linea di arresto per le biciclette in posizione avanzata rispetto alla linea di arresto per tutti gli altri veicoli";

§  corsia ciclabile: "parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La Corsia ciclabile è parte della ordinaria corsia veicolare, con destinazione alla circolazione dei velocipedi".

 

Si ricorda che l'art. 50 del Codice stabilisce definisce i velocipedi quali veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, con le caratteristiche ivi specificate. In ogni caso, i velocipedi non possono superare 1,30 m di larghezza, 3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza.

 

Con ulteriore modifica all'art. 182 del Codice sono dettate le disposizioni per la realizzazione della "casa avanzata", in corrispondenza delle intersezioni con semafori, sulla base di apposita ordinanza del sindaco (ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del Codice) e previa valutazione delle condizioni di sicurezza. La casa avanzata è estesa a tutta la larghezza della carreggiata o della semicarreggiata ed è posta a una distanza pari almeno a 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare. Deve essere accessibile mediante apposita corsia di almeno 5 metri, riservata alle biciclette, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione. In ogni caso, può essere realizzata lungo le strade con limite di velocità a 50 km/h.

 

Piano spostamenti casa-lavoro e mobility manager (co. 4)

 

Il comma 4 prevede l'adozione, entro il 31 dicembre di ogni anno, di un piano degli spostamenti casa-lavoro del personale da parte delle imprese e le pubbliche amministrazioni con le seguenti caratteristiche:

§  aventi singole unità locali con più di 100 dipendenti;

§  ubicate in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia ovvero in un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti.

 

Il piano è finalizzato alla riduzione dell'uso del mezzo di trasporto privato individuale, al fine di favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane.

Le medesime imprese e pubbliche amministrazioni, sono tenute a nominare (comma 4) un Mobility Manager, con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile. Tale figura collabora all’adozione del piano di mobilità sostenibile, alla realizzazione di interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità del personale, attuando interventi al fine di abbattere la circolazione veicolare all'interno dell'area urbana. Le pubbliche amministrazioni sono tenute ad individuare il Mobility Manager tra il personale in ruolo. Si demanda a uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la disciplina delle modalità attuative della previsione. Si provvede all'attuazione del comma nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il decreto del Ministro dell’ambiente 27 marzo 1998, prevede l'obbligo di redazione del piano e di individuazione della figura del responsabile della mobilità per gli enti pubblici con singole unità locali con più di 300 dipendenti e alle imprese che contano complessivamente più di 800 addetti, ubicate in comuni individuati da decreti ministeriali in relazione al rischio di inquinamento.

 

Quanto al mobility manager e ai Piani urbani per la mobilità, si ricorda che l'articolo 22 della legge n. 340 del 2000 (legge di semplificazione 1999), al comma 1 prevede l'istituzione di tali piani (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità che comprendono tra l'altro, interventi sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager. Nel dettaglio, al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell'uso individuale dell'automobile privata e la moderazione del traffico, l'incremento della capacità di trasporto, l'aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane, si prevede in tale norma l'istituzione di appositi piani urbani di mobilità (PUM) intesi come progetti del sistema della mobilità comprendenti l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città.

Il Decreto 4 agosto 2017 (pubblicato sulla GU n.233 del 5 ottobre 2017) del Ministro per le Infrastrutture e di Trasporti ha dettato il quadro operativo dei Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS), con apposite Linee Guida per la redazione dei PUMS sul territorio nazionale. Sono tenuti alla redazione le città metropolitane, gli enti di area vasta, i comuni e le associazioni di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del decreto in parola, dunque entro il 5 ottobre 2019. Il decreto in parola fa salvi i PUMS già adottati alla data di entrata in vigore del decreto che, se necessario, sono aggiornati entro il termine previsto. Il PUMS è predisposto su un orizzonte temporale decennale ed è aggiornato con cadenza almeno quinquennale. L'eventuale aggiornamento del piano è comunque valutato nei dodici mesi antecedenti all'affidamento di servizi di trasporto pubblico locale.

Infine, l'articolo 5 della legge 28 novembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale) definisce le norme volte ad incentivare la mobilità sostenibile. In particolare, al comma 6 fa riferimento al mobility manager scolastico cui competono l'organizzazione e il coordinamento degli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni, nonché altri compiti dettagliatamente definiti.

 

Atteso che la disposizione in esame, precisamente al comma 2, fa fermo quanto previsto dall’articolo 33-bis del D.L. n. 162 del 2019, in materia di monopattini elettrici, già sopra citata, se ne richiamano di seguito nel dettaglio i contenuti; con tale disposizione si è infatti stabilito che il termine di conclusione della sperimentazione di cui all'articolo 1, comma 102, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, indicato dall'articolo 7 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, è prorogato di dodici mesi. La circolazione mediante segway, hoverboard e monowheel, ovvero analoghi dispositivi di mobilità personale, è consentita, solo se sono a propulsione prevalentemente elettrica, nell'ambito della sperimentazione disciplinata dal citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 e nel rispetto delle caratteristiche tecniche e costruttive e delle condizioni di circolazione da esso definite. Il comma 2 di tale disposizione ha poi novellato il co. 75 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160,  prevedendo che nelle more della sperimentazione e fino alla data di entrata in vigore delle nuove norme relative alla stessa sperimentazione, sono considerati velocipedi, ai sensi dell'articolo 50 del codice della strada, anche al di fuori degli ambiti territoriali della sperimentazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non dotati di posti a sedere, aventi motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 kW, rispondenti agli altri requisiti tecnici e costruttivi indicati nel decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 e caratterizzati dai componenti elencati nell'allegato 1 al medesimo decreto. Chiunque circola con un monopattino a motore avente caratteristiche tecniche diverse da quelle indicate dal comma 75 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. Inoltre, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica di cui al comma 75 possono essere condotti solo da utilizzatori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e possono circolare esclusivamente sulle strade urbane con limite di velocità di 50 km/h, ove è consentita la circolazione dei velocipedi, nonché sulle strade extraurbane, se è presente una pista ciclabile, esclusivamente all'interno della medesima. I monopattini non possono superare la velocità di 25 km/h quando circolano sulla carreggiata e di 6 km/h quando circolano nelle aree pedonali. Da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica sprovvisti o mancanti di luce anteriore bianca o gialla fissa e posteriormente di catadiottri rossi e di luce rossa fissa, utili alla segnalazione visiva, non possono essere utilizzati e possono essere solo condotti o trasportati a mano. Chiunque circola con un monopattino a propulsione prevalentemente elettrica in violazione delle disposizioni del presente comma è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. I conducenti dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica di cui al comma 75 devono procedere su un'unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due, devono avere libero l'uso delle braccia e delle mani e reggere il manubrio sempre con entrambe le mani, salvo che non sia necessario segnalare la manovra di svolta. I conducenti di età inferiore a diciotto anni hanno, altresì, l'obbligo di indossare un idoneo casco protettivo. E' fatto divieto di trasportare altre persone, oggetti o animali, di trainare veicoli, di condurre animali e di farsi trainare da un altro veicolo. Da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione, i conducenti dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica hanno l'obbligo di indossare il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità, e chiunque viola le disposizioni previste è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 50 a euro 200. Chiunque circola con un dispositivo di mobilità personale avente caratteristiche tecniche e costruttive diverse da quelle definite dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, ovvero fuori dell'ambito territoriale della sperimentazione di cui al medesimo decreto è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. In base al co.75-septies, i servizi di noleggio dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica anche in modalità free-floating, possono essere attivati solo con apposita delibera della Giunta comunale, nella quale devono essere previsti, oltre al numero delle licenze attivabili e al numero massimo dei dispositivi messi in circolazione: a) l'obbligo di copertura assicurativa per lo svolgimento del servizio stesso; b) le modalità di sosta consentite per i dispositivi interessati; c) le eventuali limitazioni alla circolazione in determinate aree della città».

Si ricorda che con il medesimo art. 33-bis si è aggiunta una disposizione al Codice della strada in base alla quale chiunque circola con un veicolo atipico per il quale non sono state ancora definite le caratteristiche tecniche e funzionali indicate è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 a euro 800 e alla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo.

 


 

Articolo 229, comma 2-bis
(Trasporto scolastico)

 

Con una modifica approvata in sede referente, è stato inserito il nuovo comma 2-bis all'articolo 229, in materia di trasporto scolastico. Si prevede, al fine di far fronte alle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del COVID-19 e alla conseguente riduzione dell'erogazione dei servizi di trasporto scolastico oggetto di contratti stipulati con gli enti locali, l'istituzione di un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno di 2020 nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Le risorse del fondo sono destinate ai comuni interessati per ristorare le imprese esercenti i servizi di trasporto scolastico delle perdite di fatturato subite a causa dell'emergenza. Si demanda ad un decreto del MIT di concerto con il Ministro dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la ripartizione tra i comuni interessati, con onere a valere del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto.

 

Norme sul trasporto scolastico (nuovo co.?2-bis all'articolo 229)

 

In dettaglio, la norma prevede, al fine di far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e alla conseguente riduzione dell'erogazione dei servizi di trasporto scolastico oggetto di contratti stipulati con gli enti locali, l'istituzione di un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno di 2020 nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 Le risorse del fondo sono destinate ai comuni interessati per ristorare le imprese esercenti i servizi di trasporto scolastico delle perdite di fatturato subite a causa dell'emergenza sanitaria.

Si demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la ripartizione delle risorse del fondo tra i comuni interessati. All'onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n.?190, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto.

In materia, si ricorda, innanzitutto, che l’art. 5, co. 1, del d.lgs. 63/2017 prevede che, nella programmazione dei servizi di trasporto e delle forme di agevolazione della mobilità per gli alunni e gli studenti, sono incentivate le forme di mobilità sostenibile. Il co. 2 dispone, a sua volta, che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati. Il successivo co. 3 prevede che tale servizio è assicurato nei limiti dell'organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati.

In materia è intervenuto anche l'art. 3, co. 2, del DL 126/2019, che consente la riduzione o l'azzeramento della quota corrisposta dalle famiglie per i servizi di trasporto scolastico rispetto ai costi sostenuti dall'ente locale, in relazione alle condizioni della famiglia e sulla base di delibera motivata, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

Si ricorda poi che il decreto-legge n.18 del 2020 c.d. Cura Italia ha previsto il divieto di decurtare il corrispettivo, o di irrogare sanzioni e/o penali nei confronti dei gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico a seguito delle minori corse effettuate e/o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020. Per approfondimenti, si veda il tema web a cura della Camera.

 

Si ricorda infine che disposizioni in materia di trasporto scolastico sono altresì recate dall'articolo 109, co. 2, del decreto-legge, alla cui scheda si fa rinvio.

 


 

Articolo 229, commi 4-bis-4-quinquies
(Contributo in favore dei residenti nei comuni della
gronda della laguna di Venezia)

 

 

I nuovi commi da 4-bis a 4-quinqiues all'articolo 229, introdotti in sede referente, autorizzano la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2020, destinata alla concessione di un contributo in favore dei residenti nei comuni della gronda della laguna di Venezia, che abbiano compiuto 18 anni di età, per la sostituzione di motori entro o fuoribordo a due tempi con motori entro o fuoribordo elettrici. Il contributo, secondo quanto specificato in sede di esame di rinvio in Commissione, può essere concesso nel limite delle risorse autorizzate e fino a esaurimento delle stesse; esso è pari al 60 per cento della spesa sostenuta, dal 19 maggio 2020 al 31 dicembre 2020 e non può superare l'importo massimo di euro 500; il contributo può essere richiesto una sola volta. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, secondo quanto chiarito in sede di esame di rinvio in Commissione V - sono definiti le modalità e i termini per la concessione e l'erogazione del contributo, recandosi la copertura a valere del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili.

 

In dettaglio, con la modifica approvata in sede referente, sono stati introdotti i nuovi commi da?4-bis a 4-quinquies all'articolo 229.

Il comma 4-bis, al fine di ridurre le emissioni climalteranti, autorizza la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2020, destinata alla concessione di un contributo in favore dei residenti nei comuni della gronda della laguna di Venezia, che abbiano compiuto 18 anni di età.

Per gronda lagunare si intende l'area di affaccio della terraferma sulla laguna, quale area di terre emerse e di barene; dal sito di Venezia città metropolitana si afferma che questa costituisce "un'area pregiata che va recuperata, rigenerata (..)" Informazioni sul territorio del Bacino Scolante (nella sua perimetrazione ufficiale approvata con D.C.R. n. 23 del 7.05.2003) sono disponibili sul sito della regione, anche con riferimento alla mappatura della gronda.

In base alla norma, secondo quanto specificato in sede di esame di rinvio in Commissione - il contributo può essere concesso nel limite delle risorse autorizzate al primo periodo e fino a esaurimento delle stesse. Esso è pari al 60 per cento della spesa sostenuta, dal 19 maggio 2020 al 31 dicembre 2020, per la sostituzione di motori entro o fuoribordo a due tempi con motori entro o fuoribordo elettrici. Si segnala quindi che la data prevista per l'applicazione del contributo è retroattiva rispetto alla disposizione. La disposizione stabilisce che il contributo non può superare l'importo massimo di euro 500.

?Il comma?4-ter stabilisce poi che il contributo può essere richiesto una sola volta. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, secondo quanto chiarito in sede di esame di rinvio in Commissione - sono definiti le modalità e i termini per la concessione e l'erogazione del contributo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al comma 4-bis.

Si segnala che per il D.M. attuativo non è previsto un termine.

Il comma?4-quinquies reca la copertura della disposizione, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n.?190, vale a dire il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestino nel corso della gestione, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto.

Si segnala che disposizioni in materia di sostegno alla zona di Venezia, con riferimento al trasporto pubblico, sono recate dall'articolo 212-bis, anch'esso introdotto nell'esame in sede referente.

Per ulteriori approfondimenti circa gli interventi e le disposizioni per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna si veda anche il seguente dossier.

 

 


 

Articolo 229-bis
(Disposizioni per lo smaltimento dei dispositivi
di protezione individuale)

 

 

L’articolo 229-bis, introdotto nel corso dei lavori della V Commissione, reca disposizioni per fare fronte all'aumento dei rifiuti derivanti dall'utilizzo diffuso di mascherine e guanti monouso da parte della collettività.

Si prevedono una o più linee guida - per l'individuazione delle misure da applicare durante il periodo dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 dicembre 2020 - da adottare da parte del Ministero dell'ambiente, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (co. 1).

Il comma?2 prevede, per le finalità di cui al comma 1, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente di un fondo per l'attuazione di un programma sperimentale per la prevenzione, il riuso e il riciclo dei dispositivi di protezione individuale, con dotazione pari a 1 milione di euro per l'anno 2020, anche al fine di promuovere la prevenzione, il riuso e il riciclo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati a seguito dell'emergenza determinata dalla diffusione del COVID-19. Il programma è altresì finalizzato all'adozione di protocolli e di campagne di informazione per la disinfezione dei dispositivi di protezione individuale al fine di prolungarne la durata, alla progettazione di sistemi dedicati di raccolta, alla ricerca di mezzi tecnologici innovativi al fine del recupero di materia da tali dispositivi nel rispetto della sicurezza degli utenti e degli operatori.

Si demanda ad un decreto del Ministero dell'ambiente, da adottare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero della salute, di stabilire le modalità per il riparto del fondo, autorizzando il Ministro dell'economia ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (co. 3 e 4). Il comma?5 novella l'articolo 15 del decreto-legge Cura Italia, aggiungendovi la previsione - con un nuovo comma  4-bis - che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione il Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro della salute, definisce con proprio decreto i criteri ambientali minimi, ai sensi del codice dei contratti pubblici, relativi alle mascherine filtranti e, ove possibile, ai dispositivi di protezione individuale e ai dispositivi medici,  allo scopo di promuovere, conformemente ai parametri di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute definiti dalle disposizioni normative vigenti, una filiera di prodotti riutilizzabili più volte e confezionati, per quanto possibile, con materiali idonei al riciclo o biodegradabili. Il comma?6 prevede che il Ministero dell'ambiente sottoponga alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione sui risultati dell'attività svolta in base al Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione nonché una proposta di sviluppo del medesimo Piano in coerenza con l'esigenza di applicare criteri di sostenibilità ambientale nelle procedure di acquisto.

Il comma 7 reca le sanzioni per il caso di abbandono di mascherine e guanti monouso, ai sensi dell'articolo 255, comma 1-bis, del codice dell'ambiente in materia di abbandono di rifiuti. Il citato co. 1-bis prevede che chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter relativo al divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Il comma 8 reca la copertura degli oneri.

 

Nel dettaglio, il comma 1 reca disposizioni per fare fronte all'aumento dei rifiuti derivanti dall'utilizzo diffuso di mascherine e guanti monouso da parte della collettività.

Si stabilisce, ai sensi dell'articolo 15 del decreto-legge Cura Italia, che ha dettato disposizioni in materia, che sono individuate con una o più linee guida le misure da applicare durante il periodo dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 dicembre 2020; le linee guida sono adottate dal Ministero dell'ambiente, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per quanto di competenza. Esse volte a definire:

a) specifiche modalità di raccolta dei dispositivi di protezione individuale usati presso gli esercizi della grande distribuzione, le pubbliche amministrazioni e le grandi utenze del settore terziario;

b) specifiche modalità di raccolta dei dispositivi di protezione individuale utilizzati dagli operatori per le attività economiche produttive mediante installazione di box dedicati presso i propri impianti.

 

Si ricorda che l'art. 15 del D.L. Cura Italia, D.L. 17 marzo 2020, n.?18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n.?27, ha recato disposizioni straordinarie per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale

Tale norma ha previsto, fermo quanto previsto dall'articolo 5-bis del mdesimo D.L. per la gestione dell'emergenza COVID-19 volto a facilitare l'acquisizione di dispositivi di protezione e medicali, e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, che è consentito produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni. I produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche e coloro che le immettono in commercio che intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all'Istituto superiore di sanità una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dall'invio della citata autocertificazione, i produttori e gli importatori devono altresì trasmettere all'Istituto superiore di sanità ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L'Istituto superiore di sanità, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti. Inoltre, i produttori, gli importatori dei dispositivi di protezione individuale inviano all'INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dall'invio della citata autocertificazione, i produttori e gli importatori devono altresì trasmettere all'INAIL ogni elemento utile alla validazione dei dispositivi di protezione individuale oggetto della stessa, prevedendosi che l'INAIL si pronunci nel termine di 3 giorni dalla ricezione.

Qualora all'esito della valutazione i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all'importatore è fatto divieto di immissione in commercio.

 

Si ricorda inoltre che dati in materia sono stati forniti, il 5 maggio, in occasione  dell'audizione del ministro dell'Ambiente, in videoconferenza, sulla gestione dei rifiuti legata all'emergenza Covid-19, tenutasi presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

Si ricorda che l'ISS ha fornito le indicazioni su come smaltire guanti e mascherine  in ambito domestico e sul luogo di lavoro, al fine di una corretta gestione sanitaria e ambientale.

 

Il comma?2 prevede, per le finalità di cui al comma 1, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente di un fondo per l'attuazione di un programma sperimentale per la prevenzione, il riuso e il riciclo dei dispositivi di protezione individuale.

La dotazione del fondo è pari a 1 milione di euro per l'anno 2020, al fine di promuovere gli obiettivi di cui al comma 1 nonché la prevenzione, il riuso e il riciclo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati a seguito dell'emergenza determinata dalla diffusione del COVID-19. Il programma è altresì finalizzato all'adozione di protocolli e di campagne di informazione per la disinfezione dei dispositivi di protezione individuale al fine di prolungarne la durata, alla progettazione di sistemi dedicati di raccolta, alla ricerca di mezzi tecnologici innovativi al fine del recupero di materia da tali dispositivi nel rispetto della sicurezza degli utenti e degli operatori. Il programma può altresì includere lo svolgimento di test e prove finalizzati a dimostrare il mantenimento delle caratteristiche dei prodotti monouso ricondizionati, anche attraverso il coinvolgimento dei produttori.

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Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministero dell'ambiente, da adottare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero della salute, di stabilire le modalità per il riparto del fondo di cui al comma 2.

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma?5 novella l'articolo 15 del decreto-legge Cura Italia, sopra citato, aggiungendovi la previsione - con un nuovo comma  4-bis - che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro della salute, definisce con proprio decreto i criteri ambientali minimi, ai sensi del codice dei contratti pubblici, relativi alle mascherine filtranti e, ove possibile, ai dispositivi di protezione individuale e ai dispositivi medici; ciò allo scopo di promuovere, conformemente ai parametri di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute definiti dalle disposizioni normative vigenti, una filiera di prodotti riutilizzabili più volte e confezionati, per quanto possibile, con materiali idonei al riciclo o biodegradabili. Si indica la finalità di favorire la sostenibilità ambientale e ridurre l'inquinamento causato dalla diffusione di dispositivi di protezione individuale monouso.

 

Si ricorda che l'art. 34 del codice dei contratti pubblici reca i Criteri di sostenibilità energetica e ambientale. Esso stabilisce che le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto all'articolo 144 del codice. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1 della norma, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell'ambito del citato Piano d'azione. Specifiche disposizioni di deroga alla normativa in parola sono state dettate con l'art. 86-bis, commi 1 e 4, D.L. Cura Italia (17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) e, successivamente, l'art. 48, comma 2, del medesimo D.L. n. 18/2020, come sostituito dall'art. 109, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, n. 34. Si segnala che, in attuazione dell'articolo 34 del codice dei contratti pubblici, per i criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde è stato adottato il D.M. 10 marzo 2020 e, per i criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, il D.M. 10 marzo 2020.

 

Il comma?6 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sottoponga alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione sui risultati dell'attività svolta in base al Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, in termini di impatto sulla sostenibilità ambientale e sulle procedure di acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche, svolte sulla base dei criteri previsti dal medesimo comma 1126, nonché una proposta di sviluppo del medesimo Piano in coerenza con l'esigenza di applicare criteri di sostenibilità ambientale nelle procedure di acquisto.

 

L'articolo 1, comma 1126, della legge n. 296 del 2006 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2007) ha autorizzato la spesa di 50.000 euro per finanziare l'attuazione e il monitoraggio di un «Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione», predisposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e sottoposto alla approvazione dalla CONSIP Spa. Il Piano prevede l'adozione di misure volte all'integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure di acquisto di beni e servizi delle amministrazioni competenti, sulla base dei seguenti criteri: a) riduzione dell'uso delle risorse naturali; b) sostituzione delle fonti energetiche non rinnovabili con fonti rinnovabili; c) riduzione della produzione di rifiuti; d) riduzione delle emissioni inquinanti; e) riduzione dei rischi ambientali.

Il Piano d'azione suddetto è stato approvato con D.M. 11 aprile 2008. Tra le disposizioni del Piano, l'articolo 3 prevede, in materia di gestione del Piano d'azione, che per la gestione delle attività previste dal Piano d'azione opera il Comitato di gestione, con funzioni di coordinamento operativo, e un Tavolo di lavoro permanente composto dalle rappresentanze delle regioni, degli enti locali e delle parti interessate, con funzioni consultive. L'istituzione e il funzionamento di tali organismi non comporteranno nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica. Il Piano d'Azione è sottoposto, in base all'art. 4 del citato D.M., a revisione almeno triennale. Gli obiettivi generali del Piano d'azione e le sue indicazioni potranno essere aggiornati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentiti i Ministri concertanti, a seguito di nuove indicazioni da parte della Commissione europea e alla luce di considerazioni emergenti dai risultati delle attività di monitoraggio del Piano stesso.

 

Il comma 7 reca la sanzione per il caso di abbandono di mascherine e guanti monouso, applicandosi la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'articolo 255, comma 1-bis, del codice dell'ambiente in materia di abbandono di rifiuti. Il citato co. 1-bis della norma del codice ambientale prevede che chiunque viola il divieto di cui all'articolo 232-ter relativo al divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro trenta a euro centocinquanta. Se l'abbandono riguarda i rifiuti di prodotti da fumo di cui all'articolo 232-bis, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio. Tale disposizione è stata inserita dall'art. 40, comma 1, lett. b), L. 28 dicembre 2015, n. 221, c.d. collegato ambientale.

Si ricorda più nel dettaglio che l'articolo 232-ter del codice dell'ambiente reca il divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni, prevedendo che, al fine di preservare il decoro urbano dei centri abitati e per limitare gli impatti negativi derivanti dalla dispersione incontrollata nell'ambiente di rifiuti di piccolissime dimensioni, quali anche scontrini, fazzoletti di carta e gomme da masticare, è vietato l'abbandono di tali rifiuti sul suolo, nelle acque, nelle caditoie e negli scarichi. Tale articolo è stato inserito nel codice dall'art. 40, comma 1, lett. a), L. 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale).

L'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.?152 reca lìabbandono di rifiuti) prevedendo che, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 252, comma 2 del codice, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio. Si ricorda che in base al co. 2, il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all'articolo 231, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta a euro millecinquecentocinquanta.

Si segnala che in materia il D.M. 15 febbraio 2017 ha recato disposizioni sui rifiuti di prodotti da fumo e di rifiuti di piccolissime dimensioni (decreto pubblicato nella Gazz. Uff. 6 marzo 2017, n. 54).

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Il comma 8 reca la copertura degli oneri derivanti dall'articolo, pari a 1 milione di euro per l'anno 2020, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del presente decreto.

Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n.?190,è istituito un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con la dotazione iniziale, oggetto di siuccessivi interventi,  di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 


 

Capo VIII -  Misure in materia di istruzione

Articolo 230, commi 1, 2 e 2-bis
(Incremento dei posti relativi a concorsi già indetti per l’assunzione di docenti nella scuola secondaria)

 

 

L’articolo 230, commi 1 e 2, dispone che il numero dei posti previsti nell’ambito del concorso ordinario e della procedura straordinaria per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, di recente banditi, è incrementato di complessivi 16.000 posti, equamente ripartiti fra le due procedure.

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, indica le modalità di copertura dell’onere recato dal comma 1.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 1-16 e 19, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha previsto l’indizione di una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per il reclutamento (originariamente) di 24.000 docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservata a soggetti che hanno svolto – fra gli a.s. 2008/2009 e 2019-2020 – almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali, ovvero sono stati impegnati in progetti regionali di formazione che prevedono attività di carattere straordinario.

In particolare, ha disposto che la procedura straordinaria è bandita per le regioni, le classi di concorso e le tipologie di posto per le quali si prevede che, negli a.s. dal 2020/2021 al 2022/2023, vi saranno posti vacanti e disponibili[27].

Tuttavia, in considerazione del meccanismo di assunzione dei vincitori, ha anche disposto che, ove occorra, le relative immissioni in ruolo possono essere disposte anche successivamente all’a.s. 2022/2023, fino all’esaurimento della graduatoria (co. 3).

Ha infatti stabilito (co. 4) che, annualmente, completata l'immissione in ruolo, per la scuola secondaria, degli aspiranti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) e nelle graduatorie di merito dei concorsi per docenti banditi negli anni 2016 e 2018, per le rispettive quote[28], e disposta la confluenza dell'eventuale quota residua delle GAE nella quota destinata ai concorsi, la quota parte delle facoltà assunzionali destinata alle GAE, non coperta con le stesse, è destinata per il 50% (e, allora, fino a concorrenza dei 24.000 posti) alle graduatorie della procedura straordinaria da bandire e per il 50% a quelle del concorso ordinario, per titoli ed esami, sempre per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria, da bandire contestualmente alla procedura straordinaria. L’eventuale posto dispari è destinato alle graduatorie del medesimo concorso ordinario.

 

Il termine per bandire le due procedure – ordinaria e straordinaria –, che era stato fissato dal D.L. 126/2019 a entro il 2019, è stato posticipato al 30 aprile 2020 dall’art. 7, co. 10-quaterdecies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020).

 

I due bandi sono stati pubblicati nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020.

In particolare, con D.D. 510 del 23 aprile 2020 è stata indetta la procedura straordinaria, per titoli ed esami, organizzata su base regionale, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno, a valere sulle immissioni in ruolo previste per gli a.s. 2020/21, 2021/22, 2022/23 o successivi, qualora necessario per esaurire il contingente previsto, pari a 24.000 posti[29].

In base all’art. 3, le domande potevano essere presentate dal 28 maggio al 3 luglio 2020.

Al riguardo, tuttavia, con D.D. 639 del 27 maggio 2020 i termini sono stati sospesi, avendo ravvisato la necessità di operare l’incremento dei posti messi a concorso prevista dall’art. 230 in commento prima di procedere all’apertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione e avendo preso atto che, a seguito dello stesso incremento, le organizzazioni sindacali avevano richiesto un confronto.

Per completezza, si ricorda che l’art. 2, co. 01-07, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha modificato l’articolazione e le modalità di svolgimento della prova scritta della procedura in questione, in particolare disponendo che la stessa è articolata in quesiti a risposta aperta (e non più a risposta multipla) e si svolge nel corso dell’a.s. 2020/2021. Inoltre, ha previsto che la disciplina della prova orale e le modalità di acquisizione da parte dei vincitori della medesima procedura dei crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA) richiesti per l’accesso all’insegnamento nella scuola secondaria è definita con decreto ministeriale di natura non regolamentare (e non più con regolamento).

 

Con D.D. 499 del 21 aprile 2020[30] è stato indetto il concorso ordinario, per titoli ed esami, organizzato su base regionale, finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni e di sostegno nella scuola secondaria di primo e secondo grado[31], per complessivi (originariamente) 25.000 posti che si prevede si renderanno vacanti e disponibili per il biennio 2020/2021-2021/2022[32].

Le domande di partecipazione possono essere presentate dal 15 giugno 2020 al 31 luglio 2020.

 

In particolare, il comma 1 dispone che il numero dei posti destinati alla procedura straordinaria è elevato (da 24.000) a 32.000.

A tal fine, fermo restando il meccanismo previsto dall’art. 1, co. 4, del D.L. 126/2019, le immissioni in ruolo dei vincitori della procedura straordinaria possono essere disposte, per le regioni e classi di concorso per cui la procedura è stata bandita, anche successivamente all'a.s. 2022/2023 (come già stabilito per i 24.000 originariamente previsti), sino all’assunzione di tutti i 32.000 vincitori.

 

A sua volta, il comma 2 dispone che anche il numero dei posti del concorso ordinario bandito contestualmente alla procedura straordinaria è incrementato di 8.000 posti. A tal fine, si introduce ora la previsione – parallela a quella relativa alla procedura straordinaria – in base alla quale, fermo restando il meccanismo previsto dall’art. 1, co. 4, del D.L. 126/2019, le immissioni in ruolo dei vincitori del concorso ordinario possono essere disposte, per le regioni e classi di concorso per cui è stata bandita la procedura, anche successivamente all'a.s. 2021/2022, sino all’assunzione di tutti i 33.000 vincitori.

In applicazione, è intervenuto il D.D. 649 del 3 giugno 2020 che ha disposto l’incremento di 8.000 posti, con conseguente sostituzione degli allegati 1 e 2 del D.D. 499/2020[33].

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, prevede che agli oneri recati dal comma 1, pari a € 4 mln per il 2023, si provvede ai sensi dell'art. 265.

La relazione tecnica faceva presente che l’incremento di 8.000 posti previsto dal co. 1 non produce oneri aggiuntivi quanto ai costi di assunzione, atteso che le immissioni in ruolo dei 32.000 vincitori, nei limiti dei posti vacanti e disponibili, saranno effettuate ai sensi dell’art. 1, co. 3 e 4, del D.L. 126/2019, in tanti anni (verosimilmente, quattro) quanti ne occorreranno al fine di assicurare il rispetto della quota delle facoltà assunzionali già destinata al concorso. Quota che costituisce una parte di quelle complessive autorizzate dalla legislazione vigente.

L’incremento di posti determina, invece, maggiori oneri per effetto di quanto previsto dall’art. 1, co. 13, lett. a), dello stesso D.L. 126/2019, in base al quale lo Stato si fa carico di coprire le spese occorrenti per assicurare che tutti i neo-immessi in ruolo acquisiscano i crediti formativi universitari di cui all’art. 5, co, 1, lett. b), del d.lgs. 59/2017. In particolare, evidenziava che, ai sensi del DM 616/2017, ciò comporta una spesa di € 500 per discente. Si stimava, dunque – rispetto alla spesa massima possibile indicata nella relazione tecnica correlata al D.L. 126/2019 in misura di € 4 mln per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 – una spesa aggiuntiva di € 4 mln nel 2023 necessari per coprire gli oneri di ulteriori 8.000 vincitori.

 


 

Articolo 230, commi 2-ter e 2-quater
(Contratti aggiuntivi per collaboratori scolastici nell’a.s. 2020-2021)

 

 

I commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 230, introdotti nel corso dell’esame in V Commissione, prevedono la stipula, nel corso dell’anno scolastico 2020/2021, di contratti aggiuntivi a tempo determinato, fino al 31 dicembre 2020, a completamento dell’orario di servizio presso la sede di titolarità, con soggetti già assunti con contratti part-time all’esito della procedura selettiva di cui all’art. 58, co. 5-ter, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), finalizzata ad assumere alle dipendenze dello Stato il personale già dipendente di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole.

 

La finalità è quella di contrastare l’emergenza epidemiologica in corso, favorire la piena ripresa dell’attività didattica in presenza e assicurare la continuità occupazionale e retributiva dei soggetti interessati.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 58, commi da 5-bis a 5-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), come modificato, da ultimo, dall’art. 2, co. 5, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019):

§  ha stabilito che a decorrere dal 1° marzo 2020 i servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole statali sono svolti esclusivamente da personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico (co. 5-bis);

§  ha autorizzato il Ministero ad avviare un’apposita procedura selettiva per soli titoli per l’assunzione di 11.263 collaboratori scolastici previa stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato e impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché inclusivi di 2018 e 2019 (co. 5-ter);

§  ha stabilito che le assunzioni all’esito della procedura selettiva sono autorizzate anche a tempo parziale. I rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno, né può esserne incrementato il numero di ore lavorative, se non in presenza di risorse certe e stabili. Nel limite complessivo di 11.263 unità, i posti eventualmente residuati all’esito della stessa procedura sono utilizzati per il collocamento – a domanda, e nell’ordine di una apposita graduatoria nazionale formulata sulla base del punteggio già ottenuto nell’ambito della medesima procedura selettiva – di soggetti assunti a tempo parziale ovvero risultati in soprannumero nella provincia, in virtù della propria posizione in graduatoria[34] (co. 5-quater);

§  ha previsto che, sempre nell’ambito del numero complessivo di 11.263 posti, per l’a.s. 2020/2021 sono avviate, una tantum, operazioni di mobilità straordinaria, a domanda – disciplinate da apposito accordo sindacale, e riservate al personale assunto con la procedura selettiva – sui posti eventualmente ancora residuati all’esito della procedura di chiamata dall’apposita graduatoria nazionale (co. 5-quinquies);

§  ha disposto che, dopo le operazioni di mobilità straordinaria per l’a.s. 2020/2021, il Ministero è autorizzato ad avviare una seconda procedura selettiva per titoli per la copertura – a decorrere dal 1° gennaio 2021 – dei posti eventualmente residuati. Può partecipare alla seconda procedura il personale impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi di pulizia e ausiliari per almeno 5 anni, anche non continuativi, purché inclusivi del 2018 e del 2019, in qualità di dipendente, non solo a tempo indeterminato (come nel caso della prima procedura selettiva), ma anche a tempo determinato, di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei medesimi servizi (co. 5-sexies).

 

La disciplina applicativa relativa alla prima procedura selettiva è stata adottata con D.I. 1074 del 20 novembre 2019 (qui una errata corrige all'allegato).

Il bando è stato emanato con D.D. 2200 del 6 dicembre 2019. Il termine per la presentazione della domanda era poi stato prorogato con D.D. 2318 del 20 dicembre 2019[35].

 

Successivamente, l’art. 20 del D.L. 9/2020 ha previsto che i collaboratori scolastici che avrebbero dovuto prendere servizio il 1° marzo 2020 nelle scuole chiuse a causa dell'emergenza sanitaria legata al COVID-19 avrebbero sottoscritto il contratto di lavoro e preso servizio, dalla medesima data, provvisoriamente, presso gli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali in attesa di essere assegnati presso la sede di destinazione. Tale previsione è poi stata inserita, nell’art. 121-bis del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), la cui legge di conversione ha previsto l'abrogazione del D.L. 9/2020, facendo salvi gli effetti giuridici prodotti.

 

Con D.D. 573 del 18 maggio 2020 (di cui è stato dato avviso nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale n. 40 del 22 maggio 2020) sono state disciplinate le modalità di predisposizione della graduatoria nazionale finalizzata al conferimento dei posti interi residuati all’esito della procedura selettiva indetta con D.D. 2200/2019 ai partecipanti destinatari di assunzioni a tempo parziale al 50% ovvero risultati in soprannumero nella provincia in virtù della propria posizione in graduatoria.

L’inserimento nella graduatoria nazionale doveva avvenire a domanda degli interessati, sulla base del punteggio già acquisito nelle graduatorie provinciali di provenienza.

Dovevano essere altresì inseriti d’ufficio nella graduatoria nazionale, limitatamente alla provincia della graduatoria di inserimento, coloro che, all’esito della procedura di cui al D.D. 2200/2019, non fossero stati destinatari di proposta di immissione in ruolo a tempo parziale al 50% in quanto soprannumerari nella graduatoria provinciale per carenza di posti disponibili qualora, nel corso della procedura nazionale, si fossero verificate ulteriori disponibilità nella provincia di inclusione per l’immissione in ruolo con contratto a tempo parziale al 50%.

In particolare, il decreto, evidenziato che, a seguito dello svolgimento della prima procedura selettiva, il numero di posti interi residuati e disponibili a livello provinciale, nell’ambito del numero complessivo di 11.263 posti, è pari a 1.817, li ha ripartiti fra province sulla base dei posti in ciascuna residuati.

La domanda per l’inserimento nella graduatoria nazionale doveva essere presentata entro 15 giorni dalla data di pubblicazione del decreto sul sito del Ministero e degli Uffici scolastici regionali interessati.

Al riguardo, con nota prot. 12254 del 18 maggio 2020 era stato chiarito che il termine decorreva dal 22 maggio 2020 e scadeva il 6 giugno 2020.

La graduatoria nazionale è stata approvata con D.D. 686 del 16 giugno 2020, e poi rettificata e sostituita con D.D. 713 del 24 giugno 2020.

Essa include 391 soggetti (a fronte di 485 istanze pervenute).

 

Al relativo onere, pari a € 18,8 mln nel 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5.


 

Articolo 230-bis, comma 1
(Contratti con assistenti tecnici per assicurare la funzionalità della strumentazione informatica nelle scuole dell’infanzia
 e del primo ciclo)

 

 

L’articolo 230-bis, comma 1, introdotto durante l’esame in V Commissione e modificato a seguito del rinvio in Commissione, autorizza le scuole dell’infanzia e le scuole del primo ciclo a sottoscrivere, nei mesi da settembre a dicembre 2020, contratti a tempo determinato fino al 31 dicembre 2020, con assistenti tecnici, al fine di assicurare la funzionalità della strumentazione informatica, nonché il supporto all'utilizzo delle piattaforme multimediali per la didattica.

 

I suddetti contratti possono essere sottoscritti fino a un limite complessivo di 1.000 unità.

Il contingente è ripartito tra le istituzioni scolastiche, tenuto conto del numero di studenti, con decreto del Ministro dell’istruzione, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Si tratta della medesima possibilità prevista, per l’a.s. 2019/2020, dall’art. 120, co. 4 e 5, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

La relazione illustrativa al D.L. 18/2020 (A.S. 1766) evidenziava che "nelle scuole del primo ciclo non sono disponibili assistenti tecnici informatici per ragioni storiche, in quanto si trattava di scuole prive di laboratori informatici. L’evoluzione della società verso il digitale ha determinato la necessità di dotarsi di laboratori informatici, oramai da alcuni anni, anche per le scuole del primo ciclo. L’assenza di assistenti tecnici si è rivelata, inoltre, causa di particolare difficoltà, per le scuole del primo ciclo, nell’organizzazione della didattica a distanza".

 

Rispetto a quanto previsto a livello legislativo, peraltro, la premessa del DM 187 del 26 marzo 2020, intervenuto in attuazione del D.L. 18/2020, ha evidenziato che la dotazione organica aggiuntiva non consentiva l’assegnazione di una unità di assistente tecnico ad ogni istituzione scolastica del primo ciclo.

Pertanto, l’art. 2 ha previsto che la dotazione organica aggiuntiva era assegnata agli Uffici scolastici regionali (USR) sulla base del numero di alunni presenti nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo della regione. La ripartizione del contingente è stata indicata nella tabella di cui all’Allegato 2. I Direttori generali o i Dirigenti titolari degli USR, avuto riguardo a un’omogenea distribuzione sul territorio e tenuto conto delle specifiche esigenze e delle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle singole istituzioni scolastiche, dovevano procedere all’individuazione di istituzioni scolastiche del primo ciclo quali scuole polo. Con il medesimo provvedimento sono state indicate le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione appartenenti alla rete di riferimento della scuola polo individuata. I dirigenti scolastici delle scuole polo dovevano richiedere all’istituzione scolastica secondaria di secondo grado più vicina, in possesso delle graduatorie di istituto per assistenti tecnici di informatica, l’individuazione dell’aspirante alla nomina e dovevano stipulare con l’avente titolo un contratto a tempo determinato sino al termine delle attività didattiche[36].

Alla luce dell’esperienza applicativa maturata nell’a.s. 2019/2020, si valuti, pertanto, l’opportunità di un adeguamento del testo, che, in particolare, continua a fare riferimento all’attivazione dei contratti da parte delle singole istituzioni scolastiche.

 

A differenza della disposizione recata dall’art. 120, co. 4 e 5, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), tuttavia, non si specifica se i contratti possono essere sottoscritti anche in deroga ai limiti della consistenza organica del personale ATA.

 

A seguito del rinvio in Commissione, è stato disposto che al relativo onere, quantificato in € 9,3 mln per il 2020, si provvede ai sensi dell’art. 265.

 


 

Articolo 230-bis, comma 2
(Incarichi temporanei per le funzioni ispettive e immissione in ruolo
di dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione)

 

 

L’articolo 230-bis, comma 2, introdotto durante l’esame in V Commissione, autorizza il Ministero dell’istruzione, nelle more dello svolgimento del concorso per dirigenti tecnici previsto dal D.L. 126/2019 (L. 159/2019), a prorogare, al massimo fino al 31 dicembre 2021, gli incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale per le funzioni ispettive conferiti sulla base dello stesso D.L.

Conseguentemente, dispone che le assunzioni dei dirigenti tecnici avvengono con decorrenza successiva alla scadenza degli incarichi temporanei.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 94, periodi terzo e ss., della L. 107/2015 ha previsto la possibilità per il triennio 2016-2018 di conferire incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive al fine di garantire azioni di supporto alle scuole nell’attuazione della medesima legge, nonché assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione. Ha altresì disposto che tali incarichi potevano essere conferiti, nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti tecnici dell’allora MIUR, anche in deroga alle percentuali previste dall'art. 19, co. 5-bis e 6, del d.lgs. 165/2001 per i dirigenti di seconda fascia. A tal fine, ha autorizzato una spesa nel limite massimo di € 7 mln per ciascun anno del triennio 2016-2018.

Infine, ha previsto che gli incarichi dovevano essere conferiti, in base all'art. 19, co. 1-bis, del medesimo d.lgs. 165/2001, mediante valutazione comparativa dei curricula e previo avviso pubblico, da pubblicare nel sito del MIUR, che rendesse conoscibili il numero dei posti e la loro ripartizione tra amministrazione centrale e uffici scolastici regionali, nonché i criteri di scelta da adottare per la valutazione comparativa.

Con DM 12 novembre 2015, n. 882, il numero degli incarichi da conferire è stato individuato in 48, da ripartire fra Amministrazione centrale (3) e Amministrazione periferica (45).

Successivamente, l’art. 2, co. 3, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha autorizzato l’allora MIUR, nell’ambito della dotazione organica vigente e in deroga a specifiche disposizioni relative all’avvio di procedure concorsuali da parte delle pubbliche amministrazioni, a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’immissione in ruolo, a decorrere da gennaio 2021 – ora, sostanzialmente, differito – di 59 dirigenti tecnici e, a decorrere dal 2023, di ulteriori 87 unità, con conseguente maggiore spesa di personale per € 7,90 mln annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e per € 19,55 mln annui a decorrere dal 2023[37].

Nelle more dell’espletamento del concorso, il co. 4 dello stesso art. 2 ha rifinanziato l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, co. 94, della L. 107/2015[38], al fine di continuare a consentire l’attribuzione, anche per parte del 2019 e per il 2020, di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive, ferma restando la procedura prevista dallo stesso co. 94. Ha comunque previsto che gli incarichi temporanei hanno termine all’atto dell’immissione in ruolo dei (primi 59) dirigenti tecnici a seguito del concorso e, comunque, entro il 31 dicembre 2020.

In particolare, il rifinanziamento è stato pari a € 1,98 mln per il 2019 e a € 7,90 mln per il 2020.

In attuazione, con DM n. 3 del 14 maggio 2020 si è proceduto alla ripartizione tra il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione e gli Uffici scolastici regionali (USR) di 59 incarichi di dirigente con funzioni tecnico-ispettivi.

La ripartizione tra gli USR tiene conto del numero di dirigenti tecnici di ruolo o a tempo determinato in servizio alla data di emanazione del decreto, del numero di istituzioni scolastiche presenti in ciascuna regione e della necessità di assicurare a ciascun USR almeno due dirigenti tecnici. Gli incarichi sono conferiti mediante procedura di selezione comparativa dei curricula, previa pubblicazione, sul sito del Ministero dell’istruzione e degli USR di appositi avvisi.

Le procedure di selezione dovevano essere avviate entro 5 giorni dalla data di pubblicazione del decreto.

 

Ai relativi oneri, pari a € 7,9 mln per l'anno 2021, si provvede a valere sulle risorse destinate dall’art. 2, co. 3, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), per il medesimo anno, all’assunzione dei dirigenti tecnici.

 


 

Articolo 230-bis, comma 3
(Fondo per evitare la ripetizione di somme già erogate ai dirigenti scolastici negli a.s. 2017/2018 e 2018/2019)

 

 

L’articolo 230-bis, comma 3, introdotto durante l’esame in V Commissione e modificato a seguito del rinvio in Commissione, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione un Fondo volto ad evitare la ripetizione di somme già erogate ai dirigenti scolastici negli a.s. 2017/2018 e 2018/2019 in conseguenza dell’ultrattività riconosciuta ai contratti collettivi regionali relativi all’a.s. 2016/2017.

 

Al riguardo, si ricorda che, in linea generale, il contratto collettivo di diritto comune spiega i suoi effetti soltanto durante il periodo per il quale è stato stipulato.

Tuttavia, a temperamento di tale principio, è ormai pacifico che il lavoratore conserva i diritti previsti dal contratto scaduto nel periodo che intercorre tra la scadenza ed il rinnovo dello stesso.

Inoltre, le parti collettive possono, nell'ambito della loro autonomia negoziale, prevedere, all'atto della stipulazione del nuovo contratto, l'efficacia retroattiva dello stesso e disporre anche per il periodo rimasto scoperto.

In proposito, si sottolinea che le parti collettive spesso prevedono il rinnovo automatico del contratto in caso di mancata disdetta, come ad esempio disposto dagli artt. 4 sia del CCNL funzioni centrali 2016-2018, sia in quello funzioni locali per lo stesso periodo, in cui si legge: "Il presente contratto, alla scadenza, si rinnova tacitamente di anno in anno qualora non ne sia data disdetta da una delle parti con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della scadenza. In caso di disdetta, le disposizioni contrattuali rimangono integralmente in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo".

 

In particolare, il Fondo è istituito con uno stanziamento di € 13,1 mln per il 2020.

 

In nessun caso possono essere riconosciuti emolumenti superiori a quelli derivanti dalla predetta ultrattività.

 

Il Fondo è ripartito con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, informate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dell'area dirigenziale Istruzione e ricerca.

 

In argomento, si ricorda che il trattamento economico dei dirigenti scolastici è formato da tre componenti: lo stipendio tabellare, la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato. In particolare, la retribuzione di posizione e quella di risultato vengono erogate a carico del Fondo unico nazionale (FUN), costituito ai sensi dell'art. 25 del CCNL relativo al personale dell'Area V della Dirigenza per il quadriennio normativo 2006-2009 ed il primo biennio economico 2006-2007, sottoscritto il 15 luglio 2010.

Ai sensi dell'art. 25, co. 3, del citato CCNL, entro il 31 luglio di ciascun anno il Ministero dell’istruzione ripartisce tra gli Uffici scolastici regionali le risorse destinate alla retribuzione di posizione e risultato in relazione al numero dei posti dei dirigenti scolastici. Tale ripartizione è oggetto di informazione preventiva alle organizzazioni sindacali.

Da ultimo, l’art. 1, co. 255 della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato di € 30 mln annui dal 2020 le risorse destinate al Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici.

Si è così dato seguito all'intesa siglata il 29 ottobre 2019 tra l’allora MIUR e le organizzazioni sindacali rappresentative dell'area dirigenziale Istruzione e ricerca, con la quale il Ministero si era impegnato a rifinanziare il FUN a fronte di una possibile riduzione della retribuzione pro-capite di posizione variabile e di risultato, dovuta all'incremento del numero di dirigenti scolastici in servizio conseguente alla conclusione del concorso bandito nel 2017.

 

A seguito del rinvio in Commissione, è stato disposto che al relativo onere si provvede ai sensi dell’art. 265 (e non più mediante corrispondente riduzione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006).

 

 

 


 

Articolo 231
(Misure per sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza
dell’anno scolastico 2020/2021)

 

 

L'articolo 231 incrementa di 331 milioni di euro per il 2020 il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche destinando tali risorse ad una serie di interventi in favore delle istituzioni scolastiche ed educative statali per garantire la ripresa dell'attività scolastica in sicurezza. Tali interventi devono essere realizzati entro il 30 settembre 2020.

Sono inoltre stanziate alle istituzioni scolastiche statali e paritarie, che sono sede di esame di Stato, apposite risorse finanziarie - pari a 39,23 milioni di euro nel 2020 - per il corretto svolgimento degli esami di Stato per l’anno scolastico 2019/2020, al fine di assicurare la pulizia degli ambienti e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale durante le attività in presenza. Per le medesime finalità, in virtù delle modifiche approvate nel corso dell'esame in V Commissione, 2 milioni di euro nel 2020 sono destinati alle scuole ricadenti nei territori della Regione autonoma Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Ripresa delle attività scolastiche 2020/2021 (commi 1-5 e 9)

 

Il comma 1 incrementa di 331 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di cui all'art. 1, co. 601, della L. 296/2006, con l'obiettivo di assicurare la ripresa dell'attività scolastica nel 2020/2021 in sicurezza e in modo adeguato alla situazione epidemiologica.

Il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche è stato istituito nello stato di previsione dell'allora MIUR dall’art. 1, co. 601, della L. 296/2006.

Nella nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili.

Le risorse del Fondo sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394.

 

In base al comma 2, le risorse di cui al comma 1 sono destinate ai seguenti interventi:

a) acquisto di servizi professionali, di formazione e di assistenza tecnica per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per la didattica a distanza e per l’assistenza medico-sanitaria e psicologica, di servizi di lavanderia, di rimozione e smaltimento di rifiuti.

Nel "Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione," adottato dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) e pubblicato dall’INAIL ad aprile 2020, è stata definita la classificazione dei livelli di rischio connessi all’emergenza sanitaria per i differenti settori produttivi secondo la classificazione vigente ATECO. Dall’analisi del livello di rischio connesso al settore scolastico, si evidenzia un livello attribuito di rischio integrato medio-basso ed un rischio di aggregazione medio-alto.

 

b) acquisto di dispositivi di protezione e di materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, nonché di ogni altro materiale, anche di consumo, in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19;

 

c) interventi in favore della didattica degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento (DSA) ed altri bisogni educativi speciali (BES).

     L’art. 1, co. 4-ter, D.L.22/2020 (L. 41/2020), prevede che “limitatamente all’anno scolastico 2019/2020, per sopravvenute condizioni correlate alla situazione epidemiologica da COVID-19, i dirigenti scolastici, sulla base di specifiche e motivate richieste da parte delle famiglie degli alunni con disabilità, sentiti i consigli di classe e acquisito il parere del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione a livello di istituzione scolastica, valutano l’opportunità di consentire la reiscrizione dell’alunno al medesimo anno di corso frequentato nell’anno scolastico 2019/2020, limitatamente ai casi in cui sia stato accertato e verbalizzato il mancato conseguimento degli obiettivi didattici e inclusivi per l’autonomia, stabiliti nel piano educativo individualizzato” (PEI). In attuazione, si veda la nota n. 793 dell'8 giugno 2020.

 

d) interventi utili a potenziare la didattica anche a distanza e a dotare le scuole e gli studenti degli strumenti necessari per la fruizione di modalità didattiche compatibili con la situazione emergenziale nonché a favorire l’inclusione scolastica e ad adottare le misure che contrastino la dispersione;

Si ricorda che l'art. 120 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha stanziato 10 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l'apprendimento a distanza e 70 milioni di euro nel 2020 per mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme, nonché per la necessaria connettività di rete. In attuazione è intervenuto il D.M. 187/2020.

Si segnala inoltre che il 15 giugno 2020 è stato pubblicato il bando PON Smart class II ciclo che ha stanziato 29 milioni di euro (in parte provenienti da fondi strutturali in parte dal Piano nazionale scuola digitale) per supportare le istituzioni scolastiche statali del secondo ciclo di istruzione nel potenziamento di forme di didattica digitale.

 

e) acquisto e utilizzo di strumenti editoriali e didattici innovativi.

Si ricorda che l'art. 2 del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha stabilito la conferma, per l’anno scolastico 2020/2021, dei libri di testo adottati per il corrente anno scolastico 2019/2020. In attuazione si veda si veda l'ordinanza ministeriale n.17 del 22 maggio 2020 relativa alle adozioni dei libri di testo per l'anno scolastico 2020/2021.

 

f) adattamento degli spazi interni ed esterni e delle loro dotazioni allo svolgimento dell’attività didattica in condizioni di sicurezza, inclusi interventi di piccola manutenzione, di pulizia straordinaria e sanificazione, nonché interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione dei laboratori didattici, delle palestre, di ambienti didattici innovativi, di sistemi di sorveglianza e dell’infrastruttura informatica.

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato in prima lettura precisa che le predette finalità sono state individuate "anche sulla base delle indicazioni formulate dalla Commissione di supporto tecnico nonché di preliminari approfondimenti svolti con gruppi di istituzioni scolastiche di diverso ordine e grado e sono state definite in modo da poter rispondere agli eterogenei contesti sociali e territoriali cui le scuole afferiscono".

In argomento si ricorda che il 28 maggio 2020 il Comitato tecnico-scientifico istituito per l’emergenza Coronavirus ha presentato un documento tecnico sull’ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive nel settore scolastico.

L'11 giugno sono state elaborate le proposte della Conferenza delle regioni e delle province autonome in vista delle linee guida relative alla riapertura delle scuole.

Il 26 giugno 2020 il Dicastero ha adottato il "Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le istituzioni del sistema nazionale di istruzione per l’anno scolastico 2020/2021" (le cosiddette "Linee guida"). In tale Documento è allegato fra l'altro un "Quadro indicativo delle rispettive competenze di enti locali e istituzioni scolastiche in vista della riapertura delle scuole a settembre".

 

La nota n. 1033 del 29 maggio 2020 riporta, a titolo esemplificativo e non esaustivo, un primo elenco di beni, servizi e lavori che le scuole potranno acquistare con le risorse messe a disposizione dal comma 1 dell'articolo in commento.

 

Secondo il comma 3, qualora gli interventi di cui al comma 2 richiedano affidamenti, ad essi collaterali e strumentali, inerenti a servizi di supporto al responsabile unico del procedimento (RUP) e di assistenza tecnica, le istituzioni scolastiche ed educative statali possono far fronte alle relative spese utilizzando parte delle risorse del Fondo per il funzionamento loro assegnate, nel limite del 10 per cento delle stesse e nel rispetto delle tempi stabiliti dal comma 5 (su cui si veda infra).

 

Il comma 4 stabilisce che le risorse di cui al comma 1 sono assegnate alle istituzioni scolastiche ed educative statali dal Ministero dell’istruzione, sulla base dei criteri e parametri vigenti per la ripartizione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

 

L'art. 1, co. 601, della L. 296/2006 stabilisce che con decreto del Ministro dell'istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché per la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione. Il riferimento è dunque al D.M. n. 834 del 15 ottobre 2015 che ha dettato i criteri per il riparto del suddetto Fondo, quali la tipologia dell’istituzione scolastica, la consistenza numerica degli alunni ed il numero degli alunni diversamente abili, il numero di plessi e sedi in cui si articola la scuola e il numero delle classi terminali.

 

In merito ai criteri di assegnazione, la relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato in prima lettura specifica che il livello di fabbisogno di ciascuna istituzione scolastica può essere misurato utilizzando i criteri di riparto del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, ai quali viene attribuita una specifica pesatura calcolata su un livello medio. Le finalità di spesa che si vogliono perseguire producono infatti dei fabbisogni diversi in ciascuna istituzione scolastica. Pertanto, "ferma restando l’eterogeneità delle 8.300 scuole presenti su tutto il territorio nazionale, le risorse, quantificate nell’importo complessivo di 331 milioni di euro, appaiono adeguate a contribuire ai fabbisogni delle istituzioni scolastiche in relazione alla diversa complessità delle stesse. È possibile infatti definire 4 cluster di fabbisogno delle scuole ed i seguenti relativi range di risorse disponibili per ogni scuola:


 

 

 CLUSTER

CARATTERISTICHE CLUSTER

NUMERO SCUOLE

RANGE RISORSE ASSEGNATE

A.    Scuole con elevati livelli di fabbisogno

1.372 alunni in media, 48 alunni disabili in media, fino a 13 plessi e contestuale presenza di gestioni economiche separate e/o aziende speciali annesse.

Scuole secondarie di secondo grado con laboratori.

424 (5%)

x >80.000

B.     Scuole con livelli medio-alti di fabbisogno

1.159 alunni in media, 35 alunni disabili in media, fino a 25 plessi. Scuole di ogni ordine e grado con presenza di corsi serali e di scuole in ospedale e domiciliari

2.567 (31%)

40.000<x<=80.000

C.     Scuole con livelli medi di fabbisogno

833 alunni in media, 27 alunni disabili in media, fino a 23 plessi. Scuole di ogni ordine e grado

4.815 (57%)

20.000<x<=40.000

D.    Scuole con ridotti livelli di fabbisogno

341 alunni in media, 10 alunni disabili in media, fino a 16 plessi. Prevalenza di Scuole del primo ciclo.

538 (7%)

X<=20.000

 

Il comma 5 detta le tempistiche per la realizzazione degli interventi o il completamento delle procedure di affidamento, che devono concludersi entro il 30 settembre 2020.

 

Qualora, all'esito di un apposito monitoraggio, alla data del 30 settembre 2020, vi siano risorse non impegnate dalle istituzioni scolastiche ed educative, il Ministero dell'istruzione dispone un piano di redistribuzione delle risorse. A questo punto:

§  le risorse non impegnate sono versate in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;

§  le risorse sono assegnate alle istituzioni scolastiche ed educative che, al 30 settembre 2020, hanno già realizzato gli interventi o completato le procedure di affidamento e hanno comunicato al Dicastero - con modalità stabilite dal Ministero stesso - la necessità di ulteriori risorse per le medesime finalità di cui al comma 2. Al riguardo, si valuti l'opportunità di chiarire con quale atto sono definite le modalità di comunicazione da parte delle scuole di ulteriori esigenze finanziarie e quali siano i criteri per l'ulteriore assegnazione, o se essi siano definiti dal decreto previsto dal comma 4;

§  all'esito di questa ulteriore assegnazione, tali risorse dovranno essere utilizzate per la realizzazione di interventi o impegnate in procedure di affidamento entro il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 9 dispone che il Ministero dell’istruzione, dal giorno seguente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, comunica alle istituzioni scolastiche ed educative statali l’ammontare delle risorse finanziarie di cui al comma 1 da assegnare, con l’obiettivo di accelerare l’avvio delle procedure di affidamento e realizzazione degli interventi.

Come risulta dal comunicato stampa del 1° giugno, tale comunicazione è stata già resa alle scuole.

 

Svolgimento esami di stato 2019/2020 (commi 6, 7, 7-bis e 8)

 

In base al comma 6, il Ministero dell'istruzione assegna tempestivamente alle istituzioni scolastiche statali e paritarie, che sono sede di esame di Stato, apposite risorse finanziarie, tenendo conto del numero di studenti e di unità di personale coinvolti.

La nota n. 1033 del 29 maggio 2020 ha fornito indicazioni operative sul riparto delle risorse in questione specificando che esso è basato sul numero di studenti e di unità di personale coinvolti nelle operazioni di svolgimento dell’esame di Stato, nonchè sul numero di plessi in cui si articola l’istituzione scolastica.

 

Tali risorse sono finalizzate a garantire il corretto svolgimento degli esami di Stato per l’anno scolastico 2019/2020, assicurando:

§  la pulizia degli ambienti scolastici secondo gli standard previsti dalla normativa vigente.

Si ricorda che l'art. 77 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha autorizzato la spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali. In attuazione è intervenuto il D.M. 20 marzo 2020, n. 186.

Quanto agli standard di pulizia, la relazione illustrativa fa riferimento alla circolare del Ministero della salute n. 5543 del 22 febbraio 2020, anche se il riferimento corretto pare essere la circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020.

 

§  la possibilità di utilizzare, ove necessario, dispositivi di protezione individuale da parte degli studenti e del personale scolastico durante le attività in presenza.

 

In merito alle modalità di svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, l'art. 1 del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha demandato a specifiche ordinanze l'individuazione delle eccezionali modalità per l'anno scolastico 2019/2020, le quali hanno previsto:

-       per il primo ciclo, la sostituzione dell’esame con la valutazione finale da parte del consiglio di classe, che tiene conto altresì di un elaborato del candidato, come definito dalle stesse ordinanze, nonché le modalità e i criteri per l’attribuzione del voto finale;

-       per il secondo ciclo, l’eliminazione delle prove scritte e la sostituzione con un unico colloquio, anche in modalità telematica, articolandone i contenuti e il punteggio per garantire la completezza e la congruità della valutazione.

In attuazione, sono state emanate l'ordinanza n. 9 del 16 maggio 2020 per gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione e l'ordinanza n. 10 del 16 maggio 2020 (con i relativi Allegato A e Allegato B) per gli esami conclusivi del secondo ciclo: questi ultimi si svolgeranno in presenza.

Al riguardo, il Comitato tecnico-scientifico (CTS) istituito per l’emergenza coronavirus, ha approvato un documento tecnico con proposte relative all’adozione di misure di sistema, organizzative, di prevenzione e protezione, nonché regole per l’utenza per lo svolgimento dell’esame di stato in sicurezza. Tale documento è stato recepito il 19 maggio 2020 nel Protocollo d'intesa siglato dal Ministero con le organizzazioni sindacali e recante "Linee operative per garantire il regolare svolgimento degli esami conclusivi di stato 2019/2020".

 

Le risorse assegnate per le finalità specifiche del comma 6 ammontano a 39,23 milioni di euro nel 2020, a valere sui pertinenti capitoli del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali e delle scuole paritarie (comma 7).

Per la dettagliata quantificazione delle risorse finanziarie la relazione tecnica allegata al disegno di legge in prima lettura precisa che, dei 39,23 milioni di euro occorrenti, 3,2 milioni di euro sono destinati ai dispositivi di protezione individuale e 36 milioni di euro agli interventi di pulizia.

La nota n. 1033 del 29 maggio 2020 ha specificato che, qualora al termine dell’anno scolastico, il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche "non presenti economie sufficienti al fine di remunerare eventuali attività aggiuntive del personale ausiliario connesse alle attività da svolgere per garantire la pulizia costante degli ambienti scolastici nel rispetto delle misure di sicurezza previste, sarà possibile prevedere per tale finalità, in assenza di altre disponibilità", l’utilizzo delle risorse previste dalla disposizione in commento, previa attivazione della contrattazione di sede con le organizzazioni sindacali.

 

In sede referente è stato introdotto il comma 7-bis, in base al quale per le finalità di cui al comma 6 (pulizia degli ambienti e acquisto di dispositivi di protezioni individuale per lo svolgimento degli esami di Stato) sono stanziati ulteriori 2 milioni di euro nel 2020 - ai cui oneri si provvede in base all'art. 265, co. 5 - da trasferire alla Regione autonoma Valle d’Aosta e alle Province autonome di Trento e di Bolzano per il riparto in favore delle istituzioni scolastiche ricadenti nei territori di competenza. Le scuole beneficiarie dovrebbero essere, in virtù del richiamo al comma 6, quelle statali e paritarie sede di esame di Stato (dunque solo le secondarie di secondo grado), secondo i criteri di riparto basato sul numero di studenti e di unità di personale coinvolti.

Non parrebbero esplicitate le quote spettanti alla Regione Valle d'Aosta e alle Province autonome di Trento e Bolzano, né quali siano i criteri di riparto. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Si segnala inoltre che la disposizione in commento potrebbe entrare in vigore - tenuto conto della scadenza del decreto-legge il 18 luglio 2020 - in un momento successivo rispetto a quello in cui la fattispecie disciplinata (ossia lo svolgimento in sicurezza degli esami di Stato 2020) ha cessato di produrre effetti. Si valuti dunque l'opportunità di un approfondimento sulla congruità di tali tempistiche.

 

Il Ministero dell'istruzione può anticipare alle scuole le somme assegnate nel limite delle risorse iscritte in bilancio (comma 8).

 

Procedure di controllo e gestione e copertura degli oneri (commi 10, 11 e 12)

 

Il comma 10 affida ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche il controllo successivo sull'utilizzo delle risorse finanziarie (sia quelle per gli interventi propedeutici all'anno scolastico 2020/2021, sia quelle per gli esami di Stato dell'anno 2019/2020) in relazione alle finalità stabilite.

Il Titolo VI del D.M. 28 agosto 2018, n. 129, emanato ai sensi dell'art. 1, co. 143, della L. 107/2015, agli artt. 49-53 detta norme sul “Controllo di regolarità amministrativa e contabile" delle scuole, disciplinando i criteri generali per l’espletamento dei controlli svolti presso le istituzioni scolastiche, al fine di garantire la semplificazione delle procedure e l’efficacia delle verifiche. In particolare, l’articolo 49 prevede che il riscontro di regolarità amministrativa e contabile, ovvero l’insieme delle attività atte a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa, sia effettuato non più dal Collegio dei revisori dei conti, come era invece previsto dal D.I. 1° febbraio 2001, n. 44, bensì da due revisori dei conti, che operano in posizione paritetica e rappresentano, rispettivamente, il MIUR (ora Ministero dell'istruzione) e il MEF. L'incarico di revisione ha durata triennale, rinnovabile una sola volta con riferimento allo stesso ambito territoriale. Per una sintesi dei contenuti, si veda la circolare n. 74 del 5 gennaio 2019.

 

In base al comma 11, il Ministero dell'istruzione garantisce la gestione coordinata delle iniziative di cui all'articolo in commento ed assicura interventi centralizzati di indirizzo, supporto e monitoraggio in favore delle istituzioni scolastiche, attraverso il servizio di Help Desk Amministrativo – Contabile e la predisposizione di procedure operative, modelli informatici e documentazione funzionali alla gestione e alla rendicontazione delle risorse.

L’Help Desk Amministrativo-Contabile (HDAC), è la piattaforma dedicata al servizio di assistenza e consulenza rivolto alle Istituzioni Scolastiche per la risoluzione di problematiche connesse alla gestione amministrativo-contabile, in virtù dell'art. 54 del D.M. 28 agosto 2018, n. 129.

In proposito, la relazione tecnica fa presente che per raggiungere l’obiettivo di utilizzare tempestivamente le risorse finanziarie, senza che rimangano inutilizzate, garantendo al tempo stesso di dare luogo ad operazioni negoziali utili e mirate rispetto ai bisogni effettivi delle scuole, è apparso necessario rafforzare il servizio di assistenza e consulenza alle istituzioni scolastiche già erogato dal Ministero dell’Istruzione ai sensi del citato art. 54 del D.M. 129/2018.

La nota n. 1033 del 29 maggio 2020 ha reso noto che la Direzione generale per le risorse umane, finanziarie e i contratti ha attivato, all’interno del citato servizio di Help Desk, un’apposita sezione dedicata alla gestione dell’“emergenza COVID-19”. Inoltre, a partire dal 28 maggio 2020, l’Help Desk amministrativo-contabile è diretto altresì a supportare le istituzioni scolastiche nell’applicazione delle misure di sicurezza delineate nel documento tecnico approvato dal Comitato tecnico-scientifico.

 

Il comma 12 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1, 7 e 7-bis, pari a 372,23 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda di lettura.

 

 

 

 


 

Articolo 231-bis
(Misure per la ripresa dell'attività didattica in presenza)

 

 

L’articolo 231-bis, introdotto durante l'esame in sede referente e modificato a seguito del rinvio in Commissione, stabilisce che, per l'avvio e lo svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021, con ordinanza sono adottate misure per consentire ai dirigenti degli Uffici scolastici regionali di: derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe; attivare ulteriori incarichi temporanei a tempo determinato di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA); prevedere che gli scrutini si concludano entro il termine delle lezioni. Ai relativi oneri si provvede con le risorse del Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 235, ripartito tra gli Uffici scolastici regionali. Entro il 31 maggio 2021 il Ministero dell'istruzione effettua un monitoraggio delle spese relative al personale.

 

Preliminarmente, occorre riepilogare le disposizioni riguardanti in senso stretto l'avvio dell'anno scolastico 2020/2021, previste dai provvedimenti conseguenti alla situazione emergenziale.

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha demandato ad ordinanze del Ministro dell'istruzione l'adozione di misure per l'avvio dell'anno scolastico 2020/2021, anche in deroga a norme vigenti, in merito:

§  alla data di inizio delle lezioni, fissata d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, considerando anche il recupero degli apprendimenti relativi all'anno scolastico 2019/2020. La proposta del Ministero è di fissare l'inizio delle lezioni il 14 settembre 2020;

§  alle procedure riguardanti le immissioni in ruolo, le utilizzazioni, le assegnazioni provvisorie e le supplenze, da concludere entro il 20 settembre 2020 (e non il 31 agosto 2020);

§  all'eventuale integrazione e recupero degli apprendimenti;

§  alle graduatorie relative alle scuole italiane all'estero, di cui si proroga la vigenza;

§  alla conferma dei libri di testo adottati nell'anno scolastico 2019/2020, su cui si veda l'ordinanza ministeriale n.17 del 22 maggio 2020;

§  alle necessità degli studenti con patologie gravi o immunodepressi.

     Inoltre, l'art. 231 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) ha incrementato di 331 milioni di euro per il 2020 il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche destinando tali risorse ad una serie di interventi in favore delle istituzioni scolastiche ed educative statali per garantire la ripresa dell'attività scolastica in sicurezza. Tali interventi devono essere realizzati entro il 30 settembre 2020.

Stanti le suindicate disposizioni legislative, si segnalano le ulteriori azioni intraprese dal Ministero dell'istruzione per definire le modalità di avvio dell'anno scolastico.

Il 23 aprile 2020 si è insediato il Comitato di esperti nominato dal Ministro dell'istruzione per proporre iniziative anche sulle modalità di avvio dell'anno scolastico 2020/2021. Il 5 maggio 2020, il Ministro ha riunito in videoconferenza il tavolo permanente di lavoro con le Regioni e gli enti locali in vista della ripresa della scuola a settembre (qui il comunicato stampa).

Il 7 maggio il Ministro ha incontrato i sindacati in merito ad un possibile protocollo sulla sicurezza per la riapertura delle scuole (qui il comunicato stampa).

Il 28 maggio 2020 il Comitato tecnico-scientifico istituito per l’emergenza Coronavirus ha presentato un documento tecnico sull’ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive nel settore scolastico.

L'11 giugno sono state elaborate le proposte della Conferenza delle regioni e delle province autonome in vista delle linee guida relative alla riapertura delle scuole.

Il 26 giugno 2020 il Dicastero, con il D.M. 26 giugno 2020, ha adottato il "Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le istituzioni del sistema nazionale di istruzione per l’anno scolastico 2020/2021" (le cosiddette "Linee guida"). Nel Documento si informa peraltro che è in via di predisposizione un ulteriore documento recante "Linee guida per la didattica digitale integrata", recante proposte e indicazioni finalizzate alla pianificazione metodologica, funzionale anche alla gestione dell’emergenza sanitaria.

 

In dettaglio, il comma 1 dispone che, nel rispetto delle misure di contenimento dell'emergenza sanitaria, per consentire l'avvio e lo svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021, con ordinanza del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate anche in deroga alle disposizioni vigenti, nei limiti delle risorse di cui al comma 2, misure per consentire ai dirigenti degli Uffici scolastici regionali di:

§  derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe, previsto dal D.P.R. 81/2009 per ciascun ordine e grado di istruzione, nei soli casi necessari al rispetto delle misure di contenimento e in cui non sia possibile fare diversamente (lett. a)).

L'art. 64, co. 1, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) aveva disposto il ridimensionamento delle dotazioni organiche dei docenti attraverso l’incremento graduale, fino al raggiungimento di un punto, a partire dall’a.s. 2009-2010 ed entro l’a.s. 2011-2012, del rapporto alunni/docente, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei, tenendo anche conto delle esigenze degli alunni diversamente abili. Per la realizzazione, tra l’altro, di tale finalità, i co. 3 e 4 dello stesso articolo avevano previsto la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure e la conseguente adozione, a fini attuativi, di regolamenti recanti, per quanto qui interessa, la revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi, nonché di quelli relativi alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA[39]. In base al co. 6 dello stesso art. 64, quanto disposto dal co. 1 concorre, a decorrere dal 2009, alla realizzazione di economie di spesa per il bilancio dello Stato.

E’, dunque, intervenuto, dopo lo schema di piano programmatico trasmesso alle Camere il 23 settembre 2008 (Atto del Governo n. 36), il D.P.R. 81/2009 che, in materia di numero di alunni per classe, ha disposto quanto segue:

 

 

 

D.P.R. 81/2009

Alunni per classe

Numero minimo

Numero massimo

Scuola dell’infanzia

art. 9, co. 2 e 3

18

26[40]

Scuola primaria

art. 10, co. 1 e 4

15
(10 nelle scuole e nelle sezioni staccate funzionanti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche)

26[41]

art. 10, co. 1
(pluriclassi)

8

18

Scuola secondaria di primo grado

art. 11, co. 1 e 3
(classi prime)

18
(10 nelle scuole e nelle sezioni staccate funzionanti nei comuni montani, nelle piccole isole, nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche)

27 [42]

art. 11, co. 2
(classi seconde e terze)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 20

art. 11, co. 4
(classi con alunni iscritti ad anni di corso diversi, qualora il numero degli stessi non consenta la formazione di classi distinte)

 

18

Scuola secondaria di secondo grado

art. 16
(classi prime)

25/27
(le classi del primo anno di corso di sezioni staccate, scuole coordinate, sezioni di diverso indirizzo o specializzazione funzionanti con un solo corso devono essere costituite con un numero di alunni di norma non inferiore a 25. E’ consentita la costituzione di classi iniziali articolate in gruppi di diversi indirizzi di studio, purché le classi stesse siano formate da un numero di alunni complessivamente non inferiore a 27 e il gruppo di alunni di minore consistenza sia costituito da almeno 12 unità)

30

art. 17, co. 1
(classi intermedie)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 22

art. 17, co. 2
(ultime classi)

Pari al nr di classi di provenienza solo se nr medio alunni per classe > 10

 

Rispetto al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto per ciascun tipo e grado di scuola, l’art. 4 del D.P.R. consente di derogare, in misura non superiore al 10%, al fine di dare stabilità alla previsione delle classi, riducendo al massimo gli scostamenti tra il numero delle classi previsto ai fini della determinazione dell'organico di diritto e quello delle classi effettivamente costituite all'inizio di ciascun anno scolastico.

Inoltre, l’art. 8 prevede che nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolari difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito dagli articoli 10, 11 e 16.

Successivamente, l’art. 1, co. 84, della L. 107/2015 ha disposto che il dirigente scolastico, nell'ambito dell'organico dell'autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni per classe rispetto a quanto previsto dal D.P.R. 81/2009, allo scopo di migliorare la qualità didattica anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità.

Deroghe specifiche, applicabili alle istituzioni scolastiche situate nelle aree colpite dagli eventi sismici avvenuti a partire dal 24 agosto 2016, sono state previste, per gli a.s. dal 2016/2017 al 2021/2022, dall’art. 18-bis del D.L. 189/2016 (L. 229/2016), come modificato, da ultimo, dall’art. 9-decies del D.L. 123/2019 (L. 156/2019);

 

§  attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) a tempo determinato, dalla data di inizio delle lezioni o dalla presa di servizio fino al termine delle lezioni, non disponibili per le assegnazioni[43] o utilizzazioni[44] di durata temporanea. Si tratta dunque di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (si veda infra). Tale previsione è stata oggetto di modifica a seguito del rinvio in V Commissione, durante il cui esame è stato soppresso il riferimento ai "posti di incarichi";

Al riguardo, si ricorda che l’art. 4, co. 1-3, della L. 124/1999 distingue tre tipologie di supplenze del personale docente che danno luogo al conferimento di incarichi a tempo determinato:

-       supplenze annuali (cioè, fino al 31 agosto), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico (co. 1);

-       supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (fino, cioè, al 30 giugno), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico, ovvero per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario (intendendo per posti orario gli abbinamenti di spezzoni che non raggiungono l’orario di cattedra) (co. 2);

-       supplenze temporanee più brevi (c.d. brevi e saltuarie), nei casi diversi da quelli citati (co. 3).

     In attuazione del co. 5 dello stesso art. 4 – che prevede che la disciplina per il conferimento delle supplenze è definita con regolamento emanato con decreto del Ministro dell’istruzione (ex art. 17, co. 3 e 4, L. 400/1988) – è intervenuto, da ultimo, il D.M. 131/2007.

     Si segnala che la Conferenza delle Regioni, nel parere reso sul Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le istituzioni del sistema nazionale di istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, ha avanzato la richiesta di prevedere ulteriori risorse di organico docente e ATA, anche in vista di un "organico dell'emergenza".

 

     In caso di sospensione dell'attività in presenza, i relativi contratti di lavoro si intendono risolti[45] per giusta causa, senza indennizzo (lett. b)).

 

§  prevedere, per l'anno scolastico 2020/2021, che gli scrutini si concludano entro il termine delle lezioni.

     In base all'art. 74 del d.lgs. 297/1994, l'anno scolastico ha inizio il 1° settembre e termina il 31 agosto. Le attività didattiche, comprensive anche degli scrutini e degli esami, e quelle di aggiornamento, si svolgono nel periodo compreso tra il 1° settembre ed il 30 giugno con eventuale conclusione nel mese di luglio degli esami di Stato. Inoltre, secondo il citato art. 74 del d.lgs. 297/1994, spetta al Ministro dell'istruzione la determinazione, con propria ordinanza, del termine delle attività didattiche e delle lezioni, delle scadenze per le valutazioni periodiche e del calendario delle festività e degli esami. Ai sensi dell'art. 138, co. 1, lett. d), del d.lgs. 112/1998, alle Regioni è delegata invece la determinazione del calendario scolastico.

 

Secondo il comma 2, all'attuazione delle misure di cui al comma 1 si provvede a valere sulle risorse del Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 previsto dall’articolo 235 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), da ripartire tra gli Uffici scolastici regionali con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il riparto tra gli Uffici scolastici regionali del Fondo parrebbe limitato solo alla quota parte delle risorse utilizzata per gli interventi di cui al presente articolo. L'adozione delle misure di cui al comma 1 è subordinata al suddetto riparto e nei limiti dello stesso.

     Il Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha l'unico vincolo della destinazione a misure di contenimento del rischio epidemiologico da realizzare presso le istituzioni scolastiche statali e nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

 

In base al comma 3, entro il 31 maggio 2021 il Ministero dell'istruzione effettua un monitoraggio delle spese relative al personale docente e ATA comunicando i risultati al Dipartimento della Ragioneria generale dello Sato del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il mese successivo. Eventuali economie sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 232, commi da 1 a 3 e da 5 a 9
(
Interventi in materia di edilizia scolastica)

 

 

I commi da 1 a 3, e da 5 a 8, dell’articolo 232, recano varie disposizioni in materia di edilizia scolastica finalizzate, in particolare, a semplificare le procedure di approvazione e autorizzazione degli interventi, a garantire liquidità agli enti locali e alle imprese impegnate nella realizzazione dei lavori, a velocizzare l’esecuzione di interventi durante il periodo di sospensione delle attività didattiche disposta a seguito dell’emergenza da COVID-19, nonché a destinare risorse per garantire il corretto e regolare avvio dell’a.s. 2020/2021.

Specifiche disposizioni riguardano, in particolare, gli interventi finanziati con i c.d. “mutui BEI” e quelli connessi alla realizzazione di scuole innovative.

Il comma 9 reca disposizioni per la copertura degli oneri.

 

 

Disposizioni relative a interventi finanziati con i c.d. mutui BEI

 

I commi 1 e 2 riguardano i mutui per l’edilizia scolastica di cui all’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha previsto che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica (e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica e di immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari), nonché di favorire la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti, per la programmazione triennale 2013-2015 (al riguardo, v. infra), le regioni interessate potevano essere autorizzate dal MEF, d'intesa con l’allora MIUR, a stipulare mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la BEI, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del d.lgs. 385/1993.

A tal fine, ha disposto lo stanziamento di contributi pluriennali per interventi di edilizia scolastica per € 40 mln per il 2015 e per € 50 mln annui per la durata residua dell'ammortamento del mutuo, a decorrere dal 2016. Le risorse sono state appostate sul cap. 7106 dello stato di previsione dell’allora MIUR[46].

Ha, altresì, previsto che le modalità attuative dovevano essere stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, in conformità ai contenuti dell'intesa, sottoscritta in sede di Conferenza unificata il 1º agosto 2013, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, sull'attuazione dei piani di edilizia scolastica formulati ai sensi dell'art. 11, co. da 4-bis a 4-octies, del D.L. 179/2012 (L. 221/2012).

In attuazione, è intervenuto il D.I. 23 gennaio 2015 che, avendo preso atto che i piani triennali regionali di edilizia scolastica relativi al triennio 2013-2015 – ai cui interventi potevano essere conferite le risorse di cui all’art. 10 del D.L. 104/2013 – non erano stati adottati, ha introdotto nell’ordinamento la programmazione unica triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica.

Conseguentemente, lo stesso D.I. 23 gennaio 2015 – come modificato, quanto ai termini, dal D.I. 27 aprile 2015 – aveva proceduto alla definizione di tempi certi per la trasmissione dei piani regionali[47].

La definizione di una nuova programmazione unica nazionale degli interventi di edilizia scolastica per il triennio 2018-2020 è stata poi avviata con D.I. 3 gennaio 2018[48].

Successivamente, l’art. 4, co. 3-quinquies, del D.L. 86/2018 (L. 97/2018), novellando l’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013, ha esteso la possibilità di stipulare i mutui trentennali anche per gli interventi di edilizia scolastica inclusi nelle programmazioni triennali successive.

Da ultimo, con D.I. 87 del 1 febbraio 2019 l’allora MIUR e il MEF hanno autorizzato le regioni alla stipula dei mutui 2018 e all’individuazione degli interventi.

 

Si ricorda, altresì, che, con riferimento agli immobili di proprietà pubblica adibiti all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, i co. 2-bis e 2-ter del medesimo art. 10 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – inseriti dall'art. 1, co. 173, della L. 107/2015 – hanno disposto che, per le medesime finalità di cui al co. 1, le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) possono essere autorizzate dal MEF, d'intesa con l’allora MIUR, a stipulare sempre mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la BEI, la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa, la Cassa depositi e prestiti e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del d.lgs. 385/1993. A tale fine, sono stati stanziati contributi pluriennali per € 4 mln annui dal 2016 per la durata dell'ammortamento del mutuo.

Le risorse sono state appostate sul cap. 7255 dello stato di previsione dell’allora MIUR.

Le modalità attuative sono state stabilite con D.I. 6 aprile 2018.

 

Nel quadro descritto, il comma 1 – aggiungendo un periodo alla fine dell’art. 10, co. 1, del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) – prevede che eventuali successive variazioni relative ai singoli interventi di edilizia scolastica, compresa l’assegnazione delle eventuali economie, sono disposte – qualora restino invariati le modalità di utilizzo dei contributi pluriennali e i piani di erogazione già autorizzati a favore delle singole regioni – con decreto del Ministro dell’istruzione, e comunicate al Ministero dell’economia e delle finanze.

La relazione illustrativa faceva presente che così si intende semplificare le procedure di approvazione e di autorizzazione dei mutui BEI a valere sulla programmazione triennale nazionale.

 

Il comma 2 dispone, a sua volta, che, in considerazione dell’attuale fase emergenziale, è ammessa l’anticipazione del 20% del finanziamento sulle procedure dei mutui autorizzati “ai sensi dell’articolo 10” del D.L. 104/2013 (L. 128/2013), “nell’ambito della programmazione triennale nazionale 2018-2020” e nei limiti dei piani di erogazione già autorizzati ai sensi dell’art. 4, co. 177-bis, della L. 350/2003[49].

 

La relazione illustrativa sottolineava che in tal modo si intende assicurare la liquidità necessaria sia agli enti locali sia alle imprese.

 

Poiché si fa esplicito riferimento alla programmazione triennale nazionale, l’intenzione è chiaramente quella di circoscrivere la disposizione ai soli mutui per interventi di edilizia scolastica.

Si valuti, comunque, l’opportunità di richiamare esplicitamente il co. 1 dell’art. 10 del D.L. 104/2013.

 

Disposizioni per interventi di realizzazione di scuole innovative

 

Il comma 3 concerne interventi per la realizzazione di scuole innovative.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 153-158, della L. 107/2015 ha disposto la realizzazione di edifici scolastici innovativi dal punto di vista architettonico, tecnologico, impiantistico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzati dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio.

In particolare, a tal fine, ha previsto l’utilizzo delle risorse – pari a complessivi € 300 mln nel triennio 2015-2017 – che, in base all’art. 18, co. 8, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), l'INAIL doveva destinare ad un piano di messa in sicurezza delle scuole e di costruzione di nuovi edifici scolastici. I canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato.

Ha, altresì, previsto che con decreto dell’allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovevano essere ripartite le risorse tra le regioni e individuati i criteri per l'acquisizione da parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa.

Con altro decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza Stato-regioni, doveva essere indetto un concorso con procedura aperta avente ad oggetto proposte progettuali relative agli interventi individuati dalle regioni.

La ripartizione dei € 300 mln fra le regioni e la definizione dei criteri è stata operata con DM 593 del 7 agosto 2015.

Con DM 3 novembre 2015, n. 860 il MIUR ha annunciato l'indizione, con decreto del competente direttore generale, del "Concorso di idee per la realizzazione di scuole innovative", fissando l'importo dei premi. Il concorso è stato bandito con D.D. 7746 del 12 maggio 2016.

 

Successivamente, l’art. 1, co. 717, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha disposto che l'INAIL doveva destinare alla realizzazione di scuole innovative, compresa l'acquisizione delle relative aree di intervento, ulteriori € 50 mln. Anche in questo caso, i canoni di locazione da corrispondere all’INAIL sono stati posti a carico dello Stato.

Aveva, altresì, previsto che le somme incassate dagli enti locali attraverso la cessione delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL erano vincolate alla realizzazione delle ulteriori fasi progettuali finalizzate alla cantierizzazione dell'intervento oggetto del concorso previsto dalla L. 107/2015. Le eventuali somme residue sono trasferite dagli enti locali al bilancio dello Stato per la riduzione dei canoni di locazione da corrispondere all’INAIL.

Il 6 novembre 2017 sono stati proclamati i vincitori del concorso.

 

Ancora dopo, l’art. 42-bis, co. 2 e 4, del D.L. 109/2018 (L. 130/2018) ha autorizzato la spesa di € 9 mln per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 per la progettazione delle scuole innovative previste dalla L. 107/2015. Ha, altresì, previsto che le risorse destinate alla progettazione sono anticipate agli enti locali per stati di avanzamento dei livelli di progettazione e poi scomputate dall’INAIL all’atto della quantificazione dell’importo dovuto agli enti locali per l’acquisizione delle aree oggetto di intervento.

Da ultimo, l’art. 1, co. 261, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha previsto che le eventuali economie non assegnate relative alle risorse INAIL di cui all’art. 18, co. 8, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) possono essere destinate, su segnalazione dello stesso INAIL, alla costruzione delle stesse scuole, nonché a progetti finanziati solo parzialmente con le risorse attribuite alle singole regioni in attuazione della richiamata normativa, ovvero a eventuali progetti di realizzazione di Poli per l’infanzia (istituiti dall’art. 3 del d.lgs. 65/2017, e destinati ad accogliere, in un unico plesso o in edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambini fino a 6 anni), presenti in graduatoria e non interamente finanziati.

 

Nel quadro descritto, il comma 3, novellando l’art. 1, co. 717, della L. 208/2015, prevede che le somme da esso previste incassate dagli enti locali attraverso la cessione delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL sono ora destinate (solo) prioritariamente alla realizzazione delle ulteriori fasi progettuali finalizzate alla cantierizzazione, e introduce tra le destinazioni delle stesse anche il completamento dell'intervento oggetto del concorso.

 

La relazione illustrativa sottolineava che, in tal modo, si semplifica la procedura per la realizzazione delle scuole innovative, consentendo agli enti locali, destinatari del finanziamento rientrante nel programma di investimento di cui all’art. 1, co. 153 e seguenti, della L. 107/2015 di utilizzare le risorse derivanti dall’alienazione delle aree per sostenere le spese necessarie non solo per la progettazione della scuola, ma anche per eventuali interventi di completamento.

Faceva presente, infatti, che, a seguito della stima del valore delle aree, è emersa la necessità da parte degli enti locali beneficiari del finanziamento di sostenere spese per opere di demolizione e di bonifica che non erano sostenibili dall’INAIL e che non erano oggetto di finanziamento.

 

Disposizioni per accelerare l’esecuzione di interventi durante la fase di sospensione delle attività didattiche

 

I commi da 5 a 7 recano previsioni finalizzate ad accelerare ulteriormente l’esecuzione degli interventi di edilizia scolastica durante la fase di sospensione delle attività didattiche disposta a seguito dell’emergenza da COVID-19.

In particolare, il comma 5 prevede che, durante la fase emergenziale di sospensione delle attività didattiche, per tutti gli atti e i decreti relativi a procedure per l’assegnazione di risorse in materia di edilizia scolastica, i richiesti concerti o i pareri da parte di altre pubbliche amministrazioni centrali sono acquisiti entro 10 giorni dalla relativa richiesta formale.

Al riguardo si ricorda, anzitutto, che, con specifico riferimento a pareri, visti e nulla osta relativi a interventi di edilizia scolastica, l’art. 1, co. 260, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha previsto, a regime, che gli stessi sono resi dalle amministrazioni competenti entro 30 giorni dalla richiesta, anche tramite conferenza di servizi. Decorso inutilmente tale termine, gli stessi si intendono acquisiti con esito positivo.

Nella disciplina generale sui procedimenti amministrativi recata dall’art. 16 della L. 241/1990, invece, i pareri degli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono resi entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta[50].

In base all’art. 17-bis della medesima L. 241/1990, gli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, sono resi entro 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento. In caso di decorso del termine senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

 

Decorso tale termine, nei 3 giorni successivi il Ministero dell’istruzione indice apposita conferenza di servizi, convocando tutte le Amministrazioni interessate e trasmettendo contestualmente alle medesime il provvedimento da adottare.

In base al comma 6, la conferenza di servizi si svolge in forma simultanea e in modalità sincrona, anche in via telematica, e si conclude entro 7 giorni dalla sua indizione. La determinazione motivata di conclusione della conferenza sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, da parte delle amministrazioni coinvolte nel procedimento. La mancata partecipazione alla conferenza di servizi si intende quale silenzio assenso.

Con la determinazione motivata di conclusione della conferenza, il Ministero dell’istruzione procede all’adozione degli atti e dei provvedimenti di propria competenza.

In base all’art. 14-ter, co. 2, della L. 241/1990, in caso di indizione di conferenza di servizi simultanea, i lavori della stessa si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione. Qualora siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in 90 giorni.

 

Il comma 7 prevede, infine, che le disposizioni dei commi 5 e 6 si applicano a tutti i procedimenti in corso per i quali il Ministero dell’istruzione deve ancora acquisire concerti o pareri da parte di altre pubbliche amministrazioni centrali.

 

Al riguardo, si valuti l'opportunità di stabilire un termine univoco per i casi in cui il concerto o il parere siano stati già richiesti dal Ministero ma non ancora resi, ad esempio prevedendo che il termine di 10 giorni decorra dalla data di una nuova richiesta formalizzata.

 

La relazione illustrativa faceva presente che l’obiettivo è quello di consentire di accelerare al massimo l’assegnazione delle risorse agli enti locali e, di conseguenza, l’avvio dei cantieri, approfittando proprio della sospensione delle attività didattiche. Evidenziava, infatti, che l’iter di adozione degli atti e dei decreti per l’assegnazione delle risorse richiede tempi molto lunghi - anche 2 o 3 mesi - per garantire l’acquisizione di concerti e di pareri da parte di altre Amministrazioni centrali.

 

In argomento, si ricorda che il 28 aprile 2020 era stato reso noto sul sito del Ministero dell’istruzione che, al fine di snellire le procedure e velocizzare gli interventi, garantendo continuità nell’erogazione delle risorse e fornendo sostegno e liquidità a enti locali e imprese, lo stesso Ministero dell’istruzione aveva deciso di mantenere sempre aperti gli applicativi informativi per la rendicontazione e per i pagamenti degli interventi di edilizia scolastica.

In particolare, il comunicato sottolineava che “Si tratta di una novità: abitualmente gli enti locali hanno a disposizione tre finestre temporali durante l’anno per richiedere risorse, inserire procedure, rendicontare. La decisione è stata presa a margine della Cabina di regia per l’edilizia scolastica che si è tenuta la scorsa settimana, per dare la possibilità di sfruttare questo momento di sospensione delle attività didattiche per mettere in sicurezza le scuole e intervenire strutturalmente sugli edifici scolastici”.

 

Risorse destinate a interventi urgenti di edilizia scolastica e per l’adattamento di ambienti e aule

 

Il comma 8 prevede che, per supportare gli enti locali in interventi urgenti di edilizia scolastica, nonché per l’adattamento, per l’avvio dell’a.s. 2020/2021, degli ambienti e delle aule per il contenimento del contagio relativo al COVID-19, “il fondo per le emergenze” di cui al Fondo unico per l’edilizia scolastica è incrementato, per il 2020, di € 30 mln.

Preliminarmente si evidenzia che con l’espressione “fondo per le emergenze di cui al Fondo unico per l’edilizia scolastica” si fa riferimento – come si è appreso attraverso una interrogazione alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato – alle risorse appostate sul piano di gestione 11 del cap. 8105 dello stato di previsione dell’allora MIUR[51], sul quale, come si evince dalla rubrica del piano, sono allocate risorse provenienti dalla ripartizione del Fondo infrastrutture, di cui all’art. 1, co. 1072, della L. 205/2017 (L. di Bilancio 2018).

Prima di tale intervento, le risorse appostate sul piano di gestione indicato erano pari, per il 2020, a € 2 mln.

 

Il Fondo unico per l’edilizia scolastica è stato istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR dall’art. 11, co. 4-sexies dal D.L. 179/2012 (L. 221/2012). Le relative risorse sono attualmente allocate sul cap. 8105. In base alla norma istitutiva, nel Fondo devono confluire tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica. Di fatto, le linee di finanziamento sono numerose e fanno capo anche ad altri Ministeri.

Successivamente, l’art. 58-octies del D.L. 124/2019 (L. 157/2019) ha previsto l’istituzione di un’apposita sezione del Fondo unico per l’edilizia scolastica, le cui risorse – pari a € 5 mln per il 2019 e a € 10 mln annui dal 2020 al 2025 – sono destinate a finanziare le esigenze urgenti e indifferibili di messa in sicurezza e riqualificazione energetica degli edifici scolastici pubblici, incluse quelle emerse a seguito delle verifiche di vulnerabilità sismica effettuate ai sensi dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2003, n. 3274[52] (per le zone 3 e 4) e dell'art. 20-bis del D.L. 8/2017 (L. 45/2017[53]) (per le zone 1 e 2).

Le disposizioni attuative, incluse le modalità di accesso alle risorse e le priorità degli interventi, devono essere stabilite con decreto del Ministro dell’istruzione, che sarebbe dovuto essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sentiti i competenti dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Per completezza, si ricorda che, in base all’art. 231, co. 1, lett. f), del D.L. in esame, alle finalità di adattamento degli spazi interni ed esterni possono essere destinate anche le risorse incrementali del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

 

Copertura degli oneri

 

Il comma 9 dispone che ai maggiori oneri derivanti dal comma 8 si provvede ai sensi dell’art. 265.

 


 

Articolo 232, comma 4
(Stati di avanzamento lavori in edilizia scolastica)

 

 

L’articolo 232, comma 4, autorizza gli enti locali a procedere al pagamento degli stati di avanzamento dei lavori (cd. SAL), per interventi di edilizia scolastica, anche in deroga ai limiti fissati per gli stessi nell’ambito dei contratti di appalto.

La deroga proposta mira alla semplificazione delle procedure di pagamento da parte degli enti locali, durante la fase emergenziale da Covid-19, per tutta la durata dell’emergenza.

 

Come ricordato dall’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) (Atto di segnalazione n. 5 del 29 aprile 2020), in materia di sospensione delle attività contrattuali rilevano le seguenti disposizioni: l’art. 107 (sospensione) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) e gli articoli 10 (sospensione dei lavori) e 23 (sospensione dell’esecuzione) del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 7 marzo 2018, n. 49 (Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione).

In materia, invece, di emissione e pagamento degli acconti del corrispettivo di appalto, i riferimenti normativi risultano l’art. 113-bis (termini di pagamento. clausole penali, recentemente sostituito dall’art. 5, comma 1, della L. 37/2019 – Legge europea 2018) del Codice medesimo e l’art. 14 (documenti contabili) del citato D.M. 49/2018.

Dal complesso delle richiamate disposizioni si evince che al verificarsi delle circostanze di cui ai commi 1, 2 e 4 del citato art. 107 del Codice dei contratti pubblici (cioè circostanze speciali, ragioni di necessità o di pubblico interesse, o cause imprevedibili o di forza maggiore), il direttore dei lavori dispone la sospensione dell’esecuzione del contratto, compilando, se possibile con l’intervento dell’esecutore o di un suo legale rappresentante, il verbale di sospensione in cui si dà atto dello stato di avanzamento dei lavori.

In sostanza, con l’attuale normativa vigente, non è prevista in corrispondenza della sospensione dei lavori l’emissione di un certificato di pagamento relativo allo stato avanzamento lavori, che, quindi, interviene, in aderenza a quanto previsto dall’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 49/2018, secondo i termini e le modalità definite nella documentazione di gara e nel contratto, indipendentemente dalla sospensione.

Su tale ultimo punto, il Codice dei contratti pubblici disciplina la modifica dei contratti durante il periodo di efficacia all’art. 106 e, per quel che qui interessa, al comma 1, lett. c) di tale disposizione, che prevede la modifica del contratto da parte del RUP, se ricorrono entrambe le seguenti condizioni:

§  la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore (…). Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

§  la modifica non altera la natura generale del contratto.

 

Pertanto, la norma in esame – tenuto conto che non richiama espressamente l’art. 106, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 – sembrerebbe finalizzata a superare l’ostacolo al pagamento anticipato rappresentato dalla previsione di tale ultima disposizione, secondo cui per il pagamento anticipato del SAL occorre preliminarmente modificare – in modo consensuale – il contratto di appalto tramite un atto aggiuntivo, in cui indicare le nuove modalità di pagamento delle rate in acconto, svincolando, così, l’emissione del SAL dagli importi indicati nel contratto medesimo.

Da ultimo, si sottolinea che la norma in esame appare in linea con la richiesta formulata nella citata segnalazione ANAC n. 5/2020, ove si sottolinea che è necessario consentire “alle stazioni appaltanti di emettere lo stato di avanzamento lavori anche in deroga alle disposizioni della documentazione di gara e del contratto, limitatamente alle prestazioni eseguite sino alla data di sospensione dei lavori a causa dell’epidemia in corso, potrebbe rappresentare uno strumento di aiuto particolarmente efficace per gli operatori economici per affrontare la carenza di liquidità connessa alla sospensione delle attività”.

 

Si ricorda, infine, che il comma 4 dell’art. 6 del D.L. 162/2019 (cd. decreto proroga termini) ha prorogato (dal 31 dicembre 2019) al 31 dicembre 2020 il termine per alcuni pagamenti in materia di edilizia scolastica. In particolare, la proroga riguarda il termine per i pagamenti da parte degli enti locali, secondo gli stati di avanzamento, debitamente certificati, di lavori di riqualificazione e messa in sicurezza degli istituti scolastici statali, di cui all’art. 18, commi da 8-ter a 8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013). Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente link.

 


 

Articolo 232, comma 4-bis
(Contributo alla città di Milano per
l'Istituto superiore S. Quasimodo)

 

 

L’articolo 232, comma 4-bis, introdotto durante l'esame in V Commissione, assegna un contributo straordinario di 5 milioni di euro, per l'anno 2020, alla Città Metropolitana di Milano per l'istituto superiore "Salvatore Quasimodo" di Magenta.

 

In dettaglio, per l'anno 2020 è assegnato un contributo straordinario di 5 milioni di euro alla città metropolitana di Milano per l'ampliamento e l'adeguamento strutturale dell'Istituto superiore "Salvatore Quasimodo" in Magenta, al fine di fronteggiare i rischi connessi alla diffusione del COVID-19.

 

Si ricorda che in base alla L. 56/2014 le città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane, i cui territori coincidono con quelli delle preesistenti province, nelle regioni a statuto ordinario: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. In particolare, per quanto qui di interesse, alle città metropolitane sono attribuite le funzioni fondamentali delle province, tra cui rientra la gestione dell'edilizia scolastica. Secondo l'art. 3 della L. 23/1996 le province provvedono infatti alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici da destinare a sede di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, di conservatori di musica, di accademie, di istituti superiori per le industrie artistiche, nonché di convitti e di istituzioni educative statali.

 

Ai relativi oneri si provvede a valere sull'articolo 265, comma 5, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 233, commi 1-3
(
Misure di sostegno economico al sistema integrato
da zero a sei anni
)

 

 

L'articolo 233, modificato in sede referente, incrementa di 15 milioni di euro per il 2020 il Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, di cui all'art. 12 del D.Lgs. 65/2017, per il riparto del quale sono previste modalità eccezionali riferite al solo 2020 (commi 1 e 2).

È previsto inoltre un contributo di 165 milioni di euro per il 2020 in favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e delle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, assegnati secondo precise modalità, quale sostegno economico per far fronte alle conseguenze derivanti dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza da COVID-19 (comma 3).

 

In dettaglio, il comma 1 incrementa le risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, di cui all'art. 12 del D.Lgs. 65/2017, di 15 milioni di euro per il 2020, anche in conseguenza dell'emergenza causata dal virus COVID-19. Detto Fondo è stato istituito nello stato di previsione dell'allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la progressiva attuazione del Piano di azione nazionale pluriennale (su cui si veda infra) per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione. Esso finanzia:

a)   interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, riqualificazione funzionale ed estetica, messa in sicurezza meccanica e in caso d'incendio, risparmio energetico e fruibilità di stabili, di proprietà delle amministrazioni pubbliche;

b)   quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione;

c)   la formazione continua in servizio del personale educativo e docente, in coerenza con quanto previsto dal Piano nazionale di formazione di cui alla L. 10/2015, e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.

Tale Fondo è allocato attualmente sul cap. 1270 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. In base al D.M. 30 dicembre 2019, recante ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022, la dotazione del Fondo per il 2020 è pari a 249 milioni di euro.

L'assegnazione di risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi individuati dal Piano si realizza esclusivamente come cofinanziamento della programmazione regionale dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia. Le regioni assicurano un finanziamento pari almeno al 20 per cento per  l'anno  2018  e,  a partire dall'anno 2019,  pari  al  30  per  cento  delle  risorse assicurate dallo Stato (art. 3, co. 4, della deliberazione dell'11 dicembre 2017 istitutiva del Piano di azione).

Per il 2019, lo stanziamento del Fondo, pari s 249 milioni di euro, è stato ripartito tra le regioni e le province autonome con D.M. n. 1160 del 19 dicembre 2019.

Si ricorda che il Sistema integrato di educazione e di istruzione, disciplinato dal d.lgs. 65/2017, è rivolto alle bambine a i bambini di età compresa tra zero e sei anni. Esso è costituito dai servizi educativi per l'infanzia (nidi, micronidi, sezioni primavera, servizi integrativi) e dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie.

Si segnala che a giugno 2020 l'ISTAT ha pubblicato il report "Nidi e servizi educativi per l’infanzia - Stato dell’arte, criticità e sviluppi del Sistema educativo integrato 0-6".

 

Il comma 2 detta le modalità per il riparto del Fondo per il 2020.

A legislazione vigente, secondo gli artt. 8 e 12 del d.lgs. 65/2017, il Fondo è ripartito per ciascun anno di vigenza del Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione, sulla base degli obiettivi indicati dal Piano stesso, che ha valenza triennale. Il Piano è adottato con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione. Il primo Piano è stato adottato con deliberazione dell'11 dicembre 2017 e ha validità per il triennio 2018-2020.

Le tappe preordinate all'erogazione delle risorse sono le seguenti. Il Ministro, entro il mese di febbraio di ciascun anno di vigenza del Piano, definisce le linee strategiche d'intervento e promuove un'intesa in sede di Conferenza unificata, avente ad oggetto il riparto del Fondo.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il mese di marzo di ciascun anno di vigenza del Piano, definiscono le tipologie prioritarie di intervento, le relative caratteristiche, nonché le modalità di presentazione delle istanze da parte dei comuni, in forma singola o associata.

I comuni, in forma singola o associata, entro il mese di aprile di ciascun anno di vigenza del Piano, inviano alle regioni le richieste relative all'attuazione del Piano, sulla base delle tipologie prioritarie di intervento definite dalle regioni.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il mese di giugno di ciascun anno di vigenza del Piano, definiscono la programmazione territoriale, sentite le associazioni regionali dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e ne danno comunicazione al Ministero ai fini della ripartizione delle risorse.

Il Ministero, entro il 31 luglio di ciascun anno di vigenza del Piano, provvede ad erogare direttamente ai comuni, in forma singola o associata, le risorse, in relazione alla programmazione regionale.

 

Il comma 2 interviene in via parzialmente derogatoria sulla procedura descritta, per assicurare tempestività nell'erogazione delle risorse, stabilendo che, per il solo 2020:

§  al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione, previa intesa in Conferenza unificata;

§  si procede anche nelle more dell'adozione del (nuovo) Piano di azione nazionale pluriennale;

§  si prescinde dall'intesa qualora essa non pervenga entro quindici giorni. Si valuti l'opportunità di indicare quale sia il momento iniziale di decorrenza dei quindici giorni.

Restano fermi i criteri previsti dal suddetto art. 12 del d.lgs. 65/2017, quali il numero di iscritti, la popolazione di età compresa tra zero e sei anni e eventuali esigenze di riequilibrio territoriale, nonché i bisogni effettivi dei territori e la loro capacità massima fiscale.

 

Il comma 3 è stato modificato in sede referente per quanto attiene all'ammontare del contributo erogato, che è stato aumentato di 100 milioni di euro rispetto al testo originario. La disposizione stabilisce che ai soggetti (pubblici e privati) che gestiscono in via continuativa i servizi educativi (per l'infanzia) e alle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali di cui all'art. 2 del d.lgs. 65/2017, è erogato un contributo complessivo di 165 milioni (65 milioni nel testo originario) di euro nel 2020, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione  dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19.

Si ricorda che, in base al predetto art. 2 del d.lgs. 65/2017, i servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati, mentre le scuole dell'infanzia possono essere statali o paritarie (pubbliche o private). Le sezioni primavera - che rientrano nei servizi educativi per l'infanzia - possono essere gestite anche dallo Stato.

Inoltre, l'art. 9 del d.lgs. 65/2017 stabilisce che la soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l'infanzia, pubblici e privati accreditati che ricevono finanziamenti pubblici, è definita con intesa in sede di Conferenza. Gli enti locali possono prevedere agevolazioni tariffarie sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), nonché l'esenzione totale per le famiglie con un particolare disagio economico o sociale rilevato dai servizi territoriali.

 

Quanto alla sospensione dei servizi in presenza, le prime misure di contenimento del COVID-19, per quanto qui di interesse, erano recate dall'articolo 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L.13/2020), poi abrogato dal D.L. 19/2020, che aveva disposto, fra l'altro, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, solo nei comuni o nelle aree inizialmente colpite dal virus COVID-19.

L'articolo 1, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020, abrogando il D.L. 6/2020 ad eccezione degli artt. 3, co. 6-bis, e 4, ha poi stabilito in via generale la possibilità - per periodi predeterminati ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 - di sospendere i servizi educativi per l'infanzia e le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi delle suddette norme primarie. Per quanto qui di interesse, il D.P.C.M. 4 marzo 2020 aveva esteso all'intero territorio nazionale la sospensione - dal 5 al 15 marzo 2020 - dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, ferma in ogni  caso  la  possibilità  di  svolgimento  di  attività formative a distanza. Con i DD.P.C.M. 9 marzo 2020, 1° aprile 2020, 10 aprile 2020, 26 aprile 2020 (questi ultimi attuativi del D.L.19/2020),  17 maggio 2020, attuativo sia del D.L. 19/2020 che del D.L. 33/2020,  la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche sull'intero territorio nazionale era stata prorogata, rispettivamente, fino al 3 aprile 2020, fino al 13 aprile 2020, fino al 3 maggio 2020, fino al 17 maggio 2020 e fino al 14 giugno 2020.

Da ultimo, il D.P.C.M. 11 giugno 2020 ha confermato la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia, le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche fino al 14 luglio 2020, ferme restando le previsioni del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) con particolare riguardo agli esami di Stato.

 

Il comma 3 prevede inoltre che con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine - il predetto contributo è ripartito tra gli Uffici scolastici regionali in proporzione alla popolazione residente in età compresa tra zero e sei anni.

Successivamente, gli Uffici scolastici regionali distribuiscono le risorse in favore dei servizi educativi (per l'infanzia) e delle istituzioni scolastiche dell'infanzia non statali, in proporzione al numero di bambini iscritti nell'anno scolastico 2019/2020.

 

In base al comma 5, ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda.

 


 

Articolo 233, commi 4 e 5
(Sostegno economico all'istruzione paritaria)

 

L’articolo 233, comma 4, modificato durante l'esame in V Commissione, prevede l'erogazione di un contributo complessivo di 120 milioni di euro per il 2020 in favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette a seguito della sospensione dell'attività in presenza quale misura di contenimento dell'emergenza epidemiologica. Il riparto è effettuato con decreto del Ministro dell'istruzione tra gli uffici scolastici regionali, i quali provvedono al successivo riparto alle scuole paritarie, compresi i servizi educativi autorizzati. Il comma 5 provvede alla copertura degli oneri.

 

?In dettaglio, la disposizione assegna un contributo, per l'anno 2020, di 120 milioni di euro (erano 70 milioni di euro nel testo originario) alle scuole primarie e secondarie paritarie facenti parte del sistema nazionale di istruzione di cui all'art. 1 della L. 62/2000.

Il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da determinati requisiti di qualità ed efficacia.

 

Detto contributo rappresenta un sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19. Durante l'esame in V Commissione è stato eliminato il riferimento ai fruitori fino ai sedici anni di età, evidentemente connesso, nel testo originario, all'età di conclusione dell'obbligo scolastico (che interessa la fascia di età 6-16 anni). In tal modo, il contributo a titolo di sostegno economico può coprire anche l'ulteriore segmento di età fino alla conclusione della scuola secondaria di secondo grado.

L'art.1, co. 622, della L. 296/2006 ha disposto fra l'altro che l'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno d’età.

 

Sulla ricostruzione dei provvedimenti che hanno disposto la sospensione dei servizi in presenza, si veda la scheda di lettura riferita all'art. 233, commi 1-3.

 

Con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine -  il predetto contributo è ripartito tra gli Uffici scolastici regionali in proporzione al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche paritarie.  Gli Uffici scolastici regionali provvedono al successivo riparto in favore delle istituzioni scolastiche paritarie primarie e secondarie sempre in proporzione al numero di alunni iscritti nell'anno scolastico 2019/2020, compresi i servizi educativi autorizzati (tale precisazione è stata aggiunta in sede referente). Si segnala che i servizi educativi di cui all'art. 2 del d. lgs. 65/2017 non rientrano nel sistema nazionale di istruzione e sono rivolti alla fascia di età 0-3 anni, mentre i beneficiari della disposizione in commento risultano le scuole primarie e secondarie paritarie. I servizi educativi risultano invece destinatari delle misure di cui al comma 3 dell'articolo 233 (su cui si rinvia alla relativa scheda). Si valuti dunque un approfondimento sul riferimento in questa sede ai servizi educativi autorizzati.

Inoltre, durante l'esame in V Commissione è stato eliminato il richiamo agli studenti fino a sedici anni iscritti nelle scuole paritarie beneficiarie delle risorse, per cui il calcolo proporzionale del numero di alunni va fatto sul totale degli iscritti.

 

Ai relativi oneri, in base al comma 5, si provvede ai sensi dell'art. 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

 


 

Articolo 234
(
Misure per il sistema informativo per il supporto
all’istruzione scolastica)

 

 

L'articolo 234 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2020 per realizzare un sistema informativo integrato per il supporto all'istruzione scolastica. La realizzazione di tale sistema informativo è affidata alla SOGEI.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2020 finalizzata alla realizzazione di un sistema informativo per il supporto alle decisioni nel settore dell'istruzione scolastica ed in particolare:

§  per la raccolta, la sistematizzazione e l'analisi multimediale dei relativi dati;

§  per la previsione di lungo periodo della spesa per il personale scolastico;

§  per il supporto alla gestione giuridica ed economica del predetto personale, anche attraverso le tecnologie dell’intelligenza artificiale;

§  per la didattica a distanza.

I predetti interventi riguardano anche l'organizzazione e il funzionamento delle strutture ministeriali centrali e periferiche.

     La relazione illustrativa allegata al disegno di legge in prima lettura precisa che la disposizione "intende porre rimedio a una storica carenza della porzione del sistema informativo del Ministero dell’istruzione dedicata alla missione istituzionale dell’istruzione scolastica". Si tratta infatti "di un sistema di natura prevalentemente transazionale, orientato alla gestione giuridica ed economica del personale scolastico", in cui solo in minima parte "sono presenti funzioni di raccolta, sistematizzazione e validazione dei dati, che ne favoriscano l’aggregazione e l’interrogazione in base alle diverse dimensioni di analisi pertinenti. Pertanto, si prevede di costruire datawarehouse e datamart che consentano, viceversa, ai decisori politici e amministrativi di assumere le decisioni di rispettiva competenza, nella piena consapevolezza dell’impatto di sistema e delle relative conseguenze".

"Si tratterebbe, peraltro, di un sistema informativo che potrebbe condurre a una migliore previsione del fabbisogno di personale nelle diverse aree del Paese, tenuto conto delle dinamiche di lungo periodo della popolazione residente in età scolare nonché delle esigenze, anch’esse mutevoli nel tempo, derivanti dalla programmazione territoriale dell’offerta formativa."

 

Si stabilisce poi che il Ministero dell'istruzione affida la realizzazione di tale sistema informativo alla società di cui all’art. 83, co. 15, del D.L. 112/2008 - L. 133/2008 (ossia SOGEI - Società Generale d'Informatica S.p.A.).

I commi da 8 a 15 del citato art. 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recano un complesso di disposizioni eterogenee riguardanti l’attività di controllo e di accertamento, l’organizzazione delle Agenzie fiscali e la SOGEI. Il comma 15, per quanto rileva in questa sede, dispone che i diritti dell’azionista della società di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria, vale a dire la SOGEI, siano esercitati da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

Si ricorda, in breve, che SOGEI - Società generale d’informatica s.p.a, è stata costituita nel 1976 come società a prevalente partecipazione pubblica anche in considerazione della necessità di realizzare l’anagrafe tributaria, necessaria alla luce della riforma fiscale del 1974.

Attualmente, la SOGEI è una società per azioni a totale partecipazione pubblica le cui azioni appartengono al Ministero dell’economia e finanze.

Ai sensi dell'art. 4 dello statuto del 29 dicembre 2016, la SOGEI ha per oggetto sociale, prevalente, almeno per l’80% di fatturato, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al MEF Ministero e alle Agenzie fiscali, e segnatamente:

§  ogni attività, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalità per l'amministrazione fiscale;

§  ogni altra attività connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui sopra, comprese il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione fiscale per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

§  le attività informatiche riservate allo Stato, ai sensi del D.Lgs. 414/1997, nonché le attività di sviluppo e gestione dei sistemi informatici ivi comprese le attività di supporto, assistenza e consulenza collegate con le attività di cui sopra;

§  ogni altra attività di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

La SOGEI, può, inoltre, svolgere le ulteriori attività conferite in base a disposizioni legislative e regolamentari, per conto di regioni, enti locali, società a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attività di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere, comprese le attività verso l’Agenzia per l’Italia digitale.

 

Il comma 2 stabilisce che ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del Programma operativo nazionale (PON) "Per la scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento", riferito al periodo di programmazione 2014/2020 a titolarità del Ministero dell’istruzione, di cui alla decisione della Commissione europea C(2014) 9952 del 17 dicembre 2014, in coerenza con quanto previsto dalla stessa programmazione.

Il Programma operativo nazionale (PON) 2014-2020 "Per la scuola – competenze e ambienti per l'apprendimento", finanziato dai Fondi strutturali europei contiene le priorità strategiche del settore istruzione e ha una durata settennale. Il PON prevede interventi di sviluppo delle competenze, finanziati dal Fondo sociale europeo (FSE), ed interventi per il miglioramento degli ambienti e delle attrezzature per la didattica, finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per la programmazione 2014-2020 il budget complessivo ammonta a circa 3 miliardi di euro di cui:

§  2,2 miliardi di euro circa stanziati dal FSE per la formazione di alunni, docenti e adulti;

§  800 milioni di euro dal FESR per laboratori, attrezzature digitali per la Scuola e per interventi di edilizia.

Il PON è rivolto alle scuole dell’infanzia e alle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione di tutto il territorio nazionale. È articolato in 4 assi ciascuno con i propri obiettivi specifici:

§  “Asse 1 - Istruzione” punta a investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente;

§  “Asse 2 - Infrastrutture per l’istruzione” mira a potenziare le infrastrutture scolastiche e le dotazioni tecnologiche;

§  “Asse 3 - Capacità istituzionale e amministrativa” riguarda il rafforzamento della capacità istituzionale e la promozione di un’amministrazione pubblica efficiente;

§  “Asse 4 - Assistenza tecnica" è finalizzato a migliorare l’attuazione del Programma attraverso il rafforzamento della capacità di gestione dei Fondi.

Per maggiori approfondimenti si veda qui.

 

 

 


 

Articolo 235
(
Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19
presso il Ministero dell’istruzione
)

 

 

L'articolo 235, modificato durante l'esame in sede referente nonchè a seguito del rinvio in Commissione, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, un Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, con uno stanziamento di 377,6 milioni di euro nel 2020 e 600 milioni di euro nel 2021.

 

In dettaglio, la disposizione istituisce un nuovo Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, con l'obiettivo di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell'anno scolastico 2020/2021. Lo stanziamento è pari a 377,6 milioni di euro (inizialmente erano 400 milioni di euro) per il 2020 e 600 milioni di euro per il 2021.

Parte delle risorse per il 2020 sono utilizzate per coprire gli oneri dell'art. 230-bis introdotto in sede referente, anche a seguito dell'ulteriore rinvio in Commissione.

Le risorse sono destinate a misure di contenimento del rischio epidemiologico da realizzare presso le istituzioni scolastiche statali, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

Al riparto del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell'istruzione - per la cui adozione non è previsto un termine - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Al relativo onere si provvede ai sensi dell'art.265, alla cui scheda si rinvia.

 

Si segnala che l'art. 231-bis, introdotto in sede referente, prevede l'impiego delle risorse del Fondo in questione per l'attuazione delle misure di avvio e svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021 ivi previste. Il comma 2 dell'art. 231-bis stabilisce in particolare che le suddette risorse sono ripartite tra gli Uffici scolastici regionali con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il riparto tra gli Uffici scolastici regionali delle risorse del Fondo parrebbe limitato solo alla quota parte delle stesse utilizzata per gli interventi di cui al suddetto articolo 231-bis. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

 


 

Capo IX -  Misure in materia di università e ricerca

Articolo 236, commi 1 e 8
(
Incremento del Fondo per le esigenze emergenziali di università,
istituzioni AFAM, enti di ricerca)

 

 

L'articolo 236, comma 1, prevede un incremento del Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) e degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca, da utilizzare prioritariamente per iniziative a sostegno degli studenti che necessitino di servizi o strumenti per l’accesso alla ricerca o alla didattica a distanza.

Il comma 8 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il Fondo – istituito nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca – è incrementato di € 62 mln per il 2020.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 100, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha istituito nello stato di previsione del MUR[54] il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni AFAM e degli enti di ricerca”, con una dotazione di € 50 mln per il 2020, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, dichiarato, fino al 31 luglio 2020, con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020.

Sono destinatarie delle risorse le università, incluse le università non statali legalmente riconosciute, i collegi universitari di merito accreditati, le Istituzioni AFAM di cui alla L. 508/1999 e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca.

I criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse devono essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca, per la cui emanazione non è stato indicato un termine[55].

 

L’incremento è assegnato prioritariamente alle iniziative a sostegno degli studenti per i quali, in considerazione dell'emergenza sanitaria in atto, si renda necessario l’accesso da remoto a banche dati ed a risorse bibliografiche, nonché per l’acquisto di dispositivi digitali, ovvero per l’accesso a piattaforme digitali, finalizzati alla ricerca o alla didattica a distanza.

 

La relazione illustrativa faceva presente che l’incremento è volto a colmare il divario digitale emerso nella fase di prima applicazione della didattica a distanza, in modo da garantire in maniera uniforme e diffusa l’erogazione dei servizi agli studenti e consentire a tutti di proseguire il percorso formativo, evitando che la ridotta consistenza iniziale del Fondo producesse misure meramente frammentarie e di scarso impatto.

Al riguardo, rispondendo, il 31 marzo 2020, all’interpellanza urgente 2-00694, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che, “ad un solo mese dall’inizio dell’emergenza relativa al COVID19, gli atenei italiani sono riusciti a trasferire sulle piattaforme a distanza ben 62 mila insegnamenti, cioè una percentuale che arriva al 94 per cento dei corsi universitari. Alla data del 20 marzo, inoltre, risultano essere stati svolti con modalità a distanza 70.500 esami di profitto e circa 26 mila lauree. Nello stesso periodo - ci si riferisce dunque a dati che risalgono ad oltre dieci giorni fa - ben 1,2 milioni di studenti universitari, pari all’80 per cento del totale, hanno concretamente avuto accesso alla didattica on line”.

Nel corso dell’audizione del 9 aprile 2020 nella VII Commissione della Camera, il Ministro dell’università e della ricerca, pur dando atto che il sistema universitario aveva saputo rispondere all’emergenza come una vera e propria infrastruttura strategica del Paese, aveva sottolineato la permanenza di un digital divide, con particolare riferimento alla disponibilità di infrastrutture, da superare.

 

Il comma 8 dispone che agli oneri derivanti, fra l’altro, dal comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 236, comma 2
(Acquisto di servizi informatici per l’attività didattica di università statali e istituzioni di alta formazione artistica e musicale)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 236 dispone che per l’acquisto di beni e servizi informatici e di connettività, inerenti all’attività didattica delle università statali e delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, non trovano applicazione le disposizioni che prevedono il ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione della Consip S.p.A.

 

Il comma 2 prevede che per l’acquisto di beni e servizi informatici e di connettività, inerenti all’attività didattica delle università statali e delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4, del decreto-legge n.126 del 2019.

 

L’articolo 4, del decreto-legge n.126 del 2019 dispone che non si applicano alle università statali, agli enti pubblici di ricerca e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, per l'acquisto di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca, trasferimento tecnologico e terza missione, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 449, 450 e 452, della legge n. 296 del 2006, in materia di ricorso alle convenzioni-quadro e al mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni e di utilizzo della rete telematica, nonché le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 512-516, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 del 2015 (legge di bilancio per il 2016), in materia di ricorso agli strumenti di acquisto e negoziazione della Consip S.p.A. per gli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività.

Tali disposizioni prevedono, in particolare, l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’apposito elenco ISTAT) di procedere ad acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, esclusivamente tramite Consip S.p.A. o i soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali.

 

 


 

Articolo 236, comma 3-bis
(Equipollenza dei diplomi di specializzazione in musicoterapia)

 

 

L’articolo 236, comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, dispone l’equipollenza dei diplomi di specializzazione in musicoterapia, ottenuti al termine dei corsi biennali sperimentali, ai diplomi accademici di secondo livello rilasciati dalle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

 

Si anticipa così, in via legislativa, per una specifica tipologia di diploma, quanto, in generale, deve essere definito con decreto ministeriale.

 

Si valuti l’opportunità di specificare a quale specifico diploma accademico di secondo livello debba essere dichiarato equipollente il diploma di specializzazione in musicoterapia (a titolo esemplificativo, si vedano le tabelle di corrispondenza fra titoli sperimentali di primo livello e diplomi accademici di primo livello).

 

In particolare, si specifica che l’equipollenza dei suddetti diplomi – ottenuti al termine di corsi biennali sperimentali attivati dalle Istituzioni AFAM e autorizzati dall’allora MIUR – è disposta anche ai fini concorsuali.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente che l’art. 5, co. 4, del DPR 212/2005, recate il regolamento di disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle istituzioni AFAM, ha previsto che, fino all'adozione del regolamento di disciplina dei criteri generali per l'istituzione e l'attivazione dei corsi delle medesime istituzioni, i corsi di secondo livello, i corsi di specializzazione e i corsi di formazione alla ricerca dovevano essere attivati esclusivamente in via sperimentale, con specifica autorizzazione ministeriale, su proposta delle istituzioni.

Successivamente, l’art. 1, co. 106, della L. 228/2012 ha previsto che con decreti ministeriali dovevano essere definite le tabelle di corrispondenza per l'equipollenza ai diplomi accademici di primo e di secondo livello rilasciati dalle istituzioni AFAM dei titoli sperimentali conseguiti, a completamento di percorsi attivati dalle stesse istituzioni AFAM e validati dal MIUR, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

In attuazione di tale previsione, sono state definite innanzitutto le corrispondenze dei titoli conclusivi di corsi sperimentali triennali ai diplomi accademici di primo livello[56].

L’istituzione dei corsi accademici di secondo livello ordinamentali è stata disciplinata con DM 9 gennaio 2018, n. 14.

In particolare, per quanto qui maggiormente interessa, il DM (artt. 6 e 7) ha disposto che, nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui all’art. 2, co. 7, lett. g), della L. 508/1999 (relativo a procedure, tempi e modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell’offerta formativa), l’accreditamento dei corsi di studio di secondo livello – che decorre dall’a.a. 2018-2019 – avviene con decreto ministeriale, su istanza delle istituzioni AFAM. Ha stabilito, altresì, che, in via preliminare, dovevano essere accreditati i corsi già autorizzati in via sperimentale ai sensi del citato art. 5, co. 4, del DPR 212/2005 e che la tabella di corrispondenza di cui all’art. 1, co. 106, della L. 228/2012 è emanata una volta concluse tali procedure di accreditamento. Tale tabella di corrispondenza non risulta essere ancora emanata.

Inoltre, ha disposto (art. 5) che, a completamento del processo di messa a ordinamento, i corsi accademici di secondo livello assumono specifiche codifiche e denominazioni derivanti dalla trasformazione di quelle dei corrispondenti corsi di primo livello, attraverso la sostituzione negli acronimi dei codici, delle lettere PL con SL.


 

Articolo 236, commi 5 e 8, e articolo 243,
comma 1, capoverso 65-sexies
(Interventi a sostegno dei dottorati di ricerca)

 

 

L’articolo 236, comma 5, prevede la possibilità per i dottorandi di ricerca titolari di borse di studio che terminano il percorso di dottorato nell’anno accademico 2019/2020 di richiedere la proroga del termine finale del corso, con conseguente mantenimento della borsa di studio. A tal fine, incrementa, per il 2020, le risorse del Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO). Inoltre, prevede il differimento del termine per la conclusione della selezione per l’ammissione ai corsi di dottorato nel 2020.

Il comma 8 dello stesso articolo 236 reca le modalità di copertura degli oneri.

Il capoverso 65-sexies del comma 1 dell’articolo 243, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, destina € 3 mln annui, in via sperimentale, per gli anni dal 2021 al 2023, al finanziamento da parte dei comuni presenti nelle aree interne del Paese, anche in forma associata, di borse di studio per dottorati di ricerca finalizzati allo studio e alla realizzazione di strategie locali volte allo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030.

 

Preliminarmente si ricorda che la disciplina relativa ai dottorati di ricerca è recata dall’art. 4 della L. 210/1998 – come modificato dall’art. 19 della L. 240/2010 – e dal regolamento emanato con DM 45/2013.

In particolare, l’art. 4, co. 2, della L. 210/1998 dispone che i corsi di dottorato di ricerca sono istituiti, previo accreditamento da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su conforme parere dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), dalle università, dagli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale e da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate. I corsi possono essere altresì istituiti da consorzi tra università o tra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione, fermo restando in tal caso il rilascio del relativo titolo accademico da parte delle istituzioni universitarie.

Le linee guida per l’accreditamento dei corsi di dottorato sono state emanate, da ultimo, dal MUR con nota 3315 dell'1 febbraio 2019.

Infine, con nota 6623 del 27 febbraio 2019 sono state fornite le indicazioni operative sulle procedure di accreditamento dei dottorati A.A. 2019-2020 - XXXV ciclo.

A sua volta, l’art. 8, co. 1, primo periodo, del DM 45/2013 dispone che l'ammissione ai corsi di dottorato avviene sulla base di una selezione a evidenza pubblica[57], che deve concludersi entro il 30 settembre di ciascun anno. Dispone, altresì, al secondo periodo, che la domanda di partecipazione ai posti con borsa di studio – il cui numero, in base all’art. 4, co. 5, lett. c), della L. 210/1998 è determinato annualmente con decreto rettorale – può essere presentata, senza limitazioni di cittadinanza, da coloro che, alla data di scadenza del bando, sono in possesso di laurea magistrale o titolo straniero idoneo, ovvero da coloro che conseguano il titolo richiesto entro il 31 ottobre dello stesso anno.

In base all’art. 6, co. 1, i corsi di dottorato di ricerca hanno durata non inferiore a tre anni, fatto salvo il caso di frequenza congiunta di un corso di dottorato e di un corso di specializzazione medica, nel qual caso - ai sensi dell’art. 7 - la durata del corso di dottorato è ridotta a un minimo di due anni.

L’art. 9 dispone che le borse di studio hanno durata annuale e sono rinnovate a condizione che il dottorando abbia completato il programma delle attività previste per l'anno precedente, previa positiva valutazione, fermo restando l'obbligo di erogare la borsa a seguito del superamento della verifica.

L'importo della borsa di studio, da erogare in rate mensili, è stato determinato, da ultimo, a seguito dell’adeguamento previsto dall’art. 1, co. 639 e 640, della L. L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – che a tal fine ha previsto un incremento del FFO – con DM 40 del 25 gennaio 2018. In particolare, quest’ultimo ha fissato l’importo annuo di ciascuna borsa a € 15.343,28, confermando – secondo quanto disposto dall’art. 9 del DM 45/2013 – che lo stesso è incrementato nella misura massima del 50% per un periodo complessivamente non superiore a 18 mesi, nel caso in cui il collegio dei docenti autorizza il dottorando a svolgere attività di ricerca all'estero.

Da ultimo, con DM 25 gennaio 2018 l’importo annuo della borsa per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca è stato fissato, a decorrere dal 1° gennaio 2018, in € 15.343,28.

Con riferimento al finanziamento delle borse di studio, l’art. 13, co. 1, del DM 45/2013 ha disposto che le medesime borse sono erogate dai soggetti accreditati allo svolgimento di corsi di dottorato. Il Ministero dell’università e della ricerca contribuisce annualmente al finanziamento nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie.

 

In particolare, il comma 5 dell’articolo 236 dispone, anzitutto, che la richiesta di proroga da parte dei dottorandi di ricerca titolari di borse di studio che terminano il percorso di dottorato nell’anno accademico 2019/2020 può essere presentata per un periodo non superiore a due mesi. A tal fine, il FFO è incrementato di € 15 mln per il 2020.

Inoltre, prevede che, per il 2020, il termine per la conclusione della selezione per l’ammissione ai corsi di dottorato è differita (dal 30 settembre) al 30 novembre.

 

Il comma 8 dell’articolo 236 dispone che agli oneri derivanti, fra l’altro, dal comma 5 dello stesso articolo si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

A sua volta, il capoverso 65-sexies del comma 1 dell’articolo 243, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, dispone che, in coerenza con la Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all’art. 1, co. 6, della L. 147/2013, € 3 mln per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 sono destinati al finanziamento in via sperimentale, da parte dei comuni presenti nelle aree interne del Paese, anche in forma associata, di borse di studio per dottorati di ricerca finalizzati allo studio e alla realizzazione di strategie locali volte allo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030.

A tal fine, introduce il comma 65-sexies nell’art. 1 della L. 205/2017.

 

In particolare, tali dottorati di ricerca – esplicitamente denominati, ai soli fini della stessa L. 205/2017, “dottorati comunali” – sono finalizzati alla definizione, all’attuazione, allo studio e al monitoraggio di strategie locali volte allo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda ONU 2030[58], e in particolare alla transizione ecologica, alla transizione digitale, al contrasto delle diseguaglianze sociali ed educative, al rafforzamento delle attività economiche e al potenziamento delle capacità amministrative.

 

I dottorati comunali sono soggetti al consueto accreditamento da parte del Ministero – rectius: del Ministro – dell’università e della ricerca, ai sensi dell’art. 4 della L. 210/1998 e del DM 8 febbraio 2013, n. 45.

 

I criteri e le modalità per la stipula delle convenzioni tra i comuni e le università per l’utilizzo delle risorse, nonché i contenuti scientifici e disciplinari dei dottorati, sono definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per il sud e la coesione territoriale, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Le risorse sono ripartite con decreto del Ministro per il sud e la coesione territoriale tra i comuni delle aree interne selezionati con apposito bando.


 

Articolo 236, comma 6
(
Assegni di ricerca)

 

 

L'articolo 236, comma 6, prevede la possibilità di prorogare la durata degli assegni di ricerca di cui all’art. 22 della L. 240/2010, in essere al 9 marzo 2020, per il periodo di tempo corrispondente alla eventuale sospensione dell’attività di ricerca conseguente alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19.

 

In particolare, si stabilisce che la proroga può essere disposta dai soggetti conferenti l’assegno di ricerca nei limiti delle risorse relative ai rispettivi progetti di ricerca o, comunque, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, qualora ciò risulti necessario ai fini del completamento del progetto di ricerca.

 

Con riguardo alla data del 9 marzo 2020, si ricorda che la prima sospensione, su tutto il territorio nazionale, delle attività di formazione superiore è stata disposta, con il DPCM 4 marzo 2020 adottato sulla base di quanto previsto dal D.L. 6/2020 (L. 13/2020) – , a decorrere dal 5 marzo 2020 (e fino al 15 marzo 2020). Tale sospensione era stata dapprima confermata (dall’8 marzo 2020 al 15 marzo 2020) dal DPCM 8 marzo 2020 (art. 2, co. 1, lett. h), e art. 5, co. 1) e successivamente prorogata (dal 10 marzo 2020 fino al 3 aprile 2020) dal DPCM 9 marzo 2020 (che aveva esteso all’intero territorio nazionale le misure previste per la regione Lombardia e altre 14 province dall'art. 1 del medesimo DPCM 8 marzo 2020).

La medesima sospensione è stata ulteriormente confermata, con qualche variazione, dai DPCM successivamente intervenuti, adottati sulla base di quanto previsto dal D.L. 19/2020 (L. 35/2020).

La possibilità di riavvio delle attività di ricerca nelle università e negli enti pubblici di ricerca è stata poi prevista, a decorrere dal 4 maggio 2020, dal DPCM 26 aprile 2020 che, nello specifico, confermando la sospensione delle attività di formazione superiore fino al 17 maggio 2020, aveva previsto che, dalla data indicata, nelle università e negli enti pubblici di ricerca potevano essere svolti esami, tirocini, attività di ricerca e di laboratorio sperimentale e/o didattico ed esercitazioni, ed era, altresì, consentito l'utilizzo di biblioteche, a condizione che vi fosse un'organizzazione degli spazi e del lavoro tale da ridurre al massimo il rischio di prossimità e di aggregazione e che venissero adottate misure organizzative di prevenzione e protezione, contestualizzate al settore della formazione superiore e della ricerca, anche avuto riguardo alle specifiche esigenze delle persone con disabilità, di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall'INAIL. A tali fini, le università dovevano assicurare la presenza del personale necessario (artt. 1, co. 1, lett. k), n), o), e 10, co. 1).

Tali previsioni sono state successivamente confermate dal DPCM 17 maggio 2020 – adottato in attuazione del già citato D.L. 19/2020 (L. 35/2020), nonché del successivo D.L. 33/2020 – le cui disposizioni hanno sostituito dal 18 maggio 2020, quelle del DPCM 26 aprile 2020 e sono state efficaci fino al 14 giugno 2020 (artt. 1, co. 1, lett. s), e 11, co. 1).

Da ultimo, il DPCM 11 giugno 2020 – anch’esso adottato in attuazione dei due D.L. citati – ha confermato quanto già previsto, prevedendo anche la possibilità di svolgimento di attività seminariali. Le disposizioni da esso recate sostituiscono, dal 15 maggio 2020, quelle del DPCM 17 maggio 2020 e sono efficaci fino al 14 luglio 2020 (artt. 1, co. 1, lett. s), e 11, co. 1).

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di una riflessione circa la data di riferimento per la sussistenza degli assegni di ricerca.

 

Si segnala, peraltro, che anche l’art. 250, co. 5, del decreto-legge in commento reca disposizioni relative, tra l’altro, alle procedure di conferimento degli stessi assegni di ricerca.

 

Si valuti l’opportunità di riportare in un unico articolo tutte le previsioni relative agli assegni di ricerca.

 

In materia, si ricorda che l’art. 22 della L. 240/2010 ha previsto, per quanto qui più interessa, che gli assegni di ricerca possono essere conferiti, fra gli altri, da università ed enti pubblici di ricerca, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio.

Le modalità di conferimento degli assegni sono disciplinate con regolamento dei medesimi soggetti[59].

Gli assegni possono avere una durata compresa tra 1 e 3 anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari. La durata complessiva dei rapporti, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore – a seguito della modifica non testuale operata dall'art. 6, co. 2-bis, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015) – a 6 anni, ad esclusione del periodo in cui l'assegno è stato fruito in coincidenza con il dottorato di ricerca, nel limite massimo della durata legale del relativo corso[60].

Inoltre, la durata complessiva dei rapporti instaurati con il medesimo soggetto, in quanto titolare di assegni di ricerca e di contratti a tempo determinato – di cui all’art. 24 della stessa L. 240/2010 –, non può essere superiore a 12 anni, anche se i rapporti sono stati non continuativi o sono intercorsi con soggetti differenti.

L'importo degli assegni è determinato dal soggetto che li conferisce, sulla base di un importo minimo stabilito con il DM 9 marzo 2011, n. 102.


 

Articoli 236, comma 7, e 238, comma 8
(Fabbisogno finanziario università statali)

 

 

L'articolo 236, comma 7, posticipa (dal 2021) al 2023 l’applicazione delle penalizzazioni economiche previste – nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse ordinarie – per le università statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell’esercizio precedente.

L’articolo 238, comma 8, estende il criterio per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali per il periodo 2019-2025, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Preliminarmente, si ricorda che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR (cap. 1694)[61] dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie

Da ultimo, per il 2019, il FFO è stato ripartito con DM 738 dell’8 agosto 2019. Tra i criteri di ripartizione vi sono quelli riferiti a quota base, quota premiale, interventi perequativi, specifiche obbligazioni derivanti da previsioni legislative, incentivi per chiamate dirette, prosecuzione del programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini, borse di studio post-lauream per studenti.

 

In particolare, l’articolo 236, comma 7, novella l’art. 1, co. 977, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), in base al quale – a decorrere dal 2021 (ora, dal 2023) – per le università statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell'esercizio precedente, il Ministero dell'università e della ricerca prevede, tra i criteri di ripartizione delle risorse ordinarie, penalizzazioni economiche commisurate allo scostamento registrato, nel rispetto del principio di proporzionalità.

 

La relazione illustrativa fa presente che ciò è previsto non solo in considerazione della situazione straordinaria di emergenza sanitaria venutasi a determinare con la diffusione dell’epidemia da COVID-19 e delle conseguenti spese impreviste e indispensabili sostenute da parte degli atenei ma, anche, in considerazione dell’acquisizione delle informazioni riferite alle spese per ricerca attraverso il sistema SIOPE+, che rendono necessario un biennio di sperimentazione per la costante e completa acquisizione dei dati: si tratta di informazioni indispensabili ai fini del monitoraggio in corso d’esercizio da parte degli atenei e del MUR. Sottolinea, dunque, che, con il posticipo si eviterebbe che, in un momento particolarmente delicato per le università statali, si aggiungano ulteriori criticità che potrebbero comprometterne il già precario equilibrio.

 

L’articolo 238, comma 8, con una novella del co. 971 dello stesso art. 1 della L. 145/2018, dispone che il fabbisogno finanziario programmato delle università statali per il periodo 2019-2025 in ciascun anno non deve essere superiore al fabbisogno realizzato nell'anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall'ultima Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF) e delle maggiori risorse assegnate, in ciascun anno di riferimento, al FFO.

Rispetto alla norma previgente, pertanto, nel calcolo dell’ammontare del fabbisogno complessivo da non superare si aggiungono le maggiori risorse assegnate, in ciascun anno di riferimento, al FFO.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. da 971 a 977, della L. 145/2018 ha ridefinito, per il periodo 2019-2025, i criteri per la determinazione annuale del fabbisogno finanziario programmato delle università statali, ai fini del concorso di tali enti alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

In particolare, il co. 971 aveva previsto che il sistema universitario statale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, per il periodo indicato, garantendo che il fabbisogno finanziario complessivamente generato dal comparto in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno realizzato nell’anno precedente, incrementato del tasso di crescita del PIL reale stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Ha, altresì, previsto che non concorrono al calcolo del fabbisogno finanziario in questione le riscossioni ed i pagamenti sostenuti per investimenti e per attività di ricerca e innovazione sul territorio nazionale[62].

Il co. 972 ha disciplinato la fase transitoria del nuovo calcolo del fabbisogno, prevedendo che, nelle more della piena attuazione del sistema SIOPE +, per il solo anno 2019 non concorrevano al calcolo del fabbisogno finanziario soltanto ed esclusivamente i pagamenti per investimenti.

Pertanto, il fabbisogno programmato per il 2019 doveva essere determinato sulla base del fabbisogno programmato per il 2018, calcolato al netto della media dei pagamenti per investimenti dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Per l’anno 2020, il co. 973 ha previsto che il fabbisogno programmato è determinato sulla base del fabbisogno realizzato per il 2019, calcolato al netto della differenza tra la media delle riscossioni e dei pagamenti per ricerca dell’ultimo triennio, incrementato del tasso di crescita del PIL reale, stabilito dall’ultima Nota di aggiornamento del DEF.

Le modalità tecniche per l’attuazione di tali previsioni sono state definite, in base a quanto previsto dal co. 974, dal D.D. MEF-MIUR 11 marzo 2019, il quale, in particolare, ha stabilito che il tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL) reale è desunto, in ciascun anno, dal quadro macroeconomico tendenziale.

Quanto alla procedura di determinazione del fabbisogno per ciascuna università, il co. 975 ha disposto che, entro il 31 gennaio di ciascun anno, il MEF comunica, innanzitutto, al MUR l’assegnazione del fabbisogno finanziario del sistema universitario statale nel suo complesso.

Entro il 15 marzo di ciascun anno il MUR procede, poi, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), alla determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascuna università, tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse, nonché di eventuali esigenze straordinarie degli atenei. È assicurata comunque l’equilibrata distribuzione del fabbisogno, al fine di garantire la necessaria programmazione delle attività di didattica e della gestione ordinaria.

Al fine di monitorare costantemente il fabbisogno finanziario realizzato da ciascuna università statale nel corso di ciascun esercizio, il co. 976 ha stabilito che, entro il 10 del mese successivo a quello di riferimento, il MEF provvede a pubblicare la scheda riepilogativa del fabbisogno finanziario, riferita ai singoli atenei, all’interno dell’area riservata della banca dati amministrazioni pubbliche, istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. 196/2009, denominata «Banca dati delle amministrazioni pubbliche» (BDAP).

Infine, il co. 977 ha disciplinato le penalizzazioni economiche di cui si è detto ante.

 


 

Articolo 237, comma 1
(Disposizioni in materia di esami di abilitazione
all'esercizio di alcune professioni)

 

 

L’articolo 237, comma 1, prevede, in relazione agli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui al comma 1 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020 (conv. l. n. 41 del 2020), le cui prove siano in corso di svolgimento, che il Ministero dell'università e della ricerca possa disporre, con decreto, modalità di svolgimento delle prove diverse da quelle previste dalla normativa vigente, ivi inclusa la possibilità di eliminazione di una prova.

 

Nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 237 prevede che, in relazione agli esami di Stato di abilitazione all'esercizio delle professioni di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto legge 8 aprile 2020, n. 22, le cui prove siano in corso di svolgimento alla data del 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto qui in conversione), il Ministro dell’università e della ricerca può disporre, con decreto, su proposta dei consigli o degli organi nazionali, comunque denominati, degli ordini, collegi e federazioni delle professioni interessate, modalità di svolgimento di tali prove diverse da quelle indicate dalle vigenti disposizioni normative.

 

Le professioni indicate nel comma 1 dell'articolo 6 del d.l. n. 22 del 2020 (conv. l. n. 41 del 2020) sono quelle di:

§  dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo (queste professioni sono regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001);

§  odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale.

 

è opportuno ricordare che, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 6 del d.l. n. 22, è stato adottato il D.M. 29 aprile 2020, prot. n. 57, recante le modalità di svolgimento della prima sessione dell'anno 2020 degli esami di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni regolamentate dal D.P.R. n. 328 del 2001, nonché delle professioni di odontoiatra, farmacista, veterinario, tecnologo alimentare, dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale. Tale decreto ha previsto, in deroga alla normativa vigente, che l'esame di stato per queste professioni sia costituito per la prima sessione dell’anno 2020, da un’unica prova orale svolta con modalità a distanza.

 

Si ricorda inoltre che con il D.M. 24 aprile 2020, n. 38  è stato disposto il rinvio dell’esame di Stato, a causa dell’emergenza sanitaria, per l'abilitazione alle professioni ricordate. In particolare quanto all’esame per l’iscrizione nella sezione A dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea specialistica o almeno quadriennale, la sessione già prevista per il 16 giugno è stata rinviata al 16 luglio. In merito all’esame per l’iscrizione nella sezione B dell'Albo, per la quale è necessaria la laurea triennale, la sessione già prevista per il 22 giugno, è stata invece rinviata al 24 luglio.

Con le ordinanze ministeriali nn. 5, 6, 7 e 8 del maggio 2020, sono state indette le sessioni di esame per l'anno 2020 per le abilitazioni all'esercizio delle libere professioni di agrotecnici, geometri, periti industriali e periti agrari.

Da ultimo con il D.M. 15 giugno 2020 n. 217 è stato consentito il completamento della seconda sessione degli esami di Stato del 2019 delle professioni regolamentate, non regolamentate e di dottore commercialista, esperto contabile e revisore legale.

 

 

Sempre il comma 1 dell'articolo 237 precisa che nei casi in cui sia disposta l'eliminazione di una prova, il decreto ministeriale debba anche individuare le modalità e i criteri per la valutazione finale, salvaguardando criteri di uniformità sul territorio nazionale per lo svolgimento degli esami relativi a ciascuna professione, nonché il rispetto delle disposizioni in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, dettate dal decreto legislativo n. 206 del 2007.

 

è appena il caso di ricordare che con riguardo alle professioni disciplinate dal D.P.R. n. 328 del 2001, salvo disposizioni speciali, gli esami consistono in due prove scritte di carattere generale, una prova pratica e una prova orale (art. 5, d.P.R. n. 328 del 2001).


 

Articolo 237, comma 2
(Accreditamenti delle scuole di specializzazione di area sanitaria
con accesso riservato ai medici)

 

 

Il comma 2 dell'articolo 237 reca norme transitorie in materia di accreditamento delle scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici.

 

Tali norme transitorie sono connesse alla mancata ricostituzione dell'Osservatorio nazionale per la formazione sanitaria specialistica[63], organo competente per la formulazione della proposta al Ministro della salute (il quale delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca) dell'accreditamento delle scuole in esame (nonché dell'accreditamento delle singole strutture universitarie e ospedaliere rientranti nella rete formativa della scuola).

Il comma in esame prevede, in primo luogo, che l'accreditamento delle scuole di specializzazione suddette concesso per l'anno accademico 2018-2019 sia prorogato per l'anno accademico 2019-2020; la proroga fa riferimento sia agli accreditamenti definitivi sia a quelli provvisori.

Si ricorda che la disciplina dell'accreditamento in esame e delle condizioni stabilite ai fini del medesimo è posta dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (in particolare, dall'articolo 43), nonché dal D.M. 4 febbraio 2015, dal D.M. 13 giugno 2017 e dal D.M. 28 febbraio 2019. In particolare, quest'ultimo decreto ha consentito il riconoscimento di un accreditamento provvisorio, per l'anno accademico 2018-2019, in favore delle scuole di specializzazione che, per mancanza dei requisiti di docenza, fossero state accreditate provvisoriamente fino all'anno accademico precedente; la suddetta proroga era subordinata alla condizione che gli atenei (presso i quali le scuole di specializzazione in oggetto fossero istituite) dimostrassero, alla data di chiusura delle procedure di accreditamento relative all'anno accademico 2018-2019, di aver adottato le deliberazioni intese all'avvio delle procedure di reclutamento necessarie per il raggiungimento dei requisiti di docenza nel suddetto anno accademico.

La norma di proroga ha altresì l'effetto (anche riguardo agli accreditamenti definitivi già concessi) di derogare alle previsioni degli adempimenti annui di cui all'articolo 1, comma 2, all'articolo 5, comma 2, lettera c), e all'articolo 6, comma 4, del citato D.M. 13 giugno 2017 (relativi, rispettivamente, all'eventuale aggiornamento - da parte del Ministero dell'università e della ricerca - dei requisiti, degli standard e degli indicatori di attività formativa ed assistenziale, alla dichiarazione del rettore sul rispetto dei medesimi requisiti, standard e indicatori, all'attività di monitoraggio in materia).

Il comma 2 in esame prevede altresì che le scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici che non abbiano conseguito l’accreditamento per l’anno accademico 2018-2019 possano ripresentare istanza di accreditamento per l’anno accademico 2019-2020, secondo le modalità ed i tempi comunicati dal Ministero dell’università e della ricerca. Tali istanze sono sottoposte ad una commissione di esperti, ai fini della verifica degli standard e dei requisiti di idoneità delle scuole, delle loro reti formative e delle singole strutture che le compongono, e della formulazione delle conseguenti proposte di accreditamento al Ministro della salute (come già detto, il Ministro delibera di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca). La commissione è costituita dai membri che hanno fatto parte dell'ultima composizione dell'Osservatorio summenzionato.

 

Riguardo a quest'ultima composizione[64], le nomine sono state operate con D.M. 27 marzo 2015, prot. n. 195, D.M. 30 maggio 2017, prot. n. 362, D.M. 12 luglio 2017, prot. n. 506, D.M. 2 maggio 2018, prot. n. 342, D.M. 4 settembre 2018, prot. n. 608. Il presente comma 2 fa riferimento alla composizione dell'Osservatorio alla data del 29 settembre 2018 - cioè, dal giorno successivo al "visto" del suddetto D.M. 4 settembre 2018 da parte dell'organo di controllo -.

 

Ai componenti della commissione non spettano indennità, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati, ad eccezione del rimborso delle spese documentate.

 


 

Articolo 237, comma 3
(Ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole
di specializzazione in medicina)

 

 

Il comma 3 dell'articolo 237 modifica le norme sull’ammissione ai concorsi per l’accesso alle scuole di specializzazione in medicina.

 

La modifica consente la partecipazione dei laureati in medicina e chirurgia che conseguano il medesimo diploma di laurea in tempo utile per la partecipazione alla prova (secondo le indicazioni riportate nel bando). La disposizione finora vigente richiedeva invece che il titolo venisse conseguito prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Resta fermo il principio secondo cui sono esclusi dall’accesso alle scuole in esame i soggetti che non conseguano l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo entro il termine fissato per l’inizio delle attività didattiche delle scuole[65].

 

Si ricorda che i commi da 1 a 4 dell’articolo 102 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, hanno stabilito una nuova disciplina dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo; si è introdotto il principio della laurea abilitante, ferma restando la condizione di svolgimento e di superamento (all’interno del corso di laurea o successivamente) di un tirocinio.

 

Il comma 3 in esame, nell'opera tale modifica normativa, abroga la norma di rango regolamentare vigente in materia[66].

 


 

Articolo 238, commi 1-3 e 9
(Ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca)

 

 

L’articolo 238, commi 1-3, modificato durante l’esame in V Commissione, prevede, anzitutto, l’assunzione di ricercatori a tempo determinato di tipo B nelle università, nei limiti di spesa indicati.

Prevede, inoltre, l’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato in alcuni enti pubblici di ricerca, nei limiti di spesa indicati.

Il comma 9 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 1, al fine di sostenere, fra l’altro, l'accesso dei giovani alla ricerca e la competitività del sistema universitario e della ricerca italiano a livello internazionale, autorizza l’assunzione, nel 2021, di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali e in aggiunta alle analoghe assunzioni previste dall’art. 6, co. 5-sexies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020), nel limite di spesa di € 200 mln annui a decorrere dal 2021.

A tal fine, incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 200 mln annui a decorrere dal 2021.

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

In particolare, in base all’art. 24, co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) –, la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A).

La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore di seconda fascia (associato).

 

In questo quadro, il citato art. 6, co. 5-sexies, lett. a), del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha autorizzato, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, l’assunzione di ricercatori universitari a tempo determinato di tipo B, a decorrere dal 2021, nel limite di spesa di € 96,5 mln annui dal 2021. A tal fine, il co. 5-septies dello stesso art. 6 ha incrementato il FFO di € 96,5 mln annui dal 2021[67].

Le risorse, per complessivi 1.607 nuovi ricercatori di tipo B, sono state ripartite tra le università con DM 14 maggio 2020, n. 83.

 

Per le modalità di riparto delle risorse tra le università si richiamano le stesse di cui al già richiamato art. 6, co. 5-sexies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020). A tal fine, dunque, si provvede con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. In tal caso – a differenza di quanto si vedrà infra per gli enti pubblici di ricerca –, non sono indicati criteri di ripartizione.

 

La relazione tecnica stimava di poter immettere nel sistema universitario, con decorrenza 1° gennaio 2021 – considerato un costo unitario annuo per ricercatore di tipo B di € 60.027 –, 3.331 nuovi ricercatori.

 

Il comma 2, modificato durante l’esame in V Commissione, prevede l’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato in alcuni enti pubblici di ricerca.

 

In particolare, il primo periodo del comma 2 dispone che, per le medesime finalità di sostenere, fra l’altro, l'accesso dei giovani alla ricerca e la competitività del sistema della ricerca italiano a livello internazionale, il Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca di cui all’art. 7 del d.lgs. 204/1998 (FOE) – che assegna risorse solo agli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR[68] –, è incrementato di € 50 mln annui a decorrere dal 2021 per l'assunzione di ricercatori negli “enti pubblici di ricerca”[69].

Si intenderebbe, dunque, che le risorse siano destinate all’assunzione di ricercatori nei soli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR.

In base alla relazione tecnica, si riteneva di assumere 1.044 ricercatori.

 

Tuttavia, il secondo periodo dello stesso comma 2, come modificato durante l’esame in V Commissione, dispone che solo parte delle risorse, nella misura di € 45 mln annui, sono ripartite fra gli “enti pubblici di ricerca” secondo i criteri di riparto del medesimo FOE.

In base all’art. 7 del d.lgs. 204/1998, che ha istituito FOE, lo stesso è ripartito annualmente, tra gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR, con decreti del Ministro dell'università e della ricerca, comprensivi di indicazioni per i due anni successivi, emanati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Da ultimo, l’art. 5 del d.lgs. 218/2016 ha stabilito che, per la ripartizione, il MUR tiene conto della programmazione strategica preventiva (art. 5, d.lgs. 213/2009), nonché della Valutazione della qualità dei risultati della ricerca (VQR) che l’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR) effettua ogni 5 anni.

In base allo stesso art. 5, le quote del FOE assegnate per specifiche finalità e che non possono essere più utilizzate per le stesse possono essere destinate ad altre attività o ad altri progetti attinenti alla programmazione degli enti, previa autorizzazione del MUR.

 

A sua volta, il terzo periodo dello stesso comma 2, introdotto durante l’esame in V Commissione, prevede che i restanti € 5 mln annui sono destinati, per le medesime finalità di cui al comma 1, agli altri enti pubblici di ricerca di cui all'art. 1 del d.lgs. 218/2016[70], fatta eccezione per l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), in quanto destinatari di specifiche disposizioni recate dal decreto-legge.

Dispone, inoltre, che i criteri di riparto di tali risorse sono stabiliti d'intesa con i Ministri vigilanti dei singoli enti.

 

Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di un chiarimento, in considerazione del fatto che le risorse incrementali sono destinate al FOE, che non finanzia enti pubblici di ricerca non vigilati dal MUR.

 

Il comma 3 dispone che la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi 1 e 2 rimane a disposizione, nel medesimo esercizio finanziario, per le altre finalità del FFO e del FOE.

 

Il comma 9 dispone che alla copertura degli oneri recati, fra l’altro, dai commi 1 e 2, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


§   

Articolo 238, comma 4
(Progetti di rilevante interesse nazionale - PRIN e Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica - FIRST)

 

 

L’articolo 238, comma 4, affida ad un decreto del Ministero dell'università e della ricerca la definizione di un nuovo programma per lo sviluppo dei Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN). A tale scopo, si incrementa il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), per l'anno 2021 di 250 milioni di euro e per l'anno 2022 di 300 milioni di euro.

 

In dettaglio, la disposizione mira:

§  a promuovere il sistema nazionale della ricerca.

Del sistema nazionale della ricerca fanno parte soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca scientifica e tecnologica. Il Ministero dell'università e della ricerca svolge un ruolo di promozione e sviluppo attraverso principalmente: la definizione di linee programmatiche e strategiche, direttamente o in coordinamento con l’Unione europea e/o con altre amministrazioni centrali e regionali dello Stato; la gestione di risorse finanziarie, rivolte a sostenere, da un lato, il funzionamento dei soggetti pubblici (in particolare, università ed enti) e, dall’altro, le attività di ricerca. Il Programma nazionale della ricerca (PNR), predisposto dal Ministero dell'università e della ricerca, è il principale documento programmatico che orienta la politica di ricerca in Italia. Attualmente, è in vigore il PNR 2015-2020.

§  a rafforzare le interazioni tra università e enti di ricerca;

§  a favorire la partecipazione italiana alle iniziative relative ai Programmi quadro dell'Unione europea.

I Programmi quadro rappresentano il principale strumento - unitamente ai Fondi strutturali e al Fondo di coesione - con cui l'Unione europea sostiene la ricerca e sono elaborati su base pluriennale. I programmi quadro fissano gli obiettivi, le priorità e il pacchetto finanziario tramite cui offrire sostegno a progetti di ricerca di tipo multidisciplinare e transnazionale. Per il settennio 2014-2020 il Programma quadro per la ricerca e l'innovazione è Horizon 2020, mentre per il settennio 2021-2027 il prossimo Programma quadro proposto dalla Commissione europea è Horizon Europe (COM (2018) 435). Per una sintesi dei rispettivi contenuti si vedano i relativi temi web sul sito della Camera dei deputati.

 

In tale contesto, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, definisce un nuovo programma per lo sviluppo di Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN) i quali, per complessità e natura, richiedano la collaborazione di più atenei o enti di ricerca.

Con D.D. n. 3728 del 27 dicembre 2017 è stato emanato l'ultimo bando PRIN, di durata triennale, per complessivi 391 milioni di euro a titolo di cofinanziamento da parte del Ministero dell'università e della ricerca. In base all'art. 1 del bando, il programma PRIN è destinato al finanziamento di progetti di ricerca pubblica, "allo scopo di favorire il rafforzamento delle basi scientifiche nazionali e rendere più efficace la partecipazione alle iniziative relative ai programmi quadro dell’Unione europea". Il programma PRIN finanzia progetti triennali che per complessità e natura possono richiedere la collaborazione di più professori/ricercatori e/o le cui esigenze di finanziamento eccedono la normale disponibilità delle singole istituzioni (art. 1, co.2).

A seguito dell'emergenza sanitaria da COVID-19, il Ministero dell'università e della ricerca ha diffuso un comunicato relativo all'impatto dell'emergenza sull'attuazione dei progetti, con cui sono state previste la sospensione dei termini e la possibilità, a giugno 2020, di fissare nuove scadenze per la conclusione dei medesimi progetti.

 

Per le finalità di cui al comma in esame, è incrementato il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) di cui all’art. 1, co 870, della L. 296/2006, per l'anno 2021 di 250 milioni di euro e per l'anno 2022 di 300 milioni di euro.

 

L'art. 1, co. 870, della L. 296/2006 ha istituito il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nel quale confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), di cui all'art. 5 del d.lgs. 297/1999, del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB), di cui all'art. 104 della L.388/2000, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della L.289/2002.

Il FIRST è allocato sul cap. 7245. In base al D.M. 30 dicembre 2019, recante la ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022, le risorse FIRST per il 2021 sono pari a 87.112.585 euro e, per il 2022, a 87.505.585 euro. Sul cap. 7345 è allocata la quota FIRST per il finanziamento di progetti di cooperazione internazionale, le cui risorse per ciascuno degli anni 2021 e 2022 ammontano a 8.220.456 euro.

Le modalità procedurali di selezione, gestione e controllo dei progetti di ricerca fondamentale ammessi a valere sul FIRST (la cd. ricerca di base) sono disciplinate dal D.M. 594/2016.

 


 

Articolo 238, commi 5 e 9
(Promozione dell’attività di ricerca nelle università)

 

 

L’articolo 238, comma 5, incrementa il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 100 mln per il 2021 ed € 200 mln annui a decorrere dal 2022 al fine di promuovere l’attività di ricerca svolta dalle università e valorizzare il contributo del sistema universitario alla competitività del paese.

Il comma 9 reca le modalità di copertura degli oneri.

 

I criteri di riparto delle risorse fra le università devono essere definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), da adottare entro il 31 luglio dell’anno precedente a quello di riferimento.

A seguito di tale previsione, si intuirebbe che, sulla base dei criteri di riparto definiti annualmente con uno specifico decreto del Ministro, le risorse sarebbero effettivamente assegnate alle università con il decreto annuale di riparto del FFO che, dunque, dovrebbe intervenire successivamente.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR (cap. 1694)[71] dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie.

Da ultimo, per il 2019, il FFO è stato ripartito con DM 738 dell’8 agosto 2019. Tra i criteri di ripartizione vi sono quelli riferiti a quota base, quota premiale, interventi perequativi, specifiche obbligazioni derivanti da previsioni legislative, incentivi per chiamate dirette, prosecuzione del programma per giovani ricercatori Rita Levi Montalcini, borse di studio post-lauream per studenti.

 

Il comma 9 dispone che alla copertura degli oneri recati, fra l’altro, dal comma 5, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 238, comma 6
(Deroga all'obbligo di risparmio di spesa nel settore
informatico in favore di università, istituzioni AFAM,
enti di ricerca e Fondazione IIT)

 

 

L’articolo 238, comma 6, consente alle università, alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli enti pubblici di ricerca e alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT) di ricerca di non applicare, per l'anno 2020, l'art. 1, co. 610, della L. 160/2019 in materia di risparmio di spesa nel settore informatico.

 

L'art. 1, co. 610, della L. 160/2019 dispone che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione - con esclusione degli enti territoriali e delle società da questi partecipate - assicurano, per il triennio 2020-2022, un risparmio di spesa annuale pari al 10 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del settore informatico sostenuta nel biennio 2016-2017. È richiamato (quale possibile modalità di perseguimento di tale risparmio di spesa) il riuso dei sistemi e degli strumenti di ICT (Information and Communications Technology, tecnologie dell'informazione e della comunicazione).

Secondo l'art. 1, co. 2, della L. 196/2009, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), e, comunque, le amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001. L’ISTAT è tenuto, con proprio provvedimento, a pubblicare annualmente (entro il 30 settembre) tale elenco delle amministrazioni pubbliche sulla Gazzetta Ufficiale. Da ultimo è consultabile l’elenco pubblicato il 30 settembre 2019.

In tale elenco sono compresi, tra gli altri, le università, gli enti pubblici di ricerca e la Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT).

Per le indicazioni operative si veda la circolare del 21 aprile 2020, n. 9 della Ragioneria generale dello Stato

 

In virtù della disposizione in commento, le università, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e gli enti pubblici di ricerca non sono soggetti, per l'anno 2020 all'obbligo di assicurare il risparmio di spesa per la gestione del settore informatico di cui al citato art. 1, co. 610 della L. 160/2019. Quest'ultima disposizione non si applica nel 2020, neanche alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia (IIT). Gli enti pubblici di ricerca sono quelli individuati dall'art. 1 del d.lgs. 218/2016[72]. La Fondazione IIT è disciplinata dall'art. 4 del D.L. 269/2003.

La Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è stata istituita dall'art. 4 del D.L. 269/2003 "con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico del Paese e l'alta formazione tecnologica, favorendo così lo sviluppo del sistema produttivo nazionale. A tal fine la Fondazione instaura rapporti con organismi omologhi in Italia e assicura l'apporto di ricercatori italiani e stranieri operanti presso istituti esteri di eccellenza". La Fondazione è posta sotto la vigilanza del Ministero dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze. Lo statuto della Fondazione, concernente anche l'individuazione degli organi dell'Istituto, della composizione e dei compiti, è approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze. Lo statuto vigente è stato adottato D.P.R. 31 luglio 2005.

La relazione illustrativa considera detta deroga particolarmente urgente poiché le nuove esigenze determinate dalla emergenza COVID-19 hanno dimostrato l’impellente necessità che gli enti pubblici di ricerca, proprio per la natura dell’azione da essi svolta, possano godere di una minore rigidità, fermi restando gli obiettivi di risparmio per la finanza pubblica. L'estensione della deroga anche alla Fondazione IIT è motivata" in considerazione dell’attività da essa svolta proprio in occasione dell’emergenza COVID-19, che l’ha vista particolarmente impegnata nelle attività di ricerca applicata alla attuale congiuntura".

 


 

Articolo 238, comma 7
(Ammissione al finanziamento di soggetti inseriti in graduatorie internazionali relative a progetti di ricerca internazionali)

 

 

L’articolo 238, comma 7, consente al Ministero dell'università e della ricerca di ammettere al finanziamento, anche in deroga alle procedure previste, soggetti risultati ammissibili sulla base delle graduatorie adottate in sede internazionale per la realizzazione di progetti internazionali.

 

Gli articoli 60-63 del D.L. 83/2012 (L.134/2012) definiscono gli interventi di competenza del Ministero dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione. Per «ricerca fondamentale», «ricerca industriale» e «sviluppo sperimentale» si intendono le corrispondenti attività definite dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione di cui alla comunicazione della Commissione europea del 2006/C 323/01.

La Commissione europea è intervenuta nuovamente sulla materia con la comunicazione 2014/C 198/01. Con il regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, sono stati individuati gli aiuti di stato compatibili con i Trattati, tra cui anche quelli in materia di ricerca, sviluppo e innovazione. La disciplina contenuta nel regolamento si applica fino al 31 dicembre 2020.

 

Le tipologie di intervento indicate dall'art. 60, co. 4, sono finanziate con le risorse a valere del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST). I soggetti ammissibili (art. 60, co. 3) agli interventi sono le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca, le società composte da professori, ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente dagli enti di ricerca, i dottorandi di ricerca e i titolari di assegni di ricerca anche congiuntamente ad uno o più degli altri soggetti, o qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi o da altri interventi di sostegno su progetto o programma, purché residenti ovvero con stabile organizzazione nel territorio nazionale.

 

In tale quadro, l'art. 62 del D.L. 83/2012 ha demandato a decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'università e della ricerca la definizione di tutti gli aspetti attuativi.

In attuazione è intervenuto dapprima il D.M. 19 febbraio 2013. Successivamente sono intervenuti:

§  il D.M. 593/2016 per quanto riguarda la concessione delle agevolazioni finanziarie. I soggetti ammissibili sono quelli di cui all'art. 60, co. 3, del D.L. 83/2012 sopracitati. La disciplina indicata in questo D.M. si applica:

-     alle modalità di utilizzo e gestione del FIRST con riferimento agli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale e delle connesse attività di formazione del capitale umano;

-     agli interventi di ricerca fondamentale inseriti in accordi e programmi europei e internazionali;

-     agli interventi del Programma operativo nazionale (PON) Ricerca e innovazione 2014-2020 e del Programma nazionale della ricerca (PNR) 2015-2020 ove applicabile;

§  il D.M. 594/2016 inerente disposizioni procedurali per gli interventi diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale, cui ha fatto seguito il D.M. 679/2019 (che si applica ai progetti presentati in risposta a bandi pubblicati a partire dal giorno successivo alla pubblicazione dello stesso D.M. nella Gazzetta Ufficiale, quindi dal 27 ottobre 2019). I soggetti ammissibili, in questo caso, sono le università e le istituzioni universitarie italiane, statali e non statali, comunque denominate, ivi comprese le scuole superiori ad ordinamento speciale, nonché gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR;

§  il  D.M. 999/2017, recante disposizioni per la concessione di finanziamenti interamente esclusi dalle norme in materia di aiuti di Stato, ai sensi della summenzionata comunicazione 2014/C 198/01 della Commissione europea. Sono soggetti ammissibili gli enti pubblici di ricerca di cui al d.lgs. 218/2016, le università statali e le istituzioni universitarie italiane statali, comunque denominate (ivi comprese le scuole superiori ad ordinamento speciale) e, ove consentito dal bando/avviso, altri organismi di ricerca.

 

La disposizione in commento detta una disciplina derogatoria rispetto ai DD.MM. nn. 593 e 594 del 2016 e n. 999 del 2017 per l'ammissione al finanziamento dei soggetti che sono risultati ammissibili in base alle graduatorie internazionali per la realizzazione di progetti internazionali di cui all'art. 18 del D.M. 593/2016, fino alla revisione dei predetti decreti di natura regolamentare di cui all'art. 62 del D.L. 83/2012.

In base al D.M. 593/2020, la vigenza del regime di aiuti di Stato alla ricerca, sviluppo ed innovazione in esso disciplinato è fissata infatti al 31 dicembre 2020, in linea con i tempi di applicazione del sopracitato regolamento (UE) n. 651/2014.

In tal modo, come riferisce la relazione illustrativa, sarà possibile anticipare la fase dell’ammissione al finanziamento in un momento antecedente alla nomina degli esperti tecnico-scientifici chiamati ad effettuare la valutazione dei progetti.

 

Gli artt. 11 e 12 del D.M. 593/2016 stabiliscono che la valutazione dei progetti è effettuata da esperti tecnico-scientifici, anche internazionali, nominati dal Ministero e individuati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR) nell'ambito di un apposito elenco ministeriale e dell'albo di esperti gestito dalla Commissione europea. Sui progetti valutati positivamente dagli esperti tecnico-scientifici, viene svolta una valutazione economico-finanziaria da parte di esperti individuati ai sensi della vigente normativa in materia di appalti pubblici di servizi oppure di esperti di settore nell'ambito di un apposito elenco ministeriale e dell'albo di esperti della Commissione europea. Sulla base degli esiti delle valutazioni, il Ministero adotta e comunica i motivati provvedimenti conseguenti.

 

In base all'art. 3 del D.M. 594/2016, la valutazione e selezione dei progetti di ricerca fondamentale si articola in precise fasi:

a)    definizione, da parte del CNGR, dei criteri di valutazione dei progetti;

b)   individuazione, da parte del CNGR, dei nominativi degli esperti chiamati a far parte dei Comitati di Selezione (CdS), successivamente nominati con apposito decreto ministeriale;

c)    individuazione, per ogni progetto, da parte del competente CdS, di tre esperti esterni, scelti, mediante procedura telematica in grado di garantirne l'anonimato, dall'albo di esperti scientifici del MIUR nel rispetto del criterio della competenza scientifica;

d)   individuazione, per ogni progetto, da parte del competente CdS, di un esperto cui viene affidato il compito di redigere un rapporto di valutazione (Evaluation Summary Report - ESR) provvisorio, riportante un giudizio qualitativo e un punteggio numerico, sul quale dovrà essere acquisito il consenso degli altri esperti;

e)    a seguito di consenso degli altri esperti, l'ESR provvisorio diviene automaticamente definitivo; in caso di mancato raggiungimento del consenso spetta al CdS, collegialmente, la stesura dell'ESR definitivo, tenendo conto del parere di tutti gli esperti da esso stesso incaricati;

f)    acquisiti tutti gli ESR definitivi, il CdS competente redige la graduatoria dei progetti, e analizza il budget richiesto da ogni progetto, determinandone, nel rispetto delle regole stabilite nei singoli bandi, il costo congruo ed il relativo finanziamento;

g)   con proprio decreto, nel rispetto della graduatoria stilata dal competente CdS ed entro 30 giorni dal completamento delle procedure di valutazione e selezione, il MUR ammette a finanziamento i progetti fino all'esaurimento delle risorse disponibili;

h)   nei successivi 60 giorni, il MIUR eroga i relativi contributi, nella misura e con le modalità stabilite dal decreto di ammissione a finanziamento.

 

Secondo l'art. 6 del D.M. 999/2017, la Commissione di valutazione delle proposte progettuali (CDV), nominata dal Ministero, individua per ciascuna proposta un gruppo istruttorio (GI) formato da un numero fino a tre di esperti tecnico - scientifici (ETS), di cui uno con funzioni di relatore, e un esperto economico - finanziario (EEF). Gli ETS, italiani o stranieri, sono individuati dalla Commissione e nominati dal Ministero, nell'ambito di un apposito elenco ministeriale o dell'albo di esperti gestito dalla Commissione europea, mentre l'EEF può essere individuato ai sensi della vigente normativa in materia di appalti pubblici di servizi o mediante convenzioni in corso oppure nell'ambito di un apposito elenco ministeriale o dell'albo di esperti della Commissione europea. Viene quindi redatto dal relatore il Rapporto di Valutazione provvisorio che può diventare definitivo, a seguito del quale si esprime l'EEF. La Commissione redige la graduatoria dei progetti. Con proprio decreto di concessione, nel rispetto della graduatoria stilata dalla Commissione di Valutazione, il Ministero ammette a finanziamento i progetti in ragione delle risorse disponibili.

 

In base all'art. 18 del D.M. 593/2016, le modalità di partecipazione, valutazione e selezione dei progetti internazionali sono stabilite nei bandi/avvisi europei o negli accordi bilaterali o multilaterali, che a quest'ultimi afferiscono. Nel caso in cui la valutazione e la selezione dei progetti siano effettuate direttamente in sede europea, il Ministero prende atto dei risultati delle valutazioni effettuate e delle graduatorie adottate in tale sede e dispone il relativo finanziamento dei soli soggetti eleggibili.

In tutti gli altri casi, il Ministero adotta per i progetti internazionali le procedure di cui D.M. stesso, tenendo conto della tipologia della ricerca, fondamentale, industriale o sperimentale e delle relative norme stabilite nel presente decreto.

Per i progetti internazionali, i costi ammissibili decorrono dalla data di avvio del progetto internazionale. Le intensità di aiuto previste per i progetti internazionali vengono stabilite nei bandi/avvisi internazionali e/o in appositi bandi/avvisi nazionali integrativi, nel rispetto di valori massimi distinti per soggetto (se si tratta di imprese o enti di ricerca privati, oppure università e enti pubblici di ricerca) e per tipologia di ricerca (ricerca fondamentale, industriale sviluppo sperimentale).

Le procedure operative per il finanziamento dei progetti internazionali ex art. 18 del D.M. 593/2016 sono indicate nel D.M. 15 marzo 2018.

 

 


 

Articolo 238-bis
(Percorsi formativi a sostegno dell’industria della Difesa)

 

 

Il nuovo articolo 238- bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente,   reca disposizioni concernenti il Centro alti studi per la difesa (CASD) che viene riconfigurato, in via sperimentale, quale Scuola superiore ad ordinamento speciale della Difesa, di alta qualificazione e di ricerca nel campo delle scienze della difesa e della sicurezza.

Si prevede, quindi, l’istituzione di un apposito Comitato ordinatore che dovrà redigere il Piano dell’offerta formativa della Scuola e si stabiliscono i requisiti per il riconoscimento, al termine del periodo di sperimentazione, dell’autonomia statutaria e regolamentare della Scuola.

 

Nello specifico, il comma 1 consente al Centro alti studi della Difesa (CASD), in via sperimentale per  un  triennio,  di riconfigurarsi ed  operare quale Scuola  ad  ordinamento  speciale della Difesa, con l’obiettivo di valorizzare e integrare il sistema  della formazione universitaria, post universitaria e della  ricerca a sostegno del rilancio e di un più armonico sviluppo dei settori produttivi strategici dell’industria nazionale (comma 1).

 

In relazione alla formulazione del comma 1 si segnala che il CASD è definito come Centro alti studi per la difesa, mentre la definizione contenuta nell'articolo 276 del DP.R. n. 90  del 2010 (cfr. infra) è Centro alti studi della Difesa.

 

 

 Si ricorda che l’articolo 276 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (D.P.R. n. 90 del 2010) individua, nell’ambito degli enti e istituti di istruzione interforze, il Centro alti studi della difesa (CASD), che comprende, attualmente, l'Istituto superiore di stato maggiore interforze (ISSMI), l’Istituto alti studi della difesa (IASD), il Centro militare di studi strategici (CeMiSS), ed il Centro per la formazione logistica interforze (Ce.FLI).

Da un punto di vista organizzativo il CASD è strutturato in una Presidenza, in uno Stato Maggiore e nei richiamati Istituti e Centri, ciascuno dei quali dotato di una propria direzione. A sua volta il Presidente dipende direttamente dal Capo di Stato Maggiore della Difesa ed è assistito da un Consiglio Direttivo, da lui stesso presieduto e composto dai condirettori dello IASD, dai direttori dell'ISSMI, del CeMiSS e del Ce.FLI e dal Capo di SM con funzioni di segretario. Il Consiglio Direttivo esamina ed esprime pareri sui programmi di studio dello IASD e dell’ISSMI, sulle attività delle sessioni e dei corsi di studio, sul sistema di valutazione degli Ufficiali frequentatori e su tutti gli aspetti organizzativi e funzionali del Centro.

Attualmente, lo IASD si occupa di alta formazione rivolta alla dirigenza militare e civile - non disciplinata dal codice dell’ordinamento militare, ma approvata annualmente dal Capo di stato maggiore della difesa - mediante sessioni di studio, seminari e tavole rotonde incentrati sull’analisi di problematiche inerenti la difesa, la sicurezza, le relazioni internazionali e, più in generale, le politiche economiche e industriali a livello globale. Alla sessione di studio IASD è, inoltre, associato, il master universitario di II livello in "Strategia globale e sicurezza", organizzato e gestito nell'ambito di una convenzione stipulata tra lo IASD ed una Università italiana. Alle attività formative IASD possono essere ammessi frequentatori stranieri. L'entità numerica e le nazionalità sono quelle stabilite dallo Stato Maggiore della Difesa.

L’ISSMI cura lo svolgimento del corso superiore di stato maggiore interforze (a cui si può accedere solo dopo il superamento dei corsi di stato maggiore di Forza armata), inteso a far acquisire agli ufficiali la capacità di contribuire alla concezione, pianificazione e conduzione di attività militari interforze e di Forza armata in ambito nazionale e internazionale e la capacità necessaria per l’eventuale esercizio di funzioni dirigenziali (artt. 751-753 del codice dell’ordinamento militare). Alla sessione di studio ISSMI  è, inoltre, associato, il master universitario di I livello in «Studi internazionali strategico-militari», organizzato e gestito nell'ambito di una convenzione stipulata tra lo IASD ed una Università italiana.

Il CeMiSS svolge attività di studio e ricerca nelle materie di interesse strategico-politico-militare, secondo gli indirizzi definiti da un Comitato scientifico presieduto dal Ministro della difesa e composto dai Capi di stato maggiore della difesa e di Forza armata, dal Comandante generale dell’Arma dei carabinieri, dai Segretari generali dei Ministeri della difesa e degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Presidente del CASD e da eventuali esperti nominati dal Ministro.

A sua volta il Ce.FLI opera prioritariamente nel campo della formazione avanzata in materia di  logistica. In relazione a tale ambito di interesse il Ce.FLI sovrintende all'organizzazione e allo svolgimento di una serie di iniziative a carattere interforze (compresa l’arma dei Carabinieri) volte ad assicurare l’aggiornamento costante degli sviluppi dottrinali e normativi in materia di logistica interforze. Nell’ambito delle iniziative di studio e aggiornamento svolte sia presso la sede del Ce.FLI, sia presso la sede del CASD  è prevista la possibilità che i frequentatori dei corsi Ce.FLI partecipino ad un master universitario di II livello della durata di un anno accademico tenuto da istituti universitari nazionali.

 

In relazione al Centro alti Studi della Difesa, si segnala che la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura la proposta di legge A.C. 1012 che prevede l'avvio, presso il CASD, di un progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi volontari in ambito militare per i cittadini di età compresa tra diciotto e ventidue anni. Il provvedimento è attualmente all'esame del Senato.

Ai sensi del successivo comma 2, la Scuola è autorizzata ad emanare bandi annuali per corsi triennali, prorogabili a quattro anni, di dottorato di ricerca in scienze della difesa e della sicurezza, per un numero massimo di otto candidati, fino al raggiungimento,  a regime,  di un numero di frequentatori non superiore a trentadue unità.

A tal fine la Scuola dovrà procedere al necessario  accreditamento secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n. 8 febbraio 2013, n. 45 con possibilità di deroga a quanto prescritto dall’articolo 4, comma 1 lettera a).

Il richiamato decreto reca le modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e i criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati.  Ai sensi dall’articolo 4, comma 1 lettera a) è requisito necessario per l'accreditamento dei corsi e delle sedi di dottorato la presenza di un collegio del dottorato composto da almeno sedici docenti, di cui non più di un quarto ricercatori, appartenenti ai macrosettori coerenti con gli obiettivi formativi del corso. Nel caso di dottorati attivati da consorzi di cui all'articolo 2, comma 2, lettera d), il collegio può essere formato fino a un quarto da soggetti appartenenti ai ruoli di dirigenti di ricerca, primi ricercatori e ricercatori degli enti di ricerca, o posizioni equivalenti negli enti stranieri. Nel caso di dottorati attivati dalle istituzioni di cui all'art. 2, comma 2, lettera b), il collegio deve in ogni caso essere formato in maggioranza da professori universitari a seguito di specifica convenzione stipulata tra l'istituzione e l'università di appartenenza del professore. Ai fini del rispetto del requisito di cui alla presente lettera ciascun soggetto può essere conteggiato una sola volta su base nazionale.

Un apposito comitato ordinatore, composto da due membri designati dal Ministro della difesa e da tre esperti di elevata professionalità scelti dal Ministro dell’università e della ricerca, dovrà:

1.      definire il Piano dell’offerta formativa della Scuola;

2.      curare l’attuazione del piano;

3.      coordinare tutte le attività discendenti;

4.      formulare le proposte e i pareri, prescritti dalla normativa vigente, in materia di didattica, di ricerca e di servizi agli studenti. 

Il comma 4 esclude il riconoscimento di qualsiasi tipo di emolumento, ovvero indennità o gettoni di presenza nei confronti dei componenti del richiamato comitato.

Al termine del periodo di sperimentazione, è  prevista la  possibilità che il CASD acquisisca stabilmente  la connotazione di Scuola superiore a ordinamento speciale, con conseguente riconoscimento di autonomia statutaria e regolamentare.

Tale riconoscimento avrà luogo con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, adottato di concerto con i Ministri della difesa e della Pubblica amministrazione, e previa valutazione positiva dell’ANVUR (comma 5). Con il medesimo decreto saranno, inoltre, individuate le modalità per l’approvazione dello statuto e dei regolamenti interni della Scuola.

L'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca  è un ente pubblico, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR). L'Anvur valuta la qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione e ricerca, compreso il trasferimento tecnologico, delle università e degli enti di ricerca vigilati dal Miur. Per ciò che riguarda la ricerca, l’Anvur valuta la qualità dei risultati e dei prodotti la capacità di attrarre finanziamenti esterni e di stimolare collaborazioni tra ricercatori. Definisce, inoltre, i criteri e le metodologie per valutare le strutture degli enti di ricerca e indirizza le attività di valutazione svolte dai nuclei di valutazione interna dei centri di ricerca. Redige, infine, un rapporto biennale sullo stato del sistema della ricerca. Per un approfondimento si veda qui.

In relazione a quanto previsto dall’articolo in esame:

1.    si prevede l’incremento delle dotazioni organiche del personale civile della Difesa di quattro unità di personale di cui due professori ordinari e due professori associati, da assumere nei limii delle ordinarie facoltà assunzionali e nell’ambito del piano triennale dei fabbisogni del personale (comma 6);

2.    si prevede che le spese per il funzionamento e per le attività della scuola restino a carico del bilancio ordinario della difesa, comprese quelle relative al personale docente, ricercatore e non docente (comma 7);

3.    si autorizza la spesa di euro 587.164,00 per l’anno 2021, di euro 694.112,00 per l’anno 2022 e di euro 908.007,00 per l’anno 2023 a valore sulle risorse del fondo per l’efficienza dello strumento militare di cui all’articolo 616 del decreto legislativo n. 66 del 2010.

 


 

Capo X -  Misure per l'innovazione tecnologica

Articolo 239
(Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale)

 

 

L'articolo 239 istituisce un Fondo per l'innovazione tecnologica e digitale, con una dotazione di 50 milioni per il 2020.

 

È istituito - nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - un Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.

Destinati gli sono 50 milioni per il 2020.

 

Tali risorse sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del consiglio dei ministri, per essere assegnate al Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che provvede alla gestione.

 

Il Fondo è destinato alla copertura delle spese per interventi, acquisti e misure di sostegno a favore di:

§  una "strategia di condivisione e utilizzo del patrimonio informativo pubblico" a fini istituzionali;

§  la diffusione dell’identità digitale, del domicilio digitale e delle firme elettroniche;

§  la realizzazione ed erogazione di servizi in rete, dell'accesso ai servizi in rete tramite le piattaforme abilitanti previste da disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), recate dai seguenti articoli: 5 (sistema di pagamento elettronico, attraverso un sistema pubblico di connettività che assicuri una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati), 62 (Anagrafe nazionale della popolazione residente), 64 (sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni), e 64-bis (accesso telematico ai servizi della pubblica amministrazione), nonché per i servizi e le attività di assistenza tecnico-amministrativa necessarie.

 

Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, sono individuati gli interventi cui siano destinate le risorse del Fondo, tenendo conto degli aspetti correlati alla sicurezza cibernetica.

Alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo - si è ricordato, pari a 50 milioni per il 2020 - si provvede secondo le modalità profilate dall'articolo 265 (v. infra).


 

Articolo 240
(Istituzione di una direzione generale per la tutela informatica

entro il Ministero dell'interno)

 

 

L'articolo 240 istituisce entro il Ministero dell'interno una direzione generale preposta allo sviluppo della sicurezza telematica.

 

La nuova istituita direzione generale per lo sviluppo della prevenzione e tutela informatiche è collocata entro il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno (ossia il dipartimento preposto all'attuazione della politica dell'ordine e della sicurezza pubblica, al coordinamento tecnico-operativo delle forze di polizia, alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato, alla direzione e gestione dei supporti tecnici, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 121 del 1981, la quale reca l'ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).

A tale direzione generale sono attribuiti:

§  lo sviluppo della prevenzione e tutela informatica e cibernetica (quale struttura per la sicurezza e per la regolarità dei servizi di telecomunicazione, preposta ad assicurare i servizi di protezione informatica ed i servizi di protezione informatica delle infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale individuate con decreto del Ministro dell'interno, operando mediante collegamenti telematici definiti con apposite convenzioni con i responsabili delle strutture interessate - secondo prevede l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 155 del 2005);

§  lo sviluppo delle attività attribuite al Ministero dell'interno in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica (istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 133 del 2019, al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati aventi una sede nel territorio nazionale, da cui dipenda l'esercizio di una funzione essenziale dello Stato ovvero la prestazione di un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato e dal cui malfunzionamento, interruzione, anche parziali, ovvero utilizzo improprio, possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale);

§  l'unità di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dalla polizia postale e delle comunicazioni, specialità della Polizia di Stato - e degli altri compiti che costituiscano il completamento di supporto alle attività investigative.

Il numero di direzioni generali (ed uffici equiparati) in cui si articola il Dipartimento di pubblica sicurezza è conseguentemente incrementato di una unità.

Alla nuova direzione generale è preposto un dirigente generale della Polizia di Stato, del ruolo ordinario della carriera dei funzionari espletanti funzioni di polizia.

Rimane immodificato il numero complessivo dei posti dirigenziali generali di pubblica sicurezza (32 unità, secondo la determinazione recata dal d.P.R. n. 335 del 1982 - il quale reca l'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia - alla Tabella A).

Con regolamento 'delegato' si provvede ad adeguare il regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale del Ministero dell'interno (è il d.P.C.m. 11 giugno 2019, n. 78).

 

Si ricorda a questo riguardo che l'articolo 4 del decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4 bis, della legge n. 400 del 1988.

 

È posta una clausola di invarianza di oneri finanziari, entro le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il Dipartimento di pubblica sicurezza è attualmente organizzato in: Segreteria; Ufficio per l'amministrazione generale del Dipartimento; Ufficio per la pianificazione ed il coordinamento delle Forze di polizia; Ufficio centrale ispettivo; Direzione centrale per gli affari generali della Polizia di Stato; Direzione centrale della Polizia criminale; Direzione centrale Anticrimine della Polizia di Stato;  Direzione centrale della Polizia di prevenzione; Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato; Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere; Direzione centrale per i servizi antidroga; Direzione centrale per le risorse umane; Direzione centrale per gli istituti di istruzione; Direzione centrale per la sanità; Direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e della gestione patrimoniale; Direzione centrale per i servizi di ragioneria; Direzione investigativa antimafia; Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale; Scuola di perfezionamento per le Forze di polizia; Scuola superiore di polizia.


 

Capo XI -  Coesione territoriale

Articolo 241
(Utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione
per il contrasto all'emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 241 autorizza per gli anni 2020 e 2021, a partire dal 1° febbraio 2020, l’utilizzo in via eccezionale delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rinvenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 per qualsiasi tipologia di intervento connesso a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19.

 

In particolare, l’articolo dispone che, a decorrere dal 1° febbraio 2020 e per gli anni 2020 e 2021, le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), rivenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020, possono essere in via eccezionale destinate ad ogni tipologia di intervento a carattere nazionale, regionale o locale connessa a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, in coerenza con la riprogrammazione che, per le stesse finalità, le amministrazioni nazionali, regionali o locali operano nell'ambito dei Programmi operativi dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE) ai sensi del Regolamento (UE) 2020/460[73] del 30 marzo 2020 e del Regolamento (UE) 2020/558[74] del 23 aprile 2020.

Nel corso dell’esame in V Commissione è stato specificato che la riprogrammazione è definita nel rispetto del vincolo di destinazione territoriale di ripartizione delle risorse, pari all’80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e al 20% nelle aree del Centro-Nord (ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della legge n.147 del 2013).

 

Con l’espressione “risorse rivenienti” sembrerebbe intendersi le risorse del FSC, relative ai cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020, che rientrano nelle disponibilità per effetto delle attività di verifica, con conseguente eventuale revoca e riprogrammazione delle stesse, nonché quelle di recente autorizzazione che devono ancora essere assegnate.

 

La norma, in sostanza, si propone di rendere l’ambito di intervento del Fondo per lo sviluppo e la coesione coerente con le finalità e gli ambiti di intervento dei Fondi SIE, come ridefiniti a seguito delle importanti e recenti modifiche apportate dai citati regolamenti europei, consentendo dunque la possibilità di destinare anche le risorse del Fondo sviluppo e coesione, al pari delle risorse dei Fondi SIE, a misure per a fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente al Covid-19.

 

Il 2 aprile 2020 la Commissione europea ha lanciato l'Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus Plus (CRII+) nell'ambito della quale, oltre allo Strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) e a misure per utilizzare le risorse del Fondo di aiuti europei agli indigenti e di sostegno nel settore della pesca e dell'acquacoltura, ha proposto una maggiore flessibilità nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei (proposta di regolamento COM(2020)138) per mobilitare tutto il sostegno finanziario a titolo dei fondi della politica di coesione al fine di affrontare gli effetti negativi gravi che la crisi sanitaria ha sulle economie e sulle società dell'UE.

Con il Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2020, sono stati modificati i Regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013, al fine di introdurre una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19. In particolare, è stato introdotto l’art. 25-bis al Regolamento (UE) n. 1303/2013, che consente di: offrire agli stati membri la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% ai programmi della politica di coesione applicabile a tutte le spese dell'anno contabile compreso fra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2021; generare ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni; esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi; rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus; consentire al Fondo europeo di sviluppo regionale di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 

Con il Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020, che modifica alcune norme applicabili ai Fondi strutturali e di investimenti europei, sono state introdotte alcune misure specifiche per mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all'epidemia di COVID-19.

Il FESR potrà sostenere il finanziamento del capitale circolante delle PMI ove necessario come misura temporanea, al fine di rispondere in modo efficace alla crisi sanitaria pubblica; inoltre, al fine di rispondere all'impatto della crisi sanitaria pubblica, la priorità d'investimento del FESR volta a rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione comprenderà gli investimenti in prodotti e servizi necessari a promuovere le capacità di risposta alle crisi dei servizi sanitari, mentre il FEAMP potrà sostenere i fondi di mutualizzazione e le assicurazioni degli stock per salvaguardare il reddito dei pescatori e degli acquacoltori. Gli Stati membri disporranno, altresì, di una maggiore flessibilità per effettuare trasferimenti tra i programmi della politica di coesione.

Gli Stati membri avranno accesso a 37 miliardi di euro di fondi di coesione per rafforzare i sistemi sanitari e sostenere piccole e medie imprese, regimi di lavoro a breve termine e servizi di prossimità: circa 8 miliardi proverranno dai prefinanziamenti ricevuti dagli Stati membri ma non spesi nel 2019; anziché riversarli nel bilancio dell'UE, gli Stati membri potranno spenderli per attenuare le conseguenze della pandemia; circa 29 miliardi saranno erogati in anticipo a titolo di dotazioni dovute in una fase successiva dell'anno.

 

Al fine di accelerare e semplificare la riprogrammazione delle risorse del FSC, in attesa che - entro e non oltre il 31 luglio 2020 – siano sottoposti all’approvazione del CIPE, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, i “Piani di sviluppo e coesione” di ciascuna amministrazione definiti ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34/2019 (decreto crescita), la Cabina di regia[75] viene autorizzata a procedere all’approvazione di tali riprogrammazioni, secondo le regole e le modalità previste per il ciclo di programmazione 2014-2020[76]. Di tali riprogrammazioni viene data opposita informativa al CIPE da parte dell’Autorità politica delegata per le politiche di gestione (ossia il Ministro per il Sud e la coesione territoriale) e, a seguito della modifica introdotta nel corso dell’esame in V Commissione, alle commissioni parlamentari competenti.

In sostanza, la norma in esame attribuisce alla Cabina di regia (e non al CIPE) il compito di procedere alle riprogrammazioni delle risorse del FSC da destinare anche agli interventi per fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, attraverso l’Autorità politica delegata per le politiche di gestione, che ne dà opportuna comunicazione al CIPE. Ciò avviene nelle more di sottoposizione all’approvazione in CIPE dei Piani di sviluppo e coesione, di cui all’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, come definiti dall’Agenzia per la coesione, da parte del Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Il termine entro cui tali Piani di sviluppo e coesione dovranno essere approvati dal CIPE viene ora fissato dall’articolo in esame entro e non oltre il 31 luglio 2020 (termine che, si rammenta, era fissato dall’articolo 44 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. medesimo, vale a dire al 31 agosto2019).

 

L’articolo 44 del D.L. 34/2019 (da ultimo, modificato dall’art. 1, co. 309, della legge di bilancio 2020) prevede una riclassificazione degli attuali documenti di programmazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relativi ai vari cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), effettuata dall’Agenzia per la coesione, sentite le amministrazioni interessate, finalizzata alla predisposizione di unico Piano operativo denominato «Piano sviluppo e coesione» per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse del Fondo, in sostituzione degli attuali molteplici documenti programmatori, al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, nonché una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo. A tal fine, l’articolo prevede che l’Agenzia per la coesione territoriale proceda alla predisposizione di un Piano sviluppo e coesione per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), restando il vincolo di destinazione territoriale delle risorse secondo la chiave di riparto 80% alle aree del Mezzogiorno e 20% alle aree del Centro-Nord, che dovrà essere approvato dal CIPE entro 4 mesi dall’entrata in vigore del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (30 agosto 2019).

 

La disposizione ha, infine, una ulteriore funzione semplificatoria, in quanto consente, per le riprogrammazioni delle risorse ancora disponibili dei precedenti cicli di programmazione 2000-2006 e 2007-2013, di utilizzare le regole e le modalità di riprogrammazione previste per il ciclo 2014-2020 (e non quelle a tal fine definite differentemente da ciascun ciclo di programmazione).

 

 


 

Articolo 242
(Contributo dei Fondi strutturali europei al contrasto dell’emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 242 autorizza le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020, attuativi dei fondi strutturali europei, a richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo decorrente dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia Covid-19, così come previsto dal Regolamento (UE) 2020/558 del 23 aprile 2020.

 

Il comma 1 prevede che, in attuazione di quanto stabilito dal Regolamento (UE) 2020/558 del 23 aprile 2020, le Autorità di Gestione di Programmi Operativi 2014-2020 dei fondi strutturali europei possono richiedere l’applicazione del tasso di cofinanziamento fino al 100 per cento a carico dei Fondi UE, per le spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 destinate a contrastare e mitigare gli effetti sanitari, economici e sociali generati dall’epidemia Covid-19, anche a valere sulle spese emergenziali anticipate a carico dello Stato.

 

Il Regolamento (UE) 2020/558[77] del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 ha modificato i Regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013, introducendo una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19, per mobilitare tutto il sostegno finanziario a titolo dei fondi della politica di coesione al fine di affrontare gli effetti negativi gravi che la crisi sanitaria ha sulle economie e sulle società dell'UE. In particolare, è stato introdotto l’art. 25-bis al Regolamento (UE) n. 1303/2013, il quale, in deroga all'articolo 60, paragrafo 1, e all'articolo 120, paragrafo 3, primo e quarto comma del Regolamento (UE) n. 1303/2013, recante le disposizioni comuni sui fondi europei, offre agli Stati membri la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% alle spese dichiarate nelle domande di pagamento nel periodo contabile dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021, per uno o più assi prioritari di un programma sostenuto dal FESR, dal FSE o dal Fondo di coesione.

Il Regolamento consente, altresì, ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni; di esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi; di rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus; di permettere al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 

Trattandosi di spese esclusivamente a carico della UE per il periodo dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021 (100 per cento di cofinanziamento), le risorse erogate dall’Unione europea a rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali sono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi, assicurando così la salvaguardia delle finalità proprie della politica di coesione (comma 2).

Ai Programmi operativi complementari sono altresì destinate le risorse di cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di Rotazione IGRUE[78], che si sono “liberate” per effetto dell’integrazione fino al 100% del tasso di cofinanziamento UE dei Programmi Operativi, di cui al comma 1 (comma 3).

I Programmi operativi complementari (POC), si ricorda, sono programmi finanziati con le disponibilità del Fondo di rotazione[79] resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto programmato ai sensi del Reg. UE n. 1303/2013 (50% per i POR e 45% per i PON), che vengono pertanto trasferite al di fuori dei programmi operativi stessi, a favore di interventi definiti, appunto, complementari rispetto alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Si tratta, attualmente di 16 POC, di cui 11 nazionali a titolarità delle Amministrazioni centrali e 5 regionali.

 

Come sottolineato nella Relazione illustrativa, la riprogrammazione dei Programmi dei Fondi strutturali 2014-2020 di cui all’articolo in esame allo scopo di rendicontare e certificare le spese per l’emergenza Covid-19 utilizzando al tasso di cofinanziamento UE al 100%, è, in sostanza, finalizzata a liberare spazi e risorse e, dunque, a consentire, con le risorse rivenienti dal bilancio comunitario, la prosecuzione degli investimenti pubblici con finalità proprie della politica di coesione previsti da ciascun programma operativo, con particolare riguardo a quelli relativi alle regioni meridionali.

In sostanza, con le disposizioni in esame, le spese per il contrasto dell’emergenza Covid-19 rientrano nei Programmi Operativi dei fondi strutturali e pertanto dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021 sono rendicontate al tasso di cofinanziamento UE al 100% e, dunque, riassegnate alle stesse Amministrazioni nell’ambito dei POC. Per gli importi, ancora non spesi, relativi agli interventi con finalità proprie della politica di coesione, originariamente previsti nei Programmi Operativi nell’ambito dei Fondi Strutturali, essi vengono comunque garantiti mediante l’integrazione ovvero la costituzione di Programmi Operativi Complementari (POC), la cui copertura è assicurata con le risorse del cofinanziamento nazionale già stanziate e liberate con l’incremento del tasso di cofinanziamento UE al 100%, nonché dalle ulteriori risorse rivenienti dal bilancio comunitario.

In tal modo, i programmi dei Fondi strutturali possono contribuire alle spese per l’emergenza, originariamente non previste, mentre i Programmi Complementari consentono di salvaguardare il volume complessivo degli investimenti della politica di coesione nel rispetto della destinazione territoriale delle risorse.

 

Il comma 4 definisce una procedura contabile transitoria, che consente alle Amministrazioni, nelle more della riassegnazione delle risorse conseguenti al rimborso da parte dell’Unione europea, di proseguire negli impegni già assunti su interventi originariamente finanziati sui fondi strutturali europei sostituiti da quelli emergenziali, attraverso riprogrammazioni del Fondo Sviluppo e Coesione ovvero mediante nuove assegnazioni a valere sul FSC, da reintegrare con il meccanismo dei commi 4 e 5.

In particolare, il comma 4 prevede che, in attesa della riassegnazione delle risorse conseguenti al rimborso da parte dell’Unione europea (come definito al comma 2), le Autorità di gestione dei Programmi dei fondi strutturali europei possono assicurare gli impegni già assunti relativi agli interventi poi sostituiti da quelli emergenziali di cui al comma 1, attraverso la riprogrammazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) assegnate alle Amministrazioni di riferimento, che non soddisfino i requisiti previsti dall’articolo 44, comma 7, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (vale a dire, riferite ad interventi non dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata).

In merito, si ricorda che l’articolo 44 del D.L. n. 34/2019, con l’obiettivo di promuovere il coordinamento di tutti gli strumenti programmatori attualmente esistenti con cui è proceduto alla programmazione delle risorse del FSC, nell’arco dei tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020), prevede la predisposizione da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale di un “Piano Sviluppo Coesione” per ciascuna Amministrazione titolare di risorse, articolato per aree tematiche, in analogia agli obiettivi tematici della programmazione dei Fondo Strutturali Europei (SIE), che dovrà essere approvato dal CIPE. In particolare il comma 7 indica le tipologie di interventi che possono rientrare nel Piano Sviluppo Coesione di competenza di ciascuna amministrazione: si tratta sostanzialmente degli interventi dotati di progettazione esecutiva o con procedura di aggiudicazione avviata, che siano individuati sulla base dei dati di monitoraggio presenti, alla data del 31 dicembre 2019, nel sistema di monitoraggio unitario.

In pratica, le disponibilità di cassa per assicurare gli impegni già assunti sono garantite dal FSC attraverso l’utilizzo di quelle risorse che non soddisfano i requisiti per essere inserite nei “Piani sviluppo coesione”, ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019, e che pertanto vengono anticipate ai programmi operativi dei fondi strutturali.

Al fine di accelerare e semplificare le suddette riprogrammazioni, il comma 4 ribadisce qui la procedura peraltro già delineata, in via generale, al precedente articolo 241 sulle riprogrammazioni del FSC stesso, la quale prevede che - in attesa della sottoposizione dei Piani di sviluppo e coesione (definiti per ciascuna amministrazione ai sensi del citato articolo 44 del D.L. n. 34/2019) all’approvazione del CIPE, fissata entro e non oltre il 31 luglio 2020 – sia la Cabina di regia[80] a provvedere alle riprogrammazioni delle risorse FSC rinvenienti dai tre cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 (non rientranti nei requisiti dell’articolo 44, comma 7, del D.L. n. 34/2019), secondo le regole e le modalità previste per le riprogrammazioni per il ciclo di programmazione 2014-2020[81] (più snelle rispetto a quelle a suo tempo definite per i cicli di programmazione precedenti). Di tali riprogrammazioni viene fornita apposita informativa al CIPE da parte dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione (il Ministro per il Sud e la coesione territoriale).

Un’altra possibilità di attingere provvisoriamente alle risorse FSC è contemplata dall’ultimo periodo del comma 4, per le Amministrazioni titolari di programmi dei fondi strutturali europei 2014-2020 per le quali non fossero previste assegnazioni oggetto della verifica ai sensi dell’articolo 44 del D.L. n. 34 del 2019 (vale a dire, assegnazioni riferite ad interventi non dotati di progettazione esecutiva, o con procedura di aggiudicazione avviata, che potrebbero cioè essere utili per la riprogrammazione), ovvero nel caso in cui le risorse rinvenienti dalla riprogrammazione del FSC non dovessero risultare sufficienti. In tali casi, è possibile procedere attraverso l’assegnazione, con apposite delibere CIPE, delle necessarie risorse a valere e nei limiti delle disponibilità del FSC, nel rispetto degli attuali vincoli di destinazione territoriale: in questo caso si tratta di risorse FSC 2014-2020 ancora da assegnare.

 

Il comma 5 disciplina il reintegro delle risorse del FSC, prevedendo che le risorse anticipate contabilmente ai sensi del comma 4 vengono nuovamente trasferite al FSC 2014-2020 nel momento in cui sono rese disponibili nei Programmi Complementari le risorse erogate dall’Unione europea a rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali ai sensi del comma 2.

Il comma 6 prevede che il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale procede alla definizione di appositi accordi con le Amministrazioni titolari dei programmi dei fondi strutturali europei, anche ai fini della ricognizione delle risorse attribuite ai Programmi Operativi Complementari e propone al CIPE, ove necessario, le delibere da adottare per la definitiva ricognizione delle suddette risorse.

 

Il comma 7, infine, fissa al 31 dicembre 2025 la data di scadenza dei Programmi Operativi Complementari (POC) relativi al ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020.

Si ricorda, al riguardo, che la delibera CIPE n. 10 del 2015 (recante la definizione dei criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020 e per la programmazione degli interventi complementari) prevede che le Amministrazioni titolari dei programmi assicurano la rilevazione periodica dei dati di avanzamento a livello di singola operazione, alimentando regolarmente il sistema unico di monitoraggio della Ragioneria generale dello Stato (RGS)-IGRUE. La delibera stabilisce altresì che i programmi complementari dovranno comunque concludere la propria attuazione “entro la data già prevista dai Regolamenti per la conclusione dei programmi comunitari del ciclo 2014-2020”, che si ricorda, adottano la regola dell’n+3.

Il termine al 31 dicembre 2025, indicato al comma in esame si allinea, peraltro, a quello riguardante il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, indicato al punto 2.1. della delibera CIPE n. 26 del 28 febbraio 2018, che ha esteso all’anno 2025 il limite temporale dell’articolazione finanziaria delle programmazioni del FSC 2014-2020, precedentemente fissato all’anno 2023.

 


 

Articolo 243, comma 1, capoversi 65-quinquies e 65 sexies
(Incremento del Fondo di sostegno alle attività economiche nelle aree interne a seguito dell’emergenza Covid-19)

 

 

L’articolo 243, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione, reca il rifinanziamento del Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne.

In particolare, il Fondo di sostegno viene incrementato nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, allo scopo di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia da Covid-19.

Nel corso dell’esame in sede referente, è stato previsto un ulteriore rifinanziamento del Fondo, nell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati.

 

In particolare, l’articolo 243 in esame, come modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione, reca un incremento della dotazione del Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne, istituito dalla legge di bilancio per il 2020, ed attualmente dotato di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022.

Un primo rifinanziamento è disposto nell’importo di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, con la finalità di consentire ai Comuni presenti nelle aree interne di far fronte alle maggiori necessità di sostegno del settore artigianale e commerciale conseguenti al manifestarsi dell’epidemia da Covid-19.

A tal fine, l’articolo in esame introduce il comma 65-quinquies nell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017).

Agli oneri derivanti dall’incremento delle risorse del Fondo si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, è stato inserito un ulteriore comma 65-sexies nell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018, volto ad incrementare il Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne di ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati.

Gli enti beneficiari sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del sud e della coesione territoriale, sulla base dei seguenti criteri: spopolamento, deprivazione sociale, indicatori del reddito delle persone giuridiche e delle persone fisiche inferiori alle medie di riferimento.

Il fondo, ripartito tra i comuni svantaggiati con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che ne stabilisce altresì termini e modalità di accesso e rendicontazione, è destinato alla realizzazione dei seguenti interventi:

a) adeguamento di immobili appartenenti al patrimonio disponibile da concedere in comodato d'uso gratuito, con bando pubblico, a persone fisiche o giuridiche per l'apertura di attività commerciali, artigianali o professionali per un periodo di cinque anni dalla data risultante dalla dichiarazione di inizio attività;

b) concessione di contributi per l'avvio delle attività commerciali ed artigianali ed agricole;

c) concessione di contributi a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, a titolo di concorso per le spese di acquisto, di ristrutturazione di immobili da destinare ad abitazione principale del beneficiario.

I comuni svantaggiati, individuati dal predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono altresì autorizzati alla concessione alle persone fisiche di immobili pubblici appartenenti al loro patrimonio disponibile in comodato d'uso gratuito, da adibire ad abitazione principale, nonché alla concessione in uso gratuito di locali appartenenti al patrimonio pubblico, al fine di esercitare ogni forma di lavoro agile, con oneri di manutenzione a carico dei concessionari.

 

Conseguentemente, le disponibilità complessive del Fondo - già dotato a legislazione vigente di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022 – a seguito dei rifinanziamenti disposti dall’articolo in esame (120 milioni per il triennio 2020-2022 e 90 milioni per il triennio 2021-2023) ammontano ora a complessivi 300 milioni, di cui 90 milioni per il 2020, 90 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e 30 milioni per il 2023.

 

Il fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne è stato istituito - nell’ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne - presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’articolo 1, comma 313, lettera d), della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), attraverso una integrazione all’articolo 1 della legge di bilancio 2018 (nuovi commi 65-ter e 65-quater della legge n. 205/2017). Le risorse del Fondo, autorizzate nella misura di 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, sono ripartite tra i comuni presenti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dal Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione.

Nel bilancio dello Stato le risorse del fondo sono allocate sul cap.8002/MEF.

 

Agli oneri derivanti dall’incremento delle risorse del Fondo di sostegno dei comuni delle aree interne si provvede, per entrambi i rifinanziamenti, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020.

 

Si ricorda che il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) - disciplinato dal D.Lgs. n. 88/2011 – reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici.

Per quel che concerne le risorse per il ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione aggiuntiva del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo 2014-2020 è stato poi successivamente rifinanziato per un importo pari a 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019).

 

Nel corso dell’esame della V Commissione è stato inserito nell’articolo 243 in esame un ulteriore intervento volto al finanziamento, in via sperimentale, da parte dei comuni presenti nelle aree interne, anche in forma associata, di borse di studio per dottorati, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne. Alla misura sono destinate risorse pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020.

A tal fine, è introdotto il comma 65-septies nell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017).

Per approfondimenti, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 236, commi 5 e 8.

 

La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di Partenariato[82], e rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana[83].

La Strategia, che ha lo scopo di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali.

Per la Strategia per le aree interne il legislatore ha stanziato, a partire dall’esercizio 2014, 481,2 milioni a valere sulle risorse del Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 della legge n. 187 del 1983, c.d. Fondo IGRUE), di cui 200 milioni autorizzati, con l’articolo 1, comma 314, della legge di bilancio 2020 per le annualità 2021-2023.

I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9, 10 agosto 2016, n. 43, 7 agosto 2017, n. 80 e 25 ottobre 2018, n. 52.

Nell’ultima Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne, presentata al CIPE dal Ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno, di dicembre 2018, si fa riferimento a 72 Aree selezionate, che riguardano “1.077 comuni per 2.072.718 abitanti (dato al 2016) e un territorio di 51.366 kmq. Dei 1.077 comuni, il 57,6 per cento è classificato come periferico ed ultra-Periferico.”

Esse rappresentano il 13,4% di tutti i Comuni italiani e il 26% dei Comuni classificati come Aree Interne; il 3,4% della popolazione nazionale e il 15,5% della popolazione residente nei Comuni classificati come Aree Interne. Si tratta di Aree che distano in media circa 50 minuti dal polo più vicino, distanza che raggiunge, in alcuni casi, anche i 60 minuti. Alla distanza fisica dai poli di offerta dei servizi essenziali si somma un sottodimensionamento della “connessione digitale”.

Al 31 dicembre 2018, risultano approvate le Strategie definitive in 34 aree, per un totale di investimenti di 565,8 milioni, con il 62% di investimenti in favore di progetti di sviluppo e il 38% di investimenti per il miglioramento de i servizi alla persona (mobilità, istruzione e trasporti).

 

 


 

Articolo 244
(Credito di imposta per le attività di ricerca e sviluppo
nelle aree del Mezzogiorno e nelle regioni colpite
dagli eventi sismici degli anni 2016 e 2017)

 

 

L’articolo 244 introduce una maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo destinato alle imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, anche al fine di agevolare l’attività di ricerca in ambito Covid-19.

Nel corso dell’esame in V Commissione la maggiorazione del credito d’imposta è stata estesa alle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

 

In particolare, l’articolo 244 incrementa la misura del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo - introdotto con riferimento a tutto il territorio nazionale dall’articolo 1, commi da 198 a 209, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) – in favore delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, al fine di incentivare l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo, ricomprendendovi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di Covid-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni.

La misura del credito d’imposta è aumentata, per le imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, nella seguente misura:

§  dal 12% al 25 per cento per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone, il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;

§  dal 12 al 35 per cento per le medie imprese che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;

§  dal 12 al 45 per cento per le piccole imprese che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro[84].

Nel corso dell’esame in V Commissione la maggiorazione del credito d’imposta è stata estesa alle imprese operanti nelle regioni Lazio, Marche e Umbria, colpite dagli eventi sismici del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

 

 

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019.

Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

§  12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

§  6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

§  10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

§  spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti);

§  strumentazioni e attrezzature;

§  costi relativi a immobili e terreni;

§  costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti;

§  spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

 

Il comma 2 precisa che la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta prevista dal comma 1 si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare dall’articolo 25 del medesimo regolamento in materia di “Aiuti ai progetti di ricerca e sviluppo”.

 

Il comma 3 quantifica gli oneri connessi alla maggiorazione del credito d’imposta in 73,5 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020. Nel corso dell’esame in V Commissione, l’importo degli oneri derivanti dalla misura è stato elevato da 48,5 a 73,5 milioni di euro, a seguito dell’estensione della misura alle regioni Lazio, Marche e Umbria.

Nel corso del rinvio in V Commissione del provvedimento l’importo degli oneri derivanti dall’estensione del credito d’imposta alle regioni Lazio, Marche e Umbria è stato aggiornato elevandolo a 106,4 milioni, per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), si rammenta, reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici. Relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo è stato successivamente rifinanziato nell’importo di 5 miliardi per il 2021 e annualità seguenti dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro per le annualità dal 2019 al 2023 dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), per una dotazione complessiva del FSC per la programmazione 2014-2020 pari a 68,8 miliardi di euro.

 


 

Articolo 245
(Misura di sostegno al fabbisogno di circolante dei beneficiari di “Resto al Sud” per far fronte agli effetti dell’emergenza sanitaria)

 

 

L’articolo 245 prevede la concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti beneficiari della misura agevolativa “Resto al Sud”, a copertura del fabbisogno di circolante, nella misura di 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e di 10.000 euro per ciascun socio dell’impresa beneficiaria, per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell’emergenza Covid-19.

 

Il comma 1 prevede la concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti fruitori della misura agevolativa “Resto al Sud” al fine di salvaguardare la continuità aziendale e i livelli occupazionali delle attività finanziate dalla suddetta misura incentivante e di far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell’emergenza Covid-19, ed evitare pertanto che sia vanificato l’investimento pubblico già effettuato.

Il contributo è dunque concesso ai soggetti fruitori dell’incentivo a copertura del loro fabbisogno di circolante, nei limiti delle risorse disponibili indicate al successivo comma 4 del presente articolo.

Il contributo è determinato nella misura di:

§   15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale;

§  10.000 euro per ciascun socio dell’impresa beneficiaria fino ad un importo massimo di 40.000 euro[85].

 

La norma precisa inoltre che il contributo è determinato ai sensi e nei limiti del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione[86].

 

Il comma 2 definisce i criteri di ammissibilità al contributo a fondo perduto, stabilendo che i liberi professionisti, le ditte individuali e le società, ivi incluse le cooperative, beneficiari delle agevolazioni “Resto al Sud” devono:

a)   aver completato il programma di spesa finanziato dalla stessa misura agevolativa;

b)   essere in possesso dei requisiti attestanti il corretto utilizzo delle agevolazioni e non trovarsi in una delle dieci condizioni che determinano la revoca totale o parziale delle agevolazioni (previste dall’art. 13, co. 1, del D.M. n. 174 del 2017);

c)   avere adempiuto, al momento della domanda, agli oneri di restituzione delle rate del finanziamento bancario pari al 65 per cento del finanziamento complessivo (che viene rimborsato entro otto anni dall'erogazione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento, ai sensi dell’art.7, co. 3, lett. b) e co. 4 del D.M. 174/2017).

 

Il comma 3 stabilisce che il contributo a fondo perduto sia erogato in un’unica soluzione dal soggetto gestore (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA) a seguito dello svolgimento delle verifiche previste dal comma 2 e contestualmente all’erogazione della quota a saldo prevista dall’articolo 11, comma 5, del D.M. n. 174/2017, ovvero, qualora sia già stata completata l’erogazione delle risorse, entro 60 giorni dalla presentazione della relativa richiesta.

 

Per quanto riguarda le risorse, il comma 4 precisa che i contributi a fondo perduto sono concessi a valere sulle risorse ancora disponibili assegnate dal CIPE alla misura “Resto al Sud”, con le delibere n. 74 del 7 agosto 2017 e n. 102 del 22 dicembre 2017, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, senza recare pertanto nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Riguardo alle risorse, si ricorda che il comma 16 dell’articolo 1 del D.L. n. 91/2017 ha assegnato alla misura “Resto al Sud” un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020, demandando al CIPE la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia PMI.

Una prima assegnazione di 715 milioni è stata disposta dal CIPE con la delibera n. 74 del 7 agosto 2017, ai quali si sono aggiunti 535 milioni con la delibera n. 102 del 22 dicembre 2017, di cui 275 milioni sono destinati alla Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI “Resto al Sud” e 975 milioni al finanziamento della misura in senso proprio.

La programmazione annuale delle risorse assegnate con le due delibere è pari a 36 milioni per il 2017, 280 milioni per il 2018, 462 milioni per il 2019, 308,5 milioni per il 2020, 92 milioni per il 2021, 22,5 milioni per il 2022, 18 milioni per il 2023, 14 milioni per il 2024 e 17 milioni per il 2025.

Alla data del 14 aprile 2020 risultano approvate 5.224 domande, a cui si aggiungono 12.559 domande presentate e in corso di valutazione e 15.044 in compilazione sulla piattaforma informatica (Fonte: sito web Invitalia).

Al riguardo la Relazione tecnica sottolinea che “considerato che le imprese che risulteranno complessivamente ammesse alle agevolazioni di “Resto al Sud” entro la fine dell’anno 2020 sono stimabili in un numero pari a circa 7.500, e tenuto conto dell’attuale trend di ripartizione tra attività individuali e società con due o più soci (fino a un massimo di quattro), il tiraggio finanziario in oggetto è stimabile in circa 140/150 milioni (la misura “Resto al Sud” ha ad oggi attivato investimenti per 352 milioni, a fronte di agevolazioni per 166 milioni)”.

 

 

La misura denominata «Resto al Sud» è stata attivata dall'art. 1 del D.L. 91/2017, come da ultimo modificato dalla legge di bilancio per il 2020 (art. 1, comma 320, L. n. 160/2019), al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Recentemente la misura è stata estesa anche ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 (nuovo comma 1-bis inserito nell’articolo 1 del D.L. n. 91/2017 dal D.L. n. 123/2019).

La misura è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 45 anni, che:

§  non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio o beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che

§  siano residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria, o entro centoventi giorni se residenti all'estero, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento.

L’istanza di accesso alla misura, corredata da tutta la documentazione sul progetto imprenditoriale, può essere presentata attraverso una piattaforma dedicata sul sito istituzionale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA, soggetto gestore della misura[87].

I soggetti presentatori delle istanze devono avere la forma giuridica dell’impresa individuale o della società, ivi incluse le società cooperative[88].

Per le attività libero-professionali è richiesto esclusivamente che i soggetti istanti non risultino, nei dodici mesi precedenti la presentazione della domanda di agevolazione, titolari di partita IVA per l'esercizio di un'attività analoga a quella proposta.

I beneficiari devono mantenere la residenza nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento e le imprese, le società e le attività libero-professionali devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa in una delle regioni in questione.

Sono finanziate le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi i servizi turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa. I finanziamenti non possono essere utilizzati per spese relative alla progettazione, alle consulenze e all'erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese individuali e delle società, nonché agli organi di gestione e di controllo delle società stesse.

Ciascun richiedente riceve un finanziamento fino a 50 mila euro. Nel caso di istanza presentata da più soggetti costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo erogabile è pari a 50 mila euro per socio, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore de minimis. Il finanziamento consiste:

§  per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto;

§  per il 65 per cento in un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni, di cui i primi due di preammortamento.

La quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi, per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito, prestata da una Sezione speciale del Fondo di garanzia PMI alla quale è a tal fine trasferita una quota parte delle risorse stanziate per la misura in esame.

Alla misura è stata data attuazione con il decreto del Ministro per la coesione territoriale 9 novembre 2017, n. 174 (poi modificato dal decreto del Ministro per il Sud 5 agosto 2019, n. 134) e con la convenzione INVITALIA-ABI, sottoscritta nel dicembre 2019 ai sensi dell’art. 1, co. 14 del D.L. n. 91 del 2017.

 


 

Articolo 245-bis
(Startup e misura “Resto al Sud”)

 

 

L’articolo 245-bis è volto a rimodulare la misura denominata “Resto al Sud” – con un aumento da 50.000 a 60.000 euro del finanziamento massimo erogabile ed un incremento dal 35 al 50 percento della quota di finanziamento erogabile nella forma del contributo a fondo perduto –  al fine di sostenere il rilancio produttivo del Mezzogiorno e di promuovere la costituzione di nuove startup nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame, al fine di sostenere il rilancio produttivo del Mezzogiorno e di promuovere la costituzione di nuove startup nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia attraverso la misura a favore dei giovani imprenditori del Mezzogiorno denominata «Resto al Sud», apporta una serie di modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, istitutivo della predetta misura.

 

La misura “Resto al Sud” viene così rimodulata:

a) il finanziamento massimo erogabile è elevato da 50.000 a 60.000 euro (comma 1, lett. a) che modifica l’art. 1, comma 7, primo periodo, del DL 91/2017);

b) la quota di finanziamento erogato sotto forma di contributo a fondo perduto è elevata dal 25 al 50 percento e, correlativamente, la rimanente quota di finanziamento erogata sotto forma di prestito a tasso zero viene ridotta dal 65 percento al 50 percento (comma 1, lett. b) e c), che modificano l’art. 1, comma 8, lettere a) e b), del DL 91/2017).

 

 

La misura di sostegno cd. "Resto al Sud" è stata introdotta dal decreto-legge n. 91/2017(articolo 1) e consiste in finanziamenti per promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il finanziamento, fino a un massimo di 50 mila euro, è -per il 35 per cento - erogazione a fondo perduto e - per il 65 per cento - prestito a tasso zero da rimborsare in otto anni. La quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito dal soggetto gestore della misura - l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Invitalia -, sia  di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. La garanzia è fornita dal Fondo di garanzia PMI, presso il quale opera una apposita sezione speciale (D.M. 15 dicembre 2017).

La legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) ha ampliato la platea dei potenziali beneficiari, elevandone da 35 a 45 anni l'età massima ed estendendone le agevolazioni alle attività libero professionali (articolo 1, comma 601). Il requisito del limite di età, sopra indicato, deve essere posseduto al 1° gennaio 2019, come specificato dalla successiva legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019, articolo 1, comma 320).

Il 23 novembre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche di coesione 5 agosto 2019, n. 134 che attua l'estensione dei finanziamenti "Resto al Sud" agli under 46 e ai professionisti, modificando ila normativa attuativa della misura, contenuta nel Regolamento 9 novembre 2017, n. 174.

Il D.L. n. 123/2019  (articolo 5) ha poi esteso la misura, a valere sulle risorse disponibili già assegnate, anche ai territori dei comuni delle regioni Lazio, Marche e Umbria colpiti dal sisma del 2016 e 2017, ricompresi negli allegati 1, 2, e 2-bis del D.L. 189/2016, e ai comuni, ricompresi nei medesimi allegati, che presentano una percentuale superiore al 50 per cento di edifici dichiarati inagibili con esito "E", in deroga ai limiti di età stabiliti ai fini dell'accesso alla stessa (soggetti di età compresa tra i 18 e i 45 anni).

Il D.L. n. 34/2020 in esame (articolo 245) ha previsto la concessione, a valere sulle risorse ancora disponibili assegnate alla misura, di un contributo a fondo perduto in favore dei soggetti beneficiari della stessa, a copertura del fabbisogno di circolante (15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e 10.000 euro per ciascun socio dell'impresa beneficiaria), per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19.

Si rinvia alla pagina web dedicata del sito istituzionale di INVITALIA. Nella pagina in questione sono costantemente aggiornati i dati attuativi della misura in esame, oltre ad essere descritte le condizioni operative di accesso.

 


 

Articolo 246
(Sostegno al Terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno e nelle regioni maggiormente colpite dal Covid-19)

 

 

L’articolo 246 prevede la concessione di contributi nell’importo di 120 milioni di euro complessivi negli anni 2020-2021, in favore degli enti del terzo settore nelle Regioni del Mezzogiorno, con la finalità di rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Nel corso dell’esame in V Commissione l’ambito di applicazione della misura è stato esteso agli enti del terzo settore operanti alle regioni Lombardia e Veneto, particolarmente colpite dall’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

In particolare, il comma 1 autorizza contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nell’importo di 100 milioni per l’anno 2020, di cui 20 milioni riservati ad interventi per il contrasto alla povertà educativa, e di 20 milioni per l’anno 2021, con la finalità di rafforzare l’azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Nel corso dell’esame in V Commissione l’ambito di applicazione della misura è stato esteso agli enti del terzo settore operanti alle regioni Lombardia e Veneto, particolarmente colpite dall’emergenza epidemiologica da Covid-19.

La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020[89].

 

Il contributo è concesso in forma di sovvenzione diretta per il finanziamento dei costi ammissibili e a seguito di selezione pubblica nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

Esso può inoltre essere cumulato con il sostegno proveniente da altre fonti per gli stessi costi ammissibili (comma 2).

Al riguardo la relazione illustrativa specifica che l’Agenzia per la Coesione territoriale provvederà ad indire uno o più avvisi pubblici finalizzati all’assegnazione del contributo a fondo perduto agli enti del Terzo settore operanti nelle aree di attività di interesse generale richiamate nel successivo comma 3, nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

 

Il comma 3 dispone che il contributo a fondo perduto è destinato agli enti che svolgono almeno una delle attività di interesse generale previste dall’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore), di cui alle indicate lettere a), c), d), e), f), i), l), m), p), q), r), s), t), u), v), w) e z), che sono analiticamente riportate nel box che segue.

 

Si rammenta che il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del Terzo settore, è stato emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 (poi integrato e corretto dalle disposizioni del D.Lgs 3 agosto 2018, n. 105). Il Codice ha provveduto a disciplinare una materia precedentemente oggetto di numerose disposizioni legislative.

L’articolo 5 del Codice - richiamato dal comma 3 in esame - individua le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale.

Le attività richiamate dal comma in esame riguardano:

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’art. 1, co. 1 e 2, della legge n. 328 del 2000, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge n. 104 del 1992 e alla legge n. 112 del 2016;

c) prestazioni socio-sanitarie, di cui al DPCM 14 febbraio 2001;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge n. 53 del 2003, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge n. 281 del 1991;

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa;

m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;

p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all’art. 2, co. 4, del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale;

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;

s) agricoltura sociale, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 141 del 2015;

t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;

u) beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge n. 166 del 2016, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo;

v) promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata;

w) promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all’articolo 27 della legge n. 53 del 2000, e i gruppi di acquisto solidale di cui all’art. 1, co. 266, della legge n. 244 del 2007;

z) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

 

L’art. 72 del Codice destina le risorse del Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore, istituito dall’art. 9 della legge n. 106/2016, a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale indicate all'articolo 5, costituenti oggetto di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Si ricorda che l’articolo 67 del decreto-legge in esame incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2020 la seconda sezione del suddetto Fondo al fine di sostenere le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le fondazioni del Terzo settore Terzo nelle attività volte a fronteggiare le emergenze sociali e assistenziali determinate dall’epidemia Covid-19.

 

Le finalità degli interventi da finanziare, le categorie di enti a cui sono rivolti, i requisiti di accesso al contributo, nonché i costi ammissibili e le percentuali di copertura tramite il contributo, saranno definiti dall’Agenzia per la coesione territoriale, individuata quale soggetto attuatore della misura (comma 4).

 

Infine, il comma 5 da facoltà alle Regioni del Mezzogiorno interessate dalla misura in esame di concedere ulteriori contributi per le finalità di cui al comma 1 attraverso le risorse dei propri Programmi Operativi FERS e FSE, in attuazione delle modifiche introdotte ai regolamenti comunitari di disciplina dei Fondi strutturali e di investimento europei dal Regolamento 2020/558[90] del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2020, volte a offrire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta alla pandemia di Covid-19.

 

Con l’approvazione del Regolamento (UE) 2020/558, del 23 aprile 2020, si rammenta, è stata introdotta una flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19, volta a:

§  offrire agli Stati membri, in via eccezionale e temporanea, la possibilità di richiedere l'applicazione di un tasso di cofinanziamento del 100% ai programmi della politica di coesione applicabile a tutte le spese dell'anno contabile compreso fra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2021;

§  generare ulteriore flessibilità per il trasferimento di risorse tra i fondi della politica di coesione e tra le categorie di regioni;

§  esentare gli Stati membri dall'obbligo di rispettare i requisiti di concentrazione tematica, al fine di consentire che le risorse vengano reindirizzate verso i settori più colpiti dall'attuale crisi;

§  rendere ammissibili in via eccezionale le spese per le operazioni completate o pienamente realizzate volte a promuovere le capacità di risposta alle crisi nel contesto della pandemia di coronavirus;

§  consentire al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) di fornire sostegno alle imprese in difficoltà in queste specifiche circostanze in linea con la flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.

 

 


 

Capo XII -  Accelerazioni concorsi

Sezione I - Decentramento e digitalizzazione delle procedure

Articoli 247-249
(Misure per la accelerazione dei concorsi mediante il
decentramento e la digitalizzazione delle procedure)

 

 

Gli articoli 247, 248 e 249 prevedono la semplificazione e svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali (artt. 247 e 248) e disposizioni per la conclusione delle procedure di reclutamento della Commissione Ripam per il personale delle pubbliche amministrazioni (art. 249).

 

In dettaglio, la disposizione di cui all’articolo 247, al comma 1, prevede, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020, che le procedure concorsuali per reclutamento del personale non dirigenziale possono essere svolte presso sedi decentrate e anche attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale, in base alle seguenti regole:

Sedi di svolgimento delle prove concorsuali

Il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri individua le sedi di svolgimento delle prove concorsuali anche sulla base della provenienza geografica dei candidati, utilizzando idonei locali di plessi scolastici di ogni ordine e grado, di sedi universitarie e di ogni altra struttura pubblica o privata, anche avvalendosi del coordinamento dei prefetti territorialmente competenti (comma 2).

L’individuazione delle strutture disponibili avviene tenendo conto delle esigenze di economicità delle procedure concorsuali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente delle amministrazioni destinatarie delle predette procedure concorsuali a carico delle quali sono posti gli oneri derivanti dall’utilizzo delle strutture.

Svolgimento delle prove concorsuali

La prova orale può essere svolta in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità (comma 3).

Per l’applicazione software dedicata allo svolgimento delle prove concorsuali e le connesse procedure, ivi compreso lo scioglimento dell’anonimato anche con modalità digitali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per il tramite di Formez PA, può avvalersi di CINECA Consorzio Interuniversitario (comma 6).

Domanda di partecipazione ai concorsi

La domanda di partecipazione ai concorsi, è presentata entro quindici giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, esclusivamente in via telematica, attraverso apposita piattaforma digitale già operativa o predisposta anche avvalendosi di aziende pubbliche, private, o di professionisti specializzati in selezione di personale, anche tramite il riuso di soluzioni o applicativi esistenti.

Per la partecipazione al concorso il candidato deve essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato e registrarsi nella piattaforma attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (SPID). Ogni comunicazione concernente il concorso, compreso il calendario delle relative prove e del loro esito, è effettuata attraverso la predetta piattaforma. Data e luogo di svolgimento delle prove sono resi disponibili sulla piattaforma digitale con accesso da remoto attraverso l’identificazione del candidato, almeno dieci giorni prima della data stabilita per lo svolgimento delle stesse (commi 4 e 5).

Commissione esaminatrice

La commissione esaminatrice comunica i risultati delle prove ai candidati all’esito di ogni sessione di concorso. La commissione esaminatrice e le sottocommissioni possono svolgere i propri lavori in modalità telematica, garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni.

Nelle more dell’adozione del decreto di cui all’articolo 3, comma 15, della legge 19 giugno 2019, n. 56[91], il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, individua i componenti delle commissioni esaminatrici sulla base di manifestazioni di interesse pervenute a seguito di apposito avviso pubblico[92]. A tal fine e per le procedure concorsuali di cui all’articolo in esame, i termini di cui al comma 10, dell’articolo 53, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relativi all’autorizzazione a rivestire l’incarico di commissario nelle procedure concorsuali di cui al presente articolo, sono rideterminati, rispettivamente, in dieci e quindici giorni.

Si dispone, infine, la modifica dell’articolo 3, comma 13, della legge 19 giugno 2019, n. 56, che disciplina i compensi da corrispondere al presidente, ai membri e al segretario delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l'accesso a un pubblico impiego indetti dalle amministrazioni dello Stato, nella parte in cui prevede che tali compensi “sono dovuti ai componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici per l'accesso a un pubblico impiego nominate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Alle procedure concorsuali di cui al presente articolo non si applica la riserva di posti, comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso, che le amministrazioni possono destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, di cui all’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165(commi 7, 9, 10 e 11).

Requisiti di accesso

Il requisito di accesso alle qualifiche e ai profili professionali, reclutati secondo le modalità di cui al presente articolo, è individuato esclusivamente in base all’ordinamento professionale già definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, anche in deroga agli ordinamenti professionali delle singole pubbliche amministrazioni (comma 8).

Mobilità del personale

Per le procedure di cui al presente articolo, si prevede la riduzione dei termini previsti dai commi 2 e 4 dell’articolo 34-bis del D.Lgs 165/2001, rispettivamente da 15 a 7 giorni e da 45 a 15 giorni: tali termini decorrono dalla comunicazione che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad effettuare, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e alle strutture regionali e provinciali competenti che gestiscono il personale in disponibilità iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro.

Il comma 2 dell’articolo 34-bis prevede, appunto, che entro 15 giorni (7 giorni secondo la novella) da tale comunicazione la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali provvede ad assegnare secondo l'anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 34-bis, le amministrazioni, decorsi quarantacinque giorni (15 giorni per effetto della novella) dalla ricezione della predetta comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica, possono procedere all'avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2 (comma 12).

 

L’articolo 248 dispone che per le procedure concorsuali per il personale non dirigenziale, di cui all’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 e all’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[93], già bandite alla data di entrata in vigore del presente decreto e per quelle nelle quali, alla medesima data, sia stata effettuata anche una sola delle prove concorsuali previste, la Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) può modificare, su richiesta delle amministrazioni destinatarie delle procedure concorsuali, le modalità di svolgimento delle prove previste dai relativi bandi di concorso, dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti alle procedure[94](comma 1).

La Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM), istituita con Decreto interministeriale del 25 luglio 1994, è composta dai rappresentanti del Ministro dell’Economia e delle finanze, del Ministro della Funzione Pubblica e del Ministro dell'Interno e ha le seguenti competenze (come definite nel   DM 16 maggio 2018):

-     approvazione del bando di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato;

-     indizione dei bandi di concorsi;

-     nomina delle commissioni esaminatrici;

-     validazione della graduatoria finale di merito della procedura concorsuale trasmessa dalla Commissione esaminatrice;

-     assegnazione dei vincitori e degli idonei della procedura concorsuale alle amministrazioni pubbliche interessate;

-     adozione degli ulteriori eventuali atti connessi alla procedura concorsuale, fatte comunque salve le competenze delle Commissioni esaminatrici.

 

Si rinvia, infine, alle disposizioni dell’articolo 247, comma 7,  per quanto concerne le commissioni esaminatrici e le sottocomissioni e, quanto alle modalità di svolgimento delle prove concorsuali, si autorizza Formez PA a risolvere i contratti stipulati per l’organizzazione delle procedure concorsuali indette dalla Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) che, alla data del presente decreto, non hanno avuto un principio di esecuzione, fermo restando l’indennizzo limitato alle spese sostenute dall’operatore economico sino alla data della risoluzione, con oneri a carico delle amministrazioni interessate alle procedure concorsuali a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente. Il pagamento dell’indennizzo al ricorrere dei presupposti di cui sopra non costituisce ipotesi di danno erariale (commi 2, 3 e 4).

 

L’articolo 249, infine, dispone che, a decorrere dalla data di entrata  in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre  2020 i principi e i criteri direttivi concernenti lo svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale di cui alle lettere a) e b), del comma 1, dell’articolo 248, nonché le modalità di svolgimento delle attività delle commissioni esaminatrici di cui al comma 7 dell’articolo 247, e quelle di presentazione della domanda di partecipazione di cui ai commi 4 e 5 del medesimo articolo 247, possono essere applicati dalle singole amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e per il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco si applicano le disposizioni degli articoli 259 e 260, alle cui schede si rinvia.

 

 


 

Sezione II - Disposizioni per la velocizzazione dei concorsi e per la conclusione delle procedure sospese

Articolo 250, commi 1-4
(VIII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici)

 

 

L’articolo 250, ai commi da 1 a 4, prevede l’indizione entro il 30 giugno 2020 da parte della SNA dell’VIII corso-concorso selettivo ai fini del reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali e negli pubblici non economici e ne stabilisce speciali modalità di svolgimento, che includono: la possibilità di presentare la domanda di partecipazione al corso-concorso con  modalità telematiche; lo svolgimento con modalità telematiche e in sedi decentrate di due prove scritte; la possibilità di svolgere la prova orale in videoconferenza, che accerta anche il possesso delle conoscenze linguistiche; l’articolazione in sottocommissioni della commissione di concorso.

Sono ammessi alla frequenza del corso-concorso i candidati vincitori del concorso entro il limite dei posti disponibili maggiorato del 50 per cento. Coloro che hanno superato il corso-concorso oltre i posti già autorizzati, sono iscritti secondo l’ordine di graduatoria finale, in un elenco al quale le amministrazioni attingono, a decorrere dal 1° gennaio 2021.

 

Sullo svolgimento dei concorsi per i dirigenti delle pubbliche amministrazioni è già intervenuto il c.d. decreto cura Italia (art. 74, co. 7-bis, D.L. 18/2020), che, da un lato, ha dettato alcune disposizioni per consentire entro il 31 maggio 2020 la conclusione del VII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti, bandito dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), nonché la conseguente assegnazione degli allievi alle amministrazioni. Dall’altro, tale decreto ha demandato ad un regolamento da adottare entro il 31 luglio 2020, l’aggiornamento, in via sperimentale, della disciplina vigente in materia di reclutamento e accesso alla qualifica dirigenziale e agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, allo scopo di corrispondere comunque all'esigenza del ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, semplificare le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali e ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego.

 

Le disposizioni in esame intervengono nuovamente sulla materia, disponendo che la SNA provveda a bandire l’VIII corso-concorso per dirigenti entro il 30 giugno 2020, secondo la disciplina contestualmente prevista, parzialmente derogatoria rispetto alle modalità ordinarie stabilite in via generale dalla normativa vigente, di rango regolamentare (comma 1).

Le norme generali di riferimento in materia di reclutamento nelle PA si rinvengono, principalmente negli articoli 28, 28-bis e 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che detta norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi, nonché nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 e nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, che dettano disposizioni per l'accesso alla dirigenza. In particolare, il regolamento prevede che per una percentuale non inferiore al 50% dei posti da ricoprire, l’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla SNA (art. 7 DPR 272/2004).

 

In proposito si richiama che sulla Gazzetta Ufficiale del 5 maggio 2020, n. 114, è stato pubblicato il DM 31 marzo 2020, con il quale, in attuazione dell’art. 3, co. 2, del DPR 70 del 2013, la Scuola nazionale dell'amministrazione è autorizzata ad indire l’VIII corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale per un totale di duecentodieci posti nella qualifica di dirigente di seconda fascia nei ruoli amministrativi delle amministrazioni pubbliche di seguito indicate:

 

 

Amministrazione

Posti disponibili

Consiglio di Stato

3

Presidenza del Consiglio dei ministri

18

Ministero dell'interno

21

Ministero della giustizia - Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità

3

Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria

3

Ministero della giustizia - Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi

12

Ministero della difesa

13

Ministero dell'economia e delle finanze

15

Ministero dello sviluppo economico

17

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

10

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

12

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

3

Ministero dell'istruzione Ministero dell'università e della ricerca

18

Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo

20

Ministero della salute

2

Agenzia delle dogane e dei monopoli

10

Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ITA-ICE)

6

Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA

2

Agenzia per l'Italia Digitale (AGID)  

1

Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC)

6

Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)

9

Ispettorato nazionale del lavoro (INL)

5

Istituto nazionale di statistica (ISTAT)

1

 

 

Totale dei posti da bandire

210

 

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 3, co. 2, del DPR 16 aprile 2013, n. 70, entro il 31 ottobre di ogni anno, sulla base del Piano triennale previsionale di reclutamento di dirigenti e funzionari nelle amministrazioni dello Stato anche a ordinamento autonomo e negli enti pubblici non economici, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti il numero dei posti e i profili professionali da destinare al reclutamento di dirigenti e funzionari tramite corso-concorso selettivo bandito dalla Scuola nazionale dell'amministrazione e il numero dei posti e i relativi profili professionali destinati al reclutamento da parte delle singole amministrazioni.

 

In relazione alla disciplina dell’VIII corso-concorso, il comma 1, in particolare, stabilisce la possibilità di presentare la domanda di partecipazione al corso-concorso anche con le modalità telematiche disciplinate ai commi 4 e 5, dell’articolo 247 del decreto in commento (su cui, si v. supra).

 

In sintesi le norme richiamate prevedono che la domanda di partecipazione è presentata entro quindici giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, in via telematica, attraverso apposita piattaforma digitale già operativa o predisposta anche avvalendosi di aziende pubbliche, private, o di professionisti specializzati in selezione di personale, anche tramite il riuso di soluzioni o applicativi esistenti. Per la partecipazione al concorso il candidato deve essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato e registrarsi nella piattaforma attraverso il Sistema pubblico di identità digitale (SPID). Ogni comunicazione concernente il concorso è effettuata attraverso la piattaforma.

 

Ulteriori novità riguardano lo svolgimento delle prove concorsuali, che consistono in due prove scritte ed una prova orale, nel corso della quale “saranno accertate anche le conoscenze linguistiche”. 

Attualmente gli esami per l’ammissione al corso-concorso di formazione dirigenziale consistono in tre prove scritte, di cui una sulla conoscenza della lingua straniera, ed in una prova orale (art. 9, D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272).  La riduzione da tre a due delle prove scritte sembrerebbe da mettere in relazione con la specifica previsione dell’accertamento delle competenze linguistiche solo nell’esame orale. Al riguardo, si valuti l’opportunità di chiarire la generica espressione “conoscenze linguistiche”.

 

Si dispone inoltre che le due prove scritte siano svolte con modalità telematiche e che possano essere effettuate anche nella medesima data e nelle sedi decentrate di cui all’articolo 247, comma 2.

 

Si ricorda, in proposito, che le sedi decentrate sono individuate dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri anche sulla base della provenienza geografica dei candidati, utilizzando idonei locali di plessi scolastici di ogni ordine e grado, di sedi universitarie e di ogni altra struttura pubblica o privata, anche avvalendosi del coordinamento dei prefetti territorialmente competenti. Gli oneri derivanti dall’utilizzo delle strutture sono posti a carico delle amministrazioni destinatarie delle predette procedure concorsuali.

 

Per l’esame orale, la novità principale è rappresentata dalla possibilità di svolgimento in videoconferenza secondo le modalità già individuate ai sensi di cui all’articolo 247, comma 3, ossia attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

Anche per il corso-concorso di formazione dirigenziale si prevede che la commissione di concorso sia articolata in sottocommissioni, applicando le previsioni del comma 7 dell’articolo 247 del decreto in esame, in base al quale commissione esaminatrice e sottocommissioni possono svolgere i propri lavori in modalità telematica, garantendo la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni.

 

La disposizione in commento prevede, al comma 2, che il corso di formazione abbia una durata di dieci mesi e si articoli in due moduli, distinti in:

§  quattro mesi di formazione generale presso la Scuola nazionale dell’Amministrazione, anche attraverso l’utilizzo della didattica a distanza;

§  sei mesi di formazione specialistica e lavoro presso le amministrazioni di destinazione.

Si precisa che i programmi del corso forniscono ai partecipanti una formazione complementare rispetto al titolo posseduto all’accesso alla Scuola.

La riduzione e rimodulazione, limitata all’VIII corso-concorso, del corso di formazione, prevista dalla disposizione in commento, costituisce una deroga alla disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente (DPR 272/2004), che prevede un periodo di formazione di dodici mesi comprensivo di una fase di formazione generale, della durata di otto mesi, svolta dalla SNA e una fase di formazione specialistica, della durata di quattro mesi (art. 12).

 

Il comma 3 rinvia, per quanto non diversamente disposto dalle norme in commento, all’applicazione della disciplina normativa ordinaria in materia di procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti, di cui al decreto del presidente della Repubblica 24 settembre 2004, n. 272 ed al decreto del Presidente del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 70, in quanto compatibili.

 

Alla luce di quanto previsto dalle norme in commento, sembrerebbero pertanto applicabili, tra le altre, le disposizioni relative ai requisiti per l'ammissione al corso-concorso (art. 7, DPR 70 del 2013), in base alle quali possono esservi ammessi:

§  i soggetti muniti di laurea specialistica o magistrale oppure del diploma di laurea conseguito secondo gli ordinamenti didattici previgenti al D.M. 509/1999, nonché di dottorato di ricerca, o diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con il D.P.C.M. 80/2018, o master di secondo livello conseguito presso università italiane o straniere dopo la laurea magistrale;

§  i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea specialistica o magistrale, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea.

 

Sono ammessi alla frequenza del corso-concorso i candidati vincitori del concorso entro il limite dei posti di dirigente disponibili maggiorato del 50 per cento (comma 4). La disposizione deroga la previsione dell’art. 10, co. 1, del D.P.R. 272 del 2004 che ammette al corso-concorso di formazione dirigenziale i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite del numero dei posti disponibili, maggiorato del 20 per cento.

 

In relazione alla graduatoria finale, si dispone, infine, che coloro che hanno superato il corso-concorso e sono collocati in graduatoria oltre i posti già autorizzati, sono iscritti secondo l’ordine di graduatoria finale, in un elenco, istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica, al quale le amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2021, attingono, fino ad esaurimento, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti.

Ferma restando l’assunzione dei vincitori dei concorsi già banditi alla data di entrata in vigore del decreto in esame, le amministrazioni possono procedere a bandire nuovi concorsi solo previo completo assorbimento degli iscritti al predetto elenco.

 

 


 

Articolo 250, comma 5
(Procedure concorsuali negli enti pubblici di ricerca e
conferimento di assegni di ricerca)

 

 

L’articolo 250, comma 5, prevede che le procedure di reclutamento già bandite dagli enti pubblici di ricerca e le procedure per il conferimento di assegni di ricerca – che possono riguardare sia gli enti pubblici di ricerca che altri soggetti – possono essere concluse, sulla base di nuove determinazioni, rese pubbliche con le stesse modalità previste per i bandi, con la valutazione dei candidati e lo svolgimento di prove orali in videoconferenza.

 

A tal fine, più nello specifico, si richiamano le modalità di cui all’art. 247, co. 3, del decreto-legge in commento, che, in combinato disposto con il co. 1, prevede che, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020, le prove orali delle procedure concorsuali per il reclutamento di personale non dirigenziale da parte della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM) possono essere svolte in videoconferenza, attraverso l’utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità delle stesse, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

Con specifico riguardo ai termini temporali, il comma in esame stabilisce che la disposizione richiamata si applica alle procedure di reclutamento già bandite dagli enti pubblici di ricerca alla data di entrata in vigore del decreto-legge, mentre non reca indicazioni per quanto concerne le procedure per il conferimento di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 22 della L. 240/2010.

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.

 

In base al d.lgs. 218/2016, gli enti pubblici di ricerca sono 20, di cui 14 vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (MUR) e 6 enti da altri Ministeri.

Gli enti vigilati dal MUR sono: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

Gli enti vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

 

In base all’art. 22 della L. 240/2010, gli assegni di ricerca possono essere conferiti, nell'ambito delle relative disponibilità di bilancio, oltre che da parte degli enti pubblici di ricerca, anche da parte delle università e delle istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca.

Più nel dettaglio, si veda la scheda relativa all’art. 236, co. 6.


 

Articolo 251
(Modalità straordinarie di svolgimento dei concorsi pubblici
presso il Ministero della salute)

 

 

L'articolo 251, comma 1, integra la disciplina sulle modalità di reclutamento, da parte del Ministero della salute, di un contingente di personale a tempo determinato, relativo a 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione.

Il comma 2 concerne la conclusione delle prove di concorsi già avviati, ivi individuati, per il reclutamento di 40 dirigenti sanitari medici, 12 dirigenti sanitari veterinari e 91 funzionari tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro.

Il comma 3 concerne l’assunzione da parte del Ministero della salute, mediante concorso pubblico, di sette ingegneri biomedici, nell’ambito di un contingente di 80 unità già previsto a legislazione vigente.

Il comma 4 riguarda il reclutamento di dirigenti sanitari (cinque medici e un chimico) da parte del Ministero della salute, mediante concorsi pubblici per titoli ed esame orale, nell'ambito di un reclutamento straordinario già previsto a legislazione vigente. L’assunzione e la conseguente immissione in ruolo sono condizionate al superamento di un esame teorico-pratico, con una prova scritta e una prova orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso.

 

Più in dettaglio, il comma 1 modifica l'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020 (convertito dalla L. n. 27 del 2020).

La disposizione novellata, nel testo finora vigente, consente al Ministero della salute di assumere con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, utilizzando graduatorie proprie o approvate da altre amministrazioni per concorsi pubblici (anche relativi ad assunzioni a tempo indeterminato). Tali unità di personale sono destinate agli uffici periferici.

La previsione è intesa esplicitamente a soddisfare la necessità di potenziare le attività di vigilanza, di controllo igienico-sanitario e di profilassi svolte presso i principali porti e aeroporti, necessità derivante anche dalla diffusione del virus COVID-19.

Riguardo al summenzionato personale non dirigenziale, esso viene inquadrato nella Terza area[95], posizione economica F1, del comparto funzioni centrali.

La novella di cui al comma 1 in esame prevede:

§  l'ulteriore modalità di assunzione mediante concorsi per titoli ed esame orale, da svolgersi anche in modalità telematica e decentrata;

§  che l'assunzione sia condizionata, al termine del periodo di prova, alla valutazione con esito positivo di un esame teorico-pratico, scritto od orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso. A tale valutazione sono soggetti anche coloro che lo abbiano già superato in medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica.

 

Il comma 2 autorizza la conclusione di alcune prove di concorsi già avviati, utilizzando anche le modalità di cui all'articolo 249 (alla cui scheda si rinvia), con la riapertura dei termini per la presentazione delle domande. Si tratta di procedure già avviate ai sensi di talune disposizioni della legge di bilancio per il 2019. Sono quindi elencati i riferimenti alle Gazzette ufficiali recanti i bandi dei concorsi in oggetto:

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di quaranta posti di dirigente sanitario medico ex dirigente delle professionalità sanitarie, disciplina di igiene, epidemiologia e sanità pubblica, a tempo pieno ed indeterminato, per le esigenze degli uffici centrali e periferici. (GU n.77 del 27-09-2019);

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di dodici posti di dirigente sanitario veterinario ex dirigente delle professionalità sanitarie, disciplina di sanità animale, a tempo pieno ed indeterminato, per le esigenze degli uffici centrali e periferici. (GU n.77 del 27-09-2019);

§  concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di novantuno posti di tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, a tempo indeterminato, da inquadrare nella terza area - fascia retributiva F1 e da destinare agli uffici periferici del Ministero dislocati sul territorio nazionale. (GU n.10 del 04-02-2020 e sito del Ministero della salute, sezione Concorsi).

 

Il testo della norma fa riferimento ai concorsi "avviati ai sensi dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145" (legge di bilancio per il 2019). La disposizione si riferisce all'art.  1, commi da 355 a 359, della citata legge, richiamati nelle premesse ai bandi di concorso.

 

Il comma 355, art. 1, della legge di bilancio per il 2019, autorizza il Ministero della salute, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali e senza il previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del D.Lgs. n. 165/2001[96], ad assumere a tempo indeterminato, mediante concorso pubblico per titoli ed esami, per il triennio 2019-2021, un contingente di personale di 80 unità appartenenti all’Area III e di 28 unità appartenenti all’Area II – con posizione economica F1 -, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado. Si tratta di personale rientrante nel ruolo amministrativo. Le assunzioni vengono autorizzate allo scopo di potenziare l’attuazione delle politiche di salute e di assicurare una efficiente gestione delle risorse pubbliche ad essa destinate, anche per far fronte alle accresciute attività degli uffici centrali e periferici del Ministero incluse quelle derivanti dalle nuove procedure comunitarie in materia di controlli.

 

Nell'ambito del contingente di 80 unità appartenenti all’Area III, il comma 3, per le medesime finalità di cui al comma 1, autorizza il Ministero della salute ad assumere 7 ingegneri biomedici, con posizione economica F1. Tale assunzione avviene mediante concorso pubblico espletato anche con le modalità di cui all’articolo 247 (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 4 consente al Ministero della salute di reclutare il personale di cui all’articolo 1, comma 5-ter, del decreto legge n. 162 del 2019 ("proroga termini"), limitatamente ai dirigenti da imputare all’aliquota dei dirigenti sanitari, mediante concorsi pubblici per titoli ed esame orale, anche utilizzando le modalità di cui all’articolo 249, alla cui scheda si rinvia. Tale comma 5-ter prevede il reclutamento straordinario a tempo indeterminato, attraverso appositi concorsi pubblici, banditi dal Ministero della salute stesso, di personale dirigenziale (13 unità) e non dirigenziale (50 unità). Il reclutamento è autorizzato in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, senza il previo espletamento delle procedure di mobilità ed in deroga all'obbligo di adozione del piano dei fabbisogni di cui agli articoli 6 e 6-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

La norma in esame fa specifico riferimento - tra i 13 dirigenti di livello non generale - a cinque medici e un chimico, compresi tra le figure da imputare alla aliquota dei dirigenti sanitari ai sensi del citato art.1, comma 5-ter, del decreto-legge n. 162 del 2019.

L’assunzione e l'immissione in ruolo sono condizionate al superamento di un esame teorico-pratico, consistente in una prova scritta e una prova orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso, al termine del periodo di prova. Tale disposizione si applica anche a coloro che lo abbiano già superato in medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica.

Le procedure concorsuali previste dal presente comma 4 sono consentite in deroga alle disposizioni di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ("Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale"), 24 settembre 2004, n. 272 ("Regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente") e 9 maggio 1994, n. 487 ("Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi").

 

 


 

Articolo 252
(Misure urgenti per lo svolgimento di concorsi
per il personale del Ministero della giustizia)

 

 

L'articolo 252, modificato nel corso dell’esame in V Commissione, prevede le modalità di avviamento delle procedure, già autorizzate, per il reclutamento di personale non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria.

 

In particolare:

§  il comma 1 prevede che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, il Ministero della giustizia possa avviare le procedure per il reclutamento di:

-     400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore - Area III/F3, di cui all’articolo 7 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019 (comma 1, lettera a);

-     150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1, destinate a coprire le carenze di organico degli uffici giudiziari dei Distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna (comma 1, lettera b), presso i quali dovranno prestare servizio per un periodo non inferiore a cinque anni (comma 4)[97];

 

§  il comma 5 prevede che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, il Ministero della giustizia possa avviare le procedure per il reclutamento di2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell’Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto - Area II/F3.

 

Tutti i concorsi sopraindicati sono per titoli ed esame orale, da tenersi su base distrettuale, e si svolgono secondo le modalità previste dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e dall’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Entrambe le norme richiamate disciplinano le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni. Il regolamento contenuto nel d.P.R. 487/1994 reca le norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi. In particolare, l'art. 1 disciplina le modalità di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, che possono avvenire per concorso pubblico aperto a tutti, mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento o mediante chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste costituite dagli appartenenti alle categorie protette. Il concorso, che può essere per esami, per titoli, per titoli ed esami, per corso-concorso o per selezione mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta, deve svolgersi in modo che siano garantiti i principi di imparzialità, economicità e celerità di espletamento della procedura.

L'art. 35 del d.lgs. 165/2001, oltre a ribadire le modalità di accesso già indicate nel d.P.R. 487/1994 e a dettare ulteriori principi cui devono conformarsi le procedure di reclutamento del personale (tra i quali il rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori, l'adeguata pubblicità della selezione, l'adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti per la valutazione dei candidati, il decentramento delle procedure di reclutamento, la composizione delle commissioni esaminatrici con esperti di comprovata esperienza nelle materie del concorso) introduce la programmazione delle procedure di reclutamento, stabilendo che ciascuna amministrazione o ente debba formulare un piano triennale dei fabbisogni di personale.

 

Per i concorsi di cui al comma 1, lettere a) e b), è richiesto il possesso della laurea in giurisprudenza o equivalente nonché il possesso di uno tra gli ulteriori titoli indicati al comma 2 che, a seguito delle modifiche approvate in V Commissione relative alla lettera a) e all’introduzione delle lettere a-bis) e g-bis), sono i seguenti:

a)   aver svolto almeno cinque anni di servizio nell’amministrazione giudiziaria, nella qualifica di funzionario giudiziario, senza demerito, per il concorso di cui al comma 1, lettera a);

a-bis) aver svolto almeno tre anni di servizio nell'amministrazione giudiziaria, senza demerito, per il concorso di cui al comma 1, lettera b);

b)   aver svolto, per almeno cinque anni, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

c)   essere stato iscritto all’albo professionale degli avvocati, per almeno cinque anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

d)   aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale);

e)   essere da almeno due anni ricercatore in materie giuridiche, ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lett. b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240[98];

f)    aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori;

g)   avere conseguito il titolo di dottore di ricerca in materie giuridiche e avere svolto attività lavorativa per almeno 6 mesi presso una pubblica amministrazione in posizione funzionale per l'accesso alla quale è richiesto il possesso del diploma di laurea;

g-bis) aver svolto attività lavorativa per almeno cinque anni presso una pubblica amministrazione in una posizione funzionale per l'accesso alla quale è richiesto il possesso del diploma di laurea.

 

Ulteriori modifiche sono state apportate dalla Commissione al comma 3, le quali stabiliscono che il bando di concorso sia emanato dal Ministero della giustizia, d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri (anziché di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione come da originaria formulazione) e integrano i contenuti del bando stesso, relativi ai punteggi attribuiti ai titoli di cui al comma 2, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice, con la previsione del numero di candidati da ammettere alla prova orale (v. lett. c-bis).

 

Si prevede in particolare che:

§  i punteggi relativi ai titoli sono cumulabili;

§  i criteri di attribuzione dei punteggi per titoli sono: 1) anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame; 2) votazione relativa al titolo di studio richiesto per l’accesso; 3) eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato;

§  il numero dei candidati da ammettere alla prova orale è calcolato in un multiplo del numero dei posti messi a concorso per ciascun distretto giudiziario, sulla base dei punteggi attribuiti ai titoli, tenendo conto anche di eventuali posizioni ex aequo.

Per la parte riguardante l'esame, è previsto lo svolgimento di un esame orale, da tenersi anche in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dall'art. 248, comma 1 (v. supra), presso ciascun distretto giudiziario; la composizione della commissione esaminatrice, che può essere articolata su base distrettuale, è invece demandata al bando.

I vincitori del concorso per 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1, di cui al comma 1, lett. b), come già sopra ricordato, devono permanere presso l'ufficio giudiziario, situato nei Distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna, a cui saranno destinati per un periodo non inferiore a cinque anni, come previsto dall'articolo 35, comma 5-bis, del d.lgs. 1965/2001 (comma 4).

 

Per il concorso di cui al comma 5 è richiesto il possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso all'area funzionale II, fascia retributiva F3, nonché il possesso di uno tra i seguenti titoli indicati al comma 6:

a)   aver svolto almeno tre anni di servizio nell’amministrazione giudiziaria, senza demerito;

b)   aver svolto, per almeno un anno, le funzioni di magistrato onorario senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

c)   essere stato iscritto all’albo professionale degli avvocati, per almeno due anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;

d)   aver svolto, per almeno cinque anni scolastici interi, attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado (nel computo sono compresi anche i periodi di docenza svolti come supplenza annuale);

e)   aver prestato servizio per almeno cinque anni nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori.

 

Anche il comma 7 è stato modificato in Commissione, nel senso di stabilire che il bando di concorso sia emanato con decreto del Ministro della giustizia, d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri (anziché di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione come da originaria formulazione) e di integrare i contenuti del bando stesso, relativi ai punteggi attribuiti ai titoli, allo svolgimento dell'esame e alla composizione della commissione esaminatrice, con la previsione del numero di candidati da ammettere alla prova orale (v. lett. c-bis).

 

Anche per la procedura concorsuale di cui al comma 5, sono previsti:

§  la cumulabilità dei punteggi per i titoli di cui alle lettere da a) a e) del comma 6, per i quali si tiene conto dell'anzianità di servizio o di iscrizione maturata entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, che ecceda il periodo minimo indicato, e della votazione relativa al titolo di studio richiesto per l’accesso e ad eventuali ulteriori titoli accademici universitari o post universitari in possesso del candidato;

§  l’individuazione del numero dei candidati da ammettere alla prova orale, calcolato in un multiplo del numero dei posti messi a concorso per ciascun distretto giudiziario, sulla base dei punteggi attribuiti ai titoli, tenendo conto anche di eventuali posizioni ex aequo;

§  lo svolgimento di un esame orale, anche in modalità videoconferenza ai sensi dell'art. 248, comma 1 (v. supra), presso ciascun distretto giudiziario;

§  l'eventuale articolazione delle commissioni esaminatrici su base distrettuale.

 

Il comma 8 dispone circa l'assunzione del personale reclutato di cui al comma 1, lettera a), e al comma 5. Per tali concorsi l'art. 7 del d.P.C.M. 20 giugno 2019 ha concesso esclusivamente l'autorizzazione a indire procedure di reclutamento, pertanto l'assunzione potrà avvenire in base ai posti disponibili a legislazione vigente e nel rispetto della procedura ordinaria di cui all'art. 35, comma 4, del d.lgs. 165/2001 (che prevede l'adozione del piano triennale dei fabbisogni di personale tramite decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze).

 

Infine il comma 9 prevede, per tutte le procedure selettive di cui all'articolo in commento, che l’Amministrazione giudiziaria possa attribuire un punteggio aggiuntivo a favore:

§  di soggetti che hanno svolto con esito positivo il tirocinio presso gli uffici giudiziari ai sensi dell'art. 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69;

§  di coloro che hanno maturato i titoli di preferenza di cui all’articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

 

Il tirocinio di cui all'art. 73 del d.l. 69/2013 consiste in un periodo di formazione teorico-pratica della durata complessiva di diciotto mesi, da svolgersi presso gli uffici della magistratura ordinaria o presso quelli della magistratura amministrativa, ed è riservato a laureati in giurisprudenza in possesso dei requisiti di onorabilità e di età inferiore ai 30 anni che abbiano conseguito una media di 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110. Costituiscono titoli di preferenza nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 50 del d.l. 90/2014, lo svolgimento, con esito positivo, di un periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo (comma 1-quater) o il completamento, con esito positivo, del tirocinio formativo di cui all’articolo 37, comma 11, del d.l. 98/2011, pur in assenza di un ulteriore periodo di perfezionamento nell’ufficio per il processo (comma 1-quinquies).

 


 

Articolo 253
(Misure urgenti in tema di concorso per magistrato ordinario)

 

 

L’articolo 253 consente fino al 31 luglio, con possibilità di proroga, alla commissione esaminatrice per il concorso per magistrato ordinario di effettuare le operazioni di correzione degli elaborati scritti con modalità telematica.

 

Il comma 1 dell'articolo 253 – nel rispetto delle prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo – consente fino al 31 luglio 2020, alla commissione esaminatrice per il concorso per magistrato ordinario di effettuare le operazioni di correzione degli elaborati scritti con modalità telematica, anche in deroga a quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, ma garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, secondo i criteri e le modalità di cui al comma 7, dell’articolo 247 (si veda la relativa scheda di lettura).

 

Gli articoli 12 e 13 del R.D. n. 1860 del 1025 disciplinano la procedura di correzione delle prove scritte del concorso.

La commissione esaminatrice, dopo lo svolgimento della prova scritta, inizia, entro cinque giorni, la correzione degli elaborati. Il segretario della commissione, dopo aver verificata l’integrità? delle singole buste, all’atto dell’apertura di queste, appone immediatamente sulle tre buste contenenti gli elaborati il numero già? segnato sulla busta grande. Lo stesso numero sarà poi trascritto, appena aperte le buste contenenti gli elaborati, sia in testa al foglio o ai fogli relativi, sia sulle bustine contenenti il cartoncino di identificazione. La commissione legge nella medesima seduta gli elaborati di ciascun candidato e, dopo aver ultimato la lettura dei tre elaborati, assegna contemporaneamente a ciascuno di essi il relativo punteggio. Nel caso che la commissione sia divisa in sottocommissioni, queste nella medesima seduta procedono all’esame dei tre elaborati di ciascun candidato e, ultimata la lettura degli elaborati, si riuniscono per la comunicazione delle rispettive valutazioni. Subito dopo ogni sottocommissione assegna ai lavori da essa esaminati il punteggio secondo le norme sopra indicate. La commissione - qualora abbia fondate ragioni di ritenere che qualche scritto sia, in tutto o in parte, copiato da altro lavoro ovvero da qualche autore - annulla l’esame del candidato, al quale appartiene lo scritto. Annulla parimenti l’esame dei concorrenti che comunque si siano fatti riconoscere. Delibera definitivamente sulla idoneita? o non idoneita? di un candidato, quando la deliberazione della sottocommissione sia stata presa a maggioranza ed il commissario dissenziente richieda la deliberazione plenaria. Finita la lettura e deliberato il giudizio, il segretario annota immediatamente, a piede di ciascun lavoro, in tutte le lettere, il voto assegnato. L’annotazione e? sottoscritta dal presidente della commissione o della sottocommissione e dal segretario. Terminata la correzione di tutti gli elaborati scritti, la commissione, in seduta plenaria, procede all’apertura delle buste contenenti i nomi dei concorrenti. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti (cioè? 6 decimi) in ciascuna delle materie della prova scritta. Ogni deliberazione presa in qualsiasi tempo per modificare i risultati delle votazioni della prova scritta e? nulla. Il risultato completo della prova scritta viene reso di pubblica ragione mediante foglio da affiggersi nei locali del Ministero. Per prassi ormai consolidata, i nominativi dei candidati ammessi alla prova orale sono noti anche prima di procedere all’affissione (che avviene al termine dell’apertura di tutte le buste). Cio? e? possibile in quanto si procede, dapprima, all’apertura delle buste dei candidati che hanno riportato la idoneità? nelle tre materie e, poi, all’apertura delle restanti buste.

 

La disposizione, è opportuno rilevare, è destinata a trovare applicazione con riguardo al concorso per 330 posti da magistrato ordinario bandito con il decreto ministeriale del 10 ottobre 2018. Le prove scritte del concorso si sono svolte nel mese di giugno 2019. Al 2 marzo 2020 risultavano corretti gli elaborati di 2.710 candidati (su 3.091), 258 dei quali idonei. Successivamente, in data 12 marzo, nel rispetto delle misure di contenimento emanate dal Governo per fronteggiare l’epidemia Covid 19, il Presidente della Commissione esaminatrice ha disposto la sospensione delle correzioni degli elaborati. Di poi, in applicazione dell'art. 87, quinto comma del decreto legge n. 18/2020 (conv. L. n. 27 del 2020), il Presidente della Commissione ha disposto che i lavori di correzione degli elaborati restassero sospesi fino al 15 maggio (per sessanta giorni a decorrere dal 17.3.2020). Sulla scorta della nota 20.4.2020 n. 13673 del Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia in risposta alla nota 16.4.2020 del Presidente della Commissione esaminatrice, al 21 aprile, l'organizzazione logistico-amministrativa della ripresa dei lavori di correzione degli elaborati non risultava ancora compatibile con le rigorose misure di contenimento COVID 19. La Commissione è stata nuovamente convocata il 25 maggio per la ripresa della correzione degli elaborati dei restanti candidati. La Commissione ha optato per la correzione in presenza. Il 25 giugno è stato dato avviso del completamento della correzione degli elaborati del concorso di magistrato ordinario, a 330 posti: su 3091 buste corrette sono stati 301 gli ammessi alle prove orale.

È opportuno ricordare che con il decreto ministeriale del 29 ottobre 2019 è stato bandito un ulteriore concorso per 310 posti da magistrato ordinario. Le prove di tale concorso non si sono ancora svolte. Il diario delle prove scritte dopo due rinvii sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale concorsi ed esami del 24 luglio 2020.

 

Il comma 2 dell’articolo prevede che il termine del 31 luglio possa essere prorogato con provvedimento motivato del presidente della commissione, ove necessario per la tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo.

 

La disposizione, al comma 3, prevede che le modalità telematiche si applichino anche allo svolgimento delle riunioni riservate dei componenti della commissione.

Ai sensi del comma 4, fino al 30 settembre 2020, il presidente della commissione esaminatrice, con provvedimento motivato, può autorizzare lo svolgimento delle prove orali del concorso per magistrato ordinario mediante videoconferenza (modalità indicata dal comma 3 dell'articolo 247 del decreto legge), garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità delle stesse prove, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

 

Si segnala che con riguardo al concorso notarile e all'esame di abilitazione alla professione forense, l'articolo 254 del decreto-legge, pur consentendo la possibilità di svolgere mediante videoconferenza le prove orali, prevede comunque l'obbligatoria presenza presso la sede della prova di esame, del presidente della commissione o di un componente da questi delegato, del segretario della seduta e soprattutto del candidato da esaminare.

 

Il comma 5 dell’articolo precisa che il mancato rispetto delle cadenze e dei termini di cui all’articolo 6, commi 1, 2 e 7, del decreto legislativo n. 160 del 2006 con riguardo ai lavori della commissione esaminatrice, dovuto alla necessità di rispettare le norme e le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo non è valutabile ai fini dell’applicazione del comma 8 dello stesso articolo 6.

 

L’articolo 6 del decreto legislativo n. 160 del 2006 reca una specifica disciplina dei lavori della commissione esaminatrice. Tale disposizione prevede che la commissione esaminatrice, durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola i propri lavori in modo da formare la graduatoria entro il termine di nove mesi a decorrere dal primo giorno successivo a quello di espletamento dell'ultima prova scritta (comma 1) e che l'intera procedura concorsuale sia espletata in modo da consentire l'inizio del tirocinio dei magistrati ordinari entro dodici mesi dalla data di conclusione delle prove scritte del relativo concorso (comma 2). Sempre l’articolo 6 stabilisce che: a) i lavori della commissione sono articolati in ragione di un numero minimo di 10 sedute alla settimana, delle quali 5 antimeridiane e 5 pomeridiane, salvo assoluta impossibilita? della commissione stessa (comma 3); b) per ciascun mese le commissioni esaminano complessivamente gli elaborati di almeno 600 candidati (comma 7). Generalmente: si formano 2 sottocommissioni (ciascuna composta da 9 membri); all’interno di ciascuna sottocommissione, operano 3 collegi (ciascuno composto da 3 membri); ciascuna sottocommissione valuta al giorno gli elaborati di 11-12 candidati, lavorando dal lunedì? al venerdì?. Il mancato rispetto delle cadenze di cui sopra può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente da parte del C.S.M. (comma 8).


 

Articolo 254
(Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense)

 

 

L’articolo 254 consente l'applicazione delle modalità di collegamento a distanza anche con riguardo alle procedure di correzione delle prove scritte e l'espletamento di quelle orali rispettivamente del concorso notarile bandito con decreto dirigenziale del 16 novembre 2018 e dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense bandito con decreto del Ministro della giustizia dell'11 giugno 2019.

 

In particolare la disposizione (comma 1) consente con riguardo al concorso per esame a 300 posti per notaio bandito con decreto dirigenziale 16 novembre 2018 e all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato bandito con decreto del Ministro della giustizia 11 giugno 2019, la possibilità di correzione degli elaborati scritti con modalità di collegamento a distanza, ai sensi dell’articolo 247, comma 7 (vedi relativa scheda di lettura).

 

Per quanto riguarda il concorso notarile, bandito con decreto dirigenziale del 16 novembre 2018, le prove scritte si sono svolte nell’aprile 2019. Alla data del 29 febbraio 2020 sono state esaminate le prove di 860 candidati (su 1585), dei quali 572 sono risultati idonei.  A partire dal 25 maggio 2020, proprio ai sensi della disposizione in commento è stata consentita la correzione degli elaborati scritti con modalità di “collegamento a distanza”. Alla data del 30 giugno 2020 risultano aperte 990 buste per le quali sono stati valutati idonei n.162 candidati.

 

Relativamente all’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, bandito con il decreto del Ministro della giustizia dell’11 giugno 2019, le prove scritte si sono svolte nelle giornate del 10-12 dicembre 2019. Si ricorda inoltre che l’articolo 5 del decreto-legge n. 22 del 2020, (conv. l. n. 41 del 2020) ha sospeso fino all’8 giugno (60 gg a decorrere dal 9 aprile 2020, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 22) lo svolgimento delle procedure concorsuali previste dagli ordinamenti delle professioni regolamentate sottoposte alla vigilanza del Ministero della giustizia e degli esami di abilitazione per l’accesso alle medesime professioni, ivi inclusa, quindi, quella forense[99].

 

Ai sensi del comma 2 il presidente della commissione notarile (nominata a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166) e il presidente della commissione centrale su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d’appello (nominate a norma dell’articolo 22 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578) possono autorizzare la correzione da remoto degli elaborati scritti, purché siano mantenuti i medesimi criteri di correzione già adottati dalle commissioni d’esame. In tali casi il presidente della commissione notarile e i presidenti delle sottocommissioni per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato (questi ultimi in conformità ai criteri organizzativi uniformi stabiliti dalla commissione centrale):

§  fissano il calendario delle sedute,

§  stabiliscono le modalità telematiche con le quali effettuare il collegamento a distanza e

§  dettano le disposizioni organizzative volte a garantire la trasparenza, la collegialità, la correttezza e la riservatezza delle sedute, nonché a rispettare le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei commissari e del personale amministrativo.

 

L'articolo 5 del decreto legislativo n. 166 del 2006 disciplina la composizione della Commissione esaminatrice per il concorso notarile. La commissione esaminatrice (la stessa per esame scritto ed esame orale) è composta da:

a)    un magistrato di cassazione, con funzioni direttive superiori, che la presiede;

b)   un magistrato idoneo alla nomina in cassazione, con funzioni di vice presidente;

c)    sette magistrati con qualifica di magistrato di appello;

d)   sei professori universitari, ordinari o associati, che insegnino materie giuridiche; 

e)    nove notai che abbiano almeno dieci anni di anzianità nella professione.

 

L’articolo 22 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578 prevede che entro trenta giorni dalla pubblicazione del bando di esame devono essere, sempre con decreto del Ministro della giustizia, nominati la commissione centrale, con sede presso  il Ministero della giustizia (comma 3) e, presso ogni sede di Corte di appello, una sottocommissione avente composizione (per le composizioni della commissione e sottocommissione vedi infra) identica alla commissione centrale (comma 4). Nel caso in cui il numero dei candidati che hanno presentato la domanda di ammissione superi le trecento unità presso ciascuna Corte di appello, con decreto del Ministro della giustizia da emanare prima dell’espletamento delle prove scritte, si prevede che vengano nominate ulteriori sottocommissioni, costituite ciascuna da un numero di componenti pari a quello della sottocommissione nominata ai sensi del comma 4 e da un segretario aggiunto (comma 7).

 

Lo stesso articolo 254– al comma 3 – stabilisce che il presidente della commissione nominata per il concorso notarile e il presidente della commissione centrale per l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d’appello, possono autorizzare, per gli esami orali delle procedure di cui al comma 1 programmati sino al 30 settembre 2020, lo svolgimento mediante videoconferenza (ex art. 247, comma 3 del decreto legge), ferma restando la presenza, presso la sede della prova di esame, del presidente della commissione notarile o di altro componente da questi delegato, del presidente della sottocommissione per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato, nonché del segretario della seduta e del candidato da esaminare. Devono essere comunque rispettate le prescrizioni sanitarie relative all’emergenza epidemiologica da COVID-19 a tutela della salute dei candidati, dei commissari e del personale amministrativo.

 

Nel caso in cui l'esame orale sia espletato attraverso modalità telematiche spetta al Presidente impartire, ove necessario, disposizioni volte a disciplinare l’accesso del pubblico all’aula di esame (comma 4).

 

Si valuti, anche alla luce di quanto specificato nella relazione illustrativa, l'opportunità di specificare che si tratta di un accesso "telematico".

 

Il comma 5 prevede che la disciplina dettata dai commi 3 e 4 trovi applicazione anche con riguardo alle prove orali dell’esame per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori bandito con decreto dirigenziale 10 aprile 2019.

 

Per essere ammessi alle sessioni d’esame gli aspiranti candidati devono dimostrare di possedere questi requisiti:

§  essere attualmente iscritti nell’albo degli avvocati

§  avere esercitato la professione per almeno cinque anni dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello, o per almeno un anno qualora già iscritti all’albo degli avvocati al momento dell’entrata in vigore della legge 24 febbraio 1997, n. 27;

§  aver compiuto lodevole e proficua pratica di almeno cinque anni presso lo studio di un avvocato che eserciti abitualmente il patrocinio davanti alla Corte di cassazione.

I candidati che, alla data di entrata in vigore della legge 24 febbraio 1997, n. 27, erano iscritti all’albo degli avvocati da almeno un anno devono aver compiuto lodevole e proficua pratica di un anno, decorrente dalla iscrizione a detto albo, presso lo studio di un avvocato che presti abitualmente il suo patrocinio dinanzi la Corte di cassazione. Inoltre, gli aspiranti candidati devono trovarsi nelle condizioni richieste prima della scadenza del termine stabilito per la presentazione delle domande di ammissione all’esame.

Si ricorda che il superamento dell’esame è uno dei requisiti ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 247 del 2012 per l’iscrizione all'Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

 

Con decreto dirigenziale 10 aprile 2019 è stata indetta una sessione di esame per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di Cassazione ed alle altre giurisdizioni superiori. Con decreto 18 luglio 2019 è stata nominata la relativa Commissione d’esame. Le prove scritte dell’esame per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori, per l’anno 2019, si sono svolte nel novembre 2019.

 

 

Il comma 6 reca infine una modifica all'articolo 47 (che disciplina la composizione delle Commissioni di esame), della legge n. 247 del 2012, volta a consentire anche ai professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche in pensione di far parte (sia come componenti effettivi che come supplenti) delle Commissioni di esame.

 

L'articolo 47, comma 1, della legge n. 247 del 2012, disciplina la composizione della commissione di esame (vedi supra). Essa deve essere composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali:

§  tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede;

§  un effettivo e un supplente sono di regola prioritariamente magistrati in pensione, e solo in seconda istanza magistrati in servizio;

§  un effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche.

 

Come ha precisato la giurisprudenza (si veda Consiglio di Stato Adunanza Plenaria Ordinanza 12-14 dicembre 2018, n. 18) con l'articolo 47 è venuto meno il principio c.d. di fungibilità dei componenti delle commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all'esercizio delle professioni forensi in precedenza applicabile ex art. 22, comma 5° del R.D.L. n. 1578/1933. Ne consegue che nelle Commissioni, sia centrale che nelle sottocommissioni, deve essere assicurata la necessaria presenza di componenti appartenenti a tutte e tre le diverse categorie (classe forense, mondo accademico e magistratura).

 

 


 

Articolo 255
(Misure straordinarie per la celere definizione e per il
contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti)

 

 

L’articolo 255 autorizza il Ministero della giustizia ad assumere un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, in aggiunta alla facoltà di assunzioni ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, con la specifica finalità di dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché per assicurare l’avvio della digitalizzazione del processo penale.

 

Il comma 1 autorizza il Ministero della giustizia ad assumere un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1, nel biennio 2020-2021, anche in sovrannumero rispetto all’attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate, con decorrenza non anteriore al 1° settembre 2020 e con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi.

Finalità della disposizione è dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché assicurare l’avvio della digitalizzazione del processo penale.

L’assunzione del personale di cui sopra è autorizzata ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e in deroga ai limiti di spesa di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

 

Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", all'articolo 36, comma 2, prevede che le amministrazioni pubbliche possano stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché avvalersi delle forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l'applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono stipulare i contratti di cui sopra soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale. I contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato sono disciplinati dagli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fatta salva la disciplina ulteriore eventualmente prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro (i rinvii operati dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ai contratti collettivi devono intendersi riferiti, per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche, ai contratti collettivi nazionali stipulati dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN). Il decreto precisa che non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali. Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato.

L'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" dispone il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. Stabilisce al riguardo che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Tali disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali sono tenuti ad adeguarsi le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico sugli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

Il comma 2 stabilisce che le assunzioni di cui al comma 1 si svolgano secondo le procedure previste dalla legge 28 febbraio 1987, n. 56 "Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro", e successive modificazioni (ossia mediante il ricorso ai centri per l’impiego). In alternativa, si procederà mediante colloquio di idoneità e valutazione dei titoli, nel rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza.

Fra i titoli valutabili ai sensi del presente comma sono compresi quelli di cui all’articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché l’esperienza maturata dai soggetti ulteriormente selezionati ai fini dello svolgimento delle attività di tirocinio e collaborazione presso gli uffici giudiziari, come attestato dai capi degli uffici medesimi.

 

Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, all'articolo 50, comma 1-quater, stabilisce che, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, il completamento del periodo di perfezionamento presso l'ufficio per il processo costituisce titolo di preferenza a parità di merito, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni.

L'articolo 50, comma 1-quinquies, prevede che i soggetti che abbiano completato il tirocinio formativo, di cui all'articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, e che non abbiano fatto parte dell'ufficio per il processo, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione, abbiano comunque titolo di preferenza a parità di merito, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento di cui sopra.

 

Ai fini dell'attuazione del presente articolo, il comma 3 autorizza le seguenti spese:

§  euro 12.508.014 per l’anno 2020

§  euro 37.524.040 per l’anno 2021

§  euro 25.016.027 per l’anno 2022

 

A tali spese si dovrà provvedere:

 

a)   quanto a euro 12.508.014 per l’anno 2020 e a euro 7.877.769 per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione « Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico per euro 1.700.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze per euro 2.500.000 per l’anno 2020, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 5.500.000 per l’anno 2020 e per euro 7.877.769 per l’anno 2021, l’accantonamento relativo al Ministero della difesa per euro 1.700.000 per l’anno 2020 e l’accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per euro 1.108.014 per l’anno 2020;

La missione "Fondi da ripartire" raccoglie alcuni fondi di riserva e speciali, che non hanno, in sede di predisposizione della legge di bilancio di previsione, una collocazione specifica, ma la cui attribuzione è demandata ad atti e provvedimenti successivi adottati in corso di gestione.

 

b)   quanto a euro 15.000.000 per l’anno 2021, a euro 18.000.000 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

L’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 dispone che, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è istituito un apposito "Fondo per interventi strutturali di politica economica".

 

c)   quanto a euro 14.646.271 per l’anno 2021 e a euro 7.016.027 per l’anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

La legge 23 dicembre 2014, n. 190 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge di stabilità 2015) ha previsto, all'articolo 1, comma 200, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'istituzione di un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestino nel corso della gestione, con una dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

Articolo 256
(Misure straordinarie per la definizione
dell’arretrato penale presso le Corti di appello)

 

 

L’articolo 256 è volto a incrementare di 500 unità il numero dei giudici ausiliari di Corte d’appello, ed a prevedere che gli stessi possano essere destinati anche allo smaltimento dell’arretrato penale.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 69 del 2013 (agli artt. 62-72) ha introdotto e disciplinato la figura del giudice ausiliario di Corte d'appello, giudice onorario chiamato a concorrere allo smaltimento dell'arretrato civile secondo le priorità individuate dai presidenti delle Corti stesse.

Originariamente, il decreto-legge prevedeva la nomina fino a un numero massimo di 400 giudici ausiliari, che la legge di bilancio 2018 ha ridotto a 350 unità.

Ogni giudice ausiliario è chiamato a definire, nel collegio di corte d'appello in cui è relatore, almeno 90 procedimenti all'anno (per un totale di 36.000 procedimenti definiti all'anno), con una remunerazione di 200 euro a provvedimento e un tetto massimo annuo di 20.000 euro.

L’art. 63 del decreto-legge individua le categorie professionali che possono fare domanda di nomina a giudice ausiliario. Si tratta dei magistrati a riposo (ordinari, contabili e amministrativi), dei professori universitari in materie giuridiche di prima o seconda fascia, anche a tempo determinato o a riposo (da non oltre 3 anni), dei ricercatori universitari in materie giuridiche, degli avvocati (cui l'art. 65 attribuisce preferenza a fini della nomina) e dei notai (per entrambe le ultime due categorie, anche se a riposo). Il procedimento prevede – per l'adozione del decreto di nomina da parte del ministro - una deliberazione del CSM su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio (in composizione allargata ai componenti laici) acquisito il parere - nel caso di domanda da parte di notai - del competente consiglio notarile.

I giudici ausiliari hanno una pianta organica ad esaurimento; una volta nominati sono assegnati alle singole sezioni dal presidente della Corte d'appello e di ogni collegio giudicante non può fare parte più di un giudice ausiliario. Il decreto-legge stabilisce in 10 anni il termine massimo di permanenza nell'ufficio di giudice ausiliario. La nomina ha infatti durata di cinque anni e può essere prorogata per un pari periodo con decreto del ministro della giustizia (l'incarico cessa comunque al compimento dei 78 anni d'età).

Il decreto-legge è stato attuato con il D.M. Giustizia 5 maggio 2014. In base ai dati CSM, sono attualmente coperti 333 posti di giudice ausiliario di Corte d’appello.

L’articolo 256 interviene sulla disciplina dei giudici ausiliari di Corte d’appello, con particolare riferimento alle disposizioni degli articoli 62 e 63 del decreto-legge n. 69 del 2013, introducendo con il comma 1 le seguenti novità:

§  destinazione dei giudici ausiliari non solo alla definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza, ma anche dei procedimenti penali;

§  attribuzione ai presidenti delle Corte d’appello del compito di individuare le priorità alle quali destinare i giudici ausiliari all’interno dell’ufficio, anche in attuazione dell’art. 132-bis, comma 2, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura, che demanda al presidente il compito di adottare misure organizzative per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria;

§  aumento da 350 a 850 del numero massimo dei giudici ausiliari di Corte d’appello.

 

Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro della giustizia, sentiti CSM e consigli degli ordini distrettuali, la determinazione della pianta organica a esaurimento dei giudici ausiliari, con l'indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello, e delle modalità e dei termini di presentazione delle domande.

 

Si ricorda che in base all’art. 65 del decreto-legge n. 69 del 2013, espressamente richiamato dal comma 2, il decreto ministeriale dovrà esplicitare anche i criteri di priorità nella nomina, riconoscendo preferenza agli avvocati iscritti all'albo nonché, a parità di titoli, a coloro che hanno minore età anagrafica con almeno 5 anni di iscrizione all'Albo. Della pubblicazione del decreto dovrà essere dato avviso sul sito internet del Ministero della giustizia.

In base al citato art. 65, inoltre, la pianta organica, che sostituirà quella già approvata con il D.M. Giustizia 5 maggio 2014, dovrà essere redatta tenendo conto delle pendenze e delle scoperture di organico in ciascuna Corte, cui potrà essere assegnato un numero di posti complessivamente non superiore al numero di 40 per ciascuna Corte.

 

Si valuti l’opportunità di intervenire sull’art. 65, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013 al fine di innalzare il numero massimo di giudici ausiliari assegnabili a ciascuna Corte d’appello, attualmente fissato a 40 unità, a fronte di un contingente complessivo di 350 giudici, coordinando tale previsione con l’aumento della pianta organica dei giudici ausiliari di 500 unità.

 

Il decreto dovrà essere adottato entro 2 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in commento, e dunque entro il 20 luglio 2020.

 

I commi 3 e 4 dell’art. 256 recano la copertura finanziaria dell’incremento dei giudici ausiliari, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e prevedendo che a tale spesa di faccia fronte con la corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 


 

Articolo 257
(Procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti)

 

L’articolo 257 autorizza lo svolgimento in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale alle procedure concorsuali in corso relative al personale della Corte dei conti.

 

La disposizione autorizza - fino al 31 dicembre 2020 - l'applicazione alle procedure concorsuali relative al personale della Corte dei conti, indette anche congiuntamente ad altre amministrazioni, dei principi e criteri direttivi concernenti lo svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata e attraverso l’utilizzo di tecnologia digitale.

Il Presidente della Corte dei conti determina, con proprio decreto, le modalità tecniche per l'applicazione.


 

Articolo 258
(Semplificazione di procedure assunzionali e formative

del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 258 concerne il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In particolare:

§  autorizza l'assunzione eccezionale di 25 medici a tempo determinato, per la durata di sette mesi a decorrere dal 1° giugno 2020;

§  abbrevia il periodo di prova dei vincitori del concorso a vice direttore indetto con decreto del Capo del dipartimento dei vigili del fuoco del 27 dicembre 2017, sopprimendo il tirocinio trimestrale tecnico-operativo (nonché il previo giudizio di idoneità per frequentarlo).

 

 

L'articolo contiene due distinti ordini di previsioni, relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per un primo riguardo - oggetto del comma 1 - si autorizza l'assunzione eccezionale di 25 medici a tempo determinato, per la durata di sette mesi a decorrere dal 1° giugno 2020.

Il rapporto lavorativo che si instaura è definito dalla disposizione come "rapporto di servizio" - con esecuzione immediata rispetto alla decorrenza prevista, e per la durata di sette mesi - non già come rapporto di impiego (come la disposizione esplicitamente esclude).

I medici - assegnati alle sedi di servizio individuate dall'Amministrazione - fruiscono del trattamento giuridico ed economico previsto per i vice direttori sanitari appartenenti ai ruoli direttivi sanitari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (cfr. l'articolo 178 del decreto legislativo n. 217 del 2005, come integrato dal decreto legislativo n. 127 del 2018).

Quanto alla selezione dei 25 medici, si autorizza il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno - previe intese con il Ministero della Difesa - ad avvalersi del personale medico selezionato e non assunto, nell'ambito delle procedure di arruolamento temporaneo di medici militari, secondo l'ordine predisposto dal Ministero della Difesa e previo assenso degli interessati. Qui richiamate sono le procedure delineate dall'articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 circa l'arruolamento temporaneo di medici (e infermieri) militari.

Le attività professionali sanitarie svolte da questi medici costituiscono titolo nelle procedure concorsuali per l'assunzione di personale nella qualifica di vice direttore sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per copertura degli oneri conseguenti al comma 1, il comma 3 - che li determina in 706.625 euro per l'anno 2020 - prevede si attinga mediante riduzione di autorizzazione di spesa destinata alla operatività del Servizio nazionale di protezione civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (quale recata dall’articolo 7, comma 4-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009.

 

L'articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha disposto circa un arruolamento temporaneo di medici e infermieri militari, al fine di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19.

Si tratta di un arruolamento eccezionale, per l'anno 2020, a domanda, di militari dell'Esercito italiano in servizio temporaneo, con una ferma eccezionale della durata di un anno.

Per quanto riguarda i medici, sono 120 ufficiali medici, con il grado di tenente. È personale non fornito di rapporto d'impiego, che presta servizio attivo per la durata della ferma (con trattamento giuridico ed economico equivalente ai pari grado in servizio permanente).

Essi sono arruolati, previo giudizio della competente commissione d'avanzamento, a condizione abbiano alcuni requisiti (cittadinanza italiana; età non superiore a quarantacinque anni; assenza di inidoneità permanente al servizio militare; non dimissione d'autorità da precedenti ferme nelle Forze armate; assenza di condanne o imputazioni per delitti non colposi).

Secondo il codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010) il Servizio sanitario militare (cfr. suoi artt. 181-213), tra le sue funzioni, concorre all'assistenza e al soccorso della collettività nazionale (ed internazionale) nei casi di pubbliche calamità.

 

Il comma 2 abbrevia il periodo di prova, per i vincitori del concorso pubblico a vice direttore (si intende, il concorso indetto con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del 27 dicembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie speciale Concorsi ed esami, n. 5 del 16 gennaio 2018).

Il periodo di prova, secondo la disposizione vigente (contenuta nell'articolo 144 del decreto legislativo n. 217 del 2005, l'atto che reca l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), si articola in: un corso di formazione residenziale teorico-pratica presso l'Istituto superiore antincendi, al termine del quale si sostiene un esame e consegue un giudizio di idoneità allo svolgimento del tirocinio; un successivo tirocinio tecnico-operativo presso i comandi dei vigili del fuoco, di tre mesi, al termine del quale si consegua il giudizio di idoneità ai servizi di istituto.

Ebbene, la disposizione del decreto-legge in esame pone una deroga, al fine di contrarre i tempi di copertura dei posti vacanti in organico.

Essa sopprime - per i soggetti sopra ricordati, dunque limitatamente ai vincitori del concorso a vice direttore indetto con decreto del Capo del dipartimento dei vigili del fuoco del 27 dicembre 2017 - il tirocinio trimestrale tecnico-operativo.

Secondo la scansione derogatoria, si prevede così che la fase della formazione teorico-pratica - unica rimasta, del periodo di prova - conduca ad un esame, il cui esito positivo direttamente immetta alla idoneità ai servizi di istituto.

Il giudizio di idoneità permane espresso dal Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, su proposta del direttore centrale per la formazione del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.

 

La disposizione incide sul corso di formazione per 41 vice-direttori in prova, in corso di svolgimento presso l'Istituto superiore antincendi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si ricorda che disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, incidenti sulla durata dei corsi di formazione, si rinvengono altresì nell'articolo 260 infra.

 

 


 

Articolo 259
(Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia
di procedure concorsuali)

 

 

L’articolo 259 interviene su procedure concorsuali - in atto o da indire - delle Forze armate e di polizia nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il tempo dell'emergenza e del contenimento dell'epidemia da Covid-19 - fino al termine ultimo del 31 dicembre 2021.

Dispone in particolare circa talune modalità di semplificazione dello svolgimento dei concorsi - nonché la mancata partecipazione di candidati per motivi connessi alle limitazioni di movimento imposte dal contenimento dell'epidemia.

Prevede che possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2021 alcune assunzioni, puntualmente indicate.

Una disposizione infine concerne la mancata fruizione - per motivi indifferibili connessi alla situazione creatasi con l'epidemia da Covid-19 - della licenza ordinaria, del congedo ordinario o delle ferie, da parte del personale di quelle amministrazioni.

 

L'articolo disciplina alcuni profili relativi allo svolgimento di procedure concorsuali - per l'accesso ai ruoli delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco - onde commisurarle alle peculiari condizioni dettate dall'emergenza da Covid-19.

Specifica il comma 1 che sono interessati sia i concorsi già indetti sia i concorsi da indire, per la durata dello stato di emergenza (dichiarato dal Consiglio di ministri il 31 gennaio 2020) e fino al permanere di misure restrittive o di contenimento.

È comunque posto un termine ultimo della novella disciplina qui tratteggiata: il 31 dicembre 2021.

 

Il comma 2 delinea un ambito di rideterminazione procedurale concorsuale, da effettuarsi con provvedimento omologo a quello di indizione del concorso, "anche in deroga alle disposizioni di settore dei rispettivi ordinamenti".

Tale ambito è dato dalla semplificazione delle modalità di svolgimento, altresì con possibilità di svolgimento delle prove con modalità decentrate e telematiche di videoconferenza.

Per quanto concerne lo svolgimento dei concorsi, la disposizione menziona la loro "semplificazione", includendo la composizione della commissione esaminatrice.

Rimangono fermi il profilo comparativo delle prove e lo svolgimento di almeno una prova scritta e di una prova orale, ove previste dai bandi o dai rispettivi ordinamenti (intendendosi per prova scritta anche la prova con quesiti a risposta multipla).

Così come resta fermo - aggiunge il comma 2-bis - il più generale riguardo delle modalità di accesso e delle aliquote percentuali (ove previste) di ripartizione dei posti a concorso.

Parrebbe suscettibile di approfondimento la 'latitudine' derogatoria del provvedimento omologo a quello di indizione del concorso, ove incidente su profili che fossero già disciplinati con disposizioni di atto primario.

Aggiunge il comma 3 che i medesimi provvedimenti siano efficaci dalla data di pubblicazione nei siti istituzionali delle singole amministrazioni. Per i concorsi già banditi, è però necessaria la previa pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta ufficiale per i concorsi.

 

Il comma 4 concerne i candidati che si trovino nell'impossibilità a partecipare a una fase delle procedure concorsuali per l'accesso ai ruoli e alle qualifiche delle Amministrazioni sopra dette, a seguito delle misure di contenimento del Covid-19.

Ebbene, su loro istanza questi candidati sono rinviati sostenere le prove nell'ambito del primo concorso successivo alla cessazione di tali misure.

In tal caso, le eventuali risultanze di prove valutative già sostenute entro l'originario concorso sono "prese in considerazione" secondo le disposizioni e i criteri del bando relativo al concorso cui i candidati siano rinviati.

Se idonei, i candidati sono avviati alla frequenza del relativo corso di formazione, ove previsto, qualora siano utilmente collocati nella graduatoria finale di merito di tale ultimo concorso.

Per quanto concerne la decorrenza giuridica ed economica, essa è, per i candidati rinviati ad altro successivo concorso, la medesima degli altri vincitori di quest'ultimo.

 

Il comma 5 prevede che le procedure concorsuali per l'accesso alle qualifiche e ai ruoli del personale delle Amministrazioni qui interessate possano svolgersi, in deroga alla sospensione disposta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (peraltro, poiché quella sospensione era di sessanta giorni - cfr. l'art. 87, comma 5 del decreto-legge n. 18 citato - la deroga può ritenersi inutiliter data, considerata la decorrenza del presente decreto legge).

Lo svolgimento delle procedure concorsuali deve avvenire nel rispetto di prescrizioni tecniche idonee a garantire la tutela della salute dei candidati, da determinarsi con decreto del Ministro della salute (su proposta del Ministro dell'interno, del Ministro della difesa, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione).

 

Il comma 6 concerne il "personale delle amministrazioni" delle Forze armate, Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per uno specifico riguardo, la mancata fruizione della licenza ordinaria, del congedo ordinario o delle ferie comunque spettanti, per indifferibili esigenze di servizio connesse con l'emergenza epidemiologica.

In tal caso, si prevede la facoltà di fruire dei giorni di licenza, congedo o ferie residui, entro i dodici mesi successivi ai termini previsti a ordinamento vigente.

Invero si direbbe disposizione non attinente alla materia concorsuale oggetto del presente articolo del decreto-legge.

 

Infine il comma 7 prevede che possano essere effettuate entro il 31 dicembre 2021 le assunzioni di personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco previste, per l'anno 2020, dalle seguenti disposizioni:

§  articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, in relazione alle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno 2019: sono le assunzioni per turn over (dunque nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente, e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente);

§  articolo 1, comma 287, lettera c), della legge n. 205 del 2017: ossia 2.112 unità per l'anno 2020 (entro un più ampio contingente di 7.394 unità su base quinquennale), di cui 550 nella Polizia di Stato, 618 nell'Arma dei carabinieri, 325 nel Corpo della guardia di finanza, 236 nel Corpo di polizia penitenziaria e 383 nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

§  articolo 1, comma 381, lettera b), della legge n. 145 del 2018: ossia 1.320 unità per l'anno 2020 (entro un più ampio contingente di 6.150 unità su base quinquennale), di cui 389 nella Polizia di Stato, 427 nell'Arma dei carabinieri, 227 nel Corpo della guardia di finanza, 277 nel Corpo di polizia penitenziaria;

§  articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 162 del 2019: ossia 50 unità destinate al potenziamento del Comando carabinieri per la tutela ambientale, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, a decorrere dal 1°(gradi) ottobre 2020 (delle quali 25 unità destinate all'incremento del contingente per la tutela dell'ambiente, di cui all'articolo 828 del decreto legislativo n. 66 del 2010, Codice dell'ordinamento militare).

 


 

Articolo 259-bis
(Misure per l'assunzione e la formazione di allievi agenti
del Corpo di polizia penitenziaria)

 

 

L’articolo 259-bis, introdotto nel corso dell'esame in V Commissione, autorizza l'assunzione di 650 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria, in via prioritaria mediante scorrimento della graduatoria degli idonei del concorso pubblico indetto con provvedimento direttoriale 11 febbraio 2019 e per la parte residua, della graduatoria della prova scritta del medesimo concorso.

 

In particolare la disposizione, al comma 1, per incrementare l'efficienza degli istituti penitenziaria, anche in conseguenza della situazione determinata dall'emergenza sanitaria da Covid-19, prevede per la copertura dei posti non riservati ai volontari in ferma prefissata e allo scopo di semplificare e velocizzare le procedure, l'assunzione di 650 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria di cui 488 uomini e 162 donne.

Tali assunzioni sono autorizzate nei limiti delle facoltà assunzionali non soggette alla riserva dei posti prevista per il 2020, previa individuazione delle cessazioni intervenute entro il 31 dicembre 2019 e nei limiti del relativo risparmio di spesa determinati ai sensi dei commi 9-bis e 10 dell'art. 66 del d.l. n. 112 del 2008 (conv. legge 133 del 2008).

 

Il comma 1, lett. d) dell'art. 703 del Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010) prevede che nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali del Corpo di polizia penitenziaria il 60 per cento dei posti è riservato ai volontari in ferma prefissata.

 

L’articolo 66 reca disposizioni inerenti alle assunzioni di personale e alla stabilizzazione del personale precario di pubbliche amministrazioni, volte a contenere ulteriormente il turn over presso le pubbliche amministrazioni. In particolare ai sensi del comma 9-bis i Corpi di possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente. Ai sensi del comma 10 tali assunzioni sono autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo.

A tali assunzione si deve provvedere:

§  in via prioritaria mediante scorrimento della graduatoria degli idonei del concorso pubblico a 302 posti (successivamente elevati a 376) di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, indetto con provvedimento direttoriale 11 febbraio 2019

§  per la parte residua mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta del medesimo concorso.

Con particolare riguardo allo scorrimento della graduatoria della prova scritta, l'amministrazione penitenziaria è tenuta a procedere alle assunzioni previa convocazione per gli accertamenti psico-fisici e attitudinali degli interessati, individuati secondo specifici criteri stabiliti con decreto del Direttore generale del personale e delle risorse del Dap, che tiene conto del numero residuo dei posti rispetto allo scorrimento della graduatoria degli idonei e dell'ordine decrescente del voto conseguito, ferme restando le riserve e le preferenze previste dalla normativa vigente.

 

La disposizione prevede poi (comma 2) che per il personale assunto in base alla disposizione in esame, nonché per i vincitori del concorso a complessivi 754 posti, elevati a 938, di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, indetto con provvedimento direttoriale 11 febbraio 2019, il corso di formazione di cui all'art. 6 del D.Lgs n. 443 del 1992 abbia una durata di sei mesi

 

Ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 443 del 1992, gli allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria frequentano presso le scuole un corso di durata compresa tra sei e dodici mesi, diviso in due cicli. La durata del corso è stabilita, nei limiti anzidetti, con decreto del Ministro della giustizia. Al termine del primo ciclo del corso, gli allievi che abbiano ottenuto giudizio globale di idoneità sulla base dei risultati conseguiti nelle materie di insegnamento e nelle prove pratiche e siano stati riconosciuti idonei al servizio di polizia penitenziaria sono nominati agenti in prova e vengono ammessi a frequentare il secondo ciclo, durante il quale sono sottoposti a selezione attitudinale per l'eventuale assegnazione a servizi che richiedano qualificazione. Gli agenti in prova che abbiano superato gli esami teorico-pratici di fine corso e ottenuto conferma dell'idoneità al servizio di polizia penitenziaria sono nominati agenti di polizia penitenziaria. Essi prestano giuramento e sono immessi nel ruolo secondo la graduatoria finale. Gli agenti in prova che non abbiano superato gli esami di fine corso, sempre che abbiano ottenuto giudizio di idoneità al servizio, sono ammessi a ripetere per non più di una volta il secondo ciclo. Al termine di quest'ultimo, sono ammessi nuovamente agli esami finali. Se l'esito è negativo, sono dimessi dal corso. Gli allievi e gli agenti in prova, per tutta la durata del corso, non possono essere impiegati in servizi di istituto, tranne i servizi funzionali all'attività di formazione.

 

Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria, per la quale all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo in commento si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 260
(Misure per la funzionalità delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in
materia di corsi di formazione)

 

 

L’articolo 260 autorizza la rimodulazione, l'anticipata conclusione, la temporanea sospensione o il rinvio dei corsi di formazione per il personale delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Una specifica previsione riceve la riduzione della durata dei corsi di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

 

L'articolo disciplina alcuni profili relativi allo svolgimento di corsi di formazione per il personale delle Forze armate, le Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco - onde commisurarli alle peculiari condizioni dettate dall'emergenza da Covid-19.

Specifica il comma 1 siffatte previsioni valgono per la durata dello stato di emergenza (dichiarato dal Consiglio di ministri il 31 gennaio 2020) e fino al permanere di misure restrittive o di contenimento, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

 

     Ad essere interessati - specifica il comma 2 - sono i corsi di formazione svolti presso ogni tipo di istituto di istruzione, scuola o centro di addestramento.

Per tali corsi, quelle amministrazioni possono disporre:

§  la rimodulazione del corso, al fine di definire le modalità di svolgimento della didattica e degli esami, comprese le procedure di formazione delle relative graduatorie, senza inficiare la validità dei percorsi formativi, "anche in deroga alle disposizioni di settore dei rispettivi ordinamenti" (e in caso di corsi a carattere universitario, previa intesa con gli atenei);

§  la temporanea sospensione del corso ovvero il rinvio, qualora sia prevista una data per il suo inizio.

Siffatte determinazioni sono da assumere con decreto direttoriale o dirigenziale generale, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti - e previa intesa con gli atenei interessati, in caso di corsi a carattere universitario.

Come già rilevato a proposito del comma 2 dell'articolo 259, anche per quest'altro comma parrebbe suscettibile di approfondimento la portata derogatoria di tali determinazioni.

 

Il comma 3 prevede altresì la possibilità di una conclusione anticipata dei corsi di formazione (se a carattere universitario, previa intesa con gli atenei interessati).

Essa interviene allorché lo svolgimento del corso fino ad allora effettuato abbia comunque raggiunto gli obiettivi formativi prescritti dai rispettivi ordinamenti. In tal caso, resta ferma la validità dei corsi e delle prove già sostenute ai fini della formazione delle graduatorie di merito.

Per il personale coinvolto nella anticipata conclusione del corso di formazione, è corrispondentemente aumentata la permanenza per l'accesso alla qualifica o al grado superiore, qualora essa sia prevista decorrere dalla data di conclusione del corso di formazione.

La conclusione anticipata, è disposta con decreto del Ministro competente o con decreto dirigenziale generale.

 

Nell'ipotesi non già di conclusione anticipata bensì di sospensione dei corsi (prevista dal comma 2), il comma 4 prevede siano mantenuti i gradi e le qualifiche possedute dai frequentatori nonché la condizione giuridica degli allievi, con il relativo trattamento giuridico ed economico fino alla ripresa dei corsi.

I frequentatori e gli allievi sono destinati, compatibilmente con il rispettivo stato giuridico, a funzioni ausiliarie del personale già in servizio presso gli uffici, reparti o istituti di interinale assegnazione da individuare a cura di ciascuna Amministrazione - ovvero gli uffici, reparti o istituti di istruzione di provenienza, se i discenti già appartengano ai ruoli dell'Amministrazione.

Per i frequentatori e gli allievi che indi concludano positivamente il corso, il tempo di applicazione del regime di sospensione è considerato valido ai fini della permanenza richiesta per l'accesso alla qualifica o al grado superiore.

 

     Per quanto concerne le assenze dai corsi di formazione - anche se antecedenti l'entrata in vigore del presente decreto, purché riconducibili a motivi comunque connessi alla vicenda epidemiologica in atto - il comma 5 dispone che esse non concorrano al raggiungimento del limite di assenze il cui superamento comporti il rinvio, l'ammissione al recupero dell'anno o la dimissione dai medesimi corsi.

 

     In caso di rinvio o sospensione dei corsi, non se ne tiene conto ai fini del transito interno tra ruoli, il quale dunque ha la giuridica decorrenza - fermi restando i requisiti richiesti per l'iscrizione in ruolo, altri rispetto alla frequenza di un corso - che avrebbe avuto se la sospensione o il rinvio non vi fossero stati. Così prevede il comma 6.

 

Il comma 7 autorizza - per gli anni 2020, 2021 e 2022 - la riduzione della durata dei corsi di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

Siffatta diminuzione della durata dei corsi di formazione è disposta con decreto, rispettivamente, del Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza e del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.

Per gli allievi agenti della Polizia di Stato: rimane fermo il primo semestre finalizzato, previa attribuzione del giudizio di idoneità, alla nomina ad agente in prova. Di contro può essere ridotto nella durata il secondo semestre finalizzato al completamento del periodo di formazione presso gli istituti di istruzione e all'applicazione pratica presso reparti o uffici della Polizia di Stato.

La deroga così autorizzata investe, dell'articolo 6-bis del d.P.R. n. 335 del 1982 ("Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia"), altresì il comma 4 (oltre al comma 1 là dove questo prevede l'articolazione in due semestri), il quale prevede che durante la prima fase del secondo semestre gli agenti in prova permangano presso gli istituti di istruzione per attendere alle attività previste dal piano di studio, ed solo al termine di tale fase, completate e superate tutte le prove d'esame ed ottenuta la conferma del giudizio di idoneità, prestino giuramento e siano assegnati agli uffici dell'amministrazione della pubblica sicurezza, ove svolgono un periodo di applicazione pratica.

Per gli allievi agenti di Polizia, la riduzione della durata del corso di formazione è corredata dalla riduzione del numero massimo di assenze consentite, proporzionalmente alla misura della riduzione di durata.

 


 

Articolo 260-bis
(Concorsi e assunzioni allievi agenti della Polizia di Stato)

 

 

L’articolo 260-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente,  autorizza l'assunzione di allievi agenti della Polizia di Stato mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta di esame del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato bandito con decreto del 18 maggio 2017, con la finalità di definire i contenziosi insorti con riguardo al possesso dei requisiti di partecipazione. Determina, a tal fine, i criteri per procedere alla relativa assunzione. Dispone inoltre che l'amministrazione della pubblica sicurezza proceda alle suddette assunzioni a valere sulle facoltà assunzionali previste per l'anno 2020, entro un massimo di 1.650 unità, e per l'anno 2021, entro un massimo di 550 unità, quale quota parte delle relative facoltà assunzionali

 

Il nuovo articolo 260-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, autorizza, al comma 1, l'assunzione degli allievi agenti della Polizia di Stato, nei limiti delle facoltà assunzionali non soggette alle riserve di posti in favore dei volontari in ferma prefissata mediante scorrimento della graduatoria della prova scritta di esame del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato bandito con decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 18 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a Serie speciale – n.?40 del 26 maggio 2017.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 703, comma 1, lett. c), del codice dell'ordinamento militare è riservato ai volontari in ferma prefissata il 45 per cento dei posti nei concorsi relativi all’accesso nelle carriere iniziali della Polizia di Stato.

 

Finalità della previsione del comma 1, secondo quanto evidenziato nella norma, è quella di “definire i contenziosi” insorti con riguardo al possesso dei requisiti di partecipazione e semplificare le procedure per la copertura dei posti non riservati di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n.?66.

 

In proposito si ricorda che, da ultimo, il 25 maggio 2020 il Tar Lazio (sez. I quater, 25 maggio 2020, n. 5504) ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 97 e 3 Cost., con riguardo alla legge 11 febbraio 2019, n. 12, che ha modificato, in sede di conversione, l’art. 11 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, introducendo il comma 2-bis, con specifico riferimento alla lett. b), nella parte in cui stabilisce che si procede all’assunzione dei soggetti risultati idonei alla prova scritta d'esame del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato secondo l'ordine decrescente del voto in essa conseguito “purché in possesso, alla data del 1 gennaio 2019, dei requisiti di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, nel testo vigente alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2018, n. 145, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 2049 del citato codice dell'ordinamento militare”. Il Tar Lazio ha evidenziato in particolare come “la legge in questione, oltre ad avere il contenuto sostanziale di un provvedimento amministrativo, presenta una evidente natura retroattiva, atteso che produce effetti sulla graduatoria del concorso che era stata pubblicata in data 27 ottobre 2017, quindi in data antecedente l’entrata in vigore della l. 11 febbraio 2019, n. 12”.

 

In tale sede il Tar Lazione ha rilevato, in particolare, come non tutti i candidati utilmente collocati in graduatoria, che avrebbero potuto aspirare alla assunzione mediante scorrimento, purché in possesso dei requisiti psicofisici e attitudinali, da accertare caso per caso, sono stati convocati per le prove d’idoneità. In particolare, sono stati esclusi tutti coloro che hanno superato il limite di età di 26 anni oppure che non sono in possesso del titolo di studio secondario superiore, pur essendo essi in possesso dei requisiti stabiliti dal bando di concorso per la partecipazione alla selezione. “Si è trattato, in sostanza, di una legge-provvedimento ad efficacia retroattiva”, viene evidenziato in tale pronuncia.

 

E’ stata richiamata al riguardo la giurisprudenza costituzionale che ha definito leggi provvedimento quelle leggi che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 114 del 2017; n. 24 del 2018), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (cfr. sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009). E tali leggi devono soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimità costituzionale per il pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio, con l'ulteriore precisazione che tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto più marcata sia la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (cfr. sent. 20 novembre 2013, n.275).

Il Tar Lazio ha evidenziato come la particolarità della norma (predetto comma 2-bis) consiste non solo nella applicabilità limitata ad un singolo concorso, da cui consegue la qualificazione di essa come legge-provvedimento, ma, soprattutto, nella introduzione di un criterio di selezione non previsto dal bando (età non superiore a 26 anni, oltre che titolo di studio superiore a quello precedentemente richiesto). “Ancora più straordinaria è la circostanza che questo nuovo criterio di selezione, anagrafico e culturale, sia stato introdotto dopo la formazione della graduatoria”.

“La graduatoria, in sostanza, è stata modificata a posteriori, in modo da escludere dall’assunzione numerosi candidati utilmente classificatisi in base al criterio meritocratico (voto della prova scritta) a beneficio di altri candidati, meno meritevoli, stando ai criteri di valutazione concorsuali, ma più giovani di età (o anche in possesso di un titolo di studio superiore).

La modificazione della graduatoria, in questo risiede la particolarità della fattispecie, non è stata disposta con un provvedimento amministrativo, ma con la legge di conversione di un decreto legge.

Se la decisione di modificare la graduatoria di merito, escludendo alcuni candidati dalle prove di idoneità, in applicazione di una causa di esclusione introdotta dopo lo svolgimento della prova d’esame, fosse stata eseguita con un atto amministrativo, non vi è dubbio che quell’atto sarebbe stato annullato dal giudice amministrativo, per palese illegittimità.

Costituisce, infatti, jus receptum nell'ordinamento il principio che, di regola, la disciplina dei requisiti di ammissione ai pubblici concorsi non può essere modificata allorquando il concorso sia già in itinere (Cons. St., sez. III, 30 settembre 2015, n. 4573).

In linea di principio, le norme sopravvenute non devono essere applicate ai concorsi già banditi, tranne il caso in cui esse abbiano carattere interpretativo, non potendo essere alterati i presupposti giuridici del procedimento concorsuale.

Modificare le “regole del gioco” mentre la “partita” è in corso determinerebbe la violazione della par condicio dei partecipanti e del principio di tutela dell'affidamento (nella specie: dell'affidamento riposto dai candidati nel bando di concorso, atto costituente la lex specialis della procedura selettiva, sempreché non in contrasto con norme imperative vigenti al momento della sua emanazione).

Nel caso controverso, invece, come già detto, la modificazione, in senso restrittivo, dei requisiti di partecipazione al concorso è intervenuta con una legge-provvedimento che ha riaperto la procedura concorsuale, ammettendo alla prosecuzione della stessa solo i candidati in possesso di requisiti diversi da quelli stabiliti per l’ammissione alla prova di esame.

Si è trattato di disposizione formalmente legislativa, ma priva dei caratteri di generalità e astrattezza, disciplinando una ed una sola procedura concorsuale, quella avviata con il bando di concorso adottato con il decreto del Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza del 18 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a Serie speciale - n. 40 del 26 maggio 2017, riaperta, dopo lo svolgimento della prova scritta, al fine di consentire le assunzioni autorizzate dalla legge mediante scorrimento della graduatoria già definita.

Trattandosi di atto formalmente legislativo, esso è sottratto ai rimedi approntati dall’ordinamento avverso gli atti della pubblica amministrazione, posto che la garanzia della tutela giurisdizionale viene soddisfatta mediante le tecniche rimediali normalmente previste per gli atti legislativi, potendo gli stessi essere sottoposti al sindacato della Corte Costituzionale, previa intermediazione del giudice rimettente.

In linea generale la giurisprudenza riconosce che, quando una determinazione normalmente devoluta alla discrezionalità della pubblica amministrazione viene adottata con legge, non essendo previsto dall’ordinamento un sindacato diffuso di costituzionalità delle leggi, al privato cittadino è consentito chiedere al giudice adito la rimessione della questione di legittimità costituzionale della legge provvedimento alla Consulta, previa delibazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione, non tollerando gli artt. 24 e 113 della Costituzione alcuna sacca di immunità per l’operato della P.A. Il ricorso avverso la legge-provvedimento contiene, in pratica, le medesime censure che sarebbero state sollevate nei riguardi del provvedimento che la P.A. ha sostituito con l’atto legislativo (Tar Lecce, 19 ottobre 2007, n. 3631).

Ne consegue che lo scrutinio di legittimità costituzionale della legge-provvedimento deve avvenire alla luce del principio della ragionevolezza. Sostanzialmente, il sindacato costituzionale si sostituisce al giudizio sull’eccesso di potere, posto che il contrasto con il canone della ragionevolezza si rivela il risultato di un giudizio sul merito delle scelte del legislatore che potrebbero rivelarsi “espressione di un uso distorto della discrezionalità che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura, per così dire, sintomatica di eccesso di potere e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l’ordinamento assegna alla funzione legislativa” (Corte cost. n. 313 del 1995).

Invero, la ragionevolezza difetta laddove “la legge manchi il suo obiettivo e tradisca la sua ratio” (Corte cost. sent. n. 43 del 1997). “Ripetutamente, infatti, la Corte ha affermato che la legittimità delle leggi provvedimento deve essere valutata in relazione al loro specifico contenuto; esse, proprio in relazione al pericolo di ingiustificate disparità di trattamento, che è insito nella adozione di diposizioni legislative di tipo particolare, sono soggette ad un controllo stretto di costituzionalità, essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della ragionevolezza, in tal modo garantendo i soggetti interessati dagli effetti dell’atto, il cui scrutinio sarà tanto più stringente quanto più marcati sono i profili provvedimentali caratteristici della legge soggetta a controllo (così ex plurimis, sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007)” (Corte cost. 8 ottobre 2010, n. 289).

In tal modo operando, la legge ha obbligato l’Amministrazione ad applicare i nuovi requisiti di ammissione ad una procedura concorsuale già svolta e conclusa con l’approvazione della graduatoria di merito, di cui si è disposto lo scorrimento, così andando ad incidere su situazioni giuridiche già consolidate a seguito dello svolgimento di una fase autonoma del concorso, chiusa in data 27 ottobre 2017, con conseguente lesione del legittimo affidamento dei candidati utilmente classificati nella relativa graduatoria”.

E’ stato altresì ricordato come in base alla giurisprudenza costituzionale: “al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall’efficacia a ritroso della norma adottata. Tra tali valori – costituenti limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi – sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario” (Corte cost. 12 aprile 2017, n. 73).

Viene inoltre ricordato dal Tar Lazio come, prima dello scorrimento impugnato, il Ministero, con il proprio decreto n. 333-A/9802 A.2 del 29/10/2018, aveva proceduto ad un altro scorrimento della graduatoria concorsuale, incrementando i posti disponibili ai fini dell’assunzione e assumendo, secondo l’ordine della graduatoria, tutti i candidati già convocati e risultati idonei alle verifiche psico-attitudinali e di efficienza fisica.

In conclusione il Tar Lazio evidenzia, in tale atto, che “non si dubita della legittimità costituzionale di una norma di legge che abbia modificato, in senso restrittivo, i requisiti di accesso alle forze di polizia, introducendo un limite di età inferiore e richiedendo un titolo di studio più elevato, rientrando nella discrezionalità legislativa la determinazione di tali requisiti, sempre che i nuovi requisiti non siano applicati retroattivamente”. Neppure si dubita della legittimità costituzionale di una norma di legge che, al fine di accelerare la procedura di assunzione degli agenti di polizia, anziché bandire un nuovo concorso, abbia disposto lo scorrimento della graduatoria di un concorso già espletato. Ciò che appare irragionevole, intrinsecamente contraddittorio e in contrasto con i principi costituzionali di imparzialità della pubblica amministrazione e di eguaglianza di tutti i cittadini che abbiano partecipato ad un concorso pubblico, nonché di certezza del diritto e di rispetto del legittimo affidamento, è l’opzione di attingere ad un concorso già espletato, modificando retroattivamente i requisiti di ammissione e procedendo allo scorrimento di una graduatoria che viene modificata dopo la conclusione degli esami, escludendo dalla stessa taluni concorrenti e procedendo all’assunzione di altri candidati, sulla base di un criterio di selezione inesistente al momento dello svolgimento delle prove d’esame”.

 

L’articolo 260-bis dispone inoltre (comma 2) che l'amministrazione della pubblica sicurezza proceda alle suddette assunzioni a valere sulle facoltà assunzionali previste per l'anno 2020, entro un massimo di 1.650 unità, e per l'anno 2021, entro un massimo di 550 unità, quale quota parte delle relative facoltà assunzionali, previa individuazione delle cessazioni intervenute rispettivamente negli anni 2019 e 2020 e nei limiti dei relativi risparmi di spesa determinati in base alle unità cessate (come disposto dall'articolo 66, commi 9-bis e 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.?112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.?133).

Il totale complessivo delle assunzioni autorizzate in base al nuovo art. 260-bis è quindi pari a 2.200 unità (quale tetto massimo) per gli anni 2020 e 2021.

 

La disposizione stabilisce che si provveda con riguardo ai soggetti:

a) risultati idonei alla relativa prova scritta d'esame e secondo l'ordine decrescente del voto in essa conseguito, purché abbiano ottenuto alla predetta prova scritta una votazione pari o superiore a quella minima conseguita dai soggetti destinatari della disposizione di cui all'articolo 11, comma 2-bis, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n.?135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n.?12, ferme restando le riserve e le preferenze applicabili secondo la normativa vigente alla data dell'indizione della procedura concorsuale per l'assunzione di 893 allievi agenti (pubblicata nella GU del 26 maggio 2017);

b) che siano stati ammessi con riserva alla fase successiva della suddetta procedura concorsuale in forza di provvedimenti del giudice amministrativo, ovvero che abbiano tempestivamente impugnato gli atti di non ammissione con ricorso giurisdizionale ovvero con ricorso straordinario al Capo dello Stato tempestivamente e ritualmente proposti, e che i giudizi siano pendenti;

La previsione in esame sembra dunque applicarsi solo a coloro che hanno impugnato tempestivamente gli atti in sede giurisdizionale.

c) che risultino idonei all'esito degli accertamenti dell'efficienza fisica, psicofisici e attitudinali previsti dalla disciplina vigente, ove non già espletati.

 

Resta fermo (comma 3) che l'amministrazione della pubblica sicurezza procede all'assunzione dei soggetti inclusi nell'elenco allegato al decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 13 agosto 2019, degli aspiranti in possesso dei requisiti della procedura assunzionale (di cui all'articolo 11, comma 2-bis, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n.?135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n.?12) nel rispetto dei limiti e delle modalità di cui al comma 2, primo periodo, quindi fino a 2.200 unità per gli anni 2020 e 2021.

In proposito si ricorda che il 3 agosto 2019 è stato pubblicato il decreto per l'avvio al corso di formazione di 1851 allievi agenti della Polizia di Stato, selezionati tramite la procedura di assunzione prevista dal citato art. 11, comma 2 bis, del decreto-legge n. 135/2018, recante, all’Allegato 1 , l’elenco degli aspiranti in possesso dei requisiti per l'assunzione e, all’Allegato 2 , l’elenco degli aspiranti da avviare al corso di formazione.

 

La posizione in ruolo dei soggetti da assumere, secondo l'ordine decrescente di voto conseguito nella prova scritta d'esame, è determinata in base ai punteggi ottenuti in quest'ultima e all'esito del corso di formazione, secondo la normativa vigente (comma 4).

 

Gli interessati sono avviati a uno o più corsi di formazione secondo le disponibilità organizzative e logistiche degli istituti di istruzione dell'amministrazione della pubblica sicurezza (comma 5).

 

Si dispone infine (commi 6 e 7), che si provvede nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e che, quale conseguenza delle previsioni in esame, può essere rideterminato il numero dei posti di allievi agenti della Polizia di Stato previsti dai concorsi successivamente indetti.

In particolare la norma fa riferimento al concorso indetto con decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 29 gennaio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale– 4a Serie speciale – n.?9 del 31 gennaio 2020, e con decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza 13 maggio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale– 4a Serie speciale – n.?38 del 15 maggio 2020.


 

Articolo 261
(Procedure assunzionali per il Dipartimento della protezione civile)

 

 

L’articolo 261 autorizza la Presidenza del Consiglio dei ministri, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, ad indire procedure di reclutamento per le esigenze del Dipartimento della protezione civile e ad assumere a tempo indeterminato, tramite concorso pubblico ovvero utilizzo di graduatorie vigenti di concorsi pubblici, trenta unità di personale di qualifica non dirigenziale e specializzazione di tipo tecnico.

 

La disposizione in esame interviene per autorizzare l’assunzione di trenta unità di personale in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali con la finalità di assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile per fronteggiare le crescenti richieste d'intervento in tutti i contesti di propria competenza, nonché con riferimento alle complesse iniziative in atto per la gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19.

L’assunzione è autorizzata tramite lo svolgimento di concorso pubblico ovvero mediante utilizzo di graduatorie vigenti di concorsi pubblici.

Il personale in questione è inquadrato nella categoria A, fascia retributiva F1, del ruolo speciale della protezione civile per l'espletamento delle specifiche funzioni di coordinamento in materia di protezione civile. Ai sensi dell’articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 sono infatti presenti nell'àmbito della Presidenza del Consiglio i ruoli speciali tecnico-amministrativi del personale dirigenziale e del personale non dirigenziale della Protezione civile.

 

Ai relativi oneri finanziari, pari ad euro 1.166.608 per l’anno 2020 e a euro 1.999.899 a decorrere dall'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pubblico impiego (di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge di bilancio 2017, n. 232 del 2016).

 


 

Articolo 262
(Assunzioni di personale del Ministero
dell’economia e delle finanze)

 

 

L’articolo 262 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad avviare le procedure di reclutamento di 56 unità di personale non dirigenziale, in relazione alle specifiche esigenze connesse alla Presidenza italiana del G20 e allo sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi e delle nuove funzionalità strumentali all'attuazione della riforma del bilancio dello Stato.

 

Il comma 1 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze, in considerazione delle specifiche e straordinarie esigenze di interesse pubblico connesse allo svolgimento delle  attività connesse alla Presidenza italiana del G20[100], ai negoziati europei e internazionali, nonché allo sviluppo, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi e delle nuove funzionalità strumentali all'attuazione della riforma del bilancio dello Stato, entro il 31 dicembre 2020 avvia le procedure di reclutamento di 56 unità di personale non dirigenziale da inquadrare nel profilo di Area terza (F3), già  autorizzate dall’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019, n. 41, e dall’articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

 

L’articolo 19, comma 1, del decreto-legge n.22 del 2019 ha già autorizzato il MEF, per le attività connesse all'assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021, nonché per potenziare le attività a supporto dei negoziati europei e internazionali sui dossier economico-finanziari e nel rispetto della dotazione organica, per il triennio 2019-2021 - in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali - a bandire apposite procedure concorsuali e ad assumere a tempo indeterminato fino a 30 unità di personale di alta professionalità da inquadrare nel profilo di area terza (F3). La norma prevede che le procedure concorsuali sono svolte mediante concorsi pubblici unici (per esami o per titoli ed esami, in relazione a figure professionali omogenee) organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica per il tramite della Commissione interministeriale per l’attuazione del Progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM).

A tali procedure concorsuali si applicano modalità semplificate (da definire con Decreto del Ministro per la pubblica amministrazione), in deroga alla disciplina in materia di modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi (ex D.P.R. 487/1994), di accesso alla qualifica di dirigente (ex D.P.R. 272/2004) e di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione (ex D.P.R. 70/2013), e vengono effettuate senza il previo svolgimento delle procedure previste in materia di mobilità volontaria (art. 1, comma 360 legge di bilancio 2019).

Agli oneri assunzionali (pari ad euro 1.310.000 annui a decorrere dall'anno 2020) si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il Pubblico impiego, istituito dalla legge n. 232/2016.

Tali assunzioni possono avvenire, inoltre, in deroga alla normativa vigente (di cui articolo 1, commi 298 e 344, della legge n.145/2018, legge di bilancio per il 2019) che prevede che le assunzioni siano individuate con apposito decreto del Ministro per la P. A. di concerto con il MEF, nonchè l’obbligo per le amministrazioni beneficiarie delle risorse del Fondo per il pubblico impiego di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato i dati relativi al personale da assumere ed i relativi oneri.

 

In precedenza, l’articolo 1, comma 1130, della legge n.205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) aveva autorizzato il MEF  all’assunzione di personale a tempo determinato (per finalità di implementazione, sperimentazione e messa a regime dei sistemi informativi, nonché per le funzionalità strumentali all’attuazione della riforma del bilancio) con durata massima di 2 anni non rinnovabili. Tale personale è reclutato con selezioni pubbliche od utilizzo di graduatorie di concorsi pubblici già esistenti, nel limite massimo di 500.000 euro annui, a valere sulle disponibilità di parte corrente dell’autorizzazione di spesa relativa alla realizzazione, gestione e adeguamento delle strutture e degli applicativi informatici per la tenuta delle scritture contabili indispensabili per il completamento della riforma del bilancio dello Stato (di cui all’articolo 1, comma 188, della L. 190/2014).

 

Le procedure di reclutamento si svolgono mediante concorsi per titoli ed esame orale per l’accesso ai quali è richiesto il possesso, oltre che del titolo di studio previsto per il profilo professionale di inquadramento e la conoscenza della lingua inglese, anche di almeno uno dei seguenti requisiti pertinenti ai profili professionali richiesti:

a)   dottorato di ricerca in materie giuridiche o economiche, in diritto europeo e internazionale, o in materia di contabilità e bilancio;

b)   master di secondo livello in materie giuridiche ed economiche concernenti il diritto europeo e internazionale, nonché in materie inerenti la contabilità e il bilancio anche ai fini dello sviluppo e la sperimentazione dei relativi sistemi informativi.

 

Il comma 2 prevede che i bandi di selezione devono stabilire:

a)  i titoli da valutare e i punteggi attribuiti;

b)  lo svolgimento di un esame orale del candidato, anche finalizzato ad accertare la conoscenza della lingua inglese, nonché dell'eventuale altra lingua straniera tra quelle ufficiali dell'Unione europea a scelta del candidato[101], svolto nelle sedi e secondo le modalità che saranno indicate dall’Amministrazione, anche mediante l’utilizzo di strumenti informatici e digitali nel rispetto dei principi inerenti allo svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali recate dall’articolo 249 del presente decreto, garantendo l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

c) le modalità di composizione delle commissioni esaminatrici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Sezione III - Disposizioni in materia di lavoro agile e per il personale delle pubbliche amministrazioni

Articolo 263
(Disposizioni in materia di flessibilità del
lavoro pubblico e di voro agile)

 

 

L’articolo 263, modificato nel corso dell’esame in sede referente e a seguito del rinvio in Commissione, è finalizzato ad adeguare le misure di limitazione delle presenze del personale delle pubbliche amministrazioni sul luogo di lavoro alle esigenze della progressiva completa riapertura di tutti gli uffici pubblici e a quelle dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali prevedendo, in particolare, l’applicazione, entro il 31 dicembre 2020, del lavoro agile al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte  in tale modalità, nonché la approvazione, entro il 31 gennaio di ciascun anno, da parte delle amministrazioni pubbliche,  sentite  le   organizzazioni  sindacali, del  Piano organizzativo  del lavoro agile  (POLA). Inoltre, si istituisce presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, e si modifica la disciplina relativa alla riorganizzazione del Centro di formazione studi (FORMEZ)”, prevedendo che il Dipartimento della funzione pubblica è socio fondatore dell'associazione FORMEZ.

 

In particolare, al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 adeguano l'operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020, in deroga alle misure di cui all'articolo 87, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto-legge  17 marzo 2020,  n. 18 (sui quali cfr. infra), organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell'orario di lavoro, rivedendone l'articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l'utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 87, al cinquanta per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte  in tale modalità. In considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica, con uno o più decreti del Ministero per la Pubblica amministrazione possono essere stabilite modalità organizzative, fissati criteri e principi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile, anche prevedendo il conseguimento di precisi obiettivi quantitative e qualitative.

Alla data del 15 settembre 2020, l’articolo 87, comma 1, lettera a) cessa di avere effetto (comma 1, interamente sostituito nel corso dell’esame in V Commissione).

 

L’articolo 87, comma 1 dispone che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, la modalità ordinaria di lavoro delle amministrazioni pubbliche sia il lavoro agile, per cui, alla lett. a) si prevede la limitazione della presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell'emergenza; peraltro, alla lettera b), la norma consente di prescindere, per ragioni di efficienza e rapidità dell’azione amministrativa, dalla stipula, altrimenti necessaria, degli accordi individuali tra le parti e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 relativi alle modalità di svolgimento del lavoro agile.

Inoltre, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lettera b), e per i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti delle predette amministrazioni, imposti dai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19, le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio.

 

Le suddette amministrazioni si adeguano alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute adottate dalle competenti autorità: in particolare, la presenza dei lavoratori negli uffici all’estero di pubbliche amministrazioni è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali, fermo restando l'obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali (commi 2 e 4).Esse, inoltre, assicurano adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza. L’attuazione delle misure di cui al presente articolo è valutata ai fini della performance (comma 3).

 

Nel corso dell’esame in V Commissione sono stati, infine, inseriti il comma 4-bis e il comma 4-ter: il primo modifica l’articolo 14 della legge 124/2015, recante disposizioni in tema di “Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche”. In particolare:

a)  al comma 1 dell’articolo 14, fermo restando che “le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottano misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro”, si sopprime il riferimento a nuove modalità spazio-temporali che, “anche al fine di tutelare le cure parentali …..permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera”.  Si sopprime, altresì, il riferimento alla previsione, conseguente alla individuazione delle suddette modalità organizzative, secondo cui “le amministrazioni pubbliche adeguano altresì i propri sistemi di monitoraggio e controllo interno, individuando specifici indicatori per la verifica dell'impatto sull'efficacia e sull'efficienza dell'azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati, delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative”.

La nuova formulazione del comma 1 dell’articolo 14, ulteriormente modificata a seguito del rinvio in Commissione, prevede, invece, che “entro il 31 gennaio (in sostituzione di “31 dicembre”) di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche redigono,  sentite  le   organizzazioni  sindacali il  Piano organizzativo  del lavoro agile  (POLA),  quale sezione del documento di cui all 'articolo 10, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

 

L’articolo 10 del d.lgs 150)2009, definisce il Piano della performance e la Relazione sulla performance. In particolare, il comma 1, lett. a), dispone che, entro il 31 gennaio, sia approvato  il Piano della performance, documento programmatico triennale, che è definito dall'organo di indirizzo politico-amministrativo in collaborazione con i vertici dell'amministrazione e secondo gli indirizzi impartiti dal Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 3, comma 2, e che individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi di cui all'articolo 5, comma 01, lettera b), e definisce, con riferimento agli obiettivi finali ed intermedi ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell'amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori.

Il Piano della performance è predisposto a seguito della presentazione alle Camere del documento di economia e finanza e in caso di sua mancata adozione è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti che risultano avere concorso alla mancata adozione del Piano, per omissione o inerzia nell'adempimento dei propri compiti, e l'amministrazione non può procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati.

 

Il Piano individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene, comunque garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale. anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e  verifica  periodica  dei  risultati  conseguiti,  anche   in  termini   di  miglioramento dell'efficacia e dell’efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini,  sia  individua/mente, sia nelle loro forme associative. In caso di mancata adozione del POLA,  il  lavoro agile si applica ad almeno il 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano. A seguito del rinvio in Commissione, è stato aggiunta, in fine, la previsione che il raggiungimento delle predette percentuali è realizzato nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Inoltre, si prevede che le economie derivanti dalla applicazione del POLA, rimangano acquisite al bilancio di ciascuna amministrazione pubblica.

 

 

b)  al comma 3 dell’articolo 14, interamente sostituito, la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per la definizione degli indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo, è sostituita dal decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, sentita sempre la Conferenza unificata di cui sopra. Con questo decreto possono essere definiti, anche tenendo conto degli esiti del monitoraggio del Dipartimento della Funzione Pubblica rivolto alle pubbliche amministrazioni, ulteriori e specifici indirizzi per la attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14, della legge 22 maggio 2017, n. 81 (recante Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato),  per quanto applicabile alle pubbliche amministrazioni, nonché regole inerenti l'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere il lavoro agile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.

 

Con riferimento alla applicabilità della l. 81/2017 alle pubbliche amministrazioni, l’articolo 18 della legge in questione dispone in materia di lavoro agile, prevedendo espressamente che “le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti”.

 

Dopo il comma 3, dell’articolo 14, è inserito il comma 3-bis, che istituisce presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Comiglio dei ministri l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, che ne definisce la  composizione,  le competenze     ed    il    funzionamento, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore  della  legge  di  conversione  del   decreto  legge in esame.    Alla istituzione    e    al    funzionamento dell'Osservatorio si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La partecipazione all'Osservatorio  non  comporta la corresponsione  di  emolumenti,   compensi, indennità o rimborsi di spese comunque denominati (periodo modificato a seguito di rinvio in Commissione)

 

Il comma 4-ter, invece, modifica il comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, in materia di “Riorganizzazione del Centro di formazione studi (FORMEZ)”.

 

Il Formez - Centro di Formazione studi, disciplinato dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 285, assume la denominazione di «FORMEZ PA - Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle P.A.», ed è un'associazione riconosciuta, con personalità giuridica di diritto privato sottoposta al controllo, alla vigilanza, ai poteri ispettivi della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che rende altresì parere preventivo vincolante in ordine alla pianta organica, alla programmazione delle assunzioni, al bilancio preventivo e al bilancio consuntivo, ai regolamenti di contabilità e organizzazione, alla nomina del Direttore generale, alla costituzione di nuove società, agli atti di straordinaria amministrazione. Le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni di comuni e le comunità montane, possono entrare a far parte dell'associazione di cui al comma 1.

 

La modifica approvata comporta che il Dipartimento della funzione pubblica è socio fondatore dell'associazione FORMEZ, la sua quota associativa non può essere inferiore al 76 per cento e il diritto di voto di ciascun associato è commisurato all'entità della quota versata.

 

 

 

 


 

Articolo 263-bis
(Autorità garante della concorrenza e del mercato)

 

 

L’articolo 263-bis, introdotto in sede referente, interviene sulla disciplina del Codice del Consumo (di cui al D.Lgs. n. 206/2005, articolo 27), attribuendo all’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato il potere di ordinare, anche in via cautelare, ai fornitori di servizi di connettività alle reti internet, ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione, o, altresì, agli operatori – che in relazione ad esse forniscono servizi telematici o di telecomunicazione - la rimozione di iniziative o attività destinate ai consumatori italiani e diffuse attraverso le reti telematiche e di telecomunicazione che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta. In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, a quanto disposto dall’Autorità, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa sino a 5 milioni di euro.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che i destinatari dei predetti ordini emessi dall’AGCM hanno l’obbligo di inibire l’utilizzazione delle reti delle quali sono gestori o in relazione ai quali forniscono servizi, al fine di evitare la protrazione di attività pregiudizievoli per i consumatori e poste in violazione del Codice del Consumo.

In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo a quanto disposto dall’Autorità, essa “può applicare” una sanzione amministrativa sino a 5 milioni di euro.

La previsione opera sotto forma di novella all’articolo 27 del D.Lgs. n. 206/2005, attraverso l’inserimento di un nuovo comma 3-bis.

 

Si valuti l’opportunità di precisare che, ove l’Autorità accerti la sussistenza degli elementi di una fattispecie illecita, l’applicazione della sanzione costituisce atto dovuto e non una facoltà.

 

Il comma 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’articolo 2598 del codice civile, dispone che: “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:

1) Usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imiti servilmente i prodotti di un concorrente, o compia con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente;

2) Diffonda notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropri dei pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente;

3) Si valga direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idonei a danneggiare l’altrui azienda”.

L’articolo 2598, primo comma, n. 1), c.c. contempla l’ipotesi della concorrenza sleale cosiddetta confusoria. La legge vuole impedire che il ricorso a pratiche concorrenziali scorrette crei una situazione di confusione sul mercato, con conseguente possibile sviamento della clientela a favore dell’impresa imitatrice.

L’altra ipotesi prevista dal numero 1) dell’articolo 2598, quella della imitazione servile, si verifica quando l’imitazione dei prodotti del concorrente abbia ad oggetto elementi esteriori del prodotto imitato. L’imitazione servile può provocare due diversi fenomeni:

§  la confusione di chi acquista l’imitazione credendo di acquistare l’originale

§  la consapevolezza di chi acquista un’imitazione facendo credere agli altri che si tratta dell’originale e dunque, in ultima analisi, creando comunque un fenomeno di confusione sul mercato.

La norma configura quindi l’illiceità dell’atto sleale per il solo fatto oggettivo di realizzare una condotta potenzialmente dannosa o pericolosa per l’interesse tutelato del concorrente, prescindendo dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo all’autore dell’atto illecito; tuttavia, in caso di effettivo accertamento anche dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa l’art. 2600 c.c. prevede la condanna al risarcimento dei danni in sede civile che, in caso di concomitanza con altre fattispecie illecite, si applica in via cumulativa e concorrente alle altre sanzioni (cfr. infra, poteri dell’AGCM).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, quanto alla configurabilità dell’illecito, ha avuto modo di rilevare che “Ai fini della configurabilità della fattispecie di concorrenza sleale per appropriazione di pregi ex art. 2598, n. 2, c.c. non è sufficiente l’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa (che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma occorre che un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisca ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori. Non vi è appropriazione di pregi quando l’elemento preteso appropriato ha carattere meramente informativo e non costituisce un elemento di pregio caratterizzante i prodotti dell’impresa e la sua attività” (Cass. VI, Ord. 7.1.2016, n. 100; Cass. I, 10.11.1994, n. 9387; Trib. Bologna, 24.6.2017).

L’articolo 2601 del codice civile dispone, infine, che quando gli atti di concorrenza sleale pregiudicano gli interessi di una categoria professionale, l'azione per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa anche dalle associazioni professionali e dagli enti che rappresentano la categoria.

A tale proposito, si richiama l'art. 2, comma 8, della L. n. 580/1993, ai sensi del quale le camere di commercio possono costituirsi parte civile nei giudizi relativi ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio. Possono, altresì, promuovere l'azione per la repressione della concorrenza sleale ai sensi dell'articolo 2601 c.c..

Le pratiche commerciali scorrette ricevono tipizzazione anche in altri interventi normativi, quali quelli riguardanti i rapporti tra imprese e consumatori, nel Codice del Consumo - D.Lgs. n. 206/2005, come successivamente integrato dal D.Lgs. n. 146/2007, in recepimento della normativa europea sulla materia; e, per i rapporti tra imprese concorrenti, nel D.Lgs. n. 145/2007 di recepimento della normativa europea in materia di pubblicità ingannevole.

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è l’organo competente a rilevare d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse l’illecito, ne inibisce la continuazione ed elimina gli effetti della pubblicità ingannevole e comparativa illecita, con modalità e con i poteri, istruttori, inibitori, di fare e sanzionatori previsti dall’articolo 8 del D.Lgs.

Il citato articolo fa comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma del sopra citato articolo 2598 del codice civile, nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore, e del marchio d'impresa, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti.

Ai sensi dell’articolo 21 del Codice del Consumo, è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più degli elementi indicati dal medesimo articolo e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Tra gli elementi indicati vi sono le caratteristiche principali del prodotto, quali l'origine geografica o commerciale. L’articolo considera altresì ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso e comporti.

L’articolo 23 del Codice del consumo reca poi un elenco di pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli: tra esse, il promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore (comma 1, lett. o)).

Ai sensi dell’articolo 27 del Codice del Consumo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è l’organo competente, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, ad inibire la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ad eliminarne gli effetti. Essa esercita i poteri istruttori, investigativi, ed esecutivi, nonché applica le sanzioni ivi previste (comma 1).

In particolare, l’AGCM, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. A tale fine, essa si avvale dei poteri investigativi ed esecutivi di cui al Regolamento europeo n. 2017/2394/UE – sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa a tutela dei consumatori- anche in relazione alle infrazioni non transfrontaliere.

Per lo svolgimento dei compiti, l'Autorità può avvalersi della Guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e dell'imposta sui redditi. L'intervento dell'Autorità è indipendente dalla circostanza che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro (comma 2).

L'Autorità può inoltre disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza. In ogni caso, comunica l'apertura dell'istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione idonea ad identificarlo. L'Autorità può, altresì, richiedere a imprese, enti o persone che ne siano in possesso le informazioni ed i documenti rilevanti al fine dell'accertamento dell'infrazione (comma 3).

In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, a quanto disposto dall'Autorità circa l’obbligo di fornire informazioni ed esibire documenti, l'Autorità applica alle imprese, enti o soggetti inadempienti una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 40.000euro (comma 4).

L’articolo 27 del Codice del Consumo fa comunque salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 del codice civile, nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore, dei marchi d'impresa, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti[102].

In sintesi, in materia pratiche commerciali scorrette ai sensi del Codice del Consumo, D.Lgs. n. 206/2005 (art. 18-27) e D.Lgs. n. 146/2017 è competente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). I procedimenti sono disciplinati dalla delibera dell’AGCM del 1  aprile 2015, n. 25411. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia:

§  di atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 del codice civile,

§  di atti compiuti in violazione della disciplina del diritto d’autore protetto dalla legge n. 633/1941,

§  di atti compiuti in violazione del marchio d’impresa protetto a norma del decreto legislativo n. 30/2005,

§  delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti.

Quanto ai poteri dell’AGCM, si richiama infine anche l’articolo 9 del Regolamento n. 2017/2394/UE, richiamato nel testo dell’articolo qui in commento, che attribuisce alle Autorità degli Stati membri poteri di indagine e di esecuzione, tra i quali si ricorda:

§  il potere di adottare misure provvisorie volte a evitare il rischio di danno grave degli interessi collettivi dei consumatori;

§  il potere di rimuovere i contenuti o limitare l'accesso all'interfaccia online o imporre la visualizzazione esplicita di un'avvertenza rivolta ai consumatori quando accedono all'interfaccia online;

§  il potere di imporre ai prestatori di servizi di hosting di rimuovere, disabilitare o limitare l'accesso a un'interfaccia online; o, ove opportuno, il potere di imporre ai registri o alle autorità di registrazione del dominio di rimuovere un nome di dominio completo e consentire all'autorità competente interessata di registrarlo, anche chiedendo a terzi o ad altre autorità pubbliche di attuare tali misure.

 

 

 

 

 


 

Capo XIII -  Misure urgenti di semplificazione per il periodo di emergenza Covid-19

Articolo 264
(Semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 264, introduce alcune disposizioni tese ad accelerare e semplificare i procedimenti amministrativi, in particolare quelli aventi ad oggetto l’erogazione di benefici economici, avviati in relazione all’emergenza COVID-19.

Alcune misure hanno un’efficacia limitata al 31 dicembre 2020 (comma 1) e riguardano: l’ampliamento della possibilità per cittadini ed imprese di utilizzare le dichiarazioni sostitutive per comprovare tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti a corredo delle istanze, anche in deroga alla legislazione vigente in materia (lett. a)); la limitazione dei poteri di autotutela delle PA attraverso l’annullamento d’ufficio, la revoca e i poteri inibitori in caso di SCIA (lett. b) e c) e d)); l’obbligo di adottare entro trenta giorni il provvedimento conclusivo del procedimento nei casi di formazione del silenzio endoprocedimentale tra amministrazioni (lett. e)); semplificazioni per gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria (lett. f)).

Un secondo gruppo di disposizioni modifica alcune norme del Testo unico di documentazione amministrativa (d.P.R n. 445 del 2000), prevedendo un incremento dei controlli ex post sulle dichiarazioni sostitutive ed un inasprimento delle sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci (comma 2, lett. a)). Con ulteriori novelle al Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82 del 2005) si interviene in materia di fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e di gestione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (comma 2, lett. b) e c)).

Si dispone infine che nell’ambito di verifiche, ispezioni e controlli sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione “non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione”. È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso delle PA (comma 2, lettera d)).

 

Le disposizioni introdotte dal comma 1 dell’articolo in esame hanno efficacia, per esplicita previsione normativa, dalla data di entrata in vigore del decreto in commento (19 maggio 2020) e fino al 31 dicembre 2020: si tratta di misure volte a semplificare i procedimenti avviati in relazione all’emergenza COVID-19 a sostegno di cittadini e imprese.

 

Autocertificazioni

La lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame dispone che nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all’emergenza COVID-19, le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento.

L’ampliamento della possibilità di utilizzare le dichiarazioni sostitutive (c.d. autocertificazioni) da parte dei privati nell’ambito dei procedimenti ampliativi della sfera giuridica è disposta, in chiave di semplificazione e di accelerazione dei tempi procedimentali, anche in deroga ai limiti previsti dai citati articoli 46 e 47 o dalla normativa di settore, che delimitano il ricorso alle dichiarazioni sostitutive a determinati requisiti soggettivi ed oggettivi.

 

La dichiarazione sostitutiva di certificazione è un documento sottoscritto dall'interessato senza nessuna particolare formalità e presentato in sostituzione dei certificati: tali dichiarazioni possono riferirsi solo agli stati, qualità personali e fatti tassativamente elencati nell'articolo 46 del D.P.R. 445/2000. La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, a sua diretta conoscenza e non ricompresi nell'elencazione dell'articolo 46: in questo caso l'atto deve essere sottoscritto con firma autenticata (articolo 47 del Testo unico).

L’elenco degli stati, dei fatti e delle qualità personali attestabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione viene indicato specificamente dall’art. 46 del Testo unico. Si può attestare con dichiarazione sostitutiva di certificazione:

a) data e il luogo di nascita;

b) residenza;

c) cittadinanza;

d) godimento dei diritti civili e politici;

e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;

f) stato di famiglia;

g) esistenza in vita;

h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell'ascendente o discendente;

i) iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;

l) appartenenza a ordini professionali;

m) titolo di studio, esami sostenuti;

n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;

o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;

p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto;

q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell'archivio dell'anagrafe tributaria;

r) stato di disoccupazione;

s) qualità di pensionato e categoria di pensione;

t) qualità di studente;

u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;

v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;

z) tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;

aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;

bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;

bb-bis) di non essere l'ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;

cc) qualità di vivenza a carico;

dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri dello stato civile;

ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.

 

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà si differenzia da quella sopra descritta per il fatto che con il ricorso ad essa l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni. Ai sensi dell’art. 47 del testo unico, con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati:

§  stati, fatti e qualità personali a diretta conoscenza dell’interessato;

§  stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui si abbia diretta conoscenza, con dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante. Tale principio risponde ad esigenze di certezza del diritto e di rispetto della privacy;

§  fatti, qualità personali e stati a conoscenza del diretto interessato, non compresi nell’elenco dei dati autocertificabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione;

§  lo smarrimento di documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali dell’interessato, ai fini del rilascio dei duplicati di documenti, nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

 

La disposizione conferma il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, escludendo pertanto che la deroga possa essere ammessa in relazione a quanto previsto dalla normativa richiamata.

 

Procedimenti di autotutela: annullamento d’ufficio e revoca

La lettera b) riduce a tre mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento d’ufficio dei provvedimenti illegittimi, in deroga alla previsione dell’art. 21-nonies, co. 1, della legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990).

La disposizione riguarda esclusivamente i provvedimenti amministrativi illegittimi “adottati in relazione all’emergenza Covid-19” e fino al 31 dicembre 2020.

 

L’annullamento d’ufficio rimuove il provvedimento di primo grado. Secondo la giurisprudenza consolidata, recepita nella legge 241/1990, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d'ufficio, che ha effetti ex tunc, sono l'illegittimità originaria del provvedimento, ex art. 21-octies della legge 241/1990, l'interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità e l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è espressione di discrezionalità che non esime l'amministrazione dal dare conto, sia pure in modo sintetico, della sussistenza dei menzionati presupposti.

 

Ai sensi dell’art. 21-nonies, co. 1, della L. 241 del 1990 l’annullamento d’ufficio va adottato «entro un termine ragionevole». Tale termine non deve essere comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione del provvedimento di primo grado per i casi di annullamento d’ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.

La disposizione in esame stabilisce invece un termine di tre mesi per l’annullamento d’ufficio. Il termine decorre dall’adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso.

 

In relazione alla formulazione del testo, la disposizione in esame fa riferimento ai “provvedimenti amministrativi illegittimi ai sensi dell’articolo 21-octies della L. 241 del 1990”, mentre l’articolo 21-novies della L. 241 del 1990 dispone che l’annullamento in via di autotutela è esercitabile solo nei casi ‘classici’ di provvedimento illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza, ai sensi dell’articolo 21-octies, comma 1, della legge 241/1990, escludendo al contempo esplicitamente la possibilità di procedere ad annullamento di ufficio nei casi di cui all’articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/1990, ossia dei provvedimenti che presentino vizi cd. formali o relativi alla mancata comunicazione di avvio del procedimento (tale modifica è stata introdotta dall’art. 25, co. 1, lett. b-quater, D.L. 133/2014).

In secondo luogo, la disposizione in esame richiama, ai fini dell’annullamento d’ufficio, la “sussistenza delle ragioni di interesse pubblico”, mentre l’articolo 21-novies della L. 241 del 1990 dispone che il provvedimento può essere annullato d'ufficio, non solo in presenza di ragioni di interesse pubblico, ma altresì “tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”.

 

Tale disciplina, oggetto di ripetuti interventi normativi, è posta a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio. Ne risulta che per l'annullamento in autotutela degli atti illegittimi, oltre che sussistere un interesse pubblico ulteriore rispetto al ripristino della legalità, è richiesto che l’amministrazione operi un bilanciamento fra gli interessi coinvolti.

 

Al fine di evitare incertezze in sede di applicazione, si valuti l’opportunità di chiarire se la lettera b) individua un’ipotesi autonoma di annullamento d’ufficio ovvero se prevede un rinvio a tutti i presupposti per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela delle PA ex art. 21-novies, L. 241/1990, fatta eccezione per i ridotti limiti temporali all’esercizio del potere.

 

La disposizione infine fa salva (come previsto in via generale dall’art. 21-nonies, co. 2-bis, L. 241 del 1990) l’annullabilità d’ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. In tal caso, è comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di documentazione amministrativa, adottato con D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

 

Si ricorda che, tra le sanzioni previste dal capo VI, si prevede, qualora dai controlli a campione eseguiti dalle amministrazioni procedenti, emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (art. 75, D.P.R. 445/2000).

 

La lettera c) prevede un termine di tre mesi entro il quale la PA può intervenire, con poteri inibitori, repressivi e conformativi, sulle attività in relazione all’emergenza Covid-19 avviate sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi degli articoli 19 ss. Della L. 241 del 1990.

 

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) è una misura di liberalizzazione dell’attività del privato, in quanto sostituisce al potere autorizzatorio della pubblica amministrazione, finalizzato all’emanazione di un atto di consenso all’esercizio dell’attività, il diritto del privato di svolgere un’attività avviandone l’esercizio previa segnalazione. Resta in capo all’amministrazione un potere di controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dal privato con i presupposti e i requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale.

In base alla disciplina stabilita dall’articolo 19, L. n. 241 del 1990, come più volte modificato[103], la SCIA sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi (comma 1). Il campo di applicazione dell’istituto incontra alcune eccezioni nel caso in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per una serie di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte ad interessi particolarmente sensibili[104], e per gli atti amministrativi imposti dalla normativa europea. Ai fini della segnalazione, è prevista sul segnalante tutta una serie di obblighi e responsabilità relativi all’accertamento della sussistenza dei presupposti e requisiti[105].

L’interessato può iniziare l’attività oggetto della segnalazione dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione competente (comma 2).

Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilità di dare immediato inizio all’attività, fermo restando l’esercizio dei poteri di controllo e inibitori da parte della pubblica amministrazione, ricorrendone gli estremi.

In particolare, il comma 3 dell'art. 19 della L. 241 del 1990 attribuisce alla PA un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi)[106], esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA; mentre il successivo comma 4 prevede che, decorso tale termine, quei poteri sono ancora esercitabili "in presenza delle condizioni" previste dall'art. 21-novies della stessa L. n. 241 del 1990 (annullamento in autotutela degli atti illegittimi): si ritiene che in virtù di questo rinvio tali poteri sono esercitabili entro i successivi diciotto mesi.

 

Una volta decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di inibitoria, l’amministrazione può comunque vietare la prosecuzione dell’attività, rimuovendone gli effetti, ovvero chiedere al privato di conformarsi alla normativa vigente (comma 4). La possibilità di agire in tal senso è tuttavia condizionata dalla ricorrenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della legge.

Il comma 6-bis dell'art. 19 applica questa disciplina anche alla SCIA edilizia, riducendo il termine di cui al comma 3 da sessanta a trenta giorni e prevedendo, inoltre, che, "restano ... ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali".

 

La disposizione in esame riduce a tre mesi, nei casi richiamati in premessa, il termine per l’adozione dei provvedimenti previsti dal comma 4 dell’art. 19 della legge 241 del 1990. Viene specificato che il termine decorre dalla scadenza del termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 del medesimo articolo 19.

 

La successiva lettera d) limita la possibilità per le PA di esercitare il potere di revoca in autotutela solo per eccezionali ragioni di interesse pubblico sopravvenuto.

La disposizione, oltre ad avere efficacia temporale limitata (come le altre disposizioni del comma 1, si applica fino al 31 dicembre 2020), riguarda solo i procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all’emergenza COVID-19 (di cui alla lettera a) del medesimo comma 1).

 

L’art. 21-quinquies, L. n. 241/1990 definisce le condizioni di esercizio del potere di revoca del provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, da parte dell'amministrazione che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

In particolare, si può ricorrere alla revoca:

§  per sopravvenuti motivi di pubblico interesse:

§  nel caso di mutamento della situazione di fatto solo ove tale mutamento fosse "non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento";

§  per nuova valutazione dell'interesse pubblico originario: questa ipotesi è esclusa per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Ove la revoca di un atto amministrativo incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico (comma 1-bis).

Il potere di revoca non è soggetto a revoca.

 

La lettera e) stabilisce che nei casi in cui la normativa generale prevede meccanismi di silenzio-assenso endoprocedimentale, il responsabile del procedimento è tenuto ad adottare il provvedimento conclusivo del procedimento entro trenta giorni dal formarsi del silenzio. Le ipotesi richiamate dalla norma riguardano:

 

1)   i casi in cui, ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 2, L. 241 del 1990, trova applicazione la disciplina del silenzio assenso tra amministrazioni

La legge 241 del 1990 disciplina il meccanismo di silenzio assenso anche nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito (art. 17-bis, L. 241/1990, introdotto dall'art. 3, L. 124/2015).

 

2)   i casi di conferenza di servizi semplificata ai sensi dell’art. 14-bis, commi 4 e 5 della L. 241 del 1990;

 

In proposito, si ricorda che in caso di conferenza semplificata (in modalità "asincrona", ossia senza riunione, mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni e delle determinazioni) è stabilito un termine perentorio, comunque non superiore a 45 giorni (90 per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute), entro il quale le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Inoltre, la mancata comunicazione delle determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte entro il termine perentorio, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'UE richiedono l'adozione dei provvedimenti espressi (art. 14-bis, co. 4).

Scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni, l'amministrazione procedente, entro 5 giorni lavorativi, adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza. La determinazione di conclusione è positiva nel caso siano pervenuti atti di assenso non condizionati, o qualora le condizioni indicate possono essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza: in tali ipotesi, la determinazione sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni coinvolte. La determinazione di conclusione della conferenza sarà negativa in presenza di atti di dissenso non ritenuti superabili ed, in tal caso, avrà l'effetto di rigetto della domanda (art. 14-bis, co. 5).

3)   i casi di conferenza di servizi simultanea, ai sensi dell’art. 14-ter, comma 7 della L. n. 241 del 1990;

 

Nei casi in cui è stata indetta una conferenza simultanea (ossia in modalità sincrona, con riunione in presenza delle diverse amministrazioni coinvolte) i lavori della conferenza si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione (90 giorni nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o della tutela della salute). Entro il termine predetto, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Anche in questo caso, sono introdotti meccanismi di silenzio assenso: infatti, si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza (art. 14-ter, co. 7).

In proposito, la relazione illustrativa sottolinea che la previsione di cui alla lettera d), intende sottolineare la doverosità di andare avanti per adottare il provvedimento conclusivo, in quanto “nella prassi accade di frequente che la formazione del silenzio non “sblocchi” il procedimento ma si attenda ugualmente l’assunzione di un atto da parte dell’amministrazione coinvolta”.

Interventi per garantire la sicurezza

La lettera f) stabilisce, in via generale, che gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19 sono comunque ammessi, nel rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali.

 

Nella relazione illustrativa annessa al provvedimento in esame si sottolinea che l’intervento della lettera f) “liberalizza (sottraendoli a ogni forma autorizzativa, anche agile) gli interventi che si renderanno necessari nella fase della ripartenza successiva al lockdown, in forza di provvedimenti dell’amministrazione statale, regionale o comunale, per contenere la diffusione del virus. Questa misura consentirà a cittadini e imprese di non trovarsi nella situazione di dovere affrontare ulteriori spese e ritardi per l’avvio o la ripresa dell’attività culturali e del paesaggio”.

Per approfondire le misure di sicurezza emanate per l’emergenza COVID-19 si rinvia al seguente link.

 

La lettera f) definisce, nello specifico, detti interventi, come opere contingenti e temporanee, destinate ad essere rimosse con la fine dello stato di emergenza, e stabilisce che si proceda, attraverso una comunicazione all’amministrazione comunale di avvio dei lavori, asseverata da un tecnico abilitato (CILA, art. 6-bis del TUE - D.P.R 380/2001).

La CILA in questione deve, inoltre, essere corredata da una dichiarazione del soggetto interessato (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà - art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445), attestante che si tratta di opere necessarie all’ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19.

Si specifica inoltre che tali interventi devono essere diversi da quelli disciplinati dall’articolo 6 del Testo unico dell’edilizia (attività di edilizia libera), in quanto quest’ultimi non sono soggetti ad alcuna comunicazione amministrativa.

Attualmente, il TUE prevede cinque regimi amministrativi degli interventi edilizi: l’attività edilizia libera, il permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), la segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire e la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).

 

Per quanto sopra previsto, a tutti gli interventi edilizi, che qui sono definiti come opere contingenti e temporanee, in relazione alla dichiarazione dello stato di emergenza COVID-19, si applica la CILA (art. 6-bis TUE), escludendo, in sostanza, l’applicazione delle procedure relative al permesso di costruire e alla SCIA (articoli 10 e 22 del TUE).

In sintesi, la CILA, come la SCIA, è di fatto una comunicazione/segnalazione che il soggetto avente titolo (proprietario o altro soggetto) presenta all’amministrazione comunale, corredata da asseverazione di un tecnico; tuttavia, la CILA, non è sottoposta a un controllo sistematico ex post, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, in quanto relativa a ristrutturazioni cd. “leggere”.

 

Tuttavia, la lettera f), specifica che per i detti interventi è obbligatorio, se ravvisata la necessità, ottenere i titoli abilitativi previsti per i beni culturali, di cui alla parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), rimanendo, comunque, nelle facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio degli altri prescritti permessi, autorizzazioni o atti di assenso.

Si ricorda che l’art. 21 del D.Lgs. 42/2004 subordina ad autorizzazione del Ministero per i beni culturali, principalmente, i seguenti interventi: la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali; lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili, lo smembramento di collezioni, serie e raccolte e lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati. Fuori dei casi di cui sopra, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente (art. 21, comma 4). Qualora gli interventi autorizzati ai sensi dell'art. 21  necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia, è possibile il ricorso ad una comunicazione di inizio attività, nei casi previsti dalla legge. A tal fine l'interessato, all'atto della denuncia, trasmette al comune l'autorizzazione conseguita, corredata dal relativo progetto (art. 23).

 

La lettera f) dispone, inoltre, la possibilità del mantenimento delle opere edilizie realizzate, che devono essere conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente.

La domanda va presentata entro il 31 dicembre 2020 al comune competente, che si pronuncia con un provvedimento di assenso espresso, da adottare entro sessanta giorni dalla domanda.

È previsto l’accertamento della suddetta conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente e l’esonero dal contributo di costruzione eventualmente previsto.

Le autorizzazioni e gli atti di assenso prescritti sono acquisiti attraverso l’indizione di una conferenza di servizi semplificata (articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990).

L’autorizzazione paesaggistica è rilasciata, ove ne sussistano i presupposti, ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali.

 

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede, all’art. 146, comma 4, il divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione degli immobili o delle aree sottoposti a vincolo paesaggistico.

Il citato divieto investe anche la certificazione di assenza di danno ambientale in quanto tale atto si configura, sotto il profilo sostanziale, come atto equipollente all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

Pertanto, non possono essere più rilasciate autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria, né certificazioni di assenza di danno ambientale, intese come atti conclusivi del procedimento sanzionatorio, ma, per le opere realizzate in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, dovranno essere irrogate le sanzioni amministrative previste dall’art. 167 del Codice.

In generale (art. 167, comma 1) è stabilito l’obbligo della rimessione in pristino per “opere” eseguite in assenza/difformità da autorizzazione paesaggistica.

È altresì previsto (art. 167, comma 4) che possa essere accertata la compatibilità paesaggistica esclusivamente nei seguenti casi:

§  per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

§  per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;

§  per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Controlli e sanzioni in materia di dichiarazioni sostitutive (comma 2, lett. a)

Il comma 2 dell’articolo in commento reca alcune disposizioni volte, come esplicitamente richiamato, ad assicurare piena attuazione ai principi di cui all’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in materia di autocertificazione) e al Testo unico in materia di documentazione amministrativa adottato con DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (si cfr. in particolare, art. 43), che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso (c.d. decertificazione).

 

In merito, si ricorda che a seguito delle modifiche apportate dall’art. 15, comma 1, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) all’art. 43 del d.P.R. n. 445 del 2000[107], le singole amministrazioni non possono richiedere atti o certificati concernenti fatti, stati e qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare. Piuttosto, le pubbliche amministrazioni procedenti possono fare ricorso esclusivamente all’accertamento d’ufficio o alle dichiarazioni sostitutive.

Al fine di rendere effettiva questa disposizione e di semplificare realmente i rapporti con la PA, è previsto che le certificazioni rilasciate dalla Pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti siano valide e utilizzabili solo nel rapporto tra privati. Al contrario, in base all’art. 40 D.P.R. n. 445/2000, nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle autocertificazioni.

Come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa “costituisce espressione del fondamentale canone costituzionale del buon andamento a cui deve ispirarsi l'azione amministrativa, il principio generale secondo cui le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere ai privati atti o certificati relativi a stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione” (Consiglio di Stato, V sez., sentenza n. 3231 de 2013).

Ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 241 del 1990 in materia di autocertificazione, i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

 

In relazione agli obiettivi annunciati, la lettera a) del comma 2 introduce tre modifiche ad alcune disposizioni del Testo unico della documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. n. 445 del 2000, tese a rafforzare il sistema dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà, nonché ad inasprire il regime delle sanzioni previste in caso di dichiarazioni mendaci. In particolare:

 

1)   in relazione al regime dei controlli, si modifica il comma 1 dell’articolo 71, stabilendo che le PA procedenti, che sono tenute ad effettuare idonei controlli, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, effettuano i controlli anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, anche successivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

 

Restano confermate le previsioni di cui all’art. 71, co. 2 e 3, in base alle quali i controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall'amministrazione procedente consultando direttamente gli archivi dell'amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi. Nel caso in cui le dichiarazioni presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d'ufficio, non costituenti falsità, ne viene data notizia all'interessato, che è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito.

 

2)   per quanto concerne le sanzioni, viene aggiunta una disposizione all’articolo 75 del Testo unico, che attualmente dispone la decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, fermi restando gli eventuali profili penali. Con la novella introdotta dal decreto-legge in esame (che aggiunge il comma 1-bis all’art. 75) si dispone che la dichiarazione mendace comporta anche la revoca degli eventuali benefici già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza. La disposizione precisa che restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.

 

La norma dell’art. 75 si inserisce in un contesto in cui alla dichiarazione sullo status o sul possesso di determinati requisiti è attribuita funzione probatoria, da cui il dovere del dichiarante di affermare il vero. Ne consegue che la dichiarazione “non veritiera” nell’ambito della disciplina dettata dalla l. n. 445 del 2000, preclude al dichiarante il raggiungimento dello scopo cui era indirizzata la dichiarazione o comporta la decadenza dall’utilitas conseguita per effetto del mendacio. In tale contesto normativo, in cui la “dichiarazione falsa o non veritiera” opera come fatto, perde rilevanza l’elemento soggettivo ovvero il dolo o la colpa del dichiarante. La novella rafforza le sanzioni ammnistrative per le dichiarazioni mendaci.

 

3)   una terza modifica concerne l’articolo 76, comma 1, che punisce ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico medesimo. Con la novella introdotta, si prevede l’aumento da un terzo alla metà della pena ordinariamente prevista dal codice penale.

 

La disposizione del codice penale che viene in rilievo è l’articolo 483 (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi.

Con l’aumento di pena previsto all’art. 76 del TU, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni.

Condivisione e fruibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni (comma 2, lett. b), c) e d))

La lettera b) del comma 2 introduce alcune modifiche testuali all’articolo 50 del Codice dell’amministrazione digitale, adottato con D.Lgs. n. 82 del 2005, relativo alla disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni.

Una prima modifica riguarda l’articolo 50, comma 2, del CAD, ai sensi del quale in linea generale e fatte salve alcune eccezioni espressamente indicate, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, ogni dato trattato da una pubblica amministrazione è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive.

Nell’ambito di tale disposizione è fatto salvo quando disposto dall’art. 43, co. 4 del DPR 445/2000, che obbliga le amministrazioni certificanti a consentire, senza oneri, alle amministrazioni procedenti la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri.

In seguito alla novella, viene ora richiamato anche l’articolo 71 sui controlli in materia di autocertificazioni, modificato ai sensi del comma 2, lett. a)).

 

Si ricorda che ai sensi del comma 1 dell’art. 50 CAD, i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

Si prevede inoltre che le pubbliche amministrazioni nell'ambito delle proprie funzioni istituzionali procedano all'analisi dei propri dati anche in combinazione con altre amministrazioni (o gestori di servizi pubblici per profili di pubblico interesse o società a controllo pubblico), secondo le linee guida dell'AgID (art. 50, comma 2-bis).

Il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non modifica la titolarità del dato.

Una seconda modifica aggiunge al citato articolo 50 del CAD, il nuovo comma 2-ter, il quale prevede la predisposizione di accordi quadro attraverso i quali le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati ne assicurano la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici.

Attraverso tali accordi dovranno essere definite anche le modalità attraverso le quali le PA detentrici dei dati assicurano conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, ove ne venga fatta richiesta da parte dei soggetti privati che vi consentono, ai sensi dell’articolo 2 del DPR n. 445/2000 e con le modalità di cui all’articolo 71, comma 4 del medesimo DPR 445, che disciplina le modalità di controllo delle dichiarazioni sostitutive presentate ai privati che vi consentono.

 

Ai sensi del citato art. 2, il D.P.R. n. 445 ha le finalità di disciplinare la formazione, il rilascio, la tenuta e la conservazione, la gestione, la trasmissione di atti e documenti da parte di organi della Pubblica Amministrazione; disciplina, altresì, la  produzione  di  atti  e documenti  agli  organi  della  Pubblica  Amministrazione  nonché ai gestori  di  pubblici  servizi  nei rapporti tra loro e in quelli con l’utenza,  e  ai  privati  che  vi consentono.

In base all’articolo 71, comma 4 del DPR 445, si dispone già oggi che l'amministrazione competente per il rilascio della relativa certificazione, previa definizione di appositi accordi, è tenuta a fornire, su richiesta del soggetto privato corredata dal consenso del dichiarante, conferma scritta, anche attraverso l'uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi.

Il successivo comma 3 prescrive l’obbligo per le amministrazioni di predisporre gli accordi quadro di cui al nuovo articolo 50, comma 2-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

 

La lettera c) apporta alcune modifiche all’articolo 50-ter del CAD, introdotto dal D.Lgs. n 217 del 13 dicembre 2017 e che istituzionalizza il progetto di Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), già introdotto nel Piano triennale per l’informatica 2017-2019.

La disposizione richiamata disciplina la promozione della progettazione, dello sviluppo e della sperimentazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto dalle amministrazioni pubbliche, per finalità istituzionali, nonché alla condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente.

 

Una prima modifica apportata dalla disposizione in esame riguarda la soppressione del riferimento alla “lettera a)”, ovunque ricorra, dal testo dell’art. 50-ter. Tale modifica ha l’effetto di estendere l’operatività della Piattaforma digitale ai dati detenuti non solo dalle PA di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165 del 2001 (richiamate ai sensi dell’art. 2, co. 1 lett. a) del CAD), ma anche ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse (art. 2, co. 1 lett. b)), nonché alle società a controllo pubblico, come definite nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, escluse le società quotate (art. 2, co. 1 lett. c)).

 

Resta invece ferma l’esclusione dal campo di applicazione della Piattaforma per i dati detenuti dalle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.

 

Ulteriori modifiche sono dirette a sostituire il riferimento al Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale con la Presidenza del Consiglio dei ministri ai commi 2 e 3 dell’art. 50-ter, nella parte in cui individua il soggetto deputato a gestire la Piattaforma.

Con un’ulteriore novella, al comma 2, non si parla più di “sperimentazione” della Piattaforma, bensì di “gestione”.

 

Nella versione previgente, infatti, il comma 2 affidava, in sede di prima applicazione, la sperimentazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati è al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale non oltre il 15 settembre 2019.

Ai sensi del successivo comma 3, ai fini dello svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Commissario straordinario (ora la Presidenza del Consiglio) provvede, nel rispetto dei limiti, delle condizioni e delle modalità stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali e dal DPCM di attuazione previsto dal successivo comma 4, ad acquisire i dati detenuti dalle PA, organizzarli e conservarli, nel rispetto delle norme tecniche e delle metodologie idonee a garantire la condivisione dei dati tra le pubbliche amministrazioni stabilite da AgID nelle Linee guida. I soggetti che detengono i dati identificati nel decreto di cui al comma 4, hanno l'obbligo di riscontrare la richiesta del Commissario (ora la Presidenza del Consiglio), rendendo disponibili i dati richiesti senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Tali modifiche fanno seguito all’articolo 8 del D.L. 14 dicembre 2018, n.  135, che ha trasferito al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale dal 1° gennaio 2020.

 

Si ricorda che il Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale ha operato fino alla fine del 2019. Le sue funzioni sono state trasferite al Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2020 sono state trasferite al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale (D.L. 135/2018, c.d. decreto semplificazioni, art. 8). Si tratta delle funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici, anche in forma societaria operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, con i connessi poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competono tali adempimenti, ivi inclusa l'Agenzia per l'Italia digitale, nonché il potere sostitutivo in caso di inadempienze gestionali o amministrative. A seguito dell'approvazione del DL 135/2018, il Governo ha proceduto alla istituzione del Dipartimento per la trasformazione digitale, quale struttura di supporto al Presidente del Consiglio per la promozione ed il coordinamento delle azioni del Governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali. Esso dà attuazione alle direttive del Presidente in materia e assicura il coordinamento e l'esecuzione dei programmi di trasformazione digitale (DPCM 19 giugno 2019).

 

La lettera d) dispone, a sua volta, che nell’ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque denominati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione “non può richiedere la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione”.

Si aggiunge inoltre che è nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione procedente o di altra amministrazione.

Tale disposizione sembrerebbe trovare applicazione con riferimento all’intero settore dei controlli pubblici (comunque denominati) sull'attività dei privati, nel quale rientrano i controlli che mirano a verificare l'osservanza, da parte di cittadini e imprese del rispetto di obblighi generali (fiscali, antiriciclaggio, ambientali, di sicurezza sul lavoro, di polizia, ecc.), ovvero i controlli conseguenti ad una precedente attività amministrativa ampliativa ovvero a una disciplina negoziale (autorizzazioni, sovvenzioni, concessioni, contratti), ovvero i controlli delle amministrazioni o di altre autorità pubbliche in funzione di vigilanza e regolazione di settore (nei mercati finanziari e in altri mercati regolati).

Tali tipologie di controllo, ivi incluse le relative norme sanzionatorie, trovano disciplina nelle diverse normative settoriali che, di volta in volta, prevedono obblighi per cittadini e imprese, poteri delle amministrazioni e poteri di regolazione e vigilanza.

 

Relativamente alle previsioni della lettera d), si valuti l’opportunità di precisare il perimetro di applicazione della disposizione, sia in relazione alla tipologia dei controlli ai quali si fa riferimento, sia in relazione all’ambito di applicazione, che viene esteso alla produzione non solo di atti e documenti, ma altresì di informazioni già in possesso delle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 4 prevede che tutte le disposizioni dell’articolo in commento attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e prevalgono su ogni diversa disciplina regionale.

 

In proposito, si ricorda come la Corte costituzionale ha più volte ricordato (di recente si veda la sentenza n. 9 del 2019) come la riconducibilità delle norme statali vertenti sul procedimento amministrativo (nel caso di specie la disciplina della conferenza dei servizi quale standard strutturale e qualitativo delle prestazioni) ai livelli essenziali delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione non implichi l’automatica illegittimità delle norme regionali che differiscano da esse tenuto conto della possibilità, per la disciplina regionale, di discostarsi della norme statali per prevedere ulteriori livelli di tutela o, in ogni caso, per definire previsioni che costituiscano uno sviluppo coerente con il livello di tutela offerto dalle norme statali.

 


 

Articolo 265
(Disposizioni finanziarie finali)

 

 

L’articolo 265 provvede, in primo luogo, a precisare gli effetti finanziari del decreto, che vengono indicati coerenti con l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento approvata il 29 aprile 2020 dalla Camera dei Deputati e il 30 aprile 2020 dal Senato della Repubblica con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta, della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012. Si sostituisce, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020, che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'allegato al presente decreto-legge (comma 1).

L’articolo dispone, inoltre, l'innalzamento, nello Stato di previsione del MEF dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, per l'anno 2020, da 83.000 a 148.330 milioni di euro (comma 2) e la rideterminazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del maggiore ricorso all’indebitamento (comma 3).

Il comma 4 prevede l’incremento del fondo sanitario nazionale, quale concorso al finanziamento delle misure introdotte al titolo I del provvedimento.

Il comma 5, riformulato nel corso dell’esame in V Commissione, reca l’incremento del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.

Il comma 6 prevede l’incremento delle risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

Il comma 7 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri del provvedimento.

I commi 8, 8-bis e 9, riformulati nel corso dell’esame presso la V Commissione, recano disposizioni per il monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, prevedendo, in base agli esiti del monitoraggio, una procedura, in deroga alla legge di contabilità, che consente la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari derivanti dalle previsioni di spesa relative alle predette misure.

Il comma 10 dispone il trasferimento tempestivo, dal bilancio dello Stato all’INPS, delle risorse relative alle misure la cui attuazione compete all’INPS.

I commi 11 e 12 riguardano la contabilizzazione delle risorse erogate all’Italia dall’Unione Europea o dalle sue Istituzioni per prestiti e contributi finalizzate ad affrontare la crisi per l’emergenza sanitaria connessa alla Covid-19 e le relative conseguenze sul sistema economico.

Il comma 13 interviene su alcune disposizioni della legge di bilancio per il 2020, disponendo l’eliminazione dell’accantonamento indisponibile di 1 miliardo di euro nel 2020 degli stanziamenti di bilancio, costituito per assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020, posto che la revisione degli obiettivi programmatici di finanza, per effetto dell’applicazione della c.d. general escape clause, consente ora di rendere nuovamente disponibili le dotazioni di bilancio accantonate.

Il comma 14 provvede a sostituire l’elenco 1, allegato al comma 609 della legge di bilancio 2020, con un nuovo elenco recante gli accantonamenti per il solo anno 2022 costituiti al fine di garantire i risparmi di spesa che dovrebbero derivare dall’attuazione di alcune norme pensionistiche.

Il comma 15 dispone la disapplicazione nell’anno 2020 della disposizione che consente la revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, attribuiti alle Amministrazioni a valere sul Fondo investimenti Amministrazioni Centrali e non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione, a salvaguardia degli investimenti.

Per garantire l'immediata attuazione delle disposizioni, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria.

 

Commi 1-3: Effetti finanziari del provvedimento

Il comma 1 specifica, in primo luogo, che gli effetti finanziari del decreto sono coerenti con l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento approvata il 29 aprile 2020 dalla Camera dei Deputati e il 30 aprile 2020 dal Senato della Repubblica con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta, della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

 

Si ricorda che unitamente al DEF 2020 il Governo ha trasmesso al Parlamento la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione parlamentare allo scostamento di bilancio necessario al finanziamento degli ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, adottati dal Governo attraverso il decreto-legge n.34/2020 in esame.

La Relazione è adottata ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, il quale prevede che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico di medio termine (OMT) siano consentiti in caso di eventi eccezionali, sentita la Commissione europea e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all'obiettivo di medio termine

La relazione allegata al DEF segue quella trasmessa dal Governo il 5 marzo 2020 (con la relativa integrazione dell'11 marzo 2020), che a seguito della approvazione parlamentare ha autorizzato uno scostamento di bilancio di 25 miliardi per il 2020, utilizzati a copertura delle misure introdotte con il decreto-legge n.18/2020, cd. "Cura Italia" (v. oltre).

La nuova Relazione, allegata al DEF, interviene dopo la decisione del 20 marzo della Commissione Europea, che ha attenuato i vincoli del Patto di stabilità e crescita (PSC), garantendo la piena applicazione della flessibilità prevista dal Patto e consentendo una temporanea deviazione dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo.

Con la nuova Relazione il Governo richiede al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032.

In considerazione della natura degli interventi programmati, l'effetto sul fabbisogno delle amministrazioni pubbliche previsto è di 65 miliardi di euro nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e pari all'indebitamento netto in ciascuno degli anni successivi.

Sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, in termini di competenza e in termini di cassa, gli effetti del nuovo decreto ammontano a 155 miliardi nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e risultano pari a quelli indicati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni successivi.

Il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è quindi fissato al 10,4 per cento del PIL nel 2020 e al 5,7 per cento nel 2021.

Quanto al livello del debito pubblico, lo stesso è previsto attestarsi al 155,7 per cento del PIL nel 2020 e al 152,7 per cento del PIL nel 2021.

 

Il comma 1 evidenzia, poi, che il decreto in esame utilizza anche una quota pari a 3.340 milioni di euro del margine disponibile, in termini di fabbisogno, risultante a seguito dell’attuazione del decreto-legge n.18 del 2020 (cd. Decreto Cura Italia) rispetto al ricorso all’indebitamento autorizzato l’11 marzo 2020 con le Risoluzioni di approvazione della Relazione al Parlamento, e della relativa Integrazione, anch’esse presentate ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012.

 

La Relazione presentata al Parlamento il 5 marzo 2020, come integrata dalla Relazione trasmessa l'11 marzo, anche esse adottate ai sensi dell’articolo 6 della legge n.243 del 2012, illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine (OMT) per la finanza pubblica, in relazione agli interventi che il Governo ha successivamente assunto con il decreto-legge n.18 del 2020 (cd. Decreto Cura Italia) per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Come previsto dalla legge, la trasmissione al Parlamento della Relazione è stata preceduta dalla comunicazione alla Commissione UE, avvenuta con lettera del 5 marzo 2020. Il pacchetto previsto dalla Relazione del 5 marzo valeva circa 6,3 miliardi di euro sul deficit della pubblica amministrazione. Per effetto di tale spesa aggiuntiva il deficit previsionale per il 2020, già fissato al 2,2 per cento nel con la Nadef 2019, sarebbe aumentato al 2,5 per cento. Successivamente alla Relazione trasmessa al Parlamento il 5 marzo, il Governo, alla luce dell'evoluzione dell'emergenza epidemiologica dei giorni successivi e delle ulteriori stringenti misure d'urgenza nel frattempo adottate, ha trasmesso l'11 marzo al Parlamento una Relazione integrativa, evidenziando la necessità di rafforzare ulteriormente il sostegno al sistema sanitario, ai cittadini e alle imprese, nonché di precostituire le condizioni per avere la disponibilità di risorse aggiuntive volte ad assicurare il finanziamento di eventuali ulteriori iniziative che si rendesse necessario adottare. La nuova Relazione aggiorna la richiesta di autorizzazione all'indebitamento, con un incremento di 13,75 miliardi (circa 0,8 per cento del Pil) da utilizzare nel corso del 2020, rispetto ai circa 6,35 miliardi indicati nel testo inziale. L'obiettivo programmatico di indebitamento netto potrà quindi complessivamente aumentare fino a 20 miliardi, pari all'1,1 per cento di Pil. Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, la Relazione del 5 marzo prevedeva incrementi degli stanziamenti per 7,5 miliardi, che portavano il livello del saldo ad aumentare fino a 87 miliardi di euro nel 2020 in termini di competenza e a 136,5 miliardi di euro in termini di cassa. La Relazione integrativa dell'11 marzo porta l'incremento degli stanziamenti da 7,5 a 25 miliardi per il 2020. Pertanto, al previsto incremento fino a 20 miliardi dell'indebitamento netto, dovrebbe corrispondere un aumento fino a 25 miliardi del saldo del bilancio dello Stato.

Lo scostamento di bilancio è stato autorizzato l’11 marzo 2020 con le Risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta di entrambe le Camere, della Relazione al Parlamento del 5 marzo, e della relativa Integrazione dell’11 marzo.

Per un approfondimento si rinvia all’apposito dossier.

 

Il comma 1, infine, sostituisce l’allegato 1 all’articolo 1, della legge n. 160 del 2019 (Legge di bilancio per il 2020) - come già modificato dall’articolo 126, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 - al fine di fissare (mediante rinvio all'allegato 1 al decreto-legge), per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, i nuovi livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa, in coerenza con i nuovi obiettivi fissati dal Documento di economia e finanza (DEF) 2020 e dalle relazioni governative con cui sono stati autorizzati gli scostamenti di bilancio.

 

Nuovo allegato 1 alla legge n.160/2019 (legge di bilancio per il 2020)

(importi in milioni di euro – tra parentesi i valori dell’allegato 1 della legge di bilancio 2020)

 

RISULTATI DIFFERENZIALI

- COMPETENZA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-259.830
(-104.500)

-82.950
(-56.500)

-72.400
(-37.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

494.670
(339.340)

337.816
(311.366)

336.250
(301.350)


- CASSA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-309.330
(-154.000)

-135.950
(-109.500)

-122.400
(-87.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

544.170
(388.840)

390.816
(364.366)

386.250
(351.350)

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Si ricorda che in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l’articolo 1 della legge di bilancio determina (mediante rinvio ad apposito allegato), i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento. I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

A seguito delle misure adottate con il D.L. n. 18/2020, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per l’anno 2020 sono stati rideterminati rispetto a quanto originariamente previsto dalla legge di bilancio 2020, per tener conto degli effetti finanziari del decreto-legge, nell’importo di 25 miliardi per il 2020.

La rideterminazione ha riguardato il solo anno 2020, negli importi seguenti:

 

Tabella 1 – Livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato di cui alla legge di bilancio 2020, come modificati dal D.L. n. 18/2020

(importi in milioni di euro)

 

 

2020

2021

2022

Legge di bilancio 2020

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-79.500

-56.500

-37.500

Cassa

-129.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

314.340

311.366

301.350

Cassa

363.840

364.366

351.350

D.L. 17 marzo 2020, n. 18

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-104.500

-56.500

-37.500

Cassa

-154.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

339.340

311.366

301.350

Cassa

388.840

364.366

351.350

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 2 aumenta di 65.330 milioni di euro l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l’anno 2020, rispetto al livello stabilito dalla legge di bilancio per il 2020 nello Stato di previsione del MEF, come da ultimo modificato dall’articolo 126, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, innalzandolo da 83.000 a 148.330 milioni di euro.

 

Si ricorda che, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 21, comma 11-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), la legge di bilancio per il 2020 stabilisce il livello massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, in un importo pari a 58.000 milioni di euro per l’anno 2020 (articolo 3, comma 2, L. n. 160/2019).

Il D.L. n. 18/2020 (c.d. cura Italia), all’articolo 126, comma 2, ha innalzato l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro, in relazione all’autorizzazione all'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 25 miliardi di euro per l'anno 2020, per tener conto degli effetti del decreto, importo che ha inoltre concorso alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato e del livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dall'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

Il comma 3 ridetermina altresì gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento di cui al comma 1 primo periodo, nel limite massimo di 119 milioni di euro nel 2020, 1.130 milioni di euro per l’anno 2021, 1.884 milioni di euro nel 2022, 2.625 milioni nel 2023, 3.461 milioni di euro nel 2024, 4.351 milioni di euro dal 2025, 5.057 milioni di euro nel 2026, 5.288 milioni di euro per l’anno 2027, 5.450 milioni di euro nel 2028, 5.619 milioni nel 2029, 5.814 milioni di euro nel 2030 e 5.994 milioni di euro annui a decorrere dal 2031.

Ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, i suddetti importi aumentano a 326 milioni di euro nel 2020, 1.413 milioni per l’anno 2021, 2.136 milioni per l’anno 2022, 2.925 milioni per l’anno 2023, 3.832 milioni per l’anno 2024, 4.747 milioni per l’anno 2025, 5.345 milioni per l’anno 2026, 5.569 milioni per l’anno 2027, 5.815 milioni per l’anno 2028, 6.003 milioni per l’anno 2029, 6.193 milioni per l’anno 2030 e 6.387 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2031.

 

Commi 4-6: Rifinanziamento di Fondi

Il comma 4 dispone un incremento, quale concorso al finanziamento degli interventi di cui al titolo I del decreto-legge in esame, del Fondo sanitario nazionale di 500 milioni per l'anno 2021, di 1.500 milioni per il 2022, di 1.000 milioni per ciascuno degli anni dal 2023 al 2031.

 

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione, incrementa il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 475,3 milioni di euro per l'anno 2020, di 67,55 milioni per l’anno 2021 e di 89 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

L’incremento delle risorse del Fondo – che nel testo iniziale del provvedimento era pari a 800 milioni di euro per l'anno 2020 e a 90 milioni a decorrere dall’anno 2021 – è stato così rideterminato, in quanto sui suddetti importi incrementali è stata posta la copertura finanziaria degli oneri di numerosi emendamenti approvati nel corso dell’esame in sede referente.

Il fondo, istituito dall'art. 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (l. n. 190 del 2014), è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella legge di bilancio il Fondo presenta una dotazione pari a circa 20,2 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022.

 

Il comma 6 incrementa di 200 milioni di euro per il 2021 il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali di 200 milioni di euro per l’anno 2021.

Il Fondo, previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, è allocato sul cap. 7593 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale capitolo, nel bilancio 2020, reca uno stanziamento, in termini di sola cassa, pari a 186 milioni per il 2020, 463 milioni per il 2021, 514 milioni per il 2022.

 

Comma 7: Norma di copertura finanziaria

Il comma 7 reca la norma di copertura finanziaria delle misure recate dal provvedimento in esame (di cui agli articoli 1, 2, 5, 14, 15, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 36, 38, 40, 42, 43, 44, 48, 49, 52, 65, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 78, 82, 84, 85, 89-bis (i cui oneri sono stati imputati al comma 7 dell’articolo 265, in sede di rinvio in Commissione del provvedimento), 92, 94, 98, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 111, 112, 115, 119, 120, 123, 124, 125, 129, 130, 133, 136, 137, 143, 145, 147, 152, 153, 157, 175, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, 183, 184, 186, 187, 188, 189, 190, 195, 196, 197, 198, 199, 200, 201, 202, 204, 209, 210, 211, 214, 219, 222, 223, 225, 227, 230, 231, 232, 233, 235, 236, 238, 239, nonché ai commi 3, 4, 5 e 6 del presente articolo) nei seguenti termini:

a)   quanto a 364,92 milioni di euro per l’anno 2020, a 1.025 milioni per l’anno 2021, a 1.145,5 milioni per l’anno 2022, a 278,53 milioni per l’anno 2023, a 138,83 milioni per l’anno 2024, a 129,97 milioni per l’anno 2025, a 125,47 milioni per l’anno 2026, a 1.080,72 milioni per l’anno 2027, a 329,32 milioni per l’anno 2028, a 325,07 milioni per l’anno 2029, a 301,06 milioni per l’anno 2030, a 105,52 milioni per l’anno 2031 e a 99,82 milioni di euro per l’anno 2032 - che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 1.006,27 milioni per l’anno 2020, a 1.450,37 milioni per l’anno 2021 e a 60,62 milioni a decorrere dall’anno 2033 - mediante e corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 1, 2, 5, 19, 20, 22, 23, 48, 95, 103, 115, 119, 129, 133, 136, 137, 141, 157, 176, 211, 219, 235, 238, 255 e 258 del provvedimento medesimo;

b)   quanto a 3 miliardi di euro per l’anno 2021, mediante corrisponde riduzione della dotazione del fondo di cui all’articolo 1, comma 290, legge 27 dicembre 2019, n. 160.

Si tratta del Fondo, costituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 3 miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022, finalizzato all'attribuzione di rimborsi in denaro a favore di soggetti che fanno uso di strumenti di pagamento elettronici;

c)   per la restante parte, mediante il ricorso all’indebitamento di cui al comma 1.

 

Ai fini della formulazione del comma, si rileva che il comma 7 non reca la quantificazione complessiva degli oneri derivanti dalle norme indicate cui provvede a fornire copertura finanziaria, come richiesto dall’art. 17 della legge n. 196/2009 di contabilità e finanza pubblica.

Si rammenta tuttavia, al riguardo, che in base a quanto esposto nella Relazione il Governo presentata contemporaneamente al DEF 2020 – con la quale si richiede al Parlamento l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento per l'anno 2020 di 55 miliardi di euro, 24,85 miliardi di euro nel 2021, 32,75 miliardi di euro nel 2022, 33,05 miliardi nel 2023, 33,15 miliardi di euro nel 2024, 33,25 miliardi di euro dal 2025 al 2031 e 29,2 miliardi dal 2032 – gli effetti sul saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato del decreto-legge in esame, in termini di competenza e in termini di cassa, ammontano a 155 miliardi nel 2020, 25 miliardi nel 2021 e risultano pari a quelli indicati in termini di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in ciascuno degli anni successivi.

Tali importi sono quelli riportati nell’Allegato 3 della Relazione tecnica, recante gli effetti finanziari delle norme del decreto, che indica un impatto finanziario complessivo dell’articolato sul saldo netto da finanziare, al netto degli interessi, in 154,6 miliardi per il 2020, 25 miliardi per il 2021 e 32,5 miliardi per il 2022.

 

Commi 8, 8-bis e 9: monitoraggio delle risorse dei decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020 e procedura per la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari da esse derivanti

I commi 8, 8-bis e 9 recano disposizioni per il monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, prevedendo, in base agli esiti del monitoraggio, una procedura, in deroga alla legge di contabilità, che consente la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari derivanti dalle previsioni di spesa relative alle predette misure.

In particolare, il comma 8, riformulato nel corso dell’esame della V Commissione, prevede che le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020 siano soggette ad un monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Sulla base degli esiti del monitoraggio, il comma 8 introduce una procedura (in deroga a quella prevista dal comma 12-bis dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196[108]) per la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari derivanti dalle previsioni di spesa relative alle predette misure, ivi incluse quelle sottostanti ad autorizzazioni legislative quantificate sulla base di parametri stabiliti dalla legge, che consente al Ministro dell’economia e delle finanze di provvedere, con proprio decreto, sentiti i Ministri competenti, alla riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione del bilancio dello Stato, allo scopo utilizzando le risorse delle predette misure che, all’esito del monitoraggio, risultino non utilizzate.

Nel caso di risorse non utilizzate che risultino trasferite su conti di tesoreria ai fini della gestione, il comma ne prevede, ai fini del loro utilizzo ai fini della compensazione, il versamento all’entrata per la riassegnazione ai pertinenti capitoli di spesa.

Gli schemi di decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da rendere entro sette giorni dalla data di trasmissione, corredati di apposita relazione che espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri previsti dalle predette misure.

Si rammenta che il testo iniziale del comma 8 limitava tale facoltà di monitoraggio e di rimodulazione soltanto alle misure introdotte dal provvedimento in esame, senza prevedere, peraltro, la trasmissione alle Camere delle relative proposte di variazioni del bilancio ai fini del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

 

Tale procedura di compensazione finanziaria, derogatoria del comma 12-bis dell’articolo 17 della legge n.196/2009[109] è autorizzata per il solo esercizio finanziario 2020, in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, fermo il divieto di utilizzo delle risorse relative a oneri inderogabili[110], nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dall’articolo 21, comma 5, lett. a), della legge n. 196/2009 (come peraltro previsto dal predetto comma 12-bis della legge di contabilità).

Per gli anni successivi, pertanto, per la compensazione finanziaria degli oneri derivanti dalle misure predette, si dovrà fare riferimento alla apposita procedura disciplinata dell’articolo 17 della legge n.196/2009, per i casi in cui siano in procinto di verificarsi scostamenti degli oneri derivanti dalle leggi di spesa rispetto alle previsioni; tale procedura prevede che con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, si provveda alla riduzione degli stanziamenti previsti negli stati di previsione (con esclusione delle spese per oneri inderogabili).

 

Si ricorda, al riguardo, che la legge di contabilità (articolo 17, commi 12 e seguenti, della legge n. 196 del 2009) assegna al Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti, il monitoraggio degli oneri derivanti dalle leggi di spesa, al fine di prevenire l'eventuale verificarsi di scostamenti degli oneri rispetto alle previsioni.

Nel caso in cui siano in procinto di verificarsi tali scostamenti, il comma 12-bis, richiamato dalla disposizione in esame, definisce una specifica procedura per la copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, che consente:

§  con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro competente, di provvedere, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente (con esclusione delle spese per oneri inderogabili);

§  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, di provvedere - laddove la riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente non risulti sufficiente - alla riduzione di stanziamenti previsti negli stati di previsione del bilancio dello Stato (con esclusione delle spese per oneri inderogabili).

In entrambi i casi, gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle commissioni competenti per i profili finanziari, le quali devono esprimersi entro 7 giorni.

Gli schemi dei decreti sono altresì corredati di apposita relazione che espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri previsti dalle predette leggi.

 

Nel complesso, la riformulazione del comma 8, come definita nel corso dell’esame in V Commissione, amplia, rispetto al testo iniziale del provvedimento (ed anche rispetto all’analoga disposizione contenuta nell’articolo 126, comma 7, del D.L. n. 18/2020), le facoltà del Ministro dell’economia e delle finanze, prevedendo che siano sottoposte a monitoraggio anche le risorse destinate alle misure previste dal decreto-legge n. 23 del 2020 (cd. decreto liquidità), oltre a quelle del decreto-legge n. 18 (cd. Decreto Cura Italia) e del decreto-legge n. 34 del 2020 in esame.

Inoltre, si prevede che la compensazione finanziaria possa avvenire tra le risorse relative a tutte le misure[111] previste nei tre decreti-legge (nn. 18, 23 e 34 del 2020), comprese quelle non utilizzate gestite su conti di tesoreria, per le quali è previsto a tal fine il versamento all’entrata e successiva riassegnazione alla spesa.

Al riguardo si ricorda che l’articolo 4 del D.L. 16 giugno 2020, n. 52[112] ha autorizzato il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri competenti, ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio provvedendo a “rimodulare” le predette risorse tra le misure di cui ai suddetti decreti-legge, ad invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.  Il contenuto dell’articolo 4 del D.L. 16 giugno 2020, n. 52 è stato fatto confluire nel comma 8 in esame, come riformulato (con contestuale abrogazione del D.L. n.52 del 2020 medesimo).

La riformulazione in esame, in sostanza, ha sostituito la facoltà di “rimodulazione[113] con decreto Ministro dell’economia delle risorse autorizzate dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, con la procedura per la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari sopra descritta, che richiede il parere parlamentare sugli schemi di decreto del Ministro dell’economia. 

Tale facoltà in deroga è peraltro espressamente concessa, nella nuova formulazione, per il solo esercizio finanziario 2020.

In conseguenza della nuova formulazione del comma 8 in esame, le analoghe disposizioni contenute nel decreto-legge n. 18/2020, all’art. 126, ai commi 7 e 8 vengono abrogate dal nuovo comma 8-bis dell’articolo in esame, anch’esso introdotto nel corso dell’esame della V Commissione.

 

Il comma 8, infine, nell’introdurre tale facoltà di compensazione con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze delle risorse autorizzate dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, specifica che resta comunque fermo quanto stabilito dall’articolo 169, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge in esame.

L’articolo 169, comma 6, secondo periodo, del D.L. n. 34/2020 dispone che gli eventuali minori oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 55, 56 e 57 del D.L. n. 18/2020 - da accertarsi con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze - possono essere destinati ad alimentare il Fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze (con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020) per far fronte agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico all’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni, con un importo pari a 100 milioni di euro per l'anno 2020.

I citati articoli 55, 56 e 57 del D.L. n. 18/2020 recano varie misure di sostegno finanziario alle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica che consistono:

§  nella possibilità per le società, in caso di cessione a titolo oneroso entro il 31 dicembre 2020 di crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti, di trasformare in credito d'imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile e all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né fruito tramite credito d'imposta. I crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro (art. 55);

§  nella concessione alle PMI e alle micro imprese di una generale moratoria sui prestiti, sotto forma, tra l'altro, di sospensione del pagamento delle rate dei mutui e sul mantenimento di fidi o altre forme di finanziamento bancario (art. 56);

§  nella concessione della garanzia dello Stato sulle esposizioni assunte da Cassa Depositi e Prestiti in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza, fino ad un massimo dell'80% dell'esposizione assunta A tale scopo è istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020 (art. 57).

Restano pertanto escluse dalla facoltà di rimodulazione/riduzione di cui al comma in esame gli eventuali minori oneri rispetto alle risorse stanziate dall’articolo 55 (857 milioni in termini di cassa per il 2020), dall’articolo 56 (1,73 miliardi per il 2020) e dall’articolo 57 (500 milioni per il 2020) del decreto-legge n.18 del 2020.

 

Il comma 9 prevede che, all'esito del monitoraggio di cui al comma precedente, eventuali risorse relative alle misure di cui al decreti-legge n. 18, 23 e 34 del 2020 non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono versate dai soggetti responsabili entro il 20 dicembre 2020 ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

Commi 10-12: Ulteriori disposizioni contabili

Il comma 10 dispone che le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo.

 

I commi 11 e 12 riguardano la contabilizzazione delle risorse erogate all’Italia dall’Unione Europea o dalle sue Istituzioni per prestiti e contributi finalizzate ad affrontare la crisi per l’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del Covid-19 e le relative conseguenze sul sistema economico.

In particolare, se ne prevede il versamento sul conto corrente di Tesoreria n. 23211 intestato a «Ministero del Tesoro - Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE», precisando che:

a)   qualora siano destinate a garantire la provvista di liquidità a fronte delle misure autorizzate dai provvedimenti urgenti adottati dal Governo nel corso del 2020, in relazione alla situazione emergenziale in atto, sono versate dal Ministero dell’economia e delle finanze all’entrata del bilancio dello Stato sull’apposito capitolo relativo all’accensione di prestiti;

b)   qualora siano destinate a finanziare interventi connessi alla situazione emergenziale in atto che prevedano contributi a fondo perduto, sono versate dal Ministero dell’Economia e delle finanze all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad apposito fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da ripartire con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati.

 

Commi 13-14: Soppressione dell’accantonamento di 1 miliardo di euro per il 2020

Il comma 13 interviene su alcune disposizioni della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), disponendo:

a)   l’abrogazione dei commi 624 e 625 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020, che dispongono l’accantonamento indisponibile di risorse in bilancio per 1 miliardo di euro nel 2020 in termini di competenza e di cassa, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020.

La revisione degli obiettivi programmatici di finanza pubblica disposti con il DEF, imputabile agli effetti non prevedibili dell’epidemia Covid-19, per effetto dell’applicazione della c.d. general escape clause per l’anno in corso - che consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine – consente di rendere nuovamente disponibili le dotazioni di bilancio accantonate.

Si rammenta che i citati commi 624 e 625 hanno disposto, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio per il 2020, un accantonamento di risorse nel bilancio dello Stato, rese indisponibili per la gestione, per 1 miliardo di euro nel 2020, in termini di competenza e di cassa, secondo quanto indicato nell’apposito elenco allegato (elenco n.2). L’accantonamento ha riguardato unicamente lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e, in particolare, il Programma 1.4 “Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposta” per 250 milioni e il Programma 23.2 2 “Fondi di riserva e speciali” per 750 milioni. Le norme prevedevano che, una volta verificato l’andamento tendenziale dei conti pubblici con il Documento di economia e finanza 2020, in relazione al raggiungimento degli obiettivi programmatici per l’esercizio 2020, gli accantonamenti potevano essere resi disponibili, in tutto o in parte, con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta dell’economia e delle finanze, in sede di presentazione del disegno di legge di assestamento di bilancio.

b)   in coerenza con l’eliminazione dell’accantonamento disposto sopra, la lettera b) reca alcune modifiche al comma 609 della legge di bilancio 2020, al fine di eliminare al suo interno i riferimenti relativi all’accantonamento predetto per l’anno 2020 nonché alle connesse procedure per l’eventuale disaccantonamento a seguito dei monitoraggi. Ciò in quanto, si rammenta, l’accantonamento di cui ai commi 624 e 625 era posto a garanzia anche della riduzione delle dotazioni di bilancio connesse alle minori stime di spesa per l’attuazione delle norme sulla cd. Quota 100.

Si ricorda che il citato comma 609 ha operato, in base ad una revisione delle stime, una riduzione delle risorse iscritte in bilancio ai fini dell'attuazione di alcune norme pensionistiche prevedendo un accantonamento, per un importo equivalente, di alcune dotazioni di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (di cui all'elenco 1 allegato alla legge), al fine di assicurare - di fronte alla suddetta riduzione – il miglioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto alle previsioni tendenziali derivante dalla revisione delle stime di spesa per l’attuazione delle norme sulla cd. Quota 100.

Le modifiche apportate al comma 609 sono volte, in particolare, a:

§  riferire al solo anno 2022 l’accantonamento delle dotazioni del bilancio dello Stato, finalizzato ad assicurare il conseguimento del corrispondente miglioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto alle previsioni tendenziali delle norme pensionistiche, eliminando l’accantonamento di risorse previsto per il 2021, per il corrispondente miglioramento dei saldi per tale anno;

§  eliminare le date entro cui avrebbe dovuto essere data comunicazione della rendicontazione degli oneri sostenuti, sulla cui base era prevista, con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e finanze, la progressiva conferma ovvero liberazione degli accantonamenti.

 

Conseguentemente, si provvede altresì a sostituire l’elenco 1 allegato al comma 609, con un nuovo elenco recante gli accantonamenti per il solo anno 2022 (comma 14).

Comma 15: Risorse Fondi investimenti amministrazioni centrali

Il comma 15 dispone la disapplicazione nell’anno 2020 delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 98, secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n 145 (legge di bilancio per il 2019), a salvaguardia degli investimenti posti in essere dalle Amministrazioni a valere sulle risorse del Fondo per il rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e lo sviluppo del Paese.

La disapplicazione riguarda la disposizione che prevede, nell’ambito dei D.P.C.M. di riparto del Fondo - istituito dal comma 95 della medesima legge con una dotazione complessiva di circa 43,6 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033 – la possibilità di disporre l’eventuale revoca degli stanziamenti, anche pluriennali, attribuiti alle Amministrazioni e non utilizzati entro 18 mesi dalla loro assegnazione, e la loro diversa destinazione nell’ambito delle finalità previste dalla Fondo.

La Relazione tecnica imputa la necessità della norma alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, nella considerazione che lo stato emergenziale in atto può influire sulla capacità delle amministrazioni interessate a porre in essere le necessarie operazioni volte all’impiego dei fondi già assegnati per gli anni 2019 e 2020 nei termini previsti dalla richiamata normativa.

Comma 16: Attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto

Il comma 16, infine, rende possibile l'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio 2020.


 

Articolo 265-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’articolo 265-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione, inserisce la consueta clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di prevedere che le disposizioni del decreto-legge in esame sono inapplicabili agli enti a statuto speciale se risultano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.

 

Si ricorda che norme di rango primario, come quelle recate dal decreto-legge, non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti - che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore - e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale.

La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di tale clausola, tuttavia, non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale.

 

La norma specifica inoltre che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.

L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

 

 


 

Articolo 266
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 266 dispone in ordine alla entrata in vigore del decreto-legge in esame, stabilita il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ossia il 20 maggio 2020.

Inoltre, dispone la sua presentazione alle Camere per la conversione in legge, ai sensi dell’articolo 77, 2° comma, Cost..

 

 

 



[1]     Con riferimento ai punti vendita non esclusivi, con Risoluzione n. 537007 del 7 febbraio 2018 la competente Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico ha fatto presente che l’utilizzo della congiunzione “o” all’art. 2, co. 1, lett. b), del d.lgs. 170/2001 (intervenuta con il D.L. 50/2017, a fronte dell’”ovvero” precedentemente previsto), stante il contesto al quale la definizione dei punti di vendita non esclusivi è riferibile, appare finalizzata a garantire ai soggetti titolari di tali punti vendita la possibilità di optare per la vendita di una sola delle due tipologie di prodotti editoriali, ossia i quotidiani e i periodici, e ciò senza conseguenze sulla eventuale opzione di venderli entrambi.

[2]     Al Fondo affluiscono:

- le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica;

- le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale;

- le somme derivanti dal gettito annuo di un contributo di solidarietà, pari allo 0,1% del reddito complessivo dei: concessionari della raccolta pubblicitaria sulla stampa quotidiana e periodica, sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi e digitali; società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione che svolgono raccolta pubblicitaria diretta; altri soggetti che esercitano l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, compresa la rete internet.

Inoltre, la L. di bilancio 2019 (L. 145/2018: art. 1, co. 90) ha stabilizzato la previsione – già vigente per il 2017 e il 2018 – secondo cui la metà delle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone RAI (c.d. extra gettito) è riversata all’Erario, per essere destinata, fino ad un importo massimo di € 125 mln annui, al finanziamento del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione.

Da ultimo, l’art. 1, co. 389-392, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato il Fondo di € 20 mln annui dal 2020 ai fini della concessione di contributi a favore delle scuole statali e paritarie e di alcune categorie di studenti, per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore. L’importo complessivo dei contributi, nel limite indicato, è fissato annualmente dal DPCM che stabilisce la destinazione delle risorse del Fondo ai diversi interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[3]    Per il 2017 è intervenuto il DPCM 12 ottobre 2017; per il 2018 è intervenuto il DPCM 17 aprile 2018; per il 2019 è intervenuto il DPCM 6 maggio 2019. Da ultimo, l’art. 3-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019), nel prevedere che alla copertura degli oneri derivanti dagli incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani, periodici e sulle emittenti radiofoniche e televisive locali si provvede, a regime, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, nel limite complessivo stabilito ogni anno con il DPCM che ripartisce le risorse fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, ha disposto che tale DPCM deve essere emanato entro il 31 marzo di ogni anno. Il DPCM relativo al 2020 non risulterebbe, tuttavia, intervenuto.

[4]     Per il 2017 è intervenuto il DPCM 27 novembre 2017, che ha ripartito € 114.429.960; per il 2018 è intervenuto il DPCM 18 ottobre 2018, che ha ripartito € 112.589.609; per il 2019 è intervenuto il DPCM 29 ottobre 2019, che ha ripartito € 143.316.7127,50.

[5]     L’art. 2, co. 1, lett. b), del d.lgs. 70/2017 dispone che tale categoria di imprese editrici può beneficiare dei contributi limitatamente ad un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della L. 198/2016.

[6]     La prima rata non è corrisposta se inferiore a € 2.500.

[7]     La richiamata norma generale fa riferimento anche al concerto con altri Ministeri competenti (non sussistenti nel caso dell'INPGI).

[8]     Non sono specificati le procedure di individuazione dei programmi oggetto di accantonamento e di indisponibilità (nonché di determinazione dei relativi importi) né i termini e le modalità per l'eventuale ripristino delle risorse (per l'ipotesi in cui le norme regolamentari non vengano adottate nel relativo anno di riferimento).

[9]     I datori di lavoro sono tenuti ad inviare all'INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell'integrazione salariale, secondo la disciplina prevista, in particolare, dal comma 6 dell’articolo 22. Trascorso inutilmente il termine posto per tale invio, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

[10]   Si tratta di cooperative costituite secondo le disposizioni del codice civile (artt. 2511 e ss.), composte di giornalisti, ovvero di consorzi tra una società cooperativa composta da giornalisti e una società cooperativa composta da lavoratori del settore non giornalisti che intendono partecipare alla gestione dell'impresa. Le cooperative di giornalisti devono associare almeno il cinquanta per cento dei giornalisti dipendenti aventi rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico e clausola di esclusiva con le cooperative medesime, ovvero, nel caso all'articolo 5 della medesima legge 416/1981, con l'impresa cessata o che abbia cessato la pubblicazione della testata; le cooperative dei lavoratori devono associare almeno il cinquanta per cento dei lavoratori aventi contratto a tempo pieno con la cooperativa o, nel caso di cui all’articolo 5, con l'impresa cessata o che abbia cessato la pubblicazione della testata.

[11]   Si ricorda che l’articolo 17 della L. 84/1994 citato disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo per le imprese operanti nell’ambito delle operazioni e servizi portuali, nonché di concessione delle banchine per effettuare tali attività. Le Autorità di sistema portuale (o, laddove non istituite, le autorità marittime) autorizzano l'erogazione delle suddette prestazioni da parte di un’impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. Le suddette autorità possono sospendere l'efficacia dell’autorizzazione concessa o, nei casi più gravi, revocarle allorquando accertino la violazione degli obblighi nascenti dall'esercizio dell'attività autorizzata.

[12]   Il citato art. 2 del D.L. 18/2020, come modificato dal presente decreto n. 34, autorizza il Ministero della salute ad assumere con contratto di lavoro a tempo determinato con durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, appartenenti all'area III, posizione economica F1, del comparto funzioni centrali, da destinare agli uffici periferici, utilizzando graduatorie proprie o approvate da altre amministrazioni per concorsi pubblici, anche a tempo indeterminato, ovvero mediante concorsi per titoli ed esame orale, da svolgersi anche in modalità telematica e decentrata.

[13]   "Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del Gruppo Poste Italiane".

[14]   Cfr. il verbale di accordo del 30 aprile 2020.

[15]   Secondo le modalità di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, previste dai capi 1 e 2 in materia di sanzioni amministrative.

[16]   Di cui all’articolo 37 della l. n.88/1989, che istituisce, appunto, presso l'INPS la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.

[17]   Il co. 21 definisce opere essenziali le opere infrastrutturali la cui realizzazione è prevista dal dossier di candidatura, o che si rendono necessarie per rendere efficienti e appropriate le infrastrutture esistenti individuate nel medesimo dossier, come quelle che danno accessibilità ai luoghi olimpici o di realizzazione degli eventi sportivi. Il co. 22 definisce opere connesse quelle la cui realizzazione è necessaria per connettere le infrastrutture individuate nel dossier di candidatura, per accessibilità ai luoghi di realizzazione degli eventi sportivi e olimpici alla rete infrastrutturale esistente, in modo da rendere maggiormente efficace la funzionalità del sistema complessivo di accessibilità, nonché quelle direttamente funzionali allo svolgimento dell'evento. Il co. 23 definisce opere di contesto quelle la cui realizzazione integra il sistema di accessibilità ai luoghi di realizzazione degli eventi sportivi e olimpici e alle altre localizzazioni che verranno interessate direttamente o indirettamente dall'evento o offrono opportunità di valorizzazione territoriale in occasione delle Olimpiadi e Paralimpiadi 2026.

[18]   Ai sensi dell'articolo 2 del D.M. 18 marzo 1996 (Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi) per "impianto sportivo" si intende come l'insieme di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso, che hanno in comune i relativi spazi e servizi accessori, preposto allo svolgimento di manifestazioni sportive. L'impianto sportivo comprende: a) lo spazio o gli spazi di attività sportiva; b) la zona spettatori; c) eventuali spazi e servizi accessori; d) eventuali spazi e servizi di supporto. Si veda altresì quanto previsto dal Regolamento del CONI 6 maggio 2008, (delibera n. 149).

[19]   Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, attuativo sia del decreto-legge n. 19 del 2020 sia del decreto-legge n. 33 del 2020 ed efficace fino al 14 giugno 2020, ha stabilito, per quanto qui di interesse:

-        la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, ovvero presso altre strutture, nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a decorrere dal 25 maggio 2020, ferme restando decisioni diverse delle Regioni. A tali fini, sono state emanate linee guida a cura dell'Ufficio per lo Sport (articolo 1, comma 1, lettera f));

-        la ripresa dell'attività sportiva o motoria all'aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici (articolo 1, comma 1, lettera d));

-       la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (articolo 1, comma 1, lettera e)), fatte salve disposizioni specifiche per l'allenamento degli atleti.

Successivamente, il D.P.C.M. 11 giugno 2020 ha confermato la ripresa dell'attività sportiva di base e l'attività motoria in genere presso palestre e centri sportivi nonché di quella all'aperto, e ha consentito la ripresa, a decorrere dal 12 giugno 2020 e fino al 14 luglio 2020, degli eventi e delle competizioni sportive a porte chiuse ovvero all'aperto senza la presenza di pubblico; anche le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, sono consentite a porte chiuse (articolo 1, comma 1, lettera e)).

 D.P:C.M:Le misure

[20]   A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[21]   Qui approfondimenti.

[22]   La tabella viene aggiornata al 30 giugno, al 30 settembre e al 31 dicembre di ogni anno.

[23]   La tabella viene aggiornata al 30 giugno, al 30 settembre e al 31 dicembre di ogni anno. La situazione al 31 dicembre viene pubblicata all’inizio del mese di maggio dell’anno successivo, tenuto conto dei tempi tecnici necessari alla chiusura contabile annuale del FUG ed all’approvazione del Rendiconto annuale della gestione del Fondo (art. 6, comma 5, del DM n. 127/2009).

[24]   Con tale locuzione si fa riferimento ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati - con esclusione di quelli iscritti a forme pensionistiche obbligatorie gestite da soggetti di diritto privato -, nonché agli altri lavoratori, diversi da quelli subordinati, iscritti alle relative gestioni pensionistiche dell'INPS. Si precisa che il riferimento all'assicurazione generale obbligatoria contenuto nel testo comprende anche le gestioni speciali INPS relative ai lavoratori autonomi.

[25]   In virtù della rideterminazione del numero dei membri operata dall'art. 12, comma 1, lettera a), del D.L. 91/2014.

[26]   P. Ficco, Deposito temporaneo, le oscure modifiche e la ricognizione disciplinare, in “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa” n. 284/2020.

[27]   Ogni soggetto può partecipare alla procedura straordinaria in un’unica regione sia per il sostegno, sia per una classe di concorso.

[28]   In base all’art. 17, co. 1 e 2, del d.lgs. 59/2017 – come modificato dalla L. 145/2018 – ai soggetti iscritti nelle GAE è destinato, annualmente, il 50% dei posti vacanti e disponibili.
Per il restante 50%, si procede mediante scorrimento delle graduatorie di merito dei seguenti concorsi:

- concorsi ordinari banditi nel 2016 ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015;

- concorso (straordinario) riservato ai docenti abilitati bandito nel 2018 ai sensi del co. 3 dello stesso art. 17, alle quali, al netto dei posti coperti con le graduatorie dei concorsi ordinari banditi nel 2016, è destinato il 100% dei posti per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l'80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028 e il 20% per i bienni successivi, sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale;

- futuri concorsi ordinari, ai quali sono destinati i posti non coperti con le graduatorie dei concorsi banditi nel 2016 e nel 2018.

All'avvenuto esaurimento delle GAE per ciascuna provincia, i posti destinati alle medesime sono coperti con le suddette graduatorie di merito.

[29]   Qui l’allegato A: prospetto ripartizione posti. Qui l’allegato B: prospetto aggregazioni territoriali. Qui l’allegato C: programmi prova scritta. Qui l’allegato D: tabella dei titoli valutabili.

[30]   Con DPCM 31 marzo 2020 il Ministero dell'istruzione è stato autorizzato ad avviare le procedure concorsuali per esami e titoli per il reclutamento di 25.000 posti di personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022.

[31]   Ciascun candidato può concorrere in una sola regione e per una sola classe di concorso, distintamente per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, nonché per le distinte e relative procedure sul sostegno.

[32]   Qui l’originario allegato 1: prospetto ripartizione posti. Qui l’originario allegato 2: prospetto aggregazioni territoriali.

[33]   Qui il nuovo allegato 1: prospetto ripartizione posti. Qui il nuovo allegato 2: aggregazioni territoriali.

[34]   La previsione appare finalizzata a consentire spostamenti fra province o fra posizioni.

[35]   Il 5 febbraio 2020, rispondendo all’interrogazione a risposta immediata 3-01282, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che erano state inoltrate 12.977 istanze.

[36]   Gli oneri gravano sugli stanziamenti di cui ai cap. n. 2354 – piani gestionali 3 e 4 – e, per il versamento IRAP, n. 2327.

[37]   Per lo svolgimento del concorso è stata autorizzata la spesa di € 170.000 nel 2019 e di € 180.000 nel 2020.

[38]   La relazione illustrativa all’A.C. 2222 faceva presente che, in realtà, con l’autorizzazione di spesa prevista dalla L. 107/2015 è stato finanziato il conferimento di 51 incarichi, i cui contratti erano scaduti nei primi mesi del 2019 o stavano per scadere.

[39]   Successivamente, l’art. 17, co. 25, del D.L. 78/2009 (L. 102/2009) ha stabilito che l’art. 64, co. 3, del D.L. 112/2008 si interpretava nel senso che il piano programmatico si intendeva perfezionato con l'acquisizione dei previsti pareri delle Commissioni parlamentari e all'eventuale recepimento dei relativi contenuti si provvedeva con i regolamenti attuativi dello stesso.

[40]   Ove non possibile ridistribuire i bambini tra scuole viciniori, eventuali iscrizioni in eccedenza sono ripartite tra le diverse sezioni della stessa scuola senza superare, comunque, le 29 unità per sezione, escludendo dalla redistribuzione le sezioni che accolgono alunni con disabilità

[41]   Elevabile fino a 27 qualora residuino resti.

[42]   Elevabile fino a 28 qualora residuino resti.

[43]   L'assegnazione provvisoria è disciplinata dagli artt. 475 e 476 del d.lgs. n. 297/1994.

[44]   L'utilizzazione in altra istituzione scolastica è disciplinata dall'art. 455 del d.lgs. n. 297/1994.

[45]   Si vedano al riguardo l'art. 2119 del codice civile, nonché la L. 604/1966.

[46]   La tabella E della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) ha, poi, disposto un rifinanziamento per € 50 mln nel 2017, € 150 mln nel 2018 ed € 1.500 mln annui dal 2019.

      Successivamente, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), operando un rifinanziamento direttamente nella sez. II, ha appostato sul cap. 7106 € 220 mln per ciascuno degli anni del triennio 2018-2020.

[47]   La programmazione nazionale per il triennio 2015-2017 è stata predisposta con DM 29 maggio 2015, n. 322 ed è stata aggiornata, per il 2016, con DM 14 ottobre 2016, n. 790 e, per il 2017, con DM 13 marzo 2018, n. 216.

[48]   La programmazione nazionale per il triennio 2018-2020 è stata predisposta con DM 12 settembre 2018, n. 615 e rettificata, per le regioni Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d'Aosta e Veneto – a seguito, fra l’altro, di errori riscontrati nella denominazione degli enti o dei progetti o in virtù di ricorsi amministrativi o giurisdizionali proposti dagli enti locali e accolti dalle rispettive regioni – con DM 10 dicembre 2018, n. 849. L’aggiornamento per l’annualità 2019 è stato adottato con DM 681 del 30 luglio 2019.

[49]   L’art. 4, co. 177-bis, della L. 350/2003 prevede, in particolare, che, in sede di attuazione di disposizioni legislative che autorizzano contributi pluriennali, il relativo utilizzo, anche mediante attualizzazione, è disposto con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente. In caso si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente gli stessi possono essere compensati a valere sulle disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali.

[50]   Tale termine non si applica in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.

[51]   Al riguardo, si ricorda che, a seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

      Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[52]   L’OPCM n. 3274 del 20 marzo 2003 ha previsto la classificazione del territorio nazionale in 4 zone a pericolosità sismica decrescente: zona 1 (la zona più pericolosa, in cui possono verificarsi fortissimi terremoti); zona 2 (in cui possono verificarsi forti terremoti); zona 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari) e zona 4 (la zona meno pericolosa, in cui i terremoti sono rari). Nel sito del Dipartimento della Protezione civile è disponibile l'elenco dei provvedimenti di classificazione adottati a livello regionale.

      Inoltre, ha introdotto l'obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso.

[53]   L’art. 20-bis del D.L. 8/2017 (L. 45/2017) ha destinato alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici situati nelle zone sismiche 1 e 2, nonché alla progettazione dei relativi eventuali interventi di adeguamento antisismico, le risorse non utilizzate di cui all’art. 1, co. 161, della L. 107/2015, disponendo che almeno il 20% delle stesse doveva essere riservato alle quattro regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

      Ha, inoltre, stabilito – a seguito delle modifiche apportate, da ultimo, dall'art. 6, co. 5-novies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) – che, entro il 31 dicembre 2021, ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone sismiche 1 e 2 deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati del D.L. 189/2016, relativo alle regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

[54] A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[55]   Più ampiamente, si veda dossier n. 284/4, vol. II, del 22 aprile 2020.

[56]   In particolare, il DM 241/2013 ha stabilito l'equipollenza ai diplomi accademici di primo livello DIPL02-DESIGN dei titoli rilasciati a conclusione dei corsi sperimentali attivati presso gli Istituti superiori per le industrie artistiche.

Il DM 242/2013 ha definito, secondo le corrispondenze stabilite dalle tabelle allegate, l'equipollenza dei titoli conseguiti a conclusione dei corsi sperimentali attivati presso le Accademie di belle arti (tabella A) e presso le Accademie di belle arti legalmente riconosciute (tabella B). Le tabelle A e B del decreto sono state successivamente integrate prima con DM 238/2014 e, successivamente, con DM 347/2016.

Il DM 243/2013 ha stabilito l'equipollenza dei titoli conclusivi dei corsi sperimentali attivati presso alcuni Istituti superiori di studi musicali, individuati in tabella A, e ha demandato ad un successivo provvedimento la definizione delle corrispondenze dei titoli rilasciati dagli Istituti superiori di studi musicali di cui alla tabella B. La tabella A del decreto è stata successivamente integrata con DM 674/2013.

[57]   Il bando per l'ammissione deve indicare i criteri di accesso e di valutazione dei titoli, nonché le eventuali prove scritte, inclusi test riconosciuti a livello internazionale, o prove orali previste.

[58]   L'Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d'azione globale finalizzato a sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità e la pace, adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 70/1 del 15 settembre 2015, intitolata: "Trasformare il nostro mondo. L'Agenda per lo sviluppo sostenibile".

      L'Agenda 2030 comprende 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs –, che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030, articolati a loro volta in 169 ‘target' o traguardi specifici, tra loro interconnessi e indivisibili, che costituiscono il nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo sostenibile, inteso come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri, armonizzando a tal fine le tre dimensioni della crescita economica, dell'inclusione sociale e della tutela dell'ambiente.

      Per una descrizione completa del contenuto dell'Agenda e degli strumenti di attuazione, monitoraggio e controllo dell'Agenda e degli SDGs, a livello globale, europeo e nazionale, si rinvia all'apposito dossier n. 89 del 19 giugno 2020, predisposto dal Servizio Studi, “L'agenda globale per lo sviluppo sostenibile".

[59]   In particolare, i regolamenti prevedono la possibilità di attribuire gli assegni mediante le seguenti procedure:

a)   pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse del soggetto che intende conferire gli assegni, seguito dalla presentazione, da parte dei candidati, dei progetti di ricerca, corredati dei titoli e delle pubblicazioni, valutati da parte di un'unica commissione, che può avvalersi di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni al soggetto medesimo e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate;

b)   pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dal soggetto che intende conferire gli assegni.

[60]   La titolarità dell'assegno non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa o specializzazione medica, in Italia o all'estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

[61]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[62]   La relazione tecnica precisava che le riscossioni ed i pagamenti per la ricerca, oggetto di esclusione, si riferiscono esclusivamente alle riscossioni ed ai pagamenti direttamente imputabili all’attività progettuale degli atenei.

[63]   Riguardo alla disciplina dell'Osservatorio, cfr. l'articolo 43 del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e l'articolo 1, comma 470, della L. 27 dicembre 2019, n. 160. In merito alla composizione dello stesso organo, cfr. infra.

[64]   In base alla normativa applicata per tale composizione (normativa di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo 43 del D.Lgs. n. 368), l'Osservatorio nazionale è costituito - oltre che dal presidente, nominato d'intesa fra il Ministro della salute ed il Ministro dell'università e della ricerca - da:

a) tre rappresentanti del Ministero dell'università e della ricerca;

b) tre rappresentanti del Ministero della salute;

c) tre presidi della facoltà di medicina e chirurgia, designati dalla Conferenza permanente dei rettori;

d) tre rappresentanti delle regioni, designati dalla Conferenza permanente dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano;

e) tre rappresentanti dei medici in formazione specialistica. Una norma transitoria - finora applicata - prevede che, fino alla data dell'elezione dei rappresentanti (con modalità definite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca) da parte degli studenti iscritti alle scuole di specializzazione, facciano parte dell'Osservatorio tre medici in formazione specialistica (uno per ciascuna delle tre aree funzionali cui afferiscono le scuole di specializzazione) nominati, su designazione delle associazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca.

Si ricorda che il citato articolo 1, comma 470, della L. n. 160 ha previsto un'integrazione della relativa composizione, per garantire una rappresentanza degli specializzandi dei profili professionali sanitari diversi da quello di medico, in aggiunta alla rappresentanza eletta dei medici in formazione specialistica.     

[65]   Si ricorda che quest’ultimo principio è posto anche da un'altra norma di rango legislativo (articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni).

[66]   Articolo 2, comma 1, secondo periodo, del regolamento di cui al D.M. 10 agosto 2017, n. 130.

[67]   Analogo intervento, in deroga alle facoltà assunzionali, è stato previsto dall’art. 1, co. 401, della L. 145/2018. Analoghi interventi, ma senza deroga alle facoltà assunzionali, sono stati previsti dall’art. 1, co. 400, della stessa L. 145/2018 (in attuazione dei co. 400 e 401 è intervenuto il DM 8 marzo 2019, n. 204, che ha previsto 1.511 contratti), dall’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (in attuazione, è intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 168, che ha previsto 1.305 contratti) e dall’art. 1, co. 247, 248 e 250 della L. 208/2015 (in attuazione, è intervenuto il DM 18 febbraio 2016, n. 78, che ha previsto 861 contratti).

[68]   Si tratta di: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE).

[69]   Analoghi interventi sono stati previsti dall’art. 1, co. 249-250, della L. 208/2015 (in attuazione, è intervenuto il DM 26 febbraio 2016, n. 105, che ha previsto 215 assunzioni di ricercatori) e dall’art. 1, co. 633, della L. 205/2017 (in attuazione, è intervenuto il DM 28 febbraio 2018, n. 163, che ha previsto 307 assunzioni di ricercatori e tecnologi).

[70]   Gli enti vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); ENEA (vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

[71]  A seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

[72]   Essi sono: a) Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; b) Agenzia Spaziale Italiana - ASI; c) Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; d) Istituto Italiano di Studi Germanici; e) Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; f) Istituto Nazionale di Alta Matematica "Francesco Severi" - INDAM; g) Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; h) Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; i) Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; l) Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; m) Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi"; n) Stazione Zoologica "Anton Dohrn"; o) Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; p) Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; q) Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - CREA; r) Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; s) Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori - ISFOL (a decorrere dal 1° dicembre 2016 denominato Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP); t) Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; u) Istituto Superiore di Sanità - ISS; v) Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA.

[73]   Regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 508/2014 per quanto riguarda misure specifiche volte a mobilitare gli investimenti nei sistemi sanitari degli Stati membri e in altri settori delle loro economie in risposta all'epidemia di COVID-19 (Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus).

[74]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[75]   Prevista dall’articolo 1, comma 703, lettera c), della legge n. 190 del 2014, la Cabina di regia è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dal DPCM 25 febbraio 2016 ed è presieduta dall’Autorità politica per la coesione (in questa compagine governativa, si tratta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale).

[76]   La disposizione ha una funzione semplificatoria, in quanto consente, per le riprogrammazioni delle risorse ancora disponibili dei precedenti cicli di programmazione 2000-2006 e 2007-2013, di utilizzare le regole e le modalità di riprogrammazione previste per il ciclo 2014-2020 (e non quelle a tal fine definite differentemente da ciascun ciclo di programmazione).

[77]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[78]   Ai fini della politica di coesione, oltre alle risorse comunitarie vanno considerate, per il principio della addizionalità, le risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, posto a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (c.d. Fondo IGRUE). Per i Programmi operativi gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato (PON), la quota di cofinanziamento è posta interamente a carico del Fondo di rotazione nella misura del 100%; per i Programmi a titolarità delle regioni (POR) la quota di cofinanziamento nazionale è invece fissata nella misura massima del 70% degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli Programmi. La restante quota del 30% è a carico dei bilanci delle regioni e delle province autonome, nonché degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi (cofinanziamento di fonte regionale).

[79]   Il “Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie” (c.d. Fondo IGRUE) è stato previsto dall’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183; le sue risorse sono destinate al cofinanziamento nazionale degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali.

[80]   Prevista dall’articolo 1, comma 703, lettera c) della legge n. 190 del 2014, la Cabina di regia è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dal DPCM 25 febbraio 2016.

[81]   Le modalità di riprogrammazione delle risorse sono state definite al punto 2, lettera g) della delibera CIPE 10 agosto 2016.

[82]   L’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei è stato adottato il 29 ottobre alla Commissione europea.

[83]   Cfr. La Relazione annuale sulla strategia nazionale per le aree interne, di dicembre 2018.

[84]   Imprese cosi definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003.

[85]   L’articolo 6, lettera d), del regolamento attuativo della misura “Resto al Sud” (D.M. 9 novembre 2017, n. 174), considera tra le spese ammissibili alle agevolazioni le spese relative al capitale circolante inerente allo svolgimento dell'attività d'impresa nella misura massima del venti per cento del programma di spesa; si tratta delle spese per materie prime, materiali di consumo, semilavorati e prodotti finiti, utenze e canoni di locazione per immobili, eventuali canoni di leasing, acquisizione di garanzie assicurative funzionali all'attività finanziata.

[86]   Regolamento (UE) N. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis». L’art. 3, co. 2 stabilisce che l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari.

[87]   INVITALIA S.p.A. è il soggetto gestore della misura. per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri- Dipartimento per le politiche di coesione, amministrazione titolare della misura stessa, secondo modalità stabilite da un’apposita convenzione.

[88]   In quest’ultimo caso i benefici della misura “resto al Sud” sono cumulabili, nei limiti delle risorse disponibili, anche con le agevolazioni della cd. “Legge Marcora” (art. 17 L. n. 49/1985) fermo il rispetto dei limiti agli aiuti di Stato cd. de minimis di cui al Reg. (UE) n. 1407/2013 e Reg. (UE) n. 717/2014 (200.000 euro) (comma 8-bis).

[89]   Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), si rammenta, reca le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale e ad incentivi e investimenti pubblici. Relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020, la dotazione del Fondo è stata autorizzata dall’articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), nella misura complessiva di 54,8 miliardi. Il Fondo è stato successivamente rifinanziato nell’importo di 5 miliardi per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017), di 4 miliardi di euro per le annualità dal 2019 al 2023 dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), e di ulteriori 5 miliardi, in termini di sola competenza, per le annualità 2021-2025 dalla legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), per una dotazione complessiva del FSC 2014-2020 pari a 68,8 miliardi di euro.

[90]   Regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020 che modifica i regolamenti (UE) n. 1301/2013 e (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda misure specifiche volte a fornire flessibilità eccezionale nell'impiego dei fondi strutturali e di investimento europei in risposta all'epidemia di COVID-19.

[91]   Che istituisce, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Albo nazionale dei componenti delle commissioni esaminatrici di concorso, articolato in sottosezioni su base regionale e per aree o settori tematici omogenei. L'iscrizione all'Albo ha durata di tre anni ed è rinnovabile per una sola volta. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti le cause di incompatibilità e di inconferibilità dell'incarico nonché le modalità di gestione e di aggiornamento dell'Albo e sono individuate le sottosezioni in cui è articolato l'Albo medesimo. Fino all'adozione del decreto di cui al terzo periodo, le commissioni esaminatrici continuano ad essere costituite secondo le disposizioni vigenti in materia alla data di entrata in vigore della presente legge.

[92]   Ciò anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, a mente del quale “Le commissioni esaminatrici dei concorsi per esami o per titoli ed esami possono essere suddivise in sottocommissioni, qualora i candidati che abbiano sostenuto le prove scritte superino le 1.000 unità, con l'integrazione di un numero di componenti, unico restando il presidente, pari a quello delle commissioni originarie e di un segretario aggiunto. A ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero inferiore a 500”.

[93]   In base ai quali il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche si svolge mediante concorsi pubblici unici, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento. I concorsi unici sono organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche avvalendosi della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni, di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate, nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato. Il Dipartimento della funzione pubblica, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione. Ove tali vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale, ferme restando le norme generali di partecipazione ai concorsi pubblici. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel rispetto del regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dalla normativa vigente, possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte presso il Dipartimento della funzione pubblica, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni.

[94]   Le modifiche delle modalità di svolgimento può attenere, esclusivamente, all’utilizzo di strumenti informatici e digitali per lo svolgimento delle prove scritte e preselettive, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità e lo svolgimento delle prove anche presso sedi decentrate, secondo le modalità dell’art. 247.

[95]   Secondo la nozione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (nozione non modificata dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni centrali per il triennio 2016-2018), appartengono "a questa area funzionale i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico".

[96]   Il citato articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza.

[97]  Le 150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 sono residue rispetto a quelle previste dagli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, del 20 ottobre 2016 (riguardanti, rispettivamente, 200 posti per funzionario giudiziario, area funzionale III, fascia retributiva F1, da coprire mediante scorrimento dalle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e 100 posti per funzionario giudiziario, area funzionale III, fascia retributiva F1, da coprire mediante scorrimento dalle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2017, n. 205) e le procedure per il loro reclutamento possono derogare alle modalità di assunzione previste dal medesimo decreto.

[98]   Si tratta di ricercatori con contratti a tempo determinato di durata triennale riservati a coloro che hanno già usufruito dei contratti triennali, prorogabili una sola volta per due anni, previsti dalla lett. a) del medesimo comma 3, ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia o che per almeno tre anni, anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca, di borse post-dottorato o di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

[99]   E’ appena il caso di ricordare che sempre con riguardo alla professione forense il comma 3 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 22 del 2020 ha previsto puntuali previsioni in materia di tirocinio stabilendo che il semestre di tirocinio professionale, all’interno del quale ricade il periodo di sospensione delle udienze dovuto all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19, deve considerarsi svolto positivamente anche nel caso in cui il praticante non abbia assistito ad almeno venti udienze per semestre, con esclusione di quelle di mero rinvio.

[100] Si ricorda che per l’assunzione da parte dell'Italia della presidenza del G20 nel 2021 la legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019), all’articolo 1, comma 586, ha recato l'autorizzazione di spesa per il finanziamento delle attività connesse all’assunzione della presidenza del G20 nel 2021, nonché alla istituzione delle relative strutture di supporto. In dettaglio, il comma 586 ha autorizzato una spesa di 2 milioni di euro per il 2019, di 10 milioni di euro per il 2020, di 26 milioni di euro per il 2021 e di 1 milione di euro per il 2022 per il finanziamento delle attività di carattere logistico-organizzativo diverse dagli interventi infrastrutturali e dall’approntamento del dispositivo di sicurezza. Per lo svolgimento di tali attività è prevista l’istituzione di una “Delegazione per la presidenza italiana del G20” da concludersi entro il 31 dicembre 2022, nonché l’istituzione, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di un gruppo di lavoro per l’elaborazione dei contenuti del programma di tale presidenza in ambito economico-finanziario; del gruppo può fare parte anche personale non appartenente alla pubblica amministrazione. Nell’ambito dell’autorizzazione di spesa sopra richiamata, la Delegazione ed il MEF possono stipulare contratti di consulenza, di lavoro a tempo determinato o di lavoro flessibile.

[101] La conoscenza della lingua straniera deve essere a un grado non inferiore al livello di competenza B2 di cui al "Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (CEFR)".

[102] Si rinvia al sito istituzionale dell’AGCM, pagina web dedicata, nella quale è possibile effettuare una ricerca per parola inerente le pratiche commerciali valutate scorrette dall’Autorità all’esito dell’istruttoria.

[103] L’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 è stato oggetto nel corso degli anni di frequenti modifiche e riscritture: l’impianto attuale si deve all’articolo 49, comma 4-bis del decreto-legge n. 78/2010 che, sostituendo integralmente l’articolo, ha previsto la trasformazione della dichiarazione di inizio attività (DIA) in segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). La nuova disciplina è stata oggetto – nel successivo quinquennio – di ulteriori modifiche ad opera di 10 atti normativi, gli ultimi dei quali sono stati la legge n. 124 del 2015, che ha modificato i commi 3 e 4 (articolo 6, comma 1, lettera a)) e il d.lgs. n. 126/2016, che ha modificato i commi 2 e 3 (articolo 3, comma 1).

[104] Difesa nazionale, pubblica sicurezza, immigrazione, asilo, cittadinanza, amministrazione della giustizia, amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco).

[105] Infatti, la segnalazione deve essere corredata sia con le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali, ma anche con le attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati corredate dagli elaborati tecnici, o con le dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese. Tali attestazioni e asseverazioni sono funzionali alle verifiche di competenza dell'amministrazione, che a tal fine si avvale anche degli elaborati tecnici necessari a corredo della segnalazione. Le autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni sostituiscono anche l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, stabiliti dalla normativa vigente, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive. La disposizione tuttavia precisa che sono sempre salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

[106] Infatti, l’amministrazione entro 60 giorni dalla segnalazione (30 per la SCIA edilizia), ove accerti la carenza di requisiti o presupposti per l’esercizio dell’attività, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa (comma 3). Qualora vi sia la possibilità di regolarizzazione, l’amministrazione competente invita il privato a conformare l’attività intrapresa alla normativa vigente, mediante un atto motivato, con il quale sono prescritte le misure necessarie ed il termine per provvedere alla regolarizzazione dell’attività non può essere inferiore a 30 giorni. Decorso il termine senza che le misure siano state adottate, l’attività s’intende vietata. L’amministrazione può disporre anche la sospensione dell’attività, ma solo in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale.

[107] D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[108] Legge di contabilità e finanza pubblica

[109] Legge di contabilità e finanza pubblica

[110] Ossia le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, tra cui rientrano le cosiddette spese obbligatorie (vale a dire, le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa).

[111] Con l’unica esclusione, come si è detto, degli eventuali minori oneri rispetto alle risorse stanziate dall’articolo 55 (857 milioni in termini di cassa per il 2020), dall’articolo 56 (1,73 miliardi per il 2020) e dall’articolo 57 (500 milioni per il 2020) del decreto-legge n.18 del 2020.

[112] Decreto-legge recante “ulteriori misure urgenti in materia di trattamento di integrazione salariale, nonché proroga di termini in materia di reddito di emergenza e di emersione di rapporti di lavoro”

[113] Tale facoltà, infatti, in quanto incidente su fattori legislativi, risultava in contrasto con quanto prescritto dalla legge di contabilità (si veda, al riguardo, quanto evidenziato nel dossier del Servizio Studi n. 269, relativo al D.L. n. 52/2020, in relazione all’articolo 4). Si fa presente, in merito, che la possibilità di effettuare variazioni di stanziamenti di bilancio nel corso della gestione, con decreti del Ministro competente o del Ministro dell’economia e delle finanze, pur contemplata dalla legge n. 196 del 2009 (ai commi da 4 a 4-sexies dell'articolo 33, per dare alle amministrazioni la possibilità di modulare le risorse assegnate secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa e di assicurare una maggiore tempestività nell'erogazione delle risorse) è tuttavia limitata all’ambito di ciascuno stato di previsione e soltanto tra le dotazioni finanziarie interne a ciascun programma, con esclusione dei fattori legislativi. Di queste variazioni viene data comunicazione al Parlamento.

      La rimodulazione delle dotazioni finanziarie di spesa relative a fattori legislativi (disposte cioè da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio) è consentita, invece, soltanto con la legge di bilancio e la legge di assestamento.