Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Comunitari
Titolo: L'agenda globale per lo sviluppo sostenibile
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 89
Data: 20/04/2022
Organi della Camera: XIV Unione Europea

 

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

L’agenda globale per lo sviluppo sostenibile

Sesta edizione

 

 

 

 

 

 

n. 89

 

 

 

Aprile 2022

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-9409 – * st_affari_comunitari@camera.it   @CD_affaricomunitari

 

 

 

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File: UE0017

 


INDICE

 

Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. 3

§  1. Dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ai nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. 4

§  2. Attuazione, monitoraggio e controllo dell'Agenda e degli SDGs. 5

§  3. La visione globale e lo stato dell’arte. 7

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. 9

§  1. Gli SDGs universali, interconnessi, indivisibili 9

Il Rapporto ONU 2021 sullo stato di attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel mondo. 46

§  1. La situazione antecedente allo scoppio della crisi pandemica. 46

§  2. I riflessi della pandemia Covid-19 sul percorso verso gli SDGs. 47

§  3. L’ulteriore impatto atteso sugli SDGs derivante dai recenti eventi geopolitici 49

§  4. Il monitoraggio degli SDGs illustrato nel Rapporto ONU 2021. 51

L'Agenda 2030 e l'Unione europea. 58

§  1. L'attività dell'UE in relazione all'attuazione dell'Agenda 2030. 58

§  2. L’Agenda Strategica dell'UE 2019-2024. 59

§  3. Il programma 2019-2024 della Commissione europea. 60

§  4. Gli investimenti dell’Unione europea. 65

§  5. L’integrazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel Semestre europeo. 70

§  6. Le conclusioni del Consiglio dell’UE. 70

§  7. Progressi dell’UE verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. 71

§  8. L'azione esterna dell'UE. 72

L’agenda 2030 e l’Italia. 75

§  1. La governance e gli strumenti per lo sviluppo sostenibile. 75

§  2. I progressi dell'Italia verso gli SDGs. 85

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel DEF 2022. 94

§  1. Dimensione “Sostenibilità Ambientale” 94

§  2. Dimensione “Transizione Digitale e produttività” 95

§  3. Dimensione “Equità” 95

§  4. Dimensione “Stabilità macroeconomica” 98

 


SIWEB

Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile

 

L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d'azione globale, di portata e rilevanza senza precedenti, finalizzato a sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità e la pace, adottato all'unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 70/1  del 15 settembre 2015, intitolata: "Trasformare il nostro mondo. L'Agenda per lo sviluppo sostenibile".

 

Essa comprende 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals, SDGs –, che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030, articolati a loro volta in 169 ‘target' o traguardi specifici, tra loro interconnessi e indivisibili, che costituiscono il nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo sostenibile, inteso come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri, armonizzando a tal fine le tre dimensioni della crescita economica, dell'inclusione sociale e della tutela dell'ambiente.

 

 

L'Agenda e i correlati SDGs, entrati in vigore a livello internazionale il 1° gennaio del 2016, mirano a completare ciò che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals - MDGs), che avevano orientato l'azione internazionale di supporto allo sviluppo nel periodo 2000-2015, non sono riusciti a realizzare (qui il link al report finale), a partire dalla eliminazione della povertà in tutte le sue forme e dimensioni, che unitamente alla lotta al cambiamento climatico, è considerata la più grande sfida globale.

 

1. Dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ai nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio hanno contribuito a sollevare le condizioni di vita di più di un miliardo di persone e consentito di compiere miglioramenti significativi in numerose aree. Il progresso non è stato però uguale ovunque e ha registrato ritardi, specialmente nei paesi meno sviluppati in Africa, in quelli senza sbocco sul mare e nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, ove alcuni obiettivi non sono stati raggiunti, soprattutto in relazione alla salute della madre, del neonato e del bambino, e alla salute riproduttiva.

La nuova Agenda globale non intende, tuttavia, solo portare a compimento e incrementare gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: oltre a perseguire priorità come la sconfitta della fame e della povertà, la tutela della salute, la promozione dell'educazione e della sicurezza alimentare, essa stabilisce una serie di ulteriori obiettivi economici, sociali e ambientali di carattere puntuale.

Tali obiettivi spaziano dall'agricoltura al turismo sostenibile, dall'energia alle innovazioni tecnologiche, dall'occupazione giovanile ai fenomeni migratori, dal diritto all'acqua potabile alle infrastrutture e alla sostenibilità degli insediamenti urbani, ponendo un'attenzione particolare sulla salvaguardia dei diversi ecosistemi e della biodiversità.

L’agenda mira, inoltre, a promuovere società più aperte, tolleranti e pacifiche e fissa, in modo articolato, le modalità per la sua attuazione, anche attraverso un deciso rafforzamento della partnership globale per lo sviluppo sostenibile.

Il carattere innovativo dell'Agenda 2030 e dei nuovi SGDs risiede proprio nel superamento dell'idea di sostenibilità come questione a carattere unicamente ambientale e nell'affermazione di una visione olistica dello sviluppo, che bilancia le sue tre dimensioni - economica, sociale ed ambientale - fornendo un modello ambizioso di prosperità condivisa in un mondo sostenibile che si incardina sulle c.d. cinque P:

 

·        Persone: eliminare fame e povertà in tutte le forme e garantire dignità e uguaglianza;

·        Pianeta: proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future

·        Prosperità: garantire vite prospere e piene, con un progresso economico, sociale e tecnologico in armonia con la natura;

·        Pace: promuovere società pacifiche, giuste e inclusive;

·        Partnership: implementare l'agenda attraverso solide partnership fondate su uno spirito di rafforzata solidarietà globale.

 

In questo quadro, l'Agenda 2030 stabilisce obiettivi globali, indivisibili e interconnessi, che mirano a creare una prosperità condivisa su un pianeta sano, pacifico e resiliente, in cui siano assicurati il rispetto universale per i diritti dell'uomo e la sua dignità, la giustizia, l'uguaglianza e la parità tra i sessi e garantita la coesione economica, sociale e territoriale.

 

In tal senso, l'adozione dei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile rappresenta a pieno titolo un evento storico, atteso che per la prima volta i leader mondiali si sono impegnati in una azione comune attraverso un'agenda politica vasta, ambiziosa e universale, dal carattere fortemente trasformativo, che sottende una precisa visione globale del nostro mondo di oggi, nonché una concezione innovativa del progresso fondata sul principio fondamentale del "leave no one behind" (non lasciare nessuno indietro).

 

Questo disegno è stato integrato, nello stesso anno in cui è stata adottata l'Agenda 2030, con l'approvazione di altri rilevanti accordi globali con essa integrati: il Piano di azione di Addis Abeba, della terza conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, il quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi 2015-2030 e l'Accordo di Parigi nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

 

2. Attuazione, monitoraggio e controllo dell'Agenda e degli SDGs

L'Agenda 2030 impegna tutti i Paesi a contribuire allo sforzo necessario a portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo.

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e i relativi 169 sotto-obiettivi, oltre ad essere interconnessi ed indivisibili, sono di natura globale e universalmente applicabili.

Ciascun Paese è libero di decidere come questi obiettivi debbano essere incorporati nelle politiche e nei processi decisionali, definendo a tal fine una propria strategia nazionale di sviluppo sostenibile.

In tale ambito si riconosce, in particolare, il ruolo fondamentale svolto dai Parlamenti nazionali attraverso la produzione normativa, l'adozione dei budget e la realizzazione efficace dei programmi.

I risultati delle strategie adottate dai singoli paesi devono essere rendicontati all'interno di un processo di monitoraggio e verifica del perseguimento degli SGDs coordinato dall'ONU e realizzato mediante un sofisticato panel di indicatori statistici globali individuati per misurare i singoli target.

A livello globale, il ruolo centrale per il controllo sull'adozione dell'Agenda 2030 e sui risultati delle politiche poste in essere a tale scopo, è assegnato all'High-level Political Forum on Sustainable Development-HLPF, di cui fanno parte gli tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite e gli Stati membri di agenzie specializzate. Compito dell'HLPF, che è la principale piattaforma Onu sullo sviluppo sostenibile, è quello di valutare i progressi, i risultati e le sfide per tutti i Paesi, nonché di assicurare che l'Agenda resti "rilevante ed ambiziosa".

L'HLPF si riunisce ogni anno, a livello ministeriale, sotto l'egida del Comitato Economico e Sociale (ECOSOC) dell'ONU; ogni quattro anni la riunione, che prevede la partecipazione di Capi di Stato e di Governo, si svolge sotto l'egida dell'Assemblea Generale. Il Forum può adottare dichiarazioni politiche negoziate a livello intergovernativo. Il meccanismo di controllo istituito in seno all'HLPF e i successivi interventi quadriennali dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno, dunque, un ruolo centrale nel processo di follow up delle strategie nazionali ed internazionali in materia di sviluppo sostenibile.

In Italia, un ruolo essenziale nel processo di monitoraggio nell'attuazione degli SDGs è svolto in Italia all'ISTAT, che ha assunto il compito di costruire l'informazione statistica necessaria al monitoraggio dell'Agenda 2030 per il nostro Paese, tenendo conto della lista di indicatori elaborati dalle Nazioni Unite

L'attuazione dell'Agenda richiede, infine, un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell'informazione e della cultura, al fine di stimolare un'ampia mobilitazione verso la definizione di un nuovo modello di crescita sostenibile.

In Italia, particolarmente attiva risulta l'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), cui aderiscono oltre 300 tra le principali organizzazioni della società civile di diversa natura, che ha come scopo la diffusione, a livello sociale ed istituzionale, della conoscenza e della consapevolezza dell'importanza dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. L'ASviS redige annualmente un rapporto dove vengono presentate sia un'analisi dello stato di avanzamento dell'Italia rispetto all'Agenda 2030 e agli Obiettivi di Sviluppo sostenibile, sia proposte per l'elaborazione di strategie che possano assicurare lo sviluppo economico e sociale del paese.

Da ultimo, va ricordato come onde mantenere elevato il livello di ambizione dell'Agenda 2030, una valenza particolare assumono le revisioni nazionali volontarie-VNR (Voluntary National Review), che fanno parte dei meccanismi di follow up e revisione dell'Agenda, che incoraggia gli Stati a "condurre revisioni regolari e inclusive dei progressi a livello nazionale e sub-nazionale" su base volontaria. Le VNR sono finalizzate a facilitare la condivisione di esperienze e sono alla base delle revisioni periodiche dell'HLPF finalizzate, a loro volta, ad accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030. I Paesi che si sottopongono a VNR presentano relazioni scritte rese disponibili nel database VNR, dove confluiscono anche i dati relativi ai risultati conseguiti. Le revisioni nazionali volontarie testimoniano gli sforzi compiuti a livello nazionale per dare priorità all'integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nei piani e nelle politiche nazionali e per riunire tutte le parti della società nello sforzo comune di realizzare l'Agenda 2030. L'Italia si è sottoposta alla sua prima VNR nel 2017.

3. La visione globale e lo stato dell’arte

 

L'Agenda 2030 muove dall'assunto dell'insostenibilità dell'attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Essa esprime, inoltre, la consapevolezza di come la nostra epoca presenti al contempo grandi opportunità ed enormi sfide e di come, in particolare, la nostra generazione possa essere la prima che riesce a porre fine alla povertà, così come l'ultima ad avere invece la possibilità di salvare il pianeta.

 

Da un lato, infatti, negli ultimi decenni sono stati compiuti progressi significativi: milioni di persone sono uscite da una povertà estrema; l'accesso all'istruzione è notevolmente aumentato; la diffusione dei mezzi di comunicazione e d'informazione di massa e l'interconnessione globale, così come le sempre più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche, hanno consentito di accelerare il progresso dell'uomo e di sviluppare società basate sulla conoscenza.

 

Dall'altro lato, nonostante gli sforzi della comunità internazionale, miliardi di persone continuano ad essere private di una vita dignitosa; la disuguaglianza è in crescita sia fra i diversi paesi, sia all'interno degli stessi e permangono enormi differenze per ciò che concerne opportunità, ricchezza e potere, anche con riferimento alla disparità di genere.

 

I progressi compiuti sono, inoltre, messi a repentaglio da sempre più frequenti e violenti disastri naturali, dalla crescita vertiginosa dei conflitti, dal terrorismo, dalle crisi umanitarie e dallo sfollamento forzato delle popolazioni che ne consegue. L'esaurimento delle risorse naturali e gli impatti negativi del degrado ambientale, come la desertificazione, la siccità, la scarsità di acqua e la perdita della biodiversità, incrementano l'elenco delle minacce che l'umanità è chiamata a fronteggiare.

 

Il cambiamento climatico, tra queste, è una delle più insidiose, posto che il suo impatto negativo compromette le capacità degli Stati di attuare uno sviluppo sostenibile, mentre l'aumento della temperatura globale, l'innalzamento del livello dei mari, l'acidificazione degli oceani e altre conseguenze del climate change stanno mettendo seriamente a repentaglio le zone costiere e i paesi al di sotto del livello del mare, compresi molti paesi meno sviluppati e piccoli stati insulari in via di sviluppo, al punto che la sopravvivenza di molte società e dei sistemi di supporto biologico del pianeta è considerata a rischio.

 

Malgrado i progressi conseguiti in molteplici aree, negli ultimi anni è emersa ripetutamente l’esigenza di adottare azioni e politiche più rapide e ambiziose per realizzare la trasformazione economica e sociale necessaria al raggiungimento degli SDGs, specialmente nelle aree legate alla lotta contro il cambiamento climatico e alle disuguaglianze. Le sfide rimaste aperte richiedono infatti risposte più profonde e rapide e soluzioni integrate, per imprimere forza a quella trasformazione sociale ed economica necessaria a raggiungere gli SDGs per il 2030.

 

L’avvento nel 2020 della pandemia da Covid-19 ha naturalmente mutato gli scenari, incidendo sulle politiche internazionali e nazionali per l’attuazione dell’Agenda 2030.

La pandemia globale che ha sconvolto il nostro pianeta si è trasformata rapidamente nella peggiore crisi sanitaria, umanitaria, economica e sociale dei nostri tempi, diffondendosi in tutti i Paesi, con un altissimo tasso di mortalità, rendendo ancora più accidentato il cammino per il raggiungimento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile.

Il COVID-19 non ha inoltre avuto le stesse ripercussioni per tutti ed ha esacerbato ancor più le disuguaglianze e le ingiustizie preesistenti.

I soggetti maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia sono infatti i più poveri e i più vulnerabili: tra di essi rientrano bambini, anziani, persone con disabilità, migranti e rifugiati, nonché le donne, che stanno soffrendo in misura maggiore l’impatto della crisi sanitaria.

L’ultimo Rapporto del 2021 delle Nazioni Unite sullo Sviluppo sostenibile globale certifica come l’epidemia da Covid-19 abbia prodotto un arretramento generalizzato nel percorso verso tutti gli Obiettivi dell’Agenda, ponendo seriamente a rischio il loro raggiungimento entro la scadenza prefissata del 2030.

Inoltre, ulteriori effetti negativi, suscettibili di incidere sul percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda, sono emersi dagli eventi geopolitici più recenti, quali l’invasione armata dell’Ucraina da parte della Russia, avviata il 24 febbraio 2022, che oltre a ledere gravemente i diritti umani delle popolazioni colpite dalla guerra, appare in grado di incidere sulla gerarchia condivisa delle priorità definite dall’Agenda stessa. La guerra in Ucraina non sta creando soltanto una grave crisi umanitaria, ma anche un forte peggioramento delle prospettive dell’economia mondiale, in particolare per i paesi in via di sviluppo e quelli meno sviluppati. (su questi profili, cfr., oltre, il paragrafo dedicato al Rapporto ONU 2021).

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Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile

1. Gli SDGs universali, interconnessi, indivisibili

Come accennato, i 17 SDGs e i relativi 169 target specifici in cui essi sono declinati bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, economica sociale e ambientale, estendendo l'Agenda 2030 dal solo pilastro sociale previsto dagli Obiettivi del Millennio agli altri due pilastri, economico ed ambientale, cui si aggiunge la dimensione istituzionale.

Loro caratteristica essenziale è di essere universali, interconnessi e indivisibili.

Ciò significa che essi sono applicabili ovunque, a livello globale, nazionale e locale (regionale e/o urbano), pur tenendo conto delle specifiche realtà territoriali e, soprattutto, che sono tra loro fortemente collegati e sinergici.

In tal senso, gli stessi Rapporti annuali delle Nazioni Unite sull'attuazione dell'Agenda 2030 evidenziano l'importanza di adottare un approccio integrato nel loro perseguimento, posto che, ad esempio, affrontare il cambiamento climatico richiede al contempo di implementare l'utilizzo di energie rinnovabili, di invertire la tendenza alla perdita di foreste e di modificare i nostri modelli di produzione e di consumo.

Analogamente, promuovere un'agricoltura sostenibile può contribuire a ridurre sia la fame che la povertà, dal momento che quasi l'80% delle persone estremamente povere vive in zone rurali, mentre aumentare l'accesso all'acqua potabile sicura e ai servizi igienico-sanitari può salvare milioni di vite all'anno e migliorare al contempo la frequenza scolastica. Parimenti, il miglioramento delle competenze in lettura e matematica dei milioni di bambini che stanno rimanendo indietro nell'Africa subsahariana contribuirà a favorire l'uscita dalla povertà della regione e, in ultima analisi, consentirà alla stessa di meglio competere nel mercato globale.

 

 2. I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile sono i seguenti:

  1. Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo;
  2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile;
  3. Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età;
  4. Fornire un'educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti;
  5. Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze;
  6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico sanitarie;
  7. Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni;
  8. Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti;
  9. Costruire un'infrastruttura resiliente e promuovere l'innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile;
  10. Ridurre l'ineguaglianza fra le nazioni e all'interno delle stesse;
  11. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili;
  12. Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo;
  13. Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico;
  14. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile;
  15. Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno e fermare la perdita di diversità biologica;
  16. Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile, garantire a tutti l'acceso alla giustizia e creare istituzioni efficaci, responsabili ed inclusive a tutti i livelli;
  17. Rafforzare gli strumenti di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

 

Tali obiettivi possono essere ricondotti alle aree interconnesse di intervento identificate dalle cinque P: Persone (obiettivi da 1 a 5), Prosperità (obiettivi da 6 a 12), Pianeta (obiettivi da 13 a 15), Pace (obiettivo 16), Partnership (obiettivo 17).

Di seguito si riportano nel dettaglio i singoli Target associati a ciascun obiettivo, con evidenziazione di quelli il cui raggiungimento è previsto entro il 2020 ovvero il 2025. A ciascun Obiettivo è associato un logo, tratto dal sito delle Nazioni Unite.


 

Obiettivo 1:

 

Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo

 

 

Porre fine alla povertà, in tutte le sue manifestazioni, comprese le sue forme più estreme, attraverso strategie interconnesse, è la finalità del primo Obiettivo. Il tasso di povertà estrema ha registrato un drastico calo nell'ultimo ventennio: rispetto al 1990, nel 2013 il tasso si era ridotto di un terzo. Nonostante ciò centinaia di milioni di persone vivono ancora al di sotto della soglia di povertà estrema di 1,90$ al giorno (dall'ottobre del 2015 la soglia è stata elevata da 1,25 $ a 1,90$, nonostante il target dell'Agenda non sia stato aggiornato), non riuscendo a soddisfare i bisogni più elementari, come l'alimentazione, la salute, l'istruzione, l'accesso all'acqua e ai servizi igienici. Il tasso di lavoratori che nel mondo vivono con meno di 1,90$ al giorno è diminuito significativamente negli ultimi due decenni, passando dal 26,9% nel 2000 al 9,2% nel 2017. Nel 2015, con la firma dell'Agenda 2030, i governi si sono impegnati a porre fine alla povertà nei successivi 15 anni, affinché ogni persona, ovunque nel mondo, possa godere di uno standard di vita adeguato. Per consentire alle persone di uscire dalla condizione di povertà è necessario garantire la parità di diritti, l'accesso alle risorse economiche e naturali, a quelle tecnologiche, alla proprietà e ai servizi di base. 

 

L'Obiettivo 1 è declinato nei seguenti sette target, gli ultimi due dei quali (1.a e 1.b) sono riferiti agli strumenti di attuazione.

 

1.1 Entro il 2030, sradicare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, attualmente misurata sulla base di coloro che vivono con meno di $ 1,25 al giorno;

1.2 Entro il 2030, ridurre almeno della metà la quota di uomini, donne e bambini di tutte le età che vivono in povertà in tutte le sue forme, secondo le definizioni nazionali;

1.3 Implementare a livello nazionale adeguati sistemi di protezione sociale e misure di sicurezza per tutti, compresi i livelli più bassi, ed entro il 2030 raggiungere una notevole copertura delle persone povere e   vulnerabile;

1.4 Entro il 2030, assicurare che tutti gli uomini e le donne, in particolare i più poveri e vulnerabili, abbiano uguali diritti alle risorse economiche, insieme all'accesso ai servizi di base, proprietà privata, controllo su terreni e altre forme di proprietà, eredità, risorse naturali, nuove tecnologie appropriate e servizi finanziari, tra cui la microfinanza;

1.5 Entro il 2030, rinforzare la resilienza dei poveri e di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione e vulnerabilità ad eventi climatici estremi, catastrofi e shock economici, sociali e ambientali;

1.a Garantire una adeguata mobilitazione di risorse da diverse fonti, anche attraverso la cooperazione allo sviluppo, al fine di fornire mezzi adeguati e affidabili per i paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi meno sviluppati, attuando programmi e politiche per porre fine alla povertà in tutte le sue forme;

1.b Creare solidi sistemi di politiche a livello nazionale, regionale e internazionale, basati su strategie di sviluppo a favore dei poveri e sensibili alle differenze di genere, per sostenere investimenti accelerati nelle azioni di lotta alla povertà.

 

 


 

Obiettivo 2:

 

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un'agricoltura sostenibile.

 

 

L'Obiettivo 2 è finalizzato a garantire all'intera umanità l'accesso a un'alimentazione sana e nutriente. Benché i problemi della fame e della sicurezza alimentare si concentrino nei Paesi in via di sviluppo, la strategia coinvolge tutti i Paesi del mondo, in uno sforzo di miglioramento della nutrizione sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo qualitativo, nonché di promozione dell'agricoltura sostenibile. All'attuazione di tale strategia concorrono diversi fattori, considerati essenziali per garantire la sicurezza alimentare a una popolazione mondiale in rapida crescita e la sostenibilità ambientale della produzione di cibo: dal buon funzionamento del mercato agricolo a un equo accesso alla terra e alla tecnologia, dalle politiche di sostegno allo sviluppo rurale alla conservazione della diversità genetica vegetale e animale e alla promozione di pratiche agricole a basso impatto ambientale.  

 

L'Obiettivo 2 è declinato in otto target, due dei quali sono riferiti alla nutrizione (2.1 e 2.2), tre dei quali sono riferiti alla produzione del cibo (2.2, 2.3 e 2.4); altri tre, infine, riguardano le politiche agricole e sono riferiti agli strumenti di attuazione (2.a, 2.b e 2.c).

 

2.1 Entro il 2030, porre fine alla fame e garantire a tutte le persone, in particolare ai poveri e le persone più vulnerabili, tra cui neonati, un accesso sicuro a cibo nutriente e sufficiente per tutto l'anno;

2.2 Entro il 2030, porre fine a tutte le forme di malnutrizione; raggiungere, entro il 2025, i traguardi concordati a livello internazionale contro l'arresto della crescita e il deperimento nei bambini sotto i 5 anni di età; soddisfare le esigenze nutrizionali di ragazze adolescenti, donne in gravidanza e allattamento e le persone anziane;

2.3 Entro il 2030, raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di cibo su piccola scala, in particolare le donne, i popoli indigeni, le famiglie di agricoltori, i pastori e i pescatori, anche attraverso un accesso sicuro ed equo a terreni, altre risorse e input produttivi, conoscenze, servizi finanziari, mercati e opportunità per valore aggiunto e occupazioni non agricole;

2.4 Entro il 2030, garantire sistemi di produzione alimentare sostenibili e implementare pratiche agricole resilienti che aumentino la produttività e la produzione, che aiutino a proteggere gli ecosistemi, che rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, a condizioni meteorologiche estreme, siccità, inondazioni e altri disastri e che migliorino progressivamente la qualità del suolo;

2.5 Entro il 2020, mantenere la diversità genetica delle sementi, delle piante coltivate, degli animali da allevamento e domestici e delle specie selvatiche affini, anche attraverso banche di semi e piante diversificate e opportunamente gestite a livello nazionale, regionale e internazionale; promuovere l'accesso e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche e della conoscenza tradizionale associata, come concordato a livello internazionale;

2.a Aumentare gli investimenti, anche attraverso il miglioramento della cooperazione internazionale, in infrastrutture rurali, ricerca agricola e formazione, sviluppo tecnologico e le banche di geni vegetali e animali, al fine di migliorare la capacità produttiva agricola nei paesi in via di sviluppo, in particolare i paesi meno sviluppati;

2.b Correggere e prevenire restrizioni commerciali e distorsioni nei mercati agricoli mondiali, anche attraverso l'eliminazione parallela di tutte le forme di sovvenzioni alle esportazioni agricole e di tutte le misure di esportazione con effetto equivalente, conformemente al mandato del Doha Development Round;

2.c Adottare misure per garantire il corretto funzionamento dei mercati delle materie prime alimentari e loro derivati e facilitare l'accesso rapido alle informazioni di mercato, incluse le riserve di cibo, al fine di contribuire a limitare l'instabilità estrema dei prezzi dei beni alimentari.

 


 

 

Obiettivo 3:

 

Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età

 

 

L'Obiettivo 3 si propone di garantire la salute e di promuovere il benessere per tutti e a tutte le età. Esso si focalizza su diversi ambiti di intervento: ridurre la mortalità materno-infantile, debellare le epidemie, contrastare le malattie trasmissibili e le malattie croniche, promuovendo benessere e salute mentale. Tra le aree di intervento si segnalano l'accesso alla prevenzione, il contrasto alla diffusione delle patologie croniche e agli stili di vita poco corretti (consumo di alcol e tabacco), nonché la diminuzione della mortalità dovuta incidenti stradali.

 

L'Obiettivo è declinato in tredici target, di cui gli ultimi quattro riferiti agli strumenti di attuazione (da 3.a a 3.d):

 

3.1 Entro il 2030, ridurre il tasso di mortalità materna globale a meno di 70 per ogni 100.000 bambini nati vivi;

3.2 Entro il 2030, porre fine alle morti prevenibili di neonati e bambini sotto i 5 anni di età.  Tutti i paesi dovranno cercare di ridurre la mortalità neonatale ad almeno 12 per ogni 1.000 bambini nati vivi e la mortalità dei bambini sotto i 5 anni di età ad almeno 25 per 1.000 bambini nati vivi;

3.3 Entro il 2030, porre fine alle epidemie di AIDS, tubercolosi, malaria e malattie tropicali trascurate; combattere l'epatite, le malattie di origine idrica e le altre malattie trasmissibili;

3.4 Entro il 2030, ridurre di un terzo la mortalità prematura da malattie non trasmissibili attraverso la prevenzione e il trattamento e promuovere benessere e salute mentale;

3.5 Rafforzare la prevenzione e il trattamento di abuso di sostanze, tra cui l'abuso di stupefacenti e il consumo nocivo di alcol;

3.6 Entro il 2020, dimezzare il numero globale di morti e feriti a seguito di incidenti stradali;

3.7 Entro il 2030, garantire l'accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare, l'informazione, l'educazione e l'integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali;

3.8 Conseguire una copertura sanitaria universale, compresa la protezione da rischi finanziari, l'accesso ai servizi essenziali di assistenza sanitaria di qualità e l'accesso sicuro, efficace, di qualità e a prezzi accessibili a medicinali di base e vaccini per tutti;

3.9 Entro il 2030, ridurre sostanzialmente il numero di decessi e malattie da sostanze chimiche pericolose e da contaminazione e inquinamento dell'aria, delle acque e del suolo;

3.a Rafforzare l'attuazione del Quadro Normativo della Convenzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sul Controllo del Tabacco in modo appropriato in tutti i paesi;

3.b Sostenere la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci per le malattie trasmissibili e non trasmissibili che colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo; fornire l'accesso a farmaci e vaccini essenziali ed economici, in conformità alla Dichiarazione di Doha sull'Accordo TRIPS e la Sanità Pubblica, che afferma il diritto dei paesi in via di sviluppo ad utilizzare appieno le disposizioni dell'Accordo sugli Aspetti Commerciali dei Diritti di Proprietà Intellettuali contenenti le cosiddette "flessibilità" per proteggere la sanità pubblica e, in particolare, fornire l'accesso a farmaci per tutti;

3.c Aumentare considerevolmente i fondi destinati alla sanità e alla selezione, formazione, sviluppo e mantenimento del personale sanitario nei paesi in via di sviluppo, specialmente nei meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo;

3.d Rafforzare la capacità di tutti i Paesi, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, di segnalare in anticipo, ridurre e gestire i rischi legati alla salute, sia a livello nazionale che globale.

 


 

Obiettivo 4:

 

Fornire un'educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti

 

 

L'Obiettivo 4 punta a garantire un'istruzione di qualità, fattore rilevante per migliorare la vita delle persone e rendere attuabile uno sviluppo sostenibile. I target da monitorare riguardano diverse dimensioni: l'accesso per tutti all'istruzione di ogni ordine e grado (scuola dell'infanzia, primaria, secondaria e terziaria), la qualità dell'istruzione impartita, il possesso delle conoscenze e delle competenze per l'occupazione e per lo sviluppo sostenibile; l'eliminazione delle disparità di genere nell'istruzione e la parità di accesso per i più vulnerabili; il monitoraggio delle strutture scolastiche, in modo che siano adatte alle esigenze di tutti. In relazione all'obiettivo dell'istruzione universale si sono ottenuti risultati importanti, soprattutto per l'incremento dell'accesso all'istruzione di donne e ragazze: il livello base di alfabetizzazione è migliorato in maniera significativa, ma permane la necessità di rafforzare le azioni per ottenere risultati ancora migliori in tutti i livelli educativi e per tutti. Nonostante i progressi ottenuti nel mondo nella parità di genere e nell'empowerment, le donne e le ragazze continuano ad essere vittime di discriminazioni e violenza.

 

L'Obiettivo è declinato in dieci target, tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 4.a a 4.c).

 

4.1 Garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell'educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti;

4.2 Garantire entro il 2030 che ogni ragazza e ragazzo abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria;

4.3 Garantire entro il 2030 ad ogni donna e uomo un accesso equo ad un'istruzione tecnica, professionale e terziaria -anche universitaria- che sia economicamente vantaggiosa e di qualità;

4.4 Aumentare considerevolmente entro il 2030 il numero di giovani e adulti con competenze specifiche -anche tecniche e professionali- per l'occupazione, posti di lavoro dignitosi e per l'imprenditoria;

4.5 Eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell'istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità;

4.6 Garantire entro il 2030 che tutti i giovani e gran parte degli adulti, sia uomini che donne, abbiano un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo;

4.7 Garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile;

4.a Costruire e potenziare le strutture dell'istruzione che siano sensibili ai bisogni dell'infanzia, alle disabilità e alla parità di genere e predisporre ambienti dedicati all'apprendimento che siano sicuri, non violenti e inclusivi per tutti;

4.b Espandere considerevolmente entro il 2020 a livello globale il numero di borse di studio disponibili per i paesi in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati africani, per garantire l'accesso all'istruzione superiore - compresa la formazione professionale, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i programmi tecnici, ingegneristici e scientifici -  sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo;

4.c Aumentare considerevolmente entro il 2030 la presenza di insegnanti qualificati, anche grazie alla cooperazione internazionale, per la loro attività di formazione negli stati in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati e i piccoli stati insulari in via di sviluppo.

 

 

 


 

Obiettivo 5:

 

Raggiungere l'uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze

 

 

L'Obiettivo 5 si propone di eliminare ogni forma di discriminazione e violenza per tutte le donne, di tutte le età, così come pratiche quali i matrimoni precoci o forzati e le mutilazioni genitali. L'Obiettivo punta alla parità tra tutte le donne e le ragazze nei diritti e nell'accesso alle risorse economiche, naturali e tecnologiche, nonché alla piena ed efficace partecipazione delle donne e alla pari opportunità di leadership a tutti i livelli decisionali politici ed economici.

 

L'Obiettivo è declinato in nove target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 5.a a 5.c).  

 

5.1 Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze;

5.2 Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo;

5.3 Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili;

5.4 Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all'interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali;

5.5 Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica;

5.6 Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d'Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d'Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze;

5.a Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali;

5.b Rafforzare l'utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, per promuovere l'emancipazione della donna;

5.c Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l'emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.


 

Obiettivo 6:

 

Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico sanitarie.

 

 

L'Obiettivo 6 mira a rendere l'acqua accessibile alla popolazione e agli ecosistemi, al fine di garantire la loro sopravvivenza. Il pianeta possiede sufficiente acqua potabile, ma in numerose aree nel mondo, molte persone, soprattutto bambini, muoiono ancora per malattie dovute al consumo di acqua non idonea al consumo umano, servizi sanitari insufficienti e livelli d'igiene inadeguati. I cambiamenti climatici e la crescente pressione della domanda acuiscono il problema della disponibilità di acqua e le previsioni per il futuro sono tutt'altro che favorevoli. La gestione dell'intero ciclo delle acque deve, quindi, essere resa più efficiente, attraverso investimenti nelle diverse attività, dal prelievo alla distribuzione, fino al trattamento delle acque reflue. Occorre garantire maggiore efficienza nell'utilizzo dell'acqua in tutti i settori (civile, industriale, energetico, agricolo), attivando sistemi di monitoraggio, investendo in manutenzione e sviluppo, incentivando pratiche di riciclo e raccolta.

 

L'Obiettivo è declinato in otto target, gli ultimi due dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (6.a e 6.b).

 

6.1 Ottenere entro il 2030 l'accesso universale ed equo all'acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti;

6.2 Ottenere entro il 2030 l'accesso ad impianti sanitari e igienici adeguati ed equi per tutti e porre fine alla defecazione all'aperto, prestando particolare attenzione ai bisogni di donne e bambine e a chi si trova in situazioni di vulnerabilità;

6.3 Migliorare entro il 2030 la qualità dell'acqua eliminando le discariche, riducendo l'inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose, dimezzando la quantità di acque reflue non trattate e aumentando considerevolmente il riciclaggio e il reimpiego sicuro a livello globale;

6.4 Aumentare considerevolmente entro il 2030 l'efficienza nell'utilizzo dell'acqua in ogni settore e garantire approvvigionamenti e forniture sostenibili di acqua potabile, per affrontare la carenza idrica e ridurre in modo sostanzioso il numero di persone che ne subisce le conseguenze;

6.5 Implementare entro il 2030 una gestione delle risorse idriche integrata a tutti i livelli, anche tramite la cooperazione transfrontaliera, in modo appropriato;

6.6 Proteggere e risanare entro il 2030 gli ecosistemi legati all'acqua, comprese le montagne, le foreste, le paludi, i fiumi, le falde acquifere e i laghi;

6.a Espandere entro il 2030 la cooperazione internazionale e il supporto per creare attività e programmi legati all'acqua e agli impianti igienici nei paesi in via di sviluppo, compresa la raccolta d'acqua, la desalinizzazione, l'efficienza idrica, il trattamento delle acque reflue e le tecnologie di riciclaggio e reimpiego;

6.b Supportare e rafforzare la partecipazione delle comunità locali nel miglioramento della gestione dell'acqua e degli impianti igienici.

 

 

 


 

Obiettivo 7:

 

Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni

 

 

L'Obiettivo 7 mira ad assicurare l'accesso universale a servizi energetici economici, affidabili, sostenibili e moderni ed è finalizzato a garantire inclusione ed equità nella fruizione delle risorse energetiche.  L'utilizzo di tecnologie inefficienti e non sicure e di combustibili "non puliti" incide, infatti, sulla quantità e qualità dei consumi energetici, determinando elevati costi sociali, economici e ambientali e rischi per la salute. L'incremento dei consumi di energia da fonti rinnovabili e il miglioramento dell'efficienza energetica rappresentano obiettivi di grande rilevanza sia per le economie meno sviluppate, sia per quelle più sviluppate, maggiormente energivore. La lotta al cambiamento climatico rappresenta una sfida a livello globale che richiede una transizione a un'economia a basse emissioni di carbonio e la diversificazione delle fonti di energia.

 

L'Obiettivo è declinato in cinque target, gli ultimi due dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (7.a e 7.b).

 

 

Target:

7.1 Garantire entro il 2030 accesso a servizi energetici che siano convenienti, affidabili e moderni;

7.2 Aumentare considerevolmente entro il 2030 la quota di energie rinnovabili nel consumo totale di energia;

7.3 Raddoppiare entro il 2030 il tasso globale di miglioramento dell'efficienza energetica;

7.a Accrescere entro il 2030 la cooperazione internazionale per facilitare l'accesso alla ricerca e alle tecnologie legate all'energia pulita - comprese le risorse rinnovabili, l'efficienza energetica e le tecnologie di combustibili fossili più avanzate e pulite - e promuovere gli investimenti nelle infrastrutture energetiche e nelle tecnologie dell'energia pulita;

7.b Implementare entro il 2030 le infrastrutture e migliorare le tecnologie per fornire servizi energetici moderni e sostenibili, specialmente nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati in via di sviluppo senza sbocco sul mare, conformemente ai loro rispettivi programmi di sostegno.


 

Obiettivo 8:

 

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.

 

 

L'Obiettivo 8 è incentrato sulla promozione di un nuovo modello di sviluppo economico che coniughi crescita e salvaguardia ambientale, garantendo inclusione ed equità nella distribuzione delle risorse economiche e delle condizioni lavorative. Specifici target sono indirizzati alla promozione dell'efficienza nell'utilizzo delle risorse naturali e al turismo sostenibile, in quanto canale di creazione di occupazione, di tutela ambientale e di valorizzazione della cultura locale. Anche il rafforzamento delle istituzioni finanziarie va letto in un'ottica inclusiva, finalizzata ad ampliare l'accesso ai servizi finanziari, bancari e assicurativi.

 

L'Obiettivo è declinato in dodici target, gli ultimi due dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (8.a e 8.b).

 

8.1 Sostenere la crescita economica pro capite in conformità alle condizioni nazionali, e in particolare una crescita annua almeno del 7% del prodotto interno lordo nei paesi in via di sviluppo;

8.2 Raggiungere standard più alti di produttività economica attraverso la diversificazione, il progresso tecnologico e l'innovazione, anche con particolare attenzione all'alto valore aggiunto e ai settori ad elevata intensità di lavoro;

8.3 Promuovere politiche orientate allo sviluppo, che supportino le attività produttive, la creazione di posti di lavoro dignitosi, l'imprenditoria, la creatività e l'innovazione, e che incoraggino la formalizzazione e la crescita delle piccole-medie imprese, anche attraverso l'accesso a servizi finanziari;

8.4 Migliorare progressivamente, entro il 2030, l'efficienza globale nel consumo e nella produzione di risorse e tentare di scollegare la crescita economica dalla degradazione ambientale, conformemente al Quadro decennale di programmi relativi alla produzione e al consumo sostenibile, con i paesi più sviluppati in prima linea;

8.5 Garantire entro il 2030 un'occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per donne e uomini, compresi i giovani e le persone con disabilità, e un'equa remunerazione per lavori di equo valore;

8.6 Entro il 2030, ridurre la quota di giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di studio o formazione;

8.7 Prendere provvedimenti immediati ed effettivi per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani e garantire la proibizione ed eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, compreso il reclutamento e l'impiego dei bambini soldato, nonché porre fine entro il 2025 al lavoro minorile in ogni sua forma;

8.8 Proteggere il diritto al lavoro e promuovere un ambiente lavorativo sano e sicuro per tutti i lavoratori, inclusi gli immigrati, in particolare le donne, e i precari;

8.9 Concepire e implementare entro il 2030 politiche per favorire un turismo sostenibile che crei lavoro e promuova la cultura e i prodotti locali;

8.10 Rafforzare la capacità degli istituti finanziari interni per incoraggiare e aumentare l'utilizzo di servizi bancari, assicurativi e finanziari per tutti;

8.a  Aumentare il supporto dell'aiuto per il commercio per i paesi in via di sviluppo, in particolare i meno sviluppati, anche tramite il Quadro Integrato Rafforzato per l'assistenza tecnica legata agli scambi dei paesi meno sviluppati;

8.b Sviluppare e rendere operativa entro il 2020 una strategia globale per l'occupazione giovanile e implementare il Patto Globale per l'Occupazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

 

 

 

 


 

Obiettivo 9:

 

Costruire un'infrastruttura resiliente e promuovere l'innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile

 

 

L'Obiettivo 9 rappresenta un obiettivo trasversale rispetto all'Agenda 2030 e propedeutico al raggiungimento di altri obiettivi di sostenibilità. Esso si focalizza su infrastrutture, innovazione e industrializzazione, volani essenziali dello sviluppo sostenibile. Il potenziamento e l'ammodernamento delle infrastrutture è necessario a sostenere nel tempo l'erogazione di quei servizi - sanità, istruzione, approvvigionamento energetico e idrico, sicurezza e giustizia, trasporti, gestione dei rifiuti - che favoriscono la crescita economica e il miglioramento del benessere sociale. Lo sviluppo di infrastrutture "di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti" deve garantire equità nell'accesso da parte di tutti i potenziali fruitori. La promozione dell'industrializzazione e, più in generale, dell'attività produttiva - fonte primaria di occupazione e reddito e sostegno agli standard di vita – deve essere associata a obiettivi di inclusione e sostenibilità. L'industrializzazione inclusiva e sostenibile, in particolare, è favorita dagli investimenti nell'ammodernamento delle infrastrutture, ma anche dalla capacità tecnologica, innovativa e di ricerca dell'apparato produttivo.

 

L'Obiettivo è declinato in otto target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 9.a a 9.c).

 

9.1 Sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti – comprese quelle regionali e transfrontaliere – per supportare lo sviluppo economico e il benessere degli individui, con particolare attenzione ad un accesso equo e conveniente per tutti;

9.2 Promuovere un'industrializzazione inclusiva e sostenibile e aumentare significativamente, entro il 2030, le quote di occupazione nell'industria e il prodotto interno lordo, in linea con il contesto nazionale, e raddoppiare questa quota nei paesi meno sviluppati;

9.3 Incrementare l'accesso delle piccole imprese industriali e non, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai servizi finanziari, compresi i prestiti a prezzi convenienti, e la loro integrazione nell'indotto e nei mercati;

9.4 Migliorare entro il 2030 le infrastrutture e riconfigurare in modo sostenibile le industrie, aumentando l'efficienza nell'utilizzo delle risorse e adottando tecnologie e processi industriali più puliti e sani per l'ambiente, facendo sì che tutti gli stati si mettano in azione nel rispetto delle loro rispettive capacità;

9.5 Aumentare la ricerca scientifica, migliorare le capacità tecnologiche del settore industriale in tutti gli stati – in particolare in quelli in via di sviluppo – nonché incoraggiare le innovazioni e incrementare considerevolmente, entro il 2030, il numero di impiegati per ogni milione di persone, nel settore della ricerca e dello sviluppo e la spesa per la ricerca – sia pubblica che privata – e per lo sviluppo;

9.a Facilitare la formazione di infrastrutture sostenibili e resilienti negli stati in via di sviluppo tramite un supporto finanziario, tecnico e tecnologico rinforzato per i paesi africani, i paesi meno sviluppati, quelli senza sbocchi sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo;

9.b Supportare lo sviluppo tecnologico interno, la ricerca e l'innovazione nei paesi in via di sviluppo, anche garantendo una politica ambientale favorevole, inter alia, per una diversificazione industriale e un valore aggiunto ai prodotti;

9.c Aumentare in modo significativo l'accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione e impegnarsi per fornire ai paesi meno sviluppati un accesso a Internet universale ed economico entro il 2020.

 


 

Obiettivo 10:

 

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le nazioni.

 

 

L'Obiettivo 10 punta all'adeguamento delle politiche e degli strumenti legislativi per ridurre, in ogni Paese, le disparità basate sul reddito, o sul sesso, l'età, la disabilità, la razza, la classe, l'etnia, la religione, lo status economico o di altra natura. Mira a migliorare la regolamentazione e il monitoraggio dei mercati finanziari e delle istituzioni e affronta anche le disuguaglianze tra Paesi, incoraggiando l'assistenza allo sviluppo e gli investimenti diretti a favore delle nazioni più bisognose, promuovendo il trattamento commerciale speciale e differente e favorendo una maggiore rappresentanza dei paesi in via di sviluppo nel processo decisionale delle istituzioni economiche e finanziarie globali. L'Obiettivo promuove l'inclusione sociale a livello globale, con una particolare attenzione per le migrazioni. Nonostante i progressi significativi raggiunti dalla comunità internazionale e dalle nazioni più vulnerabili, persistono situazioni di forte disuguaglianza e grandi disparità di accesso alla sanità, all'istruzione e ad altri servizi e marcate disparità di reddito minacciano la coesione sociale e vincolano la crescita economica e i progressi nella riduzione della povertà e nel miglioramento delle condizioni di salute e di benessere.

 

L'Obiettivo 10 è declinato in dieci target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 10.a a 10.c).

 

10.1 Entro il 2030, raggiungere progressivamente e sostenere la crescita del reddito del 40% della popolazione nello strato sociale più basso ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale;

10.2  Entro il 2030, potenziare e promuovere l'inclusione sociale, economica e politica di tutti, a prescindere da età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro;

10.3 Assicurare pari opportunità e ridurre le disuguaglianze nei risultati, anche eliminando leggi, politiche e pratiche discriminatorie e promuovendo legislazioni, politiche e azioni appropriate a tale proposito;

10.4 Adottare politiche, in particolare fiscali, salariali e di protezione sociale, per raggiungere progressivamente una maggior uguaglianza;

10.5 Migliorare la regolamentazione e il monitoraggio di istituzioni e mercati finanziari globali e rafforzare l'attuazione di tali norme;

10.6 Assicurare una migliore rappresentanza che dia voce ai paesi in via di sviluppo nelle istituzioni responsabili delle decisioni in materia di economia e finanza globale e internazionale, per creare istituzioni più efficaci, credibili, responsabili e legittimate;

10.7 Rendere più disciplinate, sicure, regolari e responsabili la migrazione e la mobilità delle persone, anche con l'attuazione di politiche migratorie pianificate e ben gestite;

10.a Attuare il principio del trattamento speciale e differente riservato ai paesi in via di sviluppo, in particolare ai meno sviluppati, in conformità agli accordi dell'Organizzazione Mondiale del Commercio;

10.b Incoraggiare l'aiuto pubblico allo sviluppo e i flussi finanziari, compresi gli investimenti diretti esteri, per gli stati più bisognosi, in particolar modo i paesi meno sviluppati, i paesi africani, i piccoli stati insulari in via di sviluppo e i paesi in via di sviluppo senza sbocco al mare, in conformità ai loro piani e programmi nazionali;

10.c Entro il 2030, ridurre a meno del 3% i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi oltre il 5%.


 

Obiettivo 11:

 

Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili

 

 

L'Obiettivo 11 mira a garantire la sostenibilità urbana. Il governo dello spazio urbano è un fattore cruciale di sviluppo che pone sfide e opportunità: le città sono responsabili della maggiore quota di consumo energetico e di emissioni di carbonio, della crescente pressione sull'ambiente e delle connesse problematiche legate alla salute pubblica. Perciò l'obiettivo è garantire alla popolazione che vive, lavora o transita nelle città accesso alla mobilità e qualità degli alloggi, sicurezza, sia in termini di adeguatezza strutturale di edifici e infrastrutture pubbliche e private, sia con riferimento alla tutela da forme di criminalità. Sul piano della salute pubblica, la riduzione dell'inquinamento e il miglioramento della qualità dell'aria costituiscono aspetti centrali, unitamente alla gestione dei rifiuti, del ciclo dell'acqua e delle acque reflue. Con riferimento alla gestione e alla sicurezza del territorio, occorre puntare sulle capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e la mitigazione dei loro effetti e sulla gestione del rischio di disastri.  

 

L'Obiettivo è declinato in dieci target, tre dei quali riferiti agli strumenti di attuazione (da 11.a a 11.c).

 

11.1 Entro il 2030, garantire a tutti l'accesso ad alloggi adeguati, sicuri e convenienti e ai servizi di base e riqualificare i quartieri poveri;

11.2 Entro il 2030, garantire a tutti l'accesso a un sistema di trasporti sicuro, conveniente, accessibile e sostenibile, migliorando la sicurezza delle strade, in particolar modo potenziando i trasporti pubblici, con particolare attenzione ai bisogni di coloro che sono più vulnerabili, donne, bambini, persone con invalidità e anziani;

11.3 Entro il 2030, potenziare un'urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano che sia partecipativo, integrato e sostenibile;

11.4 Potenziare gli sforzi per proteggere e salvaguardare il patrimonio culturale e naturale del mondo;

11.5 Entro il 2030, ridurre in modo significativo il numero di decessi e il numero di persone colpite e diminuire in modo sostanziale le perdite economiche dirette rispetto al prodotto interno lordo globale causate da calamità, comprese quelle legate all'acqua, con particolare riguardo alla protezione dei poveri e delle persone più vulnerabili;

11.6 Entro il 2030, ridurre l'impatto ambientale negativo pro-capite delle città, prestando particolare attenzione alla qualità dell'aria e alla gestione dei rifiuti urbani e di altri rifiuti;

11.7 Entro il 2030, fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili;

11.a Supportare i positivi legami economici, sociali e ambientali tra aree urbane, periurbane e rurali rafforzando la pianificazione dello sviluppo nazionale e regionale;

11.b Entro il 2020, aumentare considerevolmente il numero di città e insediamenti umani che adottano e attuano politiche integrate e piani tesi all'inclusione, all'efficienza delle risorse, alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici, alla resistenza ai disastri, e che promuovono e attuano una gestione olistica del rischio di disastri su tutti i livelli, in linea con il Quadro di Sendai per la Riduzione del Rischio di Disastri 2015-2030;

11.c Supportare i paesi meno sviluppati, anche con assistenza tecnica e finanziaria, nel costruire edifici sostenibili e resilienti utilizzando materiali locali.

 


 

Obiettivo 12:

 

Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.

 

 

L'Obiettivo 12 promuove modelli di produzione e consumo sostenibile finalizzati alla riduzione dell'impronta ecologica dei sistemi socio-economici, al contrasto della povertà, al miglioramento degli standard di vita e dello sviluppo economico. I progressi verso l'Obiettivo 12 sono molto rilevanti per il raggiungimento di altri obiettivi di sviluppo sostenibile, relativi alla fame e alla salute, alla riduzione delle disuguaglianze, alla gestione sostenibile dell'acqua e dell'energia, alla promozione di modelli di crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, alla mitigazione del cambiamento climatico. La gestione sostenibile delle risorse naturali nelle attività di produzione e distribuzione, un consumo consapevole, l'implementazione di un efficiente ciclo dei rifiuti, sono gli strumenti attraverso i quali ridurre i carichi sull'ambiente. Particolare attenzione viene dedicata anche alla riduzione dello spreco alimentare, al raggiungimento di adeguati standard di eco-compatibilità nella gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti, allo sviluppo del turismo sostenibile.

 

L'Obiettivo è declinato in undici target, gli ultimi 3 dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 12.a a 12.c).

 

12.1 Attuare il Quadro Decennale di Programmi per il Consumo e la Produzione Sostenibili, rendendo partecipi tutti i paesi, con i paesi sviluppati alla guida, ma tenendo presenti anche lo sviluppo e le capacità dei paesi in via di sviluppo;

12.2 Entro il 2030, raggiungere la gestione sostenibile e l'utilizzo efficiente delle risorse naturali;

12.3 Entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto;

12.4 Entro il 2020, raggiungere la gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti durante il loro intero ciclo di vita, in conformità ai quadri internazionali concordati, e ridurre sensibilmente il loro rilascio in aria, acqua e suolo per minimizzare il loro impatto negativo sulla salute umana e sull'ambiente;

12.5 Entro il 2030, ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo;

12.6 Incoraggiare le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali;

12.7 Promuovere pratiche sostenibili in materia di appalti pubblici, in conformità alle politiche e priorità nazionali;

12.8 Entro il 2030, accertarsi che tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura;

12.a Supportare i Paesi in via di sviluppo nel potenziamento delle loro capacità scientifiche e tecnologiche, per raggiungere modelli di consumo e produzione più sostenibili;

12.b Sviluppare e implementare strumenti per monitorare gli impatti dello sviluppo sostenibile per il turismo sostenibile, che crea posti di lavoro e promuove la cultura e i prodotti locali;

12.c Razionalizzare i sussidi inefficienti per i combustibili fossili che incoraggiano lo spreco eliminando le distorsioni del mercato in conformità alle circostanze nazionali, anche ristrutturando i sistemi di tassazione ed eliminando progressivamente quei sussidi dannosi, ove esistenti, in modo da riflettere il loro impatto ambientale, tenendo bene in considerazione i bisogni specifici e le condizioni dei paesi in via di sviluppo e riducendo al minimo i possibili effetti negativi sul loro sviluppo, in modo da proteggere i poveri e le comunità più colpite.


 

Obiettivo 13:

 

Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico.

 

 

L'Obiettivo 13 mira all'adozione di misure urgenti e di impatto sostanziale per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze. L'innalzamento delle temperature dell'atmosfera e degli oceani, il mutamento dei regimi di precipitazione, l'aumento del livello del mare e la sua acidificazione, sono trasformazioni del clima con impatti negativi sull'ambiente e sul sistema socio-economico. L'aumento delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera, che costituisce la principale determinante del riscaldamento globale, è a sua volta riconducibile essenzialmente alle emissioni dei gas serra di origine antropogenica: si tratta delle pressioni generate sia dalle attività economiche - quali le pratiche agricole e forestali, i processi industriali e le attività dei servizi - sia da quelle finalizzate al trasporto e alla climatizzazione degli ambienti di vita e di lavoro. I singoli target dell'Obiettivo sono volti a sviluppare e integrare nelle politiche, nelle strategie e nei piani nazionali le misure di contrasto ai cambiamenti climatici, al fine di rafforzare la resilienza dei territori rispetto ai rischi legati al clima e ai disastri naturali, aumentare la conoscenza sui fenomeni, sensibilizzare i cittadini e le istituzioni.

 

L'Obiettivo è declinato in cinque target, gli ultimi due dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 13.a a 13.c).

 

13.1 Rafforzare in tutti i paesi la capacità di ripresa e di adattamento ai rischi legati al clima e ai disastri naturali;

13.2 Integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali;

13.3 Migliorare l'istruzione, la sensibilizzazione e la capacità umana e istituzionale per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, l'adattamento, la riduzione dell'impatto e l'allerta tempestiva;

13.a Rendere effettivo l'impegno assunto dai partiti dei paesi sviluppati verso la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, che prevede la mobilizzazione – entro il 2020 – di 100 miliardi di dollari all'anno, provenienti da tutti i paesi aderenti all'impegno preso, da indirizzare ai bisogni dei paesi in via di sviluppo, in un contesto di azioni di mitigazione significative e di trasparenza nell'implementazione, e rendere pienamente operativo il prima possibile il Fondo Verde per il Clima attraverso la sua capitalizzazione;

13.b Promuovere meccanismi per aumentare la capacità effettiva di pianificazione e gestione di interventi inerenti al cambiamento climatico nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, con particolare attenzione a donne e giovani e alle comunità locali e marginali.


 

Obiettivo 14:

 

Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile

 

 

L'Obiettivo 14 mira a preservare la conservazione degli oceani, dei mari e delle risorse marine, quali elementi fondamentali per la salute e la salvaguardia dell'intero pianeta. La tutela del mare si basa sulla protezione e sulle azioni di recupero e di ripristino degli ecosistemi, tramite il contrasto degli effetti negativi provocati dai processi di acidificazione, dall'inquinamento marino proveniente dalle attività terrestri e dalle pratiche di pesca distruttive. L'Obiettivo è diretto, pertanto, all'adozione di politiche di gestione sostenibile della pesca, dell'acquacoltura e del turismo, unitamente a politiche per la conservazione della biodiversità marina.

 

L'Obiettivo è declinato in dieci target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 14.a a 14.c).

 

14.1 Entro il 2025, prevenire e ridurre in modo significativo ogni forma di inquinamento marino, in particolar modo quello derivante da attività esercitate sulla terraferma, compreso l'inquinamento dei detriti marini e delle sostanze nutritive;

14.2 Entro il 2020, gestire in modo sostenibile e proteggere l'ecosistema marino e costiero per evitare impatti particolarmente negativi, anche rafforzando la loro resilienza, e agire per il loro ripristino in modo da ottenere oceani salubri e produttivi;

14.3 Ridurre al minimo e affrontare gli effetti dell'acidificazione degli oceani, anche attraverso una maggiore collaborazione scientifica su tutti i livelli;

14.4 Entro il 2020, regolare in modo efficace la pesca e porre termine alla pesca eccessiva, illegale, non dichiarata e non regolamentata e ai metodi di pesca distruttivi. Implementare piani di gestione su base scientifica, così da ripristinare nel minor tempo possibile le riserve ittiche, riportandole almeno a livelli che producano il massimo rendimento sostenibile, come determinato dalle loro caratteristiche biologiche;

14.5 Entro il 2020, preservare almeno il 10% delle aree costiere e marine, in conformità al diritto nazionale e internazionale e basandosi sulle informazioni scientifiche disponibili più accurate;

14.6 Entro il 2020, vietare quelle forme di sussidi alla pesca che contribuiscono a un eccesso di capacità e alla pesca eccessiva, eliminare i sussidi che contribuiscono alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e astenersi dal reintrodurre tali sussidi, riconoscendo che il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati che sia appropriato ed efficace, dovrebbe essere parte integrante dei negoziati per i sussidi alla pesca dell'Organizzazione Mondiale del Commercio;

14.7 Entro il 2030, aumentare i benefici economici dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati, facendo ricorso a un utilizzo più sostenibile delle risorse marine, compresa la gestione sostenibile della pesca, dell'acquacoltura e del turismo;

14.a Aumentare la conoscenza scientifica, sviluppare la capacità di ricerca e di trasmissione della tecnologia marina, tenendo in considerazione i criteri e le linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa sul Trasferimento di Tecnologia Marina, con lo scopo di migliorare la salute dell'oceano e di aumentare il contributo della biodiversità marina allo sviluppo dei paesi emergenti, in particolar modo dei piccoli stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati;

14.b Fornire l'accesso ai piccoli pescatori artigianali alle risorse e ai mercati marini;

14.c Potenziare la conservazione e l'utilizzo sostenibile degli oceani e delle loro risorse applicando il diritto internazionale, come riportato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, che fornisce il quadro legale per la conservazione e per l'utilizzo sostenibile degli oceani e delle loro risorse, come riferito nel paragrafo 158 de "Il futuro che vogliamo".


 

Obiettivo 15:

 

Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno e fermare la perdita di diversità biologica.

 

 

L'Obiettivo 15 punta alla salvaguardia degli ecosistemi terrestri e della loro biodiversità. La strategia non è circoscritta ai superstiti ambienti naturali o alle grandi riserve della biosfera, ma investe l'intero pianeta, interessato in ogni sua parte da diverse forme di degrado dell'ambiente e del territorio. Particolare enfasi è posta sui problemi della deforestazione e della desertificazione, macro-fenomeni mettono a repentaglio i mezzi di sostentamento di milioni di persone in lotta contro la povertà nei Paesi in via di sviluppo. Altro elemento chiave è costituito dalla perdita di biodiversità, da contrastare attraverso politiche di conservazione e di risanamento ambientale, la promozione di un uso sostenibile e condiviso delle risorse genetiche e la lotta all'estinzione delle specie minacciate.

 

L'Obiettivo è declinato in dodici target, gli ultimi tre dei quali sono riferiti agli strumenti di attuazione (da 15.a a 15.c).

 

15.1 Entro il 2020, garantire la conservazione, il ripristino e l'utilizzo sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce terrestri e dell'entroterra nonché dei loro servizi, in modo particolare delle foreste, delle paludi, delle montagne e delle zone aride, in linea con gli obblighi derivanti dagli accordi internazionali;

15.2 Entro il 2020, promuovere una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, arrestare la deforestazione, ripristinare le foreste degradate e aumentare ovunque, in modo significativo, la riforestazione e il rimboschimento;

15.3 Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare le terre degradate, comprese quelle colpite da desertificazione, siccità e inondazioni, e battersi per ottenere un mondo privo di degrado del suolo;

15.4 Entro il 2030, garantire la conservazione degli ecosistemi montuosi, incluse le loro biodiversità, al fine di migliorarne la capacità di produrre benefici essenziali per uno sviluppo sostenibile;

15.5 Intraprendere azioni efficaci ed immediate per ridurre il degrado degli ambienti naturali, arrestare la distruzione della biodiversità e, entro il 2020, proteggere le specie a rischio di estinzione;

15.6 Promuovere una distribuzione equa e giusta dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche e promuovere un equo accesso a tali risorse, come concordato a livello internazionale;

15.7 Agire per porre fine al bracconaggio e al traffico delle specie protette di flora e fauna e combattere il commercio illegale di specie selvatiche;

15.8 Entro il 2020, introdurre misure per prevenire l'introduzione di specie diverse ed invasive, nonché ridurre in maniera sostanziale il loro impatto sugli ecosistemi terrestri e acquatici e controllare o debellare le specie prioritarie;

15.9 Entro il 2020, integrare i principi di ecosistema e biodiversità nei progetti nazionali e locali, nei processi di sviluppo e nelle strategie e nei resoconti per la riduzione della povertà;

15.a Mobilitare e incrementare in maniera significativa le risorse economiche da ogni fonte per preservare e usare in maniera sostenibile la biodiversità e gli ecosistemi;

15.b Mobilitare risorse significative da ogni fonte e a tutti i livelli per finanziare la gestione sostenibile delle foreste e fornire incentivi adeguati ai paesi in via di sviluppo perché possano migliorare tale gestione e per la conservazione e la riforestazione;

15.c Rafforzare il sostegno globale per combattere il bracconaggio e il traffico illegale delle specie protette, anche incrementando la capacità delle comunità locali ad utilizzare mezzi di sussistenza sostenibili.

 


 

Obiettivo 16:

 

Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile, garantire a tutti l'acceso alla giustizia e creare istituzioni efficaci, responsabili ed inclusive a tutti i livelli.

 

 

L'Obiettivo 16 è volto alla promozione di società aperte, pacifiche e inclusive, garantendo l'accesso universale alla giustizia e la creazione di istituzioni responsabili ed efficaci. Per il monitoraggio dell'obiettivo sono prese in considerazione diverse misure che, nel complesso, danno conto del livello di sicurezza, giustizia, partecipazione e libertà del Paese.

 

L'Obiettivo è declinato in dodici target, gli ultimi due dei quali riferiti agli strumenti di attuazione (16.a e 16.b)

 

16.1 Ridurre ovunque e in maniera significativa tutte le forme di violenza e il tasso di mortalità ad esse correlato;

16.2 Porre fine all'abuso, allo sfruttamento, al traffico di bambini e a tutte le forme di violenza e tortura nei loro confronti;

16.3 Promuovere lo stato di diritto a livello nazionale e internazionale e garantire un pari accesso alla giustizia per tutti;

16.4 Entro il 2030, ridurre in maniera significativa il finanziamento illecito e il traffico di armi, potenziare il recupero e la restituzione dei beni rubati e combattere tutte le forme di crimine organizzato;

16.5 Ridurre sensibilmente la corruzione e gli abusi di potere in tutte le loro forme;

16.6 Sviluppare a tutti i livelli istituzioni efficaci, responsabili e trasparenti;

16.7 Garantire un processo decisionale responsabile, aperto a tutti, partecipativo e rappresentativo a tutti i livelli;

16.8 Allargare e rafforzare la partecipazione dei paesi in via di sviluppo nelle istituzioni di governance globale;

16.9 Entro il 2030, fornire identità giuridica per tutti, inclusa la registrazione delle nascite;

16.10 Garantire un pubblico accesso all'informazione e proteggere le libertà fondamentali, in conformità con la legislazione nazionale e con gli accordi internazionali;

16.a Consolidare le istituzioni nazionali più importanti, anche attraverso la cooperazione internazionale, per sviluppare ad ogni livello, in particolare nei paesi in via di sviluppo, capacità per prevenire la violenza e per combattere il terrorismo e il crimine;

16.b Promuovere e applicare leggi non discriminatorie e politiche di sviluppo sostenibile.

 


 

Obiettivo 17:

 

Rafforzare gli strumenti di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

 

 

L'Obiettivo 17 è incentrato sul rafforzamento dei mezzi di attuazione dell'Agenda 2030 e sulla promozione del partenariato globale per lo sviluppo sostenibile ed ha carattere trasversale rispetto ai vari Obiettivi, che propongono, invece, mezzi di attuazione specifici. La cooperazione globale rappresenta il presupposto di base per l'attuazione dell'Agenda, che lo esplicita chiaramente: "Tutti i Paesi e tutte le parti in causa, agendo in associazione collaborativa, attueranno questo programma". In un mondo sempre più globalmente interconnesso, la collaborazione per lo sviluppo sostenibile deve realizzarsi a livello internazionale, nazionale e locale e coinvolgere istituzioni pubbliche, settore privato e società civile, rafforzando la solidarietà a livello globale e tutelando i bisogni delle categorie più vulnerabili. L'attenzione è indirizzata in particolar modo ai Paesi meno sviluppati e a quelli in via di sviluppo, ai fini di una maggiore integrazione nell'economia globale, compatibilmente con le possibilità e le necessità di ciascun paese e rispettando priorità e politiche nazionali.

 

L'Obiettivo è declinato in diciannove target, a loro volta riferiti a differenti ambiti.

 

1. Finanza

17.1 Consolidare la mobilitazione delle risorse interne anche attraverso l'aiuto internazionale ai paesi in via di sviluppo per aumentarne la capacità fiscale interna e la riscossione delle entrate;

17.2 I paesi industrializzati devono rispettare i loro impegni ufficiali di aiuto allo sviluppo, incluso l'obiettivo di destinare lo 0.7 per cento del reddito nazionale lordo per l'aiuto pubblico allo sviluppo (APS/RNL) ai paesi in via di sviluppo e destinare dallo 0.15 al 0.20 per cento del APS/RNL ai paesi meno sviluppati; i fornitori mondiali di aiuto pubblico allo sviluppo sono invitati a fornire almeno il 0.20 per cento del APS/RNL ai paesi meno sviluppati;

17.3 Mobilitare ulteriori risorse economiche per i paesi in via di sviluppo da più fonti;

17.4 Aiutare i paesi in via di sviluppo a sostenere il debito a lungo termine attraverso politiche coordinate volte a stimolare il finanziamento, la riduzione e la ristrutturazione del debito, e affrontare il debito estero dei paesi più poveri e più fortemente indebitati al fine di ridurne il peso;

17.5 Adottare e applicare regimi di promozione degli investimenti per i paesi meno sviluppati.

 

2. Tecnologia

17.6 Rafforzare la cooperazione Nord-Sud, Sud-Sud, la cooperazione triangolare regionale e internazionale e l'accesso alle scoperte scientifiche, alla tecnologia e alle innovazioni, e migliorare la condivisione della conoscenza sulla base di modalità concordate attraverso un maggior coordinamento tra i meccanismi già esistenti in particolar modo a livello delle Nazioni Unite e attraverso un meccanismo globale di accesso alla tecnologia;

17.7 Promuovere nei paesi in via di sviluppo la crescita, lo scambio e la diffusione di tecnologie rispettose dell'ambiente a condizioni favorevoli, attraverso patti agevolati e preferenziali stabiliti di comune accordo;

17.8 Entro il 2017 rendere operativo il meccanismo per il rafforzamento della tecnologia della banca e della scienza, della tecnologia e dell'innovazione per i paesi meno industrializzati e rafforzare l'uso della tecnologia avanzata in particolar modo nell'informazione e nelle comunicazioni.

 

3. Capacità di sviluppo

17.9 Accrescere il supporto internazionale per implementare nei paesi non industrializzati uno sviluppo delle capacità efficace e mirato al fine di sostenere i piani nazionali per la realizzazione di tutti gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile, attraverso la cooperazione Nord-Sud, Sud-Sud e quella triangolare.

 

4. Commercio

17.10 Promuovere un sistema di scambio universale, regolamentato, aperto, senza discriminazioni e multilaterale sotto il controllo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, attraverso negoziazioni nell'ambito dell'Agenda di Doha per lo Sviluppo;

17.11 Incrementare considerevolmente le esportazioni dei paesi emergenti e, entro il 2020, raddoppiare la quota delle loro esportazioni globali;

17.12 Realizzare tempestivamente per i paesi meno sviluppati un accesso al mercato libero da dazi e quote su basi durevoli, coerente con quanto deciso dall'Organizzazione Mondiale del Commercio, assicurando che le regole preferenziali applicabili alle importazioni dai paesi meno sviluppati siano semplici e trasparenti e contribuiscano a facilitare l'acceso ai mercati.

 

5. Questioni sistemiche

 

1. Coerenza politica e istituzionale

17.13 Promuovere la stabilità macroeconomica globale attraverso il coordinamento e la coerenza politica;

17.14 Accrescere la coerenza politica per lo sviluppo sostenibile;

17.15 Rispettare lo spazio politico e la leadership di ogni paese per istituire ed implementare politiche per la lotta alla povertà e per lo sviluppo sostenibile.

 

2. Programmi di collaborazione plurilaterale

17.16 Intensificare la partnership globale per lo Sviluppo Sostenibile, coadiuvata da collaborazioni plurilaterali che sviluppano e condividono la conoscenza, le competenze, le risorse tecnologiche e finanziarie, per raggiungere gli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile in tutti i paesi, specialmente in quelli emergenti;

17.17 Incoraggiare e promuovere partnership efficaci nel settore pubblico, tra pubblico e privato e nella società civile basandosi sull'esperienza delle partnership e sulla loro capacità di trovare risorse.

 

3. Dati, monitoraggio e responsabilità

17.18 Entro il 2020, rafforzare il sostegno allo sviluppo dei paesi emergenti, dei paesi meno avanzati e dei piccoli stati insulari in via di Sviluppo (SIDS). Incrementare la disponibilità di dati di alta qualità, immediati e affidabili andando oltre il profitto, il genere, l'età, la razza, l'etnia, lo stato migratorio, la disabilità, la posizione geografica e altre caratteristiche rilevanti nel contesto nazionale;

17.19 Entro il 2030, partire dalle iniziative esistenti per sviluppare misure di progresso nell'ambito dello sviluppo sostenibile che completino il prodotto interno lordo, e supportare la capacità di sviluppo dei paesi emergenti.



Il Rapporto ONU 2021 sullo stato di attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel mondo

 

Al fine di monitorare le strategie poste in essere dai Paesi per l'attuazione dell'Agenda a livello mondiale, l’ufficio statistico dell’ONU pubblica annualmente un Rapporto sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, evidenziando per ciascun obiettivo le aree di progresso e quelle, invece, in cui è necessario intraprendere azioni ulteriori e urgenti per assicurare la convergenza verso gli obiettivi.

1. La situazione antecedente allo scoppio della crisi pandemica

Le precedenti edizioni del Rapporto, antecedenti allo scoppio della pandemia da COVID-19, avevano evidenziato progressi compiuti in diversi settori - come la riduzione della povertà estrema e della mortalità infantile e neonatale, il miglioramento dell'accesso all'elettricità e all'acqua potabile e l'ampliamento della copertura delle aree terrestri e marine protette – pur sottolineando, nel complesso, una risposta alla strategia Agenda 2030 non abbastanza ambiziosa, soprattutto con riferimento al contrasto ai cambiamenti climatici, alla tutela dell'ambiente e alla garanzia di uno sviluppo giusto ed equilibrato.

 

Tra le tendenze favorevoli erano annoverati la riduzione della povertà estrema e del tasso di mortalità infantile, sceso del 49 per cento tra il 2000 e il 2017, la diffusione delle vaccinazioni, e l’accesso all'elettricità da parte della stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

Sul fronte ambientale si evidenziava il raddoppio delle aree marine protette, la cooperazione internazionale in materia di contrasto alla pesca illegale e la ratifica da parte di 186 Paesi dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Sul fronte economico era segnalato un aumento della produttività del lavoro una riduzione della disoccupazione, tornata ai livelli antecedenti alla crisi finanziaria, nonché un aumento della cooperazione a favore dei paesi in via di sviluppo e lo sviluppo in molti paesi di modelli di consumo e produzione sostenibili, nonché di azioni volte a promuovere la finanza sostenibile.

Sul piano istituzionale veniva evidenziata l'integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nelle politiche nazionali di molti Paesi, nonché un ampio impegno di organizzazioni internazionali, imprese, autorità locali, mondo accademico e società civile nella realizzazione degli SDGs.

 

Accanto a tale tendenze favorevoli, venivano altresì evidenziati significativi ritardi in relazione a diversi obiettivi, evidenziando come particolarmente a rischio l'obiettivo di porre fine alla povertà entro il 2030, con il perdurare di fenomeni di denutrizione (come anche di sovrappeso), tra i bambini al di sotto dei 5 anni. Gli avanzamenti verso la parità di genere e l'emancipazione femminile venivano giudicati troppo lenti, con il perdurare di divari nei tassi di occupazione femminile e maschile, nelle retribuzioni e nella presenza di genere nelle posizioni dirigenziali. In linea generale, era giudicato insoddisfacente il percorso verso la riduzione delle disuguaglianze in termini di competenze, ricchezza, redditi e opportunità, sia tra i paesi che all'interno degli stessi.

Sul fronte ambientale i ritardi erano giudicati particolarmente marcati: la perdita di biodiversità, il degrado ambientale, lo scarico di rifiuti plastici negli oceani, il cambiamento climatico e l'aumento del rischio di catastrofi naturali continuavano a ritmi suscettibili di produrre conseguenze potenzialmente disastrose per l'umanità.

 

2. I riflessi della pandemia Covid-19 sul percorso verso gli SDGs

 

Il Rapporto 2021 sullo Sviluppo Sostenibile Globale (Global Sustainable Development Report – GSDR), aggiorna, a distanza di sei anni dall'adozione dell'Agenda 2030, il quadro delineato dalle sue precedenti versioni.

Come accennato, esso evidenzia come l’epidemia da Covid-19 scoppiata nel 2020 abbia prodotto un arretramento generalizzato nel percorso verso tutti gli obiettivi dell’Agenda. Tale evoluzione pone a rischio il raggiungimento degli stessi obiettivi entro la scadenza prefissata del 2030, a meno che una netta inversione di tendenza scaturisca dalle azioni politiche intraprese in conseguenza della solidarietà globale suscitata dalla crisi pandemica.

Gli effetti negativi…

Il Rapporto pone in evidenza in primo luogo l’alto costo in termini di milioni di vite umane venute meno, causato dalla pandemia, quantificabile, a fine marzo 2022, in oltre 6 milioni di decessi (il doppio rispetto a quanto risultante al momento della chiusura del Rapporto), dato purtroppo destinato a crescere ancora, nonostante i positivi effetti dei vaccini nel frattempo sviluppati e capillarmente distribuiti. 

Oltre al costo in termini di vite umane, la pandemia ha avuto un impatto molto significativo su un ampio numero di aree, minando decenni di sforzi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tale impatto è risultato particolarmente evidente in relazione agli Obiettivi da 1 a 3, relativi all'eradicazione della povertà e al raggiungimento di condizioni di sicurezza alimentare e sanitaria. In particolare, il numero aggiuntivo delle persone spinte in condizioni di povertà estrema nel 2020 è stimabile tra i 119 e i 124 milioni.

Anche gli Obiettivi 4 e 5, relativi alla riduzione delle disparità educative e di genere, hanno subito una battuta d’arresto nel 2020: i bambini e i giovani scesi al di sotto del livello minimo di capacità di lettura è cresciuto di 101 milioni, spazzando via i guadagni raggiunti nei due precedenti decenni, mentre si stima che nel prossimo decennio, a causa della pandemia, oltre 10 milioni di ragazze in più saranno a rischio di matrimoni precoci.

Quanto agli obiettivi di carattere ambientale, il rallentamento economico associato alla pandemia, che ha comportato la perdita dell'equivalente di 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, non ha rallentato la crisi climatica: le concentrazioni atmosferiche dei principali gas serra globali è infatti aumentata nel 2020, mentre la temperatura media globale è risultata di circa 1,2°C al di sopra dei livelli preindustriali, pericolosamente vicino al limite di 1,5°C stabilito nell'accordo di Parigi. Inoltre, non si è arrestata la perdita di biodiversità, con 10 milioni di ettari di foresta persi ogni anno nel periodo 2015–2020.

Riguardo allo sviluppo economico mondiale, nel 2020 i flussi globali di investimenti diretti esteri (IDE) e il valore del commercio mondiale sono diminuiti entrambi sensibilmente rispetto a 2019, acuendo la crisi del debito in molti paesi e territori.

 

… ma non mancano alcuni segni di speranza

La pandemia ha evidenziato un’immensa capacità di resilienza della comunità, mostrando anche una decisa capacità di reazione da parte dei governi che hanno attuato una rapida espansione della protezione sociale, accelerando la transizione digitale e realizzando una collaborazione senza precedenti per lo sviluppo dei vaccini, dei quali va assicurata la capillare distribuzione in tutto il pianeta. Tale reazione coordinata può costituire una base per riprendere il cammino verso gli Obiettivi, adottando modelli di ripresa economica sostenibili sul piano ambientale e sociale.

 

Uno specifico approfondimento del Rapporto 2021 riguarda la disponibilità dei dati che ha fatto registrare interruzioni in molti paesi nel corso del 2020, in un contesto di accresciuta richiesta di statistiche per monitorare gli effetti della pandemia. Anche il monitoraggio del percorso verso gli SDGs ha risentito negativamente della disomogenea disponibilità di dati comparabili a livello internazionale sugli Obiettivi. Nondimeno, notevoli progressi sono stati compiuti in questo settore, con un aumento del numero di indicatori inclusi nel database per il monitoraggio, passati da 115 nel 2016 a 211 nel 2021. Tuttavia, esistono ancora significative lacune, in termini di copertura geografica, tempestività e livello di disaggregazione, che andranno colmate destinando maggiori risorse a un efficace sviluppo dei flussi informativi tempestivi, la cui cruciale esigenza si è resa manifesta nel corso della pandemia.

 

3. L’ulteriore impatto atteso sugli SDGs derivante dai recenti eventi geopolitici

Prima di descrivere brevemente lo stato di attuazione dei singoli SDGs, illustrato nel Rapporto ONU del 2021, occorre ricordare che esso non tiene conto degli ulteriori effetti negativi derivanti dagli eventi geopolitici intervenuti successivamente alla chiusura del medesimo Rapporto, suscettibili di incidere in modo significativo sul percorso verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Tra questi ultimi, è opportuno richiamare l’invasione armata dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, in corso dal 24 febbraio 2022, i cui riflessi negativi appaiono estendersi ben al di là dei confini delle nazioni in conflitto.

La guerra in Ucraina non sta creando soltanto una grave crisi umanitaria, ma anche un forte peggioramento dell’economia mondiale, in particolare per i paesi in via di sviluppo e quelli meno sviluppati. L’inizio del conflitto, unitamente al perdurare della pandemia, ha orientato al ribasso le prospettive di ripresa nello scenario globale e fatto emergere nuovi rischi.

L’attacco militare ha portato all’immediata imposizione di sanzioni economiche nei confronti della Russia da parte dell’Unione Europea (UE), dei G7 e di molti altri Paesi. Le sanzioni UE sono state inizialmente rivolte a banche e individui; in seguito, sono state allargate all’esportazione di beni di lusso e ad alta tecnologia e alle importazioni siderurgiche. Sebbene gas e petrolio siano per ora esclusi dalle sanzioni, i prezzi del gas naturale e del petrolio hanno registrato ulteriori aumenti rispetto a quelli che si erano già registrati in precedenza, comportando un’impennata delle pressioni inflazionistiche.

Le tensioni geopolitiche prima e l’invasione militare poi, hanno esacerbato la volatilità dei prezzi che si è estesa a tutte le materie prime. Incrementi rilevanti si sono registrati anche nel settore alimentare, in particolare per il grano, fortemente sensibile alle evoluzioni del conflitto per il ruolo dell’Ucraina come esportatore di tale bene alimentare.

La crisi geopolitica sta dunque mettendo a rischio la sicurezza e la stabilità europee e mondiali, creando anche pesanti dividendi sulla ripresa economica dopo la pandemia. Inoltre, nel nuovo contesto geopolitico è tra l’altro emersa l’esigenza di maggiori investimenti proprio nel settore della sicurezza, al fine di assicurare una stabilità che rischia di essere compromessa. Tale esigenza, non contemplata tra le priorità dell’Agenda 2030, potrebbe finire per assorbire parte delle risorse materiali e progettuali necessarie a ottenere progressi significativi nelle strategie sociali, ambientali ed economiche individuate dall’Agenda stessa, incidendo sulla gerarchia condivisa delle priorità.

Una valutazione degli effetti del conflitto in Ucraina sarà presumibilmente illustrata nella prossima edizione del Rapporto ONU in esame.

Si segnala, comunque, che nel marzo del 2022 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha redatto un rapporto recante un’analisi dettagliata dei possibili impatti del conflitto in corso. La Federazione Russa e l’Ucraina sono infatti tra i più importanti produttori di prodotti agricoli mondiali. Entrambi i paesi sono esportatori netti di prodotti agricoli, e sono tra i fornitori principali di alimenti e fertilizzanti nei mercati globali, dove i fornitori che esportano sono spesso concentrati in pochi paesi. Il rapporto include l’analisi delle azioni dei mercati ed i profili commerciali, come i rischi associati al commercio, ai prezzi, alla logistica, alla produzione, all’energia ed alle questioni umanitarie. Il testo del rapporto è consultabile è consultabile qui.

Si segnala, altresì, che anche l’UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo), in un rapporto pubblicato il 16 marzo 2022, mostra come il conflitto stia causando un forte aumento dei prezzi di cibo, carburante e fertilizzanti, oltre che una pericolosa volatilità finanziaria. Tutto ciò si collega ad un rapido disinvestimento nello sviluppo sostenibile su scala globale.

Questi shock all’economia mondiale minacciano i guadagni ottenuti nella ripresa dalla pandemia di COVID-19 e rallentano il percorso verso lo sviluppo sostenibile. Anche in questo rapporto si evidenzia come le maggiori preoccupazioni emergano nel settore delle materie prime, soprattutto per quanto riguarda cibo e combustibili. L’Ucraina e la Russia sono attori preponderanti nei globali nei mercati agroalimentari globali, rappresentando il 53% del commercio mondiale di olio di girasole e semi e il 27% del commercio mondiale di grano.

L’attuale conflitto appare pertanto particolarmente allarmante per i paesi in via di sviluppo. Ben 26 paesi africani importano più di un terzo del loro grano dai due paesi in guerra; per 17, la quota è oltre la metà. Il segretario generale dell’UNCTAD ha evidenziato come l’aumento dei prezzi di cibo e carburante influenzerà i paesi più vulnerabili, mettendo sotto pressione le famiglie più povere che spendono la maggior parte del loro reddito per il cibo, provocando difficoltà e fame.

In tale situazione non può essere dunque essere escluso il rischio di disordini civili, carenza di cibo e recessioni indotte dall’inflazione. Ciò diventa ancora più evidente dato lo stato fragile dell’economia globale e dei paesi in via di sviluppo a causa della pandemia di COVID-19.

“Gli effetti a lungo termine dell’aumento dei prezzi alimentari sono difficili da prevedere”, afferma il rapporto, “ma un’analisi UNCTAD sui dati storici fa luce su alcune possibili tendenze preoccupanti”. I cicli delle materie prime agroalimentari, ad esempio, hanno coinciso con importanti eventi politici, come le rivolte per il cibo del 2007-2008 e la Primavera araba del 2011.

 

 

4. Il monitoraggio degli SDGs illustrato nel Rapporto ONU 2021

 

Si dà conto, di seguito, di una sintesi delle analisi formulate nel Rapporto ONU 2021 con riferimento a ciascuno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Nel 2020 4 miliardi di persone nel mondo sono ancora senza alcuna protezione sociale e si stima che la pandemia abbia aumentato il numero di poveri nel 2020 tra 119 e 124 milioni, facendo aumentare, per la prima volta in 25 anni, il tasso di povertà estrema dall'8,4% nel 2019 al 9,5% nel 2020. Dei “nuovi poveri”, 8 su 10 si trovano in paesi e territori a reddito medio. Si prevede che circa 600 milioni di persone vivranno ancora in condizioni di estrema povertà entro il 2030.

La crisi ha anche avuto un impatto sproporzionato sui mezzi di sussistenza dei giovani e delle lavoratrici, che già avevano molte più probabilità di vivere in povertà.

Tuttavia, tra il 1° febbraio e il 31 dicembre 2020, i governi di 209 paesi e territori hanno annunciato più di 1.600 misure di protezione sociale per lo più a breve termine in risposta alla crisi del COVID-19.

 

 

Il numero di persone esposte all’insicurezza alimentare, già in crescita moderata dal 2014, è cresciuto a livello globale nel 2020 tra 83 e 132 milioni, aggiungendosi ai quasi 690 milioni di persone che già nel 2019 soffrivano la fame. Tale aumento si è accompagnato altresì ad una crescita delle forme di malnutrizione.

Circa 150 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni, il 22% di tutti i bambini, soffrono di arresto della crescita (bassa altezza per l'età) secondo le stime disponibili per il 2020. Tuttavia, queste cifre potrebbero aumentare a causa delle carenze nutrizionali manifestatesi durante la pandemia, il cui impatto potrebbe richiedere anni per manifestarsi.

Nel 2020, il deperimento (basso peso per altezza) e il sovrappeso hanno colpito rispettivamente il 6,7% (45,4 milioni) e il 5,7% (38,9 milioni) dei bambini di età inferiore ai 5 anni.

Nelle donne, l'anemia aumenta il rischio di esiti avversi materni e neonatali.

 

 

L'interruzione di molti servizi sanitari causata dalla pandemia – tra cui in particolare i servizi per disturbi mentali, neurologici e da abuso di sostanze; malattie tropicali trascurate; tubercolosi; HIV ed epatite B e C; screening del cancro; servizi per altre malattie non trasmissibili, inclusi ipertensione e diabete; pianificazione familiare e contraccezione; cure dentistiche urgenti; malnutrizione; immunizzazione; e la malaria – hanno fatto registrare passi indietro nel processo in corso verso un miglioramento degli standard di salute, determinando un abbreviamento della speranza di vita.

Una decade di progressi in materia di salute riproduttiva, materna e infantile è stata messa in stallo, mentre la carenza di dati registrata nel corso del 2020 rende meno trasparente la stima dell’impatto sanitario della pandemia.

I lavoratori del comparto sanitario sono stati messi alla prova oltre i loro limiti dalla pandemia, rendendo evidente la sotto dotazione di personale in molti paesi. In particolare il personale infermieristico e ostetrico, pari al 15 per mille della popolazione nel Nord America, è pari al solo 1 per mille nelle zone sub-sahariane dell’Africa mentre la densità di medici, pari a 25 per 10.000 abitanti in Nord America, Oceania e Asia centrale è pari al 2 per 10.000 abitanti nell'Africa subsahariana.

 

 

Il rapporto definisce l'impatto della pandemia sulla scuola come una “catastrofe generazionale”. La prolungata chiusura delle scuole ha determinato ritardi di apprendimento più marcati per i bambini più vulnerabili o senza accesso all’apprendimento a distanza. Si stima che nel 2020 altri 101 milioni di bambini e giovani (dal primo all'ottavo anno) siano scesi al di sotto del livello minimo di competenza in lettura, spazzato via i guadagni di istruzione raggiunti negli ultimi 20 anni. La mancanza di opportunità educative durante i primi anni di vita possono portare a risultati irreversibili, che influiscono sul potenziale dei bambini per il resto della loro vita.

Quanto alla parità di genere nell’istruzione, sebbene in miglioramento, essa non risultava raggiunta prima della pandemia. Ad esempio, nel 2019 c'erano ancora solo 92 donne alfabetizzate di età pari o superiore a 15 anni ogni 100 uomini alfabetizzati. Solo una manciata di paesi e territori dimostra la parità nei rapporti di iscrizione terziaria, con divari più marcati nelle aree rurali. Tali divari sono aggravati con il passaggio all'apprendimento a distanza, che aumenta le probabilità di abbandono scolastico permanente o prolungato nelle aree meno emancipate.

Quanto alla dotazione infrastrutturale, tuttora più di un quinto delle scuole primarie nel mondo non ha accesso all'acqua potabile di base, mentre, nei paesi meno sviluppati, più di due terzi delle scuole primarie non ha accesso all'elettricità, con tassi ancora più bassi per l’accesso a Internet e la disponibilità di computer.

 

 

Durante la pandemia, la violenza contro donne si è intensificata, si prevede che i matrimoni precoci aumenteranno mentre aumenterà il lavoro di cura a casa delle donne. Nel periodo 2000-2018 si stima che quasi 736 milioni di donne, una su tre, abbiano subito violenze almeno una volta nella vita a partire dai 15 anni di età, cifra rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi dieci anni. Nell'ultimo decennio, la pratica dei matrimoni precoci è diminuita in modo significativo, da quasi una su quattro nel 2010 a una su cinque nel 2020, evitando matrimoni precoci per circa 25 milioni di ragazze. Tuttavia, i profondi effetti della pandemia stanno minacciando questo progresso, con 10 milioni di ragazze in più a rischio di matrimonio precoce nel prossimo decennio.

In 31 paesi, almeno 200 milioni di donne e ragazze sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili: nonostante alcuni progressi, esistono ancora paesi e territori in cui almeno 9 ragazze e donne su 10 di età compresa tra i 15 ei 49 anni sono state oggetto di tale mutilazione.

I dati raccolti su 90 paesi e territori tra il 2001 e il 2019 indicano che, in una giornata media, le donne trascorrono circa 2,5 volte più ore degli uomini in lavori domestici e di cura non retribuiti.

Sebbene le donne abbiano svolto un ruolo fondamentale nella risposta alla pandemia, esse rimangono sottorappresentate nelle posizioni di leadership nei parlamenti nazionali e nei governi nazionali e locali.

Nel 2019, le donne rappresentavano quasi il 39% della forza lavoro globale, ma detenevano solo il 28,3% delle posizioni manageriali, con un aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2000. L'impatto sproporzionato della pandemia sulle donne nella forza lavoro, in particolare sulle imprenditrici, minaccia di annullare gli scarsi progressi compiuti.

 

 

Tra il 2000 e il 2020, la popolazione mondiale che utilizza acqua potabile e servizi igienici gestiti in sicurezza è aumentata rispettivamente di 2 miliardi e 2,4 miliardi. Nonostante i progressi, nel 2020 2 miliardi di persone non disponevano di servizi di acqua potabile gestiti in sicurezza, 3,6 miliardi di servizi igienici adeguati e 2,3 miliardi di servizi di igiene di base.

Secondo i dati di 128 paesi e territori, circa il 56% delle acque reflue generate dalle famiglie nel 2020 è stato trattato in sicurezza.

Da una valutazione di fiumi, laghi e falde acquifere di 89 paesi e territori nel 2020, la qualità dell'acqua risulta buona per il 72% dei corpi idrici, risultato da proteggere essendo la protezione più facile del ripristino.

Tutti i settori economici hanno registrato un aumento dell'efficienza nell'uso dell'acqua dal 2015, con incrementi del 15% nel settore industriale, dell'8% nel settore agricolo e dell'8% nel settore dei servizi.

Lo stress idrico globale, pari al 18,4% nel 2018, risulta molto diversificato, raggiungendo livelli superiori al 70% in regioni come l'Asia occidentale e meridionale e il Nord Africa, con scarsi progressi nella cooperazione transfrontaliera nella gestione di bacini condivisi. Un quinto dei bacini fluviali del mondo sta sperimentando rapidi aumenti o diminuzioni della superficie delle acque, con una significativa perdita di zone umide.

 

 

L'accesso globale all'elettricità è aumentato dall'83% nel 2010 al 90% nel 2019. Nonostante il notevole sforzo compiuto, nel 2030 potrebbero esserci ancora fino a 660 milioni di persone nel mondo senza accesso.

La quota delle energie rinnovabili sul consumo totale di energia finale è aumentata gradualmente dal 16,4% nel 2010 al 17,1% nel 2018.

I flussi finanziari internazionali verso i paesi in via di sviluppo a sostegno dell'energia pulita e rinnovabile hanno raggiunto i 14 miliardi di dollari nel 2018, consentendo loro di raggiungere una capacità di energia rinnovabile di 219 watt pro capite alla fine del 2019, in aumento del 7% nel corso dell'anno.

 

 

La pandemia ha causato la peggiore recessione economica mondiale dai tempi della Grande Depressione e ha avuto un impatto enorme sulla riduzione delle ore lavorate e dei redditi. I giovani e le donne nel mondo del lavoro sono stati particolarmente colpiti.

Dopo una crescita media di circa il 2% dal 2014 al 2018, il PIL mondiale reale pro capite è aumentato solo dell'1,3% nel 2019 e si stima che sia diminuito del 5,3% nel 2020.

Prima dell'inizio della pandemia, il lavoro informale, privo di protezione sociale, rappresentava il 60,2 per cento dell'occupazione mondiale, equivalente a 2 miliardi di persone, di cui più di tre quarti sono state significativamente colpite dalle misure di blocco legate alla pandemia.

Il PIL globale del turismo è risultato uno dei settori più colpiti. A livello globale, gli arrivi internazionali sono diminuiti del 74% nel 2020 rispetto al 2019, con una perdita di 1,3 trilioni di dollari nella spesa turistica e una riduzione di posti di lavoro da 100 a 120 milioni, con un effetto sproporzionato sulle donne e sui piccoli Stati insulari in via di sviluppo.

 

 

La pandemia ha colpito duramente le industrie manifatturiere e dei trasporti, che già registravano in precedenza tassi di crescita contenuti, causando la perdita di posti di lavoro e il calo dei redditi per i lavoratori e situazioni di crisi per le piccole industrie.

Quanto alle infrastrutture, dati del 2018 e del 2019 sui 25 paesi in Africa, Asia, Sud America, e Medio Oriente, mostrano che quasi 300 milioni su 520 milioni di abitanti delle zone rurali mancano ancora un accesso affidabile alle strade.

La pandemia ha colpito diversi settori in modo diseguale. Le industrie a media e alta tecnologia, come i settori farmaceutico, informatico, elettronico e automobilistico, si sono riprese dalla crisi più rapidamente rispetto alle industrie a minore intensità tecnologica.

L'introduzione delle reti mobili a banda larga è rallentata nel 2020. Quasi l'85% della popolazione mondiale era coperta da una rete 4G alla fine del 2020, tuttavia, la crescita annuale è rallentata gradualmente, con il risultato che la copertura nel 2020 è stata di soli 1,3 punti percentuali in più rispetto al 2019.

 

 

La pandemia ha esacerbato le disuguaglianze esistenti all'interno e tra paesi colpendo più duramente le persone più vulnerabili e i paesi più poveri, ed è probabile che ritarderà di ben 10 anni i progressi dei paesi e territori più poveri sugli Obiettivi. Nel 2020 il numero di profughi ha raggiunto il livello più alto mai registrato (24 milioni), con migliaia di migranti morti durante il loro viaggio migratorio. Nel 2020 sono stati registrati 4.186 decessi e scomparse lungo le rotte migratorie nel mondo, con un aumento delle vittime su alcune rotte.

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, la pandemia di COVID-19 aumenterebbe l'indice Gini medio per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo di oltre il 6 per cento, con un impatto ancora maggiore per paesi e territori a basso reddito.

 

 

Prima della pandemia, le città avevano un numero crescente di abitanti delle baraccopoli, un peggioramento dell'inquinamento atmosferico, spazi pubblici aperti minimi e un accesso conveniente limitato ai trasporti pubblici. La pandemia ha aumentato il numero di persone costrette a vivere nelle baraccopoli, soprattutto nelle tre regioni dell'est e l'Asia sudorientale (370 milioni), l'Africa subsahariana (238 milioni) e l'Asia centrale e meridionale (226 milioni).

A seguito delle misure di risposta al COVID-19, l'accesso ai trasporti pubblici nelle città di tutto il mondo è stato notevolmente interrotto.

I dati su un campione di 911 città di 114 paesi e territori indicano che la quota di spazi pubblici aperti è stata in media solo del 16% nel 2020, ben al di sotto dell'allocazione raccomandata dal Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (UN-Habitat) del 30% per le strade e un ulteriore 10-15% per gli spazi pubblici aperti.

 

 

Le tre crisi planetarie del clima, della biodiversità e dell'inquinamento, sono tutte legate a modelli di produzione e consumo non sostenibili. La pandemia di COVID-19 offre una finestra di opportunità per esplorare modelli di sviluppo più inclusivi ed equi, sostenuti da consumo e produzione sostenibili.

I dati indicano un aumento di quasi il 40% dell'impronta materiale pro capite globale. Sebbene siano disponibili dati limitati, nel 2016 quasi il 14% del cibo prodotto a livello globale è andato perso, con una variabilità dal 20,7% nell'Asia centrale e meridionale al 5,8% in Australia e Nuova Zelanda.

Nel 2019, la quantità di rifiuti elettronici prodotti è stata di 7,3 kg pro capite, di cui solo 1,7 kg gestito in modo sostenibile.

I sussidi ai combustibili fossili sono diminuiti nel 2019, a causa del calo dei prezzi del carburante, invertendo la tendenza al rialzo dal 2017 al 2018. I sussidi ai combustibili fossili dovrebbero diminuire drasticamente a causa del crollo della domanda causato dagli sforzi di mitigazione del COVID-19 e lo shock del prezzo del petrolio registrato dal 2020.

 

 

Le concentrazioni atmosferiche dei principali gas serra hanno continuato ad aumentare nonostante la temporanea riduzione delle emissioni nel 2020 connessa alle misure adottate in risposta alla pandemia di COVID-19. È probabile che i sei anni dal 2015 al 2020 siano i più caldi mai registrati. Per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali in conformità con l'accordo di Parigi, il mondo dovrebbe raggiungere zero emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050 circa. Tale obiettivo richiederebbe una riduzione del 45% al di sotto dei livelli del 2010 entro il 2030.

Le emissioni dei paesi sviluppati sono state inferiori di circa il 6,2% nel 2019 rispetto al 2010, mentre le emissioni di 70 paesi in via di sviluppo sono aumentate del 14,4% nel 2014.

Il finanziamento totale per il clima degli Stati continua ad aumentare, raggiungendo una media annua di 48,7 miliardi di dollari nel periodo 2017-2018, con più della metà di tale sostegno finanziario destinata ad azioni di mitigazione.

 

 

Più di 3 miliardi di persone dipendono dagli oceani per il proprio sostentamento e oltre l'80% del commercio mondiale di merci in volume è trasportato via mare. Inquinamento, riscaldamento e acidificazione - causata dall'assorbimento dell'anidride carbonica atmosferica da parte dell'oceano - stanno sconvolgendo gli ecosistemi marini e le comunità che traggono dal mare il loro sostentamento.

Le fioriture algali indicano che l'eutrofizzazione costiera continua a rappresentare una sfida.

La copertura media delle aree marine protetta è aumentata a livello globale dal 28% nel 2000 al 44% nel 2020, con una notevole variazione geografica e coperture ancora inferiori a un quarto delle aree chiave della biodiversità in Oceania (escluse Australia e Nuova Zelanda).

Tra il 2018 e il 2020, è migliorata l’attuazione degli strumenti internazionali per combattere la pesca illegale e sono stati altresì compiuti progressi nella disciplina dei diritti di accesso alla pesca su piccola scala.

 

 

Il mondo non ha raggiunto gli obiettivi del 2020 per fermare la perdita di biodiversità. Sebbene il tasso di deforestazione nelle regioni tropicali sia rallentato nell'ultimo decennio, la percentuale di superficie forestale è scesa dal 31,9% nel 2000 al 31,2% nel 2020, rappresentando una perdita netta di quasi 100 milioni di ettari di foreste nel mondo. Dal 2000 al 2020, la superficie forestale è aumentata in Asia, Europa e Nord America, ma è diminuita significativamente in America Latina e Africa subsahariana. A livello globale, il rischio di estinzione delle specie è aumentato di circa il 10 per cento negli ultimi tre decenni

La pandemia ha chiaramente illustrato il potenziale impatto globale delle malattie zoonotiche, per le quali il commercio di specie selvatiche è un potenziale vettore. Quasi tutti i paesi e territori (98%) hanno adottato una legislazione nazionale per la prevenzione o il controllo delle specie esotiche invasive, sebbene vi sia un'ampia variazione nella sua copertura tra i settori.

 

 

Il mondo è ancora lontano dal raggiungere l'obiettivo di costruire società pacifiche. Alla fine del 2019, 79,5 milioni di persone erano state sfollate con la forza in tutto il mondo, pari all'1% della popolazione mondiale. La pandemia di COVID-19 ha messo in luce disuguaglianze nei sistemi di protezione e nei diritti nei diversi paesi.

Circa 437.000 persone sono state vittime di omicidio nel 2019. Tuttavia, la violenza letale sta diminuendo lentamente e il tasso di omicidi è sceso da 6 vittime ogni 100.000 abitanti nel 2015 a 5,7 ogni 100.000 nel 2019. Due terzi di tutte le vittime di omicidi erano in sub -Africa Sahariana e America Latina e Caraibi, senza alcun segno di calo dei numeri nell'Africa subsahariana.

Nel 2020, ci sono stati cinque civili uccisi ogni 100.000 abitanti, uno su sette dei quali era una donna o un bambino. Già prima della pandemia, la violenza sui bambini era diffusa.  Nel 2018, circa 5 vittime della tratta di esseri umani su 10 erano donne e 2 su 10 ragazze, inoltre, un terzo erano bambini. Circa il 50% delle vittime sono state oggetto di tratta per sfruttamento sessuale e il 38% per lavoro forzato. È probabile che il forte aumento della disoccupazione determinato dalla pandemia aumenti la tratta di persone.

La percentuale di prigionieri detenuti nel 2019 senza essere stati condannati per un reato è rimasta elevata, pari al 31% della popolazione carceraria totale, senza cambiamenti significativi dal 2000.

Dal 2011 al 2020, la prevalenza media della corruzione nei paesi e territori a basso reddito è del 37,6%, rispetto al 7,2% nei paesi e territori ad alto reddito.

A gennaio 2021, il 31,1% dei parlamentari ha 45 anni o meno, rispetto al 28,1% del 2018. I parlamentari uomini rimangono predominanti nelle posizioni di leadership di oratore e presidente di commissione.

Solo il 45% di tutti i bambini sotto i 5 anni nell'Africa subsahariana ha avuto la nascita registrata.

Nel 2020, le Nazioni Unite hanno monitorato 331 uccisioni di difensori dei diritti umani in 32 paesi, un aumento del 18% rispetto al 2019 e 19 sparizioni forzate in 14 paesi. Le donne rappresentavano il 13% delle vittime uccise e il 22% di quelle scomparse con la forza. Un totale di 62 giornalisti sono stati uccisi nel 2020 rispetto ai 57 del 2019, di cui il 65% in paesi non in conflitto.

 

 

La pandemia di COVID-19 ha inflitto uno shock senza precedenti al sistema globale. In particolare, c'è una forte pressione sugli investimenti diretti all’estero (IDE), che dovrebbero diminuire del 40%. Gli impatti fiscali della pandemia stanno causando una crisi del debito in paesi e territori e limitando il loro spazio fiscale e politico per investimenti cruciali per la ripresa (incluso l'accesso ai vaccini), per i cambiamenti climatici e gli altri obiettivi di sviluppo sostenibile. La pandemia ha focalizzato l'attenzione sul ruolo cruciale delle partnership globali. L'economia globale interconnessa richiede una risposta globale per garantire che tutti i paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, possano affrontare le crisi sanitarie, economiche e ambientali.

 

 


L'Agenda 2030 e l'Unione europea

1. L'attività dell'UE in relazione all'attuazione dell'Agenda 2030

L'Unione europea ha svolto un ruolo importante nella definizione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e si è impegnata, insieme agli Stati membri, a guidarne anche l’attuazione, sia mediante l’integrazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile (OSS) nelle politiche dell’Unione, che sostenendo gli sforzi profusi da altri Paesi, in particolare quelli che ne hanno più bisogno, attraverso le sue politiche esterne.

 

Si ricorda che lo sviluppo sostenibile è formalmente uno degli obiettivi a lungo termine dell'UE in virtù dell'articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea (TUE) e i principi dell'Agenda 2030 sono radicati nei principi e nei valori su cui si fonda l'Unione.

 

In linea generale, l'UE ha assunto un ruolo guida nella lotta contro i cambiamenti climatici, sostenendo sin dall'inizio gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, predisponendo nel contempo strategie e politiche coerenti con gli obiettivi dell'Agenda 2030 in settori quali l'economia circolare, la ricerca e l'innovazione, l'occupazione e l'inclusione sociale, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, la sostenibilità dell'agricoltura e dei sistemi alimentari, come pure i settori relativi all'energia, all'edilizia e alla mobilità. Nondimeno, l'Unione ha agito per la promozione della coesione europea e la salvaguardia dei valori comuni, inclusi la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali.

Più recentemente, l'esigenza di articolare le politiche e i processi decisionali europei facendo leva su un modello di sviluppo sempre più orientato ai principi dello sviluppo sostenibile, al fine di porre le persone e il pianeta al centro delle scelte strategiche dell'Unione e dei suoi Stati membri, è emersa con ancora maggiore nitidezza ed è stata ulteriormente rilanciata a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, quando il Green Deal e, più in generale, le politiche per la sostenibilità e l’inclusione sociale, sono stati confermati quali elementi cardine posti al centro anche del Piano di ripresa e resilienza contro la crisi economica e sociale innescata dalla pandemia.

Quest’ultima ha reso l’attuazione dell'Agenda 2030 e il conseguimento dei suoi obiettivi ancora più urgente e impegnativo, sia a livello di Unione europea, che globalmente.

Il bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027, integrato da Next Generation EU, si pone infatti l’obiettivo di rilanciare l'economia europea attraverso un approccio verde, sociale e digitale per costruire un futuro più sostenibile.

Tra gli obiettivi generali del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, che si attua tramite i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza degli Stati membri (PNRR), vi è il sostegno alle transizioni verde e digitale e la promozione di una crescita sostenibile.

L’esigenza di accelerare la trasformazione economica dell’Unione verso un modello di crescita sostenibile, che sia equo e inclusivo, affrontando le sfide legate al clima e all'ambiente, è stata da ultimo riaffermata dalla Commissione anche in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina.

In questo quadro, già la Nuova Agenda strategica dell'UE 2019-2024, evidenziava, tra le priorità dell'UE, quella di sostenere la lotta contro i cambiamenti climatici e la promozione dello sviluppo sostenibile e l'attuazione dell'Agenda 2030.

La Commissione europea ha impresso una forte spinta a questo processo, incorporando espressamente l’Agenda 2030 nei meccanismi decisionali dell’Unione, a partire dalla procedura del Semestre europeo, e impegnandosi a conseguire una serie di obiettivi programmatici strettamente connessi con l'attuazione dell'Agenda 2030, per il raggiungimento dei quali si rende necessario mobilitare un adeguato livello di risorse e investimenti.

In particolare, la Commissione ha lanciato il Green Deal per l'Europa, una nuova strategia di crescita volta a fare dell'Europa il primo continente al mondo a emissioni zero entro il 2050.

Attraverso Eurostat, infine, la Commissione europea effettua un monitoraggio periodico del conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello dell’UE.

2. L’Agenda Strategica dell'UE 2019-2024

Di rilievo, ai fini dell'attuazione dell'Agenda 2030, sono le indicazioni contenute nell’Agenda strategica dell'UE 2019-2024, approvata dal Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019. L’Agenda evidenzia, tra le priorità dell'UE, quella di sostenere la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione dello sviluppo sostenibile e l'attuazione dell'Agenda 2030 e, in particolare quella di "Costruire un'Europa verde, equa, sociale e a impatto climatico zero".

 

A tal fine, l’Agenda strategica prospetta la necessità, tra l’altro, di intensificare le azioni dell'UE per gestire la minaccia dei cambiamenti climatici, fare dell'Unione un leader globale in un'economia verde, promuovere un'efficace economia circolare, nonché un mercato europeo dell'energia integrato, interconnesso e ben funzionante, nonché di accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, potenziare l'efficienza energetica, ridurre la dipendenza dalle fonti esterne, diversificare le fonti di approvvigionamento e investire in soluzioni per la mobilità del futuro.

Prospetta inoltre l’esigenza di promuovere l'agricoltura sostenibile, lottare contro la perdita di biodiversità e preservare i sistemi ambientali, oceani compresi. nonché di attuare il Pilastro europeo dei diritti sociali, a livello dell'UE e degli Stati membri, e di garantire la parità tra donne e uomini, nonché diritti e pari opportunità per tutti e protezione sociale adeguata e mercati del lavoro inclusivi.

3. Il programma 2019-2024 della Commissione europea

Le politiche dell'UE volte a integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 nel quadro strategico dell'Unione sono state fatte proprie e rilanciate dalla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen.

ll programma politico della Commissione europea per il 2019-2024 integra gli OSS in tutte le proposte, politiche e strategie. Tutti i 17 obiettivi figurano, infatti, in una o più delle sei priorità della Commissione (come illustrato nella figura seguente): 1) Green Deal europeo; 2) economia al servizio delle persone; 3) Europa pronta per il digitale; 4) promozione dello stile di vita europeo; 5) Europa più forte nel mondo; 6) nuovo slancio per la democrazia europea.

Il Collegio dei commissari nel suo insieme è responsabile collettivamente dell’attuazione complessiva degli OSS, mentre tutti i Commissari, individualmente, hanno il compito di assicurare la realizzazione degli OSS nell'ambito del loro settore politico. Nello specifico, il Commissario per l’economia, Paolo Gentiloni, ha l’incarico di garantire che la politica economica dell’UE incoraggi la crescita sostenibile e trasformi il Semestre europeo in uno strumento di integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

L'approccio generale della Commissione verso l'attuazione dell’Agenda 2030 è descritto anche nel documento di lavoro “Delivering on the UN’s Sustainable Development Goals - A comprehensive approach’”. Si veda anche la pagina web della Commissione europea “Obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Nel suo programma, la Commissione europea dedica ampio spazio alle politiche per la sostenibilità, fissando, come obiettivo primario da perseguire, quello di far divenire l'Europa il primo continente climaticamente neutro, azzerando le emissioni di gas ad effetto serra entro il 2050.

Tale obiettivo è contenuto nella nuova strategia di crescita del Green Deal europeo, presentata l'11 dicembre 2019, che costituisce parte integrante della strategia di attuazione dell'Agenda 2030 e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, dando direttamente attuazione, come evidenziato nella figura precedente, a 12 obiettivi su 17 dell’Agenda 2030.

La Commissione ha definito una tabella di marcia iniziale - che sarà aggiornata in funzione delle necessità che dovessero emergere - delle politiche e misure principali necessarie per realizzare il Green Deal che prevede azioni volte a stimolare l'uso efficiente delle risorse, grazie al passaggio a un'economia circolare e pulita, ad arrestare i cambiamenti climatici, a mettere fine alla perdita di biodiversità e a ridurre l'inquinamento. Sono coinvolti tutti i settori dell'economia, in particolare i trasporti, l'energia, l'agricoltura, l'edilizia e settori industriali quali l'acciaio, il cemento, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), i prodotti tessili e le sostanze chimiche.

Nella prospettiva della neutralità climatica entro il 2050, la Commissione ha presentato, il 14 luglio 2021, un articolato pacchetto di proposte denominato "Pronti per il 55%"("Fit for 55%") per trasformare le politiche dell'UE in materia di clima, energia e combustibili, trasporti, edilizia, uso del suolo e silvicoltura in modo da ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (si veda il dossier curato dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea).

L'obiettivo del 55% è stato reso vincolante dalla normativa europea per il clima, che ha istituito un quadro per il conseguimento della neutralità climatica al 2050.

Le proposte del pacchetto comprendono misure volte in particolare a: rafforzare il sistema di scambio di quote di emissioni dell'UE (Emission trading system - EU ETS), che rappresenta il primo mercato di CO2 del mondo; modificare la normativa su uso del suolo, cambiamenti dell'uso del suolo e silvicoltura (land use, land use change and forestry - LULUCF), proponendo obiettivi più ambiziosi per espandere l'assorbimento naturale di carbonio dell'UE, ritenuto fondamentale per compensare le emissioni; una proposta di regolamento volta a intervenire sul sistema di condivisione degli sforzi (effort sharing), in base al quale sono fissati obiettivi vincolanti per gli Stati membri di riduzione delle emissioni di gas serra generate dai settori non inclusi nel sistema ETS, quali i trasporti, gli edifici, l'agricoltura e i rifiuti; istituire un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism – CBAM - si veda il dossier curato dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea), con la finalità di prevenire il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio al di fuori dell’UE; istituire il Fondo sociale per il clima per il periodo 2025-2032, al fine di sostenere gli Stati membri nelle politiche intese a mitigare l'impatto sociale dello scambio di quote di emissioni nell'edilizia e nel trasporto su strada sulle famiglie vulnerabili, sulle microimprese vulnerabili e sugli utenti vulnerabili dei trasporti.

Nel quadro del Green Deal, la Commissione ha inoltre già adottato numerose altre iniziative, finalizzate, in particolare, a realizzare in modo compiuto l'economia circolare, a conseguire una politica alimentare più sostenibile, a stimolare la ricerca e l'innovazione, nonché a promuovere finanziamenti e investimenti verdi, a garanzia di una transizione giusta.

Per approfondimenti sulle iniziative già adottate, compreso il citato pacchetto "Fit for 55%", si veda la pagina web “Green Deal europeo” della Commissione europea.

La Commissione mette altresì in risalto la necessità di un processo di transizione equo e controllato verso un'economia a impatto zero, che passi prima di tutto dall'adozione di una nuova strategia industriale che porti l'Europa a essere leader mondiale nell'economia circolare e nelle tecnologie pulite, anche attraverso la decarbonizzazione dei settori industriali ad alta intensità energetica.

 

La Commissione ha adottato la nuova Strategia industriale dell’UE (COM(2020)102) il 10 marzo 2020 e un suo aggiornamento (COM(2021)350) il 5 maggio 2021, al fine di tenere conto degli insegnamenti tratti dalla crisi pandemica e rilanciare la ripresa. Si prefigge l’obiettivo, non solo di favorire la ripresa dell’industria europea, ma anche di sostenerla nella duplice transizione ecologica e digitale, rilanciandone la competitività a livello mondiale ed aumentandone la resilienza e l'autonomia strategica. Per approfondimenti, si veda la pagina web della Commissione europea sulla strategia industriale dell’UE.

Nel marzo 2020 la Commissione ha altresì adottato un nuovo piano d'azione per l'economia circolare per ridurre la pressione sulle risorse naturali e creare crescita sostenibile e occupazione. Rappresenta un prerequisito per conseguire l'obiettivo di neutralità climatica dell'UE per il 2050 e per arrestare la perdita di biodiversità. Tra le iniziative adottate nell’ambito del piano, vi è la presentazione di un pacchetto di proposte volto a rendere i prodotti sul mercato dell'UE più sostenibili e rispettosi dell'ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico lungo l'intero ciclo di vita dalla fase di progettazione fino all'uso quotidiano, al cambio di destinazione e alla gestione del fine vita.

Per approfondimenti, anche sulle iniziative già adottate, si veda la pagina web della Commissione europea sul nuovo piano d’azione per l’economia circolare.

 

Pur riconoscendo l'importanza dei fondi di coesione, che svolgono un ruolo determinante nel sostenere le regioni e le zone rurali, la Commissione si è impegnata a integrarli tramite un nuovo Fondo per una transizione equa, del quale potranno beneficiare le popolazioni e le regioni più esposte alla transizione stessa in quanto partono da basi meno avanzate.

 

Le istituzioni europee hanno varato il Fondo per una transizione giusta che, con una dotazione, a prezzi correnti, pari a 19,2 miliardi di euro (8,4 miliardi dal bilancio UE 2021-2027 e 10,8 miliardi da NextGenerationEU) mira a sostenere le persone, le economie e l’ambiente dei territori che affrontano gravi sfide socio-economiche derivanti dal passaggio verso un’Unione climaticamente neutra. Costituisce un elemento chiave del Green Deal e il primo pilastro del cosiddetto Meccanismo per una transizione giusta. Per approfondimenti, si veda la pagina web della Commissione europea sul Meccanismo per una transizione giusta.

 

Onde cogliere appieno le opportunità offerte dalla transizione ecologica, la Commissione si è impegnata poi a spendere "cifre record nell'innovazione e nella ricerca di avanguardia", sfruttando al massimo la flessibilità all'interno del bilancio pluriennale dell'Unione per concentrarsi sui settori che racchiudono un potenziale maggiore.

 

Le istituzioni europee hanno varato Orizzonte Europa, il principale programma di finanziamento dell’UE per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2021-2027. Con una dotazione di 95,51 miliardi di euro (a prezzi correnti), di cui 5,4 miliardi di euro nell'ambito di Next Generation EU, il programma intende anche affrontare i cambiamenti climatici, contribuire al conseguimento degli OSS delle Nazioni Unite e rafforzare la competitività e la crescita dell'UE.

Inoltre, la strategia digitale dell’UE, la cosiddetta “Bussola per il digitale 2030” intende fare del decennio in corso il "decennio digitale" europeo. Essa mira a fare sì che la trasformazione digitale vada a beneficio dei cittadini e delle imprese, contribuendo nel contempo a raggiungere l'obiettivo di un'Europa neutra dal punto di vista climatico entro il 2050.

Nell’ambito degli obiettivi di transizione digitale dell’UE, sono state presentate dalla Commissione europea: una proposta di regolamento sui servizi digitali, volta a tutelare i cittadini dell'UE da beni, contenuti o servizi illegali e a proteggere i loro diritti fondamentali online, secondo il principio per cui ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online; una proposta di regolamento sui mercati digitali volta a creare condizioni di parità per le imprese dell'UE.. La proposta si focalizza sulle piattaforme online di grandi dimensioni, i cosiddetti "gatekeeper", che controllano i servizi di piattaforma di base come i mercati, i negozi di applicazioni software e i motori di ricerca online.

 

Ai finanziamenti pubblici, necessari ma non sufficienti, dovrà accompagnarsi - secondo l’impegno della Commissione - un'azione di stimolo per gli investimenti privati, "ponendo la finanza verde e sostenibile al centro della catena d'investimento e del sistema finanziario" attraverso una strategia per la finanza verde e un piano di investimenti per un'Europa sostenibile, e la trasformazione di una parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) in un'autentica Banca climatica europea.

Tra gli altri ambiti nei quali la Commissione si è impegnata a intervenire, particolare risalto assumono: la sicurezza alimentare, tramite una nuova "Strategia dai campi alla tavola" per gli alimenti sostenibili, che coinvolga l'intera catena del valore; la tutela e l'investimento nel futuro delle zone rurali, nelle quali a tutt'oggi vive il 50% degli europei; la protezione della salute dei cittadini dal degrado ambientale e dall'inquinamento attraverso una strategia trasversale che abbracci la qualità dell'aria e dell'acqua, le sostanze chimiche pericolose, le emissioni industriali, i pesticidi e gli interferenti endocrini.

 

Le politiche agricole e di sviluppo rurale costituiscono una parte importante del contributo positivo dell'UE alla realizzazione dell'Agenda 2030.

Il 20 maggio 2020 la Commissione europea ha presentato la strategia "Dal Produttore al Consumatore" (Farm to Fork strategy), insieme alla "Strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030". Entrambe le strategie sono centrali nell'ambito del Green Deal e si prefiggono diversi obiettivi al 2030 concernenti la riduzione dell'uso e del rischio dei pesticidi e della perdita dei nutrienti, la riduzione delle sostanze antimicrobiche, il miglioramento del benessere degli animali, la valorizzazione dell'agricoltura biologica e la tutela della biodiversità. La Commissione ha altresì presentato, ad aprile 2021, un piano d'azione per la produzione biologica nell'UE.

Uno degli obiettivi generali della PAC riformata 2023-2027 (regolamento (UE) 2021/2115; regolamento (UE) n. 2021/2116; e regolamento (UE) 2021/2117), inoltre, è sostenere e rafforzare la protezione dell'ambiente, compresa la biodiversità, e l'azione per il clima e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione in materia di ambiente e clima, in linea con il Green Deal e le suddette strategie Farm to Fork e sulla biodiversità. In tale contesto, un ruolo determinante sarà svolto dai Piani strategici nazionali della PAC; anche gli agricoltori sono chiamati ad attuare pratiche rispettose dell'ambiente e del clima.

 

Nell’impegno della Commissione europea, inoltre, parte integrante del Green Deal è il concetto di transizione giusta, con cui si fa riferimento alla necessità che la trasformazione economica e sociale verso la sostenibilità non lasci indietro nessuna persona e nessun luogo.

 

La Commissione europea ha presentato un piano d'azione per l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali che integra e sostiene le transizioni verde e digitale con l'obiettivo di un'Europa sociale forte. In particolare, ha fissato tre obiettivi principali dell'UE per il 2030 - che sono stati approvati dai leader dell’UE nel maggio e nel giugno 2021 - nei settori dell'occupazione (almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un lavoro), delle competenze (almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione) e dell'inclusione sociale (ridurre di almeno 15 milioni il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale), in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Per approfondimenti, anche sulle iniziative già adottate, si veda la pagina web della Commissione europea sul piano d’azione per l’attuazione del Pilastro sociale.

Il Fondo sociale europeo plus 2021-2027 rappresenta il principale strumento dell'UE per sostenere l'attuazione del Pilastro sociale e conseguire i tre suddetti obiettivi principali per il 2030.

4. Gli investimenti dell’Unione europea

Il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile

Al fine di conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo, è essenziale orientare gli investimenti verso progetti e attività sostenibili.

La Commissione europea si è pertanto impegnata a mobilitare ingenti investimenti sostenibili privati e pubblici. Il 14 gennaio 2020 ha infatti presentato il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile, che costituisce il pilastro Investimenti del Green Deal europeo, con l’obiettivo principale di mobilitare, attraverso il bilancio UE e gli strumenti associati (in particolare il Programma InvestEU), investimenti sostenibili privati e pubblici per almeno mille miliardi di euro nel prossimo decennio.

Il Piano intende altresì porre la sostenibilità al centro delle decisioni di investimento in tutti i settori e fornire sostegno alle amministrazioni pubbliche e ai promotori di progetti per creare una solida riserva di progetti sostenibili.

Il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e Next Generation EU

Il Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE 2021-2027, integrato da Next Generation EU (NGEU), affronta in modo trasversale l’obiettivo di sviluppo sostenibile proposto dall’Agenda 2030.

La maggior parte dei programmi di spesa del bilancio UE, infatti, contribuisce ad almeno un obiettivo di sviluppo sostenibile e viene in particolare attribuito un peso maggiore alla dimensione climatica e ambientale.

La Commissione ha inoltre avviato lavori esplorativi per mettere a punto un sistema di monitoraggio che consenta di seguire la spesa secondo la struttura degli OSS.

Rinviando alla pagina tematica della Commissione europea per ulteriori informazioni sul QFP 2021-2027 e su NGEU, compresi la struttura, i programmi di finanziamento, le dotazioni per Stato membro e i dati sulle spese e sulle entrate, si segnala in particolare che:

- oltre il 50% dell'importo totale del bilancio 2021-2027 e di Next Generation EU sostiene la modernizzazione dell'UE attraverso la ricerca e l'innovazione, transizioni climatiche e digitali eque e preparazione, ripresa e resilienza;

- il 30% dell'importo totale delle spese di bilancio dell'Unione e di Next Generation EU è destinato al sostegno degli obiettivi ambientali e climatici;

- il 20% del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, il principale strumento di Next Generation EU, viene investito nella trasformazione digitale e il 37% nella transizione verde, attraverso i Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) degli Stati membri. Tutti gli investimenti e le riforme previsti dai Piani non devono inoltre pregiudicare in modo significativo gli obiettivi ambientali dell'UE;

- il 30% dei fondi nell'ambito di NGEU sarà raccolto attraverso l'emissione di obbligazioni verdi;

- almeno il 35% dei finanziamenti provenienti da Orizzonte Europa contribuisce all’azione per il clima;

- almeno il 60% dei finanziamenti provenienti dal programma Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility), che sostiene lo sviluppo di reti transeuropee ad alto rendimento, sostenibili ed interconnesse in modo efficiente nel settore dei trasporti, dell'energia e dei servizi digitali, contribuisce all’azione per il clima;

- il 40% della dotazione finanziaria complessiva della PAC 2023-2027 è destinata agli obiettivi climatici;

- almeno il 30% degli investimenti complessivi che saranno mobilitati da InvestEU, il programma che succede al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), contribuirà al conseguimento degli obiettivi climatici;

- nell’ambito della politica di coesione dell'UE, gli Stati membri devono destinare a grandi investimenti che contribuiscono al Green Deal almeno il 30% di quanto ricevuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale. Inoltre, il 37% del Fondo di coesione contribuisce specificamente al conseguimento della neutralità climatica entro il 2050;

- con 5,43 miliardi di euro a prezzi correnti (il 61% dei quali a favore del clima) il programma LIFE mira a: agevolare la transizione verso un'economia sostenibile, circolare, efficiente sotto il profilo energetico, basata sulle energie rinnovabili, climaticamente neutra e resiliente; proteggere, ripristinare e migliorare la qualità dell'ambiente, compresi l'aria, l'acqua e il suolo; arrestare e invertire la perdita di biodiversità; contrastare il degrado degli ecosistemi;

- il 30% della dotazione dello Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) sostiene gli obiettivi climatici;

- nel 2026 e nel 2027, il 10% della spesa annuale del bilancio contribuirà ad arrestare e invertire il declino della biodiversità.

La rubrica 1 “Mercato unico, innovazione e agenda digitale” aumenta gli investimenti in settori quali la ricerca e l'innovazione, la trasformazione digitale, le infrastrutture strategiche e il mercato unico, anche allo scopo di affrontare sfide quali la decarbonizzazione e il cambiamento demografico e rafforzare la competitività delle imprese e delle PMI.

La rubrica 2 “Coesione, resilienza e valori” mira a ridurre le disparità tra le regioni dell'UE, all'interno degli Stati membri e tra di essi, e a promuovere lo sviluppo territoriale sostenibile. Inoltre, investe nei giovani, nella salute e nelle azioni a tutela dei valori dell'UE,

La rubrica 3 “Risorse naturali e ambiente” investe nell'agricoltura e nei settori marittimi sostenibili, insieme all'azione per il clima, alla protezione dell'ambiente, alla sicurezza alimentare e allo sviluppo rurale.

La rubrica 4 “Migrazione e gestione delle frontiere” affronta le sfide connesse alla migrazione e alla gestione delle frontiere.

La rubrica 5 “Sicurezza e difesa” comprende programmi volti a rafforzare la sicurezza dei cittadini europei, migliorare le capacità di difesa dell'Europa e fornire gli strumenti per rispondere alle crisi.

La rubrica 6 “Vicinato e resto del mondo” contiene programmi che investono nell'azione esterna dell'UE nei Paesi del vicinato, nei Paesi in via di sviluppo e nel resto del mondo. Comprende anche l'assistenza ai Paesi che si preparano all'adesione all'UE. I finanziamenti dell’UE si concentrano sul vicinato europeo, sull'Africa e sui Balcani occidentali, nonché sui Paesi più bisognosi e riguardano la sicurezza, la migrazione, i cambiamenti climatici e i diritti umani. Contribuiscono, inoltre, a far fronte alle esigenze umanitarie più gravi: dall'aggravarsi delle catastrofi naturali dovute ai cambiamenti climatici alle sfide causate dalla pandemia di coronavirus e da altre malattie infettive, ai conflitti e alla crisi globale dei rifugiati.

La rubrica 7 “Pubblica amministrazione europea” riguarda essenzialmente le spese amministrative di tutte le istituzioni dell'UE e le pensioni dei funzionari dell'UE.

 

Si segnala, inoltre, che, in linea con l’allegato II dell’Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020, sottoscritto tra le Istituzioni europee in sede di approvazione del QFP dell’UE 2021-2027 e di Next Generation EU), la Commissione ha proposto che una quota pari al 25% delle entrate provenienti dallo scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra (ETS) e una quota pari al 75% delle entrate generate dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere siano versate al bilancio dell'UE e costituiscano quindi nuove risorse proprie.

La finanza sostenibile

Per "finanza sostenibile" si intende generalmente il processo che consente di tenere in debita considerazione, nell'adozione di decisioni di investimento, i fattori ambientali e sociali, per ottenere maggiori investimenti in attività sostenibili.

Già nel marzo 2018 la Commissione europea aveva lanciato un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, elaborato sul presupposto che gli attuali livelli di investimento non sono sufficienti a sostenere un sistema economico sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale. Facendo seguito al suddetto Piano d'azione, le Istituzioni europee hanno in particolare adottato le seguenti misure:

·        il regolamento (UE) 2019/2088 relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, che introduce obblighi di trasparenza su come i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari integrano i fattori ambientali, sociali e di governance nelle loro decisioni in materia di investimenti e nelle loro consulenze in materia di investimenti o assicurazioni;

·        il regolamento (UE) 2019/2089, che mira a perseguire strategie di investimento a basse emissioni di carbonio introducendo un quadro normativo che stabilisce requisiti minimi per gli indici di riferimento UE di transizione climatica e gli indici di riferimento UE allineati con l'accordo di Parigi a livello dell'Unione e garantendo che tali indici di riferimento non pregiudichino in modo significativo altri obiettivi ambientali, sociali e di governance (ESG);

·        il regolamento (UE) 2020/852 (cosiddetto regolamento sulla tassonomia) che istituisce un sistema di classificazione, o "tassonomia", a livello dell'UE inteso a fornire alle imprese e agli investitori un linguaggio comune per individuare le attività economiche che possono essere considerate ecosostenibili, anche allo scopo di fornire una protezione contro la pratica del greenwashing, ossia il ricorso al marketing per descrivere i prodotti, le attività o le politiche di un'organizzazione come ecocompatibili quando non lo sono.

Il 2 febbraio 2022 la Commissione ha presentato l'atto delegato complementare "Clima" della tassonomia, che include, a determinate condizioni, alcune attività del settore del gas e del nucleare nell'elenco delle attività economiche coperte dalla tassonomia dell'UE.

 

L’atto delegato propone di includere gas e nucleare tra le attività transitorie, vale a dire quelle attività che non possono ancora essere sostituite da alternative a basse emissioni di carbonio tecnologicamente ed economicamente fattibili, ma contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici e possono svolgere un ruolo importante nella transizione verso un'economia climaticamente neutra, in linea con gli obiettivi e gli impegni climatici dell'UE, e soggetti a condizioni rigorose, senza escludere gli investimenti nelle energie rinnovabili. Circa le condizioni: per le attività sia gasiere che nucleari, esse devono contribuire alla transizione verso la neutralità climatica; per le attività nucleari, devono rispondere ai requisiti di sicurezza nucleare e ambientale (anche in relazione allo smaltimento dei rifiuti); e per quelle gasiere, che contribuiscano alla transizione dal carbone alle rinnovabili. Vi sono poi ulteriori condizioni specifiche che si applicano a tutte queste attività e sono dettagliate nell'atto delegato complementare.

 

Per approfondimenti, anche sulla questione dell’inserimento del gas e del nucleare nella tassonomia, si veda la pagina web della Commissione europea sulla tassonomia delle attività sostenibili.

La banca climatica europea

La Banca europea per gli investimenti (BEI) è uno dei principali finanziatori mondiali dell'azione per il clima e della sostenibilità ambientale.

Con l’obiettivo di trasformare una parte della Banca in un'autentica Banca climatica europea, è stata adottata una tabella di marcia 2021-2025 della Banca per il clima (Climate Bank Roadmap) che ha tra gli obiettivi quelli di sostenere investimenti in azioni per il clima e a favore della sostenibilità ambientale per 1.000 miliardi di euro fino al 2030, di erogare, entro il 2025, oltre il 50% dei finanziamenti della BEI per l'azione per il clima e la sostenibilità ambientale e allineare agli obiettivi e ai principi dell'accordo di Parigi tutte le nuove operazioni del gruppo BEI a partire da inizio 2021.

In sostanza, la tabella di marcia segnala l'urgenza della crisi climatica e ambientale e rappresenta l’impegno della BEI, come banca del clima dell'UE, a sostenere il Green Deal europeo, aiutare l'Europa a diventare il primo continente a emissioni zero entro il 2050 e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Nel 2021, la quota di investimenti della BEI destinata a progetti di azione per il clima e di sostenibilità ambientale è salita a 27,6 miliardi di euro, ovvero il 51%.

Per approfondimenti, si veda la pagina tematica della BEI.

5. L’integrazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel Semestre europeo

Dal 2020 gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono stati integrati nel ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio dei Paesi membri dell'UE, il cosiddetto Semestre europeo.

In tal modo, il Semestre europeo contribuisce a guidare le politiche economiche, sociali e di bilancio degli Stati membri verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, tenendo conto delle differenze esistenti tra i diversi Paesi, monitorando i progressi e garantendo un più stretto coordinamento degli sforzi nazionali.

Come annunciato nell’Analisi annuale della crescita sostenibile 2022, che conferma la strategia di crescita sostenibile fondata su quattro pilastri, strettamente interconnessi e sinergici (sostenibilità ambientale; incrementi di produttività; equità; stabilità macroeconomica), il ciclo del Semestre europeo 2022 integrerà ulteriormente gli obiettivi di sviluppo sostenibile, al fine di fornire una comunicazione pienamente aggiornata e coerente in tutti gli Stati membri.

In primo luogo, la relazione annuale di monitoraggio degli OSS farà parte dei documenti del Semestre europeo e sarà pubblicata nell'ambito del pacchetto di primavera di maggio 2022.

In secondo luogo, ciascuna relazione per paese comprenderà una sezione specifica in cui verranno analizzati lo status del Paese rispetto alla media dell'UE e i progressi compiuti in ciascun settore degli OSS.

In terzo luogo, la combinazione di questi due elementi e di indicatori aggiuntivi che monitorano le prestazioni degli Stati membri in termini di obiettivi strategici chiave dell'UE (ad esempio Green Deal europeo, decennio digitale) servirà da base per le relazioni per paese e per le raccomandazioni specifiche per paese.

6. Le conclusioni del Consiglio dell’UE

Il 22 giugno 2021 il Consiglio dell’UE ha approvato delle conclusioni dal titolo “Un approccio globale per accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile - Ricostruire meglio dopo la crisi COVID-19”.

Il Consiglio ribadisce il forte impegno dell'UE a favore dell'Agenda 2030 e dei suoi obiettivi, che continuano a guidare le azioni intraprese dall'UE e dai suoi Stati membri, sia internamente che esternamente per ricostruire meglio e in modo più verde. Il Consiglio mantiene inoltre il suo impegno a esaminare i progressi compiuti verso la realizzazione dell'Agenda 2030 e ad intensificare gli sforzi per integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile nelle sue attività in tutti i settori strategici.

Il Consiglio riconosce infatti che la pandemia di COVID-19 sta minacciando i progressi verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e chiede, pertanto, un dialogo rafforzato e azioni operative concrete per accelerare l'attuazione dell'Agenda 2030.

Nelle conclusioni si invitano anche la Commissione europea e gli Stati membri a svolgere attività di comunicazione e sensibilizzazione sull'Agenda 2030 allo scopo di aumentare la titolarità condivisa dei cittadini, del settore privato e di altri pertinenti portatori di interessi.

7. Progressi dell’UE verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile

La Commissione europea effettua un monitoraggio periodico del conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello dell'UE, elaborando un quadro di indicatori di riferimento.

Una panoramica della situazione dell’UE e dei suoi Stati membri in relazione al conseguimento degli OSS è disponibile nell’ultimo report disponibile di Eurostat, “Sustainable Development in the European Union”, presentato nel maggio 2021.

Si veda qui la pagina Eurostat dedicata agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Si segnala che molti indicatori del report fanno riferimento al periodo 2014-2019, quindi non tengono in considerazione lo scoppio della pandemia di COVID-19 e il suo impatto sul conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

A tal riguardo, il report sostiene che sono ancora da verificare gli effetti a lungo termine della pandemia sull'economia dell'UE, sul mercato del lavoro, sull'istruzione e sulla povertà, nonché sulle questioni ambientali, ma che indubbiamente la pandemia ha reso l’attuazione dell'Agenda 2030 e il conseguimento dei suoi obiettivi più impegnativo.

Sarà quindi necessario attendere quantomeno il report nel 2022 per avere dati che tengano conto in maniera più diffusa e approfondita delle conseguenze della pandemia sul conseguimento degli OSS a livello dell'UE.

Il report 2021 rileva che negli ultimi anni l'UE, considerata nel suo insieme, è progredita verso quasi tutti gli OSS, sebbene i progressi compiuti verso alcuni obiettivi siano stati più rapidi che in altri (figura sottostante).

Da rimarcare che gli indicatori che fanno riferimento al periodo 2015-2020 e che pertanto riflettono in parte le conseguenze della pandemia, mostrano segnali di deterioramento rispetto ai progressi raggiunti negli anni precedenti: nel settore dell'economia e del mercato del lavoro (SDG 8), la crisi pandemica ha interrotto il miglioramento continuo osservato dal 2013; un impatto simile sembra osservarsi anche nelle aree dell'istruzione (SDG 4), della parità di genere (SDG 5), della riduzione delle disuguaglianze (SDG 10), nonché della partnership per gli obiettivi (SDG 17).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. L'azione esterna dell'UE

È nell'interesse dell'Unione svolgere un ruolo di primo piano nell'attuazione dell'Agenda 2030 anche a livello globale, attraverso l'azione esterna.

Gli OSS, che comportano sfide più che mai complesse, interconnesse e planetarie, rappresentano una dimensione trasversale dell'attuazione della strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell'UE, che definisce le modalità di un impegno coordinato dell'UE nel mondo.

L'UE e i suoi Stati membri sono del resto il principale donatore mondiale di aiuti allo sviluppo e assistenza umanitaria e, attraverso la cooperazione con paesi partner in tutto il mondo, la cooperazione allo sviluppo dell'UE è un mezzo per far uscire le persone dalla povertà e garantire dignità e parità, ma anche per creare società pacifiche, giuste e inclusive.

L'UE è un leader mondiale nell'impegno per eliminare la povertà grazie a un insieme coerente di politiche che comprende la cooperazione allo sviluppo, diversi strumenti di politica commerciale e le politiche europee di vicinato e di allargamento. L'eliminazione della povertà, la lotta alle discriminazioni e alle disuguaglianze e il principio di non lasciare indietro nessuno sono elementi centrali del consenso europeo in materia di sviluppo, il quadro per la cooperazione allo sviluppo stabilito dall'UE e dai suoi Stati membri che spinge esplicitamente l'azione dell'UE verso l'attuazione dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con l'obiettivo primario di eliminare la povertà.

L'UE aspira, inoltre, a continuare ad avere un ruolo guida anche per quanto riguarda la rigorosa attuazione dell'Accordo di Parigi sul clima, anche con riferimento agli sforzi internazionali per decarbonizzare il settore dei trasporti e avviare politiche in materia di economia circolare, impiego delle risorse e biodiversità.

Anche la politica europea in materia di commercio spazia attraverso gli obiettivi di sviluppo sostenibile integrandone l'attuazione in tutte le sue dimensioni. L'UE continua a sostenere fermamente un sistema commerciale multilaterale universale, basato su regole, aperto, non discriminatorio ed equo nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e si adopera attivamente per preservare e rafforzare tutte le funzioni dell'OMC. L'Unione collabora strettamente anche con altre organizzazioni internazionali, quali l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE), per promuovere i diritti umani, la responsabilità sociale e il comportamento responsabile delle imprese e sostenere gli obiettivi sociali e ambientali nell'ambito della sua politica commerciale.

In tale quadro, l'Unione aspira ad essere in prima linea nel coordinamento degli sforzi internazionali verso la creazione di un sistema finanziario che promuova la crescita sostenibile a livello mondiale, attraverso una strategia e un'architettura internazionale coerenti, che facciano leva sugli sforzi di istituzioni quali la Banca mondiale, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che contribuirebbero a sviluppare la finanza sostenibile e a mobilitare investimenti sostenibili in tutto il mondo.

Per approfondimenti, si veda la pagina web della Commissione europea “L'UE e le Nazioni Unite: obiettivi comuni per un futuro sostenibile.

 

 

 


L’agenda 2030 e l’Italia

Ai fini dell'attuazione dell'Agenda 2030, l'Italia ha posto in essere un mosaico di azioni che coinvolgono, a livelli diversi, Parlamento, Governo, Regioni ed Enti locali, mentre sono andate assumendo un ruolo crescente anche le iniziative della società civile. In linea generale, il processo di attuazione a livello nazionale si dipana prevalentemente a livello governativo, sia nella fase di programmazione strategica, sia in quella del monitoraggio e della verifica dei risultati.

 

1. La governance e gli strumenti per lo sviluppo sostenibile

La Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile

Quanto alla fase di programmazione strategica, il principale strumento è costituito dalla Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS), approvata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE- ora CIPESS) il 22 dicembre 2017, che definisce le linee direttrici delle politiche economiche, sociali e ambientali finalizzate a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030.

La Strategia, che deve essere aggiornata dal Governo con cadenza almeno triennale, è strutturata in cinque aree, corrispondenti alle "5P" dello sviluppo sostenibile proposte dall'Agenda 2030, ciascuna delle quali contiene Scelte Strategiche e Obiettivi Strategici per l'Italia, correlati agli SDGs dell'Agenda 2030:

-       Persone: contrastare povertà ed esclusione sociale e promuovere salute e benessere per garantire le condizioni per lo sviluppo del capitale umano;

-       Pianeta: garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, contrastando la perdita di biodiversità e tutelando i beni ambientali e colturali;

-       Prosperità: affermare modelli sostenibili di produzione e consumo, garantendo occupazione e formazione di qualità;

-       Pace: promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione. Contrastare l'illegalità;

-       Partnership: intervenire nelle varie aree in maniera integrata.

 

Il documento identifica, inoltre, un sistema di vettori di sostenibilità, definiti come ambiti di azione trasversali e leve fondamentali per avviare, guidare, gestire e monitorare l'integrazione della sostenibilità nelle politiche, nei piani e nei progetti nazionali. La SNSvS però non prevede parametri di carattere quantitativo in relazione al perseguimento dei diversi obiettivi dell'Agenda 2030.

 

Secondo quanto disposto dall’articolo 34 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), la SNSvS è aggiornata con cadenza almeno triennale (sentita la Conferenza Stato-Regioni ed acquisito il parere delle associazioni ambientali) e costituisce il quadro di riferimento nazionale per i processi di pianificazione, programmazione e valutazione di tipo ambientale e territoriale. Tale norma prevede infatti, tra l’altro, che le Regioni e le Province autonome approvano proprie strategie regionali e provinciali per lo sviluppo sostenibile, in stretta correlazione con quella nazionale.

Il ruolo chiave della SNSvS quale quadro di riferimento per la programmazione, la valutazione e il monitoraggio di politiche e investimenti pubblici è quindi basato su livelli di interlocuzione e prospettive di allineamento programmatico con le amministrazioni centrali, con le Regioni e le Province autonome, nonché con le Città metropolitane e anche – come sottolineato nella proposta di Piano per la transizione ecologica (v. infra) – “con il consolidamento del dialogo con la società civile riunita nel Forum per lo Sviluppo Sostenibile e sull’attivazione di linee di supporto scientifico attraverso la collaborazione con le Università”.

Secondo quanto indicato nel sito web del Ministero della transizione ecologica (MiTE), alla “nuova” SNSvS risultante dall’aggiornamento sarà associato un Piano di Azione Nazionale sulla Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile [1] .

La governance nazionale delle politiche per la sostenibilità

Il coordinamento delle azioni e delle politiche inerenti all'attuazione della strategia, cui concorrono politiche di competenza di numerosi Ministeri, è esercitato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base di una direttiva del Presidente del Consiglio del 16 marzo 2018 (recante “Indirizzi per l'attuazione dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile") che espressamente attribuisce alla Presidenza il compito di coordinare “i lavori volti agli aggiornamenti periodici della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e le azioni e le politiche inerenti all'attuazione della stessa Strategia".

Tale direttiva ha previsto, tra l’altro, che l'attuazione della SNSvS è operata in maniera sinergica con il Programma nazionale di riforma, nonché la predisposizione di una relazione annuale sull'attuazione della SNSvS.

Il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio nell'attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, anche con riferimento alla fase di monitoraggio e verifica dello stato di avanzamento verso gli obiettivi dell'Agenda 2030, è stato poi rafforzato in virtù dell'istituzione, con D.P.C.M. 11 giugno 2019, della Cabina di regia "Benessere Italia", al fine di "assicurare un supporto tecnico-scientifico di carattere specifico al Presidente del Consiglio dei Ministri nell'esercizio delle funzioni di coordinamento delle politiche del governo in materia di qualità della vita e sviluppo sostenibile" nonché di garantire, all'interno delle pubbliche amministrazioni, “l'integrazione della valutazione dell'impatto sul benessere nella elaborazione delle politiche pubbliche”.

Al fine di rafforzare ulteriormente il coordinamento delle politiche pubbliche in vista del perseguimento degli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile indicati dall’Agenda 2030, l’art. 1-bis del D.L. 111/2019 ha previsto che “a decorrere dal 1° gennaio 2021 il Comitato interministeriale per la programmazione economica assume la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS)”.

Con l’articolo 2 del D.L. 22/2021 è stato inoltre istituito il Ministero della transizione ecologica (che sostituisce il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare accorpando le funzioni di questo con quelle in materia di politica energetica e mineraria svolte dal Ministero dello sviluppo economico) a cui sono state attribuite “le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi allo sviluppo sostenibile, ferme restando le funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri” (art. 2).

L’art. 4 del medesimo decreto-legge, inoltre, ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, ferme restando le competenze del CIPESS.

Al CITE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o in sua vece dal Ministro della transizione ecologica, tra l’altro:

·      spetta l’approvazione del Piano per la transizione ecologica (istituito anch’esso dall’art. 4 citato);

Dopo che la proposta di piano è stata trasmessa alle Camere per il parere (v. atto del Governo n. 297), il piano è stato definitivamente approvato nella seduta del CITE dell’8 marzo 2022.

·      è attribuito l’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

In tal modo, come sottolineato nella proposta di Piano per la transizione ecologica trasmessa alle Camere per il parere, si crea “un legame indissolubile tra la transizione ecologica e la sostenibilità che risponde al quadro di riferimento dell’Unione europea”.

Si segnala altresì l’emanazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2021 recante "Linee di indirizzo sull'azione del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) per l'anno 2022?. Il provvedimento, come evidenziato nel sito del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, “è volto ad avviare un percorso istituzionale che condurrà, entro l'anno, alla definizione di criteri e metodologie in base alle quali le amministrazioni componenti il CIPESS sottoporranno a decisione proposte di investimento orientate al perseguimento dei target relativi agli obiettivi di sviluppo sostenibile” e, quindi, a “garantire che le decisioni pubbliche di investimento deliberate dal Comitato contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES)

Uno strumento di governance delle politiche per la sostenibilità, funzionale per molti aspetti alla verifica dell'attuazione dell'Agenda 2030, è costituito dagli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES), indicatori complementari al PIL che la legge di contabilità e finanza pubblica ha inserito stabilmente nel ciclo di bilancio quali strumenti di programmazione economico-finanziaria finalizzati a misurare i risultati delle politiche pubbliche alla luce di parametri diversi da quelli meramente economici e che, di fatto, presentano una stretta attinenza con taluni dei principali obiettivi e target dell'Agenda 2030.

L'Italia è il primo Paese dell’UE e del G7 che, collegando gli indicatori alla programmazione economica e di bilancio, ha attribuito ai BES un ruolo nell'attuazione e nel monitoraggio delle politiche pubbliche. Gli indicatori di benessere equo e sostenibile sono stati infatti introdotti nell'ordinamento legislativo italiano come strumento di programmazione economica dall'art. 14 della legge n. 163/2016, di riforma della legge di contabilità. Tale disposizione prevede che un Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile - costituito presso l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con D.P.C.M. 11 novembre 2016 - selezioni gli indicatori utili alla valutazione del benessere sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale. Tale Comitato, presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze o da un suo rappresentante delegato e composto dal Presidente dell'ISTAT, dal Governatore della Banca d'Italia (o loro rappresentanti delegati), da due esperti della materia provenienti da università ed enti di ricerca, ha cessato le sue funzioni in seguito alla definizione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, avvenuta con il D.M. Economia e Finanze 16 ottobre 2017.

Tale decreto ha individuato un insieme di dodici indicatori di benessere equo e sostenibile:

1. Reddito medio disponibile aggiustato pro capite. Rapporto tra il reddito lordo disponibile delle famiglie (consumatrici + produttrici) aggiustato (vale a dire inclusivo del valore dei servizi in natura forniti dalle istituzioni pubbliche e senza fini di lucro), e il numero totale di persone residenti in Italia.

2. Indice di disuguaglianza del reddito disponibile. Rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito.

3. Indice di povertà assoluta. Percentuale di persone appartenenti a famiglie con una spesa complessiva per consumi inferiore al valore soglia di povertà assoluta, sul totale delle persone residenti.

4. Speranza di vita in buona salute alla nascita. Numero medio di anni che un bambino nato nell'anno di riferimento può aspettarsi di vivere in buona salute, nell'ipotesi che i rischi di malattia e morte alle diverse età osservati in quello stesso anno rimangano costanti nel tempo.

5. Eccesso di peso. Proporzione standardizzata di persone di 18 anni e più in sovrappeso o obese sul totale delle persone di 18 anni e più.

6. Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione. Percentuale della popolazione in età 18-24 anni con al più il diploma di scuola secondaria di primo grado (licenza media), che non è in possesso di qualifiche professionali regionali ottenute in corsi con durata di almeno 2 anni e non frequenta né corsi di istruzione né altre attività formative.

7. Tasso di mancata partecipazione al lavoro, con relativa scomposizione per genere. Rapporto tra la somma di disoccupati e inattivi “disponibili” (persone che non hanno cercato lavoro nelle ultime 4 settimane ma sono disponibili a lavorare), e la somma di forze lavoro (insieme di occupati e disoccupati) e inattivi “disponibili”, riferito alla popolazione tra 15 e 74 anni.

8. Rapporto tra tasso di occupazione delle donne 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli. Rapporto tra il tasso di occupazione delle donne di 25- 49 anni con almeno un figlio in età prescolare (0-5 anni) e il tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni senza figli, per 100.

9. Indice di criminalità predatoria. Numero di vittime di furti in abitazione, borseggi e rapine per 1.000 abitanti.

10. Indice di efficienza della giustizia civile. Durata media effettiva in giorni dei procedimenti di cognizione civile ordinaria definiti dei tribunali.

11. Emissioni di C02 e altri gas clima alteranti. Tonnellate di C02 equivalente emesse su base annua da attività agricole, urbane e industriali, per abitante.

12. Indice di abusivismo edilizio. Numero di costruzioni abusive per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni.

 

La citata legge n. 163/2016, di riforma della legge di contabilità, non si è limitata a prevedere l’individuazione di indicatori di benessere equo e sostenibile, ma ha altresì introdotto disposizioni (nuovi commi 10-bis e 10-ter dell'art. 10 della legge n. 196/2009, “Legge di contabilità e finanza pubblica”) che prevedono la redazione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, di due documenti:

·        un apposito allegato al DEF, che riporta l'andamento, nell'ultimo triennio, di tali indicatori, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica del quadro programmatico, e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma (contenuto nella terza sezione del DEF);

L’allegato più recente è quello, trasmesso alle Camere nel maggio 2021, in allegato al DEF 2021 (Doc. LVII, n. 4, Allegato V).

·        una relazione, da presentare alle Camere per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari entro il 15 febbraio di ciascun anno, sull'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso.

La Relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile 2022 è stata trasmessa alle Camere nel mese di marzo del corrente anno.

 

Le iniziative del Parlamento

Per completare il quadro degli attori istituzionali e degli strumenti coinvolti nel processo di attuazione, monitoraggio e verifica degli SDGs, si segnala che in seno alla Commissione Affari esteri della Camera, il 5 dicembre 2018 è stato istituito il Comitato permanente sull'attuazione dell'Agenda 2030 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, con il compito di proseguire le attività istruttorie dell'indagine conoscitiva deliberata dalla stessa Commissione in ordine ai profili dell'azione internazionale dell'Italia per l'attuazione dell'Agenda 2030 e alla verifica dell'efficacia del quadro normativo nazionale e del sistema italiano di cooperazione. L'indagine era stata deliberata all'unanimità, nei primi mesi della XVIII legislatura, il 6 settembre 2018, ai sensi dell'art. 144, comma 1 del regolamento della Camera dei deputati. Come si legge nel programma, l'indagine intendeva mettere a fuoco il contributo del nostro Paese alla realizzazione degli SDGs. In continuità con le risultanze delle indagini conoscitive promosse dalla Commissione esteri nelle due precedenti legislature, che si sono avvalse dell'ampia attività istruttoria svolta da comitati permanenti istituiti ad hoc, l'indagine intendeva promuovere una puntuale verifica dell'adeguatezza e dell'efficacia degli strumenti normativi, con riferimento alla riforma integrale della legge 26 febbraio 1987, n. 49, realizzata con la legge 11 agosto 2014, n. 125, delle risorse organizzative e finanziarie poste a disposizione dall'Italia per l'attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, monitorando al tempo stesso, a cinque anni dalla riforma del settore, la funzionalità del sistema italiano di cooperazione allo sviluppo, che trova nell'Agenda 2030 il suo orizzonte di riferimento.

Nel corso dell’indagine – avviata nella seduta della Commissione del 21 novembre 2018 – sono state svolte trenta audizioni dei principali attori del sistema nazionale di cooperazione allo sviluppo, nonché di esponenti di organizzazioni non governative ed istituzioni sovrannazionali ed internazionali impegnate nello sviluppo sostenibile. Il termine per la conclusione dell'indagine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2019, è stato da ultimo prorogato al 31 marzo 2021.

Si segnala altresì che, in ragione della rilevanza assunta dalle politiche per la sostenibilità in ambito UE, la Commissione XIV (Politiche dell'Unione europea) ha deliberato, nella riunione del 10 dicembre 2019, lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulle politiche dell'Unione europea per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Si ricorda, infine, che in sede di discussione del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno 2019, è stato accolto l’ordine del giorno 9/Doc. VIII, n. 4/28, che ha invitato, nell'ambito delle rispettive competenze, l'Ufficio di Presidenza ed il Collegio dei Questori, a valutare l'opportunità di "pubblicare nell'apposita sezione del sito Internet della Camera dedicata ai temi dell'Agenda 2030 i testi dei provvedimenti legislativi e degli atti di indirizzo approvati dalla Camera che abbiano un rilevante impatto sul conseguimento degli obiettivi fissati dall'Agenda medesima". Dando seguito a questo ordine del giorno, la Camera ha provveduto a riorganizzare il proprio sito internet e le aree tematiche di classificazione della documentazione parlamentare, in modo da creare collegamenti che consentano di ricondurre ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 i “temi web” e i dossier prodotti sui provvedimenti in corso di esame.

 

Le politiche pubbliche per l'Agenda 2030 e la loro valutazione

Il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delineati nell'Agenda 2030 rappresenta uno dei cardini sui quali è incentrata l'azione del Parlamento e del Governo italiano, impegnati a dare seguito agli impegni internazionali sottoscritti.

Al fine di dar seguito allo specifico invito, rivolto dalla Commissione europea agli Stati membri, a fare il punto dei progressi sull’attuazione degli SDGs nei rispettivi programmi nazionali di riforma (PNR), il Capitolo V del PNR 2020 - “Le aree prioritarie dell’agenda di Governo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)” – ha illustrato “come le priorità individuate dal Governo potranno influenzare il posizionamento dell’Italia rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) adottati dall’ONU con l’Agenda 2030”.

Tale analisi non è stata tuttavia aggiornata l’anno seguente, in quanto - in conseguenza della natura particolare ed eccezionale del semestre europeo 2021, a causa delle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19 e del mutato quadro programmatorio derivante dall’approvazione del NGEU- nel DEF 2021 non è stato incluso il Programma Nazionale di Riforma (PNR).

Da ultimo, nella sezione III (PNR) del DEF 2022 è stato invece inserito un capitolo, il quarto, intitolato “Il percorso dell’Italia verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”, in cui vengono illustrate le misure attuate e programmate dal Governo per accelerare il raggiungimento di quegli obiettivi la cui attuazione risulta essere in ritardo rispetto alla media dell’Unione Europea. La sintesi dell’analisi svolta nel DEF 2022 è riportata nel paragrafo finale del presente dossier.

 

Nell’ultima Relazione sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile 2022 (trasmessa alle Camere nel mese di marzo del corrente anno, che analizza l'andamento degli indicatori BES fino al 2020 sulla base dei dati dell'Istat disponibili al 5 febbraio 2022 e fornisce la previsione per otto di essi nel periodo 2021-2024 sulla base del più recente quadro macroeconomico) si legge che “nonostante gli ingenti interventi attuati nella prima fase della pandemia che hanno mitigato l’impatto di quest’ultima, il 2020 ha segnato un arretramento del benessere economico e un peggioramento della disuguaglianza e della povertà assoluta. Le previsioni illustrate suggeriscono che i prossimi anni segneranno un recupero quantomeno parziale negli indicatori BES che più hanno risentito degli effetti dalla pandemia: dal reddito disponibile lordo corretto (RDLC) pro-capite, all’indice di disuguaglianza dei redditi, a quello di povertà assoluta” e, ancora, che il “deterioramento del contesto economico nel 2020 è fotografato dal peggioramento degli indicatori afferenti ai domini ‘benessere economico’ e ‘lavoro e conciliazione dei tempi di vita’. D’altra parte, il miglioramento osservato in indicatori quali le emissioni di CO2eq. pro-capite e la criminalità predatoria non può considerarsi strutturale, ma piuttosto il riflesso delle particolari misure restrittive dell’attività economica e della socialità adottate nel 2020 per contrastare la pandemia. Grazie alla progressiva rimozione delle restrizioni sanitarie e al consolidarsi della ripresa economica, sostenuta dalle misure adottate con la legge di bilancio 2022 e dai fondi del PNRR, si prevede un generale miglioramento degli indicatori BES monitorati lungo l'orizzonte di previsione, in particolare per quelli che riguardano i domini ‘benessere economico’, ‘lavoro e conciliazione dei tempi di vita’ e ‘salute’. D’altra parte, le emissioni di CO2eq. sono attese a fine periodo su livelli inferiori, ma prossimi a quelli pre-pandemia”.

La transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile rappresentano macro-obiettivi perseguiti da gran parte delle linee d’azione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), a partire dalla missione 2 (che rappresenta la missione a cui è destinato il maggior stanziamento, per un importo di circa 70 miliardi di euro) e che già nel titolo (“rivoluzione verde e transizione ecologica”) evidenzia la sua vocazione allo sviluppo sostenibile, così come accade per la missione 3 che reca interventi in materia di “infrastrutture per una mobilità sostenibile”. Ciononostante, nel PNRR non viene fornita un’analisi di impatto né una classificazione delle misure in relazione agli SDGs.

Lo stesso dicasi per il Piano per la transizione ecologica (di cui la citata missione 2 costituisce sostanzialmente il cuore) che, secondo quanto indicato nelle sue premesse, intende fornire “informazioni di base e un inquadramento generale sulla strategia per la transizione ecologica, dare un quadro concettuale che accompagni gli interventi del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.

Si fa presente che nel “Documento sugli indicatori di benessere equo e sostenibile” allegato al DEF 2021 (Doc. LVII, n. 4, Allegato V) è fornita una analisi del potenziale impatto degli investimenti e delle riforme del PNRR sui dodici indicatori BES. Una prima proposta di corrispondenza tra gli indicatori SDGs e le 6 missioni previste dal PNRR è contenuta nell’ultimo rapporto ISTAT “SDGs 2021”, che già da diversi anni fornisce indicatori per la misurazione dei progressi compiuti dall’Italia nel raggiungimento degli SDGs (v. infra).

Da segnalare, infine, la sperimentazione condotta dalla Corte dei conti nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto dello Stato. In un apposito capitolo della relazione della Corte dei conti sul Rendiconto generale dello Stato 2020 viene illustrata una classificazione delle spese dello Stato secondo gli obiettivi dell’Agenda 2030. Benché tale classificazione non consenta di dare un giudizio sul raggiungimento effettivo di tali obiettivi, la stessa è però in grado di evidenziare verso quali di questi obiettivi sono state destinate le maggiori risorse.

Nel citato capitolo si legge che “l’83 per cento degli stanziamenti definitivi di competenza riconducibili in maniera diretta o indiretta alle aree di policy dell’Agenda è risultato associabile a quattro Goal”.

Nel dettaglio, il Goal 10, ‘Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni’ ha assorbito il 32,6 per cento degli stanziamenti complessivi; il 18,9 per cento, invece, è stato ricollegato al Goal 8, ‘Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti’. Il 19,1 per cento del totale è stato ricondotto al Goal 3, deputato ad ‘Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età’, mentre l’11,7 per cento è stato collegato al Goal 16 ‘Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli’.

Sulla base di tali risultati, la Corte osserva che “la netta preponderanza dei Goal legati alla riduzione delle disuguaglianze (Goal 10), alla protezione dei diritti del lavoro e al sostegno al tessuto imprenditoriale del Paese (Goal 8) alla salute (Goal 3) al rafforzamento delle istituzioni locali (Goal 16), mette in evidenza la risposta degli stanziamenti di bilancio nell’anno 2020 all’emergenza economica e sociale legata alla crisi sanitaria da Covid-19.

La strategia adottata dal Governo per fronteggiare l’evento pandemico è ben rappresenta dalla prevalenza di interventi diretti nel settore economico e nel frequente ricorso a misure di protezione sociale predisposte al fine di ‘riequilibrare’ i divari in ambito sanitario e sociale acuitisi per effetto della crisi sanitaria. La residualità degli stanziamenti nel settore della sostenibilità climatica e ambientale, e segnatamente in tema di conservazione e utilizzo di risorse marine (Goal 14) e di gestione delle acque e delle strutture igienico sanitarie (Goal 6), fornisce alcune indicazioni circa l’ordine delle priorità assegnate dal Governo nell’anno 2020, focalizzate su interventi di sostegno e contenimento degli effetti negativi a breve termine piuttosto che a strategie di lungo termine a supporto, tra gli altri, di modelli sostenibili di produzione e consumo (Goal 12)”.


2. I progressi dell'Italia verso gli SDGs

Il quadro di riferimento statistico per il monitoraggio degli obiettivi

L'attuazione dell'Agenda 2030 e la distanza dagli obiettivi di sviluppo sostenibile viene monitorata annualmente dall'High Level Political Forum delle Nazioni Unite, che riveste un ruolo cruciale nella supervisione dei processi di monitoraggio e revisione a livello globale.

Con la finalità di identificare un quadro di informazione statistico condiviso, quale strumento di monitoraggio e valutazione dei progressi verso gli obiettivi dell'Agenda 2030, la Commissione Statistica delle Nazioni Unite ha costituito l'Inter Agency Expert Group (IAEG) on SDG, che ha proposto un panel di oltre 200 indicatori (global indicator framework) che costituisce il quadro di riferimento statistico a livello mondiale. Tali indicatori sono ulteriormente declinati dagli Stati a livello nazionale e regionale.

In Italia è l'ISTAT a svolgere un ruolo attivo di coordinamento nazionale nella produzione degli indicatori per la misurazione dello sviluppo sostenibile e il monitoraggio dei suoi obiettivi. A partire dal 2016 l'ISTAT ha messo a disposizione degli utenti una piattaforma informativa dedicata alle misure nazionali utili per il monitoraggio degli SDGs che è stata perfezionata e ampliata negli anni, passando “da 95 misure nazionali per 66 indicatori UN-IAEG diffuse a dicembre 2016, alla versione attuale che individua 354 misure statistiche per 135 indicatori” (cfr. p. 168 del rapporto ISTAT SDGs 2021).

Il quarto Rapporto ISTAT sugli SDGs del 2021

Nel Rapporto SDGs 2021 dell’ISTAT, giunto alla sua quarta edizione, sono aggiornati al 2020 gli indicatori SDGs sviluppati dall’ISTAT nell’ambito del quadro di riferimento internazionale (v. supra).

Nell’introduzione del rapporto viene sottolineato che “oltre al quadro di insieme dell’evoluzione degli SDGs, il Rapporto offre poi la consueta analisi regionale, particolarmente utile per l’osservazione degli squilibri territoriali” nonché “una prima proposta di corrispondenza tra gli indicatori SDGs e le 6 missioni previste dal PNRR”. Tale sperimentazione, secondo l’ISTAT, dimostra “come il framework di riferimento degli SDGs possa costituire uno strumento da utilizzare per il monitoraggio del PNRR sia rispetto ai temi trasversali del Piano, quali l’uguaglianza territoriale e di genere, sia per le specifiche Missioni”.

Nella medesima introduzione vengono sintetizzati i principali dati del Rapporto, che evidenzia, da un lato, un quadro complessivamente positivo se rapportato al decennio precedente, con il 60,5% delle misure in miglioramento, e dall’altro, un peggioramento rispetto all’anno precedente causato dalla pandemia COVID-19, che fa salire al 37% la percentuale di misure in peggioramento.

La mappa regionale mostra una consolidata differenza dello sviluppo sostenibile a favore delle regioni del Nord-est rispetto al Sud e alle Isole.

Con riferimento a ciascuno dei 17 SDGs, si dà conto, di seguito, della sintesi del relativo stato di attuazione descritta nel Rapporto dell’ISTAT.

 

Nel 2020, oltre 2 milioni di famiglie (pari al 7,7%), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,4%), si sono trovate in condizioni di povertà assoluta. Rispetto al 2019 l’incidenza della povertà: cresce soprattutto nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, mentre altrove assume un’intensità moderata; aumenta significativamente per tutte le fasce di età, ma non per gli over 65.

La diffusione del COVID-19 ha avuto un impatto significativo sulla mancata richiesta di prestazioni sanitarie (se, nel 2019, il 6,3% delle persone dichiaravano di aver rinunciato a una visita medica pur avendone bisogno, nel 2020 la quota è salita al 9,6%. Tra questi, circa la metà ha segnalato come causa un problema legato al COVID-19).

 

 

Nel 2019, l’1,6% delle famiglie presenta segnali di insicurezza alimentare, cioè dichiara di non aver avuto, in alcuni periodi dell’anno, denaro sufficiente per comprare cibo e di non potersi permettere un pasto proteico almeno due volte a settimana. Il dato è in leggero rialzo, per la prima volta dal 2013.

Tra i bambini più piccoli (3-5 anni) quasi uno su tre è sovrappeso. La proporzione scende a uno su quattro se si considerano bambini e adolescenti (3-17 anni). La situazione è più grave nel Mezzogiorno. I dati 2019 interrompono la tendenza positiva degli ultimi anni.

Nel 2019, l’estensione delle coltivazioni biologiche ha raggiunto il 15,8% della superficie agricola utilizzata in Italia, quasi il doppio della media UE. Tuttavia, il tasso di crescita annuo delle superfici convertite all’agricoltura biologica o in fase di conversione (+1,8%) è il più basso dal 2012, e negativo nel Mezzogiorno.

Migliorano gli indicatori di pressione dell’agricoltura sull’ambiente: nel 2019 sono stati distribuiti 485 kg di fertilizzanti e 13,2 di fitofarmaci per ettaro, rispettivamente il 5% e il 3,1% in meno dell’anno precedente. Diminuiscono anche le emissioni di ammoniaca che restano entro i limiti posti dall’UE.

 

 

Nel 2020 il totale dei decessi è stato il più alto mai registrato in Italia dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi; 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019 (con una percentuale di eccesso di mortalità del 15,6%).

La copertura vaccinale antinfluenzale della stagione invernale 2020/2021 è sensibilmente aumentata rispetto alla stagione precedente passando, per la popolazione anziana sopra i 65 anni, dal 54,6% al 66,5%.

Nel 2020 è aumentata la quota di persone che dichiarano di avere il diabete nonché di quelle che dichiarano di essere affette da ipertensione.

Nel 2020, nella popolazione adulta, le persone in eccesso di peso sono il 45,9% del totale (+1 p.p. rispetto al 2019).

Torna ad aumentare, dopo oltre 10 anni, la quota di uomini di 14 anni e più che presentano comportamenti a rischio nel consumo di alcol (23,6%; +1,3 p.p. rispetto al 2019). Stabile invece la quota di donne (10,2% nel 2020).

La quota di uomini e donne di 14 anni e più che dichiarano di fumare rimane stabile: 15,8% per le donne e 22,5% per gli uomini.

 

 

I posti disponibili nei servizi per la prima infanzia pubblici e privati, nell’anno educativo ‘19/’20, hanno coperto il 26,9% dei bambini fino a 2 anni (il parametro fissato dall’UE per il 2010 era del 33%). Ampio il divario tra Centro-Nord e Sud.

Nel 2020, il 27,8% dei giovani di 30-34 anni possiede una laurea o titolo terziario; una quota che si mantiene stabile negli ultimi 3 anni e che è tra le più basse dell’UE (in cui è stato superato l’obiettivo del 40%).

L’Italia con il 15,1 per mille di individui di 20-29 anni laureati STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è sotto la media UE di 4 punti per mille nel 2018. Anche per le competenze digitali l’Italia è in ritardo: nel 2019 solo il 41,5% ha competenze digitali almeno di base (in UE-27 sono il 56%), con quote molto differenziate per età e sesso. Le competenze in Italiano e Matematica peggiorano nell’a.s. ‘20/’21 per gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di I e II grado. Particolarmente grave la situazione al Sud.

Nel 2020 la quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica è pari al 13,1% (543 mila giovani), in leggero calo rispetto all’anno precedente ma più elevata del target europeo (10%).

 

 

Nel 2020 più di 49 donne ogni 100.000 si sono rivolte al n. verde 1522 perché vittime di violenza (nel 2019 erano 27). Nel 2019 sono stati commessi 111 omicidi di donne (l’84% in ambito domestico). Nel 2019 risultavano attivi 281 centri anti violenza (erano 257 nel 2018) e 257 case rifugio (erano 222 nel 2018).

Nel 2020 il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e tasso di occupazione di quelle senza figli è il 73,4%, in lieve calo (-0,9 p.p.) rispetto al 2019. Il rapporto è peggiore nella fascia 25-34 anni.

La ripartizione delle cure domestiche continua a essere squilibrata a sfavore delle donne: nel 2020 la stima dell’indice di asimmetria nel lavoro familiare si mantiene sostanzialmente stabile rispetto al 2019 (62,8%), un valore ancora superiore al 50% che rappresenta l’equa distribuzione.

La partecipazione delle donne alla vita politica ed economica mostra segnali di miglioramento. Inoltre, alla fine del 2020 la quota delle donne negli organi di amministrazione delle società italiane quotate in borsa raggiunge il 39% (+2,3 p.p. rispetto al 2019) posizionando l’Italia al 2° posto in Europa, dopo la Francia.

 

 

Con 153 m3 annui/abitante nel 2018, l’Italia è al 2° posto in Europa per prelievo da corpi idrici superficiali e sotterranei per scopi idropotabili. L’Italia è tra i Paesi dell’area euromediterranea che utilizzano maggiormente acque sotterranee, sorgenti e pozzi; che rappresentano la risorsa più importante di acqua dolce per l'uso idropotabile sul territorio italiano (84,8% del totale prelevato).

Nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono erogati 215 litri/abitante al giorno nel 2018, circa 5 litri in meno rispetto al 2015.

L’efficienza delle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile è in costante peggioramento dal 2008: la quota dell’acqua immessa che arriva agli utenti finali è pari al 58,0% nel 2018. Le situazioni più critiche si concentrano soprattutto nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno.

Stabile la quota di famiglie (9% nel 2020) che lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua. Resta elevata la quota di famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto (28,4% nel 2020).

 

 

Dopo la lieve flessione registrata nel 2018, la quota complessiva di consumo di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia torna a crescere nell’ultimo anno fino al 18,2% (+5,4 p.p. nell’ultimo decennio).

Per il 6° anno consecutivo, l’Italia ha superato il target 20-20-20 dell’UE.

Nonostante la contenuta crescita del 2019 (+0,6 p.p.), il settore elettrico continua a svolgere un ruolo propulsore per il comparto delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), con una quota di rinnovabili sul consumo interno lordo di energia elettrica pari al 34,9%. L’apporto da FER risulta comparativamente più modesto nei settori termico (19,7%) e trasporti (9,0%).

Nel 2019 l’intensità energetica presenta una nuova flessione (-1,3%). La progressiva diminuzione del rapporto tra consumo interno lordo di energia e Pil nell’ultimo decennio (-12%) consente all’Italia di collocarsi al 4° posto in Europa.

Nel 2019, in Italia la quota di popolazione che lamenta difficoltà a riscaldare adeguatamente l’abitazione è l’11,1%, in calo rispetto al 2018, ma più elevata nelle fasce di popolazione a rischio povertà, tra i cittadini stranieri e al Sud.

 

 

Nel 2020, a causa della crisi del COVID-19, il PIL ha subito una caduta eccezionale (-8,9%) di entità superiore all’UE (-6,1%).

Nel 2020, il tasso di occupazione ha subito una nuova contrazione, portandosi a 62,6% (-0,9 p.p. rispetto all’anno precedente) mentre il tasso di disoccupazione (9,2%) si è ridotto in presenza di un aumento dell’inattività legato alle limitate possibilità di ricerca di lavoro.

Nel 2020 i dipendenti che percepiscono basse retribuzioni, pari a 10,1 su 100, tornano a crescere dopo la riduzione registrata tra il 2016 e il 2019.

Nonostante la lieve flessione dell’ultimo anno, l’Italia registra nel 2018 significativi livelli di lavoro irregolare (12,9%). Continua il positivo andamento del tasso di infortuni mortali e inabilità permanenti che, nel 2018, raggiunge il numero di 11,3 ogni 10.000 occupati (-5% rispetto all’anno precedente). I differenziali territoriali e di genere continuano a essere elevati.

Nel 2019, la spesa pubblica per le misure occupazionali e la protezione sociale dei disoccupati cresce solo lievemente fino a raggiungere l’1,26% del Pil e il 2,59 % della spesa pubblica complessiva.

 

 

Tra il 2010 e il 2019, il trasporto passeggeri su treno e aereo ha segnato un deciso aumento mentre le merci continuano a viaggiare in prevalenza su strada.

Nel 2020 le misure di contenimento della pandemia hanno determinato una riduzione del valore aggiunto per abitante dell’industria manifatturiera, ma il suo peso sul totale dell’economia in termini di valore aggiunto e occupazione è rimasto immutato. Nel 2019 l’intensità di R&S rispetto al PIL è stata in Italia pari all’1,45%, un valore ancora lontano dalla media europea (2,2%).

Tra il 2013 e il 2019 il numero di imprese che hanno effettuato vendite via web, ha registrato un forte incremento. Le imprese localizzate nel Mezzogiorno mostrano una maggiore propensione all’utilizzo del commercio elettronico.

 

 

Nel 2020, il reddito disponibile lordo delle famiglie residenti in Italia ha segnato una riduzione rispetto all’anno precedente (-2,8%), che è stata attenuata grazie alle politiche economiche adottate dal Governo per mitigare l’impatto della pandemia. La flessione del potere d’acquisto è stata di intensità simile (-2,6%).

Nel 2019 si è sensibilmente ridotto il numero dei nuovi permessi di soggiorno (177.254; -26,8% rispetto al 2018). La tendenza al calo degli ingressi si è inevitabilmente accentuata nel 2020 a causa della pandemia da COVID-19.

 

 

Più del 25% dei residenti in Italia reputano insoddisfacente la qualità delle abitazioni in cui vivono. Nel 2019, il numero di persone che vivono in abitazioni sovraffollate ha raggiunto il 28,3%, la percentuale più alta dell’ultimo decennio.

La quota di persone che lamentano carenze strutturali e/o umidità è il 14%.

Il 30,2% delle famiglie dichiara, nel 2020, di avere difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici di trasporto nella zona in cui risiede (nel 2019 era il 33,5%).

L’indice di impermeabilizzazione e di consumo di suolo pro-capite aumenta per il quinto anno consecutivo, risultando pari a 355 m2 per abitante nel 2019.

Nel 2019 prosegue la diminuzione della quota di rifiuti urbani conferiti in discarica, che scende dal 21,5% al 20,9%, ma aumentano i volumi di rifiuti urbani raccolti per abitante, che superano quota 500 chilogrammi.

I livelli di inquinamento atmosferico continuano a ridursi, ma a ritmo sempre più lento, e con valori che rimangono, nel 2019, superiori alla media UE.

 

 

I progressi nel contenimento del consumo di materia (CMI) che hanno caratterizzato l’Italia dal 2010, consentendo alla nostra economia guadagni di efficienza nei processi produttivi, segnano una battuta d’arresto. Nel 2019, il CMI per unità di PIL è stabile rispetto al 2017-2018 (0,28 tonnellate per 1.000 euro).

Nonostante la progressiva stabilizzazione, nel 2019, l’Italia risulta tra i Paesi dell’UE con il più basso CMI, sia per abitante sia per unità di PIL.

Il 2019 conferma il lieve incremento della produzione di rifiuti urbani per abitante già registrato nel 2018 (+2,0% nel 2018; +1% nel 2019). Tuttavia, si segnalano avanzamenti nei processi di gestione dei rifiuti e di riconversione in nuove risorse. Il tasso di utilizzo circolare dei materiali segnala un miglioramento superiore al profilo medio UE-27, sia nell’ultimo decennio, sia nell’ultimo anno, portando il nostro Paese al 4° posto nella graduatoria europea.

In aumento, nel 2019, anche la percentuale di riciclaggio (+2,5 p.p.) e la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani (+3,1 p.p.). Si segnalano, tuttavia, difficoltà in relazione alle importanti disparità territoriali della raccolta differenziata, che comunque, nel 2019, si mantiene sotto agli obiettivi di legge.

 

 

Nel 2019, in Italia, diminuiscono le emissioni di gas serra del 2,8% rispetto all’anno precedente e si conferma la tendenza al disaccoppiamento nella relazione tra dinamica delle emissioni delle attività produttive e PIL.

Nel 2019, la superficie forestale (boscata e non boscata) percorsa dal fuoco è di 1,2 per 1.000 km2, con valori più elevati nel Mezzogiorno.

Nel 2020 in Italia 22,57 abitanti per km2 sono esposti in aree a rischio di alluvioni. Nello stesso anno la preoccupazione delle famiglie per i cambiamenti climatici diminuisce di un punto percentuale, attestandosi al 70%, ma negli anni è aumentata (era 63,3% nel 2012).

 

 

Nel 2020, il perimetro delle aree marine comprese nella rete Natura 2000 delimita complessivamente una superficie di 20.716 Km2, con un incremento di 9.716 Km2 rispetto all’anno precedente e triplicato rispetto al 2018.

In aumento anche le aree marine protette appartenenti all’Elenco Ufficiale delle Aree Protette (EUAP), che registrano un incremento del 16,7% rispetto al 2013, raggiungendo una superficie tutelata di 3.076 Km2.

Lo stato delle acque marino-costiere è valutato dall’indicatore sulle acque di balneazione che, nel 2019, è pari al 65,5% della lunghezza complessiva della costa italiana balneabile (-1 p.p. in meno rispetto all’anno precedente).

L’Italia è il Paese europeo con la maggiore dotazione di acque di balneazione: circa un quarto del totale Ue, la maggior parte delle quali con livelli di qualità più che sufficienti (meno dell’1% rientra nella classe “scarsa”).

Nel Mediterraneo occidentale, nel 2018, il 92,7% degli stock ittici valutati è soggetto a sovrasfruttamento, con un aumento di 2 p.p. rispetto al 2017.

 

 

Continua ad aumentare la copertura forestale in Italia (31,7% nel 2020). L’Italia, peraltro, trasferisce all’estero una quota crescente della pressione generata dalla domanda interna di legno e derivati.

Nel 2019 prosegue la crescita delle foreste certificate per la sostenibilità dei processi produttivi. La loro estensione in rapporto alla superficie dei boschi italiani resta però limitata (7,6 ettari ogni 100, contro una media UE di 45).

Il consumo di suolo rallenta, ma non abbastanza da poter guardare con ottimismo all’obiettivo dell’azzeramento entro il 2030. Nel 2019 si sono aggiunti altri 51,9 km2 di coperture artificiali, che portano al 7,1% la quota di superficie impermeabilizzata. Aumenta anche la frammentazione delle aree extraurbane, che interessa il 36,1% del territorio nazionale (+1 p.p. dal 2017).

Nel 2019 si contano, in Italia, più di 650 specie alloctone. La loro diffusione, che rappresenta una minaccia per la biodiversità, aumenta a ritmo crescente: nell’ultimo decennio sono comparse, in media, più di 13 nuove specie ogni anno.

 

 

Nel 2019 sono stati commessi 318 omicidi volontari (pari a 0,5 per 100.000 abitanti). Il tasso di omicidi è significativamente diminuito nel corso degli anni.

Al 31 dicembre 2020, i detenuti in attesa di primo giudizio sono 8.685, pari al 16,3% della popolazione carceraria. A una diminuzione in termini assoluti dei detenuti in attesa di giudizio è corrisposto un aumento della loro incidenza sul totale dei detenuti. Nel 2020, l’indice di affollamento degli istituti penitenziari per adulti è significativamente diminuito rispetto all’anno precedente, passando da 119,9 a 105,5 detenuti per 100 posti disponibili, in virtù dei provvedimenti adottati per prevenire la diffusione di COVID-19 nelle carceri.

Nel 2020, la durata dell’espletamento dei procedimenti civili dei tribunali ordinari diminuisce marginalmente rispetto all’anno precedente (da 421 a 419 giorni), rallentando il processo di riduzione che aveva caratterizzato gli anni precedenti (61 giorni la diminuzione dal 2012 al 2019).

Nel 2020 diminuisce leggermente (dal 6,9% al 6,2%) la percentuale di cittadini che lamentano difficoltà nel raggiungere almeno tre servizi essenziali.

 

 

Nel 2020, le entrate delle Amministrazioni Pubbliche rappresentano il 43,1% del PIL (+1,5% rispetto al 2019; +4% rispetto a dieci anni fa).

Nel 2019, il rapporto tra Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) e reddito nazionale lordo (RNL) si riduce di 0,03 p.p. rispetto al 2018, portandosi a 0,22%. L’APS destinato ai Paesi meno sviluppati rispetto al RNL rimane invariato rispetto all’anno precedente. L’Italia resta lontana dai target previsti dall’Agenda 2030.

Nel 2020 le rimesse dei lavoratori immigrati in Italia ammontano a 6,7 miliardi di euro con una crescita del 12,5% rispetto al 2019. Nella media del periodo 2010-2020 il flusso delle rimesse in uscita è lo 0,36% del PIL (0,41% nel 2020).

Nel 2020, la percentuale di famiglie che accede a internet tramite connessione a banda larga è pari al 77,8% (+3,1 p.p. rispetto al 2019 e +34,4 rispetto al 2010). Gli utenti regolari di internet (dai 6 anni ai 74 anni e più) sono circa il 70%. Tra gli utenti regolari di internet, nella fascia d’età 16-74 anni, il 31,4% ha usato internet per ordinare merci o servizi online (+3,3 p.p. rispetto al 2019 e +22,2 p.p. rispetto al 2010) e quasi il 40% per effettuare operazioni bancarie.

 

Ulteriori rapporti

Ulteriori elementi utili a definire un quadro sullo stato di attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nei Paesi OCSE, compresa l'Italia, sono forniti dal Rapporto OCSE “Measuring Distance to the SDG Targets 2019" , pubblicato a maggio 2019, nel quale si evidenzia che il nostro Paese ha raggiunto 12 dei 105 target previsti dall'Agenda 2030.

Secondo il Rapporto, risultati positivi si registrano in ambito sanitario, nell'accesso a fonti di energia pulita e quanto alla superficie occupata da alberi. L’Italia è invece ancora lontana dal raggiungimento dei target sullo sradicamento della povertà, sulla formazione continua degli insegnanti, sulla violenza contro le donne, sulla percentuale di persone che non studiano e non lavorano e sull'abbandono scolastico.

Più recente il rapporto annuale 2021 dell’ASviS [2] (pubblicato nel settembre 2021), ove viene sottolineato “come la situazione del nostro Paese sia critica e al di sotto della media UE per 10 dei 16 Goal per i quali è stata possibile condurre l’analisi. Se non interverranno cambi di passo decisi, l’Italia non conseguirà gli Obiettivi dell’Agenda 2030 nei tempi concordati in sede Onu”.

Viene altresì fornita un’analisi non solo tendenziale (dei risultati del 2020 rispetto a quelli dell’anno precedente), che sconta gli effetti della pandemia COVID-19, ma anche sul lungo periodo. Quest’ultima evidenzia che, nell’arco temporale che va dal 2010 al 2020, “l’Italia migliora in cinque Goal: salute (Goal 3), uguaglianza di genere (Goal 5), sistema energetico (Goal 7), innovazione (Goal 9) e lotta al cambiamento climatico (Goal 13).

Per cinque Obiettivi, invece, la situazione peggiora: povertà (Goal 1), acqua (Goal 6), condizione economica e occupazionale (Goal 8), ecosistema terrestre (Goal 15) e cooperazione internazionale (Goal 17), mentre per i restanti cinque - alimentazione e agricoltura sostenibile (Goal 2), educazione (Goal 4), disuguaglianze (Goal 10), condizioni delle città (Goal 11), giustizia e istituzioni solide (Goal 16) - la condizione appare sostanzialmente invariata”.

Altri rapporti pubblicati di recente hanno cercato di investigare i legami tra il nuovo quadro programmatorio risultante dall’approvazione del PNRR e gli SDGs.

Nel rapporto elaborato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (pubblicato nel luglio 2021) viene evidenziato che “il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contribuisce maggiormente ai Goal 9 ‘Industria, innovazione ed infrastrutture’, 13 ‘Agire per il clima’ e 7 ‘Energia pulita e accessibile’ coerentemente con gli obiettivi di transizione digitale ed ecologica che esso si pone”. Si fa notare che tali “goal” sono quelli per i quali il rapporto dell’ASviS mostra un miglioramento nell’ultimo decennio.

Forse anche per questo, la stessa Asvis, nel rapporto “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia e lo sviluppo sostenibile” (pubblicato nel maggio 2021), sottolinea che “il PNRR ha il potenziale di essere il più importante intervento di politica economica e riformatrice nel nostro Paese da decenni a questa parte. Tuttavia, è importante sottolineare da subito che, anche qualora raggiungesse gli obiettivi posti al 2026, questo da solo non basterà a raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 in tempo utile. È una sottolineatura che non intende sminuire il lavoro fatto, ma serve a ricordare che l’Agenda 2030 richiede politiche trasformative e durature nel tempo in tutti i campi, anche in quelli che esulano dalla missione del Piano, e in alcuni per i quali gli interventi previsti non sono sufficienti a invertire i trend negativi (quali il degrado degli ecosistemi e il consumo di suolo), che dovranno essere affrontati con altri strumenti. Serviranno quindi altri interventi, nel corso degli anni, per garantire che il Paese vada e rimanga su un sentiero di sviluppo sostenibile”.

Tali considerazioni sono ribadite dall’Asvis nel rapporto “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la Legge di Bilancio 2022 e lo sviluppo sostenibile”, pubblicato nel marzo 2022. Nel comunicato web di presentazione del rapporto è presente una infografica, che viene di seguito sintetizzata, che esprime una valutazione sul contributo del PNRR al raggiungimento dei 17 Obiettivi.


 

 

 


? SIGNIFICATIVO   ? SUFFICIENTE   ? INSUFFICIENTE    ? NON VALUTABILE

 

 

 

 

 

 

 

 


Nel citato comunicato viene precisato che “le valutazioni significativo (verde scuro) e sufficiente (verde) indicano che il contributo previsto dal PNRR va nella direzione indicata dall’Agenda 2030, anche se è necessario continuare a vigilare sull’implementazione. Dove il contributo è valutato insufficiente (rosso) significa che il contributo previsto dal PNRR da solo non basta e occorre un’azione più forte da parte delle politiche ordinarie. Per due obiettivi non è stato possibile formulare una valutazione (grigio)”.


 

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel DEF 2022

 

Nel Programma Nazionale di Riforma (PNR), contenuto nella sezione III DEL Documento di Economia e Finanza 2022 (DEF) è contenuto un capitolo, il quarto, intitolato “Il percorso dell’Italia verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”, in cui vengono illustrate le misure attuate e programmate dal Governo per accelerare il raggiungimento di quegli obiettivi la cui attuazione risulta essere in ritardo rispetto alla media UE.

Tali obiettivi sono analizzati sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione europea nel documento di lavoro (SWD) che accompagna la decisione di esecuzione del Consiglio europeo sul PNRR italiano e sono suddivisi in ragione della loro rilevanza per ciascuna delle dimensioni della Strategia annuale per la crescita sostenibile 2022 dell’UE (Annual Sustainable Growth Survey): sostenibilità ambientale, transizione digitale e produttività, equità, stabilità macroeconomica.

Di seguito si riporta una sintesi dell’analisi svolta nel DEF 2022.

 

1. Dimensione “Sostenibilità Ambientale”

 

Per questa dimensione rilevano gli obiettivi 2, 7, 9,11,12, 13, 14,15.

In base al citato documento di lavoro della Commissione, l’Italia ha raggiunto risultati positivi in molti degli obiettivi collegati alla sostenibilità ambientale.

Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere l’obiettivo 2.

L’indice composito – che include gli indicatori su sicurezza alimentare, eccesso di peso, coltivazioni biologiche, utilizzo di fertilizzanti ed emissioni di ammoniaca del settore agricolo - con il quale si misura l’Obiettivo 2, rivela infatti una situazione di luci e ombre. Nel 2019, da una parte, sono emersi maggiori segnali di insicurezza alimentare per le famiglie italiane, dall’altra si è invertita la tendenza positiva dell’indicatore di sovrappeso e obesità e sono tornati a crescere i bambini e gli adolescenti con eccesso di peso. La situazione dovrebbe migliorare nel 2022 con la ripresa dei redditi dopo la caduta del 2020, anche se un fattore di rischio è costituito dal recente aumento dei prezzi dei beni alimentari.

Il Governo è intervenuto con diversi provvedimenti volti sia a supportare le famiglie in indigenza alimentare - incrementando ad esempio il Fondo Nazionale per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti - sia a sostenere le aziende agricole. Altri interventi sono finalizzati a sostenere il reddito degli operatori del settore agricolo e potenziare la competitività delle imprese, migliorare la sostenibilità ambientale del settore limitando le esternalità negative e favorendo l’economia circolare. È inoltre in fase di approvazione la proposta di legge recante norme per la valorizzazione delle piccole produzioni agroalimentari locali.

2. Dimensione “Transizione Digitale e produttività”

 

Per questa dimensione rilevano gli obiettivi 4, 8 e 9. In base al citato SWD, le performance dell’Italia in tali obiettivi sono al di sotto della media europea e un impegno particolare è necessario per raggiungere gli obiettivi 8 e 9.

L’obiettivo 9 – relativo allo sviluppo delle infrastrutture e all’industrializzazione in chiave sostenibile - presenta una dimensione trasversale. L’SWD sottolinea che il ritardo dell’Italia nel suo raggiungimento dipende anche da alcune debolezze del settore manifatturiero; al riguardo l’Istat rileva che, dopo anni di crescita, la pandemia ha avuto un impatto negativo determinante sul valore aggiunto per abitante dell’industria manifatturiera. Inoltre, sebbene l’intensità di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al PIL sia in aumento da diversi anni, essa rimane al di sotto della media UE. Si registra poi un aumento del numero di ricercatori per abitante (leggermente sopra la media europea), mentre l’indicatore che misura la capacità delle imprese di utilizzare le nuove tecnologie per lo sviluppo e l’innovazione cresce meno della media europea.

Il Governo è consapevole della necessità di migliorare il posizionamento dell’Italia in questi ambiti: un impulso particolarmente rilevante è atteso dalle risorse dedicate alla Missione relativa a digitalizzazione, innovazione, e competitività (40,29 miliardi), alla missione “Istruzione e ricerca” (30,9 miliardi) e alla missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile” (25,4 miliardi) del PNRR.

3. Dimensione “Equità”

 

A tale dimensione sono collegati gli obiettivi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 10. In base all’SWD, l’Italia registra progressi limitati nel raggiungimento di tali obiettivi, che in alcuni casi subiscono anche un peggioramento. In particolare, è necessario intervenire per avvicinarsi maggiormente agli obiettivi 1, 3, 4, 5 e 10.

In relazione all’obiettivo 1, nel 2020 gli effetti della crisi pandemica hanno prodotto un netto peggioramento dell’incidenza della povertà assoluta individuale e familiare (soprattutto nel Nord-Ovest e nel Nord-Est e per tutte le fasce di età, tranne che per gli over 65) e i dati del 2021 registrano una sostanziale stabilità dell’indicatore. Sulle conseguenze in termini di povertà assoluta della crisi sanitaria ha inciso anche la situazione della povertà assoluta immediatamente precedente allo scoppio della pandemia, quando il numero di poveri assoluti era più che doppio rispetto al 2007.

L’azione del Governo per far fronte a questa allarmante situazione si è concretizzata in una molteplicità di misure di sostegno al reddito, introdotte a partire da marzo 2020, che hanno permesso di mitigare il peggioramento delle condizioni reddituali delle famiglie. Il BES 2022 stima che, anche grazie alle misure della legge di bilancio 2022, il reddito disponibile lordo pro-capite (RDLC) migliorerà nel triennio 2022-2024, con incrementi annui superiori al 3%, pertanto in misura maggiore di quanto osservato nel periodo pre-pandemia. Tuttavia, in termini reali, il RDLC potrebbe subire un arretramento nel 2022 per via dell’impennata dell’inflazione, pur in presenza del calmieramento delle bollette energetiche deciso dal Governo. Nel 2023 e nel 2024, grazie alla prevista moderazione del ritmo di crescita dei prezzi, il RDLC dovrebbe riprendere a crescere anche in termini reali.

Come riconosciuto nell’SWD, negli ultimi anni l’Italia ha raggiunto alcuni miglioramenti nel conseguimento dell’obiettivo 3, ma certe aree richiedono sforzi ulteriori. Come è noto, la pandemia ha inciso in maniera drammatica sul settore della salute e del benessere: nel 2020 l’Istat ha rilevato che il totale dei decessi è stato il più alto mai registrato in Italia dal secondo dopoguerra, ma sono aumentati anche il consumo di alcol, le persone in eccesso di peso e le patologie legate all’invecchiamento e agli stili di vita, come diabete e ipertensione; anche la Relazione BES 2022 sottolinea che gli indicatori ‘speranza di vita in buona salute alla nascita’ e ‘eccesso di peso’ hanno risentito fortemente dell’epidemia da COVID-19. Tuttavia, ci si attende che le numerose misure adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria e quelle programmate per i prossimi anni daranno un contributo al raggiungimento di questo obiettivo. Un impulso determinante arriverà anche dal PNRR, che comprende una sezione specifica dedicata al sistema sanitario, a cui sono destinati oltre 20 miliardi di euro.

L’obiettivo 4, ossia quello di garantire un’istruzione di qualità, rilevante per migliorare la vita delle persone e stimolare uno sviluppo sostenibile, è tra gli obiettivi che hanno risentito maggiormente della pandemia, sia in termini di apprendimento, sia di formazione.

La performance non ottimale dell’Italia in tale ambito è determinata da diversi fattori: dalla scarsa copertura degli asili nido e dalla quota, ancora inferiore alla media UE, di giovani tra 30-34 anni che possiede una laurea o un titolo terziario (27,8% nel 2020), oltre alle scarse competenze digitali di base, finanziarie e scientifiche della popolazione. Nel 2020, la chiusura di scuole e luoghi di apprendimento ha ridotto anche le occasioni di formazione, causando un peggioramento delle competenze degli studenti. Queste carenze di competenze sono più marcate nelle Regioni del Mezzogiorno, ancora più coinvolte dal fenomeno dell’abbandono scolastico.

La consapevolezza di questi divari ha portato il Governo a dedicare un’attenzione particolare all’istruzione nell’ambito del PNRR, con il 16,1% delle risorse totali indirizzate a costruire un sistema educativo rafforzato che garantisca il diritto allo studio e accresca le competenze digitali. Il Piano asili nido è in fase di avviamento e una spinta ulteriore in questa direzione – al di fuori del PNRR – potrà venire dall'incremento delle risorse per il Sistema integrato di istruzione e formazione dalla nascita ai 6 anni. Per affrontare i nodi strutturali dell’istruzione si è agito anche sul personale della scuola - con provvedimenti volti al reclutamento di nuovi insegnanti, dirigenti scolastici e personale amministrativo – e sugli studenti attraverso, ad esempio, la sostituzione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro con percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.

La posizione dell’Italia nel percorso di avvicinamento all’obiettivo 5 ha registrato un peggioramento, seppure bilanciato da segnali di avanzamento nel tasso di partecipazione delle donne alla vita politica ed economica. Sono infatti in aumento le donne che presiedono consigli regionali (22%) e quelle negli organi di amministrazione delle società italiane quotate in borsa (39% nel 2020). A fronte di questi progressi, nel 2020, sono aumentate le donne vittime di violenza. Le disuguaglianze di genere continuano a caratterizzare l’accesso al mercato del lavoro, con maggiori difficoltà per le donne con figli, la cui situazione è peggiorata durante la pandemia, e gli squilibri sono marcati anche per quanto riguarda la ripartizione delle cure domestiche.

Nella consapevolezza di dover colmare diversi gap, l’azione del Governo si è svolta su più fronti, innanzitutto con l’adozione di misure per contrastare la violenza come il rafforzamento delle tutele processuali delle vittime di reati violenti e il rifinanziamento del Fondo per le pari opportunità. Effetti positivi sono inoltre attesi dall’approvazione del ddl delega per il sostegno e la valorizzazione della famiglia.

Nel 2020 tutti gli indicatori relativi all’obiettivo 10 hanno mostrato un rallentamento, risentendo evidentemente delle misure di contenimento per contrastare l’epidemia. Il reddito lordo è diminuito, così come il potere di acquisto delle famiglie residenti e si è accentuato il trend della riduzione dei permessi di soggiorno. La Relazione BES 2022 rileva che, grazie alle misure di sostegno ai minori e ad altre misure redistributive, nel 2021 si prevede un miglioramento dell’indicatore sulla disuguaglianza del reddito disponibile, che dovrebbe tornare al livello del 2019. Nel 2022, per effetto dell'Assegno Unico Universale per i figli e della rimodulazione delle aliquote Irpef, l’indicatore si ridurrà di un ulteriore decimo di punto, riposizionandosi sui livelli registrati nel periodo 2012-2014.

Effetti positivi inoltre verranno dall’approvazione del Disegno di legge delega per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, che razionalizza il sistema dei benefìci fiscali per i figli a carico, introducendo anche nuove agevolazioni inerenti le spese per la crescita, il mantenimento e l'educazione dei figli. Il Governo è intervenuto anche sulle politiche migratorie rivedendo, tra l’altro, la disciplina per la conversione dei permessi di soggiorno e le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

4. Dimensione “Stabilità macroeconomica”

 

Per questa dimensione rilevano gli obiettivi 8, 16 e 17. In base all’SWD, l’Italia è al di sotto della media UE negli obiettivi 8 e 17, mentre alcuni progressi sono stati fatti per l’obiettivo 16 limitatamente agli aspetti legati al mantenimento della pace e alla sicurezza.

L’SWD rileva che la performance dell’Italia nell’obiettivo 8 non è pienamente soddisfacente, soprattutto in relazione ad alcune componenti, come la produttività. La crisi pandemica ha inciso pesantemente sulla dinamica del PIL e sull’occupazione, colpendo in particolare la componente femminile. Relativamente alla capacità di garantire un lavoro dignitoso, l’Italia è chiamata a migliorare la propria situazione sia per quanto riguarda il numero di dipendenti che percepiscono una bassa retribuzione sia per quanto riguarda il lavoro irregolare. Un segnale positivo giunge invece dal numero di infortuni mortali e inabilità permanenti che è diminuito nel 2018. Nel 2020 infine, il numero di NEET si è attestato ben al di sopra della media europea (23,3% contro 13,7%). Il quadro è confermato dal BES: dopo anni di miglioramenti, l’indicatore ‘tasso di mancata partecipazione al lavoro’, a causa della pandemia, è rimasto stabile nel 2020.

Una spinta importante per colmare il gap registrato nel settore giungerà dalle misure messe in atto dal governo per sostenere l’occupazione e per rimuovere le disparità di genere e territoriali, dalla riforma degli ammortizzatori sociali e dal rafforzamento delle politiche attive del lavoro. Numerosi interventi in materia di sostegno al reddito e politiche attive del lavoro sono contenuti anche nel PNRR.

In relazione all’obiettivo 16, che intende promuovere società pacifiche e inclusive basate sull’accesso universale alla giustizia e sulla creazione di istituzioni trasparenti, efficaci e responsabili, nel DEF viene evidenziato che, se da un lato l'Italia ha compiuto progressi significativi per garantire la sicurezza personale, dall’altro è chiamata a migliorare il funzionamento del sistema giudiziario e ad accrescere la fiducia nelle istituzioni. Per il 2020, l’Istat attesta una riduzione in termini assoluti del numero dei detenuti in attesa di giudizio - nonostante l’aumento della loro incidenza sul totale dei detenuti - e una lieve diminuzione della lunghezza dei procedimenti civili nei tribunali ordinari, decisamente meno marcata rispetto alla riduzione registrata nel periodo 2012-2019. Tuttavia, la performance della giustizia italiana è ancora fortemente condizionata dall’eccessiva lunghezza dei procedimenti e dall’elevato arretrato. Nella piena consapevolezza di tali limiti, nel PNRR il Governo si è impegnato a realizzare un ambizioso programma di riforme che coinvolgerà il sistema giudiziario in tutto l’arco temporale di validità del Piano.

L’SWD imputa la difficoltà di raggiungere risultati soddisfacenti nell’obiettivo 17 all’elevato debito pubblico italiano. Per valutare i progressi compiuti, l’Istat fa riferimento a una serie di indicatori, tra i quali rientra l’intensità e la qualità del sistema di prelievo fiscale. I dati riferiti al 2020 mostrano, rispetto al 2019, un incremento dell’1,5% delle entrate delle amministrazioni pubbliche e del 3,1% delle famiglie che accedono a Internet tramite una connessione a banda larga.

Alcune politiche, come quelle di revisione della spesa e l’adozione della riforma fiscale, contribuiranno in modo significativo al raggiungimento di questo obiettivo. Il PNRR intende migliorare l'efficacia del processo di spending review e già nel 2021 sono stati mossi i primi passi. La riforma fiscale non rientra direttamente nel PNRR, ma il Piano riconosce la necessità di procedere in questa direzione per le sue implicazioni positive in termini di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo. Per il raggiungimento dell’obiettivo 17 assume rilevanza anche l’impegno del Governo per il contrasto all'evasione fiscale.

 

Si segnala, infine, che uno specifico focus, nella sezione I del DEF 2022, è dedicato all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) che per l’Italia, nel 2020, è ammontato a 3,7 miliardi, pari allo 0,22% del Reddito Nazionale Lordo (RNL). Tenuto conto di tali dati, il Governo auspica un allineamento agli standard internazionali, impegnandosi in un percorso di avvicinamento allo 0,7% del RNL previsto dal sotto-obiettivo 17.2.

 

 

 



[1] Nella sezione PCSD del sito web del MiTE si legge che il Piano di Azione Nazionale sulla Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile rappresenta il risultato delle attività del c.d. progetto PCSD (Policy coherence for sustainable development: mainstreaming the SDGs in Italian decision making process to enforce the paradigm shift), finanziato dalla Commissione europea con l’obiettivo di verificare la coerenza delle politiche per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tale progetto, avviato nel 2020, si innesta sul percorso di revisione della SNSvS.

[2] L’ Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) è un’organizzazione a cui aderiscono oltre 300 tra istituzioni e organizzazioni della società civile di diversa natura, che ha come scopo la diffusione, a livello sociale ed istituzionale, della conoscenza e della consapevolezza dell'importanza dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. L'ASviS redige annualmente un rapporto dove vengono presentate sia un'analisi dello stato di avanzamento dell'Italia rispetto all'Agenda 2030 e agli SDGse, sia proposte per l'elaborazione di strategie che possano assicurare lo sviluppo economico e sociale del Paese.