Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Proroga di termini legislativi e altre disposizioni - VOL. II
Riferimenti: AC N.2325/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 249/2 VOLUME II
Data: 18/02/2020
Organi della Camera: Assemblea

 

 

 

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Dossier n. 195/2 Volume II

 

 


 

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Progetti di legge n. 249/2 Volume II

 

 

 

 

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INDICE

 

Schede di lettura

§  Articolo 12, comma 1 (Proroga del contributo per l’acquisto di motoveicoli e ciclomotori elettrici o ibridi) 9

§  Articolo 12, commi 2 e 2-bis (Estensione delle categorie di autoveicoli rottamabili ai fini dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi e abbassamento della soglia massima di emissione di CO2 per i veicoli ibridi per fruire dell’ecobonus) 11

§  Articolo 12, comma 2-ter (Termine per la commercializzazione di apparati di telefonia mobile con radio digitale) 14

§  Articolo 12, comma 3 (Proroga cessazione regime di maggior tutela  nella vendita di elettricità e gas e requisiti per l’iscrizione all’elenco dei venditori di energia elettrica) 16

§  Articolo 12, comma 4 (Assicurazioni RC nucleo familiare) 23

§  Articolo 12, comma 4-bis (Proroga termine adozione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee- Pitesai) 25

§  Articolo 12, commi 4-ter e 4-quater (Attribuzione di classi di merito RC auto) 29

§  Articolo 13, commi 1 e 2 (Fondo formazione dei macchinisti impiegati nel trasporto ferroviario merci) 31

§  Articolo 13, comma 3 (Differimento del termine per l’adeguamento delle tariffe autostradali per l’anno 2020) 35

§  Articolo 13, comma 4 (Contenzioso Anas) 38

§  Articolo 13, comma 5 (Corrispettivo annuale del contratto di programma tra ANAS Spa e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) 42

§  Articolo 13, comma 5-bis (Piani di gestione dello spazio marittimo) 46

§  Articolo 13, comma 5-ter (Formazione al salvamento acquatico) 48

§  Articolo 13, comma 5-quater (Patenti nautiche per le unità da diporto con motori a iniezione) 49

§  Articolo 13, commi 5-quinquies e 5-sexies (Utilizzo dei proventi da oneri di urbanizzazione e sanzioni in materia edilizia) 52

§  Articolo 13, comma 5-septies (Programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata) 56

§  Articolo 13, comma 5-octies (Trasferimento a RFI di nuove linee regionali non in esercizio) 57

§  Articolo 14, commi 1-2 (Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati a imprese italiane operanti in mercati esteri ) 59

§  Articolo 14, comma 3 (Rinvio elezioni COMITES e CGIE) 61

§  Articolo 14, comma 4 (Proroga comandi obbligatori presso AICS) 63

§  Articolo 14, comma 4-bis (Finanziamento internazionalizzazione delle imprese) 65

§  Articolo 14, comma 4-ter e 4-quater (Rifinanziamento del Fondo per il sostegno alla promozione della lingua e della cultura italiana all’estero) 66

§  Articolo 14, commi 4-quinquies e 4-sexies (Retribuzioni del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura) 69

§  Articolo 15, commi 1 e 2 (Proroga stato di emergenza ponte Morandi e sisma Molise 2018) 71

§  Articolo 15, comma 3 (Proroga assunzioni Liguria) 73

§  Articolo 15, comma 4 (Indennità lavoratori privati penalizzati a seguito del crollo del ponte Morandi) 76

§  Articolo 15, comma 5 (Comunicazione dell’ammontare dei danni subiti per gli eventi sismici in Abruzzo nel 2009) 77

§  Articolo 15, comma 5-bis (Ripristino della funzionalità degli immobili adibiti ad uso scolastico e universitario nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009) 80

§  Articolo 15, comma 6 (Proroga stato di emergenza Sisma 2012) 82

§  Articolo 15, comma 7 (Servizi di trasporto aggiuntivi viadotto Polcevera) 84

§  Articolo 15, comma 7-bis (Esenzione imposta bollo e registro sisma) 86

§  Articolo 15, comma 7-ter (Proroga concessioni e locazioni Venezia) 88

§  Articolo 15, comma 7-quater (Esclusione di alcuni comuni colpiti dal sisma dalla riorganizzazione della rete ospedaliera) 90

§  Articolo 15, comma 7-quinquies (Condizioni per contributi a comuni colpiti dal sisma Centro Italia) 91

§  Articolo 15, comma 7-sexies (Deposito di macerie, rifiuti e materiali da scavo nei territori dell’Italia centrale colpiti dagli eventi sismici del 2016-2017) 93

§  Articolo 15-bis (Organi consultivi nelle società sportive professionistiche) 97

§  Articolo 15-ter (Proroga della contabilità speciale n.?2854 per il completamento degli interventi di bonifica e risanamento ambientale della regione Sicilia) 98

§  Articolo 16, comma 1 (Misure urgenti per la rete viaria provinciale siciliana) 101

§  Articolo 16, comma 1-bis (Contabilità speciali intestate ai Commissari straordinari del decreto legge c.d. sblocca cantieri) 104

§  Articolo 16, comma 1-ter (Misure urgenti per la realizzazione di opere di infrastrutturazione viaria in Sardegna e contro l’impermeabilizzazione del suolo) 106

§  Articolo 16-bis (Misure urgenti per la prevenzione incendi e il recupero di aree compromesse della regione Sardegna) 109

§  Articolo 16-ter (Disposizioni urgenti in materia di reclutamento dei segretari comunali e provinciali) 111

§  Articolo 17 (Personale delle Province e delle Città metropolitane) 118

§  Articolo 17-bis (Disposizioni in materia di elezione del presidente della provincia e del consiglio provinciale) 125

§  Articolo 18, commi 1, 2 e 2-bis (Misure per il ricambio generazionale e la funzionalità della PA nei piccoli comuni) 129

§  Articolo 18, commi 1-bis-1-septies (Norme sui concorsi pubblici per il reclutamento di personale e sul Nucleo della Concretezza) 132

§  Articolo 18-bis (Modifiche in materia di funzioni fondamentali dei comuni) 137

§  Articolo 18-ter (Durata del contratto del personale degli uffici di diretta collaborazione negli enti locali) 140

§  Articolo 18-quater (Applicazione della disciplina di cui all’art. 4 del D.L. n. 135/2018 in materia di esecuzione forzata) 143

§  Articolo 19 (Assunzione straordinaria nelle Forze di polizia) 145

§  Articolo 19 - bis (Assunzioni di personale operaio a tempo determinato da parte dell’Arma dei Carabinieri) 150

§  Articolo 19-ter (Pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario effettuate dalle Forze di polizia e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco) 152

§  Articolo 20 (Trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate) 156

§  Articolo 21 (Risorse aggiuntive per il personale della carriera prefettizia) 160

§  Articolo 21-bis (Incremento Fondi indennità di Amministrazione) 162

§  Articolo 22 (Adeguamento della struttura della giustizia amministrativa) 164

§  Articolo 22-bis (Piante organiche flessibili distrettuali) 171

§  Articolo 23 (Corte dei Conti: ampliamento della dotazione organica; presidenti aggiunti o di coordinamento) 173

§  Articolo 24 (Disposizioni in materia di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) 176

§  Articolo 24, commi 5-bis-5-quater (Interventi per la qualità dell’aria nella pianura padana e per Roma Capitale) 183

§  Articolo 25, comma 1 (Fondi per i trattamenti economici accessori della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie) 188

§  Articolo 25, commi 2, 2-bis e 3 (Norme finanziarie in materia di approcci alternativi alle procedure sugli animali a fini scientifici e Relazione del Ministro della salute in materia di sperimentazione sugli animali) 191

§  Articolo 25, comma 4 (Contratti di lavoro a tempo determinato presso gli IRCCS pubblici e gli IZS) 193

§  Articolo 25, commi 4-bis- 4-quater (Revisione periodica degli screening neonatali) 195

§  Articolo 25, commi 4-quinquies e 4-sexies (Figure professionali  per le cure palliative ) 197

§  Articolo 25, comma 4-septies (Spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome) 199

§  Articolo 25, comma 4-octies (Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica)  200

§  Articolo 25, commi 4-novies- 4-seixesdecies (Protocolli di intesa per l’uso dei beni dei policlinici universitari) 201

§  Articolo 25-bis (Disposizioni concernenti il completamento dei lavori di ammordenamento dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma) 204

§  Articolo 25-ter (Valutazione scientifica impatto ambientale farmaci veterinari) 207

§  Articolo 25-quater (Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria - SiVeAS) 209

§  Articolo 25-quinquies (Iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell’edilizia sanitaria valutabili dall’Inail nell’ambito dei propri piani triennali di investimento immobiliare)  214

§  Articolo 25-sexies (Screening nazionale gratuito per eliminazione del virus HCV) 216

§  Articolo 26 (Computer security incident response team – CSIRT italiano) 218

§  Articolo 26-bis (Modifiche all’intervento in garanzia di SACE per l’internazionalizzazione) 223

§  Articolo 27 (Sicurezza nazionale cibernetica) 224

§  Articolo 27-bis (Disposizioni in materia di organizzazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo) 230

§  Articolo 28, comma 1 (Presidenza italiana del G20) 233

§  Articolo 28, comma 2 (Expo 2020 Dubai) 235

§  Articolo 28, comma 3 (Rifinanziamento del Piano straordinario per il made in Italy) 237

§  Articolo 28, commi 3-bis e 3-ter (Agenda 2030 e Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) 240

§  Articolo 28, commi 4 e 5 (Abrogazione del fondo finalizzato alla concessione di contributi a compensazione delle perdite subite da cittadini e società italiane operanti in Venezuela e Libia)  242

§  Articolo 28, comma 6 (Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine) 243

§  Articolo 29 (Rimborso imposte per soggetti interessati da eventi sismici nel 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa e Molise) 248

§  Articolo 30 (Attuazione della clausola del 34 per cento per le Regioni del Mezzogiorno) 250

§  Articolo 31 (Contributo regione Sardegna) 253

§  Articolo 31-bis, commi 1 e 2. 256

§  (Disposizioni sugli enti di area vasta della Regione Sicilia) 256

§  Articolo 31-bis, commi 3 e 4 (Contributi per le città metropolitane di Roma e di Milano) 259

§  Articolo 31-bis, comma 5 (Concessioni di immobili nelle saline dismesse) 260

§  Articolo 32, commi 1 e 2 (Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute) 262

§  Articolo 32, commi 2-bis e 2-ter (Finanziamento all’Istituto degli Innocenti di Firenze) 265

§  Articolo 33 (Modifiche al decreto-legge n. 109 del 2018 in materia portuale) 269

§  Articolo 33-bis (Monopattini elettrici) 273

§  Articolo 34 (Nautica da diporto e pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative) 277

§  Articolo 34-bis (Cold ironing) 281

§  Articolo 35 (Disposizioni in materia di concessioni autostradali) 283

§  Articolo 35, comma 1-bis (Certificazione della realizzazione degli interventi di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane) 288

§  Articolo 35, comma 1-ter (Disciplina del rapporto concessorio in capo alla Società Autostrada Tirrenica relativo all’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia) 290

§  Articolo 36 (Informatizzazione INAIL) 293

§  Articolo 37 (Apertura del conto in tesoreria per RFI) 295

§  Articolo 38, commi 1-3 (Fondo liquidità per enti in riequilibrio finanziario pluriennale) 297

§  Articolo 38, comma 3-bis (Ampliamento dei termini per la restituzione delle anticipazioni concesse ai comuni in dissesto per pagamenti in sofferenza) 302

§  Articolo 38-bis, commi 1 e 2 (Certificazione attestante il rispetto del pareggio di bilancio per l’anno 2017) 304

§  Articolo 38-bis, comma 3, lettera a) (Concessione dei contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana) 306

§  Articolo 38-bis, commi 3, lettere b) e c), 4 e 5 (Ricollocazione di risorse per la manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane) 308

§  Articolo 38-bis, comma 3, lettera d) (Soppressione del monitoraggio degli effetti di modifiche di tributi erariali su Trentino-Alto Adige/Südtirol) 311

§  Articolo 39, commi 1-14-ter (Misure organizzative urgenti per la riduzione dell'onere del debito degli enti locali e delle Regioni) 312

§  Articolo 39, commi 14-quater - 14-novies (Regolazioni finanziarie tra Stato e Regioni) 319

§  Articolo 39, comma 14-decies (Mutui degli enti locali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale) 323

§  Articolo 39-bis (Utilizzo da parte delle province e delle città metropolitane dei proventi da sanzioni per violazioni al Codice della Strada) 325

§  Articolo 39-ter (Disciplina del fondo anticipazioni di liquidità degli enti locali) 327

§  Articolo 39-quater (Disavanzo degli enti locali) 332

§  Articolo 40 (Disposizioni in materia di organizzazione della società GSE S.p.A.) 336

§  Articolo 40-bis (Potenziamento delle Agenzie fiscali) 338

§  Articolo 40-ter (Accesso agli incentivi per impianti di biogas) 341

§  Articolo 41, commi 1 e 2 (Norme urgenti per il rafforzamento dei controlli a tutela del made in Italy agroalimentare) 343

§  Articolo 41, comma 2-bis (Trasmissione dati produzione prodotti lattiero-caseari) 346

§  Articolo 42 (Presidenza del Consiglio e trasformazione digitale) 347

§  Articolo 42-bis (Innovazione in materia di Autoconsumo da fonti rinnovabili) 352

§  Articolo 43 (Disposizioni finanziarie) 359

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 12, comma 1
(Proroga del contributo per l’acquisto di motoveicoli e ciclomotori
elettrici o ibridi)

 

 

L’articolo 12, comma 1, proroga agli acquisti effettuati nell’anno 2020 il contributo, già riconosciuto per l’anno 2019, per l’acquisto di motocicli e ciclomotori elettrici o ibridi, previa rottamazione di un analogo veicolo inquinante.

 

In dettaglio si tratta della proroga, per l’anno 2020, del contributo già concesso dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1057, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), per l’acquisto nel 2019, anche in locazione finanziaria, e l’immatricolazione in Italia, di un motoveicolo elettrico o ibrido: in dettaglio il contributo è previsto per l'acquisto di ciclomotori e motocicli nuovi (o comunque di veicoli a due ruote della categoria L, in base alla modifica del successivo DL n. 34/2019 e di qualsiasi potenza), qualora venga consegnato per la rottamazione un veicolo della stessa tipologia, di cui l'acquirente sia proprietario o utilizzatore, di categoria euro 0, 1 o 2 o 3. È necessario essere proprietari o intestatari da almeno dodici mesi del veicolo, ovvero che sia intestatario o proprietario, da almeno dodici mesi, un familiare convivente. Il contributo è concesso sotto forma di sconto, pari al 30% del prezzo, fino ad un massimo di 3.000 euro.

Il comma 1 dell’articolo 12 in commento prevede ora che tale contributo sia concesso anche per gli acquisti effettuati nell'anno 2020, specificando che il contributo è riconosciuto nel limite di 8 milioni di euro ed alle medesime condizioni.

La norma richiamata della legge di bilancio 2019 prevede che il venditore abbia l'obbligo di consegnare il veicolo usato ricevuto dall'acquirente a un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell'automobilista.

Si ricorda che le modalità applicative per le agevolazioni ed i contributi per l'acquisto dei veicoli e motocicli elettrici ed ibridi, nonché per l'istallazione di punti di ricarica elettrici, in attuazione della legge di bilancio 2019, sono state definite con il decreto interministeriale 20 marzo 2019 (G.U. 6 aprile 2019).

Per la concessione del contributo per l'anno 2019 era stata autorizzata la spesa di euro 10 milioni.

La copertura finanziaria della norma, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2020, è a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 1041, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. Si tratta del Fondo istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per provvedere all'erogazione dell’ecobonus di cui al comma 1031 per l’acquisto di autovetture nuove a basse emissioni, con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, che costituiscono il limite di spesa per la concessione del beneficio.

Per un approfondimento concernente il funzionamento dell’ecobonus di cui al comma 1031 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 si veda la scheda relativa all’articolo 12, comma 2.

 


 

Articolo 12, commi 2 e 2-bis
(Estensione delle categorie di autoveicoli rottamabili ai fini dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi e
abbassamento della soglia massima di emissione di CO2
per i veicoli ibridi per fruire dell’ecobonus)

 

 

L’articolo 12, comma 2, estende la possibilità di fruire del contributo (c.d. ecobonus) per l’acquisto di autoveicoli nuovi elettrici o ibridi, anche al caso di rottamazione di autoveicoli omologati “Euro zero”.

Con il comma 2-bis, introdotto in Commissione, si abbassa, da 70 a 60 gr/Km, la soglia massima di emissione di CO2 prevista per poter fruire dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli, escludendo dal contributo i veicoli ibridi con più alte emissioni di CO2.

I commi 2-ter e 2-quater, inizialmente introdotti in sede referente, sono stati soppressi nel corso dell’esame svolto a seguito del rinvio in Commissione del testo.

Con i commi 2-ter e 2-quater si consentiva di riutilizzare negli anni successivi le risorse stanziate per l’ecobonus e non spese nelle singole annualità e si destinano al Fondo che finanzia l’ecobonus anche le eventuali maggiori risorse derivanti dall’applicazione dell’ecotassa sui veicoli più inquinanti.

 

In dettaglio, il comma 2 modifica l'articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n.145), relativamente alle tipologie di veicoli dei quali è prevista la rottamazione per poter usufruire dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi.

Si ricorda infatti che il richiamato comma 1031 ha previsto, per la durata di tre anni (2019-2020 e 2021), la concessione di un contributo sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni (c.d. ecobonus), in via sperimentale per gli anni 2019, 2020 e 2021, nella misura tra i 1.500 e i 6.000 euro per chi acquisti, anche in locazione finanziaria e immatricoli in Italia un autoveicolo nuovo, di categoria M1 (ossia un veicolo destinato al trasporto di persone avente almeno 4 ruote e otto posti oltre al conducente), con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro IVA esclusa e caratterizzato da  base emissioni inquinanti, inferiori a 70 g/KM, quindi sostanzialmente per i veicoli o totalmente elettrici o per quelli ibridi (sia plug-in che standard).

L'ammontare del contributo è differenziato sulla base di due fasce di emissioni (la prima fascia è sostanzialmente quella dei veicoli elettrici con emissioni da zero a 20 gr/Km di Co2, la seconda fascia quella dei veicoli ibridi da oltre 20 a 70 gr/Km di emissioni) e dal fatto che l'acquisto avvenga o meno contestualmente alla consegna per la rottamazione di un veicolo della medesima categoria omologato, nel testo vigente prima dell’emanazione del presente decreto-legge, nelle classi Euro 1, 2, 3, 4.  Il contributo è infatti maggiore, variando da 2.500 a 6000 euro, nel caso venga rottamato un veicolo, rispetto al caso in cui non vi sia rottamazione, nel qual caso il contributo varia tra 1.500 e 4.000 euro. Si prevede inoltre espressamente che il veicolo rottamato non possa essere rimesso in circolazione. Specifiche disposizioni concernono le vetture in locazione finanziaria.

Le modalità applicative per le agevolazioni ed i contributi per l'acquisto dei veicoli e motocicli elettrici ed ibridi, nonché per l'istallazione di punti di ricarica elettrici, in attuazione della legge di bilancio 2019, sono state definite con il decreto interministeriale 20 marzo 2019 (G.U. 6 aprile 2019).

Per quanto riguarda pertanto i veicoli rottamabili per poter usufruire dell’ecobonus, la formulazione del comma 1031 precedente all’entrata in vigore del decreto-legge di cui si tratta prevede i soli veicoli delle classi Euro 1, 2, 3 e 4: il comma 2 in commento provvede a sostituire tale riferimento con quello: «alle classi da Euro 0 a Euro 4», includendo così i veicoli euro zero tra quelli rottamabili ai fini dell’ottenimento del contributo.

 

Con il comma 2-bis, introdotto in Commissione, si abbassa da 70 a 60 grammi/KM di CO2, la soglia massima prevista di emissione di CO2 per fruire dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli ibridi, di cui al comma 1031 della legge di bilancio 2019, sia nel caso di acquisto con rottamazione che senza rottamazione. Con la modifica viene pertanto escluso dall’ecobonus (pari a 1500 o a 2500 euro, rispettivamente con o senza rottamazione), l’acquisto di veicoli con emissioni superiori a 60 g/km di CO2 (numero dei grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro), quindi, rispetto a quanto previsto attualmente, vengono esclusi gli acquisti di veicoli ibridi che abbiano emissioni nella fascia tra 61 e 70 g/km. L’acquisto di veicoli elettrici non è interessato dalla modifica in quanto tali veicoli hanno emissioni tra zero e 20 gr/km.

Si ricorda che in materia sono state emanate le Linee guida ministeriali per la classificazione dei veicoli ibridi (Nota MIT n. 2057 del 01.07.19), emanate in attuazione del Protocollo di intesa tra Presidenza del Consiglio, Ministeri e Regioni, che istituisce il “Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria”, le quali prevedono tre fasce di emissioni di CO2, la prima inferiore a 60 gr/Km, la seconda tra 60 e 95 gr/Km e la terza superiore a 95 gr/Km.

 

Il comma 2-ter, introdotto anch’esso in sede referente e successivamente soppresso nel corso dell’esame a seguito del rinvio in Commissione, modificava il comma 1041 della legge di bilancio 2019, aggiungendo un periodo che consentiva di riutilizzare negli anni successivi le risorse stanziate e non spese per le singole annualità per la concessione dell’ecobonus.

Il comma 1041 infatti ha previsto, per consentire l’erogazione dell’ecobonus di cui al comma 1031, l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, di un fondo con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, che costituisce limite di spesa per la concessione del beneficio.

 

Con il comma 2-quater, anch’esso introdotto in Commissione e successivamente soppresso nel corso dell’esame a seguito del rinvio in Commissione, si aggiungeva un periodo al comma 1045 della legge di bilancio 2019, con il quale si destinavano al Fondo per l’ecobonus anche le eventuali maggiori risorse derivanti dall’applicazione dell’ecotassa, in particolare derivanti dalla differenza tra le entrate provenienti dall'attuazione del comma 1045 e le risorse previste dal comma 1041.

Il riferimento concerneva l’eventuale maggior gettito dell’imposta (c.d. ecotassa) prevista per l’acquisto, tra il 1.3.2019 ed il 31.12.2021, di nuove autovetture con alte emissioni di CO2 g/km (eccedenti la soglia di 160 CO2g/km), il cui importo varia tra i 1.100 ed i 2.500 euro, che è stata istituita dal comma 1042 della stessa legge di bilancio 2019.

Il comma 1045 prevede che l’ecotassa di cui al comma 1042 sia versata, dall'acquirente o da chi richiede l'immatricolazione, con le modalità di cui agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e contenzioso in materia di imposte sui redditi.

 


 

Articolo 12, comma 2-ter
(Termine per la commercializzazione di apparati
di telefonia mobile con radio digitale)

 

 

L’articolo 12, comma 2-ter, introdotto in Commissione, fissa al 21 dicembre 2020 l’obbligo di commercializzazione di apparati di telefonia mobile che consentano di ricevere i servizi della radio digitale.

 

In dettaglio, nelle more del recepimento - fissato al 21 dicembre 2020 - della direttiva (UE) 2018/1972, nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, il comma 2-ter dispone che gli obblighi previsti dal comma 1044 della legge di bilancio 2018, si applichino agli apparati di telefonia mobile e decorrano dal 21 dicembre 2020.

Gli obblighi previsti al primo e al secondo periodo dell'articolo 1, comma 1044, della legge di bilancio 2018 sono i seguenti:

§  l’obbligo che, a decorrere dal 1° giugno 2019, gli apparecchi radio (atti alla ricezione della radiodiffusione sonora) venduti dalle aziende produttrici ai distributori di apparecchiature elettroniche al dettaglio sul territorio nazionale debbano integrare almeno un'interfaccia che consenta all'utente di ricevere i servizi della radio digitale (primo periodo del comma 1044);

§  l’obbligo che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, gli apparecchi radio venduti ai consumatori nel territorio nazionale integrino almeno un'interfaccia che consenta all'utente di ricevere i servizi della radio digitale (secondo periodo del comma 1044).

 

Si segnala peraltro che sull’applicazione delle disposizioni del comma 1044 con riguardo all’obbligo di commercializzazione al consumatore di radio digitali contenute in apparati di telefonia mobile era intervenuto l’art. 28, comma 5, del decreto-legge n. 32 del 2019 che aveva già disposto la decorrenza dal 31 dicembre 2020 di tale obbligo, nulla disponendo in merito alla decorrenza dell’obbligo medesimo per i venditori all’ingrosso di tali apparecchiature.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di provvedere al coordinamento della disposizione introdotta, con quanto previsto dall’articolo 28, comma 5, del decreto-legge n. 32 del 2019.

 

Si segnala altresì che l’articolo 113, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2018/1972, ancorché consenta agli Stati membri la facoltà di adottare misure volte a garantire l’interoperabilità di altri ricevitori radio di consumo, limitando nel contempo l’impatto sul mercato di ricevitori di radiodiffusione di valore modesto, dispone che gli Stati debbano garantire che tali misure non si applichino ai prodotti nei quali il ricevitore radio è puramente accessorio, quali gli smartphone, né alle apparecchiature utilizzate da radioamatori.

 

Si ricorda infine che il DL 32/2019 ha altresì previsto che per i veicoli nuovi della categoria M siano fatti salvi i veicoli prodotti in data antecedente al 1° gennaio 2020 e messi in circolazione sul mercato fino al 21 dicembre 2020, entro il limite del 10 per cento dei veicoli messi in circolazione nel 2019 per ciascun costruttore. Inoltre la norma ha stabilito che nelle more del recepimento della direttiva (UE) 2018/1972 ai fini dell'attuazione dell'articolo 1, comma 1044, per "apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora" si intendono i ricevitori autoradio venduti singolarmente o integrati in un veicolo nuovo della categoria M e N nonché i ricevitori con sintonizzatore radio che operino nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione secondo il Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, ad esclusione delle apparecchiature utilizzate dai radioamatori e dei prodotti nei quali il ricevitore radio è puramente accessorio.

Il nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche prevede, all’art. 113, l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’interoperabilità dei ricevitori autoradio e delle apparecchiature di televisione digitale di consumo, in base all’Allegato XI. In particolare, per l’interoperabilità dei ricevitori autoradio, l’Allegato prevede che i ricevitori autoradio integrati in un veicolo nuovo della categoria M messi a disposizione sul mercato dell’Unione, in vendita o in locazione a decorrere dal 21 dicembre 2020, debbano comprendere un ricevitore in grado di ricevere e riprodurre almeno i servizi radio forniti attraverso radiodiffusione digitale terrestre.


 

Articolo 12, comma 3
(Proroga cessazione regime di maggior tutela
 nella vendita di elettricità e gas e requisiti per l’iscrizione all’elenco dei venditori di energia elettrica)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 12 apporta modifiche alla Legge n. 124/2017 (legge annuale sulla concorrenza) disponendo:

-       la proroga, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022, del termine di cessazione del regime di tutela del prezzo per i clienti finali di piccole dimensioni nel mercato del gas;

-       la proroga del termine di cessazione dello stesso regime nel mercato dell’energia elettrica per le piccole imprese, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021, e, per le micro imprese e per i clienti domestici, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022.

Demanda all’ARERA l’adozione di disposizioni per assicurare un servizio a tutele graduali per i clienti finali senza fornitore di energia elettrica, nonché specifiche misure per prevenire ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni di fornitura.

Detta disposizioni sulle modalità e i criteri dell’ingresso consapevole nel mercato libero dei clienti finali, nonché sull’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali, con particolare riferimento ai criteri per la permanenza e l’esclusione dei soggetti dall’Elenco stesso.

 

 

Il comma 3 dell’articolo 12, interamente sostituito nel corso dell’esame in Commissione, apporta modifiche varie alla Legge n. 124/2017 (legge annuale sulla concorrenza):

·      alla lettera a), novella il comma 59 dell’articolo 1 della L. n. 124/2017, al fine di disporre l’ulteriore proroga, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022, del termine di cessazione del regime di tutela del prezzo per i clienti finali di piccole dimensioni nel mercato del gas;

·      alla lettera b), sostituisce il comma 60 dell’articolo 1 della legge n. 124, al fine di prorogare il termine di cessazione del regime di tutela del prezzo nel mercato dell’energia elettrica nel modo seguente:

o   per le piccole imprese, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021;

o   per le micro imprese e per i clienti domestici, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022.

La lettera in esame demanda all’ARERA l’adozione di disposizioni per assicurare – dalle date di cui sopra – un servizio a tutele graduali per i clienti finali senza fornitore di energia elettrica, nonché specifiche misure per prevenire ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni di fornitura a tutela di tali clienti. All’ARERA viene altresì demandato, per le micro imprese e per i clienti domestici, la determinazione del livello di potenza contrattualmente impegnata quale criterio identificativo in aggiunta a quelli già individuati dalla Direttiva (UE) 2019/944 sul mercato interno dell’energia elettrica (sostituzione del comma 60 dell’articolo 1 della legge n. 124/2017).

La medesima Direttiva viene richiamata ai fini della definizione di microimpresa (un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di EUR) e di piccola impresa (un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di EUR).

La medesima lettera b) introduce un nuovo comma 60-bis dell’articolo 1 della legge n. 124/2017, il quale, in relazione a quanto sopra previsto per i mercati del gas e dell’energia elettrica, demanda al Ministero dello sviluppo economico, sentita l’ARERA e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), la definizione, con decreto da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, delle modalità e i criteri dell’ingresso consapevole nel mercato libero dei clienti finali, tenendo altresì conto della necessità di concorrenza, pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato;

·      alla lettera c) abroga, conseguentemente a quanto sopra previsto, il comma 68 dell’articolo 1 della legge n. 124/2017, che attualmente demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi sulla base degli esiti del rapporto di monitoraggio dei mercati di vendita al dettaglio dell'energia elettrica e del gas, la definizione delle misure necessarie a garantire la cessazione della disciplina transitoria dei prezzi e l'ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali;

·      alla lettera d) sostituisce il comma 81 dell’articolo 1 della Legge n. 124/2017, al fine di aggiornare il termine - ivi previsto - di adozione del decreto del Ministero dello sviluppo economico, di definizione, su proposta dell’ARERA. sentita l’AGCM, delle modalità e i requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l'iscrizione nell'Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali. Il termine di adozione del decreto viene fissato in 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame. Al decreto ministeriale viene altresì demandata la fissazione dei criteri per la permanenza e l’esclusione dei soggetti dall’Elenco;

La medesima lettera introduce un nuovo comma 81-bis dell’articolo1 della Legge n. 124/2017, il quale dispone che il decreto ministeriale di cui al comma 81 - fatte salve le competenze sanzionatorie di ARERA, AGCOM, Garante della protezione dei dati personali e Agenzia dell’entrate e nel rispetto della normativa vigente in materia di trasparenza dell’azione amministrativa (L. n. 124/2017) - disciplina altresì un procedimento speciale per l’eventuale esclusione motivata degli iscritti nell’Elenco, che tenga conto delle violazioni e delle condotte poste in essere nell’attività di vendita dell’energia elettrica, accertate e sanzionate dalle predette Autorità e dall’Agenzia.

 

Si ricorda che il comma 3 dell’articolo 12, nella sua formulazione vigente, proroga, dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2022, il termine di cessazione del regime di tutela del prezzo - cd. regime di “maggior tutela” - per i clienti finali di piccole dimensioni sia nei mercati dell’energia elettrica che del gas (lettere a) e c) che novellano rispettivamente i commi 59 e 60 dell’articolo 1 della legge sulla concorrenza, L. n. 124/2017).

 

Contestualmente, il comma:

·         demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi entro il 30 marzo 2020, sentita l'ARERA, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, la fissazione delle modalità ed i criteri dell'ingresso nel mercato del gas dei clienti finali (lettera b) che novella il comma 59 dell’articolo 1 della legge sulla concorrenza, L. n. 124/2017);

·         integra la disciplina quadro dei requisiti (ripartendoli in imprescindibili e di carattere generale) per l’iscrizione nell’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali. Tali requisiti dovranno essere definiti con decreto ministeriale, entro il 30 marzo 2020. Vengono altresì specificati i poteri di vigilanza sull’Elenco da parte del Ministero dello sviluppo economico, il quale - per verificare il mantenimento dei suddetti requisiti - può svolgere gli approfondimenti istruttori necessari, e, con atto motivato, può disporre l’esclusione dei soggetti dall’elenco (lettere d) ed e) che sostituiscono rispettivamente i commi 81 e 82 dell’articolo 1 della Legge sulla concorrenza).

 

Si ricorda che il termine di cessazione del regime di maggior tutela nella vendita di elettricità e gas era stato già prorogato dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 dall'art. 3, comma 1-bis, lett. a), del D.L. n. 91/2018 (L. n. 108/2018). La proroga è intervenuta anche in ragione della mancata attuazione dei passaggi propedeutici – fissati dalla medesima legge sulla concorrenza – alla completa liberalizzazione del mercato di vendita dell’energia elettrica ed il gas. La legge sulla concorrenza ha infatti collocato il superamento del regime di tutela dei prezzi di energia elettrica e gas (di cui ai citati commi 59 e 60) come il punto di arrivo successivo al realizzarsi di una serie di pre-condizioni sullo stato dei mercati retail e della messa in campo di strumenti a tutela dei consumatori. Tra tali strumenti, la previsione, al comma 80, dell’istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica ai clienti finali (analogo a quello già in vigore, relativo al mercato finale del gas naturale). Il comma 81 – ai fini dell’istituzione dell’elenco – ha demandato la fissazione dei criteri, delle modalità e dei requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l'iscrizione nell'Elenco ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, che avrebbe dovuto essere emanato, su proposta dell'ARERA, entro il 27 novembre 2017.  Il successivo 82 ha previsto la pubblicazione dell’Elenco sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico, con valore di pubblicità legale, e il suo aggiornamento mensile. Alla data di adozione del decreto legge qui in esame, l’elenco in questione con i relativi provvedimenti attuativi della disciplina primaria istitutiva non risultavano ancora adottati.

 

Il Governo, il 14 novembre 2019, nella risposta scritta all’interrogazione Squeri 5-03127 evidenziava che il MISE, congiuntamente con l'ARERA e l'AGCM, aveva intrapreso una revisione dello schema di provvedimento sul quale era stato acquisito il parere del Consiglio di Stato, con l'obiettivo di rafforzare gli strumenti a disposizione per prevenire il verificarsi di episodi di condotte opportunistiche e scorrette e di comportamenti violativi della concorrenza.

L’AGCM, nella sua Segnalazione al Governo e Parlamento, il successivo 3 dicembre 2019, ha dichiarato indispensabile l’istituzione dell’elenco, come peraltro previsto dalla stessa legge concorrenza, ciò per qualificare i venditori secondo regole più selettive e garantire, dunque, un’ulteriore forma di tutela ai clienti finali.

 

La stessa AGCM, in data 6 febbraio 2020, ha inviato una segnalazione al Governo (MISE), al Parlamento e all’ARERA, nella quale ha evidenziato l’opportunità di apportare modifiche alla formulazione originaria dell’articolo 12, comma 3 del D.L. in esame (cfr. infra, Box successivo).

 

Il 6 febbraio 2020 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato in merito all’articolo 12, comma 3 in esame una segnalazione al Governo (MISE), al Parlamento e all’ARERA, nella quale evidenzia l’opportunità che:

- il nuovo termine fissato dall’articolo 12, comma 3 per l’abrogazione del servizio di tutela (1° gennaio 2022) venga espressamente considerato come inderogabile, e quindi, non suscettibile di ulteriori rinvii.

- L’ACGM esprime pertanto l’auspicio che la citata norma venga modificata con l’introduzione di disposizioni specifiche volte a garantire che tutte le amministrazioni svolgano, nel più breve tempo possibile gli adempimenti a suo tempo loro affidati dalla legge sulla concorrenza n. 124/2017, necessari a governare il periodo di transizione;

- L’AGCM indica inoltre l’opportunità che sia espressamente prevista una attività consultiva della stessa Autorità.

- Infine, l’AGCM auspica che sia espressamente previsto che le modalità di transizione nel mercato libero dei clienti che alla scadenza del regime di tutela non avranno autonomamente scelto il fornitore di mercato, da definirsi con decreto del MISE, siano basate su trasparenti meccanismi di asta competitiva, al fine di impedire che tali clienti vengano automaticamente assegnati sul mercato libero al loro attuale esercente la tutela, ad esempio con eventuali meccanismi di silenzio assenso, che sono assolutamente da escludersi secondo l’AGCM.

Appare comunque opportuno ricordare che il 3 dicembre scorso l’AGCM aveva inviato un’ulteriore segnalazione a Governo e Parlamento nella quale richiamava l’attenzione su alcuni aspetti critici inerenti la rimozione dei regimi di tutela di prezzo, ai sensi della disciplina previgente a quella introdotta dal D.L. in esame.

Secondo l’Autorità Antitrust, anche nel 2019, il servizio di tutela si è confermato come la modalità mediamente prevalente di approvvigionamento per i clienti domestici di energia elettrica e di gas naturale. Nel settore elettrico, nonostante una progressiva uscita dei clienti dal regime di tutela, in media il 53,5% dei clienti domestici (circa 14,9 milioni) e il 40,9 % dei clienti non domestici (circa 2,7 milioni) è stato ancora fornito nel servizio di maggior tutela.

Per quanto riguarda il settore del gas naturale, in media, il 47 % dei clienti domestici e il 42 % dei condomini uso domestico è stato rifornito nel servizio di tutela, per un totale di circa 9,6 milioni di clienti finali.

L’Autorità ha dunque sottolineato come l’orizzonte temporale allora previsto dalla legge sulla concorrenza (1 luglio 2020) per la rimozione delle tutele di prezzo risultasse critico rispetto al tempo ritenuto adeguato per l’espletamento di tutte le attività necessarie, anche in riferimento - per il solo settore elettrico - al fondamentale passaggio graduale da una disciplina transitoria di prezzo a un servizio di salvaguardia di energia elettrica finalizzato alla sola garanzia di continuità della fornitura.

Pertanto, a fronte della mancanza dei presupposti previsti dalla legge sulla concorrenza per la rimozione delle tutele di prezzo in entrambi i settori, l’Autorità ha ritenuto opportuno segnalare a Parlamento e Governo la necessità di proseguire il processo di accompagnamento dei clienti finali di piccole dimensioni, in particolare quelli domestici, nel percorso di effettiva liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica e del gas naturale.

L’Autorità ha auspicato l’approvazione di specifici interventi normativi volti a consentire un percorso di graduale superamento dei regimi di tutela di prezzo in entrambi i settori di energia elettrica e gas naturale, con la definizione di iter differenziati per gruppi di clienti finali (domestici e piccole imprese) e stabilendo priorità per il segmento di mercato delle piccole imprese.

Con particolare riguardo al settore elettrico, le tempistiche entro cui prevedere l’attivazione del servizio di salvaguardia dovrebbero essere definite tenendo conto dell’esigenza degli operatori di adeguare le proprie strutture operative per consentire loro di partecipare alle gare e di servire milioni di nuovi clienti finali con tempestività e con adeguati livelli qualitativi del servizio (per esempio, garantendo la corretta periodicità di fatturazione), ponendo contemporaneamente un limite massimo di clienti che, in esito alle gare, possono essere assegnati ad uno stesso operatore. L’Autorità ha proposto:

- di prevedere un orizzonte temporale per l’assegnazione del servizio di salvaguardia tale da permettere una attivazione progressiva del servizio, per esempio per gruppi di clienti finali;

- di prevedere specifiche modalità transitorie di superamento della tutela di prezzo in situazioni limitate e specifiche, quali quelle presenti sulle isole non interconnesse alla rete nazionale.

La definizione di questo articolato iter dovrà poi valutare opportunamente la necessità di prevenire ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni di fornitura, soprattutto nei primi mesi di erogazione del servizio per i clienti finali precedentemente serviti in regime di tutela di prezzo.

Secondo l’Autorità, la completa liberalizzazione può portare benefici per i clienti finali a condizione che, dal lato dell’offerta, si sviluppi un’effettiva concorrenza e, dal lato della domanda, aumenti la conoscenza del mercato e la consapevolezza del cliente finale.

L’Autorità ha poi proposto di valutare l’adozione di norme ad hoc per ridurre il livello di concentrazione dei mercati. Inoltre, allo scopo di garantire l’erogazione del servizio universale di fornitura di energia elettrica ai clienti finali, l’Autorità ha segnalato, altresì, l’esigenza di identificare ex lege il responsabile della continuità della fornitura anche in condizioni di indisponibilità degli esercenti la salvaguardia, che saranno selezionati mediante le procedure concorsuali.

Infine, come già sopra evidenziato, con specifico riferimento al settore dell’energia elettrica, viene considerata indispensabile l’istituzione dell’elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica.

Da ultimo, l’Autorità ha segnalato l’opportunità di prevedere specifiche norme volte alla definizione di ulteriori adeguati strumenti informativi per il cliente finale rispetto a quelli già posti in essere, per accrescere la sua consapevolezza nell’ambito del rapporto con il venditore.


 

Articolo 12, comma 4
(Assicurazioni RC nucleo familiare)

 

 

L’articolo 12, comma 4, stabilisce che le disposizioni dell’articolo 55-bis del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, in materia di modalità di valutazione del rischio ai fini della tariffazione delle polizze individuali inserite all’interno di un nucleo familiare, si applicano dal 16 febbraio 2020.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 55-bis introduce modifiche al codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) in materia di fruizione della classe di merito più favorevole. In particolare la norma stabilisce che non solo in tutti i casi di stipula, ma anche in tutti i casi di rinnovo di un contratto di assicurazione di un mezzo di trasporto (anche di diversa tipologia), i componenti del nucleo familiare possono beneficiare della classe di merito più favorevole tra quelle relative ai vari veicoli già assicurati purché la persona fisica interessata non risulti responsabile esclusivo, principale o paritario di un sinistro da almeno cinque anni.

 

Per una più dettagliata ricostruzione delle modifiche apportate dall’articolo 55-bis si rimanda alla scheda di lettura dell’articolo presente nel dossier Disposizioni urgenti in materia fiscale realizzato dai Servizi studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Nella relazione illustrativa il Governo rappresenta che la riforma della disciplina in materia di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli introdotta dall’articolo 55-bis necessita di nuove modalità di valutazione del rischio ai fini della tariffazione delle polizze e, preso atto che il processo di vendita delle polizze assicurative nei suoi vari canali (presso gli intermediari o agenti e su internet delle compagnie online) avviene in modalità totalmente informatizzata (sistemi software complessi e soggetti a tempi di riprogettazione, sviluppo, crash test e certificazione finale), si rende necessario prevedere un tempo minimo di adeguamento tecnologico dei sistemi di tariffazione ed emissione delle polizze.

 

A tal fine il comma in esame dispone lo slittamento al 16 febbraio 2020 dell’entrata in vigore della nuova disciplina della cosiddetta Rc auto familiare.

 

Si osserva che ai fini della applicazione delle nuove norme in materia di attribuzione della classe di merito emerge una differenza temporale tra la data di entrata in vigore della legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157 del citato decreto legge n. 124 (25 dicembre 2019), che riforma la disciplina della Rc auto familiare, e la data di entrata in vigore del decreto in esame (31 dicembre 2019) che ne dispone il rinvio.

 

 


 

Articolo 12, comma 4-bis
(Proroga termine adozione del Piano per la
Transizion
e Energetica Sostenibile delle Aree Idonee- Pitesai)

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 12 interviene sulla disciplina – di cui all’articolo 11-ter del D.l. n. 135/2018, che prevede - con decreto del MISE, di concerto con il Ministro dell'ambiente – l’adozione de Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), finalizzato ad individuare le aree del territorio nazionale ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.

Nel dettaglio, il comma 4- bis in esame:

·      alla lettera a) proroga il termine di adozione del citato decreto ministeriale dal 13 agosto 2020 al 13 febbraio 2021, fissando tale data come data limite (novella al comma 1 dell’articolo 11-ter, D.L. n. 135/2018);

·      alla lettera b) interviene sulla norma (novella al secondo periodo del comma 8 dell’articolo 11-ter) che attualmente demanda al MISE di rigettare, nelle aree non compatibili con il Piano adottato, le istanze relative ai procedimenti autorizzatori di prospezione e di ricerca sospesi. La lettera in esame prevede invece che nelle aree non compatibili, entro 60 giorni, il MISE avvii i procedimenti per il rigetto delle istanze e avvii i procedimenti di revoca.

Appare opportuno indicare la data di decorrenza dei 60 giorni.

La lettera prevede altresì che nelle aree non compatibili è comunque ammessa l’installazione di impianti di energia da fonti rinnovabili.

Si valuti l’opportunità di precisare che è fatta salva la vigente disciplina autorizzatoria relativa all’installazione dei citati impianti.

La medesima lettera b) prevede altresì che i procedimenti sospesi nelle more dell’adozione del PiTESAI riprendano efficacia, in caso di mancata adozione dello stesso entro e non oltre 30 mesi (anziché entro 24 mesi come da normativa vigente) dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 135/2018 (novella al quinto periodo del comma 8 dell’articolo 11-ter). Il termine viene quindi prorogato dalla lettera in esame dal 13 febbraio 2021 al 13 agosto 2021.

 

 

Nel dettaglio, l’articolo 11-ter del D.L. n. 135/2018, al comma 1 prevede l'approvazione - con decreto del MISE, di concerto con il Ministro dell'ambiente - del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI), al fine di determinare un quadro di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse.

Si fissa, per l'approvazione di tale Piano il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame (dunque il 13 agosto 2020).

Il comma 2 stabilisce che il PiTESAI deve tener conto di tutte le caratteristiche del territorio, sociali, industriali urbanistiche e morfologiche con particolare riferimento all’assetto idrogeologico ed alle vigenti pianificazioni. Inoltre, con riferimento alle aree marine, il piano deve considerare i possibili effetti sull’ecosistema, nonché tenere conto dell’analisi delle rotte marittime, della pescosità delle aree e della possibile interferenza sulle coste. Nel piano devono altresì essere indicati i tempi e modi di dismissione e rimessa in pristino dei luoghi da parte delle relative installazioni che abbiano cessato la loro attività.

 

Il comma 3 disciplina le modalità di adozione del Piano. Si prevede che esso sia adottato previa valutazione ambientale strategica. Limitatamente alle aree su terraferma, si prevede la previa intesa con la Conferenza unificata.

Qualora per le aree su terraferma l'intesa non sia raggiunta entro 60 giorni dalla prima seduta, la Conferenza unificata è convocata in seconda seduta su richiesta del Ministro dello sviluppo economico entro 30 giorni ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Il comma 4 stabilisce che nelle more dell'adozione del Piano siano sospesi i procedimenti amministrativi, ivi inclusi quelli di valutazione di impatto ambientale, relativi al conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi. Si fa riferimento in norma a finalità di salvaguardia e miglioramento della sostenibilità ambientale e sociale.

Rispetto a tale sospensione, sono invece fatti salvi una serie di procedimenti quali quelli relativi alle istanze di:

§  proroga di vigenza delle concessioni di coltivazione di idrocarburi;

§  rinuncia a titoli dei titoli minerari vigenti o alle relative proroghe;

§  sospensione temporale della produzione per le concessioni in essere;

§  riduzione dell'area, di variazione dei programmi lavori e delle quote di titolarità.

Ai sensi del comma 5 la sospensione non si applica ai procedimenti relativi al conferimento di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Nelle more dell’adozione del Piano non è pero consentita la presentazione di nuove istanze di conferimento di concessione di coltivazione, fatta salva la proroga di vigenza delle concessioni in essere.

Il comma 6 sospende - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino all'adozione del Piano - i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere, sia per aree in terraferma che in mare, con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e ricerca in corso di esecuzione. Resta fermo l'obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati dalle stesse attività.

Il comma 7 stabilisce che con la sospensione di cui al comma 6 è anche sospeso il decorso temporale dei permessi di prospezione e di ricerca; correlativamente, per lo stesso periodo di sospensione, non è dovuto il pagamento del relativo canone.  Si indica, in relazione a tale sospensione, l'onere di 134.000 euro in ragione d'anno, cui si provvede mediante l'utilizzo delle maggiori entrate di cui al comma 9 che restano acquisite all'erario.

Il comma 8 disciplina le ipotesi nelle quali, all’esito di una valutazione di compatibilità con il Piano, i predetti permessi riprendono o perdono definitivamente efficacia. In particolare, ai sensi di tale comma, alla data di adozione del PiTESAI:

- nelle aree in cui le attività di prospezione e di ricerca e di coltivazione risultino compatibili con le previsioni del Piano stesso, i relativi titoli minerari sospesi riprendono efficacia;

- nelle aree non compatibili, il Ministero dello sviluppo economico rigetta le istanze relative ai procedimenti amministrativi sospesi concernenti il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca e revoca, anche limitatamente ad aree parziali, i permessi di prospezione e di ricerca in essere. In caso di revoca, il titolare del permesso di prospezione o di ricerca è comunque obbligato al completo ripristino dei siti interessati; rigetta anche le istanze relative ai procedimenti di rilascio delle concessioni per la coltivazione di idrocarburi il cui provvedimento di conferimento non sia stato rilasciato entro la data di adozione del PiTESAI.

In caso di mancata adozione del PiTESAI entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, i procedimenti sospesi concernenti il conferimento di nuovi permessi di prospezione o di ricerca proseguono nell’istruttoria ed i permessi di prospezione e di ricerca sospesi riprendono efficacia.

Alla data di adozione del PiTESAI, nelle aree in cui le attività di coltivazione risultino incompatibili con le previsioni del Piano stesso, le concessioni di coltivazione, anche in regime di proroga, vigenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, mantengono la loro efficacia sino alla scadenza e non sono ammesse nuove istanze di proroga.

Il comma 9 - a decorrere dal 1º giugno 2019 – ridetermina in aumento i canoni annui per le concessioni di coltivazione mentre opera una sostanziale conferma dei canoni di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.

Il comma 10 ridetermina in aumento i canoni annui dei permessi di prospezione e ricerca, nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana al venir meno della sospensione dei predetti permessi. Le maggiori risorse derivanti dalle disposizioni in materia di canoni di superficie di cui al comma in esame sono riassegnate dal Ministero dell'economia e delle finanze ad apposito Fondo da istituire presso il Ministero dello sviluppo economico, destinato in misura pari a 1 milione di euro per gli anni 2020 e 2021 alla copertura degli oneri connessi all'attuazione della presente norma.

Il comma 11 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, da iscrivere su capitolo dello stato di previsione del MISE, per far fronte agli oneri per la predisposizione del Piano.

Il comma 12 provvede alla copertura degli agli altri oneri derivanti dall’articolo in esame.

Il comma 13 stabilisce che alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi svolte nell’ambito di titoli minerari rilasciati a seguito di istanze presentate dopo l’entrata in vigore della disposizione in esame, non si applichi l’articolo 38 comma 1 del D.L. n. 133 del 2014, norma quest'ultima che ha stabilito che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale sono di pubblica utilità. Resta comunque fermo il carattere di pubblica utilità delle attività di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo.


 

Articolo 12, commi 4-ter e 4-quater
(Attribuzione di classi di merito RC auto)

 

 

I commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 12, introdotti in sede referente, differenziano le conseguenze assicurative derivanti dai sinistri di cui sono responsabili i conducenti dei diversi veicoli che beneficiano della disciplina della RC auto familiare, a specifiche condizioni. Al contempo le norme chiariscono i limiti entro cui le imprese assicurative possono attribuire una nuova e più elevata - dunque più sfavorevole – classe di merito ai conducenti coinvolti in detti sinistri.

 

In particolare il comma 4-ter inserisce un nuovo comma 4-ter.2 all’articolo 134 del Codice delle assicurazioni private – CAP (D. Lgs. n. 209 del 2005) che disciplina l’attestato di rischio e l’attribuzione della classe di merito nell’ambito dell’assicurazione RC auto, con particolare riferimento alla RC auto familiare, disciplinata dall’articolo 134, comma 4-bis CAP.

 

Al riguardo si ricorda che (per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 55-bis del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124) l’articolo 134, comma 4-bis del CAP stabilisce che non solo in tutti i casi di stipula, ma anche in tutti i casi di rinnovo di un contratto di assicurazione di un mezzo di trasporto, anche di diversa tipologia, i componenti del nucleo familiare possono beneficiare della classe di merito più favorevole tra quelle relative ai vari veicoli già assicurati purché la persona fisica interessata non risulti responsabile esclusivo, principale o paritario di un sinistro da almeno cinque anni. L’articolo 12, comma 4 del provvedimento in commento ha differito al 16 febbraio 2020 l’entrata in vigore di tali disposizioni (si rinvia alla relativa scheda di lettura).

Per una più dettagliata ricostruzione delle modifiche apportate dall’articolo 55-bis si rinvia inoltre alla scheda di lettura dell’articolo presente nel dossier Disposizioni urgenti in materia fiscale realizzato dai Servizi studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

Con le modifiche in parola si chiarisce che, ove si verifichi un sinistro di cui è responsabile - in via esclusiva o principale - un conducente collocato nella classe di merito più favorevole per il veicolo di diversa tipologia,  ai sensi delle disposizioni sulla RC auto familiare sopra ricordate, e che abbia comportato il pagamento di un indennizzo complessivamente superiore a cinquemila euro, le imprese assicurative, alla prima scadenza successiva del contratto, possono assegnare, per il solo veicolo di diversa tipologia coinvolto nel sinistro, una classe di merito superiore fino a cinque unità rispetto ai criteri indicati dall'Ivass.

Tali norme si applicano unicamente ai soggetti beneficiari dell'assegnazione della classe di merito più favorevole per il solo veicolo di diversa tipologia, ai sensi delle disposizioni di cui al comma 4-bis come modificato dal decreto-legge n. 124.

 

Le norme in esame in sostanza consentono di differenziare le conseguenze assicurative derivanti dai sinistri di cui sono responsabili i conducenti dei diversi veicoli che beneficiano della disciplina della RC auto familiare, a specifiche condizioni; al contempo le norme chiariscono i limiti entro cui le imprese assicurative possono attribuire una nuova e più elevata - dunque più sfavorevole – classe di merito ai conducenti coinvolti in detti sinistri.

 

Il comma 4-quater dell’articolo 12 dispone che entro il 30 ottobre 2020 l'Ivass trasmetta una relazione sull'applicazione e sugli effetti delle nuove norme al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero dell'economia e delle finanze e alle Commissioni parlamentari competenti.

 


 

Articolo 13, commi 1 e 2
(Fondo formazione dei macchinisti impiegati nel trasporto ferroviario merci)

 

 

All’articolo 13, commi 1 e 2, la norma è stata modificata in sede referente, con l'approvazione di una proposta emendativa che ha riscritto i commi 1 e 2 della norma originaria del decreto-legge.

La nuova disposizione, intervenendo sull’articolo 47, comma 11-quinquies, del D.L. n. 50 del 2017, che ha istituito il fondo destinato alla formazione del personale impiegato nella circolazione ferroviaria con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore del trasporto ferroviario merci, prevede che il fondo sia dotato di ulteriori 100.000 di euro per l’anno 2020 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022; si prevede che tali risorse siano destinate alla formazione delle altre figure professionali addette alla circolazione ferroviaria.

In sede referente è stato poi riscritto il comma 2 dell’articolo 13, prevedendo che all’onere derivante dal comma 1 si provveda mediante riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, previsto dall’articolo 1, comma 200 della legge n. 190 del 2014.

 

 

A seguito delle modifiche apportate in sede referente, la nuova disposizione di cui al comma 1, interviene sull’articolo 47, comma 11-quinquies, del decreto-legge n. 50 del 2017, che ha istituito il fondo destinato alla formazione del personale impiegato nella circolazione ferroviaria con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore del trasporto ferroviario merci, inserendovi un nuovo secondo periodo.

A differenza della norma originaria del decreto-legge, non viene più novellato, infatti, il primo periodo dell'articolo 47, comma 11-quinquies, bensì viene introdotto un nuovo periodo nella norma, prevedendo che la dotazione del fondo sia incrementata:

Ø  di ulteriori 100.000 di euro per l’anno 2020

Ø  e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

Tali risorse vengono destinate alla formazione delle altre figure professionali addette alla circolazione ferroviaria.

 

Si ricorda che l’articolo 47, co. 11-quinquies, ha istituito, al fine di aumentare la sicurezza del trasporto ferroviario, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo destinato alla formazione di personale impiegato in attività della circolazione ferroviaria, con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore merci.

Rispetto alla norma vigente, che fa riferimento alla formazione di 'personale impiegato' in attività della circolazione ferroviaria, con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore merci, la nuova disposizione introdotta nel testo dell’articolo 47, co. 11-quinquies reca invece il riferimento - quanto alla destinazione delle risorse stanziate - alla formazione delle 'altre figure professionali addette alla circolazione ferroviaria'.

Si valuti di chiarire le figure professionali cui sono destinate le risorse in parola, laddove la disposizione fa riferimento alle 'altre figure professionali' addette alla circolazione ferroviaria.

Si osserva poi che la formulazione in esame fa riferimento a risorse che 'incrementano' il Fondo per l'anno 2020, ma tale Fondo prevede (venendo meno la proroga disposta con la originaria norma del decreto-legge) risorse fino all'anno 2019.

Si valuti di chiarire la formulazione della norma con riferimento alla dotazione di risorse prevista dal comma 1.

 

Si ricorda che l'articolo reca, nella versione originaria del decreto-legge, norme in materia di differimento del termine con riferimento alla formazione dei macchinisti impiegati nel trasporto ferroviario merci. Con gli originari commi 1 e 2 dell'articolo recati dal decreto-legge, infatti, si estendono al 2020 le disposizioni che hanno istituito un apposito Fondo destinato alla formazione del personale impiegato in attività della circolazione ferroviaria, con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore merci, con la finalità di incrementare la sicurezza del trasporto ferroviario.

Il Fondo presentava, in base alla norma previgente a tale proroga, una dotazione di 2 milioni di euro per i soli anni 2017, 2018 e 2019.

Con la proroga recata dal testo originario del decreto-legge - come detto interamente sostituita dalle modifiche apportate in sede referente - la dotazione del Fondo veniva prevista anche per l'anno 2020, recandosi la relativa copertura.

 

Si rammenta che il comma 11-quinquies del richiamato art. 47 stabilisce che le risorse in questione sono attribuite alle imprese ferroviarie con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulla base delle attività di formazione realizzate, a condizione che le stesse abbiano comportato l'assunzione di almeno il 70 per cento del personale formato.

I corsi di formazione possono essere svolti anche utilizzando le risorse umane e strumentali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché avvalendosi di organismi riconosciuti dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie di cui al capo II del decreto legislativo n. 162 del 2007. In ogni caso, il finanziamento delle iniziative è assicurato unicamente alle attività formative per le quali non vi sia stato alcun esborso da parte del personale formato e possono altresì essere rimborsati gli oneri per eventuali borse di studio erogate per la frequenza dei corsi.

Gli oneri derivanti dall'attuazione della norma oggetto di proroga sono a valere dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 26, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 162 del 2007, per il funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie.

Si ricorda che alla Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie è subentrata la Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA), ai sensi di quanto disposto dall'art. 12, comma 20, D.L. 28 settembre 2018, n. 109, come convertito in legge. Per approfondimenti sui profili della sicurezza ferroviaria, si veda il tema web a cura della Camera.

 

 

In sede referente è stato poi sostituito il comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge in esame, prevedendo che all’onere derivante dal comma 1 (come modificato in sede referente) si provvede mediante riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, previsto dall’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014.

In base al comma 200 della legge n. 190 del 2014, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, con la dotazione iniziale di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio. Si rammenta che il fondo è stato oggetto di successive rideterminazioni, e in attuazione della norma sono stati adottati il D.P.C.M. 6 novembre 2015, il D.P.C.M. 12 novembre 2015, il D.P.C.M. 15 novembre 2016, il D.P.C.M. 31 dicembre 2018 e il D.P.C.M. 3 settembre 2019.

 

In base al comma 2 della norma originaria del decreto-legge in esame, all’onere derivante dalla disposizione originariamente recata, che era pari a 2 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 18, del decreto-legge n. 109 del 2018 come convertito in legge.

L’articolo 12 del D.L., n. 109 del 2018 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze) ha recato norme in materia di Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.

Tale articolo ha infatti istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA), con sede in Roma presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con possibilità di articolazioni territoriali, di cui una, con competenze riferite in particolare ai settori delle infrastrutture stradali e autostradali, avente sede a Genova. Fermi i compiti, gli obblighi e le responsabilità degli enti proprietari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza, l'Agenzia promuove e assicura la vigilanza sulle condizioni di sicurezza del sistema ferroviario nazionale e delle infrastrutture stradali e autostradali.

In particolare, il comma 18 reca gli oneri connessi all'istituzione di tale Agenzia, pari a complessivi 14.100.000 euro per l'anno 2019, e 22.300.000 euro a decorrere dall'anno 2020 cui si provvede ai sensi dell'articolo 45 del medesimo D.L. 109. Tale autorizzazione di spesa è stata poi rideterminata dall'art. 59, comma 3, lett. d), del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), che ha ridotto la suddetta autorizzazione di spesa per 14,1 milioni di euro per l'anno 2019.

 

La Relazione illustrativa alle norme originarie richiamava la disciplina riguardante la qualificazione del personale delle imprese ferroviarie (« IF ») impiegato nella circolazione dei treni, di cui al decreto legislativo n. 247 del 2010 recante Attuazione della direttiva 2007/59/CE relativa alla certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della Comunità  e, per quanto concerne la figura professionale del macchinista, all’allegato C al decreto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, ora ANSFISA, n. 4/2012 nonché al regolamento (UE) 2015/995; viene ivi inoltre riferita l'assunzione di 2000 addetti nel triennio 2017-2019 in relazione alla normativa in parola in materia di formazione dei macchinisti nel trasporto ferroviario di merci.


 

Articolo 13, comma 3
(Differimento del termine per l’adeguamento
delle tariffe autostradali per l’anno 2020)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 13 dispone, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il differimento del termine per l’adeguamento delle tariffe autostradali relative all’anno 2020 sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari, predisposti in conformità alle delibere adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti. A tal fine, la norma stabilisce che le proposte di aggiornamento dei piani economico-finanziari sono presentate dai concessionari al Concedente entro il 30 marzo 2020 e che l’aggiornamento è perfezionato entro e non oltre il 31 luglio 2020.

 

Più nel dettaglio, il comma 3, primo periodo, stabilisce che per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l’adeguamento delle tariffe autostradali relative all’anno 2020 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari predisposti in conformità alle delibere adottate ai sensi dell’art. 16, comma 1, del D.L. n. 109/2018 dall’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) di cui all’art. 37 del D.L. n. 201/2011.

L’art. 16, comma 1, del D.L. n. 109/2018 (recante “Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze”), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 130/2018, ha modificato l’art. 37, comma 2, lettera g), del D.L. n. 201/2011 al fine di prevedere che l’Autorità di regolazione dei trasporti provvede, con riferimento al settore autostradale, a stabilire, non solo per le nuove concessioni ma anche per i rapporti concessori in essere, sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione dell'indicatore di produttività a cadenza quinquennale per ciascuna concessione.

La relazione illustrativa al provvedimento in esame precisa, al riguardo, che “allo stato attuale, le società concessionarie hanno presentato proposte di adeguamento tariffario sulla base di criteri stabiliti dai precedenti piani economici – finanziari” e che “siffatta circostanza potrebbe comportare aumenti delle tariffe in misura superiore a quella stabilita dall’Autorità di regolazione dei trasporti”.

Si ricorda che l'art. 27 del D.L. 69/2013 ha modificato la procedura per l'approvazione degli adeguamenti annuali delle tariffe autostradali, al fine di armonizzarla al mutato assetto delle competenze istituzionali, a seguito del trasferimento dall'ANAS al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) delle funzioni di concedente della rete autostradale.

In primo luogo, è stata soppressa quella parte della disposizione (dettata dal comma 5 dell'art. 21 del D.L. 355/2003) che disciplinava, nell'ambito della citata procedura, il rapporto tra concedente e MIT, cioè tra due soggetti che nel mutato assetto vengono a coincidere. Ulteriori modifiche hanno riguardato le mutate scadenze temporali e l'inserimento del parametro K. È stato infatti previsto che la proposta relativa alle variazioni tariffarie che il concessionario intende applicare (comprensiva dell'indicazione della componente investimenti dei parametri X e K relativi a ciascuno dei nuovi interventi aggiuntivi) debba essere formulata al concedente (quindi al MIT), entro il 15 ottobre di ogni anno, e che tale proposta sia approvata o rigettata entro il 15 dicembre, con decreto motivato del MIT (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze).

Si ricorda che la componente investimenti del parametro K rappresenta, nelle formule di adeguamento tariffario, la variazione percentuale annuale della tariffa determinata ogni anno in modo da consentire la remunerazione degli investimenti realizzati l'anno precedente quello di applicazione. Benché non contemplato dal testo previgente, il parametro K era comunque già tenuto in considerazione nell'ambito della procedura di cui trattasi, essendo stato inserito nell'ordinamento nazionale con la delibera CIPE n. 39/2007, con cui è stata integrata la riforma del sistema regolatorio autostradale operata dall'art. 2, commi 82-90, del D.L. n. 262/2006. Tale riforma ha fissato, per la gran parte delle società concessionarie, principi innovativi rispetto al passato nella determinazione dei pedaggi autostradali, da recepirsi in sede di sottoscrizione di convenzioni uniche. In particolare, è stato definito il riconoscimento degli adeguamenti tariffari dovuti per investimenti solo a fronte dell'effettiva realizzazione degli stessi, accertata dal concedente.

In un comunicato pubblicato sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si rende noto che le concessionarie per le quali il periodo regolatorio è pervenuto a scadenza, e per le quali pertanto la norma in esame dispone il differimento del termine per l’adeguamento delle tariffe autostradali, sono le seguenti: RAV, SAT, Strada dei Parchi, Satap (A4), Milano Serravalle, Brescia Padova, Autostrade per l’Italia, Asti-Cuneo, SALT (Autocamionale della Cisa), Autostrada dei Fiori (Tronco A10), Autostrada dei Fiori (Tronco A6), SALT (Tronco Ligure Toscano), SAV, SITAF, Tangenziale di Napoli, CAS. Lo stesso comunicato riferisce che per le società concessionarie il cui contratto di concessione risulta scaduto (ATIVA, Autostrada del Brennero, Autostrade Meridionali, Autovie Venete, Satap A21) non è stato concesso alcun incremento tariffario e che è stato invece autorizzato l’incremento tariffario per le società CAV (1,20%), Autovia Padana (4,88%), Bre.Be.Mi. (3,79%) e Pedemontana Lombarda (0,80%).

Si ricorda, inoltre, che l'art. 9-tricies semel del D.L. n. 123/2019 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 156/2019) ha peraltro già disposto la sospensione, per il periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2019 e il 31 ottobre 2021, dell’incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25, affidate in concessione alla società Strada dei Parchi, nelle more della rinegoziazione con la società concessionaria delle condizioni della concessione, in ogni caso non oltre la data di conclusione della verifica della sussistenza delle condizioni per la prosecuzione dell’attuale concessione qualora tale data sia anteriore al 31 ottobre 2021.

 

Ai fini di quanto stabilito al primo periodo della disposizione in esame, i periodi secondo e terzo del comma 3 fissano, poi, i seguenti termini:

§  30 marzo 2020, per la presentazione da parte dei concessionari al Concedente (ossia al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) delle proposte di aggiornamento dei piani economico-finanziari, riformulate ai sensi della normativa sopra richiamata, le quali annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento;

§  31 luglio 2020, per il perfezionamento del procedimento di aggiornamento dei piani economico-finanziari presentati entro il predetto termine del 30 marzo 2020.

 

Si ricorda che, successivamente alle disposizioni recate dai commi 82-90 del D.L. n. 262/2006 e dalla delibera CIPE n. 39/2007, ulteriori modifiche al sistema regolatorio sono state apportate dalla delibera CIPE 21 marzo 2013, n. 27 (pubblicata sulla G.U. 24 maggio 2013, n. 120) che ha integrato la delibera n. n. 39/2007, introducendo innovazioni procedurali e nuovi criteri per l'aggiornamento periodico dei piani finanziari (che sono parti integranti delle convenzioni uniche). Le principali modifiche hanno riguardato la modalità di determinazione del tasso di congrua remunerazione del capitale investito, nonché i criteri di calcolo dei parametri di aggiornamento tariffario relativi agli investimenti. I criteri per la regolazione economica degli aggiornamenti dei piani economico finanziari delle società concessionarie autostradali dettati dalla delibera n. 27/2013 sono stati poi modificati dalla delibera CIPE 7 agosto 2017, n. 68.

Elementi di informazione sul sistema tariffario di pedaggio per le concessioni autostradali di cui all’art. 43 del D.L. n. 201/2011 (ossia quelle già vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto) possono essere reperiti nella relazione annuale 2019 al Parlamento dell'ART (consultabile al link  https://www.autorita-trasporti.it/wp-content/uploads/2019/06/ART-Sesto-Rapporto-Annuale-2019.pdf, alle pagine 25-26).


 

Articolo 13, comma 4
(Contenzioso Anas)

 

 

All’articolo 13, comma 4, la disposizione estende temporalmente la disposizione che consente ad ANAS S.p.A. di definire le controversie con le imprese appaltatrici derivanti dall'iscrizione di riserve o da richieste di risarcimento, mediante la sottoscrizione di accordi bonari e/o transazioni giudiziali e stragiudiziali, nei limiti e secondo i presupposti previsti dalla normativa, sostituendo il riferimento temporale - attualmente previsto dal 2017 al 2019 - con quello dal 2017 al 2022.

La disposizione introduce poi un nuovo comma 7-ter nella norma novellata, in base al quale l’Anas viene autorizzata a definire mediante transazioni giudiziali e stragiudiziali altresì le controversie derivanti da richieste di risarcimento con i contraenti generali, a condizione che sussistano i presupposti previsti dall’articolo 208 del codice dei contratti pubblici e previa valutazione della convenienza economica di ciascuna operazione da parte della società stessa.

 

Nel dettaglio, la disposizione interviene sull’articolo 49 del decreto-legge 50 del 2017 novellandone il comma 7.

Si sostituisce il riferimento temporale attualmente previsto dal 2017 al 2019 con quello dal 2017 al 2022, così estendendo temporalmente - di altri tre anni - la disposizione che consente ad ANAS S.p.A. (nei limiti delle risorse di cui al comma 8 della norma oggetto di novella) di definire le controversie con le imprese appaltatrici derivanti dall'iscrizione di riserve o da richieste di risarcimento, mediante la sottoscrizione di accordi bonari e/o transazioni giudiziali e stragiudiziali; ciò, laddove sussistano i presupposti e le condizioni di cui agli articoli 205 e 208 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e con le modalità ivi previste, previa valutazione della convenienza economica di ciascuna operazione da parte della Società stessa.

 

Il D.L. n. 50 del 2017 reca Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.

Il comma 7 dell'art. 49 ha autorizzata ANAS S.p.A. per gli anni 2017, 2018 e 2019, nei limiti delle risorse di cui al successivo comma 8, a definire, mediante la sottoscrizione di accordi bonari e/o transazioni giudiziali e stragiudiziali, le controversie con le imprese appaltatrici derivanti dall'iscrizione di riserve o da richieste di risarcimento, laddove sussistano i presupposti e le condizioni di cui agli articoli 205 e 208 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e con le modalità ivi previste, previa valutazione della convenienza economica di ciascuna operazione da parte della Società stessa.

Il comma 7-bis prevede poi che l'Autorità nazionale anticorruzione verifica in via preventiva, ai sensi dell'articolo 213, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la correttezza della procedura adottata dall'ANAS per la definizione degli accordi bonari e delle transazioni. Le modalità di svolgimento della verifica preventiva sono definite in apposita convenzione stipulata tra l'Anas S.p.A. e l'Autorità nazionale anticorruzione nella quale è individuata anche la documentazione oggetto di verifica. La disposizione così risulta dalle modifiche apportate dalla L., n. 205 del 2017 recante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018, con l'art. 1, comma 1179.

Quanto alle risorse per tali finalità, il comma 8 dell'art. 49 destina la quota dei contributi quindicennali assegnati con le delibere CIPE nn. 96/2002, 14/2004 e 95/2004 (relative all’autostrada Salerno-Reggio Calabria), non utilizzati ed eccedenti il fabbisogno risultante dalla realizzazione degli interventi di cui alle predette delibere, nel limite complessivo di 700 milioni di euro, con esclusione delle somme cadute in perenzione.

Lo stesso comma 8 affida al CIPE il compito di individuare le risorse annuali effettivamente disponibili in relazione al quadro aggiornato delle opere concluse da destinare alla predetta finalità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.

Da ultimo, sono state poi adottate, per l'individuazione delle risorse previste dal citato comma 8, la Deliberazione 22 dicembre 2017, n. 91/2017 e la Deliberazione 1° agosto 2019, n. 60/2019. Quest'ultima ha deliberato quale ulteriore  quota  dei  contributi  quindicennali  attualmente riconoscibile e da destinare, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, alla definizione delle controversie di ANAS S.p.a.  con le imprese appaltatrici, mediante sottoscrizione di accordi  bonari  e/o transazioni giudiziali e stragiudiziali, ai sensi  dell'art.  49  del decreto-legge n. 50 del 2017,   pari  a  441.764.487  euro. La delibera Cipe reca in allegato l'articolazione della somma nelle annualita' ivi previste.

Si ricorda infine che il 9 novembre 2017 l’Anas ha sottoscritto con l'Anac un protocollo di azione (Protocollo di azione vigilanza collaborativa con l’ANAS S.p.A) per definire le modalità operative nonché la documentazione necessaria ai fini del rilascio del parere preventivo dell’ANAC previsto dalla legge.

 

La disposizione introduce un nuovo comma 7-ter nella norma novellata. In base a questo, l’Anas viene autorizzata - nei limiti previsti nei commi 7 e 8 della norma novellata - a definire mediante transazioni giudiziali e stragiudiziali altresì le controversie con i contraenti generali derivanti da richieste di risarcimento; si prevede, per tale fattispecie, la condizione che sussistano i presupposti e le condizioni previste dall’articolo 208 del codice dei contratti pubblici.

La norma in esame non riproduce il riferimento all'articolo 205 del Codice dei contratti pubblici, richiamando il solo articolo 208 dello stesso.

 Si prevede ciò avvenga previa valutazione della convenienza economica di ciascuna operazione da parte della società stessa.

La disposizione novella quindi altresì il comma 7-bis del medesimo articolo 49, in materia di preventivo parere dell'ANAC, prevedendo ivi il riferimento oltreché al comma 7, anche al nuovo comma 7-ter, introdotto dalla disposizione in esame.

La relazione illustrativa al disegno di legge afferma come la disposizione in esame consenta di estendere sia temporalmente sia oggettivamente l’ambito di operatività della procedura straordinaria di deflazione del contenzioso Anas S.p.A. e la possibilità per la predetta società di utilizzare le risorse stanziate dalla legislazione vigente.

 

Il Codice dei contratti pubblici, al Capo II reca norme in materia di Rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale. Si richiamano più nel dettaglio le disposizioni involte.

L'art. 208 del Codice dei contratti pubblici reca norme sulla transazione, prevedendo che le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell'ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi all'azione giurisdizionale. Ove il valore dell'importo oggetto di concessione o rinuncia sia superiore a 100.000 euro, ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici, è acquisito il parere dell'Avvocatura dello Stato, qualora si tratti di amministrazioni centrali, ovvero di un legale interno alla struttura, o del funzionario più elevato in grado competente per il contenzioso, ove non esistente il legale interno, qualora si tratti di amministrazioni sub centrali. La proposta di transazione può essere formulata sia dal soggetto aggiudicatario che dal dirigente competente, sentito il responsabile unico del procedimento. La transazione ha forma scritta a pena di nullità.

L'art. 205 reca norme sull'Accordo bonario per i lavori. Per i lavori pubblici indicati, affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero dai concessionari, qualora in seguito all'iscrizione di riserve sui documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell'importo contrattuale, al fine del raggiungimento di un accordo bonario si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 6: il comma 2 prevede che il procedimento dell'accordo bonario riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell'avvio del procedimento stesso e può essere reiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l'importo di cui al comma 1, nell'ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell'importo del contratto. Le domande che fanno valere pretese già oggetto di riserva, non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse. Non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica. Prima dell'approvazione del certificato di collaudo ovvero di verifica di conformità o del certificato di regolare esecuzione, qualunque sia l'importo delle riserve, il responsabile unico del procedimento attiva l'accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte. Il direttore dei lavori dà immediata comunicazione al responsabile unico del procedimento delle riserve di cui al comma 1, trasmettendo nel più breve tempo possibile una propria relazione riservata. Il responsabile unico del procedimento valuta l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve ai fini dell'effettivo raggiungimento del limite di valore previsto. Il responsabile unico del procedimento, entro 15 giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell'organo di collaudo, può richiedere alla Camera arbitrale l'indicazione di una lista di cinque esperti aventi competenza specifica in relazione all'oggetto del contratto. Il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve scelgono d'intesa, nell'ambito della lista, l'esperto incaricato della formulazione della proposta motivata di accordo bonario. In caso di mancata intesa tra il responsabile unico del procedimento e il soggetto che ha formulato le riserve, entro quindici giorni dalla trasmissione della lista l'esperto è nominato dalla Camera arbitrale che ne fissa anche il compenso, prendendo come riferimento i limiti stabiliti con il decreto di cui all'articolo 209, comma 16, del Codice. L'esperto, qualora nominato, ovvero il RUP, verificano le riserve in contraddittorio con il soggetto che le ha formulate, effettuano eventuali ulteriori audizioni, istruiscono la questione anche con la raccolta di dati e informazioni e con l'acquisizione di eventuali altri pareri, e formulano, accertata e verificata la disponibilità di idonee risorse economiche, una proposta di accordo bonario, che viene trasmessa al dirigente competente della stazione appaltante e al soggetto che ha formulato le riserve. Se la proposta è accettata dalle parti, entro quarantacinque giorni dal suo ricevimento, l'accordo bonario è concluso e viene redatto verbale sottoscritto dalle parti. L'accordo ha natura di transazione. Sulla somma riconosciuta in sede di accordo bonario sono dovuti gli interessi al tasso legale a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla accettazione dell'accordo bonario da parte della stazione appaltante. In caso di reiezione della proposta da parte del soggetto che ha formulato le riserve ovvero di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo possono essere aditi gli arbitri o il giudice ordinario.

Il comma 6-bis prevede che l'impresa, in caso di rifiuto della proposta di accordo bonario ovvero di inutile decorso del termine per l'accettazione, può instaurare un contenzioso giudiziario entro i successivi sessanta giorni, a pena di decadenza.

 


 

Articolo 13, comma 5
(Corrispettivo annuale del contratto di programma tra ANAS Spa e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 13 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 870, secondo periodo, della legge n. 208 del 2015, relative alla definizione del corrispettivo annuale del contratto di programma tra ANAS Spa e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si applichino a decorrere dal contratto di programma per gli anni 2021-2025.

 

La disposizione è volta a rinviare al Contratto di programma 2021-2025 la integrale applicazione del sistema di remunerazione di ANAS tramite "corrispettivo".

Tale sistema - introdotto dall'articolo 1, comma 870, secondo periodo, della legge n. 208/2015 - ha trovato, infatti, applicazione soltanto parziale nel Contratto di programma 2016-2020 nonché nei recenti aggiornamenti del Contratto approvati dal CIPE nella seduta del 24 luglio 2019.

 

Il sistema del "corrispettivo annuale" nella legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015)

 

La legge di stabilità per il 2016, nel fornire una regolazione a livello legislativo del contratto di programma tra ANAS e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (articolo 1, comma 870), ha previsto che detto contratto di programma, di durata quinquennale, definisca il corrispettivo annuale a fronte delle opere da realizzare e dei servizi da rendere sulla base di un piano pluriennale di opere e di un programma di servizi sulla rete stradale (secondo periodo del comma 870).

Il contratto di programma riguarda, infatti, sia le attività di costruzione, manutenzione e gestione della rete stradale e autostradale non a pedaggio nella gestione diretta di ANAS, sia i servizi di interconnessione, decongestione, salvaguardia e sicurezza del traffico che ANAS garantisce su tutto il territorio nazionale.

In relazione al procedimento di approvazione, si stabilisce che lo schema di contratto di programma sia approvato dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per quanto attiene agli aspetti finanziari (comma 870, quarto periodo).

In sostanza, la disposizione di cui all'articolo 1, comma 870, secondo periodo, della legge n. 208 ha introdotto - in luogo del sistema di finanziamento tramite "contributo" -  un meccanismo di remunerazione della Società fondato sulla logica del "corrispettivo", articolato in "corrispettivo parte servizi" e "corrispettivo parte investimenti".

Come sottolineato dalla Corte dei conti in sede di Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti sottoposti a controllo, Esercizio 2017 (XVIII legislatura, Doc. XV, n. 179), "il passaggio al nuovo sistema di remunerazione è (...) funzionale all’acquisizione di un'autonoma capacità finanziaria, mediante l'autofinanziamento ed il ricorso al mercato creditizio".

Nella Relazione sulla gestione relativa all'Esercizio 2017, ANAS ha evidenziato come "l’introduzione del meccanismo di ricavo basato sulla logica del corrispettivo" costituisca il presupposto essenziale per consentire alla Società di acquisire "una autonoma capacità finanziaria con conseguente possibilità di ricorrere al mercato creditizio per finanziare i propri piani di investimento e di avviare il processo di uscita dal 'Consolidato Pubblico'".

Nel contesto della regolazione dei rapporti tra ANAS e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, commi da 868 a 874) è intervenuta altresì sulla disciplina relativa alla gestione, nel bilancio dello Stato, delle risorse destinate ad ANAS.

Al riguardo è stato previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le risorse iscritte nel bilancio dello Stato, a qualunque titolo destinate ad ANAS Spa, confluiscano in un apposito Fondo (cd. "Fondo unico") dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 868).

Le risorse del Fondo confluiscono sul conto di tesoreria intestato ad ANAS e sono utilizzate per il pagamento diretto delle obbligazioni relative ai quadri economici delle opere previste nella "parte investimenti" del contratto di programma, sulla base dell'effettivo avanzamento del cronoprogramma di realizzazione delle opere medesime (comma 869).

 

Il contratto di programma 2016-2020

 

Sulla base del procedimento di approvazione del contratto di programma legislativamente previsto, il CIPE, con delibera n. 65 del 7 agosto 2017, ha approvato lo schema di contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ANAS per il quinquennio 2016-2020.

Il Contratto di programma 2016-2020, quindi, è stato sottoscritto in data 21 dicembre 2017 e approvato con decreto interministeriale (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze) 27 dicembre 2017, n. 588, recependo le prescrizioni della delibera CIPE n. 65/2017, che ha recepito, a sua volta, le osservazioni formulate dal Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e dalla Corte dei conti in sede di registrazione della deliberazione.

In conformità alla disposizione che prevede la possibilità per il CIPE, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di approvare aggiornamenti del contratto di programma, il CIPE, nella seduta del 24 luglio 2019, ha, infine, approvato l’aggiornamento del Contratto di programma 2016-2020 (prevedendovi, complessivamente, 36 miliardi di investimenti).

Il Piano economico-finanziario di cui all'Allegato E del Contratto 2016-2020 è predisposto con riferimento ai primi 5 anni di esercizio (corrispondenti al primo periodo regolatorio), ma riporta anche gli anni successivi fino alla scadenza della concessione nel 2032.

Ciò al fine di dare evidenza all'andamento del corrispettivo per tutta la durata della concessione, dal 1° gennaio 2017, data di efficacia del Contratto (in quanto l'annualità 2016 ha carattere ricognitivo), fino al 31 dicembre 2032.

Per quanto riguarda i servizi erogati da ANAS di cui all'Allegato B del Contratto 2016-2020 (servizi di manutenzione ordinaria; servizi di gestione, vigilanza e infomobilità; manutenzione straordinaria diffusa che, stante il carattere ricorrente, risulta assimilabile ai servizi), è stato utilizzato, a decorrere dal 2017, il regime del corrispettivo.

Per quanto concerne gli investimenti, il primo periodo regolatorio di 5 anni è stato suddiviso:

ü  nel biennio 2017-2018, di carattere transitorio, nel quale, anche per gli investimenti remunerati in regime di corrispettivo, è stato previsto un contributo pubblico esattamente corrispondente alla spesa effettuata. In tale periodo ANAS ha perfezionato la contabilità regolatoria per la rendicontazione del corrispettivo;

ü  nel triennio 2019-2021, nel quale il corrispettivo "parte investimenti" finanzierà, sulla base di criteri di efficienza, la realizzazione degli investimenti, remunerando "i costi di ammortamento ed il capitale investito netto regolatorio (...) anche in funzione dei costi e dei tempi di realizzazione delle opere e del rischio di costruzione assunto da ANAS" (Relazione ANAS sulla gestione relativa all'Esercizio 2017). A decorrere dal 2019 ANAS è tenuta a mettere a punto il meccanismo di indebitamento.

In aggiunta alla previsione di un periodo transitorio, il Contratto di programma 2016-2020 configura, per l'intero quinquennio, un passaggio graduale dal sistema del "contributo" a quello del "corrispettivo".

In particolare, gli investimenti previsti nel "Piano pluriennale degli investimenti 2016-2020" (Allegato A del Contratto) sono stati suddivisi tra due differenti regimi finanziari: interventi finanziati con "contributo in conto impianti" e interventi finanziati con "corrispettivo".

Il regime applicabile è stato definito, oltre che in relazione alla natura delle risorse finanziarie a copertura dell’investimento, anche in funzione dello stato di avanzamento dei lavori.

Gli investimenti che, in ragione del loro avanzato stato di realizzazione, non potevano essere trasferiti ad un regime di corrispettivo (il fattore "rischio" è infatti essenziale per il calcolo del corrispettivo), sono stati considerati remunerati dal contributo in conto impianti.

Nella Relazione illustrativa al provvedimento in esame, si evidenzia che anche l’aggiornamento relativo agli anni 2018 e 2019 (seduta CIPE del 14 luglio 2019) prevede il riconoscimento in favore di ANAS "di un contributo in conto impianti e non già di un corrispettivo".

 

Il trasferimento alla società Ferrovie dello Stato Italiane Spa delle azioni della società ANAS Spa

 

     Il perfezionamento del Contratto di programma 2016-2020 tra lo Stato e ANAS Spa secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 870, della legge n. 208/2015 ha costituito una delle condizioni legislativamente previste per il trasferimento, a Ferrovie dello Stato Italiane Spa, delle azioni della società ANAS Spa detenute dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 49 del decreto-legge n. 50/2017.

     Tale trasferimento, da effettuarsi mediante aumento di capitale della società Ferrovie dello Stato Italiane tramite conferimento in natura, è stato disposto allo scopo di realizzare una proficua allocazione delle partecipazioni pubbliche facenti capo al Ministero dell'economia e delle finanze in ambiti industriali omogenei.

     Per quanto concerne l'entità dell'aumento di capitale, è stato disposto che esso venisse realizzato per un importo corrispondente al patrimonio netto di ANAS Spa risultante da una situazione patrimoniale approvata dal Consiglio di amministrazione della Società e riferita ad una data non anteriore a 4 mesi dal conferimento.

     L'operazione societaria è stata perfezionata in data 18 gennaio 2018 con un trasferimento di azioni del valore complessivo di 2.269.892.000 euro.

 

 


 

Articolo 13, comma 5-bis
(Piani di gestione dello spazio marittimo)

 

 

Il comma 5-bis dell’articolo 13, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede il differimento, dal 31 dicembre 2020 al 31 marzo 2021, del termine per l’approvazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dei piani di gestione dello spazio marittimo.

 

Si tratta del termine previsto dall’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 201 del 2016, relativo alle procedure per l'approvazione e l'aggiornamento dei piani di gestione dello spazio marittimo.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 201 del 2016, in attuazione della direttiva 2014/89/UE, ha istituito un quadro per la Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM), con l'intento di promuovere:

§  la crescita sostenibile delle economie marittime (c.d. economia blu);

§  lo sviluppo sostenibile delle zone marine;

§  l'uso sostenibile delle risorse marine.

 

Tali procedure dispongono che i piani siano:

§  elaborati dal Comitato tecnico, previsto dall'art. 7 del decreto nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

§  trasmessi, prima della loro approvazione, al Tavolo interministeriale di coordinamento (previsto dall'art. 6 del decreto), istituito presso il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri con lo scopo di definire le linee guida contenenti gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei piani, che ne attesta la corrispondenza con il processo di pianificazione definito nelle linee guida;

§  approvati, anche in tempi diversi e comunque entro il 31 dicembre 2020, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; tale scadenza anticipava peraltro quella della direttiva 2014/89/UE, il cui art. 15, paragrafo 3, prevede che i piani di gestione siano stabiliti quanto più rapidamente possibile e comunque non oltre il 31 marzo 2021: a tale data si allinea ora la norma in commento;

§  aggiornati secondo le modalità e le tempistiche definite dalle linee guida e comunque entro 10 anni dalla loro prima approvazione, come previsto dall'art. 6, paragrafo 3, della direttiva.

 

Il decreto legislativo n. 201 del 2016 ha previsto l’obbligo di ciascuno Stato membro di elaborare ed attuare la pianificazione dello spazio marittimo (art. 4) per il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 5: contribuire allo sviluppo e alla crescita sostenibili nel settore marittimo, applicando un approccio ecosistemico.

In particolare l’articolo 5 prevede che la PSM sia attuata mediante piani di gestione dello spazio marittimo, che individuino la distribuzione spaziale e temporale delle attività e degli usi delle acque marine, presenti e futuri, nonché prevede l'elaborazione di un piano di gestione dello spazio marittimo per ogni area marittima individuata dalle linee guida emanate dal Tavolo interministeriale di coordinamento istituito dall'art. 6 dello stesso decreto.

In proposito si ricorda che il tavolo interministeriale di coordinamento è stato istituito con decreto ministeriale 9 marzo 2017, che l’organizzazione e il funzionamento del Comitato tecnico sono stati definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 13 novembre 2017 e che le Linee guida sono state definite e approvate con DPCM 1 dicembre 2017 (GU 24-1-2018).


 

Articolo 13, comma 5-ter
(Formazione al salvamento acquatico)

 

 

Il comma 5-ter dell’articolo 13, introdotto in sede referente, proroga al 31 dicembre 2021 (rispetto al 31 ottobre 2020 attualmente previsto dalla norma vigente) la data dell'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2016, n. 206, per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento acquatico in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante.

 

Il vigente comma 2 dell'articolo 9, del decreto-legge n.244 del 2016 - oggetto di successive modifiche in ordine alla data ivi prevista - prevede che l'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in parola è prorogata al 31 ottobre 2020, e che conseguentemente, le autorizzazioni all'esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento delle attività di salvamento acquatico, rilasciate entro il 31 dicembre 2011, sono prorogate al 31 ottobre 2020.

Si ricorda che il D.M. 29 luglio 2016, n. 206 reca il Regolamento recante norme per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante. Esso detta disposizioni concernenti i criteri generali per l'ordinamento di formazione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine e dell'assistente bagnante marittimo e determina la tipologia delle abilitazioni rilasciate.

Si ricorda che, in relazione al termine previsto, erano intervenute già successive disposizioni di proroga: tale termine era stato già prorogato infatti al 31 luglio 2017, dal decreto-legge n. 210 del 2015 di proroga di termini previsti da disposizioni legislative; successivamente al 31 dicembre 2017 dall'art. 9, comma 2, del decreto-legge n. 244 del 2016, quindi al 31 ottobre 2018 dall'art. 1, comma 1136, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che aveva modificato tale ultima disposizione, e al 31 ottobre 2019 dal citato articolo 4, comma 2, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018 n.108 che aveva anch'esso novellato l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 244 del 2016. Da ultimo, era intervenuto con norma di proroga l'articolo 1, comma 2, della legge n. 73 del 2019, recante Modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico.

Si ricorda peraltro che si tratta della proroga del termine di applicazione delle misure contenute in un atto avente natura regolamentare, che era stabilito originariamente dal decreto ministeriale stesso, ma che è stato successivamente prorogato da atti normativi di rango primario.


 

Articolo 13, comma 5-quater
(Patenti nautiche per le unità da diporto con motori a iniezione)

 

 

Il comma 5-quater dell’articolo 13, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga al 1° gennaio 2021 il termine relativo all'obbligo della patente nautica per la conduzione di unità aventi motore di cilindrata superiori a 750 cc a iniezione a due tempi. La medesima disposizione dispone inoltre che l’obbligo di patente nautica si applichi alle unità con motori a iniezione a due tempi superiori a 900 cc. anziché a 750 cc.

 

Con la norma di cui si tratta viene disposta, modificando l’articolo 39, comma 1, lettera b), del codice della nautica da diporto, la proroga dell’attuale regime di sospensione dell’obbligo di patente nautica per le unità da diporto aventi motori di cilindrata superiore 750 cc a iniezione a due tempi fino al 31 dicembre 2020.

Contestualmente è modificato l’articolo 39, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 171 del 2005 prevedendo, a regime, l’obbligo della titolarità di patente nautica per le unità da diporto con motore a iniezione a due tempi di cilindrata superiore a 900 cc (invece che per le unità da diporto con motore a iniezione a due tempi di cilindrata superiore a 750 cc.).

Il combinato disposto delle citate norme potrebbe comportare che, come avvenuto per le stagioni estive 2018 e 2019,  permanga fino al 1° gennaio 2021 il regime di sospensione dell’obbligo di patente nautica per le unità da diporto aventi motori di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi (ivi comprese quindi anche le unità da diporto con motore di cilindrata inferiore a 1.000 cc se a iniezione a quattro tempi fuori bordo, o a 1.300 cc se a iniezione a quattro tempi entro bordo) mentre a partire dal 1° gennaio 2021 diventerebbe obbligatoria la titolarità della patente nautica per le unità con motori a iniezione a due tempi superiore a 900 cc.

Potrebbe tuttavia essere anche possibile interpretare la norma nel senso di ritenere immediatamente applicabile l’obbligo di patente nautica per la conduzione di unità da diporto aventi motori di cilindrata superiore a 900 cc.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di chiarire la decorrenza dell’obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità da diporto aventi motori di cilindrata superiore a 900 cc.

 

Si ricorda a tal proposito che la disciplina dell’obbligo di patente nautica per le unità da diporto con motore a iniezione a due tempi ha formato oggetto di molteplici interventi sin dalla riforma del codice della nautica da diporto di cui al decreto legislativo n. 229 del 2017.

Tale disposizione, modificando l’articolo 39 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, aveva previsto l’obbligo di patente nautica per le unità da diporto con cilindrata superiore a 750 cc se iniezione e a due tempi.

 

In particolare l’articolo 39, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 18/07/2005, n. 171, come novellato dal decreto legislativo n. 229 del 2017, prevede l’obbligo della patente nautica per la navigazione nelle acque interne e per la navigazione nelle acque marittime entro sei miglia dalla costa, quando a bordo dell'unità è installato un motore di cilindrata superiore a 750 cc se a carburazione o iniezione a due tempi, o a 1.000 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi fuori bordo, o a 1.300 cc se a carburazione o a iniezione a quattro tempi entro bordo, o a 2.000 cc se a ciclo diesel non sovralimentato, o a 1.300 cc se a ciclo diesel sovralimentato, comunque con potenza superiore a 30 kW o a 40,8 CV.

 

Sin da subito l’obbligo della titolarità della patente nautica per le unità con motore di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi aveva posto dei problemi di carattere economico ai cittadini e alle imprese che avevano acquisito unità da diporto con tale tipo di motorizzazione proprio in considerazione del fatto che essa non richiedeva l’uso della patente nautica.

Per fronte a tali problemi sul richiamato articolo 39 del Codice era intervenuto l'articolo 4, comma 3 del decreto-legge n. 91 del 2018 (decreto di proroga dei termini legislativi), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, prevedendo il differimento al 1° gennaio 2019 dell'obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità con installati gli stessi motori di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi. Successivamente è stata approvata la legge n. 73 del 2019 che, all’articolo 1, comma 1, ha differito al 1° gennaio 2020 l’entrata in vigore di tale obbligo.

È peraltro all’esame delle Commissioni IX della Camera dei deputati e VIII del Senato della Repubblica lo schema di decreto legislativo correttivo del decreto legislativo n. 229 del 2017 (A.G. 101) che prevede esattamente l’innalzamento a 900 cc del limite di cilindrata per i motori a due tempi a iniezione diretta di carburante ai fini dell'obbligo di patente nautica.

Con la disposizione all’esame viene pertanto anticipata la modifica di carattere sostanziale all’articolo 39 del decreto legislativo n. 229 del 2017 prevista nell’A.G. 101.


 

Articolo 13, commi 5-quinquies e 5-sexies
(Utilizzo dei proventi da oneri di urbanizzazione
e sanzioni in materia edilizia)

 

 

Il comma 5-quinquies dell’articolo 13, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede che a decorrere dal 1° aprile 2020 le risorse provenienti dal rilascio dei titoli abilitativi edilizi e dalle sanzioni previste dal Testo unico sull’edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001, da destinare, ai sensi dell’art. 1, comma 460, della legge di bilancio 2017, alle finalità ivi previste e non utilizzate, possono essere altresì utilizzate per promuovere la formazione di programmi diretti al completamento delle infrastrutture e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria dei piani di zona esistenti, fermo restando l’obbligo per i comuni di porre in essere le iniziative necessarie per l’adempimento da parte degli operatori coinvolti nei piani di zona delle obbligazioni convenzionali in materia.

Il comma 5-sexies, anch’esso introdotto nel corso dell’esame in sede referente, dispone, inoltre, che in relazione agli immobili costruiti secondo la normativa sull'edilizia agevolata, può essere disposta dall’autorità giudiziaria la sospensione del procedimento di sfratto a partire dall'avvio del procedimento di decadenza dalla convenzione da parte del comune, ovvero di revoca del finanziamento pubblico da parte della regione, ovvero dalla richiesta di rinvio a giudizio in procedimenti penali.

 

Più nel dettaglio, il comma 5-quinquies in esame novella l’art. 1, comma 460, della L. n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), aggiungendovi un secondo periodo volto a prevedere, quale ulteriore finalità per l’utilizzo dei proventi derivanti dal rilascio dei titoli abilitativi edilizi e dalle sanzioni previste dal testo unico sull’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), in caso di loro mancata utilizzazione per le finalità indicate nel citato comma 460, quella relativa alla promozione della formazione di programmi diretti al completamento delle infrastrutture e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria dei piani di zona esistenti, fermo restando l'obbligo dei comuni di porre in essere tutte le iniziative necessarie per ottenere l'adempimento, anche per equivalente delle obbligazioni assunte nelle apposite convenzioni o atti d'obbligo da parte degli operatori.

Si ricorda che il comma 460 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 (nel testo risultante dalle modifiche successivamente apportate dall’art. 1-bis, comma 1, del D.L. n. 148/2017) dispone che, a decorrere dal 1º gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico sull’edilizia, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alle seguenti finalità:

§  realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

§  risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate;

§  interventi di riuso e di rigenerazione;

§  interventi di demolizione di costruzioni abusive;

§  acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico;

§  interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico;

§  interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano;

§  spese di progettazione di opere pubbliche (finalità introdotta dal citato D.L. 148/2017).

Il comma 5-bis non modifica il primo periodo del comma 460 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017, il quale, come ricordato, prevede che le risorse in questione siano destinate esclusivamente e senza vincoli temporali alle finalità ivi indicate.

L’assenza di vincoli temporali alla utilizzabilità dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni per le finalità previste dal vigente comma 460 sembrerebbe porsi in contraddizione con la previsione, introdotta dalla norma in esame, secondo cui le risorse in questione che non siano state ancora utilizzate possono essere utilizzate anche per la ulteriore finalità prevista.

A fini di coerenza normativa, si valuti, pertanto, l’opportunità di un coordinamento tra il primo e il secondo periodo del comma 460 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017, al fine di chiarire, in particolare, le condizioni al ricorrere delle quali le risorse in questione possono considerarsi “non utilizzate” ai sensi del primo periodo e quindi utilizzabili anche per la nuova finalità introdotta dalla norma in esame.

Si ricorda che il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (art. 16, comma 1, del T.U. in materia edilizia). L'art. 10 del T.U. in materia edilizia elenca gli interventi soggetti a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali).

Con riferimento alla nuova finalità per l’utilizzo delle risorse in questione, introdotta dalla disposizione in esame, si ricorda altresì che i piani di zona sono strumenti urbanistici attuativi introdotti dalla L. n. 167/1962 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare), il cui art. 1 prevede che i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico. L’art. 4 della L. 162/1962 dispone che il piano deve contenere i seguenti elementi:

a) la rete stradale e la delimitazione degli spazi riservati ad opere ed impianti di interesse pubblico, nonché ad edifici pubblici o di culto;

b) la suddivisione in lotti delle aree, con l'indicazione della tipologia edilizia e, ove del caso, l'ubicazione e la volumetria dei singoli edifici;

c) la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.

I piani di edilizia economica e popolare (P.E.E.P.), previsti dalla citata L. n. 167/1962, si articolano generalmente, nelle città di maggiori dimensioni, in più “Piani di zona”, finalizzati alla formazione di un pubblico demanio di aree per la realizzazione di edilizia residenziale pubblica. L'approvazione dei piani equivale anche a dichiarazione di indifferibilità ed urgenza di tutte le opere, impianti ed edifici in esso previsti (art. 9, comma 2, della L. n. 167/1962).

Si ricorda altresì che i piani di zona rientrano nell’ambito di operatività dell’edilizia residenziale convenzionata, ossia di quegli interventi di edilizia residenziale pubblica (ERP) posti in essere previa stipula di una convenzione con il Comune (convenzione PEEP ex art. 35 della L. n. 865/1971; convenzione per la riduzione del contributo concessorio al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire, disciplinata dall'art. 18 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 - T.U. in materia edilizia). Con la convenzione, a fronte di concessioni da parte dell'Amministrazione pubblica (riguardanti l'assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti all'urbanizzazione del comparto e l'edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati.

 

Il comma 5-sexies interviene sulla disciplina degli sfratti che hanno ad oggetto immobili riconducibili a edilizia agevolata e prevede che il giudice possa sospendere il procedimento esecutivo di sfratto:

§  a seguito dell’avvio del procedimento di decadenza dalla convenzione da parte del comune;

§  a seguito dell’avvio del procedimento di revoca del finanziamento pubblico da parte della regione;

§  a seguito di una “richiesta di rinvio a giudizio in procedimenti penali”.

 

La norma potrebbe ricollegarsi alla previsione del comma 5-bis secondo cui resta fermo l’obbligo dei comuni di richiedere l’adempimento delle obbligazioni in materia di oneri di urbanizzazione da parte degli operatori dei piani di zona, nel senso che ove tali obbligazioni non siano adempiute e dall’adempimento derivi l’avvio di un procedimento amministrativo di decadenza dalla convenzione di edilizia agevolata o di revoca del finanziamento regionale, l’autorità giudiziaria può disporre la sospensione del procedimento di sfratto avviato nei confronti di titolari di unità abitative ubicate nei piani di zona interessati.

Si ricorda che il procedimento per convalida di sfratto, disciplinato dagli articoli da 657 a 669 del codice di procedura civile, è volto ad ottenere dal giudice (tribunale) un provvedimento che convalidi lo sfratto per scadenza del termine o per mancato pagamento del canone pattuito, dichiarando altresì la risoluzione del contratto. All’esito del procedimento il locatore ottiene un titolo esecutivo attraverso il quale può ottenere il rilascio dell’immobile. La disposizione in commento interviene in questa fase per bloccare il procedimento esecutivo.

 

In ordine alla formulazione del testo si valuti l’opportunità di chiarire quali siano i procedimenti penali che possono determinare la sospensione del procedimento di esecuzione dello sfratto.

Si valuti inoltre l’esigenza di specificare la durata della sospensione e le eventuali conseguenze a fronte degli esiti del processo penale.

 

Si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale ha affermato che «La sospensione della esecuzione per rilascio di immobili ad uso abitativo costituisce un intervento eccezionale che può incidere solo per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato – e non indefinitamente ed oltre un ragionevole limite di tollerabilità – sul diritto alla riconsegna di immobile» (cfr. sentenze n. 310 del 2003 e n. 155 del 2004).


 

Articolo 13, comma 5-septies
(Programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata)

 

 

Il comma 5-septies dell’articolo 13, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede il differimento al 31 dicembre 2022 del termine per la ratifica degli accordi di programma finalizzati alla rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

 

La norma in esame interviene sul comma 7 dell'art. 12 del D.L. 83/2012 prevedendo il differimento di tre anni (dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022) del termine ivi previsto, già prorogato in più occasioni, per la ratifica degli accordi suddetti.

L’art. 12, comma 7, del D.L. 83/2012 stabilisce la possibilità, per i programmi di edilizia sovvenzionata ed agevolata inclusi nel Programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato (avviato dall’art. 18 del D.L. 152/1999) per i quali sia stato ratificato l'accordo di programma entro il 31 dicembre 2007, di rilocalizzazione degli interventi edilizi nella stessa regione o in regioni confinanti, ma esclusivamente nei comuni capoluogo di provincia.

A tal fine il termine per la ratifica degli accordi di programma è fissato (in virtù di una serie di proroghe, l’ultima delle quali disposta dall’art. 1, comma 879, della L. 205/2017) al 31 dicembre 2019.

Su tale termine interviene il differimento previsto dal comma in esame.

 

L'elenco degli interventi con accordi di programma ratificati al 31 dicembre 2007 e di possibile rilocalizzazione è stato pubblicato sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (della pubblicazione è stata data notizia con un comunicato pubblicato nella G.U. del 21 agosto 2014).

Ulteriori informazioni sull’attuazione del programma in questione, avviato dall’art. 18 del D.L. 152/1991, sono disponibili in un’apposita sezione del sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


 

Articolo 13, comma 5-octies
(Trasferimento a RFI di nuove linee regionali non in esercizio)

 

 

Il comma 5-octies dell’articolo 13, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, trasferisce a Rete ferroviaria italiana le nuove linee regionali a scartamento ordinario interconnesse con la rete nazionale che assicurano un collegamento con le città metropolitane, per le quali non sia stata ancora autorizzata la messa in servizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

La disposizione prevede in particolare che, ai fini del trasferimento, sia necessaria un’intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione interessata.

Le reti così trasferite, a titolo gratuito, al gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale medesimo (ossia Rete Ferroviaria Italiana), che ne acquisisce la gestione in virtù della concessione della rete ferroviaria nazionale di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione del 31 ottobre 2000 n. 138-T, assumono immediatamente la qualificazione di infrastruttura ferroviaria nazionale.

La disposizione sembra diretta ad assicurare il superamento delle criticità relative alla tratta ferroviaria Bari-Bitritto, ancora non in esercizio, realizzata dalle Ferrovie Appulo Lucane, società interamente partecipata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che gestisce due tratte ferroviarie a binario semplice e a scartamento ridotto la Bari – Altamura – Matera e la Potenza – Avigliano – Altamura – Bari per un totale di 183 km.

 

Si ricorda che Rete ferroviaria italiana spa (RFI), è titolare della concessione sessantennale (ai sensi del decreto ministeriale n. 138/T del 2000) della rete ferroviaria nazionale.

Con riguardo al trasferimento di reti regionali al concessionario della rete ferroviaria nazionale si ricorda che il decreto-legge n. 50 del 2017 (art. 47) ha introdotto alcune disposizioni volte a prevedere la possibilità che reti regionali possano essere attribuite al gestore della rete ferroviaria nazionale. Tale norma prevede che, nell'ambito delle linee ferroviarie regionali siano individuate, con un decreto ministeriale, quelle di rilevanza per la rete ferroviaria nazionale, che possono essere destinatarie di finanziamenti dello Stato per eventuali investimenti sulle linee (sono indicati anche i criteri sulla base dei quali sono individuate queste linee). Tra queste linee, con ulteriori decreti ministeriali, sono individuate quelle che assumono la qualificazione di infrastruttura ferroviaria nazionale. Tali linee vengono trasferite a titolo gratuito al demanio e al patrimonio disponibile ed indisponibile dello Stato e contestualmente attribuite al gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale (Rete ferroviaria italiana).

 

In conseguenza di tale assegnazione a Rete ferroviaria italiana la disposizione precisa come agli interventi di manutenzione ed eventuale potenziamento della linea di provvede secondo le modalità e con le risorse previste nei contratti di programma di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015.

 

Secondo la vigente normativa i rapporti tra concessionario della rete ferroviaria nazionale (RFI S.p.A.) e concedente (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) sono regolati da uno o più contratti di programma, in base all'articolo 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015.  I contratti di programma sono stipulati per un periodo minimo di cinque anni e sono sottoposti, sulla base della disciplina prevista dalla legge n. 238 del 1993, al parere parlamentare da rendersi entro 30 giorni dalla presentazione.  Tali pareri erano originariamente resi dalle Camere sia sul testo dei contratti di programma che dei relativi aggiornamenti. Il decreto-legge n. 148 del 2017 (art. 15, comma 1-bis) ha però limitato il parere parlamentare ai contratti di programma e ai soli aggiornamenti che contengano modifiche sostanziali. Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento.

Il 3 maggio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 7 agosto 2017 sullo schema di contratto di programma - parte investimenti 2017-2021, il cui esame è stato concluso dalla IX Commissione il 25 ottobre 2018, data nella quale la Commissione ha espresso il proprio parere sull'atto. L'iter approvativo del nuovo contratto si è concluso con la registrazione alla Corte dei Conti del decreto ministeriale MIT-MEF n. 87 del 7 marzo 2019 di approvazione del Contratto di Programma tra Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 2017-2021, parte investimenti, che è diventato pertanto operativo dal 21 maggio 2019. Il precedente Aggiornamento 2016 del CdP-I 2012-2016 è rimasto valido fino all'entrata in vigore del nuovo contratto 2017-2021.

È stato presentato alle Camere in data in data 11 febbraio 2020 lo schema di aggiornamento 2018-2019 del contratto di programma 2017-2021 - Parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana Spa. Il termine per l’espressione del parere su tale documento è fissato al 12 marzo 2020.


 

Articolo 14, commi 1-2
(Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti agevolati a imprese italiane operanti in mercati esteri )

 

 

Il comma 1 dell’articolo 14 rifinanzia di 50 milioni di euro per l’anno 2019 il Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che realizzano programmi di penetrazione commerciale in mercati esteri (anche diversi da quelli dell’Unione europea). Il comma 2 dispone che all’onere finanziario di cui al comma 1 si provveda ai sensi dell’articolo 43, che reca disposizioni di copertura finanziaria del decreto in esame.

 

Il Fondo, gestito da SIMEST, è stato istituito con l’art. 2 del D.L. n. 251/1981 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 394/81), per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane operanti sui mercati esteri.

Successivamente, l’articolo 6 del D.L. n. 112/2008 (L. n.133/2008), come modificato dall’art. 42 del D.L. n. 83/2012, ha riformato i finanziamenti a tasso agevolato di cui alla legge n. 394/1981 rientranti nell’ambito di applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore “de minimis”.

Da ultimo, l’articolo 18-bis del D.L. n. 34/2019 ha esteso a mercati anche diversi da quelli dell’Unione europea le tipologie di iniziative delle imprese italiane che possono fruire delle agevolazioni finanziarie concesse a valere sul Fondo di rotazione.

Sono agevolabili a valere sul Fondo le iniziative delle imprese italiane dirette alla promozione, sviluppo e consolidamento delle medesime imprese sui mercati anche diversi da quelli dell'Unione Europea, nei limiti ed alle condizioni previste dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis) n. 1998/2006 della Commissione Europea del 15 dicembre 2006, la cui disciplina è stata abrogata e sostituita dal Regolamento (UE) n. 1407/2013 (art. 6, co. 1 del D.L. 112/2008). Le iniziative ammesse ai benefici sono:

a)    la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)   studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)    altri interventi prioritari (art. 6, co. 2 del D.L. 112/2008).

Per le predette iniziative, vi è una riserva di destinazione del 70 per cento annuo delle risorse del Fondo alle piccole e medie imprese (PMI) (art. 6, co. 3 del D.L. 112/2008).

Il D.M. 7 settembre 2016 e il D.M. 8 aprile 2019, adottati in attuazione dell’art. 6, co. 4 del D.L. 112/2008, come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 152 della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), fissano i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del Fondo.

La gestione degli interventi di agevolazione è disciplinata da una convenzione stipulata tra SIMEST e Ministero dello sviluppo economico. Il Fondo è gestito fuori bilancio e si avvale di un apposito conto di tesoreria (n. 22044).

Quanto alle gestione del Fondo si rinvia all’ultima Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, Volume I, Tomo II, Capitolo relativo ai Fondi di rotazione e gestioni fuori bilancio, pag. 36 e ss.

 

 


 

Articolo 14, comma 3
(Rinvio elezioni COMITES e CGIE)

 

 

L'articolo 14, comma 3, dispone il rinvio delle elezioni per il rinnovo dei COMITES e del CGIE il cui mandato quinquennale scade il 20 aprile 2020 e stabilisce che le elezioni si svolgano tra il 15 aprile e il 31 dicembre 2021.

 

I COMITES, istituiti originariamente dalla legge n. 205 del 1985, sono attualmente disciplinati dalla legge 23 ottobre 2003 n. 286 e dal D.P.R. 29 dicembre 2003, n. 395 (regolamento di attuazione).

I COMITES sono organismi rappresentativi eletti direttamente dagli italiani residenti all'estero in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno tremila connazionali, ovvero nominati dall'autorità diplomatico-consolare nelle circoscrizioni nelle quali vivano meno di tremila cittadini italiani.

Il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (C.G.I.E.), istituito con la legge 6 novembre 1989 n. 368 (modificata da ultimo dal DL 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni, dalla Legge 23 giugno 2014, n. 89) e disciplinato dal regolamento attuativo di cui al D.P.R. 14 settembre 1998, n. 329, è organo di consulenza del Governo e del Parlamento sui grandi temi di interesse per gli italiani all'estero.

Esso deriva la sua legittimità rappresentativa dall'elezione diretta da parte dei componenti dei COMITES nel mondo e rappresenta un importante passo nel processo di sviluppo della partecipazione attiva alla vita politica del paese da parte delle collettività italiane nel mondo. Allo stesso tempo costituisce l'organismo essenziale per il loro collegamento permanente con l'Italia e le sue istituzioni.

Il CGIE è presieduto dal Ministro degli Affari Esteri e, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 89/2014, si compone di 63 Consiglieri, di cui 43 in rappresentanza delle comunità italiane all’estero e 20 di nomina governativa.

Si ricorda che le ultime elezioni per i COMITES si sono svolte nell'aprile 2015 come stabilito dalla legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), che aveva provveduto a rinviare le elezioni già indette per il 19 dicembre 2014, secondo quanto previsto dal D.L. n. 67 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge n. 118 del 2012), all'art. 1, comma 1.

Precedenti rinvii, di durata biennale, erano stati via via disposti: dall'articolo 10, comma 1, del D.L. n. 207/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009; e successivamente dall'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 63 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2010. Tali provvedimenti disponevano altresì, che gli attuali componenti dei Comitati e del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) - una parte dei cui componenti è eletta localmente da assemblee nelle quali hanno un peso prevalente i componenti dei COMITES - restassero in carica fino all'insediamento dei nuovi organi.

La disciplina delle modalità di voto è, a sua volta, recata dal D.L. 30 maggio 2012 n. 67 che ha introdotto, all’articolo 1, la modalità del voto informatico, rinviando ad un successivo regolamento per l'attuazione della disposizione. Successivamente, il comma 3 dell'art. 10 del D.L. n. 109/2014 recante proroga di missioni internazionali, convertito con modificazioni dalla legge n. 141 del 2014 - nelle more dell'emanazione del regolamento per il voto informatico - ha introdotto modifiche al citato decreto-legge n. 67/2012 (aggiungendo il comma 2-bis all’articolo 1) tali da consentire la tenuta delle elezioni con le modalità per corrispondenza già previste dalla legge 286 del 2003. Sono ammessi al voto i soli elettori che abbiano fatto pervenire le domande di iscrizione nell'elenco elettorale presso l'ufficio consolare di riferimento almeno trenta giorni prima della data stabilita per le elezioni. È in capo agli uffici consolari la responsabilità di una tempestiva comunicazione della data delle elezioni alle comunità italiane in loco, sia per mezzo di avvisi affissi nella sede della rappresentanza consolare, sia attraverso la pubblicazione dei medesimi messaggi sui rispettivi siti Internet o con qualsiasi altro mezzo idoneo di comunicazione.

In passato la soluzione di rinviare le elezioni dei COMITES è stata suggerita dagli elevati costi del voto per corrispondenza.

Si ricorda altresì che i COMITES sono composti da 12 membri o da 18 membri, a seconda che vengano eletti in Circoscrizioni consolari con un numero inferiore o superiore a 100 mila connazionali residenti, quali essi risultano dall'elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all’estero. Oltre ai membri eletti di cittadinanza italiana, possono far parte del Comitato, per cooptazione, cittadini stranieri di origine italiana in misura non eccedente un terzo dei componenti il Comitato eletto (4 o 6 componenti). Anche attraverso studi e ricerche, i COMITES contribuiscono ad individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della comunità di riferimento; promuovono, in collaborazione con l'autorità consolare, con le regioni e con le autonomie locali, nonché con enti, associazioni e comitati operanti nell'ambito della circoscrizione consolare, opportune iniziative nelle materie attinenti alla vita sociale e culturale, con particolare riguardo alla partecipazione dei giovani, alle pari opportunità, all'assistenza sociale e scolastica, alla formazione professionale, al settore ricreativo, allo sport e al tempo libero. I Comitati sono anche chiamati a cooperare con l'Autorità consolare nella tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare.

 

 


 

Articolo 14, comma 4
(Proroga comandi obbligatori presso AICS)

 

 

L’articolo 14, comma 4 - come modificato durante l’esame in sede referente alla Camera - dispone la proroga fino al 31 dicembre 2022 del termine per i comandi obbligatori presso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, novellando l’art. 19, comma 5, della legge n. 125/2014 sulla cooperazione allo sviluppo.

 

La formulazione originaria del comma in commento prevedeva la proroga di tali comandi fino al 2021. L’articolo 19, comma 5, della legge n. 125/2014 di cui si propone la novella, disponeva la possibilità per l’AICS di avvalersi di comandi obbligatori per un quinquennio a decorrere dalla sua istituzione.

L’intervento di proroga, secondo la relazione illustrativa, si rende necessario in quanto l’Agenzia ha operato e continua ad operare con una quantità di personale in servizio inferiore al 50% della dotazione organica. In attesa della conclusione delle procedure di reclutamento di 60 funzionari, che dovranno essere avviate attraverso i concorsi banditi dal Dipartimento della Funzione Pubblica-Ripam, è essenziale continuare a fare affidamento sull’istituto del “comando obbligatorio” già previsto dall’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Il ricorso al personale in comando da altre amministrazioni è essenziale, inoltre, anche in ragione della progressiva cessazione dal servizio, per collocamento a riposo, degli esperti di cooperazione di cui all’abrogata legge sulla cooperazione n. 49 del 1987, che, ai sensi dell’articolo 32, comma 4, della legge nuova disciplina sulla cooperazione recata dalla legge n. 125 del 2014, costituiscono una categoria ad esaurimento.

 

L’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), istituita dall’art. 17 della legge n. 125/2014, in quanto braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione svolge le pertinenti attività di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo delle iniziative di cooperazione allo sviluppo. L’Agenzia, inoltre, ha compiti di assistenza e supporto tecnico alle amministrazioni pubbliche, centrali e locali, sui progetti di cooperazione. L’AICS gode di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio ed è pertanto in condizione di operare in modo flessibile all’interno delle competenze fissate dalla legge 125/2014 e delle funzioni di vigilanza attribuite al MAECI, nonché in conformità con le linee di indirizzo approvate dal Governo con il Documento triennale.

Operativa dal 1° gennaio 2016, dopo l’adozione dei necessari regolamenti ed altri atti normativi, nelle prime fasi di attività l’Agenzia ha preso in carico tutti i progetti che erano del MAECI ed ha accreditato presso i governi corrispondenti le sue - attuali - 20 sedi all’estero.

 

L’AICS opera sulla base di direttive emanate dal Ministro, in attuazione degli indirizzi stabiliti dal Comitato congiunto per la Cooperazione allo Sviluppo (CICS). Istituito presso il MAECI, ad esso è riservata l’approvazione di iniziative di cooperazione dell’Agenzia di valore superiore a 2 milioni di euro, fermo restando che esso sia comunque messo a conoscenza delle iniziative di importo inferiore. Il Comitato, tra il resto, definisce la programmazione annuale con riferimento a Paesi ed aree di intervento e delibera le singole iniziative da finanziare.

Il Comitato è presieduto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal vice ministro della cooperazione allo sviluppo, ed è composto dal direttore generale per la cooperazione allo sviluppo e dal direttore dell’Agenzia. Vi partecipano, senza diritto di voto, i responsabili delle strutture competenti in relazione all’ordine del giorno ed i rappresentanti del MEF (oltre al direttore generale del Tesoro) o di altre Amministrazioni pubbliche, per la trattazione di materie di loro competenza; è altresì prevista l’estensione della partecipazione al Comitato, senza diritto di voto, ad un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome e/o un rappresentante delle associazioni rappresentative degli enti locali nel caso in cui vengano trattate questioni di loro competenza.

Si ricorda altresì, per ragioni di completezza, che la legge n. 125/2014 (art. 22) ha assegnato a Cassa Depositi e Prestiti (CDP) il ruolo di Istituzione Finanziaria per la Cooperazione allo Sviluppo nonché di Banca di sviluppo (il cosiddetto braccio finanziario della cooperazione). CDP nel sistema italiano della cooperazione pubblica allo sviluppo è lo strumento per utilizzare, oltre alle risorse su cui la cooperazione poteva contare in passato (fondi a dono e i crediti di cui al fondo rotativo di cui alla legge 227/77), anche risorse proprie che CDP, in coordinamento con il MAECI, può concedere a Stati, Banche pubbliche, Istituzioni internazionali o per cofinanziare soggetti pubblici o privati.

 

 

 


 

Articolo 14, comma 4-bis
(Finanziamento internazionalizzazione delle imprese)

 

 

Il comma 4–bis dell’articolo 14 autorizza la spesa di 700 mila euro per il 2020 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 per la prosecuzione degli interventi di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e dei consorzi per l’internazionalizzazione di cui all’articolo 42 del D.L. n. 83/2012.

 

Si ricorda che il D.L. 83/2012 (convertito, con modificazioni, in legge n. 134/2012) ha disciplinato i consorzi per l’internazionalizzazione. Ai sensi del comma 5 dell’articolo 42 del predetto D.L., i consorzi per l'internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi, agroalimentari, agricole e ittiche aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale.

 

Al relativo onere si provvede attraverso corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, di cui al comma 200 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014.

Il Fondo, iscritto sul capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, presenta, nel bilancio 2020-2022 uno stanziamento di competenza pari a circa 20,0 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022.

 


 

Articolo 14, comma 4-ter e 4-quater
(Rifinanziamento del Fondo per il sostegno alla promozione
della lingua e della cultura italiana all’estero)

 

 

L’articolo 14, comma 4-ter e 4-quater opera per l’esercizio in corso un rifinanziamento del Fondo per il sostegno alla promozione della lingua e della cultura italiana all’estero, istituito dalla legge di bilancio per il 2017.

 

Il comma 4-ter – introdotto nel corso dell’esame in sede referente – dispone un’integrazione di 200 mila euro, per l’anno in corso, e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, delle risorse del Fondo per il sostegno della promozione della lingua e della cultura italiana all’estero istituito dall’art. 1, comma 587 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017). Il comma successivo del medesimo articolo (art. 1, comma 588) ha previsto che la ripartizione delle risorse sia effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il Fondo, istituito dalla disposizione richiamata nell’ambito stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), è stata originariamente dotato di 20 milioni di euro per l’anno 2017, di 30 milioni di euro per l’anno 2018 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

La ripartizione delle risorse, secondo quanto previsto dal menzionato art. 1, comma 588, è intervenuta con il DPCM 6 luglio 2017 .

In particolare l’art. 4, comma 1, del decreto ha disposto con riferimento agli esercizi finanziari 2019 e 2020, che lo stanziamento del Fondo, pari a euro 50 milioni annui, sia ripartito come segue:

a)      euro 36.250.000 annui al MAECI;

b)      euro 6.750.000 annui al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR);

c)      euro 7.000.000 annui al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT).

Più nel dettaglio la quota di risorse spettante al MAECI è ripartita dal medesimo art. 4, comma 2, tra le seguenti iniziative:

§  euro 2.600.000 annui, ad integrazione del contributo versato alla Società “Dante Alighieri”, per il potenziamento delle attività di promozione della cultura e della lingua italiane all’estero svolte dalla medesima società;

§  euro 14.150.000 annui, per l’organizzazione d’iniziative e di eventi a sostegno delle industrie creative, ­ nonché per la promozione integrata dei territori e del turismo culturale, nonché per attività di presentazione agli attori del Sistema Paese delle opportunità di scambi con Paesi terzi;

§  euro 3.700.000 annui, per attività di promozione del patrimonio culturale ed artistico italiano all’estero e per il sostegno alle missioni archeologiche italiane all’estero;

§  euro 6.100.000 annui, per l’iniziativa “Italiano Lingua Viva”, di cui 2.160.000 a sostegno delle attività degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiane;

§  euro 3.800.000 annui, per la promozione di iniziative e progetti in materia di scienza, tecnologia e innovazione;

§  euro 5.900.000 annui per iniziative e progetti a sostegno della promozione del sistema italiano della formazione superiore, incluse le attività e le iniziative di cooperazione interuniversitaria, borse di studio, progetti speciali di alta formazione.

 

La quota di risorse destinata al MIUR è finalizzata, nel biennio di riferimento, alla prosecuzione degli interventi di mantenimento, aggiornamento e gestione di un sito web interattivo, finalizzato alla mobilità internazionale nel settore della formazione superiore, realizzazione di materiale informativo, cartaceo e digitale, dedicato all’internazionalizzazione delle università e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica; alla realizzazione di strumenti innovativi digitali di supporto alla mobilità internazionale collegati  all’offerta formativa; sostegno ad una rete di punti di contatto all'estero con finalità di promozione, orientamento e reclutamento dei talenti, in Paesi prioritari concordati con il MAECI; avvio di una rete di partenariati universitari binazionali; avvio d’iniziative nell’ambito dell’istruzione superiore a sostegno dell’Africa nel quadro dell’iniziativa per i rifugiati denominata Corridoi educativi”; sostegno alla partecipazione italiana al Bologna Process con particolare  riferimento  alle riunioni ministeriali del 2020.

Le risorse destinate al MIBACT sono invece destinate, sempre nel biennio 2019-2020, alla prosecuzione delle attività di promozione del cinema, dello spettacolo e dell'arte italiani all’estero.

 

Il comma 4-quater pone la copertura degli oneri derivanti dal precedente comma 4-ter a valere sulle risorse del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014).


 

Articolo 14, commi 4-quinquies e 4-sexies
(Retribuzioni del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura)

 

 

L’articolo 14, commi 4-quinquies e 4-sexies incrementa l’autorizzazione di spesa, originariamente disposta dalla legge di bilancio per il 2018, destinata all’adeguamento delle retribuzioni del personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura.

 

Il comma 4-quinquies – introdotto nel corso dell’esame in sede referente – al fine di garantire la tutela dei diritti impiegati assunti a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura, novella l’art. 1, comma 276, lett. e) della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018) incrementando l’autorizzazione di spesa ivi contenuta, che passa da 1.000.000 a 1.200.000 euro con riferimento all’esercizio finanziario 2020 ed a 1.400.000 a decorrere dal 2021. Tali somme sono destinate ad adeguare le retribuzioni del personale a contratto che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere per le proprie esigenze di servizio, di cui all’art. 152 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri) ai parametri di riferimento contenuti nell’art. 157 del medesimo D.P.R.

Conseguentemente, il comma 4-sexies – parimenti inserito in sede referente – pone la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 4-quinquies, ammontanti a 200.000 euro per l’anno 2020 e 400.000 euro a decorrere dal 2021, a valere sulla corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014).

L’art. 1, comma 276, lett. e) della legge di bilancio per il 2018, come modificato dall’art 1, comma 333 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio per il 2019), autorizza la spesa di 600.000 euro per l'anno 2018 e di 1.000.000 di euro annui a decorrere dall'anno 2019, per le sopracitate finalità di adeguamento delle retribuzioni del personale di cui all’art. 152 del D.P.R. n. 18/1967.

L’articolo 152 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 stabilisce che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possano assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.920 unità. Gli impiegati a contratto svolgono le mansioni previste nei contratti individuali, tenuto conto dell'organizzazione del lavoro esistente negli uffici all'estero. Il contratto di assunzione è stipulato a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi, alla scadenza del quale, sulla base di una relazione del capo dell'ufficio, si provvede a disporne la conferma o la risoluzione.

Il successivo articolo 157 dispone che la retribuzione annua base sia fissata dal contratto individuale tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali, tenendo altresì conto delle eventuali indicazioni di massima fornite annualmente dalle organizzazioni sindacali. La norma precisa che la retribuzione debba comunque essere congrua ed adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati. La retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei termini di riferimento di cui al precedente comma e all'andamento del costo della vita. La retribuzione annua base, inoltre, è determinata in modo uniforme per paese e per mansioni omogenee; può tuttavia essere consentita in via eccezionale, nello stesso paese, una retribuzione diversa per quelle sedi che presentino un divario particolarmente sensibile nel costo della vita.


 

Articolo 15, commi 1 e 2
(Proroga stato di emergenza ponte Morandi e sisma Molise 2018)

 

 

L’articolo 15, comma 1, prevede la possibilità di estendere, fino ad una durata complessiva di tre anni, la proroga dello stato di emergenza correlato agli eventi veri?catisi il 14 agosto 2018 nel territorio del Comune di Genova, a causa del crollo di un tratto del viadotto Polcevera, noto come ponte Morandi. Il comma 2 estende la suddetta previsione anche per lo stato di emergenza dichiarato per gli eventi sismici avvenuti in Molise dal 16 agosto 2018.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 15 stabilisce la possibilità di un’ulteriore proroga, fino ad una durata complessiva di tre anni, dello stato di emergenza correlato agli eventi verificatisi il 14 agosto 2018 nel territorio del Comune di Genova a causa del crollo di un tratto del viadotto Polcevera, noto come Ponte Morandi, in deroga al limite ordinario di due anni di durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale (12 mesi, prorogabili per non più di ulteriori 12 mesi), di cui all'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).

Si ricorda che con la delibera del Consiglio dei ministri del 15 agosto 2018 è stato dichiarato, per dodici mesi, lo stato di emergenza in conseguenza degli eventi verificatisi nella mattinata del 14 agosto 2018 nel territorio del Comune di Genova a causa del crollo di un tratto del viadotto Polcevera, noto come ponte Morandi, sulla A10. Successivamente, con la delibera del Consiglio dei ministri 31 luglio 2019 lo stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato di dodici mesi, fino quindi al 15 agosto 2020.

 

La norma in esame prevede che l’eventuale ulteriore proroga dello stato di emergenza debba essere disposta:

§  secondo le modalità previste dal medesimo articolo 24 del Codice della protezione civile;

§  senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

§  e previa informativa semestrale al Dipartimento della protezione civile da parte del Commissario delegato, sullo stato di avanzamento e sul programma di interventi da concludere e relativi tempi, e con la dimostrazione della disponibilità di risorse sulla contabilità speciale intestata al medesimo Commissario, al fine di far fronte alle connesse attività.

Con riferimento alle modalità, cui la norma in esame rinvia, disciplinate dall’articolo 24, comma 1, del Codice della protezione civile, si ricorda che tale disposizione prevede che – al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti emergenziali di rilievo nazionale – il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile.

La delibera individua, secondo criteri omogenei definiti, le prime risorse finanziarie da destinare all'avvio delle attività di soccorso e assistenza alla popolazione e degli interventi più urgenti, nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi fabbisogni, e autorizza la spesa nell'ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44 del medesimo Codice.

 

Il comma 2 prevede la possibilità di proroga fino ad una durata complessiva di tre anni, prevista al comma 1, anche per lo stato di emergenza conseguente agli eventi sismici che hanno colpito i comuni della provincia di Campobasso, a far data dal 16 agosto 2018, individuati dall’allegato 1 del D.L. 32/2019.

Con la deliberazione del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 è stato dichiarato, per la durata di 6 mesi decorrenti dalla data del 6 settembre 2018, lo stato di emergenza nei comuni della provincia di Campobasso colpiti da una serie di eventi sismici a far data dal 16 agosto 2018, successivamente prorogato con la delibera del consiglio dei ministri del 20 marzo 2019 per ulteriori dodici mesi. L’allegato 1 al D.L. 32/2019 elenca i seguenti 21 comuni della provincia di Campobasso colpiti dagli eventi sismici del 2018: Acquaviva Collecroce; Campomarino; Castelbottaccio; Castelmauro; Guardialfiera; Guglionesi; Larino; Lupara; Montecilfone; Montefalcone del Sannio; Montemitro; Montorio nei Frentani; Morrone del Sannio; Palata; Portocannone; Rotello; San Felice del Molise; San Giacomo degli Schiavoni; San Martino in Pensilis; Santa Croce di Magliano; Tavenna.

Si ricorda che nel D.L. 32/2019 (cd. DL sblocca cantieri) sono stati previsti, tra l’altro, diversi interventi a favore dei territori colpiti dal sisma del 2018 in Molise, tra i quali la nomina di un commissario straordinario per la ricostruzione, l’apertura di contabilità speciali e contributi per la ricostruzione privata. Per approfondimenti si rinvia alla scheda consultabile al seguente link.


 

Articolo 15, comma 3
(Proroga assunzioni Liguria)

 

 

Per fronteggiare le necessità conseguenti al crollo del viadotto Polcevera, avvenuto il 14 agosto 2018, il comma 3 dell’articolo 15 riconosce anche per il 2020 la possibilità per le amministrazioni territoriali della Liguria, nonché per la Camera di Commercio di Genova e l’Autorità del Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, di assumere personale a tempo determinato, entro determinati limiti e anche in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale previsti dalla normativa vigente.

 

Nel dettaglio, il comma in esame - modificando l’articolo 2, del D.L. 109/2018 (vedi infra) – riconosce

§  alla regione Liguria, alla città metropolitana di Genova, al comune di Genova, agli enti del settore regionale allargato (con l’esclusione degli enti del S.S.N.), alle società controllate dalle predette amministrazioni territoriali e alla Camera di Commercio di Genova, la possibilità di assumere, complessivamente per gli anni 2018, 2019 (come già previsto) e 2020, fino a 300 unità di personale a tempo determinato, con funzioni di protezione civile, polizia locale e di supporto all'emergenza e delle qualifiche previste nelle società partecipate in house del Comune di Genova e nelle agenzie della Regione Liguria (lettera a)). Conseguentemente, si proroga anche per il 2020 la possibilità che il Commissario delegato provveda al riparto tra i suddetti soggetti delle unità di personale e delle risorse nel limite complessivo di spesa di 10 milioni di euro (lettera b)). Alla copertura finanziaria per le misure introdotte dalle predette lettere a) e b) si provvede con un incremento della contabilità speciale di cui alla richiamata ordinanza n. 539 del 20 agosto 2018, intestata al Commissario delegato per l’emergenza dell’evento, pari a 10 milioni di euro per il 2020, mediante utilizzo del Fondo per le emergenze nazionali[1] (di cui all’art. 44 del D.Lgs. 1/2018, istituito presso il Dipartimento della protezione civile per gli interventi conseguenti alle emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari) (lettera d)). Viene confermato che tali assunzioni avvengono in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale previsti dalla normativa vigente (in particolare l’art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010 e l’art. 1, c. 557 e 562, della L. 296/2006[2]);

Come specificato dal richiamato art. 2 del D.L. 109/2018, la predetta facoltà è riconosciuta previa autorizzazione del Commissario delegato per l’emergenza (nominato con ordinanza n. 539 del 20 agosto 2018[3]). Inoltre, per le suddette assunzioni si prevede la facoltà di attingere dalle graduatorie vigenti (anche di altre amministrazioni) per profili professionali compatibili con le esigenze, formate anche per assunzioni a tempo indeterminato. Nel caso in cui non sia possibile individuare nelle suddette graduatorie personale del profilo professionale richiesto, i soggetti di cui al comma 1 possono procedere all'assunzione previa selezione pubblica, anche per soli titoli, sulla base di criteri di pubblicità, trasparenza e imparzialità anche semplificati

§  all’Autorità del Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale per assunzioni a tempo determinato di 20 unità di personale, nel triennio 2018-2020, con funzioni di supporto operativo e logistico all'emergenza. Conseguentemente, viene definita anche per il 2020 la riduzione, pari a 1 milione di euro, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali (di cui all’art. 6, c. 2, del D.L. 154/2008) (lettera c)).

Si ricorda che l’art. 2 del D.L. 109/2018 prevede la possibilità di utilizzare le eventuali economie derivanti da quanto ivi previsto (ad integrazione del piano di interventi del Commissario delegato) per le finalità di cui alla richiamata ordinanza n. 539 del 20 agosto 2018, comprese le attività di recupero dei beni dagli immobili oggetto di ordinanze di sgombero adottate a seguito dell’evento.

 


 

Articolo 15, comma 4
(Indennità lavoratori privati penalizzati a seguito del crollo del ponte Morandi)

 

Il comma 4 dell’articolo 15 eleva (da 12) a 19 mesi il periodo massimo per cui può essere concessa un’indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, in favore dei lavoratori del settore privato (compreso quello agricolo) che, a seguito del crollo del Ponte Morandi, siano impossibilitati o penalizzati a prestare attività lavorativa (in tutto o in parte) prevista a decorrere dal 14 agosto 2018.

 

Più in dettaglio, l’indennità prevista per i lavoratori impossibilitati nello svolgimento del lavoro a seguito del crollo del ponte Morandi - introdotta dall’articolo 4-ter, comma 1, del D.L. 109/2018 – è concessa, insieme alla relativa contribuzione figurativa, in favore dei suddetti lavoratori dipendenti da aziende, o da soggetti diversi dalle imprese, operanti nelle aree del territorio della Città Metropolitana di Genova, individuate con specifico provvedimento del Commissario delegato (sentiti la Regione Liguria ed il Comune di Genova), a condizione che abbiano subito un impatto economico negativo e che non rientrino nell'ambito di applicazione delle norme in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro o che abbiano esaurito le tutele previste dalla normativa vigente.

Per completezza, si ricorda che il comma 2 del richiamato art. 4-ter D.L. 109/2018 contempla anche una indennità una tantum pari a 15.000 euro in favore dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o di rapporti di agenzia o di rappresentanza commerciale e dei lavoratori autonomi (compresi i titolari di attività di impresa e professionali), che siano iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza e che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa del crollo del Ponte Morandi, nel rispetto della normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato.

Entrambe le suddette indennità sono concesse, nel limite di spesa complessivo di 11 milioni di euro per il 2018 e di 19 milioni di euro per il 2019, con specifico decreto dalla Regione (Liguria). Con il decreto 11/2019 la regione Liguria ha approvato l’Accordo quadro per il 2019 finalizzato alla concessione della misura di sostegno al reddito di cui all’art. 4-ter, comma 1, del D.L. 109/2018.

 

 


 

Articolo 15, comma 5
(Comunicazione dell’ammontare dei danni subiti
per gli eventi sismici in Abruzzo nel 2009)

 

 

L’articolo 15, comma 5, prevede che la comunicazione sull’ammontare dei danni subiti a causa degli eventi sismici del 2009 in Abruzzo venga presentata entro il 30 giugno 2020, anziché entro il 31 dicembre 2019.

 

Il comma 5 novella l'articolo 1-septies, comma 1, del D.L. 55/2018 – modificato da ultimo dall'art. 21, comma 2-bis, del D.L. n. 32/2019 (cd. Sblocca cantieri) – il quale prevede che i dati relativi all’ammontare dei danni subiti per effetto degli eventi sismici verificatisi nella Regione Abruzzo nell’aprile 2009 e le eventuali osservazioni in merito alle somme effettivamente percepite siano presentati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2019 dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento di recupero.

Con la modifica in esame, il termine entro cui devono essere presentate le suddette comunicazioni, a pena di decadenza, è prorogato al 30 giugno 2020.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 9 marzo 2018, ha disposto la nomina del commissario straordinario per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali e la procedura per l'attuazione della decisione della Commissione europea C(2015) 5549 del 14 agosto 2015.

Nell'ambito di tale procedura, è previsto che il Commissario straordinario provveda a dare notizia ai beneficiari di agevolazioni fiscali, previdenziali ed assicurative, identificati sulla base delle informazioni fornite dalle amministrazioni o dagli enti che le hanno concesse, ai sensi dell’art. 8 della L. n. 241/1990, dell’avvio del procedimento di recupero. La comunicazione di avvio del procedimento indica quali sono, in linea generale ed esemplificativa, i costi ammissibili per i danni materiali ed economici provocati dalle calamità naturali, sulla base di quanto stabilito dalla normativa rilevante in materia; indica quali sono i mezzi di prova a disposizione dei beneficiari e invita a presentare, a pena di decadenza, entro centoventi giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, i dati relativi all’ammontare dei danni subiti per effetto del sisma del 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite.

Il D.P.C.M. 14 novembre 2017 dispone anche che, durante il periodo concesso per l’invio dei dati e delle osservazioni, resta sospeso il termine assegnato al Commissario straordinario per l’adozione del provvedimento di recupero. Tale termine, previsto dall’art. 48, comma 2, della L. n. 234/2012 ha una durata pari a 45 giorni dal decreto di nomina del Commissario medesimo.

Si ricorda che l’art. 107, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dichiara compatibili con il mercato interno “gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”. Nella valutazione dei regimi di aiuto di cui all’art. 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, la Commissione europea è tenuta a verificare che le circostanze relative alle calamità naturali invocate per giustificare la concessione dell’aiuto e che le seguenti condizioni siano soddisfatte. In particolare, deve essere dimostrato che il danno per cui viene concessa la compensazione sia una conseguenza diretta della calamità naturale e che l’aiuto non deve comportare un trasferimento eccedente rispetto alla compensazione del danno ma solo ovviare al danno provocato dalla calamità naturale. Secondo il costante parere della Commissione europea, terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche costituiscono calamità naturali ai sensi dell’art. 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, e dunque le imprese danneggiate a seguito di tali eventi possono, in via di principio, qualificarsi come beneficiari di aiuto per l’importo del danno subito. La norma del Trattato trova una sua declinazione giuridica nell’art. 50 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE. L’art. 50 citato dispone che i regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati (tra gli altri) da terremoti sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino le seguenti condizioni:

a) le autorità pubbliche competenti di uno Stato membro hanno riconosciuto formalmente il carattere di calamità dell'evento;

b) esiste un nesso causale diretto tra i danni provocati dalla calamità naturale e il danno subito dall'impresa.

I regimi di aiuti connessi a una determinata calamità sono adottati nei tre anni successivi alla data dell'evento. Gli aiuti sono concessi entro quattro anni dall'evento. I costi ammissibili sono i costi dei danni subiti come conseguenza diretta della calamità naturale, valutati da un esperto indipendente riconosciuto dall'autorità nazionale competente o da un'impresa di assicurazione. Tra i danni vi sono quelli materiali ad attivi (ad esempio immobili, attrezzature, macchinari, scorte) e la perdita di reddito dovuta alla sospensione totale o parziale dell'attività per un periodo massimo di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento. Il calcolo dei danni materiali è basato sui costi di riparazione o sul valore economico che gli attivi colpiti avevano prima della calamità. Il danno viene calcolato individualmente per ciascun beneficiario. L'aiuto e tutti gli altri pagamenti ricevuti a copertura dei danni, compresi i pagamenti nell'ambito di polizze assicurative, non superano il 100% dei costi ammissibili.

In ambito nazionale, si ricorda infine la disciplina relativa agli aiuti di Stato recata dalla L. n. 234/2012, ed in particolare l’art. 48, comma 2, relativo alle procedure di recupero, che reca disposizioni sulla procedura e sui termini per dare attuazione alle decisioni di recupero notificate dalla Commissione europea all’Italia. La disposizione prevede - nel caso di più amministrazioni interessate - la nomina di un commissario straordinario che, con proprio provvedimento, individua - entro quarantacinque giorni dal decreto di nomina - i soggetti tenuti alla restituzione dell’aiuto, nonché gli importi ed i termini del pagamento.


 

Articolo 15, comma 5-bis
(Ripristino della funzionalità degli immobili adibiti ad uso scolastico e universitario nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009)

 

 

Il comma 5-bis dell’articolo 15, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede il differimento al 31 dicembre 2021 del termine fino al quale gli interventi di riparazione e ricostruzione, per il ripristino della funzionalità degli immobili adibiti ad uso scolastico e universitario nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, possono essere attuati, entro i limiti della soglia di rilevanza europea, applicando per l'affidamento di lavori, servizi e forniture le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara.

 

La norma in esame differisce al 31 dicembre 2021 il termine, scaduto il 31 dicembre 2019, previsto dal comma 9-bis dell’art. 11 del D.L. 78/2015.

Tale comma 9-bis (introdotto dall’art. 2-bis, comma 31, del D.L. 148/2017) prevede, al fine di garantire un celere ripristino della funzionalità degli immobili adibiti ad uso scolastico e universitario nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, che gli interventi di riparazione e ricostruzione possono essere attuati, fino alla data del 31 dicembre 2019 ed entro i limiti della soglia di rilevanza europea[4], applicando per l'affidamento di lavori, servizi e forniture le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara.

Lo stesso comma prevede inoltre che:

- nel rispetto dei princìpi di trasparenza, concorrenza e rotazione, l'invito, contenente l'indicazione dei criteri di aggiudicazione dell'appalto, è rivolto, sulla base del progetto definitivo, ad almeno 5 operatori economici iscritti nell'elenco degli operatori economici di cui all'art. 67-quater, comma 9, del D.L. 83/2012[5];

- i lavori vengono affidati sulla base della valutazione delle offerte effettuata da una commissione giudicatrice costituita secondo le modalità stabilite dall'art. 216, comma 12, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

 

Si ricorda che le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara sono disciplinate dal Codice dei contratti pubblici come fattispecie applicabile, per importi uguali o superiori alle soglie di rilevanza europea, nei casi individuati dall’art. 63. Le stesse procedure sono previste inoltre dall’art. 36 del Codice dei contratti pubblici (come modificato dall’art. 1, comma 20, lettera h) del D.L. 32/2019) per i seguenti contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea (c.d. contratti sottosoglia):

- affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici;

- affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 350.000 euro e inferiore a 1 milione di euro, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 15 operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici.

Per affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro e fino alla soglia europea è invece previsto il ricorso a procedure aperte, mentre per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, così come per contratti di servizi e forniture di importo inferiore alle soglie, è previsto l’affidamento diretto.


 

Articolo 15, comma 6
(Proroga stato di emergenza Sisma 2012)

 

 

L’articolo 15, comma 6 proroga sino al 31 dicembre 2021 il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, indicando la finalità di garantire la continuità delle procedure connesse con l’attività di ricostruzione.

 

La disposizione proroga sino al 31 dicembre 2021 il termine di scadenza, attualmente previsto al 31 dicembre 2020, dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legge n. 74 del 2012. Si indica la finalità di garantire la continuità delle procedure connesse con l’attività di ricostruzione.

Il citato D.L. n. 74 del 2012 ha recato Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

La RT indica l'assenza di nuovi oneri per la finanza pubblica.

 

Nel dettaglio, l'art. 1, co. 3, D.L. 74/2012 aveva previsto che, in seguito agli eventi sismici in questione, considerati l'entità e l'ammontare dei danni subiti ed al fine di favorire il processo di ricostruzione e la ripresa economica dei territori colpiti dal sisma, lo stato di emergenza dichiarato con le delibere del Consiglio dei Ministri del 22 e del 30 maggio 2012 fosse prorogato fino al 31 maggio 2013. Il rientro nel regime ordinario è disciplinato ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

Tale termine è stato poi oggetto di successivi interventi legislativi: l'art. 6, comma 1, D.L. 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2013, n. 71, l'art. 7, comma 9-ter, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, l'art. 13, comma 01, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125; nonché, da ultimo, il comma 2-bis dell'art. 11. del D.L. 30/12/2015, n. 210, laddove si è previsto il termine del 31 dicembre 2018.

Da ultimo, l'art. 2-bis, comma 44, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, come convertito ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine di scadenza dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 2012.

Si ricorda che il comma 43 del citato D.L. n. 148 del 2017 ha disposto altresì che a far data dal 2 gennaio 2019, il perimetro dei comuni dell'Emilia Romagna colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 ed interessati dalla proroga dello stato di emergenza e della relativa normativa emergenziale, fosse limitato a 30 Comuni. (Comuni di Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Crevalcore, Fabbrico, Ferrara, Finale Emilia, Galliera, Guastalla, Luzzara, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Ravarino, Reggiolo, Rolo, San Felice sul Panaro, San Giovanni in Persiceto, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Terre del Reno, Vigarano Mainarda).

Per approfondimenti sui successivi provvedimenti in materia di sisma del 2012, si veda l'approfondimento del relativo tema web terremoti


 

Articolo 15, comma 7
(
Servizi di trasporto aggiuntivi viadotto Polcevera)

 

 

L’articolo 15, comma 7, secondo quanto previsto da una modifica introdotta nel corso dell’esame in Commissione, proroga fino al 30 giugno 2020, assegnando risorse per ulteriori 9 milioni di euro per il 2020, le disposizioni concernenti l’attivazione di servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti al crollo del ponte Morandi a Genova previste fino al 2019 dal comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 28 settembre 2018, n.109.

 

Nel testo non emendato del decreto-legge la proroga era prevista fino al 29 febbraio 2020 e le risorse assegnate erano pari a 3 milioni di euro.

 

L’intervento è posto in essere al fine di assicurare la continuità del finanziamento dei servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti all'evento del crollo del Viadotto Polcevera (altrimenti detto “ponte Morandi”).

 

L’articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 109 del 2018 (cosiddetto “decreto Genova”) stanzia a favore della regione Liguria risorse straordinarie nella misura di 500.000 euro per l’anno 2018 e 23 milioni di euro per il 2019 per il finanziamento dei servizi di trasporto aggiuntivi per fronteggiare le criticità trasportistiche conseguenti al crollo del ponte Morandi, per l’efficientamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale già attivati, nonché per garantire l’integrazione tariffaria tra le diverse modalità di trasporto nel territorio della città metropolitana di Genova.

 

La copertura degli oneri (pari a 9 milioni di euro per il 2020) è realizzata:

§  quanto a 3 milioni di euro, come previsto dal testo del decreto-legge, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5-quinquies, comma 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55;

§  quanto agli ulteriori 6 milioni previsti dalla modifica approvata in sede referente, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018 n. 130.

 

Il comma 3 dell’articolo 5-quinquies del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, autorizza una spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2019 e 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 al fine di finanziare le convenzioni che possono essere stipulate dalla società “Italia Infrastrutture Spa”, istituita, a decorrere dal 1° settembre 2019, per favorire la celere cantierizzazione delle opere pubbliche e che ha per oggetto sociale il supporto tecnico-amministrativo alle direzioni generali in materia di programmi di spesa che prevedano il trasferimento di fondi a regioni ed enti locali e che siano sottoposti alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e alla Conferenza unificata.

 

L'articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 ("decreto Genova") prevede l'istituzione di una zona franca urbana nel territorio della Città metropolitana di Genova. Le imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca e che hanno subito una riduzione del fatturato - quantificata dalla medesima disposizione - a seguito del crollo del "ponte Morandi", possono essere destinatarie di agevolazioni fino a un massimo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Il comma 5 del medesimo articolo 8 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Si ricorda che la zona franca urbana, così come perimetrata dal Commissario delegato per l'emergenza con decreto 24/2018, di concerto con la Regione Liguria e con il Comune di Genova, comprende i comuni di Campomorone, Ceranesi, Mignanego, Sant’Olcese e Serra Riccò, nonché i Municipi Valpolcevera, Centro Ovest, Centro Est, Medio Ponente e Ponente del Comune di Genova.


 

Articolo 15, comma 7-bis
(Esenzione imposta bollo e registro sisma)

 

 

Il comma 7-bis dell’articolo 15, introdotto in sede referente, proroga al 31 dicembre l’esenzione dal pagamento dell'imposta di bollo e di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati da parte dei soggetti colpiti dagli eventi sismici del 2016 alla pubblica amministrazione in esecuzione di ordinanze del Commissario straordinario.

 

In particolare la disposizione modifica l'articolo 48, comma 7, del decreto legge n. 189 del 2016, prorogando al 31 dicembre 2021 (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2020) l’esenzione dalle imposte di registro e di bollo per le istanze, i contratti ed i documenti presentati alla P.A. da parte delle persone fisiche residenti o domiciliate, e delle persone giuridiche aventi sede legale o operativa nei comuni colpiti dal sisma del 2016, in esecuzione di ordinanze del Commissario straordinario.

 

I comuni interessati dalla disposizione in esame sono quelli colpiti dagli eventi sismici del Centro Italia:

§  del 24 agosto 2016, elencati nell'Allegato 1 del D.L. 189/2016;

§  del 26 e del 30 ottobre 2016, elencati nell'Allegato 2 del D.L. 189/2016;

§  del 18 gennaio 2017, elencati nell'Allegato 2-bis del D.L. 189/2016.

Si ricorda che i territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria sono stati colpiti da un susseguirsi di eventi sismici a partire dal 24 agosto 2016.

Una rassegna dettagliata delle disposizioni della XVII legislatura è disponibile sul portale della documentazione della Camera dei deputati “Gli eventi sismici del 2016-2017 in Italia centrale - Quadro normativo" dossier di inizio XVIII legislatura. Per gli interventi in questa legislatura si veda il tema web Terremoti.

 

Si ricorda che l’articolo 48, comma 7, stabilisce l’esenzione dall'imposta di bollo e di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati alla pubblica amministrazione in esecuzione di quanto stabilito dalle ordinanze del Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 per l'esercizio delle sue funzioni (indicate nell'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 189 del 2016).

 

Il deposito delle istanze, dei contratti e dei documenti effettuato presso gli Uffici Speciali per la ricostruzione, in esecuzione di quanto stabilito dal decreto e dalle ordinanze commissariali, produce i medesimi effetti della registrazione eseguita secondo le modalità disciplinate dal testo unico dell'imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986).

La norma prevede inoltre che non si procede al rimborso dell'imposta di registro già versata.


 

Articolo 15, comma 7-ter
(Proroga concessioni e locazioni Venezia)

 

 

Il comma 7-ter dell’articolo 15, inserito in sede referente, proroga sino al 31 dicembre 2021 la durata delle concessioni e delle locazioni dei beni immobili appartenenti allo Stato, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge e in scadenza entro il 31 dicembre 2020. Si indica il fine di tutelare l’occupazione e il reddito delle imprese colpite dagli eventi meteorologici calamitosi verificatesi a Venezia a partire dal 12 novembre 2019 per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza. L’autorità competente comunica ai concessionari e ai conduttori il canone da corrispondere sino al termine del periodo di proroga.

 

La disposizione, inserita in sede referente, indica la finalità di tutelare l’occupazione e il reddito delle imprese colpite dagli eventi meteorologici calamitosi verificatesi a Venezia a partire dal 12 novembre 2019.

A tal fine prevede la proroga sino al 31 dicembre 2021 della durata delle concessioni e delle locazioni beni immobili appartenenti allo Stato di cui al D.P.R. n. 296 del 2005, che siano

§  vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge

§  e in scadenza entro il 31 dicembre 2020.

Si prevede che l’autorità competente comunichi ai concessionari e ai conduttori il canone da corrispondere sino al termine del periodo di proroga.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di specificare che la proroga riguarda i beni immobili appartenenti allo Stato, situati nel comune di Venezia.

 

Si ricorda che con la delibera del Consiglio dei Ministri 14 novembre 2019 (pubblicata nella G.U. n. 270 del 18 novembre 2019) è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio del Comune di Venezia interessato dagli eventi meteorologici verificatisi a partire dal giorno 12 novembre 2019.

Con la successiva ordinanza di protezione civile del 16 novembre 2019, n. 616, si è provveduto, tra l’altro, alla nomina del Sindaco di Venezia quale Commissario delegato per fronteggiare l'emergenza in questione. 

Il D.P.R. 13/09/2005, n. 296 reca il Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato.

Esso stabilisce, sul piano del procedimento, he le concessioni e le locazioni dei beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato, salvo quanto stabilito nei capi III e IV del DPR medesimo, conseguono all'esperimento di procedure ad evidenza pubblica mediante pubblico incanto. Si stabiliscono i casi in cui si procede a trattativa privata, prevedendo poi che le concessioni e le locazioni possono essere rinnovate per lo stesso termine di durata originariamente stabilito, in favore del soggetto concessionario o locatario, previa rideterminazione del canone e verifica di una serie di elementi. In materia di Durata della concessione o locazione, per le concessioni o locazioni disposte in favore dei soggetti di cui agli articoli 10 e 11 è fissata in sei anni, salvo rinnovo in applicazione delle condizioni previste (articolo 14 del D.P.R.).


 

Articolo 15, comma 7-quater
(Esclusione di alcuni comuni colpiti dal sisma
dalla riorganizzazione della rete ospedaliera)

 

 

Il comma 7-quarter dell’articolo 15, aggiunto in Commissione, estende al 30 aprile 2022 il periodo di esclusione, dall’applicazione del regolamento sulla rideterminazione degli standard dell’assistenza ospedaliera, per alcuni comuni colpiti da eventi sismici. Il predetto termine, che sarebbe scaduto l’11 aprile 2021, è pertanto esteso di poco più di un anno.

 

La disposizione in esame interviene modificando il  previsto termine di 48 mesi a far data dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 8/2017 (L. 45/2017) previsto dall'articolo 17-bis del DL medesimo, per l’esclusione dell’applicazione da parte di alcuni comuni colpiti da eventi sismici, del regolamento sulla rideterminazione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera (di cui al D.M. 2 aprile 2015, n. 70). La legge 45/2017 è entrata in vigore l’11 aprile 2017. Il termine, che sarebbe scaduto l’11 aprile 2021, viene esteso al 30 aprile 2022.

L’esclusione è stabilita a condizione che intervenga sui singoli provvedimenti di riorganizzazione della rete ospedaliera il parere favorevole del Tavolo di monitoraggio di attuazione del medesimo D.M. n. 70 (Tavolo istituito con D.M. del 29 luglio 2015).

I comuni interessati da tale esclusione sono quelli danneggiati dagli eventi sismici nella regione Abruzzo del 6 aprile 2009 - comuni individuati con il decreto 16 aprile 2009, n. 3, del Commissario delegato -, oltre che i comuni colpiti dagli eventi sismici nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, individuati, rispettivamente, negli allegati 1, 2 e 2-bis del D. L. 17 ottobre 2016, n. 189 (L. n. 229/2016).

Si ricorda che il citato regolamento di cui al D.M. n. 70 del 2015 prevede, tra l'altro, la programmazione, da parte della regione, della riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri (accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale) ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti (comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie).


 

Articolo 15, comma 7-quinquies
(Condizioni per contributi a comuni colpiti dal sisma Centro Italia)

 

 

Il comma 7-quinqiues dell’articolo 15, inserito in sede referente, posticipa al 31 luglio 2019 (rispetto al 18 giugno 2019) la data entro la quale va approvato il bilancio dell'anno 2018 da parte dei comuni con più di 30 mila abitanti, colpiti dagli eventi sismici del centro Italia, che concorrono per l'assegnazione del contributo di 5 milioni di euro previsto al fine di procedere ad interventi urgenti di manutenzione straordinaria o di messa in sicurezza su strade ed infrastrutture comunali, dal comma 1-bis dell'art. 23 del D.L. 32/2019.

 

Il comma 1-bis dell'art. 23 del D.L. 32/2019 ha previsto un contributo di 5 milioni di euro per l'anno 2019 ai comuni con più di 30 mila abitanti, colpiti dagli eventi sismici che hanno interessato l'Italia centrale a partire dal 24 agosto 2016, che avessero approvato il bilancio dell'anno 2018 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge al solo fine di procedere ad interventi urgenti di manutenzione straordinaria o di messa in sicurezza su strade ed infrastrutture comunali.

La conversione del suddetto D.L. 32 è stata operata con la legge 14 giugno 2019, n. 55 (recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici). La legge di conversione è pubblicata nella Gazz. Uff. 17 giugno 2019, n. 140, ed è dunque entrata in vigore il 18 giugno 2019).

Si tratta dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, inclusi negli elenchi di cui agli allegati 1 e 2 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229. La norma era stata modificata in tal senso dall'art. 6, comma 1, lett. a) e b), D.L. 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 dicembre 2019, n. 156.

Si ricorda che le risorse sono assegnate al fine di attenuare gli effetti delle disposizioni di cui al comma 897 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018), che regolano, per gli enti locali, compresi quelli in disavanzo, la possibilità di utilizzo della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione con alcune limitazioni.

Si ricorda poi che all'onere derivante dal comma1-bis in parola, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e che al riparto dei fondi si provvede con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sentita la Conferenza stato-città e autonomie locali.

 


 

Articolo 15, comma 7-sexies
(Deposito di macerie, rifiuti e materiali da scavo nei territori dell’Italia centrale colpiti dagli eventi sismici del 2016-2017)

 

 

Il comma 7-sexies dell’articolo 15, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede il differimento al 31 dicembre 2020 dei termini (scaduti il 31 dicembre 2019) entro i quali, nei territori dell’Italia centrale colpiti dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016, è possibile utilizzare le procedure derogatorie previste per il deposito temporaneo delle macerie derivanti da tali eventi sismici e dei rifiuti derivanti dagli interventi di ricostruzione, nonché per il trattamento e il deposito dei materiali da scavo provenienti dai cantieri allestiti per la realizzazione di strutture abitative di emergenza o altre opere provvisionali connesse all'emergenza in corso nei territori in questione.

 

Si fa notare che il differimento in esame consente di allineare i termini in questione con la scadenza dello stato di emergenza nei territori in questione.

Si ricorda infatti che la scadenza dello stato di emergenza nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, colpiti dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016, dichiarato dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2016, è previsto per il 31 dicembre 2020 (in virtù di una serie di proroghe, l’ultima delle quali disposta dall’art. 1 del D.L. 123/2019).

Per una sintesi della normativa emanata nella presente legislatura in favore dei territori in questione si rinvia al paragrafo “Gli eventi sismici del 2016-2017 in Italia centrale” della scheda web “Terremoti”.

 

Differimento dei termini relativi al deposito di macerie e rifiuti derivanti dagli interventi di ricostruzione

Il comma in esame differisce dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020 il termine, ricorrente nel comma 7 dell’art. 28 del D.L. 189/2016 (adottato per sostenere le popolazioni dell’Italia centrale colpite dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016), relativo al deposito del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici e dei rifiuti derivanti dagli interventi di ricostruzione.

Si fa notare che il termine del 31 dicembre 2019 previsto dalla norma vigente risulta dalla proroga di un anno, operata dall'art. 1, comma 1131, lett. h), della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018), del termine inizialmente fissato al 31 dicembre 2018.

 

Il testo vigente del comma 7 dell’art. 28 del D.L. 189/2016 prevede, al primo periodo, l’individuazione (anche in deroga alla normativa vigente, previa verifica tecnica della sussistenza delle condizioni di salvaguardia ambientale e di tutela della salute pubblica), da parte dei soggetti pubblici all'uopo autorizzati, di eventuali e ulteriori appositi siti per il deposito temporaneo dei rifiuti comunque prodotti fino al 31 dicembre 2019 (e quindi, in virtù del differimento in esame, fino al 31 dicembre 2020), autorizzati, sino alla medesima data, a ricevere i materiali predetti, e a detenerli nelle medesime aree per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

Si osserva che, alla luce del differimento previsto dalla norma in esame, tale ultimo termine, riferito alla possibilità di detenere i materiali una volta ricevuti, non appare più congruo.

Si valuti pertanto l’opportunità di una modifica del primo periodo del comma 7 dell’art. 28, al fine di eliminare il riferimento alla “data di entrata in vigore del presente decreto” (trattandosi di un termine già scaduto) e di prevedere un nuovo termine anche per la detenzione dei rifiuti in questione nei siti autorizzati, compatibile con il più ampio termine per la ricezione dei medesimi.

 

Il secondo periodo del comma 7 dell’art. 28 prevede altresì che i siti di deposito temporaneo già individuati (sulla base delle previsioni dell’art. 3, comma 1, dell’ordinanza di protezione civile emanata il 1° settembre 2016) sono autorizzati, nei limiti temporali necessari, fino al 31 dicembre 2019 (e quindi, in virtù del differimento in esame, fino al 31 dicembre 2020), e possono detenere i rifiuti già trasportati per un periodo non superiore a dodici mesi.

Il terzo periodo del medesimo comma 7 prevede inoltre che, per consentire il rapido avvio a recupero o smaltimento dei materiali in questione, possono essere autorizzati in deroga, fino al 31 dicembre 2019 (e quindi, in virtù del differimento in esame, fino al 31 dicembre 2020) aumenti di quantitativi e tipologie di rifiuti conferibili presso impianti autorizzati, previa verifica istruttoria semplificata dell'idoneità e compatibilità dell'impianto, senza che ciò determini modifica e integrazione automatiche delle autorizzazioni vigenti degli impianti.

 

Differimento dei termini relativi al trattamento e al deposito dei materiali da scavo

Il comma in esame differisce, dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020, anche il termine di operatività della disciplina derogatoria in materia di terre e rocce da scavo prevista, dal comma 13-ter dell’art. 28 del D.L. 189/2016, per i materiali da scavo provenienti dai cantieri allestiti per la realizzazione di strutture abitative di emergenza o altre opere provvisionali connesse all'emergenza in corso nei territori colpiti dagli eventi sismici in questione.

Si fa notare che il termine del 31 dicembre 2019 previsto dalla norma vigente risulta dalla proroga operata dall'art. 24, comma 1, lett. b), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32.

 

L’art. 28, comma 13-bis, del D.L. 189/2016 prevede che i materiali da scavo citati siano gestiti secondo le disposizioni dettate dai commi da 13-ter a 13-octies del medesimo articolo, in deroga alle disposizioni generali contenute nell’art. 266 del D.Lgs. 152/2006, nel D.M. Ambiente 161/2012 e nel D.L. 69/2013.

Il successivo comma 13-ter disciplina invece il trasporto in siti di deposito intermedio dei citati materiali, in deroga alla lettera b) del comma 1 dell'art. 41-bis del D.L. 69/2013 e all'art. 5 del D.M. Ambiente 161/2012.

In deroga alle disposizioni richiamate, lo stesso comma 13-ter dispone che i materiali di scavo in questione, qualora ricorrano le condizioni individuate dallo stesso comma, possono essere trasportati e depositati in siti di deposito intermedio, preliminarmente individuati, che garantiscano in ogni caso un livello di sicurezza ambientale, assumendo fin dall'origine la qualifica di sottoprodotto (e quindi collocandosi al di fuori della normativa relativa ai rifiuti).

Si fa notare che le disposizioni richiamate (vale a dire il D.M. 161/2012 e l’art. 41-bis del D.L. 69/2013) sono state abrogate dal D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120, con cui è stato adottato il regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo (TRS) il quale, tra l’altro, disciplina la gestione delle TRS qualificate come sottoprodotti[6].

L’art. 27 di tale regolamento, però, dispone che i piani e i progetti di utilizzo delle TRS già approvati prima dell'entrata in vigore del regolamento stesso restano disciplinati dalla relativa normativa previgente, che si applica anche a tutte le modifiche e agli aggiornamenti dei suddetti piani e progetti intervenuti successivamente all'entrata in vigore del presente regolamento, nonché che i progetti per i quali alla data di entrata in vigore del regolamento è in corso una procedura ai sensi della normativa previgente restano disciplinati dalle relative disposizioni.

Ciò premesso, si valuti l’opportunità di chiarire se la disciplina derogatoria di cui si dispone il differimento opera anche con riguardo alle norme del D.P.R. 120/2017.


 

Articolo 15-bis
(Organi consultivi nelle società sportive professionistiche)

 

 

L’articolo 15-bis – introdotto nel corso dell’esame in sede referente – proroga di un anno il termine entro cui le società sportive professionistiche devono prevedere nei propri atti costitutivi un organo consultivo che provvede alla tutela degli interessi specifici dei tifosi.

 

In particolare, il termine è prorogato (da 6 mesi) a 18 mesi dal 31 agosto 2019, data di entrata in vigore della L. 86/2019, che lo ha introdotto.

 

A tal fine, si novella l’art. 10, ottavo comma, della L. 91/1981.

 

L’art. 4, co. 1, della L. 86/2019 – introducendo i commi settimo e ottavo nell’art. 10 della L. 91/1981 – ha previsto che negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche deve essere previsto un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. L’organo è formato da un minimo di 3 a un massimo di 5 membri eletti, ogni 3 anni, dagli abbonati alla società sportiva[7]. L’organo consultivo elegge, tra i propri membri, il presidente, che può assistere alle assemblee dei soci.


 

Articolo 15-ter
(Proroga della contabilità speciale n.?2854
per il completamento degli interventi di bonifica
e risanamento ambientale della regione Sicilia)

 

 

L’articolo 15-ter, introdotto in sede referente, proroga fino al 30 giugno 2020 e disciplina l’utilizzo della contabilità speciale n.?2854, al fine di consentire il completamento degli interventi da eseguirsi nel contesto di criticità in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione della Regione Siciliana.

 

Il comma 1 proroga fino al 30 giugno 2020 la contabilità speciale n.?2854, già intestata al dirigente generale del Dipartimento dell'acqua e dei rifiuti dell'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità della Regione Siciliana, ai sensi dell'art. 1, comma 6, dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n.?44 del 29 gennaio 2013 (vedi infra).

Il comma 2 stabilisce, alla scadenza del termine del 30 giugno 2020, il versamento al bilancio della Regione Siciliana delle eventuali somme residue, giacenti sulla contabilità speciale n.?2854, per il completamento dei previsti interventi.

Il comma 3 condiziona l'utilizzo delle risorse della contabilità speciale n. 2854, già trasferite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e non disciplinate in precedenti accordi di programma, alla sottoscrizione di uno o più accordi di programma tra il medesimo Ministero e la Regione Siciliana, da stipularsi entro e non oltre il 31 dicembre 2020.

Il comma 4 prevede, inoltre, al termine del completamento degli interventi previsti, il versamento delle eventuali risorse residue, diverse da quelle di provenienza regionale, all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione al Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.?1 (Codice della protezione civile), ad eccezione di quelle derivanti da fondi di diversa provenienza, che vengono versate al bilancio delle Amministrazioni di provenienza.

Sulla necessità di prorogare l’utilizzo della contabilità n. 2854, nella relazione tecnica al provvedimento in esame si sottolinea che “in mancanza di proroga non potendosi più provvedere con altri strumenti amministrativi né con Ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile si determinerebbe l'impossibilità di utilizzare le risorse economiche stanziate per la realizzazione degli interventi programmati e, conseguentemente, l'impossibilità di superare la situazione di criticità con conseguenti danni al  tessuto economico e sociale derivante dalla mancata o incompleta realizzazione degli interventi”.

In merito, si ricorda che lo stato di emergenza è scaduto nel 2012 e, ai sensi della normativa allora vigente (L. n. 225/1992, art. 5, commi 4-ter e 4-quater), sono state adottate le ordinanze n. 44 del 29 gennaio 2013 e n. 339 del 4 maggio 2016 con le quali si prevedeva, rispettivamente, la disciplina del rientro in regime ordinario e la stipula di accordi di programma per la successiva prosecuzione degli interventi. Ai sensi della L. n. 225/1992 le contabilità speciali aperte in occasione di emergenze potevano complessivamente durare 48 mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza. Per questa contabilità l’ordinanza n. 339 del 2016 ha previsto che rimanesse aperta fino al 28 febbraio 2017 (vedi infra).

 Ad oggi è necessario procedere alla realizzazione degli interventi già avviati utilizzando le risorse all’uopo destinate e ancora giacenti sulla predetta contabilità.

Il D. Lgs. n. 1/2018, recante il Codice della protezione civile, all’art. 25, comma 1, prevede che il Capo del Dipartimento possa adottare ordinanze “per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale”. Essendo, come detto, lo stato di emergenza cessato nel 2012, la norma in esame appare dettata dall’esigenza di ovviare alla sopravvenuta carenza di potere di ordinanza in capo al Capo del Dipartimento, con conseguente necessità di intervenire con norma di rango primario per la proroga della contabilità speciale e la disciplina delle modalità di intervento.

 

In argomento si ricorda che il D.P.C.M. del 22 gennaio 1999 ha dichiarato lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella Regione Siciliana, successivamente esteso, con il D.P.C.M. del 16 dicembre 1999, al sistema dei rifiuti speciali, pericolosi e in materia di bonifica e risanamento ambientali e prorogato, con il D.P.C.M. del 13 gennaio 2012, fino al 31 dicembre 2012.

Successivamente, con l'ordinanza n. 44 del 29 gennaio 2013, è stato disciplinato il subentro  della  Regione  Siciliana  nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità in materia di bonifica e risanamento  ambientale dei  suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di  tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nella Regione Siciliana.

In particolare, l’art. 1, comma 6, della citata ordinanza n. 44 del 2013 ha disposto l’apertura della contabilità speciale n. 2854, intestata al Dirigente Generale del Dipartimento dell'Acqua e dei Rifiuti dell'Assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilità, che, ai sensi del comma 7 dell’art. 1 della medesima ordinanza, può, con le somme residuali, provvedere alla predisposizione di un Piano contenente gli ulteriori interventi strettamente finalizzati al superamento della situazione di criticità, oggetto di un Accordo di programma da stipulare tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Regione Siciliana.

A seguito della avvenuta stipula del citato Accordo di programma, le risorse residue relative al predetto Accordo, giacenti sulla contabilità speciale, sono trasferite al bilancio della Regione Siciliana ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione. Al termine delle attività realizzate, le eventuali somme residue presenti sulla contabilità speciale sono versate alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per la successiva riassegnazione al Fondo per le emergenze nazionali, ad eccezione di quelle derivanti da fondi di diversa provenienza, che vengono versate al bilancio delle Amministrazioni di provenienza.

Successivamente, la durata della contabilità speciale n. 2854 è stata prorogata dall’art. 1 della Ordinanza 19 marzo 2014, n. 158 e, poi, dall’art. 1, comma 1, della Ordinanza 4 maggio 2016, n. 339, fino al 28 febbraio 2017, al fine di consentire il completamento degli interventi indicati nell'allegato 1, tabella A, della medesima ordinanza n. 339 del 2016.


 

Articolo 16, comma 1
(Misure urgenti per la rete viaria provinciale siciliana)

 

 

L’articolo 16, comma 1, reca modifiche al decreto-legge n. 32/2019 (c.d. sblocca cantieri) nella parte in cui prevede la nomina di un Commissario incaricato di sovraintendere agli interventi sulla rete viaria della Regione Siciliana, prevedendo, in particolare: che l’attività del Commissario riguardi la rete viaria provinciale e che possa essere svolta con gli stessi poteri previsti dal citato decreto per i commissari chiamati ad operare in relazione agli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari; che il Commissario possa avvalersi anche di ANAS S.p.A, delle amministrazione centrali e periferiche dello Stato e di altri enti pubblici, e che sia nominato entro il 28 febbraio 2020.

 

Le modifiche in esame intervengono sul comma 6 dell’art. 4 del D.L. 32/2019.

Il testo previgente di tale disposizione prevedeva la nomina (con apposito D.P.C.M.) di un Commissario straordinario “al fine di fronteggiare la situazione di grave degrado in cui versa la rete viaria della Regione Siciliana, ancor più acuitasi in conseguenza dei recenti eventi meteorologici che hanno interessato vaste aree del territorio, ed allo scopo di programmare immediati interventi di riqualificazione, miglioramento e rifunzionalizzazione della stessa rete viaria al fine di conseguire idonei standard di sicurezza stradale e adeguata mobilità”.

Lo stesso testo prevedeva, tra l’altro, che (sempre con D.P.C.M.) “sono stabiliti i termini, le modalità, le tempistiche, l'eventuale supporto tecnico, le attività connesse alla realizzazione dell'opera, il compenso del Commissario, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico degli interventi da realizzare o completare” e che “il commissario può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione interessata nonché di società controllate dalla medesima”.

Di seguito sono illustrate le modifiche apportate dal comma in esame.

Limitazione dell’attività del Commissario alla sola rete viaria provinciale (lettere a) e d))

La prima modifica recata dalla lettera a), così come il disposto della lettera d), intervengono sul primo periodo del comma 6 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 al fine di precisare che la rete viaria oggetto dell’attività commissariale, prevista dal citato comma 6, è quella provinciale.

Funzioni e poteri del Commissario (lettera a))

La parziale riscrittura del primo periodo del comma 6, operata dalla lettera a), interviene altresì sulle funzioni commissariali, prevedendo che il Commissario non sovraintende alla programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi sulla rete viaria in questione (come previsto dal testo previgente) ma ha l’incarico di realizzare la progettazione, l'affidamento e l'esecuzione dei citati interventi, anche mediante apposite convenzioni da stipulare con le amministrazioni competenti.

La disposizione previgente viene inoltre integrata al fine di stabilire che il Commissario opera con i medesimi poteri previsti (dai commi 2 e 3 del citato art. 4 del D.L. 32/2019) per i commissari straordinari chiamati ad operare in relazione agli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari.

In estrema sintesi, tali commi prevedono che i Commissari straordinari chiamati ad operare in relazione agli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari:

§  provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati;

§  per l'esecuzione degli interventi, possono essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante e operano in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici.

Per una analisi dettagliata delle disposizioni recate dai citati commi 2 e 3 si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 4 del D.L. 32/2019 contenuta nel relativo dossier.

Termine per la nomina del Commissario (lettera a))

La lettera a) differisce al 28 febbraio 2020 il termine per la nomina del Commissario, che nel testo previgente era fissato al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 32/2019.

Tale decreto-legge è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, entrata in vigore il 18 giugno 2019.

 

Modalità di supporto al Commissario e compenso ad esso attribuito (lettera b))

La lettera b) riscrive, quasi integralmente, il secondo periodo del comma 6 ove si prevede che con D.P.C.M. (su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) sono stabiliti i termini, le modalità, le tempistiche, l'eventuale supporto tecnico, le attività connesse alla realizzazione dell'opera, il compenso del Commissario, i cui oneri sono posti a carico del quadro economico degli interventi da realizzare o completare.

La riscrittura prevista dalla norma in esame si limita a precisare che il decreto a cui si rinvia è lo stesso decreto previsto dal primo periodo del comma 6 in questione.

 

Relativamente al compenso del commissario, si fa notare che non viene modificata la disposizione recata dal terzo periodo del testo previgente del comma 6, secondo cui il compenso medesimo è stabilito in misura non superiore a quella indicata dall'art. 15, comma 3, del D.L. 98/2011 (che prevede, in sintesi, che la parte fissa e la parte variabile del compenso di commissari e sub commissari straordinari non possano rispettivamente superare 50 mila euro annui).

 

Soggetti di cui può avvalersi il Commissario (lettera c))

La lettera c) inserisce due nuovi periodi dopo il secondo periodo del comma 6 dell’art. 4 del D.L. 32/2019.

In base al primo di tali periodi aggiuntivi, il Commissario, per la realizzazione degli interventi, può avvalersi di ANAS S.p.A., delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e degli enti pubblici dotati di specifica competenza tecnica nell'ambito delle aree di intervento.

Tale possibilità è concessa sulla base di apposite convenzioni e a condizione che l’avvalimento avvenga senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il secondo di tali periodi aggiuntivi prevede che gli oneri delle convenzioni predette sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare.

 

Si fa notare che le citate disposizioni introdotte dalla lettera c) si aggiungono a quelle recate dall’ultimo periodo del comma 6 dell’art. 4 del D.L. 32/2019, che consente al commissario di avvalersi (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) di strutture dell'amministrazione interessata nonché di società controllate dalla medesima.

Si valuti pertanto l’opportunità di sopprimere l’ultimo periodo del comma 6, alla luce del fatto che le disposizioni in esso contenute sembrano essere quasi interamente “assorbite” da quelle introdotte dalla lettera in esame.


 

Articolo 16, comma 1-bis
(Contabilità speciali intestate ai Commissari straordinari
del decreto legge c.d. sblocca cantieri)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 16, introdotto durante l'esame in sede referente, al fine di consentire l'immediata operatività dei Commissari straordinari nominati ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge n. 32/2019 (c.d. sblocca cantieri), prevede che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina del Commissario è autorizzata l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al medesimo Commissario, sulla quale confluiscono le risorse allo stesso assegnate.

 

Si ricorda che l’art. 4 del D.L. 32/2019 prevede la nomina:

§  di commissari straordinari per interventi infrastrutturali ritenuti prioritari (comma 1);

§  di un commissario straordinario per la rete viaria della Regione Siciliana (comma 6, su cui interviene il comma 1 dell'articolo in esame);

§  di un commissario straordinario incaricato di sovraintendere ai lavori volti al completamento del MOSE di Venezia (comma 6-bis). Con il D.P.C.M. 27 novembre 2019 l’incarico è stato affidato a Elisabetta Spitz;

§  di un commissario straordinario per il completamento dei lavori del Nodo ferroviario di Genova e del collegamento dell'ultimo miglio tra il Terzo Valico dei Giovi e il Porto storico di Genova (comma 12-octies). Con il D.P.C.M. 20 dicembre 2019 l’incarico è stato affidato a Calogero Mauceri.

 

Il comma in esame prevede altresì che, al fine di procedere all’apertura della contabilità, sia preventivamente verificata la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 44-ter, comma 8, della L. 196/2009.

L’art. 44-ter, comma 8, della L. 196/2009 vieta l'apertura di nuove contabilità speciali o conti correnti di tesoreria i cui fondi siano costituiti mediante il versamento di somme iscritte in stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, fatte salve le esclusioni previste della lettera p) dell'articolo 40, comma 2.

La citata disposizione ha previsto la progressiva eliminazione delle gestioni contabili operanti a valere su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria, i cui fondi siano stati comunque costituiti mediante il versamento di somme originariamente iscritte in stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, ad eccezione della gestione relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché delle gestioni fuori bilancio istituite ai sensi della legge 25 novembre 1971, n. 1041, delle gestioni fuori bilancio autorizzate per legge, dei programmi comuni tra più amministrazioni, enti, organismi pubblici e privati, nonché dei casi di urgenza e necessità. Per le gestioni fuori bilancio che restano attive, è previsto l'obbligo di rendicontazione annuale delle risorse acquisite e delle spese effettuate secondo schemi classificatori armonizzati con quelli del bilancio dello Stato e a questi aggregabili a livello di dettaglio sufficientemente elevato.


 

Articolo 16, comma 1-ter
(Misure urgenti per la realizzazione di opere
di infrastrutturazione viaria in Sardegna
e contro l’impermeabilizzazione del suolo)

 

Il comma 1-ter dell’articolo 16, introdotto durante l'esame in sede referente, al fine di procedere celermente alla realizzazione delle opere di infrastrutturazione viaria in Sardegna, prevede la nomina (con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare entro il 30 giugno 2020) di un Commissario straordinario di cui sono disciplinati prerogative e funzioni. Lo stesso comma reca inoltre una disposizione finalizzata ad impedire, nelle aree interessate da pericolosità o rischio idraulico di grado elevato o molto elevato, incrementi delle quote di impermeabilizzazione del suolo.

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni.

Commissario per l’infrastrutturazione viaria in Sardegna

Il comma in esame inserisce un nuovo comma 6-quinquies all’art. 4 del D.L. 32/2019 (c.d. decreto sblocca cantieri) che, al fine di procedere celermente alla realizzazione delle opere di infrastrutturazione viaria in Sardegna, prevede la nomina, con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri da adottare entro il 30 giugno 2020, di un apposito Commissario straordinario.

Relativamente alle modalità di adozione del decreto, viene previsto che lo stesso sia emanato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Presidente della Giunta regionale della Regione Sardegna.

 

Relativamente ai poteri e alle funzioni attribuiti al Commissario, la norma in esame prevede che lo stesso:

§  opera con i medesimi poteri previsti (dai commi 2 e 3 del citato art. 4 del D.L. 32/2019) per i commissari straordinari chiamati ad operare in relazione agli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari.

In estrema sintesi, tali commi prevedono che i Commissari straordinari chiamati ad operare in relazione agli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari:

- provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati;

- per l'esecuzione degli interventi, possono essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante e operano in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici.

Per una analisi dettagliata delle disposizioni recate dai citati commi 2 e 3 si rinvia alla scheda di lettura dell’art. 4 del D.L. 32/2019 contenuta nel relativo dossier.

§  è incaricato di sovraintendere alla programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi sulla rete viaria della regione Sardegna;

§  può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione interessata nonché di società controllate dalla medesima.

 

Relativamente ai contenuti del decreto di nomina viene previsto che con lo stesso sono stabiliti i termini, le modalità, le tempistiche, il supporto tecnico, le attività connesse alla realizzazione dell’opera.

 

Inoltre viene disposto che il compenso del Commissario:

§  è stabilito dal decreto di nomina;

§  è posto a carico del quadro economico degli interventi da realizzare o completare;

§  non può superare gli importi indicati dall’art. 15, comma 3, del D.L. 98/2011.

L’art. 15, comma 3, del D.L. 98/2011 prevede, in estrema sintesi, che la parte fissa e la parte variabile del compenso di commissari e sub commissari straordinari non possano rispettivamente superare 50 mila euro annui.

 

Divieto di incrementi delle quote di impermeabilizzazione del suolo in aree a pericolosità o rischio idraulico elevati o molto elevati

Il comma in esame inserisce un nuovo comma 6-sexies all’art. 4 del D.L. 32/2019 (c.d. decreto sblocca cantieri) che riscrive il comma 4-novies dell’art. 4 del D.L. 111/2019, precisando che tale riscrittura è funzionale anche alle finalità perseguite dalle disposizioni relative all’infrastrutturazione viaria in Sardegna introdotte nel comma 6-quinquies illustrato nel paragrafo precedente.

 

Il testo vigente del comma 4-novies prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, nelle aree interessate da elevata criticità idraulica, come definite dalle norme tecniche di attuazione dei relativi piani di bacino, non sono consentiti incrementi delle attuali quote di impermeabilizzazione del suolo.

Le modifiche operate con la riscrittura prevista dalla norma in esame sono finalizzate a:

§  chiarire che le aree in cui sono vietati gli incrementi in questione non sono quelle interessate da elevata criticità idraulica ma quelle interessate da pericolosità o rischio idraulico di grado elevato o molto elevato;

§  inserire un periodo volto a stabilire che sono comunque fatte salve le previsioni delle norme tecniche di attuazione dei piani di bacino relativamente agli interventi consentiti nelle aree in questione.


 

Articolo 16-bis
(Misure urgenti per la prevenzione incendi e il recupero
di aree compromesse della regione Sardegna)

 

 

L’articolo 16-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga per il triennio 2020-2022 l’applicazione dell’art. 8, comma 10-bis, del D.L. n. 66/2014, il quale ha previsto che, per il successivo triennio 2015-2017, ai fini della prevenzione degli incendi, del dissesto idrogeologico e del diffondersi di discariche abusive, i cantieri comunali per l'occupazione e i cantieri verdi, di cui alla vigente normativa in materia di lavoro e difesa dell'ambiente della regione Sardegna, avessero carattere temporaneo e pertanto le assunzioni di progetto in essi previste, per il successivo triennio (ossia per il triennio 2015-2017), non costituissero presupposto per l'applicazione dei limiti di spesa e assunzionali di cui all'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010.

 

Più nel dettaglio, la norma in esame dispone la proroga per il triennio 2020-2022 del termine (da ultimo scaduto il 31 dicembre 2019 in forza della proroga disposta dall’art. 10-bis, comma 1, del D.L. n. 91/2017) di applicazione dell’art. 8, comma 10-bis, del D.L. n. 66/2014. Tale disposizione ha previsto che, per il successivo triennio (e quindi per il triennio 2015-2017), ai fini della prevenzione degli incendi, del dissesto idrogeologico e del diffondersi di discariche abusive, i cantieri comunali per l'occupazione e i cantieri verdi, di cui alla vigente normativa in materia di lavoro e difesa dell'ambiente della regione Sardegna, avessero carattere temporaneo e che pertanto le assunzioni di progetto in essi previste, per il successivo triennio (ossia per il triennio 2015-2017), non costituissero presupposto per l'applicazione dei limiti di spesa previsti dall'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 per le amministrazioni pubbliche che si avvalgono di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Il citato art. 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto che, salvo eccezioni esplicitamente individuate, a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici indicati possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

Si fa presente che una previsione analoga alla norma in esame era contenuta nell’art. 2 della legge regionale della Sardegna n. 4/2013. Tale norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 87 del 2014, per violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica sancito dagli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

 

La norma in esame precisa che la proroga dell’applicazione del citato art. 8, comma 10-bis, del D.L. n. 66/2014 si riferisce alla gestione dei cantieri comunali verdi a totale finanziamento della regione autonoma della Sardegna.


 

Articolo 16-ter
(Disposizioni urgenti in materia di reclutamento dei segretari comunali e provinciali)

 

L’articolo 16-ter, introdotto in sede referente, riduce la durata del corso-concorso di formazione e del tirocinio pratico per i segretari comunali e provinciali e introduce una verifica da effettuare durante il corso e obblighi formativi suppletivi dopo la prima nomina.

Viene prevista poi la possibilità di riservare ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni il 30 per cento dei posti al concorso pubblico per esami che consente l’accesso al corso-concorso per segretari comunali e provinciali.

È istituita inoltre una sessione aggiuntiva al corso-concorso bandito nel 2018 finalizzata all’iscrizione di ulteriori 172 segretari comunali nella fascia iniziale.

Con la finalità di ovviare alla carenza di segretari nei piccoli comuni si prevede poi la possibilità di conferire, in via transitoria, le funzioni di vicesegretario a funzionari di ruolo del comune con determinati requisiti.

Si interviene infine sulla disciplina relativa alle classi demografiche dei comuni ai fini dell’assegnazione dei segretari comunali, prevedendo che esse siano determinate, in caso di convenzione, dalla sommatoria degli abitanti di tutti i comuni.

 

Il comma 1 riduce da 18 a 6 mesi la durata del corso-concorso di formazione per i segretari comunali e provinciali. Parimenti è ridotta 6 a 2 mesi la durata del tirocinio pratico presso uno o più comuni che segue l’abilitazione successiva al corso concorso.

Si ricorda che la durata del corso-concorso e del tirocinio pratico è attualmente recata dal regolamento adottato con il DPR 465/1997 (art. 13, comma 2).

Il comma in esame stabilisce inoltre che, durante il corso, sia prevista una verifica volta ad accertare l'apprendimento con criteri stabiliti dall'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali. Inoltre, nei due anni successivi alla prima nomina, i segretari assolvono, a pena di cancellazione dall'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, ad obblighi formativi suppletivi, pari ad almeno 120 ore annuali. L’assolvimento di tali obblighi formativi avviene mediante la partecipazione a corsi organizzati, anche con modalità telematiche, nell'ambito della ordinaria programmazione didattica i cui indirizzi sono definiti e approvati dal Ministro dell'interno, su proposta del Consiglio direttivo per l'Albo Nazionale dei segretari, sentita la Conferenza Stato Città e Autonomie locali (ai sensi dell'articolo 10, comma 7, lettera b), del D.L. 174/ 2012).

 

Il comma 2 introduce una riserva di posti al concorso pubblico per esami che consente l’accesso al corso-concorso: una quota non superiore al trenta per cento dei posti può essere riservato ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, in possesso dei titoli di studio previsti per l’accesso al concorso per segretari (ossia laurea in giurisprudenza, economia e commercio o scienze politiche) e con un'anzianità di servizio di almeno cinque anni in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è previsto il possesso dei medesimi titoli di studio di cui sopra.

 

Il comma 3 dispone in ordine alla decorrenza della riduzione della durata del corso-concorso e tirocinio, di cui al comma 1, stabilendone l’applicazione anche alle procedure di reclutamento in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sempre che non sia stato già avviato il corso di formazione.

 

Il comma 4 reca una norma di salvaguardia che fa salva l’applicazione delle disposizioni in materia di accesso in carriera dei segretari (di cui all’art. 13 del DPR 465/1997) per quanto non disciplinato dall’articolo in esame.

 

I commi da 5 a 8 istituiscono e disciplinano una sessione aggiuntiva al corso-concorso bandito nel 2018 per l’accesso alla carriera, al fine di sopperire alla carenza di segretari comunali.

Si tratta di una sessione destinata a 223 borsisti e finalizzata all’iscrizione di ulteriori 172 segretari comunali nella fascia iniziale.

La sessione si aggiunge a quella del sesto corso-concorso il cui bando è stato pubblicato nella G.U. Concorsi ed esami del 28 dicembre 2018, destinato all’ammissione di 291 borsisti per l’ammissione di 224 segretari.

Partecipano alla sessione, i candidati del concorso bandito nel 2018 con il punteggio minimo di idoneità ivi previsto.

Sono altresì ammessi, su domanda e previa verifica dei requisiti, i candidati risultati idonei ai precedenti concorsi per l’accesso al corso-concorso (COA III bandito nel 2007, COA IV bandito nel 2008 e COA V bandito nel 2009) rimasti esclusi dalla frequentazione dei corsi. Anche in questo caso rimane ferma la condizione che abbiano conseguito il punteggio minimo di idoneità.

Alla copertura degli oneri conseguenti all’introduzione della sessione aggiuntiva si provvede attraverso l’utilizzo delle risorse già destinate ai comuni e alle province per il funzionamento dell’ex Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, le cui funzioni (e risorse) sono state trasferite al Ministero dell’interno (DL 78/2010, art. 7, comma 31-sexies e art. 10, comma 45 del D.L. 174/2012).

 

Si specifica, inoltre, che l’iscrizione all’albo dei segretari dei vincitori della sessione aggiuntiva è subordinata al conseguimento della relativa autorizzazione all’assunzione. Si ricorda in proposito che, secondo la normativa vigente, sono iscritti all'albo nazionale, nella prima fascia professionale, coloro che sono in possesso dell'abilitazione rilasciata al termine del corso-concorso (DPR 465/1997, art. 13, comma 1).

 

Con il DPCM 5 dicembre 2019 è stata data autorizzazione al Ministero dell’interno ad avviare procedure concorsuali, relative al corso-concorso COA7 e a procedere alle relative assunzioni, per n. 171 unità di segretari comunali e provinciali. Come comunicato dal Ministero dell’interno (decreto prefettizio 19 settembre 2019, n. 12499, citato in premessa al DPCM 5 dicembre 2019) alla data del 17 settembre 2019 risultano in servizio 2.818 segretari, di cui 2.555 titolari di sede, 148 in disponibilità, 74 in comando o in utilizzo presso altra amministrazione, 6 in utilizzo presso l’Albo nazionale, 33 in aspettativa, 1 in distacco sindacale e 1 fuori ruolo. Le sedi di segreteria gestite dall’Albo, sia singole che convenzionate, sono pari a 4.762. Il Ministero dell’interno ha comunicato inoltre che vi sono 148 segretari in posizione di disponibilità e che le sedi vacanti ammontano a 2.207, di cui 1.524 con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, 547 con popolazione compresa tra 3.001 e 10.000 abitanti, 103 con popolazione compresa tra 10.001 e 65.000 abitanti, 22 con popolazione compresa tra 65.001 e 250.000 abitanti (non capoluogo di provincia) e 11 sono costituite da enti con popolazione superiore ai 250.000 abitanti, comuni capoluogo di provincia e amministrazioni provinciali. Il numero dei segretari in servizio è inferiore a quello delle sedi e che l’attuale carenza di segretari comunali e provinciali è pari a 1.944 unità, derivanti dalla differenza fra le 4.762 sedi di segreteria e i 2.818 segretari in servizio.

 

Il comma 9 introduce una disposizione transitoria con la finalità di ovviare alla carenza di segretari nei piccoli comuni attraverso il conferimento delle funzioni di vicesegretario a funzionari degli enti locali.

 

Si ricorda che il TUEL prevede che il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi del comune, possa prevedere l’istituzione di un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento (art. 97, comma 5 D.Lgs. 267/2000).

Il DPR 465/1997 prevede inoltre che in caso di vacanza della sede di segreteria, salvo che sia in corso la stipulazione di convenzione per l'ufficio di segretario comunale, le funzioni di segretario sono svolte dal vicesegretario, se previsto (art. 15, comma 3)

 

In sintesi la disposizione prevede quanto segue.

La disciplina transitoria può essere attivata nei tre anni successivi all’entrata in vigore della legge di conversione.

Le funzioni attribuite al vicesegretario possono essere svolte, per al massimo 12 mesi complessivamente, da un funzionario di ruolo del comune in servizio da almeno due anni in un ente locale ed in possesso dei requisiti per la partecipazione al concorso (vedi supra).

Il funzionario incaricato è tenuto a partecipare a corsi di formazione di almeno 20 ore, anche attraverso modalità telematiche, secondo modalità stabilite dall’Albo nazionale.

Possono usufruirne i comuni fino a 5.000 abitanti e i comuni fino a 10.000 abitanti che hanno stipulato una convenzione per l'ufficio di segreteria (ai sensi dell’art. 10 del DPR 465/1997) e purché sia vacante la sede di segreteria sia singola sia convenzionata.

 

Si ricorda che i comuni, le cui sedi sono ricomprese nell'ambito territoriale della stessa sezione regionale dell'Agenzia, con deliberazione dei rispettivi consigli comunali, possono anche nell'ambito di più ampi accordi per l'esercizio associato di funzioni, stipulare tra loro convenzioni per l'ufficio di segreteria (art. 10 del DPR 465/1997).

A sua volta il TUEL prevede che i comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione regionale dell'Agenzia. Tali convenzioni possono essere stipulate anche tra comune e provincia e tra province (art. 98, comma 3)

Sempre il TUIL, più in generale, prevede che, al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni (art. 30, comma 1).

 

Inoltre, la nomina può essere fatta nel caso la procedura di pubblicizzazione finalizzata alla nomina del segretario titolare (ai sensi dell'articolo 15, comma 4, DPR 465/1997) sia andata deserta e non risulti possibile assegnare un segretario reggente a scavalco anche con riferimento al contingente di personale in disponibilità.

 

La procedura di assegnazione dell’incarico prevede quanto segue:

§  richiesta del sindaco;

§  autorizzazione del Ministero dell’interno;

§  assenso dell’ente locale di appartenenza;

§  consenso dell’interessato.

 

Entro i 90 giorni successivi, il sindaco è tenuto ad avviare una nuova procedura di pubblicizzazione per la nomina del segretario titolare. È fatta salva la possibilità per il Ministero dell'interno di assegnare, in ogni momento, un segretario reggente anche a scavalco.

 

Il comma 10 prevede che il conferimento delle funzioni di vicesegretario a funzionari del comune disposto dal comma 9 possa essere attivato anche nei comuni che stipulino o abbiano in corso una convenzione di segreteria.

 

Anche i commi da 11 a 13 intervengono in materia di convezioni ed in particolare sulla disciplina relativa alle classi demografiche dei comuni ai fini dell’assegnazione dei segretari comunali, prevedendo che esse siano determinate, in caso di convenzione, dalla sommatoria degli abitanti di tutti i comuni (comma 11).

 

L’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali ha stabilito che la classificazione della sede in convenzione per l’ufficio di segretario “si riferisce alla segreteria convenzionata e non ai singoli comuni”, sulla base cioè della somma degli abitanti certificati dagli uffici anagrafe dei Comuni convenzionati alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello della stipula della convenzione (deliberazione n. 90 del 12 aprile 2000).

 

La tabella di classificazione dei comuni in rapporto alla popolazione residente è stata introdotta dalla legge 604/1962 (tabella A, riportata di seguito) e poi aggiornata dal D.P.R. 749/1972. Entrambi i provvedimenti sono stati abrogati dall’art. 35 del D.P.R. 465/1997, che però ha fatto salva la tabella.

 

 

L'art. 106 del TUEL ha disposto che, fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro, resta ferma la classificazione dei comuni di cui alla medesima tabella, riportata di seguito.

 

Il comma 12 demanda le modalità e la disciplina di dettaglio del sistema classificatorio e la disciplina transitoria ad un decreto del Ministro dell’interno da adottarsi entro 90 giorni nel rispetto della disposizione che disciplina la nomina del segretario comunale (art. 99 TUEL).

La disposizione in commento fa riferimento anche alle modalità di cui all’art. 10, comma 7, lett. a) del D.L. 174/2012 secondo cui Il Ministro dell'interno, su proposta del Consiglio Direttivo dell’albo, sentita la Conferenza Stato Città e Autonomie locali a) definisce le modalità procedurali e organizzative per la gestione dell'albo dei segretari, nonché il fabbisogno di segretari comunali e provinciali.

 

Il comma 13 prevede che i nuovi criteri di classificazione si applicano alle convenzioni, stipulate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui sopra.

Per le nuove convenzioni, ai segretari posti in disponibilità e titolari di sede convenzionata è corrisposto il trattamento economico dell’ultima sede di servizio, come previsto dal CCNL. Tuttavia, la retribuzione di posizione è riconosciuta nella misura pari a quella stabilita per il comune capofila.

 

Si tratta di una disposizione già prevista dalla prassi. Il Ministero dell’interno, con la nota n. 485-E(P) del 24 marzo 2015, ad oggetto "Convenzioni per l'ufficio di segreteria", ha fornito chiarimenti sulla disciplina del sistema di classificazione delle sedi di segreteria convenzionate, prevedendo che in ogni ipotesi di convenzionamento la retribuzione di posizione del segretario convenzionato dovrà risultare corrispondente a quella prevista, dalla contrattazione collettiva, per il comune capofila, il quale, nell’ambito della convenzione, procede alla nomina del segretario.

Per quanto riguarda la nozione di comune capofila, si ricorda che le convenzioni tra comuni possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera come comune capofila in luogo e per conto degli enti deleganti (TUEL art. 30, comma 4).

 

La figura del segretario comunale e provinciale

Al segretario comunale e provinciale sono affidati compiti di collaborazione e assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente locale in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Ciascun comune e ciascuna provincia hanno infatti un segretario titolare iscritto all'apposito albo cui si accede per concorso (TUEL art. 97 e 98).

In particolare, il segretario coordina i dirigenti dell’ente locale e sovrintende allo svolgimento delle loro funzioni; ha funzioni consultive nei confronti del Consiglio e della Giunta (di cui verbalizza le sedute); può rogare i contratti nei quali l'ente è parte.

Oltre a queste, al segretario possono essere attribuite ulteriori funzioni per statuto e regolamento oppure su impulso del sindaco o del presidente della provincia. Il segretario, inoltre, svolge funzioni in materia di prevenzione della corruzione e di controllo interno dell'ente nonché di trasparenza (v. infra).

Il sindaco e il presidente della provincia nominano e revocano il segretario, il cui incarico ha la durata corrispondente dell'organo che lo ha nominato (TUEL art. 99). Il provvedimento di revoca deve essere motivato e deliberato dalla giunta. La revoca può avvenire solo per violazione dei doveri di ufficio (TUEL art. 100). Il provvedimento di revoca è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l'ANAC rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione (L. 190/2012, art. 1, co. 82).

La gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali spetta attualmente al Ministero dell'interno. Nel XVI legislatura, infatti, è stata operata una profonda riforma della disciplina dei segretari comunali e provinciali con l'abrogazione dell'Agenzia per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ad opera del decreto-legge n. 78 del 2010 (art. 7, comma da 31-ter a 31-septies) e l'affidamento della gestione dell'albo al Ministero dell'interno.

È stata così ripristinata la disciplina in vigore prima del 1997, quando è stata istituita l'Agenzia che aveva sostituito il Ministero dell'interno quale datore di lavoro dei segretari (legge 127/1997, c.d. "Bassanini 2"). A quanto previsto dal decreto-legge n. 78 è stata data attuazione con il decreto interministeriale del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 maggio 2012, con il quale è stata stabilita la data di effettivo esercizio delle funzioni trasferite e sono state individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie riallocate presso il Ministero dell'interno. Successivamente, il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 ha istituito il Consiglio direttivo per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali presso il Ministero dell'interno, già in parte disciplinato dal citato decreto ministeriale del 23 maggio (art. 10, commi 7-8). Inoltre, al fine del contenimento della spesa pubblica, il medesimo provvedimento ha disposto la soppressione della Scuola Superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale stabilendo, altresì, le regole per tutti gli adempimenti successivi e consequenziali a tale soppressione (art. 10, commi 2-6).

Negli ultimi anni, inoltre, ai segretari sono state attribuite nuove funzioni in materia di anticorruzione e controllo interno. In particolare, la legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione) ha individuato nel segretario comunale e provinciale il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza negli enti locali, salvo diversa e motivata determinazione (art. 1, co. 7).

Attualmente, il segretario svolge altresì le funzioni in materia di trasparenza dell'amministrazione introdotte dal decreto legislativo 33/2013, adottato in attuazione della delega prevista dalla legge anticorruzione (art. 43).

Per quando riguarda la dotazione di personale, nell'ottica della spending review, sono stati introdotti negli ultimi anni limiti alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali (cfr. decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, art. 14, comma 6).


 

Articolo 17
(Personale delle Province e delle Città metropolitane)

 

 

L'art.17, comma 1, reca disposizioni in materia di facoltà assunzionali delle Province e delle Città metropolitane, per molti aspetti analoghe a quelle introdotte per le regioni a statuto ordinario e per i comuni dal DL n.34 del 2019. La finalità è quella di favorire le assunzioni a tempo indeterminato negli enti che presentino un rapporto virtuoso fra spese complessive per il personale ed entrate correnti. Per gli enti meno virtuosi, è previsto l'avvio di un percorso, che si conclude nel 2025, mirato al raggiungimento della sostenibilità finanziaria di tale rapporto. Qualora tale obiettivo non sia raggiunto, le assunzioni di personale non potranno eccedere il 30 per cento di coloro che cessano dal servizio.

È introdotta una disposizione relativa alle assunzioni a tempo determinato per le sole Province.

Nel corso dell'esame in sede referente sono stati introdotti tre commi aggiuntivi, risultanti dall'adozione di tre distinti emendamenti:

i) l'em. 17.6, che consente agli enti locali di procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide per le assunzioni in attuazione del piano triennale dei fabbisogni di personale.; ii) l'em. 17.7, che specifica che nell'ambito delle autorizzazioni alle assunzioni nei centri per l'impiego le regioni e le province autonome possono procedere anche attraverso le società a partecipazione pubblica; iii) l'em. 17.9, in materia di assunzione di personale nei comuni.

 

Il comma 1 introduce due commi aggiuntivi dopo il comma 1 dell'art.33 del DL n.34 del 2019, pertanto subito dopo la disciplina assunzionale dettata per le regioni a statuto ordinario e subito prima dell'analoga disciplina comunale (di cui al successivo comma 2).

Il testo in esame riproduce i contenuti di un emendamento approvato in sede referente nel corso dell'esame in Senato del disegno di legge di bilancio 2020 (poi confluito nell'art.8, comma 75, dell'AS 1586), che è stato tuttavia dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art.161, comma 3-ter, del Regolamento del Senato in quanto estraneo al contenuto proprio della legge di bilancio.

In quel testo si faceva tuttavia solo menzione delle Province, implicitamente escludendo le Città metropolitane dalla disciplina assunzionale che, con l'articolo in commento, riguarda ora, in modo tendenzialmente uniforme, sia le Regioni che gli enti locali.

Il primo periodo del comma 1-bis dell'art.33 del DL n.34 del 2019, introdotto dall'articolo in commento, stabilisce che le Province e le Città metropolitane possano procedere ad assumere a tempo indeterminato nel limite di una spesa complessiva per il personale (al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione) non superiore ad un determinato valore soglia, definito con decreto ministeriale.

La finalità della nuova disciplina assunzionale è la medesima prevista per la disciplina assunzionale di regioni e comuni. L'obiettivo è "anche" quello di perseguire le finalità ("di cui al comma 1", cioè) di favorire l'accelerazione degli investimenti pubblici, con particolare riferimento ad alcuni ambiti (mitigazione del rischio idrogeologico e ambientale, manutenzione delle scuole e delle strade, opere infrastrutturali, edilizia sanitaria e altri programmi previsti dalla legge di bilancio per il 2019).

 

Il richiamato valore soglia è definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti, senza tener conto degli stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione per il Fondo crediti di dubbia esigibilità.

In ogni caso le assunzioni devono essere disposte in coerenza con piani triennali di fabbisogno di personale e nel rispetto dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione.

 

La fissazione della data di entrata a regime della nuova disciplina assunzionale (primo periodo), nonché l'individuazione delle fasce demografiche, dei relativi valori soglia (prossimi al valore medio per fascia demografica) e delle relative percentuali massime annuali di incremento del personale per gli enti di area vasta che si collocano al disotto del predetto valore soglia (secondo periodo) sono demandate ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione. Quest'ultimo è adottato con il concerto del Ministro dell'economia e il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza Stato città, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione introdotta con il decreto-legge in esame (ovvero il 31 dicembre 2019).

 

Il terzo periodo dispone che l'aggiornamento delle fasce, dei valori soglia e delle relative percentuali massime di incremento del personale possa essere operato con cadenza quinquennale.

 

Il quarto periodo prevede che le Province e le Città metropolitane il cui rapporto fra la spesa per il personale (al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione) e le entrate correnti dei primi tre titoli del rendiconto risulti superiore al valore soglia, definito dal citato decreto ministeriale, siano tenute ad intraprendere un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto con l'obiettivo di conseguire il valore soglia "nell'anno 2025". Gli enti che intraprendono tale percorso sono chiamati ad attuare un turnover di personale "anche inferiore al 100 per cento".

 

A decorrere dal 2025, le Province e le Città metropolitane che continueranno a registrare un rapporto superiore al “valore soglia” - fintanto che tale differenza non sia riassorbita - saranno tenute ad applicare un turn over del personale "pari al 30 per cento" (quinto periodo). La disposizione, nonostante il tenore letterale, parrebbe doversi intendere come diretta ad imporre un limite massimo alle assunzioni, e non un vincolo di applicare un turn over "pari" al 30 per cento.

 

L'ultimo periodo dispone infine che sia assicurata l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa. A tal fine si prevede una rimodulazione, in aumento o in diminuzione, del limite del trattamento accessorio del personale di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018.

 

L'art. 23, comma 2, citato ha disposto, in attesa di una più generale armonizzazione dei trattamenti economici accessori di tutto il personale delle amministrazioni pubbliche da effettuarsi in sede di contrattazione collettiva nazionale, che dal 2017 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna pubblica amministrazione non possa superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

 

L'articolo in esame introduce, infine, il comma 1-ter dell'art.33 del DL n.34/2019, che dispone, al primo periodo, l'abrogazione dell'art. 1, comma 421, della legge n.190 del 2014.

Ai sensi dei quest'ultimo articolo:

- la dotazione organica delle Città metropolitane e delle Province delle regioni a statuto ordinario è stabilita in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge n. 56 del 2014 ("Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni"), ridotta rispettivamente, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge, in misura pari al 30 e al 50 per cento (fatte salve le province, con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri per cui il taglio era pari al 30 per cento);

- sono fatti salvi i divieti di cui al comma 420 del medesimo articolo della legge n.190. I divieti riguardano la facoltà a) di ricorrere a mutui (se non per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell'edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza); b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza;

- si prevede una disciplina per il personale interessato ai processi di mobilità conseguenti alla riduzione dell'organico delle Città metropolitane e delle Province.

 

Al secondo periodo, si dispone che, fatto salvo quanto previsto al comma 1-bis (che come descritto riguarda assunzioni a tempo indeterminato) le Province possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le medesime finalità nell'anno 2009.

Si rileva che la disposizione in esame riserva tale facoltà assunzionale nelle sole provincie senza estenderla anche alle Città metropolitane, che sono invece interessate dalle altre disposizioni recate dall'articolo in esame.

 

Nel corso dell'esame in sede referente è stato introdotto il comma 1-bis (em. 17.6), che consente agli enti locali, che intendano procedere ad assunzioni in attuazione del piano triennale dei fabbisogni di personale, di procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide per la copertura dei posti previsti nel medesimo piano. Tale facoltà è attribuita in deroga all'art. 91, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (di cui al d.lgs. n.267/2000), ai sensi del quale per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangano efficaci per tre anni dalla data di pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili (con eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo).

 

Si ricorda che il piano triennale dei fabbisogni di personale è disciplinato dall'articolo 6 del D.lgs. n.165/2001. In particolare il comma 2 prevede che le amministrazioni pubbliche (quindi non solo gli enti locali) adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le linee di indirizzo Linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni di personale. Nel piano ciascuna amministrazione indica la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati e secondo le richiamate linee di indirizzo, garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione. In ogni caso la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente (comma 3). Il rispetto da parte delle amministrazioni di quanto previsto all'art.6 richiamato è condizione necessaria per assumere nuovo personale (comma 6).

 

Sul tema delle graduatorie dei pubblici concorsi sono intervenute alcune disposizioni della legge di bilancio 2020.

L'art. 1, comma 148, ha abrogato l'art. 1, comma 361, della legge n.145/2018 (legge di bilancio 2018) con la quale era stata fortemente limitata la possibilità delle pubbliche amministrazioni di procedere allo scorrimento delle graduatorie: le graduatorie dei concorsi banditi a decorrere dal 1° gennaio 2019 avrebbero potuto essere utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti indicati nel bando, senza pertanto poter assumere i cosiddetti candidati idonei mediante l'istituto dello scorrimento delle graduatorie (se non in mancanza di costituzione del rapporto con i vincitori o per l'avvenuta estensione del rapporto con questi ultimi). L'abrogazione è apparsa in linea con le richieste delle regioni e degli enti locali[8].

Il comma 148 dispone che le graduatorie rimangono vigenti per un termine di due anni (o minore se diversamente previsto dalle leggi regionali per la selezione del personale di competenza) dalla data di approvazione. Tale regola non vale tuttavia per le graduatorie approvate nel periodo compreso fra il 2011 e il 2019, nel qual caso il comma 147 impone il rispetto dei seguenti limiti (fermi restando i periodi di vigenza delle graduatorie inferiori ai sensi delle leggi regionali):

a) le graduatorie approvate nell'anno 2011 sono utilizzabili fino al 30 marzo 2020. In tal caso è necessaria, prima dell'assunzione di coloro che sono nelle graduatorie, la frequenza obbligatoria di questi ultimi di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione, previo superamento di un apposito esame-colloquio diretto a verificarne la perdurante idoneità;

b) le graduatorie approvate negli anni dal 2012 al 2017 sono utilizzabili fino al 30 settembre 2020;

c) le graduatorie approvate negli anni 2018 e 2019 sono utilizzabili entro tre anni dalla loro approvazione.

 

In sede referente è stato inoltre introdotto il comma 1-ter, risultante dall'approvazione dell'emendamento 17.7, che novella l'art.12, comma 3-bis, del D.L. n. 4/2019 ("Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni").

Nello specifico la disposizione in commento introduce un inciso che specifica che le regioni possono procedere alle assunzioni da destinare ai centri per l’impiego "anche attraverso le società a partecipazione pubblica".

 

In proposito, si rammenta che il comma 3-bis, nella versione vigente, autorizza le regioni e le province autonome, nonché le agenzie e gli enti regionali, o le province e le città metropolitane se delegate al funzionamento dei servizi per l'impiego, ad assumere personale da destinare ai centri per l’impiego fino a complessive 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 e ad ulteriori 4.600 unità di personale a decorrere dall’anno 2021.

Le predette assunzioni includono anche la stabilizzazione delle unità di personale reclutate mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato.

 

La disposizione in commento parrebbe mirata ad ampliare il novero dei soggetti autorizzati alle predette assunzioni anche alle società a partecipazione pubblica non necessariamente partecipate dalla regione.  La previsione vigente, secondo cui possono procedere ad assunzioni gli "enti regionali", già ricomprendeva le società a partecipazione pubblica a carattere regionale.

 

Nel corso dell'esame in sede referente è stato infine inserito il comma 1-quater (a seguito dell'accoglimento dell'emendamento 17.9), con cui si novella l'art.33, comma 2, del decreto-legge n.34 del 2019, in materia di facoltà assunzionali dei Comuni.

 

La disposizione interviene sulle modifiche introdotte, nella legge di bilancio per il 2020 (art.1, comma 853), alla disciplina che attribuisce ai Comuni la facoltà di assumere a tempo indeterminato nel limite di una spesa complessiva per il personale (al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione) non superiore ad un determinato valore soglia, definito con decreto ministeriale.

Il valore soglia è definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti, senza tener conto degli stanziamenti iscritti nel bilancio di previsione per il Fondo crediti di dubbia esigibilità.

Il testo vigente dell'art.33, secondo comma, secondo periodo (non inciso dall'emendamento in esame, ma che è opportuno richiamare per comprendere la portata innovativa di quest'ultimo),  demanda ad un decreto ministeriale l'individuazione delle fasce demografiche, dei relativi valori soglia (prossimi al valore medio per fascia demografica), delle relative percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio per i comuni che si collocano al disotto del valore soglia prossimo al valore medio, nonché di un valore soglia  superiore cui convergono i comuni con una spesa di personale eccedente la predetta soglia superiore.

Il terzo periodo dispone che i comuni che registrano un rapporto compreso tra i due predetti valori soglia non possono incrementare "la spesa di personale registrata" nell'ultimo rendiconto della gestione approvato. L'emendamento in esame novella tale disposizione stabilendo che tali comuni non possono incrementare "il valore del predetto rapporto rispetto a quello corrispondente registrato" nell’ultimo rendiconto della gestione approvato. Tale disposizione offre ai comuni maggiore spazio di manovra, potendo questi ultimi incrementare la spesa di personale registrata in sede di rendiconto, a condizione che non si incrementi il valore di tale rapporto (in cui oltre alla spesa di personale rileva l'andamento delle entrate correnti degli ultimi tre rendiconti).

L'emendamento, conseguentemente, novella la rubrica dell'articolo in esame, al fine di tener conto che la disciplina ivi recata concerne anche il personale dei comuni.

 


 

Articolo 17-bis
(Disposizioni in materia di elezione del presidente della provincia e del consiglio provinciale)

 

 

L’articolo 17-bis prevede, al comma 1, che non si applica per gli anni 2020 e 2021 la previsione in base alla quale sono eleggibili a presidente della provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.

Al comma 2 si dispone che i termini, attualmente previsti per lo svolgimento delle elezioni provinciali, sono differiti al 45° giorno successivo all’ultima proclamazione degli eletti dei consigli comunali: ciò solo per quelle province in cui i consigli comunali interessati al turno annuale elettorale siano tali da far superare la soglia del 50 per cento degli aventi diritto al voto.

 

Relativamente alla previsione del comma 1, si ricorda che in base al sistema elettorale provinciale definito dalla legge 56/2014:

§  l’elezione del presidente della provincia è di secondo grado, essendo eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia;

§  hanno diritto di elettorato passivo i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni (art. 1, comma 60, legge n. 56 del 2014).

La modifica disposta dal comma 1 dell’articolo in esame pertanto incide su tale ultima previsione estendendo, limitatamente agli anni 2020 e 2021, l’elettorato passivo anche a tutti i sindaci il cui mandato scada nel corso dei 18 mesi antecedenti lo svolgimento delle elezioni provinciali.

Con la norma in esame, infatti, per gli anni 2020 e 2021, non è più richiesta una durata minima della scadenza del mandato di sindaco per potersi candidare alle elezioni di presidente della provincia.

Si ricorda in proposito che il presidente della provincia (che dura in carica quattro anni) decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (art. 1, comma 65, L. 56/2014).

 

Sulla medesima disposizione era intervenuto, in precedenza, l’art. 1, co. 2, del D.L. 91/2018 che - limitatamente alla tornata elettorale del 31 ottobre 2018 – aveva stabilito l’eleggibilità alla carica di presidente della provincia dei sindaci il cui mandato scada non prima di 12 mesi dalle elezioni.

Si ricorda che in base al sistema elettorale delineato dalla legge 56/2014, ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato in base ad un indice di ponderazione, i cui criteri di determinazione sono fissati nell’allegato A della legge 56/2014, che tiene conto della popolazione legale di ciascun comune e del rapporto tra questa e la popolazione della provincia.

 

Il comma 2 interviene sui termini per lo svolgimento delle elezioni provinciali e sulla durata in carica del consiglio provinciale.

 

Il sistema elettorale delle province è disciplinato dalla legge Delrio (L. 56/2014) che ha riformato l’intero assetto degli enti locali prevedendo:

•   l’istituzione delle città metropolitane;

•   l’introduzione di una nuova disciplina delle province;

•   la definizione di una disciplina organica delle unioni di comuni e la riforma dell’istituto della fusione di comuni.

Con la legge 56/2014, in particolare, le province sono state definite (così come le città metropolitane) enti di area vasta e i relativi organi – il presidente della provincia ed il consiglio provinciale - sono divenuti organi elettivi di secondo grado; analogo impianto è seguito per il consiglio nelle città metropolitane, con la differenza che il sindaco metropolitano coincide con il sindaco del comune capoluogo. La governance degli enti di area vasta si completa con l'assemblea dei sindaci, per le province, e la conferenza metropolitana, per le città metropolitane, che sono composte dai sindaci dei comuni dell’ente.

 

Il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia ed è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere provinciale. Il consiglio provinciale dura in carica due anni.

 

In base alla vigente disciplina (art. 1, comma 79, lett. b), della legge n. 56 del 2014) l’elezione del presidente della provincia e del consiglio provinciale si svolge entro 90 giorni dalla scadenza per fine del mandato ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali.

Tale termine era originariamente fissato a 30 giorni dalla legge n. 56 del 2014 ed è stato poi portato a 90 giorni dal D.L. n. 210 del 2015.

 

Il termine di 90 giorni dalla scadenza per fine del mandato (ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali) viene differito dal comma 2 in esame al 45° giorno successivo all’ultima proclamazione degli eletti (da parte di tutti i consigli comunali della provincia sembra doversi intendere) per quelle province in cui i consigli comunali appartenenti alla circoscrizione elettorale (provinciale) interessati al turno annuale ordinario elettorale siano tali da far superare la soglia del 50 per cento degli aventi diritto al voto.

 

Il requisito del “50 per cento degli aventi diritto al voto” previsto per i “consigli comunali appartenenti alla circoscrizione elettorale provinciale” pare suscettibile di maggiore specificazione al fine di chiarire l’ambito di applicazione della norma.

 

Finalità della norma, secondo quanto evidenziato nel testo, è in particolare quella di garantire l’effettiva rappresentatività degli organi eletti. Nel caso di rinnovo dei consigli comunali, nei casi previsti dalla norma, avrebbero infatti diritto di elettorato passivo i “nuovi” consiglieri comunali subito dopo la loro proclamazione.

 

In base all’art. 38 del TUEL (d. lgs. 267/2000) i consiglieri comunali entrano in carica all’atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili. 

 

Nei comuni con più di 15.000 abitanti, la proclamazione è effettuata dagli uffici centrali elettorali dopo quella del sindaco e successivamente al calcolo dei seggi spettanti a ciascuna lista; può avere luogo un secondo turno di ballottaggio. Nei comuni con meno di 15.000 abitanti, la proclamazione è effettuata dal presidente della sezione, una volta compiuto lo scrutinio.

 

Con il comma 2 in esame - che introduce un nuovo comma 79-bis alla legge 56/2014 - la durata dell’organo provinciale è dunque differita, nei casi previsti dalla norma, al 45° giorno successivo al turno elettorale comunale e alle proclamazioni di tutti consiglieri comunali della provincia, turno elettorale che – in base all’art. 1 della legge n. 182 del 1991 - si svolge in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno (se il mandato scade nel primo semestre dell’anno ovvero nello stesso periodo dell’anno successivo se il mandato scade nel secondo semestre).

 

In base alla legge, l’arco temporale di svolgimento è il medesimo (tra il 15 aprile ed il 15 giugno) se il consiglio comunale è rinnovato per motivi diversi dalla scadenza del mandato.

La data per lo svolgimento delle elezioni comunali è fissata dal Ministro dell’interno non oltre il 50° giorno precedente quello della votazione.

 

La previsione del comma 2, ancorando la data di svolgimento delle elezioni provinciali a quella delle proclamazioni dei consiglieri comunali aventi diritto al voto, potrebbe portare dunque all’indizione delle elezioni provinciali per date differenti da provincia a provincia.

In proposito si ricorda che in base all’art. 7 del decreto legge n. 98 del 2011 “a decorrere dal 2012 le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei Presidenti delle province e delle regioni, dei Consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgono, compatibilmente con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, in un'unica data nell'arco dell'anno” (c.d. election day).

Va altresì considerato che, sulla base del comma 2 in esame, sembra doversi attendere la proclamazione di tutti i consiglieri comunali della circoscrizione provinciale prima di poter procedere all’indizione delle elezioni provinciali.

 

Relativamente all’anno 2020 in corso si ricorda che per il 2020 sono previste elezioni amministrative per gli elettori di 1.092 comuni, di cui 553 appartenenti a regioni a statuto ordinario e 539 a regioni a statuto speciale.

Diciassette sono i comuni capoluogo di provincia (Agrigento, Andria, Aosta, Arezzo, Chieti, Crotone, Enna, Fermo, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Nuoro, Reggio Calabria, Trani, Trento e Venezia), di cui tre sono anche capoluogo di regione (Aosta, Trento e Venezia).

 

L’elenco dei comuni è ancora provvisorio perché a questi si aggiungeranno altri eventuali comuni i cui consigli comunali saranno sciolti con DPR entro il 24 febbraio 2020.

 

Nelle ultime elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali (31 ottobre 2018) le elezioni hanno riguardato circa 70 province (su 76 delle regioni a statuto ordinario – dati UPI) che nel 2020 andranno quindi a scadenza.

 

 


 

Articolo 18, commi 1, 2 e 2-bis
(Misure per il ricambio generazionale e la funzionalità della PA nei piccoli comuni)

 

 

L’articolo 18, commi 1, 2 e 2-bis, modificati nel corso dell’esame in sede referente, prevede misure procedimentali che consentono al Dipartimento per la funzione pubblica di accelerare la capacità assunzionale delle P.A. nel triennio 2020-2022 (comma 1), autorizza Formez PA, in via sperimentale, a fornire adeguate forme di assistenza ai comuni fino a 5.000 abitanti e dei comuni in dissesto per il sostegno delle attività fondamentali (comma 2), autorizza i comuni con ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o con piano di riequilibrio pluriennale approvato ad assumere personale di livello apicale (comma 2-bis).

 

Più in dettaglio: a) il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 30 marzo 2020, elabora bandi-tipo che garantiscano omogeneità di contenuti e tempestività nell’avvio delle procedure concorsuali e concorre alla gestione delle medesime procedure e delle prove selettive ove richiesto dalle PA (comma 1, che introduce il comma 5-bis all’articolo 3 della L.56 del 2019[9]);

b) Formez PA fornisce, attraverso le proprie risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, sulla base del Piano triennale per il sostegno e l’efficienza delle PA, forme di assistenza a distanza o in sede, anche mediante utilizzo di specifiche professionalità, adeguate alle esigenze dei comuni fino a 5.000 abitanti, che ne facciano richiesta, per il sostegno alle attività istituzionali fondamentali, incluse le attività di assistenza tecnico-operativa a supporto delle diverse fasi della progettazione europea, al fine di favorire un approccio strategico nell'accesso ai fondi UE, e in favore dei comuni in dissesto finanziario o che abbiano deliberato al procedura di riequilibrio pluriennale per il sostegno alla gestione finanziaria e contabile (comma 2, primo periodo, modificato in sede referente, che introduce il comma 4-bis all’art. 2 del d.lgs n.6 del 2010[10])

In conseguenza di tale previsione, all’articolo 60-bis, comma 2, del d.lgs 165 del 2001[11], viene sostituita la lettera b), prevedendo che, nell’ambito del Piano triennale delle azioni concrete per l'efficienza delle pubbliche amministrazioni, predisposto annualmente dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, siano previste “ le tipologie di azioni dirette a incrementare l'efficienza delle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento all'impiego delle risorse dei fondi strutturali e di investimento europei”[12] (comma 2, secondo periodo);

c) infine, il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, autorizza i comuni con ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o con piano di riequilibrio pluriennale approvato ad assumere, in via prioritaria, personale di livello apicale degli uffici preposti alla gestione finanziaria e contabile.

Sono fatte salve le disposizioni dell’art. 33, comma 2, del d.l. n. 34 del 2019, nonché le disposizioni del Titolo VIII del d.lgs. 267 del 2000 relative agli enti locali deficitari o dissestati.

 

L’art. 33, comma 2 del dl 34/2019 dispone che “i comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio asseverato dall'organo di revisione, sino ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione. Ciò anche per le finalità previste dal precedente comma 1, al fine, cioè, di consentire l'accelerazione degli investimenti pubblici, con particolare riferimento a quelli in materia di mitigazione del rischio idrogeologico, ambientale, manutenzione di scuole e strade, opere infrastrutturali, edilizia sanitaria e agli altri programmi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145.

La normativa sul dissesto finanziario è contenuta nel titolo VIII della parte II dell’Ordinamento finanziario e contabile del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Trattasi dello strumento attivabile laddove l’ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o che non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. Con la dichiarazione di dissesto da parte dell’ente locale si procede alla nomina dell’organo straordinario di liquidazione e di un’amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all’accertamento della massa attiva e passiva. Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, viene demandata all’organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ai fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quella relativa alla predisposizione di un bilancio riequilibrato. L’organo straordinario di liquidazione provvede, pertanto, alla rilevazione della massa passiva, all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento ed alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

L'ipotesi di bilancio riequilibrato è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.

L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.


 

Articolo 18, commi 1-bis-1-septies
(Norme sui concorsi pubblici per il reclutamento di personale e sul Nucleo della Concretezza)

 

 

I commi in esame - inseriti dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente - recano varie norme relative ai concorsi per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni ed al Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell'efficienza amministrativa (cosiddetto Nucleo della Concretezza). Riguardo, in particolare, ai concorsi pubblici, le norme concernono la realizzazione di strutture per i medesimi tecnologicamente avanzate (commi 1-bis, 1-sexies e 1-septies), gli incarichi di presidente, di membro o di segretario delle commissioni esaminatrici (comma 1-ter, lettere b) e c)) e la composizione, il trattamento economico dei membri e le funzioni della Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) (comma 1-ter, lettera d), e commi 1-quater e 1-quinquies). Le norme sul Nucleo della Concretezza riguardano sia i profili di organizzazione e funzionamento sia quelli inerenti alle attività del Nucleo (comma 1-ter, lettera a)).

 

La novella di cui al comma 1-bis, il comma 1-sexies ed il comma 1-septies dispongono che una quota delle risorse del fondo di cui all'articolo 2, comma 5, della L. 19 giugno 2019, n. 56, sia destinata alla realizzazione di strutture tecnologicamente avanzate per lo svolgimento dei concorsi pubblici, al fine di rivedere le procedure di selezione del personale della pubblica amministrazione, riducendone i tempi di svolgimento, anche attraverso l'automazione e la digitalizzazione delle medesime procedure. Tale quota è determinata - in una misura non superiore al 20 per cento della dotazione del fondo - mediante la procedura già prevista per l'impiego del fondo (uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, emanati previa ricognizione dei fabbisogni ed in relazione alle esigenze presentate).

Tale fondo ha una dotazione di 35 milioni di euro per il solo anno 2019 (si tratta di risorse non ancora oggetto di atti di impegno e che, essendo in conto capitale, possono essere conservate come "residui impropri").

La disciplina finora vigente prevede che tali risorse siano destinate - per la finalità della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro nelle pubbliche amministrazioni - all'introduzione di sistemi di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi (in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica in uso).

La novella di cui alla lettera a) del comma 1-ter prevede, in primo luogo, che il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri assicuri l'esercizio delle funzioni, delle azioni e delle attività del summenzionato Nucleo della Concretezza, anche in deroga alle procedure stabilite dall'articolo 60-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Sembrerebbe opportuno chiarire la portata della deroga prevista dalla presente novella.

Si ricorda che il suddetto articolo 60-bis ha introdotto nell'ordinamento il "Piano triennale delle azioni concrete per l'efficienza delle pubbliche amministrazioni"[13] ed ha previsto l'istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, del suddetto Nucleo, preposto alla verifica della realizzazione delle azioni concrete (indicate nel medesimo piano) per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni[14].

Tale attività di verifica è svolta mediante sopralluoghi e visite, effettuati dal Nucleo in collaborazione con l’Ispettorato per la funzione pubblica[15] ed intesi a rilevare lo stato di attuazione delle disposizioni da parte delle pubbliche amministrazioni e le modalità di organizzazione e di gestione dell'attività amministrativa alla luce dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nonché a proporre eventuali misure correttive.

Per le amministrazioni statali (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie e gli enti pubblici (non economici) nazionali, il Nucleo indica altresì i termini temporali entro cui devono essere attuate tali eventuali misure. L'inosservanza del termine assegnato rileva ai fini della responsabilità dirigenziale e disciplinare e determina l'iscrizione della pubblica amministrazione inadempiente in un elenco pubblicato sul sito del Dipartimento della funzione pubblica.

Le norme di cui al medesimo articolo 60-bis disciplinano altresì le procedure inerenti ai sopralluoghi e visite in oggetto ed ai relativi processi verbali[16] ed i termini temporali per la comunicazione al Nucleo - da parte dell'amministrazione[17] - dell'avvenuta attuazione delle misure correttive.

Entro il 30 giugno di ogni anno, il Dipartimento della funzione pubblica trasmette una relazione sugli esiti dei sopralluoghi e delle visite, con l'evidenziazione dei casi di mancato adeguamento, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno e alla Corte dei conti. Il Ministro per la pubblica amministrazione trasmette tale relazione alle Camere, ai fini del deferimento alle competenti Commissioni parlamentari.

La novella di cui al presente comma 1-ter, lettera a), specifica inoltre che le risorse umane (e quelle finanziarie concernenti il relativo costo) già previste per il suddetto Nucleo sono assegnate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, tramite essa, al Dipartimento della funzione pubblica e che il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell'ambito dell'autonomia organizzativa della medesima Presidenza, adotti i conseguenti provvedimenti di riorganizzazione e di adeguamento delle dotazioni organiche (senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica).

Si ricorda che l'articolo 60-quater del citato D.Lgs. n. 165 del 2001 - articolo richiamato dalla presente novella - prevede che per lo svolgimento delle attività del Nucleo il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga di cinquantatré unità di personale, di cui una con qualifica dirigenziale di livello generale e due con qualifica dirigenziale di livello non generale.

 

In particolare, ventitré unità, ivi comprese quelle di livello dirigenziale, sono individuate tra il personale delle amministrazioni pubbliche[18] e le altre trenta unità (di cui venti da inquadrare nel livello iniziale della categoria A e dieci da inquadrare nel livello iniziale della categoria B) sono reclutate mediante concorso pubblico per titoli ed esami.

 

Le novelle di cui alle lettere b) e c) dello stesso comma 1-ter concernono la natura dell'attività degli incarichi di presidente, di membro e di segretario delle commissioni esaminatrici dei concorsi per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni.

Si prevede che tali incarichi, qualora riguardino concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato (anche ad ordinamento autonomo) e dagli enti pubblici (non economici) nazionali, siano considerati a tutti gli effetti di legge attività di servizio, qualunque sia l'amministrazione che li abbia conferiti, e si abroga la disposizione vigente, che pone il medesimo principio in via generale - mentre la nuova norma fa esclusivo riferimento ai concorsi indetti dalle suddette amministrazioni nazionali -.

 

Le novelle di cui alla lettera d) del comma 1-ter e di cui al comma 1-quater ed il successivo comma 1-quinquies riguardano la composizione, il trattamento economico dei membri e le funzioni della Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) - Commissione che svolge alcune funzioni in materia di procedure concorsuali per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni -.

In particolare, la lettera d) del comma 1-ter - novellando l'articolo 3, comma 14, della citata L. n. 56 del 2019 - estende ai componenti della suddetta Commissione la norma che esclude[19], per i compensi dovuti al personale dirigenziale pubblico per l'attività di presidente o di membro della commissione esaminatrice di un concorso per l'accesso a un pubblico impiego, l'applicazione del principio[20] secondo cui il trattamento economico riconosciuto al dirigente remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti al medesimo, nonché qualsiasi incarico conferito in ragione del suo ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui presti servizio o su designazione della stessa[21] (principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti pubblici).

La novella di cui al comma 1-quater prevede, in primo luogo, che la Commissione sia nominata con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e sia composta dal Capo del Dipartimento della funzione pubblica, che la presiede, dall'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e dal Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno o da loro delegati.

Si ricorda che, nell'assetto vigente[22], la Commissione è composta da un rappresentante del Dipartimento della funzione pubblica, un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze ed un rappresentante del Ministero dell'interno.

Il successivo comma 1-quinquies specifica che sono fatti salvi gli atti della Commissione compiuti fino alla ricostituzione della stessa secondo le modalità summenzionate.

La novella di cui al comma 1-quater individua altresì le funzioni della Commissione, in termini identici a quelli attuali - cfr. l'ultimo decreto di nomina (D.M. 16 maggio 2018) - ed inserendo, dunque, tali previsioni in un testo di rango legislativo. In particolare, la Commissione: approva i bandi di concorsi per il reclutamento di personale a tempo indeterminato; indìce i bandi di concorso e nomina le commissioni esaminatrici; valida le graduatorie finali di merito delle procedure concorsuali trasmesse dalle commissioni esaminatrici; assegna i vincitori e gli idonei delle procedure concorsuali alle amministrazioni pubbliche interessate; adotta ogni ulteriore eventuale atto connesso alle procedure concorsuali, fatte salve le competenze proprie delle commissioni esaminatrici.

Sembrerebbe opportuno chiarire quali siano le pubbliche amministrazioni per i cui concorsi trovino applicazione le suddette competenze della Commissione.

Si ricorda, al riguardo, che la disciplina oggetto della presente novella[23] prevede (nella parte non modificata) per le amministrazioni diverse da quelle nazionali[24] la mera facoltà di rivolgersi (per lo svolgimento delle procedure concorsuali) al Dipartimento della funzione pubblica ed alla suddetta Commissione[25]


 

Articolo 18-bis
(Modifiche in materia di funzioni fondamentali dei comuni)

 

 

L’articolo 18-bis, introdotto in sede referente, differisce al 31 dicembre 2020 il termine a partire dal quale diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali per i piccoli comuni, nelle more dell’attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2019.

 

La disciplina oggetto dell’intervento normativo è contenuta all’articolo 14, commi da 26 a 31, del D.L. 78 del 2010 (conv. L. 122 del 2010), che hanno individuato l’elenco delle funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p), Cost. e hanno stabilito per i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti (o inferiore a 3.000 abitanti qualora si tratti di comuni appartenenti o appartenuti a comunità montane) l’obbligo di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali stesse mediante unione di comuni o convenzione, prevedendo tuttavia un’attuazione graduale nel tempo di tale obbligo (art. 14, comma 31-ter, D.L. 78/2010), oggetto di successive e ripetute proroghe che ne hanno rinviato l’entrata in vigore.

 

Il termine per l’esercizio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei comuni in questione era stato fissato inizialmente al 1° gennaio 2014 dal D.L. 95 del 2012 (articolo 19, comma 1, lettera e), che ha sostituito l’originario comma 31 dell’articolo 14 del D.L. 78 del 2010 con i commi 31, 31-bis, 31-ter e 31-quater).

Il comma 31-ter del D.L. 78 del 2010 prevede, invero, non un unico termine, bensì scadenze differenti in relazione al numero di funzioni da svolgere in forma associata:

§  entro il 1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali (lettera a);

§  entro il 30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali (lettera b);

§  entro il 31 dicembre 2014 con riguardo al complesso delle funzioni (lettera b-bis).

Tali termini sono stati prorogati una prima volta al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 530, della legge n. 147 del 2013 e successivamente al 31 dicembre 2015 dal D.L. 192/2014 (art. 4, comma 6-bis)), al 31 dicembre 2016 dal D.L. 210/2015 (art. 4, comma 4), al 31 dicembre 2017 dal D.L. 244/2016 (art. 5, comma 6), al 31 dicembre 2018 dalla L. 205/2018 (art. 1, comma 1120, lett. a), al 30 giugno 2019 dal D.L. n. 91 del 2018 (articolo 1, comma 2-bis), al 31 dicembre 2019 dal D.L. 135/2019 e, con la disposizione in commento, al 31 dicembre 2020.

Le funzioni fondamentali dei comuni

L’articolo 14, comma 27, del decreto legge 78 del 2010 individua le seguenti funzioni fondamentali dei comuni:

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h) edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

l) i servizi in materia statistica.

È, inoltre, funzione fondamentale lo svolgimento, in ambito comunale, delle attività di pianificazione di protezione civile e di direzione dei soccorsi con riferimento alle strutture di appartenenza (D.Lgs. 1/2018, Codice della protezione civile, art. 12, co. 1).

La legge sui piccoli comuni (L. 158/2017, art. 13), ha, tra l’altro, previsto che i comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante unione di comuni o unione di comuni montani debbono svolgere in forma associata anche le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico, e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell’Unione europea.

 

I termini sono ora differiti al 31 dicembre 2020 nelle more dell’attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2019 e della conclusione del processo di definizione di un nuovo modello di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali dei comuni.

Tale processo di riordino è stato avviato con l’istituzione di un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 1, comma 2-ter del decreto-legge n. 91 del 2018) con il compito di definire le linee guida di revisione della disciplina degli enti locali con particolare riferimento ad alcune finalità, tra le quali il legislatore ha esplicitamente indicato il superamento dell'esercizio obbligatorio di gestione associata di funzioni e la semplificazione degli oneri amministrativi a contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni.

Ulteriore contenuto-finalità dei lavori del Tavolo è l’avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e città metropolitane di cui alla legge 56/2014 che ha, fra l'altro, istituito le città metropolitane e ridefinito il sistema delle province.

 

Contestualmente ai lavori del tavolo, è intervenuta la sentenza n. 33 del 2019 con la quale la Corte costituzionale ha affermato che la disposizione che impone ai comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le funzioni fondamentali (art. 14, comma 28, D.L. 78/2010) è incostituzionale là dove non consente ai comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento.

Secondo la Corte, l’obbligo imposto ai Comuni sconta un’eccessiva rigidità perché dovrebbe essere applicato anche in tutti quei casi in cui:

a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati;

b) esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta il coinvolgimento di altri Comuni non in situazione di prossimità;

c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni (per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari fattori antropici, dispersione territoriale e isolamento) non consente di raggiungere gli obiettivi normativi.

La Corte ha evidenziato che «un ulteriore sintomo delle criticità della normativa risulta dall’estenuante numero dei rinvii dei termini originariamente previsti, che, coprendo un arco temporale di quasi un decennio, dimostrano l’esistenza di situazioni oggettive che, in non pochi casi, rendono di fatto inapplicabile la norma».


 

Articolo 18-ter
(Durata del contratto del personale degli uffici
di diretta collaborazione negli enti locali)

 

 

Il nuovo articolo 18-ter reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 90 del Testo unico degli enti locali nella parte in cui dispone, relativamente agli uffici di supporto agli organi di direzione politica, che il personale è assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato. Con la norma approvata nel corso dell’esame in sede referente si specifica che tale previsione si interpreta nel senso che il contratto stesso non può avere in ogni caso durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica.

 

Più in dettaglio, la disposizione riguarda il personale degli uffici di supporto agli organi di direzione politica locale (sindaci, presidenti di provincia e assessori) assunti con contratto a tempo determinato anche se il loro trattamento economico è parametrato a quello dirigenziale.

Tale personale è disciplinato dall’articolo 90 del TUEL (D.Lgs. 267/2000), che consente, attraverso una specifica previsione in tal senso del regolamento comunale o provinciale degli uffici e dei servizi, di costituire uffici di diretta collaborazione del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori.

Di tali uffici possono far parte sia dipendenti dell’ente locale, sia personale esterno assunto con contratto a tempo determinato. Se si tratta di personale dipendente da altra pubblica amministrazione è collocato in aspettativa senza assegni e viene retribuito applicando il contratto collettivo nazionale di lavoro degli enti locali.

 

Si tratta di uffici c.d. di staff, in quanto sono posti in diretta collaborazione col vertice e non hanno compiti di amministrazione attiva (cfr., Corte dei Conti, Campania, Sezione controllo, deliberazione 23 settembre 2015, n. 213). La funzione di tali uffici è ausiliaria rispetto al vertice istituzionale nell’elaborazione dell’indirizzo politico-amministrativo; la competenza gestionale è riservata ai dirigenti e alla struttura amministrativa dell’ente.

 

Pertanto, il TUEL facendo riferimento sia alla deliberazione dell’Ente (regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi), sia al contratto di lavoro individuale (a tempo determinato), oltre a richiamare il contratto collettivo, rimette a tale pluralità di fonti la disciplina del rapporto.

La disposizione in commento si qualifica come interpretazione autentica del comma 2 del citato articolo 90, nella parte in cui fa riferimento all’assunzione del personale di staff tramite «contratto di lavoro subordinato a tempo determinato».

 

Sul punto è utile ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di leggi di interpretazione autentica, «il divieto di retroattività della legge – pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio attenersi – non è stato elevato a dignità costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione. Quindi il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare sia disposizioni di “interpretazione autentica”, che determinano – chiarendola – la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Ed è, quindi, proprio sotto l'aspetto del controllo di ragionevolezza che rilevano, simmetricamente, la funzione di “interpretazione autentica”, che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, ovvero l'idoneità di una disposizione innovativa a disciplinare con efficacia retroattiva anche situazioni pregresse in deroga al principio per cui la legge non dispone che per l'avvenire (sentenza n. 274/2006; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 234/2007 e n. 374/2002).

Secondo la giurisprudenza costituzionale in materia di leggi interpretative, “il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze nell’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore” (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008, n. 234 del 2007; n. 271 del 2011).

 

Ai sensi dell’articolo in commento, la disposizione da ultimo richiamata va interpretata nel senso che il contratto stesso non può avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Tale interpretazione vige, secondo quanto specificato dalla norma, anche in deroga alla disciplina di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (che stabilisce in 24 mesi la durata massima dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato nelle P.A.), e delle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro che prevedano specifiche limitazioni temporali alla durata dei contratti a tempo determinato.

L’interpretazione riguarda pertanto la durata del contratto del personale degli uffici di staff negli enti locali, sul quale si registrano diversi orientamenti in sede giurisprudenziale, che fanno perno sul riconoscimento o meno dei caratteri di specialità della fattispecie contrattuale in esame caratterizzata dall’intuitu personae al fine di individuare la disciplina applicabile.

Secondo una prima interpretazione, sostenuta in modo particolare dalla giurisprudenza contabile, i rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato instaurati ai sensi dell’art. 90 TUEL presentano caratteri di specialità rispetto alla generale disciplina dei rapporti a tempo determinato con la pubblica amministrazione, in considerazione alla specifica collocazione in posizione subalterna rispetto agli organi di direzione politica. Detta specificità giustificherebbe, quindi, la determinazione di una durata di tali contratti del personale di staff in corrispondenza con la durata del mandato dell’organo politico a supporto del quale gli stessi sono addetti. (vedi Corte conti Marche, Sez. contr., del. n. 67/2014 - Parere della Corte dei conti Sezione Veneto - deliberazione n. 181/2008; Corte conti, Corte dei Conti, Lazio, Sezione controllo, Delib. 9 novembre 2017, n. 63).

Altra interpretazione giurisprudenziale (si cfr Corte d'Appello di Perugia - sentenza n. 159/2018), non ha considerato l'art. 90 del TUEL quale norma speciale che deroga alla normativa generale sui contratti a termine, di conseguenza, secondo questa impostazione, troverebbe piena applicazione, anche per questa fattispecie contrattuale, il termine massimo di durata con lo stesso datore di lavoro attualmente fissato in 24 mesi dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015 (a cui rinvia l’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001). Sotto un diverso profilo, non si è ritenuta legittima la revoca ad nutum del contratto, non prevista nella disciplina convenzionale e ritenuta in contrasto con i principi di tutela del lavoratore nel momento della risoluzione unilaterale del rapporto con i principi di tutela del lavoratore nel momento della risoluzione unilaterale del rapporto. Contra un recente sentenza della Cassazione, che ha ritenuto l'ammissibilità del recesso datoriale ad nutum per il venir meno del rapporto fiduciario ove il contratto individuale dia rilievo all’intuitu personae non solo nella fase genetica, ma anche in quella di risoluzione del rapporto di lavoro, quale previsione contrattuale coerente con la specialità dell'istituto che non trova esaustiva disciplina nel contratto collettivo (Cass. civ. sez. lavoro, sentenza 6 febbraio 2019, n. 3468).


 

Articolo 18-quater
(Applicazione della disciplina di cui all’art. 4 del D.L. n. 135/2018 in materia di esecuzione forzata)

 

 

L’articolo 18-quater estende l’applicazione delle modifiche introdotte dall’art. 4 del decreto-legge n. 135 del 2018, in materia di esecuzione forzata, alle espropriazioni immobiliari in corso il 13 febbraio 2019, data di entrata in vigore di quella riforma.

 

Si ricorda che l’art. 4 del decreto-legge n. 135 del 2018 mira a rendere più agevole l’accesso all’istituto della conversione del pignoramento ed a garantire al debitore ed ai suoi familiari il diritto di abitare l’immobile pignorato fino al decreto di trasferimento del bene, che conclude il procedimento di espropriazione immobiliare.

In particolare, il comma 1 interviene sulla conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), individuando in un sesto dell’importo del credito per il quale è eseguito il pignoramento (in luogo del precedente un quinto), la somma che il debitore deve depositare in cancelleria per chiedere la conversione del pignoramento. Inoltre, la riforma ha concesso al debitore una rateizzazione in 48 mesi – e non 36, come in precedenza previsto – per versare la somma, determinata dal giudice con ordinanza, da sostituire al bene pignorato. Infine, ha consentito al debitore di beneficiare della conversione del pignoramento anche quando ritardi il pagamento di una rata, fino a un termine massimo di 30 giorni, in luogo dei precedenti 15.

Il comma 2 interviene sulla disciplina della custodia dei beni pignorati nell’ambito dell’espropriazione immobiliare (art. 560 c.p.c.) per affermare il diritto del debitore (e dei suoi familiari conviventi) a continuare ad abitare l’immobile sino al decreto di trasferimento che conclude l’espropriazione forzata immobiliare. A tal fine il debitore deve: conservare il bene tutelandone l’integrità, con la diligenza del buon padre di famiglia; abitare l’immobile personalmente; consentire, d’accordo con il custode, la visita dell’immobile da parte di potenziali acquirenti, con le modalità individuate dal giudice (art. 569 c.p.c.) quando ha autorizzato la vendita dell’immobile. Se il debitore rispetta queste disposizioni «il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento»; viceversa, in caso di violazione delle disposizioni, «il giudice ordina, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato».

Il comma 3 modifica la disciplina dell’udienza di autorizzazione della vendita del bene immobile (art. 569 c.p.c.), per richiedere ai creditori di comunicare in anticipo l’ammontare del credito per il quale procedono, con la finalità di agevolare l’accesso alla conversione del pignoramento, consentendo al debitore di conoscere esattamente l’importo da versare per accedere alla procedura.

Infine, il comma 4 specifica che la riforma non si applica alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (13 febbraio 2019).

 

L’articolo 18-quater sostituisce il comma 4 per far retroagire l’applicazione delle riforme introdotte dal decreto-legge n. 135/2018 anche alle procedure di espropriazione immobiliare in corso. Presumibilmente, si tratta dunque dei procedimenti avviati e non conclusi alla data di entrata in vigore del decreto-legge novellato: 13 febbraio 2019.

Si valuti l’opportunità di specificare la data alla quale retroagisce l’applicazione della riforma.

Laddove nell’ambito della procedura siano stati emessi i provvedimenti per l’autorizzazione alla vendita dell’immobile (ex art. 569 c.p.c.), gli stessi sono revocati (sempre che nel frattempo non sia intervenuta la vendita).

 


 

Articolo 19
(Assunzione straordinaria nelle Forze di polizia)

 

 

L’articolo 19 autorizza l’assunzione straordinaria, nel quinquennio 2021-2025, di un contingente massimo di 2.319 unità nei rispettivi ruoli iniziali delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Corpo della guardia di finanza e Corpo della polizia penitenziaria).

Dispone inoltre l’assunzione di ulteriori 50 unità nel ruolo iniziale dell’Arma dei carabinieri, destinate al potenziamento del Comando carabinieri per la tutela ambientale, di cui 25 unità destinate ad incrementare il contingente per la tutela dell’ambiente di cui all’art. 828 del D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare).

Sono infine stanziate risorse per le spese di funzionamento connesse alle assunzioni straordinarie disposte dalla disposizione in esame.

 

Gli oneri complessivi derivanti dall’attuazione dell’articolo 19 sono pari a 363.080 euro per l'anno 2020, 3.288.259 euro per l'anno 2021, 8.511.092 euro per l'anno 2022, 14.544.348 euro per l'anno 2023, 40.576.582 euro per l'anno 2024, 74.240.368 euro per l'anno 2025, 100.526.551 euro per l'anno 2026, 103.994.305 euro per l'anno 2027, 104.467.095 euro per l'anno 2028, 105.947.865 euro per l'anno 2029, 107.554.572 euro per l'anno 2030, 108.550.415 euro annui a decorrere dall'anno 2031.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone l’autorizzazione per l'assunzione straordinaria di un contingente massimo di 2.319 unità delle Forze di polizia.

Il comma 1 rinvia ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o alle modalità di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

Il citato art. 66, comma 9-bis, dispone che i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo. Sono inoltre richiamate le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in base al quale le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base del piano triennale dei fabbisogni.

 

Tali assunzioni sono disposte nel limite della dotazione organica, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, nei rispettivi ruoli iniziali, non prima del 1° ottobre di ciascun anno ed entro il limite di spesa stabilito dal successivo comma 2.

 

Il numero massimo delle assunzioni straordinarie è così suddiviso (in base al medesimo comma 1):

a) settantotto unità per l'anno 2021, di cui venti nella Polizia di Stato, venti nell'Arma dei carabinieri, venti nel Corpo della guardia di finanza e diciotto nel Corpo della polizia penitenziaria;

b) settantotto unità per l'anno 2022, di cui venti nella Polizia di Stato, venti nell'Arma dei carabinieri, venti nel Corpo della guardia di finanza e diciotto nel Corpo di polizia penitenziaria;

c) seicentosettanta unità per l'anno 2023, di cui duecentosessanta nella Polizia di Stato, centocinquanta nell'Arma dei carabinieri, duecento nel Corpo della guardia di finanza e sessanta nel Corpo di polizia penitenziaria;

d) ottocentoventidue unità per l'anno 2024, di cui duecentottanta nella Polizia di Stato, trecentoventidue nell'Arma dei carabinieri, centoventi nel Corpo della guardia di finanza e cento nel Corpo di polizia penitenziaria;

e) seicentosettantuno unità per l'anno 2025, di cui centosettantacinque nella Polizia di Stato, trecentodieci nell'Arma dei carabinieri, ottantotto nel Corpo della guardia di finanza e novantotto nel Corpo di polizia penitenziaria.

 

Di seguito una tabella riepilogativa della ripartizione, per annualità e per Corpo, delle suddette autorizzazioni assunzionali:

 

Assunzione straordinaria di 2.319 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia (art. 19, comma 1)

Anno

Polizia di Stato

Arma dei Carabinieri

Guardia di Finanza

Polizia Penitenziaria

Totale annuo FFPP

??2021

??20

??20

??20

??18

??78

??2022

??20

??20

??20

??18

??78

??2023

??260

??150

??200

??60

??670

??2024

??280

??322

??120

??100

??822

??2025

??175

??310

??88

??98

??671

??Totale quinquennio per ogni FFPP

??755

??822

??448

??294

??Totale quinquennio per tutte le FFPP: 
??2.319

Il comma 2 individua il limite massimo di spesa per le predette autorizzazioni: euro 357.038 per l'anno 2021, euro 3.320.237 per l'anno 2022, euro 9.353.493 per l'anno 2023, euro 35.385.727 per l'anno 2024, euro 69.031.488 per l'anno 2025, euro 95.263.596 per l'anno 2026, euro 98.731.350 per l'anno 2027, di euro 99.204.140 per l'anno 2028, euro 100.684.910 per l'anno 2029, di euro 102.291.617 per l'anno 2030 ed euro 103.287.460 annui a decorrere dall'anno 2031.

Il comma 3 dispone l’assunzione di ulteriori 50 unità nel ruolo iniziale dell’Arma dei carabinieri, destinate al potenziamento del Comando carabinieri per la tutela ambientale.

 

Il richiamato Comando carabinieri per la tutela ambientale è inserito nell’ambito del più generale Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, la cui istituzione è stata prevista dal decreto legislativo 177 del 2016 recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato”-  Dal Comando unità forestali dipendono reparti dedicati all’espletamento di compiti particolari e di elevata specializzazione in materia di tutela dell’ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, a sostegno o con il supporto dell’organizzazione territoriale.

Nel dettaglio dal CUFAA dipendono:

•    il Comando Carabinieri per la Tutela Forestale, istituito il 1° giugno 2017;

•    il Comando Carabinieri per la Tutela della Biodiversità e dei Parchi, istituito il 1° giugno 2017;

•    il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale;

•    il Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare.

 

Delle suddette 50 unità, 25 sono destinate all’incremento del contingente per la tutela dell’ambiente di cui all’articolo 828 del codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), al fine di garantire l’assolvimento dei compiti di vigilanza, prevenzione e repressione in campo ambientale, con particolare riguardo alle esigenze di fronteggiare la recente emergenza relativa al fenomeno dei roghi tossici dei rifiuti, di predisporre azioni straordinarie di vigilanza volte a prevenire la formazione di altre discariche abusive di rifiuti sul territorio nazionale e di vigilare sulla chiusura o messa a norma delle discariche oggetto della sentenza di condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea del 21 marzo 2019 nell’ambito della procedura di infrazione n. 2011/ 2015.

 

L’art. 828 del codice dell’ordinamento militare ha disposto la costituzione di un contingente di personale dell'Arma dei carabinieri, per un totale di 249 unità, da collocare in soprannumero rispetto all'organico per il potenziamento del Comando carabinieri per la tutela ambientale. Il predetto contingente è così determinato:

a) generali di brigata: 1;

b) colonnelli: 1;

c) tenenti colonnelli: 1;

d) maggiori: 1;

e) capitani: 3;

f) ufficiali inferiori: 25;

g) ispettori: 139;

h) sovrintendenti: 39;

i) appuntati e carabinieri: 39.

Sono a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli oneri connessi al trattamento economico, alla motorizzazione, all'accasermamento, al casermaggio e al vestiario.

 

Con la modifica disposta dal comma 4 dell’art. 19 in esame, il contingente totale diviene pari a 274 unità (da 249) con un incremento da 39 a 64 del numero di appuntati e carabinieri.

 

Il Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente è retto da un Generale di Brigata ed è organizzato in: una struttura centrale, con sede in Roma, articolata su un Ufficio Comando, un Reparto Operativo ed un Centro Elaborazione Dati; una struttura periferica composta da 29 Nuclei Operativi Ecologici (N.O.E.), riuniti sotto 3 "Gruppi CC TA", a competenza areale (Nord - Centro - Sud) e con sede rispettivamente a Treviso, Roma e Napoli.

Il Reparto Operativo, con competenza su tutto il territorio nazionale, è deputato al coordinamento dei N.O.E. ed allo svolgimento delle indagini più complesse ed ha alle proprie dipendenze:

§  una Sezione Operativa Centrale, che ha compiti essenzialmente investigativi in indagini di più ampio respiro riguardanti espressioni di criminalità ambientale particolarmente ampie o con risvolti internazionali;

§  una Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive, orientata al contrasto di traffici illeciti di rifiuti e materiali radioattivi e dotata di complessi laboratori mobili di rilevamento;

§  una Sezione Inquinamento Atmosferico, Industrie a rischio ed acqua rifiuti suoli, adibita al controllo di industrie sottoposte a speciale normativa;

§  una Sezione Analisi, che ha compiti di gestione dei flussi informativi; monitoraggio e valutazioni previsionali sulla sicurezza dell'ambiente, indispensabili per ottimizzare l'impiego delle risorse; pianificazione e coordinamento dell'attività di controllo; definizione delle linee strategiche su cui far evolvere l'attività di contrasto all0illegalità ambientale. 

 

Tali assunzioni sono autorizzate in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, e sono disposte a decorrere dal 1° ottobre 2020.

A tal fine, è autorizzata – per la copertura degli oneri di cui al comma 3 (potenziamento Comando carabinieri per la tutela ambientale) - la spesa di euro 263.080 per l'anno 2020, euro 1.831.221 per l'anno 2021, euro 2.090.855 per l'anno 2022, euro 2.090.855 per l'anno 2023, euro 2.090.855 per l'anno 2024, euro 2.108.880 per l'anno 2025 ed euro 2.162.955 a decorrere dall'anno 2026.

 

Infine, il comma 5 autorizza – per le spese di “funzionamento connesse alle assunzioni straordinarie, ivi comprese le spese per mense e buoni pasto”, la spesa di euro 100.000 per l'anno 2020, euro 1.100.000 per l'anno 2021, euro 3.100.000 a decorrere dall'anno 2022, di cui 1 milione di euro per l'anno 2021 e 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022 per l'attuazione del comma 1 (assunzioni straordinarie Forze di polizia) e 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2020 per l'attuazione del comma 3 (potenziamento Comando carabinieri per la tutela ambientale).

 

Il comma 6 provvede alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione dell’articolo 19 disponendo che:

a) quanto a 1.025.304 euro per l'anno 2021, 6.248.137 euro per l'anno 2022, 12.281.393 euro per l'anno 2023, 38.313.627 euro per l'anno 2024, 71.977.413 euro per l'anno 2025, 98.263.596 euro per l'anno 2026, 101.731.350 euro per l'anno 2027, 102.204.140 euro per l'anno 2028, 103.684.910 euro per l'anno 2029, 105.291.617 euro per l'anno 2030 e 106.287.460 euro annui a decorrere dall'anno 2031, si effettua la corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica;

b) quanto a 363.080 euro per l'anno 2020 e 2.262.955 euro annui a decorrere dall'anno 2021, si effettua la corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.


 

Articolo 19 - bis
(Assunzioni di personale operaio a tempo determinato
da parte dell’Arma dei Carabinieri)

 

 

L’articolo 19 - bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, consente l’assunzione di personale operaio presso l’Arma dei Carabinieri, al fine di perseguire gli obiettivi nazionali ed europei in materia di tutela ambientale, forestale e di tutela del patrimonio e di salvaguardia delle riserve naturali e statali.

 

L’articolo 19 – bis autorizza la spesa di 1, 5 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, per l’assunzione, da parte dell’Arma dei Carabinieri, di personale operaio a tempo determinato, secondo i principi della legge n. 124/1985.

I contratti non potranno superare la durata di 36 mesi, anche discontinuamente.

 

Si ricorda che ai sensi decreto legislativo di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, n. 177/2016, il CFS è stato assorbito dall’Arma dei Carabinieri e il personale è transitato nei ruoli dell’Arma, mentre il personale del Corpo forestale dello Stato assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985 con un contratto di diritto privato ha mantenuto il contratto collettivo nazionale di diritto privato.

Come emerso nel corso dell'audizione del Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri innanzi alla Commissione 13a del Senato in relazione all'accorpamento del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei Carabinieri, alla data dell'8 marzo 2017, gli Uffici Territoriali Carabinieri per la Biodiversità gestivano 130 riserve naturali statali e tale opera era assicurata dall’attività svolta da 1.281 OTI (Operai a tempo indeterminato) e 100 OTD (Operai a tempo determinato), impiegati  prevalentemente  in  attività di manutenzione  e  valorizzazione  del  patrimonio  naturalistico demaniale.

Una precedente stabilizzazione a tempo indeterminato è avvenuta in virtù di quanto disposto dall'art. 1, commi 519 e 521 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ed in precedenza con la legge n. 36/2004 recante Nuovo Ordinamento del Corpo forestale dello Stato che aveva previsto che l'assunzione di tale personale fosse finalizzata a consentirne il supporto alle attività istituzionali.

 

Alla copertura degli oneri precedentemente indicati si provvede attraverso il ricorso alle risorse del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma “fondi di riserva” e speciali” della missione “fondi da ripartire” nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della difesa.


 

Articolo 19-ter
(Pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro
straordinario effettuate dalle Forze di polizia e
dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 19-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla previsione dell’art. 50-bis del c.d. decreto-legge fiscale (n. 124 del 2019) relativa al pagamento di compensi per prestazioni di lavoro straordinario per le Forze di polizia e il Corpo dei Vigili del fuoco.

La nuova disposizione – specificando che il pagamento dei compensi riguarda le prestazioni di lavoro straordinario riferite ad annualità precedenti al 2020 e non ancora liquidate - è finalizzata a ricomprendere anche il pagamento di una parte delle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nell’anno 2019. Viene inoltre specificato che tali compensi sono corrisposti al personale interessato secondo criteri individuati dalle singole amministrazioni.

Resta ferma l’autorizzazione di spesa complessiva, già prevista dal citato articolo 50-bis, pari a 180 milioni di euro.

 

L’articolo 50-bis del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 ha autorizzato la spesa, per il 2019, di 180 milioni di euro per il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario riferiti alle annualità precedenti al 2019 e non ancora liquidati, svolte dagli appartenenti alle Forze di Polizia e dal personale del Corpo dei vigili del fuoco, anche in deroga al limite dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche.

 

L’intervento normativo dell’articolo in esame (comma 1, lett. a) consiste nel modificare il comma 1 del citato articolo 50-bis per prevedere il pagamento degli straordinari riferiti ad annualità precedenti al 2020 anziché al 2019, comprendendovi quindi anche gli straordinari del 2019.

 

L’importo, non modificato dalla disposizione in esame, è ripartito come segue:

§  175 milioni di euro agli appartenenti alle Forze di polizia, di cui all'articolo 16 della L. 121/1981, ossia Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia penitenziaria;

§  5 milioni di euro al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del D.Lgs. 127/2018.

 

L'autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario del personale dei Vigili del fuoco è disposta annualmente con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro i limiti dei fondi stanziati in bilancio (art. 16 del D.Lgs. 97/2017, come sostituito dall’art. 10, comma 1, del D.Lgs. 127/2018).

Il decreto-legge 53/2019 (c.d. decreto sicurezza-bis, art. 8-ter) ha disposto, per fronteggiare imprevedibili e indilazionabili esigenze di servizio, l’aumento dell’attribuzione annua di ore di lavoro straordinario per il personale operativo del Corpo dei Vigili del fuoco fissandola a 259.890 ore per l’anno 2019 e di 340.000 ore a decorrere dal 2020. La copertura finanziaria è stata valutata in 380.000 euro per l’anno 2019 e in 1.910.000 euro a decorrere dal 2020.

In precedenza, l’art. 11 della legge 246/2000 aveva previsto, sempre al fine di fronteggiare esigenze di servizio imprevedibili ed indilazionabili, che l'attribuzione annua di ore di lavoro straordinario fosse fissata a 240.000 ore a decorrere dal 2001).

 

Il comma 1, lett. b) dell’articolo in esame introduce un comma 1-bis al citato articolo 50-bis del decreto fiscale per specificare che i compensi sono corrisposti al personale interessato secondo criteri individuati dalle singole amministrazioni, nei limiti delle autorizzazioni di spesa sopra indicate.

 

Il fabbisogno complessivo per le forze di Polizia relativo al biennio 2018-2019 è illustrato dalla relazione tecnica dell’emendamento del Governo che ha introdotto l’articolo in esame, in una apposita tabella.

 

 

La nuova ripartizione dell’autorizzazione di spesa, conseguente all’intervento normativo in esame, è riportata nella tabella seguente.

 

 

L’articolo 50-bis del decreto-legge fiscale ha disposto la deroga, confermata dall’articolo in esame, al limite dell'ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche fissato dal D.Lgs. 75/2017 nella misura pari all’importo destinato alle medesime finalità per il 2016.

Una deroga analoga è prevista dall’articolo 20 del provvedimento in esame, recante trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate.

Il D.Lgs. 75/2017 (adottato in attuazione della legge di riforma della pubblica amministrazione, L. 124/2015) ha previsto, tra l’altro, una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale contrattualizzato delle amministrazioni pubbliche, demandata alla contrattazione collettiva (per ogni Comparto o Area di contrattazione) e realizzata attraverso i fondi per la contrattazione integrativa, all’uopo incrementati nella loro componente variabile.

A tal fine, si specifica che la contrattazione collettiva opera, tenendo conto delle risorse annuali destinate alla contrattazione integrativa, la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione (distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale) delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione (art. 23, comma 1, D.Lgs. 75/2017).

Nelle more dell’attuazione di tale convergenza, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi, e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa (assicurando comunque l'invarianza della spesa), l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001), dal 1° gennaio 2017 non può superare il corrispondente importo determinato per il 2016 (art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017).

Sempre dal 1° gennaio 2017 viene contestualmente abrogato l’articolo 1, comma 236, della L. 208/2015, che limita – nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 11 e 17 (concernenti il riordino della dirigenza pubblica e della disciplina del lavoro alle dipendenze delle P.A.) della L. 124/2015, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche - a decorrere dal 2016, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche precedentemente individuate. Tali risorse, in particolare, non possono superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 e, allo stesso tempo, sono automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.

 

La relazione illustrativa dell’emendamento del Governo che ha introdotto il suddetto articolo 50-bis evidenzia che gli appartenenti alle Forze di polizia hanno svolto, nel solo anno 2018, prestazioni di lavoro straordinario non liquidate per complessivi 175 milioni di euro, di cui 36 milioni la Polizia di Stato; 84 i Carabinieri; 43 la guardia di finanza; 12 la Polizia penitenziaria.

Per quanto riguarda i Vigili del fuoco, la medesima relazione illustrativa chiarisce che la disposizione consente la copertura degli oneri pregressi, maturati per effetto delle attività disciplinate dall’articolo 28 del Contrato collettivo del 24 aprile 2002 (integrativo del CCNL 24 maggio 2000) e riguardano le cosiddette “ore guida” dei mezzi dei Vigili del fuoco che costituiscono attività lavorativa e come tali, qualora rese fuori dall’orario ordinario, danno luogo a lavoro straordinario.

Si ricorda infine che un incremento di spesa a partire dal 2018, pari a 38.091.560 euro, per il pagamento degli straordinari delle Forze di Polizia, è stato disposto dal decreto-legge 113/2018 (c.d. “decreto sicurezza”, art. 33).

Si ricorda inoltre che la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) ha introdotto ulteriori incrementi delle risorse per il pagamento del lavoro straordinario delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco. In particolare ha autorizzato un incremento di 48 milioni - a decorrere dall'anno 2020 - della spesa per compensare prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti delle Forze di polizia (art. 1, commi 129-130). Inoltre, ha autorizzato un incremento di 2 milioni - a decorrere dall'anno 2020 - della spesa per compensare prestazioni di lavoro straordinario svolte per esigenze di servizio "imprevedibili e indilazionabili" del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 1, comma 131).


 

Articolo 20
(Trattamenti accessori e istituti normativi per
i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate)

 

 

L’articolo 20 reca un’autorizzazione di spesa pari a 3 milioni di euro per il 2020, 5 milioni di euro per il 2021 e 8 milioni di euro annui, a decorrere dal 2022, destinati ad integrare le risorse per l’attuazione dell’articolo 46, commi 3 e 6 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di trattamenti accessori e altri istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate (comma 1).

 

La relazione illustrativa motiva l’incremento dello stanziamento “al fine di valorizzare le specifiche funzioni e responsabilità dirigenziali connesse alle esigenze in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di tutela economico-finanziaria e di difesa nazionale”.

 

L’articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017 ha disposto, per i dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile, l’istituzione di un’area negoziale, limitata agli istituti normativi in materia di rapporto di lavoro e ai trattamenti accessori, nel rispetto del principio di sostanziale perequazione dei trattamenti dei dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ha quindi previsto disposizioni volte ad assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti economici accessori e degli istituti normativi dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate con quelli dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

In particolare, si ricorda che il comma 3 dell'articolo 46 concerne l'accordo sindacale per il personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile (le materie oggetto delle procedure negoziali per il personale dirigente di cui al comma 1 sono: il trattamento accessorio: le misure per incentivare l'efficienza del servizio; il congedo ordinario, il congedo straordinario; l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia; i permessi brevi per esigenze personali; le aspettative i distacchi e i permessi sindacali; il trattamento di missione e di trasferimento; i criteri di massima per la formazione e l'aggiornamento professionale; i criteri di massima per la gestione degli enti di assistenza del personale).

Il comma 6 dell'articolo 46 prevede che con D.P.C.M. possano essere estese al personale dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e a quello delle Forze armate le disposizioni adottate in attuazione di quanto previsto dal comma 3, al fine di assicurare la sostanziale perequazione dei trattamenti economici accessori e degli istituti normativi dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate con quelli dei dirigenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile.

 

Le risorse aggiuntive previste dalla disposizione in commento incrementano quelle già assegnate, a decorrere dall’anno 2020, dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 2018, adottato ai sensi dell’articolo 1, comma 680, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e incrementate dall’articolo 1, comma 442, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 680) ha infatti istituito un apposito fondo al fine di riconoscere la specificità della funzione e del ruolo del personale delle Forze armate, dei Corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanze e Polizia penitenziaria) e del Corpo dei vigili del fuoco, destinando 50 milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019 e 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020, per le diverse finalità, tra le quali, l’attuazione del citato articolo 46.

La ripartizione delle risorse prevista è intervenuta con il d.P.C.m. del 21 marzo 2018, che così ha disposto:

 

2018

2019

dal 2020

FESI -Personale corpi di polizia

30.512.272

61.024.545

91.536.817

FESI -Personale Forze armate

12.923.143

25.846.286

38.769.429

Attuazione art. 46, D.Lgs. 95/2017

3.140.792

6.281.585

9.422.378

Fondo Rischio, Posizione e Risultato - Personale Dirigente VV.F.

138.328

276.653

414.981

Fondo produttività - Personale direttivo VV.F.

78.747

157.495

236.242

Fondo amm.ne- Personale non dirigente e non direttivo VV.F.

3.206.718

6.413.436

9.620.153

TOTALE LORDO AMM.NE

50.000.000

100.000.000

150.000.000

 

A decorrere dal 2019, le risorse per l'attuazione dell'articolo 46, commi 3 e 6 del decreto legislativo n. 95 del 2017 sono state incrementate dall’articolo 1, comma 442, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) di ulteriori 9,4 milioni, in modo da incrementare per il 2019 e per il 2020 l'importo sopra esposto per ciascuna Forza di polizia e per le Forze armate, secondo un incremento che deve corrispondere all'importo previsto per il 2020 per ciascuna appunto dal D.P.C.M. citato.

 

Le risorse aggiuntive sono distribuite a ciascuna Forza di polizia e alle Forze armate in misura proporzionale alla ripartizione operata dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a decorrere dall’anno 2020.

L’incremento autorizzato dalla disposizione in commento è posto in deroga al vincolo imposto dall'articolo 23, comma 2 del decreto legislativo n. 75 del 2017, secondo cui - nelle more della convergenza e armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle pubbliche amministrazioni - l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale (anche di livello dirigenziale) di ciascuna amministrazione pubblica non può eccedere il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

 

Il decreto legislativo n. 75 del 2017 (adottato in attuazione della legge di riforma della pubblica amministrazione, legge n. 124 del 2015) ha previsto, tra l'altro, una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale contrattualizzato delle amministrazioni pubbliche, demandata alla contrattazione collettiva (per ogni comparto o area di contrattazione) e realizzata attraverso i fondi per la contrattazione integrativa, all'uopo incrementati nella loro componente variabile.

A tal fine, specifica che la contrattazione collettiva opera (tenendo conto delle risorse annuali destinate alla contrattazione integrativa) la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione (distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale) delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione (art. 23, comma 1)

Nelle more dell'attuazione di tale convergenza, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi,

e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa (assicurando comunque l'invarianza della spesa), l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche, dal 1° gennaio 2017 non può superare il corrispondente importo determinato per il 2016 (art. 23, comma 2).

 

A copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione si provvede, ai sensi del comma 2:

a) quanto a 1 milione di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

b) quanto a 2 milioni di euro per l'anno 2020, 5 milioni di euro per l'anno 2021 e 8 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Articolo 21
(Risorse aggiuntive per il personale della carriera prefettizia)

 

 

L’articolo 21 incrementa di 1,8 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 l’autorizzazione di spesa in favore del Fondo per la retribuzione, di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia, prevista dall’art. 1, comma 442, lettera d), della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019).

 

Il Fondo per la retribuzione, di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia è stato istituito a decorrere dal 2001 con il D.P.R. n. 236 del 2000 (Recepimento dell'accordo per il personale della carriera prefettizia relativo al biennio 2000/2001 per gli aspetti normativi e retributivi), ed è stato incrementato, in esecuzione dell’ultimo accordo sindacale, dall’articolo 22 del D.P.R. n. 66 del 2018 (atto che ha dato recepimento per quella carriera all’accordo sindacale per il triennio economico e giuridico 2016-2018).

Successivamente, nell’ambito delle risorse aggiuntive che sono state destinate in favore del comparto sicurezza e difesa, alla luce delle specificità delle funzioni e delle responsabilità dirigenziali connesse alle “esigenze in materia di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di immigrazione, di tutela economico-finanziaria, di difesa nazionale e di soccorso pubblico”, il citato comma 442 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 ha rideterminato la dotazione annuale del Fondo, incrementando le relative risorse per complessivi 1.844.530 euro dal 2019.

 

Il citato comma 442 ha destinato risorse aggiuntive - per complessivi 19.066.908 euro a decorrere dall’anno 2019 – in favore del comparto sicurezza e difesa.

Le complessive risorse sono ripartite tra diverse autorizzazioni di spesa, tra cui, alla lettera d), quella relativa al Fondo per la per la retribuzione, di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia di cui all’articolo 22 del D.P.R. n. 66 del 2018 (atto che ha dato recepimento per quella carriera all’accordo sindacale per il triennio economico e giuridico 2016-2018). Al predetto Fondo, in particolare, la legge di bilancio 2019 ha destinato ulteriori 1.844.530 euro a decorrere dal 2019.

 

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 12, comma 4, del DL 53 del 2019 (c.d. decreto sicurezza bis) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo da destinare all’incremento dei Fondi per la retribuzione di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia e del personale di livello dirigenziale contrattualizzato dell’Amministrazione civile dell'interno (cap. 2971).

 

Nel dettaglio, il fondo da destinare all'incremento dei Fondi per la retribuzione di posizione e di risultato del personale della carriera prefettizia e del personale di livello dirigenziale contrattualizzato dell'Amministrazione civile dell'interno è stato istituito con una dotazione di 1,5 milioni di euro per l'anno 2019, 2,5 milioni di euro per l'anno 2020 e 6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021. Al riparto delle risorse tra i due Fondi si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (lett. a)). Il D.L. 59 ha stabilito inoltre che tale fondo può essere ulteriormente incrementato in caso di risparmi strutturali fino ad un massimo di 1,5 milioni di euro a decorrere dal 2019 (lett. b)).

 

La relazione illustrativa motiva l’ulteriore incremento annuo delle risorse disponibili per i trattamenti accessori del personale appartenente alla carriera prefettizia a completamento dell’intervento di cui alla citata legge di bilancio per il 2019 “in ragione dell’ulteriore consistente incremento dei compiti istituzionali indotto dalle norme entrate in vigore nel corso del 2019”.

 

Si ricorda, infine, che la legge di bilancio 2020 (art. 1, commi 164 e 165) autorizza - in aggiunta alla facoltà assunzionali previste a legislazione vigente – l’assunzione da parte del Ministero dell’interno di 130 unità di personale della carriera prefettizia.

 

Alla copertura dell’onere della spesa prevista si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo da ripartire nel corso della gestione per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi (ex articolo 23 della legge 27 dicembre 2002, n. 289), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’interno.


 

Articolo 21-bis
(Incremento Fondi indennità di Amministrazione)

 

 

L’articolo 21-bis introdotta nel corso dell’esame in sede referente, incrementa le risorse da destinare all’aumento dell’indennità di amministrazione spettante al personale non dirigenziale appartenente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno.

 

In dettaglio, l’incremento, pari a 5 mln di euro, costituisce l’importo delle risorse da utilizzare in sede di contrattazione collettiva 2019/2021 per determinare la nuova misura dell’indennità di amministrazione spettante al personale non dirigenziale appartenente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno, a decorrere dal 1° gennaio 2021 (comma 1).

Agli oneri che ne derivano, a decorrere dall'anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai Fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno (comma 2).

In sede di ripartizione del fondo di cui all'articolo l, comma 143, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, si tiene conto delle risorse di cui alla presente disposizione ai fini dell'ulteriore perequazione dell'indennità di amministrazione del personale civile del Ministero dell'interno (comma 3).

 

L’articolo l, comma 143, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 persegue la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri, istituendo un fondo da ripartire, con dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze Le risorse del fondo sono destinate, nella misura del 90 per cento, alla graduale armonizzazione delle indennità di amministrazione del personale appartenente alle aree professionali dei Ministeri al fine di ridurne il differenziale e, per la restante parte, all'armonizzazione dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato delle medesime amministrazioni. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione delle risorse del fondo tra le amministrazioni.

 

Come spiega la Relazione Illustrativa, “si tratta di una misura, come specificato al comma 3 della disposizione, ulteriore rispetto a quelle introdotte con la legge di bilancio per il 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160, commi 143, 144) e finalizzate all'armonizzazione dei trattamenti accessori del personale dei Ministeri, volta specificamente ad accelerare, attraverso l'utilizzo di risorse proprie del Ministero dell'interno, la progressiva perequazione della suddetta indennità a quella, più remunerativa, in godimento al personale di altre Amministrazioni.

Con l'attribuzione di tali risorse finanziarie si intendono compensare le ulteriori, consistenti attività espletate anche dal personale contrattualizzato non dirigenziale, a seguito dell'esponenziale aumento di competenze dell'Amministrazione dell'interno”.


 

Articolo 22
(Adeguamento della struttura della giustizia amministrativa)

 

 

L'articolo 22 modifica l'assetto organizzativo del Consiglio di Stato prevedendo l'istituzione di una ulteriore sezione, nonché l'aumento da due a tre del numero di presidenti di cui è composta ciascuna sezione giurisdizionale. È altresì prevista l'istituzione di due nuove sezioni riferibili specificamente al Tar Lazio.

 

 

La disposizione interviene sull'articolo 1 della legge di bilancio dello scorso anno (legge n. 145 del 2018) modificandone il comma 320 e aggiungendovi due ulteriori commi (commi 320-bis e 320-ter).

 

Questo articolo del decreto-legge riproduce disposizioni approvate nell'esame del disegno di legge di bilancio 2020 presso il Senato in prima lettura in sede referente (emendamento 18.0.1000 e subemendamenti 18.0.1000/2, 18.0.1000/3, 18.0.100/4 e 18.0.100/6, approvati dalla Commissione Bilancio), tuttavia successivamente espunte da quel disegno di legge, a seguito della dichiarazione di inammissibilità resa dal Presidente del Senato sul testo dell'emendamento interamente sostitutivo su cui il Governo ha posto la questione di fiducia in Assemblea presso il Senato.

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo 22 del decreto-legge in conversione inserisce nell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 i commi 320-bis e 320-ter.

 

Il comma 320-bis apporta modifiche in primo luogo all'articolo 1 della legge n. 186 del 1982, che disciplina la composizione degli organi di giustizia amministrativa. Oltre alla istituzione di una ulteriore sezione del Consiglio di Stato (la settima, oltre a quella normativa), è rideterminato in tre unità il numero dei magistrati con qualifica di presidente di sezione del Consiglio di Stato occorrenti in ciascuna sezione giurisdizionale.

 

Attualmente l'articolo 1 della legge n. 186 (e la relativa tabella A allegata alla legge) prevede che il Consiglio di Stato è composto:

§  dal presidente del Consiglio di Stato,

§  da quindici presidenti di sezione e

§  da settantadue consiglieri di Stato.

La disposizione prevede poi che il Consiglio di Stato si divide in sei sezioni: due con funzioni consultive e quattro con funzioni giurisdizionali, oltre alla sezione normativa. Ciascuna sezione consultiva è composta da due presidenti, di cui uno titolare, e da almeno nove consiglieri; mentre ciascuna sezione giurisdizionale è composta da due presidenti, di cui uno titolare, e da almeno dodici consiglieri.

 

In secondo luogo il comma 320-bis modifica il quinto comma dell'articolo 1 della legge n. 1034 del 1971 istituendo due nuove sezioni con riguardo al Tar Lazio con sede a Roma.

 

Attualmente il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha tre sezioni con sede a Roma.

Onde assicurare alle neoistituite sezioni una dotazione adeguata, l'organico del personale di magistratura della giustizia amministrativa è incrementato di:

§  tre Presidenti di sezione del Consiglio di Stato;

§  di due Presidenti di Tar;

§  di 12 consiglieri di Stato;

§  di 18 tra referendari, primi referendari e consiglieri di Tar (Per tali tre qualifiche la legge prevede una dotazione organica complessiva).

 

La disposizione specifica che restano ferme le dotazioni peculiari richieste dalle leggi speciali, ovvero attuative dei pertinenti statuti regionali, per il personale di magistratura del tribunale amministrativo regionale di Trento e della sezione autonoma di Bolzano, nonché per quello del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

 

Conseguentemente, la disposizione autorizza per l'anno 2020, secondo le modalità previste dalla normativa vigente, la copertura di quindici posti di organico di consiglieri di Stato, l'assunzione di venti referendari dei tribunali amministrativi regionali.

Per le esigenze di supporto alle attività del Consiglio di Stato e dei Tar viene prevista inoltre l'assunzione a tempo indeterminato di tre dirigenti di livello non generale in deroga ai vigenti limiti assunzionali con conseguente incremento della relativa dotazione organica.

 

Sempre il comma 320-bis estende l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 16, in materia di progressione in carriera dei magistrati ordinari e all'articolo 50, comma 1, in tema di ricollocamento in ruolo del decreto legislativo n. 160 del 2006, anche al giudizio di idoneità per il conseguimento della nomina di presidente di sezione del Consiglio di Stato e di presidente di tribunale amministrativo regionale e al giudizio per il conferimento delle funzioni di presidente di sezione del tribunale amministrativo regionale di cui rispettivamente all'articolo 21, comma 1 e all'articolo 6, commi 2 e 5 della legge n. 186 del 1982. In ogni caso di promozione a qualifica superiore - precisa la disposizione - il ricollocamento in ruolo avviene a richiesta dell'interessato, da presentare entro 15 giorni dalla conoscenza del provvedimento di promozione a pena di decadenza dalla stessa e deve obbligatoriamente perdurare per un periodo non inferiore a tre anni (comma 5 dell'articolo 21 della legge n. 186 del 1082)

 

L'articolo 11, comma 16 del decreto legislativo n. 160 del 2006 prevede che la disciplina di cui al comma 2 del medesimo articolo relativa alla valutazione della professionalità applicabili ai magistrati ordinari giudicanti o requirenti (espressamente elencati dal comma 2 dell'articolo 11) si applicano anche ai magistrati fuori ruolo. Per quest'ultima categoria il giudizio è espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai soli membri che appartengano all'ordine giudiziario, o il parere del consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma per tutti gli altri magistrati in posizione di fuori ruolo, compresi quelli in servizio all'estero. Il parere è espresso sulla base della relazione dell'autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa dell'attività svolta, e di ogni altra documentazione che l'interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla professionalità, che dimostri l'attività in concreto svolta.

Il comma 2 dell'articolo 11 prevede espressamente che la valutazione di professionalità riguarda la capacità, la laboriosità, la diligenza e l'impegno. Essa é operata secondo parametri oggettivi che sono indicati dal Consiglio superiore della magistratura. La valutazione di professionalità riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti non può riguardare in nessun caso l'attività di interpretazione di norme di diritto, né quella di valutazione del fatto e delle prove. In particolare - aggiunge la disposizione - la capacità, oltre che alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento, è riferita, secondo le funzioni esercitate, al possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all'esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del giudizio ovvero alla conduzione dell'udienza da parte di chi la dirige o la presiede, all'idoneità a utilizzare, dirigere e controllare l'apporto dei collaboratori e degli ausiliari;  la laboriosità é riferita alla produttività, intesa come numero e qualità degli affari trattati in rapporto alla tipologia degli uffici e alla loro condizione organizzativa e strutturale, ai tempi di smaltimento del lavoro, nonché all'eventuale attività di collaborazione svolta all'interno dell'ufficio, tenuto anche conto degli standard di rendimento individuati dal Consiglio superiore della magistratura, in relazione agli specifici settori di attività e alle specializzazioni;  la diligenza è riferita all'assiduità e puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti; è riferita inoltre al rispetto dei termini per la redazione, il deposito di provvedimenti o comunque per il compimento di attività giudiziarie, nonché alla partecipazione alle riunioni previste dall'ordinamento giudiziario per la discussione e l'approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell'evoluzione della giurisprudenza; l'impegno è riferito alla disponibilità per sostituzioni di magistrati assenti e alla frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura; nella valutazione dell'impegno rileva, inoltre, la collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico.

 

Con riguardo alla sindacabilità giurisdizionale di legittimità delle deliberazioni espresse dal Consiglio Superiore della Magistratura in materia di valutazione della professionalità dei magistrati si veda da ultimo Cons. Stato, Sez. V, Sentenza 13/02/2019, n. 1029 C.A. c. Ministero della giustizia e altri.

 

Il comma 1 dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 160 del 2006 in materia di ricollocamento in ruolo prevede che il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura è equiparato all'esercizio delle ultime funzioni giudiziarie svolte e il ricollocamento in ruolo, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, avviene nella medesima sede, se vacante, o in altra sede, e nelle medesime funzioni, ovvero, nel caso di cessato esercizio di una funzione elettiva extragiudiziaria, salvo che il magistrato svolgesse le sue funzioni presso la Corte di cassazione o la Procura generale presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, in una sede diversa vacante, appartenente ad un distretto sito in una regione diversa da quella in cui è ubicato il distretto presso cui è posta la sede di provenienza nonché in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte è ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto.

 

 L'articolo 21, comma 1 della legge n. 186 del 1982, prevede che i consiglieri di Stato e i consiglieri di tribunale amministrativo regionale, al compimento di otto anni di anzianità nelle rispettive qualifiche, conseguono la nomina alle qualifiche di presidenti di sezione del Consiglio di Stato e di presidenti di tribunale amministrativo regionale, nei limiti dei posti disponibili, previo giudizio di idoneità espresso dal consiglio di presidenza sulla base di criteri predeterminati che tengano conto in ogni caso dell'attitudine all'ufficio direttivo e dell'anzianità di servizio. L'articolo 6 della legge n. 186 del 1982 disciplina la composizione dei tribunali amministrativi regionali. In particolare il comma 2 prevede che ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale possono essere conferite le funzioni di presidente di sezione; mentre il comma 5 precisa che  nei tribunali divisi in sezioni, il presidente del tribunale presiede la prima sezione; le altre sezioni, ivi comprese quelle staccate, sono presiedute da un consigliere di tribunale amministrativo regionale, al quale le funzioni di presidente di sezione sono conferite, con il consenso, dal consiglio di presidenza, tenuto conto anche dell'ordine risultante dal ruolo di anzianità. Tali funzioni cessano con il trasferimento ad altra sede o a domanda. Le sezioni istituite nel tribunale amministrativo regionale del Lazio sono presiedute da presidenti di tribunale amministrativo regionale.

 

Il comma 320-ter conseguentemente a quanto previsto dal comma precedente, sostituisce la Tabella A allegata alla legge 27 aprile 1982, n. 186, dovendosi ivi considerare, anche gli ampliamenti di organico apportati da:

 

§  l'articolo 14 della legge 21 luglio 2000, n. 205, che ha aggiunto 3 presidenti di sezione del Consiglio di Stato, 10 consiglieri di Stato e 60 consiglieri/referendari di Tar;

§  l'articolo 6-bis, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45, che ha istituito il posto di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato;

§  l'articolo 18, comma 4, decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, che ha aggiunto 1 Consigliere di Stato;

§  l'articolo 1, comma 480, legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ha aggiunto 1 presidente di sezione del Consiglio di Stato, 7 consiglieri di Stato e 15 consiglieri/referendari di Tar.

 

La Tabella A, come modificata dall'articolo in esame reca quindi:

§  1 posto di Presidente del Consiglio di Stato;

§  1 posto di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato;

§  22 posti di presidenti di sezione del Consiglio di Stato (attualmente 19);

§  24 posti di presidente di Tar (attualmente 22);

§  102 posti di consiglieri di Stato (attualmente 90);

§  403 posti di consigliere/referendario di Tar (attualmente 385).

 

Non sono inclusi nella Tabella, come viene specificato, i posti del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (sia laici sia togati, giacché questi ultimi ex lege in fuori ruolo), nonché i posti dei consiglieri del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento e quelli della sezione autonoma di Bolzano, di cui all'articolo 90 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 1984, n. 426; nonché, infine, i due posti di Consigliere di Stato di lingua tedesca previsti dall'articolo 14 dello stesso decreto n. 426 del 1984.

 

I commi 2 e 3 modificano rispettivamente il terzo e il secondo periodo del comma 320 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018.

 

Il comma 320 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al fine di agevolare la definizione dei processi amministrativi pendenti e di ridurre ulteriormente l'arretrato della giustizia amministrativa, autorizza l’assunzione, anche in deroga alla normativa del turn over (per i magistrati) e ai vigenti limiti assunzionali (per il personale amministrativo) con conseguente incremento della dotazione organica di Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali Amministrativi regionali (comma 320)[26]; un numero massimo di 26 unità di personale amministrativo non dirigenziale nel triennio 2019-2021 (comma 321).

Per le assunzioni dei nuovi magistrati amministrativi, il comma 320 autorizza la spesa per un onere massimo complessivo di:

§  4,9 milioni di euro per l'anno 2019,

§  di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021,

§  di 5,6 milioni di euro per l'anno 2022,

§  di 5,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, di 6 milioni di euro per l'anno 2025,

§  di 6,1 milioni di euro per l'anno 2026 e

§  di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027.

 

Per le connesse esigenze di funzionamento della giustizia amministrativa è inoltre autorizzata la spesa di 500 mila euro per il 2019 e di un milione dal 2020.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame interviene sulla dotazione prevista per le esigenze di funzionamento della giustizia amministrativa dal comma 320, abrogando l'autorizzazione di spesa di un milione di euro dal 2020. 

 

Il comma 3 rimodula la quantificazione degli oneri per l'assunzione dei nuovi magistrati amministrativi. Per le assunzioni dei nuovi magistrati amministrativi, il comma 320 autorizza la spesa per un onere massimo complessivo di:

§  2.934.632 euro per l'anno 2020;

§  5.915.563 euro per l'anno 2021;

§  5.971.938 euro per l'anno 2022;

§  6.673.996 euro per l'anno 2023;

§   6.972.074 euro per l'anno 2024;

§   6.985.009 euro per l'anno 2025;

§   7.103.839 euro per l'anno 2026;

§   7.156.597 euro per l'anno 2027;

§  8.115.179 euro annui a decorrere dall'anno 2028.

 

Il comma 4 dell'articolo in esame autorizza il Consiglio di Stato a conferire, nell'ambito della dotazione organica vigente, a persona dotata di alte competenze informatiche, un incarico dirigenziale di livello generale, in deroga ai limiti percentuali previsti dall'articolo 19, commi 4 e 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001

 

Il comma 4 dell'articolo 19 prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale possono essere conferiti, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli.

Ai sensi del comma 6 gli incarichi di funzioni dirigenziali 6 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

 

Tale previsione è legata alle esigenze di continuità e sviluppo del sistema informatico della giustizia amministrativa di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 51 del decreto-legge n. 124 del 2019, il c.d. decreto-legge fiscale, (conv. legge n.157 del 2019).

 

 L’articolo 51 del decreto-legge n. 124 del 2019 prevede che la SOGEI possa offrire servizi informatici, da erogare tramite apposite convenzioni, alla Presidenza del Consiglio, al Consiglio di Stato, Avvocatura dello Stato, Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, INVIMIT SGR e alla società per la gestione della piattaforma tecnologica dei pagamenti alle pubbliche amministrazioni (pagoPA).

 

Il comma 5 reca la copertura degli interventi di cui al comma 1.

 

 


 

Articolo 22-bis
(Piante organiche flessibili distrettuali)

 

 

L’articolo 22-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sul procedimento di assegnazione dei magistrati della pianta organica flessibile distrettuale ai singoli uffici giudiziari del distretto, prevedendo che il parere obbligatorio del ministro della giustizia non sia più vincolante.

 

La disciplina delle piante organiche flessibili distrettuali è stata inserita nella legge n. 48 del 2001[27] dalla recente legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, art. 1, commi 432-434). La riforma mira a individuare, per ciascun distretto di Corte d’appello, un contingente di magistrati da destinare alla sostituzione dei magistrati assenti, ovvero alla assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che versino in condizioni critiche di rendimento; una sorta di task force da aggiungere alla dotazione ordinaria di magistrati.

Tanto alla individuazione del contingente nazionale di magistrati, quanto di quelli distrettuali, si provvede con decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi, sentito il Consiglio Superiore della Magistratura, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio.

Una volta individuata la pianta organica flessibile distrettuale, i magistrati potranno essere destinati ai singoli uffici giudiziari (art. 5, legge n. 48/2001):

§  in sostituzione, laddove il titolare dell’ufficio sia assente per aspettativa, per astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità ovvero per tramutamento, per sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale o disciplinare o per esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali;

§  per far fronte alle condizioni critiche di rendimento dell’ufficio. Tali situazioni dovranno essere individuate con decreto del Ministro della giustizia, sentito il CSM, che dovrà altresì specificare la durata minima del periodo di assegnazione.

L’assegnazione dei magistrati in caso di condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari è disposta, in base al nuovo articolo 6 della legge n. 48 del 2001, previa eventuale proposta da parte del presidente della corte d'appello o del procuratore generale presso la corte d'appello, con un provvedimento motivato del CSM, sentito il consiglio giudiziario e con il parere favorevole del Ministro della giustizia.

 

L’articolo 22-bis interviene sull’articolo 6 della legge n. 48 del 2001 per sopprimere l’aggettivo “favorevole”; conseguentemente, il provvedimento motivato del CSM con il quale sono assegnati i magistrati potrà essere assunto dopo aver acquisito il parere obbligatorio del Ministro che, stando alla lettera della modifica, non è da intendersi come vincolante.


 

Articolo 23
(Corte dei Conti: ampliamento della dotazione organica;
presidenti aggiunti o di coordinamento
)

 

 

L’articolo 23 amplia di 25 unità la dotazione organica dei magistrati della Corte dei conti.

Di queste, 15 unità sono destinate ad incrementare il numero dei presidenti aggiunti.

Si sopprime la determinazione di una puntuale soglia numerica massima (dieci unità) per i presidenti aggiunti o di coordinamento da destinare a sezioni della Corte dei conti aventi carico di lavoro particolarmente consistente.

 

Questo articolo del decreto-legge riproduce disposizioni approvate nell'esame del disegno di legge di bilancio 2020 presso il Senato in prima lettura in sede referente (emendamento 18.0.1001, approvato dalla Commissione Bilancio nella seduta notturna dell'11 dicembre 2019), tuttavia successivamente espunte da quel disegno di legge, a seguito della dichiarazione di inammissibilità resa dal Presidente del Senato sul testo dell'emendamento interamente sostitutivo su cui il Governo ha posto la questione di fiducia in Assemblea presso il Senato.

 

La disposizione viene a sostituire l'articolo 1 ("Sezioni regionali della Corte di conti), comma 8-bis (relativo alle sezioni aventi carico di lavoro ritenuto particolarmente consistente) del decreto-legge n. 453 del 1993 (recante "Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti").

Secondo quella disposizione or soppressa, "per le esigenze delle funzioni giurisdizionali, di controllo e referenti al Parlamento, alle sezioni della Corte, il cui carico di lavoro sia ritenuto particolarmente consistente, possono essere assegnati, con delibera del consiglio di presidenza, presidenti aggiunti o di coordinamento; il numero totale dei presidenti aggiunti e di coordinamento non può essere superiore a dieci unità".

Del pari, la disposizione viene a sostituire (sopprimendole) le tabelle (B e C) della legge n. 1345 del 1961, le quali determinano il numero dei posti (per le diverse qualifiche) del ruolo organico dei magistrati della Corte dei conti.

Tale duplice ordine di previsioni confluisce ora nel medesimo dispositivo.

 

Esso prevede un incremento di complessive 25 unità della dotazione organica dei magistrati della Corte dei conti (la quale aumenta così - dalle attuali 611 unità - a 636 unità).

Siffatto ampliamento si ripartisce in un incremento di 15 unità del numero di presidenti di sezione, che aumenta da 85 unità (numero che costituiva già un incremento rispetto a precedente dotazione di 64 unità, espone la relazione tecnica) a 100 unità - senza considerare il Presidente ed il Procuratore generale della Corte dei conti.

I presidenti di sezioni verrebbero così a costituire il 15,7 per cento della nuova dotazione organica.

Le restanti 10 unità sono ad incremento del numero dei consiglieri, vice procuratori, primi referendari e referendari (che aumenta da 524 unità, a 534).

 

Insieme, sono soppresse le tabelle B e C della legge n. 1345 del 1961. Queste prevedono la complessiva dotazione organica dei magistrati della Corte dei conti, secondo una sotto-ripartizione per qualifiche e per posti di funzione.

Dalla soppressione discende che venga meno una puntuale determinazione numerica dei posti ripartita per consiglieri, vice procuratori, primi referendari e referendari.

La disposizione prevede che il Consiglio di presidenza della medesima Corte (il quale è organo di auto-governo della magistratura contabile) determini l'attribuzione delle singole qualifiche ai vari posti di funzione, in sede di approvazione delle piante organiche relative agli uffici centrali e territoriali.

Permane la previsione (con l'aggiunta ora dell'indicazione quale finalità: "il rafforzamento del presidio di legalità a tutela dell'intero sistema di finanza pubblica") secondo cui alle sezioni della Corte dei conti possono essere assegnati (con deliberazione del Consiglio di presidenza) presidenti aggiunti o di coordinamento.

Questa assegnazione avviene "secondo la consistenza del rispettivo carico di lavoro" delle sezioni (la corrispondente disposizione del decreto-legge n. 453 del 1993 qui sostituita e soppressa, fa riferimento a sezioni "il cui carico di lavoro sia ritenuto particolarmente consistente").

Per questa assegnazione di presidenti aggiunti o di coordinamento, la disposizione del decreto-legge n. 453 del 1993 pone un 'tetto' di complessive 10 unità.

Tale soglia viene qui soppressa.

 

All'incremento di dotazione organica si accompagna l'autorizzazione alla Corte dei conti a bandire per il triennio 2020-2022 in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali, procedure concorsuali onde assumere 25 referendari da inquadrare nel ruolo del personale di magistratura.

Gli oneri derivanti dalla disposizione sono così quantificati (tenuto conto della progressione economica dei magistrati contabili):

§  3.143.004 euro per l'anno 2020;

§  3.200.873 per ciascuno degli anni 2021 e 2022;

§  3.316.603 per l'anno 2023;

§  3.634.565 per l'anno 2024;

§  3.666.892 per ciascuno degli anni 2025 e 2026;

§  3.798.786 per l'anno 2027;

§  4.914.393 per ciascuno degli anni 2028 e 2029;

§  5.008.352 annui a decorrere dall'anno 2030.

 

A tali oneri si fa fronte mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2021 e 2022, a valere sul Fondo speciale di parte corrente iscritto in legge di bilancio (legge n. 160 del 2019) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

 


 

Articolo 24
(Disposizioni in materia di competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare)

 

 

L'articolo 24, comma 1, differisce al triennio 2020-2022 il termine per l’assunzione di 50 unità di personale appartenenti all’area II, previste all’articolo 1, comma 317, della legge di bilancio per il 2019, e attualmente relativo al triennio 2019-2021. Il comma 2 apporta quindi una serie di novelle al comma 317 sostituendo il riferimento alla posizione economica F1 relativamente all'Area II con quello alla posizione economica F2 e riscrivendo quindi sugli oneri quantificati in relazione alla disposizione. Il comma 3 della norma reca la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 2, quantificati in 41.750 euro per l’anno 2020 e 83.500 euro a decorrere dall’anno 2021.

Durante l'esame in sede referente, sono state approvate alcune modifiche che differiscono di un anno le scadenze temporali relative alla progressiva riduzione delle convenzioni stipulate per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale, prevista dal medesimo comma 317 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2019. 

Il comma 4, al fine di potenziare la gestione e il funzionamento delle aree marine protette già istituite, incrementa la relativa autorizzazione di spesa per un importo di 0,7 milioni di euro per il 2020 e di 0,6 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021. Inoltre, è incrementata di 2 milioni di euro nell’anno 2020 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 32 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, al fine di garantire la più rapida istituzione delle aree marine protette nelle aree marine di reperimento che afferiscono a Penisola della Campanella - Isola di Capri, Costa di Maratea, Capo Spartivento, Isola di San Pietro. Il comma 5 reca la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 4.

 

Assunzioni presso il Ministero dell'ambiente

 

Il comma 1 differisce al triennio 2020-2022 il termine per l’assunzione di 50 unità di personale appartenenti all’area II, previste all’articolo 1, comma 317, della legge di bilancio per il 2019, e attualmente relativo al triennio 2019-2021.

Il comma 317 della legge di bilancio per il 2019 richiamato ha autorizzato l’assunzione a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, presso il Ministero dell’ambiente, di 420 unità di personale, di cui 20 di livello dirigenziale, anche in sovrannumero (con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo).

Gli oneri corrispondenti sono quantificati nel limite massimo di spesa di 4,1 milioni di euro per il 2019, 14,9 milioni per il 2020 e 19,1 milioni dal 2021, nonché in ulteriori 800.000 euro, per il 2019, per lo svolgimento delle procedure concorsuali

Il comma 2 apporta quindi una serie di novelle al comma 317 in parola:

§  Si sostituisce il riferimento alla posizione economica F1 relativamente all'Area II con quello alla posizione economica F2;

§  Si interviene quindi sugli oneri quantificati in relazione alla disposizione, prevedendo oneri:

-     per l’anno 2020, pari a 14.956.400 euro, anziché 14.914.650;

-     19.221.950 euro anziché 19.138.450 euro annui a decorrere dall’anno 2021.

 

Più nel dettaglio, l'art. 1, comma 317, della legge di bilancio per il 2019, L. 30 dicembre 2018, n. 145, in vigore dal 1 gennaio 2019, ha autorizzato il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il triennio 2019-2021, ad assumere, a tempo indeterminato, anche in sovrannumero con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo, mediante apposita procedura concorsuale pubblica per titoli ed esami, un contingente di personale di 350 unità appartenenti all'Area III, posizione economica F1, e di 50 unità appartenenti all'Area II, posizione economica F1, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado. La norma indica il fine di potenziare l'attuazione delle politiche ambientali e di perseguire un'efficiente ed efficace gestione delle risorse pubbliche destinate alla tutela dell'ambiente, anche allo scopo di prevenire l'instaurazione di nuove procedure europee di infrazione e di superare quelle in corso. Inoltre la stessa norma autorizza l'assunzione a tempo indeterminato, mediante apposita procedura concorsuale pubblica per titoli ed esami, di un contingente di personale in posizioni dirigenziali di livello dirigenziale non generale, di complessive 20 unità, con riserva di posti non superiore al 50 per cento al personale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La dotazione organica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di cui alla tabella 4 allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 gennaio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 2013, è quindi incrementata di 20 posizioni di livello dirigenziale non generale e di 300 unità di personale non dirigenziale.

Agli oneri derivanti dalle assunzioni in parola, nel limite massimo di spesa - come previsto dal comma 317 nel testo originario - pari ad euro 4.053.663 per l'anno 2019, ad euro 14.914.650 per l'anno 2020 e ad euro 19.138.450 annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per ulteriori assunzioni in pubbliche amministrazioni (in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente) di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, come rifinanziato ai sensi del comma 298 della medesima legge di bilancio 2019.

Si rammenta altresì che il comma 317 ha autorizzato, per lo svolgimento delle procedure concorsuali pubbliche di cui al medesimo comma 317, la spesa di euro 800.000 per l'anno 2019, mediante utilizzo del Fondo da ripartire per provvedere ad eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione afferma che il differimento del termine per le assunzioni di personale dell’area II presso il Ministero si inscrive in un quadro in cui le procedure concorsuali per le figure professionali in rilievo non sono state ancora avviate alla luce dell’erronea indicazione, nel comma 317 richiamato, della fascia economica in F1 anziché F2, rendendosi necessario prevedere tale differimento temporale unitamente alla correzione della norma.

La medesima relazione illustrativa richiama il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del comparto Ministeri del 14 settembre 2007, per il quadriennio normativo 2006-2009, che ha previsto, all’articolo 6, un nuovo sistema di classificazione improntato a criteri di flessibilità, correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi delle amministrazioni, articolato in tre aree. Per quanto riguarda la seconda area, sono distinte due tipologie di profili professionali con riferimento alle diverse specifiche professionali e ai contenuti di base, con differenti titoli di studio richiesti per l’accesso. Per l’accesso alla fascia retributiva F1 (operatore) il CCNL 2006-2009 ha previsto, tra i requisiti per l’accesso, il possesso del « diploma di scuola secondaria di primo grado ed eventuali titoli professionali o abilitazioni previsti dalla legge per lo svolgimento dei compiti assegnati », mentre per l’accesso alla fascia retributiva F2 (assistente amministrativo/tecnico/informatico), il CCNL 2006-2009 ha previsto, tra i requisiti per l’accesso, il possesso del « diploma di scuola secondaria di secondo grado ed eventuali titoli professionali o abilitazioni previsti dalla legge per lo svolgimento dei compiti assegnati.

 

Si ricorda infine che da ultimo il D.L. 104/2019 ha recato all'articolo 5 interventi sul riordino del Ministero ed il D.P.C.M. 19/06/2019, n. 97 ha recato il Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Organismo indipendente di valutazione della performance e degli Uffici di diretta collaborazione.

 

Con modifiche approvate durante l'esame in sede referente, sono state introdotte, al comma 2, le lettere a-bis), a-ter) e a-quater), recanti novelle alle disposizioni di cui al citato comma 317 della legge di bilancio per il 2019, riguardanti la progressiva riduzione delle convenzioni stipulate per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale.

Tale comma della legge di bilancio per il 2019 stabilisce, al quarto periodo, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 8, comma 1, della legge 8 luglio 1986, n. 349, provveda alla progressiva riduzione delle convenzioni stipulate per le attività di assistenza e di supporto tecnico-specialistico e operativo in materia ambientale, in base ad una misura percentuale rispetto al totale delle convenzioni vigenti, per le medesime attività, nell'anno 2018. Con la modifica in oggetto tali percentuali sono riferite all'anno successivo a quello indicato nel testo vigente.

La riduzione dovrà quindi avvenire nella misura fino al 10 per cento nell'anno (originariamente 2020) 2021, secondo la modifica approvata -, fino al 20 per cento nell'anno (originariamente 2021) 2022, in base alla modifica approvata, fino al 50 per cento nell'anno (originariamente 2022) 2023, in base alla modifica approvata, fino al 70 per cento nell'anno (originariamente 2023) 2024, in base alla modifica approvata, e del 100 per cento nell'anno (originariamente 2024) che diviene 2025, in base alla modifica approvata.

Per gli anni dal 2019 al 2024 - ora al 2025, secondo la modifica approvata -, le risorse derivanti dalla riduzione delle convenzioni di cui al periodo precedente, annualmente accertate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e rimangono acquisite all'erario. Nell'esercizio finanziario 2025 - 2026, secondo la modifica-, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate e quantificate le risorse che derivano dall'estinzione delle convenzioni al fine di ridurre corrispondentemente, a regime, i relativi stanziamenti di bilancio. I bandi per le procedure concorsuali definiscono i titoli valorizzando l'esperienza lavorativa in materia ambientale nell'ambito della pubblica amministrazione.

 

Il comma 3 della norma qui in esame reca la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 2, quantificati in 41.750 euro per l’anno 2020 e 83.500 euro annui a decorrere dall’anno 2021. Essa è prevista mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma fondi di riserva e speciali della missione fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

 

Aree marine protette

 

In base al comma 4, al fine di potenziare la gestione e il funzionamento delle aree marine protette già istituite, si incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 8, comma 10, della legge 23 marzo 2001, n. 93, per un importo di 0,7 milioni di euro per il 2020 e di 0,6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021.

Il comma 10 dell’articolo 8 della legge 23 marzo 2001, n. 93 ha previsto, per il funzionamento e la gestione delle aree protette marine previste dalle L. 31 dicembre 1982, n. 979, e L. 6 dicembre 1991, n. 394, una autorizzazione di spesa di lire 3.000 milioni a decorrere dall'anno 2001 nonché di lire 2.000 milioni a decorrere dall'anno 2000 per investimenti. Con il comma 117 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2013, n. 147 e l'art. 6, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221 si è provveduto alla rideterminazione dell'autorizzazione di spesa in parola.

La L. n. 221 del 2015 (c.d. collegato ambientale) in particolare ha previsto, all'articolo 6, recante che per il potenziamento della gestione e del funzionamento delle aree marine protette istituite, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 8, comma 10, della legge 23 marzo 2001, n. 93, sia incrementata di 1 milione di euro a decorrere dal 2016.

Si rammenta che il collegato ambientale ha altresì previsto, per la più rapida istituzione delle aree marine protette, che l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 32 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, sia incrementata di 800.000 euro per l'anno 2015. La copertura è mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Inoltre, è incrementata di 2 milioni di euro nell’anno 2020 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 32 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, al fine di garantire la più rapida istituzione delle aree marine protette nelle aree marine di reperimento di cui all’articolo 36, comma 1, lettere d), f), o) e cc) della legge quadro sulle aree protette.

Le lettere richiamate dalla disposizione afferiscono a: Penisola della Campanella - Isola di Capri (lett. d), Costa di Maratea (lett.f), Capo Spartivento (lett. o), Isola di San Pietro (lett. cc).

La Relazione illustrativa al provvedimento indica che sono in corso i procedimenti per l'istituzione di nuove aree protette marine concernenti aree di reperimento.

Si ricorda che in base all'articolo 36 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, disposizione in materia di aree marine di reperimento, sulla base delle indicazioni programmatiche di cui all'articolo 4 della legge quadro, possono essere istituiti parchi marini o riserve marine, oltre che nelle aree di cui all'articolo 31 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, in una serie di aree, elencate dalle lettere a) a ee-septies)

Si tratta di: a) Isola di Gallinara; b) Monti dell'Uccellina - Formiche di Grosseto - Foce dell'Ombrone - Talamone;c) Secche di Torpaterno; d) Penisola della Campanella - Isola di Capri; e) Costa degli Infreschi; f) Costa di Maratea; g) Capo d'Otranto - Grotte Zinzulusa e Romanelli - Capo di Leuca; h) Costa del Monte Conero; i) Isola di Pantelleria; l) Promontorio Monte Cofano - Golfo di Custonaci; m) Acicastello - Le Grotte; n) Arcipelago della Maddalena (isole ed isolotti compresi nel territorio del comune della Maddalena); o) Capo Spartivento (Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1112, lett. b), n. 2), della L. n. 205 del 2017, a decorrere dal 1° gennaio 2018); p) Capo Testa - Punta Falcone; q) Santa Maria di Castellabate; r) Monte di Scauri; s) Monte a Capo Gallo - Isola di Fuori o delle Femmine; t) Parco marino del Piceno; u) Isole di Ischia, Vivara e Procida, area marina protetta integrata denominata «regno di Nettuno»; v) Isola di Bergeggi; z) Stagnone di Marsala; aa) Capo Passero; bb) Pantani di Vindicari; cc) Isola di San Pietro; dd) Isola dell'Asinara; ee) Capo Carbonara; ee-bis) Parco marino «Torre del Cerrano»; ee-ter) Alto Tirreno-Mar Ligure «Santuario dei cetacei»; ee-quater) Penisola Maddalena-Capo Murro Di Porco; ee-quinquies) Grotte di Ripalta-Torre Calderina; ee-sexies) Capo Milazzo;ee-septies) Banchi Graham, Terribile, Pantelleria e Avventura nel Canale di Sicilia, limitatamente alle parti rientranti nella giurisdizione nazionale, da istituire anche separatamente.

 

Si ricorda che la legge 394/91 definisce la classificazione delle aree naturali protette e istituisce l'Elenco ufficiale delle aree protette, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono ai criteri previsti.

Nell'ambito del sistema delle aree naturali protette sono previste le Riserve naturali, costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli elementi naturalistici in esse rappresentati.

 Inoltre, le aree di reperimento terrestri e marine costituiscono aree la cui conservazione, attraverso l'istituzione di aree protette, è considerata prioritaria. Per approfondimenti in ordine alla classificazione delle aree, si veda la apposita sezione del MATTM.

 

Il comma 5 reca la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 4, quantificati in 2,7 milioni di euro per l’anno 2020 e in 0,6 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021. Essa è mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma fondi di riserva e speciali della missione fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, a valere dell’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.


 

Articolo 24, commi 5-bis-5-quater
(Interventi per la qualità dell’aria
nella pianura padana e per Roma Capitale)

 

 

I commi 5-bis-5-quater dell’articolo 24, introdotti in sede referente, prevedono risorse volte alla promozione di iniziative per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano e nel territorio di Roma capitale.  In particolare, il comma 5-bis incrementa di l milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 e di 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 fino al 2034, il finanziamento per l’adozione di specifiche strategie di intervento sulla situazione di inquinamento dell'aria presente nella pianura padana. Il comma 5-ter assegna alla Regione Lazio risorse per 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 e 5 milioni di euro all'anno dal 2023 fino al 2034, a favore del territorio di Roma Capitale, per il perseguimento di analoghe finalità di miglioramento della qualità dell'aria, tenuto conto dell'attuale situazione di incremento del livello di polveri sottili (PM 10).

 

Il comma 5-bis incrementa di l milione di euro annuo per gli anni 2020, 2021 e 2022 e di 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 fino al 2034, il finanziamento, volto all’adozione di specifiche strategie di intervento sulla situazione di inquinamento dell'aria presente nella pianura padana, previsto dall'articolo 30, comma 14-ter, nono periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34.

Come già previsto dalla normativa vigente richiamata, la definizione del riparto delle risorse avviene in sede di Conferenza Stato-Regioni tra le regioni interessate, nella quale sono altresì stabilite le misure a cui le risorse sono destinate.

Si ricorda che l’art. 30, comma 14-ter, del D.L. 34/2019 (c.d. decreto crescita) stabilisce, a decorrere dall'anno 2020, l'assegnazione ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti di contributi per il potenziamento di investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche. In base a quanto disposto dal nono periodo del comma 14-ter del D.L. 34/2019, il 40 per cento delle risorse previste sono destinate, a decorrere dall'anno 2020, alla adozione di specifiche strategie di intervento nella pianura padana, anche attraverso un maggiore coordinamento tra le regioni che insistono sul predetto bacino (finalità prevista all'art. 10, comma 1, lettera d), della L. n. 88/2009 - Legge comunitaria 2008, con il quale è stata conferita una delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa).

 

Il comma 5-bis puntualizza che l’incremento del finanziamento è volto ad implementare gli interventi per il miglioramento della qualità dell'aria, prioritariamente rivolti ai macrosettori, relativi ai trasporti e alla mobilità, alle sorgenti stazionarie ed all’uso razionale dell'energia e per altri interventi di riduzione delle emissioni in atmosfera.

Si ricorda che nel 2017 le regioni Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna e il MATTM hanno siglato l’Accordo di bacino padano per l’attuazione di misure congiunte per il miglioramento della qualità dell’aria. Conseguentemente, le quattro regioni interessate hanno approvato delibere regionali riguardanti l’adozione di interventi di risanamento ambientale contenuti in specifici Piani Regionali degli Interventi per la qualità dell’Aria (c.d. PRIA).

 

La norma in esame specifica, come già indicato dal citato art. 30, comma 14-ter del D.L. 34/2019, che tali interventi dovranno tener conto del perdurare del superamento dei valori limite relativi alle polveri  sottili (PM 10), di cui  alla procedura di infrazione n. 2014/2147, e dei valori  limite relativi  al biossido di azoto (N02 ), di cui alla  procedura  di   infrazione  n. 2015/2043, della complessità dei processi di conseguimento degli  obiettivi  indicati  dalla  direttiva  2008/50/CE e delle finalità previste al citato art. 10, comma  1, lettera d), della legge  comunitaria 2008.

Si ricorda che, di recente, con l’art. 1 del D.L. 111/2019 sono state introdotte misure urgenti per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria. Più in particolare, è prevista l'approvazione del programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria, delineandone i contenuti e definendo l'obbligo delle amministrazioni pubbliche di conformarsi agli obiettivi da esso fissati. Istituisce inoltre un tavolo permanente interministeriale per l'emergenza climatica, specificandone la composizione e le funzioni.

Per approfondire gli interventi relativi ai cambiamenti climatici e alla qualità dell’aria, si rinvia al seguente tema web.

 

 

In merito alla procedura d’infrazione n. 2014/2147, relativa al superamento dei valori di polveri sottili (PM10) nell’ambiente, la Commissione europea ha inviato una prima lettera di costituzione, in mora ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, il 10 luglio 2014, e un’ulteriore lettera di costituzione in mora il 16 giugno 2016, procedendo quindi il 27 aprile 2017 alla trasmissione di un parere motivato. Infine, il 13 ottobre 2018, la Commissione europea ha presentato ricorso presso la Corte di giustizia dell’UE in cui lamenta che i dati ottenuti sulla concentrazione di PM10 nell’aria dimostrano l’esistenza di una “violazione sistematica e continuata” della direttiva nonché che i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al superamento dei valori limite di concentrazione di PM10, “non permettono né di conseguire detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile".

Relativamente alla procedura d’infrazione n. 2015/2043, con riferimento ai valori massimi di biossido di azoto (NO2) che risultano superati in 12 zone, si ricorda che la stessa è stata aperta con l’invio della lettera di costituzione in mora ai sensi dell’articolo 258 del TFUE il 28 maggio 2015. Quindi, il 15 febbraio 2017 la Commissione ha inviato un parere motivato esortando l’Italia a conformarsi alla normativa europea. Il successivo 7 marzo 2019, la Commissione ha, quindi, deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE, invitandola a rispettare i valori limite previsti dalla legislazione dell’Unione.

In particolare, la Commissione ha invitato l'Italia a rispettare i valori limite convenuti sulla qualità dell'aria e ad adottare misure adeguate per ridurre i livelli di inquinamento in dieci agglomerati in cui risiedono circa 7 milioni di persone. In proposito, la Commissione europea ha evidenziato come i valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell'UE in materia di qualità dell'aria ambiente (direttiva 2008/50/CE) avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010. Peraltro, il ricorso si inserisce nel seguito di azioni analoghe adottate nei confronti di Francia, Germania e Regno Unito nel maggio 2018 per mancato rispetto dei valori limite di NO2 e per aver omesso di prendere misure appropriate per ridurre al minimo i periodi di superamento.

In risposta all’interrogazione 5-01664, resa nella seduta del 30 aprile 2019, il rappresentante del Governo ha ricordato – con riferimento al superamento dei valori limite per il PM10 e il biossido di azoto che ha determinato l'apertura delle citate procedure di infrazione – che “tale situazione di criticità è però differenziata sul territorio nazionale: infatti, mentre per le Regioni del centro-sud il mancato rispetto dei valori limite è localizzato in piccole aree, appartenenti per lo più ai principali centri urbani, nell'area del Bacino Padano i superamenti, anche per le caratteristiche orografiche e le condizioni meteoclimatiche, sono diffusi su tutto il territorio…. Ciò nonostante, l'impegno delle sole Amministrazioni regionali e locali non è stato sufficiente a risolvere il problema (per cui), l'azione del Ministero dell'ambiente è stata mirata a garantire un costante e fondamentale supporto alle Amministrazioni locali”. Ulteriori elementi di informazione sono stati forniti dal Ministro dell'ambiente nel corso dell’audizione, tenutasi nella seduta della Commissione Ambiente del 29 maggio 2019.

In considerazione delle due procedure di infrazione, delle conseguenze che eventuali sentenze di condanna da parte della Corte di giustizia potrebbero avere per l’Italia, nonché della necessità di adottare interventi addizionali rispetto a quelli previsti sinora per prevenire e fronteggiare il superamento dei valori limite di particolato e biossido di azoto, il 4 giugno 2019 il Presidente del Consiglio, sei ministeri, le regioni e le province autonome hanno sottoscritto il "Protocollo aria pulita" che istituisce il "Piano d'azione per il miglioramento della qualità dell'aria" nel quale vengono individuate misure da porre in essere nel breve e medio periodo per contrastare l'inquinamento atmosferico in Italia. Il Protocollo è stato firmato nell'ambito di un incontro bilaterale con la Commissione europea ("Clean air dialogue) svoltosi a Torino dal 4 al 5 giugno scorsi. Le Parti firmatarie del Protocollo, che ha durata di 24 mesi prorogabili, si sono impegnate ad adottare misure di carattere normativo, programmatico e finanziario, nell’ambito delle risorse vigenti, a cooperare nell’individuazione delle future strategie nazionali e a partecipare congiuntamente ai periodici confronti con la Commissione europea volti alla rappresentazione delle iniziative avviate a livello nazionale. Le misure previste dal Piano d'azione sono articolate in 5 ambiti di intervento, uno trasversale e 4 settoriali. Gli ambiti settoriali sono: agricoltura e combustioni di biomasse; mobilità; riscaldamento civile; uscita dal carbone. Per ogni ambito sono indicate specifiche azioni operative e relative misure attuative. L'ambito di intervento trasversale prevede, tra l'altro, la razionalizzazione dei sussidi ambientalmente dannosi e l'attivazione, entro il 31 dicembre 2019, di un Fondo per il finanziamento del programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico cui saranno destinati fino a 400 milioni di euro l'anno. Per il quadro relativo alle azioni in materia di contrasto al cambiamento climatico e per ulteriori approfondimenti in materia si veda il recente dossier congiunto di Camera e Senato.

Si ricorda, infine che la Corte costituzionale ha ricondotto la tutela della qualità dell’aria alla materia della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", per la quale lo Stato ha la competenza esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Si veda la sent. n. 141 del 2014 nella quale la Corte ha affermato che "La materia implicata dalla disciplina prevista dalla disposizione oggetto di censura (che attiene alla tutela della qualità dell’aria per porre rimedio al relativo inquinamento) è da ricondursi, infatti, alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», riservata alla competenza statale esclusiva dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (tra le tante, sentenze n. 209 e n. 187 del 2011 e n. 225 del 2009)".

 

Il comma 5-ter assegna alla Regione Lazio, risorse per 1 milione di euro annuo per gli anni 2020, 2021 e 2022 e 5 milioni di euro all'anno dal 2023 fino al 2034, a favore del territorio di Roma Capitale, per il perseguimento delle analoghe finalità di miglioramento della qualità dell'aria, indicate dal comma 5-bis, tenuto conto dell'attuale situazione di incremento del livello di polveri sottili (PM 10) nel territorio della Capitale.

 

Il comma 5-quater provvede, per 2 milioni di euro per gli anni dal 2020 al 2022 e per 45 milioni di euro annui dall’anno 2023 all’anno 2034, mediante corrispondente riduzione delle risorse, di cui all'art. 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), relative al Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione finanziaria annuale.

 


 

Articolo 25, comma 1
(Fondi per i trattamenti economici accessori della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 25 prevede un incremento delle risorse per i trattamenti economici accessori della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie (degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale). Tale incremento è inteso a consentire - in deroga ai limiti relativi al livello delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti - l’utilizzo della quota di risorse derivante dalla cessazione della corresponsione - al momento del collocamento in quiescenza dei dirigenti (della suddetta area) assunti prima del 1° gennaio 1997 - della retribuzione individuale di anzianità (Ria).

 

Si ricorda che quest’ultima è costituita dai valori di scatti e classi di anzianità in godimento al 31 dicembre 1996 (in via generale, per i pubblici dipendenti, gli scatti e classi di anzianità vennero soppressi ai sensi dell’articolo 72, comma 3, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni). Al momento della cessazione dal servizio dei suddetti dirigenti, l’importo corrispondente alla Ria dovrebbe confluire - in base ai vari contratti collettivi succedutisi nel tempo[28] - nei fondi per i trattamenti economici accessori della dirigenza in oggetto. Tale destinazione, tuttavia, in base alla normativa finora vigente, è risultata in parte non attuabile, in ragione dei limiti relativi al livello delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti.

 

Tale limite, in via generale[29], è costituito, per ciascuna delle amministrazioni pubbliche[30], dall'ammontare complessivo delle risorse per i medesimi trattamenti economici accessori determinate per l'anno 2016; per l’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario (della regione), il limite è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018[31].

In deroga a tali limiti, il presente comma 1 contempla, al fine di consentire la suddetta destinazione, un incremento delle risorse dei fondi contrattuali per il trattamento economico accessorio della dirigenza in esame, nella misura di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020-2025 e di 18 milioni annui a decorrere dal 2026. Tale elevamento - secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto - consente l’utilizzo in via integrale delle risorse derivanti dal collocamento in quiescenza dei dirigenti titolari di Ria. L’incremento in oggetto - essendo alimentato dall’impiego di queste ultime risorse ed essendo ammesso nel rispetto dei limiti annui di spesa complessiva per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale[32] - non è accompagnato da un elevamento del finanziamento complessivo del Servizio sanitario nazionale.

 

L’incremento, come ricorda la suddetta relazione tecnica, si somma a quello già disposto[33], sempre al fine di consentire l’utilizzo delle risorse derivanti dal collocamento in quiescenza dei dirigenti titolari di Ria, dall’articolo 1, comma 435, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 (quest’ultimo incremento è pari a 30 milioni di euro per il 2019, a 35 milioni per il 2020, a 40 milioni per il 2021, a 43 milioni per il 2022, a 55 milioni per il 2023, a 68 milioni per il 2024, a 80 milioni per il 2025 e a 86 milioni annui a decorrere dal 2026).

 

Il comma 1 in esame specifica che resta fermo, per ciascuna regione, il rispetto dei limiti annui di spesa complessiva per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - limiti di cui all'articolo 11, commi da 1 a 4, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni -. In merito, il presente comma 1 richiama il secondo periodo dell’articolo 11, comma 1, del citato D.L. n. 35; sotto il profilo redazionale, sembrerebbe opportuno valutare l’esigenza di estendere il richiamo ad altre disposizioni del medesimo articolo 11, comma 1, in relazione alle novelle che hanno riformulato ed ampliato tale comma.

 

Si ricorda che, in base alle disposizioni di cui al citato articolo 11, commi da 1 a 4, del D.L. n. 35 del 2019 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 60 del 2019), i limiti annui di spesa complessiva per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale si calcolano (a decorrere dal 2019)  applicando, per ogni regione, un incremento annuo rispetto al valore della spesa sostenuta nel 2018 ovvero, se superiore, rispetto al valore massimo che sarebbe stato consentito nel medesimo 2018 in base alla previgente normativa[34]. Tale incremento è pari, nel triennio 2019-2021, al 10 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente - secondo l'elevamento da 5 a 10 punti percentuali operato dalla novella di cui all'articolo 45, comma 1-bis, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157 - e negli anni successivi a 5 punti percentuali (della suddetta base di calcolo). La novella di cui all'articolo 45, comma 1-bis, del D.L. n. 124 ha inoltre previsto, per il medesimo triennio 2019-2021, che, qualora nella singola regione emergano oggettivi ulteriori fabbisogni di personale (rispetto alle suddette facoltà assunzionali), valutati congiuntamente dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, possa essere concesso (alla medesima regione) un ulteriore incremento, pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'anno precedente, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.

Dall'anno 2021 tutti gli incrementi percentuali summenzionati sono subordinati all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale.

I limiti summenzionati includono le risorse per il trattamento accessorio del personale.

 

 


 

Articolo 25, commi 2, 2-bis e 3
(Norme finanziarie in materia di approcci alternativi alle procedure sugli animali a fini scientifici e Relazione del Ministro della salute in materia di sperimentazione sugli animali)

 

 

Il comma 2 reca uno stanziamento di 2 milioni di euro (1 milione di euro, nel testo originario, così modificato dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente) per ciascun anno del periodo 2020-2022 in favore dell'attività di ricerca e sviluppo dei cosiddetti approcci alternativi rispetto alle procedure sugli animali a fini scientifici e del finanziamento di corsi di formazione ed aggiornamento - relativi ai medesimi approcci alternativi - per gli operatori degli stabilimenti autorizzati allo svolgimento delle procedure sugli animali a fini scientifici o educativi. Ai fini della copertura finanziaria dello stanziamento, il comma 3 dispone una corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all’articolo 41-bis della L. 24 dicembre 2012, n. 234. Il comma 2-bis - inserito dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente - prevede che, entro il 30 giugno 2020, il Ministro della salute invii alle Camere una relazione sullo stato delle procedure di sperimentazione sugli animali autorizzate per le ricerche sulle sostanze d'abuso (anche con riferimento alle possibilità di adozione dei suddetti approcci alternativi).

 

Si ricorda che il precedente articolo 5, comma 3, reca alcune norme di differimento relative alla disciplina delle suddette procedure sugli animali.

 

Lo stanziamento di cui al comma 2 del presente articolo 25 è destinato:

§  nella misura dell’80 per cento, ai fini dell'attività di ricerca e sviluppo degli approcci alternativi, agli Istituti zooprofilattici sperimentali, agli enti pubblici di ricerca ed alle università (il riferimento alle ultime due categorie è stato aggiunto dalle Commissioni riunite della Camera). In tali ambiti - come specificato nella riformulazione operata dalle Commissioni riunite della Camera -, i soggetti sono individuati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca. Si ricorda che gli approcci alternativi, in base alla nozione di cui all’articolo 37, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 26, sono costituiti dagli approcci idonei a fornire lo stesso livello o un livello più alto d'informazione e che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose[35];

§  nella misura del 20 per cento alle regioni ed alle province autonome, sulla base di apposito riparto da effettuare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, per il finanziamento di corsi di formazione ed aggiornamento - relativi ai medesimi approcci alternativi - per gli operatori degli stabilimenti autorizzati allo svolgimento delle procedure sugli animali a fini scientifici o educativi.

Si ricorda che la disciplina vigente prevede[36], in via permanente, per la promozione dello sviluppo e della ricerca degli approcci alternativi (ivi compresi la formazione e l’aggiornamento relativi degli operatori degli stabilimenti autorizzati): uno stanziamento annuo pari 52.500 euro; la destinazione ai suddetti scopi delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative di spettanza statale di cui all’articolo 40 del citato D.Lgs. n. 26.

 

Si ricorda altresì che per il triennio 2016-2018 è stato disposto[37] uno stanziamento di 1 milione di euro annui, destinato per metà agli Istituti zooprofilattici sperimentali per l'attività di ricerca e sviluppo degli approcci alternativi e per l’altra metà ai suddetti corsi di formazione e aggiornamento.

 

Il comma 2-bis - inserito dalle Commissioni riunite della Camera - prevede che, entro il 30 giugno 2020, il Ministro della salute invii alle Camere una relazione sullo stato delle procedure di sperimentazione sugli animali autorizzate per le ricerche sulle sostanze d'abuso; la relazione è intesa anche a rilevare le tipologie di sostanze che possono essere oggetto di programmi di ricerca alternativi e sostitutivi della sperimentazione animale.

 


 

Articolo 25, comma 4
(Contratti di lavoro a tempo determinato presso
gli IRCCS pubblici e gli IZS)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 25 modifica i termini temporali relativi ai requisiti stabiliti dalla disciplina transitoria per la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato con gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS pubblici) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS). La disciplina transitoria in oggetto si pone nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 1, commi da 422 a 434, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, e successive modificazioni, la quale ha previsto l'istituzione, presso gli Istituti summenzionati, di un ruolo non dirigenziale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto alla ricerca sanitaria.

 

In particolare, la disposizione transitoria finora vigente (di cui al comma 432 del citato articolo 1 della L. n. 205) prevede che, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore dell'apposita sezione contrattuale concernente il suddetto ruolo, il personale in servizio presso gli Istituti alla data del 31 dicembre 2017 con rapporti di lavoro flessibile instaurati a seguito di procedura selettiva pubblica ovvero titolare, alla data del 31 dicembre 2017, di borsa di studio (erogata dagli stessi Istituti) a seguito di procedura selettiva pubblica possa essere assunto a tempo determinato, a condizione che abbia maturato un'anzianità di servizio (o di titolarità di borsa di studio) di almeno tre anni negli ultimi cinque.

La novella di cui al presente comma 4 eleva quest’ultimo periodo di riferimento da cinque a sette anni e ricomprende, ai fini del conseguimento del suddetto requisito di tre anni, anche le anzianità maturate negli anni 2018 e 2019 (resta ferma la condizione che, alla data del 31 dicembre 2017, i soggetti fossero in servizio o titolari di borsa di studio).

Si ricorda che la sezione summenzionata è stata istituita dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato in data 11 luglio 2019[38], con decorrenza dal giorno successivo (il suddetto termine di 180 giorni decorre, quindi, dal 12 luglio 2019).

 

I contratti a tempo determinato in esame vengono stipulati nell'ambito delle risorse finanziarie stabilite, per la stipulazione dei contratti di lavoro a tempo determinato da parte dei suddetti Istituti, dal comma 424 del citato articolo 1 della L. n. 205[39], nonché secondo le modalità e i criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (in merito, è stato emanato il D.M. 20 novembre 2019, n. 164, "Regolamento recante valutazione del personale di  ricerca  sanitaria")[40].

Inoltre, il comma 432-bis dell’articolo 1 della L. n. 205 prevede, con riferimento ai soggetti assunti (a tempo determinato) ai sensi della summenzionata disciplina transitoria, che le fasce economiche stabilite dal suddetto contratto dell'11 luglio 2019 siano attribuite secondo criteri individuati dal Ministero della salute, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, tenuto conto di quanto previsto dal summenzionato decreto ministeriale.

 

 

 


 

Articolo 25, commi 4-bis- 4-quater
(Revisione periodica degli screening neonatali)

 

 

I nuovi commi da 4-bis a 4-quater, dell’articolo 25 aggiunti in Commissione, modificano la normativa sulla revisione periodica degli screening neonatali, prevedendo, in sede di prima applicazione, il completamento della revisione entro il 30 giugno 2020 con conseguente incremento della copertura finanziaria originaria. I maggiori oneri, pari a 2 milioni per il 2020 e 4 milioni a decorrere dal 2021 sono coperti riducendo corrispondentemente gli stanziamenti dei fondi speciali di parte corrente del Ministero della salute, iscritti nello stato di previsione del MEF per l’anno 2020 ed incrementando per gli stessi importi il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard.

 

I commi da 4-bis a 4-quater, inseriti nel corso dell’esame referente, fissano al  30 giugno 2020 il termine per il completamento, in sede di prima applicazione, della revisione prevista per la lista di patologie da ricerca attraverso lo screening neonatale, prevista dall’articolo 4, comma 2-bis, della legge n. 167/2016, oggetto di novella, in materia di prevenzione e cura delle malattie metaboliche ereditarie.

 

Si ricorda che l’articolo 4 di detta legge n. 167 dispone un protocollo operativo per la gestione degli screening neonatali, con il quale definire le modalità della presa in carico dei pazienti risultati positivi agli accertamenti e dell'accesso alle terapie. A predisporre tale protocollo è chiamato il Ministro della salute che, avvalendosi della collaborazione dell'Istituto superiore di sanità, dell’Age.na.s, delle regioni e delle province autonome, sentite le società scientifiche di settore, sottopone a revisione periodica almeno biennale la lista delle patologie da ricercare attraverso lo screening neonatale, in relazione all'evoluzione nel tempo delle evidenze scientifiche in campo diagnostico-terapeutico per le malattie genetiche ereditarie.

 

Viene conseguentemente incrementata la copertura finanziaria, prevedendo maggiori oneri pari a 2 milioni per il 2020 e 4 milioni a decorrere dal 2021 coperti riducendo corrispondentemente per l’intero importo gli stanziamenti dei fondi speciali di parte corrente, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, iscritti nello stato di previsione del MEF per l’anno 2020, utilizzando l’accantonamento del Ministero della salute. L’effettiva copertura del provvedimento è conseguentemente posta a valere sul livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato – importi che saranno trasferiti mediante riparto alle regioni -, incrementando per gli stessi importi tale livello di finanziamento.

Lo stanziamento è pertanto incrementato a 31.715.000 euro per l’anno 2020 e 33.715.000 euro a decorrere dal 2021 (mentre per il 2019 rimane a 29.715.000 euro) di cui 21.715.000 euro per il 2020 e 23.715.000 euro dal 2021 coperti mediante la procedura per l’aggiornamento dei nuovi LEA, di cui articolo 1, co. 554, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), vale a dire con apposito DPCM che stabilisce un’idonea copertura, nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica.

 

Si ricorda che l'articolo 1, co. 554, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) - che ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2016, la procedura per l'aggiornamento dei LEA di cui all'art. 1, comma 5, del DL. 158/2012 (L. 189/2012) -, ha previsto che la definizione e l'aggiornamento dei LEA di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono effettuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari nonché con la procedura di cui al comma 559. Quest'ultimo dispone che se la proposta attiene esclusivamente alla modifica degli elenchi di prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale ovvero alla individuazione di misure volte ad incrementare l'appropriatezza della loro erogazione e la sua approvazione non comporta ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, l'aggiornamento dei LEA è effettuato con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e  delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale previa registrazione della Corte dei conti.


 

Articolo 25, commi 4-quinquies e 4-sexies
(Figure professionali  per le cure palliative )

 

 

I commi 4-quinquies e 4-sexies dell’articolo 25 , inseriti nel corso dell’esame referente,  intervenendo sul comma 5 della legge n. 38/2010 (Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore), ampliano le figure professionali abilitate ad operare negli ambiti delle cure palliative e della terapia del dolore includendovi anche i medici specialisti in medicina di comunità e delle cure primarie.  Per l’attuazione della norma citata, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Ministero della salute, con propri decreti provvede ad integrare le tabelle relative alle discipline equipollenti per l’accesso del personale medico ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 4-quinquies, inserito nel corso dell’esame referente, modificando il comma 2 dell’articolo 5 della legge n. 38/2010 (Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore), inserisce tra le figure professionali con specifiche competenze nei settori delle cure palliative e della terapia del dolore, i medici specialisti in medicina di comunità e delle cure primarie.

 

A tale proposito va ricordato che il citato comma 2 dell’articolo 5 della legge n. 38/2010 demanda ad un Accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute, l’individuazione di figure professionali con specifiche competenze nei settori delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute essenziali alcune categorie espressamente previste, nonché delle tipologie di strutture nelle quali, a livello regionale, si articola la rete per le cure palliative e la rete per la terapia del dolore e delle modalità per assicurare il coordinamento della rete a livello nazionale e regionale.

 

Va inoltre ricordato che sulla base del D. 4 febbraio 2015 (Riordino Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria) il Medico Specialista in Medicina di Comunità e Cure Primarie può ricoprire incarichi di Dirigenza Medica nelle seguenti Strutture Sanitarie e Socio-Sanitarie semplici e complesse: Distretti Sanitari e Socio-Sanitari, Dipartimenti di Cure Primarie, Dipartimenti di Medicina Generale, Unità Operative di Cure Primarie (Case della Salute, Ambulatori per Patologie Croniche, Ospedali di Comunità Presidi Ospedalieri Territoriali, Residenze Socio-Sanitarie Intermedie, Unità Valutative Multidimensionali, Nuclei di Cure Primarie e Aggregazioni Funzionali Territoriali) per attività e compiti professionali clinici di Medicina Generale e gestionali di Cure Primarie, vale a dire:

Promozione della salute e prevenzione individuale e comunitaria: educazione sanitaria, educazione terapeutica (self-care, empowerment, coping), counselling e approccio motivazionale; profilassi vaccinale e farmacologica.

Diagnosi, cura, riabilitazione, supporto psicologico, counselling, avvocatura sanitaria secondo l'approccio bio-psico-sociale: diagnosi e cura di malattie acute e croniche, cure palliative, urgenze territoriali (continuità assistenziale); assessment dei bisogni multidimensionali di salute e stesura di piani individuali di cura e assistenza; Inserimento scolastico, lavorativo e sociale dei disabili;

Coordinamento di team multiprofessionale, interdisciplinare per la presa in carico dei pazienti complessi-fragili: sintesi dei bisogni rilevati in team; stesura del piani assistenziali Individuali (PAI) condivisi; attivazione delle risorse previste nel PAI; controllo di attuazione del PAI e di erogazione delle risorse; monitoraggio dello stato di salute del paziente; gestione della comunicazione interprofessionale e dei possibili conflitti;

Attività di governo clinico: adozione di linee guida cliniche e assistenziali basate sull'evidenza; adozione di procedure di accesso ai servizi e di processo (percorsi diagnostici terapeutici di cura e assistenza integrati); adozione di documenti informatizzati per la comunicazione fra servizi (cartella clinica, fascicolo sanitario elettronico); audit clinico assistenziale; gestione del rischio clinico; gestione delle risorse; attivazione della partecipazione di pazienti e famiglie, verifica di risultati, esiti, costi; formazione dei team multiprofessionale e interdisciplinare; ricerca nell'area delle Cure Primarie.

Stesura di Piani, Programmi, Progetti, Procedure per l'assistenza sanitaria di base e per la sua integrazione con l'assistenza ospedaliera di secondo e terzo livello.

 

Il comma 4-sexies prevede che per l’attuazione della norma citata, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Ministero della salute, con propri decreti provvede ad integrare le tabelle relative alle discipline equipollenti per  l’accesso del personale medico ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale (decreto del 23 marzo 2018[41]).


 

Articolo 25, comma 4-septies
(Spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale nelle regioni a statuto speciale e
nelle province autonome)

 

 

Il comma 4-septies dell’articolo 25- inserito dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente - concerne la spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome. Le novelle in oggetto escludono dall'ambito di applicazione dei limiti annui di spesa posti dalla disciplina statale vigente gli enti territoriali suddetti che provvedano al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato (rientrano in tale fattispecie tutti gli enti territoriali suddetti, ad eccezione della Regione Sicilia).

 

Si ricorda che, in base alle disposizioni delle norme[42] oggetto della presente novella, i limiti annui (a decorrere dal 2019) si calcolano applicando, per ogni regione, un incremento annuo rispetto al valore della spesa sostenuta nel 2018 ovvero, se superiore, rispetto al valore massimo che sarebbe stato consentito nel medesimo 2018 in base alla previgente normativa[43]. Tale incremento è pari, nel triennio 2019-2021, al 10 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente e negli anni successivi a 5 punti percentuali (della suddetta base di calcolo). Inoltre, per il medesimo triennio 2019-2021, qualora nella singola regione emergano oggettivi ulteriori fabbisogni di personale (rispetto alle suddette facoltà assunzionali), valutati congiuntamente dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, può essere concesso (alla medesima regione) un ulteriore incremento, pari al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'anno precedente, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.

Dall'anno 2021 tutti gli incrementi percentuali summenzionati sono subordinati all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale.

Articolo 25, comma 4-octies
(Fondo per l'assistenza dei bambini affetti
da malattia oncologica)

 

 

Il comma 4-octies dell’articolo 25 incrementa di 2 milioni per il 2020 le risorse previste a legislazione vigente del Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, con oneri coperti a valere sui Fondi speciali di parte corrente iscritti, ai fini del bilancio 2020-2022, presso il MEF per il 2020, utilizzando parzialmente l’accantonamento del Ministero della salute.

 

Il comma 4-octies, inserito durante l’esame referente, incrementa di 2 milioni di euro per il 2020 le risorse previste dal dal Fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica di cui al comma 338, articolo 1, della legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017).

 

Il Fondo è stato istituito per il triennio 2018-2020, con una dotazione del Fondo pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 5 milioni per il 2020. Al Fondo possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psico-sociologica, sanitaria per il bambino interessato e per la sua famiglia. Per il 2020, pertanto, le risorse complessive ascritte al Fondo ammonteranno a 7 milioni di euro.

In proposito si sottolinea che il 10 febbraio 2020 è stato pubblicato il Decreto 9 ottobre 2019, n. 175 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che reca il regolamento, previsto dal medesimo comma 338, sulla disciplina delle modalità di utilizzo del contributo a valere sul Fondo in commento. Il Ministero della salute non risulta coinvolto nella formulazione del regolamento.

 

La copertura dell’onere, quantificato in 2 milioni per l'anno 2020, è operata con corrispondente riduzione proporzionale dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto ai fini del bilancio triennale 2020-2022 nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero della salute.


 

Articolo 25, commi 4-novies- 4-seixesdecies
(Protocolli di intesa per l’uso dei beni dei policlinici universitari)

 

 

I nuovi commi da 4-novies a 4-sexiesdecies dell’articolo 25, aggiunti in Commissione a seguito del rinvio deliberato dall’Aula, autorizzano per il decennio dal 2020 al 2029 l’ulteriore spesa di 8 milioni di euro annui per il finanziamento degli oneri connessi all'uso dei beni dei policlinici universitari in base alle norme di cui al D. Lgs. n. 517 del 1999 che disciplina i rapporti fra Servizio Sanitario nazionale e Università, a valere sulle risorse per il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.

Inoltre dispongono l’attribuzione ai policlinici uiniversitari non costituiti in azienda, di un contributo – nella forma di credito d’imposta – pari a 5 milioni di euro per il 2020 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, al fine di promuovere le attività di ricerca scientifica e di favorire la stabilizzazione di figure professionali nell’ambito clinico e della ricerca, attraverso l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato presso le strutture sanitarie che svolgono attività di ricerca e didattiche.

Il contributo è subordinato alla condizione che i predetti enti si avvalgano di personale assunto a tempo indeterminate in misura non inferiore all’85 per cento del personale in servizio in ciascun periodo d’imposta nel quale è utilizzato il credito d’imposta.

 

Al riguardo, l'articolo 8, comma 4, del citato D.Lgs. n. 517/1999 ha previsto specifici criteri alla base dei protocolli d’intesa che regolamentano il trasferimento, l'uso e l'assegnazione dei beni attualmente utilizzati dai policlinici universitari. In particolare, si prevede la concessione a titolo gratuito alle nuove aziende ospedaliero-universitarie - che con autonoma personalità giuridica realizzano la collaborazione fra SSN e Università - dei beni demaniali o comunque in uso gratuito e perpetuo alle Università, oltre che dei beni immobili e mobili di proprietà dell'Università, già destinati in modo prevalente all'attività assistenziale.

Gli oneri di manutenzione sono previsti a carico delle citate aziende e sottostanno a vincolo di destinazione per l’attività assistenziale, previa individuazione dei singoli beni con un apposito protocollo di intesa. Nel caso di immobili locati, è prevista la successione alle università delle nuove aziende ospedaliero-universitarie nei rapporti di locazione.

Si ricorda che dopo un periodo di sperimentazione, si è consolidato un modello aziendale unico di azienda ospedaliero-universitaria. Qualora nell’azienda di riferimento non siano disponibili specifiche strutture essenziali per l’attività didattica, l’università concorda con la regione, nell’ambito dei protocolli di intesa, l’utilizzazione di altre strutture pubbliche e private accreditate.

Oltre a prevedere l’ulteriore finanziamento, il nuovo comma 4-novies  stabilisce che l'erogazione dei finanziamenti è subordinata alla costituzione dell'azienda con legge regionale e alla sottoscrizione del protocollo d'intesa tra Università e Azienda ospedaliera. Si prevede che la ripartizione  dei finanziamenti sia disposta mediante decreto MEF, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministero dell'università e ricerca (comma 4-decies).

Il comma 4-undecies dispone poi la copertura dell’onere per il corrispondente importo di 8 milioni per ciascun anno del decennio 2020-2029 a valere sul finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, autorizzando il Ministro dell’economia ad apportare, con propri decreti, le occorenti variazioni di bilancio.

Il comma 4-duodecies dispone l’attribuzione ai policlinici uiniversitari non costituiti in azienda, nell’ambito delle attività istituzionali esercitate non in regime d’impresa, di un contributo – nella forma di credito d’imposta – per gli anni dal 2020 al 2023, al fine di promuovere le attività di ricerca scientifica e di favorire la stabilizzazione di figure professionali nell’ambito clinico e della ricerca, attraverso l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato presso le strutture sanitarie che svolgono attività di ricerca e didattiche.  Il contributo, nel limite massimo di 5 milioni di euro per il 2020 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023, è subordinato alla condizione che i predetti enti si avvalgano di personale assunto a tempo indeterminato in misura non inferior all’85 per cento del personale in servizio in ciascun periodo d’imposta nel quale è utilizzato il credito d’imposta. La definizione delle modalità di concessione e fruizione del credito d’imposta è rimessa ad un decreto di natura non regolamentare (comma 4-quaterdecies) del Ministro della salute, di concerto con quello dell’economia e delle finanze, mentre la sussistenza dei requisiti per l’ammissione alla fruizione del credito viene certificate dal soggetto incaricato della revision legale.

Alla copertura dell’onere si provvede (comma 4-quinquiesdecies) mediante utilizzo del Fondo di parte corrente di cui al comma 5 dell’articolo 34-ter della legge n. 196/2009, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio (commi 4-quinquiesdecies e 4-sexiesdecies).

 

Il citato articolo 34-ter disciplina l’accertamento ed il  riaccertamento annuale dei residui passivi.

Il comma 5 prevede che in esito al riaccertamento , in apposito allegato al Rendiconto generale dello Stato sia quantificato per ciascun Ministero l'ammontare dei residui passivi perenti eliminati. Annualmente, successivamente al giudizio di parifica della Corte dei conti, con la legge di bilancio, le somme corrispondenti agli importi di cui al periodo precedente possono essere reiscritte, del tutto o in parte, in bilancio su base pluriennale, in coerenza con gli obiettivi programmati di finanza pubblica, su appositi Fondi da istituire con la medesima legge, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate.

 


 

Articolo 25-bis
(Disposizioni concernenti il completamento dei lavori
di ammordenamento dell’Istituto nazionale per le
malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma)

 

 

L’articolo 25-bis, inserito nel corso dell’esame referente, fissa al 30 giugno 2020 il termine per il completamento dei lavori di ammodernamento dell'Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI) di Roma. Le operazioni di trasferimento delle opere all'INMI devono avere inizio entro il 30 settembre 2020 e concludersi nei successivi centoventi giorni. Contestualmente è autorizzata la spesa 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, a titolo di contributo, per supportare l'attivazione e l'operatività dell'unità per alto isolamento dell'Istituto. La concessione del contributo di 2 milioni di euro annui è subordinata alla presentazione al Ministero della salute, da parte dell'Istituto, dell'aggiornamento del Piano di sviluppo dell’unità per alto isolamento già previsto dalla legge di stabilità 2015.

 

Nel dicembre 1996, il Ministero della Sanità ha riconosciuto lo Spallanzani Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico per «AIDS, altre malattie infettive e ospite immunocompromesso» e dal 2000 è l’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI). Con D.M. 15 febbraio 2005 è stato confermato il riconoscimento del carattere scientifico dell’Istituto per la disciplina “malattie infettive”. L’Istituto gode della personalità giuridica di diritto pubblico. La L.R. Lazio 2/2006 configura l’Istituto (quale IRCCS di diritto pubblico non trasformato in fondazione) ente pubblico dipendente della Regione a rilevanza nazionale, al pari delle Aziende Sanitarie.

La missione dell’Istituto, oltre alla ricerca scientifica, è garantire un’assistenza di alto livello per tutte le malattie infettive, assicurare alle Autorità sanitarie Nazionali e Regionali una risposta globale alle malattie infettive, sviluppare l’integrazione tra ricerca clinica, epidemiologica e di base, al fine di promuovere il miglioramento degli interventi diagnostico-terapeutici, assistenziali e di prevenzione nel campo delle malattie infettive.

 

L’articolo in commento fissa al 30 giugno 2020 il termine per il completamento delle iniziative correlate ai lavori di ammodernamento (costruzione di una struttura per alto isolamento, specificatamente dedicata a patologie ad alta trasmissibilità) dell'Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” (INMI) di Roma, avviati ai sensi dell'articolo 6, comma 4, dell'ordinanza di Protezione civile del Presidente del Consiglio dei ministri n.?3873 del 28 aprile 2010. Le operazioni di trasferimento delle opere all'Istituto e i conseguenti adempimenti di legge devono avere inizio entro il 30 settembre 2020 e concludersi nei successivi centoventi giorni.

 

Nell’ambito delle attività programmate per il potenziamento delle capacità nazionali rivolte a fronteggiare le emergenze infettivologiche, a seguito delle ordinanze di protezione civile del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3275 del 28 marzo 2003 e n. 3285 del 30 aprile 2003, è stato previsto di destinare alcune risorse a favore dell’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI) per la costruzione all’interno del suo perimetro di una nuova struttura, specificatamente dedicata a patologie ad alta trasmissibilità. Successivamente, sono stati avviati i lavori di ammodernamento ai sensi dell'art. 6, comma 4 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3873 del 28 aprile 2010. Nel corso degli anni, il Dipartimento della protezione civile, in qualità di Committente dei lavori, ha rinviato con diverse comunicazioni, avvenute tra l’anno 2013 e l’anno 2016, la consegna della struttura all’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» (INMI). Alla data del 31 dicembre 2017 l’edificio non risultava ancora essere stato consegnato all’INMI, né erano state programmate le risorse per coprire le spese di funzionamento della struttura, una volta divenuta operativa. Per superare tali criticità, sempre nel 2017 è stato costituito un gruppo di lavoro composto da membri facenti parte dell’INMI, del Dipartimento della protezione civile e del Ministero della salute - Direzione Generale della Prevenzione sanitaria (DGPRE) -, al fine di favorire la fase di consegna delle strutture.

 

Contestualmente è autorizzata la spesa 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, a titolo di contributo, per supportare l'attivazione e l'operatività dell'unità per alto isolamento dell'INMI Spallanzani. La concessione del contributo di 2 milioni di euro annui è subordinata alla presentazione al Ministero della salute, da parte dell'Istituto, dell'aggiornamento del Piano di sviluppo dell’unità per alto isolamento di cui all'articolo 1, comma 600, della legge 190/2014.

 

Per garantire l'avvio delle attività nell'unità per alto isolamento dell’INMI, la legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014), al comma 600, ha autorizzato l’incremento del Fondo sanitario nazionale mediante un contributo straordinario in conto capitale di 4 milioni di euro in favore dell’INMI per il triennio 2015-2017. Ai fini della concessione del predetto contributo, l'Istituto, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, era tenuto a presentare al Ministero della salute il piano di sviluppo dell'unità di alto isolamento. Il contributo, come previsto dalla norma della stabilità 2015, è stato erogato dopo l’approvazione del “Piano di sviluppo dell’unità per alto isolamento” presentato dall’INMI e approvato dal Comitato tecnico sanitario, sezione Ricerca sanitaria del Ministero della salute, nella seduta del 18 ottobre 2016. Tuttavia, la programmazione dei lavori a carico dell’Istituto e l’acquisto delle apparecchiature non ha potuto avere corso poiché il Dipartimento della protezione civile, in qualità di Committente dei lavori (finanziati anche con fondi stanziati sul bilancio del Ministero della salute Direzione generale della prevenzione sanitaria – con riferimento all’ordinanza n. 3275/2003 del Presidente del Consiglio dei Ministri -), non ha nel frattempo consegnato la struttura all’INMI.

 

Infine, per quanto riguarda la copertura dell'onere di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.  Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 25-ter
(Valutazione scientifica impatto ambientale farmaci veterinari)

 

 

L’articolo 25-ter, inserito nel corso dell’esame referente, istituisce, per il triennio 2020-2022, un fondo di parte corrente presso il Ministero della salute per un importo pari a 3 milioni di euro annui al fine di procedere alla valutazione scientifica dell'impatto ambientale dei farmaci veterinari, di produrre rapporti di valutazione relativi alla loro immissione in commercio nonché di potenziare e aggiornare la banca dati per la completa tracciabilità dei medicinali veterinari nell'intera filiera distributiva. All'onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente alimentato dalle risorse finanziarie rivenienti dal riaccertamento dei residui passivi perenti.

 

La norma in commento risponde anche a quanto richiesto dal Regolamento (UE) 2019/6 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai medicinali veterinari. Il regolamento richiede tra l’altro un processo sistematico di aggiornamento per i medicinali veterinari autorizzati prima del 1° ottobre 2005 e pertanto privi di una valutazione (adeguata) del rischio ambientale e pone alla Commissione il termine del 28 gennaio 2022 per la presentazione di una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio su uno studio di fattibilità relativo sia a un riesame delle sostanze attive sia ad altre possibili alternative per la valutazione del rischio ambientale dei medicinali veterinari, corredandola, se del caso, di una proposta legislativa specifica.

Si ricorda che la valutazione del rischio ambientale (e le misure previste per evitarlo) è diventata obbligatoria per tutte le domande di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di medicinali per uso umano e veterinario e viene tenuta in considerazione nella valutazione del rapporto beneficio/rischio di questi ultimi (D. Lgs. 219/2006, Allegato I, Parte I Requisiti relativi al dossier standardizzato di autorizzazione all'immissione in commercio).

 

Più nello specifico, al fine di procedere alla valutazione scientifica dell'impatto ambientale dei farmaci veterinari, di produrre rapporti di valutazione relativi alla loro immissione in commercio nonché di potenziare e aggiornare la banca dati per la completa tracciabilità dei medicinali veterinari nell'intera filiera distributiva, la norma in esame istituisce, per il triennio 2020-2022, un fondo di parte corrente presso il Ministero della salute per un importo pari a 3 milioni annui (comma 1).

L’articolo 3 della legge europea 167/2017 ha introdotto disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati, in attuazione delle direttive 2001/82/CE e 90/167/CEE. In particolare, è stato disciplinato il sistema informativo per la tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati, attraverso l’integrazione con il sistema informativo per la tracciabilità dei farmaci ad uso umano. Inoltre, si è stabilito che la prescrizione veterinaria è predisposta ed erogata esclusivamente secondo modalità elettroniche, attraverso l’introduzione della ricetta veterinaria elettronica, che, dal 16 aprile 2019, ha sostituito il formato cartaceo su tutto il territorio nazionale sia per animali da compagnia sia per quelli da allevamento.

Pertanto, il Sistema Informativo per la tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati è composto dai seguenti sistemigià operanti: Banca Dati Centrale della Tracciabilità del Farmaco (BDC); Sistema Informativo Nazionale per la Farmacosorveglianza.

La tracciabilità dei medicinali veterinari, attraverso l’alimentazione della Banca Dati Centrale della Tracciabilità del Farmaco, si applica ai medicinali autorizzati all’immissione in commercio in Italia, destinati alla somministrazione ad animali. Sono ricompresi nell’ambito veterinario, anche i medicinali a uso umano somministrati ad animali, ai sensi degli articoli 10 e 11 del D.Lgs. 193/2006.

Tra le finalità del nuovo modello operativo introdotto dalla ricetta elettronica vi è quella di semplificare e, dove possibile, ridurre gli obblighi recuperando le informazioni da dati già disponibili nei sistemi informativi operanti. Infatti diversi adempimenti degli obblighi concernenti la tracciabilità, sono assolti attraverso il Sistema Informativo Nazionale della Farmacosorveglianza.

Il decreto 8 febbraio 2019 Modalità applicative delle disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati chiarisce che l’obiettivo del Sistema Informativo Nazionale della Farmacosorveglianza è la modifica sostanziale del precedente modello organizzativo e operativo di gestione dei medicinali veterinari, attraverso la completa digitalizzazione della gestione della loro movimentazione.

 

All'onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di parte corrente alimentato dalle risorse finanziarie rivenienti dal riaccertamento dei residui passivi perenti (comma 2).


 

Articolo 25-quater
(Sistema nazionale di verifica e controllo
sull’assistenza sanitaria - SiVeAS)

 

 

L’articolo 25-quater, inserito nel corso dell’esame referente, autorizza il Ministero della salute ad avvalersi di personale in assegnazione temporanea fino ad un massimo di 50 unità, con esclusione del personale docente educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche. Tale personale è reclutato per lo svolgimento delle attività di accesso ed ispettive presso le aziende sanitarie locali, ospedaliere e gli IRCCS effettuate dal Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS) avvalendosi del Nucleo di supporto per l'analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR), nonché per le esigenze della programmazione sanitaria connesse al fabbisogno di specifiche professionalità ad alta specializzazione. Tale contingente di personale non è computato ai fini della consistenza della dotazione organica del Ministero della salute ed è assegnato nel limite di spesa di 6.381.741 euro annui a decorrere dal 2020. Per le assegnazioni sopra descritte, ove riferite al personale appartenente ai ruoli del Ssn, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

Agli oneri derivanti si provvede quanto a 5.046.511 euro, mediante  corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute e quanto a 1.335.230 euro, mediante corrispondente utilizzo delle minori spese derivanti dalla soppressione delle norme, operata dalla disposizione in commento, che autorizzano il Ministro della salute ad avvalersi di personale comandato.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 autorizza il Ministero della salute ad avvalersi di personale in assegnazione temporanea fino ad un massimo di 50 unità, con esclusione del personale docente educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche.

 

Per quanto riguarda il personale in assegnazione temporanea la norma rinvia all’art. 30, comma 2-sexies del D.Lgs. 165/2001 in virtù del quale le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni e all’articolo 70, comma 12, del predetto decreto 165/2001, ai sensi del quale, in tutti i casi, anche se previsti da normative speciali,  in cui gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria, sono tenute ad autorizzare l’utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale (in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione), l'amministrazione che utilizza il personale è tenuta a rimborsare all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale.

 

Tale personale è reclutato per lo svolgimento delle attività di accesso ed ispettive presso le aziende sanitarie locali, ospedaliere e gli IRCCS effettuate dal Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria (SiVeAS) avvalendosi del Nucleo di supporto per l'analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR), nonché per le esigenze della programmazione sanitaria connesse al fabbisogno di specifiche professionalità ad alta specializzazione. Tale contingente di personale non è computato ai fini della consistenza della dotazione organica del Ministero della salute ed è assegnato nel limite di spesa di 6.381.741 euro annui a decorrere dal 2020.

 

Il SiVeAS, Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza sanitaria è stato istituito con Decreto 17 giugno 2006 presso il Ministero della salute, in attuazione dell'articolo 1, comma 288, della legge 266/2005. Il supporto alle attività è assicurato dalla Direzione generale della programmazione del Ministero della salute. Le attività che afferiscono al SiVeAS comprendono fra l’altro l’esercizio del potere di accesso da parte del Ministero della salute presso le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, avvalendosi del Nucleo di supporto per l'analisi delle disfunzioni e la revisione organizzativa (SAR)[44] A tali compiti si sono aggiunti, ai sensi dell'articolo 4, comma 2 della legge 37/1989[45], la potestà di effettuare ispezioni amministrative per la vigilanza sulla gestione delle aziende sanitarie locali e sull'attuazione del piano sanitario nazionale. Per tali compiti, il Ministro della sanità è autorizzato ad avvalersi (assegnandolo al SAR) di personale comandato, fino ad un massimo di duecentocinquanta unità, da reperire prioritariamente tra professionalità provenienti dal Servizio sanitario nazionale. Infine, il potere di accesso è stato esteso, ai sensi dell'art. 1, co. 172, della legge 311/2004[46], a tutti gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni, ai policlinici universitari e alle aziende ospedaliere universitarie. Il personale comandato svolge attività di verifica delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie secondo criteri di efficienza e appropriatezza, attraverso la conduzione di specifici accessi diretti e, in virtù dell'evoluzione tecnologica, attraverso l'analisi dei dati disponibili nel patrimonio informativo NSIS nonché l'esame della documentazione richiesta e archiviata sul sistema documentale dedicato alla verifica degli adempimenti regionali per l'accesso alla quota premiale del SSN.

In sintesi, il SiVeAS ha l’obiettivo di provvedere alla verifica del rispetto dei criteri di appropriatezza e qualità delle prestazioni sanitarie erogate, coerentemente con quanto previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza, e dei criteri di efficienza nell’utilizzo dei fattori produttivi, compatibilmente con i finanziamenti erogati.

Inoltre la legge finanziaria 2005[47] ha previsto forme di affiancamento del Governo centrale alle regioni che avevano sottoscritto Accordi comprensivi di Piani di rientro, prevedendo che queste fossero svolte dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze,  nell’ambito del SiVeAS. Pertanto, il Ministero, attraverso l’attività del SiVeAS, svolge due fondamentali compiti: assicurare un supporto generale per la produzione di strumenti valutativi ed implementativi di buone pratiche sul versante dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità dell’assistenza sanitaria nei vari ambiti regionali; garantire tutte le attività necessarie per l’affiancamento ed il controllo delle Regioni impegnate nei Piani di rientro.

Inoltre nell'ambito del Sistema sono stati elaborati e posti in essere strumenti valutativi ed implementativi di buone pratiche sul versante dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità dell'assistenza sanitaria. Tale attività è svolta con riferimento a diversi settori dell'assistenza sanitaria e vede il coinvolgimento oltre che dell' AGENAS, dell’AIFA e di altri enti pubblici e privati, di tutti gli uffici della Direzione Generale della Programmazione Sanitaria e talvolta anche di altri uffici generali del Ministero della salute.

Nell'ambito del SiVeAS il personale comandato svolge attività di verifica dell'erogazione delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie secondo criteri di efficienza e appropriatezza, attraverso la conduzione di specifici accessi diretti e, in virtù dell'evoluzione tecnologica, attraverso l'analisi dei dati disponibili nel patrimonio informativo NSIS nonché l'esame della documentazione richiesta e archiviata sul sistema documentale dedicato alla verifica degli adempimenti regionali per l'accesso alla quota premiale del SSN.

Il SiVeAS si avvale e coordina la collaborazione di Enti esterni, con cui il Ministero stipula apposite Convenzione o Accordi di Collaborazione, di esperti qualificati e personale interno, per l’attuazione del programma.

 

Il comma 2 specifica che ai comandi sopra descritti, ove riferiti al personale appartenente ai ruoli del Ssn, si applica l’art. 17, co. 14, della legge 127/1997[48], vale a dire che, nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

 

Il comma 3 sopprime l’articolo 5 del D.P.R. 791/1982[49] e, modificando l’articolo 4, comma 2, secondo periodo, della legge 37/1989, amplia la possibilità di avvalersi di personale comandato.

 

Sul punto si precisa che l’art. 5 del D.P.R. 791/1982 autorizza il Ministro della salute, a fronte di motivate esigenze del Servizio centrale della programmazione sanitaria connesse al fabbisogno di specifiche professionalità ad alta specializzazione, ad utilizzare, nel limite massimo di venti unità, personale appartenente ai ruoli dei professori e ricercatori universitari, a tempo pieno o il comando di personale appartenente ai ruoli di altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti locali e di enti pubblici anche economici. Tale utilizzazione del personale è da intendersi a tempo determinato ed è disposta con provvedimento del Ministro della sanità di concerto con i Ministri della pubblica istruzione e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito l'interessato.

La seconda norma su cui incide il comma in esame, è il già citato articolo 4, comma 2, secondo periodo, della legge 37/1989, che autorizza il Ministro della salute ad avvalersi di personale comandato, fino ad un massimo di duecentocinquanta unità, da reperire prioritariamente tra i dipendenti delle aziende sanitarie locali. Viene infatti soppresso il riferimento sia alle 250 unità che alla loro provenienza dalle aziende sanitarie locali.

 

Infine, il comma 4 reca la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1 pari a 6.381.741 euro annui a decorrere dal 2020, a cui si provvede quanto a 5.046.511 euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute e quanto a 1.335.230 euro, mediante corrispondente utilizzo delle minori spese derivanti dalla soppressione delle norme, operata dal comma 3, che autorizzano il Ministro ad avvalersi di personale comandato.

 

 


 

Articolo 25-quinquies
(Iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell’edilizia sanitaria valutabili dall’Inail nell’ambito dei propri
piani triennali di investimento immobiliare)

 

 

Per fare fronte alla discrepanza tra gli importi stanziati e gli importi effettivamente impiegati nella realizzazione degli interventi immobiliari di edilizia sanitaria valutabili dall’INAIL, l’articolo 25-quinquies, introdotto nel corso dell’esame referente, estende al 31 maggio 2020 il termine utile per la rimodulazione degli interventi già previsti in tale ambito. Ogni singola regione può chiedere di utilizzare la proroga per la rimodulazione degli interventi previsti nel proprio territorio, ferma restando la somma totale delle risorse già previste per la regione richiedente. La proroga è concessa con decreto del Ministero della salute, su richiesta della regione. Inoltre, entro il 30 giugno 2020 possono essere individuate, con decreto interministeriale (Salute/Lavoro), ulteriori iniziative urgenti nel campo dell’edilizia sanitaria, valutabili dall’INAIL nell’ambito dei propri piani triennali di investimento immobiliare. Fra tali iniziative, è compresa la realizzazione di un nuovo polo scientifico-tecnologico facente capo all’Istituto Superiore di Sanità.

 

Più in dettaglio, la norma in commento, introdotta nel corso dell’esame referente, al comma 1, prevede che un D.P.C.M., da adottare entro il 30 giugno 2020, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, individui ulteriori iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell’edilizia sanitaria oltre a quelle già elencate nell’Allegato A del d.p.c.m. del 24 dicembre 2018 (adottato ai sensi dell’art. 1, comma 602, della legge di stabilità 2017 – legge 232/2016). Tali iniziative, valutabili dall’INAIL nell’ambito dei propri piani triennali di investimento immobiliare, possono comprendere la realizzazione di un nuovo polo scientifico-tecnologico facente capo all’Istituto Superiore di Sanità, per lo svolgimento in sicurezza, delle attività scientifiche e regolatorie, da svolgersi anche in collaborazione con altre amministrazioni statali ed enti nazionali, regionali ed internazionali. L’INAIL, allo scopo di definire le risorse finanziare occorrenti, tiene anche conto dello stato di attuazione degli investimenti già attivati in campo sanitario per effetto del D.P.C.M. 24 dicembre 2018.

 

L’art. 1, comma 317, della legge di stabilità 2015 (190/2014) ha previsto che con apposito D.P.C.M. fossero individuate iniziative di elevata utilità sociale valutabili nell'ambito dei piani di investimento 2016/2018 dell'INAIL, da finanziare a valere sulle risorse autorizzate nei predetti piani, con l'impiego di quota parte delle somme detenute dal medesimo Istituto presso la Tesoreria centrale dello Stato. Le iniziative valutabili nell'ambito dei Piani triennali di investimento dell’INAIL (riferibili a progetti relativi alla realizzazione di nuove costruzioni, all’acquisizione di immobili nuovi o all’acquisizione di immobili da ristrutturare quali: strutture sanitarie e assistenziali; strutture scolastiche; uffici pubblici; residenze universitarie; altre tipologie di immobili destinati ad utilizzo con finalità sociali) sono state rese note il 27 gennaio 2016 con la pubblicazione in G.U. del D.P.C.M. 23 dicembre 2015 (Allegato A).

Successivamente, l’art. 1, commi 602 e 603, della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016) ha autorizzato l’INAIL ad effettuare investimenti immobiliari nel campo dell’edilizia sanitaria, valutabili nell’ambito dei propri piani triennali 2016-2018 di investimento immobiliare, da individuarsi con d.p.c.m. da adottarsi entro il 30 giugno 2017 anche con riferimento alle sinergie tra i servizi sanitari regionali e l’INAIL. Per la quantificazione delle risorse necessarie, il comma 603 aggiunge che l’INAIL deve anche tenere conto dello stato di attuazione delle iniziative già previste dalla legge di stabilità 2015 e attivate per effetto del D.P.C.M. 23 dicembre 2015. Successivamente, con d.p.c.m. del 24 dicembre 2018 - su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - sono state individuate le iniziative da finanziare nel campo dell’edilizia sanitaria per un importo complessivo di euro 2.646.000.000, di cui 1.065.000.000 euro di economie derivanti dagli importi delle iniziative archiviate rispetto a quelle inizialmente previste per la realizzazione delle 202 richieste di investimento individuate con il D.P.C.M. del 23 dicembre 2015.

 

Infine, allo scopo di consentire la prosecuzione e il concreto sviluppo delle iniziative di investimento in strutture sanitarie da parte dell’INAIL, la norma in esame al comma 3, proroga al 31 maggio 2020 il termine per la rimodulazione degli interventi di investimento in strutture sanitarie di cui all’Allegato A del D.P.C.M. del 24 dicembre 2018. Ogni singola regione può chiedere di utilizzare la proroga per la rimodulazione degli interventi previsti nel proprio territorio, ferma restando la somma totale delle risorse già previste per la regione richiedente. La proroga è concessa con decreto del Ministero della salute, su richiesta della regione.

 


 

Articolo 25-sexies
(
Screening nazionale gratuito per eliminazione del virus HCV)

 

 

Al fine di prevenire, eliminare ed eradicare il virus da epatite C (HCV), l’articolo 25-sexies ai commi 1-3, inserito nel corso dell’esame referente, garantisce uno screening gratuito per i nati negli anni dal 1969 al 1989, per i soggetti che sono seguiti dai servizi pubblici per le tossicodipendenze (SerT), nonché per i soggetti detenuti in carcere. I criteri e le modalità per l'attuazione dello screening sono definiti con decreto del Ministero della salute, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

Gli oneri, stimati in 30 milioni di euro per il 2020 e 41,5 milioni per l’anno 2021, sono coperti a valere sulle risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale.

 

La norma in commento garantisce uno screening gratuito per l’epatite C (HCV) a cui sottoporre i nati negli anni dal 1969 al 1989, i soggetti che sono seguiti dai servizi pubblici per le tossicodipendenze (SerT), nonché i soggetti detenuti in carcere.  

 

Si ricorda che presso la Commissione XII della Camera è in corso di svolgimento l’Indagine conoscitiva in materia di politiche di prevenzione ed eliminazione dell'epatite C, deliberata il 9 ottobre 2019 .Il Viceministro Sileri, audito il 30 gennaio 2020, ha chiarito che recenti studi clinici italiani hanno dimostrato il costo/efficacia della diagnosi precoce e dell'offerta dello screening in gruppi di popolazione accomunate dall’anno di nascita (coorti) in cui è stata riscontrata una elevata prevalenza d’infenzione e nei gruppi di popolazione a rischio. Questo metodo, ove adottato, ha sottolineato il Viceministro, consente l'aumento delle diagnosi delle infezioni non note ad un costo nettamente inferiore rispetto ad uno screening universale (condotto indiscriminatamente su tutta la popolazione. A sostegno degli screening indirizzati a classi di età, il Viceministro ha segnalato che la gestione della malattia epatica avanzata produce costi molto più elevati rispetto a un'infezione rilevata e guarita con una terapia graduale.

 

I criteri e le modalità per l'attuazione dello screening sono definiti con decreto del Ministero della salute, di concerto con il MEF, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.

Gli oneri, stimati in 30 milioni di euro per il 2020 e 41,5 milioni per l’anno 2021, sono coperti a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale (fabbisogno sanitario nazionale standard) destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale[50].

 

 

 

 


 

Articolo 26
(Computer security incident response team – CSIRT italiano)

 

 

L’articolo 26 prevede che il Computer security incident response team – CSIRT italiano, istituito presso la Presidenza del Consiglio, sia incardinato nel Dipartimento delle informazioni per la sicurezza – DIS.

 

A tal fine, viene modificato l’articolo 8 del D.Lgs. 65/2018, di attuazione della direttiva UE 2016/1148, cosiddetta direttiva NIS (Network and Information Systems).

Il D.Lgs. 65/2018 ha previsto l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio di un unico Computer Security Incident Response Team, il CSIRT italiano, destinato a svolgere i compiti e le funzioni di due organismi preesistenti, il CERT-PA e il CERT-nazionale (art. 8, comma 1).

 

Il CSIRT italiano ha compiti di natura tecnica finalizzati a supportare la p.a., i cittadini e le imprese attraverso azioni di sensibilizzazione, prevenzione e coordinamento della risposta ad eventi cibernetici su vasta scala, anche in cooperazione con gli altri CERT europei. In particolare, secondo quanto disposto dal decreto di recepimento, ha i seguenti compiti:

§  definire le procedure per la prevenzione e la gestione degli incidenti informatici;

§  ricevere le notifiche di incidente, informandone il DIS, quale punto di contatto unico e per le attività di prevenzione e preparazione a eventuali situazioni di crisi e di attivazione delle procedure di allertamento affidate al Nucleo sicurezza cibernetica (NSC);

§  fornire al soggetto che ha effettuato la notifica le informazioni che possono facilitare la gestione efficace dell’evento;

§  informare gli altri Stati membri dell’UE eventualmente coinvolti dall’incidente, tutelando la sicurezza e gli interessi commerciali dell’operatore di servizi essenziali o del fornitore di servizi digitali nonché la riservatezza delle informazioni fornite;

§  garantire la collaborazione nella rete di CSIRT, attraverso l’individuazione di forme di cooperazione operativa, lo scambio di informazioni e la condivisione di best practices.

 

Il comma 2 dell’articolo 8 del D.Lgs. 65/2018, prevede che la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento del CSIRT italiano sia demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio che è stato adottato l’8 agosto 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 novembre 2019.

Il DPCM ha previsto la costituzione del CSIRT presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, organismo di coordinamento dei servizi di informazione operante nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’articolo 5 del suddetto DPCM prevede che per lo svolgimento delle funzioni del CSIRT italiano, il DIS si avvalga di un contingente di personale, nei limiti quantitativi previsti dall'articolo 8, comma 2, del già richiamato decreto legislativo 65/2018 (decreto NIS) e che l'ordinamento e il reclutamento di tale personale sono disciplinati dalla legge sul sistema di informazioni per la sicurezza (L. 124/2007).

 

L’articolo 21 della legge 3 agosto 2007, n. 124, prevede che con apposito regolamento sia determinato il contingente speciale del personale addetto al DIS e ai servizi di informazione per la sicurezza, l'ordinamento e il reclutamento del personale e il relativo trattamento economico e previdenziale. Il regolamento determina, tra l’altro, l'istituzione di un ruolo unico del personale dei servizi di informazione per la sicurezza e del DIS, prevedendo le distinzioni per le funzioni amministrative, operative e tecniche; la definizione di adeguate modalità concorsuali e selettive, aperte anche a cittadini esterni alla pubblica amministrazione, per la scelta del personale; il divieto di assunzione diretta, salvo casi di alta e particolare specializzazione debitamente documentata, per attività assolutamente necessarie all'operatività del DIS e dei servizi di informazione per la sicurezza. Il regolamento è stato adottato con D.P.C.M. 23 marzo 2011, n. 1.

 

L’articolo 8, comma 2, secondo e terzo periodo, del decreto NIS, cui fa rinvio il DPCM per quanto riguarda i limiti quantitativi del contingente di personale da impiegare nel DIS, prevede che la Presidenza del Consiglio si avvalga, per lo svolgimento dei compiti affidati al CSIRT, al massimo di 30 unità di personale, di cui quindici scelti tra dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, e quindici da assumere, nel limite della dotazione organica vigente, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali della Presidenza del Consiglio, nel limite di spesa annuo di 1,3 milioni di euro a decorrere dal 2018. Alle spese del personale si devono aggiungere quelle di funzionamento, valutate in 2,7 milioni di euro per il 2018, e di 700 mila euro a decorrere dal 2019 (articolo 8, comma 10 D.Lgs. NIS).

 

La disposizione in esame, al comma 1, interviene sulle norme da ultimo citate. In particolare, vengono abrogati il secondo e terzo periodo dell’art. 8, comma 2, che prevedono le modalità di assunzione in linea con l’ordinamento della Presidenza del Consiglio. Modalità di assunzione che ora sono demandate all’ordinamento del comparto informativo, come previsto dal DPCM 8 agosto 2019. Viene altresì eliminato il riferimento al limite quantitativo massimo del contingente del personale del CSIRT (30 unità).

Inoltre, viene eliminata la previsione di spesa per il personale, pari a 1,3 milioni di euro, e incrementata, di pari importo, quella per il funzionamento (2 milioni di euro dal 2020).

 

Il comma 2 dispone in ordine al trasferimento al DIS delle risorse relative al CSIRT per gli anni 2018 e 2019 (pari a 6 milioni) già trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio.

 

Nello sviluppo dell’architettura nazionale della cyber sicurezza il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ha acquisito un ruolo strategico, prima con il DPCM 24 gennaio 2013 e, successivamente, con il DPCM 17 febbraio 2017 e il D.Lgs. 65/2018.

Il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è l’insieme degli organi e delle autorità che nel nostro Paese hanno il compito di assicurare le attività informative allo scopo di salvaguardare la Repubblica dai pericoli e dalle minacce provenienti sia dall’interno, sia dall’esterno.

Disciplinato principalmente dalla L. 124/2007, il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), dall'Autorità eventualmente delegata dal Presidente del Consiglio, dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), e dai servizi di informazione: Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI).

Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), composto da cinque deputati e cinque senatori, è l’organo di controllo parlamentare della legittimità e della correttezza costituzionale dell’attività degli organismi informativi (L. 124/2007, artt. 30-38).

Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige ed ha la responsabilità generale della politica dell’informazione e della sicurezza (L. 124/2007, art. 1).  Egli provvede alla tutela della sicurezza nazionale anche nello spazio cibernetico (DPCM 17 febbraio 2017).

In particolare, in questo settore:

§  provvede, nelle situazioni di crisi che coinvolgono aspetti di sicurezza nazionale, a convocare il CISR;

§  adotta e aggiorna, su proposta del CISR, il quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico;

§  adotta, su deliberazione del CISR, il Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica contenente gli obiettivi da conseguire e le linee di azione da porre in essere per realizzare il quadro strategico nazionale;

§  emana le direttive per l'attuazione del Piano nazionale;

§  impartisce, sentito il CISR, le direttive al DIS e alle Agenzie per rafforzare le attività di informazione per la protezione delle infrastrutture critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla protezione cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali.

Inoltre, il DIS adotta, sentito il CISR, la strategia nazionale di sicurezza cibernetica per la tutela della sicurezza delle reti e dei sistemi di interesse nazionale e le linee di indirizzo per l’attuazione della strategia di sicurezza cibernetica (D.Lgs. 65/2018, art. 6).

Ulteriori poteri in ambito di sicurezza cibernetica sono assegnati al Presidente del Consiglio dal decreto legge n. 105 del 2019, recante Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica. Nello specifico il Presidente del Consiglio - su deliberazione del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) - può disporre la disattivazione, totale o parziale, di uno o più apparati o prodotti impiegati nelle reti, nei sistemi o per l'espletamento dei servizi posti nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica nel caso in cui si verifichi un rischio grave e imminente per la sicurezza nazionale connesso alla vulnerabilità di reti, sistemi e servizi del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, e comunque nei casi di crisi cibernetica.

Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) presso la Presidenza del Consiglio ha come compito principale quello di coordinare il complesso delle attività informative e di assicurare l’unitarietà dell’azione dei servizi di informazione per la sicurezza verificando altresì i risultati delle attività svolte da:

-        l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) operante all’estero (L. 124/2007, art. 6);

-        l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI) che agisce sul territorio nazionale (art. 7).

 

La funzione di coordinamento del DIS comprende l’attività di verifica dei risultati e di elaborazione di analisi globali da sottoporre al CISR, e di progetti di ricerca informativa sui quali decide il Presidente del Consiglio, sentito il CISR (L. 124/2007, art. 4).

Il DIS svolge tali funzioni anche riguardo la sicurezza cibernetica. Infatti, il DPCM del 2017, confermando il precedente DPCM del 2013, specifica che l’attività di coordinamento delle attività di ricerca informativa è finalizzata anche a rafforzare la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali (DPCM 17 febbraio 2017, art. 7, comma 2). Così come le attività di formulazione di analisi, valutazioni e previsioni e di trasmissione di informazioni alle p.a. e a tutti i soggetti interessati, di competenza del DIS, sono svolte anche riguardo alla minaccia cibernetica (DPCM 17 febbraio 2017, art. 7, comma 3).

Come anticipato in precedenza, il DPCM del 2017 rafforza il ruolo del DIS: nello specifico è il direttore generale del DIS ad adottare le iniziative idonee a definire le linee di azione necessarie per innalzare e migliorare i livelli di sicurezza dei sistemi e delle reti, perseguendo, in particolare, l’individuazione e la disponibilità dei più adeguati e avanzati supporti tecnologici in funzione di prevenzione e contrasto, da parte sia delle p.a., sia dei privati, in caso di crisi cibernetica. Per la realizzazione di tali iniziative, è previsto il coinvolgimento del mondo accademico e della ricerca, con la possibilità di avvalersi di risorse di eccellenza, così come una diffusa collaborazione con le imprese di settore Infatti, il direttore del DIS è chiamato a predisporre gli opportuni moduli organizzativi, di coordinamento e di raccordo, prevedendo il ricorso anche a professionalità delle pubbliche amministrazioni, degli enti di ricerca pubblici e privati, delle università e di operatori economici privati (DPCM 17 febbraio 2017, art. 6).

Il ruolo centrale del DIS nella sicurezza cibernetica è confermato dal decreto legislativo di recepimento della direttiva NIS che lo ha designato Punto di contatto unico NIS in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. In tale veste, il DIS svolge una funzione di collegamento per garantire la cooperazione tra le autorità competenti NIS nazionali (ministeri dello sviluppo economico, infrastrutture e trasporti, economia e finanze, salute e ambiente) e le autorità competenti NIS degli altri Stati dell’Unione europea, il Gruppo di cooperazione europeo e la rete dei gruppi di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente - CSIRT (D.Lgs. 65/2018, art. 7).

Presso il DIS è incardinato il Nucleo per la sicurezza cibernetica (NSC), struttura di supporto del Presidente e del CISR, nella materia della sicurezza dello spazio cibernetico, relativamente alla prevenzione e preparazione ad eventuali situazioni di crisi e per l'attivazione delle procedure di allertamento (DPCM 17 febbraio 2017).

Il NSC è presieduto da un Vice Direttore generale del DIS, designato dal Direttore generale, ed è composto dal Consigliere militare del Presidente del Consiglio e da un rappresentante rispettivamente del DIS, dell'AISE, dell'AISI, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno, del Ministero della difesa, del Ministero della giustizia, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Dipartimento della protezione civile e dell'Agenzia per l'Italia digitale.

Per gli aspetti relativi alla trattazione di informazioni classificate il Nucleo è integrato da un rappresentante dell'Ufficio centrale per la segretezza (UCSe) operante presso il DIS.

Inoltre, in caso di incidente, il DIS riceve dal CSIRT le segnalazioni sugli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici e, a sua volta, le trasmette al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, quale organo responsabile della sicurezza e regolarità dei servizi di telecomunicazione, nonché alla Presidenza del Consiglio, se provenienti da un soggetto pubblico o, ovvero al Ministero dello sviluppo economico, se effettuate da un soggetto privato (art. 1, comma 2, lett. a), D.L. 105/2019).


 

Articolo 26-bis
(Modifiche all’intervento in garanzia di SACE
per l’internazionalizzazione)

 

 

L’articolo 26-bis dispone un ampliamento dell’intervento in garanzia di SACE per l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

A tal fine, l’articolo integra quanto previsto in materia dall’articolo 2, comma 1 del D.lgs. n. 143/1998, prevedendo che garanzie e le coperture assicurative possono inoltre essere concesse da SACE anche in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane.

 

SACE, già Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero, trasformato in S.p.A. ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 269/2003, è ora controllata da CDP S.p.A. che ne detiene il 100% delle partecipazioni, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 23-bis del D.L. n. 95/2012. Ha compiti che consistono nell'assicurazione, la riassicurazione, la coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nella loro attività con l'estero o di internazionalizzazione dell'economia italiana , ai sensi di quanto previsto dagli articoli 2, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 143/1998, e ss. mod e int, in particolare, D.L. n. 35/2005 e 1, commi 1335 e ss., della Legge n. 296/2006.

Nel dettaglio, ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del D.Lgs. n. 148/1998, SACE è autorizzata a rilasciare garanzie, nonché ad assumere in assicurazione i rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le loro controllate e collegate estere nella loro attività con l'estero e di internazionalizzazione dell'economia italiana.

La società è altresì autorizzata a rilasciare, a condizioni di mercato, garanzie e coperture assicurative per imprese estere relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l'economia italiana sotto i profili dell'internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell'attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia.

Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali, nonché a banche estere od operatori finanziari italiani od esteri quando rispettino adeguati princìpi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione ed operatività, per crediti concessi sotto ogni forma e destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché quelle connesse o strumentali.

Articolo 27
(
Sicurezza nazionale cibernetica)

 

 

L’articolo 27, come modificato nel corso dell’esame in sede referente, reca alcune modifiche all’articolo 1 del decreto-legge n. 105 del 2019, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2019, in materia di sicurezza nazionale cibernetica, con particolare riguardo alle procedure e alle modalità per la definizione dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica.

In particolare, la determinazione puntuale dei soggetti inclusi nel perimetro è affidata ad un atto amministrativo del Presidente del Consiglio dei ministri – previsto dal nuovo comma 2-bis - anziché ad un DPCM, come originariamente previsto dal decreto-legge n. 105, al quale spetta invece la determinazione delle modalità e dei criteri procedurali per la relativa individuazione. Come specificato nel corso dell’esame parlamentare, tale atto amministrativo, così come i relativi aggiornamenti, devono essere trasmessi - entro dieci giorni dalla loro emanazione - al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir).

È altresì richiesta la trasmissione al Copasir degli schemi di decreto che determinano le modalità e i criteri procedurali di individuazione dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza cibernetica e le procedure di notifica degli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici, previsti dall’articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 105 del 2019.

In base alle modifiche approvate in sede referente, si prevede inoltre che nei casi in cui i DPCM sono adottati previo parere del Consiglio di Stato i termini ordinatori sono “sospesi” di 45 giorni. Infine, sono altresì oggetto di integrazione e specificazioni alcune previsioni del decreto-legge n. 105 del 2019, relativamente in particolare allo svolgimento delle attività di ispezione e verifica nel rispetto della normativa in materia di tutela della riservatezza per quanto riguarda l’accesso a dati o metadati personali e amministrativi e l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria anche alla fattispecie di mancata trasmissione ai competenti organi dell’elenco delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici.

 

Nella relazione illustrativa si evidenzia in particolare come l’elenco dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, considerato nella sua interezza, presenti particolari profili di sensibilità sotto il profilo della sicurezza. Ciò in quanto, dalla sua conoscenza, è possibile ricostruire il quadro complessivo delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati dalle cui reti, sistemi informativi e servizi informatici dipende l’esercizio di funzioni essenziali dello Stato ovvero la prestazione di servizi essenziali per il mantenimento di attività civili, sociali o economiche fondamentali per gli interessi dello Stato, e dal cui malfunzionamento, interruzione, anche parziali, ovvero utilizzo improprio possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale.

 

L’articolo 27 modifica, in particolare, l’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 105 del 2019 introducendo contestualmente un nuovo comma 2-bis.

A seguito delle modifiche viene affidata - secondo le procedure previste dal decreto-legge n. 105 del 2019 e, quindi, su proposta del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari – ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (di cui all’art. 1, comma 2), la definizione delle modalità e dei criteri procedurali di individuazione dei soggetti da includere nel perimetro.

A sua volta, la puntuale elencazione dei soggetti inclusi nel perimetro ed individuati ai sensi dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è rimessa ad un “atto amministrativo”, da adottare da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del CISR, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (nuovo comma 2-bis).

Tale atto amministrativo deve essere trasmesso, come previsto nel corso dell’esame in sede referente, entro dieci giorni dalla sua emanazione al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Analogamente a quest'ultimo sono trasmessi altresì i relativi aggiornamenti, entro dieci giorni dalla loro adozione.

Per tale atto amministrativo è espressamente escluso il diritto di accesso e viene specificato come lo stesso non sia soggetto a pubblicazione. Dell’avvenuta iscrizione nell’elenco viene data, separatamente e senza ritardo, comunicazione a ciascun soggetto.

 

A tale proposito, si ricorda altresì che secondo la disciplina generale dettata dall’articolo 24 della legge 241 del 1990 (Norme sul procedimento legislativo e sul diritto di accesso ai documenti amministrativi) il diritto di accesso è escluso direttamente:

§  per i documenti coperti da segreto di Stato e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo ivi previsto e dalle pubbliche amministrazioni;

§  nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;

§  nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;

§  nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.

Inoltre il Governo può prevedere con regolamento ulteriori casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi, tra i quali vi rientrano anche le ipotesi in cui dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale.

 

L’art. 1 del decreto-legge n. 105 del 2019 demandava invece - al comma 2 - l'individuazione dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica ad un DPCM, adottato su proposta del CISR e previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (quindi entro il 21 marzo 2020).

 

Si ricorda che il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105 in materia di sicurezza cibernetica è stato esaminato dalla Camera dei deputati in prima lettura (C. 2100) e trasmesso al Senato della Repubblica, con modificazioni, il 24 ottobre 2019 (S. 1570).

Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate ulteriori modificazioni rispetto al testo approvato dalla Camera (C. 2100-B, trasmesso l’8 novembre 2019). In particolare, sono state oggetto di modifica le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 6, 7, 9 e 19 e di cui all’articolo 6, comma 1 del decreto-legge.

 

Rispetto alle previsioni recate dall’art. 1 del decreto-legge n. 105 del 2019 dunque la determinazione dei soggetti inclusi nel perimetro è affidata ad un atto amministrativo del Presidente del Consiglio dei ministri – previsto dal nuovo comma 2-bis - anziché ad un DPCM, come originariamente previsto dal decreto-legge n. 105, al quale spetta invece la determinazione dei criteri e delle modalità per la relativa individuazione. Il DPCM è adottato previo parere delle Commissioni parlamentari, secondo quanto stabilito dal vigente art. 1, comma 4-bis, del decreto-legge n. 105 del 2019.

 

Sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente, è prevista altresì la trasmissione al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) di tale DPCM (di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto-legge n. 105 del 2019), così come dello schema di decreto che determina le procedure di notifica degli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 105 del 2019.

In base al medesimo decreto-legge n. 105 del 2019 i soggetti inclusi nel perimetro (amministrazioni pubbliche, enti ed operatori pubblici e privati) sono tenuti ad una serie di obblighi di legge tra cui la predisposizione e l’aggiornamento di un elenco delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici e la relativa trasmissione ai competenti organi. Quale conseguenza delle modifiche disposte dall’articolo in esame il termine per la predisposizione degli elenchi da parte dei soggetti inclusi nel perimetro decorre non più dall’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ma dalla comunicazione a ciascun soggetto della inclusione nel perimetro.

 

Inoltre, in base all'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 105 del 2019, spetta ad un regolamento da adottare entro 10 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (novembre 2019), la definizione delle procedure, delle modalità e dei termini ai quali devono attenersi le amministrazioni pubbliche, gli enti e gli operatori nazionali, pubblici e privati, inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che intendano procedere all'affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT, destinati a essere impiegati sulle reti, sui sistemi informativi e per l'espletamento dei servizi informatici individuati in specifici elenchi.

Sulla base di quanto definito dal medesimo regolamento, inoltre, in base all’art. 1, comma 6, lettera c), del medesimo del decreto-legge n. 105, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico, svolgono attività di ispezione e verifica.

 

Sulla base delle modifiche previste dal decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell’esame in sede referente, è specificato che nello svolgimento di tali attività di ispezione e verifica l’accesso, se necessario, a dati o metadati personali e amministrativi avviene nel rispetto di quanto previsto in materia di tutela della riservatezza dal regolamento (UE)2016/679 e dal decreto legislativo n. 196 del 2003, come successivamente modificato.

Attualmente, il decreto-legge n. 105 prevede che tali attività di ispezione e verifica siano svolte “senza che ciò comporti accesso a dati o metadati personali e amministrativi”.

 

Altra modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente riguarda la previsione della fattispecie di mancata trasmissione ai competenti organi dell’elenco delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera b) del decreto-legge n. 105 del 2019, tra quelle che danno luogo alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250.000 a euro 1.500.000. Tale fattispecie va in tal modo ad aggiungersi a quelle previste attualmente dal decreto-legge n. 105 e riferite al mancato adempimento degli obblighi di predisposizione e di aggiornamento dell’elenco.

 

Infine, secondo quanto previsto nel corso dell’esame in sede referente, nei casi in cui per l’adozione dei DPCM previsti dall’articolo 1 del decreto-legge n. 105 del 2019 è acquisito il parere del Consiglio di Stato, i termini ordinatori previsti sono “sospesi” di 45 giorni.

Considerato che la previsione della “sospensione” dei termini fa specifico riferimento all’adozione di DPCM sembrerebbe riguardare i provvedimenti di cui all’articolo 1, commi 2 e 3.

 

I DPCM previsti dall’articolo 1 del decreto-legge n. 105 del 2019 sono in particolare quelli previsti da:

§  l’articolo 1, comma 2, che demanda la definizione delle modalità e dei criteri procedurali di individuazione dei soggetti inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), previo parere delle Commissioni parlamentari che si pronunciano entro 30 giorni (e del Copasir in base ad una modifica testè disposta) entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 105 (novembre 2019);

§  l’articolo 1, comma 3, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la determinazione di un duplice profilo: le procedure di notifica degli incidenti prodottisi su reti, sistemi informativi e sistemi informatici inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica; le misure di sicurezza. Il decreto è adottato su proposta del CISR, previo parere delle Commissioni parlamentari che si pronunciano entro 30 giorni (e del Copasir in base ad una modifica testè disposta).

 

Si ricorda inoltre che in base all'articolo 1, comma 6, è rimesso ad un regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, entro 10 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (novembre 2019), la definizione delle procedure, delle modalità e dei termini ai quali devono attenersi le amministrazioni pubbliche, gli enti e gli operatori nazionali, pubblici e privati, inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che intendano procedere all'affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT, destinati a essere impiegati sulle reti, sui sistemi informativi e per l'espletamento dei servizi informatici individuati nell’elenco trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dello sviluppo economico.

 

La disposizione introdotta in sede referente dispone dunque una “sospensione” dei “termini ordinatori” previsti per i DPCM (di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 105 del 2019) per la durata di 45 giorni.

 

Sugli schemi di atti normativi il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o può essere richiesto dall'amministrazione.

 

In base all’art. 17, comma 4, della legge n. 400 del 1988 i regolamenti da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri (di cui all’art. 17, comma 1) ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

 

In via generale, e fatti atti salvi i termini più brevi previsti per legge, il parere del Consiglio di Stato è reso nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta; decorso il termine, l'amministrazione può procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere (art. 17, comma 27, della legge n. 127 del 1997).

Inoltre, in base alla disciplina vigente, qualora, per esigenze istruttorie, non possa essere rispettato tale termine, questo può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.

 

Con la previsione introdotta nel corso dell’esame in sede referente si introduce quindi una norma speciale rispetto alla disciplina generale che include i termini richiesti dalla legge per l’acquisizione dei pareri (quali quelli del Consiglio di Stato, delle Conferenze, delle competenti Commissioni parlamentari) nel termine finale di adozione del provvedimento. Si interviene inoltre sulla previsione di termini che, come specificato dalla norma stessa, hanno natura ordinatoria.

 

L’articolo 27 del decreto-legge prevede, infine, modifiche di carattere formale ai restanti commi dell’art. 1 del decreto-legge n. 105 del 2019, conseguenti all’introduzione del nuovo comma 2-bis e alle ulteriori previsioni dell’articolo in esame.


 

Articolo 27-bis
(Disposizioni in materia di organizzazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo)

 

 

L’articolo 27-bis introduce alcune modifiche in materia di personale operante nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo, prevedendo tra l’altro l’incremento del contingente da inviare presso le sedi estere dell’Agenzia, italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), ed elevando il numero di unità da assumere localmente. Ulteriori disposizioni sono previste in materia di assunzione, con contratto a tempo determinato o tramite procedure di selezione, di personale operante nel settore. È altresì introdotta la facoltà di anticipare contributi al finanziamento d’iniziative di cooperazione per gli enti territoriali e soggetti operanti nel quadro d’intese interistituzionali. È infine incrementato, a decorrere dall’esercizio corrente, lo stanziamento a disposizione dell’AICS.

 

Il comma 1 modifica alcune disposizioni della legge 11 agosto 2014, n. 125[51], che disciplina il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo.

In particolare la lett. a), al punto 1) inserisce il comma 5-bis all’art. 19, riguardante il personale dell’AICS, prevedendo che presso le sedi estere dell’Agenzia possano essere inviati, secondo i criteri individuati dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, fino a sessanta dipendenti inquadrati nell’organico dell’Agenzia o esperti già in servizio presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo alla data di entrata in vigore della legge. Questo contingente può essere incrementato fino a novanta unità, nei limiti delle risorse finanziarie effettivamente disponibili.

La medesima lettera, al punto 2, eleva da 100 a 150 unità il contingente numerico complessivo di personale locale assunto nei Paesi nei quali l’Agenzia opera, disciplinato dall’art. 19, comma 6, primo periodo, della legge.

La lett. b) integra le previsioni di cui all’art. 20, riguardante la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del MAECI, disponendo mediante un comma aggiuntivo – il 2-bis – che presso tale Direzione possano essere collocati fuori ruolo, nell’ambito dei rispettivi contingenti numerici e secondo le modalità e le limitazioni previste dagli ordinamenti di appartenenza, magistrati ordinari o amministrativi o avvocati dello Stato, entro il limite massimo complessivo di tre unità.

La lett. c) integra a sua volta le disposizioni di cui all’art. 24, comma 2, precisando che, nel caso di collaborazioni interistituzionali finalizzate alla realizzazione d’iniziative di cooperazioni allo sviluppo, le relative convenzioni determinanti le modalità di esecuzione e di finanziamento delle spese sostenute possano disporre la corresponsione di anticipazioni.

La lett. d) dispone che possano essere erogati in forma anticipata i contributi al finanziamento d’iniziative di cooperazione allo sviluppo promosse attraverso forme di partenariato e di collaborazione tra il MAECI, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e gli enti locali. Viene in tal senso integrato il disposto di cui all’art. 25, comma 1 della legge.

Il comma 2 dell’articolo in commenta novella l’art. 23, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81[52], riguardante il limite percentuale dei contratti a tempo determinato, disponendo la disapplicazione di tale limite anche ai contratti stipulati per la realizzazione ed il monitoraggio d’iniziative di cooperazione allo sviluppo di cui alla legge n. 125/2014. Viene conseguentemente modificato il secondo periodo del medesimo comma nel senso di prevedere che anche i contratti di lavoro a tempo determinato – al pari di quelli riguardanti attività di ricerca scientifica - che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di cooperazione allo sviluppo di cui alla legge n. 125/2014 possano avere durata pari a quella del progetto al quale si riferiscono.

Il comma 3 novella l’art. 1, comma 336 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) portando da 20 a 29 le unità di personale appartenenti all’Area funzionale III, posizione economica F1, che l’AICS è autorizzata ad assumere mediante procedura concorsuale riservata, ai sensi dell’art. 20, commi 2 e 3, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

Il comma 4, in correlazione con quanto disposto dal comma 1, lett. a), abroga l’art. 9, comma 2 del regolamento recante “Statuto dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo” (decreto del Ministro degli affari esteri 22 luglio 2015, n. 113).

L’articolo 9, comma 2 del DM n. 113/2015 prevede che nelle sedi all'estero possono essere inviati, secondo criteri determinati dal Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo, fino a venti dipendenti inquadrati nell’organico dell’Agenzia o esperti già in servizio presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo alla data di entrata in vigore della legge. Il contingente può essere incrementato fino a cinquanta nel limite delle risorse finanziarie effettivamente disponibili nell'ambito delle risorse assegnate.

 

Il comma 5 dispone l’incremento della somma da assegnare all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per le spese di funzionamento nella misura di 4,2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

Nella legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019) le risorse destinate alle spese di funzionamento dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, appostate sul capitolo 2171 dello stato di previsione del MAECI, ammontano a 3,38 milioni di euro, somma equivalente allo stanziamento per il 2019.

 

Il comma 6 contiene la clausola di copertura degli oneri. In particolare, agli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 1, lett. a) e b), 3, 4 e 5 dell’articolo in commento, pari a euro 11.207.686 per il 2020, ad euro 11.656.208 per il 2021, euro 11.678.619 per il 2022, euro 11.701.479 per il 2023, euro 11.724.796 per il 2024, euro 11.748.579 per il 2025, euro 11.772.838 per il 2026, euro 11.797.582 per il 2027, euro 11.822.820 per il 2028, euro 11.848.564 a decorrere dal 2029 si provvede mediante corrispondente riduzione del finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del MAECI (di cui all’articolo 18, comma 2, lett. c) della legge 125/2014).

Gli stanziamenti per il 2020 destinati all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo dalla legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) sono appostati in quattro capitoli dello stato di previsione del MAECI:

§  cap. 2021, spese per il personale: 25,70 milioni;

§  cap. 2171, spese di funzionamento: 3,38 milioni;

§  cap. 2185, attuazione iniziative di cooperazione internazionale: 484,55 milioni;

§  cap. 7171, ristrutturazione sede dell’Agenzia; 2,5 milioni

TOTALE: 516,13 milioni

 

La norma in commento prevede, infine, che all’attuazione delle disposizioni dei commi 1 lett. c) e d), e 2 si provveda a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 28, comma 1
(Presidenza italiana del G20)

 

 

L’articolo 28, comma 1 incrementa di 22 milioni di euro l’autorizzazione di spesa, prevista dalla legge di bilancio 2019, riguardante lo svolgimento di attività logistico-organizzative connesse con lo svolgimento della Presidenza italiana del G20.

 

Il comma 1 - modificato nel corso dell’esame in sede referente - incrementa di 22 milioni di euro l’autorizzazione di spesa relativa all’anno 2021, di cui all’articolo 1, comma 586, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), per lo svolgimento di attività di carattere logistico-organizzativo connesse con la Presidenza italiana del G20, diverse dagli interventi infrastrutturali e dall’approntamento del dispositivo di sicurezza.

Tale disposizione aveva autorizzato, per le finalità sopra richiamate, la spesa di 2 milioni di euro per il 2019, di 10 milioni di euro per il 2020, di 26 milioni di euro per il 2021 e di 1 milione di euro per il 2022. La disposizione pertanto autorizza per l’anno 2021 una spesa di 48 milioni di euro.

Si ricorda che l’Italia eserciterà la presidenza di turno del G20 dal 1° dicembre 2020 al 30 novembre 2021, nel cui ambito dovrà organizzare oltre 100 incontri a livello politico o tecnico, di cui occorre avviare immediatamente la preparazione.

Al termine del Vertice del G20, svoltosi a Buenos Aires nel dicembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha comunicato che – su richiesta del Presidente indiano Modi – l’Italia anticiperà al 2021 l’anno di presidenza di turno del G20, per consentire all’India di esercitare il proprio turno nel 2022, anno in cui ricorre il 75° anniversario dell’indipendenza del paese. A seguito di tale decisione, il 1° dicembre 2019 l’Italia è entrata ufficialmente a far parte della Troika G20, congiuntamente al Giappone ed all’Arabia saudita.

 

All’onere derivante da tale incremento si provvede, quanto a 10 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, istituito nello stato di previsione del MEF, dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Per i restanti 12 milioni di euro si prevede una corrispondente riduzione della proiezione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2020-2022, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per l’anno in corso, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al MAECI.

Si ricorda che, in occasione dello svolgimento della Presidenza italiana del G7, per la realizzazione degli interventi relativi all’organizzazione e allo svolgimento del Vertice di Taormina del 26 e 27 maggio 2017, l’articolo 1, comma 381, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha autorizzato una spesa di 45 milioni di euro per l’anno 2017.


 

Articolo 28, comma 2
(Expo 2020 Dubai)

 

 

L’articolo 28, comma 2 interviene sull’art. 1, comma 587 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), relativo agli adempimenti connessi alla partecipazione italiana a Expo 2020 Dubai.

 

In particolare, la lett. a) incrementa l’autorizzazione di spesa per il 2020 che viene elevata da 7,5 milioni a 11 milioni di euro, mentre la lett. b) aumenta il limite massimo del contingente di personale reclutato con forme contrattuali flessibili, che passa da dieci a diciassette unità.

Con riferimento a quest’ultima disposizione, la relazione tecnica evidenzia che gli oneri aggiuntivi derivanti dall’aumento di 7 unità di personale, quantificati in 480 mila euro, saranno compensati dalla corrispondente riduzione di altre voci di spesa a carico dello stanziamento già assegnato al Commissario.

Ai fini della partecipazione italiana ad Expo Dubai 2020 (che si svolgerà dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021), il Governo ha provveduto alla nomina di un Commissario generale di sezione, individuato nella persona di Paolo Glisenti (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 novembre 2017). Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2018, è stato istituito il Commissariato generale di sezione, composto, oltre che dal Commissario generale, da un Commissario generale di sezione aggiunto e da un dirigente del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con funzioni di direttore amministrativo. Tale DPCM ha fiissato altresì i compensi dei suoi componenti e la relativa disciplina amministrativo-contabile, precisando (art. 4) che avrebbe trovato applicazione limitatamente all’esercizio finanziario 2018.

L’art. 1, comma 587 della legge di bilancio 2019, oggetto della novella in commento, autorizza, ad integrazione degli stanziamenti già previsti dalla legge di bilancio per il 2018, la spesa di 11 milioni di euro per il 2019, 7,5 milioni di euro per il 2020 e 2,5 milioni di euro per il 2021 in relazione agli adempimenti connessi con la partecipazione italiana a Expo Dubai 2020; con il comma 2, lett. a) dell’articolo 28 in commento l’autorizzazione di spesa per il 2020 viene elevata a 11 milioni di euro.

Il comma ha disposto, altresì, che la composizione e l’organizzazione del Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana all’Expo siano disciplinate con uno o più DPCM, di concerto con i Ministri degli Affari esteri e dell’Economia, prevedendo un massimo di 10 unità di personale reclutato con forme contrattuali flessibili, oltre al Commissario generale di sezione e al personale appartenente alla P.A., con esclusione del personale docente, educativo ed amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche; il comma 2, lett. b) in commento eleva a 17 tali unità di personale.

La lett. c), infine, aggiunge al testo del comma 587 della legge di bilancio 2019 un nuovo periodo, ai sensi del quale ai componenti del Commissariato generale di sezione per la partecipazione italiana ad Expo 2020 Dubai dipendenti di amministrazioni pubbliche,  per i periodi di servizio prestati negli Emirati Arabi Uniti di durata pari o superiore a 60 giorni consecutivi, venga corrisposto, a carico del Commissariato, il trattamento economico stabilito dall’art. 170, quinto comma, del DPR n. 18/1967 (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri) relativo alle indennità di servizio all’estero (c.d. “assegnazioni brevi”).

Al riguardo la relazione tecnica precisa che dalle disposizioni del comma 2, lett. c) non derivano oneri aggiuntivi per il Commissariato, in quanto i maggiori oneri imputabili alle “assegnazioni brevi” rispetto al trattamento di missione – quantificati in 296.411,20 euro - sono compensati in gran parte dalla corrispondente riduzione delle componenti accessorie nette previste durante il servizio metropolitano (pari ad euro 207.806,76) nonché da altre voci di spesa a carico dello stanziamento già assegnato al Commissariato.

 


 

Articolo 28, comma 3
(Rifinanziamento del Piano straordinario per il made in Italy)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 28 incrementa di 6,5 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione finanziaria per il Piano straordinario per il Made in Italy.

 

Nel dettaglio, il comma in esame incrementa di 6,5 milioni di euro per il 2020 la dotazione finanziaria del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).

La relazione illustrativa precisa come tale incremento della dotazione sia disposto anche in considerazione della necessità di attuare specifiche misure di accompagnamento all’internazionalizzazione delle imprese italiane, volte a cogliere le opportunità di business derivanti dalla presidenza italiana di turno del G20 (dal 1° dicembre 2020 al 30 novembre 2021) e dall’Expo 2020 Dubai.

Si ricorda che legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 297, della legge n. 160 del 2019), ha autorizzato la spesa di 44,895 milioni di euro per il 2020 e di 40,290 milioni di euro per il 2021 per il potenziamento del Piano in questione (v. infra).

 

L’articolo 30 del D.L. n. 133/2014 ha previsto l’istituzione del Piano di promozione straordinaria del Made in Italy e per l'attrazione degli investimenti in Italia, finalizzato ad ampliare il numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale, espandere le quote italiane del commercio internazionale, valorizzare l'immagine del Made in Italy nel mondo, sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.

A tal fine, la norma istitutiva ha indicato le finalità da perseguire attraverso il Piano in questione (art. 30, co. 2, lett. da a) ad l)) e ne aveva demandato l'effettiva adozione al Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, d'intesa con il Ministro degli affari esteri, nonché con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni riguardanti il settore agroalimentare (cfr. D.M. 20 febbraio 2015).

All’ICE (art. 30, comma 3) è stata assegnata la competenza sull'attuazione del Piano.

Recentemente, il D.L. n. 104/2019, ha disposto il trasferimento al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) delle funzioni esercitate dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) in materia di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l'estero e di sviluppo dell'internazionalizzazione del sistema Paese. Le risorse umane, strumentali, compresa la sede, e finanziarie della Direzione generale per il commercio internazionale del MISE sono state trasferite al MAECI a decorrere dal 1° gennaio 2020, ivi comprese le competenze gestionali sul Piano. Nel dettaglio l’articolo 2, comma 9, del D.L. 104/2019 interviene sulla disciplina del Piano, prevedendo:

·         che le modifiche allo stesso siano ora adottate con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con riferimento alle azioni di competenza, rivolte alle imprese agricole e agroalimentari, nonché alle iniziative da adottare per la realizzazione delle suddette azioni;

·         che sia il MAECI (e non più il MISE) il soggetto competente a stipulare la convenzione con l'ICE per la definizione delle iniziative promozionali e delle risorse finanziarie necessarie per perseguirle;

·         che sia il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (e non più il Ministro dello sviluppo economico) a presentare al Parlamento, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle politiche agricole alimentari, una relazione sullo stato di attuazione del Piano e sui risultati raggiunti.

Per quanto concerne le risorse finanziarie stanziate per il Piano, queste sono state inizialmente autorizzate per il triennio 2015-2017, dalla legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014), nella misura di 130 milioni per il 2015, 50 milioni per il 2016 e 40 milioni per il 2017. Il D.M. 7 aprile 2015 ha provveduto al riparto delle risorse per l’anno 2015 tra le diverse finalità del Fondo, indicate, come accennato, dalle lett. da a) ad l) del comma 2 dell’art. 30 del D.L. n. 133/2014)

La legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015, art. 1, comma 370) ha poi previsto uno stanziamento di 51 milioni di euro per l’anno 2016, per il potenziamento delle azioni dell’ICE Agenzia relative al Piano.

Il D.M. 25 luglio 2016 ha provveduto al riparto delle risorse autorizzate per l’anno 2016 tra le finalità del fondo di cui alle lett. a), b), c), d), f), g), h), i) e l) del comma 2 dell’art. 30 del D.L. n. 133/2014).

Il Piano, nel suo complesso, è stato ulteriormente rifinanziato per complessivi 110 milioni di euro per l'anno 2017 dalla legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016)[53].

Il D.M. 13 aprile 2017 ha provveduto al riparto delle risorse autorizzate per l’anno 2016 tra le finalità del fondo di cui alle lett. a), b), c), d), f), g), h), i) e l) del comma 2 dell’art. 30 del D.L. n. 133/2014.

La legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017), ha esteso l'operatività del Piano per il Made in Italy anche al successivo triennio 2018-2020, rifinanziandolo di 130 milioni per il 2018 e di 50 milioni per ciascun anno del biennio 2019-2020.

Il D.M. 19 febbraio 2018 ha provveduto al riparto delle risorse autorizzate per l’anno 2016 tra le finalità del fondo di cui alle lett. a), b), c), d), f), g), h), i) e l) del comma 2 dell’art. 30 del D.L. n. 133/2014.

La legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018, articolo 1, comma 201) ha rifinanziato i Piano 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020.

Il D.M. 14 marzo 2019 ha provveduto al riparto delle risorse autorizzate per l’anno 2016 tra le finalità del fondo di cui alle lett. a), b), c), d), f), g), h), i) e l) del comma 2 dell’art. 30 del D.L. n. 133/2014.

Da ultimo, la legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 297, della legge n. 160 del 2019), ha autorizzato la spesa di 44,895 milioni di euro per il 2020 e di 40,290 milioni di euro per il 2021 per il potenziamento del Piano, da destinare alle finalità, già individuate dalla normativa per l’attuazione del Piano medesimo, la cui realizzazione era in corso. Lo stanziamento di spesa è stato autorizzato nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI). L’attuazione del Piano è stata confermata in capo all’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

 


 

Articolo 28, commi 3-bis e 3-ter
(Agenda 2030 e Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici)

 

 

Le disposizioni dell’articolo 28, commi 3-bis e 3-ter estendono agli esercizi finanziari 2021 e 2022 l’autorizzazione di spesa a favore del Milan Center for Food Law and Policy per attività finalizzate alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 e all’organizzazione della COP26/2020, disposta dalla legge di bilancio 2018.

 

Il comma 3-bis – introdotto nel corso dell’esame in sede referente – estende agli esercizi finanziari 2021 e 2022 l’autorizzazione di spesa, pari a 500 mila euro per ciascuna annualità, a favore del Milan Center for Food Law and Policy, disposta dall’articolo 1, comma 500, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio per il 2018).

Le risorse sono finalizzate al potenziamento delle attività miranti alla realizzazione degli obiettivi che il nostro Paese si è impegnato a conseguire nel quadro dello sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nonché alla realizzazione di eventi ed iniziative ad essi collegati, a partire dalla candidatura italiana per la 26^ sessione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26/2020), ed in continuità con Expo 2015 e la Carta di Milano.

 

L’articolo 1, comma 500, della legge di bilancio per il 2018 ha autorizzato la spesa di 500.000 euro limitatamente a ciascuna annualità 2018, 2019 e 2020.

 

Il comma 3-ter – anch’esso inserito in sede referente – pone la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni del comma 3-bis precedente a valere sulla corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, dall’articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014).

 

Il Milan Center for Food Law and Policy è un’associazione senza fini di lucro, fondata il 19 giugno 2015 da Regione Lombardia, Comune di Milano e Camera di Commercio di Milano ed Expo 2015 S.p.a. Il Milan Center opera come struttura informativa che: a) raccoglie, cataloga, archivia e rende disponibili al pubblico, in forma sistematica ed aggiornata, sia materiali legislativi, sia atti pubblici o pubblico–privati in tema di diritto al cibo; b) registra e partecipa attivamente al dibattito sulle tematiche collegate con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e con l’Agenda 2030.

Le attività del Centro consistono: in un osservatorio permanente su normativa nazionale, europea, internazionale e multilaterale; nell’analisi delle politiche pubbliche e raccolta di best practices ad ogni livello; nella costruzione di un network di istituzioni, università ed enti di formazione e ricerca, associazioni di stakeholder e aziende, terzo settore e volontariato; nella formazione in collaborazione con il network; nell’organizzazione di convegni internazionali e seminari per aree tematiche e produzione editoriale tradizionale e digitale.

 

Si ricorda che la 26^ sessione della Conferenza delle Parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26/2020) avrà luogo a Glasgow (Regno Unito) dal 9 al 20 novembre 2020. Dal 28 settembre al 2 ottobre prossimi Milano ospiterà i lavori preparatori di COP26 e soprattutto la prima COP Giovani. Come ha dichiarato in una nota l’11 dicembre scorso il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, nel corso di quella iniziativa, alla quale è stata invitata anche l’attivista svedese Greta Thunberg, “ragazzi e ragazze di tutto il mondo si incontreranno per due giorni, con l’intento di stilare una dichiarazione finale che sarà poi portata, nel mese di novembre, alla COP26 di Glasgow e presa in carico dai decisori”.


 

Articolo 28, commi 4 e 5
(Abrogazione del fondo finalizzato alla concessione di contributi a compensazione delle perdite subite da cittadini e società italiane operanti in Venezuela e Libia)

 

 

L’articolo 28, comma 4 abroga l’articolo 1, comma 268, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) che ha istituito un fondo finalizzato alla concessione di contributi a parziale compensazione delle perdite subite dai cittadini italiani e dagli enti e società italiane già operanti in Venezuela e Libia, previa ricognizione delle richieste e ripartizione proporzionale delle risorse disponibili. Il comma 5 destina i risparmi alla copertura degli oneri derivanti dal comma 2 (rifinanziamento Expo 2020 Dubai) e dal comma 3 (rifinanziamento Piano made in Italy).

Ai sensi del comma 268 il fondo, istituito nello stato di previsione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha una dotazione di 1 milione di euro per il 2018, 5 milioni di euro per il 2019 e 10 milioni di euro per il 2020. Possono presentare istanza i soggetti sopra individuati che, all’entrata in vigore della legge 205/2017, abbiano crediti che hanno subito svalutazione o che siano divenuti inesigibili a seguito della situazione politico-economica determinatasi in Venezuela dal 2013 e in Libia dal 2011. Con la liquidazione del contributo lo Stato subentra ex lege e pro quota nella titolarità del credito. L’individuazione dei termini e delle modalità per la presentazione delle istanze al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l’indicazione dei criteri e delle modalità per l’erogazione del contributo, nel rispetto del limite di spesa, sono rimessi ad uno o più decreti del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge 205/2017.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, finora tali disposizioni non hanno trovato attuazione, anche in considerazione del vincolo a rispettare la soglia degli aiuti “de minimis”, dell’obiettiva difficoltà di perimetrare il campo di applicazione oggettivo e soggettivo e dell’eccessiva complessità delle procedure di attribuzione del beneficio, da disciplinare con regolamento non ancora emanato.

L’articolo 28, comma 5, del provvedimento in esame dispone che i risparmi di spesa derivanti dal comma 4 ora esaminato vengano utilizzati a copertura degli oneri derivanti dal comma 2 (rifinanziamento Expo 2020 Dubai) e dal comma 3 (rifinanziamento Piano made in Italy).


 

Articolo 28, comma 6
(Centro europeo per le previsioni meteorologiche
a medio termine
)

 

 

L'articolo 28, comma 6, interviene sulla normativa relativa al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, prevedendo che fino al 31 dicembre 2020 la regione Emilia-Romagna in qualità di stazione appaltante opera con i poteri e le modalità previste in materia di Commissari straordinari dall’articolo 4, commi 2 e 3 del decreto legge n. 32 del 2019 (c.d. sblocca-cantieri).

 

Nel dettaglio, la norma novella l’articolo 3, comma 3, della legge n. 170 del 2017, recante Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine concernente i locali del Centro situati in Italia, con Allegati, fatto a Reading il 22 giugno 2017.

La norma oggetto di novella ha previsto che gli immobili di cui all'articolo 3 dell'Accordo in parola sono messi gratuitamente a disposizione del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

In tale disposizione, con l'articolo in esame viene inserita una nuova disposizione in base alla quale per gli interventi necessari a dare attuazione al comma 3 medesimo, fino al 31 dicembre 2020 la regione Emilia-Romagna agisce in qualità di stazione appaltante operando con i poteri e le modalità previste in materia di Commissari straordinari dall’articolo 4, commi 2 e 3 del decreto legge n. 32 del 2019 (c.d. sblocca-cantieri), come convertito in legge.

Le richiamate disposizioni in materia di Commissari straordinari attribuiscono a questi il potere di assumere ogni determinazione ritenuta necessaria per l’avvio ovvero la prosecuzione di lavori, prevedendo che l'approvazione da parte dei Commissari sia sostitutiva di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla-osta occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici e per quelli di tutela ambientale, prevedendosi dimezzamenti di termini procedimentali e modalità in deroga rispetto alla normativa autorizzatoria e del codice dei contratti pubblici.

 

Si ricorda che l'art. 4 del decreto-legge n. 32/2019 come convertito in legge ha recato norme su Commissari straordinari, interventi sostitutivi e responsabilità erariali. Si è ivi previsto che per gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari, individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto), su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, nomini uno o più Commissari straordinari. La norma in materia di Commissari straordinari ha altresì previsto la possibilità, con uno o più decreti successivi, per il Presidente del Consiglio dei ministri di individuare ulteriori interventi prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari.

 

Più nel dettaglio, in particolare, i commi 2 e 3 richiamati dalla disposizione in esame prevedono rispettivamente quanto segue.

Il comma 2, che per le finalità indicate dal co. 1 della norma, ed allo scopo di poter celermente stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori, i Commissari straordinari, individuabili anche nell'ambito delle società a controllo pubblico, cui spetta l'assunzione di ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche. L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati. L'autorità competente può altresì chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio; in tal caso il termine di cui al precedente periodo è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta e, a partire dall'acquisizione della medesima documentazione, per un periodo massimo di trenta giorni, decorso il quale i chiarimenti o gli elementi integrativi si intendono comunque acquisiti con esito positivo. Ove sorga l'esigenza di procedere ad accertamenti di natura tecnica, l'autorità competente ne dà preventiva comunicazione al Commissario straordinario e il termine di sessanta giorni è sospeso, fino all'acquisizione delle risultanze degli accertamenti e, comunque, per un periodo massimo di trenta giorni, decorsi i quali si procede comunque all'iter autorizzativo. I termini di cui ai periodi precedenti si applicano altresì per le procedure autorizzative per l'impiantistica connessa alla gestione aerobica della frazione organica dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti organici in generale della regione Lazio e di Roma Capitale, fermi restando i principi di cui alla parte prima del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante il c.d. Codice dell'ambiente, e nel rispetto delle disposizioni contenute nella parte seconda del medesimo Codice.

Il comma 3, che per l'esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari possono essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante e operano in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari, con proprio decreto, provvedono alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

 

Si segnala che le richiamate disposizioni dell'art. 4, c. 2 e 3 del decreto-legge n. 32/2019 prevedono l'intesa tra i Commissari straordinari e i Presidenti delle regioni e delle province autonome territorialmente competenti, profilo che sembrerebbe risultare assorbito dalla norma in esame, atteso che qui si individua la 'Regione Emilia-Romagna', quale stazione appaltante, come soggetto avente i poteri e le modalità di azione proprie dei Commissari.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 606 della legge 232/2016 ha autorizzato spese a favore della partecipazione italiana a programmi di ricerca e sviluppo dell'Unione europea, del rafforzamento della ricerca nel settore della meteorologia e climatologia e della realizzazione delle infrastrutture necessarie per il relativo progetto di localizzazione, autorizzando stanziamenti per 15 milioni di euro nel 2017, 20 milioni di euro nel 2018, 15 milioni di euro nel 2019 e 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

 

La legge n. 170 del 2017 ha recato Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine concernente i locali del Centro situati in Italia, con Allegati, fatto a Reading il 22 giugno 2017.

L'articolo 3 ha dettato in particolare le disposizioni finanziarie nell'ambito di tale legge.

In particolare, il comma 3 ha previsto che gli immobili di cui all'articolo 3 dell'Accordo sono messi gratuitamente a disposizione del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Si ricorda altresì che, in base al comma 4 del citato articolo 3, per la manutenzione degli immobili di cui all'articolo 3 dell'Accordo, è autorizzata la corresponsione di un contributo statale alla regione Emilia-Romagna pari a euro 250.000 annui a decorrere dall'anno 2020. Ai relativi oneri si provvede mediante riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per euro 250.000 a decorrere dall'anno 2019.

L'Accordo di sede tra il Governo italiano e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts-ECMWF) fatto a Reading il 22 giugno 2017 risponde ad esigenze di adeguamento tecnologico di ECMWF che implicano la costituzione di un Data Centre destinato ad essere il più grande a livello planetario.

Il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) è un'organizzazione intergovernativa indipendente istituita nel 1975. La Convenzione relativa all'istituzione del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, con allegato e protocollo sui privilegi e le immunità, firmati a Bruxelles l'11 ottobre 1973 è stata ratificata dall'Italia con la legge 13 aprile 1977 n. 216.

L'ECMWF ha sede a Reading (Regno Unito) ed opera sia come centro di ricerca, sia come ente operativo produttore di previsioni meteo globali cedute agli Stati per finalità nazionali sia strategco-militari, sia civili.

Il Centro si avvale del supporto finanziario di 34 Stati dei quali 22 sono Membri (Italia, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Greecia, Islanda, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Serbia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Regno Unito) e 12 sono Stati cooperanti (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, FYROM, Ungheria, Israele, Lettonia, Lituania, Montenegro, Marocco, Romania e Slovacchia). Stati Membri e cooperanti ricevono i dati numerici di previsione in tempo reale per trarne previsioni per i loro utenti finali, e possono accedere alle strutture di calcolo di base del Centro, all'archivio meteorologico ed a forme temporanee di archiviazione; ai soli Stati membri è riservato l'accesso ai supercomputer ed all'archiviazione permanente.

L'organo di governo del ECMWF è il Consiglio, composto dai rappresentanti degli Stati Membri, che si riunisce due volte l'anno ed agisce attraverso il direttore generale (nominato dallo stesso Consiglio); completano il quadro 6 Comitati consultivi tematici. Lo staff è di circa 350 unità provenienti da 30 Paesi.

L'individuazione della sede del nuovo Data Centre è avvenuta a seguito di competizione

internazionale alla quale hanno preso parte, oltre all'Italia, Islanda, Finlandia, Lussemburgo e Gran Bretagna.

Quanto alla proposta italiana, il 20 dicembre 2016 il Consorzio ASTER, sostenuto dal Governo italiano, dal Governo regionale dell'Emilia-Romagna, dal comune di Bologna e dal sistema accademico e dagli enti di ricerca nazionali (l'Agenzia spaziale italiana, l'Istituto nazionale di fisica nucleare, il Consiglio nazionale delle ricerche, il Consorzio interuniversitario per il calcolo – CINECA –, e il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici), ha presentato un progetto per partecipare a tale competizione, individuando le aree da concedere al Centro nel Tecnopolo di Bologna, sito nell'area dell'ex Manifattura tabacchi di Bologna.

Quanto alle risorse finanziarie, i fondi per la partecipazione alla competizione e per la realizzazione dell'infrastruttura in Italia sono stati previsti nella legge di bilancio 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232).

Il Consiglio ECMWF ha approvato anche un'intesa complementare, di natura amministrativa («supplementary agreement»), tra ECMWF, Governo italiano e regione Emilia-Romagna, atta a regolare nel dettaglio i rapporti tra i tre soggetti. L'intesa formalizza altresì il pieno assenso della regione all'utilizzazione di un immobile di proprietà regionale per le finalità previste dall'accordo.

Ai sensi dell'articolo 2 il Governo italiano concede al Centro un contributo annuo di 4 milioni di euro che l'Italia si obbliga a versare all'ECMWF a partire dal 2019, quando saranno decorsi 24 mesi dall'approvazione dell'Accordo in esame da parte del Consiglio (avvenuta, come accennato, il 21-22 giugno 2017). Il testo della norma precisa che si tratta di un contributo aggiuntivo rispetto alle somme già corrisposte al Centro dall'Italia nella sua qualità di Paese Membro.

L'articolo 3 illustra il regime giuridico delle aree e degli edifici concessi al Centro dalla regione Emilia-Romagna ed esattamente individuati nell'Allegato I. In particolare, i terreni e gli edifici individuati nella Parte I dell'Allegato I sono messi a disposizione del Centro a titolo gratuito ed il Governo italiano si impegna a fare in modo che il Centro possa occupare gli edifici entro 24 mesi dall'approvazione dell'Accordo (21-22 giugno 2017) da parte del Consiglio ECMWF o altra data successiva concordata (comma 1). Il comma 2 prevede che, se i terreni, edifici o servizi di cui al precedente comma 1 dovessero non risultare sufficienti per i requisiti del Centro questo potrà presentare opzione di notifica in un momento qualsiasi compreso nell'arco temporale 1° luglio 2024-30 giugno 2033.

 


 

Articolo 29
(Rimborso imposte per soggetti interessati da eventi sismici
nel 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa e Molise)

 

 

L’articolo 29 prevede il pagamento dei rimborsi di imposte sui redditi a favore dei soggetti colpiti dal sisma che ha interessato la Sicilia orientale nel dicembre 1990 mediante le risorse stanziate sui capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di 160 milioni di euro.

 

La disposizione in esame interviene sulla norma della legge di stabilità per il 2015 la quale ha attribuito ai soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, che avevano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al dovuto del 10 per cento, il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, purché avessero presentato apposita istanza entro il 1° marzo 2010.

In particolare, la norma interviene sull’articolo 1, comma 665, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), sostituendo il periodo che autorizzava la spesa di 30 milioni di euro annui nel triennio 2015-2017 con la previsione secondo cui: «Ai rimborsi si provvede mediante le risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di 160 milioni di euro.».

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di precisare nella norma il riferimento all’annualità 2020 aggiungendo infine “per l’anno 2020”, come peraltro esplicitato nella relazione tecnica.

 

Secondo la Relazione illustrativa, la disposizione è diretta a venire incontro alle aspettative dei soggetti colpiti dal citato che hanno presentato apposita istanza di rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento. Pertanto la norma, in considerazione della insufficienza delle disponibilità inizialmente previste, per assicurare il pagamento al 50 per cento degli aventi diritto, stabilisce che i rimborsi sono effettuati a valere sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi.

 

Si ricorda che, a seguito del terremoto in Sicilia del 1990, è stata disposta in un primo momento la sospensione e il differimento del versamento delle imposte, dei contributi sociali e dei premi assicurativi obbligatori o la possibilità di effettuare tale pagamento a rate. In un secondo momento, con l’articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 è stata introdotta la possibilità, per coloro che non avessero ancora versato le imposte per gli anni 1990-1991-1992, di regolarizzare automaticamente la loro posizione entro il 16 marzo 2003 versando soltanto il 10 per cento dell’ammontare ancora dovuto.

Con il comma 665 della legge di stabilità 2015 è stato stabilito che il termine di due anni per la presentazione dell’istanza di rimborso è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248. Pertanto si attribuisce il diritto al rimborso ai soggetti che hanno avanzato apposita istanza entro il 1° marzo 2010. A tal fine è stata autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017. In relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l'ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute; a seguito dell'esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede all'effettuazione di ulteriori rimborsi. Con il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 26 settembre 2017 sono state stabilite le procedure per assicurare il rispetto dei limiti di spesa.

 

La relazione tecnica precisa che, sui pertinenti capitoli di spesa, per l’esercizio 2020 sono disponibili circa 3,6 miliardi di euro per l’erogazione dei rimborsi di imposte dirette. In particolare, si tratta di circa 3,22 miliardi sul capitolo 3811 (Restituzioni e rimborsi dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’IRAP), relativo alla quota capitale, e circa 0,38 miliardi sul capitolo 4015 (Indennità per ritardato sgravio di imposte pagate e interessi di mora da corrispondere ai contribuenti sulle somme indebitamente riscosse dall’erario per imposte dirette), relativo alla quota interessi.

Il fabbisogno di fondi per l’erogazione dei rimborsi di imposte dirette risultanti dalle relative dichiarazioni può essere stimato in linea con i pagamenti degli stessi rimborsi materialmente avvenuti nel corso del 2019, pari a circa 3 miliardi di euro.

Pertanto, secondo la relazione tecnica, per l’esercizio 2020 sono disponibili circa 600 milioni di euro per l’erogazione dei rimborsi delle imposte dirette derivanti dalla deducibilità dell’IRAP e dei “rimborsi sisma 90”. Considerato che, al momento, a fronte di rimborsi di imposte dirette derivanti dalla deducibilità dell’IRAP erogabili per complessivi 600 milioni di euro, solo 400 milioni sono materialmente pagabili, la relazione tecnica stima che per l’anno 2020 possono essere disponibili circa 200 milioni di euro per il pagamento dei “rimborsi sisma 90”. Pertanto, per l’anno 2020 saranno disponibili risorse sufficienti sui pertinenti capitoli di spesa per il pagamento dei “rimborsi sisma 90”, fino al limite di 160 milioni di euro. La norma in esame, in questo modo, eviterebbe che il ritardo nel pagamento dei “rimborsi sisma 90” determini, per effetto di numerose sentenze di condanna al pagamento per l’amministrazione finanziaria, un aggravio di spesa in conseguenza del pagamento degli interessi legali.

Articolo 30
(Attuazione della clausola del 34 per cento per le
Regioni del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 30 introduce una disposizione volta a disciplinare le modalità di verifica della destinazione di risorse in conto capitale per interventi nel territorio delle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna) in misura proporzionale alla popolazione di riferimento, in conformità alla c.d. clausola del 34 per cento. A tal fine viene modificato l’articolo 7-bis del D.L. n. 243 del 2016 prevedendo l’emanazione, entro il 30 aprile 2020, di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Si rammenta che l’articolo 7-bis del D.L. n. 243 del 2016, come modificato da ultimo dall’articolo 1, comma 310, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020), introduce, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse a favore degli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, disponendo che il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, da assegnare sull'intero territorio nazionale, per i quali non siano già individuati specifici criteri o indicatori di attribuzione, deve essere disposto anche in conformità all’obiettivo di destinare agli interventi nel Mezzogiorno un volume complessivo di stanziamenti in conto capitale proporzionale alla popolazione residente (in pratica, corrispondente al 34%).

Con il comma 2-ter dell’articolo 7-bis (inserito dall’art. 1, comma 597, della legge di bilancio per il 2019, L. n. 145/2018) l’applicazione della regola del 34% è stata estesa anche ai contratti di programma stipulati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Anas S.p.a. e con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.

Si ricorda che la normativa previgente alle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2020, prevedeva una specifica procedura per l’individuazione dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale delle amministrazioni centrali ai quali applicare la regola del 34%, prevedendo che essi venissero individuati annualmente nel Documento di Economia e Finanza (DEF) - in sede di prima applicazione, dalla Nota di aggiornamento del DEF 2019 - su indicazione del Ministro per il Sud[54].

L’individuazione dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale interessati dall'applicazione della regola viene, invece, ora effettuato autonomamente dalle singole amministrazioni centrali e trasmessa al Ministro per il Sud e la coesione territoriale ed al Ministro dell'economia e delle finanze, entro il termine del 30 giugno di ogni anno con apposita comunicazione.

Per quanto riguarda le risorse oggetto di ripartizione differenziale, il vigente comma 2 dell’articolo 7-bis non fa più riferimento agli “stanziamenti ordinari in conto capitale”, in quanto la nuova formulazione considera, ora, le risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, da assegnare sull'intero territorio nazionale, per i quali non si abbiano criteri o indicatori di attribuzione già individuati.

Tale nuova formulazione, di fatto, conferma l’esclusione, dalla regola del 34%, delle risorse nazionali aggiuntive iscritte sul Fondo sviluppo e coesione (FSC) e quelle derivanti dai fondi strutturali e di investimenti europei (SIE) e dal relativo cofinanziamento nazionale, in quanto assoggettate a specifica chiave di riparto (80% al Sud e 20% al Centro Nord).

Si rammenta, infine, che a seguito delle modifiche disposte con la legge di bilancio per il 2020, nella formulazione del comma 2 dell’articolo 7-bis non era più prevista l’emanazione di un D.P.C.M. volto a definire le modalità con le quali verificare l’attuazione delle disposizioni in oggetto, nonché l’andamento della spesa erogata.

 

In particolare, l’articolo 30 in esame reintroduce nel testo dell’articolo 7-bis del D.L. n. 243/2016 una disposizione che era venuta meno a seguito delle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 310, lettera b), della legge n. 160 del 2019) relativamente alle modalità di verifica dell’applicazione della c.d. clausola del 34 per cento nella ripartizione delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale da assegnare alle Regioni del Mezzogiorno (in correlazione al criterio proporzionale della popolazione di riferimento).

Tale disposizione, precedentemente contenuta nel secondo periodo del comma 2, è ora inserita, ad opera dell’articolo 30 in esame, come secondo periodo del comma 2-bis.

In particolare, la disposizione stabilisce che entro il 30 aprile 2020, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con l’autorità politica delegata per il coordinamento della politica economica e la programmazione degli investimenti pubblici di interesse nazionale[55], sono stabilite le modalità per verificare che il riparto delle risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti da assegnare sull’intero territorio nazionale, che non abbia criteri o indicatori di attribuzione già individuati, sia effettuato in conformità alle disposizioni previste dal comma 2, nonché per monitorare l’andamento della spesa erogata.

 


 

Articolo 31
(Contributo regione Sardegna)

 

 

L’articolo 31 concerne un contributo attribuito alla regione Sardegna dall’articolo 1, comma 851, della legge di bilancio 2018, dichiarato illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 6 del 2019. A seguito dell’accordo siglato il 7 novembre 2019 tra Stato e Regione in materia di finanza pubblica e già recepito con la legge di bilancio 2020, il suddetto contributo costituisce un acconto di quanto dovuto alla regione nell’ambito della definizione del contenzioso pregresso tra lo Stato e la Regione in materia di entrate tributarie e in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale che su di esso sono intervenute.

 

Il comma 1 stabilisce che le somme di cui all’articolo 1, comma 851 della legge di bilancio 2018, sono attribuite alla Regione Sardegna a titolo di acconto per le finalità di cui al punto 10 dell’accordo Stato Regione sottoscritto il 7 novembre 2019, vale a dire per la definizione del contenzioso Stato-Regione in materia di entrate tributarie.

 

La somma in questione è pari a 15 milioni di euro per l'anno 2019, che la norma attribuiva alla Regione, in attesa della definizione del complesso dei rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna, anche in relazione alle sentenze della Corte costituzionale n.77 del 2015 e n.154 del 2017.

 

Con la sentenza n. 6 del 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del comma 851 della legge di bilancio 2018 (legge 205/2017). A giudizio della Corte vi è – nella norma censurata – una evidente incoerenza tra la finalità perseguita e le risorse stanziate; lo Stato per il triennio 2018-2020 nelle more della definizione dell'accordo di finanza pubblica, non riconosce alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse necessarie all'attuazione della sentenza n. 77 del 2015, che ha stabilito l’obbligo per lo Stato di provvedere alla perequazione delle criticità insulari ed allo stanziamento di somme adeguate per farvi fronte.

 

L’accordo siglato tra il Governo e la regione Sardegna il 7 novembre 2019 è stato recepito dai commi da 866 a 873 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

Le norme della legge di bilancio 2020 stabiliscono da un lato il contributo alla finanza pubblica dovuto dalla Regione per gli anni 2018, 2019 e a regime dal 2020 (commi 868-869) e dall’altro il trasferimento di risorse dallo Stato alla Regione per la definizione del contenzioso pregresso in materia di entrate tributarie, pari a 412 milioni di euro in cinque anni (comma 870); per spese di investimento in opere pubbliche pari a 1.428,8 milioni in 14 anni e per spese di investimento nel settore sanitario pari a 111 milioni di euro (comma 871). Agli enti di area vasta della regione, inoltre, è attribuito un contributo di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 (comma 872).

Il comma 867, riprendendo quanto stabilito al punto 10 dell’accordo, enuncia che con l’accordo si intendono attuate le sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015, n. 154 del 2017 e n. 10 del 2018 nelle quali viene esplicitato il principio di leale collaborazione che regola i rapporti tra lo Stato e le autonomie speciali, nonché la già citata sentenza n. 6 del 2019, con la quale la Corte ribadisce la necessità di arrivare ad una ridefinizione delle relazioni finanziarie tra lo Stato e la regione Sardegna. Il comma 867 menziona altresì la sentenza del TAR della Sardegna n. 194 del 2019, con la quale il TAR ha censurato una norma in contrasto con le norme statutarie che attribuiscono, tra l’altro, alla regione Sardegna a decorrere dal 2010, i sette decimi di tutte le entrate erariali dirette o indirette (art. 8, lettera m) dello statuto L. cost. 3/1948 e D. Lgs. 114/2016).

Si ricorda che le quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla regione sono elencate nell’articolo 8 dello statuto speciale della regione Sardegna (L.cost. 4/1948), modificato con la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) al fine di attribuire alla regione, a decorrere dal 2010, i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre imposte. Con il decreto legislativo n. 114 del 2016, inoltre, sono state adottate le norme di attuazione che stabiliscono nel dettaglio i criteri per la determinazione e l’attribuzione del gettito delle entrate erariali spettanti alla regione, elencati nell'artico 8 dello statuto, tra cui le ritenute e imposte sostitutive sui redditi di capitale (art. 7), oggetto del decreto censurato dal TAR.

 

In sostanza la giurisprudenza citata interviene in quella che è stata definita la ‘vertenza entrate’, ossia il mancato adeguamento delle entrate erariali della regione alle modifiche statutarie che hanno attribuito alla regione, a decorrere dal 2010, i nove decimi dell’IVA e i sette decimi di tutte le entrate erariali dirette o indirette. Il richiamo a queste sentenze, perciò, significa che con le norme in esame le due parti ritengono concluso tale contenzioso.

 

A conferma di ciò, nel citato comma 867 (ancora riprendendo quanto stabilito al punto 10 dell’accordo), viene specificato che rimane invece aperta la questione della compensazione dei costi dell’insularità, che verrà affrontata in apposita sede istituzionale, come stabilito al punto 10 dell’accordo. Il tavolo ‘tecnico-politico’, da istituire entro 60 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo, dovrà ultimare i propri lavori entro il 30 giugno 2020 con la predisposizione di un testo di ‘accordo istituzionale’.

Il comma 2 contiene le indicazioni contabili ai fini dell’erogazione del contributo alla regione Sardegna. Nell’anno 2019, il Ministero dell’economia e delle finanze può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, con l’emissione di ordini di pagamento a valere sulle risorse stanziate nel corrispondente capitolo di spesa


 

Articolo 31-bis, commi 1 e 2

(Disposizioni sugli enti di area vasta della Regione Sicilia)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 31-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prorogano al 2020 la possibilità per i liberi consorzi comunali e le città metropolitane della Regione siciliana, in esercizio provvisorio, di utilizzare le risorse pubbliche trasferite per la realizzazione di interventi infrastrutturali, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di esercizio e gestione provvisoria del bilancio di previsione.

 

I commi 1 e 2 dettano norme relative ai liberi consorzi comunali e alle città metropolitane della Regione siciliana

Il comma 1 proroga al 2020 la possibilità per i liberi consorzi comunali e le città metropolitane della Regione siciliana, in esercizio provvisorio, di utilizzare le risorse pubbliche trasferite per la realizzazione di interventi infrastrutturali, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di esercizio e gestione provvisoria del bilancio di previsione.

A tal fine viene modificato l’articolo 38-quater, comma 1, del decreto-legge n.34 del 2019 (cd. decreto crescita).

 

L’articolo 38-quater del decreto-legge n.34/2019 (cd. decreto crescita) ha introdotto disposizioni dirette a dare attuazione all'accordo integrativo tra il Governo e la Regione Siciliana del 15 maggio 2019 per il sostegno ai liberi consorzi e alle città metropolitane della regione. L'accordo integrativo fa seguito all'accordo tra Governo e Regione Siciliana in materia di finanza pubblica sottoscritto il 19 dicembre 2018.

In particolare, il comma 1 introduce una disciplina derogatoria, per il 2019, alle disposizioni vigenti in materia di esercizio e gestione provvisoria del bilancio di previsione (di cui all’articolo 163 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL, di cui al D.lgs. n. 267 del 2000), al fine di consentire ai liberi consorzi comunali e alle città metropolitane, in esercizio provvisorio, di poter utilizzare le risorse pubbliche trasferite per la realizzazione di interventi infrastrutturali.

Si ricorda che l'articolo 163 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL, di cui al D.lgs. n. 267 del 2000) dispone che, nel corso dell'esercizio provvisorio, gli enti possono impegnare mensilmente per ciascun programma determinate spese (spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza) per importi non superiori ad un dodicesimo degli stanziamenti del secondo esercizio del bilancio di previsione deliberato l'anno precedente, ridotti delle somme già impegnate negli esercizi precedenti e dell'importo accantonato al fondo pluriennale vincolato[56].

Per effetto dell’articolo 38-quater, comma 1, del DL n,34/2019, gli enti di area vasta della Regione Siciliana sono quindi autorizzati, in deroga ad alcune disposizioni dell'all'art 163 del TUEL, ad effettuare con delibera consiliare le necessarie variazioni di bilancio al fine di tenere conto delle risorse trasferite per gli interventi infrastrutturali[57].

 

Il comma 2 definisce (in apposita tabella) il riparto del contributo di 80 milioni di euro annui riconosciuto, a decorrere dal 2020, a favore dei liberi consorzi e delle città metropolitane della Regione siciliana dalla legge di bilancio per il 2020, abrogando i criteri di riparto ivi previsti.

 

L’articolo 1, comma 875, della legge n.160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) ha attribuito agli enti di area vasta della Regione siciliana (liberi consorzi di comuni e città metropolitane) un contributo di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. La disposizione prevede che il contributo venga ripartito tra gli enti in modo tale da compensare il concorso alla finanza pubblica richiesto ai medesimi enti dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014, comma 418). In particolare, si prevede che il contributo venga ripartito al netto della riduzione di spesa per il personale realizzata negli anni 2014-2018 e sottratte le seguenti voci:

§  i contributi attribuiti ai liberi consorzi e alle città metropolitane dalla Regione siciliana, a valere sulla somma complessiva di 70 milioni di euro secondo quanto stabilito dal comma 885 della legge di bilancio 2019 (legge 145/2018);

§  le quote del concorso alla finanza pubblica come stabilite dalla Tabella 2 allegata al decreto legge n. 50 del 2017, in attuazione dell’articolo 47, comma 2 del decreto legge n. 66 del 2014.

Si prevede, quindi, che le quote determinate per ciascun ente vangano versate dal Ministero dell’Interno all’entrata del bilancio dello Stato a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti; conseguentemente ciascun ente non dovrà iscrivere in entrata i contributi ricevuti e potrà iscrivere come spesa la quota residua del concorso alla finanza pubblica.

Si ricorda, infine, che i rapporti finanziari tra lo Stato e la regione Sicilia sono stati definiti, da ultimo, con l’accordo sottoscritto il 19 dicembre 2018, recepito con la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ai commi 880-886 e con l’accordo integrativo sottoscritto il 15 maggio 2019 in relazione al sostegno agli enti di area vasta della regione: liberi consorzi e città metropolitane. I contenuti dell’accordo sono stati recepiti dall’art. 38-quater del decreto legge n. 34 del 2019.


 

Articolo 31-bis, commi 3 e 4
(Contributi per le
città metropolitane di Roma e di Milano)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 31-bis dispone l’assegnazione, per il periodo 2020-2024, di 20 milioni di euro e di 10 milioni euro annuali, rispettivamente, per le città metropolitane di Roma e di Milano, per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale di manutenzione di strade e di scuole.

Conseguentemente a quanto disposto dal comma 3, in merito alle risorse previste per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale di manutenzione di strade e di scuole delle due città metropolitane di Roma e Milano, il comma 4 prevede che - per quanto riguarda la copertura gli oneri pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024 - si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale, per l'anno 2020, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per euro 25 milioni dal 2020 al 2024 e l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno per euro 5 milioni dal 2020 al 2024.

 

In merito alla finalità recata dalla disposizione in esame, si ricorda che analoga disposizione è stata prevista nella legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 889 e 890 della L. 145/2018), che disciplina l’attribuzione alle province delle regioni ordinarie di un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi), per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole. Il contributo, ripartito con il decreto del Ministero dell’Interno 4 marzo 2019, non ha previsto assegnazioni per le città metropolitane in generale.

Si ricorda altresì che nella medesima legge di bilancio 2019 (art.1, comma 883) sono stati attribuiti alla Regione siciliana 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole. Tale importo è erogato in quote pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 100 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025.

Si ricorda altresì che nella legge di bilancio 2020 (L. 160/2019, art.1, commi 62-64), sono stati previsti ulteriori contributi (rispetto a quelli già previsti dalla legge di bilancio 2018), per un importo complessivo di 6,1 miliardi di euro, per il periodo 2020-2034, per il finanziamento di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane e messa in sicurezza delle strade e di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico delle scuole degli enti medesimi, da attuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.


 

Articolo 31-bis, comma 5
(Concessioni di immobili nelle saline dismesse)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 31-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla disciplina che regola l’utilizzo in concessione dei beni immobili compresi nelle saline dismesse.

 

Il comma 5 interviene sulla disciplina che regola l’utilizzo dei beni immobili compresi nelle saline dismesse, la quale prevede che essi costituiscono aree prioritarie di reperimento di riserve naturali (ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante la disciplina delle aree protette).

 

A tal fine viene modificato in più parti l’articolo 2-quinquies del decreto-legge n.392/2000.

 

L’articolo 2-quinquies del decreto-legge n.392/2000 prevede che i beni immobili compresi nelle saline già in uso all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e all'Ente tabacchi italiani, non più necessari, in tutto o in parte, alla produzione del sale, costituiscono aree prioritarie di reperimento di riserve naturali ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante la disciplina delle aree protette. I provvedimenti istitutivi delle aree protette e gli atti di concessione concernenti beni compresi nei predetti territori sono emanati di concerto con il Ministro delle finanze. Tali concessioni possono essere rilasciate, anche a titolo gratuito, a favore delle regioni o degli enti locali nel cui territorio ricadono i predetti beni. I beni immobili di cui al presente comma, in quanto non destinabili a riserva naturale, sono trasferiti, a titolo gratuito, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente, ai comuni sul cui territorio i medesimi insistono.

 

In particolare, la disposizione in esame:

§  specifica che le concessioni rilasciate a favore di regioni ed enti locali hanno la durata prevista, in via generale, dalla normativa sulle concessioni di beni immobili appartenenti allo Stato (di cui all’articolo 14 del DPR n.296/2005)[58];

§  prevede che nel caso di rilascio di concessioni a favore di regioni ed enti locali gli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione sono a carico di tali enti;

§  prevede l’applicazione retroattiva delle nuove disposizioni relative alla durata delle concessioni anche ai contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione in legge del decreto-legge.


 

Articolo 32, commi 1 e 2
(Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute)

 

 

L’articolo 32, commi 1 e 2, incrementa di € 4 mln annui dal 2020 le risorse destinate alla Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI).

 

A tal fine, novella il co. 1-bis dell’art. 2 del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), che – introdotto dall’art. 1, co. 714, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) e modificato dall’art. 1, co. 414, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) – aveva a sua volta incrementato di € 5 mln a decorrere dal 2019 le risorse (pari a € 3 mln annui dal 2016) già previste dal co. 1 dello stesso art. 2 per la stabilizzazione del GSSI.

Complessivamente, dunque, le risorse destinate alla Scuola a partire dal 2020 sono pari a € 12 mln annui.

 

La relazione illustrativa all’A.C. 2325 evidenziava che le ulteriori somme sono trasferite alla Scuola in qualità di contributo in conto capitale per l’attività di ricerca svolta dall’Istituto.

 

Al riguardo, si ricorda che, con DM 31 marzo 2016, il MIUR ha istituito la Scuola di dottorato internazionale GSSI (Gran Sasso Science Institute) con sede a L'Aquila, come Istituto di istruzione universitaria di alta formazione dottorale a ordinamento speciale. L'istituzione della Scuola è stata attuata mediante scorporo dall'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) del Centro nazionale di studi avanzati Gran Sasso Science Institute, sede della Scuola sperimentale.

La Scuola era stata, infatti, istituita in via sperimentale per un triennio a decorrere dall’a.a. 2013/2014, dall’art. 31-bis del D.L. 5/2012 (L. 35/2012). Successivamente, l’art. 3-bis del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) aveva prorogato per un triennio (accademico) l'operatività della Scuola sperimentale. Ancora dopo, l’art. 2, co. 1, del citato D.L. 42/2016 (L. 89/2016) aveva assegnato per la stabilizzazione della Scuola GSSI un contributo di € 3 mln annui a decorrere dal 2016, ad integrazione della delibera CIPE n. 76 del 6 agosto 2015 (che ha assegnato € 18 mln per il triennio 2016-2018).

Ai fini dell'accreditamento iniziale e periodico della Scuola, ai sensi del d.lgs. 19/2012 (art. 7), sono stati applicati i criteri e i parametri di cui al DM 439 del 5 giugno 2013, relativo all'accreditamento iniziale e periodico delle scuole superiori a ordinamento speciale. L'accreditamento iniziale è previsto entro il 31 dicembre 2020.

Con DM 15 luglio 2016 è stato approvato lo Statuto.

 

All’onere derivante dall’incremento delle risorse si provvede:

-         quanto a € 3,5 mln per il 2020, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’Agenzia nazionale per la meteorologia e climatologia ItaliaMeteo, con riferimento alla quota per le spese di funzionamento e di personale.

L’art. 1, co. 551-557, della L. 205/2017 ha istituito, disciplinandone il funzionamento, l’Agenzia citata. Per il funzionamento e per il personale dell'Agenzia il successivo co. 559 ha autorizzato la spesa di € 1 mln per il 2018, € 5 mln per il 2019 ed € 7 mln annui a decorrere dal 2020, da iscrivere nello stato di previsione dell’ora soppresso MIUR[59].
Sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente l'organizzazione dell'Agenzia nazionale per la meteorologia e climatologia ItaliaMeteo (
Atto del Governo n. 132), la VIII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni il 19 dicembre 2019; la 13ª Commissione del Senato ha espresso parere favorevole condizionato e con osservazione il 19 dicembre 2019. Al riguardo, la relazione tecnica all’A.C. 2325 faceva presente che prima di metà 2020 l’Agenzia, non ancora attiva, non sarà dotata di personale, né svolgerà attività;

-          quanto a € 0,5 mln per il 2020 ed € 2 mln annui dal 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (FOE).
Il Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca è stato istituito nello stato di previsione dell’ora soppresso MIUR (cap. 7236) dall’art. 7 del d.lgs. 204/1998. In base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli per il triennio 2020-2022, esso dispone di € 1.812,1 mln per il 2020, di € 1.801,3 mln per il 2021 ed € 1.803,3 mln per il 2022;

-          quanto a € 0,5 mln annui, a decorrere dal 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa alle iniziative per la diffusione della cultura scientifica.
L’art. 2 della L. 113/1991 ha autorizzato lo stanziamento di 20 mld di lire annui – pari a € 10,3 mln – per le iniziative di diffusione della cultura scientifica.

Le risorse sono allocate sul cap. 7230/pg. 5 dello stato di previsione dell’ora soppresso MIUR, sul quale, in base al citato DM 30 dicembre 2019, sono disponibili, per il 2021 e per il 2022, € 8,0 mln;

-          quanto a € 1,5 mln annui, a decorrere dal 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO).

Il FFO, istituito nello stato di previsione dell’ora soppresso MIUR dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, e allocato sul cap. 1694, è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie.

In base al più volte citato DM 30 dicembre 2019, sul cap. 1694 sono allocati, per il 2021 e per il 2022, rispettivamente € 7.674,1 mln e € 7.713 mln.


 

Articolo 32, commi 2-bis e 2-ter
(Finanziamento all’Istituto degli Innocenti di Firenze)

 

 

I commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 32, aggiunti durante l’esame in sede referente, modificando il comma 215 dell’articolo 1 della legge n. 205/2017 (Legge di bilancio 2018), garantiscono e quantificano annualmente in 5 milioni di euro a decorrere dal 2020 i finanziamenti – attualmente indeterminati nell’importo e previsti come eventuali – all’Istituto degli Innocenti di Firenze, al fine di garantire le attività istituzionali del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza.

Conseguentemente viene modificata la rubrica dell’articolo in modo da inserire il riferimento all’Istituto medesimo.  

 

Più nel dettaglio, il comma 2-bis, modificando il comma 215 dell’articolo 1 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018), prevede che, al fine di garantire le attività istituzionali del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza, presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze, sono trasferiti annualmente 5 milioni di euro dal 2020 (la norma vigente dispone che possono essere previsti appositi finanziamenti non predeterminati nell’importo ) all’Istituto degli Innocenti di Firenze.

 

Il citato comma 215 prevede anche che i ministeri, membri dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, possano stipulare convenzioni, di norma di durata pluriennale, con l’Istituto degli Innocenti e il Centro di documentazione per lo svolgimento delle attività istituzionali assegnate. Si ricorda che l’Osservatorio, presieduto dal Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, si compone di circa 50 membri, in rappresentanza delle diverse amministrazioni centrali competenti in materia di politiche per l’infanzia e l’adolescenza, delle Regioni e delle autonomie locali, dell'Istat, delle parti sociali, delle istituzioni e degli organismi di maggiore rilevanza del settore, nonché di rappresentanti del terzo settore e di esperti della materia. L’Osservatorio nazionale ha il compito di predisporre documenti ufficiali relativi all'infanzia e all'adolescenza, quali: il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, elaborato ogni due anni con l’obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo; la Relazione biennale sulla condizione dell’infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti; lo schema del Rapporto del Governo all'ONU sull'applicazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, alle scadenze indicate all’articolo 44 della Convenzione.

Il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia, istituito dalla legge n. 451 del 1997, è disciplinato dal. D.P.R. n. 103 del 2007. Di esso si avvale, come detto, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, per lo svolgimento di una serie di compiti - di documentazione; di realizzazione di una mappa annualmente aggiornata dei servizi pubblici, privati e del privato sociale, compresi quelli assistenziali e sanitari, e delle risorse destinate all'infanzia a livello nazionale, regionale e locale; di analisi delle condizioni dell'infanzia (compresi i provenienti da altri Paesi); di predisposizione dello schema della relazione biennale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza predisposta dall'Osservatorio, nonché del rapporto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989; di formulazione di proposte per la elaborazione di progetti-pilota).

Inoltre il Centro nazionale collabora con Presidenza del Consiglio e Ministero del lavoro per quanto concerne la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, ai sensi della legge n. 285 del 1997.

La gestione delle attività connesse allo svolgimento delle funzioni del Centro nazionale risulta affidata, in rapporto convenzionale, dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del consiglio dei ministri, all’Istituto degli Innocenti di Firenze. Quest'ultimo - un ente di istituzione risalente al XV secolo, quando fu edificato lo Spedale degli Innocenti, su progetto iniziale di Filippo Brunelleschi - è stato istituto pubblico di assistenza, secondo la disciplina che pose la legge n. 6972 del 1890.  A seguito della trasformazione delle I.P.A.B (i cui principi sono stati dettati dall'articolo 10 della legge n. 328 del 2000), è stato trasformato in azienda pubblica di servizi alla persona (ASP) ai sensi dell’art. 32 della legge regionale 3 agosto 2004 n. 43 ed è disciplinato da uno Statuto la cui ultima versione è stata approvata con DPG Toscana n.152 del 18 ottobre 2016.

 

Il comma 2-ter prevede che alla copertura degli oneri recati dal comma 2-bis, si provveda:

§  quanto a 2 milioni per l’anno 2020, diretti al funzionamento del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (v. ante), a valere sul Fondo per le politiche della famiglia di cui all’art. 19, comma 1, del DL. 223/2006 (L. 248/2006);

 

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006 (legge finanziaria 2007).

Recentemente, l'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza.

Più in particolare, il decreto legge 86/2018 ha attribuito al Ministro per la famiglia e la disabilità le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali e relazionali, nonché le funzioni di competenza statale precedentemente attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di coordinamento delle politiche volte alla tutela dei diritti e alla promozione del benessere della famiglia, di interventi per il sostegno della maternità e della paternità (anche al fine del contrasto della crisi demografica), di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, di misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità, con riassegnazione della gestione delle risorse afferenti al Fondo sostegno alla natalità e della funzioni (precedentemente in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) concernenti la Carta famiglia.

Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano, il finanziamento di: Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza; interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori;  interventi in materia di adozione e affidamenti.

Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020 è pari a 74,5 milioni di euro (la Sezione II della legge 160/2019 ha infatti operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019).

 

§  quanto a 3 milioni per l’anno 2020 a valere sul Fondo per le adozioni internazionali, istituito con il comma 411, art. 1, della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) per il sostegno alle politiche sulle adozioni internazionali e il funzionamento della relativa Commissione, con una dotazione di circa 24 milioni nel triennio 2020-2022;

§  a decorrere dal 2021, la copertura di 5 milioni di euro è interamente posta a valere sul Fondo per far fronte alle esigenze urgenti e indifferibili di cui al comma 200, art. 1, della legge di stabilità per il 2015 (L. 190/2014).

 

Viene conseguentemente modificata la rubrica dell’articolo aggiungendo il riferimento all’Azienda pubblica di servizi alla persona (ASP) – Istituto degli Innocenti di Firenze.


 

Articolo 33
(Modifiche al decreto-legge n. 109 del 2018 in materia portuale)

 

 

L’articolo 33 modifica il decreto-legge n. 109 del 2018 in materia portuale, per consentire il completamento degli interventi in favore della città di Genova: si estende al 2020 il finanziamento di 20 milioni di € per il rinnovo del parco mezzi utilizzati nella città metropolitana di Genova; si estende a tutti gli scali del Sistema portuale del Mar Ligure occidentale l’autorizzazione alla fornitura di lavoro portuale temporaneo nei porti per sei anni e si differisce al 31 dicembre 2022, il termine di approvazione da parte del Comitato di gestione portuale delle varianti localizzate ai piani regolatori portuali vigenti.

Con una modifica approvata in sede referente viene prevista una nuova agevolazione a fondo perduto a fronte della realizzazione di investimenti produttivi per le imprese già operanti o che si insedieranno nella zona franca urbana istituita ai sensi dell’articolo 8 del D.L. n. 109/2018, i cui criteri saranno definiti dal Commissario delegato.

 

In dettaglio, la lett. a) del comma 1, modifica l'articolo 5, comma 2 del D.L. n. 109/2018, il quale ha assegnato alla regione Liguria 20 milioni € per l’anno 2019 per il rinnovo del parco mezzi utilizzati nella città metropolitana di Genova, con priorità all’acquisizione di mezzi a propulsione elettrica, ibrida e a idrogeno.

Tale finanziamento viene esteso ora all’anno 2020, nella stessa misura di 20 milioni di €.

 

Con la lettera a-bis), introdotta in sede referente, viene aggiunto al decreto-legge n. 109 del 2018 un nuovo articolo 8-bis volto a riconoscere alle imprese che operano o si insedieranno entro il 31 ottobre 2020 nella zona franca urbana di Genova, prevista dall’articolo 8 dello stesso DL, un'agevolazione a fondo perduto a fronte della realizzazione di investimenti produttivi nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato di cui al Regolamento n. 651/2014 UE, precisando che i criteri e le modalità per l'erogazione dell'agevolazione sono stabiliti dal Commissario delegato.

Il limite di spesa è pari a 5 milioni di euro per l'anno 2020 che dovranno essere trasferiti sulla contabilità speciale aperta per l’emergenza.

Il nuovo comma 3-bis individua la copertura finanziaria dell’onere di cui alla sopra citata lettera a-bis), pari come detto a 5 milioni di euro per il 2020. A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista per il 2020 per assicurare i benefici per la Zona franca urbana di Genova di cui all'articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018 n.109. L’autorizzazione di spesa - che era pari a 50 milioni di euro per il 2020 -  si riduce quindi a 45 milioni di euro.

 

Con riferimento alla disciplina sugli aiuti di Stato richiamata nel testo, si ricorda che il Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER), applicabile fino al 31 dicembre 2020, esenta dall’obbligo di notifica alla Commissione, tra l’altro, agli aiuti destinati alle PMI per investimenti (art. 17) e gli aiuti a finalità regionale (art. 14), alle specifiche condizioni e nei limiti dei massimali di aiuto dallo stesso Regolamento previsti.

L’articolo 8 del decreto-legge n. 109 del 2019 istituisce una zona franca urbana nel territorio della città di Genova, il cui ambito territoriale è definito con provvedimento del Commissario delegato, sentiti la Regione Liguria e il Comune di Genova. La disposizione prevede specifici benefici per le imprese operanti all’interno della zona franca che hanno subito a causa dell'evento una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo del triennio 2015-2017.

Le esenzioni di cui ai commi 2 e 4 sono concesse fino a un massimo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020 nel rispetto dei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato «de minimis»; del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo agli aiuti di Stato «de minimis» nel settore agricolo; del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, sugli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

 

Con la lett. b), n. 1) del comma 1 si modifica l'articolo 9-ter, comma 1, del D.L. n. 109 del 2018 che ha previsto disposizioni agevolative per l'attività di somministrazione di lavoro temporaneo nel porto di Genova. In dettaglio viene estesa agli scali del Sistema portuale del Mar Ligure occidentale (anziché al solo porto di Genova come attualmente previsto) la proroga per ulteriori 6 anni (anziché per 5 anni) dell'autorizzazione, rilasciata ai sensi della legge n. 84/1994, attualmente in corso, relativa all’esercizio dell’attività di fornitura di lavoro temporaneo per l’esecuzione dei servizi e delle operazioni portuali.

Si ricorda che l’articolo 17 della L. 84/1994 disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo per le imprese operanti nell’ambito delle operazioni e servizi portuali, nonché di concessione delle banchine per effettuare tali attività. Sono operazioni portuali il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale. Sono servizi portuali quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali. Le Autorità di sistema portuale autorizzano l'erogazione delle prestazioni sopra ricordate da parte di una impresa, la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. L’autorizzazione ha una durata pari a 5 anni, al termine dei quali l’Autorità avvierà le procedure per il rilascio di una nuova autorizzazione. L’autorizzazione è altresì soggetta ad un riscontro annuale in ordine alla permanenza dei requisiti previsti e prescritti, la mancanza dei quali sarà oggetto di valutazione da parte della medesima Autorità, al fine dell’adozione degli opportuni provvedimenti, tra cui la sospensione o revoca dell’autorizzazione (nei casi più gravi).

 

Il comma 1, lettera b), n. 2 aumenta per il 2020 (da 2) a 3 milioni di euro il limite massimo entro cui viene autorizzato il contributo in favore del soggetto fornitore di lavoro per eventuali minori giornate di lavoro rispetto all'anno 2017, riconducibili alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale del Mar Ligure occidentale conseguenti all'evento del 14 agosto 2018. Per quanto riguarda il contributo, da valorizzare secondo il criterio della tariffa media per avviamento, si specifica che si tratta della tariffa applicata dai soggetti autorizzati ai sensi dell'articolo 17 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, nel primo semestre dell'anno 2018.

Tale contributo è erogato dall'Autorità di Sistema Portuale a fronte di avviamenti integrativi e straordinari da attivarsi in sostituzione di mancati avviamenti nei terminal, da valorizzare secondo il criterio della tariffa media per avviamento applicata dalle imprese operanti nell’ambito delle operazioni e servizi portuali (autorizzate ai sensi dell’articolo. 17 della L. 87/1994), nel primo semestre del 2018.

 

L’indennità di mancato avviamento (IMA) è uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, fino alla messa a regime effettuata dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 92/2012. L’indennità è riconosciuta a specifiche categorie di lavoratori del settore portuale addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e nelle agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della L. 84/1994, nonché ai lavoratori dipendenti delle società cooperative derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima L. 84/94.

L’indennità è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare:

-     per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro;

-     per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

 

Il comma 2 dell’articolo 33 modifica il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, di riorganizzazione delle autorità portuali, disponendo la proroga, dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2022 del termine di approvazione da parte del Comitato di gestione delle varianti localizzate ai piani regolatori portuali vigenti, che è ammessa dalla norma vigente fino all'approvazione dei piani regolatori di sistema portuale, purché sia adottata entro il suddetto termine.

 

Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, lettera a), pari ad euro 20.000.000 per l'anno 2020 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n.  205, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il finanziamento del piano per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario per il trasporto pubblico locale e regionale.

 

Il comma 4 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 1, lettera b), numero 2, pari a 1 milione di euro per l'anno 2020 in termini di indebitamento e fabbisogno, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154.

 


 

Articolo 33-bis
(Monopattini elettrici)

 

 

L’articolo 33-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, dispone la proroga di un anno della sperimentazione riguardante la circolazione di segway, hoverboard e monowheel (comma 1) e introduce una nuova disciplina che precisa le condizioni e i limiti entro i quali è ammessa la circolazione dei monopattini elettrici; si introducono inoltre sanzioni per la violazione di tali condizioni e limiti. Sono altresì disciplinate le attività di noleggio di monopattini, anche in modalità free floating e introdotte le sanzioni amministrative per l’utilizzo non conforme alle disposizioni vigenti degli altri dispositivi di micromobilità oggetto di sperimentazione (comma 2).

Il comma 3 prevede sanzioni amministrative, nonché la confisca e la distruzione del veicolo, per coloro che circolino su veicoli atipici per i quali non siano state ancora definite le caratteristiche tecniche e funzionali.

 

In particolare il comma 1 stabilisce che il termine di conclusione della sperimentazione di cui all'articolo 1, comma 102, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, indicato dall'articolo 7 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 è prorogato di dodici mesi.

La circolazione mediante segway, hoverboard e monowheel, ovvero analoghi dispositivi di mobilità personale, è consentita, solo se sono a propulsione prevalentemente elettrica, nell'ambito della sperimentazione di cui al decreto ministeriale n. 229 del 4 giugno 2019, e nel rispetto delle caratteristiche tecniche e costruttive e delle condizioni di circolazione da esso definite.

 

La legge di bilancio 2019 ha autorizzato la sperimentazione nelle città della circolazione su strada di veicoli di mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica come Segway, hoverboard e monopattini (articolo 1, comma 102). Le modalità di svolgimento della sperimentazione sono state definite con il decreto ministeriale n. 229 del 4 giugno 2019.

 

Il comma 2 novella integralmente il comma 75 ed introduce i commi da 75-bis a 75-septies all’articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

La nuova formulazione del comma 75 stabilisce che, nelle more della citata sperimentazione e fino alla data di entrata in vigore delle nuove norme susseguenti la stessa sperimentazione, sono considerati velocipedi, ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), anche al di fuori degli ambiti territoriali della sperimentazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non dotati di posti a sedere, aventi motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 Kw, rispondenti agli altri requisiti tecnici e costruttivi indicati nel citato decreto ministeriale n. 229 del 4 giugno 2019.

Il nuovo comma 75-bis sanziona chiunque circola con un monopattino a motore avente caratteristiche tecniche diverse da quelle sopra indicate con una sanzione amministrativa da 100 a 400 euro, cui consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del monopattino quando il monopattino ha un motore termico oppure un motore elettrico avente potenza nominale continua superiore a 2 Kw.

L’articolo 2 comma 3 del decreto ministeriale n. 229 del 2019 prevede che i dispositivi non auto-bilanciati devono essere dotati di motore elettrico avente potenza nominale massima non superiore a 500W e di segnalatore acustico.

 

Il nuovo comma 75-ter stabilisce che i monopattini sopra descritti possono essere condotti solo da utilizzatori che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e possono circolare esclusivamente sulle strade urbane con limite di velocità di 50 km/h, ove è consentita la circolazione dei velocipedi, nonché sulle strade extraurbane, se è presente una pista ciclabile, esclusivamente all'interno della medesima.

I monopattini non possono superare i 25 km/h quando circolano sulla carreggiata ed i 6 km/h quando circolano sulle aree pedonali.

Da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione, i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica sprovvisti o mancanti di luce anteriore bianca o gialla fissa e posteriormente di catadiottri rossi e di luce rossa fissa, utili alla segnalazione visiva, non possono essere utilizzati, ma solamente condotti o trasportati a mano.

La violazione delle disposizioni sopra descritte comporta una sanzione amministrativa da 100 a 400 euro.

 

L’articolo 2, comma 6, del decreto ministeriale n. 229 del 2019 prevede che i dispositivi in grado di sviluppare velocità superiori a 20 km/h, al fine di poter essere utilizzati nell'ambito della sperimentazione di cui all'art. 1, devono essere dotati di regolatore di velocità, configurabile in funzione di detto limite. In ogni caso, per poter essere utilizzati su aree pedonali, tutti i dispositivi devono essere dotati di regolatore di velocità, configurabile altresì in funzione di una velocità non superiore a 6 km/h.

Sembra pertanto desumersi che, per i monopattini elettrici, non debba più essere previsto obbligatoriamente un regolatore di velocità per limitare a 20 km/h la velocità massima di circolazione ed il limitatore di velocità a 6 km/h da utilizzare nei centri urbani essendo invece rimesso alla condotta del conducente il rispetto del nuovo limite dei 25 km/h e di quello di 6 km/h sulle aree pedonali.

 

Il nuovo comma 75-quater prevede alcune regola di condotta per i conducenti dei monopattini elettrici.  Si dispone in primo luogo che essi siano tenuti a procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due.

Si dispone che debbano avere libero l'uso delle braccia e delle mani e reggere il manubrio sempre con entrambe le mani, salvo che per segnalare la manovra di svolta.

I conducenti di età inferiore a diciotto anni hanno, altresì, l'obbligo di indossare idoneo casco protettivo.

Andrebbe valutata l’opportunità di precisare, ove necessario in un apposito atto regolamentare, i requisiti tecnici di idoneità del casco protettivo.

È fatto divieto di trasportare altre persone, oggetti o animali, oltre che di trainare veicoli, condurre animali e farsi trainare da altro veicolo.

Si dispone l’obbligo di indossare, il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità, da mezz'ora dopo il tramonto, durante tutto il periodo dell'oscurità e di giorno, qualora le condizioni atmosferiche richiedano l'illuminazione.

Si prevedono infine sanzioni amministrative per un importo compreso tra 50 e 200 euro per la violazione delle sopra indicate disposizioni.

 

Il nuovo comma 75-quinquies introduce sanzioni amministrative (da 100 a 400 euro) per l’utilizzo di dispositivi di mobilità personale aventi caratteristiche tecniche e costruttive diverse da quelle definite dal decreto ministeriale n. 229 del 4 giugno 2019, ovvero fuori dall'ambito territoriale della sperimentazione, prevedendo, analogamente a quanto disposto per i monopattini elettrici, il sequestro del dispositivo con un motore termico oppure un motore elettrico di potenza nominale continua superiore a 2 Kw.

 

Il nuovo comma 75-sexies dispone che le sanzioni siano irrogate secondo le previsioni del Codice della strada. La medesima disposizioni chiarisce inoltre che si dovranno considerare in circolazione i veicoli o i dispositivi di mobilità personale condotti nelle aree e negli spazi individuati dal Codice della strada e, quindi, non nelle aree private.

Il nuovo comma 75-septies disciplina i servizi di noleggio di monopattini, anche in modalità free floating (ossia nei casi in cui gli utenti facciano uso del dispositivo senza doverlo riportare presso apposite stazioni o luoghi deputati ma potendolo abbandonare liberamente, a disposizione di eventuali ulteriori utenti, una volta terminatone l’uso).

Si prevede innanzi tutto che tali servizi possano essere attivati solo con una delibera di giunta comunale nella quale devono essere previsti, oltre al numero delle licenze attivabili e al numero massimo di dispositivi messi in circolazione: a) l'obbligo di copertura assicurativa per lo svolgimento del servizio stesso; b) le modalità consentite di sosta per i dispositivi interessati; c) le eventuali limitazioni alla circolazione in determinate aree della città.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 59 del Codice della strada, che disciplina i veicoli con caratteristiche atipiche, introducendo una specifica sanzione amministrativa (da 200 a 800 euro) per chi circoli con un veicolo atipico per il quale non siano state ancora definite le caratteristiche tecniche e funzionali, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 59.

Tale comma stabilisce che spetti al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministri interessati, stabilire, con proprio decreto la categoria alla quale i veicoli atipici devono essere assimilati ai fini della circolazione e della guida e i requisiti tecnici di idoneità alla circolazione dei medesimi veicoli individuandoli, con criteri di equivalenza, fra quelli previsti per una o più delle categorie succitate.

La medesima disposizione stabilisce inoltre che alla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, e che si proceda, in ogni caso, alla distruzione dello stesso.


 

Articolo 34
(Nautica da diporto e pertinenze demaniali marittime con
finalità turistico-ricreative)

 

 

L'articolo 34 sospende dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020, a seguito di una modifica effettuata in sede referente che ha previsto un termine più ampio di quello previsto dal testo del decreto-legge che era fissato al 30 giugno 2020, il pagamento dei canoni dovuti per le concessioni relative alle pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e per le concessioni relative alla realizzazione e gestione di strutture destinate alla nautica da diporto.

 

L'articolo 34 indica la finalità di sostenere i settori del turismo balneare e della nautica da diporto.

La misura di base dei canoni annui è fissata dall'art. 03, comma 1, del decreto-legge n. 400 del 1993, per concessioni di aree, pertinenze demaniali marittime o specchi acquei, rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative. L'importo dei canoni ivi previsti si applica a decorrere dal 1° gennaio 2007, in base ai nuovi valori tabellari introdotti con la legge finanziaria per il 2007. Il comma 3 della suddetta norma stabilisce che i medesimi criteri di determinazione dei canoni si applichino (a decorrere dalla stessa data) anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Si ricorda che l'articolo 29 del Codice della navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) definisce pertinenze del demanio marittimo  "le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale".

Quanto alla scadenza per il pagamento, si segnala che i canoni dovuti, a partire dall'anno 2014, sono versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno (art. 12-bis del decreto-legge n. 66 del 2014).

La relazione illustrativa indica l'intento di ridurre il contenzioso in materia, registrato a seguito dell'aumento di canoni per entrambe le fattispecie concessorie, sospendendo sino al 30 giugno 2020 il pagamento dei canoni non ancora corrisposti (poi spostato con un emendamento approvato nel corso dell’esame in sede referente al 30 settembre). La RT al disegno di legge, nel richiamare altresì l'intento di riduzione del contenzioso, afferma l'invarianza finanziaria della norma.

L'art. 01 del citato decreto-legge n. 400 del 1993 ha integrato la disciplina in materia[60], individuando, nell'ambito delle concessioni demaniali marittime, alcune tipologie di concessioni, definite "a scopo turistico ricreativo” per l'esercizio delle seguenti attività:

a) gestione di stabilimenti balneari;

b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi

di monopolio;

c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;

e) esercizi commerciali;

f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzo di cui alle precedenti categorie.

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 251), l'art. 03, comma 1, lett. a), del medesimo decreto-legge n. 400 del 1993 prevede l'articolazione delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei in due categorie (A e B) sulla base della loro valenza turistica (rispettivamente, "alta" o "normale"). La definizione dei requisiti di alta ovvero normale valenza turistica è demandata alle regioni; nelle more dell'entrata in vigore del provvedimento regionale si assume, quale riferimento, la categoria B (normale valenza turistica).

La successiva lett. b) determina l'ammontare del canone in considerazione della valenza turistica dell'area interessata (cat. A e B), nonché della tipologia di interesse (aree scoperte, aree occupate con impianti di facile ovvero difficile rimozione, specchi acquei più o meno lontani dalla costa ecc.). La medesima disposizione detta ulteriori criteri di calcolo - applicabili dal 1° gennaio 2007 - per concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi. In tali casi il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. Il valore così ottenuto deve essere moltiplicato per il coefficiente 6,5 e poi ridotto percentualmente a seconda delle dimensioni della pertinenza (il valore diminuisce con l'aumentare delle dimensioni).

Al riguardo, si segnala che il testo vigente fino al 31 dicembre 2006 prevedeva due ulteriori categorie - le aree a minore valenza turistica (cat. C) e le pertinenze del demanio marittimo individuate dall'art. 29 del Codice della navigazione (cat. D). La categoria C (minore valenza turistica) - alla quale venivano applicati canoni base di importo minore - veniva indicata quale riferimento in caso di mancata emanazione della disposizione regionale.

Rispetto a tale quadro, le novità introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 hanno quindi determinato, in alcuni casi, un incremento del canone, in ragione dei rinnovati criteri per la determinazione dello stesso. Secondo la relazione illustrativa annessa al disegno di legge, da tali novità avrebbe tratto origine l'istaurarsi di numerosi contenziosi avverso i provvedimenti ingiuntivi avviati dagli enti gestori del demanio marittimo.  

Ai sensi dell'art. 04, i canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime sono aggiornati annualmente, con decreto ministeriale, sulla base della media degli indici determinati dall'ISTAT per i prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati e per i corrispondenti valori per il mercato all'ingrosso.

Si segnala, infine, che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 19 novembre 2015 ha esteso la possibilità di pagare mediante modello F24 le somme dovute in relazione alle concessioni demaniali marittime.

 

Riguardo al settore della nautica da diporto, specifica disciplina era dettata dal regolamento recante norme per la determinazione di canoni per concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, di cui al D.M. 30 luglio 1998, n. 343. Come sopra accennato, dal 1° gennaio 2007 trovano applicazione i medesimi criteri formulati per le concessioni relative a finalità turistico-ricreative.

 

Quanto alla disciplina relativa alle concessioni demaniali marittime, si ricorda che i commi da 675 a 684 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018) delineano un'articolata procedura per la generale revisione della materia.  Tali norme prevedono l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che, al momento della pubblicazione del presente dossier, non risulta emanato.

Le medesime disposizioni prevedono (commi 682, 683 e 684), per le concessioni demaniali in essere, una proroga di quindici anni a decorrere dalla data in vigore della medesima legge di bilancio (1° gennaio 2019). Precedentemente, era stata prevista la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015 (art. 1, comma 18 del D.L. n. 194 del 2009; il termine è stato così prorogato dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge 179/2012).

Il comma 685, quale anticipazione risarcitoria in favore delle imprese balneari che abbiano subito danni, ubicate nelle regioni per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito degli eventi atmosferici dei mesi di ottobre e novembre 2018, sospende il pagamento dei canoni demaniali fino all’avvenuta erogazione del risarcimento o comunque nel limite massimo di cinque anni. Infine, il comma 246 consente ai titolari di concessioni demaniali marittime e punti di approdo con finalità turistico ricreative di mantenere installati i manufatti amovibili fino al 31 dicembre 2020 nelle more del riordino della materia.

Per approfondimenti si veda il dossier (vol. II) sulla legge di bilancio n. 145 del 2018, anche con riferimento al contenzioso comunitario e alle pronunce della Corte costituzionale.

Si ricorda qui solamente che la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata, con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), stabilendo che il diritto comunitario (articolo 49 TFUE) non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di una procedura di selezione dei potenziali candidati. La Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico?ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

Su tali questioni è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato - sentenza della Sesta Sezione, n. 7874 del 18 novembre 2019 - ribadendo l'illegittimità delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime. La Corte Costituzionale è intervenuta in più occasioni, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (articolo 117, primo comma, della Costituzione) e, in alcuni casi, anche per violazione degli articoli 3 e 117, secondo comma, lett. a) ed e), della Costituzione. Le norme censurate prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei concessionari in essere. Per approfondimenti sulle pregresse procedure di infrazione in sede UE e sulla giurisprudenza costituzionale si veda il citato dossier (vol. II) sulla legge di bilancio 2019.

 


 

Articolo 34-bis
(Cold ironing)

 

 

L'articolo 34-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede l'introduzione di una tariffa dedicata per la fornitura di energia elettrica, erogata da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto dotate di impianti elettrici con una determinata potenza installata nominale.

 

Il comma 1 demanda in particolare a uno o più provvedimenti dell'ARERA, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, l'introduzione di una tariffa dedicata per la fornitura di energia elettrica, erogata da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto dotate di impianti elettrici con potenza installata nominale superiore a 35 kW, al fine di favorire la riduzione dell'inquinamento ambientale nelle aree portuali mediante la diffusione delle tecnologie elettriche.

Il comma 2 novella l'Allegato I (Elenco prodotti assoggettati ad imposizione ed aliquote vigenti alla data di entrata in vigore del testo unico) annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (d.lgs. n. 504/1995), aggiungendo alla voce: «Energia elettrica», la sottovoce: «per la fornitura di energia elettrica erogata, da impianti di terra, alle navi ormeggiate in porto dotate di impianti elettrici con potenza installata nominale superiore a 35 kW: euro 0,0005 per ogni kWh».

Il comma 3 prevede che le disposizioni di cui al comma 2 hanno efficacia subordinatamente all'adozione della decisione del Consiglio dell'Unione europea che autorizzi, ai sensi dell'articolo 19 della direttiva del Consiglio n. 2003/96/CE, lo Stato ad applicare un'aliquota di accisa ridotta all'energia elettrica fornita per l'impiego di cui al medesimo comma 2, richiesta a cura del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con le altre Amministrazioni competenti.

 

L'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare gli Stati membri ad applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a considerazioni politiche specifiche. Lo Stato membro, che intenda adottare un provvedimento di questo tipo, ne dà comunicazione alla Commissione, fornendole inoltre tutte le informazioni pertinenti o necessarie. La Commissione esamina la richiesta, tenendo conto, tra l'altro, di considerazioni attinenti al corretto funzionamento del mercato interno, della necessità di garantire una concorrenza leale e delle politiche comunitarie in materia di ambiente, di sanità, di energia e di trasporti. Entro tre mesi dalla ricezione di tutte le pertinenti e necessarie informazioni, la Commissione presenta una proposta di autorizzazione del provvedimento di questo tipo da parte del Consiglio, oppure informa il Consiglio dei motivi per cui non ha proposto l'autorizzazione del provvedimento di cui trattasi (§ 1). L'autorizzazione di cui al paragrafo 1, è accordata per un periodo massimo di sei anni, con possibilità di rinnovo secondo la procedura di cui al paragrafo 1 (§ 2). La Commissione, qualora ritenga che le esenzioni o riduzioni di cui al paragrafo 1 non possano più essere mantenute, in particolare in base a considerazioni riguardanti la concorrenza o distorsioni nel funzionamento del mercato interno o la politica comunitaria in materia di sanità, protezione dell'ambiente, energia e trasporti, sottopone appropriate proposte al Consiglio. Il Consiglio adotta all'unanimità una decisione su tali proposte (§ 3).

 

Il comma 4 subordina altresì l'efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, richiesta a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le altre amministrazioni competenti.


 

Articolo 35
(Disposizioni in materia di concessioni autostradali)

 

 

L’articolo 35 introduce una disciplina, derogatoria rispetto a quella prevista dal Codice dei contratti pubblici, finalizzata a regolare i casi di revoca, decadenza o risoluzione di concessioni di strade o di autostrade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio. In particolare sono disciplinati: l’affidamento ad ANAS S.p.A. della gestione di tali strade o autostrade nelle more dell’affidamento a nuovo concessionario; l’indennizzo da corrispondere in caso di estinzione della concessione per inadempimento del concessionario; nonché l’efficacia del provvedimento di revoca, decadenza o risoluzione della concessione.

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’unico comma di cui si compone l’articolo in esame.

Affidamento ad ANAS della gestione di strade o autostrade nelle more dell’affidamento a nuovo concessionario (comma 1, periodi I-III)

Il primo periodo del comma 1 riguarda i casi di revoca, di decadenza o di risoluzione di concessioni di strade o di autostrade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio.

In tali casi, nelle more dello svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento a nuovo concessionario, per il tempo strettamente necessario alla sua individuazione, viene previsto che l’ANAS S.p.a. può:

·      assumere la gestione delle strade/autostrade in questione;

·      svolgere le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria e quelle di investimento finalizzate alla loro riqualificazione o adeguamento.

 

Si fa notare che la norma in esame deroga a quanto previsto dall’art. 176 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), ove è contenuta la disciplina relativa ai casi di cessazione, revoca d'ufficio, risoluzione per inadempimento e subentro.

L’art. 176, comma 5-bis, del D.Lgs. 50/2016, prevede infatti che “in tutti i casi di cessazione del rapporto concessorio diversi dalla risoluzione per inadempimento del concessionario, il concessionario ha il diritto di proseguire nella gestione ordinaria dell'opera, incassandone i ricavi da essa derivanti, sino all'effettivo pagamento delle somme di cui al comma 4 della medesima disposizione (su cui v. infra) per il tramite del nuovo soggetto subentrante, fatti salvi gli eventuali investimenti improcrastinabili individuati dal concedente unitamente alle modalità di finanziamento dei correlati costi”.

Nei casi che comporterebbero la risoluzione di una concessione per cause imputabili al concessionario, i commi 8-10 dell’art. 176 del Codice dei contratti pubblici consentono agli enti finanziatori di indicare un operatore economico, che subentri nella concessione, avente caratteristiche tecniche e finanziarie corrispondenti o analoghe a quelle previste nel bando di gara o negli atti in forza dei quali la concessione è stata affidata, con riguardo allo stato di avanzamento dell'oggetto della concessione alla data del subentro. L’operatore economico subentrante deve assicurare la ripresa dell'esecuzione della concessione e l'esatto adempimento originariamente richiesto al concessionario sostituito entro il termine indicato dalla stazione appaltante. Il subentro dell'operatore economico ha effetto dal momento in cui la stazione appaltante vi presta il consenso. Viene inoltre previsto che la stazione appaltante prevede nella documentazione di gara il diritto di subentro degli enti finanziatori.

 

Con riferimento all’attribuzione di compiti all’ANAS, prevista dalla norma in esame, la stessa precisa che tale attribuzione avviene in attuazione dell'art. 36, comma 3, del D.L. 98/2011.

L’art. 36 del D.L. 98/2011, con cui sono state dettate disposizioni in materia di riordino dell'ANAS S.p.A., elenca, al comma 3, i compiti attribuiti all’ANAS. In particolare viene previsto che l’ANAS provvede, tra l’altro, a “costruire e gestire le strade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, e le autostrade statali, incassandone tutte le entrate relative al loro utilizzo, nonché alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria” e a “realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica”.

 

Il secondo periodo del comma in esame dispone che sono fatte salve:

·      le eventuali disposizioni convenzionali che escludano il riconoscimento di indennizzi in caso di estinzione anticipata del rapporto concessorio;

·      la possibilità per ANAS, ai fini dello svolgimento delle attività di cui al primo periodo, di acquistare gli eventuali progetti elaborati dal concessionario previo pagamento di un corrispettivo determinato avendo riguardo ai soli costi di progettazione e ai diritti sulle opere dell'ingegno di cui all'art. 2578 del codice civile.

La disposizione si riferisce all’equo compenso che l’art. 2578 del codice civile riconosce all'autore di progetti di lavori di ingegneria o di altri lavori analoghi – purché costituiscano soluzioni originali di problemi tecnici – a fronte dell’esecuzione senza il suo consenso del progetto tecnico a scopo di lucro.

 

Il terzo periodo demanda ad un apposito decreto adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la disciplina dell’oggetto e delle modalità di svolgimento della gestione provvisoria assegnata ad ANAS S.p.a.

Estinzione della concessione per inadempimento del concessionario (comma 1, periodo IV)

Il quarto periodo della disposizione in esame disciplina il caso di estinzione della concessione per inadempimento del concessionario.

In tal caso viene prevista l’erogazione al concessionario dell’indennizzo previsto dall’art. 176, comma 4, lettera a) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

 

Relativamente al disposto del comma 4 dell’art. 176 del Codice dei contratti pubblici, si ricorda che tale comma disciplina la risoluzione della concessione per inadempimento della amministrazione aggiudicatrice o la revoca della stessa concessione per motivi di pubblico interesse. In tali casi, il comma 4 dispone che spettano al concessionario:

a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse;

c) un indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero, nel caso in cui l'opera abbia superato la fase di collaudo, del valore attuale dei ricavi risultanti dal piano economico finanziario allegato alla concessione per gli anni residui di gestione.

 

Si fa notare che la norma in esame – nel prevedere l’applicazione della sola lettera a) del comma 4 del citato art. 176 e non anche della lettera c) – esclude la possibilità di riconoscere al concessionario un indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno.

 

La norma in esame precisa che l’applicazione della succitata lettera a) opera anche in sostituzione di eventuali clausole convenzionali, sostanziali e procedurali, difformi, anche se approvate per legge, da intendersi come nulle ai sensi dell'art. 1419, secondo comma, del codice civile, senza che possa operare, per effetto della presente disposizione, alcuna risoluzione di diritto.

 

Si ricorda che l’art. 1418 del codice civile prevede la nullità del contratto quando è contrario a norme imperative, quando mancano i requisiti essenziali, quando la causa o i motivi sono illeciti nonché quando la nullità sia stabilita dalla legge. Il successivo art. 1419 c.c. disciplina la nullità parziale del contratto e la nullità di singole clausole prevedendo:

-       che la nullità parziale del contratto o di singole clausole contrattuali travolge l’intero contratto quando risulti che le parti non avrebbero mai concluso l’accordo senza quella specifica parte o clausola poi dichiarata nulla (primo comma);

-       che tale regola non si applica quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

 

Quanto alla “risoluzione di diritto”, si ricorda che essa – diversamente dalla risoluzione giudiziale – opera al verificarsi degli eventi ai quali le parti hanno ricollegato questo effetto, senza necessita di una pronuncia del giudice.

 

Con riferimento alla previsione della norma in esame, secondo cui le clausole convenzionali difformi sono nulle “senza che possa operare, per effetto della presente disposizione, alcuna risoluzione di diritto”, si fa presente che essa sembra finalizzata a impedire l’applicazione di clausole, quali quella contenuta nell’art. 9-bis, comma 4, della Convenzione unica con Autostrade per l’Italia s.p.a. (stipulata il 12 ottobre 2007 e approvata per legge in virtù del disposto dell’art. 8-duodecies del D.L. 59/2008), volte a disporre che la convenzione si intende risolta di diritto in presenza di atti o fatti, ivi inclusi “mutamenti sostanziali del quadro legislativo o regolatorio”, che prevedano la inserzione automatica di nuove norme nella convenzione ovvero un obbligo di rinegoziazione alle condizione previste nell’atto e/o fatto e/o provvedimento legislativo o regolatorio, a meno che il Concessionario non comunichi al Concedente, entro un termine prestabilito, la volontà di accettare l’inserzione automatica di norme ovvero di procedere alla rinegoziazione.

Si ricorda, peraltro, che nel parere del Gruppo di lavoro di giuristi istituito dal MIT con D.M. n. 119/2019 si afferma la tesi della nullità dell’art. 9-bis della Convenzione unica con ASPI (si veda, in particolare, il par. 9, pagg. 46-50).

I testi delle Convenzioni uniche con le società concessionarie autostradali e dei relativi atti aggiuntivi ed allegati possono essere consultati sulla apposita pagina web del sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Efficacia del provvedimento di revoca, decadenza o risoluzione della concessione (comma 1, periodo V)

Il quinto periodo della norma in esame dispone che l’efficacia del provvedimento di revoca, decadenza o risoluzione della concessione non è sottoposta alla condizione del pagamento da parte dell'amministrazione concedente delle somme previste dall’art. 176, comma 4, lettera a), del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

Si fa notare che la norma in esame deroga a quanto previsto dall’art. 176, comma 6, del D.Lgs. 50/2016, in base al quale “l’efficacia della revoca della concessione è sottoposta alla condizione del pagamento da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore delle somme previste al comma 4”.

 


 

Articolo 35, comma 1-bis
(Certificazione della realizzazione degli interventi di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane)

 

 

Il comma 1-quater dell’articolo 35, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, con una novella al comma 1078 della legge di bilancio 2018, dispone la proroga al 31 dicembre 2020 del termine entro cui le province e le città metropolitane devono certificare, con comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’avvenuta realizzazione degli interventi realizzati nel 2018 e nel 2019 relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, e al 31 dicembre successivo all’anno di riferimento del termine per la certificazione dell’avvenuta realizzazione degli interventi realizzati dal 2020 al 2023.

 

Nel dettaglio, il comma 1-quater – sostituendo il primo periodo del comma 1078 dell’art. 1 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) – dispone la posticipazione dal 31 ottobre successivo all’anno di riferimento al 31 dicembre 2020, del termine entro il quale le province e le città metropolitane certificano, mediante apposita comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'avvenuta realizzazione degli interventi realizzati nel 2018 e nel 2019. Pertanto, per gli interventi realizzati nelle predette annualità entrambi i termini (rispettivamente, 31 ottobre 2019 e 31 ottobre 2020) sono prorogati al 31 dicembre 2020.

 

La norma in esame proroga, inoltre, dal 31 ottobre al 31 dicembre successivo all’anno di riferimento il termine per la certificazione degli interventi che saranno realizzati dal 2020 al 2023.

 

Si ricorda che i commi 1076-1078 della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018) hanno autorizzato una spesa di 120 milioni di euro per il 2018 e di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023 per la realizzazione di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane.

Il citato comma 1078 – nel testo originariamente vigente – prevedeva la certificazione dell’avvenuta realizzazione degli interventi in questione da parte delle province e delle città metropolitane entro il 31 marzo successivo all'anno di riferimento, mediante apposita comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tale termine è stato dapprima prorogato al 30 giugno successivo all’anno di riferimento dall’art. 4, co. 1-bis, del D.L. 91/2018 e, quindi, al 31 ottobre successivo all’anno di riferimento dal comma 62, lettera b), della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020).

La lettera a) del comma 62 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) ha riscritto il comma 1076 dell’art. 1 della legge di bilancio 2018, prevedendo risorse anche per il periodo 2024-2034 e incrementando lo stanziamento complessivo da 1,62 a 5,02 miliardi di euro.

Sugli importi previsti a partire dal 2020 interviene la rilocalizzazione disposta dall’art. 38-bis, commi 3-5, del presente decreto-legge.

Si ricorda che in base al comma 1077 dell’art. 1 della legge di bilancio 2018, la definizione dei criteri e delle modalità per l'assegnazione e l'eventuale revoca delle risorse è stata demandata ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, da emanare previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 16 febbraio 2018 che, tra l’altro, all’art. 1 ha stabilito che “la somma complessiva di 1.620 milioni di euro, ripartita in euro 120 milioni per l'anno 2018 e in euro 300 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, è destinata al finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e di città metropolitane delle Regioni a Statuto ordinario e delle Regioni Sardegna e Sicilia”.

Il citato comma 1078, nella parte non oggetto di modifica ad opera della norma in esame, prevede, inoltre, che in caso di mancata o parziale realizzazione degli interventi, ovvero in caso di presenza di ribassi di gara non riutilizzati, le corrispondenti risorse assegnate alle singole province o città metropolitane sono versate ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla dotazione finanziaria di cui al comma 1076. I ribassi d'asta possono essere utilizzati secondo quanto previsto dal principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, di cui al punto 5.4.10 dell'allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Si ricorda, in proposito, che il citato punto 5.4.10 prevede che, a seguito della stipula del contratto di appalto, le spese contenute nel quadro economico dell'opera prenotate, ancorché non impegnate, continuano ad essere finanziate dal fondo pluriennale vincolato, mentre gli eventuali ribassi di asta costituiscono economie di bilancio e confluiscono nel risultato di amministrazione disponibile.

Si fa, infine, presente che la L. 56/2014 (recante “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) ha assegnato alle Province (commi 51-53) e alle Città metropolitane (comma 44), quali enti con funzioni di area vasta, l’esercizio di determinate funzioni fondamentali, tra le quali, la costruzione e la gestione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente (comma 85).

 


 

Articolo 35, comma 1-ter
(Disciplina del rapporto concessorio in capo alla Società Autostrada Tirrenica relativo all’autostrada
A12 Livorno-Civitavecchia)

 

 

Il comma 1-ter dell’articolo 35 introdotto durante l'esame in sede referente, dispone l’abrogazione della norma che ha autorizzato la SAT (Società Autostrada Tirrenica) S.p.A. a realizzare l'autostrada A12 Livorno-Grosseto-Civitavecchia e prevede che, fino al 31 ottobre 2028, la SAT provvede esclusivamente alla gestione delle sole tratte aperte al traffico della medesima autostrada. Viene altresì previsto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la SAT S.p.A. procedono alla revisione della convenzione unica vigente.

 

Prima di analizzare il dettaglio delle disposizioni recate dal comma in esame appare opportuno richiamare le principali vicende connesse alla concessione con la SAT S.p.A. e i contenuti della sentenza emessa dalla Corte di giustizia dell’UE nel settembre 2019.

Nella relazione della Corte dei conti sulle concessioni autostradali, allegata alla deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G, si legge che la “SAT è concessionaria della A12, Livorno-Civitavecchia, in forza della convenzione del 23 ottobre 1969. In ottemperanza al programma costruttivo, la società ha realizzato una prima tratta di 36 km, tra Livorno e Cecina (aperta al traffico il 3 luglio 1993, n.d.r.). Nella convenzione novativa del 7 ottobre 1999 è stato disciplinato solo il tratto in esercizio, poiché l’art. 55, c. 12, della L. n. 449/1997 ha sospeso la costruzione della tratta Rosignano-Civitavecchia. La convenzione del 1999 fissa il termine al 31 ottobre 2028. Successivamente, sono state riavviate le attività di completamento del corridoio autostradale; la delibera CIPE n. 121 del 2001 ha incluso l’opera nella sezione «Corridoio plurimodale tirrenico-Nord Europa», tra i «Sistemi stradali e autostradali». L’opera è stata inclusa nell’intesa generale quadro tra Governo e Regione Lazio del 20 marzo 2002 e in quella tra Governo e Regione Toscana del 18 aprile 2003. Nell’allegato 1 alla delibera CIPE n. 130 di rivisitazione del PIS, è confermata la rilevanza dell’intervento «Asse autostradale Cecina-Civitavecchia»[61], incluso nel piano degli investimenti Anas 2007-2011, approvato dal CIPE con delibera n. 65/2006, tra le opere programmate per le autostrade in concessione. A seguito del perfezionamento delle procedure di valutazione ambientale, l’opera è stata inclusa negli allegati alla delibera CIPE n. 10/2009 per un importo di 3.787,8 milioni, finanziato con capitali privati. L’11 marzo 2009, Anas e SAT hanno sottoscritto un nuovo schema di convenzione unica che, a differenza della precedente, prevede il completamento del corridoio. Per assicurare l’equilibrio economico-finanziario, la convenzione del 2009 prevede una sostanziale modifica delle condizioni originarie per i rilevanti oneri costruttivi non previsti in precedenza. In tale contesto, si è provveduto all’estensione della concessione al 31 dicembre 2046”.

Con la recente sentenza del 18 settembre 2019 (causa C-526/17), la Corte di giustizia dell’UE ha ricordato che l’articolo 23, paragrafo 1, della convenzione del 1999 ha “fissato al 31 ottobre 2028 la data di scadenza della concessione unicamente con riferimento alla tratta Livorno?Cecina. Invero, in forza del suo articolo 2, comma 1, tale contratto disciplinerebbe soltanto l’esercizio di questa tratta di 36,6 km, aperta al traffico il 3 luglio 1993, e non quello delle altre tratte dell’autostrada A12, i cui lavori di completamento erano stati sospesi” e, pertanto ha statuito che “l’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione unica del 2009, nella parte in cui proroga dal 31 ottobre 2028 al 31 dicembre 2046 la concessione relativamente alla tratta Livorno?Cecina dell’autostrada A12, viola” gli obblighi previsti dalle disposizioni comunitarie e che pertanto “la Repubblica italiana, avendo prorogato dal 31 ottobre 2028 al 31 dicembre 2046 la concessione della tratta Livorno?Cecina dell’autostrada A12 Livorno?Civitavecchia senza pubblicare alcun bando di gara, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 2 e 58 della direttiva 2004/18”.

 

Il primo periodo del comma in esame prevede l’abrogazione dell’art. 9 della L. 531/1982 che ha autorizzato la SAT S.p.A. a realizzare l'autostrada Livorno-Grosseto-Civitavecchia, nonché disciplinato l’aumento di capitale sociale conseguentemente necessario.

 

Il secondo periodo prevede che, in conseguenza di tale abrogazione, la SAT S.p.A., in forza della convenzione unica stipulata in data 11 marzo 2009, fino al 31 ottobre 2028 provvede esclusivamente alla gestione delle sole tratte autostradali relative al collegamento autostradale A12 Livorno-Grosseto-Civitavecchia, aperte al traffico alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Il terzo periodo prevede invece che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la SAT S.p.A. procedono alla revisione della convenzione unica succitata, tenendo conto delle vigenti disposizioni in materia di contratti pubblici nonché di quanto disposto dal primo periodo, in conformità alle delibere adottate dall'Autorità di regolazione dei trasporti.

Tali disposizioni sembrano finalizzate a superare il contenzioso europeo provvedendo, in linea con le conclusioni della Corte di giustizia dell’UE, a riportare al 31 ottobre 2028 la scadenza della gestione da parte della concessionaria delle tratte già aperte al traffico.

Si fa notare che, secondo quanto riportato nella relazione sull’attività 2017 della Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali (DGVCA) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (v. pag. 396), le tratte in esercizio, in gestione alla SAT S.p.A. sono l’A12 Livorno-San Pietro in Palazzi (avente una lunghezza di 40 km) e l’A12 Civitavecchia-Tarquinia “lotto 6” (avente una lunghezza di 14,6 km), per un totale di 54,6 km in esercizio.

 

 


 

Articolo 36
(Informatizzazione INAIL)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 36, come modificato dalle Commissioni riunite nel corso dell'esame in sede referente, prevede che l'INAIL predisponga la banca dati informatizzata delle verifiche sulla base delle indicazioni tecniche fornite dagli uffici competenti del MISE e del MLPS.

 

In particolare, l'emendamento 36.11 - approvato nel corso dell'esame in sede referente - interviene sul comma 1 dell'articolo 36, prevedendo che tali indicazioni tecniche debbano essere fornite, con decreto direttoriale, dagli uffici competenti del MISE e del MLPS, per i profili di rispettiva competenza.

 

La relazione tecnica allegata all'emendamento 36.11 afferma che esso mira a garantire l'esercizio delle funzioni amministrative di coordinamento e controllo nella creazione e gestione della prevista banca dati presso l'INAIL, da parte degli uffici del MISE, nell'ambito di quelle proprie esercitate con riferimento all'attuazione del DPR 462/2001.

Chiarisce inoltre che la ripartizione delle funzioni amministrative di coordinamento segue il riparto di competenza tra il MISE (con riferimento ai dati relativi agli organismi incaricati dei controlli) e il MLPS (con riferimento ai dati relativi ai luoghi di lavoro).

Le funzioni amministrative in questione sono esercitate direttamente dagli uffici delle strutture competenti dei Ministeri interessati.

 

Si ricorda che l'articolo in esame ha introdotto il nuovo articolo 7-bis (Banca dati informatizzata, comunicazione all'INAIL e tariffe) nel DPR 462/2001 (Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi).

Nel testo originario, il comma 1 del nuovo articolo prevede che per digitalizzare la trasmissione dei dati delle verifiche, l'INAIL predispone la banca dati informatizzata delle verifiche.

 

L'art. 1 del DPR 462/2001 prevede che il regolamento disciplina i procedimenti relativi alle installazioni ed ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, agli impianti elettrici di messa a terra e agli impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione collocati nei luoghi di lavoro (co. 1). Con uno o più decreti del Ministero della salute, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed il Ministero delle attività produttive, sono dettate disposizioni volte ad adeguare le vigenti prescrizioni in materia di realizzazione degli impianti. In particolare, tali decreti individuano i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, gli impianti elettrici di messa a terra e gli impianti relativi alle installazioni elettriche in luoghi con pericolo di esplosione (co. 2).

L'art. 4 prevede che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolari manutenzioni dell'impianto, nonché a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni cinque anni, ad esclusione di quelli installati in cantieri, in locali adibiti ad uso medico e negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio per i quali la periodicità è biennale (co. 1). Per l'effettuazione della verifica, il datore di lavoro si rivolge all'ASL o all'ARPA o ad eventuali organismi individuati dal Ministero delle attività produttive, sulla base di criteri stabiliti dalla normativa tecnica europea UNI CEI (co. 2). Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia il relativo verbale al datore di lavoro che deve conservarlo ed esibirlo a richiesta degli organi di vigilanza (co. 3). Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro (co. 4).

L'art. 6 prevede che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare regolari manutenzioni dell'impianto, nonché a far sottoporre lo stesso a verifica periodica ogni due anni (co. 1). Per l'effettuazione della verifica, il datore di lavoro si rivolge all'ASL o all'ARPA o ad eventuali organismi individuati dal Ministero delle attività produttive, sulla base di criteri stabiliti dalla normativa tecnica europea UNI CEI (co. 2). Il soggetto che ha eseguito la verifica periodica rilascia il relativo verbale al datore di lavoro che deve conservarlo ed esibirlo a richiesta degli organi di vigilanza (co. 3). Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro (co.4).

 

Il comma 2 prevede che il datore di lavoro comunica tempestivamente all'INAIL, per via informatica, il nominativo dell'organismo che ha incaricato di effettuare le verifiche periodiche di cui all'articolo 4, comma 1, e articolo 6, comma 1.

Il comma 3 prevede che per le predette verifiche l'organismo che è stato incaricato della verifica dal datore di lavoro corrisponde all'INAIL una quota, pari al 5 per cento della tariffa definita dal decreto di cui al comma 4, destinata a coprire i costi legati alla gestione ed al mantenimento della banca dati informatizzata delle verifiche.

Il comma 4 prevede che le tariffe per l'effettuazione delle citate verifiche periodiche, applicate dall'organismo che è stato incaricato della verifica dal datore di lavoro, sono individuate dal Tariffario ISPESL, di cui al decreto del presidente dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) 7 luglio 2005, pubblicato sul supplemento ordinario n. 125 alla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2005.


 

Articolo 37
(Apertura del conto in tesoreria per RFI)

 

 

L’articolo 37 autorizza l’istituzione di un apposito conto corrente presso la Tesoreria dello Stato, entro il 31 gennaio 2020, al fine di consentire il monitoraggio dei movimenti finanziari relativi alle somme trasferite dal bilancio dello Stato alla Società Rete ferroviaria italiana (RFI). Tale disposizione è conseguente all’inserimento di RFI nell’elenco degli enti che costituiscono il perimetro del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni.

 

Si ricorda che l’elenco degli enti pubblici facenti parte del settore istituzionale della PA (c.d. elenco S13) è redatto annualmente dall’ISTAT, ai sensi del comma 3, dell’articolo 1, della legge n. 196/2009, ai fini dell'elaborazione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni - che costituisce il riferimento per gli aggregati trasmessi alla Commissione Europea in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Deficit Eccessivi annesso al Trattato di Maastricht - sulla base del Sistema Europeo dei Conti (SEC 2010, definito dal Regolamento (Ue) del Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013[62]) e delle interpretazioni del SEC stesso fornite nel Manual on Government Deficit and Debt pubblicato da Eurostat (Edizione 2016).

Per l’anno 2019, l’elenco delle amministrazioni pubbliche rientranti nel conto economico è fornito dall’Istat nel Comunicato del 30 settembre 2019 (G.U. n. 229/2019), come integrato dal Comunicato dell’8 novembre 2019 (G.U. n. 262/2019).

In tale Comunicato è stata inserita, per la prima volta, la Società Rete Ferroviaria Italiana – Spa (RFI), secondo quanto già indicato dall’Istat stesso nel Comunicato del 9 aprile 2019 (cfr. “PIL e indebitamento delle amministrazioni pubbliche: aggiornamento”).

In tale comunicato, si rammenta, l’Istat ha pubblicato una nuova versione dei dati relativi ai conti economici nazionali e al conto delle Amministrazioni pubbliche (AP) per il 2017 e 2018, al fine di al fine di incorporare nei conti una modifica del perimetro del settore delle AP - definito dall'Istat in accordo con l'Eurostat - e, in particolare, di includere alcune unità istituzionali che per loro natura producono un impatto significativo su diversi aggregati economici, ed in particolare sul valore aggiunto, tra cui Rete Ferroviaria Italiana Spa, la quale è stata inclusa retroattivamente fin dal 2017, insieme ad altre 10 società[63], nell'elenco degli enti che rientrano nel settore S13.

 

Come sottolineato nella Relazione illustrativa, a seguito dell’inclusione – con il Comunicato ISTAT del 30 settembre 2019 - della società Rete ferroviaria italiana (RFI) nell’elenco S13 degli enti che costituiscono il perimetro del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, i flussi finanziari di RFI concorrono alla formazione del fabbisogno del settore statale.

L’apertura di un apposito conto di tesoreria è funzionale, pertanto, a distinguere i trasferimenti a RFI che provengono dal bilancio dello Stato da quelli provenienti da Ferrovie dello Stato, il cui conto di tesoreria è classificato come conto di copertura.

La relazione precisa, peraltro, che l’apertura del conto avrebbe dovuto essere autorizzata già nel corso del 2019, ma si sono resi necessari approfondimenti operativi con la Società al fine di definire gli aspetti tecnici relativi alla gestione dei flussi finanziari e informativi che hanno determinato l’allungamento dei tempi per l’autorizzazione all’apertura del conto.

 


 

Articolo 38, commi 1-3
(Fondo liquidità per enti in riequilibrio finanziario pluriennale)

 

 

L’articolo 38 (commi 1-3) introduce alcune disposizioni finalizzate ad assicurare una maggior disponibilità di risorse di cassa per l’anno 2020 agli enti locali in situazione di predissesto i quali, a seguito dell’applicazione dei più restrittivi criteri derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019, hanno dovuto procedere alla riproposizione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, con conseguente incremento della quota annuale di ripiano.

La norma consente, a tal fine, ai suddetti enti locali, di richiedere al Ministero dell’interno, entro il 31 gennaio 2020, un incremento dell’anticipazione già ricevuta a valere sul Fondo di rotazione, appositamente previsto dal TUEL a sostegno dei piani di riequilibrio, da restituire in quote annuali di pari importo per un periodo di dieci anni. Nel corso dell’esame in sede referente, è stata inserita la disposizione che consente che le somme anticipate possono essere utilizzate, oltre che per il pagamento di debiti presenti nel piano di riequilibrio pluriennale, anche per il pagamento delle esposizioni eventualmente derivanti dal contenzioso censito nel piano di riequilibrio stesso.

 

Come accennato, le norme introdotte dai commi 1-3 dell’articolo in esame riguardano esclusivamente gli enti locali direttamente coinvolti dagli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019.

Si tratta di quegli enti che, avendo rimodulato/riformulato il proprio piano di riequilibrio finanziario pluriennale ai sensi dell’articolo 1, comma 714 della legge n. 208/2015 (legge di bilancio per il 2016), poi dichiarato incostituzionale, hanno dovuto, successivamente alla citata sentenza, ripresentare il piano di riequilibrio medesimo, con conseguente ricalcolo complessivo del disavanzo da ripianare, sulla base delle disposizioni introdotte a tal fine dall’articolo 38, comma 2-bis, del D.L. n. 34/2019 (c.d. Decreto-legge crescita).

Si rammenta che la Sentenza della Corte Costituzionale n. 18 del 14 febbraio 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 714 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 (come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge n. 232/2016), che aveva dato facoltà agli enti locali che avevano presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale prima dell’approvazione del rendiconto per l’esercizio 2014 e che non avevano ancora provveduto ad effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi (richiesto dall’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011 di armonizzazione contabile), di rimodulare il rispettivo piano, scorporando dal piano la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui richiesta dalla procedura di riequilibrio finanziario, limitatamente ai residui antecedenti al 1º gennaio 2015 (ex art. 243-bis, comma 8, lett. e) del TUEL), e ripianando tale quota in un arco temporale di trenta anni (periodo ben più ampio di quello previsto dalla normativa allora vigente, che limitava la durata del piano di rientro ad un periodo massimo di 10 anni; attualmente, la durata del piano di riequilibrio finanziario è compresa tra quattro e venti anni[64]).

Si rammenta che la facoltà di rimodulazione/riformulazione del piano di riequilibrio pluriennale prevista dal citato comma 714 era dunque legata alla condizione che, alla data di presentazione od approvazione del piano di riequilibrio originario, l’ente locale non avesse ancora approvato il rendiconto 2014 ed effettuato lo specifico riaccertamento straordinario dei residui[65] previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 118/2011 (contabilità armonizzata).

Il comma 714 consentiva, in tal caso, una diversa facoltà di gestione della quota di disavanzo connesso agli effetti contabili del riaccertamento, scorporando la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui richiesta dalla procedura di riequilibrio (ai sensi dell’art. 243-bis, comma 8, lettera e)[66], del D.Lgs. n. 267/2000), e consentendone il ripiano - e la restituzione delle anticipazioni di liquidità erogate - in un arco temporale di 30 anni (in luogo dei 10 anni allora previsti dall’art. 243-bis del TUEL), come previsto per il ripiano del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui di cui all’art. 3, comma 16, del D.Lgs. n. 118/2011. In merito, il comma 714 disponeva, infatti, che l'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui, effettuato a seguito dell'attuazione del comma 7 e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, fosse ripianato in non più di 30 esercizi a quote costanti l'anno.

 

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 18 del febbraio 2019 ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge n. 232 del 2016, in riferimento agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., sia sotto il profilo della lesione dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, sia per contrasto con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilità nell’esercizio del mandato elettivo.

Con l’allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo - secondo la Corte-  “l’equilibrio del bilancio sarebbe alterato per l’intero trentennio, durante il quale sarebbero consentite spese correnti oltre la dimensione delle risorse di parte corrente; sarebbero violate le regole inerenti all’indebitamento che, per finanziare la permanenza in deficit trentennale, graverebbero in modo ingiusto e illogico sulle generazioni future; sarebbe leso in modo irreparabile il principio di rappresentanza democratica, perché la responsabilità degli amministratori che hanno provocato il deficit sarebbe stemperata per un lunghissimo arco generazionale, in modo da determinare una sorta di oblio e di immunità a favore dei responsabili”.

La norma, in sostanza, violerebbe gli artt. 81 e 97 Cost., in quanto prevederebbe una misura di salvaguardia dell’equilibrio di bilancio destinata a dipanarsi in un arco temporale dilatato ben oltre il ciclo triennale di bilancio e ad ampliare la capacità di spesa dell’ente in condizioni di conclamato squilibrio.

La Corte ricorda come il regime ordinario inerente alla copertura del disavanzo di gestione preveda (art. 188 del T.U. enti locali) che esso sia immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto o, comunque, nell’arco del triennio successivo e – in caso di scadenza del mandato elettorale – entro la data di quest’ultimo. Già la disciplina del predissesto consentirebbe una rilevante deroga temporale per completare il rientro dal deficit, consentendo di fruire di anticipazioni e prolungare gli accantonamenti fino al limite di dieci anni. La norma censurata consentirebbe in modo irragionevole e contraddittorio di mantenere inalterato il piano di pagamento dei creditori e di fruire di un allargamento della spesa corrente fino al limite temporale dei trenta anni, in misura pari al minore accantonamento conseguente alla dilazione trentennale.

Si rammenta, infine, che a seguito alla Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale, il Governo, con una lettera aperta inviata dalla vice-Ministra all’economia e alle finanze, Laura Castelli, alla Corte dei conti, ha chiesto l’emanazione di un parere di orientamento con cui fornire delucidazioni in merito all’attuazione corretta e puntuale della Sentenza n. 18/2019 (parere fornito dalla Corte dei Conti, il 12 aprile 2019, con deliberazione N. 8/SEZAUT/2019).

Pertanto, al fine di consentire agli enti locali di recepire il contenuto della Sentenza n. 18/2019 ed allinearsi alla normativa vigente, con il D.L. n. 34/2019 (c.d. Decreto-legge crescita) si è data la possibilità agli enti locali che avevano rimodulato il proprio piano di riequilibrio ai sensi del citato comma 714 di riproporre il piano, al fine di adeguarlo alla normativa vigente, con il conseguente il ricalcolo complessivo del disavanzo da ripianare, già oggetto del piano modificato (articolo 38, commi 2-bis-2-quater, D.L. n. 34/2019).

 

Nel dettaglio, l’articolo 38 in esame prevede, al comma 1, che gli enti locali in predissesto i quali, a seguito degli effetti della Sentenza n. 18 del 2019 della Corte Costituzionale, hanno ripresentato il proprio piano di riequilibrio pluriennale e, di conseguenza, hanno dovuto incrementare la quota annuale di ripiano prevista dal rispettivo piano, possono richiedere al Ministero dell’interno per l’anno 2020, entro il 31 gennaio 2020, un incremento dell’anticipazione già ricevuta, a valere sul “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”, di cui all’articolo 243-ter del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), appositamente istituito a sostegno dei piani di riequilibrio.

I criteri per la determinazione dell'importo massimo dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente locale a valere sul predetto Fondo, nonché le modalità per la concessione e per la restituzione della stessa in un periodo massimo di 10 anni decorrente dall'anno successivo a quello in cui viene erogata l'anticipazione, sono definiti nel D.M. 11 gennaio 2013, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 243-ter, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Il comma 2 chiarisce che l’incremento dell’anticipazione è assegnato con decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro il 29 febbraio 2020, nei limiti delle disponibilità del suddetto Fondo di rotazione, in misura proporzionale alla differenza tra la rata annuale dovuta nel 2020, a titolo di ripiano del piano di riequilibrio pluriennale di ciascun ente locale richiedente, e la rata annuale dovuta nell’esercizio immediatamente precedente l’applicazione degli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 18 del 2019.

Nel corso dell’esame in sede referente, è stata inserita nel comma 2 la disposizione che prevede, in deroga al citato articolo 243-sexies del TUEL, che le somme anticipate possono essere utilizzate, oltre che per il pagamento di debiti presenti nel piano di riequilibrio pluriennale, anche per il pagamento delle esposizioni eventualmente derivanti dal contenzioso censito nel piano di riequilibrio stesso.

L’anticipazione è restituita in quote annuali di pari importo per un periodo di dieci anni, secondo le modalità già previste per il Fondo di rotazione, di cui al D.M. 11 gennaio 2013 (comma 3).

Si rammenta che l’articolo 243-bis del TUEL - come successivamente modificato, da ultimo dall’art. 1, commi 888-889, della legge n. 205/2017 - stabilisce che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ed, entro i successivi novanta giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) approvare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. La durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale è determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare e l'ammontare degli impegni di spesa corrente (Titolo I) del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell'ultimo rendiconto approvato.

Il piano di riequilibrio deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio.

Una volta deliberato, entro 10 giorni il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL), per l’istruttoria, ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell’approvazione dello stesso entro 30 giorni, secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater. In caso di approvazione del piano, la Corte dei Conti vigila sull'esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi dell'art. 243-bis, comma 6, lettera a), apposita pronuncia.

Ai fini del riequilibrio, l’ente interessato può avvalersi anche di una apposita anticipazione, prevista dall’articolo 243-ter: Questa è erogata dallo Stato a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province) e deve essere restituita entro 10 anni.

In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.

Sulla suesposta disciplina sono successivamente intervenute numerose integrazioni e modifiche normative, principalmente volte a consentire agli enti locali, che avevano già attivato la procedura di riequilibrio, la facoltà di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio, per lo più legate all’esigenza di coordinamento tra i contenuti del piano di riequilibrio e gli eventuali effetti peggiorativi derivanti dall’adozione degli adempimenti previsti per il passaggio al sistema di contabilità armonizzata, di cui al D.Lgs. n. 118/2011, connessi principalmente al riaccertamento straordinario dei residui.


 

Articolo 38, comma 3-bis
(Ampliamento dei termini per la restituzione delle anticipazioni concesse ai comuni in dissesto per pagamenti in sofferenza)

 

 

Il comma 3-bis dell’articolo 38, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, amplia il periodo entro il quale i comuni che abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario nel secondo semestre 2016 e che abbiano richiesto anticipazioni di somme al Ministero dell’interno per i pagamenti in sofferenza, devono provvedere alla restituzione delle relative somme.

In particolare, il comma prevede che la restituzione delle somme avvenga nei dieci esercizi finanziari successivi, in luogo dei tre esercizi attualmente previsti dalla normativa vigente, a partire dal secondo anno dall'assegnazione, entro il 30 settembre di ciascun anno.

 

Rispetto, dunque, alla normativa vigente - che prevede che le somme corrisposte siano restituite, in parti uguali, nei tre esercizi successivi al 2019 - con la disposizione in esame si consente ai comuni in questione di restituire le somme corrisposte nei dieci esercizi successivi al secondo anno dall'assegnazione (già disposta con D.M. 20 febbraio 2019), vale a dire dall’anno 2021.

 

La norma in esame modifica, a tal fine, il comma 907 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n.145 (legge di bilancio per il 2019).

Si rammenta che il citato comma 907, per favorire il ripristino dell'ordinata gestione di cassa del bilancio corrente dei comuni che hanno dichiarato lo stato di dissesto finanziario, ha introdotto la facoltà per i comuni di chiedere al Ministero dell'interno un’anticipazione di somme, entro il 31 gennaio 2019, da destinare ai pagamenti in sofferenza. La richiesta al Ministero deve essere corredata da una motivazione. L’assegnazione delle somme richieste è effettuata entro il limite massimo complessivo di 20 milioni di euro e di 300 euro per abitante.

Con decreto del Ministero dell’interno 20 febbraio 2019[67] è stata autorizzata la concessione di anticipazione di somme da destinare ai pagamenti in sofferenza a favore di quattro comuni che nel secondo semestre dell'anno 2016 hanno dichiarato lo stato di dissesto finanziario, per favorire il ripristino dell'ordinata gestione di cassa del bilancio corrente (si tratta, in particolare, dei comuni di Arcate, Tortorici, Cirò Marina, Porto Empedocle, per 14,7 milioni di anticipazione complessiva). L’articolo 3 del decreto prevede che l'anticipazione ricevuta dai comuni deve essere restituita, ai sensi del comma 907 dell'art. 1 della già citata legge n. 145/2018, in parti uguali, entro il 30 settembre 2020, 2021 e 2022.

Il comma 907 prevede inoltre che in caso di mancato versamento nei termini previsti, l'Agenzia delle entrate provveda al recupero nei confronti del comune inadempiente all'atto del pagamento allo stesso dell'imposta municipale propria (IMU). All'agenzia delle entrate è dunque demandato il compito di procedere a forme di compensazione delle somme dovute dal comune inadempiente a valere sugli importi al medesimo spettanti a titolo di imposta municipale propria.

Il comma prevede, altresì che gli enti in disavanzo possono applicare al bilancio la quota del risultato di amministrazione accantonato nel fondo anticipazioni per il rimborso dell'anticipazione.


 

Articolo 38-bis, commi 1 e 2
(Certificazione attestante il rispetto
del pareggio di bilancio per l’anno 2017)

 

 

L’articolo 38-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene, ai commi 1 e 2, sulla disciplina relativa alla documentazione che gli enti territoriali devono produrre per attestare il conseguimento del pareggio del bilancio per l’anno 2017.

 

In particolare, il comma 1 reca la proroga, dal 30 gennaio al 30 giugno 2020 del temine perentorio per l’invio della nuova certificazione attestante il conseguimento del pareggio per l’anno 2017, che gli enti locali sono tenuti a presentare qualora la certificazione già trasmessa nei termini di legge sia risultata difforme dalle risultanze del rendiconto di gestione relativo a tale esercizio finanziario.

 

A tal fine è novellato il comma 473-bis dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 (introdotto dal c.d. decreto legge fiscale - D.L. n. 124/2019), che, in deroga alla disciplina vigente, ha previsto, per il solo anno 2017, che nel caso in cui la certificazione trasmessa sia difforme dalle risultanze del rendiconto di gestione, gli enti sono tenuti ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente, entro il termine perentorio del 31 gennaio 2020.

 

L’articolo 1, commi da 463 a 482, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017) recano le regole del pareggio di bilancio per gli enti territoriali ai fini del loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Il conseguimento del pareggio del bilancio per gli enti locali e le regioni consiste nel saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

Il comma 470 stabilisce che ciascun ente, ai fini della verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, debba inviare alla Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento una certificazione dei risultati conseguiti, firmata dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. La mancata trasmissione della certificazione entro tale termine costituisce inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio (con applicazione delle conseguenti sanzioni). Il comma 473 impone la corrispondenza tra i dati contabili rilevanti ai fini del conseguimento del saldo e le risultanze del rendiconto di gestione. Nel caso in cui la certificazione trasmessa sia difforme dalle risultanze del rendiconto di gestione, gli enti sono tenuti ad inviare una nuova certificazione a rettifica della precedente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'approvazione del rendiconto e, comunque, non oltre il 30 giugno del medesimo anno per gli enti locali e il 30 settembre per le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Rispetto a tali disposizioni, il citato comma 473-bis, introdotto dal D.L. n. 124/2019, ha previsto una deroga, per il solo anno 2017, nel caso in cui la certificazione trasmessa sia difforme dalle risultanze del rendiconto di gestione, disponendo che gli enti sono tenuti ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente, entro il termine perentorio del 31 gennaio 2020.

 

Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dal precedente comma, nel limite di 758.000 euro per l’anno 2020, si provvede con le risorse non utilizzate di cui all’articolo 1, comma 479, lettera b), della legge n. 232/2016.

Si rammenta che l’articolo 1, comma 479, lettera b), della legge n. 232/2016 ha introdotto, dall'anno 2018, un sistema premiale in favore degli enti territoriali che oltre al conseguimento del pareggio di bilancio conseguivano una serie di risultati. Gli incentivi erano di due tipi: una premialità monetaria e un alleggerimento dei vincoli alla spesa del personale. In particolare, per città metropolitane, province e comuni rispettosi del pareggio erano previste assegnazioni, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 luglio di ciascun anno, di eventuali risorse derivanti dalla riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale e dai versamenti e recuperi, effettivamente incassati, per essere destinate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna città metropolitana, provincia e comune è determinato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Tali disposizioni hanno cessato di avere applicazione a decorrere dal 2019, ai sensi del comma 823 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018), che ha decretato il superamento dei vincoli del pareggio di bilancio (di cui ai commi 465 e seguenti dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016), sostituiti dal semplice ricorso all’equilibrio di bilancio di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, in base al quale, gli enti territoriali si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo, senza ulteriori vincoli.


 

Articolo 38-bis, comma 3, lettera a)
(Concessione dei contributi ai comuni per
investimenti in progetti di rigenerazione urbana)

 

 

L’articolo 38-bis, comma 3, lettera a), introdotto nel corso dell’esame in sede referente, novella in più punti il comma 43 dell’art. 1 della L. n. 160/2019 (legge di bilancio 2020) che disciplina la procedura di riparto, rendicontazione ed eventuale recupero dei contributi ai comuni per investimenti nei progetti di rigenerazione urbana di cui al precedente comma 42. Le modifiche sono volte a prevedere il concerto anche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sul D.P.C.M. che individua i criteri di riparto dei contributi, il differimento al 30 marzo 2020 del termine per l’adozione di tale D.P.C.M. e l’inclusione tra i profili demandati al D.P.C.M. anche delle modalità di ammissibilità delle istanze di contributo, di revoca dei medesimi, di presentazione delle istanze e di concessione dei contributi.

 

L’articolo 38-bis, comma 3, lettera a), modifica in più punti il comma 43 dell’art. 1 della L. n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) che reca la disciplina delle modalità di attuazione del comma 42 della medesima disposizione, volto a prevedere l’assegnazione ai comuni di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana.

Si ricorda che il citato comma 42 dispone che per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034 sono assegnati ai comuni contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo 8,5 miliardi di euro (150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 milioni di euro per l'anno 2022, 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034). 

Il successivo comma 43 – oggetto di modifica da parte della disposizione in esame – dispone l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro la data del 31 gennaio 2020 di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali, per l’individuazione:

§  dei criteri e delle modalità di riparto, ivi incluse le modalità di utilizzo dei ribassi d’asta;

§  delle modalità di monitoraggio, anche in termini di effettivo utilizzo delle risorse assegnate e comunque tramite il sistema di cui al D.Lgs. n. 229/2011 (recante "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti"), di rendicontazione e di verifica;

§  e delle modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

L’ultimo periodo del vigente comma 43 precisa, infine, che gli importi per ciascun comune beneficiario sono individuati con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al periodo precedente.

 

Le modifiche recate dalla norma in esame al citato comma 43 sono finalizzate a:

§  prevedere che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia adottato di concerto non solo con il Ministro dell’interno (come previsto dalla norma vigente) ma anche con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

§  differire dal 31 gennaio al 31 marzo 2020 il termine per l’adozione del medesimo D.P.C.M., previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali;

§  includere tra i profili demandati al D.P.C.M. anche le modalità di valutazione dell’ammissibilità delle istanze, oltre che (come già previsto dalla norma vigente) le modalità di riparto e assegnazione;

§  prevedere che il medesimo D.P.C.M. disciplini altresì le modalità di revoca dei contributi, e non solo – come previsto dalla norma vigente – di loro recupero in caso di mancata utilizzazione delle somme;

§  stabilire che con decreto del Ministero dell’interno sono individuate le modalità di trasmissione delle istanze di concessione;

§  prevedere una più articolata disciplina della procedura di concessione dei contributi (in luogo della previsione della norma vigente che si limita a disporre che con decreto del Ministero dell’interno sono determinati gli importi dei contributi) in base alla quale:

-     le istanze per la concessione dei contributi sono presentate entro il 30 giugno dell’anno precedente il triennio di riferimento;

-     i contributi sono concessi con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il successivo 30 settembre.


 

Articolo 38-bis, commi 3, lettere b) e c), 4 e 5
(Ricollocazione di risorse per la manutenzione
della rete viaria di province e città metropolitane)

 

 

I commi 3, lettere b) e c), 4 e 5 dell’articolo 38-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, prevedono una ricollocazione delle risorse previste dalla legge di bilancio 2020 (commi 62-64) per la concessione di contributi per il finanziamento di interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, nonché degli interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza delle strade e di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico delle scuole degli enti medesimi.

 

Il comma 4 prevede la destinazione di ulteriori risorse (pari a 345 milioni di euro) per i contributi per il finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane previsti dal comma 1076 della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) e già incrementati dal comma 62, lettera a), della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019).

In verità non si tratta di un nuovo finanziamento ma di una ricollocazione della quota delle risorse destinate, dal comma 63 della legge di bilancio 2020, ad interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza delle strade di province e città metropolitane.

La lettera b) del comma 3, infatti, nello riscrivere il citato comma 63 (che destina complessivi 3,45 miliardi di euro ad interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza delle strade e di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico delle scuole di province e città metropolitane), provvede ad eliminare, dal novero degli interventi finanziati, quelli di messa in sicurezza delle strade. Conseguentemente, lo stanziamento complessivo viene ridotto di 345 milioni che vengono sottratti dallo stanziamento complessivo previsto dal comma 63 e destinati agli interventi di manutenzione della rete viaria previsti dal comma 4 in esame.

Ciò viene confermato dal disposto del comma 5, che precisa che agli oneri derivanti dal comma 4 si provvede mediante utilizzo delle risorse derivanti dalla riduzione di spese prevista dalla lettera b).


 

La tabella seguente evidenzia la ricollocazione delle risorse operata dalle norme in esame:

(importi in milioni di euro)

Anni

Risorse
c. 1076
L. 205/17

Ricolloc.

co. 4

Totale

Risorse
c. 63
L. 160/19

Ricolloc.

co. 3, lett. b)

Totale

2018

120

 

120

 

 

 

2019

300

 

300

 

 

 

2020

350

+10

360

100

-10

90

2021

400

+10

410

100

-10

90

2022

550

+25

575

250

-25

225

2023

550

+25

575

250

-25

225

2024

250

+25

275

250

-25

225

2025

250

+25

275

250

-25

225

2026

250

+25

275

250

-25

225

2027

250

+25

275

250

-25

225

2028

250

+25

275

250

-25

225

2029

250

+25

275

250

-25

225

2030

250

+25

275

250

-25

225

2031

250

+25

275

250

-25

225

2032

250

+25

275

250

-25

225

2033

250

+25

275

250

-25

225

2034

250

+25

275

250

-25

225

Totale

5.020

+345

5.365

3.450

-345

3.105

 

Conseguentemente alla ricollocazione testé illustrata, poiché le risorse previste dal nuovo testo del comma 63 sono destinate solamente ad interventi di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico delle scuole di province e città metropolitane, di competenza del Ministero dell’istruzione:

§  la lettera b) del comma 3 prevede che lo stanziamento del comma 63 è ora destinato allo stato di previsione del Ministero dell’istruzione;

§  la lettera c) del comma 3 reca una serie di modifiche al comma 64 della legge di bilancio 2020, ove viene regolata la disciplina di attuazione del comma 63, finalizzate a sopprimere i riferimenti ad altri Ministeri non più coinvolti nell’emanazione dei decreti attuativi (vale a dire quelli dell’interno e delle infrastrutture e dei trasporti) e a modificare i termini per l’emanazione dei medesimi decreti. Nel dettaglio:

-     viene differito dal 31 gennaio al 31 marzo 2020 il termine per l’emanazione del D.P.C.M. (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'istruzione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali) con cui sono individuati i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse, ivi incluse le modalità di utilizzo dei ribassi d'asta, di monitoraggio, nonché di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate;

-     viene ampliato da 30 a 90 giorni il termine, decorrente dalla pubblicazione del citato D.P.C.M., per l’emanazione del decreto del Ministero dell’istruzione con cui sono individuati gli enti beneficiari, gli interventi ammessi al finanziamento e il relativo importo.


 

Articolo 38-bis, comma 3, lettera d)
(Soppressione del monitoraggio degli effetti di modifiche
di tributi erariali su Trentino-Alto Adige/Südtirol)

 

 

Il comma 3, lettera d) dell’articolo 38-bis abroga la norma della legge di bilancio 2020 che prevedeva, a seguito di modifiche della disciplina statale relativa ai tributi erariali, l’attivazione di procedure di verifica degli eventuali effetti negativi sulla finanza della Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 548 della legge 160 del 2019, abrogata dalla norma in esame (introdotta nel corso dell’esame in sede referente), stabilisce che nel caso di modifiche della disciplina statale relativa ai tributi erariali che potrebbero produrre effetti negativi sulla finanza della regione o delle province, devono essere attivate specifiche procedure al fine di monitorare gli effetti finanziari delle suddette modifiche.

La finanza della regione e delle province autonome è infatti basata sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali stabilite nello statuto e nelle norme di attuazione, norme che disciplinano altresì la base di computo e le modalità di attribuzione. Le compartecipazioni, in altre parole, possono essere considerati tributi ‘regionali’ (o ‘provinciali’ in questo caso) solo ai fini della destinazione del gettito, mentre è interamente rimessa alla legge dello Stato la loro disciplina: istituzione, soggetti passivi e base imponibile, sanzioni, contenzioso.

In sostanza la norma soppressa inseriva un impegno da parte dello Stato di monitorare gli effetti sulla finanza della regione e delle province di eventuali modifiche ai tributi erariali che possano ridurre le entrate erariali dei tre enti.

 

 


 

Articolo 39, commi 1-14-ter
(Misure organizzative urgenti per la riduzione dell'onere del debito degli enti locali e delle Regioni)

 

 

L'articolo 39 consente di ristrutturare il debito degli enti locali con accollo allo Stato. Viene disciplinata la gestione delle operazioni di ristrutturazione e le modalità di rimborso del debito nei confronti dello Stato. Le modifiche introdotte dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente dispongono, in favore degli enti interessati dagli eventi sismici del 2016, la sospensione per un anno del rimborso delle anticipazioni di liquidità acquisite per il pagamento dei debiti scaduti della PA, nonché la proroga all'anno 2023 della decorrenza del rimborso della somma delle quote capitale annuali sospese negli anni restanti di ogni piano di ammortamento originario. Si stabiliscono inoltre dei vincoli per l'utilizzo, nel 2022, dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti interessati dalla sospensione.

 

Secondo la relazione illustrativa, l'operazione permetterebbe di ridurre il valore finanziario delle passività totali a carico delle finanze pubbliche sia attraverso una minore rischiosità per gli istituti finanziari derivante dall'avere come controparte lo Stato anziché gli enti, sia attraverso la semplificazione derivante dall'unificazione in un unico piano di ammortamento o titolo obbligazionario delle varie posizioni debitorie dei singoli enti.

 

In particolare, il comma 1 dispone che i comuni, le province e le città metropolitane che abbiano contratto dei mutui con banche o intermediari finanziari in essere alla data del 30 giugno 2019 possono presentare al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) apposita istanza affinché tali mutui vengano ristrutturati dallo stesso MEF, con accollo da parte dello Stato, al fine di conseguire una riduzione totale del valore finanziario delle passività totali a carico delle finanze pubbliche, ai sensi dell’articolo 1, commi 71 e seguenti, della legge n. 311 del 2004 in materia di conversione e rinegoziazione dei mutui degli enti locali.

La relazione illustrativa chiarisce che con il termine "ristrutturazione" debba intendersi sia l'estinzione anticipata del mutuo con contestuale stipula di mutuo sostitutivo, quanto la rinegoziazione delle condizioni dei mutui in essere.

 

I mutui devono presentare le seguenti caratteristiche:

-         vigenza alla data del 30 giugno 2019;

-         scadenza successiva al 31 dicembre 2024;

-         debito residuo superiore a 50.000 euro;

-         debito residuo inferiore a 50.000 euro nei casi di enti con un’incidenza degli oneri complessivi per rimborso prestiti e interessi sulla spesa corrente media del triennio 2016-2018 superiore all’8 per cento.

 

Le modalità e i termini di presentazione dell'istanza saranno stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottare, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

 

Ai sensi dell'articolo 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001, il valore attuale delle passività finanziarie successivo alla ristrutturazione deve essere inferiore a quello precedente. Da tale verifica possono essere esonerati i comuni con meno di 5.000 abitanti secondo modalità definite con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui sopra.

 

Il comma dispone inoltre che per la gestione delle attività di cui al presente articolo, il MEF debba avvalersi di una società in house, con onere nel limite massimo di 2 milioni di euro nell’anno 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021. La società è individuata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui sopra.

 

Viene inoltre costituita una Unità di coordinamento con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a cui partecipano di diritto il MEF e il Ministero degli Interni. A tale unità spetta:

-         il monitoraggio delle attività di cui al presente articolo;

-         il coordinamento nei confronti degli enti locali destinatari della ristrutturazione;

-         l’individuazione di soluzioni amministrative comuni volte a uniformare le interlocuzioni tra gli enti locali e la predetta società in house, per agevolare l’accesso alle operazioni stesse.

 

Secondo la relazione tecnica, con il medesimo DPCM, e al fine di assicurare la neutralità finanziaria dichiarata nella disposizione, si provvederà a individuare la struttura dirigenziale già esistente, nell'ambito dell'organizzazione del MEF, preposta a fornire il supporto tecnico occorrente al funzionamento della predetta unità con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Appare opportuno valutare l'inserimento nel testo dell'articolo della previsione di attingere dal MEF il personale dirigenziale dell'Unità di coordinamento a cui fa riferimento la relazione tecnica.

 

Partecipano all’Unità i rappresentanti di ANCI e UPI.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri definisce la durata, l’organizzazione, la struttura, il funzionamento dell’Unità nonché le modalità di raccordo con la predetta società in house.

 

É prevista la possibilità che le operazioni comportino l’emissione di apposite obbligazioni da parte dello Stato in sostituzione dei mutui oggetto di accollo, purché da tali emissioni non derivi un aumento del debito delle pubbliche amministrazioni come definito dal Regolamento UE 479/2009. Ad esito dell’operazione di accollo è ammessa la possibilità di surroga del mutuante da parte di un soggetto terzo che diventa il nuovo soggetto creditore dello Stato.

 

Il comma 2 ammette tra le operazioni oggetto di ristrutturazione e di conseguente accollo da parte dello Stato anche eventuali operazioni derivate connesse ai mutui di cui al comma 1 e rientranti nelle tipologie di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389 recante la disciplina delle operazioni in strumenti derivati.

 

Il comma 3 obbliga l'ente a indicare, nel caso in cui le operazioni di ristrutturazione prevedano l’estinzione anticipata totale o parziale del debito, l’impegno a destinare specifiche risorse al pagamento di eventuali penali o indennizzi e di ogni altro onere connesso, da versare allo Stato alle condizioni e con il profilo temporale negoziati con l’istituto mutuante.

 

Il comma 4 stabilisce che a seguito della presentazione dell’istanza, eseguita l'istruttoria e le attività necessarie per la ristrutturazione del mutuo, la società in house di cui al comma 1 comunica all’ente le condizioni dell’operazione, il nuovo profilo di ammortamento del mutuo ristrutturato, distintamente per la quota capitale e la quota interesse, gli oneri e le eventuali penali o indennizzi a carico dell’ente.

 

Il comma 5 autorizza la società in house a effettuare l'operazione di ristrutturazione soltanto dopo che l'ente abbia accettato le condizioni di cui al comma 4.

 

Il comma 6 disciplina l'accollo dei mutui degli enti da parte dello Stato. Viene stabilito infatti che, con la medesima decorrenza dell’operazione di ristrutturazione di cui al comma 5 l’ente sottoscrive con la società in house un contratto avente a oggetto l’accollo da parte dello Stato dei mutui ristrutturati degli enti. A seguito dell'accollo gli enti divengono debitori nei confronti dello Stato e il contratto definisce pertanto le modalità di estinzione del debito, comprensive di interessi. L'estinzione dovrà avvenire su un periodo pari a quello previsto per l’estinzione dei mutui di cui al comma 1, prevedendo altresì, qualora l’ente non adempia nei termini ivi stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime somme sia l’applicazione di interessi moratori.

Il comma individua quindi una serie di principi che dovranno essere rispettati dalle modalità di estinzione del debito. In particolare:

a)      l’ente è tenuto a versare su un'apposita contabilità speciale (disciplinata dal successivo comma 9) un contributo di importo pari alle eventuali spese da sostenere per le penali o gli indennizzi derivanti dalla ristrutturazione, alle condizioni e con il profilo temporale negoziati con l’istituto mutuante;

b)     le scadenze delle rate di ammortamento versate allo Stato sono individuate in modo da garantire il pagamento delle rate di ammortamento del debito ristrutturato entro le scadenze previste dal relativo piano di ammortamento;

c)      le rate di ammortamento versate dall’ente allo Stato sono di importo almeno pari alle rate dei piani di ammortamento dei mutui e dei derivati ristrutturati;

d)     le quote capitale versate allo Stato in ciascun esercizio sono di norma di importo pari alle quote capitale del debito ristrutturato nel medesimo esercizio, ma non possono in ogni caso essere inferiori al totale annuale delle quote capitale dei mutui di cui al comma 1;

e)      la quota interessi versata allo Stato in ciascun esercizio è pari alla differenza, se positiva, tra la rata di ammortamento determinata secondo le modalità di cui alla lettera c) e la quota capitale determinata secondo le modalità di cui alla lettera d). In caso di differenza nulla o negativa, la quota interessi dovuta dall’ente è pari a 0;

f)      negli esercizi in cui il proprio debito nei confronti dello Stato è estinto e il debito ristrutturato è ancora in corso di restituzione, l’ente è tenuto a versare allo Stato un contributo. In base alla modifica introdotta dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente, tale contributo deve essere di importo tale da consentire, complessivamente, il rimborso delle rate di cui al piano di ammortamento ristrutturato, tenuto conto dei versamenti già effettuati.

 

Il comma 7 introduce delle disposizioni volte a garantire allo Stato la disponibilità delle somme necessarie al rimborso del mutuo ristrutturato. In particolare, gli enti locali saranno tenuti al rilascio a favore del MEF di una apposita delegazione di pagamento ai sensi dell’articolo 206 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000). In caso di inadempienza, in tutto o in parte, sulla base dei dati comunicati dalla società in house, l’Agenzia delle entrate provvede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all’atto del pagamento agli stessi dell’imposta municipale propria, riscossa tramite modello F24 o altre modalità di riscossione e, per le città metropolitane e le province, all’atto del riversamento alle medesime dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile, derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui all’articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997, n. 446, riscossa tramite modello F24. Con cadenza trimestrale, gli importi recuperati dall’Agenzia delle entrate sono riversati dalla stessa Agenzia alla contabilità speciale di cui al comma 9. Nel caso in cui l’Agenzia delle entrate non riesca a procedere, in tutto o in parte, al versamento richiesto dal MEF, l’ente è tenuto a versare la somma direttamente sulla contabilità speciale di cui al comma 9, dando comunicazione dell’adempimento al MEF stesso.

 

Il comma 8 specifica che la quota di interessi, di cui al comma 6, lettera e), del debito contratto con lo Stato concorre al calcolo del limite di indebitamento massimo di cui all'articolo 204, comma 1, del TUEL.

 

Il comma 9 autorizza l’apertura di una apposita contabilità speciale intestata alla società in house, che provvederà alla relativa rendicontazione, per la gestione delle operazioni di ristrutturazione. Tale contabilità speciale ha natura di gestione fuori bilancio, assoggettata al controllo della Corte dei conti, ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 1041 del 1971.

 

Il comma 10 introduce un'ulteriore garanzia di rimborso dei mutui oggetto di accollo, prevedendo che le giacenze della contabilità speciale di cui al comma 9, nei limiti delle effettive esigenze di rimborso dei mutui oggetto di accollo, possano essere integrate utilizzando a titolo di anticipazione, mediante girofondo, le risorse disponibili sulla contabilità speciale di cui all’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014. Quest'ultima giacenza sarà reintegrata non appena siano disponibili le somme versate dagli enti sulla contabilità speciale di cui al comma 9.

 

Il comma 11 estende la possibilità di ristrutturazione e accollo ai mutui contratti per la realizzazione di infrastrutture necessarie per il miglioramento dei servizi pubblici dalle società partecipate dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane a capitale interamente pubblico incluse nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) applicando le procedure di cui ai commi 6 e 7 del presente articolo nei confronti dell’ente stesso e con l’impegno dell’ente a subentrare come controparte alla società partecipata in caso di ristrutturazione. In tal caso, ai fini della determinazione del limite di indebitamento di cui all’articolo 204 del TUEL, si tiene anche conto della quota interessi relativa ai mutui ristrutturati ai sensi del presente comma.

 

I commi 12, 12-bis e 12-ter prevedono l’istituzione di un tavolo tecnico al fine di stabilire modalità e termini per l’applicazione della disciplina attuativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nei confronti delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché al fine di valutare eventuali adeguamenti della normativa vigente.

 

Il comma 13 interviene sull'articolo 45, comma 11 dell’articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014 in materia di ristrutturazione del debito delle regioni al fine di disciplinare il caso di estinzione anticipata dei mutui che lo Stato ha concesso alle regioni per finanziare il riacquisto dei titoli obbligazionari da esse emessi. Si prevede in particolare che, nel caso di estinzione anticipata del mutuo, gli importi pagati dalle regioni sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, in relazione alla parte capitale, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il comma 14, infine, individua la copertura finanziaria degli oneri relativi alla società in house di cui al comma 1 (pari al limite massimo di 2 milioni di euro nell’anno 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021) mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Il comma 14-bis, inserito dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente, apporta alcune modifiche all'articolo 44 (recante Disposizioni in materia di contabilità e bilancio), comma 4, del decreto-legge n. 189 del 2016 (recante Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016). In particolare:

a)      è prorogata di un anno (all'anno 2022, anziché soltanto fino al 2021) la durata della sospensione del versamento della quota capitale annuale corrispondente al piano di ammortamento del rimborso delle anticipazioni di liquidità acquisite per il pagamento dei debiti scaduti ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge n. 35 del 2013;

b)     proroga all'anno 2023 la decorrenza del rimborso della somma delle quote capitale annuali sospese negli anni restanti di ogni piano di ammortamento originario. Si stabiliscono inoltre dei vincoli per l'utilizzo, nel 2022, dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti interessati dalla sospensione. In particolare, tali enti possono utilizzare l'avanzo di amministrazione esclusivamente per la riduzione del debito, e possono accertare entrate per accensione di prestiti per un importo non superiore a quello degli impegni per rimborso prestiti, al netto di quelli finanziati dal risultato di amministrazione, incrementato dell'ammontare del disavanzo ripianato nell'esercizio. Entro 60 giorni dalla conversione in legge del presente decreto, gli enti possono comunicare al MEF di non essere interessati alla sospensione per l'esercizio 2022.

 

Il comma 14-ter, anch'esso introdotto dalle Commissioni riunite della Camera in sede referente, reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 14-bis, pari a 5,8 milioni di euro per l'anno 2022, nonché la previsione di copertura mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 283 del 2004.

 

 


 

Articolo 39, commi 14-quater - 14-novies
(Regolazioni finanziarie tra Stato e Regioni)

 

 

I commi da 14-quater a 14-novies dell’articolo 39, introdotti nel corso dell’esame in commissione, ripristinano l’attribuzione dell’intero gettito della tassa automobilistica alle regioni, per gli anni dal 2023 al 2033. A tal fine sono modificate le norme della legge finanziaria 2017 che, a seguito dell’incremento della tassa automobilistica, avevano stabilito che l’aumento di gettito fosse attribuito allo Stato, anziché trasferito alle regioni.

Le risorse che in tal modo rientrano nelle spettanze regionali, pari a 210,5 milioni di euro annui dal 2023 al 2033, sono destinate dalle regioni ad investimenti nei rispettivi territori.

Il mancato incasso da parte dello Stato è compensato sulle somme attribuite alle regioni dalla legge di bilancio 2020 a titolo di contributi per investimenti.

 

 

Le regioni a statuto ordinario sono titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993 (D.Lgs. 504/1992, articoli 23-27) e, a decorrere dal 1° gennaio 1999 (L.449/1999, articolo 17, comma 10), sono inoltre titolari delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso.

Le regioni ordinarie possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche in una misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, è stata prevista l'attribuzione, alle regioni a statuto ordinario, delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali. Il tariffario unico nazionale è contenuto nel D.M. 27 dicembre 1997, modificato dalla tabella 2 allegata alla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007, comma 321 dell'articolo 1). Le nuove tariffe sono entrate in vigore nel 2007. Successivamente con il D.Lgs. n. 68 del 2011, articolo 8, comma 2, è stata attribuita alle regioni la competenza a disciplinare la tassa automobilistica regionale, fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale.

Nel territorio delle regioni a statuto speciale Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sardegna la tassa automobilistica è rimasta un tributo erariale, del cui gettito ricevono una compartecipazione la regione Valle d’Aosta, nella misura di dieci decimi e la regione Sardegna, nella misura di sette decimi. La regione Friuli Venezia Giulia non riceve compartecipazione alcuna.

La compartecipazione all’imposta erariale è stata, invece, sostituita da una imposta propria nelle Province autonome di Trento e di Bolzano e nella Regione siciliana. Le Province autonome hanno, ciascuna, istituito con legge la tassa automobilistica provinciale (ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 268/1992, come modificato dal D.Lgs. 432/1996) a decorrere dal 1° gennaio 1999. La Regione siciliana ha istituito con la legge regionale n. 16 del 2015 la tassa automobilistica regionale a decorrere dal 1° gennaio 2016.

 

I commi 14-quater - 14-novies modificano le norme della legge 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) che avevano previsto la riduzione dei trasferimenti erariali per le regioni a statuto ordinario a seguito dell’incremento del gettito della tassa automobilistica, al fine di escludere il taglio dei trasferimenti per gli anni dal 2023 al 2033[68].

 

Il comma 321 dell’articolo 1, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha introdotto, a decorrere dai pagamenti successivi al 1° gennaio 2007, un incremento della tassa automobilistica, il cui gettito è destinato alle regioni, disponendo conseguentemente la riduzione dei trasferimenti alle regioni nella misura corrispondente al maggior gettito derivante dall’incremento della tassa.

Il comma 322 demanda a decreti ministeriali, da emanare previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, l’attuazione delle suddette norme, le regolazioni finanziarie, nonché la definizione di criteri e modalità per il taglio dei trasferimenti alle regioni.

Si fa presente che l’ultima determinazione del gettito da riservare allo Stato è avvenuta in relazione all’anno 2013, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 8 maggio 2017[69].

 

Il comma 14-quater aggiunge un periodo al comma 321, prevedendo che le norme ivi previste non si applicano per gli anni dal 2023 al 2033.

 

Il comma 14-quinquies aggiunge due periodi al comma 322: il primo esclude l’applicazione delle norme ivi previste per gli anni dal 2023 al 2033; il secondo stabilisce che per gli anni 2020, 2021 e 2022, la regolazione finanziaria - in assenza di dati definitivi - sia effettuata entro l'anno 2022 confermando gli importi dell'ultima annualità definita.

Il comma 14-sexies aggiunge il comma 322-bis dopo il già citato comma 322 della legge 296/2006, prevedendo che le risorse derivanti dalla mancata riduzione dei trasferimenti alle regioni per gli anni 2023-2033 debbano essere destinate, dalle regioni medesime, a nuovi investimenti, diretti e indiretti, per le finalità elencate all’articolo 1, comma 134, della legge di bilancio 2019 (legge n.145/2018), ossia:

§  opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio;

§  interventi di viabilità e per la messa in sicurezza e sviluppo di sistemi di trasporto pubblico, anche con la finalità di ridurre l’inquinamento ambientale;

§  interventi di rigenerazione urbana e riconversione energetica verso fonti rinnovabili,

§  infrastrutture sociali;

§  bonifiche ambientali dei siti inquinati.

 

Si ricorda che l'art.1, comma 134, della legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019) assegna alle regioni a statuto ordinario, per il periodo 2021-2033, contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, pari complessivamente a circa 3,2 miliardi di euro. Queste risorse sono state incrementate di 2,4 miliardi di euro con la legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 66, della legge n.160/2019). Le somme complessive destinate alle regioni a statuto ordinario, nonché la somma spettante a ciascuna regione, sono riportate nella Tabella 1 allegata alla legge di bilancio 2020. La Tabella viene modificata dalla norma in esame (vedi infra).

 

Il comma 14-septies interviene sulla norma, contenuta nel decreto legge 262 del 2006 (art. 2 comma 64), che ha previsto il taglio dei trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario a seguito delle rimodulazioni della tassa automobilistica per i motocicli.

Analogamente a quanto previsto per la tassa automobilistica, il primo periodo aggiunto dal comma 14-septies esclude l’applicazione della norma per gli anni dal 2023 al 2033; il secondo periodo stabilisce, per gli anni 2020, 2021 e 2022, che la regolazione finanziaria - in assenza di dati definitivi – sia effettuata entro l'anno 2022 confermando gli importi dell'ultima annualità definita.

 

Il comma 14-octies quantifica l’onere derivante dalle norme in esame, pari a 210,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2033 e provvede alla copertura finanziaria mediante corrispondente riduzione dei contributi per investimenti assegnati alle regioni a statuto ordinario dalla legge di bilancio 2019 (comma 134), come incrementati dalla legge di bilancio 2020 (comma 66).

La Tabella I allegata alla legge di bilancio 2020 (che sostituiva la Tabella 1 allegata alla legge di bilancio 2019) riporta il complesso dei contributi per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, nonché la quota spettante a ciascuna regione. La Tabella I è ora sostituita dal comma 14-novies in esame, al fine di sottrarre, per ciascun anno dal 2023 al 2033, la somma di 210,5 milioni di euro.

Di seguito sono riportate le somme complessive contenute nella tabella I allegata alla legge di bilancio 2020 e quelle rimodulate nella tabella allegata alla norma in esame.

 


 

Articolo 39, comma 14-decies
(Mutui degli enti locali in procedura
di riequilibrio finanziario pluriennale)

 

 

Il comma 14-decies dell’articolo 39, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, amplia la possibilità per gli enti locali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (cd. predissesto) di contrarre mutui per spese di investimento.

 

A tal fine vengono integrati gli articoli 243-bis e 249 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico sull’ordinamento degli enti locali), i quali disciplinano, fissando specifici limiti e condizioni, la possibilità per gli enti locali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di contrarre nuovi mutui.

In particolare, si prevede che gli enti locali in questione possano contrarre mutui anche per la copertura, anche a titolo di anticipazione, di spese di investimento strettamente funzionali all’ordinato svolgimento di progetti e interventi finanziati in prevalenza con risorse provenienti dall’Unione europea o da amministrazioni ed enti o enti nazionali, pubblici o privati.

 

 

Si rammenta che l’articolo 243-bis del TUEL - come successivamente modificato, da ultimo dall’art. 1, commi 888-889, della legge n. 205/2017 - stabilisce che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ed, entro i successivi novanta giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) approvare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. La durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale è determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare e l'ammontare degli impegni di spesa corrente (Titolo I) del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell'ultimo rendiconto approvato.

Il piano di riequilibrio deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio.

Una volta deliberato, entro 10 giorni il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL), per l’istruttoria, ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell’approvazione dello stesso entro 30 giorni, secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater. In caso di approvazione del piano, la Corte dei Conti vigila sull'esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo, effettuato ai sensi dell'art. 243-bis, comma 6, lettera a), apposita pronuncia.

Ai fini del riequilibrio, l’ente interessato può avvalersi anche di una apposita anticipazione, prevista dall’articolo 243-ter: Questa è erogata dallo Stato a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province) e deve essere restituita entro 10 anni.

In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.

Sulla suesposta disciplina sono successivamente intervenute numerose integrazioni e modifiche normative, principalmente volte a consentire agli enti locali, che avevano già attivato la procedura di riequilibrio, la facoltà di riformulazione e/o rimodulazione dei piani di riequilibrio, per lo più legate all’esigenza di coordinamento tra i contenuti del piano di riequilibrio e gli eventuali effetti peggiorativi derivanti dall’adozione degli adempimenti previsti per il passaggio al sistema di contabilità armonizzata, di cui al D.Lgs. n. 118/2011, connessi principalmente al riaccertamento straordinario dei residui.

Per quanto concerne, specificamente, la possibilità per gli enti locali in procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di contrarre nuovi mutui, sono previste specifiche limitazioni agli articoli 243-bis e 249 (sui quali incidono le disposizioni in esame). In linea generale, tale possibilità è riconosciuta (a determinate condizioni[70] ed entro specifici limiti[71]) unicamente per la copertura di debiti fuori bilancio (articolo 243-bis, comma 8, lettera g)) o per la copertura di spese di investimento relative a progetti e interventi che garantiscano l'ottenimento di risparmi di gestione funzionali al raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell'esercizio precedente (articolo 243-bis, comma 9).

 


 

Articolo 39-bis
(Utilizzo da parte delle
province e delle città metropolitane
dei proventi da sanzioni per violazioni al Codice della Strada)

 

 

L’articolo 39-bis, introdotto in sede referente, consente alle province e alle città metropolitane di utilizzare anche per gli anni dal 2019 al 2022, le quote di proventi da sanzioni per violazioni al Codice della strada per il finanziamento delle funzioni di viabilità e di polizia locale, con riferimento al miglioramento della sicurezza stradale, nonché per interventi per il ricovero degli animali randagi, per la rimozione dei rifiuti abbandonati e per il decoro urbano e delle aree e sedi stradali.

 

In dettaglio, si novella l’articolo 18, comma 3-bis, del D.L. n. 50/2017 che ha consentito, per gli anni 2017 e 2018, alle province e alle città metropolitane, in deroga alla legislazione vigente, di utilizzare le quote derivanti da sanzioni per violazioni del Codice della Strada. Si tratta di quelle previste dall'articolo 142, comma 12-ter, e dall'articolo 208, comma 4 del Codice, che potevano essere destinate al finanziamento degli oneri riguardanti le funzioni di viabilità e di polizia locale con riferimento al miglioramento della sicurezza stradale.

Tale possibilità viene qui estesa anche agli anni dal 2019 al 2022 prevedendo tuttavia ulteriori destinazioni di tali risorse, ossia per interventi per il ricovero degli animali randagi, per la rimozione dei rifiuti abbandonati e per il decoro urbano e delle aree e sedi stradali.

 

Si tratta in dettaglio dei proventi per le seguenti violazioni del Codice della strada, per le quali si deroga pertanto alla destinazione prevista dalle stesse disposizioni:

§  quelle previste dall’art. 142, co. 12-ter , quindi accertate da organi che dipendono dagli enti locali i quali ricevono la quota del 50% loro spettante di proventi per violazione dei limiti massimi di velocità, attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità ovvero attraverso l'utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza, che tali enti dovrebbero destinare alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale, nel rispetto della normativa vigente relativa al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e al patto di stabilità interno;

§  quelle di cui all’art. 208, comma 4, cioè la quota pari al 50 per cento dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice, spettante a regioni, province e comuni quando da esse accertate, per le quali la legislazione vigente prevede i seguenti vincoli di destinazione:

-       per almeno un quarto, a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, di messa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell'ente;

-       per almeno un quarto della quota, al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale;

-       ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell'ente, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all'articolo 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale, alle misure di cui al comma 5-bis e a interventi a favore della mobilità ciclistica.

 

 


 

Articolo 39-ter
(Disciplina del fondo anticipazioni di liquidità degli enti locali)

 

 

L'articolo 39-ter, introdotto dalla Commissione nel corso dell'esame in sede referente e ulteriormente modificato a seguito di rinvio del provvedimento, dà attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n.4/2020, che ha censurato l'uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Le norme in esame dispongono che il disavanzo conseguente alla sentenza possa essere oggetto di un ripiano graduale.

 

Per comprendere la portata della disposizione in commento occorre richiamare i contenuti della sentenza[72].

La Corte dichiara incostituzionali due disposizioni legislative che hanno consentito agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità, finalizzate ai pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, di utilizzare la relativa quota accantonata nel risultato di amministrazione (in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità).

 

Si tratta delle seguenti disposizioni:

1) l'art. 2, comma 6, del decreto-legge n.78 del 2015 (disposizioni urgenti in materia di enti territoriali), che consente agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità a valere sul fondo per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti scaduti contratti dalla pubblica amministrazione (ai sensi del decreto-legge n.35 del 2013[73])  di utilizzare « la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità  nel risultato di amministrazione»;

2) l’art. 1, comma 814, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che reca un'interpretazione autentica della disposizione appena citata[74].

Le norme dedotte in giudizio sono incostituzionali in quanto lesive:

1)   degli articoli 81 97 Cost. sull'equilibrio di bilancio.

Al riguardo, la Corte afferma che la ratio dell’anticipazione di liquidità «è quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un’utilizzazione limitata al pagamento delle passività pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa così da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell’anticipazione». Un impiego difforme delle anticipazioni di liquidità, quale quello consentito dalle disposizioni censurate,   ad avviso della Corte si pone «in contrasto [...] con l’equilibrio di bilancio» (Considerando in diritto n.4.2, primo capoverso), poiché il mancato (o minore) accantonamento delle risorse a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità ha come effetto un miglioramento, del risultato di am-ministrazione e, di conseguenza, un incremento della capacità di spesa dell'ente, senza che sia al contempo individuabile un'effettiva copertura giuridica;

2)   dell'articolo 119, sesto comma, Cost..

In proposito, la Corte, premesso che le anticipazioni di liquidità costituiscono una forma straordinaria di indebitamento a lungo termine diretta al pagamento delle passività pregresse iscritte in bilancio, evidenzia che la «anomala utilizzazione [...] consentita dalle disposizioni impugnate» viola la cosiddetta regola aurea «contenuta nell’art. 119, sesto comma, Cost., secondo cui l’indebitamento degli enti territoriali deve essere riservato a spese di investimento» (Considerando in diritto n.4, primo capoverso).

 

Con riferimento agli effetti della sentenza, è la Corte stessa che chiarisce che «non è affatto necessario che l’amministrazione comunale riapprovi – risalendo all’indietro – tutti i bilanci antecedenti alla presente pronuncia» (Considerando in diritto n.5, quarto capoverso). Occorre tuttavia che gli enti interessati procedano a ridefinire «correttamente tutte le espressioni finanziarie patologiche prodottesi nel tempo, applicando a ciascuna di esse i rimedi giuridici consentiti nel periodo di riferimento, in modo da ricalcolare il risultato di amministrazione secondo i canoni di legge» (Considerando in diritto n.5, quarto capoverso, primo periodo).

 

Facendo seguito alle indicazioni del Giudice delle leggi, l'articolo in esame:

1)   consente di ripianare il disavanzo conseguente alla ridefinizione dei valori contabili erroneamente calcolati in modo graduale, evitando un effetto dirompente sugli equilibri di bilancio;

2)   detta una nuova disciplina sulle modalità di utilizzo del fondo di anticipazione liquidità, che assicura la neutralità dello stesso rispetto al risultato di amministrazione. Non è infatti più possibile, in conseguenza della sent. n. 4/2020, utilizzare le anticipazioni di liquidità per modificare il risultato di amministrazione dell’ente locale tramite il mancato (o minore) accantonamento delle risorse a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità.

 

Il comma 1 dispone, che, in sede di approvazione del rendiconto 2019, gli enti locali accantonino il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019. Tale accantonamento è definito per un importo corrispondente all'ammontare delle anticipazioni di liquidità incassate negli esercizi precedenti (al netto di quelle già rimborsate) per il pagamento dei debiti scaduti nel risultato di amministrazione alla data del 31 dicembre 2019.

La disposizione non esplicita l'esigenza di imporre un accantonamento anche con riferimento all'esercizio 2019 (ciò che parrebbe non potersi far rientrare nell'espressione "esercizi precedenti").

 

Il comma 2 introduce una misura che consente gradualità nel ripiano del peggioramento del disavanzo determinato dall'accantonamento al fondo anticipazione di liquidità disposto al comma 1. La gradualità consiste nell'obbligo di operare il ripiano con quote annuali, a partire dal 2020, di importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio di riferimento.

 

Il comma 3 detta una nuova disciplina sulle modalità di utilizzo del fondo di anticipazione liquidità, stabilendo (alla lettera a)) che nel bilancio di previsione 2020-2022: i) fra le poste di entrata dell'esercizio 2020 sia iscritto un importo pari al fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione 2019, come utilizzo del risultato di amministrazione; ii)  il medesimo importo sia iscritto come fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della spesa dell'esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio;

Nel corso dell'esame in sede di rinvio in Commissione del provvedimento, l'articolo è stato oggetto di una novella di carattere formale: il richiamato titolo 4 è quello "della missione 20 - programma 03".

 

Ai sensi dell'art.13 del D.lgs. n.118 del 2011, comma 1, periodi secondo e terzo, le "missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti" dalle regioni ed enti locali "utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali ad esse destinate". I programmi rappresentano gli aggregati omogenei di attività volte a perseguire gli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni. L'allegato 14 al D.lgs. reca, nello specifico, l' "elenco delle missioni, programmi, macroaggregati e titoli di spesa": la missione 20 è relativa a "fondi e accantonamenti" e il programma 03 è relativo ad "altri fondi" (altri rispetto al "Fondo riserva", di cui al programma 01, e al "Fondo svalutazione crediti", di cui al programma 02 ).

 

Ai sensi dell'allegato 4/2 (paragrafo n. 3.20-bis) al Decreto legislativo n. 118 del 2011[75],  si dispone che le anticipazioni di liquidità (quali quella in esame) sono registrate tra le accensioni di prestiti[76]. Con specifico riferimento alle anticipazioni di liquidità che non devono essere chiuse entro l'anno (in quanto prevedono un rimborso pluriennale), «l'evidenza contabile della natura di "anticipazione di liquidità che non comporta risorse aggiuntive" è costituita dall'iscrizione di un fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della spesa, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata».

 

Il comma 3 dispone altresì (alla lettera b)) che fra le poste di entrata a partire dal bilancio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidità, è applicato il fondo stanziato in spesa dell'esercizio precedente e in spesa è stanziato lo stesso fondo al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio.

Il comma 4 precisa che la quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità è applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione.


 

Articolo 39-quater
(Disavanzo degli enti locali)

 

 

L’articolo 39-quater introduce disposizioni per il ripiano del disavanzo finanziario degli enti locali eventualmente emergente in sede di approvazione del rendiconto 2019, dovuto alla diversa modalità di calcolo dell’accantonamento al FCDE in sede di rendiconto negli esercizi finanziari 2018 e 2019, al fine di prevenire l'incremento del numero di enti locali in situazioni di precarietà finanziaria. Il ripiano del suddetto disavanzo è consentito in un periodo massimo di 15 annualità, a decorrere dall'esercizio 2021.

 

Il ripiano è consentito solo con riferimento a quella parte dell’eventuale disavanzo determinato dalla differenza tra l’importo del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) accantonato nel risultato di amministrazione in sede di approvazione del rendiconto 2018 e l’importo del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità accantonato in sede di approvazione del rendiconto 2019.

Tale differenza è essenzialmente dovuta alla diversa modalità di calcolo dell’accantonamento al FCDE in sede di rendiconto nei due esercizi finanziari 2018 e 2019, secondo quanto previsto dalla normativa vigente di cui all’allegato 4/2 del D.L. n. 118/2011.

 

Più in particolare, ai fini del computo del suddetto disavanzo, il comma 1 precisa che esso deve essere determinato in misura non superiore alla differenza tra gli importi:

-       del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) accantonato nel risultato di amministrazione in sede di approvazione del rendiconto 2018, determinato con il metodo semplificato previsto dall'allegato 4/2 annesso al D.Lgs. n. 118 del 2011, sommato allo stanziamento assestato iscritto al bilancio 2019 per il fondo crediti di dubbia esigibilità, al netto degli utilizzi del fondo effettuati per la cancellazione e lo stralcio dei crediti,

-       l’importo del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità accantonato in sede di approvazione del rendiconto 2019, determinato nel rispetto dei princìpi contabili.

 

Il ripiano del suddetto disavanzo, così determinato, è consentito in un periodo massimo di 15 annualità, a decorrere dall'esercizio 2021, in quote annuali costanti.

 

Il Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) è disciplinato nell’ambito del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (di cui all’allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011), al punto 3.3. Si tratta di un fondo, stanziato tra le spese di ciascun esercizio di parte corrente e in conto capitale, il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell’esercizio finanziario, della loro natura e dell’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata).

Il FCDE è stato introdotto, si rammenta, dalla normativa dell’armonizzazione contabile al fine di neutralizzare gli effetti sul bilancio dell’ente di entrate di incerta e difficile realizzazione destinate invece al finanziamento di spese, sia di parte corrente che in conto capitale, certe ed esigibili. A seguito dell’introduzione, con la contabilità armonizzata, del principio della competenza finanziaria potenziata, le entrate devono essere iscritte in bilancio per il loro intero ammontare nel momento in cui nasce il titolo giuridico con l’imputazione nelle annualità in cui vengono a scadenza. L’effetto dell’integrale imputazione a bilancio di tutte le entrate per le quali nasce il titolo giuridico è stato compensato con l’obbligo di destinare quota parte di tali entrate ad un FCDE, per il quale si è previsto un accantonamento graduale nel tempo in sede di predisposizione del bilancio di previsione e commisurato all’effettiva capacità di incasso delle amministrazioni[77]. Lo stanziamento del Fondo crediti di dubbia esigibilità non è oggetto di impegno e pertanto genera un’economia di bilancio che confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione.

Il principio contabile 4/2 allegato al D.Lgs. n. 118/2011 disciplina dettagliatamente le modalità di quantificazione del FCDE sia in sede di bilancio di previsione che in sede di rendiconto di gestione, "in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell'esercizio, della loro natura e dell'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata)"[78]. L’accantonamento al FCDE è disposto secondo percentuali stabilite dal principio contabile e ridefinite dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 882, Legge n. 205/2017), la quale ha introdotto una maggiore gradualità nella misura dell'accantonamento al bilancio di previsione del Fondo, fissandolo in misura pari ad almeno il 75 per cento nell'anno 2018, all'85 per cento nell'anno 2019, al 95 per cento nell'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Le successive leggi di bilancio hanno inoltre consentito una riduzione di tali accantonamenti minimi del FCDE, ma soltanto per quegli enti locali che presentino una riduzione del loro debito commerciale e risultino aver rispettato l'indicatore di tempestività di pagamento (art. 1, comma 1015, legge n. 145/2018 e art. 1, comma 79, legge n. 160/2019).

La congruità delle somme accantonate nel FCDE deve essere verificata sia durante l’esercizio finanziario, prevedendo specifiche variazioni di bilancio in assestamento, sia in sede di rendiconto, mendiate la verifica dell’entità dei residui attivi mantenuti a bilancio. Se dal conteggio emerge che l’importo del FCDE ritenuto congruo è superiore a quello accantonato nel risultato di amministrazione sarà necessario aumentare le risorse da accantonare nel risultato di amministrazione; se invece l’importo del FCDE ritenuto congruo è inferiore a quello effettivamente accantonato nel risultato di amministrazione, si provvede a svincolare la quota eccedente che confluirà nella parte libera del risultato di amministrazione.

Va al riguardo sottolineato che, mentre in sede di bilancio di previsione, per l’accantonamento al FCDE la normativa vigente consente un percorso graduale, tramite percentuali di accantonamenti, in sede di rendiconto l’accantonamento al FCDE deve essere effettuato per l’intero importo, con rischi di disavanzi di amministrazione a seguito dell’incapienza del risultato di amministrazione rispetto alle somme da accantonare. Per questo motivo, con l'art. 1, comma 509, della legge n. 190/2014 (legge di bilancio 2015), è stata data facoltà agli enti locali, per un periodo transitorio dal 2015 al 2018, di poter calcolare il fondo crediti di dubbia esigibilità, nel conto consuntivo, con un metodo semplificato, senza prendere in considerazione il volume dei residui finali. L’adozione di questa modalità semplificata - che porta ad una sottostima delle quote del FCDE da accantonare nel risultato di amministrazione – applicata fino al rendiconto dell’esercizio 2018, ha consentito di spostare in avanti le difficoltà connesse alle maggiori quote di FCDE da accantonare nel risultato di amministrazione[79].

Poiché il 2018, stante la normativa vigente, è stato l'ultimo rendiconto in cui la norma consentiva l'utilizzo del metodo semplificato, la chiusura dell'esercizio 2019 potrebbe evidenziare, in molti enti, quote di FCDE, calcolato con il metodo ordinario, notevolmente più elevate, che potrebbero determinare disavanzi (o maggiori disavanzi) difficilmente riassorbibili nel breve periodo (cfr. quanto più volte sollevato, al riguardo, da Anci ed IFEL, che hanno sul punto richiesto, con una lettera indirizzata alla Vice Ministra Laura Castelli, l’intervento della Commissione Arconet per la rimozione di questa criticità, richiedendo l’allineamento delle percentuali minime di accantonamento del FCDE previste nel bilancio di previsione con quelle previste nel rendiconto della gestione).

 

Con l’articolo in esame, si provvede pertanto a "spalmare" nel tempo, in un massimo di 15 anni a decorrere dall'esercizio 2021, il ripiano del davanzo generato dall'applicazione, a partire dal consuntivo 2019, del criterio ordinario di calcolo degli accantonamenti al FCDE in sede di rendiconto, al posto del metodo semplificato applicato fino al consuntivo 2018, al fine di prevenire la crescita del numero di enti in situazione di crisi finanziaria.

 

Il comma 2 dispone che le modalità di recupero devono essere definite con deliberazione del Consiglio comunale dell’ente locale, con il parere dell’Organo di revisione contabile, entro 45 giorni dall’approvazione del Rendiconto 2019.

La mancata adozione di tale deliberazione è equiparata a tutti gli effetti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione.

 

Si rammenta, al riguardo, che l’articolo 227, comma 2-bis, del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), prevede, in caso di mancata approvazione del rendiconto di gestione entro il termine del 30 aprile dell'anno successivo, si applica la procedura, prevista dal comma 2 dell'articolo 141, che prevede la nomina di un Commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio, che lo deve approvare entro un termine non superiore a 20 giorni, decorso il quale il commissario si sostituisce all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

 

Ai fini del rientro, il comma 3 stabilisce che possono essere utilizzate:

§  le economie di spesa;

§  tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione,

§  i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale.

 

Relativamente ai proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili, il comma ne richiede l’accertamento nel rispetto del principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011. Nelle more del suddetto accertamento, il disavanzo deve comunque essere ripianato.

 


 

Articolo 40
(Disposizioni in materia di organizzazione
della società GSE S.p.A.)

 

 

L'articolo 40 prevede l'adozione di un DPCM per la nomina di un commissario ed un vice-commissario per la società GSE S.p.a., con decadenza del consiglio di amministrazione in carica.

 

Il comma 1 demanda in particolare a un DPCM da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge la nomina, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’economia e delle finanze, di un commissario ed un vice-commissario per la società GSE S.p.a., i quali durano in carica fino all’approvazione del bilancio di esercizio 2020.

Esso dispone altresì la decadenza del consiglio di amministrazione del GSE in carica alla data di nomina del commissario, senza l’applicazione dell’articolo 2383, terzo comma, del codice civile.

 

Tale disposizione prevede che gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.

 

Al commissario spettano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della società GSE S.p.a. e per lo svolgimento della sua attività è corrisposto un compenso annuo onnicomprensivo pari a quello previsto per la carica di amministratore delegato della fascia di appartenenza come disciplinato per le società controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del DM 24 dicembre 2013, n. 166 (Regolamento relativo ai compensi per gli amministratori con deleghe delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze).

 

Con riguardo al Consiglio di Amministrazione in carica, nominato il 12 ottobre 2018 per gli esercizi 2018, 2019 e 2020, si rinvia alla Relazione sul governo societario 2018. Si rinvia, quanto ai compensi erogati, al prospetto contenuto a p. 7 del documento disponibile sul sito del MEF (Società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze - organi di amministrazione e compensi deliberati ed erogati - anno 2018).

 

Il comma 2 prevede che il vicecommissario sostituisce il commissario in caso di assenza o impedimento e può svolgere tutte le funzioni ad esso delegate dal commissario.

Al vicecommissario è corrisposto un compenso annuo onnicomprensivo pari al 50% di quello previsto per la carica di amministratore delegato della fascia di appartenenza come disciplinato per le società controllate dal MEF ai sensi del già citato DM 24 dicembre 2013, n. 166.

 

Si osserva che il testo della disposizione in esame e la relazione illustrativa non contengono riferimenti alle ragioni ed ai presupposti dell’intervento normativo in oggetto.

 


 

Articolo 40-bis
(Potenziamento delle Agenzie fiscali)

 

 

L’articolo 40-bis, introdotto in sede referente, stabilisce alcune misure volte ad aumentare il trattamento accessorio del personale delle Agenzie fiscali.

In primo luogo, si prevedono risorse aggiuntive per il finanziamento delle posizioni organizzative e professionali e degli incarichi di responsabilità. Si prevede inoltre un incremento del Fondo risorse decentrate.

 

In particolare, il primo periodo dell’articolo in esame prevede una deroga all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, che dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2017 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziali delle amministrazioni pubbliche, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016.

La disposizione stabilisce che, derogando a quanto disposto dal sopra citato articolo 23, a decorrere dall'anno 2020 l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli sono autorizzate a utilizzare le risorse del proprio bilancio di esercizio per un importo massimo rispettivamente, di 6 milioni di euro e di 1,9 milioni di euro per il finanziamento delle posizioni organizzative e professionali e degli incarichi di responsabilità, previsti dalle vigenti norme della contrattazione collettiva nazionale, in aggiunta alle risorse complessivamente già destinate e utilizzate a tale scopo.

 

Per una ricostruzione degli adempimenti relativi alle norme contenenti disposizioni di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica nonché della gestione economica e patrimoniale si rinvia alla consultazione delle rispettive schede del bilancio 2018 pubblicate dell’Agenzia delle entrate e dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

La norma specifica, inoltre, che tale incremento si rende necessario al fine di garantire maggiore efficienza ed efficacia all'azione amministrativa, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dagli obiettivi di finanza pubblica e dalle misure per favorire gli adempimenti tributari e le connesse semplificazioni nonché una più incisiva azione di contrasto all'evasione fiscale nazionale e internazionale.

 

Il secondo periodo, sempre in deroga al citato articolo 23, incrementa le risorse certe e stabili del Fondo risorse decentrate dell'Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, a valere sui finanziamenti delle Agenzie stesse, di 6 milioni a decorrere dal 2020 e di ulteriori 4 milioni di euro a decorrere dal 2021 per l'Agenzia delle Entrate e di 3,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020 per l'Agenzia delle Dogane e Monopoli.

Si ricorda che in base all’articolo 77 del CCNL 2016-2018 del Comparto Funzioni Centrali, in materia di utilizzo del Fondo risorse decentrate, le risorse disponibili per la contrattazione integrativa del Fondo sono destinate ai seguenti utilizzi:

§  premi e trattamenti economici correlati alla performance organizzativa;

§  premi e trattamenti economici correlati alla performance individuale;

§  indennità correlate alle condizioni di lavoro, in particolare: ad obiettive situazioni di disagio, rischio, al lavoro in turno, a particolari o gravose articolazioni dell’orario di lavoro, alla reperibilità;

§  indennità correlate allo svolgimento di attività implicanti particolari responsabilità, anche di natura professionale;

§  progressioni economiche;

§  trattamenti economici riconosciuti ai titolari delle posizioni organizzative;

§  incentivi alla mobilità territoriale;

§  misure di welfare integrativo in favore del personale, nonché eventuali integrazioni alle disponibilità già previste da precedenti CCNL per tali finalità;

§  compensi riconosciuti ai sensi delle disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi generali.

 

Il terzo periodo precisa gli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione e ne stabilisce la copertura finanziaria.

In particolare prevede che agli oneri derivanti dal presente articolo pari in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 8,97 milioni di euro per l'anno 2020 e a 11,02 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente (articolo 6, comma 2, del decreto legge 7 ottobre 2008, n. 154).

 

In merito alla posizione organizzative e professionali e degli incarichi di responsabilità si ricorda che con la sentenza n. 37 del 2015 la Corte Costituzionale ha ritenuto l’illegittimità dell’art.8, comma 24, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 che consentiva (nelle more dell'espletamento di procedure concorsuali) all'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio, salvi gli incarichi già affidati, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso.

Successivamente il comma 93 della legge di bilancio 2018 ha attribuito alla Agenzia delle entrate e alla Agenzia delle dogane e dei monopoli la facoltà, mediante i propri regolamenti di organizzazione:

di istituire nuove posizioni organizzative per lo svolgimento di incarichi di alta responsabilità, professionalità o elevata specializzazione, compresa la responsabilità di uffici di livello non dirigenziale, nei limiti di spesa conseguente alla riduzione di posizioni dirigenziali;

disciplinare il conferimento delle posizioni a funzionari con almeno 5 anni di esperienza nella terza area tramite selezione interna;

attribuire determinati poteri ai titolari delle posizioni, tra cui l’adozione di atti e provvedimenti, inclusi quelli di spesa, purché rientranti nella competenza dei propri uffici non dirigenziali, nonché la responsabilità dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati;

graduare i livelli di responsabilità delle posizioni, e i relativi emolumenti (retribuzione di posizione e di risultato).

Con l’ordinanza n. 7067 del 3 giugno 2019, la sezione II-ter del T.a.r. per il Lazio – chiamata a pronunziarsi sul ricorso della Dirpubblica – Federazione del pubblico impiego avente ad oggetto alcune modifiche apportate al regolamento di organizzazione dell’Agenzia delle Entrate – ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità della legge di bilancio per il 2018 con riferimento alle norme che introducono, nella disciplina regolamentare della predetta Agenzia, nuove posizioni organizzative nonché alcuni benefici per alcuni dei dipendenti interni che intendano partecipare alle procedure concorsuali finalizzate all’accesso ai ruoli dirigenziali della medesima amministrazione fiscale. Secondo il TAR i poteri attribuiti a tali posizioni (adottare atti e provvedimenti amministrativi, compresi gli atti che impegnano l'Agenzia verso l'esterno, i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, di livello non dirigenziale, e la responsabilità dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di organizzazione delle risorse umane e strumentali e di controllo) risultano estranei a quelli propri dell’area di riferimento dei soggetti destinati a ricoprire tali funzioni organizzative e sono più propriamente tipici di quelli previsti per la qualifica dirigenziale dagli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 165 del 2001.

Sulla questione la Corte costituzionale ha fissato l’udienza pubblica di discussione del giudizio di legittimità costituzionale per il 25 febbraio 2020.

Per una ricostruzione dettagliata della questione sopra esposta si rinvia alla consultazione del sito della Giustizia Amministrativa.


 

Articolo 40-ter
(Accesso agli incentivi per impianti di biogas)

 

 

L’articolo 40-ter dispone la proroga per il 2020 degli incentivi previsti dalla Legge n. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW, aventi determinate caratteristiche.

 

In particolare, l’articolo dispone la proroga, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e limitatamente all’anno 2020, degli incentivi previsti dall’articolo 1, comma 954 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019), relativi agli gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la cui alimentazione deriva per almeno l'80 per cento da reflui e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante 20 per cento da loro colture di secondo raccolto.

Si precisa che l’ammissione agli incentivi dovrà avvenire secondo le stesse procedure e modalità di cui all’articolo 1, commi da 954 a 956, L. 145/2018 e nel limite di un ulteriore costo annuo di 25 milioni di Euro (coperto tramite il meccanismo degli oneri generali di sistema e, dunque, senza effetti negativi per la finanza pubblica).

 

La Legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) ha esteso la possibilità di accesso alle tariffe incentivanti previste dal D.M. 23 giugno 2016, agli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la cui alimentazione deriva per almeno l'80 per cento da reflui e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante 20 per cento da loro colture di secondo raccolto.

Si ricorda che l’accesso agli incentivi è stato condizionato all'autoconsumo in sito dell'energia termica prodotta, a servizio dei processi aziendali (articolo 1, comma 954).

Si sottolinea come il comma 954 abbia previsto che la misura operasse fino alla data di pubblicazione del nuovo decreto ministeriale di incentivazione delle fonti rinnovabili (ex art. 24, co. 5 del D. Lgs. n. 28/2011) riferito all'anno 2019. Si fa presente che il nuovo decreto di incentivazione, cd. D.M.4 luglio 2019, “Incentivazione dell'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici on shore, solari fotovoltaici, idroelettrici e a gas residuati dei processi di depurazione” cd. FER 1, riferito all'anno 2019 e successive annualità, è stato pubblicato in G.U. il 9 agosto 2019.

Ferma restando la modalità di accesso diretto, l'ammissione agli incentivi di cui al comma 954 è stata riconosciuta agli impianti tenuti all'iscrizione a registro nel limite di un costo annuo di 25 milioni di euro (articolo 1, comma 955).

Nel dettaglio, sono state previste due diverse modalità, a seconda della potenza dell'impianto:

- accesso diretto: gli impianti fino a 100 kW possono presentare domanda a seguito dell'entrata in esercizio;

- iscrizione ai Registri: gli impianti di potenza superiore a 100 kW e fino 300 kW devono essere iscritti allo specifico Registro per l'assegnazione del contingente di potenza disponibile e, se rientrati in posizione utile, possono presentare domanda dopo aver realizzato l'impianto. Gli impianti fino a 100 kW possono optare per l'iscrizione al Registro invece dell'accesso diretto[80].

Il Gestore dei servizi energetici-GSE Spa forma e pubblica la graduatoria delle domande iscritte a registro nel suo sito internet, secondo i seguenti criteri di priorità, da applicare in ordine gerarchico fino a eventuale saturazione del contingente di potenza messo a bando:

a) impianti localizzati, in tutto o in parte, in aree agricole classificate vulnerabili ai nitrati;

b) impianti che richiedono una tariffa pari al 90 per cento di quella di cui al comma 954;

c) anteriorità della data ultima di completamento della domanda di partecipazione alla procedura (articolo 1, comma 956).


 

Articolo 41, commi 1 e 2
(Norme urgenti per il rafforzamento dei controlli
a tutela del made in Italy agroalimentare)

 

 

L’articolo 41 dispone, al comma 1, la non applicabilità all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) dei limiti previsti dal comma 14 dell’art. 6 del decreto-legge n. 78/2010, in ordine alle spese per l’acquisto e la manutenzione delle autovetture a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dalla predetta deroga, pari a 319.000 euro annui a decorrere dal 2020, si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

 

L’articolo 6, comma 14, del DL n. 78/2010, richiamato dalla disposizione in commento, ha previsto, a decorrere dall'anno 2011, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Per il solo 2011 è stata consentita la deroga al predetto limite, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Lo stesso comma 14 ha esentato dall’applicazione del predetto limite le solo autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.

 

La disposizione in esame, al comma 1, include, quindi, tra le autovetture esenti dal limite sopra richiamato quelle utilizzate dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).

 

Si ricorda, al riguardo, che il decreto-legge n. 66 del 2014, recante “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale” ha previsto nuove disposizioni in materia di spese per autovetture.

In particolare, l’articolo 15 ha disposto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché le autorità indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Tale limite può essere derogato, per il solo anno 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Tale limite non si applica, tra le altre, alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS S.p.a. e sulla rete delle strade provinciali e comunali, nonché per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero.

Tale disposizione, che ha previsto un ulteriore riduzione del limite di spesa per le pubbliche amministrazioni in riferimento alle autovetture, non ha, quindi interessato il parco macchine in dotazione all’ICQRF, al quale continuava, comunque, ad applicarsi, fino all’emanazione del decreto-legge in esame, il limite dell’80 della spesa registrata nel 2009.

 

La relazione tecnica, allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, specifica che, nel corso del 2018, la spesa complessiva sostenuta per autovetture è stata pari ad euro 481.056,51 e che, nel 2019, la spesa sostenuta nel 2019 sarà pari a 481 mila euro.

Con l’eliminazione del vincolo di cui all’art. 6 del DL n.78/2010, l’ICQRF intende procedere alla sostituzione del 30% del parco auto per le ispezioni. La spesa che sarà sostenuta eccedente il limite dell’80 per cento sarà pari a 319 mila euro. Tale somma è disponibile nel bilancio dell’Ispettorato grazie alla possibilità – disposta dall’art. 26, comma 3-ter, del Dlgs n. 231/2017- di poter assegnate all’Ispettorato i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie, qualora eccedenti il gettito già previsto a legislazione vigente antecedentemente all’entrata in vigore dello stesso Dlgs n. 231/2017.

 

Si ricorda che l’Ispettorato è inquadrato come Dipartimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed è organismo che svolge i controlli di qualità nel settore agroalimentare. L'ICQRF ha 29 uffici sul territorio italiano. Svolge, a livello nazionale, numerosi compiti, tra i quali:

- la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l'agricoltura;

- la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata (DOP, IGP, Bio);

- il contrasto dell'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi e ai fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori, potendo irrogare sanzioni a tutela del corretto funzionamento degli accordi interprofessionali.

A livello europeo e mondiale, l'ICQRF è Autorità ex officio; svolge controlli sul WEB per la tutela delle produzioni di qualità italiane.

Svolge, inoltre, controlli analitici sui prodotti avvalendosi di 6 laboratori.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento prevede che agli oneri derivanti dalla deroga disposta dal comma 1, pari a 319.000 euro annui a decorrere dal 2020, si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

Si ricorda che tale fondo è stato istituito nello stato di previsione del MEF (capitolo 7593), in termini di sola cassa, dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154/2008, per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. Nella legge di bilancio per il 2020 tale fondo presenta una dotazione di sola cassa di 186 milioni per il 2020, 463 milioni per il 2021 e 514 milioni per il 2022.


 

Articolo 41, comma 2-bis
(Trasmissione dati produzione prodotti lattiero-caseari)

 

 

L’articolo 41, comma 2-bis modifica la normativa in materia di trasmissione dei dati di produzione dei prodotti lattiero caseari al SIAN, prevedendo che essa avvenga trimestralmente e non più annualmente, con possibilità di definire, attraverso il decreto attuativo, il cui termine di emanazione è differito al 31 dicembre 2020, una diversa modalità temporale per i piccoli produttori. Viene, poi, previsto che tale comunicazione debba riguardare solo i prodotti ceduti e in giacenza e non più quelli fabbricati.

 

Nel corso dell’esame in sede referente è stato aggiunto il comma 2-bis all’art. 41, che modifica i commi 2 e 3 dell’art. 3 del decreto-legge n. 27/2019 (c.d. decreto emergenze agricole) in materia di monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino.

Più in particolare, viene previsto che la trasmissione dei dati di produzione dei prodotti lattiero-caseari al SIAN avvenga trimestralmente e non più mensilmente, che non debba essere specifica per ogni unità produttiva (sopprimendo dal testo il relativo riferimento) e debba riguardare solo i prodotti ceduti e le relative giacenze di magazzino e non più ciascun prodotto fabbricato. Viene poi stabilito che con il decreto attuativo di tale obbligo, il cui termine per l’emanazione viene differito al 31 dicembre 2020, sia stabilito un eventuale diverso periodo temporale di comunicazione per i piccoli produttori.

 

Si ricorda, inoltre, che il comma 1 dell’art. 3 del decreto-legge n. 27/2019 ha posto l’obbligo a carico dei primi acquirenti di latte crudo di registrare mensilmente nella Banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) i quantitativi di latte consegnati dai produttori o da altri soggetti non produttori situati in Paesi dell’Unione europea o in Paesi terzi. Il comma 2-bis del medesimo articolo 3 ha previsto che i produttori di latte e le loro associazioni, registrati nel SIAN, accedono alla banca dati per consultare i dati relativi ai primi acquirenti in ordine al quantitativo registrato. I commi 4, 5 e 6 hanno poi previsto apposite sanzioni in caso di violazione degli obblighi previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 3.


 

Articolo 42
(Presidenza del Consiglio e trasformazione digitale)

 

 

Le disposizioni dell'articolo 42 concernono un novero di esperti di cui si avvalga la Presidenza del Consiglio per le sue funzioni in materia di trasformazione digitale del Paese e l'esclusività dell'esercizio di alcune di queste funzioni per il tramite della società PAgoPa.

 

Questo articolo del decreto-legge riproduce disposizioni approvate nell'esame del disegno di legge di bilancio 2020 presso il Senato in prima lettura in sede referente (emendamento 47.0.14 (testo 3 corretto), approvato dalla Commissione Bilancio nella seduta notturna dell'11 dicembre 2019), tuttavia successivamente espunte da quel disegno di legge, a seguito della dichiarazione di inammissibilità resa dal Presidente del Senato sul testo dell'emendamento interamente sostitutivo su cui il Governo ha posto la questione di fiducia in Assemblea presso il Senato.

 

Il comma 1 autorizza la Presidenza del Consiglio - per lo svolgimento delle funzioni nelle materie dell'innovazione tecnologica, dell'attuazione dell'Agenda digitale e della trasformazione digitale del Paese - ad avvalersi di 7 unità con qualifica non dirigenziale, quale contingente di personale in posizione di: fuori ruolo (in tal caso è reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario); comando (in tal caso i posti non si considerano disponibili ai fini di nuove assunzioni); o altra analoga posizione, prevista dagli ordinamenti di provenienza.

Tale personale è previsto provenire dai Ministeri - ad esclusione dei Ministeri dell'interno, della difesa, della giustizia, dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, dell'università e della ricerca limitatamente al personale docente e a quello tecnico amministrativo - ovvero da altre pubbliche amministrazioni (tenute ad accordare il fuori ruolo o comando entro quindici giorni dalla richiesta, per effetto del rinvio all'articolo 17, comma 14 della legge n. 127 del 1997).

Queste unità di personale sono aggiuntive rispetto al contingente di personale proprio della Presidenza del Consiglio.

Per effetto del rinvio all'articolo 9, comma 5-ter del decreto legislativo n. 303 del 1999, il personale comandato o fuori ruolo dei Ministeri mantiene il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni di appartenenza, compresa l'indennità di amministrazione, ed i relativi oneri rimangono a carico delle stesse.

Per il personale appartenente ad altre amministrazioni pubbliche chiamato a prestare servizio in analoga posizione, la Presidenza del Consiglio provvede, d'intesa con l'amministrazione di appartenenza del dipendente, alla ripartizione dei relativi oneri, senza pregiudizio per il trattamento economico fondamentale spettante al dipendente.

Ancora, si introducono alcune disposizioni recanti novelle l'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018 - il quale ha disposto in materia di piattaforme digitali, prevedendo sia il trasferimento dall'Agenzia per l'Italia digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dei compiti relativi alla piattaforma tecnologica (attraverso il Sistema pubblico di connettività) per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, sia più in generale traslando le funzioni, i compiti e i poteri innanzi conferiti al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, al Presidente del Consiglio dei ministri (o al Ministro delegato), il quale li esercita per il tramite delle strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri dallo stesso individuate.

 

Dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 sono modificati il comma 1-quater, il comma 1-quinquies, il comma 3.

 

Il comma 1-quater (dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018) come novellato dal comma 2, lettera a) di questo articolo del decreto-legge, viene a prevedere espressamente la competenza in comunicazione e disseminazione dei processi complessi di trasformazione tecnologica, tra le competenze degli esperti operanti a disposizione delle strutture per il tramite delle quali la Presidenza del Consiglio esercita le sue funzioni in campo di trasformazione tecnologica e digitale.

Inoltre disciplina più puntualmente (rispetto alla previsione vigente, che demanda per lo più a decreto del Presidente del Consiglio) il regime giuridico ed economico di tale contingente di esperti, di provenienza da Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Sono riprodotte le medesime previsioni relative alle 7 unità aggiuntive, sopra ricordate.

Si aggiunge altresì che il contingente di esperti possa essere composto anche da personale di società pubbliche partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, in base a rapporto regolato su base convenzionale, ovvero da personale non appartenente alla pubblica amministrazione.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e nei limiti complessivi dello stanziamento disponibile, sono definiti la consistenza numerica e le modalità di formazione del contingente, la tipologia del rapporto di lavoro e le modalità di chiamata, la durata e il regime giuridico del rapporto intercorrente con i componenti del contingente, le specifiche professionalità richieste e il compenso spettante per ciascuna professionalità.

 

Il comma 1-quinquies (dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018) come novellato dal comma 2, lettera b) di questo articolo del decreto-legge, reca un raccordo normativo con le nuove previsioni introdotte, sopra ricordate, nonché include le spese di missione e per l'acquisto di servizi immediatamente correlate ai progetti per l'attuazione dell'Agenda digitale, tra gli oneri di spesa cui lo stanziamento disponibile assicura copertura.

 

Il comma 3 (dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018) come novellato dal comma 2, lettera c) di questo articolo del decreto-legge, rende esclusivo l'avvalimento da parte del Presidente del Consiglio delle funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni in alcuni ambiti della trasformazione digitale, della società per azioni interamente partecipata dallo Stato la cui costituzione è stata disposta dal medesimo articolo 8 (al comma 2) del decreto-legge n. 135 del 2018.

Gli ambiti di trasformazione digitale sono:

§  la diffusione del sistema di pagamento elettronico attraverso la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento (tale piattaforma è dedicata all'effettuazione di pagamenti con modalità informatiche che devono essere obbligatoriamente accettati dalle pubbliche amministrazioni dai gestori di servizi pubblici dalle società a controllo pubblico)[81];

§  lo sviluppo del punto di accesso telematico (previsto presso la Presidenza del Consiglio dall'articolo 64-bis del codice dell'amministrazione digitale, decreto legislativo n. 82 del 2005);

§  lo sviluppo della piattaforma digitale nazionale dati (prevista dall'articolo 50-ter del codice dell'amministrazione digitale come finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto per finalità istituzionali dalle pubbliche amministrazioni, nonché la condivisione dei dati a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese).

 

Infine è novellato - dal comma 3 di questo articolo del decreto-legge - l'articolo 5, comma 2 del codice dell'amministrazione digitale, per raccordarlo con quanto disposto dal medesimo articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018, in ordine alla traslazione dall'AgID alla Presidenza del Consiglio, delle competenze (di indirizzo) circa la messa a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, di una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

 

Il comma 3 (dell'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018) come novellato dal comma 2, lettera c) di questo articolo del decreto-legge, rende esclusivo l'avvalimento da parte del Presidente del Consiglio delle funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni in alcuni ambiti della trasformazione digitale, della società per azioni interamente partecipata dallo Stato la cui costituzione è stata disposta dal medesimo articolo 8 (al comma 2) del decreto-legge n. 135 del 2018.

Gli ambiti di trasformazione digitale sono:

§  la diffusione del sistema di pagamento elettronico attraverso la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento (tale piattaforma è dedicata all'effettuazione di pagamenti con modalità informatiche che devono essere obbligatoriamente accettati dalle pubbliche amministrazioni dai gestori di servizi pubblici dalle società a controllo pubblico)[82];

§  lo sviluppo del punto di accesso telematico (previsto presso la Presidenza del Consiglio dall'articolo 64-bis del codice dell'amministrazione digitale, decreto legislativo n. 82 del 2005);

§  lo sviluppo della piattaforma digitale nazionale dati (prevista dall'articolo 50-ter del codice dell'amministrazione digitale come finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto per finalità istituzionali dalle pubbliche amministrazioni, nonché la condivisione dei dati a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese).

 

Infine è novellato - dal comma 3 di questo articolo del decreto-legge - l'articolo 5, comma 2 del codice dell'amministrazione digitale, per raccordarlo con quanto disposto dal medesimo articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018, in ordine alla traslazione dall'AgID alla Presidenza del Consiglio, delle competenze (di indirizzo) circa la messa a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, di una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

 

 


 

Articolo 42-bis
(Innovazione in materia di Autoconsumo da fonti rinnovabili)

 

 

L’articolo 42-bis prevede che, nelle more del completo recepimento della direttiva UE cd. RED II ed in parziale e anticipata attuazione delle disposizioni ivi contenute, sia consentito attivare l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili, ovvero realizzare comunità energetiche rinnovabili, dettandone la relativa disciplina.

 

In particolare, il comma 1 prevede che - nelle more del completo recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili cd. RED II, in attuazione delle disposizioni ivi contenute in materia di autoconsumo di energia rinnovabile e di comunità di energia rinnovabile (artt. 21 e 22 della Direttiva RED II) - sia consentito attivare l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili, ovvero realizzare comunità energetiche rinnovabili.

Il medesimo comma dispone che il monitoraggio di tali realizzazioni è funzionale all’acquisizione di elementi utili all’attuazione delle citate disposizioni della Direttiva RED II e di cui alla nuova Direttiva sul mercato interno dell’energia elettrica Direttiva (UE) 2019/944.

 

L’articolo 21 della Direttiva RED II impone una serie di obblighi in capo agli Stati membri finalizzati a garantire agli autoconsumatori di energia rinnovabile un trattamento non discriminatorio e sproporzionato ed un quadro favorevole alla promozione e agevolazione dello sviluppo dell'autoconsumo, anche in forma collettiva, secondo criteri e modalità dettagliate nella norma.

Nello specifico, l’articolo 21, al comma 4 dispone che gli Stati membri provvedano affinché gli autoconsumatori di energia rinnovabile che si trovano nello stesso edificio, compresi condomini, siano autorizzati a esercitare collettivamente le attività di produzione, vendita delle eccedenze e installazione dei sistemi di stoccaggio e ad organizzare tra di loro lo scambio di energia rinnovabile prodotta presso il loro sito o i loro siti, fatti salvi gli oneri di rete e altri oneri, canoni, prelievi e imposte, applicabili a ciascun autoconsumatore. Il medesimo comma dispone che gli Stati membri possono distinguere tra autoconsumatori individuali di energia rinnovabile e autoconsumatori collettivi di energia rinnovabile. Eventuali trattamenti diversi devono essere proporzionati e debitamente giustificati.

In proposito, l’articolo 22 della Direttiva disciplina le cd. “comunità di energia rinnovabile”, basate sull'autoconsumo elettrico e sulla condivisione dell'energia prodotta. Le comunità potranno utilizzare le reti esistenti di distribuzione, pagando i relativi oneri, secondo criteri equi basati sull'analisi specifica dei costi-benefici anche a livello ambientale. Gli Stati membri devono assicurare la partecipazione alla Comunità ai clienti finali, in particolare domestici, pur garantendo a questi ultimi i diritti o i doveri di clienti finali. La Comunità è dunque un vero e proprio soggetto giuridico.

 

Il comma 2 stabilisce che, per le finalità di cui al comma 1, i consumatori di energia elettrica possono associarsi per divenire autoconsumatori di energia rinnovabile, i quali agiscono collettivamente ai sensi del sopra citato articolo 21, comma 4, della Direttiva (UE) 2018/2001, ovvero possono realizzare comunità energetiche rinnovabili ai sensi dell'articolo 22 della Direttiva (UE) 2018/2001.

In proposito, il comma 3 dispone che i clienti finali si associano nel rispetto delle seguenti condizioni:

a)   nel caso di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, i soggetti diversi dai nuclei familiari sono associati nel solo caso in cui le attività di produzione di energia da fonti rinnovabili – di cui alle lettere a) e b) del successivo comma 4 - non costituiscono l'attività commerciale o professionale principale;

b)   nel caso di comunità energetiche gli azionisti o i membri debbono essere persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali e la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l'attività commerciale e industriale principale;

c)    l'obiettivo principale dell'associazione è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, piuttosto che profitti finanziari;

d)   la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori i cui punti di prelievo sono ubicati nel perimetro di cui al comma 4 lettera d), compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili.

 

Il comma 4 dispone che le entità giuridiche costituite come autoconsumatori o comunità energetiche rinnovabili, ai sensi dei precedenti commi, devono agire nel rispetto delle seguenti condizioni:

·      i soggetti partecipanti devono produrre energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW, entrati in esercizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge in esame ed entro i 60 giorni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della Direttiva (UE) 2018/2001;

·      i soggetti partecipanti devono condividere l'energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente. L'energia condivisa è pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l'energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e l'energia elettrica prelevata dall'insieme dei clienti finali associati;

·      l'energia deve essere condivisa per l'autoconsumo istantaneo, il quale può avvenire anche attraverso sistemi di accumulo realizzati nel perimetro di cui alla lettera successiva d), o presso gli edifici di cui alla lettera e) (condomìni);

·      nel caso di comunità energetiche rinnovabili i punti di prelievo dei consumatori e i punti di immissione degli impianti di cui alla lettera a) sono ubicati su reti elettriche di bassa tensione sottese, alla data di creazione dell'associazione, alla medesima cabina di trasformazione MT/BT;

·      nel caso di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, gli stessi devono trovarsi nello stesso edificio o condominio.

 

Il comma 5 dispone che i soggetti associati quali autoconsumatori o comunità energetiche rinnovabili:

a) mantengono i loro diritti di cliente finale, ivi incluso quello di scegliere il proprio venditore;

b) possono recedere in ogni momento dalla configurazione di autoconsumo, fermi restando eventuali corrispettivi concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono comunque risultare equi e proporzionati;

c) regolano i rapporti tramite un contratto di diritto privato che tiene conto di quanto disposto alle precedenti lettere a) e b) e che individua univocamente un soggetto delegato, responsabile del riparto dell'energia condivisa. I clienti finali partecipanti possono, inoltre, demandare a tale soggetto la gestione delle partite di pagamento e incasso verso venditori e GSE.

 

Il comma 6 dispone che sull'energia prelevata dalla rete pubblica dai clienti finali, ivi inclusa quella condivisa, sono applicati gli oneri generali del sistema elettrico.

A tal fine il comma richiama l’articolo 6, comma 9, secondo periodo, del D.L. n. 244/2016, ai sensi del quale - a decorrere dal 1° gennaio 2017 - le parti variabili degli oneri generali di sistema sono applicate all'energia elettrica prelevata dalle reti pubbliche con obbligo di connessione di terzi.

 

Gli oneri generali di sistema elettrico sono componenti tariffarie il cui gettito, di natura parafiscale, è destinato alla copertura di costi relativi ad attività di interesse generale per il sistema elettrico, previsti in attuazione di disposizioni normative primarie.

Gli oneri di sistema, cui corrisponde circa il 20% della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo, a partire dal 2018 (delibere 481/2017/R/eel e 922/2017/R/eel) sono composti da due componenti, a loro volta articolate in sotto componenti a destinazione specifica:

·      ASOS, con cui si finanziano principalmente le rinnovabili e pari all’85% del totale degli oneri di sistema. La sotto componente A3SOS a copertura dei costi per il sostegno delle fonti rinnovabili e della cogenerazione CIP 6/92, con l’esclusione dell’incentivazione della produzione di energia elettrica ascrivibile a rifiuti non biodegradabili (assorbe circa il 70% della componente ASOS); la sotto componente AESOS a copertura degli oneri derivanti dall’applicazione in misura ridotta dell’elemento A3*SOS agli energivori (cd. agevolazione degli oneri agli energivori).

·      ARIM, pari al restante 15%, con cui si finanzia l’efficienza energetica e altre esigenze del sistema elettrico (di cui A2RIM dismissione nucleare 3%, A4RIM agevolazioni tariffarie Rete Ferroviaria Italiana 1%, A5RIM ricerca 1%, ASRIM bonus sociale1%, AUC7RIM efficienza energetica 8%, A3RIM 1% per la copertura dei costi per l'incentivazione della produzione ascrivibile a rifiuti non biodegradabili) (dati al I trimestre 2018 diffusi dal MISE nella Relazione sulla situazione energetica nazionale, di giugno 2019).

 

Come evidenzia l’ARERA, negli elementi di dettaglio della bolletta elettrica la voce inerente la spesa per oneri di sistema è differenziata tra quota energia (variabile e dipendente dal consumo, espressa in euro/kWh) e una quota fissa (espressa in euro/anno che si paga per avere un punto di consegna attivo anche in assenza di consumo e qualunque sia la potenza impegnata)

Si rinvia sul punto anche al sito istituzionale dell’ARERA e al tema dell’attività parlamentare dedicato agli oneri generali di sistema.

 

I commi 7 e 9 disciplinano i meccanismi di incentivazione per gli autoconsumatori di energia rinnovabile e per le comunità energetiche rinnovabili.

In particolare, il comma 7 esclude - per tali configurazioni di autoconsumo - l'accesso agli incentivi previsti dal cd. “D.M. FER 1” (D.M. 4 luglio 2019) e al meccanismo dello scambio sul posto.

 

Il decreto ministeriale 4 luglio 2019 è stato adottato in attuazione di quanto previsto dalla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, all’esito di una interlocuzione sul regime di aiuti ivi previsti con la Commissione europea (State Aid 53347 (2019/N)). La Commissione ha valutato il regime in base alle norme dell'UE in materia, in particolare la « disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020 (Comunicazione 2014/C 200/01) che si applica dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2020. Il D.M. 04 luglio 2019, in continuità con i precedenti decreti ministeriali di incentivazione alle fonti rinnovabili (D.M. 06/07/2012 e il D.M. 23/06/2016), da cui eredita parte della struttura, incentiva la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di piccola, media e grande taglia. Gli impianti che possono beneficiare degli incentivi previsti dal Decreto sono quelli alimentati a fonti e tecnologie “mature”, quali i fotovoltaici di nuova costruzione, eolici on shore, idroelettrici e infine quelli a gas di depurazione.

 

Il servizio di “Scambio sul Posto” – come evidenzia il GSE - e? una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione. Nello Scambio sul Posto si utilizza quindi il sistema elettrico quale strumento per l’immagazzinamento virtuale dell’energia elettrica prodotta ma non contestualmente autoconsumata.

Condizione necessaria per l’erogazione del servizio e? la presenza di impianti per il consumo e per la produzione di energia elettrica sottesi a un unico punto di connessione con la rete pubblica.

Lo Scambio sul Posto e? erogato:

- al cliente finale presente all'interno di un Altro Sistema Semplice di Produzione e Consumo(ASSPC) che, al tempo stesso, e? produttore di energia elettrica in relazione agli impianti di produzione che costituiscono l'ASSPC, ovvero ha ricevuto mandato senza rappresentanza da un produttore terzo in relazione ai predetti impianti (Scambio sul Posto per ASSPC);

- al cliente finale titolare di un insieme di punti di prelievo e immissione anche non coincidenti che, al tempo stesso, e? produttore di energia elettrica in relazione agli impianti di produzione connessi per il tramite dei predetti punti, ovvero ha ricevuto mandato senza rappresentanza da un produttore terzo in relazione ai predetti impianti (Scambio sul Posto altrove).

Ai fini dell'accesso allo Scambio sul Posto per ASSPC devono essere verificate tutte le seguenti condizioni:

·       l'utente dello scambio deve essere controparte del contratto di acquisto riferito all'energia elettrica prelevata sul punto di scambio;

·       la potenza complessivamente installata nell'ASSPC da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio fino al 31/12/2007 non è superiore a 20 kW;

·       la potenza complessivamente installata nell'ASSPC da impianti di produzione alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio fino al 31/12/2014 non è superiore a 200 kW;

·       la potenza complessivamente installata nell'ASSPC da impianti di cogenerazione ad alto rendimento non è superiore a 200 kW;

·       la potenza degli impianti di produzione complessivamente installatanell'ASSPC non è superiore a 500 kW.

 

Il comma 7 mantiene ferma la fruizione delle detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del TUIR (D.P.R. n. 917/1986).

 

Per una panoramica della materia si rinvia alle pagine web Riqualificazione energetica degli edifici: l'ecobonus e Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati. Per una dettagliata ricognizione delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico si consiglia la lettura della Guida dell’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 9 introduce un meccanismo specifico di incentivazione per gli autoconsumatori di energia rinnovabile e per le comunità energetiche rinnovabili.

In particolare, si prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico sia individuata una tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle predette configurazioni sperimentali, prevedendo in particolare che:

a) la tariffa incentivante è erogata dal GSE, ed è volta a premiare l'autoconsumo istantaneo e l'utilizzo di sistemi di accumulo;

b) il meccanismo è realizzato tenendo conto dei principi di semplificazione e facilità di accesso e prevede un sistema di reportistica e monitoraggio dei flussi economici ed energetici a cura del GSE.

Ciò allo scopo di acquisire elementi utili per la riforma generale del meccanismo dello scambio sul posto, da operare nell'ambito del recepimento della direttiva REDII;

c) la tariffa incentivante è erogata per un periodo massimo di fruizione ed è modulata fra le diverse configurazioni incentivabili per garantire la redditività degli investimenti, tenuto conto dell’applicazione degli oneri generali di sistema (secondo quanto disposto dal precedente comma 6);

d) il meccanismo è realizzato tenendo prioritariamente conto dell'equilibrio complessivo degli oneri in bolletta e della necessità anche di non incrementare i costi tendenziali rispetto a quelli dei meccanismi già vigenti;

e) è previsto un unico conguaglio, composto dalla restituzione delle componenti individuate in via forfetaria dall’ARERA ai sensi del comma 8, lettera b), ivi inclusa la quota di energia condivisa, e dalla remunerazione incentivante di cui al comma in esame.

 

Il comma 8 demanda all’ARERA di adottare, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione in legge del decreto, i provvedimenti necessari a garantire l'immediata attuazione dell’articolo in esame.

La medesima Autorità, inoltre:

a) adotta i provvedimenti necessari affinché il gestore del sistema di distribuzione e Terna S.p.A. cooperino per consentire, con modalità semplificate, l'attuazione delle disposizioni di cui all’ articolo in esame;

b) fermo restando quanto previsto dal comma 6 in materia di pagamento degli oneri generali, individua, anche in via forfettaria, il valore di tutte le componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché quelle connesse al costo della materia prima energia, che non risultano tecnicamente applicabili all'energia condivisa, in quanto energia istantaneamente auto consumata sulla stessa porzione di rete di bassa tensione e, per tale ragione, equiparabile all'autoconsumo fisico in situ;

c) provvede affinché sia istituito un sistema di monitoraggio continuo delle configurazioni realizzate in attuazione del presente articolo.

In tale ambito, è demandato all’ARERA di sviluppare scenari di evoluzione dell'energia soggetta al pagamento di tali oneri e delle diverse componenti tariffarie tenendo conto delle possibili traiettorie di crescita delle configurazioni di autoconsumo. Per tali finalità ARERA si può avvalere delle società del gruppo G.S.E. S.p.A.;

d) individua modalità per favorire la partecipazione diretta dei Comuni e delle Pubbliche Amministrazioni alle comunità energetiche rinnovabili.


 

Articolo 43
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 43 contiene le disposizioni finanziarie e le norme di copertura relative al decreto-legge in esame.

 

Il comma 1 provvede a disaccantonare e rendere disponibili le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE), istituito nello stato di previsione del MEF dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282/2004, per un importo pari a 213 milioni di euro per l’anno 2019, in conseguenza del venir meno della necessità di accantonamento dell’importo dei maggiori oneri per interessi passivi conseguenti alle emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nel 2017 in relazione alle disposizioni di cui all’articolo 27, comma 3, del decreto-legge n. 237/2016.

Si ricorda che l’articolo 27 del decreto-legge n. 237/2016 (Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio) provvede, al comma 2, alla quantificazione degli oneri per interessi passivi derivanti dalle maggiori emissioni di titoli del debito pubblico di cui al comma 1 nel limite massimo di 60 milioni di euro per l'anno 2017, 232 milioni di euro per l'anno 2018, 290 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, nonché alla loro copertura finanziaria (lettere a), b), c) e d)). Il citato comma 3 provvede all’iscrizione delle risorse di cui al precedente comma 2, lettere b) e c), sul fondo di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 che, unitamente a quelle di cui alle lettere a) e d), sono accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa.

 

Il comma 2 provvede a disaccantonare e rendere disponibili le risorse di cui al Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, istituito nello stato di previsione del MEF dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154/2008 con una dotazione di sola cassa, per un importo pari a 82,9 milioni di euro per l’anno 2020, in termini di cassa.

 

Il comma 3 incrementa il Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 185/2008, di 133 milioni di euro per l’anno 2019.

Il richiamato art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate anche a specifici interventi di politica attiva del lavoro.

 

Il comma 4 utilizza le risorse del FISPE disaccantonate e rese disponibili dal comma 1, pari a 213 milioni di euro per l’anno 2019, a copertura degli oneri derivanti:

§  dal comma 3 del presente articolo (133 milioni per il 2019, ad incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione);

§  dall’articolo 10, comma 3 (30 milioni per il 2019, per il rifinanziamento della misura prevista dal comma 16 dell’articolo 18 della legge n. 205/2017, che autorizza il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a disporre il rimborso delle somme anticipate dalle regioni a favore delle imprese agricole danneggiate da eventi calamitosi);

Alla copertura dell’articolo 10, comma 3, provvede anche il comma 5 del presente articolo, per quanto riguarda gli oneri in termini di indebitamento e fabbisogno, per l’anno 2020.

§  dall’articolo 14, comma 1 (per il rifinanziamento di 50 milioni per il 2019 del Fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale, noto come “Fondo 394/81”).

Alla copertura dell’articolo 14, comma 1, provvede anche il comma 6 del presente articolo, per quanto concerne gli oneri in termini di fabbisogno, per l’anno 2020.

 

Il comma 5 provvede agli oneri in termini di indebitamento e fabbisogno derivanti dall’articolo 10, comma 3, e dall’articolo 11, comma 3, complessivamente pari a 32,8 milioni di euro per l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui al comma 2.

 

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica, l’articolo 10, comma 3 (rimborso delle somme anticipate dalle regioni a favore delle imprese agricole danneggiate da eventi calamitosi), comporta effetti in termini di saldo netto da finanziare pari a 30 milioni di euro per il 2019 e, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, di 30 milioni per il 2020. Alla copertura dell’articolo 10, comma 3, provvede anche il comma 4 del presente articolo, per gli oneri relativi all’anno 2019.

Secondo il medesimo prospetto, l’articolo 11, comma 3, riguardante il trattamento straordinario di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti di imprese di grande distribuzione cedute a società successivamente dichiarate fallite, comporta effetti sul saldo netto da finanziare per 4,3 milioni di euro per il 2019, e di 2,8 milioni di euro per il 2020 in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Alla copertura dell’articolo 11, comma 3, provvede anche il comma 8 del presente articolo, per gli oneri relativi all’anno 2019.

 

Il comma 6 prevede che agli oneri derivanti dall’articolo 14, comma 1, pari a 50 milioni di euro, in termini di fabbisogno, per l’anno 2020 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui al comma 2.

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica,  dall’articolo 14, comma 1, che provvede al rifinanziamento di 50 milioni per il 2019 del Fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale, noto come “Fondo 394/81”, derivano effetti per 50 milioni di euro per il 2019 in termini di saldo netto da finanziare e di 50 milioni in termini di fabbisogno per l’anno 2020. Alla copertura dell’articolo 14, comma 1, provvede anche il comma 4 del presente articolo, per quanto concerne gli oneri per il 2019 in termini di saldo netto da finanziare.

 

Il comma 7 provvede agli oneri derivanti dall’articolo 15, comma 4, pari a 6,6 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di fabbisogno e indebitamento netto, mediante utilizzo dei minori effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto di cui agli articoli 15, comma 3, lettera b), 20 e 23.

L’articolo 15, comma 4, prolunga da dodici a diciannove mensilità il periodo massimo per cui può essere concessa un’indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, in favore dei lavoratori del settore privato che, a seguito del crollo del Ponte Morandi, non possano prestare attività lavorativa.

Secondo la relazione tecnica, per la copertura finanziaria di tale disposizione sono sufficienti i fondi attualmente già a disposizione in base all’articolo 4-ter del D.L. n. 109/2018, che fissava in 11 milioni per l’anno 2018 e in 19 milioni per l’anno 2019 gli oneri per l’intervento in esame. Al momento sono state complessivamente erogate risorse per circa 19 milioni di euro, quindi la proroga di 7 mesi degli interventi a favore dei lavoratori risulta coperta dalle economie risultanti sugli stanziamenti citati. Risulta comunque necessaria, secondo la relazione tecnica, la compensazione in termini di fabbisogno e indebitamento netto per l’anno 2020, a cui si provvede ai sensi del comma 7 in esame, mediante utilizzo dei minori effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto di cui agli articoli 15, comma 3, lettera b), 20 e 23.

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica, all’articolo 15, comma 3, lettera b) si possono ascrivere effetti di riduzione del fabbisogno e indebitamento netto per effetti riflessi di maggiori entrate tributarie e contributive indotti dal mantenimento per le amministrazioni ancora impegnate nella gestione dell’emergenza per l’esercizio 2020 dei rapporti di lavoro attualmente in essere ed il prolungamento della deroga ai limiti di assunzioni di personale per 4,9 milioni nel 2020.

Per l’articolo 20, risultano effetti fiscali che comportano una riduzione del fabbisogno e dell’indebitamento netto per 1,5 milioni nel 2020, per l’incremento delle risorse dei Fondi per i servizi istituzionali del personale del comparto sicurezza-difesa.

Per l’articolo 23, risultano effetti riflessi tributari e contributivi positivi in termini di fabbisogno e indebitamento netto per 1,5 milioni nel 2020, conseguenti all’assunzione di venticinque referendari da inquadrare nel ruolo del personale della magistratura della Corte dei conti.

 

Il comma 8 prevede che agli oneri derivanti dall’articolo 11, comma 3, pari a 4,3 milioni di euro per l’anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2019.

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica, l’articolo 11, comma 3, riguardante il trattamento straordinario di integrazione salariale per i lavoratori dipendenti di imprese di grande distribuzione cedute a società successivamente dichiarate fallite, comporta effetti sul saldo netto da finanziare per 4,3 milioni di euro per il 2019, e di 2,8 milioni di euro per il 2020 in termini di fabbisogno e di indebitamento netto.  Alla copertura dell’articolo 11, comma 3, provvede anche il comma 5 del presente articolo, per quanto concerne gli oneri in termini di indebitamento e fabbisogno per il 2020.

 

Il comma 9 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 



[1]     Si ricorda che il comma 4 del richiamato art. 2 del D.L. 109/2018, qui modificato, ha previsto, per le medesime finalità, un incremento della contabilità speciale pari a 9 milioni di euro per il 2018 e a 11 milioni di euro per il 2019.

[2] Le misure in questione – che vanno ora riferite al nuovo vincolo del pareggio di bilancio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) introdotto a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015 – indicano, in particolare:

-          per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno, i principi sui quali modulare le azioni volte al contenimento della spesa del personale, ossia lo snellimento delle strutture con accorpamento di uffici, la riduzione della percentuale delle posizioni dirigenziali e il contenimento della crescita della contrattazione integrativa (in base al richiamato c. 557);

-          per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno, la regola (di cui al richiamato c. 562) in base alla quale le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008.

Infine, il richiamato art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010, in linea generale dispone che dal 2011 (sia pur con una serie di deroghe ed eccezioni specificamente individuati) la spesa delle PA per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio sia pari al 50%, di quella sostenuta nel 2009.

[3] Per fronteggiare l’emergenza derivante dall’evento del 14 agosto 2018, con la suddetta ordinanza il Presidente della regione Liguria viene nominato Commissario delegato e viene stabilito un piano di interventi, per la realizzazione dei quali si autorizza l'apertura di apposita contabilità speciale intestata al medesimo Commissario delegato, nel limite massimo di 33,5 milioni di euro.

[4]     In base all’art. 35 del D.Lgs. 50/2016 e alle rideterminazioni effettuate con provvedimento della Commissione europea, le soglie di rilevanza europea sono stabilite in:

a) euro 5.350.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;

b) euro 139.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell'allegato III; se gli appalti pubblici di forniture sono aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici operanti nel settore della difesa, questa soglia si applica solo agli appalti concernenti i prodotti menzionati nell'allegato VIII;

c) euro 214.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; tale soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell'allegato VIII;

d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all'allegato IX.

 

Nei settori speciali, le soglie di rilevanza europea sono invece:

a) euro 5.350.000 per gli appalti di lavori;

b) euro 428.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;

c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IX.

[5]     L’art. 67-quater, comma 9, del D.L. 83/2012 ha previsto, al fine di garantire la massima trasparenza e tracciabilità nell'attività di riparazione e di ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009, l'istituzione di un elenco degli operatori economici interessati all'esecuzione degli interventi di ricostruzione. Gli Uffici speciali per la ricostruzione fissano i criteri generali e i requisiti di affidabilità tecnica per l'iscrizione volontaria nell'elenco. L'iscrizione nell'elenco è, comunque, subordinata al possesso dei requisiti di cui al D.Lgs. 50/2016 e alle verifiche antimafia effettuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo competenti. Gli aggiornamenti periodici delle verifiche sono comunicati dalle prefetture-uffici territoriali del Governo agli Uffici speciali ai fini della cancellazione degli operatori economici dall'elenco. In attuazione di tale disposizione, è stato poi adottato il D.P.C.M. 4 febbraio 2013 che, nel definire le procedure per il riconoscimento dei contributi per la ricostruzione privata conseguente agli eventi sismici del 6 aprile 2009, ha dettato (all’art. 10, commi 8-11) disposizioni riguardanti l’elenco in questione.

[6]     Si ricorda che con il regolamento di cui al D.P.R. 120/2017, emanato in attuazione dell’art. 8 del D.L. 133/2014, sono state adottate disposizioni di riordino e di semplificazione della disciplina inerente alla gestione delle terre e rocce da scavo (TRS), con particolare riferimento: a) alla gestione delle TRS qualificate come sottoprodotti (ai sensi dell'art. 184-bis del D.Lgs. 152/2006) provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati a VIA o AIA, compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture; b) alla disciplina del deposito temporaneo delle TRS qualificate come rifiuti; c) all'utilizzo nel sito di produzione delle TRS escluse dalla disciplina dei rifiuti; d) alla gestione delle TRS nei siti oggetto di bonifica. Non rientrano invece nel campo di applicazione del regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata dalla normativa sui rifiuti contenuta nella parte IV del D.Lgs. 152/2006.

[7]     L’elezione ha luogo mediante sistema elettronico, secondo le specifiche dettate da un regolamento approvato dal consiglio di amministrazione della società. Il regolamento garantisce la riservatezza e definisce le cause di ineleggibilità e di decadenza riguardanti, tra l’altro, coloro che: siano destinatari di un provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, c.d. DASPO (ex art. 6 della L. 401/1989); siano destinatari di una qualsiasi misura di prevenzione (di cui al d.lgs. 159/2011, c.d. Codice antimafia); siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. E’ fatta salva l’eventuale riabilitazione o cessazione degli effetti pregiudizievoli del DASPO (ex art. 6, co. 8-bis, L. 401/1989).

[8]     Ad es la Regione Toscana ha avanzato ricorso (il n.62 del 29 maggio 2019) dinnanzi alla Corte costituzionale dubitando della legittimità delle disposizioni, ritenute fra l'altro lesive delle proprie attribuzioni in materia di organizzazione amministrativa e ordinamento del personale; quanto alla posizione degli enti locali, essa è stata in più occasioni rappresentata da Anci, che ha segnalato che il mancato ricorso allo scorrimento delle graduatorie avrebbe determinato una moltiplicazione delle procedure concorsuali e conseguenti oneri economici, con gravi ripercussioni specie per i piccoli comuni.

[9]     In base all’articolo 3, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici, possono procedere, a decorrere dall'anno 2019, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell'anno precedente. Ai Corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, al comparto della scuola e alle università si applica la normativa di settore.

[10]   Recante disposizioni per la riorganizzazione del Formez.

[11]   Recante la “Istituzione e attività del Nucleo per la concretezza”.

[12]   Il suddetto Piano triennale, ai sensi del medesimo comma 2 oggetto di novella, è approvato con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per la parte relativa alle azioni da effettuare nelle regioni, negli enti strumentali regionali, negli enti del Servizio sanitario regionale e negli enti locali. Tra i vari contenuti del Piano, la lettera b) che è stata sostituita prevedeva “le azioni dirette ad implementare l’efficienza delle PA, con indicazione dei tempi per la realizzazione delle azioni correttive”.

[13]   Il piano è predisposto annualmente dal Dipartimento della funzione pubblica ed è approvato con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali per la parte relativa alle azioni da effettuare nelle regioni, negli enti strumentali regionali, negli enti del Servizio sanitario regionale e negli enti locali.

[14]   La disciplina in esame concerne tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni). Per le regioni a statuto speciale e le province autonome, essa si applica compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione (cfr. l'articolo 6, comma 5, della citata L. n. 56 del 2019). Per gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, la medesima disciplina si applica (ai sensi dell'articolo 60-quinquies dello stesso D.Lgs. n. 165) tenendo conto delle loro specificità organizzative e funzionali e nel rispetto dell'autonomia organizzativa, didattica, di ricerca e di sviluppo ad essi riconosciuta dalle vigenti disposizioni.

[15]   Ispettorato costituito presso il Dipartimento della funzione pubblica.

[16]   Dal processo verbale devono risultare le visite e le rilevazioni eseguite, le richieste avanzate, la documentazione visionata o acquisita, nonché le risposte e i chiarimenti ricevuti. Il verbale contiene anche l'indicazione delle eventuali misure correttive e, per le amministrazioni statali (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie e gli enti pubblici (non economici) nazionali, del termine entro il quale le stesse misure devono essere attuate. L'amministrazione, nei tre giorni successivi, può formulare osservazioni e fornire ulteriori documenti. I verbali redatti in occasione di sopralluoghi e visite effettuati in comuni o in altri enti locali sono trasmessi anche al prefetto territorialmente competente.

      Si ricorda inoltre che, in base all'articolo 60-ter dello stesso D.Lgs. n. 165 del 2001, il prefetto può segnalare al Nucleo della Concretezza eventuali irregolarità dell'azione amministrativa degli enti locali e chiederne l'intervento; in tal caso, può partecipare ai sopralluoghi e alle visite anche personale della prefettura-ufficio territoriale del Governo richiedente.

[17]   La suddetta comunicazione deve essere effettuata entro quindici giorni dall'attuazione medesima. Tale termine concerne tutte le pubbliche amministrazioni, mentre, come detto, un termine temporale per l'attuazione delle misure correttive è contemplato soltanto per le amministrazioni statali (anche ad ordinamento autonomo), le agenzie e gli enti pubblici (non economici) nazionali.

[18]   Cfr., in merito, il comma 1, lettera a), del citato articolo 60-quater.

[19]   Per i soggetti interessati dalla norma di esclusione in esame resta fermo il rispetto del limite massimo del livello complessivo di emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali - limite (pari al trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al primo presidente della Corte di cassazione) richiamato dal citato articolo 3, comma 14, della L. n. 56 -.

[20]   Di cui all'articolo 24, comma 3, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001.

[21]   In base a tale principio, i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.

[22]   Cfr. le premesse dell'ultimo decreto di nomina (D.M. 16 maggio 2018).

[23]   Cfr. l'articolo 35, comma 5, del citato D.Lgs.  n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

[24]   Amministrazioni diverse da quelle statali (anche ad ordinamento autonomo), dalle agenzie e dagli enti pubblici nazionali.

[25]   La Commissione, a sua volta, in questi ultimi casi, si avvale di personale messo a disposizione dall'Associazione Formez PA.

[26]   La Relazione tecnica chiariva che la proiezione decennale della spesa corrisponde ad un contingente di 20 Referendari di Tar e di 12 Consiglieri di Stato.

[27]   L. 13 febbraio 2001, n. 48 (Aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura).

[28]   Da ultimo, l’articolo 95, comma 4, lettera a), del contratto collettivo nazionale di lavoro per il triennio 2016-2018 della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie prevede la destinazione delle risorse in esame (corrispondenti al collocamento in quiescenza dei dirigenti titolari di Ria) al Fondo per la retribuzione di risultato.

[29]   i sensi dell’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.

[30]   Di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[31]   Ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni. Inoltre, per una deroga al limite in oggetto, relativa all’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario, cfr. l’articolo 1, commi 526 e 527, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[32]   A quest’ultimo riguardo, cfr. infra.

[33]   Quest'ultimo - al contrario dell’elevamento disposto dal presente articolo 25, comma 1 - ha determinato un corrispondente incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.

[34]   In base a quest'ultima, il limite annuo era pari al corrispondente ammontare della spesa per l'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento.

[35]   Ai sensi dei commi 2 e 3 del citato articolo 37 del D.Lgs. n. 26: il laboratorio del reparto substrati cellulari ed immunologia cellulare dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia-Romagna costituisce il punto di contatto unico incaricato di fornire consulenza sulla pertinenza normativa e sull'idoneità degli approcci alternativi proposti per gli studi di convalida; questi ultimi studi sono effettuati da laboratori specializzati e qualificati individuati dalla Commissione europea in collaborazione con il Ministero della salute.

[36]   Ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettere a) e b), del citato D.Lgs. n. 26.

[37]   Ai sensi della lettera c) del citato articolo 41, comma 2, del D.Lgs. n. 26.

[38]   Tale sezione contrattuale è posta ad integrazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto sanità relativo al triennio 2016-2018, sottoscritto il 21 maggio 2018. La sezione ha definito i profili professionali di ricercatore sanitario e di collaboratore professionale di ricerca sanitaria.

[39]   A decorrere dal 2019, tale limite è pari alla somma del 30 per cento delle complessive risorse finanziarie disponibili (per ciascun Istituto) per le attività di ricerca e della quota di ulteriori risorse attribuite, ai sensi del suddetto comma 424, a ciascun Istituto dal Ministero della salute. Queste ulteriori risorse sono pari, complessivamente, a 50 milioni di euro per il 2019, 70 milioni per il 2020 e a 90 milioni annui a decorrere dal 2021.

[40]   Tale decreto (previsto dal comma 427 dell'articolo 1 della L. n. 205) - oltre a stabilire, ai sensi del citato comma 432 dell'articolo 1 della L. n. 205, le modalità e i criteri per le assunzioni a tempo determinato previste dalla norma transitoria di cui al medesimo comma 432 - definisce le modalità, le condizioni ed i criteri di valutazione del personale a tempo determinato rientrante nel ruolo suddetto ed assunto secondo le norme a regime poste o richiamate dal comma 426 dello stesso articolo 1 della L. n. 205. Riguardo al decreto ministeriale, cfr. anche infra.

[41]   Tabelle relative alle discipline equipollenti previste dalla normativa regolamentare per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale di ruolo sanitario del SSN

[42]   Norme di cui all'articolo 11, commi da 1 a 4, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[43]   In base a quest'ultima, il limite annuo era pari al corrispondente ammontare della spesa per l'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento.

[44]   Potere di accesso di cui all'art. 2, co. 6, del decreto legge 29 agosto 1984, n. 528, Misure urgenti in materia sanitaria.

[45]   Legge 1 febbraio 1989, n. 37, Contenimento della spesa sanitaria.

[46]   L. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[47]   Articolo 1, comma 180, legge n. 311/2004 (Legge Finanziaria 2005)

[48]   Legge 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo.

[49]   D.P.R. 23 agosto1982, n. 791, Norme per il potenziamento delle strutture dell'Ufficio centrale della programmazione sanitaria.

[50]   La legge 662/1996, all’art. 34, ha previsto che quote specifiche del Fondo sanitario nazionale possono essere vincolate, in accordo con le regioni, a specifici obiettivi ritenuti prioritari, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie, nonché alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per la salute purché relativi al miglioramento dell'erogazione dei LEA.

[51]   “Disciplina generale della cooperazione internazionale per lo sviluppo”.

[52]   “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”.

[53]   Le risorse complessivamente stanziate per l’anno 2017 per il Piano in questione, dalla legge di stabilità 2015 e dalla legge di bilancio 2017, pari complessivamente a 150 milioni di euro, sono state ridotte a 148 milioni per effetto dell’art.13 del D.L. n. 50/2017.

[54]   La normativa, in particolare, prevedeva che le Amministrazioni centrali trasmettessero al Ministro per il Sud, che cura l’applicazione del principio di assegnazione differenziale, ed al Ministro dell'economia e delle finanze l'elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale, interessati dall'applicazione di tale regola, entro il 28 febbraio di ogni anno. Per l’anno 2019, l’elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale è stato individuato, in via sperimentale, direttamente dal DEF 2019. Con D.P.C.M. 10 maggio 2019 sono state definite le modalità di verifica del volume di stanziamenti in conto capitale che le Amministrazioni centrali hanno assegnato alle regioni del Sud, secondo il principio dell’assegnazione proporzionale.

[55]   Si tratta della una struttura di missione denominata «InvestItalia», prevista dall’articolo 1, commi 179-183, della egge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), di supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell'indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati, che opera alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, anche in raccordo con la Cabina di regia Strategia Italia (prevista dall’articolo 40 del D.L. n. 109 del 2018). Con D.P.C.M. 26 settembre 2019 l’Autorità politica delegata è stata individuata nel Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri Mario Turco.

[56]   Fanno eccezione soltanto le spese tassativamente regolate dalla legge; quelle non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi; o quelle a carattere continuativo necessarie per garantire il mantenimento dei servizi esistenti.

[57]   Ai sensi dell'art.163, comma 7, implicitamente derogato, nel corso dell'esercizio provvisorio, sono consentite solo le variazioni di bilancio dirette ad applicare al bilancio quote vincolate o accantonate del risultato di amministrazione (secondo quanto disposto dall'art. 187, comma 3-quinquies, del TUEL), "quelle riguardanti le variazioni del fondo pluriennale vincolato, quelle necessarie alla reimputazione agli esercizi in cui sono esigibili, di obbligazioni riguardanti entrate vincolate già assunte, e delle spese correlate, nei casi in cui anche la spesa è oggetto di reimputazione l'eventuale aggiornamento delle spese già impegnate".

 

[58]   L’articolo 14 del DPR n.296/2005 prevede che la durata delle concessioni o locazioni disposte a titolo gratuito o a canone agevolato è fissata in sei anni. Quando l'Agenzia del demanio ne ravvisa, con determinazione motivata, l'opportunità in considerazione di particolari finalità perseguite dal richiedente, la concessione può avere una durata superiore ai sei anni, comunque non eccedente i diciannove anni. Può essere stabilito un termine superiore ai sei anni anche nell'ipotesi in cui il concessionario si obbliga a eseguire consistenti opere di ripristino, restauro o ristrutturazione particolarmente onerose con indicazione del termine di ultimazione delle stesse.

[59]   Si ricorda che l’art. 1, co. 1, del D.L. 1/2020 – attualmente all’esame delle Camere (A.S. 1664) – ha istituito il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca sopprimendo conseguentemente il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca. Inoltre, l’art. 3, co. 8, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, sono apportate le variazioni di bilancio occorrenti per l'adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura del Governo.

[60]   Recata dal Codice della navigazione R.D. 30 marzo 1942, n. 327, in particolare negli articoli da 28 a 55, nonché dal regolamento per la navigazione marittima (di cui al d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, artt. da 5 a 58).

[61]   Informazioni dettagliate sullo stato dell’opera sono contenute nella scheda n. 46 del rapporto “Infrastrutture strategiche e prioritarie - Programmazione e realizzazione - Dati al 31 ottobre 2019”.

[62]   Secondo il SEC 2010, le unità istituzionali vengono classificate o meno nel Settore S.13 sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dalla forma giuridica assunta (Cfr. sul sito dell’ISTAT: https://www.istat.it/it/archivio/190748). Secondo il SEC 2010, il Settore S.13 “è costituito dalle unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali e sono finanziate da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori, nonché dalle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito della ricchezza del paese”.

[63]   Come riportato nel Comunicato ISTAT del 9 aprile 2019, le unità riclassificate all’interno del settore delle AP sono: Rete ferroviaria Italiana s.p.a.; FerrovieNord s.p.a.; Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia); Cassa del Trentino s.p.a.; Finanziaria per lo sviluppo della Lombardia s.p.a.; Finanziaria regionale abruzzese s.p.a.; Finpiemonte s.p.a.; Finanziaria regionale Valle d’Aosta s.p.a.; Acquirente Unico s.p.a.; Ricerca sul sistema energetico s.p.a.

[64]   Ai sensi dell’articolo 243-bis del TUEL, la durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale è determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare nel medesimo e l'ammontare degli impegni di spesa corrente del rendiconto dell'anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio.

[65]   Il riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 118/2011, costituisce, si ricorda, una operazione straordinaria, prevista al fine di adeguare lo stock dei residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al nuovo principio generale della competenza finanziaria “potenziata”, introdotto dal D.Lgs. n. 118/2011. Ciò in ragione della circostanza che con i nuovi principi contabili non possono continuarsi a gestire poste di residuo che derivano da registrazioni contabili che rispondono al previgente criterio della competenza finanziaria semplice. Il riaccertamento, presupponendo la verifica delle ragioni del mantenimento dei residui in base al criterio della nuova competenza, ha inevitabilmente determinato situazioni in cui i risultati di amministrazione 2015 si sono chiusi in disavanzo, differentemente dalle risultanze accertate alla chiusura dei conti dell’anno precedente, con possibili ripercussioni sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

[66]   La suddetta lettera e) dispone che l’ente che abbia predisposto il piano di riequilibrio è tenuto – ai fini di assicurare il riequilibrio medesimo - ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi conservati in bilancio, stralciando i residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità (da inserire nel conto del patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione), nonché una sistematica attività di accertamento delle posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio e dei procedimenti di realizzazione delle opere pubbliche ad esse sottostanti ed una verifica della consistenza ed integrale ripristino dei fondi delle entrate con vincolo di destinazione.

[67]   Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 marzo 2019, n. 74.

[68]   Si fa presente che le disposizioni in esame sono state concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni del 29 gennaio 2020, con l’intento di superare le notevoli complicazioni che si sono registrate a livello di contabilizzazione delle operazioni per il riversamento delle somme allo Stato, data la non corrispondenza tra gli anni in cui vi sono incassi e l’anno in cui si procede con il decreto di compensazione.

[69]   Decreto Direttoriale 08/05/2017, recante “Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell'articolo 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2013”

[70]   Le condizioni previste sono che l’ente locale: si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima prevista; abbia previsto l'impegno ad alienare i beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini istituzionali dell'ente; abbia provveduto alla rideterminazione della dotazione organica (fermo restando che la stessa non può essere variata in aumento per la durata del piano di riequilibrio).

[71]   L'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi, sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 10 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.

[72]   Per un approfondimento dei contenuti della sent. si rinvia alla Nota Breve n.172 del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche am-ministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", febbraio 2020.

[73]   Il decreto-legge  n.35 (Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanzia-rio degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali) reca, all'art.1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. In particolare, il comma 10 istituisce un Fon-do per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte se-zioni, una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

[74]   La norna dispone che l'art.2, comma 6, del D.L. n.78/2015 «si interpreta nel senso che la facoltà degli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità […] di utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione, può essere esercitata anche con effetti»: i) «sulle risultanze finali esposte nell’allegato 5/2  annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui»; ii) nonché sul ripiano del disavanzo tecnico eventualmente risultante dalla differenza positiva, a seguito del riaccertamento straordinario (approvato a decorrere dal 20 maggio 2015), fra i residui passivi reimputati ad un esercizio e la somma del fondo pluriennale vincolato stanziato in entrata e i residui attivi reimputati al medesimo esercizio.

[75]   Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[76]   L'Allegato richiama la circostanza che le anticipazioni di liquidità, come definite dall'articolo 3, comma 17, della legge n. 350/2003, sono "operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio". Le anticipazioni di liquidità non costituiscono indebitamento agli effetti dell'art. 119 della Costituzione.

[77]   Il fondo, in sostanza, è diretto ad evitare che le entrate di dubbia esigibilità, previste ed accertate nel corso dell’esercizio (si pensi ad esempio ai proventi da sanzioni amministrative al codice della strada, da oneri di urbanizzazione, dalla lotta all’evasione), possano essere utilizzate per finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio. Le entrate di dubbia e difficile esazione sono accertate per l’intero importo del credito, anche se non è certo se saranno riscosse in modo integrale (o in una qualche misura). Per tali crediti risulta obbligatorio effettuare un accantonamento al FCDE nel bilancio di previsione, vincolando una quota dell'avanzo di amministrazione.

[78]   Si veda l'allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011.

[79]   Riguardo alla possibilità di utilizzare il metodo semplificato di calcolo dell’accantonamento al FCDE, si rammenta che già nell’ambito del principio contabile della gestione finanziaria (Allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011) si evidenzia come «l'adozione di tale facoltà è effettuata tenendo conto della situazione finanziaria complessiva dell'ente e del rischio di rinviare oneri all'esercizio 2019».

[80]   Per tutti dettagli sui requisiti, sul Registro, sulle tariffe e sulle modalità di presentazione delle richieste è possibile consultare l'Addendum alle Procedure Applicative del DM 23 giugno 2016 e le stesse Procedure.

[81]  La piattaforma tecnologica ha assunto il nome "PagoPA". Essa è una delle infrastrutture abilitanti previste dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (altre sono: Sistema Pubblico di Identità Digitale; Carta d'Identità Elettronica; Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente); è mirata a che cittadini ed imprese effettuino i pagamenti verso pubbliche amministrazioni e gestori di servizi di pubblica utilità, tramite un sistema unitario ed avvalendosi del maggior numero possibile di canali di pagamento.

Non configura un mero sistema di pagamenti on line, potendo integrare al suo interno modalità tradizionali di pagamento attraverso un canale unico per la condivisione di modalità di incasso, rendicontazione e gestione delle ricevute.

[82]  La piattaforma tecnologica ha assunto il nome "PagoPA". Essa è una delle infrastrutture abilitanti previste dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (altre sono: Sistema Pubblico di Identità Digitale; Carta d'Identità Elettronica; Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente); è mirata a che cittadini ed imprese effettuino i pagamenti verso pubbliche amministrazioni e gestori di servizi di pubblica utilità, tramite un sistema unitario ed avvalendosi del maggior numero possibile di canali di pagamento.

Non configura un mero sistema di pagamenti on line, potendo integrare al suo interno modalità tradizionali di pagamento attraverso un canale unico per la condivisione di modalità di incasso, rendicontazione e gestione delle ricevute.