Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 104/2020 - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia - Articoli 58-115
Riferimenti: AC N.2700/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 332/2 - Volume II
Data: 07/10/2020
Organi della Camera: V Bilancio

Misure urgenti per il sostegno
e il rilancio dell'economia
(“Decreto Agosto”)

 

Volume II - Articoli 58-115

D.L. 104/2020 – A.C. 2700

Parte I – Schede di lettura

 

7 ottobre 2020

 

 

Parte I – Schede di lettura

 

 

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Dossier n. 281/2 Volume II

 

 

 

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Progetti di legge n. 332/2 Volume II

 

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

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INDICE VOLUME II

 

Capo VI – Sostegno e rilancio dell’economia.. 7

Articolo 58 (Fondo per la filiera della ristorazione) 7

Articolo 58-bis (Fondo per la promozione dei prodotti di quarta gamma). 14

Articolo 58-ter (Disposizioni urgenti in materia di apicoltura). 15

Articolo 58-quater (Misure a favore del settore vinicolo). 16

Articolo 59 (Contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici). 19

Articolo 60, commi 1-7 (Rifinanziamenti di misure a sostegno delle imprese)  23

Articolo 60, commi 7-bis-7-quinquies (Disposizioni in materia di sospensione temporanea dell'ammortamento del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali). 35

Articolo 60, commi 7-sexies e 7-septies (Contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo, di reddito agrario nonché titolari di partita IVA)  37

Articolo 60-bis (Ridefinizione dei piani di ammortamento dei finanziamenti ricevuti dalle imprese per attività di ricerca e sviluppo). 39

Articolo 61 (Semplificazioni dei procedimenti di accorpamento delle camere di commercio)  42

Articolo 61-bis (Semplificazione burocratico amministrativa per l'avvio di nuove imprese da parte di under 30). 49

Articolo 62 (Aiuti alle piccole imprese e alle micro imprese). 50

Articolo 63 (Semplificazione procedimenti assemblee condominiali). 53

Articolo 63-bis (Disposizioni urgenti in materia condominiale). 58

Articolo 64, commi 1-5 (Fondo di garanzia PMI, interventi a sostegno delle imprese e dell’occupazione anche nel Mezzogiorno e in favore degli enti del terzo settore)  59

Articolo 64, comma 5-bis (Ristoro ai Comuni di minori entrate derivanti  a esoneri Tosap e Cosap). 71

Articolo 64-bis (Calcolo dimensione aziendale per l’accesso al Fondo di garanzia PMI)  73

Articolo 65 (Proroga moratoria per le PMI ex articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020)  76

Articolo 66 (Interventi di rafforzamento patrimoniale). 84

Articolo 67 (Riassetto gruppo SACE). 85

Articolo 68 (Modifiche alla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine)  94

Articolo 69 (Locazioni passive delle Amministrazioni Pubbliche). 95

Articolo 70 (Rinnovo degli inventari dei beni mobili dello Stato). 100

Articolo 71 (Modalità di svolgimento semplificate delle assemblee di società)  101

Articolo 72, commi 1 e 1-bis (Sottoscrizione semplificata di contratti bancari e assicurativi)  104

Articolo 72, comma 1-ter  (Trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da cessione di crediti deteriorati). 106

Articolo 72-bis (Operazioni effettuate dal Gruppo Iva e nei confronti di esso)  113

Articolo 73 (Rifinanziamento cashback). 115

Articolo 74 (Incremento del fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di Co2 g/km - Automotive). 118

Articolo 74-bis (Modifica al comma 1031 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in materia di incentivi per l'acquisto di motoveicoli elettrici o ibridi). 124

Articolo 75, commi 1-3 (Operazioni di concentrazione a salvaguardia della continuità d’impresa). 126

Articolo 75, comma 4 (Modifiche all’articolo 64-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58)  129

Articolo 76 (Sospensione scadenza titoli di credito). 133

Articolo 77, commi 1-2-bis e 3-4-bis (Misure urgenti per il settore turistico). 136

Articolo 77, comma 2-ter (Fondi di incentivazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)  141

Articolo 78 (Esenzioni IMU per turismo e spettacolo). 142

Articolo 78-bis (Agevolazioni tributarie IMU imprese agricole). 145

Articolo 79 (Agevolazioni settore turistico e termale). 147

Articolo 80, commi 1, lettera a), e 7 (Incremento del Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali). 149

Articolo 80, commi 1, lettera b), e 7 (Incremento delle risorse per il funzionamento di musei e luoghi della cultura statali). 151

Articolo 80, comma 1, lettera b-bis)  (Contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo)  152


 

Articolo 80, commi 2 e 7 (Incremento dei Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)  155

Articolo 80, comma 2-bis (Destinazione del 10% dei compensi per copia privata)  158

Articolo 80, commi 3 e 7 (Soggetti giuridici creati o partecipati dal MIBACT)  161

Articolo 80, commi 4 e 7 (Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali")  163

Articolo 80, comma 5 (Risorse in favore di cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità). 166

Articolo 80, comma 6 (Superbonus dimore storiche). 167

Articolo 80, commi 6-bis e 6-ter (Credito d’imposta promozione musica). 170

Articolo 80-bis (Fondo per la tutela, la conservazione e il restauro del patrimonio culturale immobiliare storico e artistico pubblico). 172

Articolo 81 (Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche) 174

Articolo 82 (Misure per i Campionati mondiali di sci alpino Cortina 2021). 180

Articolo 83 (Rifinanziamento Fondo servizio civile) 188

Articolo 84 (Disposizioni in materia di autotrasporto) 190

Articolo 85, commi 1-4 (Misure compensative per il trasporto di passeggeri con autobus non soggetti a obblighi di servizio pubblico). 193

Articolo 85, commi 5 e 6 (Disposizioni sul trasporto aereo). 196

Articolo 86 (Misure in materia di trasporto passeggeri su strada). 200

Articolo 87 (Misure urgenti per il trasporto aereo). 204

Articolo 88 (Decontribuzione per le imprese esercenti attività di cabotaggio e crocieristiche)  207

Articolo 89 (Istituzione di un fondo per la compensazione dei danni subiti dal settore del trasporto marittimo). 210

Articolo 89-bis (Collegamenti ferroviari via mare tra la Sicilia e la Penisola)  212

Articolo 90 (Modifiche al Buono viaggio). 214

Articolo 91 (Internazionalizzazione degli enti fieristici e delle start-up innovative)  217


 

Articolo 92 (Disposizioni per l’adempimento di impegni internazionali). 225

Articolo 93, commi 1-5 (Disposizioni in materia di porti). 228

Articolo 93, comma 5-bis (capoverso lettera b)) (Ristoro IMU a seguito della riclassificazione catastale degli immobili portuali). 233

Articolo 94 (Disposizioni in materia di infrastrutture autostradali) 238

Articolo 95 (Misure per la salvaguardia della zona lagunare di Venezia e istituzione dell’Autorità per la laguna di Venezia). 241

Articolo 96, comma 1 (Credito d’imposta per investimenti pubblicitari). 269

Articolo 96, commi 2 e 7 (Credito d’imposta per acquisto di carta per la stampa)  271

Articolo 96, commi 3-6 (Interventi relativi ai contributi diretti ad imprese editrici di quotidiani e periodici). 273

Capo VII – Misure fiscali. 281

Articolo 97 (Rateizzazione versamenti sospesi). 281

Articolo 97-bis (2 per mille IRPEF alle associazioni culturali). 284

Articolo 98 (Proroga secondo acconto ISA). 286

Articolo 98-bis (Regolarizzazione versamenti ISA). 289

Articolo 99 (Proroga riscossione coattiva) 292

Articolo 100 (Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale). 295

Articolo 101 (Concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale)  306

Articolo 102 (Inibizione di siti web). 309

Articolo 103 (Servizi dell’Agenzia delle dogane). 313

Articolo 104 (Apparecchi da divertimento senza vincita in denaro). 316

Articolo 105 (Lotteria degli scontrini cashless). 319

Articolo 106 (Rivalutazione dei beni delle cooperative agricole). 321

Articolo 107 (Tassa automobilistica per veicoli in locazione a lungo termine senza conducente) 324

Articolo 108 (Maggiorazione ex-Tasi). 327

Articolo 109 (Proroga esonero Tosap e Cosap). 329

Articolo 110 (Rivalutazione beni d’impresa). 334

Articolo 111 (Riscossione diretta società in house). 340

Articolo 112  (Elevamento per il 2020 del limite di esenzione dall’IRPEF per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore) 343

Articolo 113 (Modifica dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 49 del 2020). 345

Articolo 113-bis (Clausola di salvaguardia). 347

Capo VIII – Disposizioni finali e copertura finanziaria   349

Articolo 114 (Norma di copertura). 349

Articolo 115 (Entrata in vigore). 360

 


Capo VI – Sostegno e rilancio dell’economia

Articolo 58
(Fondo per la filiera della ristorazione)

 

 

L’articolo 58 – modificato dal Senato - istituisce un Fondo dotato di 600 milioni di euro, per l’anno 2020, al fine di erogare un contributo, a fondo perduto, a favore degli operatori della ristorazione che acquistino prodotti agricoli e alimentari. Il Senato ha tra l’altro previsto, introducendo i commi 8-bis e 8-ter all’articolo 58, l’estensione al 2021, per 0,5 milioni di euro, dell’incremento dell’indennità per il personale dell’ICQRF disposto dal decreto-legge n. 18 del 2020 per l’anno 2020; ha inoltre soppresso – con l’inserimento del comma 8-quater – il limite di 57 unità di personale aggiuntivo che l’ICQRF può assumere in base alla legge di bilancio 2019, pur mantenendo inalterato il relativo limite massimo di spesa. 

 

Nello specifico, il comma 1 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con una dotazione di 600 milioni di euro per il 2020, per aiutare la ripresa dell’attività da parte degli esercizi di ristorazione e per ridurre lo spreco alimentare.

 

Il comma 2 stabilisce che le risorse finanziarie disposte sul Fondo sono destinate all’erogazione di un contributo a fondo perduto a favore delle imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.11 (ristorazione con somministrazione), 56.29.10 (mense) e 56.29.20 (catering continuativo su base contrattuale), già in attività alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, per aver sostenuto l’acquisto di prodotti, inclusi quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari, anche DOP e IGP, valorizzando la materia prima di territorio. Il Senato ha aggiunto a tale elenco le imprese registrate con codice ATECO prevalente 56.10.12 (attività di ristorazione connesse alle aziende agricole), 56.21.00 (catering per eventi, banqueting), e, limitatamente alle attività autorizzate alla somministrazione di cibo, 55.10.00 (alberghi). La disposizione prosegue specificando che il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi medi dei mesi da marzo a giugno 2020 sia inferiore ai tre quarti dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi medi dei mesi da marzo a giugno 2019. Con una rettifica pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2020 è stato specificato che per i soggetti che hanno avviato l’attività a decorrere dal 1° gennaio 2019, per i quali viene confermata l’applicabilità della disposizione, non valgono i limiti di fatturato indicati nel periodo precedente.

 

La relazione tecnica allegata al testo iniziale del decreto-legge in esame specifica che sulla base del rapporto annuale 2019 della ristorazione pubblicato da Confcommercio FIPE (Federazione italiana pubblici esercizi), le attività interessate dalla presente norma, al 31 dicembre 2018, risultano essere 125.657 imprese, secondo il riparto indicato nella tabella in calce.

In particolare le attività interessate alla misura sono:

§  122.381 di cui al codice ATECO 56.10.11;

§  1871 di cui al codice ATECO 56.29.10;

§  1405 di cui al codice ATECO 56.29.20;

Si riporta di seguito la tabella allegata alla relazione tecnica.

 

 

Ai sensi del comma 3, i soggetti interessati possono presentare per l’elargizione del contributo apposita istanza secondo le modalità che saranno fissate nel decreto previsto al comma 10.

Il contributo sarà erogato, per un importo pari al 90 per cento, al momento in cui la domanda verrà accettata.

L’accettazione presuppone che vengano presentati i documenti fiscali comprovanti gli acquisti effettuati -  anche senza quietanza – e l’autocertificazione sulla sussistenza dei requisiti richiesti e sull’assenza delle condizioni ostative stabilite dall’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159. Il saldo del contributo verrà corrisposto una volta presentata la quietanza di pagamento secondo le modalità tracciabili previste dalla legislazione vigente.

 

Il decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159 richiamato, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, prevede, all’articolo 67, gli specifici effetti delle misure di prevenzione. Il particolare, esclude dalla possibilità di ottenere contributi, finanziamenti, mutui agevolati od altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali alle persone alle quali è stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione.

 

Il comma 4 prevede che l’erogazione del contributo venga effettuata nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis.

 

Il comma 5 prevede che il contributo in esame non concorra alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rilevi, ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi e non concorra alla formazione del valore della produzione netta, di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

In merito al richiamato Testo Unico delle imposte sui redditi, l’articolo 61 prevede, al comma 1, che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Il comma 2 specifica che la parte di interessi passivi non deducibile ai sensi del comma 1 non dà diritto alla detrazione dall'imposta per oneri. Quanto all’articolo 109, comma 5, esso prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili, in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Le plusvalenze non rilevano ai fini dell'applicazione del periodo precedente. Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell'articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento.

 

Il comma 6 introduce la possibilità per il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di stipulare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’erogazione del contributo in esame, apposite convenzioni con concessionari di servizi pubblici che:

§  risultino dotati di una rete di sportelli capillare su tutto il territorio nazionale;

§  abbiano disponibilità di piattaforme tecnologiche e infrastrutture logistiche integrate;

§  abbiano l’identificazione come Identity Provider e la qualifica di Certification Authority accreditata dall'Agenzia per l'Italia digitale;

§  possano vantare un’esperienza pluriennale nella ricezione, digitalizzazione e gestione delle istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione e nei servizi finanziari di pagamento.

 

Per l’accesso ai benefici, il richiedente è tenuto a:

§  registrarsi nella piattaforma digitale messa a disposizione del concessionario convenzionato, denominata “piattaforma della ristorazione”;

§  recarsi presso gli sportelli del concessionario convenzionato.

In entrambi i casi dovrà essere fatta richiesta di accesso al beneficio e dovranno essere forniti i dati richiesti, tra i quali copia del versamento dell’importo di adesione all’iniziativa di sostegno, effettuato tramite bollettino di pagamento, fisico o digitale.

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il concessionario pubblicano nei propri siti internet le informazioni necessarie per la richiesta di accesso al beneficio.

Una volta trasmessa al Dicastero agricolo la richiesta di erogazione del contributo, lo stesso Dicastero verificherà i requisiti sulla base della documentazione trasmessa in formato digitale dal concessionario convenzionato.

Se la verifica avrà esito positivo, il concessionario convenzionato effettuerà il bonifico, previo accredito da parte del Dicastero, a favore dell’esercizio commerciale richiedente, per un importo pari al novanta per cento del valore del contributo complessivo.

Gli acquisti dei prodotti agricoli e alimentari, anche DOP e IGP, è certificato dal beneficiario attraverso la presentazione dei documenti richiesti – che secondo il comma 2 deve avvenire al momento della presentazione dell’istanza -  utilizzando la piattaforma della ristorazione o recandosi presso gli uffici del concessionario convenzionato; all’esito della verifica il concessionario convenzionato provvederà ad emettere, nelle medesime modalità, i bonifici a saldo del contributo.

La disposizione prosegue attribuendo al personale impiegato presso il concessionario convenzionato la qualità di incaricato di pubblico servizio al fine di poter espletare le attività necessarie all’identificazione degli aventi diritto.

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, sarà determinato l’importo dell’onere a carico dell’interessato al riconoscimento del beneficio richiesto e i criteri di attribuzione dello stesso al concessionario convenzionato.

 

Il comma 7 prevede che il Dicastero agricolo possa avvalersi dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) per le verifiche relative ai contributi erogati. Il Senato, modificando il testo, ha precisato che l’ICQRF effettua verifiche a campione sui beneficiari nelle modalità da determinarsi con il decreto di cui al comma 10, e comunica, ai fini dell’eventuale recupero, gli esiti di tale verifica all’Ufficio che ha erogato i contributi.

 

Il comma 8, stabilisce che, salvo che il fatto costituisca reato, l’indebita percezione del contributo, oltre a comportare il recupero dello stesso, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del contributo non spettante. Il Senato, modificando il testo, ha aggiunto che, ai fini dell’applicazione dell’articolo in commento, l’ammontare di cui al secondo comma dell’articolo 316-ter del codice penale è elevato a 8.000 euro.

Si rileva, a tal proposito, che il citato secondo comma dell’art. 316-ter del codice penale, relativo all’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, attualmente prevede che “Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.

Durante l’esame del provvedimento presso il Senato si è aggiunto, inoltre, che non si applichi l’art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014).

Si ricorda che il suddetto comma 3 dell’art. 1 del decreto-legge n. 91 del 2014 attualmente prevede che, per le violazioni alle norme in materia agroalimentare, per le quali è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l'organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerta l'esistenza di violazioni sanabili, diffidi l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell'illecito amministrativo entro un termine non superiore a novanta giorni, anche presentando, a tal fine, specifici impegni. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili anche tramite comunicazione al consumatore. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida di cui al presente comma, entro il termine indicato, l'organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, ai sensi dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l'applicazione dell'articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. La diffida è applicabile anche ai prodotti già posti in commercio, a condizione che per essi vengano sanate le violazioni nei termini di cui al medesimo comma 3.

 

 All’irrogazione della sanzione – prosegue il comma 8 in commento - provvede l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF). Il pagamento della sanzione e la restituzione del contributo non spettante è effettuata con modello F24, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, senza possibilità di compensazione con crediti. Il Senato ha poi specificato che ciò avvenga entro 60 giorni, rispettivamente, dalla data di notifica dell’atto di intimazione alla restituzione del contributo erogato, emesso dall’Ufficio che ha erogato il medesimo, e dell’ordinanza ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall’ ICQRF. In caso di mancato pagamento nei termini sopra indicati, si procede all’emissione dei ruoli di riscossione coattiva. Gli introiti derivanti dall’irrogazione delle sanzioni di cui al medesimo comma 8 sono versati all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati, con decreto del Ragioniere generale dello Stato, allo stato di previsione del MIPAAF, per il finanziamento di iniziative per il superamento di emergenze e per il rafforzamento dei controlli.   

 

Il comma 8-bis – introdotto dal Senatoprevede che l’incremento delle indennità per il personale dell’ICQRF, disposta dall’art. 78, comma 3-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020) nella misura di 2 milioni di euro per il corrente anno, sia anche previsto per il 2021, nella misura complessiva di 0,5 milioni di euro; il comma 8-ter adegua conseguentemente la relativa copertura finanziaria per il 2021, a valere sui fondi speciali di pertinenza del MIPAAF.

 

Il comma 8-quater - anch’esso introdotto dal Senato - elimina il riferimento al numero massimo di 57 unità di personale che l’ICQRF del MIPAAF può assumere in base all’art. 1, comma 669 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), per le attività di controllo a tutela della qualità dei prodotti agroalimentari e della reputazione del made in Italy, pur mantenendo il limite di spesa massimo di 0,5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 2,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

 

Il comma 9 prescrive che, qualora il percettore del contributo a fondo perduto cessi l'attività d’impresa successivamente all'erogazione del contributo, il soggetto che ha presentato richiesta è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta degli organi competenti. L'eventuale atto di recupero è effettuato nei confronti del soggetto firmatario dell'istanza che ne è responsabile in solido con il beneficiario.

 

Il comma 10 prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, emanato d’intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso, siano stabiliti i criteri, i limiti e le modalità di erogazione del contributo.

 

Il comma 11, infine, prevede la copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo in esame, pari, appunto a 600 milioni di euro per l’anno 2020; le risorse finanziarie sono rinvenute nell’ambito dell’articolo 114 che dispone la copertura complessiva del provvedimento, salvo prevedere che all’espletamento delle attività connesse all’articolo in esame, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 58-bis
(Fondo per la promozione dei prodotti di quarta gamma)

 

L’articolo 58-bis - inserito nel corso dell'esame al Senato - istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo per la promozione dei prodotti di quarta gamma, con una dotazione finanziaria di € 20 mln per il 2020.

 

Il comma 1 indica le finalità del Fondo:

- sostenere, nel limite di 20 milioni di euro per il 2020 che costituisce tetto di spesa massimo, interventi di promozione della commercializzazione dei prodotti di quarta gamma;

- stimolare la ripresa e il rilancio del relativo comparto;

- sensibilizzare i consumatori rispetto ai livelli qualitativi e di sicurezza alimentare di tali prodotti.

 

Al riguardo si ricorda che l'art. 2 della L. 77/2011 ha stabilito che si definiscono prodotti ortofrutticoli di quarta gamma i prodotti ortofrutticoli destinati all'alimentazione umana freschi, confezionati e pronti per il consumo che, dopo la raccolta, sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità atti a valorizzarli seguendo le buone pratiche di lavorazione articolate nelle seguenti fasi: selezione, cernita, eventuale monda e taglio, lavaggio, asciugatura e confezionamento in buste o in vaschette sigillate, con eventuale utilizzo di atmosfera protettiva.

 

Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, la definizione dei criteri e delle modalità di accesso e di ripartizione del Fondo, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il comma 3 specifica le modalità di copertura degli oneri relativi, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, come incrementato dall'articolo 114, comma 4, del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura pertanto si rinvia).


 

Articolo 58-ter
(Disposizioni urgenti in materia di apicoltura)

 

 

L’articolo 58-ter - inserito nel corso dell'esame in Senato - modifica alcuni profili normativi relativi alla disciplina del settore apistico e contempla anche la vendita al dettaglio di prodotti agricoli su superfici ''destinate alla produzione primaria'' tra le ipotesi per le quali non è richiesta la comunicazione di inizio attività.

 

Nel dettaglio, il comma 1 novella la L. 313/2004 (Disciplina dell'apicoltura).

La lettera a) inserisce nel comma 2 dell'articolo 1 il riferimento alle regioni, oltre alle province autonome, per quanto riguarda l'individuazione dei soggetti chiamati a provvedere alle finalità della legge in questione, in conformità ai rispettivi statuti e norme di attuazione.

La lettera b) interviene sulla disciplina dell'uso dei fitofarmaci, dettata dall'articolo 4 della L. 313/2004.

Tale articolo stabilisce che le regioni, nel rispetto della normativa comunitaria vigente e sulla base del documento programmatico per il settore apistico, individuano le limitazioni e i divieti cui sottoporre i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee durante il periodo di fioritura, stabilendo le relative sanzioni.

La lettera b) in esame introduce la specificazione per cui i trattamenti antiparassitari sopra richiamati devono essere sottoposti a divieto o limitazione anche in presenza di secrezioni extrafiorali di interesse mellifero.

La lettera c) interviene sui principi relativi all'adeguato sfruttamento delle risorse nettarifere, in base ai quali lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano incentivano la conduzione zootecnica delle api e la pratica economico-produttiva del nomadismo.

In particolare, la novella all'articolo 7, comma 2, lettera a) elimina il principio relativo al preventivo accertamento che gli apiari, stanziali o nomadi, rispettino le norme del regolamento di polizia veterinaria (DPR 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni).

Il comma 2 novella l'articolo 4, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 228/2001, inserendo anche la vendita al dettaglio di prodotti agricoli su superfici ''destinate alla produzione primaria'' tra le ipotesi per le quali non è richiesta la comunicazione di inizio attività.


 

Articolo 58-quater
(Misure a favore del settore vinicolo)

 

L’articolo 58-quater - introdotto dal Senato - estende alle imprese appartenenti alle filiere vitivinicole, anche associate ai codici ATECO 11.02.10 (Produzione di vini da tavola e vini di qualità prodotti in regioni determinate) e 11.02.20 (Produzione di vino spumante e altri vini speciali) l'esonero straordinario dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro, dovuti per il periodo dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2020.

Le risorse rivenienti dalle economie residue derivanti dall'attuazione dell'intervento di riduzione volontaria della produzione di uve, previsto dal decreto Rilancio cui si aggiungono le ulteriori economie quantificate all'esito dell'istruttoria in corso, sono destinate, nei limiti previsti per il 2020, al finanziamento della predetta misura di esonero contributivo. Le ulteriori risorse rivenienti dalle economie residue per il 2020 sono destinate al finanziamento di misure di sostegno a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica.

 

Nel dettaglio, l'articolo in esame novella, al comma 1, il D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), cd. “Decreto Rilancio”.

La lettera a) novella l'articolo 222, comma 2, del D.L. n. 34/2020. Essa estende alle imprese appartenenti alle filiere vitivinicole, anche associate ai codici ATECO 11.02.10 (Produzione di vini da tavola e vini di qualità prodotti in regioni determinate) e 11.02.20 (Produzione di vino spumante e altri vini speciali) l'esonero straordinario dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro, dovuti per il periodo dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2020, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

 

La disposizione che qui si vuol novellare ha riconosciuto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro di alcuni comparti, dovuti per il periodo dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2020. I beneficiari della misura sono le imprese appartenenti al comparto agrituristico, apistico, brassicolo, cerealicolo, florovivaistico, vitivinicolo, dell'allevamento, dell'ippicoltura, della pesca e dell'acquacoltura, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (comma 2). Si demanda a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione dei criteri e delle modalità attuative della predetta misura. Il decreto dovrà essere adottato entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Gli oneri sono valutati in 426,1 milioni di euro per il 2020. L'efficacia della predetta disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in base al quale alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché possa presentare le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno, la Commissione inizia la procedura di modifica o soppressione del nuovo regime di aiuto. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

 

La lettera b) inserisce i nuovi commi 1-bis e 1-ter all'articolo 223 del D.L. n. 34/2020.

Il comma 1-bis prevede che le risorse rivenienti dalle economie residue derivanti dall'attuazione dell'intervento di riduzione volontaria della produzione di uve, di cui al comma 1 dell'articolo 223, pari a 61,34 milioni di euro per il 2020, cui si aggiungono le ulteriori economie quantificate all'esito dell'istruttoria in corso, sono destinate, nel limite di 51,8 milioni di euro per il 2020, al finanziamento della misura dell'esonero contributivo di cui all'articolo 222, comma 2, come modificato dalla precedente lettera a).

Le ulteriori risorse rivenienti dalle economie residue di cui al primo periodo, attualmente pari a 9,54 milioni di euro per il 2020, sono destinate al finanziamento di misure di sostegno a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica, in linea con la Comunicazione della Commissione UE Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 del 19 marzo 2020 e successive modificazioni.

Il comma 1-ter demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, la definizione delle misure da attuare, delle relative procedure attuative e dei criteri per l'erogazione del contributo da corrispondere alle imprese vitivinicole destinatarie delle misure di sostegno di cui al comma 1-bis, ultimo periodo.

 

L’articolo 223 del D.L. n. 34/2020 ha stanziato 100 milioni di euro, per l’anno 2020, da destinare alle imprese viticole - obbligate alla tenuta del Registro telematico - che si impegnano alla riduzione volontaria della produzione di uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica. Nello specifico, ai sensi del comma 1, ciò avviene attraverso la pratica della cosiddetta vendemmia verde parziale (la vendemmia verde, in genere, a mente dell’art. 47 del regolamento (UE) 1308/2013, consiste nella distruzione totale o l'eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa della relativa superficie), da realizzare nella corrente campagna. La riduzione di produzione di uve destinate alla vinificazione non può essere inferiore al 15% rispetto al valore medio delle quantità prodotte negli ultimi 5 anni. Sono escluse le campagne con produzione massima e minima, come risultanti dalle dichiarazioni di raccolta e di produzione presentate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 18 luglio 2019, n. 7701, da riscontrare con i dati relativi alla campagna vendemmiale 2020/21 presenti nel Registro telematico, istituito con decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall’entrata in vigore del D.L. 34/2020, sono stabilite le procedure attuative, le priorità di intervento e i criteri per l’erogazione del contributo da corrispondere alle imprese agricole.


 

Articolo 59
(Contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici)

 

L’articolo 59 riconosce un contributo a fondo perduto ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana che abbiano registrato presenze turistiche di cittadini residenti in paesi esteri: per i comuni capoluogo di provincia, in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti negli stessi comuni; per i comuni capoluogo di città metropolitana, in numero pari o superiore a quello dei residenti negli stessi comuni. Il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020, degli esercizi sopra descritti, realizzati nelle zone A dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana, sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi realizzati nel corrispondente mese del 2019. L’ammontare del contributo è determinato nelle seguenti misure: 15 per cento per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame; 10 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame; 5 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. L’ammontare del contributo a fondo perduto è riconosciuto, comunque, in misura non inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Detti importi minimi sono altresì riconosciuti ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° luglio 2019 nelle zone A dei comuni sopra indicati. In ogni caso, l’ammontare del contributo a fondo perduto non può essere superiore a 150.000 euro.

 

In particolare, il comma 1 riconosce un contributo a fondo perduto ai soggetti esercenti attività di impresa di vendita di beni o servizi al pubblico, svolte nelle zone A o equipollenti dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana che, in base all’ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta e l’elaborazione di dati statistici, abbiano registrato presenze turistiche di cittadini residenti in paesi esteri:

a) per i comuni capoluogo di provincia, in numero almeno tre volte superiore a quello dei residenti negli stessi comuni;

b) per i comuni capoluogo di città metropolitana, in numero pari o superiore a quello dei residenti negli stessi comuni.

Il comma 2 prevede che il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020, degli esercizi sopra descritti, realizzati nelle zone A dei comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana, sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi realizzati nel corrispondente mese del 2019. Per i soggetti che svolgono autoservizi di trasporto pubblico non di linea l’ambito territoriale di esercizio dell’attività è riferito all’intero territorio dei comuni di cui al comma 1.

Il comma 3 prevede che l’ammontare del contributo è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi riferito al mese di giugno 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del corrispondente mese del 2019, nelle seguenti misure:

a) 15 per cento per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

b) 10 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

c) 5 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a un milione di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Per il comma 4, il contributo a fondo perduto è riconosciuto, comunque, ai soggetti di cui al comma 1, per un ammontare non inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Detti importi minimi sono altresì riconosciuti ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° luglio 2019 nelle zone A dei comuni di cui al comma 1. In ogni caso, l’ammontare del contributo a fondo perduto non può essere superiore a 150.000 euro.

Il comma 5 estende al contributo a fondo perduto l'applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 25, commi da 7 a 14, del D.L. n. 34/2020 (L., n. 77/2020).

 

L’articolo 25 in questione ha disposto il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato. Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Ai sensi del comma 7, il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, base imponibile dell'IRAP ai sensi del decreto legislativo n. 446 del 1997.

I commi 8, 9 e 10 indicano le modalità per ottenere il contributo a fondo perduto. I soggetti interessati presentano, esclusivamente in via telematica, una istanza all’Agenzia delle entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti definiti dai precedenti commi (comma 8). L’istanza può essere presentata, per conto del soggetto interessato, anche da un intermediario di cui all’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 delegato al servizio del cassetto fiscale dell’Agenzia delle entrate o ai servizi per la fatturazione elettronica. L’istanza deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di cui al comma 10.

Ai sensi del comma 9, l’istanza contiene anche l’autocertificazione che i soggetti richiedenti, nonché i soggetti di cui all’articolo 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia), non si trovano nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011.

Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’interno, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) anche attraverso procedure semplificate ferma restando, ai fini dell’erogazione del contributo di cui al presente articolo, l’applicabilità dell’art. 92 commi 3 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, in considerazione dell’urgenza connessa alla situazione emergenziale.

Qualora dai riscontri di cui al periodo precedente emerga la sussistenza di cause ostative, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero del contributo ai sensi del successivo comma 12.

Colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni.

In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l’articolo 322-ter del codice penale (Confisca).

L'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza stipulano apposito protocollo volto a regolare la trasmissione, con procedure informatizzate, dei dati e delle informazioni di cui al comma 8, nonché di quelli relativi ai contributi erogati, per le autonome attività di polizia economico-finanziaria di cui al decreto legislativo n. 68 del 2001.

Le modalità di presentazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e ogni altro elemento necessario all’attuazione delle disposizioni del presente articolo sono definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (articolo 10).

Ai sensi del comma 11, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall’Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.

I fondi con cui elargire i contributi sono accreditati sulla contabilità speciale intestata all’Agenzia delle entrate n. 1778 “Fondi di Bilancio”.

L'Agenzia delle entrate provvede al monitoraggio delle domande presentate ai sensi del comma 8 e dell'ammontare complessivo dei contributi a fondo perduto richiesti e ne dà comunicazione con cadenza settimanale al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Il comma 12 disciplina l'attività di controllo dei dati, recupero dei contributi non spettanti e relativa sanzione,

In particolare, l'attività di controllo dei dati dichiarati dal richiedente viene attribuita agli uffici delle imposte ai sensi degli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 riguardanti le funzioni, nonché i poteri di accesso, ispezione e verifica degli uffici medesimi.

Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni in misura corrispondente a quelle previste dall’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (dal 100 al 200% della misura del contributo) e applicando gli interessi dovuti ai sensi dell’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 (4% annuo), in base alle disposizioni di cui all’articolo 1, da commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004).

Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008, nonché, per quanto compatibili, anche quelle di cui all’articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010. Per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 546 del 1992 (recante disposizioni sul processo tributario).

Il comma 13 stabilisce che, qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività d’impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 8 è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell’amministrazione finanziaria. In questi casi, l’eventuale atto di recupero di cui al comma 12 è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.

Il comma 14, infine, dispone che, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l’articolo 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).

 

Il comma 6 prevede che il contributo a fondo perduto non è cumulabile con il contributo di cui all’articolo 58 per le imprese della ristorazione ivi indicate, le quali possono presentare richiesta per uno solo dei due contributi.

Il comma 7 rinvia all’articolo 114 per la copertura degli oneri relativi all'articolo in esame, valutati in 500 milioni di euro per il 2020.

Articolo 60, commi 1-7
(Rifinanziamenti di misure a sostegno delle imprese)

 

L’articolo 60, comma 1, rifinanzia di 64 milioni di euro per il 2020 la cd. Nuova Sabatini, misura di sostegno volta alla concessione – alle micro, piccole e medie imprese - di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali “Industria 4.0”, con un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti.

Il comma 2 rifinanzia di 500 milioni di euro per il 2020 lo strumento agevolativo dei Contratti di sviluppo, istituito dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008).

Il comma 3 rifinanzia ed estende l’ambito di intervento del “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa”, istituito dall’articolo 43 del D.L. n. 34/2020. In particolare, alla lett. a) rifinanzia il Fondo di 200 milioni per il 2020; alla lett. b) interviene sull’ambito di operatività del Fondo destinandolo al salvataggio e alla ristrutturazione anche di imprese che, indipendentemente dal numero degli occupati, detengono beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale; la lett. c) dispone che il Fondo - nelle ipotesi di autorizzazione alla proroga di sei mesi della cassa integrazione - opera per i costi da sostenersi in relazione alla proroga, indipendentemente dal numero dei dipendenti della società interessata, e la procedura di licenziamento già avviata deve intendersi sospesa per il periodo di operatività della proroga.

Alla lettera d), il comma interviene sulle modalità procedurali di adozione del decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, atto a disciplinare i criteri e le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, disponendo che esso non abbia più forma di un regolamento ministeriale, di cui all’articolo 17, comma 3 del D.L. n. 400/1988.

Il comma 4 rifinanzia di 50 milioni di euro per l'anno 2021 l’autorizzazione di spesa per il c.d. “Voucher Innovation Manager”, contributo a fondo perduto, in forma di voucher, per l’acquisizione di consulenze specialistiche in innovazione di cui all’articolo 1, comma 231 della legge di bilancio 2019.

Il comma 5 rifinanzia il Fondo per la crescita sostenibile di 10 milioni di euro per l'anno 2020, destinando le risorse alla promozione della nascita e dello sviluppo delle società cooperative di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 (cd. “Nuova Marcora”).

Il comma 6 incrementa di 950 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione del Fondo IPCEI (Importanti progetti di interesse comune europeo), di cui all’articolo 1, comma 232 della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019).

Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dalle misure contenute nell’articolo in esame in 774 milioni di euro per l'anno 2020 e in 1.000 milioni di euro per il 2021, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell'articolo 114, che reca le disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge.

 

Segnatamente, il comma 1 rifinanzia di 64 milioni di euro per il 2020 la cd. Nuova Sabatini. La misura, adottata nella precedente legislatura con il D.L. n. 69/2013 (articolo 2), costituisce una delle principali forme di sostegno alle imprese per investimenti in beni strumentali.

Essa è in particolare volta alla concessione, da parte di banche o intermediari finanziari, alle micro, piccole e medie imprese:

§  di finanziamenti agevolati per investimenti in nuovi macchinari, impianti e attrezzature, compresi i cd. investimenti in beni strumentali "Industria 4.0", nonché

§  di un correlato contributo statale in conto impianti rapportato agli interessi calcolati sui predetti finanziamenti, concesso dal MISE. L’autorizzazione di spesa relativa al contributo statale in conto impianti (di cui all’articolo 2, comma 8 del D.L. n. 69/2013) è stata più volte rifinanziata e implementata. Il comma qui in esame rifinanzia ulteriormente l’autorizzazione di spesa in questione.

 

La relazione illustrativa al decreto legge afferma che il rifinanziamento è finalizzato a garantire continuità alla “Nuova Sabatini”, incrementando le risorse già autorizzate dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 226-229, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

 

La Legge di bilancio ha previsto un rifinanziamento della “Nuova Sabatini” di 105 milioni di euro per l’anno 2020, di 97 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024 e di 47 milioni di euro per l’anno 2025. Sulle somme così autorizzate è stata mantenuta la riserva del 30% delle risorse e la maggiorazione del contributo statale del 30% per gli investimenti in beni strumentali cd. “Industria 4.0”.

La maggiorazione del contributo statale per investimenti “Industria 4.0” è stata fissata nella misura del 100%, per gli investimenti realizzati dalle micro e piccole imprese nel Mezzogiorno nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nel limite complessivo di 60 milioni a valere sulle risorse autorizzate. Secondo quanto recentemente previsto dal D.L. cd. “Semplificazioni”, i contributi sono erogati in unica soluzione con modalità procedurali stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Inoltre, in aggiunta all’importo di 60 milioni, l’intervento può essere cofinanziato con risorse rivenienti da fondi strutturali e di investimento europei, anche per sostenere, applicando la medesima maggiorazione del 100 per cento, investimenti diversi da quelli relativi a “Industria 4.0” (comma 226, come da ultimo modificato dall’art. 39, comma 2 del D.L. n 76/2020, cd. Semplificazioni, (il cui iter parlamentare di conversione in legge è in corso).

Una ulteriore riserva pari al 25% delle risorse autorizzate è stata destinata alle micro, piccole e medie imprese a fronte dell’acquisto, anche mediante leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale. Anche per tali operazioni opera una maggiorazione del contributo statale, che viene rapportato, in via convenzionale, sul finanziamento a un tasso annuo del 3,575 % (dunque, il contributo statale è maggiorato del 30% rispetto al contributo ordinario) (comma 227). Le risorse delle riserve non utilizzate alla data del 30 settembre di ciascun anno rientrano nella disponibilità della misura (comma 228).

Sui finanziamenti concessi di cui al precedente periodo, è stata concessa a titolo gratuito la garanzia del Fondo di garanzia PMI, nel rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato (comma 229).

 

Si ricorda, per quanto riguarda la concessione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, del contributo in conto impianti, che l’ammontare del contributo in questione è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento della durata di cinque anni e di importo pari all’investimento. Il contributo è erogato alle imprese in sei quote annuali, secondo il piano temporale riportato nel provvedimento di concessione, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 20 del D.L. n 34/2019 (c.d. Decreto crescita, conv. con mod. in L. n. 58/2019, che ha novellato l’art. 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013): in caso di finanziamento non superiore a 100 mila euro, per le domande di finanziamento presentate dalle imprese alle banche e agli intermediari finanziari a decorrere dal 1° maggio 2019 fino al 16 luglio 2020, il contributo è erogato alle imprese beneficiarie in un’unica soluzione.

Il D.L. n. 76/2020, all’articolo 39, comma 1, ha recentemente innalzato, per le domande presentate a decorrere dal 17 luglio 2020, da 100.000 a 200.000 euro la soglia entro la quale il contributo statale in conto impianti è erogato in un’unica soluzione (con una novella all’articolo 2, comma 4, del D.L. n. 69/2013).

La relazione tecnica evidenzia che risulta pressoché esaurita la quota parte di risorse stanziate dalla legge di bilancio 2020. Per evitare la chiusura dello sportello e per dare attuazione alla norma introdotta dal c.d. decreto Semplificazioni, è disposto un ulteriore stanziamento per il 2020 di 64 milioni di euro, importo stimato secondo le analisi previsionali di seguito riportate.

 

Il comma 2 rifinanzia di 500 milioni di euro per il 2020 lo strumento dei Contratti di sviluppo, istituito dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 (L. n. 133/2008).

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, i contratti di sviluppo costituiscono la principale misura agevolativa nazionale di sostegno alla realizzazione di grandi investimenti produttivi e per l’attuazione delle politiche industriali nazionali. Il rifinanziamento è finalizzato a garantire continuità operativa alla misura.

 

I Contratti di sviluppo, operanti mediante una procedura valutativa a sportello e gestiti dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia, hanno ricevuto, dalla data di loro operatività, nel 2011, stanziamenti a valere su diverse fonti finanziarie, europee (programmi operativi nazionali e regionali cofinanziati con fondi strutturali e di investimento europei), statali (Fondo per lo sviluppo e la coesione, leggi di bilancio, fondo per la crescita sostenibile di cui al decreto-legge n. 83/2012, programmazione complementare) e regionali, registrando una forte risposta da parte del tessuto produttivo.

Da ultimo, la dotazione dei contratti di sviluppo è stata incrementata dalla legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 231, della legge n. 160/2019) e dal “Decreto cd. Cura Italia” (articolo 80 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), che hanno destinato allo strumento risorse pari, rispettivamente, a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, e a 400 milioni di euro per il 2020.

Con direttiva del Ministro dello sviluppo economico del 15 aprile 2020 è stato definito l’utilizzo e il riparto di tali risorse, che sono state destinate al finanziamento delle iniziative rientranti nella procedura cd. fast track. In particolare, la metà delle risorse complessive (300 milioni di euro) è stata destinata al finanziamento di domande già pervenute e la restante parte al finanziamento di nuove domande in specifici e circoscritti settori particolarmente strategici nell’attuale contingenza (green e biomedicale). 

Tale dotazione – afferma sempre la relazione illustrativa - è, tuttavia, insufficiente a garantire la continuità dello strumento, in particolare per i settori non interessati dalla direttiva; in tal senso, la norma è volta a garantire, rifinanziandolo, la continuità allo strumento agevolativo.

 

Per una descrizione dettagliata delle modalità di funzionamento della misura si rinvia al paragrafo “contratti di sviluppo” del tema dell’attività parlamentare sul “sostegno alle imprese”.

 

 

Il comma 3 rifinanzia ed estende l’ambito di intervento del “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa” istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico dall’articolo 43 del D.L. n. 34/2020.

 

Il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell' attività d'impresa è stato istituito presso il MISE, dalla citata norma, con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per il 2020 (comma 1) ed è stato destinato alla ristrutturazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale iscritte nel relativo registro, e delle società di capitali, aventi un numero di dipendenti non inferiore a 250, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria, da individuarsi sulla base di criteri che verranno stabiliti con decreto ministeriale attuativo (comma 2).

Il Fondo opera, nei limiti delle risorse disponibili, attraverso interventi nel capitale di rischio delle imprese che versano nelle predette condizioni, effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato (Comunicazione della Commissione europea 2014/C 19/04, recante orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio), nonché attraverso misure di sostegno al mantenimento dei livelli occupazionali, in coordinamento con gli strumenti vigenti sulle politiche attive e passive del lavoro (comma 3).

Le imprese, qualora intendano avvalersi del Fondo, notificano al MISE le informazioni relative a:

a) le azioni che intendono adottare per ridurre gli impatti occupazionali, (incentivi all'uscita, prepensionamenti, riallocazione di addetti all'interno dell'impresa o del gruppo di appartenenza dell'impresa);

b) le imprese che abbiano già manifestato interesse all'acquisizione della società o alla prosecuzione dell'attività d'impresa, o le azioni che intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente, anche mediante attrazione di investitori stranieri;

c) le opportunità per i dipendenti di presentare una proposta di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi (comma 4).

La norma originaria, nella sua formulazione precedente all’intervento novellatore qui in esame, ha demandato ad un decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali i criteri e le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché le procedure per l'accesso ai relativi interventi, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo, dando priorità alle domande che impattano maggiormente sui profili occupazionali e sullo sviluppo del sistema produttivo (comma 5).

 

Il comma 3 in esame, alla lettera a), rifinanzia il Fondo di 200 milioni di euro per il 2020, portandone la relativa dotazione da 100 a 300 milioni di euro per l’anno in corso (novella al comma 1 dell’articolo 43 del D.L. n 34/2020).

La relazione tecnica evidenzia, a motivazione dell’intervento in esame, che la dotazione finanziaria originaria del Fondo, di 100 milioni di euro per il 2020, risulta insufficiente ad una piena efficacia dello stesso, in considerazione delle situazioni di crisi che possono essere interessate dall’applicazione dell’intervento (già al 2019, presso il MISE, risultavano aperti circa 150 tavoli di crisi e, al presente, per effetto dell’attuale situazione epidemiologica, è presumibile un aumento delle situazioni di crisi); della tipologia di interventi e del target delle imprese beneficiarie, che presumibilmente determineranno interventi consistenti, nell’ordine di diversi milioni di euro ciascuno.

Alla lettera b) il comma interviene sull’ambito di operatività del Fondo destinandolo al salvataggio e alla ristrutturazione anche di imprese che, indipendentemente dal numero degli occupati, detengono beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale (novella al comma 2 dell’articolo 43 del D.L. n. 34/2020).

Con riferimento a tale previsione si valuti l’opportunità di definire, per via normativa, i criteri per la definizione di beni e rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale.

 

Alla lettera c), il comma introduce la previsione per cui il Fondo - nelle ipotesi di autorizzazione alla proroga di sei mesi della cassa integrazione riconosciuta alle imprese in crisi, qualora l'azienda abbia cessato o cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale (di cui all’art. 44 del D.L. n. 109/2018) - opera per i costi da sostenersi dalla società in relazione alla proroga ed indipendentemente dal numero dei dipendenti della società interessata.

In tali casi, la procedura di licenziamento già avviata deve intendersi sospesa per il periodo di operatività della proroga della cassa integrazione per consentire la finalizzazione degli esperimenti di cessione dell'attività produttiva (inserimento di un nuovo comma 2-bis nell’articolo 43 del D.L. n. 34/2020).

Sul punto, si ricorda che l’articolo 14 del presente decreto – alla cui scheda di lettura si rimanda – prevede ulteriori fattispecie di sospensione dell’operatività del licenziamento.

 

Alla lettera d), il comma interviene sulle modalità procedurali di adozione del decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, atto a disciplinare i criteri e le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, disponendo che esso non abbia più forma di un regolamento ministeriale, di cui all’articolo 17, comma 3 del D.L. n. 400/1988[1] (novella al comma 5 dell’articolo 43 del D.L. n. 34/2020).

Il comma 4 rifinanzia di 50 milioni di euro per l'anno 2021 l’autorizzazione di spesa per il riconoscimento alle piccole e medie imprese di un contributo a fondo perduto, in forma di voucher, per l’acquisizione di consulenze specialistiche in innovazione di cui all’articolo 1, comma 231 della legge di bilancio 2019 (c.d. “Voucher Innovation Manager”).

 

La relazione tecnica afferma che l’incremento di risorse risulta necessario per garantire efficacia all’intervento, per il quale si prevede di adottare un nuovo bando nel 2021. Sulla base dell’esperienza registrata con la prima edizione della misura, la dotazione finanziaria risulta, infatti, insufficiente a soddisfare l’ampia adesione allo strumento.

Il primo bando (2019) ha visto l’approvazione di 3.512 domande per investimenti in consulenza per l’innovazione per un importo complessivo concesso di oltre 92 milioni di euro. Il contributo medio per impresa è risultato pari a oltre 26.000 euro (investimento medio per impresa pari a quasi 57.000 euro). L’incremento della dotazione per il bando 2021 di 50 milioni di euro potrà comportare il soddisfacimento di quasi 1.900 domande in più rispetto alle circa 950 domande ammissibili con lo stanziamento già disponibile.

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018, art. 1, commi 228-231) ha riconosciuto alle micro, piccole e medie imprese un contributo a fondo perduto per l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale e i processi di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi.

A tal fine, è stato ha istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito fondo con una dotazione complessiva pari a 75 milioni di euro, ripartita in 25 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021.

Il contributo è riconosciuto per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018, nella forma di voucher, per l'acquisto di consulenze specialistiche relative a tali processi. Il contributo viene concesso secondo modalità e percentuali diversificate in base alla dimensione dell'impresa:

§  in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40.000 euro nei confronti delle micro e piccole imprese e

§  in misura pari al 30 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 25.000 euro nei confronti delle medie imprese.

In caso di adesione a un contratto di rete avente nel programma comune lo sviluppo di processi innovativi in materia di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e di organizzazione, pianificazione e gestione delle attività, compreso l'accesso ai mercati finanziari e dei capitali, il contributo per l'acquisto delle consulenze specialistiche è riconosciuto alla rete in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo complessivo di 80.000 euro.

L'attribuzione del contributo è subordinata alla condizione che le consulenze specialistiche relative ai processi d'innovazione siano rese da società e manager qualificati iscritti in un apposito elenco istituito con il Decreto del Ministero dello sviluppo economico 7 maggio 2019, il quale ha stabilito anche i criteri, le modalità e gli adempimenti formali per l'erogazione del voucher.

Il Decreto direttoriale del MISE 29 luglio 2019 ha fissato le modalità e termini per la presentazione delle domande di iscrizione all'elenco (fino al 25 ottobre 2019). Con il successivo Decreto direttoriale del MISE 25 settembre 2019 sono stati stabiliti i termini e le modalità di presentazione, da parte delle PMI e delle reti, delle domande di agevolazione nonché delle relative richieste di erogazione.

Con decreto direttoriale 20 dicembre 2019 è stato definito, sulla base dell'ordine cronologico di presentazione delle istanze, dell'ammontare delle risorse finanziarie disponibili e dell'applicazione delle riserve previste nell'ambito dell'intervento, l'elenco delle domande di agevolazione finanziabili.

A fronte delle numerose istanze di accesso alle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2019, per le annualità 2019 e 2020, superiori alla dotazione finanziaria disponibile per l'intervento (50 milioni di euro), il Ministero, con decreto direttoriale 13 dicembre 2019, ha disposto la chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni con effetto dal 13 dicembre 2019.

Successivamente, con D.M. 14 gennaio 2020, ha destinato alla misura risorse aggiuntive pari a 46,1 milioni di euro circa per l'anno 2020. Si tratta di risorse rivenienti da economie registrate nell'ambito dell'attuazione dello strumento agevolativo "voucher per la digitalizzazione delle PMI" (di cui all'art. 6, comma 1, del D.L. n. 145/2013) disponibili nella contabilità speciale n. 1726 del Fondo per la crescita sostenibile.

Si rinvia, al sito istituzionale del MISE, alla pagina dedicata alla misura in questione.

 

Il comma 5 rifinanzia il Fondo per la crescita sostenibile di 10 milioni di euro per l'anno 2020, destinando le risorse alla promozione della nascita e dello sviluppo delle società cooperative di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 (cd. “Nuova Marcora”).

La norma, afferma la relazione illustrativa, è volta a garantire continuità al regime di aiuto istituito con il predetto decreto.

 

Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 4 dicembre 2014, adottato ai sensi dell'art. 1, co. 845, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) e successive modificazioni e integrazioni, ha istituito, all'art. 6, un regime di aiuto (c.d. "Nuova Marcora") - finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccole e medie dimensioni - nell'ambito delle risorse – ascritte a tale finalità - sul Fondo per la crescita sostenibile.

Ai sensi dell’articolo 1 e 3, possono beneficiare delle agevolazioni non tutte le società cooperative di piccola e media dimensione, ma solo quelle nelle quali la società finanziaria del Ministero dello Sviluppo Economico, Cooperazione Finanza Impresa - Cfi Scpa, ha assunto delle partecipazioni (di minoranza) con l’obiettivo di assicurare un piano di impresa e sicurezza finanziare alle cooperative stesse. Il D.M., sempre all’articolo 3, indica espressamente i casi di non ammissione al beneficio.

Il D.M. prevede che il finanziamento agevolato venga concesso da CFI Scpa, cui è affidata l'attuazione degli interventi con capitale proprio, ai sensi della legge Marcora originaria. CFI Scpa è partecipata al 98,32% dal MISE. La società, nell’anno 2019, ha incorporato Soficoop sc, già partecipata al 99,85% dal MISE.

Il D.M., all’articolo 5, comma 1, autorizza infatti la società finanziaria a concedere alle società cooperative finanziamenti a tasso agevolato, a fronte della realizzazione di iniziative indicate dall’articolo 6 del D.M. Si tratta delle iniziative volte a sostenere:

a) sull'intero territorio nazionale, la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di società cooperative sociali e di società cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata;

b) nei territori delle Regioni del Mezzogiorno, oltre a quanto previsto alla lettera a), lo sviluppo o la ristrutturazione di società cooperative esistenti.

L'agevolazione statale è pari alla differenza tra le rate calcolate al tasso di attualizzazione e rivalutazione, vigente alla data di concessione delle agevolazioni e quelle da corrispondere al predetto tasso agevolato (articolo 5, comma 3) [2].

Con Decreto Direttoriale del 16 aprile 2015 sono stati definiti gli aspetti operativi per la presentazione e la valutazione delle domande, la concessione e l'erogazione delle agevolazioni e lo svolgimento del monitoraggio delle iniziative agevolate nonché le modalità di regolamentazione dei rapporti tra il MISE e la società finanziaria a cui è affidata la gestione dell'intervento.

Quanto alle risorse finanziarie, l’articolo 4 del D.M. dispone l’utilizzo della Sezione del Fondo crescita sostenibile dedicata agli interventi per il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi (articolo 23, comma 2, lett. b) D.L. n. 83/2012). Il Fondo cresta è gestito in regime di contabilità speciale (n. 1201)[3]. A tal fine, il D.M. ha disposto:

- il versamento alla predetta Sezione del Fondo crescita delle risorse già disponibili sul capitolo dello stato di previsione del MISE concernenti il Fondo competitività e sviluppo, afferenti gli interventi la salvaguardia dell'occupazione a favore di PMI cooperative (cap. 7421, pg.21) pari a circa 8,8 milioni di euro (dati di consuntivo 2014);

- che le agevolazioni possano altresì essere finanziate con risorse provenienti da Programmi Operativi cofinanziati con Fondi Strutturali, nell'attuazione di azioni, previste nei predetti Programmi Operativi, coerenti con le finalità e gli ambiti di intervento del presente decreto. Dunque, le risorse trasferite per la concessione dei finanziamenti agevolati sono ammontate complessivamente a circa 9,8 milioni di euro. Le risorse originariamente assegnate agli interventi sono state erogate per la concessione di finanziamenti in corso.

La misura è stata rifinanziata dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016), la quale, all'art. 1, comma 74 ha incrementato il Fondo per la crescita sostenibile di 5 milioni di euro per l'anno 2017 e di 5 milioni di euro per l'anno 2018.

La relazione tecnica al provvedimento in esame afferma che a luglio 2020 risulta una disponibilità residua di risorse - tenendo conto del carattere rotativo dell’intervento e dei rientri delle rate di finanziamento - pari a poco più di 16 milioni di euro, che determina un fabbisogno di risorse ulteriori.

 

Il comma 6 incrementa di 950 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione del Fondo IPCEI (Importanti progetti di interesse comune europeo), di cui all’articolo 1, comma 232 della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019).

 

Il Fondo per i contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo sulla microelettronica[4] è stato istituito dall’articolo 1, comma 203 della legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018), con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, di 60 milioni di euro per il 2021 e di 83,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024. In attuazione della norma istitutiva, il Decreto ministeriale 30 ottobre 2019 ha definito i criteri per l'utilizzazione e per la ripartizione del Fondo. I contributi sono erogati annualmente sulla base delle richieste adeguatamente corredate della documentazione amministrativa e contabile relativa alle spese sostenute.

La Legge bilancio 2020 (L. n. 160/2019, articolo 1, comma 232) ha poi incrementato la dotazione del Fondo di 10 milioni di euro nel 2020 e di 90 milioni nel 2021, disponendo, contestualmente, che il Fondo stesso possa intervenire per il sostegno finanziario delle imprese che partecipano alla realizzazione di importanti progetti di comune interesse europeo di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, intrapresi in tutti gli ambiti di intervento strategico e le catene di valore individuati dalla Commissione europea. È stato inoltre demandato ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione dei criteri generali per l'intervento e il funzionamento del Fondo IPCEI nonché per la concessione delle agevolazioni alle imprese che partecipano agli importanti progetti di interesse comune europeo. Sulla base dei predetti criteri e nel rispetto delle decisioni di autorizzazione della Commissione europea per i progetti interessati, i singoli interventi sono attivati con decreti del Ministro dello sviluppo economico.

 

La relazione tecnica al provvedimento in esame richiama la Decisione C(2018) 8864 final del 18 dicembre 2018 con la quale la Commissione europea ha approvato l’IPCEI microelettronica. In tale Decisione, la Commissione ha autorizzato un aiuto di Stato per l’Italia, tra gli altri, pari a circa 800 milioni di euro per il periodo 2018-2024.

A stanziare una prima quota di tale fabbisogno si è dunque provveduto – afferma la relazione -  attraverso la legge di bilancio per il 2019, che, come sopra accennato, ha istituito il Fondo (dotandolo di complessivi 410,2 milioni di euro nel periodo 2019-2024).

Con il successivo decreto di concessione 19 dicembre 2019, lo stanziamento di 410,2 milioni di euro è stato completamente impegnato.

Inoltre, la relazione evidenzia come la Commissione europea abbia approvato, il 10 dicembre 2019, il primo IPCEI batterie (il cosiddetto Summer Batteries IPCEI) che comporta per l’Italia un aiuto di Stato pari a 572 milioni di euro. È in corso di approvazione un secondo IPCEI batterie (denominato EUbatIn, approvazione prevista novembre 2020), che comporterà per l’Italia un aiuto di Stato pari a circa 600 milioni di euro.

A fronte di questi sviluppi, la legge di Bilancio 2020, al comma 232, ha integrato il comma 203 della legge di Bilancio 2019 estendendone l'ambito di operatività anche ai futuri IPCEI, trasformando il “Fondo IPCEI per la microelettronica” nel nuovo “Fondo IPCEI” e rifinanziandolo con 100 milioni di euro (per il biennio 2020/2021), contro una richiesta iniziale del MISE di circa 1,2 miliardi di euro per il periodo 2020/2027, motivata dalle effettive necessità finanziarie dello strumento.

I 100 milioni stanziati non sono stati infatti sufficienti, afferma la relazione, per avviare a realizzazione gli investimenti previsti dalla Decisione della Commissione sul primo IPCEI Batterie, in quanto il suddetto rifinanziamento coprirebbe soltanto il 15% dell’ammontare autorizzato, che risulta essere pari a 572 milioni. Per lo stesso motivo non è stato possibile, ad oggi, emanare il previsto decreto attuativo.

A tal fine la norma, per concorrere alla copertura del fabbisogno stimato, indica un incremento finanziario del Fondo pari a complessivi 950 milioni di euro per l’anno 2021.

 

Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dalle misure contenute nell’articolo in esame 774 milioni di euro per l'anno 2020 e in 1.000 milioni di euro per il 2021, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell'articolo 114, che reca le disposizioni di copertura finanziaria del provvedimento in esame.

 

 

 


 

Articolo 60, commi 7-bis-7-quinquies
(Disposizioni in materia di sospensione temporanea dell'ammortamento del costo delle immobilizzazioni
materiali e immateriali)

 

 

I commi da 7-bis a 7-quinquies dell'articolo 60, introdotti al Senato, consentono ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali di non effettuare, nell'esercizio in corso, una percentuale - fino al 100 per cento - dell'ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo invece il loro valore di iscrizione così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato. I soggetti che si avvalgono della facoltà destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata.

 

Il comma 7-bis dell'articolo in esame consente ai soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, nell'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame, di non effettuare fino al 100 per cento dell'ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall'ultimo bilancio annuale regolarmente approvato.

Tale opzione può essere esercitata anche in deroga all'articolo 2426, primo comma, n. 2, del codice civile, ai sensi del quale il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione.

Con riferimento ai destinatari della norma, vi sono escluse le società con azioni quotate su mercati regolamentati, le quali hanno l'obbligo di redigere il bilancio adottando i principi contabili internazionali. L'articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005 elenca poi una serie di soggetti che hanno la facoltà di applicare i principi contabili internazionali: società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante; banche, società finanziarie italiane e società di partecipazione finanziaria mista italiane che controllano banche o gruppi bancari, società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio, istituti di moneta elettronica ed istituti di pagamento; società consolidate da quelle per le quali vige l'obbligo di adozione dei principi contabili internazionali; imprese di assicurazione quotate, ovvero quelle che redigono il bilancio consolidato del gruppo assicurativo. L'elenco contiene ulteriori soggetti, rispetto alle società quotate, che devono redigere il bilancio secondo i principi internazionali. Il legislatore italiano, mediante l'articolo 2 del decreto legislativo n. 38 del 2005, ha infatti esercitato il proprio diritto di opzione (previsto all' articolo 5 del regolamento (UE) 1606/2002) estendendo dapprima l'obbligo di adottare i principi internazionali ad altri soggetti rispetto alle sole società quotate e, successivamente, per effetto dell'articolo 1, comma 1071 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), prevedendo la facoltà e non più l'obbligo, di avvalersi dei principi IAS/IFRS a partire dal periodo di imposta precedente al primo gennaio 2019 (data di entrata in vigore della legge) oppure di redigere il bilancio secondo i principi nazionali emanati dall'OIC.

 

La quota di ammortamento non effettuata dovrà essere imputata nel conto economico relativo all'esercizio successivo e con lo stesso criterio saranno differite le quote successive, allungando quindi il piano di ammortamento originario di un anno. In relazione all'evoluzione della situazione economica conseguente alla pandemia, il comma 1 prevede che la facoltà di non effettuare in tutto o in parte l'ammortamento delle immobilizzazioni possa essere estesa agli esercizi successivi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

I soggetti che si avvalgono della facoltà destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata (comma 7-ter). In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della suddetta quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili; in mancanza, la riserva è integrata, per la differenza, accantonando gli utili degli esercizi successivi.

 

Il comma 7-quater prevede che la nota integrativa dia conto delle ragioni della deroga, nonché dell'iscrizione ed importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico dell'esercizio.

 

Il comma 7-quinquies chiarisce che per i soggetti che sia avvalgono della facoltà prevista dall'articolo in esame, la deduzione della quota equivalente all'ammortamento di cui al comma 2 è ammessa alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli articoli 102, 102-bis e 103 del D.P.R n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), a prescindere dall'imputazione al conto economico. La deduzione è altresì ammessa ai fini dell'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per la determinazione del valore della produzione netta di cui agli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo n. 446 del 1997, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dai citati articoli, a prescindere dall'imputazione al conto economico.

 

Articolo 60, commi 7-sexies e 7-septies
(
Contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo, di reddito agrario nonché titolari di partita IVA)

 

L'articolo 60, commi 7-sexies e 7 septies, introdotto al Senato, estende la platea dei beneficiari del contributo a fondo perduto introdotto dall'articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020. A tale scopo, è istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa massima, per l'anno 2020.

 

 

Si rammenta, in via preliminare, che l’articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. Rilancio) dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato. Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. In particolare, il comma 4 definisce la condizione cui è subordinata la spettanza del contributo: l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

La condizione stabilita dal presente comma non deve invece essere rispettata dai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché dai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.

 

Il comma 7-sexies dell'articolo in esame dispone che i soggetti che non hanno presentato domanda ai sensi dell'articolo 25 (contributo a fondo perduto), comma 4, terzo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, che:

-         a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza COVID-19,

-         classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)

-         ovvero ricompresi nella circolare del Ministro delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993,

-         e non inseriti nella lista indicativa dei Comuni colpiti da eventi calamitosi di cui alle istruzioni per la compilazione dell'istanza per il riconoscimento del contributo a fondo perduto, pubblicate dall'Agenzia delle entrate in data 30 giugno 2020,

possono presentare la domanda entro trenta giorni dalla data di riavvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. A tal fine l'Agenzia delle entrate, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, riavvia la procedura telematica e disciplina le modalità attuative ai sensi dell'articolo 25.

 

Il comma 7-septies dispone che, per le finalità di cui al comma 7-sexies, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) è istituito, per l'anno 2020, un apposito Fondo, con una dotazione di 5 milioni di euro, che costituisce limite di spesa massima. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per le esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 199, della legge n. 190 del 2014. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità attuative delle risorse del Fondo. Il MEF effettua il monitoraggio ai fini di quanto previsto dall'articolo 17, comma 13, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009).

 

 


 

Articolo 60-bis
(Ridefinizione dei piani di ammortamento dei finanziamenti ricevuti
dalle imprese per attività di ricerca e sviluppo)

 

 

L’articolo 60-bis - inserito nel corso dell'esame al Senato - concede, in relazione ai finanziamenti nella forma di credito agevolato, già concessi dal MIUR a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), ai soggetti beneficiari delle agevolazioni la possibilità di estinguere il debito attraverso la definizione di un nuovo piano d'ammortamento decennale, decorrente dalla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio

 

Al riguardo si ricorda che l'articolo 5 del d.lgs. n. 297/1999 ha previsto che le attività di cui all'articolo 3 sono sostenute a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), a carattere rotativo, che opera con le modalità contabili di cui al soppresso Fondo speciale per la ricerca applicata. La gestione del FAR è articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse. Al FAR affluiscono, a decorrere dall'anno 2000, gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica all'unità previsionale di base 4.2.1.2. «Ricerca applicata».

Il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297 (Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori), ha disciplinato gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività. I soggetti ammessi alla presentazione delle domande sono imprese, centri di ricerca, società, consorzi, professori, società di assicurazione e banche, università, parchi scientifici, con connessa individuazione del soggetto capofila, le attività finanziabili, gli strumenti (contributi a fondo perduto, credito agevolato, contributi in conto interessi, crediti di imposta, prestazione di garanzie, bonus fiscale), la copertura delle agevolazioni attraverso il Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), a carattere rotativo, la possibilità di avvalersi, per gli adempimenti tecnici, istruttori ed amministrativi di soggetti qualificati nonché le procedure per la valutazione delle domande.

L'art. 63 del D.L. 83/2012 ha abrogato il d.lgs. n. 297/1999 a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale (D.M. 19 febbraio 2013) di definizione degli strumenti di finanziamento per la ricerca.

 

Il comma 1 prescrive che gli aspiranti beneficiari:

- si trovino in mora rispetto al rimborso delle rate previste dal piano di ammortamento ovvero siano in regola con detto rimborso ma intendano rimodulare il piano di ammortamento;

- si trovino nelle condizioni elencate dal comma 3;

- ne facciano richiesta.

 

Si segnala al riguardo che la RT a corredo dell'emendamento 60.0.2 (testo 2), la cui approvazione ha introdotto l'articolo in esame, stima in € 65 mln l'ammontare complessivo dei crediti agevolati oggetto della misura prevista dal comma 1.

 

Il comma 2 precisa che il nuovo piano di ammortamento prevede il pagamento integrale delle somme residue a titolo di capitale e di interessi previsti dal piano originario, a titolo di interessi di mora e sanzionatori, nonché a titolo di sanzioni di cui all'articolo 9, comma 2, del d.lgs. 123/1998, che rappresenteranno, nel loro insieme, il capitale oggetto del nuovo piano di ammortamento.

 

L'articolo 9, comma 1, del d.lgs. 123/1998, prevede che in caso di assenza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, il soggetto competente provvede alla revoca degli interventi e, in caso di revoca dal bonus fiscale, ne dà immediata comunicazione al Ministero delle finanze. Il co. 2 prevede che in caso di revoca degli interventi, disposta ai sensi del comma 1, si applica anche una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito.

 

Il comma 3 subordina l'accesso da parte delle imprese alla ridefinizione del piano di ammortamento al possesso dei seguenti requisiti:

a)   non aver distribuito utili di esercizio dall'anno in cui si è verificata la prima morosità nel pagamento dei ratei di rimborso e fino alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio di cui al presente provvedimento;

b)   aver regolarmente approvato e depositato presso la competente Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura i bilanci di esercizio dal momento in cui si è verificata la prima morosità nel pagamento dei ratei di rimborso, fino alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio di cui al presente provvedimento;

c)   aver validamente concluso il progetto ammesso a finanziamento ed aver superato positivamente l'istruttoria di valutazione del progetto e della sua effettiva realizzazione da parte del MIUR o dell'ente convenzionato incaricato di eseguire le verifiche tecnico-contabili alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Il comma 4 prevede che la sussistenza delle suddette condizioni, ad esclusione di quelle contenute al punto c), è attestata dall'istante con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà prevista dall'articolo 47 del DPR n. 445/2000.

Il comma 5 demanda a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, la definizione delle modalità attuative per l'accesso al nuovo piano di ammortamento, nonché dei termini massimi per la presentazione della relativa richiesta, prevedendone l'applicazione anche alle iniziative nei cui confronti sia stata già adottata la revoca delle agevolazioni in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non sia stato iscritto a ruolo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame ovvero non vi siano contenziosi relativi a pregresse e reiterate morosità.

Il comma 6 sospende l'efficacia del  provvedimento di revoca già adottato, purché il relativo credito non sia già stato iscritto a ruolo, fino alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione previsto dal comma 5.

Il comma 7 esclude dai benefici le società che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, si trovino in una delle condizioni previste dalla vigente disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione (R.D. n. 267/1942) o dalla nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (d.lgs. n. 270/1999).


 

Articolo 61
(Semplificazioni dei procedimenti di accorpamento
delle camere di commercio)

 

 

L’articolo 61 stabilisce che tutti i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio, pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, si concludono con l’insediamento degli organi della nuova camera di commercio entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso provvedimento. La scadenza di tale termine comporta la decadenza, con successiva nomina di un commissario straordinario, degli organi delle camere di commercio che non hanno completato il processo di accorpamento, ad esclusione del collegio dei revisori dei conti. Si prevede la decadenza, sempre ad esclusione del collegio dei revisori dei conti, anche degli organi delle Camere di commercio in corso di accorpamento che sono scaduti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con successiva nomina di un commissario straordinario. Ulteriori disposizioni riguardano le eventuali procedure di rinnovo dei consigli delle camere di commercio accorpate, i criteri per la determinazione delle sedi delle stesse, le procedure per la partecipazione societaria e la costituzione, da parte delle camere di commercio, di aziende speciali, i criteri di composizione e le competenze delle Giunte delle camere di commercio accorpate.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che tutti i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio disciplinati dal d.lgs. n. 219/2016, pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, si concludono con l’insediamento degli organi della nuova camera di commercio entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Il sistema delle funzioni e dell'organizzazione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura – come disciplinato dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580 e già modificato dal d.lgs. 15 febbraio 2010, n. 23 – è stato oggetto di riforma ad opera del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 219, di attuazione della delega di cui all'art. 10 della legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni (legge 7 agosto 2015, n. 124).

Si ricorda in proposito che la L. n. 580/1993 disciplina le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, come enti pubblici dotati di autonomia funzionale, che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali.

Il sistema camerale italiano è costituito dalle camere di commercio, dalle unioni regionali delle camere di commercio, dall'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Unioncamere), nonché dai loro organismi strumentali. L'Unioncamere, ente con personalità giuridica di diritto pubblico, cura e rappresenta gli interessi generali delle camere di commercio e degli altri organismi del sistema camerale italiano. Fanno parte altresì del sistema camerale italiano le camere di commercio italiane all'estero e quelle estere in Italia, legalmente riconosciute dallo Stato italiano. Ad ogni camera di commercio è riconosciuta potestà statutaria e regolamentare. La vigilanza sul sistema camerale spetta, rispettivamente, al MISE (per le funzioni ed i compiti attinenti alla competenza dello Stato), che si avvale di un comitato indipendente di esperti; alle regioni (nelle materie di propria competenza). Organi delle camere di commercio sono il consiglio, la giunta, il presidente e il collegio dei revisori dei conti.

Il d.lgs. n. 219/2016 ha introdotto una serie di importanti novità, con particolare riguardo alle funzioni delle camere di commercio, all'organizzazione dell'intero sistema camerale e alla sua governance complessiva. Sulla base dell'art. 3 del decreto legislativo, la cui rubrica reca Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazioni delle sedi e del personale, l'Unioncamere ha trasmesso al MISE una proposta di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, al fine di ricondurre il numero complessivo delle camere di commercio entro il limite di 60, nel rispetto di due vincoli (almeno una Camera di commercio per Regione; accorpamento delle Camere di commercio con meno di 75.000 imprese iscritte). Il medesimo art. 3 ha poi rinviato a un successivo decreto del MISE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, l'istituzione delle nuove camere di commercio, la soppressione delle camere interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione.

In attuazione di tale disposizione, è stato adottato il decreto del MISE 8 agosto 2017. Successivamente è stato adottato decreto del MISE 16 febbraio 2018 ("Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale") il quale ha disposto la cessazione dell'efficacia del precedente decreto dell'8 agosto 2017.

Il d.lgs. n. 219/2016 ha poi definito compiti delle Camere di commercio, con l'obiettivo di focalizzarne l'attività sui servizi alle imprese. In particolare, le Camere di commercio svolgono le seguenti attività: tenuta e gestione del Registro delle imprese, del Repertorio economico amministrativo e degli altri registri e albi attribuiti alle Camere di commercio dalla legge; formazione e gestione del fascicolo informatico d'impresa; tutela del consumatore e della fede pubblica, vigilanza e controllo sulla sicurezza e conformità dei prodotti e sugli strumenti soggetti alla disciplina della metrologia legale, rilevazione dei prezzi e delle tariffe, rilascio dei certificati di origine delle merci e documenti per l'esportazione; sostegno alla competitività delle imprese e dei territori tramite attività d'informazione economica e assistenza tecnica alla creazione di imprese e start up, informazione, formazione, supporto organizzativo e assistenza alle piccole e medie imprese per la preparazione ai mercati internazionali, con esclusione delle attività promozionali direttamente svolte all'estero; valorizzazione del patrimonio culturale nonché sviluppo e promozione del turismo, con esclusione delle attività promozionali direttamente svolte all'estero; orientamento al lavoro e alle professioni e alternanza scuola-lavoro; attività oggetto di convenzione con soggetti pubblici e privati; attività in regime di libero mercato.

La Corte costituzionale, con la sentenza 8 novembre-13 dicembre 2017, n. 261 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 4, del d.lgs. 219/2016, nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico dallo stesso previsto deve essere adottato "sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano", anziché previa intesa con detta Conferenza. La Corte, nella medesima sentenza, ha tuttavia stabilito che le modifiche apportate dal d.lgs. n. 219/2016 non hanno alterato i caratteri fondamentali delle camere di commercio, essendo stata "realizzata una razionalizzazione e riduzione dei costi del sistema camerale, confermando, tra le altre: l'attribuzione dei compiti in materia di pubblicità legale e di settore mediante la tenuta del registro delle imprese; le funzioni specificatamente previste dalla legge in materia di tutela del consumatore e della fede pubblica, vigilanza e controllo sulla sicurezza e conformità dei prodotti e sugli strumenti soggetti alla disciplina della metrologia legale; le competenze in materia di rilevazione dei prezzi e delle tariffe, rafforzando la vigilanza da parte del Ministero dello sviluppo economico" (cfr. anche sentenza n. 86 del 2017). Accanto a queste sono stati mantenuti compiti che incidono su competenze regionali, tenuto conto della perdurante attribuzione, tra le altre (in via meramente esemplificativa) delle funzioni di sviluppo e promozione del turismo, di supporto alle imprese, di orientamento al lavoro ed alle professioni nella parte in cui concernono anche dette competenze.

Con la sentenza n. 225 del 29 ottobre 2019, la Corte costituzionale ha affermato che le Camere di commercio non possono definirsi enti locali in senso proprio, ma sono enti pubblici dotati di autonomia funzionale che svolgono, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali.

Nel caso di specie, la Corte ha deciso che non spettava allo Stato, e per esso al Ministro dello sviluppo economico, adottare il decreto ministeriale del 16 febbraio 2018, recante «Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazione delle sedi e del personale», limitatamente agli artt. 6, comma 1, e 7, commi 1, 3, 5, 6, 7 e 8, nella parte in cui si applicano alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, nonché agli Allegati A), C) e D), nelle parti espressamente riferite alla Camera Valdostana delle imprese e delle professioni.

Infatti, in tema di Camere di commercio, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste si distingue non solo dagli enti regionali ad autonomia ordinaria, ma anche dalle altre Regioni a statuto speciale: mentre queste sono titolari, al più, di alcune competenze in ordine alle Camere di commercio, la Regione Valle d’Aosta è direttamente titolare delle funzioni attribuite alle Camere di commercio, godendo quindi di una posizione del tutto peculiare.

L’art. 11 del d.lgs. C.p.S. n. 532 del 1946, al secondo comma, stabilisce che «[n]ella circoscrizione della Valle d’Aosta i compiti demandati alla Camera di commercio, industria e agricoltura sono assunti dalla Valle d’Aosta, che vi provvede con apposito ufficio e proprio personale».

Il primo comma dell’art. 11 ha disposto la «soppressione» dell’allora Camera di commercio, industria e agricoltura di Aosta. Di conseguenza, l’art. 22 di detto decreto ha stabilito che «[i]l personale della soppressa Camera di commercio, industria e agricoltura di Aosta sarà trasferito alla Valle d’Aosta ed alla Camera di commercio, industria e agricoltura di Torino secondo la ripartizione che sarà fatta tra i due Enti in relazione alle esigenze dei rispettivi servizi […]».

Nel territorio valdostano, tutte le funzioni tradizionalmente svolte dalle Camere di commercio appartengono alla Regione, che può discrezionalmente scegliere le forme organizzative ritenute più opportune per il loro esercizio.

In virtù dell’ampia discrezionalità in materia, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha poi trasferito dette funzioni a un ente di propria creazione.

La legge reg. Valle d’Aosta n. 7 del 2002 ha infatti riorganizzato il sistema camerale, istituendo la «Camera valdostana delle imprese e delle professioni - Chambre valdôtaine des entreprises et des activités libérales». Ad essa ha trasferito «le funzioni assunte dalla Regione (...) ai sensi dell’art.11 del d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946 n. 532» (art. 1, comma 1), ma definendolo ente autonomo «collegat[o] alle camere di commercio italiane ed europee e agli enti che ne rappresentano gli interessi» (art. 1, comma 3), quasi a sottolineare la posizione di separatezza – oltre che, naturalmente, di connessione funzionale – rispetto al sistema camerale nazionale. Ha trovato così realizzazione un’ipotesi espressamente contemplata nel d.lgs. C.p.S. n. 532 del 1946, il quale già ammetteva, all’art. 15, la possibilità di istituire un ente autonomo destinatario del patrimonio dell’ente nel frattempo soppresso.

Il procedimento di modifica della previsione che assegna le attribuzioni della Camera di commercio alla Regione (il citato art. 11 del d.lgs. C.p.S. n. 532 del 1946) è stato successivamente irrigidito dal decreto legislativo di attuazione statutaria n. 320 del 1994, che, all’art. 1, indica il d.lgs. C.p.S. n. 532 del 1946 tra gli atti che necessitano, per essere modificati, del procedimento di cui all’art. 48-bis dello statuto reg. Valle d’Aosta. Tale norma affida a una commissione paritetica, composta da rappresentanti del Governo e della Regione, previo parere del Consiglio regionale, il compito di elaborare gli schemi dei decreti legislativi di attuazione statutaria.

Emerge chiaramente, dunque, come lo Stato non abbia tenuto in adeguata considerazione la particolare competenza della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, intervenendo con un atto fonte secondario, inidoneo, per espressa disposizione statutaria, a disciplinare la Camera Valdostana e a soddisfare la complessa procedura richiesta dall’art. 48-bis dello statuto speciale.

Su tali basi argomentative la Corte ha riconosciuto la fondatezza del conflitto.

Con sent. n. 169/2020 la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar del Lazio sulla legge delega e sul decreto legislativo di riordino delle Camere di commercio. Il Tar lamentava la violazione del principio di leale collaborazione tra le istituzioni perché la legge di delega prevedeva il parere, anziché l’intesa, tra lo Stato e le Regioni sul decreto legislativo di attuazione. Le questioni sono state dichiarate non fondate. In particolare, in coerenza con la sua costante giurisprudenza, la Corte costituzionale ha ritenuto che non vi sia stata una violazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni per le plurime interlocuzioni che il Governo ha avuto con le autonomie regionali.

 

Esso dispone che la scadenza di tale termine comporta automaticamente la decadenza, dal trentesimo giorno successivo al predetto termine di 60 giorni, degli organi delle camere di commercio che non hanno completato il processo di accorpamento, ad esclusione del collegio dei revisori dei conti, e che il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Regione interessata, nomina, con proprio decreto, un commissario straordinario per le camere coinvolte in ciascun processo di accorpamento.

Il comma 2 prevede che, ad esclusione del collegio dei revisori dei conti, gli organi delle Camere di commercio in corso di accorpamento che sono scaduti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame decadono dal trentesimo giorno successivo alla predetta data ed il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Regione interessata, nomina un commissario straordinario.

Esso esclude l'applicazione del regime di prorogatio previsto dall’articolo 38 della L. n. 273/2002.

Il co. 1 dell'articolo 38 della L. n. 273/2002 ha previsto che, in caso di ritardo nell'insediamento dei nuovi consigli delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di dare continuità alla attività degli organi, la cui composizione assicura la tutela degli interessi economici rappresentati dalle imprese, i consigli continuano ad esercitare le loro funzioni fino ad un massimo di sei mesi a decorrere dalla loro scadenza.

 

Il comma 3 abroga la disposizione (comma 5-quater dell’articolo 1 della L. n. 580/1993) secondo cui le eventuali procedure di rinnovo dei consigli camerali delle camere di commercio oggetto delle operazioni di accorpamento sono interrotte, se già in corso, e comunque non avviate, a decorrere dall'adozione del decreto ministeriale istitutivo della nuova camera di commercio derivante dall'accorpamento delle circoscrizioni territoriali. I relativi organi continuano ad esercitare tutte le loro funzioni fino al giorno dell'insediamento del consiglio della nuova camera di commercio.

Il comma 4 sostituisce il comma 3 dell’articolo 1 della L. n. 580/1993).

Il nuovo comma 3 prevede che le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono quelle individuate dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 16 febbraio 2018.

Per le camere di commercio di cui all’allegato B) del suddetto decreto sono sedi delle camere di commercio le sedi legali e tutte le altre sedi delle camere di commercio accorpate.

L'allegato B) elenca le nuove camere di commercio istituite mediante accorpamento.

Il comma 5 novella i commi 4 e 5 dell’articolo 2 della L. n. 580/1993.

Per effetto di tali modifiche, non è più richiesta la previa approvazione del Ministro dello sviluppo economico relativamente alla partecipazione, da parte delle camere di commercio, ad organismi anche associativi, ad enti, a consorzi e a società, ma è sufficiente la sola comunicazione al MISE.

La previa approvazione del Ministro dello sviluppo economico è sostituita dalla semplice comunicazione al MISE anche relativamente alla costituzione, da parte delle camere di commercio, di aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato.

Il comma 6 novella l’articolo 14 della L. n. 580/1993, inserendovi il nuovo comma 3-bis, in base al quale le Giunte delle camere di commercio, costituite a seguito di processi di accorpamento conclusi dopo la data di entrata in vigore della nuova disposizione, nominano tra i propri membri uno o più vice presidenti al fine di garantire la rappresentanza equilibrata delle circoscrizioni territoriali coinvolte nei medesimi processi di accorpamento.

Si dispone inoltre la sostituzione della lettera c) del comma 5.

La nuova disposizione assegna alla giunta della camera di commercio la competenza relativa alla definizione dei criteri generali per l’organizzazione delle attività e dei servizi, in particolare quelli promozionali, in tutte le sedi della camera di commercio, al fine di assicurare sul territorio il mantenimento e lo sviluppo dei servizi.

Nella previgente formulazione, alla giunta era assegnato il potere di istituire uffici distaccati in altri comuni della circoscrizione territoriale di competenza, anche al fine di assicurare il mantenimento dei servizi sul territorio nei casi di accorpamenti tra camere di commercio.

Il comma 7 novella l’articolo 12, comma 4, della L. n. 580/1993, stabilendo che il regolamento di attuazione del Ministro dello sviluppo economico relativo alla designazione e nomina dei componenti del consiglio ed all'elezione dei membri della giunta delle camere di commercio non è più chiamato a individuare, per le camere di commercio accorpate, i criteri con cui garantire la rappresentanza equilibrata nel Consiglio delle rispettive basi associative, almeno per i settori che hanno in tale organo più di un rappresentante.

L'adozione del regolamento (DM n. 156/2011, Regolamento relativo alla designazione e nomina dei componenti del consiglio ed all'elezione dei membri della giunta delle camere di commercio) era stata prevista dal richiamato articolo 12, comma 4, della L. n. 580/1993, in base al quale esso avrebbe dovuto individuare i tempi, i criteri e le modalità relativi alla procedura di designazione dei componenti il consiglio, nonché all'elezione dei membri della giunta. Con il medesimo regolamento avrebbero dovuto essere individuati i criteri con cui determinare per ciascun settore le soglie al di sotto delle quali le quote associative sono ritenute meramente simboliche ai fini del calcolo della rappresentatività e, per le camere di commercio accorpate, i criteri con cui garantire la rappresentanza equilibrata nel Consiglio delle rispettive basi associative, almeno per i settori che hanno in tale organo più di un rappresentante.


 

Articolo 61-bis
(Semplificazione burocratico amministrativa per l'avvio
di nuove imprese da parte di under 30)

 

 

L’articolo 61-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede norme per la semplificazione burocratico amministrativa per l’avvio di attività imprenditoriali da parte di giovani al di sotto dei 30 anni di età.

 

Segnatamente, il comma 1 dispone che lo Stato sostiene l'avvio di imprese, in tutti i settori produttivi, dei servizi e delle professioni di tutti i soggetti che intendono avviare un'attività d'impresa, di lavoro autonomo o professionale, al fine di promuovere l'autoimprenditorialità dei giovani al di sotto dei 30 anni di età.

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, le misure di attuazione del comma 1, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 62
(Aiuti alle piccole imprese e alle micro imprese)

 

 

L’articolo 62 dispone che le Regioni, Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio, possono concedere i regimi di aiuti previsti dagli articoli 54-60 del D.L. n. 34/2020, anche alle micro imprese e piccole imprese in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019, purché le stesse:

a) non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza, oppure

b) non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio, salvo che al momento della concessione dell'aiuto l'impresa abbia rimborsato il prestito o abbia revocato la garanzia; oppure

c) non abbiano ricevuto aiuti per la ristrutturazione, salvo che al momento della concessione dell'aiuto non siano più soggette al piano di ristrutturazione.

Specificamente, l’articolo integra con tale previsione l’articolo 61 del D.L. n. 34/2020 (nuovo comma 1-bis).

 

Il D.L. n. 34/2020, agli articoli 54-60, ha definito la cornice normativa entro la quale le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio – a valere sulle risorse proprie ed entro i limiti di indebitamento previsti dall'ordinamento contabile - hanno la facoltà di adottare, sino al 31 dicembre 2020, taluni regimi di aiuti alle imprese, conformemente ai criteri, ai massimali e alle modalità definiti dal “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak” - “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” di cui alla Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final e ss. mod. e int.

Gli articoli 54-60 prevedono i seguenti regimi di aiuti :

§  sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali (art. 54);

§  garanzie sui prestiti alle imprese (art. 55);

§  prestiti alle imprese con tassi d'interesse agevolati (art. 56);

§  finanziamenti di progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19 e antivirali pertinenti (art. 57);

§  investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling necessarie per sviluppare, provare e ampliare di scala, fino alla prima applicazione industriale prima della produzione in serie, prodotti connessi al COVID-19 (art. 58):

§  investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19(art. 59);

§  sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19 (art. 60).

La concessione degli aiuti di cui agli articoli da 54 a 60 è stata subordinata all’adozione della decisione positiva di compatibilità da parte della Commissione europea, intervenuta il 21 maggio 2020.

L’articolo 61 del D.L. n. 34/2020 ha poi fissato, per le categorie di aiuti di cui agli articoli 54-60, delle norme comuni. In particolare, secondo l’articolo 61, comma 1, non possono essere concessi aiuti alle imprese che risultino già in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019 ai sensi:

§  dell’articolo 2, punto 18 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, cd. GBER);

§  dell’articolo 2, punto 14 del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006);

§  dell’articolo 3, punto 5 del regolamento (UE) n. 1388/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti a favore delle imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura).

Le citate disposizioni definiscono in modo analogo le condizioni rilevanti ai fini della qualificazione di un’impresa come “impresa in difficoltà[5].

 

La norma introdotta dall’articolo qui in esame opera dunque una deroga a tale previsione, recependo peraltro quanto recentemente consentito dalla Commissione UE, con la Comunicazione C(2020) 4509 (“terza modifica al Temporary framework”).

La Comunicazione della Commissione ha esteso il campo di applicazione del Temporary framework a tutte le micro  e piccole imprese (imprese con meno di 50 dipendenti e fatturato annuo totale e/o bilancio annuo totale inferiori a 10 milioni di EUR), anche a quelle che -il 31 dicembre 2019 – si trovavano già in difficoltà finanziarie (la nozione di impresa in difficoltà rimane quella contenuta nell'articolo 2, punto 18, del Reg. n.651/2014/UE).

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.


 

Articolo 63
(Semplificazione procedimenti assemblee condominiali)

 

 

L’articolo 63, modificato durante l’esame in Senato, prevede che le deliberazioni condominiali aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di efficienza energetica e delle misure antisismiche sugli edifici e dei relativi finanziamenti, nonché le deliberazioni per decidere di usufruire delle detrazioni fiscali sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi previste dal decreto-legge n. 34/2020 (decreto rilancio), sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio. Inoltre, si stabilisce che, anche in assenza di espressa previsione nel regolamento condominiale, la partecipazione all’assemblea può avvenire anche in videoconferenza.

 

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 63 inserisce un ulteriore comma (comma 9-bis) nell'articolo articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (conv. l. n. 77 del 2020) con il quale si prevede che l'approvazione degli interventi ivi contemplati (vedi infra), da parte dell'assemblea condominiale richiede la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio.

 

L’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. Il termine per fruire dell’agevolazione fiscale di riqualificazione energetica viene esteso fino al 30 giugno 2022 per gli interventi effettuati dagli istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati.

La detrazione è prevista inoltre per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. Tali misure si applicano esclusivamente agli interventi effettuati dai condomìni, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa, dagli enti del Terzo settore, nonché dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche per determinate tipologie di intervento. Per le persone fisiche le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici si applicano per gli interventi realizzati su un numero massimo di due unità immobiliari. Le norme non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A 1, A8 e A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli ovvero palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e la detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati.

 

Tale maggioranza si applica anche all’approvazione degli eventuali finanziamenti finalizzati agli interventi di efficienza energetica e delle misure antisismiche sugli edifici, nonché all'adesione all'opzione per la cessione o per lo sconto delle detrazioni fiscali, di cui all'articolo 121 dello stesso decreto-legge n. 34.

 

L’articolo 121 del decreto- legge n. 34 del 2020 (conv. l. n. 77 del 2020), il c.d. decreto-legge rilancio, consente, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.

 

Per quanto riguarda i quorum deliberativi in materia condominiale, è opportuno ricordare che l’articolo 1136 c.c. distingue due quorum deliberativi diversi a seconda che si tratti di prima o seconda convocazione dell’assemblea. La norma stabilisce infatti al secondo e terzo comma che:

- in prima convocazione "Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio";

- in seconda convocazione "La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio".

La normativa vigente distingue le maggioranze richieste (semplici o qualificate) a seconda della materia. Le materie sulle quali l’assemblea condominiale può deliberare a maggioranza semplice sono tutte quelle per le quali la legge non prevede un quorum specifico. Sono residuali in quanto, per quasi la totalità delle decisioni condominiali, la legge richiede la maggioranza qualificata. Si tratta in particolare di:

- misure di manutenzione ordinaria;

- approvare il preventivo delle spese annuali e il rendiconto finale del condominio redatti dall’amministratore. Il riferimento normativo sono i numeri 2 e 3 dell’articolo 1135 del codice civile;

- impiegare i residui attivi della gestione, di cui al numero 3 dell’articolo 1135 del codice civile.

Nella maggior parte dei casi la legge richiede che l'assemblea deliberi con una maggioranza qualificata corrispondente al numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio è richiesta. Tale maggioranza è richiesta:

- per le questioni che riguardano la sfera dell’amministratore. In particolare la nomina e la revoca di cui all’articolo 1136, quarto comma, del codice civile, la determinazione del compenso, il mancato rinnovo dell’incarico e l’autorizzazione dello stesso a partecipare ai programmi e alle iniziative territoriali di cui all’ultimo comma dell’articolo 1135 del codice civile;

- nelle liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore ai sensi del quarto comma dell’articolo 1136 del codice civile;

- per la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità (articolo 1136 del codice civile, quarto comma);

- per la cessazione di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni;

- riguardo alle innovazioni di cui al secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile;

- l’installazione di impianti di videosorveglianza nelle parti comuni dell’edificio di cui all’articolo 1122-ter del codice civile;

- locazione di parte comune dell’edificio con durata inferiore ai nove anni;

- approvare il regolamento condominiale ai sensi dell’articolo 1138 del codice civile;

- sostituire una delibera condominiale precedente con una nuova se la maggioranza richiesta per l’approvazione originaria era del 50 per cento più uno e della metà del valore dell’edificio;

- nominare il revisore contabile del condominio ai sensi dell’articolo 1130-bis del codice civile;

- modificare un regolamento condominiale di natura assembleare.

L’indicazione delle modalità di deliberazione su talune materie da parte dell’assemblea condominiale è contenuta in alcune leggi speciali. Il quorum deliberativo del 50 per cento più uno dei votanti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio è indicato:

- nella legge n. 13 del 1989, all’articolo 2, primo comma, relativamente all’eliminazione di barriere architettoniche e installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati;

- all’articolo 26, comma 5, della legge n. 10 del 1991 per le innovazioni dei sistemi di riscaldamento;

- al secondo comma dell’articolo 30 della legge n. 457 del 1978 per gli interventi di recupero relativi a un unico immobile composto da più unità immobiliari;

- nella legge n. 122 del 1989, al comma 3 dell’articolo 9, per realizzare parcheggi al piano terra o nel sottosuolo;

- all’articolo 17-quinquies del decreto-legge n. 83 del 2012 (conv., con mod, dalla legge n. 134 del 2012) per le opere edilizie utili all’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli (ma per la seconda convocazione, in questo caso, resta ferma la rappresentanza di almeno un terzo del valore dell'edificio).

La maggioranza del 50 per cento più uno dei votanti che rappresentino almeno i due terzi del valore dell’edificio è invece necessaria nei seguenti casi:

- per l’installazione e l’adeguamento di impianti non centralizzati, ai sensi dell’articolo 1122-bis del codice civile;

- sulle innovazioni relative alle cose comuni. In particolare, quelle dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento di cui al primo comma dell’articolo 1120 del codice civile. Quelle di cui all’articolo 1108, primo comma, in cui però la maggior parte dei partecipanti deve rappresentare almeno i due terzi del valore della cosa comune;

- per costituire l’ipoteca al fine di “garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune” ai sensi dell’articolo 1108, ultimo comma, del codice civile;

- quando vanno compiuti atti eccedenti l’ordinaria amministrazione ai sensi del secondo comma dell’articolo 1108 del codice civile;

- se il condominio va sciolto e diviso in parti autonome e non possa farsi ciò senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini (articolo 62 delle disposizioni attuative al codice civile di cui al regio decreto n. 318/1942);

- per sostituire una delibera condominiale precedente con una nuova se la maggioranza richiesta per l’approvazione originaria era del 50 per cento più uno e di almeno due terzi del valore dell’edificio;

- riguardo alle innovazioni in due casi. Se vanno fatte opere di installazione di nuovi impianti radiotelevisivi e audiovisivi ai sensi del comma 13 dell’articolo 2-bis del decreto-legge n. 5 del 2001 (conv, con mod., dalla legge n. 66 del 2001). Se, per far passare i cavi di fibra ottica nell’edificio, sono richiesti lavori di ammodernamento. Il riferimento legislativo in questo caso è il comma 7 dell’articolo 1 della legge n. 69 del 2009.

Infine la maggioranza del 50 per cento più uno dei votanti che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio è richiesta quando sono necessari interventi su edifici e impianti per il contenimento del consumo energetico di cui all’articolo 26, comma 2, della legge n. 10 del 1991.

 

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame in Senato, al fine di agevolare lo svolgimento delle assemblee condominiali, apporta una serie di modifiche all'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

In particolare la disposizione, aggiungendo un ulteriore comma all'articolo 66 disp. att. c.c., consente anche ove non previsto dal regolamento condominiale la possibilità, previo consenso di tutti i condomini, di partecipazione all'assemblea in modalità di videoconferenza. In tal caso il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, deve essere trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione. Conseguentemente alla introduzione della possibilità di svolgimento in videoconferenza delle assemblee, il comma 1-bis modifica il terzo comma dell'articolo 66 disp. att. c.c., stabilendo che l'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale debba contenere anche l'indicazione, nel caso di assemblea in videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e l'ora della stessa.

 

La disposizione affronta la questione della validità del ricorso ad una “assemblea virtuale”, tema questo ampiamente dibattuto all'indomani dell'entrata in vigore delle misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica e in particolare del divieto di ogni forma di riunione, in luogo pubblico o privato.  A ben vedere né il decreto legge n. 18 del 2020 (conv. nella l. n. 27 del 2020), né il successivo decreto legge n. 34 del 2020 (conv. l. n. 77 del 2020) hanno previsto una specifica disciplina per lo svolgimento delle assemblee di condominio. Considerato che la giurisprudenza ha spesso sostenuto l’applicabilità della normativa dettata per le società alla materia condominiale si è posta la questione circa la possibilità di consentire lo svolgimento da remoto delle assemblee condominiali sulla base dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 106 del d.l. cura Italia (18/2020). Tale articolo infatti con specifico riferimento alle società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative, mutue assicuratrici, associazioni e fondazioni, ha consentito - seppure per un periodo di tempo limitato -  in deroga alle disposizioni statutarie, di prevedere l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, ovvero anche lo svolgimento esclusivo dell’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, senza la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.

 

La disposizione nulla prevede in ordine alle modalità di calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi nel caso di assemblee virtuali di cui all’art. 1136 del codice civile (vedi supra), aspetto essenziale ai fini della validità delle deliberazioni assunte.

Si valuti l'opportunità di precisare in quali momenti il condomino per considerarsi effettivamente intervenuto debba risultare collegato a distanza.

 

È opportuno rilevare, inoltre, come la disposizione non specifichi quali modalità tecniche debbano essere adottate per consentire al condomino di accedere alla riunione da remoto, né indichi una disciplina specifica per garantire la tutela dei dati personali.


 

Articolo 63-bis
(Disposizioni urgenti in materia condominiale)

 

 

L’articolo 63-bis, introdotto nel corso dell’esame in Senato, sospende, fino alla cessazione dello stato di emergenza, il termine per la redazione del rendiconto consuntivo e la convocazione dell'assemblea per l'approvazione e rinvia di 6 mesi, dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, il termine per procedere agli adeguamenti antincendio previsti per gli edifici di civile abitazione.

 

 

Il comma 1 dell'articolo 63-bis, prevede la sospensione, fino al termine dello stato di emergenza, del termine per la redazione del rendiconto consuntivo e la convocazione dell'assemblea per la sua approvazione, di cui al primo comma, n. 10), dell'articolo 1130 del codice civile.

 

Il comma 2 dell'articolo 63-bis, invece, rinvia di ulteriori sei mesi dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il termine per gli adempimenti ed adeguamenti antincendio previsti, per lo scorso 6 maggio 2020, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto del Ministero dell'interno del 25 gennaio 2019, recante le modifiche al decreto 246 del 1987.

 

L’art. 3, comma 1, lett. b), del DM 25 gennaio 2019 prevede che gli edifici di civile abitazione si debbano adeguare entro il 6 maggio (un anno dalla data di entrata in vigore del decreto) alla nuova disciplina dettata proprio da decreto ministeriale in materia di sicurezza antincendi.


 

Articolo 64, commi 1-5
(Fondo di garanzia PMI, interventi a sostegno delle imprese
e dell’occupazione anche nel Mezzogiorno
e in favore degli enti del terzo settore)

 

 

L’articolo 64, al comma 1, primo periodo, rifinanzia il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di 3.100 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.635 milioni di euro per il 2024 e di 1.600 milioni di euro per il 2025.

Il medesimo comma 1, al secondo periodo, assegna all'ISMEA una somma pari a 200 milioni di euro per l'anno 2023, a 165 milioni di euro per il 2024 e a 100 milioni per il 2025, per le attività di garanzia sul credito agrario. Le risorse sono versate sul conto corrente di tesoreria centrale – intestato ad ISMEA - per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie. La quantificazione degli oneri è operata dal comma 5.

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, estende la garanzia del Fondo al 100% sui finanziamenti di importo non superiore a 30 mila euro di durata decennale, riconosciuta in via straordinaria e transitoria sino al 31 dicembre 2020, alle persone fisiche esercenti le attività di cui al codice Ateco 2007- Sezione K “Attività finanziarie e assicurative”. Attualmente l’accesso a tale garanzia straordinaria del Fondo è riconosciuto solo ad alcune categorie di intermediari finanziari.

Il comma 2 amplia l’ambito delle operazioni finanziarie mediante utilizzo delle risorse assegnate ad INVITALIA, in origine destinate al sostegno alle imprese del Mezzogiorno tramite l’intervento di Mediocredito Centrale. Si dispone che le predette risorse siano destinate anche ad iniziative strategiche di sostegno, inclusa la partecipazione diretta o indiretta al capitale delle imprese e dell'occupazione, anche nel Mezzogiorno.

Il comma 3 interviene sulla norma che destina, sino al 31 dicembre 2020, una quota parte delle risorse del Fondo di garanzia PMI (fino a 100 milioni euro) agli enti del Terzo settore, per la concessione a loro favore della citata garanzia del Fondo al 100% sui finanziamenti di importo non superiore a 30 mila euro di durata decennale. Il comma dispone ora che le risorse in questione sono destinate – per le predette operazioni di garanzia – a favore degli enti non commerciali, inclusi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

Il comma 3-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, estende poi, a date condizioni, le garanzie del Fondo di garanzia PMI previste dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020 anche alle imprese che abbiano ottenuto, su operazioni finanziarie garantite dal Fondo, un prolungamento della garanzia per temporanea difficoltà.

Il comma 4 subordina l'efficacia della disposizione all’autorizzazione della Commissione europea.

Un ulteriore comma 1-ter, inserito al Senato, interviene sulle garanzie straordinarie e transitorie che possono essere concesse da SACE S.p.A. sino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020. Il comma, in particolare, ammette alle predette garanzie anche le imprese che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non siano classificabili come deteriorate, non presentino importi in arretrato e il finanziatore possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente.

 

Nel dettaglio, il comma 1, primo periodo, rifinanzia il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di 3.100 milioni di euro per l'anno 2023, di 2.635 milioni di euro per l'anno 2024 e di 1.600 milioni di euro per l'anno 2025.

 

Il Fondo, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché, garantisce talune tipologie di operazioni a favore delle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Recentemente, con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale temporanea e derogatoria - destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020. Sono stati così estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per una esame analitico degli interventi del Fondo, autorizzati sino al 31 dicembre 2020 in deroga alla disciplina ordinaria, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese", ricordandone in questa sede le misure principali (richiamate anche dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica al provvedimento in esame). In particolare, le disposizioni dell’articolo 49 del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), successivamente trasfuse ed estese dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020 (Legge n. 40/2020) hanno previsto l’innalzamento a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per impresa; l’accesso automatico e senza valutazione, con garanzia al 100%, per i finanziamenti di importo fino a 25.000 euro – poi innalzato, in sede di conversione del D.L. n. 23/2020 a 30.000 euro – con durata non superiore a 120 mesi (anche tale importo è stato innalzato in sede di conversione), concessi a PMI e a persone fisiche esercenti arti e professioni la cui attività sia stata colpita dall’emergenza da Covid-19; l’innalzamento della garanzia diretta del Fondo al 90% dell'ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi e l’accesso al Fondo senza valutazione, così consentendo l’accesso anche alle PMI più rischiose.

Come evidenzia la relazione tecnica, le misure straordinarie di potenziamento del Fondo hanno considerevolmente incrementato, per numero, tipologia e percentuale di copertura, il basket dei finanziamenti suscettibili di essere garantiti (e contro garantiti, in ultima istanza, dallo Stato), incrementandone il fabbisogno, a fronte dell’aumento delle posizioni garantite e, correlativamente, dell’esposizione complessiva del Fondo stesso.

In particolare, le misure introdotte dalle norme sopramenzionate hanno rivelato un elevato potenziale di tiraggio del Fondo, consentendo di garantire nei primi 4 mesi di operatività, oltre 700.000 operazioni, per un ammontare finanziato di oltre 40 miliardi.

Per le predette finalità, il Fondo è stato consistentemente rifinanziato. Dapprima l'articolo 25 del D.L. n. 9/2020 poi trasfuso nell'articolo 49-bis del D.L. n. 18/2020), l’ha rifinanziato di  50 milioni di euro per il 2020 (le risorse sono state finalizzate all'estensione, sino al massimo consentito in via ordinaria, della garanzia e riassicurazione a favore di PMI con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni maggiormente colpiti dall'epidemia di COVID-19, individuati nell'allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020).

Successivamente, l'articolo 49 del D.L. n. 18/2020 ha rifinanziato il Fondo di 1.500 milioni di euro per il 2020 per gli interventi ivi previsti. Come detto, le misure dell’articolo 49 sono state trasfuse ed estese dall’articolo 13 del D.L. n. 34/2020, che ha autorizzato, per esse, ulteriori 229 milioni per il 2020 rispetto alla somma già stanziata dal D.L. n. 18.

Il D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020) cd. D.L. Rilancio, ha, infine, rifinanziato, all’articolo 31, comma 2, il Fondo di ulteriori 3.950 milioni di euro per il 2020, per le già previste finalità di potenziamento ed estensione dell'ambito del suo ambito di operatività del Fondo sino al 31 dicembre 2020.

Lo stesso articolo 31, con il comma 2, ha poi previsto che - al fine di garantire una maggior efficienza nella gestione delle risorse del Fondo, adeguando le sue disponibilità al profilo temporale delle perdite attese - possano essere assunti impegni a carico del medesimo Fondo anche a fronte di autorizzazioni di spesa pluriennali del bilancio dello Stato, in base alla valutazione della probabilità di escussione delle garanzie, articolata per annualità, effettuata dagli organi di gestione dello stesso Fondo[6].

Secondo la relazione tecnica, tale previsione ha costituito la base per la definizione dello stanziamento qui autorizzato, necessario a garantire la continuità operativa del Fondo. In particolare, il Fondo non necessita di stanziamenti aggiuntivi per gli anni 2020, 2021 e 2022, ma è emersa la necessità e l’urgenza di procedere ad uno stanziamento aggiuntivo, su base pluriennale, che consenta di dotare il fondo stesso di disponibilità allineate al profilo temporale delle perdite attese.

 

Il comma 1, secondo periodo, assegna all'Istituto di Servizi per il Mercato agricolo Alimentare- ISMEA una somma, pari a 200 milioni di euro per l'anno 2023, a 165 milioni di euro per il 2024 e a 100 milioni di per il 2025, per le attività di garanzia sul credito agrario, di cui all’articolo 17 del D. Lgs. n. 102/2004, svolte dall’Istituto.

Le risorse sono versate sul conto corrente di tesoreria centrale – intestato ad ISMEA ai sensi di quanto previsto dal cd. D.L. liquidità (articolo 13, comma 11 del D.L. n. 23/2020 - per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.

 

Si rammenta che – per far fronte alle esigenze di liquidità delle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca nell’attuale crisi pandemica - l’articolo 13, comma 11 del D.L. n. 23/2020 ha previsto che la disciplina transitoria e straordinaria dettata per il Fondo di garanzia PMI sino al 31 dicembre 2020, dal comma 1 del medesimo articolo 13, trovi applicazione, in quanto compatibile, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA a fronte di finanziamenti a breve, a medio e a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari in favore delle suddette imprese, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004. Per tali finalità ha assegnato a ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020, disponendo che le risorse in questione vengano versate su un conto corrente di tesoreria centrale appositamente istituito, intestato a ISMEA, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie. Il D.L. n. 34/2020, articolo 32, comma 3, ha poi assegnato a ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020.

 

Gli oneri complessivamente recati dal comma 1 - pari a 3.300 milioni di euro per l'anno 2023, a 2.800 milioni di euro per l'anno 2024 e a 1.700 milioni di euro per l'anno 2025 – sono quantificati dal successivo comma 5. Il comma 5 prevede che ad essi si provveda ai sensi dell'articolo 114, che reca disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge.

 

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, estende alle persone fisiche esercenti “Attività finanziarie e assicurative” di cui al codice Ateco 2007- Sezione K la garanzia del Fondo di garanzia PMI al 100% sui finanziamenti di importo non superiore a 30 mila euro di durata decennale, riconosciuta, sino al 31 dicembre 2020 dall’articolo 13, comma 1, lett. m) del D.L. n. 23/2020. Attualmente, l’accesso a tale garanzia straordinaria del Fondo è riconosciuto solo ad alcune categorie di intermediari finanziari.

 

Con la novella alla citata lettera m) del comma 1, dell’articolo 13, viene dunque introdotta una formulazione normativa più ampia di quella attualmente vigente, che ammette alla predetta garanzia straordinaria alcune figure di intermediari, quali gli agenti di assicurazione, subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione iscritti al Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi.

La disciplina ordinaria del Fondo di garanzia PMI esclude i soggetti esercenti le attività di cui al codice Ateco 2007- Sezione K “Attività finanziarie e assicurative” dai soggetti beneficiari della copertura del Fondo.

L’articolo 13, comma 1, lett. m) del D.L. n. 23/2020 consente, sino al 31 dicembre 2020, l'accesso gratuito e automatico al Fondo di garanzia PMI, con copertura del 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione, per i nuovi finanziamenti di durata fino a 10 anni e di importo fino a 30.000 euro concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni, nonché di associazioni professionali e società tra professionisti, agenti e subagenti di assicurazione e broker.

 

Il comma 3 interviene sulla disposizione - articolo 13, comma 12-bis del D.L. n. 23/2020 - che destina, sino al 31 dicembre 2020, una quota parte delle risorse del Fondo di garanzia PMI (fino a 100 milioni euro) agli enti del Terzo settore, per la concessione a loro favore della garanzia del Fondo al 100% sui finanziamenti di importo non superiore a 30 mila euro di durata decennale.

Il comma dispone che le risorse in questione sono destinate – per le predette operazioni di garanzia – a favore degli enti non commerciali (tutti), compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

 

L’articolo 13, comma 12-bis del D.L. n. 23/2020, nel testo precedente all’intervento in esame, ha previsto che, fino al 31 dicembre 2020, le risorse del Fondo di garanzia PMI, siano destinate, fino a un importo di euro 100 milioni, all'erogazione della garanzia al 100% sui finanziamenti di importo fino a 30.000 euro con durata non superiore a 120 mesi - di cui alla lett. m) del comma 1 del medesimo articolo 13 (sulla quale, cfr. supra) - in favore degli enti del Terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, esercenti attività di impresa o commerciale, anche in via non esclusiva o prevalente o finalizzata all'autofinanziamento.

Tale formulazione è stata dunque ora sostituita con un riferimento più esteso agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

 

Il comma 3-bis, inserito al Senato, estende le garanzie del Fondo di garanzia PMI previste dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020 anche alle imprese che abbiano ottenuto, su operazioni finanziarie garantite dal Fondo, un prolungamento della garanzia per temporanea difficoltà, a condizione che le stesse imprese rispettino i requisiti previsti dal medesimo articolo 13, comma 1, lett. da g-bis) a g-quater). Si deve, dunque, trattare di imprese che:

·        in data precedente al 31 gennaio 2020, non hanno esposizioni classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o sconfinanti deteriorate[7] (lettera g-bis);

·        ovvero, le cui esposizioni già classificate come deteriorate prima del 31 gennaio 2020 e oggetto di misure di concessione, non sono più classificabili, alla data del 9 aprile, come deteriorate e non presentino importi in arretrato dopo le misure di concessione, per cui si può ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza. Le imprese che si trovano in tale condizione non possono avere accesso alla garanzia su finanziamenti con rinegoziazione del debito pregresso (prevista in via straordinaria dallo stesso articolo 13, comma 1, lett. e)) (lettera g-ter);

·        ovvero, che, successivamente al 31 dicembre 2019 sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale (articolo 186-bis del R.D. n. 267/1942), hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti (182-bis del R.D.) o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (di cui all’articolo 67 del R.D.), purché, al 9 aprile 2020, le loro esposizioni non siano classificabili come deteriorate, non presentino importi in arretrato e la banca possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza (lett. g-quater).

 

Posto il richiamo al comma 1, lett. da g-bis) a g-quater) dell’articolo 13 del D.L. n. 23/2020, sembrerebbe che il comma in esame intenda estendere alle imprese che abbiano ottenuto un prolungamento della garanzia del Fondo per temporanea difficoltà la possibilità di avere accesso al Fondo stesso per nuove operazioni finanziarie, quali quelle consentite in via transitoria e straordinaria, sino al 31 dicembre 2020, dall’articolo 13, commi 1-2 e 12-bis.

Ciò, in deroga alle Disposizioni Operative del Fondo (Paragrafo D, parte VI), secondo le quali, in via ordinaria, le imprese – a seguito della richiesta di prolungamento della durata della garanzia - non sono ammesse alla garanzia del Fondo per nuove operazioni, fino alla comunicazione al Gestore del Fondo della regolare estinzione dell’operazione per la quale è stato richiesto il prolungamento.

 

Si valuti comunque un chiarimento al riguardo attraverso una precisazione del rimando normativo all’articolo 13.

Come sopra accennato, infatti, l’articolo 13 del D.L. n. 23/2020introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria.

La disciplina straordinaria e transitoria è contenuta nel comma 1, 2, 12-bis dell’articolo, per un esame analitico della quale si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese".

Oltre alle misure straordinarie e transitorie, l’articolo 13 interviene anche sul funzionamento ordinario del Fondo di garanzia PMI e contiene poi ulteriori norme relative ai Confidi e al micro credito.

 

Il comma 4 subordina l'efficacia della disposizione all’autorizzazione della Commissione europea.

Con riferimento alla formulazione del comma 4, si rileva l’opportunità di specificare le disposizioni cui il comma intende fare riferimento, anche alla luce delle modifiche ed integrazioni proposte dalla Commissione a seguito dell’esame in sede referente.

 

Un ulteriore comma 1-ter, inserito al Senato, interviene sulle garanzie straordinarie e transitorie che possono essere concesse da SACE S.p.A. sino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020.

Il comma, in particolare, consente l’accesso alle predette garanzie anche alle imprese che sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale (articolo 186-bis del R.D. n. 267/1942[8]), hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti (182-bis del R.D. [9]) o hanno presentato, in sede di procedura fallimentare, un piano idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria (di cui all’articolo 67 del R.D.), a condizione che, alla data di presentazione della domanda, le loro esposizioni non siano classificabili come deteriorate, non presentino importi in arretrato e il finanziatore, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza ai sensi del Reg. UE n. 575/2013 (art. 47-bis, par. 6, lett. a) e c)). Sono in ogni caso escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria vigente.

 

Si ricorda che la disciplina contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020 – che il comma in esame intende integrare – è stata notificata alla Commissione europea ai sensi della disciplina europea quadro sugli aiuti di Stato “Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak” di cui alla Comunicazione COM (2020) 1863 final e ss. mod. e int.

La Comunicazione della Commissione, come modificata ed integrata da ultimo il 29 giugno scorso (qui il testo consolidato della Comunicazione), definisce un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di adottare, nel contesto della pandemia di COVID-19, in via temporanea, misure di aiuto all'economia, più ampie e con intensità maggiorate, in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato.

Tale quadro temporaneo consente gli aiuti sotto forma di garanzie statali sui prestiti per garantire l'accesso alla liquidità delle imprese (Sezione 3.2, punti 24-25), disponendo che:

·        le garanzie in questione sono concesse entro e non oltre il 31 dicembre 2020 (punto 25, lett. c))

·        le garanzie non possono essere concesse a imprese che si trovavano già in difficoltà (ai sensi del regolamento generale di esenzione per categoria GBER, articolo 2, punto 18 del Reg. UE n. 651/2014) il 31 dicembre 2019 (punto 25, lett. h));

·        in deroga a quanto precede, gli aiuti possono essere concessi alle micro imprese o alle piccole imprese (come definite dall'allegato I del GBER) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio[10] o aiuti per la ristrutturazione[11].

Tale normativa trova la sua legittimazione nell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che, al paragrafo 3, lettera b), dispone che possono essere compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro - previa approvazione della Commissione UE -  al fine di valutare il carattere mirato alla finalità e la loro adeguatezza e proporzionalità).

 

L'articolo 1 del D.L. n. 23/2020, autorizza SACE S.p.A a concedere - fino al 31 dicembre 2020 - garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19.

Ai sensi del comma 1, possono beneficiare dei finanziamenti garantiti le imprese di qualsiasi dimensione, ma, le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Gli impegni complessivamente assunti da SACE non devono superare i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati alle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti (secondo quanto introdotto in sede di conversione).

Gli impegni assunti da SACE sono garantiti dallo Stato e a tal fine è stato istituito un apposito Fondo a copertura dei relativi oneri statali presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione iniziale pari a 1.000 milioni di euro per il 2020. Il Decreto legge n. 34/2020 ha consistentemente rifinanziato il Fondo, di 30.000 milioni di euro per l'anno 2020 (articolo 31).

La garanzia SACE è rilasciata entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti bancari accordati alle seguenti condizioni, stabilite dal comma 2:

·         durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di un preammortamento fino a 36 mesi (anziché 24 mesi come previsto dal testo originario);

·         impresa beneficiaria, che al 31 dicembre 2019 non rientrava nella categoria delle imprese in difficoltà, e che al 29 febbraio 2020 non aveva nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate (lett. b));

·         importo del prestito garantito che, conformemente allo State Aid Temporary Framework europeo, non superiore al maggiore tra i seguenti elementi: 25 per cento del fatturato annuo relativo al 2019; doppio dei costi del personale relativi al 2019;

·         percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 percento. Le percentuali sono inversamente proporzionali alla dimensione delle imprese.

·         assunzione da parte delle imprese beneficiarie di specifici impegni, tra i quali quello di gestire i livelli occupazionali tramite accordi sindacali e quello di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020, o, se la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni al momento della richiesta di finanziamento ha già avuto luogo, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto per i 12 mesi successivi alla richiesta. Inoltre, le imprese beneficiarie si devono impegnare a non delocalizzare gli stabilimenti produttivi;

·         destinazione del finanziamento a determinate tipologie di spese aziendali. Secondo quanto inserito in sede di esame parlamentare, il finanziamento deve essere destinato, per non più del 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale il cui rimborso sia oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID.

 

Il comma 2 amplia l’ambito delle operazioni finanziarie che possono essere effettuate mediante utilizzo delle risorse assegnate ad INVITALIA, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 142/2019, per il rafforzamento patrimoniale della società Banca del Mezzogiorno- Mediocredito Centrale – MCC, volto al sostegno del sistema imprenditoriale del Mezzogiorno.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 142 del 2019 ha disciplinato una complessa operazione finanziaria, ai sensi della quale:

­       sono stati attribuiti a Invitalia uno o piu? contributi in conto capitale, fino a 900 milioni di euro nel 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale della societa? Banca del Mezzogiorno- Mediocredito Centrale - MCC;

­       l'operazione e? stata volta a consentire a MCC la promozione di attivita? finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, anche mediante l'acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e societa? finanziarie;

­       a seguito di tali operazioni realizzate da MCC, viene prevista la possibilita? di scindere MCC e costituire una nuova societa?, a cui sono assegnate le menzionate attivita? e partecipazioni acquisite da banche e societa? finanziarie. Le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della societa? cosi? costituita sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Le misure del provvedimento citato si inseriscono nell'azione di rilancio della Banca Popolare di Bari (BPB); si rinvia alla documentazione predisposta in occasione del provvedimento per ulteriori informazioni.

 

Il comma in esame, nel dettaglio, introduce la previsione che le risorse assegnate (fino a 900 milioni di euro per il 2020) non siano destinate interamente alla finalità sopra indicata, bensì anche ad iniziative strategiche, mediante operazioni finanziarie, inclusa la partecipazione diretta o indiretta al capitale, a sostegno delle imprese e dell'occupazione, anche nel Mezzogiorno.

Dunque, secondo quanto evidenzia la relazione illustrativa, il comma aggiunge agli interventi intermediati dal settore bancario e finanziario, la possibilità per INVITALIA di sviluppare direttamente iniziative strategiche di sostegno dell’occupazione e delle imprese, inclusi gli interventi aventi ad oggetto la partecipazione diretta o indiretta al capitale di imprese, anche nel Mezzogiorno, fermo restando lo snodo decisionale dell’organo politico che avvia il processo.


 

Articolo 64, comma 5-bis
(Ristoro ai Comuni di minori entrate derivanti
a esoneri Tosap e Cosap)

 

 

L'articolo 64, comma 5-bis, introdotto dal Senato, pone il termine (di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame) per l'adozione del decreto di riparto del fondo per il ristoro ai comuni delle minori entrate derivanti dall'esonero dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche, o del relativo canone (Tosap e Cosap), dovuto da titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche.

L'esonero è previsto dall'art. 181, comma 1-bis del decreto-legge n. 34 del 2020. Inoltre, il comma 1-ter stabilisce che i comuni rimborsino le somme versate nel periodo di applicazione dell'esonero. Il successivo comma 1-quater del medesimo art. 181 istituisce un fondo per il ristoro ai comuni delle minori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 1-bis e 1-ter. Esso dispone, inoltre, che alla ripartizione del Fondo tra gli enti interessati si provveda con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed Autonomie.

Il comma 5-bis in esame prevede che tale decreto di riparto sia adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

Esso è comunque adottato anche in caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno (si tratta del caso previsto dall'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 281 del 1997).

Si segnala che l'art. 109 del presente provvedimento, modificato dal Senato, reca novelle all'art. 181 del decreto-legge n. 34 del 2020 estendendo il periodo temporale di applicazione dell'esonero Tosap e Cosap in parola ed incrementando le risorse per il ristoro ai comuni delle minori entrate (cfr. la relativa scheda).

Ai sensi del comma 1-bis dell' art. 181, in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), sono esonerati dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche, di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e del canone di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997. n. 446.

Il richiamato articolo 45 del D.Lgs. n. 507 del 1993 disciplina le occupazioni temporanee di spazi e aree pubbliche, nel qual caso la tassa è commisurata alla effettiva superficie occupata ed è graduata in rapporto alla durata delle occupazioni medesime.

L’articolo 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997 si riferisce invece al canone per l’occupazione dei medesimi spazi e aree, che consente a comuni e province di prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone.

 

 

 


 

Articolo 64-bis
(Calcolo dimensione aziendale per l’accesso
al Fondo di garanzia PMI)

 

 

L’articolo 64-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla norma - articolo 13, comma 1, lett. b) del D.L. n. 23/2020 - che ammette, sino al 31 dicembre 2020, all’accesso alla garanzia del Fondo di garanzia PMI, le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499 (imprese cd. “mid cap). L’articolo specifica che i 499 dipendenti sono determinati sulla base delle unità di lavoro-anno rilevate per l’anno 2019.

 

Il Fondo di garanzia PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Recentemente, con i Decreti legge di marzo-maggio 2020, in considerazione della crisi economica determinata dalla pandemia, la disciplina ordinaria del Fondo è stata potenziata e, contestualmente, affiancata da una disciplina speciale, temporanea e derogatoria - destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020. Sono stati così estesi gli importi garantibili e i beneficiari finali del Fondo, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano.

La disciplina straordinaria e derogatoria del Fondo di garanzia PMI è contenuta nell’articolo 13 del D.L. n. 23/2020, commi 1, 2, 12-bis. Per una esame analitico della disciplina, che come detto opera sino al 31 dicembre 2020 in deroga alla disciplina ordinaria, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus”.

Per quanto qui rileva, tra le varie disposizioni di deroga, vi è la previsione di un aumento dei limiti dimensionali delle imprese che possono beneficiare della garanzia del Fondo. In particolare, l’articolo 13, comma 1, lett. b) ammette all’intervento in garanzia del Fondo le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499 (cd. imprese “mid cap”), rispetto al soglia ordinaria di dipendenti prevista quale requisito dimensionale per le PMI (249 dipendenti)[12].

In via ordinaria, sono infatti ammesse alla garanzia del Fondo le imprese iscritte nel Registro delle imprese, istituito presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, in possesso dei parametri dimensionali di cui alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, vigente alla data di presentazione della richiesta di ammissione al Fondo.

In particolare, per quanto riguarda i parametri dimensionali, sulla base di quanto previsto dalla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 (e D.M. 18 aprile 2015), nonché del Regolamento n. 651/2014/UE (cd. GBER) sono definite:

a) “Medie imprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 250 occupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;

 b) “Piccole imprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 50 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro;

c) “Microimprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.

 

Secondo la disciplina ordinaria del Fondo, le imprese con dipendenti non superiori a 499, beneficiano della (sola) garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a loro favore (comma 4 dell’art. 39, D.L. n. 201/2011, modificato dal D.L. n. 34/2019).

 

Si ricorda che, ai fini della verifica dei requisiti dimensionali di una PMI, la disciplina europea tiene in considerazione i cd. “effettivi”. La Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003 dispone in particolare che i dati impiegati per calcolare gli effettivi sono quelli riguardanti l'ultimo esercizio contabile chiuso e vengono calcolati su base annua (art. 4).

Gli effettivi corrispondono al numero di unità lavorative-anno (ULA), ovvero al numero di persone che, durante tutto l'anno in questione, hanno lavorato nell'impresa o per conto di tale impresa a tempo pieno. Il lavoro dei dipendenti che non hanno lavorato tutto l'anno oppure che hanno lavorato a tempo parziale, a prescindere dalla durata, o come lavoratori stagionali, è contabilizzato in frazioni di ULA (art.5).


 

Articolo 65
(Proroga moratoria per le PMI ex articolo 56
del decreto-legge n. 18 del 2020)

 

 

L'articolo 65 dispone un prolungamento fino al 31 gennaio 2021 della moratoria straordinaria già prevista sino al 31 settembre 2010 dall’articolo 56 del decreto legge n. 18 del 2020 sulle esposizioni debitorie delle microimprese e delle PMI. La moratoria è accompagnata da garanzia pubblica, di natura sussidiaria, a valere su una apposita sezione del Fondo di garanzia per le PMI che copre parzialmente le esposizioni interessate.

 

In particolare, il comma 1 dispone la proroga al 31 gennaio 2021 della sospensione - originariamente prevista dall'articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020 fino al 30 settembre 2020 - delle scadenze relative a varie esposizioni debitorie delle microimprese e delle piccole e medie imprese (PMI) nei confronti di soggetti autorizzati alla concessione di credito in Italia.

In particolare:

?        non possono essere revocate, neanche parzialmente, fino al 31 gennaio 2021 le aperture di credito "a revoca", nonché i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti, per gli importi esistenti alla data del 29 febbraio 2020, o, se successivi, al 17 marzo 2020; la disposizione trova applicazione sia per la parte utilizzata sia per quella non utilizzata (articolo 56, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 18 del 2020);

?        sono prorogati fino al 31 gennaio 2021, alle medesime condizioni, i contratti relativi a prestiti non rateali, con scadenza contrattuale antecedente a quella data; la misura si applica anche a tutti gli elementi accessori (in particolare le garanzie) relativi al contratto principale (articolo 56, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 18 del 2020);

?        sono prorogati al 31 gennaio 2021 i pagamenti - con scadenza antecedente a quella data - di rate o canoni di leasing relativi a mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, ivi compresi quelli perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie; il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato ed è nella facoltà delle imprese richiedere la sospensione del solo rimborso in conto capitale (articolo 56, comma 2, lettera c), del decreto-legge n. 18 del 2020).

Il medesimo comma 1 dispone altresì che sono prorogate dal 30 settembre 2020 al 31 gennaio 2021 le scadenze previste dal comma 6 del medesimo articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020, il quale dunque ora prevede che le operazioni oggetto delle misure di sostegno siano ammesse, senza valutazione[13], alla garanzia, per un importo pari al 33%, mediante apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI di:

-         maggiori utilizzi, alla data del 31 gennaio 2021, rispetto all’importo utilizzato al 17 marzo 2020, con riferimento alle aperture di credito e ai finanziamenti di cui al comma 2, lettera a) dell'articolo 56;

-         singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di cui al comma 2, lettera c) dell'articolo 56.

Per effetto del comma in esame, infine, la proroga dal 30 settembre 2020 al 31 gennaio 2021 si applica anche alla disciplina della procedura di escussione della suddetta garanzia contenuta nel comma 8 dell'articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020. Con specifico riferimento ai mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, anche perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie (si tratta del caso previsto dal comma 2, lettera c) dell'articolo 56) la garanzia è attivabile nei limiti dell'importo delle rate o dei canoni di leasing sospesi sino al 31 gennaio 2021 (anziché 30 settembre 2020).

 

Nella relazione illustrativa il Governo chiarisce che la moratoria era stata introdotta dal decreto-legge n. 18 del 2020 per supportare le PMI nel superare la caduta produttiva connessa con l’emergenza sanitaria, al fine di evitare che un calo della domanda molto forte, anche se verosimilmente limitato nel tempo, abbia effetti permanenti sull’attività di un numero elevato di imprese e sia amplificato da meccanismi finanziari. La misura si applica a quelle PMI che non presentavano esposizioni deteriorate alla data di pubblicazione del decreto legge n. 18. La misura in questione è stata a suo tempo autorizzata dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 107(3)(b) TFUE (C/2020 1984 final del 25 marzo 2020) nell’ambito del “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza della Covid-19” e si sarebbe rivelata utile e apprezzata dalle imprese.

Per approfondimenti sugli aiuti di Stato nell'ambito dell'ordinamento dell'Unione europea si rinvia alla Nota breve n. 52 del Servizio studi del Senato e al relativo tema sull'attività parlamentare della Camera.

 

Il comma 2 disciplina l'operatività della proroga in ciascuna delle due fattispecie possibili:

?        per le imprese già ammesse, alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, la proroga della moratoria opera automaticamente senza alcuna formalità, salva l’ipotesi di rinuncia espressa da parte dell’impresa beneficiaria, da far pervenire al soggetto finanziatore entro il termine del 30 settembre 2020;

?        le imprese che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, presentino esposizioni che non siano ancora state ammesse alle misure di sostegno di cui al comma 2 del citato articolo 56, possono essere ammesse, entro il 31 dicembre 2020, alle predette misure di sostegno finanziario secondo le medesime condizioni e modalità previste dal medesimo articolo 56.

 

In conseguenza di quanto stabilito dai precedenti commi, il comma 3 prevede che il termine di diciotto mesi per l’avvio delle procedure esecutive di cui all'articolo 56, comma 8, del decreto-legge n. 18 del 2020 nei confronti delle imprese che hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste dall’articolo 56, comma 2, come modificato ai sensi del comma 1, decorre dal termine di scadenza delle misure di sostegno di cui al citato comma 2, come modificato dal presente articolo.

 

Il comma 4 dispone la proroga al 31 gennaio 2021 della sospensione delle segnalazioni a sofferenza alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia riguardanti le microimprese e le PMI destinatarie delle misure di cui all’articolo 56, comma 2 del decreto-legge n. 18 del 2020. La legislazione vigente (articolo 37-bis del decreto-legge n. 23 del 2020) fissava il termine di tale sospensione al 30 settembre 2020.

 

Si ricorda che la Banca d’Italia ha pubblicato alcune FAQ relative alla Centrale Rischi nella fase dell’emergenza sanitaria.

Al riguardo l’istituto ha reso noto che, per il periodo di gravi difficoltà economiche dovute al COVID-19, la Centrale Rischi (CR) – oltre a recepire i provvedimenti d’urgenza - ha fornito agli intermediari indicazioni sulle nuove modalità di rappresentazione della situazione di tutti coloro che ricorreranno alle "moratorie": per costoro i ritardi nei pagamenti dei prestiti che beneficiano delle moratorie non verranno segnalati in CR.

La Banca d’Italia ha chiarito che in caso di adesione alle "moratorie" previste dal decreto-legge n. 18 del 2020 e da altre analoghe previsioni di legge, accordi o protocolli d'intesa, non sono segnalati ritardi nei pagamenti per coloro che beneficiano della moratoria, in quanto le rate sono sospese. Inoltre, il cliente non può essere segnalato a sofferenza dal momento in cui la moratoria gli è stata concessa. L’istituto ha precisato anche che: il diretto interessato non ha diritto alla cancellazione di una eventuale propria posizione a sofferenza se questa è stata iscritta in un momento antecedente la concessione della moratoria; in Centrale dei rischi la richiesta di una moratoria non qualifica in alcun modo il richiedente come un "cattivo pagatore". Peraltro, possono beneficiare delle moratorie solo i clienti che alla data della richiesta non hanno segnalazioni di inadempienze negli obblighi contrattuali rispetto a prestiti ricevuti (clienti in bonis).

 

Si ricorda che la Centrale dei Rischi (CR), gestita dalla Banca d'Italia, è una base dati sui debiti di famiglie e imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario. Essa è alimentata dalle informazioni che gli intermediari partecipanti (banche, società finanziarie e altri intermediari) trasmettono relativamente ai crediti e alle garanzie concessi alla propria clientela, alle garanzie ricevute dai propri clienti e ai finanziamenti o garanzie acquistati da altri intermediari. È prevista una soglia di rilevazione: il cliente è segnalato se l'importo che deve restituire all'intermediario è pari o superiore a 30.000 euro; questa soglia si abbassa a 250 euro se il cliente è in sofferenza.

Gli intermediari classificano un cliente come debitore in sofferenza e lo segnalano come tale in CR quando ritengono che abbia gravi difficoltà a restituire il proprio debito. La classificazione presuppone che l'intermediario abbia valutato la situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito.

La Banca d'Italia comunica agli intermediari partecipanti l'indebitamento complessivo dei propri clienti, il tipo di finanziamento che hanno ricevuto e la regolarità o meno dei loro pagamenti.

Gli intermediari possono chiedere informazioni anche su soggetti non clienti ma che hanno presentato una domanda di finanziamento o stanno per rilasciare una garanzia e potrebbero, quindi, diventare loro clienti, esclusivamente per valutarne il merito di credito, cioè la capacità del cliente di rimborsare il finanziamento.

La disciplina della CR è contenuta nella Delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 29 marzo 1994, modificata dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 luglio 2012.

La Banca d’Italia ha emanato le istruzioni per gli intermediari con apposita circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991.

 

Il comma 5 stabilisce che la presente disposizione opera in conformità all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

 

L'articolo 108 del TFUE disciplina, insieme al precedente articolo 107, gli aiuti di Stato da parte dei paesi membri come segue:

1. La Commissione procede con gli Stati membri all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato interno.

2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato.

Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea, in deroga agli articoli 258 e 259.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle disposizioni dell'articolo 107 o ai regolamenti di cui all'articolo 109, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo.

Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

4. La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all'articolo 109, che possono essere dispensate dalla procedura di cui al paragrafo 3 del presente articolo.

 

Il medesimo comma 5 prevede inoltre che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere integrate le disposizioni operative del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996.

 

L'articolo 2, comma 100, lettera a) della legge 662 del 1996 istituisce il Fondo di garanzia per le PMI, uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle piccole e medie imprese.

Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. 

Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore delle imprese c.d. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., attività finanziarie e assicurative).

Alla disciplina ordinaria del Fondo, si è recentemente aggiunta una disciplina speciale, straordinaria e temporanea - destinata ad operare fino al 31 dicembre 2020 - approntata appositamente per potenziare lo strumento ed estenderne la portata, sia per ciò che attiene agli importi garantibili, che ai beneficiari finali, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano fortemente colpito dall'epidemia da COVID. Il Fondo di garanzia rientra, in questo senso, tra le principali misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi.

Per un'illustrazione degli interventi strutturali adottati nel corso della presente legislatura alla disciplina ordinaria del Fondo, sulla quale sono comunque parzialmente intervenuti anche i recenti decreti legge di marzo-maggio 2020, adottati per far fronte agli effetti della crisi determinata dalla pandemia, si veda il tema dell'attività parlamentare della Camera dedicato al "Sostegno alle imprese", e in particolare al paragrafo sul "sostegno al credito e alla liquidità". Per una esame analitico degli interventi del Fondo, autorizzati, in deroga alla disciplina ordinaria, sino al 31 dicembre 2020, si rinvia al tema dell'attività parlamentare "Misure fiscali e finanziari per fronteggiare l'emergenza da coronavirus", ed, in particolare, al paragrafo sulle "misure di sostegno alle imprese".

 

Il comma 6 precisa che alle finalità di cui al presente articolo si fa fronte con la vigente dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI di cui all’articolo 56, comma 6, del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

La sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI è stata inizialmente dotata di 1,73 miliardi di euro per il 2020. L'importo è stato successivamente rideterminato in 1,43 miliardi dal decreto-legge n. 23 del 2020 e poi rifinanziato per 3,95 miliardi di euro dal decreto-legge n. 34 del 2020.

 

Il comma 6 dispone infine che le risorse della citata sezione speciale che allo scadere dei termini per la presentazione della richiesta di escussione di cui all’articolo 56, comma 8, del medesimo decreto e periodicamente negli anni successivi dovessero risultare eccedenti le esigenze della sezione speciale sono impiegate per l’ordinaria operatività del Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996.

 

Secondo la relazione tecnica, sulla base della rilevazione condotta settimanalmente dalla Banca d’Italia presso un ampio campione di banche, fino al 3 luglio le piccole e medie imprese (PMI) avevano presentato oltre 1,2 milioni di domande di adesione alla moratoria ex articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020, che facevano riferimento a prestiti per un valore di 157 miliardi. Di questi, 16 miliardi sono relativi al “congelamento” di linee di credito, 5 miliardi al prolungamento della durata di prestiti a breve termine e 135 miliardi ai mutui per i quali è stata richiesta la sospensione del pagamento delle rate.

La relazione tecnica stima che, in base all’utilizzo attuale, ammontino a circa 700 milioni le risorse pubbliche impegnate per le garanzie statali offerte a fronte di tali operazioni.

 

Dati più aggiornati sono forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) nel comunicato stampa n. 187 del 19 agosto 2020 sulla scorta della rilevazione settimanale effettuata dalla task force costituita per promuovere l’attuazione delle misure a sostegno della liquidità adottate dal Governo per far fronte all’emergenza Covid-19, di cui fanno parte MEF, Ministero dello Sviluppo Economico, Banca d’Italia, Associazione Bancaria Italiana, Mediocredito Centrale e Sace.

La Banca d’Italia continua a rilevare presso le banche, con cadenza settimanale, i dati riguardanti l’attuazione delle misure governative relative ai decreti legge ‘Cura Italia’ (decreto-legge n. 18 del 2020) e ‘Liquidità’ (decreto-legge n. 23 del 2020), le iniziative di categoria e quelle offerte bilateralmente dalle singole banche alla propria clientela.

Sulla base di dati preliminari, al 7 agosto sono pervenute oltre 2,7 milioni di domande o comunicazioni di moratoria su prestiti, per 299 miliardi. Si stima che, in termini di importi, circa il 93% delle domande o comunicazioni relative alle moratorie sia già stato accolto dalle banche, pur con differenze tra le varie misure; il 3% circa è stato sinora rigettato; la parte restante è in corso di esame.

Più in dettaglio, le domande provenienti da società non finanziarie rappresentano il 44% del totale, a fronte di prestiti per 196 miliardi. Per quanto riguarda le PMI, le richieste ai sensi dell’art. 56 del decreto-legge ‘Cura Italia’ (quasi 1,3 milioni) hanno riguardato prestiti e linee di credito per oltre 158 miliardi, mentre le 50 mila adesioni alla moratoria promossa dall’ABI hanno riguardato oltre 12 miliardi di finanziamenti alle PMI.

Sulla base della rilevazione settimanale della Banca d'Italia, si stima che le richieste di finanziamento pervenute agli intermediari per l’accesso al Fondo di Garanzia per le PMI abbiano continuato a crescere nella settimana dal 31 luglio al 7 agosto, superando 1,17 milioni, per un importo di finanziamenti di oltre 87 miliardi. La percentuale di prestiti erogati risulta in ulteriore crescita rispetto alla fine della settimana precedente in termini di importi. In particolare, al 7 agosto è stato erogato oltre l’87% delle domande per prestiti interamente garantiti dal Fondo.

Il Ministero dello Sviluppo Economico e Mediocredito Centrale (MCC) segnalano che sono complessivamente 992.477 le richieste di garanzie pervenute al Fondo di Garanzia nel periodo dal 17 marzo al 18 agosto 2020 per richiedere le garanzie ai finanziamenti in favore di imprese, artigiani, autonomi e professionisti, per un importo complessivo di oltre 70,4 miliardi di euro. In particolare, le domande arrivate e relative alle misure introdotte con i decreti legge ‘Cura Italia’ e ‘Liquidità’ sono 987.448, pari ad un importo di circa 69,7 miliardi di euro. Di queste, oltre 834.833 sono riferite a finanziamenti fino a 30.000 euro, con percentuale di copertura al 100%, per un importo finanziato di circa 16,5 miliardi di euro che, secondo quanto previsto dalla norma, possono essere erogati senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del Gestore. Al 19 agosto sono state accolte 978.593 operazioni, di cui 973.892 ai sensi dei decreti legge ‘Cura Italia’ e Liquidità’.


 

Articolo 66
(Interventi di rafforzamento patrimoniale)

 

 

L’articolo 66 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a sottoscrivere aumenti di capitale e strumenti di patrimonializzazione di società controllate dallo Stato per un importo complessivo fino a 1,5 miliardi di euro per l’anno 2020.

 

L'articolo 66, al fine di sostenere programmi di sviluppo e rafforzamento patrimoniale, nel rispetto del quadro normativo dell’Unione europea e di settore, consente la sottoscrizione di aumenti di capitale e di strumenti di patrimonializzazione delle società soggette a controllo dello Stato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per un importo complessivo fino a 1,5 miliardi di euro in conto capitale per l’anno 2020.

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 114, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.

 

Le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, fra le quali rientrano le società partecipate dallo Stato, sono disciplinate dal Testo Unico approvato con il decreto legislativo n. 175 del 2016. Nel 2019 il MEF ha presentato un Rapporto sugli esiti della revisione straordinaria delle partecipazioni. Ulteriori dati sulle dimensioni del settore sono contenuti nella Relazione che la Corte dei conti ha presentato al Parlamento nel 2019. Le società partecipate pubbliche attive nel 2017 erano 6.310 (-4% rispetto al 2016) e impiegavano 847 mila addetti (+0,1% rispetto al 2016), come risulta dal Rapporto ISTAT di febbraio 2020. Con specifico riferimento alle società partecipate dal MEF, sia quotate che non quotate, i dati sulle partecipazioni dirette sono costantemente aggiornati e disponibili sul sito del Ministero.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al relativo tema web della Camera dei deputati.


 

Articolo 67
(Riassetto gruppo SACE)

 

 

L’articolo 67 dispone in ordine al riassetto del Gruppo SACE. Specificamente, il comma 2 prevede un previo accordo tra il Ministero dell'economia e delle finanze e Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A. Il riassetto è poi determinato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (MEF), da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), sottoposto alla registrazione della Corte dei conti. Il decreto determina il valore di trasferimento delle partecipazioni interessate ritenuto congruo dalle parti, ferme restando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del D.L. n. 23/2020. 

Il comma 4 prevede che il MEF possa avvalersi - per le attività previste dall’articolo in esame - della consulenza e assistenza di esperti di provata esperienza nel limite massimo di 75 mila euro per l’anno 2020.

Il comma 5 dispone che SACE S.p.A. consulti preventivamente il MEF e il MAECI anche sulle decisioni relative alla partecipata SIMEST S.p.A. (novella all’articolo 3, comma 2, lett. e) del D.L. n. 23/2020).

Quanto alle risorse finanziarie, il comma 1 prevede che una quota degli apporti in titoli di Stato assegnati alla costituzione del cd. Patrimonio Rilancio, di cui all’articolo 27, comma 17, del D.L. n. 34/2020, può essere destinata alla copertura di operazioni di trasferimento di partecipazioni azionarie conseguenti al riassetto del gruppo SACE; mentre il comma 3 dispone che all'onere in termini di fabbisogno derivante dal versamento del corrispettivo del trasferimento, cui si dà corso tramite titoli di Stato, anche appositamente emessi - nel limite massimo di 4.500 milioni per l'anno 2020 - si provvede ai sensi dell'articolo 114 del provvedimento in esame, che reca le disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge. Inoltre, vengono esentati da ogni imposizione fiscale, diretta e indiretta, e da tassazione tutti gli atti e le operazioni poste in essere per l'attuazione del dell’articolo in esame.

 

Segnatamente, l’articolo 67, comma 2, dispone che - previo accordo tra il Ministero dell'economia e delle finanze e Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A. - con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sottoposto alla registrazione della Corte dei conti, è determinato il riassetto del gruppo SACE.

Il decreto determina il valore di trasferimento delle partecipazioni interessate ritenuto congruo dalle parti, ferme restando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del D.L. n. 23/2020 cd. “Liquidità”, estensive delle competenze della Società e riformatrici della relativa governance societaria.

La disciplina sulla governance viene inoltre integrata dal comma 5. Il comma dispone che SACE S.p.A. consulti preventivamente il MEF e il MAECI anche sulle decisioni relative alla partecipata SIMEST S.p.A. A tal fine, il comma novella il citato articolo 3 del D.L. n. 23/2020 (integrandone il comma 2, lett. e)).

 

Gli articoli 2 e 3 del D.L. n. 23/2020:

­       prevedono un nuovo sistema di coassicurazione tra SACE e Stato sugli impegni derivanti dall'attività assicurativa della Società, finalizzato a rafforzarne il ruolo di supporto all’export e all’internazionalizzazione, e una nuova forma di operatività permanente di SACE a supporto della liquidità delle imprese (garantita dallo Stato) (articolo 2);

­       ridefiniscono la governance di SACE S.p.A., società attualmente partecipata al 100% da Cassa depositi e prestiti (CDP S.p.A), sottraendo la stessa dall’attività di direzione e coordinamento di CDP e prevedendo un’attività concertativa tra MEF e CDP circa l’esercizio da parte di CDP dei diritti derivanti dalla sua partecipazione in SACE. A sua volta il MEF, su talune attività, agisce di concerto con il MAECI.

Nel dettaglio, l’articolo 3 del D.L. dispone, al comma 1, che SACE S.p.A. concordi con CDP S.p.A. le strategie industriali e commerciali al fine di massimizzare le sinergie di gruppo e aumentare l'efficacia del sistema di sostegno all'export e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio dell'economia.

Il comma 2 prevede che CDP S.p.A. concordi preventivamente con il MEF, sentito il MAECI, l'esercizio dei diritti di voto derivanti dalla partecipazione in SACE S.p.A.; per le deliberazioni di nomina degli organi sociali, il MEF agisce di concerto con il MAECI (comma 2, lett. a)).

In merito alle altre operazioni di gestione della partecipazione in SACE, la Società CDP deve consultare preventivamente il MEF (comma 2, lett. b)).

Lo stesso comma sottrae SACE S.p.A. all'attività di direzione e coordinamento di CDP S.p.A. (comma 2, lett. c)), disponendo che la Società consulti preventivamente:

§  il MEF in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di rilancio degli investimenti, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti (comma 2, lett. d));

§  il MEF e il MAECI in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti (comma 2, lett. e)). Su tale aspetto, come detto, interviene l’articolo qui in esame che impone a SACE l’obbligo di consultazione anche sulle decisioni relative alla SIMEST S.p.A., società partecipata al 76% da SACE S.p.A.

Nella predisposizione del piano annuale di attività, SACE deve inoltre tenere conto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese assunte dalla cabina di regia co-presieduta dal MAECI e dal MISE (comma 2, lett. f).

Rimangono ferme le funzioni direttive esercitate dal MAECI nei confronti di SIMEST S.p.A., in ordine agli interventi della predetta Società ai sensi della sua normativa istitutiva (L. n. 100/1990).

La riforma della governance di SACE, per esplicita previsione normativa, è stata adottata in considerazione del ruolo strategico della Società per l'attuazione delle misure di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti. Si ricorda, in proposito, che lo schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese per far fronte all’emergenza economica determinata dalla pandemia e sostenerne la carenza di liquidità è incentrato, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, sul ruolo di SACE oltre che su quello del Fondo di garanzia delle PMI. Inoltre, SACE svolge ulteriori compiti straordinari di sostegno all’economia nell’attale crisi, ai sensi del D.L. n. 34/2020.

Per una ricostruzione analitica dell’assetto proprietario del gruppo, della governance, e dei compiti attribuiti alla società, si rinvia al Box infra.

 

Il comma 4 prevede che il MEF possa avvalersi - per le attività previste dall’articolo in esame - della consulenza e assistenza di esperti di provata esperienza nel limite massimo di 75.000 euro per l’anno 2020.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto - ai fini del bilancio triennale 2020-2022 – nel programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per il 2020 utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

La relazione illustrativa motiva l’intervento di riassetto in esame in ragione del ruolo svolto dal Gruppo SACE, e del conseguente legame che si è creato con il bilancio pubblico, evidenziando i significativi compiti assegnati al Gruppo nell’ambito della strategia di contrasto agli effetti economico-finanziari dell’emergenza da Covid-19 e di rilancio dell’economia, quali il ruolo centrale in relazione alle attività pubbliche di sostegno alla liquidità e al sostegno pubblico alle esportazioni e ai processi di internazionalizzazione delle imprese, nonché la funzione primaria all’interno dell’obiettivo di preservare gli scambi commerciali tra aziende.

 

Quanto alle risorse finanziarie, il comma 1 prevede che una quota degli apporti in titoli di Stato assegnati alla costituzione del cd. Patrimonio Rilancio, di cui all’articolo 27, comma 17, del D.L. n. 34/2020 può essere destinata alla copertura di operazioni di trasferimento di partecipazioni azionarie conseguenti al riassetto del gruppo SACE.

 

Il comma 3 dispone che all'onere in termini di fabbisogno derivante dal versamento del corrispettivo del trasferimento, cui si dà corso tramite titoli di Stato, anche appositamente emessi, - nel limite massimo di 4.500 milioni per l'anno 2020 - si provvede ai sensi dell'articolo 114, che reca le disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge.

Il comma inoltre esenta da ogni imposizione fiscale, diretta e indiretta, e da tassazione tutti gli atti e le operazioni poste in essere per l'attuazione del dell’articolo in esame.

 

L'articolo 27 del D.L. n. 34/2020 prevede che Cassa Depositi e Prestiti istituisca un Patrimonio destinato, denominato "Patrimonio Rilancio", con durata di dodici anni (è tuttavia possibile per CDP estenderne o ridurne la durata, su richiesta del MEF), per interventi di sostegno delle imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro (commi 1, 4 e 12). L'obiettivo esplicito è quello di realizzare, attraverso questo strumento, interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano colpito dall'emergenza Covid-19 (comma 1).

Al Patrimonio Rilancio sono apportati beni e rapporti giuridici dal Ministero dell'economia e delle finanze ed esso può essere articolato in comparti. Gli apporti sono effettuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (comma 2). Ai fini degli apporti, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi (comma 17). A fronte di tali apporti, sono emessi da CDP, a valere sul Patrimonio Destinato e in favore del MEF, strumenti finanziari di partecipazione la cui remunerazione è condizionata all'andamento economico del Patrimonio Destinato (comma 2).

Le risorse del Patrimonio Destinato sono impiegate, come detto, per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano, secondo le priorità definite, in relazione ai settori, alle filiere e agli obiettivi di politica industriale, nel Piano nazionale di riforma (PNR), in apposito capitolo dedicato alla programmazione economica.

Gli interventi del Patrimonio Destinato sono destinati a società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati, comprese quelle costituite in forma cooperativa, che abbiano un fatturato annuo superiore cinquanta milioni di euro, la sede legale in Italia e non operino nel settore bancario, finanziario o assicurativo (comma 4).

È rimessa ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello Sviluppo Economico la definizione dei requisiti di accesso, le condizioni, i criteri e modalità degli interventi. Lo schema di decreto è trasmesso al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si dovranno pronunciare entro quattordici giorni, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.

Il Patrimonio Destinato opera nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo temporaneo dell'UE sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da "Covid-19", ovvero a condizioni di mercato. I termini e le condizioni stabiliti dall'articolo per gli interventi possono essere integrati o modificati con decreto del MEF per adeguarli alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato via via applicabile.

 

SACE, già Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero, è stata trasformata in S.p.A. ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 269/2003, subentrando, a decorrere dal 1° gennaio 2004, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi in capo al predetto ente pubblico economico.

SACE è attualmente controllata da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. che ne detiene - ai sensi del processo di riassetto delle partecipazioni pubbliche previsto dall’articolo 23-bis del D.L. n. 95/2012 - il 100% delle partecipazioni (inizialmente possedute dal MEF).

A sua volta, SACE detiene il 76% delle partecipazioni nella SIMEST S.p.A - Società italiana per le imprese all’estero, con la quale agisce in sinergia nelle attività di sostegno all’esportazione e all’internazionalizzazione delle imprese.

SACE detiene inoltre il 100% delle azioni di SACE Fct, società per azioni operante nel factoring, costituita nell’anno 2009, iscritta all’albo degli intermediari finanziari e SACE BT S.p.A., costituita nel 2004 come società specializzata nell’assicurazione a breve termine (attività con dilazioni di pagamento fino a 12 mesi). Dal 2005, SACE BT ha esteso la propria operatività alle cauzioni e alla protezione dei rischi della costruzione mediante l’acquisizione di ASSEDILE (poi SACE Surety). SACE BT a sua volta detiene il 100% di SACE SRV, società a responsabilità limitata specializzata in servizi d’informazione commerciale e recupero crediti.

Sulla governance di SACE è recentemente intervenuto il Decreto-legge cd. liquidità, D.L. n. 23/2020, articolo 3. La riforma della governance, per esplicita previsione normativa, è stata adottata in considerazione del potenziamento (con il D.L. n. 23/2020 e il D.L. n. 34/2020) del ruolo strategico della Società nell'attuazione delle misure di sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti, anche nell’ambito della strategia di contrasto agli effetti economico-finanziari dell’emergenza da Covid-19.

Con la riforma, SACE è stata sottratta all’attività di direzione e coordinamento di CDP. In suo luogo, si prevede un’attività concertativa tra MEF e CDP circa l’esercizio da parte di CDP dei diritti derivanti dalla sua partecipazione in SACE. A sua volta il MEF, su talune attività (inerenti il sostegno all'internazionalizzazione delle imprese), agisce di concerto con il MAECI.

Come rilevato dalla Corte dei Conti, nell’ultima relazione sul controllo di gestione eseguito sulla Società (cfr. Delibera n. 5/2020 relativa all’anno 2018), i compiti legislativamente attribuiti a SACE sono plurimi.

In buona parte, sino ai recenti interventi, i compiti a essa riconosciuti sono stati essenzialmente quelli già attribuiti al preesistente ente pubblico economico, strumentali al progresso e al consolidamento della internazionalizzazione dell’economia italiana e dei suoi operatori.

SACE, infatti, svolge le funzioni di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 143/1998, e ss. mod. e integrazioni[14], che consistono nell'assicurazione, riassicurazione, coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nella loro attività con l'estero o di internazionalizzazione dell'economia italiana.

Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate da SACE anche a banche nazionali o estere per crediti da esse concessi ad operatori nazionali o alla controparte estera, destinati al finanziamento delle attività di internazionalizzazione, nonché per i crediti dalle stesse concessi a Stati e banche centrali destinati al rifinanziamento di debiti di tali Stati. Accordi di riassicurazione e di coassicurazione possono essere conclusi da SACE con enti o imprese italiani, autorizzati all’esercizio dell’attività assicurativa, nonché con enti od imprese esteri ed organismi internazionali [15].

La Società può anche acquisire partecipazioni in società italiane ed estere direttamente strumentali all’esercizio dell’attività assicurativa e di garanzia o per consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati, concordando l’esercizio coordinato di tale attività con la partecipata SIMEST S.p.A. - Società italiana per le imprese all’estero (cfr. art. 4, Statuto della Società). Le funzioni di SIMEST, ai sensi della Legge istitutiva n. 100/1990, sono appunto la partecipazione ad imprese e società all'estero promosse o partecipate da imprese italiane, ovvero da imprese aventi stabili organizzazioni in uno Stato dell’UE, controllate da imprese italiane, nonché la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di specifiche iniziative di investimento e/o di collaborazione commerciale ed industriale all’estero da parte di imprese italiane, con preferenza per le PMI, anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche. Si ricorda che, ai sensi della legge, il MAECI , sentita SACE, formula le linee direttrici per gli interventi della SIMEST S.p.a., con particolare riguardo ai settori economici, alle aree geografiche, alle priorità e ai limiti degli interventi, e ne verifica il rispetto.

Quanto alle ulteriori funzioni di SACE a supporto delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana, essa può intervenire, quale tramite della Capogruppo CDP, anche attraverso l’esercizio diretto del credito (art. 3, D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015)).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.L. n. 269/2003, come recentemente modificato dal recente “D.L. liquidità”, D.L. n. 23/2020, articolo 2, SACE S.p.A. favorisce l'internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l'economia italiana in termini di livelli occupazionali e ricadute per il sistema economico del Paese, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l'Italia. Con il D.L. cd. “Liquidità” (D.L. n. 23/2020, articolo 2), sono stati esplicitamente qualificati come strategici la filiera agricola nazionale, i settori del turismo e dell'agroalimentare italiano, il settore tessile, della moda e degli accessori, lo sviluppo di piattaforme per la vendita on line dei prodotti del made in Italy, le camere di commercio italiane all'estero, le fiere, i congressi e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare.

Gli impegni assicurativi assunti da SACE a sostegno dell’internazionalizzazione sono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio (il limite è distinto per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi). Nel rispetto di tali limiti e della disciplina europea, il MEF, di concerto con il MAECI, individua le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale.

Disposizioni normative successive al D.L. n. 269/2003 avevano già esteso l’ambito di applicazione delle garanzie dello Stato a favore di SACE (D.L. n. 91/2014 (conv. con modificazioni in L. n. 116/2014), legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015, articolo 1, comma 879) e Legge di bilancio 2018 (L. n. 205/2017, art. 1, comma 267). L’impianto normativo è stato significativamente riformato con l’articolo 2 del D.L. n. 23/2020, cd. “D.L. liquidità”. Il Decreto, intervenuto per far fronte al contesto economico congiunturale fortemente colpito dalla crisi pandemica, nel quadro di un generale potenziamento degli strumenti a supporto dell'export, ha introdotto un nuovo sistema di coassicurazione. A decorrere dal 1° gennaio 2021, gli impegni derivanti dall'attività assicurativa della Società sono assunti dallo Stato e da SACE S.p.A. in una proporzione pari, rispettivamente, al 90 e al 10 per cento. Si demanda alla legge di bilancio la definizione dei limiti cumulati all’assunzione di impegni da parte di SACE S.p.A. e Stato, sulla base del piano annuale di attività deliberato, su proposta di SACE, dal Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione e approvato dal CIPE. Al Comitato, istituito presso il MEF, è attribuito, tra l’altro, il compito di deliberare il sistema dei limiti di rischio (Risk Appetite Framework). I rapporti tra il MEF e SACE S.p.A. sono regolati con convenzione. Nello stato di previsione del MEF, a decorrere dall’anno 2020 è poi istituito un Fondo a copertura degli impegni assunti dallo Stato nel quale confluiscono anche le risorse già presenti sul Fondo già istituito nello stato di previsione del MEF, dal comma 9-bis dell’articolo 6, del D.L. n. 269/2003 nella sua formulazione vigente prima del D.L. liquidità. Il Fondo, gestito da SACE su indirizzo del MEF, è alimentato con i premi riscossi da SACE S.p.A. per conto del MEF, al netto delle commissioni trattenute dalla Società (articolo 2 che ha sostituito i commi da 9-bis a 9-quater e inserito gli ulteriori commi da 9-quinquies a 9-octies nell’articolo 6 del D.L. n. 269/2009).

Il D.L. n. 23/2020 ha assegnato a SACE, ulteriori significativi compiti. Viene introdotta una nuova forma di operatività con finalità di sostegno e rilancio dell’economia. In particolare, l’articolo 2 del decreto legge autorizza la Società a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa UE, garanzie in qualsiasi forma in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti in qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro. Sugli impegni assunti da SACE opera la garanzia statale (comma 1, lett. c)).

Inoltre, lo schema di garanzie straordinarie sulle operazioni di finanziamento delle imprese per far fronte all’emergenza economica determinata dalla pandemia e sostenerne la carenza di liquidità, è incentrato, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 23/2020, sul ruolo di SACE oltre che su quello del Fondo di garanzia delle PMI. Ai sensi dell’articolo 1, SACE S.p.A. è autorizzata concedere fino al 31 dicembre 2020 garanzie, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi del presente comma non superano l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro e sulle esposizioni assunte dalla Società opera la garanzia dello Stato.

Il successivo D.L. n. 34/2020, articolo 35 e articolo 31, comma 1, ha ulteriormente esteso le competenze di SACE a sostegno della liquidità delle imprese nell’attuale emergenza. Ai sensi dell’articolo 35, SACE è autorizzata a concedere garanzie in favore delle imprese di assicurazione del ramo credito in misura pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali a breve termine maturati fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo di 2.000 milioni di euro Sulle obbligazioni assunte dalla Società opera la garanzia statale.

Infine, si segnala il ruolo riconosciuto a SACE dal recente D.L. n. 76/2020 (cd. D.L. Semplificazioni”, articolo 64), in materia di rilascio delle garanzie per la realizzazione di progetti economicamente sostenibili nell’ambito del piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un green new deal italiano, previsto dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 85-100). Il rilascio delle garanzie è a titolo oneroso e nella misura massima dell'80 per cento dell’investimento. Le garanzie sono assunte da SACE S.p.A., nel limite di 2.500 milioni di euro per l'anno 2020 e, per gli anni successivi, nel limite di impegni fissato annualmente dalla legge di bilancio, conformemente ai termini e condizioni previsti da una apposita convenzione stipulata tra il MEF e SACE S.p.A. e approvata con delibera del CIPE.

Quanto alle ulteriori eterogenee funzioni già svolte da SACE, si ricorda come alla Società sia stato attribuito anche il compito di assicurare i rischi derivanti da mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, promuovendo la fattorizzazione o le anticipazioni dei crediti pro-soluto (art. 9, D.L. n. 185/2008 (L. n. 2/2009)).


 

Articolo 68
(Modifiche alla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine)

 

 

L’articolo 68 aumenta a 300.000 euro le somme o valori che gli investitori possono destinare annualmente ai piani di risparmio a lungo termine costituiti a decorrere da 1° gennaio 2020.

 

L'articolo in esame (comma 1) modifica l'articolo 1, comma 101 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), già modificato dall’articolo 136, comma 2, del decreto legge n. 34 del 2020, sostituendo integralmente l'ultimo periodo.

Si segnala che la norma appare indirizzata a sostituire gli ultimi due periodi dell'articolo 1, comma 101 della legge di bilancio 2017, piuttosto che solo l'ultimo.

 

L'articolo 136 del citato decreto n. 34 del 2020 ha modificato la disciplina dei piani di risparmio a lungo termine. La lettera a) del comma 2 ha reso meno stringenti i limiti alle somme che possono essere destinate ai piani di risparmio a lungo termine, portandoli da 30.000 a 150.000 euro annuali, fino a un massimo complessivo elevato da 150.000 euro a 1.500.000 di euro. La lettera b) ha stabilito che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020.

 

Per effetto della modifica in esame, fermi restando i limiti di 30.000 euro all'anno e di 150.000 euro complessivi per i vecchi piani, ai PIR 2020 gli investitori possono destinare somme o valori per un importo non superiore a 300.000 euro all’anno e a 1.500.000 euro complessivi. Tali limiti, elevati di 10 volte rispetto alla legislazione che aveva originariamente disciplinato i PIR, non si applicano (così come quelli previsti per gli strumenti emessi fino al 31 dicembre 2019) agli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria e alle forme pensionistiche complementari.

 

Il comma 2 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione della disposizione. In particolare la norma stabilisce che alle minori entrate derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 114 (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 


 

Articolo 69
(Locazioni passive delle Amministrazioni Pubbliche)

 

 

L’articolo 69 introduce alcune norme volte a regolamentare l’eventuale permanenza delle amministrazioni pubbliche negli immobili conferiti o trasferiti ai Fondi comuni di investimento immobiliare. A tal fine la disposizione prevede che l’Agenzia del demanio ha facoltà di prorogare, rinnovare o stipulare nuovi contratti di locazione sulla base delle condizioni contrattuali disciplinate da uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze. Inoltre, in caso di mancata sottoscrizione di nuovi contratti, laddove le amministrazioni permanessero negli immobili dei Fondi (in assenza di sedi alternative) l’indennità di occupazione è pari all’importo del canone fino a quel momento corrisposto.

 

In particolare, il comma 1 della disposizione in esame, aggiungendo due nuovi commi (2-sexies e 2-septies) all’articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001, introduce norme volte a garantire la permanenza delle amministrazioni pubbliche negli immobili conferiti o trasferiti ai Fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi del sopra citato articolo 4, anche in considerazione dell’eccezionale congiuntura economica connessa all’emergenza sanitaria nonché dei suoi effetti di alterazione dell’ordinario andamento del mercato immobiliare.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001 prevede, tra l’altro, che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più Fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Gli immobili in uso governativo, conferiti o trasferiti sono concessi in locazione all'Agenzia del demanio, che li assegna ai soggetti che li hanno in uso, per periodi di durata fino a nove anni rinnovabili, secondo i canoni e le altre condizioni fissate dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla base di parametri di mercato. L'Agenzia del demanio può assegnare i predetti immobili, laddove non necessari per soddisfare le esigenze istituzionali di amministrazioni statali agli enti pubblici anche territoriali, entro il 31 dicembre 2019 per il Fondo immobili pubblici (Fip) e il 31 dicembre 2020 per il Fondo Patrimonio Uno (Fpu).

In base a tale norma, sono stati apportati e trasferiti a Fip e a Fpu immobili di proprietà dello Stato e di alcuni enti previdenziali e assistenziali per un valore complessivo di circa 3,9 miliardi di euro. Attualmente le obbligazioni contrattualmente assunte a carico del Ministero afferenti tali operazioni sono gestite dal Dipartimento del tesoro del MEF. Gli immobili dei due compendi Fip e Fpu sono stati concessi in locazione all’Agenzia del Demanio, che riveste la qualifica di conduttore unico, e che provvede ad assegnarli alle amministrazioni per i loro fini istituzionali.

La Corte dei conti nella Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Agenzia del demanio per il 2018, trasmessa alle Camere il 2 luglio 2020, ha reso noto gli importi dei canoni corrisposti alle varie proprietà degli immobili Fip e Fpu:

I contratti di locazione passiva degli immobili Fip e Fpu scadranno rispettivamente il 29 dicembre 2022 e il 30 dicembre 2023.

Per una panoramica su tali Fondi immobiliari si consiglia la lettura della pagina web: Valorizzazione immobili pubblici e gestione adempimenti Fip, Fpu, Scip e Scci consultabile sul sito istituzionale del MEF.

 

Il nuovo comma 2-sexies, introdotto dal comma 1, stabilisce che, con riferimento ai contratti di locazione degli immobili conferiti ai Fondi comuni di investimento immobiliari, l’Agenzia del demanio ha facoltà di prorogare o rinnovare i contratti o stipularne di nuovi, sulla base di quanto previsto da uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 dicembre 2020.

 

Tali decreti disciplinano:

§  la decorrenza e la durata dei nuovi contratti;

§  i canoni di locazione, in ogni caso non superiori a quelli applicati alla data di entrata in vigore del presente comma, che dovranno essere definiti tenendo conto della normativa vigente (articolo 3, comma 8, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95) limitatamente alla durata residua del finanziamento originario, non rilevando eventuali proroghe dello stesso;

§  gli eventuali oneri, penali e maggiorazioni da riconoscere al locatore in caso di ritardata restituzione degli immobili per scioglimento o cessazione del contratto di locazione;

§  le ulteriori condizioni contrattuali.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, prevede che ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle amministrazioni centrali come individuate dall'Istituto nazionale di statistica nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1° luglio 2014 della misura del 15 per cento.  La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell'articolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del locatore. Tuttavia tali norme non trovano applicazione per i Fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, nonché per gli aventi causa da detti Fondi per il limite di durata del finanziamento degli stessi Fondi (comma 8).

 

Il nuovo comma 2-septies stabilisce che, in caso di mancata sottoscrizione di nuovi contratti, laddove le amministrazioni permanessero negli immobili dei Fondi (in assenza di sedi alternative) l’indennità di occupazione è pari all’importo del canone sino ad allora corrisposto.

In particolare, la norma dispone che in caso di mancata sottoscrizione dei contratti di cui al comma 2-sexies e di permanenza delle amministrazioni utilizzatrici, in mancanza di alternative, negli immobili per i quali si verifichi ogni ipotesi di scioglimento o cessazione degli effetti dei contratti di locazione previsti, è dovuta un’indennità di occupazione precaria pari al canone pro tempore vigente, senza applicazione di alcuna penale, onere o maggiorazione fatto salvo l’eventuale risarcimento del danno ulteriore provato dal locatore.

Rimane fermo, come previsto anche al comma 2-sexies, che i canoni di locazione devono essere definiti tenendo conto della non applicabilità della riduzione del 15% (articolo 3, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) limitatamente alla durata residua del finanziamento originario, non rilevando eventuali proroghe dello stesso.

Le disposizioni del comma in esame si inseriscono automaticamente nei contratti di locazione in corso, ai sensi dell’articolo 1339 del codice civile, anche in deroga ad ogni eventuale diversa pattuizione esistente e hanno efficacia per un periodo massimo di ventiquattro mesi a decorrere dallo scioglimento o dalla cessazione predetta. Nelle more dell’adozione dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 2-sexies, che devono disciplinare, tra l’altro, metodologie e criteri relativi agli indennizzi collegati ai contratti di locazione in essere, sono sospese le relative procedure.

 

Si ricorda che l’articolo 1339 del codice civile stabilisce che le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.

 

Il comma 2 stabilisce che per i medesimi fini previsti al comma 1 (ovvero assicurare continuità nell’operatività delle amministrazioni pubbliche correlata all’esigenza di permanere negli immobili), a decorrere dall’anno 2021, con la legge di bilancio possono essere definite le risorse da appostare nel bilancio dello Stato finalizzate all’acquisto di immobili aventi caratteristiche di strategicità, infungibilità ed esclusività, adibiti o da adibire ad uffici delle amministrazioni statali secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 222, stabilisce, tra l’altro, che a decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato (indicate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale: a) del loro fabbisogno di spazio allocativo; b) delle superfici da esse occupate non più necessarie. Le predette amministrazioni comunicano altresì all’Agenzia del demanio, entro il 30 settembre di ogni anno, le istruttorie da avviare nell'anno seguente per reperire immobili in locazione. L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica: a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai Fondi comuni d’investimento immobiliare di cui all’articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351; b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato che devono essere effettuate prioritariamente tra gli immobili di proprietà pubblica presenti sull'applicativo informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio; con la predetta consultazione si considerano assolti i relativi obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni; c) rilascia alle predette amministrazioni il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione ovvero al rinnovo di quelli in scadenza, ancorché sottoscritti dall'Agenzia del demanio. È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Il comma 3 stabilisce che l’Agenzia del demanio, in qualità di conduttore unico, nell’ambito degli indirizzi, criteri e risorse individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze, cura la definizione dei rapporti di locazione in corso e fornisce supporto ed assistenza tecnico-specialistica alle amministrazioni utilizzatrici dei predetti immobili nelle attività valutative, di analisi e scelta, oltre che delle condizioni economiche di mercato, della proposta complessivamente più conveniente volta all’acquisto ovvero alla locazione di immobili per finalità istituzionali. Tale attività viene svolta nell’ambito di un ristretto elenco di possibili soluzioni alternative individuate anche a seguito di una specifica ricerca ad evidenza pubblica curata dalle amministrazioni interessate.

La norma chiarisce che l’Agenzia svolge tale servizio di supporto contemperando le molteplici e motivate esigenze istituzionali, logistico, funzionali, di razionalizzazione e sociali di lungo periodo dell’amministrazione interessata.

In base ai risultati dell’attività svolta l’Agenzia del demanio rende specifico parere tecnico anche asseverando le specifiche esigenze dell’amministrazione richiedente e tenendo conto della natura giuridica del soggetto offerente.

Tali attività, svolte senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono essere fornite anche a richiesta delle amministrazioni pubbliche indicate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli enti previdenziali.

Nella relazione tecnica che accompagna il testo si evidenzia che l’attività di supporto alle amministrazioni prevista per l’Agenzia del demanio dal comma 3, in qualità di conduttore unico dei contratti di locazione, rientra tra le attività istituzionali della medesima Agenzia ed è quindi svolta con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 70
(Rinnovo degli inventari dei beni mobili dello Stato)

 

 

L’articolo 70 differisce di un anno, al 31 dicembre 2021, il termine di riferimento per il rinnovo degli inventari dei beni mobili dello Stato.

 

L’articolo 70 dispone che il rinnovo degli inventari dei beni mobili dello Stato, con riferimento al quinquennio in scadenza il 31 dicembre 2020, sia effettuato con riferimento alla situazione dei beni esistenti in uso al 31 dicembre 2021, tenuto conto della situazione emergenziale derivante dalla pandemia di Covid-19 e della necessità di alleggerire i carichi amministrativi delle amministrazioni statali anche mediante la dilazione degli adempimenti.

 

Il D.P.R. n. 254 del 2002, Regolamento concernente la gestione dei consegnatari e dei cassieri delle amministrazioni dello Stato, prevede all’articolo 17, comma 5, richiamato dalla disposizione in commento, che i consegnatari dei beni mobili provvedono almeno ogni 5 anni al rinnovo degli inventari, previa effettiva ricognizione dei beni, secondo le istruzioni emanate dalla Ragioneria generale dello Stato.

L’ultimo rinnovo inventariale dei beni mobili di proprietà dello Stato è stato effettuato, secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa del provvedimento, con riferimento alla situazione esistente al 31 dicembre 2015, in ottemperanza alla norma richiamata e alla circolare n. 26 del 2015 della Ragioneria generale. Il successivo quinquennio si compirebbe, pertanto, alla data del 31 dicembre 2020.

La norma in esame differisce al 31 dicembre 2021 il termine di riferimento per lo svolgimento delle operazioni amministrative e contabili connesse al rinnovo degli inventari dei beni mobili dello Stato – che presuppongono, in particolare, la ricognizione fisica dei singoli cespiti – in considerazione della situazione emergenziale dovuta al Covid-19.

La relazione governativa evidenzia che il differimento di un anno non incide sull’aggiornamento dei valori dei beni inventariati, in virtù del criterio dinamico dell’ammortamento, di regola attualmente applicato.


 

Articolo 71
(Modalità di svolgimento semplificate delle assemblee di società)

 

 

L’articolo 71, comma 1, chiarisce che alle assemblee delle società di capitali, cooperative e mutue assicuratrici si applicano le modalità di svolgimento semplificate previste dall'articolo 106 del decreto legge n. 18 del 2020. Il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce la possibilità per i Fondi di investimento alternativi (FIA) italiani riservati di prorogare il periodo di sottoscrizione per ulteriori 3 mesi, ai fini del completamento della raccolta del patrimonio.

 

Il comma 1 dell'articolo 71 stabilisce che alle assemblee delle società per azioni, delle società in accomandita per azioni, delle società a responsabilità limitata, delle società cooperative e delle mutue assicuratrici convocate entro il 15 ottobre 2020 continuano ad applicarsi le disposizioni dei commi da 2 a 6 dell’articolo 106 del decreto legge n. 18 del 2020.

Tale ultima disposizione ha stabilito norme applicabili alle assemblee sociali convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero, per espressa indicazione, entro la data, se successiva, fino alla quale sarebbe rimasto in vigore sul territorio nazionale lo stato di emergenza relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19 (comma 7). Il comma 2 dell'articolo 106 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In particolare, viene stabilito che le S.p.A., le società in accomandita per azioni (S.a.p.A.), le s.r.l. e le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che:

§  il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza;

§  l'intervento all'assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione;

§  l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto.

In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.

I commi 4 e 5 dell'articolo 106 mirano a incentivare un più ampio ricorso alle deleghe di voto per l'esercizio dei relativi diritti nell'assemblea delle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, ammesse alla negoziazione su sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Per effetto del comma 4, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

Il comma 6 dell'articolo 106 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. Viene tuttavia esclusa l'applicabilità del comma 5 dell'articolo 135-undecies del TUF, per cui viene esclusa la possibilità di esprimere un voto difforme rispetto alle istruzioni impartite dal delegante. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea. La possibilità di designare un rappresentante che raccolga un numero indefinito di deleghe viene prevista in deroga all’articolo 150-bis, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), ai sensi del quale lo statuto delle banche popolari determina il numero massimo (comunque non superiore a 20) di deleghe che possono essere conferite a un socio; all'articolo 135-duodecies del TUF, che esclude l'applicabilità alle società cooperative della disciplina sulle deleghe di voto; all’articolo 2539, primo comma, del codice civile, che, con riferimento alle banche di credito cooperativo stabilisce che ciascun socio può rappresentare fino a 10 soci, nonché alle disposizioni statutarie che prevedono un limite al numero di deleghe che possono essere conferite a un medesimo soggetto.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame stabilisce la possibilità per i Fondi di investimento alternativi (FIA) italiani riservati di prorogare il periodo di sottoscrizione per ulteriori 3 mesi, ai fini del completamento della raccolta del patrimonio. In particolare, per le citate tipologie di fondi, ai sensi dell’articolo 10, comma 4, del D.M. 5 marzo 2015 n. 30, le società di gestione del risparmio (SGR) possono usufruire, con il consenso unanime degli aderenti all’offerta del FIA, di una proroga del periodo di sottoscrizione fino ad ulteriori 3 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, fermo restando le disposizioni di cui al regolamento di gestione di ciascun fondo alternativo.

 

Si ricorda che con la direttiva 2011/61/UE, attuata nell'ordinamento nazionale per effetto del decreto legislativo n. 44 del 2014, sono state disciplinate le attività dei gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA). Tali fondi di investimento alternativi (FIA) sono organismi di investimento collettivo che raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli, in conformità di una politica di investimento predefinita, a beneficio degli stessi. Vengono definiti "alternativi" in quanto sono oggetto della disciplina tutti i fondi che non sono soggetti alla direttiva 2009/65/CE (e successive modifiche e integrazioni) sugli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM, in inglese undertakings for the collective investment in transferable securities - UCITS, acronimo con il quale viene identificata la relativa direttiva, modificata da ultimo dalla direttiva 2014/91/UE, cosiddetta "UCITS V"). I fondi "UCITS" sono caratterizzati da una disciplina armonizzata e da una quota significativa di investimenti facilmente liquidabili e da un livello di trasparenza sui valori degli attivi rafforzato (valori mobiliari). I FIA sono invece caratterizzati da una maggiore flessibilità rispetto agli attivi "eleggibili" nell'ambito della politica di investimento. Sostanzialmente si tratta dei fondi speculativi (hedge funds), dei fondi di private equity, di venture capital, immobiliari, di materie prime, infrastrutturali e altri tipi di fondi istituzionali.

Proprio in ragione della ridotta quota di valori mobiliari inclusi fra le attività, tali organismi assumono di norma la forma di fondi chiusi, caratterizzati da un numero fisso di quote di partecipazione e da diritti di rimborso dei partecipanti connessi a date predeterminate. Tali fondi sono pertanto contraddistinti da una scadenza di lungo periodo, in genere superiore ai 10 anni, e da un taglio minimo della quota generalmente superiore a quello degli altri fondi. Queste caratteristiche non impediscono lo scambio delle quote dei partecipanti sul mercato, tuttavia le oscillazioni del loro valore non incidono su quello del patrimonio del fondo stesso.

I fondi riservati sono fondi non armonizzati a cui partecipano solamente investitori qualificati (imprese di investimento, banche, SGR, fondi pensione, imprese di assicurazione, etc.). In ragione di tale limitazione, i fondi riservati sono caratterizzati da una maggiore flessibilità regolamentare e operativa rispetto ad altri fondi.


 

Articolo 72, commi 1 e 1-bis
(Sottoscrizione semplificata di contratti bancari e assicurativi)

 

 

L’articolo 72, comma 1, estende fino al 15 ottobre 2020 l'ambito temporale di applicazione delle norme relative alla sottoscrizione semplificata di contratti bancari, finanziari, assicurativi, nonché di collocamento dei Buoni fruttiferi postali dematerializzati, introdotte dai decreti n. 23 e n. 34 del 2020. Il comma 1-bis, introdotto in Senato, approvato in sede referente, dispone inoltre di che i Buoni postali fruttiferi il cui termine di prescrizione cade nel periodo di emergenza sono esigibili entro il 15 dicembre 2020.

 

L'articolo 4 del decreto legge n. 23 del 2020 e gli articoli 33 e 34 del decreto legge n. 34 del 2020 hanno introdotto una disciplina relativa alla sottoscrizione semplificata di contratti bancari e assicurativi, prevedendone l'applicabilità fino al 31 luglio 2020. L'articolo in esame estende fino al 15 ottobre 2020 l'ambito temporale di applicazione di tali norme.

 

L'articolo 4 del decreto legge n. 23 del 2020 ha stabilito una disciplina applicabile alla conclusione dei contratti relativi a operazioni e servizi bancari e finanziari (disciplinati dall'articolo 117 del decreto legislativo n. 385 del 1993, Testo unico bancario - TUB), dei contratti di credito (125-bis del TUB), dei contratti relativi a servizi di pagamento (126-quinquies del TUB) e dei contratti relativi al servizio di trasferimento tra i conti di pagamento detenuti nella stessa valuta (126-quinquiesdecies del TUB), ferme restando le previsioni sulle tecniche di conclusione dei contratti mediante strumenti informativi o telematici, i contratti, conclusi con la clientela al dettaglio come definita dalle disposizioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Con riferimento ai tali contratti, i quali devono essere redatti, a pena di nullità, in forma scritta, l'articolo in esame stabilisce che, gli stessi si intendono validamente conclusi se il cliente esprime il proprio consenso mediante comunicazione inviata dal proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, laddove risultino rispettate alcune specifiche condizioni.

 

In particolare, viene disposto che, durante lo stato di emergenza, risultino soddisfatti i requisiti di validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici previsti dall’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale), a condizione la comunicazione mediante la quale viene espresso il consenso sia:

§  accompagnata da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente;

§  faccia riferimento ad un contratto identificabile in modo certo,

§  sia conservata insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità.

 

Viene inoltre previsto che il requisito della consegna di copia del contratto sia soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole e che l’intermediario consegni la copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza. Si prevede, infine, che il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto possa essere utilizzato dal cliente per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge.

 

L'articolo 33 del decreto legge n. 34 del 2020 ha esteso tali previsioni alla conclusione di specifiche categorie di contratti legati all'attività finanziaria e assicurativa. Si tratta, in particolare, dei contratti relativi allo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, disciplinati dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF), dei contratti relativi all'adesione ad offerte al pubblico di prodotti finanziari, disciplinati dalle disposizioni di attuazione adottate ai sensi dell'articolo 95 del TUF, per gli strumenti finanziari comunitari e i prodotti finanziari diversi dalle quote o azioni di Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) aperti, e dell'articolo 98-quater per le quote o azioni di OICR aperti, nonché dei contratti di assicurazione disciplinati dall'articolo 1888 del codice civile e dell’articolo 165 del decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private - CAP).

 

L'articolo 34 del decreto legge n. 34 del 2020, infine, ha consentito, fino al 31 luglio 2020, la stipula per via telefonica dei contratti di collocamento dei Buoni fruttiferi postali dematerializzati, nel rispetto delle previsioni sulla comunicazione delle condizioni contrattuali e delle informazioni preliminari disposte dal Codice del consumo per la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.

Il comma 1-bis, introdotto in Senato, dispone inoltre l'inserimento del comma 1-bis, secondo cui sono esigibili entro il 15 dicembre 2020 i Buoni postali fruttiferi il cui termine di prescrizione cade nel periodo di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 e prorogato con successiva delibera del 29 luglio sino al 15 ottobre 2020.


 

Articolo 72, comma 1-ter
(Trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da cessione di crediti deteriorati)

 

 

Il comma 1-ter dell’articolo 72, introdotto al Senato, modifica la disciplina sulla trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate – DTA che derivano dalla cessione di crediti deteriorati, contenuta nel decreto-legge n. 34 del 2019, da ultimo novellato dal cd. decreto Cura Italia (decreto-legge n. 18 del 2020).

Le norme in esame, tra l’altro:

§  specificano che la trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate decorre dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti deteriorati;

§  viene chiarita la modalità di calcolo del valore nominale dei crediti ceduti, nel caso rapporti tra società non controllate;

§  si chiariscono le modalità di applicazione della disciplina in parola nel caso di consolidato nazionale, trasparenza fiscale e qualora le cessioni di crediti siano effettuate da società di persone;

§  vengono dettagliate le modalità per l’esercizio delle opzioni che condizionano la trasformazione in crediti di imposta delle DTA.

 

Le norme in esame apportano numerose modifiche all'articolo 44-bis del decreto-legge n. 34 del 2019, come da ultimo sostituito dall’articolo 55 decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il menzionato articolo 55 - nella sua formulazione vigente – consente di trasformare in credito d'imposta una quota di attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite a determinati componenti, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati ceduti a terzi. L'intervento permette alle imprese di anticipare l'utilizzo come crediti d'imposta di tali importi, di cui altrimenti usufruirebbero in anni successivi, determinando nell'immediato una riduzione del carico fiscale e favorendo la disponibilità di cassa.

Più in dettaglio l’articolo 55 stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti, essa può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) una quota di specifiche reddituali: le perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile, nonché l'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto, non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, tali componenti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. I crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

La disciplina delle DTA nell’ordinamento nazionale

 

Con l'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010 il legislatore ha consentito di trasformare in crediti di imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA) iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei.

L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, è stato previsto un meccanismo di conversione in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e pertanto concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.

Il richiamato articolo 2, commi 55 e seguenti del decreto-legge n. 225 del 2010 ha consentito, come anticipato, di trasformare in credito di imposta le attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.

Sul punto è intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR; l’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 e specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), nonché dal decreto-legge n. 59 del 2016 e dalla legge di bilancio (legge n. 145 del 2018).

Si ricorda che l’articolo 55 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha sostituito l’articolo 44-bis del decreto legge n. 34 del 2019 (recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi). Nella formulazione antecedente al decreto-legge n. 18 del 2020, la norma conteneva agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale compiute da società del Mezzogiorno, da cui risultassero una o più imprese aventi, a loro volta, sede legale nel Mezzogiorno: l’agevolazione consisteva nella possibilità di trasferire al soggetto derivante dall’aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito di imposta, a fronte del pagamento di un canone annuo determinato applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza tra le DTA e le imposte versate.

 

 

Il nuovo comma 1-ter dell’articolo 72 del provvedimento novella, alla lettera a), il comma 1 del nuovo articolo 44-bis.

In particolare, con una prima modifica si precisa che è possibile trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate - DTA relative a crediti deteriorati, se esse sono riferite all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né trasformato (in luogo di “fruito tramite”) in credito d’imposta alla data della cessione.

 

Viene inserito un nuovo periodo al comma 1 il quale specifica che, nel caso di crediti acquistati da società con le quali non sussiste un rapporto di controllo civilistico (ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile) o che non sono controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, il valore nominale è il valore di acquisto del credito.

Infine, le modifiche in esame chiariscono che la trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti e da tale momento decorrono gli effetti previsti ex lege per il cedente.

 

Viene inoltre precisata la menzionata disciplina degli effetti in favore del cedente.

A decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione per il cedente:

§  non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate (con le modifiche in commento, in luogo di computare quelle “trasformabili”) in credito d’imposta;

§  non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011 relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate (anche in tal caso, in luogo di “trasformabili”) in credito d’imposta.

 

La lettera b) del comma 1-ter introduce i commi da 1-bis a 1-quater nell’articolo 44-bis, volti a specificare la disciplina delle DTA, rispettivamente, nel caso di consolidato nazionale, nel regime di trasparenza fiscale e qualora le cessioni di crediti siano effettuate da società di persone.

 

In particolare, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 44-bis disciplina l’ipotesi di DTA da cessione di crediti deteriorati ove si opti per la tassazione di gruppo (cd. consolidato nazionale ai sensi dell’articolo 117 del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), da parte della società cedenti.

 

In estrema sintesi, il consolidato nazionale è una particolare regime di determinazione del reddito complessivo IRES per tutte le società partecipanti, rappresentato dalla somma algebrica delle singole basi imponibili che risultano dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. Le società che intendono adottare la tassazione consolidata di gruppo (articoli 117-129 TUIR) devono esercitare la specifica opzione che dura per un triennio ed è irrevocabile. Si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni.

In tale ipotesi (consolidato nazionale) rilevano prioritariamente, ai fini della trasformazione in credito d’imposta delle DTA, ove esistano:

§  le eccedenze del rendimento nozionale della società cedente e le perdite fiscali della stessa, relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo;

§  a seguire, le perdite complessivamente riportate a nuovo dal soggetto controllante ai sensi dell’articolo 118 TUIR.

Si chiarisce che a decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, per il soggetto controllante non sono computabili in diminuzione dell’imponibili le perdite relative alle DTA da crediti deteriorati complessivamente trasformate in credito d’imposta.

 

 

Il nuovo comma 1-ter disciplina le DTA da cessione di crediti deteriorati nel caso di opzione per la trasparenza fiscale, di cui all’articolo 115 TUIR.

 

Le società di capitali possono scegliere di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per “trasparenza”, adottando, cioè, lo stesso sistema previsto per le società di persone. Il regime di trasparenza è applicabile:

§  alle società di capitali partecipate da altre società di capitali (articolo 115 TUIR)

§  alle srl a ristretta base azionaria (articolo 116 TUIR).

Si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle Entrate.

 

In tal caso, se la cessione dei crediti è effettuata dalla società partecipata, rilevano prioritariamente, se esistenti:

§  le eccedenze del rendimento nozionale e le perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della trasparenza della società partecipata congiuntamente a quelle non attribuite ai soci ai sensi dell’articolo 115, comma 3, TUIR (secondo il quale le perdite della partecipata relative a periodi in cui è efficace l'opzione sono imputate ai soci in proporzione alle rispettive quote di partecipazione ed entro il limite della propria quota del patrimonio netto contabile della società partecipata; le perdite fiscali dei soci relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione per trasparenza non possono essere utilizzate per compensare i redditi imputati dalle società partecipate);

§  a seguire, le perdite fiscali attribuite ai soci partecipanti e non ancora computate in diminuzione dei loro redditi, avendo riguardo al valore dei crediti ceduti dalla società trasparente nella medesima proporzione di attribuzione delle perdite.

 

Anche in tale ipotesi, dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, per i soci partecipanti non sono computabili in diminuzione dell’imponibile imponibili le perdite, riportabili nei periodi di imposta successivi ai sensi dell’articolo 84 TUIR), relative alle DTA da crediti deteriorati complessivamente trasformate in credito d’imposta.

Inoltre, non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo che godono dell’ACE – aiuto alla crescita economica (di cui al l’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201) relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta.

 

L’articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 disciplina l’ACE- Aiuto alla crescita economica: tale agevolazione consiste nella possibilità di dedurre dal reddito imponibile netto un importo corrispondente al rendimento figurativo degli incrementi di capitale proprio. Abrogato dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1080 della legge n. 145 del 2018), l’ACE è nuovamente operativo per effetto della dalla Legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 287 della legge n. 160 del 2019), che per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio deducibile dal reddito stabilisce una aliquota percentuale all'1,3 per cento.

 

Il comma 4 del menzionato articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che la parte di rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato sia computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi; in alternativa, consente di fruire di un credito d'imposta, applicando alla suddetta eccedenza le aliquote delle imposte sui redditi stabilite dal TUIR (per IRPEF e IRES, di cui agli articoli 11 e 77 del TUIR medesimo). Tale credito d'imposta è utilizzato in diminuzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo. 

 

Si ricorda che il comma 3 dell’articolo 44-bis prevede la che trasformazione delle DTA sui crediti deteriorati in crediti d'imposta sia condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 59 del 2016: in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d’imposta (contenute nel citato decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina, mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge.

 

Per effetto delle modifiche in esame, nel caso di trasparenza fiscale tale opzione deve essere esercitata dalla società partecipata, nonché dai soci, qualora abbiano trasformato attività per imposte anticipate per crediti deteriorati in crediti d’imposta.

 

Il nuovo comma 1-quater dell’articolo 44-bis disciplina il caso di cessione dei crediti effettuata da società di persone.

In tale ipotesi, rilevano le perdite fiscali e le eccedenze del rendimento nozionale attribuite ai soci e non ancora computate in diminuzione dei loro redditi, avendo riguardo al valore dei crediti ceduti dalla società, nella medesima proporzione di attribuzione prevista dal TUIR per le società semplici (all’articolo 5: per cui i redditi sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili).

In analogia coi commi precedenti, dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, per i soci partecipanti non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite relative alle DTA complessivamente trasformate in credito d’imposta ai sensi delle norme in esame, non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze agevolabili mediante ACE relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate in credito d’imposta.

 

Si rileva che le norme in commento fanno riferimento alle perdite “di cui all’articolo 5” del TUIR; più precisamente il riparto delle perdite nelle società di persone è contenuto all’articolo 8, comma 2 TUIR, ai sensi del quale le perdite di tali enti si sottraggono per ciascun socio o associato nella medesima proporzione stabilita dall'articolo 5 (partecipazione agli utili).

 

Analogamente al comma precedente, l’opzione per il mantenimento delle precedenti DTA nell’ipotesi di specie deve essere esercitata dai soci che abbiano trasformato attività per imposte anticipate in crediti d’imposta ai sensi delle norme in esame.

 

La lettera c) del comma 1-ter dell’articolo 72 modifica l’articolo 44-bis, comma 2, specificando che i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione possono utilizzati in compensazione o chiesti a rimborso dalla data di efficacia giuridica della cessione.

 

La lettera d) del comma 1-ter modifica il comma 3 dell’articolo 44-bis, per chiarire che l’opzione per il mantenimento delle precedenti DTA (ai sensi del già menzionato articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016), è esercitata tramite la comunicazione di cui al punto 1 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 2 luglio 2016, ovvero comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.

 

Con una seconda modifica viene sostituito l’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 44-bis prevedendo che, ai fini dell’applicazione dell’opzione per il mantenimento delle precedenti DTA (citato articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016), nell’ammontare delle attività per imposte anticipate sono comprese anche le attività per imposte anticipate derivanti da cessioni di crediti deteriorati, già trasformate (in luogo di quelle trasformabili, come previsto dalla formulazione vigente) in crediti d’imposta ai sensi delle norme in esame.

 

Viene modificato infine (lettera e) del comma 1-ter) il comma 6 dell’articolo 44-bis, che nella formulazione vigente esclude l’applicazione della disciplina in esame alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

Con le modifiche in esame si precisa che le norme sulla trasformazione in crediti d’imposta delle DTA in proporzione ai crediti deteriorati possono essere applicate una sola volta con riferimento alla cessione dei medesimi crediti.


 

Articolo 72-bis
(Operazioni effettuate dal Gruppo Iva e nei confronti di esso)

 

 

L’articolo 72-bis, introdotto al Senato, stabilisce che, nel rispetto di specifiche condizioni relative all'ammontare delle detrazioni, le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un gruppo IVA da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, non partecipanti al medesimo gruppo IVA, sono esenti dall'applicazione dell'IVA, laddove il committente delle prestazioni sia un consorziato che partecipa al gruppo IVA. Tali norme vengono qualificate come disposizioni di interpretazione autentica ai sensi dello Statuto dei diritti del contribuente.

 

L’articolo in esame, introdotto al Senato, modifica la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), in particolare con riferimento alle operazioni effettuate dal Gruppo IVA e nei confronti di esso, regolate dall'articolo 70-quinquies del D.P.R. n. 633 del 1972 (D.P.R. IVA).

 

La disciplina del gruppo IVA

 

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) ha introdotto nel D.P.R. IVA il Titolo V-bis che disciplina il gruppo IVA, in recepimento dell’articolo 11 della direttiva n. 2006/112/CE (direttiva IVA), in base al quale gli Stati membri dell’Unione europea possono considerare come un unico soggetto passivo d’imposta le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

La costituzione del gruppo IVA determina, tra l'altro, le seguenti conseguenze:

- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra partecipanti del gruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA (articolo 70-quinquies, comma 1, del D.P.R. IVA);

- le operazioni effettuate da un soggetto passivo membro del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA (articolo 70-quinquies, comma 2);

- le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA (articolo 70-quinquies, comma 3).

Gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA sorgono direttamente in capo al gruppo IVA e sono, rispettivamente, adempiuti ed esercitati dal rappresentante di gruppo (articolo 70-quinquies, comma 4, del D.P.R. IVA).

La costituzione del gruppo IVA presuppone l'esistenza di un vincolo finanziario, costituito principalmente da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, che richiede alla controllante di disporre della maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria della società controllata. L'articolo 70-ter del D.P.R. IVA disciplina ulteriori ipotesi nelle quali si considera sussistente il vincolo finanziario, riconducibili alla partecipazione al medesimo Gruppo Bancario (comma 1-bis), a forme di cooperazione economica (comma 2) ovvero di coordinamento fra gli organi decisionali (comma 3).

L'articolo in esame inserisce nell'articolo 70-quinquies il nuovo comma 3-bis, secondo cui le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un gruppo IVA da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, non partecipanti al medesimo gruppo IVA, sono esenti dall'applicazione dell'IVA, laddove il committente delle prestazioni sia un consorziato che partecipa al gruppo IVA.

 

La norma richiama l'applicazione a tali operazioni, nel rispetto delle condizioni di seguito elencate, del regime disciplinato dall'articolo 10, comma 2 del D.P.R. IVA, ai sensi del quale sono esenti dall'imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all'articolo 19-bis del D.P.R. IVA, anche per effetto dell'opzione di cui all'articolo 36-bis, sia stata non superiore al 10 per cento, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse. Al riguardo, il nuovo comma 3-ter dell'articolo 70-quinquies stabilisce che, ai fini dell'esenzione, la verifica di tale condizione va effettuata sulla base della percentuale determinata:

a) in capo al consorziato, per ognuno degli anni antecedenti al primo anno di efficacia dell'opzione per la costituzione del gruppo IVA, compresi nel triennio di riferimento;

b) in capo al gruppo IVA, per ognuno degli anni di validità dell'opzione per la costituzione del gruppo medesimo, compresi nel triennio di riferimento.

 

Il comma 2 stabilisce che tali previsioni si qualificano come disposizioni di interpretazione autentica ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto dei diritti del contribuente), secondo cui l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando esplicitamente come tali le disposizioni di interpretazione autentica.


 

Articolo 73
(Rifinanziamento cashback)

 

 

L’articolo 73, modificato al Senato, incrementa la dotazione del fondo per il finanziamento delle misure premiali per l’utilizzo strumenti di pagamento elettronici (articolo 1, comma 290, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020)), di 2,2 milioni per l'anno 2020 e di 1 miliardo e 750 milioni di euro per l’anno 2021. Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, viene introdotto un nuovo termine entro il quale adottare le misure attuative per l'attribuzione del rimborso, specificando che le stesse dovranno essere emanate entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Viene inoltre previsto che il MEF utilizzi la piattaforma PagoPA e affidi a PagoPA S.p.A. i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso e a Consap le attività di attribuzione ed erogazione dei rimborsi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame modifica e integra le misure premiali per utilizzo strumenti di pagamento elettronici dalla legge di bilancio 2020.

 

L'articolo 1, comma 288 della legge di bilancio 2020 prevede che le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato che effettuano abitualmente - al di fuori di attività di impresa o esercizio di professione - acquisti con strumenti di pagamento elettronici hanno diritto ad un rimborso in denaro, "nei casi" (con integrazione disposta dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame), alle condizioni e sulla base dei criteri individuati dalle disposizioni attuative previste dal successivo comma 289.

Quest'ultimo viene integralmente sostituito dalla lettera b) del comma 1, prevedendo che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, emani uno o più decreti al fine di stabilire le condizioni e le modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 288, 289-bis e 289-ter, inclusi le forme di adesione volontaria e i criteri per l'attribuzione del rimborso, anche in relazione ai volumi ed alla frequenza degli acquisti, gli strumenti di pagamento elettronici e le attività rilevanti ai fini dell'attribuzione del rimborso, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 290 (dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020). Nel testo del decreto in vigore era stato pertanto eliminato il termine originariamente previsto (30 aprile 2020) entro il quale adottare le misure attuative per l'attribuzione del rimborso. Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, è stato invece introdotto un nuovo termine entro il quale adottare tali misure attuative, specificando che le stesse dovranno essere emanate entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

La lettera c) del comma 1 integra le norme in esame inserendo nell'articolo 1 della legge di bilancio 2020 i nuovi commi 289-bis e 289-ter.

Il comma 289-bis prevede che il MEF debba utilizzare la piattaforma PagoPA (articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 82 del 2005-Codice dell'amministrazione digitale), e affidare alla società PagoPA S.p.A. (articolo 8, comma 2, del decreto legge n. 135 del 2018), i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso di cui ai commi 288 e 289. Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 2,2 milioni per l’anno 2020, ed a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, sono a carico delle risorse finanziarie di cui al comma 290 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020.

L'articolo 5, comma 2 del Codice dell'amministrazione digitale ha previsto che la Presidenza del Consiglio dei ministri metta a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento. In attuazione di tale disposizione l'Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha realizzato il sistema pagoPA. Il decreto legge n. 135 del 2018 ha "trasferito" la gestione di pagoPA alla Presidenza del Consiglio disponendo inoltre (articolo 8, comma 2) la costituzione di una società per azioni interamente partecipata dallo Stato, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 175 del 2016, secondo criteri e modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nel giugno del 2019 è stata pertanto costituita la società PagoPA S.p.A. che, oltre a gestire l'omonima piattaforma, ha il più ampio obiettivo di diffondere i servizi digitali in Italia

 

Il comma 289-ter prevede che le attività di attribuzione ed erogazione dei rimborsi, nonché ogni altra attività strumentale e accessoria (ivi inclusa la gestione dei reclami e delle eventuali controversie) siano affidate dal MEF alla Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 1,5 milioni di euro annui per gli anni 2021 e 2022, sono anch'esse a carico delle risorse finanziarie di cui al già citato comma 290.

 

Il comma 2 dell'articolo 73 incrementa la dotazione del fondo per il finanziamento delle misure premiali in argomento, previsto dall’articolo 1, comma 290, della legge di bilancio 2020, di 2,2 milioni per l'anno 2020 e di 1 miliardo e 750 milioni di euro per l’anno 2021. Gli oneri per l’anno 2020 sono coperti ai sensi dell’articolo 114 del decreto in esame, alla cui scheda di lettura di fa rinvio.

Il comma 290 ha stanziato, in apposito fondo nello stato di previsione del MEF, 3 miliardi di euro per gli anni 2021 e 2022. L'importo può essere elevato in considerazione dell'emersione di base imponibile a seguito dell'applicazione della misura premiale. L'emersione è rilevata dalla Commissione chiamata a predisporre la "Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva" ai sensi dell'art. 10-bis.1 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) dedicato al monitoraggio dell'evasione fiscale e contributiva.

 


 

Articolo 74
(Incremento del fondo per l’acquisto di autoveicoli
a basse emissioni di Co2 g/km - Automotive)

 

 

L’articolo 74 rimodula il contributo, introdotto dal decreto-legge n. 34 del 2020, per l’acquisto di autoveicoli nuovi, elettrici e ibridi con emissioni fino a 60 g/km di CO2 nonché con emissioni di CO2 fino a 110 g/km, con o senza rottamazione. Si incrementano inoltre le risorse per il 2020 per l’incentivo, c.d. ecobonus, per l’acquisto di autoveicoli nuovi, nella misura complessiva di 400 milioni di euro, di cui 300 milioni riservati all’incentivo aggiuntivo per l’acquisto di autoveicoli nuovi, sia a basse che a maggiori emissioni di CO2, previsto dal DL 34/2020 e qui rimodulato, definendo altresì una specifica ripartizione di tale stanziamento tra i contributi concessi per le diverse categorie di veicoli; inoltre, le risorse già stanziate dal DL 34/3020 per tale incentivo, pari a 50 milioni di euro per il 2020, vengono riservate in via esclusiva a tale contributo (commi 1 e 2).

Si rinvia ad un provvedimento attuativo la disciplina dell’agevolazione fiscale sul trasferimento di proprietà dei veicoli, già prevista nel caso di acquisto di veicoli usati con rottamazione, fissando per questa un limite di spesa di 5 milioni di euro per il 2020.

L’ulteriore incentivo di 750 euro per le persone fisiche che rottamino un secondo veicolo di categoria M1 viene concesso solamente sotto forma di credito d’imposta, anziché di ulteriore sconto sul prezzo di vendita.

Il comma 3 istituisce poi un fondo di 90 milioni di euro per l’anno 2020, per l’erogazione di contributi per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici da parte di imprese e professionisti.

Si agevola infine (comma 4), l’acquisto o il noleggio da parte di pubbliche amministrazioni di veicoli ad alimentazione elettrica, ibrida o a idrogeno, eliminando i previgenti limiti di cilindrata.

 

Incentivi per l’acquisto di autoveicoli (comma 1)

In dettaglio, con il comma 1, lettere a) e b), si interviene sulle disposizioni dell’articolo 44, comma 1-bis, del DL 34/2020, che ha recentemente previsto un contributo ulteriore per l’acquisto di autoveicoli nuovi, estendendo l’originario incentivo, c.d. “ecobonus”, anche a categorie di veicoli maggiormente inquinanti rispetto a quelle elettriche ed ibride per le quali si applica l’ecobonus.

Si ricorda infatti che l’ecobonus è stato concesso dalla legge di bilancio 2019 fino al 2021, per i soli veicoli elettrici e ibridi.

Con le lettere a) e b) in commento, si modificano infatti le tabelle per la quantificazione del contributo ulteriore, in base ai livelli di inquinamento dei veicoli, suddividendo la precedente fascia unica da 61 a110 g/km CO2 in due sottofasce e aumentando il contributo per la sottofascia da 61 a 90 gr/Km di CO2 (per la previgente fascia unica da 61 a 110 gr/Km di CO2, i contributi erano di 1500 euro con rottamazione e di 750 euro senza rottamazione).

I nuovi importi dei contributi, previsti dall’articolo in commento, per l’acquisto dei veicoli, dal 1° agosto al 31 dicembre 2020, con o senza rottamazione e che si ricorda sono concessi a condizione che il venditore pratichi uno sconto di almeno 2.000 euro o di 1.000 euro (rispettivamente con e senza rottamazione), sono i seguenti:

 

emissioni di Co2 g/Km

Contributo con rottamazione (euro)

Contributo senza rottamazione (euro)

0-60

2.000

1.000

61-90

1.750

1.000

91-110

1.500

750

 

Si ricorda che per i veicoli elettrici ed ibridi, quindi gli autoveicoli della fascia di emissioni tra 0 e 60 gr/Km di CO2, tale contributo è cumulabile con l’ecobonus previsto dalla legge di bilancio 2019. Nella tabella seguente si riassumono i contributi attualmente vigenti, distinti per le varie fasce di inquinamento degli autoveicoli, dopo le modifiche apportate dal decreto in commento:

Contributo statale con rottamazione (in euro)

emissioni di Co2 g/Km

DL 104/20

Legge di bilancio 2019 (comma 1031)

Contributo totale statale

0-20

2.000

6.000

8.000

21-60

2.000

2.500

4.500

61-90

1.750

-

1.750

91-110

1.500

-

1.500

 

Contributo statale senza rottamazione (in euro)

emissioni di Co2 g/Km

DL 104/20

Legge di bilancio 2019 (comma 1031)

Contributo totale statale

0-20

1.000

4.000

5.000

21-60

1.000

1.500

2.500

61-90

1.000

-

1.000

91-110

750

-

750

 

Si ricorda che i contributi di cui al presente articolo, che come detto modifica l’articolo 44, comma 1-bis, del DL n. 34/2020, si riferiscono all’acquisto di autoveicoli nuovi con qualsiasi alimentazione, anche con emissioni superiori a 60 g/Km di CO2, purché di classe almeno Euro 6, sia con che senza rottamazione, e sono concessi a condizione che il venditore pratichi uno sconto di almeno 2000 euro nel caso di rottamazione e di 1.000 euro senza rottamazione; sono inoltre cumulabili, a condizione che si rispettino i requisiti di prezzo massimo del veicolo e le rispettive fasce di emissioni previste dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 44, con il precedente ecobonus, che come detto è fruibile per i soli veicoli elettrici e ibridi. Il contributo previsto dal decreto-legge n. 34 del 2020 è riconosciuto alle persone fisiche e giuridiche che acquistino in Italia dal 1o agosto 2020 al 31 dicembre 2020, anche in locazione finanziaria, un autoveicolo nuovo di categoria M1 (autovetture). Per quanto riguarda la rottamazione, è richiesta la contestuale rottamazione di un veicolo immatricolato in data anteriore al 1° gennaio 2010 o che nel periodo di vigenza dell'agevolazione superi i dieci anni di anzianità dalla data di immatricolazione. In base al comma 1-ter, possono fruire del nuovo bonus i veicoli con qualsiasi alimentazione di carburante, entro la soglia di emissioni inquinanti di 110 g/Km di CO2, che siano omologati in una classe non inferiore ad Euro 6 di ultima generazione e abbiano un prezzo inferiore a 40.000 euro, risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice, al netto dell'imposta sul valore aggiunto. Per i veicoli elettrici ed ibridi invece, con emissioni di CO2 comprese tra 0 e 60 g/km, il contributo ulteriore è riconosciuto per gli autoveicoli che abbiano un prezzo inferiore a quello previsto dal comma 1031 della legge di bilancio 2019, quindi inferiore a 50.000 euro, sempre al netto dell’Iva.

 

Con la lettera c) del comma 1 viene modificato il comma 1-sexies dell’articolo 44, che ha previsto per l’acquisto di veicoli usati omologati in una classe non inferiore a euro 6 o con emissioni di CO2 inferiori o uguali a 60 g/km, l’agevolazione del pagamento del 60 per cento degli oneri fiscali sul trasferimento del veicolo, per le persone fisiche che tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2020 rottamino un veicolo usato omologato nelle classi da euro 0 a euro 3. Tale disposizione viene integrata dalla lettera c) demandando ad un decreto MEF la sua attuazione e prevedendo un limite di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2020 per tale disposizione.

 

La lettera d) del comma 1, modifica il comma 1-septies dell’art. 44, che ha previsto un ulteriore incentivo di 750 euro per le persone fisiche che rottamino un secondo veicolo di categoria M1 (autovetture), da sommare ai 1.500 euro già attribuiti al primo veicolo, contestualmente all'acquisto di un veicolo con emissioni di CO2 comprese tra 0 e 110 g/km. La norma viene modificata prevedendo la sola possibilità di fruire di un credito di imposta, del valore di 750 euro, da destinare all’acquisto di mezzi di mobilità alternativa, eliminando pertanto la possibilità per il beneficiario di optare per lo sconto aggiuntivo di 750 euro. La norma è diretta, secondo la relazione al decreto, a favorire una semplificazione, attesa la complessità amministrativa della opzione dello sconto, precedentemente prevista; si specifica inoltre che il credito è concesso nel limite delle risorse disponibili, fissato in 5 milioni di euro per l’anno 2020.

Il credito di imposta rimane fruibile, in alternativa, entro tre annualità per l’acquisto di monopattini elettrici, biciclette elettriche o muscolari, abbonamenti al trasporto pubblico, servizi di mobilità elettrica in condivisione o sostenibile.

Si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per le modalità attuative, anche ai fini del rispetto del limite di spesa.

 

La lettera e) modifica il comma 1-octies, destinando le risorse per la concessione del contributo per l’acquisto di veicoli nuovi, di cui al comma 1-bis, pari a 50 milioni di euro per il 2020, all’attuazione delle sole misure dell’incentivo del comma 1-bis, anziché dei commi da 1-bis a 1-septies, ed elimina la previsione di un decreto attuativo per assicurare il rispetto del limite di spesa, non necessario in base alle modifiche dei precedenti commi 1-sexies e 1-septies, essendo operativa dal 1° agosto 2020, come evidenziato nella relazione al decreto, la piattaforma amministrativa per la richiesta del bonus.

Rifinanziamento del fondo per l’ecobonus e per i contributi all’acquisto dei veicoli nuovi e ripartizione dello stanziamento (comma 2)

Il comma 2, prevede un rifinanziamento Fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di cui all’articolo 1, comma 1041, della legge di bilancio 2019, per un importo pari a 400 milioni di euro per il 2020, di cui 300 milioni di euro vengono individuati come limite di spesa per l’esclusiva attuazione del comma 1-bis dell’articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificato dal presente articolo, individuando inoltre la seguente ripartizione delle risorse:

a) 50 milioni riservati per i contributi aggiuntivi all’acquisto di autoveicoli elettrici e ibridi (quelli compresi nelle fasce 0-20 g/km CO2 e 21-60 g/km Co2);

b) 150 milioni riservati per i contributi all’acquisto di autoveicoli compresi nella fascia 61-90 g/km CO2, acquistati a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto;

c) 100 milioni riservati per i contributi all’acquisto di autoveicoli maggiormente inquinanti, compresi nella fascia 91-110 g/km CO2, acquistati a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto.

I restanti 100 milioni rimangono quindi imputati all’ecobonus previsto dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 1031) a beneficio dei veicoli elettrici ed ibridi con emissioni fino a 60 g/Km di CO2.

La misura si pone pertanto a sostegno complessivo della domanda per la ripresa della domanda nel settore automobilistico, destinando la maggior parte delle ulteriori risorse stanziate (250 milioni su 300 milioni complessivi) all’acquisto di veicoli con livelli di emissioni più alte, pari o superiori a 61 g/Km di CO2, rispetto a quelle destinate ai veicoli elettrici o ibridi, pari a ulteriori 50 milioni di euro.

Si ricorda che il Fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di CO2 è stato istituito, dal comma 1041 della legge di bilancio 2019, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per provvedere all'erogazione del c.d. ecobonus previsto dal comma 1031 della stessa legge di bilancio 2019, per l’acquisto di autovetture nuove a basse emissioni.

Il Fondo aveva inizialmente una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, che costituiscono limite di spesa per la concessione del beneficio.

L'art. 12, comma 1 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (proroga termini) ha prorogato agli acquisti effettuati nell’anno 2020 il contributo, già riconosciuto per l’anno 2019 dall’articolo 1, comma 1057, per l’acquisto di motocicli, ciclomotori, tricicli e quadricicli elettrici o ibridi, previa rottamazione di un analogo veicolo inquinante assicurando la copertura finanziaria, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2020, a valere su questo Fondo che è stato corrispondentemente ridotto divenendo di importo pari a 62 milioni di euro

Il comma 1 dell’art. 44 del DL 34/2020, ha poi incrementato il Fondo di 100 milioni di euro per l’anno 2020 e di 200 milioni per il 2021.

Si ricorda inoltre che il comma 1-octies dell’art. 44 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha previsto un ulteriore incremento del Fondo di 50 milioni di euro destinati tuttavia a finanziare i contributi all’acquisto di veicoli nuovi previsto dall’articolo 44, comma 1-bis e seguenti (come già detto, a seguito delle modifiche introdotte dalla presente disposizione, le risorse sono state limitate al finanziamento dell’incentivo previsto dal comma 1-bis).

La dotazione del Fondo ammontava pertanto, dopo le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2020, a 212 milioni di euro per il 2020 ed a 270 milioni di euro per il 2021.

Lo stanziamento del Fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di CO2 per il 2020 ammonta attualmente complessivamente a 612 milioni di euro, che comprendono i fondi per le due tipologie di incentivi, l’iniziale ecobonus per veicoli elettrici ed ibridi ed il contributo aggiuntivo per i veicoli con emissioni da 61 fino a 110 gr/Co2, introdotto dal DL n. 34/2020 e qui rimodulato.


 

In dettaglio gli stanziamenti 2020 sono riassunti nella tabella seguente

 

 

Stanziamenti  2020 del
Fondo per i contributi per l’acquisto di veicoli nuovi
(in milioni di euro)

emissioni di Co2 g/Km

Legge di bilancio 2019 (comma 1041)

DL 34/2020

DL 104/20

0-60 (Ecobonus)

62

100

 

 

50

50 + 100

61-90
(contributo DL 34)

-

 

150

91-110
(contributo DL 34)

-

100

 

Incentivi per l’installazione di colonnine di ricarica (comma 3)

Il comma 3 istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un fondo, con una dotazione di 90 milioni di euro per l’anno 2020, per l’erogazione di contributi per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici effettuata da professionisti (persone fisiche nell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni), nonché da imprenditori, soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni saranno stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del contributo.

Il contributo non è cumulabile con altre agevolazioni previste per la medesima spesa.

 

Incentivo all’utilizzo di veicoli elettrici, ibridi o a idrogeno per le pubbliche amministrazioni (comma 4)

Il comma 4 dispone che nel caso di acquisto o noleggio da parte di pubbliche amministrazioni di veicoli ad alimentazione elettrica, ibrida o a idrogeno, non valgano i limiti di cilindrata, di 1600 cc, imposti alla categoria dei veicoli a motore a combustione interna in base all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, sempre nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria della norma, i cui oneri sono quantificati in 500 milioni di euro per l’anno 2020, ai quali si provvede ai sensi dell’articolo 114, alla cui scheda si rinvia per approfondimenti.


 

Articolo 74-bis
(Modifica al comma 1031 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in materia di incentivi per l'acquisto di
motoveicoli elettrici o ibridi)

 

 

L'articolo 74-bis introdotto al Senato - prevede, in via sperimentale, un incentivo economico per coloro che, entro il 31 dicembre 2021, installano un sistema di riqualificazione elettrica su alcune categorie di veicoli e procedono alla relativa omologazione del veicolo modificato.

 

In base a quanto previsto dalla proposta in questione, l'incentivo consiste in un duplice vantaggio:

-         il riconoscimento di un contributo pari al 60 per cento del costo sostenuto per la riqualificazione del veicolo fino ad un massimo di 3500 euro;

-         un contributo, sempre pari al 60 per cento, delle spese relative all'imposta di bollo per l'iscrizione al pubblico registro automobilistico (PRA), all'imposta di bollo e all'imposta provinciale di trascrizione.

La proposta in questione individua, inoltre, le categorie di veicoli che potranno beneficiare dei relativi contributi.

Si tratta dei veicoli delle categorie internazionali M1, M1G, M2, M2G, M3, M3G, N1 e N1G, immatricolati originariamente con motore termico ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 1° dicembre 2015, n. 219.

Nella proposta emendativa, quindi, si fa riferimento alle suddette categorie internazionali di veicoli.

Per quanto riguarda alcune delle categorie citate nella proposta (categoria M e categoria N), può giovare ricordare che, attualmente, il Codice della strada include, nelle categorie M ed N, i seguenti veicoli:

 - categoria M: veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote;

- categoria M1: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente;

- categoria M2: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima non superiore a 5 t;

- categoria M3: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima superiore a 5 t;

- categoria N: veicoli a motore destinati al trasporto di merci, aventi almeno quattro ruote;

- categoria N1: veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t.

 

Con riferimento agli attuali meccanismi incentivanti per la mobilità sostenibile, si rinvia per approfondimenti in merito agli autoveicoli (M1) al paragrafo: "Mobilità sostenibile: l'ecobonus e la micromobilità elettrica" e, con riferimento ai veicoli destinati al trasporto di persone di categoria M2 ed M3, al paragrafo "Le misure per la limitazione delle emissioni inquinanti nei trasporti ed il rinnovo dei mezzi del trasporto pubblico locale", sul portale della documentazione della Camera dei deputati. Per quanto riguarda, infine, gli interventi di sostegno al trasporto merci per il rinnovo del parco mezzi si rinvia al paragrafo "L'autotrasporto merci".

 

Si demanda - con l'obiettivo di velocizzare e rendere prioritarie le procedure di omologazione dei suddetti veicoli - ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti l'individuazione di modalità semplificate che prevedano anche il coinvolgimento delle officine autorizzate alla revisione delle autovetture.

 

Si dispone infine che agli oneri derivanti dall'attuazione dell’articolo in commento, nel limite di 3 milioni di euro per l'anno 2020 e 12 milioni di euro per l'anno 2021, si provveda a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 1041, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

 

 


 

Articolo 75, commi 1-3
(Operazioni di concentrazione a salvaguardia
della continuità d’impresa)

 

 

L’articolo 75, commi da 1 a 3, prevede che si intendono autorizzate in deroga alle procedure previste dalle norme a tutela della concorrenza e del mercato le operazioni di concentrazione di dimensione non comunitaria, che rispondono a rilevanti interessi generali dell’economia nazionale e riguardano imprese operanti in mercati caratterizzati dalla presenza di servizi ad alta intensità di manodopera ovvero di interesse economico generale che abbiano registrato perdite di bilancio negli ultimi tre esercizi e che, anche a causa degli effetti derivanti dall’emergenza sanitaria, potrebbero cessare le loro attività. Le imprese interessate sono soggette all'obbligo di comunicare preventivamente le operazioni di concentrazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale, entro 30 giorni dalla comunicazione, prescrive le misure ritenute necessarie a tutela della concorrenza e dell’utenza, tenuto anche conto della sostenibilità complessiva dell’operazione.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che, fermo restando quanto previsto dal comma 2, si intendono autorizzate in deroga alle procedure previste dalle norme a tutela della concorrenza e del mercato di cui alla legge n. 287 del 1990 le operazioni di concentrazione di dimensione non comunitaria, che:

ü rispondono a rilevanti interessi generali dell’economia nazionale;

ü e riguardano imprese operanti in mercati caratterizzati dalla presenza di:

·        servizi ad alta intensità di manodopera[16];

·        ovvero di interesse economico generale[17];

che abbiano registrato perdite di bilancio negli ultimi tre esercizi e che, anche a causa degli effetti derivanti dall’emergenza sanitaria, potrebbero cessare le loro attività.

 

Riguardo alle concentrazioni di dimensione non comunitaria, si ricorda che ai sensi del Regolamento (CE) n. 139/2004 (Regolamento comunitario sulle concentrazioni), una concentrazione ha una «dimensione comunitaria» se: il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è superiore a 5 miliardi di EUR; e il fatturato totale realizzato singolarmente nell’UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 250 milioni di EUR, a meno che ciascuna di tali imprese realizzi più di due terzi del proprio fatturato totale nell’UE all’interno di un unico paese dell’UE.

Anche se le soglie sopra riportate non sono raggiunte, si tratta di una concentrazione di dimensione comunitaria nel caso in cui: il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è superiore a 2,5 miliardi di EUR; in ciascuno di almeno tre paesi dell’UE, il fatturato totale realizzato da tutte le imprese interessate è superiore a 100 milioni di EUR; in ciascuno di almeno tre paesi dell’UE, il fatturato totale realizzato singolarmente da almeno due delle imprese interessate è superiore a 25 milioni di EUR; il fatturato totale realizzato singolarmente nell’UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 100 milioni di EUR, a meno che ciascuna delle imprese di cui sopra realizzi più di due terzi del proprio fatturato totale nell’UE all’interno di un unico paese dell’UE.

 

Resta fermo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della L. n. 287/1990.

 

L'art. 2 della L. 287/1990 ha definito quali intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. Esso ha quindi vietato le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali; impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico; ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi. Le intese vietate sono nulle ad ogni effetto.

L'art. 3 ha vietato l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori; applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi.

 

Ai sensi del comma 2, le imprese devono preventivamente comunicare le operazioni di concentrazione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, unitamente alla proposta di misure comportamentali idonee a prevenire il rischio di imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali gravose per gli utenti in conseguenza dell’operazione.

L’Autorità, con propria deliberazione adottata entro 30 giorni dalla comunicazione, sentito il parere del MISE e dell’Autorità di regolamentazione del settore, prescrive le suddette misure con le modificazioni e integrazioni ritenute necessarie a tutela della concorrenza e dell’utenza, tenuto anche conto della sostenibilità complessiva dell’operazione. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni previste dall’articolo 19 della L. n. 287/1990.

 

Il comma 3 prevede che le disposizioni sopra descritte si applicano alle operazioni di concentrazione comunicate entro la data del 31 dicembre 2020.


 

Articolo 75, comma 4
(Modifiche all’articolo 64-bis del
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58)

 

L’articolo 75, comma 4 reca modifiche alla disciplina degli assetti proprietari delle società di gestione dei mercati regolamentati. In particolare, viene estesa la disciplina degli obblighi di comunicazione preventiva alla Consob in relazione all'acquisto di partecipazioni in una società di gestione di mercati regolamentati, identificando determinate soglia del capitale detenuto segnaletiche di una influenza significativa sugli assetti proprietari del gestore del mercato: 10, 20, 30 o 50 per cento. Con riferimento all'acquisizione del controllo, viene specificato tale situazione sussiste nei casi previsti dall’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile e vengono individuate una serie di situazioni nelle quali il controllo si presume esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria. Vengono inoltre specificati gli elementi di valutazione ai fini dell'esercizio del potere di opposizione. In caso di mancata comunicazione, nonché di esercizio del potere di opposizione, non possono essere esercitati, nell'assemblea del gestore del mercato, i diritti di voto inerenti alle azioni eccedenti le suddette soglie, o alla partecipazione acquisita in violazione dei commi 4 e 5, e gli altri diritti che consentono di influire sul gestore del mercato.

 

L'articolo 64-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF) disciplina gli obblighi riguardanti le persone che esercitano un’influenza significativa sulla gestione del mercato regolamentato.

In particolare, il comma 1 impone alle persone che sono nella posizione di esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza significativa sulla gestione del mercato regolamentato di rispettare i requisiti di onorabilità determinati con regolamento dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Consob e la Banca d’Italia. Il comma 2 stabilisce, a carico del soggetto acquirente, l'obbligo di comunicare entro ventiquattro ore al gestore del mercato regolamentato gli acquisti di partecipazioni nel capitale del gestore stesso, nonché le successive variazioni, effettuati direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società controllate, di società fiduciarie o per interposta persona. Nel caso in cui l’acquisto determini la possibilità di esercitare un’influenza significativa, l’acquirente deve, altresì, trasmettere al gestore del mercato regolamentato, la documentazione attestante il possesso dei suddetti requisiti di onorabilità. Le società di gestione dei mercati regolamentati, ai sensi del comma 3, trasmettono alla Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e rendono pubbliche le informazioni sui relativi assetti proprietari, e in particolare l’identità delle parti che sono in grado di esercitare un’influenza significativa sulla sua gestione e l’entità dei loro interessi. I gestori dei mercati comunicano, inoltre, alla Consob e rendono pubblico qualsiasi trasferimento di proprietà che determini un cambiamento dell’identità delle persone che esercitano un’influenza significativa sul funzionamento del mercato regolamentato.

 

I commi 4 e seguenti, oggetto di modifica da parte delle norme in esame, stabiliscono specifici obblighi di comunicazione preventiva alla Consob in relazione agli acquisiti di partecipazioni nel capitale del gestore del mercato, funzionali all'esercizio da parte della stessa Consob del potere di opposizione a tali acquisti.

 

In particolare, il comma 4 viene integralmente sostituito dalla lettera a) del comma in esame, prevedendo la comunicazione preventiva alla Consob a carico di chiunque, a qualsiasi titolo, intenda acquisire o cedere, direttamente o indirettamente:

a) una partecipazione nel capitale del gestore del mercato o nel soggetto che, anche indirettamente, lo controlla, in misura tale che la quota dei diritti di voto o del capitale detenuta raggiunga o superi, in aumento o in diminuzione, il 10, 20, 30 o 50 per cento;

b) il controllo del gestore del mercato.

Viene dunque estesa la disciplina degli obblighi di comunicazione che non riguardano più esclusivamente l'acquisto di una partecipazione di controllo, come previsto dalla formulazione previgente del comma 4, ma sono associati a determinate soglia del capitale detenuto segnaletiche di una influenza significativa sugli assetti proprietari del gestore del mercato.

Inoltre, con riferimento all'acquisizione del controllo, viene specificato tale situazione sussiste nei casi previsti dall’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile.

Ai sensi di tali disposizioni, sono considerate società controllate:

1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Il nuovo comma 4-bis dell'articolo 64-bis, inserito nel TUF dalla lettera b) del comma in esame, richiama, facendo riferimento all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) una serie di situazioni nelle quali il controllo si presume esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria:

1) esistenza di un soggetto che, sulla base di accordi con altri soci, ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri dell’organo di amministrazione;

2) possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri dell’organo di amministrazione;

3) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario ed organizzativo idonei a conseguire uno dei seguenti effetti:

a) la trasmissione degli utili o delle perdite;

b) il coordinamento della gestione del gestore del mercato con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune;

c) l’attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle partecipazioni possedute;

d) l’attribuzione, a soggetti diversi da quelli legittimati in base alla titolarità delle partecipazioni, di poteri nella scelta dei membri dell’organo amministrativo o dei dirigenti delle imprese;

4) assoggettamento a direzione comune, in base alla composizione degli organi amministrativi o per altri concordanti elementi.”

 

Il comma 5 dell'articolo 64-bis del TUF, come modificato dalla lettera c) del comma in esame, prevede che entro 90 giorni dalla comunicazione prevista dal precedente comma 4, la Consob possa opporsi all’acquisizione della partecipazione di cui al comma 4, oltre che ai cambiamenti negli assetti di controllo, quando vi siano ragioni obiettive e dimostrabili per ritenere che venga messa a repentaglio la gestione sana e prudente del mercato, valutando tra l’altro la qualità del potenziale acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione in base ai seguenti criteri  (ove applicabili), elencati dall'articolo 15, comma 2 del TUF:

a) la reputazione del potenziale acquirente;

b) l’idoneità da parte di coloro che in esito alla prevista acquisizione svolgeranno funzioni di amministrazione, direzione e controllo;

c) la solidità finanziaria del potenziale acquirente;

d) la capacità del gestore del mercato di rispettare a seguito dell’acquisizione le disposizioni che ne regolano l’attività;

e) l’idoneità della struttura del gruppo del potenziale acquirente a consentire l’esercizio efficace della vigilanza;

f) l’assenza di fondato sospetto che l’acquisizione sia connessa con operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

 

La lettera d) del comma in esame modifica il comma 7 dell'articolo 64-bis del TUF, che stabilisce, tra l'altro, le conseguenze della mancata comunicazione prevista dal comma 4, nonché dell'esercizio del potere di opposizione ai sensi del comma 5. In tali casi, ai sensi delle disposizioni come modificate dal comma in esame, non possono essere esercitati, nell'assemblea del gestore del mercato, i diritti di voto inerenti alle azioni eccedenti le soglie individuate ai sensi del comma 4, o alla partecipazione acquisita in violazione dei commi 4 e 5, e gli altri diritti che consentono di influire sul gestore del mercato.

 


 

Articolo 76
(Sospensione scadenza titoli di credito)

 

 

L’articolo 76, non modificato nel corso dell’esame in Senato, dispone la sospensione fino al 31 agosto 2020 dei termini di scadenza, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito, nonché ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva.

 

Più nel dettaglio la disposizione modifica, in primo luogo (lettera a)), il comma 1 dell'art. 11 del decreto-legge n. 23 del 2020 (conv., con modificazioni, dalla legge n.40 del 2020).

 

Tale disposizione, nella formulazione vigente prima della entrata in vigore del decreto-legge in conversione, dispone, fermo restando quanto previsto ai commi 2 e 3, la sospensione dei termini di scadenza ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data, per lo stesso periodo. La sospensione opera a favore dei debitori e obbligati anche in via di regresso o di garanzia, salva la facoltà degli stessi di rinunciarvi espressamente.

 

L'articolo 76, in secondo luogo (lettera b)), riscrive il primo periodo del comma 2 dell'art. 11 prevedendo che:

§  gli assegni portati all’incasso non sono protestabili fino al 31 agosto;

§  le sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie di cui agli articoli 2 e 5 della legge 15 dicembre 1990, n. 386, e la penale, pari al dieci per cento della somma dovuta e non pagata di cui all’articolo 3 della citata legge 386 del 1990, si applicano in misura dimezzata se il traente, entro il 30 ottobre (entro sessanta giorni dalla data di scadenza del periodo di sospensione cioè il 31 agosto), effettua il pagamento dell'assegno, degli interessi, e delle eventuali spese per il protesto o per la constatazione equivalente.

 

Il comma 2 dell'art. 11, prima delle modifiche apportate dal decreto legge in esame, precisava che l’assegno presentato al pagamento durante il periodo di sospensione è pagabile nel giorno di presentazione. La sospensione di cui al comma 1 opera su:

a)      i termini per la presentazione al pagamento;

b)      i termini per la levata del protesto o delle constatazioni equivalenti;

c)      i termini previsti all’articolo 9, comma 2, lettere a) e b) (iscrizione del nominativo del traente da parte del trattario, in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per mancanza di autorizzazione o di provvista, nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari) della legge n. 386 del 1990, nonché all’articolo 9-bis, comma 2 (preavviso di revoca), della medesima legge n. 386 del 1990;

d)      il termine per il pagamento tardivo dell’assegno previsto dall’articolo 8, comma 1 (termine per il pagamento tardivo), della stessa legge n. 386 del 1990.

 

Il comma 3 dell'art. 11, non modificato dal decreto-legge in conversione, stabilisce che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle camere di commercio; ove già pubblicati le camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione. Con riferimento allo stesso periodo sono sospese le informative al Prefetto di cui all’articolo 8-bis, commi 1 e 2, della legge n. 386 del 1990 (procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative) e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari (articolo 10-bis della medesima legge n.386 del 1990), che, ove già effettuate, sono cancellate.

 

L'applicazione in misura dimezzata di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame si riferisce:

§  alle sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie di cui agli articoli 2 e 5 della legge n. 386 del 1990, recante "Nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari".

In particolare, l'art. 2 disciplina l'emissione di assegni senza provvista, prevedendo che chiunque emetta un assegno bancario o postale che, presentato in tempo utile, non viene pagato in tutto o in parte per difetto di provvista è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 (lire un milione) a euro 3.098 (lire sei milioni). Tuttavia, se l'importo dell'assegno è superiore a euro 10.329 (lire venti milioni) o nel caso di reiterazione delle violazioni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.032 (lire due milioni) a euro 6.197 (lire dodici milioni).

L'art. 5 - in materia di sanzioni amministrative accessorie - prevede che la violazione delle disposizioni di cui all'art. 1 della medesima legge n. 386, relative alla emissione di assegni senza autorizzazione, comporti il divieto di emettere assegni bancari e postali. La stessa sanzione amministrativa accessoria si applica in caso di violazione del suddetto art. 2, quando l'importo dell'assegno, ovvero di più assegni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di una programmazione unitaria, risulti superiore a euro 2.582 (lire cinque milioni).

Il medesimo art. 5 dispone altresì che - se l'importo dell'assegno o di più assegni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di una programmazione unitaria è superiore a euro 51.645 (lire cento milioni), ovvero risulta che il traente, nei cinque anni precedenti, ha commesso due o più violazioni delle disposizioni previste dagli articoli 1 e 2 per un importo superiore complessivamente a euro 10.329 (lire venti milioni), accertate con provvedimento esecutivo - l'emissione di assegno senza autorizzazione o senza provvista comporti anche l'applicazione di una o più delle seguenti sanzioni amministrative accessorie: a) interdizione dall'esercizio di un'attività professionale o imprenditoriale; b) interdizione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; c) incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

§  alla penale, pari al 10 per cento della somma dovuta e non pagata di cui all’articolo 3 della citata legge n. 386.

L'art. 3 dispone, infatti, che, nei casi previsti dall'art. 2 (emissione di assegni senza provvista), il mancato pagamento, anche solo parziale, dell'assegno bancario presentato in tempo utile obbliga l'emittente a corrispondere al prenditore o al giratario che agisce nei suoi confronti per il pagamento del titolo una penale pari al 10 per cento della somma dovuta e non pagata. Prevede, infine, che l'assegno bancario abbia gli effetti di titolo esecutivo anche per la somma rappresentante la penale.


 

Articolo 77, commi 1-2-bis e 3-4-bis
(Misure urgenti per il settore turistico)

 

 

L’articolo 77- modificato nel corso dell'esame al Senato - estende, alle medesime condizioni, alle strutture termali il credito d'imposta già riconosciuto dall'articolo 28 del cosiddetto decreto "Rilancio" alle strutture alberghiere e agrituristiche, alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator. Inoltre, tale credito d'imposta deve ora essere commisurato all'importo versato nel periodo d'imposta 2020 con riferimento anche al mese di giugno, oltre a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio, mentre per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale il periodo da prendere in considerazione deve ora comprendere, oltre a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno, anche il mese di luglio.

Inoltre, l'operatività del fondo istituito per il 2020 nello stato di previsione del MIBACT al fine di sostenere le agenzie di viaggio e i tour operator è estesa alle guide e agli accompagnatori turistici e la dotazione dello stesso è incrementata da 25 a 265 milioni di euro. Infine si proroga sino al 31 marzo 2021, limitatamente alle imprese del comparto turistico, la moratoria straordinaria prevista dal decreto "Cura Italia" per la parte concernente il pagamento delle rate dei mutui in scadenza prima del 30 settembre 2020.

Con le modificazioni accolte dal Senato:

- si interviene sulla disciplina relativa alla misura e alla durata del credito d'imposta relativo all'affitto d'azienda per le strutture turistico-ricettive;

- si specifica la definizione delle imprese del comparto turistico per le quali ha effetto la proroga della moratoria straordinaria per la parte concernente il pagamento delle rate dei mutui in scadenza prima del 30 settembre 2020;

- si riduce, per finalità di copertura degli oneri relativi, per il 2020 la dotazione del fondo per far fronte ad esigenze indifferibili;

- si modificano le modalità di pagamento del servizio, relativamente alle condizioni per fruire del credito in favore dei nuclei familiari con ISEE non superiore a 40.000 euro, utilizzabile per il pagamento di servizi offerti in ambito nazionale dalle imprese turistico ricettive, nonché dagli agriturismi e dai bed & breakfast;

- si modificano i requisiti formali per l'operatività sul conto corrente dedicato sul quale accreditare i finanziamenti per la liquidità delle imprese previsti dal D.L. 23/2020.

 

Il comma 1 novella alcuni articoli del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020).

La lettera 0a) - inserita nel corso dell'esame al Senato - novella l'articolo 28, comma 2.

Essa introduce la nuova disposizione per cui per le strutture turistico ricettive, il credito d'imposta relativo all'affitto d'azienda è determinato nella misura del 50 per cento. Qualora in relazione alla medesima struttura turistico ricettiva siano stipulati due contratti distinti, uno relativo alla locazione dell'immobile uno relativo all'affitto dell'azienda, il credito d'imposta spetta per entrambi i contratti.

La lettera a) modifica l’articolo 28, comma 3.

 

L'articolo 28 ha attribuito ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 34/2020 un credito d'imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell'attività di lavoro autonomo.

 

Con la modifica al comma 3, l'attribuzione del credito di imposta è estesa, indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d'imposta precedente, anche alle strutture termali oltre a quelle alberghiere e agrituristiche, alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator.

La lettera b) modifica l’articolo 28, comma 5.

Dal momento che il credito d'imposta previsto dall'articolo 28 è commisurato all'importo versato nel periodo d'imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio, con la novella in questione si stabilisce che il periodo da prendere in considerazione per la determinazione dell'agevolazione comprende anche il mese di giugno mentre per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale il periodo da prendere in considerazione comprende, oltre a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno, anche il mese di luglio.

 

La lettera b-bis) - inserita nel corso dell'esame al Senato - novella ulteriormente l’articolo 28, comma 5, introducendovi la previsione per cui, per le imprese turistico ricettive, il credito d'imposta spetta sino al 31 dicembre 2020.

 

La lettera b-ter) - inserita nel corso dell'esame al Senato - novella l'articolo 176, comma 3.

 

L'articolo 176, al co. 1, ha riconosciuto per il periodo d'imposta 2020 un credito in favore dei nuclei familiari con ISEE in corso di validità, ordinario o corrente ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013 n. 159, non superiore a 40.000 euro, utilizzabile, dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, per il pagamento di servizi offerti in ambito nazionale dalle imprese turistico ricettive, nonché dagli agriturismi e dai bed & breakfast in possesso dei titoli prescritti dalla normativa nazionale e regionale per l'esercizio dell'attività turistico ricettiva.

Il co. 3 ha riconosciuto il credito alle seguenti condizioni, prescritte a pena di decadenza: a) le spese debbono essere sostenute in un'unica soluzione in relazione ai servizi resi da una singola impresa turistico ricettiva, da un singolo agriturismo o da un singolo bed & breakfast; b) il totale del corrispettivo deve essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, nel quale è indicato il codice fiscale del soggetto che intende fruire del credito; c) il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l'ausilio, l'intervento o l'intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.

 

La novella che qui si propone - nel sostituire la lettera c) sopra riportata - introduce la disposizione di segno contrario per cui il pagamento del servizio può essere corrisposto con l'ausilio, l'intervento o l'intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici nonché di agenzie di viaggio e tour operator.

 

La lettera c) modifica l’articolo 182, comma 1.

L'articolo in questione ha istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un fondo con una dotazione di 25 milioni di euro per il 2020 al fine di sostenere le agenzie di viaggio e i tour operator a seguito delle misure di contenimento del COVID-19.

Con la novella in esame le finalità di sostegno del fondo sono estese anche alle guide e agli accompagnatori turistici e la dotazione dello stesso è incrementata da 25 a 265 milioni di euro.

 

Il comma 2 proroga sino al 31 marzo 2021, limitatamente alle imprese del comparto turistico, la moratoria straordinaria prevista dall’articolo 56, comma 2, lettera c), del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), per la parte concernente il pagamento delle rate dei mutui in scadenza prima del 30 settembre 2020.

Una modificazione approvata dal Senato precisa che le imprese turistiche sono quelle individuate dall'articolo 61, comma 2, lettere a), l), m), r), del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

Esse sono:

- le imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e turismo e tour operator (lettera a));

- le aziende termali di cui alla L. n. 323/2000, e centri per il benessere fisico (lettera l));

- i soggetti che gestiscono parchi di divertimento o parchi tematici (lettera m));

- i soggetti che svolgono attività di guida e assistenza turistica (lettera r)).

 

La disposizione sopra richiamata ha previsto, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese aventi sede in Italia, che per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l'assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle Imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.

 

Per le predette finalità il comma in esame incrementa di 8,4 milioni di euro per il 2021 la dotazione della sezione speciale del Fondo di garanzia PMI istituita dallo stesso articolo 56, comma 6, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020).

Il comma 2-bis - inserito nel corso dell'esame al Senato - novella l'articolo 1-bis, comma 3, del D.L. 23/2020 (L. 40/2020).

La disposizione novellata ha previsto che l'operatività sul conto corrente dedicato sul quale saranno accreditati i finanziamenti per il sostegno alla liquidità delle imprese di cui all'articolo 1 del D.L. 23/2020, è condizionata all'indicazione, nella causale del pagamento, della locuzione: "Sostegno ai sensi del decreto-legge n. 23 del 2020".

La novella accolta dal Senato intende far sì che l'operatività sul conto corrente dedicato di accreditamento dei finanziamenti sia condizionata all'indicazione nella richiesta di utilizzo del finanziamento, del relativo codice unico identificativo del finanziamento, della garanzia e della già vista locuzione: "Sostegno ai sensi del decreto-legge n. 23 del 2020". Conseguentemente, il riferimento alla "causale del pagamento" è stato eliminato.

 

Il comma 3 subordina l’efficacia delle disposizioni sopra descritte all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE.

Il comma 4 rinvia all’articolo 114 del provvedimento in esame per la copertura dei relativi oneri, pari a 339,2 milioni di euro per il 2020 e a 8,4 milioni di euro per il 2021.

 

Il comma 4-bis - inserito nel corso dell'esame al Senato - reca le modalità di copertura degli oneri relativi all'articolo in commento, ai quali si provvede mediante riduzione delle risorse del fondo per far fronte ad esigenze indifferibili per un ammontare pari a 39,1 milioni di euro per l’anno 2020.

 

 


 

Articolo 77, comma 2-ter
(Fondi di incentivazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

Specifica che gli incrementi dei fondi di incentivazione previsti per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco siano da intendersi al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione.

 

Questo comma aggiuntivo - introdotto dal Senato - novella l'articolo 20, comma 11 del decreto-legge n. 76 del 2020, onde specificare che gli incrementi dei fondi di incentivazione previsti per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono da intendersi al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione.

 

Il comma 11 dell'articolo 20 ("Disposizioni concernenti il Corpo nazionale dei vigili del fuoco") del decreto-legge n. 76 del 2020 ("Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale") prevede la destinazione ai fondi di incentivazione del personale, per le medesime finalità di cui ai commi 4 (fondi di amministrazione del personale non direttivo e non dirigente), 7 (fondo per la retribuzione di rischio e posizione e di risultato del personale dirigente di livello non generale), 8 (fondo per la retribuzione di rischio e posizione e di risultato del personale dirigente di livello generale) e 9 (fondo di produttività del personale direttivo), delle risorse indicate in un apposito Allegato B.


 

Articolo 78
(Esenzioni IMU per turismo e spettacolo)

 

 

L’articolo 78 prevede l’esenzione dal pagamento della seconda rata dell'imposta municipale propria (IMU) per alcune categorie di immobili, quali gli stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, gli stabilimenti termali, alberghi, pensioni e immobili destinati alle attività turistiche, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate. La norma riconosce la stessa agevolazione anche per gli immobili utilizzati per eventi fieristici o manifestazioni, nonché per quelli destinati a spettacoli cinematografici e teatrali e a discoteche e sale da ballo.

Nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che l'esenzione della seconda rata IMU per le pertinenze delle strutture ricettive (categoria D/2) si applica anche alla prima rata esentata per effetto dell'articolo 177 del D.L. n. 34/2020.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, in considerazione degli effetti connessi all'emergenza sanitaria, per l'anno 2020 non è dovuta la seconda rata dell'imposta municipale propria (IMU) per alcune tipologie di immobili.

 

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 hanno riformato l'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L'aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell'ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

In particolare, il comma 772 dispone, relativamente agli immobili strumentali, la deducibilità dell'IMU dal reddito di impresa e dal reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni, diversamente da quanto accade per l'IRAP, imposta rispetto alla quale il tributo locale risulta, invece, indeducibile. In via transitoria, il comma 773, stabilisce che la deduzione si applica nella misura del 60 per cento per gli anni 2020 e 2021 (ovvero per i periodi d'imposta successivi a quello in corso, rispettivamente, al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020), mentre l'intera deducibilità dell'IMU, dell'IMI e dell'IMIS ha effetto a decorrere dal 2022, ovvero dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

 

Si tratta in particolare di:

§  immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonché immobili degli stabilimenti termali;

§  immobili rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con fine di lucro) e relative pertinenze, immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate;

§  immobili rientranti nella categoria catastale D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;

§  immobili rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate;

§  immobili destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che l'esenzione della seconda rata IMU per le pertinenze delle strutture ricettive (categoria D2) si applica anche alla prima rata esentata per effetto dell'articolo 177 del D.L. n. 34/2020.

 

Si ricorda che l’articolo 177 del decreto legge n. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio) ha previsto l’abolizione della prima rata dell'IMU per l’anno 2020 per i medesimi immobili, ad eccezione di quelli destinati a spettacoli cinematografici e teatrali e a discoteche e sale da ballo, non erano compresi in tale agevolazione.

Per il ristoro ai comuni a fronte delle minori delle entrate derivanti dall’abolizione dell’IMU, il medesimo articolo ha istituito uno specifico fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 

Ai sensi del comma 2, l’agevolazione si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza COVID-19.

 

Per gli immobili destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli, inoltre, l’IMU non è dovuta per gli anni 2021 e 2022 (comma 3). Ai sensi del comma 4, l'efficacia di tale esenzione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Per il ristoro ai comuni della perdita di gettito conseguente all’abolizione della seconda rata dell’IMU e per gli anni 2021 e 2022 dell’IMU dovuta per gli immobili adibiti a sale cinematografiche e teatrali si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 5). A tal fine, il citato fondo di cui all’articolo 177, comma 2, del decreto Rilancio è incrementato di 85,95 milioni di euro per l’anno 2020 e di 9,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Infine, ai sensi del comma 6, agli oneri derivanti dai commi 1 e 5 pari a 231,60 milioni di euro per l’anno 2020, e agli oneri derivanti dai commi 3 e 5, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 78-bis
(Agevolazioni tributarie IMU imprese agricole)

 

 

L’articolo 78 bis reca alcune norme di interpretazione autentica volte a sostenere l'esercizio delle attività imprenditoriali agricole estendendo alcune agevolazioni in materia di imposta municipale propria (IMU).

In particolare, si prevede l’applicazione retroattiva dell’equiparazione, a fini fiscali, dei familiari coadiuvanti del coltivatore diretto ai titolari dell'impresa agricola (comma 1); si stabilisce che nelle agevolazioni tributarie previste dalle norme in materia di soci di società di persone esercenti attività agricole sono comprese anche quelle relative ai tributi locali (comma 2); si prevede infine che, ai fini IMU, si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l'iscrizione nella relativa gestione previdenziale agricola (comma 3).

 

Più in dettaglio, il comma 1, al fine espresso di sostenere l'esercizio delle attività imprenditoriali agricole garantendo la corretta applicazione delle agevolazioni in materia di imposta municipale propria, introduce una norma di interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 705, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ai sensi dello Statuto del contribuente (articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212).

La norma è volta ad applicare l’equiparazione, a fini fiscali, dei familiari coadiuvanti del coltivatore diretto ai titolari dell'impresa agricola – introdotta dall’articolo 1, comma 705 della legge di bilancio 2019 -  anche per periodi di imposta precedenti all'entrata in vigore della citata legge n. 145.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 705 della legge di bilancio 2019 stabilisce che i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell'impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) stabilisce che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

 

Il comma 2 stabilisce che nelle agevolazioni tributarie previste dalle norme in materia di soci di società di persone esercenti attività agricole (articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228) sono comprese - sempre con efficacia retroattiva - anche quelle relative ai tributi locali.

Si segnala che la modifica retroattiva introdotta al comma 2 sembra avere una portata più ampia rispetto alle modifiche del comma 1 e 3, le quali si riferiscono esplicitamente all’IMU. La formulazione del comma 2 fa invece riferimenti più generalmente ai tributi locali che, com’è noto, comprendono anche altre tipologie di tributi oltre l’IMU.

 

Si ricorda al riguardo che l’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 stabilisce che ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l'apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare.

 

Il comma 3 stabilisce inoltre che, ai fini IMU, si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati che, continuando a svolgere attività in agricoltura, mantengono l'iscrizione nella relativa gestione previdenziale agricola. Anche in tal caso la disposizione ha efficacia retroattiva ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente).

 

Il comma 4, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria.

 


 

Articolo 79
(Agevolazioni settore turistico e termale)

 

 

L’articolo 79 riconosce per i due periodi di imposta 2020 e 2021 il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere istituito dal decreto legge n. 83 del 2014.

L’agevolazione è prevista nella misura del 65 per cento ed è estesa anche alle strutture che svolgono attività agrituristica, agli stabilimenti termali, nonché alle strutture ricettive all’aria aperta.

 

In particolare, il comma 1 della disposizione in esame prevede che il credito di imposta per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture ricettive turistico-alberghiere introdotto dall’articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, è riconosciuto nella misura del 65 per cento (piuttosto che nell’originario 30 per cento) per i due periodi di imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019.

 

Si ricorda che il citato articolo 10 stabilisce che il credito d'imposta è riconosciuto, per i periodi d’imposta 2014, 2015 e 2016, per le spese relative a interventi di ristrutturazione edilizia (articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d), del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), di eliminazione delle barriere architettoniche, di incremento dell'efficienza energetica, nonché per le spese relative all'acquisto di mobili e componenti d'arredo, a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all'esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima dell'ottavo periodo d'imposta successivo.

Le disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta alle strutture ricettive turistico-alberghiere sono stabilite con il decreto 7 maggio 2015 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Si segnala inoltre che, analogamente alla norma in esame, l’articolo 1, comma 4, della legge 232 del 2016-Legge di bilancio 2017- ha riconosciuto il sopra citato credito d’imposta (c.d. Tax credit riqualificazione strutture ricettive turistico alberghiere), nella misura del 65 per cento, per i periodi di imposta 2017 e 2018.

 

Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) e per la sua liquidazione non si applica la ripartizione in quote annuali prevista dal comma 3 dell’articolo 10.

La norma chiarisce inoltre che per quanto non diversamente disposto dall’articolo in esame si osservano, ove applicabili, le disposizioni dell’articolo 10 sopra illustrato.

 

Il comma 2 dispone che sono compresi tra i beneficiari del credito di imposta anche le strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle pertinenti norme regionali, gli stabilimenti termali, nonché le strutture ricettive all’aria aperta.

Per gli stabilimenti termali (definiti all’articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323) l’agevolazione è riconosciuta anche per la realizzazione di piscine termali e per l’acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali.

 

Il comma 3 stabilisce che per l’attuazione delle norme introdotte è autorizzata la spesa di 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e che ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Il comma 4 prevede che entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto si provvede all’aggiornamento del decreto attuativo dell’articolo 10 del decreto-legge n. 83 del 2014, adeguandolo alle disposizioni dell’articolo in esame.

Al riguardo si segnala che il provvedimento di aggiornamento non risulta emanato.


 

Articolo 80, commi 1, lettera a), e 7
(Incremento del Fondo per le emergenze delle imprese e
delle istituzioni culturali)

 

L’articolo 80, comma 1, lettera a), incrementa di € 60 mln per il 2020 la dotazione del Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali, ampliando, altresì, le possibilità di utilizzo dello stesso.

Il comma 7 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 1, lettera a), dispone che la dotazione del Fondo è incrementata, per il 2020, (da € 171,5 mln) a € 231,5 mln e che lo stesso è destinato, con riferimento a spettacoli, fiere, congressi e mostre, al ristoro delle perdite derivanti non solo dai casi di annullamento, ma anche di rinvio (come già previsto in alcuni decreti ministeriali attuativi intervenuti) o di ridimensionamento, in seguito all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

A tali fini, novella l’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

L’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), istituendo nello stato di previsione del Mibact il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali[18], con una dotazione, per il 2020 – prima delle modifiche ora apportate – di € 171,5 mln[19], lo ha destinato al sostegno dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura non statali, nonché delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, inclusi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, a partire da coloro che ricavano redditi prevalentemente dai diritti d'autore, e al ristoro delle perdite derivanti – prima delle modifiche ora apportate – dal (solo) annullamento, a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di spettacoli, fiere, congressi e mostre[20].

Ha, altresì, previsto che le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse, tenendo conto dell'impatto economico negativo nei settori conseguente all'adozione delle misure di contenimento del COVID-19, devono essere stabilite con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto[21].

In attuazione, sono finora intervenuti:

§  il DM 267 del 4 giugno 2020, cha ha destinato € 30 mln al sostegno del libro e della filiera dell’editoria libraria tramite l’acquisto di libri. Le risorse sono assegnate alle biblioteche, aperte al pubblico, dello Stato, degli enti territoriali e degli istituti culturali di cui alla L. 534/1996 e alla L. 549/1995, per l’acquisto di libri;

§  il DM 268 del 4 giugno 2020, che ha destinato € 10 mln al c.d. “tax credit librerie”, ossia il credito di imposta, istituito dall’art. 1, co. 319, della L. 205/2017 a decorrere dal 2018, di cui possono usufruire gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati, o nel settore di vendita al dettaglio di libri di seconda mano;

§  il DM 297 del 26 giugno 2020 che ha destinato € 50 mln ai musei civici, ai musei diocesani, agli altri musei e luoghi della cultura non statali dotati di personalità giuridica, agli altri musei e luoghi della cultura non statali di appartenenza pubblica dotati di autonomia organizzativa e di bilancio, anche costituiti in forma di fondazione, istituzione e azienda speciale;

§  il DM 364 del 30 luglio 2020 che ha destinato € 10 mln al sostegno dei piccoli editori;

§  il DM 372 del 3 agosto 2020 che ha destinato € 20 mln al ristoro delle perdite subite dagli operatori per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno una mostra d’arte in Italia o all’estero in calendario nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020 (qui la rettifica del 3 settembre 2020);

§  il DM 371 del 3 agosto 2020 che ha destinato € 20 mln al ristoro delle perdite subite dagli operatori per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno un evento fieristico o congressuale in Italia o all’estero in calendario nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020 (qui la rettifica del 3 settembre 2020);

§  il DM 394 del 10 agosto 2020 che ha destinato € 12 mln al ristoro delle perdite subite dagli organizzatori di concerti di musica leggera per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno uno spettacolo programmato in Italia, per un pubblico di almeno 1.000 persone se all’aperto e di 200 persone se al chiuso, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020.

 

Il comma 7 dispone che ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 114.


 

Articolo 80, commi 1, lettera b), e 7
(Incremento delle risorse per il funzionamento di musei
e luoghi della cultura statali)

 

L’articolo 80, comma 1, lettera b), incrementa di € 65 mln per il 2020 le risorse da destinare al funzionamento dei musei e dei luoghi della cultura statali, tenuto conto delle mancate entrate da vendita di biglietti di ingresso, conseguenti all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19[22].

Il comma 7 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), sono istituti e luoghi della cultura, oltre che i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

 

In particolare, il comma 1, lettera b), incrementa (da € 100 mln) a € 165 mln l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), che viene novellato[23].

Il comma 7 dispone che ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 114.

 

Con riferimento a quanto previsto dall’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), nell’apposita sezione del sito del Mibact è evidenziato che si tratta di una misura immediatamente operativa (ossia, che non richiede l’adozione di atti applicativi).


 

Articolo 80, comma 1, lettera b-bis)
(Contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo)

 

 

L’articolo 80, comma 1, lettera b-bis), introdotta dal Senato, interviene nuovamente sulla disciplina per l’erogazione del contributo riconosciuto per il 2020 agli organismi finanziati a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS), diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche.

 

A tal fine, novella l’art. 183, co. 5, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

L’art. 183, co. 5, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha previsto, in deroga alla disciplina generale per l’attribuzione delle risorse del FUS agli organismi diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche (v. infra), criteri specifici per il periodo 2020-2021, al fine di contrastare gli effetti derivanti dalla sospensione delle attività di spettacolo deliberata per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19[24].

Nello specifico, ha disposto che, per il 2020, agli organismi finanziati a valere sul FUS per il triennio 2018-2020, diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche, è erogato un anticipo del contributo fino all’80% dell’importo riconosciuto per il 2019. Al riguardo, nell’apposita sezione del sito del Mibact è esplicitato che si tratta di una previsione immediatamente operativa (cioè, che non necessita dell’adozione di atti applicativi).

Ha inoltre disposto che, con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – e, dunque, con decreti di natura non regolamentare –, sono stabilite le modalità (e i criteri) per l’erogazione della quota restante, tenendo conto dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, della tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati, nonché, in deroga alla durata triennale della programmazione, le modalità (e i criteri) per l’erogazione dei contributi per il 2021, anche sulla base delle attività effettivamente svolte e rendicontate nel 2020.

 

Al riguardo, si dispone, invece, ora che la quota restante (rispetto all’anticipo) è erogata entro il 28 febbraio 2021, senza che sia più necessario, per tale aspetto l’intervento di un decreto ministeriale, e che l’importo del contributo per il 2020 è comunque non inferiore a quello riconosciuto per il 2019.

 

Conseguentemente, si prevede che i decreti ministeriali definiscono, tenendo conto dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, della tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati, in deroga alla durata triennale della programmazione, solo le modalità (e i criteri) per l’erogazione dei contributi per il 2021, anche sulla base delle attività effettivamente svolte e rendicontate nel 2020.

 

In materia, si ricorda che per tutti i settori dello spettacolo dal vivo diversi da quello relativo alle fondazioni lirico-sinfoniche, l'art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha previsto che i criteri di assegnazione dei contributi – da rideterminare con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – devono tener conto dell'importanza culturale della produzione svolta, dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico, nonché della regolarità gestionale degli organismi.

Era, dunque, intervenuto, dapprima, il DM 1 luglio 2014, adottato d'intesa con la Conferenza unificata (successivamente modificato con DM 5 novembre 2014, DM 3 febbraio 2016, DM 5 febbraio 2016, DM 30 settembre 2016 e DM 3 gennaio 2017).

Il TAR Lazio, con sentenza n. 7479 del 28 giugno 2016, ravvisando la natura sostanziale di regolamento del DM 1 luglio 2014, lo aveva ritenuto illegittimo, in quanto emanato in violazione delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 17 della L. 400/1988 (che prevede, tra l’altro, il parere obbligatorio del Consiglio di Stato), pur senza che la legge attributiva del potere contenesse alcuna indicazione espressa sotto il profilo formale, rilevante alla stregua di disciplina speciale[25].

Come risultante dal comunicato stampa del 2 luglio 2016, nello stesso giorno era intervenuta, su richiesta del Mibact, la sospensione della sentenza del TAR Lazio da parte del Consiglio di Stato.

Nelle more del giudizio di merito, l’art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha poi disposto che l’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 si interpreta nel senso che il decreto ministeriale ivi previsto ha la stessa natura non regolamentare prevista per i decreti di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. 24/2003 e che le regole tecniche di riparto sono basate sull’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti dello spettacolo e possono definire apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi alla presentazione della domanda per ciascuno dei settori di attività (danza, musica, teatro, circo, spettacolo viaggiante).

Ancora in seguito, con sentenza n. 5035 del 13 ottobre 2016, il Consiglio di Stato aveva riformato la sentenza del TAR Lazio n. 7479 del 28 giugno 2016, evidenziando che il DM 1 luglio 2014 aveva natura non regolamentare e che doveva, pertanto, ritenersi che l'art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 era una norma di interpretazione autentica non innovativa.

Successivamente, è stato emanato il DM 332 del 27 luglio 2017 – che si applica per le domande di contributo a decorrere dall'anno di contribuzione 2018 –che ha abrogato, dall’1 gennaio 2018, il DM 1 luglio 2014 e le sue modifiche e integrazioni, fatte salve le disposizioni relative alla presentazione della documentazione consuntiva afferente l'erogazione dei contributi assegnati nel triennio 2015-2017 e comunque fino alla chiusura dei relativi procedimenti amministrativi. Modifiche al DM 27 luglio 2017 sono poi state apportate con DM 245 del 17 maggio 2018 e, da ultimo, con DM 317 del 3 maggio 2019.

In particolare, l’art. 1, co. 2, del DM 332/2017 ha previsto che i contributi sono concessi per progetti triennali, corredati di programmi per ciascuna annualità, mentre l’art. 6 dispone che, su domanda dell'interessato, l'amministrazione può erogare una anticipazione fino ad un massimo dell'80% dell'ultimo contributo ottenuto, a condizione che sia stata regolarmente presentata la documentazione relativa all'ultimo sostegno finanziario.


 

Articolo 80, commi 2 e 7
(
Incremento dei Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)

 

L’articolo 80, comma 2, incrementa complessivamente di € 90 mln la dotazione dei Fondi di parte corrente e in conto capitale destinati al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo insorte a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19[26].

Il comma 7 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di due Fondi – uno di parte corrente, l’altro in conto capitale[27] – volti a sostenere l’emergenza dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, con uno stanziamento, per il 2020, originariamente pari, rispettivamente, a € 80 mln e a € 50 mln.

In base al co. 3, al relativo onere, pari a € 130 mln per il 2020, si provvede:

a) quanto a € 70 mln, ai sensi dell'art. 126;

b) quanto a € 50 mln, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione di cui all’art. 1, co. 6, della L. 147/2013. Conseguentemente, con delibera CIPE si provvede a rimodulare e a ridurre di pari importo, per l’anno 2020, le somme già assegnate con la delibera CIPE n. 31 del 21 marzo 2018 al Piano operativo “Cultura e turismo” di competenza del MIBACT[28].

c) quanto a € 10 mln, mediante riduzione delle disponibilità del FUS[29].

 

Successivamente, l’art. 183, co. 1, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), novellando l’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), aveva incrementato a € 145 mln le risorse del Fondo di parte corrente e a € 100 mln le risorse del Fondo in conto capitale.

Al relativo onere si è provveduto, in base al co. 12 dello stesso art. 183, ai sensi dell’art. 265. Pertanto, il co. 3 dell’art. 89 del D.L. 18/2020 non è stato novellato.

 

Per completezza, si ricorda che, peraltro, l’art. 84, co. 15, dello stesso D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha stabilito che a valere sulle risorse del Fondo di parte corrente destinato al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, si provvede, per € 9,6 mln, a parziale copertura delle ulteriori misure di sostegno dei lavoratori danneggiati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, fra i quali rientrano anche i lavoratori intermittenti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, che non beneficiano del trattamento di integrazione salariale.

 

In particolare, il comma 2 dispone che la dotazione del Fondo di parte corrente è incrementata (da € 145 mln) a € 185 mln, mentre la dotazione del Fondo in conto capitale è incrementata (da € 100 mln) a € 150 mln.

A tal fine, la lettera a) novella ulteriormente l’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

La lettera b), invece, novella (solo) l’alinea del co. 3 dello stesso art. 89, senza modificare, tuttavia, le lett. a), b) e c) dello stesso co. 3.

Al contempo, in base al comma 7, agli oneri derivanti (fra l’altro) dal comma 2, si provvede ai sensi dell’art. 114.

 

Sembrerebbe, dunque, che vada espunto quanto previsto dal comma 2, lett. b).

 

In attuazione di quanto previsto dal D.L. 18/2020 (L. 27/2020) e dal D.L. 34/2020, sono intervenuti vari decreti ministeriali. In particolare:

§  con DM 188 del 23 aprile 2020 sono stati destinati € 20 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, agli organismi operanti nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che non sono stati destinatari di contributi a valere sul FUS nel 2019.

Tali risorse sono poi state incrementate di € 6,8 mln, sempre provenienti dal Fondo di parte corrente, con DM 278 del 10 giugno 2020. Al riguardo, con comunicato stampa dell’11 giugno 2020, il Mibact aveva fatto presente che l’incremento permetteva di soddisfare tutte le domande pervenute;

§  con DM 211 del 28 aprile 2020 sono stati destinati € 5 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, allo spettacolo viaggiante;

§  con DM 273 del 5 giugno 2020 sono stati destinati al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo € 100 mln, provenienti dal Fondo in conto capitale; 

§  con DM 274 del 5 giugno 2020 sono stati destinati € 20 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno delle sale cinematografiche.
Ulteriori € 20 mln sono stati destinati alle sale cinematografiche, sempre a valere sul Fondo di parte corrente, al fine di potenziare il ristoro dei mancati introiti da biglietteria, con
DM 315 del 10 luglio 2020. Inoltre, lo stesso decreto destina ulteriori € 2 mln, sempre del Fondo di parte corrente, al sostegno della programmazione delle sale all’aperto nella stagione estiva;

§  con DM 313 del 10 luglio 2020 sono stati destinati € 10 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno dell’esercizio teatrale privato (e, al contempo, sono state apportate modifiche al DM 211 del 28 aprile 2020). Successivamente, con DM 407 del 17 agosto 2020 è stato consentito l’accesso al beneficio anche alle piccole sale teatrali (fra 100 e 299 posti) e, al contempo, sono stati aggiornati i criteri previsti dal DM 313/2020;

§  con DM 380 del 5 agosto 2020 sono stati destinati € 10 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, per il sostegno all’industria musicale, discografica e fonografica;

§  con DM 397 del 10 agosto 2020 sono stati destinati € 10 mln, quota parte del Fondo di parte corrente, per il ristoro degli operatori nel settore della musica dal vivo (organizzazione di concerti, attività di booking e intermediazione di concerti, attività di management e consulenza di artisti, proprietà e gestione di spazi adibiti alla musica dal vivo: c.d. live club; attività di organizzazione di festival di musica dal vivo).


 

Articolo 80, comma 2-bis
(Destinazione del 10% dei compensi per copia privata)

 

L’articolo 80, comma 2-bis, introdotto dal Senato, dispone che anche per gli incassi relativi al 2020 si applica la disciplina – attualmente prevista solo con riferimento agli incassi relativi al 2019 – in base alla quale il 10% dei compensi per copia privata incassati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) è destinata al sostegno di autori, artisti interpreti ed esecutori e lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva, invece che a iniziative volte a promuovere la creatività dei giovani autori.

 

A tal fine, novella l’art. 90, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 20/20202).

 

Preliminarmente, si ricorda che l'art. 71-septies della L. 633/1941 ha stabilito che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c.d. compenso per “copia privata”). Detto compenso è determinato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sottoposto ad aggiornamento triennale, tenendo conto dell'apposizione o meno delle misure tecnologiche, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica[30].

In base all’art. 71-octies, co. 1-3, il compenso per apparecchi e supporti di registrazione audio è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, per il 50% per cento agli autori e loro aventi causa e per il 50% per cento ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Anche il compenso per apparecchi e supporti di registrazione video è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il 30% agli autori e per il restante 70% in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. La quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata per il 50% al (ora) Nuovo Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori (IMAIE), per le attività di studio e di ricerca nonché per i fini di promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori.

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, co. 335, della L. 208/2015, che ha introdotto nell’art. 71-octies il co. 3-bis, al fine di favorire la creatività dei giovani autori, il 10% di tutti i compensi incassati ai sensi dell’art. 71-septies è destinato dalla SIAE, sulla base di apposito atto di indirizzo annuale del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, ad attività di promozione culturale nazionale e internazionale.

L’atto di indirizzo per la promozione dei giovani autori per il 2019 era stato adottato con DM 81 dell'11 febbraio 2020[31].

Successivamente, l’art. 90 del D.L. 18/2020 (L. 20/2020), al fine di fronteggiare le ricadute economiche negative per il settore della cultura conseguenti alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19[32], ha stabilito che il 10% dei compensi incassati nel 2019 ai sensi dell'art. 71-septies della L. 633/1941 è destinata al sostegno degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori, e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza[33] con gli organismi di gestione collettiva di cui all’art. 180 della medesima L. 633/1941. Ha, altresì, affidato ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione delle modalità operative per la ripartizione delle risorse e dei requisiti per l’accesso al beneficio, anche tenendo conto del reddito dei destinatari.

In attuazione, è intervenuto il D.I. 212 del 30 aprile 2020, che, in particolare, definendo anche i requisiti per l’accesso al beneficio, ha ripartito € 13.536.000 incassati nel 2019. In particolare: il 50%, pari a € 6.768.000, è stato destinato agli autori; il 45%, pari a € 6.091.200, è stato destinato agli artisti interpreti ed esecutori; il 5%, pari a € 676.800, è stato destinato ai lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d'autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva (mandatari)[34].

Le modalità di presentazione delle domande sono state definite con D.D.G. n. 417 del 3 giugno 2020, che, nello specifico, ha fissato al 3 luglio 2020 il termine per la presentazione delle domande alla SIAE.

 


 

Articolo 80, commi 3 e 7
(Soggetti giuridici creati o partecipati dal MIBACT)

 

L’articolo 80, comma 3, incrementa, per il 2020, di 5 milioni di euro l'autorizzazione di spesa per il funzionamento dei soggetti giuridici creati o partecipati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT). Il comma 7 reca la relativa copertura.

 

In particolare, la diposizione prevede che, per il 2020, l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, co. 317, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018)[35] è incrementata (da 1 milione di euro) a 6 milioni di euro, mentre resta immutato l'importo di 1 milione di euro a decorrere dal 2021.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 317, della L. 205/2017 aveva autorizzato la spesa di 1 milione di euro per il 2018 e di 500.000 euro annui dal 2019 per il funzionamento dei soggetti giuridici creati o partecipati dal MIBACT al fine di rafforzare l’azione di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

Tale autorizzazione di spesa è stata già incrementata dall'art. 1, co. 372, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), che ne aveva previsto un aumento (da 500.000 euro) a 1 milione di euro a decorrere dal 2020. Al contempo, nella II sezione della medesima legge di bilancio 2020 è stato operato un rifinanziamento della stessa autorizzazione di spesa per un ulteriore milione di euro. Pertanto, in base al D.M. 30 dicembre 2019, le risorse complessivamente disponibili, allocate sul cap. 1952 dello stato di previsione del MIBACT, sono pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 (l'importo di 2 milioni di euro è confermato anche nel disegno di legge recante l'assestamento del bilancio, approvato dalla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato - A.S. 1913, Tabella 13), cui si aggiunge l'incremento in esame.

Si prevede che la ripartizione delle risorse è effettuata annualmente con decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

 

Per il 2018 le risorse in esame sono state ripartite con D.M. 193 del 5 aprile 2018.

Per il 2019, esse sono state ripartite con D.M. 578 dell’11 dicembre 2019.

 

In base all’art. 112, co. 4, del d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica. Gli accordi possono riguardare anche beni di proprietà privata, previo consenso degli interessati. Lo Stato stipula gli accordi per il tramite del Ministero, che opera direttamente, ovvero d'intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti.

Il co. 5 dello stesso art. 112 dispone che lo Stato, per il tramite del Ministero e delle altre amministrazioni statali eventualmente competenti, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono costituire, nel rispetto delle vigenti disposizioni, appositi soggetti giuridici cui affidare l'elaborazione e lo sviluppo dei piani. Con decreto del Ministro sono definiti modalità e criteri in base ai quali il Ministero costituisce i soggetti giuridici o vi partecipa (co. 7) .

Ai citati soggetti giuridici possono partecipare privati proprietari di beni culturali suscettibili di essere oggetto di valorizzazione, nonché persone giuridiche private senza fine di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che siano oggetto della valorizzazione, a condizione che l'intervento in tale settore di attività sia per esse previsto dalla legge o dallo statuto (co. 8).

Ai sensi dell’art. 115 del Codice, le attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica sono gestite in forma diretta o indiretta. In particolare, la gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in forma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono o dei soggetti giuridici costituiti ai sensi dell'art. 112, co. 5, qualora siano conferitari dei beni, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti.

 

Ai relativi oneri, in base al comma 7, si provvede ai sensi dell'articolo 114 del presente provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 80, commi 4 e 7
(Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali")

 

L’articolo 80, comma 4, a cui il Senato ha approvato modifiche formali, incrementa di 25 milioni di euro, per l'anno 2020, l'autorizzazione di spesa relativa alla realizzazione del Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali". Esso inoltre amplia il contenuto del suddetto Piano strategico, includendovi anche beni o siti di interesse paesaggistico e consentendo la possibilità di effettuare acquisizioni nell'ambito degli interventi organici ivi previsti. A tal fine, novella l'art. 7, co. 1, secondo periodo, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014). Il comma 7 reca la relativa copertura.

 

In dettaglio, la disposizione stabilisce che l'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, co. 337, della L. 208/2015 è rifinanziata, per l'attuazione degli interventi del Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali", nella misura di 25 milioni di euro per l'anno 2020.

 Si ricorda che l’art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto l’adozione, entro il 31 dicembre di ogni anno (con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentiti il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e la Conferenza unificata), di un Piano strategico, denominato “Grandi Progetti Beni culturali”, che individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, riqualificazione, valorizzazione e promozione culturale, anche a fini turistici[36].

Per la realizzazione degli interventi del Piano, l’art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014 ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per il 2014, 30 milioni di euro per il 2015 e 50 milioni di euro per il 2016. Per gli anni successivi, il meccanismo di finanziamento previsto originariamente dal D.L. 83/2014 è stato superato con la L. 208/2015 (art. 1, co. 337), che ha autorizzato la spesa di 70 milioni di euro per il 2017 e di 65 milioni di euro annui a decorrere dal 2018.

 

Le risorse sono allocate sul cap. 8098 dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Nel disegno di legge di assestamento, già approvato dalla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato (A.S. 1913), il cap. 8098 della Tabella 13 reca risorse assestate per il 2020 pari a 112.724.411 euro.

In base a quanto si apprende dal comunicato stampa del MIBACT del 9 agosto 2020, il valore degli investimenti del prossimo Piano strategico “Grandi Progetti Beni culturali” è di 103.630.501 euro e finanzierà 11 interventi. Sul relativo decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza unificata dopo il passaggio in Consiglio superiore dei beni culturali.

 

L'art. 7, co. 1, del D.L. 83/2014 prevede che entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo presenta alle Camere una relazione concernente gli interventi già realizzati e lo stato di avanzamento di quelli avviati nell’anno precedente e non ancora conclusi. L'ultima relazione concernente gli interventi realizzati e avviati nell'ambito del Piano strategico "Grandi progetti beni culturali" relativa all'anno 2019 è il Doc. CXI, n. 3. Di seguito si riporta un prospetto contenuto nella relazione 2019 di cui al citato Doc. CXI, n. 3, relativo all'annualità, al decreto di programmazione all'importo e al numero degli interventi.

 

 

 

Annualità

Decreto di programmazione

Importo del finanziamento (euro)

Numero di interventi

2014

D.M. 6 maggio 2015

5.000.000

2

2015

D.M. 1° settembre 2015

30.000.000

12

2016

50.000.000

2017

D.M. 2 dicembre 2016, n. 556

70.000.000

23

2018

65.000.000

2019

D.M. 29 settembre 2017, n. 428

65.000.000

17

Riprogrammazione economie di gara

D.M. 29 gennaio 2018, n. 67

3.680.0000

3

2020

D.M. 20 maggio 2019, n. 240

46.173.560

3

Totale

334.853.560

60

 

Sull'art. 7, co. 1, secondo periodo, del D.L. 83/2014  interviene la novella in commento, in virtù della quale il Piano strategico include anche beni o siti di eccezionale interesse paesaggistico (oltre a quelli di interesse culturale) e di rilevanza nazionale, per i quali sia necessario e urgente realizzare, anche mediante acquisizione, i sopraccitati interventi organici.

 

Ai relativi oneri, in base al comma 7, si provvede ai sensi dell'articolo 114 del presente provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 80, comma 5
(Risorse in favore di cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità)

 

L’articolo 80, comma 5, incrementa il Fondo per gli interventi a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità di 250.000 euro per l'anno 2020 e di 750.000 euro a decorrere dal 2021.    

 

Il Fondo è stato istituito dalla legge n. 440 del 1985 (c.d. legge Bacchelli) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel bilancio di previsione 2020 della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stanziata per il Fondo una somma pari a 850.000 euro (cap. 230).

 

La "legge Bacchelli" prevede che possa essere assegnato, a carico del Fondo, un assegno straordinario vitalizio a favore dei cittadini, italiani di chiara fama, che "abbiano illustrato la Patria con i meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari e che versino in stato di particolare necessità". L'assegno è riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica, previa comunicazione al Parlamento, su decisione del Consiglio dei Ministri. La concessione dell'assegno può essere revocata nel caso in cui venga meno lo stato di necessità o intervengano condanne penali irrevocabili (art. 1, commi 4 e 5 della legge n. 440 del 1985).

Il d.P.C.M. 4 febbraio 2010 reca i criteri e le modalità per la concessione dei benefici previsti dalla legge n. 440 del 1985.

Il d.P.R. 31 marzo 2009 reca le disposizioni concernenti la rivalutazione degli importi dell'assegno, elevando, a decorrere dal 1° gennaio 2010, gli importi annui dei vitalizi concessi ad euro 24.000 (art. 2).

 


 

Articolo 80, comma 6
(Superbonus dimore storiche)

 

L’articolo 80, comma 6, estende gli incentivi fiscali introdotti dall’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio), in materia di efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici, anche alle dimore storiche accatastate nella categoria A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici) a condizione che siano aperte al pubblico.

 

In particolare il comma 6 modifica l’articolo 119, comma 15-bis, del decreto Rilancio, stabilendo che le e detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 nonché alla categoria catastale A/9, ma solo per le unità immobiliari non aperte al pubblico.

Pertanto, le detrazioni spettanti nella misura del 110 per cento per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 a fronte di specifici interventi (cd. Superbonus) sono estese anche alle dimore storiche accatastate nella categoria A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici), a condizione che siano aperte al pubblico.

Nella relazione tecnica che accompagna il testo in esame si segnala che sotto il profilo strettamente finanziario, la disposizione non determina effetti finanziari ulteriori rispetto a quelli stimati in sede di relazione tecnica al decreto Rilancio, in considerazione della circostanza che, in quell’occasione, il recupero di gettito derivante dall’esclusione delle categorie catastali in esame non era stato considerato, a fini prudenziali.

 

Come sopra ricordato l'articolo 119 del decreto legge n.34 del 2020 introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici).

La detrazione può essere chiesta per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali, sulle unità immobiliari indipendenti e sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due).

A queste tipologie di spese, dette trainanti, si aggiungono altri interventi, a condizione che siano eseguiti congiuntamente (trainati) ad almeno un intervento trainante: rientrano in questa categoria, per esempio, l'installazione di impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica sugli edifici e di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. Per quanto riguarda i beneficiari, possono accedere al superbonus le persone fisiche che possiedono o detengono l'immobile (per esempio proprietari, nudi proprietari, usufruttuari, affittuari e loro familiari), i condomini, gli Istituti autonomi case popolari (IACP), le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, le Onlus, nonché le associazioni e società sportive dilettantistiche registrate per i soli lavori dedicati agli spogliatoi.

La detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati. L'articolo 121 del decreto Rilancio consente inoltre, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.

Successivamente alla conversione in legge del decreto Rilancio, sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i decreti del MISE recanti i requisiti tecnici e delle asseverazioni per l'accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici.

In sintesi il primo decreto definisce gli interventi che rientrano nelle agevolazioni ecobonus, bonus facciate e superbonus al 110%, in particolare specificando i requisiti tecnici, nonché i costi massimali per singola tipologia di intervento e i soggetti ammessi alla detrazione.

Il secondo decreto disciplina la modulistica e le modalità di trasmissione dell'asseverazione agli organi competenti, tra cui Enea, le verifiche ai fini dell'accesso al beneficio della detrazione diretta, alla cessione o allo sconto di cui all'art. 121 del decreto rilancio, nonché i controlli a campione sulla regolarità dell'asseverazione e le eventuali sanzioni.

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato, inoltre, una circolare che reca i primi chiarimenti sulla misura nonché il provvedimento che ne definisce le disposizioni di attuazione:

 

§  Circolare 8 agosto 2020, n. 24/E recante “Detrazione per interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico degli edifici, nonché opzione per la cessione o per lo sconto in luogo della detrazione previste dagli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio) convertito con modificazione dalla legge 17 luglio 2020, n. 77– Primi chiarimenti;

§  Provvedimento 8 agosto 2020, n. 283847 recante “Disposizioni di attuazione degli articoli 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, per l’esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di ristrutturazione edilizia, recupero o restauro della facciata degli edifici, riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti solari fotovoltaici e infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici”.

 

Sulla materia, oltre ai documenti sopra citati, si consiglia la consultazione della scheda di lettura dell’articolo 119 del dossier: Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia, realizzato dai Servizi studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nonché la Guida: Superbonus 110%  realizzata dall’Agenzia delle entrate.

 

Si ricorda che i commi 3-quater e 3-quinquies dell’articolo 51, introdotti dal Senato, apportano alcune modifiche alla disciplina prevista per l’applicazione della detrazione al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici (cd. Superbonus, articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).

Il comma 3-quater chiarisce che cosa è da intendersi, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione fiscale, per accesso autonomo dall’ esterno.

Il comma 3-quinquies introduce una semplificazione per la presentazione dei titoli abilitativi relativi agli interventi sulle parti comuni prevedendo che le asseverazioni dei tecnici abilitati in merito allo stato legittimo degli immobili sono da riferire esclusivamente alle parti comuni degli edifici interessati dagli interventi.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 57-bis, introdotto al Senato, prevede che ai comuni dei territori colpiti da eventi sismici la detrazione al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche (cd Superbonus) spetta per l'importo eccedente il contributo riconosciuto per la ricostruzione. I limiti delle spese ammesse alla fruizione degli incentivi fiscali inoltre, sono aumentati del 50 per cento per gli interventi di ricostruzione riguardanti i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 e del 2009 (in alternativa al contributo per la ricostruzione).


 

Articolo 80, commi 6-bis e 6-ter
(Credito d’imposta promozione musica)

 

 

I commi 6-bis e 6-ter dell’articolo 80, introdotti dal Senato, estendono l’ambito di applicazione del credito di imposta previsto per la promozione della musica e degli eventi di spettacolo dal vivo di portata minore e ne aumentano il limite di spesa.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 7, della legge 112 del 2013, al fine di sostenere il mercato dei contenuti musicali e l'offerta di opere dell'ingegno e di promuovere lo sviluppo di artisti emergenti, ha riconosciuto alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali, nonché alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, un credito d'imposta nella misura del 30% dei costi sostenuti per sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni musicali, fino all'importo di  200.000 euro e nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui. Tale credito è riconosciuto esclusivamente per opere prime, seconde o terze, a esclusione delle demo autoprodotte, di nuovi talenti definiti come artisti, gruppi di artisti, compositori o artisti-interpreti.

 

Nello specifico, il comma 1 del richiamato articolo 7 prevede che al fine di agevolare il rilancio del sistema musicale italiano, ai fini delle imposte sui redditi, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui e fino ad esaurimento delle risorse disponibili, alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali ed alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, esistenti almeno dal 1° gennaio 2012, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali, secondo le modalità di cui al comma 5 del presente articolo, fino all'importo massimo di 200.000 euro nei tre anni d'imposta.

Il comma 2 stabilisce che tale credito di imposta è riconosciuto esclusivamente per opere prime, seconde o terze, a esclusione delle demo autoprodotte, di nuovi talenti definiti come artisti, gruppi di artisti, compositori o artisti-interpreti. Nel caso di gruppi di artisti, il gruppo può usufruire del credito d'imposta solo se nella stessa annualità più della metà dei componenti non ne abbiano già usufruito.

 

Il comma 6-bis, sopprimendo dalla rubrica del citato articolo 7 il riferimento ai giovani artisti e compositori emergenti, nonché tutto il comma 2, estende l’ambito di applicazione del credito rendendo il beneficio non più circoscritto esclusivamente alle sole opere prime, seconde o terze di nuovi talenti ma fruibile dalle imprese di produzione musicale per le spese sostenute per la produzione, distribuzione e sponsorizzazione.

Il comma prevede che a tale disposizione sia data esecuzione previa autorizzazione della Commissione europea (articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea).

La norma eleva altresì il limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui previsto per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021.

 

Il comma 6-ter reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 6-bis, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, introdotto dal comma 200 della legge di stabilità per il 2015.

 

 


 

Articolo 80-bis
(Fondo per la tutela, la conservazione e il restauro del patrimonio culturale immobiliare storico e artistico pubblico)

 

 

L’articolo 80-bis, introdotto dal Senato, istituisce nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT) un Fondo con una dotazione, per l'anno 2020, di 10 milioni di euro finalizzato alla tutela, alla conservazione e al restauro del patrimonio culturale immobiliare storico e artistico pubblico.

 

In dettaglio, si stabilisce che con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le condizioni di funzionamento del Fondo, nonché i soggetti destinatari, le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse (comma 1), destinate specificamente al patrimonio culturale immobiliare.

        

Con riferimento ai Fondi genericamente destinati al patrimonio culturale, si ricorda che l'art. 184 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha istituito il Fondo per la cultura, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020, finalizzato alla promozione di investimenti e altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale. La dotazione del Fondo può essere incrementata con risorse di soggetti privati, che può consistere anche in operazioni di microfinanziamento, mecenatismo diffuso, azionariato popolare e crowdfunding. Inoltre, per il 2021, la stessa dotazione può essere incrementata per 50 milioni di euro mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione, già assegnate al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT.

 

Ai relativi oneri, pari a 10 milioni di euro per il 2020, si provvede riducendo in misura corrispondente il Fondo per esigenze indifferibili, di cui all'art. 1, co. 200, della L. 190/2014, come rifinanziato dall'art. 114, comma 4, del provvedimento in esame (comma 2).

 

Si specifica poi che gli aiuti sono concessi nel rispetto della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C/2020/1863, recante il Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19, e successive modifiche (comma 3).

Per approfondimenti sugli aiuti di Stato nell'ambito dell'ordinamento dell'Unione europea si rinvia alla Nota breve n. 52 del Servizio studi del Senato e al relativo tema sull'attività parlamentare della Camera.

 

 


 

Articolo 81
(Credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche)

 

 

L’articolo 81 istituisce per le imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali un credito d’imposta pari al 50% delle spese di investimento in campagne pubblicitarie, effettuate a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, a favore delle leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche e paralimpiche ovvero società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi olimpici e paralimpici e che svolgono attività sportiva giovanile. Il contributo è concesso nel limite complessivo di 90 milioni di euro nel 2020, che costituisce tetto di spesa per il medesimo anno.

 

In particolare, ai sensi del comma 1 e del comma 4, come modificati dal Senato, è riconosciuto un nuovo contributo, sotto forma di credito d'imposta, per l’anno 2020

Beneficiari sono le imprese, i lavoratori autonomi e gli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, aventi le seguenti caratteristiche:

§  importo complessivo non inferiore a 10.000 euro;

§  investimenti rivolti a leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche e paralimpiche e società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi olimpici e paraolimici e che svolgono attività sportiva giovanile con ricavi, di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) (corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa) e b) (corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione), del TUIR (Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986) relativi al periodo d’imposta 2019, e comunque prodotti in Italia, almeno pari a 150.000 euro e fino a un massimo di 15 milioni di euro.

Il comma 4 precisa inoltre che le società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche, oggetto della presente disposizione, devono certificare di svolgere attività sportiva giovanile.

 

Il credito d'imposta (comma 1) è riconosciuto nella misura del 50% degli investimenti effettuati, a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, nel limite massimo complessivo stabilito ai sensi del comma 6 (90 milioni di euro), che costituisce tetto di spesa.

Il comma 1 disciplina anche il caso in cui le risorse disponibili risultino insufficienti rispetto alle richieste ammesse. In tal caso, è prevista la ripartizione tra i beneficiari in misura proporzionale al credito di imposta spettante calcolato ai sensi del presente articolo, con un limite individuale per soggetto pari al 5% del totale delle risorse annue.

 

Nell'ipotesi in cui un sufficiente numero di grandi investitori avesse diritto a percepire il contributo al limite massimo del 5% del totale delle risorse annue, molti piccoli investitori potrebbero risultare insoddisfatti, nel senso di essere completamente esclusi dal beneficio.

Si valuti l'opportunità di prevedere anche altri criteri per ripartire le risorse insufficienti.

 

Sono esclusi dalla disposizione di cui al presente articolo, anche sulla base delle modifiche approvate dal Senato, gli investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di soggetti che aderiscono al regime previsto dalla legge n. 398 del 1991.

 

La legge n. 398 del 1991 offre alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che, nel corso del periodo d’imposta precedente, hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400.000 euro, la possibilità di optare per un regime fiscale agevolato. Tale regime agevolativo prevede modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’IVA nonché previsioni di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi.

 

La disciplina delle società sportive professionistiche è recata dagli articoli 10-13 della legge n. 91 del 1981.

In particolare, l’articolo 10 prevede che possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o società a responsabilità limitata (si tratta, dunque, di società di capitali). É comunque obbligatoria la nomina del collegio sindacale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2477 c.c. (in base al quale il collegio sindacale è obbligatorio nelle società a responsabilità limitata solo in alcuni casi).

La disciplina delle società e associazioni sportive dilettantistiche è recata, invece, dall’articolo 90 della legge n. 289 del 2002, il cui comma 17 specifica che esse possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica (articoli 36 e ss. c.c.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (D.P.R. n. 361 del 2000); società sportiva di capitali o cooperativa senza scopo di lucro. Le società e le associazioni in questioni sono iscritte nel Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche istituito dal CONI per il riconoscimento a fini sportivi delle società e associazioni sportive dilettantistiche in base all'articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 242 del 1999. Qui il Regolamento di funzionamento del Registro.

L'articolo 5 della legge n. 86 del 2019 reca una delega (non ancora scaduta) volta, tra l'altro, al riordino e alla riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici.

 

Con particolare riferimento all'ambito di attività di leghe e associazioni e società sportive, si valuti l'opportunità di uniformare la terminologia utilizzata, riferita alle "discipline olimpiche" per le prime e alle "discipline ammesse ai Giochi olimpici" per le seconde.

 

Si segnala peraltro che ciascuno sport può essere articolato in più discipline, benché sia rappresentato da un'unica Federazione sportiva internazionale. L'elenco delle discipline ammesse ai Giochi olimpici varia in base alle decisioni del Comitato internazionale olimpico (CIO).

Trattandosi di un credito di imposta riferito all'anno 2020, parrebbe che il riferimento alle "discipline olimpiche" o "ammesse ai Giochi olimpici" riguardi le discipline ammesse alle Olimpiadi di Tokio 2020, che saranno disputate dal 23 luglio all'8 agosto 2021 a causa dell'emergenza sanitaria.

 

Il comma 2 disciplina le modalità di concessione del contributo. In particolare:

§  il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997;

§  la previa istanza deve essere presentata direttamente al Dipartimento dello sport della Presidenza del Consiglio dei ministri;

§  per le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, con particolare riguardo ai casi di esclusione, alle procedure di concessione e di utilizzo del beneficio, alla documentazione richiesta, all’effettuazione dei controlli e alle modalità finalizzate ad assicurare il rispetto del limite di spesa, il comma in esame rinvia a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato;

§  i pagamenti degli investimenti pubblicitari dovranno essere necessariamente effettuati con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).

 

Si ricorda che in ambito fiscale la compensazione, prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, consiste nella possibilità di fruire di una posizione fiscale creditoria per compensare una situazione debitoria. In particolare, la compensazione dei crediti fiscali può essere di due tipi:

compensazioni verticali (o interne), ovvero le c.d. compensazioni imposta da imposta, ossia quelle compensazioni attuate all'interno della medesima tipologia di imposta;

compensazioni orizzontali (o esterne), ovvero quelle che consentono di compensare imposte di natura diversa, ad esempio, un credito IVA con un debito IRES e/o contributivo.

Si ricorda che il contribuente ha la facoltà di compensare nei confronti dei diversi enti impositori (Stato, INPS, Enti Locali, INAIL, ENPALS) i crediti e i debiti risultanti dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive. Il modello di pagamento unificato F24 permette di indicare in apposite sezioni sia gli importi a credito utilizzati sia gli importi a debito dovuti. Il pagamento si esegue per la differenza tra debiti e crediti. A partire dall'anno 2014 il limite massimo dei crediti di imposta rimborsabili in conto fiscale e/o compensabili è di euro 700.000, per ciascun anno solare. Qualora l'importo dei crediti spettanti sia superiore a tali limiti, la somma in eccesso può essere chiesta a rimborso nei modi ordinari oppure può essere portata in compensazione nell'anno solare successivo. I soggetti che intendono effettuare la compensazione dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e dei crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate. Per approfondimenti sull'istituto si rinvia alla relativa pagina web del sito dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 3 precisa che le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis», del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo, e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

 

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato (articolo 107, par. 1) al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno. Gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione eventuali aiuti di Stato che intendano concedere, a meno che essi siano coperti da un'esenzione generale per categoria o siano di minore importanza, con un impatto appena percettibile sul mercato (principio "de minimis")[37].

Il regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, esenta dal monitoraggio sulle sovvenzioni statali i piccoli contributi elargiti dallo Stato per un importo massimo di 200.000 euro per ciascuna impresa, per un periodo di 3 anni (articolo 3, par. 2, c. 1)[38]. Tale importo è ridotto a 100.000 euro per imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi (articolo 3, par. 2, c. 2).

Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, il regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, stabilisce di regola un massimale di 20.000 euro per impresa nell'arco di 3 esercizi finanziari (articolo 3, par. 2), che può essere incrementato a 25.000 euro nei casi e alle condizioni previste dall'articolo 3-bis. Da ultimo il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali del 19 maggio 2020 ha confermato per l'Italia il limite triennale di 25.000 euro per impresa. Viene inoltre fissato un importo complessivo massimo nazionale, per l'Italia pari a 840.502.950 euro su tre anni (articolo 3, par. 3, All. II).

Il massimale applicabile ai settori della pesca e dell'acquacoltura, ai sensi del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, è invece pari a 30.000 euro, su base triennale (articolo 3, par. 2), con un limite cumulativo nazionale che per l'Italia è fissato a 96.310.000 euro, sempre su tre esercizi finanziari (articolo 3, par. 3, All. I).

 

Il comma 5 chiarisce la natura della spesa di cui al comma 1 specificando che il corrispettivo sostenuto per le spese costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine, dei prodotti o servizi del soggetto erogante mediante una specifica attività della controparte.

 

Il comma 6 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 90 milioni di euro, che debbono considerarsi un tetto di spesa per l'anno 2020. Per la copertura si rinvia all'articolo 114.

 

Il comma 7 reca una clausola di neutralità finanziaria limitata allo svolgimento delle attività amministrative inerenti alle disposizioni di cui al presente articolo da parte delle amministrazioni interessate, che pertanto dovranno provvedervi nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce alcuni dettagli sulla motivazione della disposizione, precisando che essa è finalizzata ad incentivare le imprese che promuovono la propria immagine, ovvero i propri prodotti e servizi, tramite campagne pubblicitarie effettuate da società ed associazioni sportive professionistiche e dilettantistiche che investono nei settori giovanili e rispettano determinati limiti dimensionali.

Tali ultimi soggetti, infatti, operano in un settore, come quello sportivo e in particolare locale, caratterizzato da un’alta visibilità e da una significativa funzione sociale, e che è attraversato da difficoltà finanziarie particolarmente acuite nel contesto dell’emergenza epidemiologica da “Covid-19”, tali da poter metterne in discussione la continuità aziendale.

L’introduzione di un incentivo agli investimenti in campagne pubblicitarie è volto ad innescare, nelle intenzioni del Governo, un circolo virtuoso in cui l’attività di promozione e sponsorizzazione possa contribuire al sostegno degli operatori sportivi, promuovendo lo sviluppo dell’attività di promozione resa da tali soggetti anche in funzione del rispettivo brand, a livello locale e su scala più ampia.


 

Articolo 82
(Misure per i Campionati mondiali di sci alpino Cortina 2021)

 

 

L’articolo 82 reca una pluralità di disposizioni relative all'evento sportivo "Mondiali di Sci Cortina 2021". Il comma 1 consente alla Federazione italiana sport invernali (FISI) di chiedere una controgaranzia dello Stato - per un importo massimo di 14 milioni di euro - a fronte della garanzia già prestata in favore della Fondazione Cortina 2021, responsabile dell'organizzazione dell'evento, qualora i Mondiali non dovessero aver luogo. Il comma 2 stabilisce che la FISI, annualmente e a conclusione dei "Mondiali di Sci Cortina 2021", predispone una relazione sulle attività della "Fondazione Cortina 2021", da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per lo Sport per la successiva trasmissione alle Camere. I commi 3 e 4 novellano l’art. 61 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) - come modificato dal D.L. 34/2019 - sia per adeguare all'attuale assetto delle funzioni amministrative la disciplina vigente relativa ai "Mondiali di Sci Cortina 2021" sia per confermarne alcune previsioni relative alla valutazione d'incidenza (VINCA) e ai termini di consegna delle opere infrastrutturali. Il comma 5 reca la copertura finanziaria.

 

Preliminarmente, si ricorda che a Cortina d'Ampezzo si sarebbero dovute svolgere le finali di Coppa del Mondo di sci, a marzo 2020, e si terranno i Campionati mondiali di sci alpino "Cortina 2021", dall'8 al 21 febbraio 2021.

A causa dell'emergenza sanitaria, con decisione del 6 marzo 2020, il Consiglio di emergenza della Federazione internazionale sci (FSI) ha deciso di annullare le finali di Coppa del mondo di sci (si veda il comunicato stampa della FISI [39]), mentre restano ancora in piedi i Campionati mondiali di sci alpino "Cortina 2021".

In questo contesto, la FISI ha prestato garanzia in favore della "Fondazione Cortina 2021", responsabile dell’organizzazione dei Mondiali di Sci Cortina 2021, in relazione al finanziamento erogato alla Fondazione medesima dall’Istituto per il Credito Sportivo, per un importo pari a 14 milioni di euro.

 

Per la promozione ed organizzazione dei Campionati mondiali di sci alpino è stata costituita la Fondazione Cortina 2021, quale comitato organizzatore. I membri fondatori sono la FISI (Federazione Italiana degli Sport Invernali), il Comune di Cortina, la Provincia di Belluno e la Regione Veneto; sono membri fondatori onorari - non partecipanti alla costituzione del patrimonio - il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - CONI (che partecipa esclusivamente per apportare le proprie conoscenze e competenze in ambito tecnico-sportivo nell’organizzazione di manifestazioni sportive) e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (che partecipa esclusivamente per apportare le proprie competenze in ambito politico-amministrativo e istituzionale). Con D.D. n. 26 del 5 settembre 2016 le è stata riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato.

In base all'art. 5 dello Statuto, il patrimonio iniziale è costituito dal fondo di dotazione iniziale, costituito da Comune di Cortina d’Ampezzo, Provincia di Belluno e FISI, pari a 50.000 euro, di cui 15.000 euro costituiscono il fondo patrimoniale di garanzia, e dall’apporto iniziale della Regione Veneto, pari a 5.000 euro.

Il fondo di gestione, da utilizzare per la realizzazione dello scopo della Fondazione, è costituito, in particolare, da un apporto iniziale della Regione Veneto di 95.000 euro, dalle risorse derivanti dal contratto con FIS per l’organizzazione dei Campionati mondiali di sci 2021, da rendite e proventi del patrimonio e delle attività della Fondazione.

Il fondo patrimoniale e il fondo di gestione possono essere incrementati, altresì, da contributi concessi dalla Federazione Internazionale di Sci, dalla Federazione Italiana Sport Invernali, dallo Stato, dal Comune di Cortina d’Ampezzo o da altri soggetti pubblici e privati, nonché da eventuali contributi o elargizioni dell’Unione europea o di organismi ed enti internazionali.

 

Misure relative alla Federazione italiana sport invernali (commi 1, 2 e 5)

 

Il comma 1 dispone quindi che la FISI, in relazione alla garanzia prestata in favore della Fondazione Cortina 2021, può richiedere la concessione della controgaranzia dello Stato, per un ammontare massimo complessivo di 14 milioni di euro, da escutersi in caso di annullamento dei Campionati mondiali di sci alpino, qualora ciò fosse dovuto a causa dell'emergenza sanitaria. La garanzia è elencata in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), come previsto dall'art. 31 della legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009) per tutte le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.

Per l'elenco delle garanzie attualmente in essere, si veda l'Allegato n. 18 allo stato di previsione della spesa del MEF per il 2020 (L. 160/2019) sul sito internet della Ragioneria generale dello Stato.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti modalità, condizioni e termini per la concessione della suddetta garanzia, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge presentato in prima lettura motiva tale previsione con la volontà di tenere indenne la FISI "dal peso economico dell’obbligo restitutorio del finanziamento erogato dall’Istituto per il Credito Sportivo, che il debitore principale (la Fondazione) sarebbe incapace ad adempiere a causa del mancato introito dei ricavi previsti come rivenienti dallo svolgimento dei Mondiali".

 

Come si legge nel comunicato stampa della FISI del 14 agosto 2020, la disposizione in commento "si aggiunge al sostegno finanziario di 10 milioni di franchi svizzeri concesso dalla Federazione Internazionale dello Sci nel corso dell'ultimo Consiglio tenutosi lo scorso 2 luglio".

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato in prima lettura specifica che a copertura del rischio di default dell’evento sportivo, "si stima congruo accantonare un decimo dell’importo garantito, e quindi 1,4 milioni di euro. A tale onere si provvede, in base al comma 5, mediante corrispondente riduzione delle risorse stanziate in favore della società Sport e Salute Spa, ai sensi dell’art. 1, co. 630, della L. 145/2018.

 

La L. 145/2018 (art. 1, co. 629-633) ha disposto, anzitutto, che la "CONI Servizi spa" assume la denominazione di "Sport e salute Spa".

Il D.L. 138/2002 ( L. 178/2002: art. 8), come modificato dal D.L. 4/2006 ( L. 80/2006: art. 34-bis), aveva infatti previsto che il CONI - autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali -, per l'espletamento dei suoi compiti, si avvaleva della "CONI Servizi spa", il cui capitale sociale era di 1 milione di euro e le cui azioni erano attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze.

Inoltre, ha ridefinito la governance della società. In particolare, fermo restando che le azioni della stessa sono attribuite al MEF, ha stabilito che il consiglio di amministrazione è composto di 3 membri (più, per alcune funzioni, un consigliere aggiunto: v. dopo), di cui uno con funzioni di presidente.

La stessa legge ha, inoltre, modificato il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato. In particolare, ha previsto, anzitutto, che, dal 2019, le risorse destinate al CONI e alla Sport e salute spa sono complessivamente stabilite nella misura annua – comunque non inferiore a 410 milioni di euro – del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell'anno precedente derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività relativi a gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. L'importo può essere rimodulato annualmente in relazione alle entrate effettive.

Le risorse complessive sono così ripartite:

§  40 milioni di euro annui al CONI, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana. In base al D.M. 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2020 e per il triennio 2020-2022, le risorse sono allocate sul cap. 1896 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;

§  una quota non inferiore a 368 milioni di euro annui alla Sport e Salute spa, di cui inizialmente non meno di 280 milioni di euro annui da destinare al finanziamento di FSN, DSA, EPS, gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, associazioni benemerite (tutti soggetti finanziati, a legislazione previgente, dal CONI). Rispetto al D.M. 30 dicembre 2019, che sul cap. 1897 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, relativo al finanziamento di "Sport e Salute Spa", prevedeva stanziamenti per il 2020 pari complessivamente a 373,4 milioni di euro, il disegno di legge recante l'assestamento del bilancio per il 2020 (A.S. 1913, già approvato dalla Camera dei deputati e ora all'esame del Senato), prevede sul cap. 1897 della Tabella 2 un importo pari a 748,4 milioni di euro per il 2020. Tale variazione deriva dalle entrate incassate dal bilancio dello Stato nel 2019, derivanti dal versamento delle imposte a fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività relativi alla gestione di impianti sportivi, alle attività di club sportivi alle palestre e ad altre attività sportive;

§  2 milioni di euro annui per la copertura degli oneri derivanti dalla riforma dei concorsi pronostici sportivi (art. 1, co. 634- 639).

 

Il comma 2 stabilisce che la FISI predispone ogni anno, nonché a conclusione delle attività organizzative concernenti i Mondiali di Sci Cortina 2021, una relazione sulle attività svolte dalla "Fondazione Cortina 2021", accompagnata da una analitica rendicontazione dei costi per l’organizzazione dell’evento.

Si fa presente che secondo gli artt. 3 e 4 dello Statuto della Fondazione Cortina 2021, essa ha per scopo "la promozione e l’organizzazione, in ogni forma utile, dei Campionati Mondiali di sci alpino che si svolgeranno a Cortina d’Ampezzo nell’anno 2021, nonché? delle manifestazioni delle gare di Coppa del Mondo di Sci Alpino che potranno essere eventualmente assegnate a partire dalla stagione 2016/2017, organizzate presso la stessa località? di Cortina d’Ampezzo, ivi comprese le finali di Coppa del Mondo di Sci Alpino della stagione 2019-2020, sino alla data di svolgimento dei Campionati Mondiali di sci alpino 2021". Inoltre nello Statuto si precisa che la durata della Fondazione e? "fino al raggiungimento del suo scopo, che si intende conseguito anche attraverso il completamento delle attività? successive allo svolgimento dei Campionati Mondiali di sci 2021, quali a titolo esemplificativo quelle di rendicontazione dell’evento e di illustrazione delle attività? e dei risultati dello stesso". Tenuto conto che la durata della Fondazione si esaurirà successivamente allo svolgimento dei Mondiali di sci, con il completamento delle relative attività, si valuti dunque l'opportunità di chiarire in che termini vada inteso il riferimento temporale "annuale" della relazione che la FISI deve predisporre, tanto più che già si prevede che tale relazione debba essere comunque elaborata a conclusione delle suddette attività organizzative.

Tale relazione viene inviata alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per lo Sport, che provvede alla sua successiva trasmissione alle Camere, per il deferimento alle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Si segnala che l'art. 61, co. 10, del D.L. 50/2017 già prevede che, con cadenza annuale e al termine dell'incarico, il commissario per la realizzazione del progetto sportivo delle finali di Coppa del mondo e dei Campionati mondiali di sci alpino (su cui si veda infra) invia alle Camere, per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per lo sport e al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo una relazione sulle attività svolte, insieme alla rendicontazione contabile delle spese sostenute. Si veda anche la relazione annuale trasmessa al Parlamento nel febbraio 2019.

 

Misure relative all'organizzazione dei Mondiali di sci, in merito ai commissari e ai termini di consegna delle opere (commi 3 e 4)

 

Il comma 3 novella l'art. 61, co. 1-ter, 7 e 21, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017). La citata disposizione, al fine di organizzare gli eventi sportivi di sci alpino di Cortina d'Ampezzo (le summenzionate finali di Coppa del Mondo di sci e i Campionati mondiali di sci alpino "Cortina 2021"), ha previsto la nomina di un commissario per la realizzazione del progetto sportivo delle finali di Coppa del mondo e dei Campionati mondiali di sci alpino, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il presidente della Regione Veneto, il presidente della provincia di Belluno, il sindaco del comune di Cortina d'Ampezzo, con il compito di provvedere al piano di interventi[40].

Il commissario è stato nominato con D.P.C.M. 17 ottobre 2017 nella persona dell’ing. Luigivalerio Sant’Andrea e cesserà dalle sue funzioni il 31 dicembre 2021 (art. 61, co. 9, del D.L. 50/2017).

 

Con la novella apportata al comma 1-ter dell'art. 61 - a sua volta inserito dall'art. 1-quater, co. 1, lett. b), del D.L. 104/2019 (L. 132/2019) - si intende allinearne il contenuto al trasferimento di funzioni amministrative - nel frattempo intervenuto, in relazione all’evento sportivo in questione - tra la Struttura di missione per gli anniversari nazionali e gli eventi sportivi nazionali e internazionali, di cui al D.P.C.M. 25 settembre 2019, ed il Dipartimento per lo Sport.

Il D.P.C.M. 25 settembre 2019 ha confermato la precedente "Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale e per la promozione degli eventi sportivi di rilevanza nazionale e internazionale", rinominandola "Struttura di missione per gli anniversari nazionali e gli eventi sportivi nazionali e internazionali", posta alle dirette dipendenze del Ministro per le politiche giovanili e per lo sport. Successivamente, con D.P.C.M. 24 gennaio 2020, è stata nuovamente ridenominata tale struttura in "Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale", in relazione al fatto che sono state trasferite all'Ufficio per lo sport le funzioni prima attribuite alla Struttura di missione in ordine agli eventi sportivi di rilevanza nazionale e internazionale.

Da ultimo, con D.P.C.M. 28 maggio 2020 l'Ufficio per lo sport costituito presso la Presidenza del Consiglio con D.P.C.M. 1°ottobre 2012 ha assunto una configurazione dipartimentale (formato da un ufficio e tre servizi), in conseguenza delle numerose funzioni ad esso attribuite. Esso è diventato pertanto il Dipartimento per lo sport.

 

Pertanto, si stabilisce che il commissario riferisce sullo stato di avanzamento degli interventi, con cadenza almeno bimestrale, alla Presidenza del consiglio-Dipartimento per lo sport e non più alla citata Struttura di missione (comma 3, lett. a)).

 

Le ulteriori novelle ai commi 7 e 21 del citato articolo 61 sono in realtà volte a farne salvi gli effetti, in quanto riproducono disposizioni che erano state introdotte dall'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) ma che ora non sono più previste nella riscrittura di tale norma operata dall'art. 51, co. 1, lett.b), del decreto-legge in esame con decorrenza dal 1° gennaio 2021 (alla cui scheda di lettura si rinvia). La relazione illustrativa ritiene che tali novelle "andrebbero perse" attesa la sostituzione dell'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019.

 

In particolare, al comma 7 dell'art. 61 - novellato, appunto, dall'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) - si prevede che per la realizzazione degli interventi contenuti nel piano (degli interventi) approvato dal commissario, si applicano le disposizioni in materia di valutazione di incidenza (VINCA) previste dall’art. 5, commi 9 e 10, del D.P.R. 357/1997 per gli interventi che interessano territori rientranti nelle aree protette della rete “Natura 2000” (comma 3, lett. b)).

 

Si ricorda che l’art. 5 del D.P.R. 357/1997 stabilisce, in estrema sintesi, che ogni piano, progetto o intervento, che può avere un’incidenza significativa negativa sui siti della rete europea “Natura 2000”, deve essere sottoposto a procedura di valutazione di incidenza.

Il citato comma 9 dispone che, qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete «Natura 2000» e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente.

In base al comma 10, invece, qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

 

La novella al comma 21 dell’art. 61 - anch'esso modificato dall'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) - conferma la proroga dal 31 dicembre 2019 al 31 gennaio 2021 del termine per la consegna delle opere, una volta sottoposte a collaudo tecnico, connesse all'adeguamento della viabilità statale nella provincia di Belluno, di competenza della società ANAS S.p.a, il cui presidente pro tempore è nominato commissario per la individuazione, progettazione e tempestiva esecuzione delle opere, sempre per assicurare la tempestiva realizzazione dei Campionati mondiali di sci alpino  (comma 3, lett.c)).

Tutte le informazioni su tale piano degli interventi sono disponibili nel sito web http://www.anaspercortina2021.it/.

 

In conseguenza del fatto che il comma 3 dell'articolo in commento ha reintrodotto nel D.L. 50/2017 (art. 61) le disposizioni dell'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019, il comma 4 dispone la soppressione del citato ultimo periodo. Ciò in quanto la sostituzione dell'art. 30, co. 14-ter, ultimo periodo, del D.L. 34/2019 ad opera l'articolo 51 del decreto-legge in commento decorre, come accennato, dal 1° gennaio 2021.


 

Articolo 83
(Rifinanziamento Fondo servizio civile)

 

 

L’articolo 83 incrementa di 20 milioni di euro per l’anno 2020 gli stanziamenti in favore del Fondo nazionale per il servizio civile.

 

L’articolo 83 incrementa – al comma 1 - gli stanziamenti in favore del Fondo  nazionale per il servizio  civile, istituito dall'articolo 19 della legge  8  luglio  1998,  n.  230,  e iscritto nel bilancio autonomo della  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri.

Dispone, in particolare, un incremento delle risorse pari a 20 milioni di euro per l’anno 2020.

La finalità, evidenziata nel testo, è quella di potenziare  il  servizio  civile  universale,  quale strumento di tutela  dei  territori  e  di  sostegno  alle  comunità nell'ambito della gestione  dell'emergenza  epidemiologica  COVID-19.

 

Il Fondo nazionale per il servizio civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dalla legge n. 230 del 1998 (art. 19), ha come finalità lo sviluppo complessivo del servizio civile universale, nonché la continuità del contingente di operatori volontari.

Il decreto legislativo n. 40 del 2017 (modificato dal D.Lgs. n. 43 del 2018) ha disposto l’istituzione del servizio civile "universale" (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile "nazionale") finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica.

I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.

La Presidenza del Consiglio cura l’amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie. A tal fine elabora ogni anno - previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni - un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile.

Il Fondo è quantificato annualmente dalla legge di bilancio dello Stato. Quella per il 2020 (L. 160/2019, art. 1, comma 267) ha previsto un incremento dello stanziamento di 10 milioni per il medesimo anno.

Lo stanziamento del Fondo è stato da ultimo incrementato dal decreto-legge n. 34 del 2020.

 

Il comma 2 dispone che alla relativa copertura finanziaria – pari a 20 milioni di euro per l'anno 2020 - si provvede ai sensi dell’articolo 114 (autorizzazione al ricorso all’indebitamento approvata il 29 luglio 2020).

 

 


 

Articolo 84
(Disposizioni in materia di autotrasporto)

 

 

L’articolo 84 incrementa di 5 milioni di euro per il 2020 l’autorizzazione di spesa per la deduzione forfettaria di spese non documentate da parte degli autotrasportatori (comma 1).

Si prevede poi (comma 2), il riversamento all’entrata del bilancio delle somme eccedenti, rimaste nella disponibilità dei soggetti a cui erano state assegnate, incassate a decorrere dal 1° gennaio 2019 per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali, per la sua riassegnazione ad iniziative dell’Albo nazionale degli autotrasportatori.

 

 

In dettaglio, in comma 1 dispone l’incremento di 5 milioni di euro, dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 150, della legge n. 190 del 2014, in modo da consentire per il 2020, come evidenziato nella relazione tecnica, di portare lo stanziamento da 70 a 75 milioni di euro e consentire la deduzione forfettaria delle spese non documentate, nella stessa misura del 2019.

La Relazione tecnica evidenzia che sulla base dei dati relativi alle ultime dichiarazioni dei redditi 2019 (anno di imposta 2018), il riconoscimento, nell’anno 2020, della medesima deduzione forfettaria riconosciuta per l’anno 2019 (pari a 48 euro per viaggio fuori comune e al 35% di 48 euro per quelli entro il comune) determina un onere complessivo per minori entrate di circa 75 milioni di euro.

Si ricorda che la deduzione forfettaria di tali spese è prevista dall’articolo 1, comma 106, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

Per la copertura finanziaria del relativo onere si provvede ai sensi dell’articolo 114.

 

Il comma 2 dispone poi il versamento all’entrata del bilancio dello Stato, per la riassegnazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle somme incassate a decorrere dal 1° gennaio 2019 a titolo di riduzione compensata dei pedaggi autostradali, dai consorzi, anche in forma societaria, dalle cooperative e dai raggruppamenti aventi sede in Italia ovvero in altro paese dell’Unione europea iscritti all’Albo nazionale degli autotrasportatori (albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto terzi di cui all’articolo 1 della legge 6 giugno 1974, n. 298), ovvero titolari di licenza comunitaria.

Si tratta delle somme che siano eventualmente rimaste nella disponibilità dei suddetti soggetti, in ragione dell’impossibilità di procedere al loro riversamento in favore dei beneficiari aderenti al consorzio, alla cooperativa ovvero al raggruppamento, per un periodo superiore a ventiquattro mesi, decorrenti dalla pubblicazione del decreto di pagamento concernente il rimborso compensato dei pedaggi delle imprese beneficiarie adottato dal citato Albo.

 

Si ricorda che l’art. 210 del D.L. n. 34 del 2020 contiene una norma analoga che si riferisce alle eventuali eccedenze delle somme incassate negli anni 2017 e 2018,  Tale disposizione ha previsto infatti il recupero, per destinarle ad iniziative deliberate dall’Albo degli autotrasportatori per il sostegno del settore, delle somme incassate a titolo di riduzione compensata dei pedaggi autostradali e rimaste nella disponibilità di consorzi, raggruppamenti e cooperative iscritte all’Albo degli autotrasportatori, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2018, affidando il monitoraggio e controllo dei relativi adempimenti al Comitato Centrale.

 

Le somme restituite sono destinate in favore di iniziative deliberate dall’Albo nazionale degli autotrasportatori per il sostegno del settore e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture.

 

Si ricorda che l’art. 2, co. 3 della legge n. 451/1998 ha previsto un finanziamento al Comitato centrale di 140 miliardi di lire per il 1998, per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione, anche con riferimento all'utilizzo delle infrastrutture, da realizzare mediante apposite convenzioni con gli enti gestori delle stesse. Lo stanziamento è stato stabilizzato a decorrere dal 2000, nella misura di 130 miliardi di lire, dall’art. 45, co. 1, lett. c) della legge n. 488 del 1999 e successivamente più volte rimodulato con numerosi provvedimenti; per il 2020 lo stanziamento in legge di Bilancio ammonta a 148,54 milioni di euro. Lo stanziamento è imputato al cap. 1330 del MIT, su cui vengono iscritte le risorse finanziarie, di volta in volta definite dalle leggi di revisione della spesa pubblica in termini di modifiche, integrazioni e/o riduzioni dell'iniziale stanziamento (si veda sub l’approfondimento “I finanziamenti all’autotrasporto”). Nell’ambito di tali stanziamenti viene finanziata la riduzione compensata dei pedaggi autostradali.

Le risorse finanziarie relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali vengono erogate alle imprese di autotrasporto aventi sede nell'Unione europea per incentivare i mezzi pesanti ad utilizzare la rete autostradale con conseguente minor congestione della rete stradale ordinaria e ricadute positive in termini di sicurezza della circolazione. Con la Delibera MIT n. 4 del 26 giugno 2019 sono state definite le disposizioni relative alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2018 e con la direttiva del Ministro n. RD 252 del 21 giugno 2019 è stato disposto che il  Comitato utilizzasse  le risorse finanziarie iscritte sul capitolo 1330 per l'anno 2019 per la copertura delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, pagati per i transiti effettuati nell'anno 2018 per un importo pari a euro 146.041.587. Nelle Note integrative alla Legge di Bilancio 2020 sono stimati 275.000 veicoli per il 2020 ammessi alla riduzione compensata dei pedaggi. La riduzione compensata è calcolata in ragione dei diversi scaglioni di fatturato globale annuo, sulla base della classe ecologica (almeno Euro III) del veicolo, premiando i veicoli meno inquinanti, come risulta dalla tabella allegata alla Delibera del MIT n. 2 del 24 aprile 2020 contenente le disposizioni per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali per transiti effettuati nell'anno 2019.

Si ricorda altresì che è stato pubblicato nella GU del 27 luglio 2020, il decreto del MIT 12 maggio 2020, che definisce le modalità di erogazione degli incentivi a favore degli investimenti nel settore dell'autotrasporto, Le risorse sono complessivamente pari ad euro 122.255.624 e sono destinate agli investimenti nel settore dell'autotrasporto per gli anni 2019 (per una quota residua di euro 18.155.624) e per le annualità 2020 (42.100.000  euro) e 2021 (per 62.000.000 euro). Le risorse sono destinate ad incentivi a beneficio delle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi attive sul territorio italiano, regolarmente iscritte al Registro elettronico nazionale (R.E.N.) e all'albo degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, la cui attività prevalente sia quella di autotrasporto di cose, per il rinnovo e l'adeguamento del parco veicolare, la radiazione per rottamazione nonché per l'acquisizione di beni strumentali per il trasporto intermodale.

 


 

Articolo 85, commi 1-4
(Misure compensative per il trasporto di passeggeri con
autobus non soggetti a obblighi di servizio pubblico)

 

 

L’articolo 85 detta, ai commi 1-4, disposizioni in materia di imprese di trasporto di passeggeri con autobus non soggetti a obblighi di servizio pubblico. Esso istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo destinato a compensare i danni subiti dalle imprese esercenti i servizi di trasporto di persone su strada mediante autobus e non soggetti a obblighi di servizio pubblico, in ragione dei minori ricavi registrati in conseguenza delle misure connesse all’emergenza da COVID-19, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto alla media dei ricavi registrati nel medesimo periodo del precedente biennio. Si prevede una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2020  e si demanda ad un D.M. del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di stabilire i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione, prevedendosi criteri per evitare sovra compensazioni. Agli oneri si provvede ai sensi dell’articolo 114 del decreto, in base a quanto previsto dal comma 4.

 

Nel dettaglio, il comma 1 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2020; esso è destinato alle imprese esercenti i servizi di trasporto di persone su strada mediante autobus e non soggetti a obblighi di servizio pubblico ai sensi del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285 in materia di trasporti interregionali ovvero sulla base di autorizzazioni regionali per compensare i danni subiti da suddette imprese in ragione dei minori ricavi registrati, in conseguenza delle misure di contenimento e di contrasto all’emergenza da COVID-19.

Si fa riferimento al periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 e si indica il parametro della media dei ricavi registrati nel medesimo periodo del precedente biennio.

Il D.Lgs. n. 285 del 2005 reca il Riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale. Esso attua gli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, commi 1, lettere a), b) e c), e 2, lettera a), della legge 1° marzo 2005, n. 32 (recante Delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose) e a tale fine: stabilisce le condizioni idonee al migliore soddisfacimento della domanda di mobilità delle persone nell'àmbito dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, così come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto medesimo; individua le misure atte a garantire la sicurezza dei viaggiatori, la qualità dei servizi offerti e il rispetto della normativa posta a base della sicurezza sociale; c) tutela la concorrenza tra le imprese e la trasparenza del mercato (art. 1).

Si ricorda che la legge n. 21/1992 detta la Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea. Essa ha previsto all'art. 4 che le regioni esercitano le loro competenze in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , e nel quadro dei principi fissati dalla legge stessa.

Le regioni, stabiliti i criteri cui devono attenersi i comuni nel redigere i regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, delegano agli enti locali l'esercizio delle funzioni amministrative attuative di cui al comma 1, al fine anche di realizzare una visione integrata del trasporto pubblico non di linea con gli altri modi di trasporto, nel quadro della programmazione economica e territoriale.

Nel rispetto delle norme regionali, gli enti locali delegati all'esercizio delle funzioni amministrative disciplinano l'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea a mezzo di specifici regolamenti, anche uniformati comprensorialmente per ottenere una maggiore razionalità ed efficienza. Presso le regioni e i comuni sono costituite commissioni consultive che operano in riferimento all'esercizio del servizio e all'applicazione dei regolamenti. Nel dare attuazione alla legge n. 21/1992, le regioni hanno individuato, con proprie leggi regionali, i criteri cui devono attenersi i comuni nei regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea e hanno delegato agli enti locali le relative funzioni amministrative. Si ricorda che si sono in tale ambito sviluppate negli ultimi anni, attraverso le nuove tecnologie, nuove forme di servizi di trasporto - non connotati in termini di servizio pubblico- in taluni casi di natura non commerciale (ad esempio il car pooling), anche sulla base di piattaforme informatiche; per ulteriori approfondimenti sui servizi non di linea si veda anche il tema web a cura della Camera.

 

La disposizione indica la finalità di sostenere il settore dei servizi di trasporto di persone effettuati su strada dalle imprese indicate nonché di mitigare gli effetti negativi derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di stabilire i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione.

 Tali criteri - al fine di evitare sovra compensazioni - sono definiti anche tenendo conto di:

§  costi cessanti

§  minori costi di esercizio derivanti dagli ammortizzatori sociali applicati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

§  costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza della medesima emergenza

§  Sono esclusi gli importi recuperabili da assicurazione, contenzioso, arbitrato o altra fonte per il ristoro del medesimo danno.

La relazione tecnica indica che è stata stimata nell’anno 2020 una perdita di fatturato di circa 106 milioni di euro (62,5 nei mesi di marzo, aprile e maggio e 43,75 nei periodi da giugno a dicembre, per cui l’importo del fondo pari a 20 milioni di euro corrisponde a circa il 20% della perdita stimata di fatturato nel 2020 dell’intero settore, risultando pertanto lo stanziamento congruo a compensare i danni subiti dal settore atteso che si prevede di evitare sovra compensazioni.

 

In base al comma 3, l’efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

 Agli oneri relativi, pari a 20 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 114 del decreto, in base a quanto previsto dal comma 4.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

Si ricorda che la sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863) prevede che la Commissione considererà aiuti di Stato compatibili con il mercato interno quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi a imprese che non fossero in difficoltà al 31 dicembre 2019 o che abbiano incontrato difficoltà o si siano trovate in una situazione di difficoltà successivamente, a seguito dell’epidemia da COVID-19; siano concessi entro il 31 dicembre 2020.

Articolo 85, commi 5 e 6
(Disposizioni sul trasporto aereo)

 

 

L’articolo 85 detta, ai commi 5 e 6, disposizioni relative alle imprese di trasporto aereo. Il comma 5 prevede, in considerazione del protrarsi dello stato di emergenza connesso alla pandemia COVID-19 e al fine di assicurare l’efficienza, la sicurezza e la continuità del trasporto aereo di linea di passeggeri ed evitare un pregiudizio grave e irreparabile alle imprese, che il Ministero dello sviluppo economico sia autorizzato ad erogare a titolo di anticipazione un importo complessivo non superiore a 250 milioni di euro alle imprese titolari di licenze aventi i requisiti di cui al comma 2 dell'articolo 79 del DL Cura Italia, che ne abbiano fatto ovvero ne facciano richiesta, a valere sul fondo istituito con la medesima disposizione. Ciò nelle more del perfezionamento dell’iter autorizzatorio, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea della misura di indennizzo prevista da tale norma.

Il comma 6 prevede, per le medesime finalità, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato ad erogare a titolo di anticipazione un importo complessivo non superiore a 50 milioni di euro alle imprese aventi i requisiti previsti dall'articolo 198 del D.L. rilancio, nelle more del perfezionamento dell’iter autorizzatorio europeo della misura prevista per la compensazione dei danni subiti dal trasporto aereo. Tali anticipazioni, comprensive di interessi al tasso Euribor sono restituite mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione ai rispettivi Fondi. In caso di perfezionamento della procedura di autorizzazione europea con esito positivo, non si dà luogo alla restituzione dell’anticipazione né al pagamento degli interessi e l’importo resta acquisito definitivamente dai beneficiari.

 

Il comma 5 prevede, in considerazione del protrarsi dello stato di emergenza connesso alla pandemia COVID-19, al fine di assicurare l’efficienza, la sicurezza e la continuità del trasporto aereo di linea di passeggeri ed evitare un pregiudizio grave e irreparabile alle imprese, che - nelle more del perfezionamento dell’ iter autorizzatorio, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, dell’indennizzo previsto dall’articolo 79, comma 2, del decreto legge Cura Italia, come modificato dall’articolo 202 del decreto legge c.d. Rilancio - il Ministero dello sviluppo economico, a valere sul fondo di cui al comma 7 del citato articolo 79, è autorizzato ad erogare, a titolo di anticipazione un importo complessivo non superiore a 250 milioni di euro alle imprese aventi i requisiti di cui al comma 2 del medesimo articolo 79 e che ne abbiano fatto ovvero ne facciano richiesta.

L'art. 79 del D.L. Cura Italia ha recato Misure urgenti per il trasporto aereo.

Esso prevede che ai fini dell'articolo stesso l'epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come calamità naturale ed evento eccezionale, ai sensi dell'articolo 107, comma 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. In particolare, il co 2. ha previsto che, in considerazione dei danni subiti dall'intero settore dell'aviazione a causa dell'insorgenza dell'epidemia da COVID 19, alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall'Enac che, alla data di entrata in vigore del decreto, adempiono ad oneri di servizio pubblico, sono riconosciute misure a compensazione dei danni subiti come conseguenza diretta dell'evento eccezionale al fine di consentire la prosecuzione dell'attività. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono stabilite le modalità di applicazione della presente disposizione. L'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Tale articolo è stato successivamente modificato dall'art. 202, comma 1, lett. a), del D.L. Rilancio, 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

Si ricorda che l’articolo 202 del D.L. rilancio è intervenuto infatti sul comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 (comma 1, lettera a), al fine di prevedere che anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dia il proprio concerto sul decreto del Ministro dello sviluppo economico che dovrà definire le modalità per attuare le misure a compensazione dei danni subiti come conseguenza diretta dell’epidemia di COVID 19 e al fine di consentire la prosecuzione dell'attività dalle compagnie aeree che adempiano ad oneri di servizio pubblico. Per approfondimenti sulle misure in materia di trasporto aereo e sistema aeroportuale, si veda anche il tema web a cura della Camera.

Si ricorda che tale articolo 202 del D.L. rilancio si concentra sulla modifica della disciplina concernente la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato o da società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta, già prevista dall’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020; viene istituto un nuovo Fondo di 3 miliardi di euro per finanziare gli interventi di capitalizzazione e di acquisizione di cespiti da parte della nuova società e rimodulata l’entità del Fondo previsto per il sostegno del trasporto aereo di cui al comma 2 dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Tale anticipazione comprensiva di interessi al tasso Euribor a sei mesi pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione, maggiorato

di 1.000 punti base, è restituita, entro il 15 dicembre 2020, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo di cui al comma 7 del citato articolo 79.

Il co. 7 dell'art. 79 citato, come rimodulato dal DL rilancio, ha previsto, per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 della medesima norma, l'istituzione nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico di un fondo con una dotazione di 350 milioni di euro per l'anno 2020.

 

In caso di perfezionamento della procedura con esito positivo, non si dà luogo alla restituzione dell’anticipazione né al pagamento degli interessi e l’importo resta acquisito definitivamente dai beneficiari.

 

Il comma 6 prevede, per le motivazioni e le finalità di cui al comma 5, che - nelle more del perfezionamento dell’ iter autorizzatorio ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea previsto all’articolo 198 del decreto-legge rilancio relativo alla istituzione di un fondo per la compensazione dei danni subiti dal trasporto aereo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato ad erogare , a valere sul fondo di cui al medesimo articolo 198, a titolo di anticipazione un importo complessivo non superiore a 50 milioni di euro alle imprese aventi i requisiti di cui al citato articolo e che ne facciano richiesta.

 Anche per tale profilo, si prevede che tale anticipazione, comprensiva di interessi al tasso Euribor a sei mesi pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base, è restituita, entro il 15 dicembre 2020, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al citato Fondo. In caso di perfezionamento della procedura con esito positivo, non si dà luogo alla restituzione dell’anticipazione né al pagamento degli interessi e l’importo resta acquisito definitivamente dai beneficiari.

 

L’articolo 198 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito un Fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione di 130 milioni di euro per l’anno 2020 al fine di compensare i danni subiti dagli operatori nazionali nel settore del trasporto aereo in ragione dell’epidemia di COVID 19.

In particolare il comma 1 è destinato alla compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali, diversi da quelli previsti dall’articolo 79, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) in corso di validità e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciati dall'Ente nazionale dell’aviazione civile, che impieghino aeromobili con una capacità superiore a 19 posti.

Come condizione necessaria per l’accesso al fondo si prevede che gli operatori applichino alla data di presentazione della domanda di accesso   ai propri dipendenti con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE). 965/2012, nonché ai dipendenti di terzi da essi utilizzati per lo svolgimento della propria attività, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Le modalità di applicazione della disposizione saranno definite con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze; esso dovrà anche stabilire le modalità di recupero dei contributi eventualmente riconosciuti ai vettori che non abbiano ottemperato alle disposizioni in materia di condizioni economiche minime applicabili al personale.

L'efficacia della disposizione è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

 

L’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano comunicati alla Commissione europea, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizierà senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

La Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020 e dalla Comunicazione 2020/C 164/03 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020.

 

 


 

Articolo 86
(Misure in materia di trasporto passeggeri su strada)

 

 

L’articolo 86 novella le disposizioni della legge di bilancio 2020 in materia di risorse per l’autotrasporto ed il rinnovo del parco veicoli, prevedendo che beneficiari delle risorse siano le imprese esercenti l’attività di trasporto di passeggeri su strada e non soggette ad obbligo di sevizio pubblico. Si amplia lo stanziamento a 53 milioni di euro per l'anno 2020. Si indica il termine del 31 dicembre 2020, anziché del 30 settembre 2020, per l'esecuzione degli investimenti che possono accedere ai finanziamenti e si aggiunge una nuova previsione in base a cui una quota pari a 30 milioni di euro delle risorse sono destinate al ristoro di rate o canoni di leasing  con scadenza compresa tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020 ed afferenti gli acquisti effettuati a partire dal 1° gennaio 2018, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di veicoli nuovi di fabbrica di categoria M2 ed M3 ed adibiti allo svolgimento del servizio di trasporto passeggeri su strada.

 

La norma novella disposizioni della legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160).

In particolare, con la lettera a) si novella il comma 113 della legge di bilancio 2020, in materia di risorse per il rinnovo del parco veicolare delle imprese di autotrasporto attive sul territorio italiano iscritte al Registro Elettronico Nazionale, prevedendo le seguenti modifiche:

§  si incide sull'ambito di applicazione della norma, prevedendo che beneficiari delle risorse siano gli investimenti da parte delle imprese di autotrasporto attive sul territorio italiano ed iscritte al Registro Elettronico Nazionale con la specificazione, introdotta dalla novella, che si tratti di imprese esercenti l’attività di trasporto di passeggeri su strada e che siano non soggette ad obbligo di sevizio pubblico (come chiarito dall'em. Coord. 1), mentre la norma previgente indicava quale ambito applicativo le imprese di autotrasporto in via generale. 

§  si amplia lo stanziamento, prevedendo risorse pari a 53 milioni di euro per l'anno 2020, anziché i 3 milioni previsti dalla norma novellata.

 

Si ricorda che i commi 113-117 della lg. Bilancio 2020 hanno stanziato 3 milioni di euro per l'anno 2020 per la concessione di contributi per il rinnovo, previa rottamazione, del parco veicolare delle imprese di autotrasporto attive sul territorio italiano iscritte al Registro Elettronico Nazionale con l'obiettivo di accrescere la sicurezza del trasporto su strada, oltreché di ridurre gli effetti climalteranti deviranti dal trasporto passeggeri su strada.

I particolare, l'art. 1, comma 113, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 ha previsto, al fine di accrescere la sicurezza del trasporto su strada e di ridurre gli effetti climalteranti derivanti dal trasporto passeggeri su strada, che in aggiunta alle risorse previste dalla vigente legislazione per gli investimenti da parte delle imprese di autotrasporto, fossero stanziate ulteriori risorse, pari a 3 milioni di euro per l'anno 2020, da destinare, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di aiuti agli investimenti, al rinnovo del parco veicolare delle imprese attive sul territorio italiano iscritte al Registro elettronico nazionale.

 

La relazione illustrativa alla disposizione precisa che si tratta di risorse destinate alle imprese che esercitano servizi di trasporto passeggeri su strada mediante autobus non soggetti a contribuzione pubblica, escludendo, in tal modo, dal novero dei beneficiari le imprese esercenti l’attività di trasporto pubblico locale, in quanto già destinatarie delle misure di ristoro di cui all’articolo 200 del decreto-legge “Rilancio” del 19 maggio 2020, n. 34.

 

Con la lettera b) si novella il comma 114, prevedendo tali modifiche:

§  si sopprime il riferimento ai soli veicoli adibiti al trasporto passeggeri, cui faceva specifico riferimento la previgente norma in relazione agli investimenti avviati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio fino al 30 settembre 2020 e finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli a motorizzazione indicati;

Si ricorda più nel dettaglio che il co. 114 della legge di bilancio 2020 ha previsto che i contributi di cui al precedente comma 113 sono destinati a finanziare, nel caso di veicoli adibiti al trasporto passeggeri - in base alla previsione qui espunta con la novella -, anche ai sensi di quanto previsto dall'articolo 10, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, gli investimenti avviati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio fino al 30 settembre 2020 e finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli a motorizzazione termica fino a euro IV, adibiti al trasporto passeggeri ai sensi della legge 11 agosto 2003, n. 218, e del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, e di categoria M2 o M3, con contestuale acquisizione, anche mediante locazione finanziaria, di autoveicoli, nuovi di fabbrica, adibiti ai predetti servizi di trasporto passeggeri e di categoria M2 o M3, a trazione alternativa a metano (CNG), gas naturale liquefatto (GNL), ibrida (diesel/elettrico) ed elettrica (full electric) ovvero a motorizzazione termica e conformi alla normativa euro VI di cui al predetto regolamento (CE) n. 595/2009.

 

§  si stabilisce il nuovo termine del 31 dicembre 2020, anziché del 30 settembre 2020, per l'avvio degli investimenti che possono accedere ai finanziamenti;

 

§  Si aggiunge una nuova previsione in base a cui per le medesime finalità di cui al comma 113 una quota pari a 30 milioni di euro delle risorse è destinata al ristoro di rate o canoni di leasing; si tratta di importi:

-  con scadenza compresa tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020

- ed afferenti gli acquisti effettuati a partire dal 1° gennaio 2018, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di veicoli nuovi di fabbrica di categoria M2 ed M3 ed adibiti allo svolgimento del servizio di trasporto di passeggeri su strada.

La disposizione esplicita che si tratta degli acquisti fatti dalle imprese indicate al comma 113, che - come novellato ai sensi della precedente lettera a) - fa ora riferimento alle imprese esercenti l’attività di trasporto di passeggeri su strada e non soggetti ad obbligo di sevizio pubblico.

Si ricorda che l’articolo 47 del Codice della strada che identifica le categorie di veicoli individua:

? con la categoria M2: i veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima non superiore a 5 t;

? con la categoria M3: i veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima superiore a 5 t.

 

A fini di inquadramento della materia, si ricorda altresì che i commi 115 e 116 della medesima legge di bilancio, non oggetto di novella, prevedono che i contributi - di entità variabile, da un minimo di 4.000 a un massimo di 40.0000 euro per ciascun veicolo, e differenziati in ragione della categoria M2 o M3 del nuovo veicolo - siano erogati fino a concorrenza delle risorse disponibili, escludendone la cumulabilità con altre agevolazioni relative al medesimo tipo di investimento, incluse quelle concesse a titolo de minimis ai sensi del Reg. UE n. 1407/2013.

Si segnala poi che il comma 117 della medesima legge ha demandato ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro 15 giorni dall'entrata in vigore della legge di bilancio, la disciplina delle modalità e dei termini di presentazione delle domande di contributo, i criteri di valutazione delle stesse, l'entità del contributo massimo riconoscibile e le relative modalità di erogazione. I

criteri di valutazione delle domande assicurano la priorità al finanziamento degli investimenti per la sostituzione dei veicoli a motorizzazione termica maggiormente inquinanti.

Si valuti di chiarire i termini dell'adozione della regolamentazione attuativa della normativa qui in esame, già previsti dal co. 117 della legge di bilancio 2020 (qui non oggetto di modifiche) attese le modifiche ora apportate alla normativa stessa.

 

Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 114.

 


 

Articolo 87
(Misure urgenti per il trasporto aereo)

 

 

L’articolo 87 modifica le disposizioni relative alla costituzione di una nuova compagnia aerea a totale partecipazione pubblica prevista dall’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020. Le modifiche introdotte concernono la fase di immediata costituzione della medesima società precisando che l’esercizio dell’attività da parte della stessa sia subordinato alle valutazioni (e non all’autorizzazione) della Commissione europea. Viene inoltre previsto per legge il capitale sociale iniziale della società, fissato in 20 milioni di euro, e finalizzato alla predisposizione del piano industriale, precisando che lo stesso piano industriale sia sottoposto alle valutazioni della Commissione europea e debba essere adeguato tenendo conto della decisione della medesima Commissione. Viene infine precisato che, qualora il parere parlamentare sul piano industriale non sia reso nel termine di trenta giorni, si possa prescindere da esso.

 

In particolare la disposizione modifica il comma 3 e novella il comma 4-bis, introdotto dal decreto-legge n. 34 del 2020, dell’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il comma 3 dell’articolo 79 del decreto-legge n.  18 del 2020 autorizza, al primo periodo, la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta per l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci.

La modifica prevista dal comma 1, lettera a) della disposizione in commento riguarda la formulazione del secondo periodo che, nel testo ora introdotto prevede che l’esercizio dell’attività sia subordinato alle valutazioni della Commissione europea.

La formulazione precedente vigente subordinava l’efficacia della norma del comma 3 “all’autorizzazione della Commissione europea”.

 

Con la nuova formulazione quindi la costituzione della società non dovrebbe essere soggetta ad alcuna “autorizzazione” mentre il concreto esercizio dell’attività di trasporto aereo formerà oggetto di valutazione da parte della Commissione.

 

La novella all’articolo 4-bis avente ad oggetto la formulazione del piano industriale della società, la procedura di formazione dello stesso e le operazioni che la medesima società è autorizzata a porre in essere è stata introdotta dal comma 1, lettera b) dell’articolo in commento.

 

Rispetto al testo precedentemente vigente si prevedono le seguenti novità:

§  si prevede che la costituzione della società sia prevista “anche ai fini dell’elaborazione del piano industriale” mentre nel testo precedentemente vigente la predisposizione del piano industriale non era indicata tra le finalità della costituzione della società ma ne costituiva la prima attività operativa successiva alla costituzione;

§  viene determinato per legge il capitale sociale iniziale pari a 20 milioni di euro, cui si provvede a valere sul fondo di 3 miliardi di euro previsto dal comma 7;

 

Si segnala a questo proposito l’opportunità di adeguare conseguentemente il comma 4 dell’articolo 79 nella parte in cui dispone che sia lo statuto a definire il capitale sociale iniziale della società.

 

§  si precisa che il piano industriale sia redatto ed approvato dal Consiglio di amministrazione della società, sempre entro trenta giorni dalla costituzione della società. Nel testo precedentemente vigente la redazione del piano industriale veniva genericamente imputato “alla società” mentre l’approvazione non era menzionata;

§  si dispone, con riferimento al parere che le Commissioni parlamentari competenti per materia possono rendere sul testo del piano industriale, entro 30 giorni dalla data di assegnazione dello stesso, già previsto dalla formulazione della disposizione precedentemente vigente, che, decorsi i citati trenta giorni si possa “prescindere dallo stesso”;

 

Andrebbero pertanto precisati gli effetti del parere parlamentare nel caso in cui esso venga reso nei termini citati, anche valutando l’opportunità di prevedere un riscontro in merito al recepimento del parere medesimo e alle eventuali motivazioni del mancato recepimento, in tutto o in parte dello stesso.

 

§  si dispone che il piano industriale sia trasmesso alla Commissione europea per le valutazioni di competenza e che la società procede all’integrazione o alla modifica del piano industriale, tenendo conto della decisione della Commissione europea.

 

A questo proposito andrebbe chiarito il rapporto tra la previsione del comma 3 e quella della nuova formulazione del comma 4-bis. Non appare infatti chiaro se l’oggetto della valutazione da parte della Commissione europea sull’esercizio dell’attività di trasporto aereo di passeggeri e merci, che forma oggetto del comma 3, si differenzi da quella sul piano industriale della società medesima posto che le modalità secondo le quali sarà organizzata in concreto l’attività di trasporto aereo dovrà essere delineata proprio nel piano industriale.

 

Restano invariate infine le disposizioni vigenti nella formulazione del comma 4-bis riguardanti le attività alle quali è autorizzata la società in particolare si conferma che:

§  il piano industriale di sviluppo e ampliamento dell’offerta include strategie strutturali di prodotto;

§  il piano industriale può prevedere la costituzione di una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché l’acquisto o l’affitto, anche a trattativa diretta, di rami d’azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria.


 

Articolo 88
(Decontribuzione per le imprese esercenti attività
di cabotaggio e crocieristiche)

 

 

L’articolo 88 estende a decorrere dal 1° agosto 2020 e fino al 31 dicembre 2020, alle imprese armatoriali delle unità o navi iscritte nei registri nazionali che esercitano attività di cabotaggio, di rifornimento dei prodotti petroliferi necessari alla propulsione ed ai consumi di bordo delle navi, nonché adibite a deposito ed assistenza alle piattaforme petrolifere nazionali, l’esenzione dagli oneri previdenziali e assistenziali prevista  per gli armatori e il personale iscritti nei registro internazionale dall’articolo 6, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457 (comma 1), rimettendo ad un decreto ministeriale le modalità attuative delle sopra citate disposizioni e fissando un limite di 28 milioni di euro per l’anno 2020 e 7 milioni di euro per l’anno 2021 (comma 2). La norma prevede anche la copertura finanziaria dell’intervento (comma 3).

 

L’articolo 6, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 1998, le imprese armatrici, per il personale avente i requisiti per essere iscritto nelle matricole della gente di mare ed imbarcato su navi iscritte nel Registro internazionale, nonché lo stesso personale suindicato sono esonerati dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge.

 

Le finalità dell’intervento, indicate dal comma 1, sono quella di mitigare gli effetti negativi derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, di salvaguardare i livelli occupazionali delle imprese esercenti attività crocieristica e di cabotaggio marittimo nonché di consentire la prosecuzione delle attività essenziali marittime, la continuità territoriale, la salvaguardia dei livelli occupazionali, la competitività e l’efficienza del trasporto locale ed insulare via mare.

 

Il comma 2 rimette infine ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, l’individuazione delle modalità attuative del comma 1, stabilendo inoltre il limite di spesa, pari a 28 milioni di euro per l’anno 2020 e 7 milioni di euro per l’anno 2021, per un totale di 35 milioni di euro.

 

Il comma 3 rinvia alla norma di copertura finanziaria di cui all’articolo 114, alla cui scheda si rinvia per approfondimenti, la copertura finanziaria dell’intervento pari a 28 milioni di euro per l’anno 2020 e 7 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno e a 35 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto.

 

I registri delle navi previsti dalla normativa nazionale

 

Ai fini dell’ammissione alla navigazione, il Codice della navigazione, all’articolo 136, distingue le navi in navi maggiori (ossia le navi alturiere) e navi minori (ossia le navi costiere, quelle del servizio marittimo dei porti e le navi addette alla navigazione interna) prevedendo l’applicazione delle norme relative alle navi, se non diversamente disposto, anche ai galleggianti mobili adibiti a qualsiasi servizio attinente alla navigazione o al traffico in acque marittime o interne.

Le navi maggiori sono iscritte nelle matricole tenute dagli uffici di compartimento marittimo, sedi di direzione marittima. Le navi minori e i galleggianti sono iscritti nei registri tenuti dagli uffici di compartimento mentre per le navi e i galleggianti addetti alla navigazione interna i registri sono tenuti dagli ispettori di porto e dagli altri uffici indicati da leggi e regolamenti.

Ai fini dell’iscrizione nei sopra citati registri, rispondono al requisito della nazionalità italiana, secondo le previsioni dell’articolo 143 del Codice della navigazione:

a)    le navi che appartengono per una quota superiore a dodici carati a persone fisiche giuridiche o enti italiani o di altri Paesi dell'Unione europea;

b)   le navi di nuova costruzione o provenienti da un registro straniero non comunitario, appartenenti a persone fisiche, giuridiche o enti stranieri non comunitari i quali assumano direttamente l'esercizio della nave attraverso una stabile organizzazione sul territorio nazionale con gestione demandata a persona fisica o giuridica di nazionalità italiana o di altri Paesi dell'Unione europea, domiciliata nel luogo di iscrizione della nave, che assuma ogni responsabilità per il suo esercizio nei confronti delle autorità amministrative e dei terzi, con dichiarazione da rendersi presso l'ufficio di iscrizione della nave, secondo le norme previste per la dichiarazione di armatore.

Le navi maggiori che risultano già iscritte in un registro straniero in regime di sospensione temporanea a seguito di locazione a scafo nudo a soggetto italiano e/o dell’unione europea queste possono essere iscritte in un registro nazionale speciale.

Oltre ai citati registri nazionali la legislazione italiana prevede anche un registro internazionale al quale sono iscritte le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. Tali navi non possono effettuare servizi di cabotaggio oltre i limiti previsti dall’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457.

Il Registro Internazionale è diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente:

Il Registro internazionale è diviso in tre sezioni nelle quali sono iscritte rispettivamente: le navi che presentano le caratteristiche di cui alla lettera a) dell’articolo 143 del Codice della navigazione (sopra descritte); le navi di cui alla lettera b) dell’articolo 143 del Codice della navigazione (sopra descritte); le navi che appartengono a soggetti comunitari o non comunitari, in regime di sospensione da un registro comunitario o non comunitario, ai sensi del comma secondo dell'articolo 145 del codice della navigazione, a seguito di locazione a scafo nudo a soggetti giuridici italiani o di altri Paesi dell'Unione europea. Non possono comunque essere iscritte nel Registro internazionale le navi da guerra, le navi di Stato in servizio non commerciale, le navi da pesca e le unità da diporto. Con riferimento a queste ultime si prevede la possibilità di iscrizione nel registro internazionale delle navi con scafo di lunghezza superiore a 24 metri, adibite in navigazione internazionale esclusivamente al noleggio per finalità turistiche (articolo 3 della legge n. 172 del 2003).

Le navi iscritte nel registro internazionale godono di alcune deroghe in materia di nazionalità dei componenti dell’equipaggio (articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457) e di alcuni benefici di carattere fiscale (articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457) e contributivo (articolo 6 del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457).

 


 

Articolo 89
(Istituzione di un fondo per la compensazione dei danni subiti
dal settore del trasporto marittimo)

 

 

L’articolo 89 istituisce un Fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro, volto a compensare le imprese armatoriali che operano con navi di bandiera italiana, iscritte nei registri alla data del 31 gennaio 2020, impiegate nei trasporti di passeggeri e combinati di passeggeri e merci via mare, anche in via non esclusiva, per l’intero anno, con riferimento alla riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri trasportati nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto alla media dei ricavi registrata nel medesimo periodo del precedente biennio (comma 1). I criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione saranno definiti con un decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze (comma 2). L’intervento è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea (comma 3) e se ne disciplina la copertura finanziaria (comma 4).

 

Il comma 1 indica anche le finalità del Fondo che viene istituito in considerazione dei danni subiti dall’intero settore del trasporto marittimo a causa dell’insorgenza dell’epidemia da COVID19 ed è finalizzato a salvaguardare i livelli occupazionali e la competitività ed efficienza dei collegamenti combinati passeggeri e merci via mare.

 Il comma 2 prevede che i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione, definiti dal citato decreto, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, al fine di evitare sovra compensazioni, sono definiti anche tenendo conto:

§  dei costi cessanti;

§  dei minori costi di esercizio derivanti dagli ammortizzatori sociali applicati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

§  dei costi aggiuntivi sostenuti in conseguenza della medesima emergenza.

Si prevede espressamente l’esclusione degli importi recuperabili da assicurazione, contenzioso, arbitrato o altra fonte per il ristoro del medesimo danno.

Il comma 3 prevede che tale forma di aiuto di Stato sia subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea.

 

L’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone che siano comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo 2 del medesimo articolo per i casi di aiuti non compatibili con il mercato interno o di aiuto attuato in modo abusivo.

La procedura prevede che la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, decide che lo Stato interessato deve sopprimere o modificare nel termine da essa fissato l’aiuto non compatibile o attuato in modo abusivo. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea.

A richiesta dello Stato membro, il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle disposizioni dell'articolo 107 o ai regolamenti di cui all'articolo 109, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione.

Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo. Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entro tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

In ogni caso lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

Si ricorda che la Commissione europea ha emanato la Comunicazione C(2020)1863 (GU C 91I, 20.3.2020) avente ad oggetto il “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del  COVID-19” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 20 marzo 2020, modificato poi dalla Comunicazione 2020/C 112 I/01, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 4 aprile 2020, dalla Comunicazione 2020/C 164/03, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 maggio 2020, e dalla Comunicazione 2020/C 218/03, pubblicata sulla  Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 2 luglio 2020.

 

Il comma 4 disciplina la copertura finanziaria dell’intervento rinviando alla norma di copertura di cui all’articolo 114, alla cui scheda si rinvia per approfondimenti.

 


 

Articolo 89-bis
(Collegamenti ferroviari via mare tra la Sicilia e la Penisola)

 

 

L’articolo 89-bis, introdotto al Senato, è volto a fare sì che l'impiego di mezzi navali veloci per l’attraversamento ferroviario dello Stretto di Messina, nell’ambito del contratto di programma 2016-2021, parte servizi, e in conformità a quanto previsto dalla concessione della rete ferroviaria nazionale a Rete ferroviaria italiana, riguardi anche la tratta Messina-Reggio Calabria.

 

 

La modifica consiste in una novella dell’articolo articolo 47, comma 11-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

 

Tale disposizione ha disposto che l’attraversamento dello Stretto di Messina, nell’ambito della Concessione sessantennale a Rete ferroviaria italiana di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione n. 138 T del 31 ottobre 2000 (all'articolo 2, comma 1, lettera e)), può essere eseguito anche attraverso l'impiego di mezzi navali veloci il cui modello di esercizio sia correlato al servizio di trasporto ferroviario da e per la Sicilia nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente destinate al Contratto di programma-parte servizi tra lo Stato e la società Rete ferroviaria italiana Spa e fermi restando i servizi ivi stabiliti.

 

La novella proposta inserisce nel testo della disposizione che tale collegamento veloce possa essere assicurato in particolare nelle tratte, andata e ritorno, Messina-Villa San Giovanni e Messina-Reggio Calabria.

 

La formulazione del contratto di programma 2016-2021, parte servizi indica tra le tratte ricomprese nell’ambito dei Collegamenti ferroviari marittimi per garantire la continuità territoriale esclusivamente la tratta Messina-Villa San Giovanni e la tratta Villa San Giovanni/Messina - Golfo Aranci (entrambe nelle due direzioni).

 

Pertanto la nuova formulazione dell’articolo 47, comma 11-bis, del decreto-legge n. 50 del 2017 anche alla tratta Messina-Reggio Calabria.

 

Il punto 13 delle premesse al contratto di programma 2106-2021, parte servizi prevede peraltro che “il Gestore ed il Ministero potranno congiuntamente definire eventuali diverse modalità necessarie per assicurare la continuità territoriale nello Stretto di Messina, quantificando, nel limite delle risorse a carico del bilancio dello Stato, i relativi effetti economici riguardo agli oneri a carico del presente Contratto”.

 


 

Articolo 90
(Modifiche al Buono viaggio)

 

 

L’articolo 90 modifica il regime del buono viaggio, introdotto dall’articolo 200-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, portando a 35 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo, originariamente pari a 5 milioni di euro, destinato alla concessione, fino all'esaurimento delle risorse, di un buono viaggio, da utilizzare per gli spostamenti effettuati a mezzo del servizio di taxi ovvero di noleggio con conducente in favore di persone in situazioni di disagio. Sono oggetto di modifica anche le modalità di ripartizione del Fondo tra gli enti locali destinatari delle risorse e vengono precisate le modalità secondo le quali i comuni procedono all’erogazione dei buoni.

 

In particolare il comma 1, lettera a) novella il comma 1 dell’articolo 200-bis del decreto-legge n. 34 del 2020. Le modifiche concernono:

§  le risorse destinate al Fondo, che vengono portate da 5 milioni di euro a 35 milioni di euro;

§  la soppressione del riferimento al termine iniziale del 15 luglio 2020 per l’accesso al buono viaggio;

 

Andrebbe a questo proposito valutata l’opportunità di chiarire se eventuali servizi di taxi o noleggio con conducente fruiti da cittadini nelle condizioni previste dal testo del decreto-legge n. 34 del 2020, dal 15 luglio 2020 alla data di entrata in vigore della presente disposizione, possano o meno formare oggetto del buono viaggio.

§  la destinazione delle risorse che, oltre che in favore delle persone fisicamente impedite o comunque a mobilità ridotta, con patologie accertate, anche se accompagnate, sono altresì attribuite anche a persone appartenenti a nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus COVID-19 o in stato di bisogno;

 

Tali ultimi soggetti erano indicati, nella precedente formulazione del comma 4 dell’articolo 200-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, come destinatari preferenziali dei buoni, da parte dei comuni, qualora tuttavia rientranti tra i “soggetti fisicamente impediti, a mobilità ridotta, con patologie accertate”. La nuova formulazione estende invece a questa categoria di soggetti l’accesso al buono indipendentemente dal ricorrere delle condizioni appena ricordate. 

Conseguentemente il comma 1, lettera c) modifica il comma 4 dell’articolo 200-bis sopprimendo il riferimento a tali soggetti, tra i criteri preferenziali per l’assegnazione dei buoni viaggio. Resta fermo invece il criterio di privilegiare, nell’assegnazione dei buoni, i nuclei familiari e i soggetti non già assegnatari di misure di sostegno pubblico.

 

Con riferimento al comma 1 dell’articolo 200-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 non vengono invece modificati:

§  l’importo del buono, che rimane pari al 50 per cento della spesa sostenuta e che, comunque, non può superare euro 20 per ciascun viaggio e deve essere utilizzato per gli spostamenti effettuati fino al 31 dicembre 2020 (non è più prevista la data iniziale del 15 luglio);

§  la finalità dell’intervento, che rimane quella di sostenere la ripresa del settore del trasporto pubblico non di linea eseguito mediante il servizio di taxi ovvero mediante il servizio di noleggio con conducente e consentire un'efficace distribuzione degli utenti del predetto trasporto pubblico, in considerazione delle misure di contenimento adottate per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19;

§  il regime giuridico dei buoni viaggio che non sono cedibili, non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (comma 1).

 

Il comma 1, lettera b), novella il comma 2 dell’articolo 200-bis del decreto-legge n. 34 del 2020.

Si prevede innanzi tutto che il trasferimento delle risorse del Fondo a beneficio degli enti locali sarà effettuata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge all’esame (e non più entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2020, come previsto nella formulazione precedentemente vigente).

Sono inoltre modificati i criteri di ripartizione del Fondo.

In particolare si dispone che una quota pari al 50 per cento del totale, per complessivi 17,5 milioni di euro, sia ripartita in proporzione alla popolazione residente in ciascun comune interessato; una quota pari al 30 per cento, per complessivi 10,5 milioni di euro, sia ripartita in proporzione al numero di licenze per l’esercizio del servizio di taxi o di autorizzazioni per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente rilasciate da ciascun comune interessato; la restante quota del 20% sia ripartita in parti uguali tra tutti i comuni interessati.

 

La precedente formulazione del comma 2 prevedeva che una quota pari all’80 per cento del totale, per complessivi 4 milioni di euro, fosse ripartita in proporzione alla popolazione residente in ciascun comune interessato mentre una quota pari al restante 20 per cento, per complessivi 1 milione di euro, venisse ripartita in parti uguali tra tutti i comuni interessati.

 

Rispetto alle previsioni precedentemente vigenti viene quindi introdotto un terzo criterio di ripartizione, che fa riferimento al numero di licenze per l’esercizio del servizio di taxi o di autorizzazioni per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente rilasciate da ciascun comune sulla base del quale viene assegnata una quota pari al 30% delle risorse.

Posto che contestualmente viene ridotta dall’80% al 50% la quota parte delle risorse da assegnare in proporzione alla popolazione di ciascun comune interessato se ne desume che tale nuovo criterio dovrebbe assicurare una compensazione proporzionalmente maggiore ai comuni con un numero più alto di licenze per taxi e NCC per residente.

 

Non forma oggetto di modifica il comma 3 dell’articolo 200-bis che prevede che le risorse spettanti ai comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono assegnate alle predette autonomie, che provvedono al successivo riparto in favore dei comuni ricadenti nel proprio territorio (comma 3).

 

Il comma 2 disciplina la copertura finanziaria dell’intervento rinviando alla norma di cui all’articolo 114, alla cui scheda si rimanda per approfondimenti.

 

 


 

Articolo 91
(Internazionalizzazione degli enti fieristici e
delle start-up innovative)

 

 

L’articolo 91 istituisce un'apposita sezione del Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato per l’internazionalizzazione delle imprese, volta al supporto ai processi di internazionalizzazione degli enti fieristici italiani, costituiti in forma di società di capitali. Le iniziative possono essere realizzate mediante interventi temporanei di partecipazione nel capitale di rischio con quote di minoranza, sottoscrizione di altri strumenti finanziari, nonché concessione di finanziamenti, secondo termini, modalità e condizioni stabiliti con delibera del Comitato agevolazioni, a condizioni di mercato o nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato. Si incrementano di 300 milioni di euro per il 2020 le disponibilità del predetto fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato. Il Comitato agevolazioni determina, nei limiti sopra indicati, la quota parte del fondo rotativo da destinare alla nuova sezione del fondo stesso. Si incrementa ulteriormente di € 63 milioni per il 2020 l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la promozione integrata per la concessione (nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato) di cofinanziamenti a fondo perduto fino al 50 per cento dei finanziamenti a loro volta concessi a valere sul suddetto Fondo di rotazione. L'ambito di operatività del Fondo rotativo per operazioni di venture capital istituito presso la SIMEST (che viene incrementato di 100 milioni di euro per il 2020) è esteso a tutti gli Stati e territori esteri anche appartenenti all'Unione europea e gli interventi del predetto Fondo possono riguardare anche iniziative promosse dalle start-up innovative. Ai fini della copertura finanziaria del maggiore onere derivante dal disposto incremento del Fondo per la promozione integrata, pari a 63 milioni di euro per il 2020, è incrementato di € 100 mln l'apposito capitolo di bilancio istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per assicurare la possibilità di una più ampia forma di tutela delle posizioni lavorative qualora necessario per il prolungarsi degli effetti sul piano occupazionale dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Il comma 1 istituisce un'apposita sezione del Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato per l’internazionalizzazione delle imprese (articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 - L. n. 394/1981), volta al supporto ai processi di internazionalizzazione degli enti fieristici italiani, costituiti in forma di società di capitali.

 

La definizione legislativa di «enti fieristici» era recata dall'art. 2, co. 1, lett. g), della legge quadro sul settore fieristico (L. 7/2001), secondo cui tali enti sono i soggetti che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, dei quartieri fieristici (le aree appositamente attrezzate ed edificate per ospitare manifestazioni fieristiche, ed a tal fine destinate dalla pianificazione urbanistica territoriale), anche al fine di promuovere l'attività fieristica.

Tale legge è stata abrogata dall'art. 6 della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004) in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (ora Corte di giustizia dell'Unione europea) del 15 gennaio 2002 nella causa C439/99. In essa, la Corte ricordava (punti 2 e 3), che a seguito delle denunce presentate da taluni operatori del settore fieristico, la Commissione aveva esaminato diverse normative nazionali, regionali e provinciali italiane in materia di fiere, esposizioni, mostre e mercati. Al termine di tale esame, la Commissione aveva ritenuto che una prima serie di disposizioni fosse in contrasto con il principio della libera prestazione dei servizi, e che una seconda serie di disposizioni fosse in contrasto sia con il principio della libera prestazione dei servizi sia con il principio della libertà di stabilimento. La Corte rilevava inoltre (punto 21) che per quanto concerne l'attività di organizzatore di fiere, si tratta di un'attività economica che rientra nel capitolo del Trattato relativo al diritto di stabilimento quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e continuativa, a partire da un centro di attività principale o secondario in quest'ultimo Stato membro, mentre rientra nel capitolo del Trattato relativo ai servizi quando è svolta da un cittadino di uno Stato membro che si sposta in un altro Stato membro per esercitarvi tale attività in via temporanea. La Corte riteneva fondate entrambe le censure della Commissione, la prima relativa ad una violazione del principio della libera prestazione dei servizi (punti 24-34), e la seconda relativa ad una violazione dei principi della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento (punti 35-42), relativamente ad un gruppo di norme statali e sub-statali da essa contestate. La Corte concludeva quindi che la Repubblica italiana, avendo mantenuto in vigore tali norme fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 59-61 e 63-66 del Trattato nonché in forza degli artt. 52 e 54-58 del Trattato.

In tale contesto, il problema della qualificazione giuridica degli enti fieristici è stato affrontato in varie sedi e da vari organi.

Come ricorda l'ANAC nel parere n. 61 del 19 marzo 2014, la giurisprudenza più risalente era pressoché concorde sull’esclusione degli enti fieristici dal novero degli organismi di diritto pubblico, tenuti all’osservanza delle regole concorrenziali dettate dalle direttive comunitarie in materia di appalti (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 1998 n. 1267; Cass. Civ., sez. un., 4 aprile 2000 n. 97). In questo senso era stata risolta la questione dell’applicabilità delle regole di evidenza pubblica agli appalti dell’Ente Fiera di Milano: come è noto, la risposta della giurisprudenza era stata negativa, sul presupposto che l’ente fieristico difettasse di uno dei requisiti indicati dall’art. 1 – lett. b) della Direttiva 1992/50/CE, che fa riferimento ad un organismo istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. L’Ente Fiera di Milano, sorto come comitato agli inizi del secolo scorso ed eretto a persona giuridica di diritto privato nel 1922, ha come scopo risultante dall’atto costitutivo (approvato con R.D. n. 919 del 1922) di provvedere all’attuazione di mostre campionarie e temporanee, in prosecuzione dell’iniziativa fin qui esistente denominata Fiera di Milano, senza alcuna attribuzione di potestà pubblicistiche. Secondo la giurisprudenza citata, il fine così individuato, sebbene inerente ad un bisogno collettivo degli operatori economici (in specie alle esigenze di promozione commerciale dei vari settori della produzione di beni e servizi), non integrava il carattere “non commerciale” richiesto dalla norma comunitaria per la qualificazione dell’ente come organismo di diritto pubblico. Inoltre, il fatto che l’ente fieristico milanese operasse secondo criteri di rendimento, di efficacia e di redditività, senza la previsione di alcun meccanismo di copertura delle eventuali perdite finanziarie, concorreva ad escludere la sua natura pubblicistica. Va tuttavia rilevato che, nei più recenti orientamenti della giurisprudenza amministrativa, il problema della qualificazione giuridica degli enti fieristici è stato diversamente affrontato e risolto, sulla base della verifica delle finalità istituzionali e delle modalità operative concretamente perseguite. Ad esempio, è stata riconosciuta la qualificazione di organismo di diritto pubblico all’Ente Autonomo Fiera del Levante di Bari (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, 11 novembre 2008 n. 2558) ed alla società Fiere Internazionali di Bologna (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2011 n. 6835).

In sintesi, la più recente giurisprudenza ha assegnato rilevanza non al carattere industriale o commerciale dell’attività gestionale posta in essere dall’organismo, bensì al carattere dell’interesse al cui perseguimento detta attività è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta (in tal senso, cfr. Corte Giust. CE, 10 novembre 1998, C-360/96, BFI Holding). Così, è stato affermato che l’organizzazione di eventi fieristici soddisfa un interesse di carattere generale, il quale trascende quello propriamente commerciale degli imprenditori invitati, giacché la gestione di spazi pubblici realizzati con risorse erariali concorre soprattutto a realizzare un effetto promozionale del territorio ed a soddisfare il bisogno dei cittadini utenti di fruire di un’offerta qualificata di esposizioni. La rilevanza pubblicistica degli eventi organizzati nell’area fieristica, tenuto conto del vasto pubblico di visitatori e del ritorno di immagine, oltre che economico, che il territorio riceve dalla organizzazione di tali eventi, risulta ben più significativa rispetto al profilo commerciale connesso al corrispettivo che il gestore richiede agli espositori per l’ammissione alle manifestazioni fieristiche, corrispettivo volto a remunerare essenzialmente la messa a disposizione dello spazio fieristico con i connessi servizi di pulizia, vigilanza etc. Che tali bisogni “non commerciali” coesistano con lo scopo di intermediazione e diffusione, tipico dell’attività fieristica al servizio delle imprese, non costituisce ostacolo alla configurazione dell’organismo di diritto pubblico. In proposito, la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che non è necessario che l’organismo sia destinato a soddisfare in via esclusiva bisogni generali privi di carattere commerciale o industriale, ma al contrario è sufficiente che una parte anche minima dell’attività presenti tale qualità, anche se quella residua riveste carattere commerciale o industriale, perché l’ente debba catalogarsi come organismo di diritto pubblico, in ossequio ad esigenze di certezza del diritto ed alla ratio di estendere, nei casi dubbi, le ipotesi di assoggettabilità alle regole dell’evidenza pubblica, in relazione a quelle figure organizzative che sono comunque riconducibili all’ambito pubblicistico (cfr. Corte Giust. CE, 15 gennaio 1998, C-44/96, Mannesmann). La qualità di organismo di diritto pubblico non dipende in alcun modo dall’importanza relativa che, nell’attività dell’organismo medesimo, è rivestita dal soddisfacimento di bisogni di interesse generale di carattere non industriale o commerciale, risultando piuttosto sufficiente a tal fine che il perseguimento di tale tipologia di bisogno rientri fra i compiti istituzionali dell’ente, anche senza carattere di preminenza (Corte Giust. CE, 10 novembre 1998, C-360/96, BFI Holding).

 

Per la descrizione del funzionamento del Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato, si veda la Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2019 (documento XIV, n. 3) della Corte dei conti, volume I, tomo II, pp. 53-56.

 

Le iniziative possono essere realizzate mediante interventi temporanei di partecipazione nel capitale di rischio con quote di minoranza, sottoscrizione di altri strumenti finanziari, nonché concessione di finanziamenti, secondo termini, modalità e condizioni stabiliti con delibera del Comitato agevolazioni disciplinato dall'articolo 1, comma 270, della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018), a condizioni di mercato o nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato.

 

L'articolo 1, comma 270, della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha previsto che il Comitato agevolazioni è l'organo competente ad amministrare Fondo rotativo per la concessione di contributi agli interessi previsto dall'art. 3 della legge n. 295 del 1973, nonché il Fondo di rotazione di cui all’articolo 2, del D.L. n. 251 del 1981. Il Comitato è composto da due rappresentanti del MAECI, di cui uno con funzioni di presidente, da un rappresentante del MEF, da un rappresentante del MISE e da un rappresentante designato dalle regioni, nominati con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinati competenze e funzionamento del predetto Comitato.

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il DM 24 aprile 2019, il cui articolo 3 prevede che il Comitato agevolazioni, nell'esercizio delle proprie funzioni di amministrazione dei Fondi e degli interventi a valere sulle relative risorse ai sensi della normativa di riferimento: approva le circolari operative che disciplinano le modalità per la concessione delle agevolazioni a valere sui Fondi, nell'ambito delle condizioni fissate dalla normativa di riferimento vigente; delibera le singole operazioni di agevolazione, fissandone le condizioni; delibera in ordine alle modifiche, revoche, rinunzie, archiviazioni e transazioni relative alle singole operazioni approvate; delibera l'avvio di azioni giudiziarie; e. delibera le attività ispettive e di controllo in ordine alla realizzazione delle operazioni di agevolazione approvate; approva entro il 31 marzo di ciascun anno la situazione delle disponibilità, degli impegni e delle insolvenze a carico dei Fondi alla data del 31 dicembre precedente, nonché il rendiconto finanziario per cassa presentato dal soggetto gestore; monitora il portafoglio degli impieghi a valere sui due Fondi, nonché dei derivati a loro copertura, e adotta, anche su proposta del soggetto gestore, eventuali misure correttive necessarie ad assicurare la sostenibilità finanziaria dei Fondi stessi; delibera, nel caso di insufficienti risorse a valere sui Fondi, previa informazione al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'economia e delle finanze, la sospensione dell'operatività di uno o più interventi; esamina e esprime pareri preventivi sulle convenzioni, nonché sui loro rinnovi, tra il Ministero dello sviluppo economico e la Simest S.p.A, quale soggetto gestore, per i profili che comportino un impatto finanziario sulla disponibilità dei due Fondi; approva il preventivo dei compensi spettanti al soggetto gestore, che Simest spa presenta al Comitato agevolazioni entro il 30 novembre di ciascun anno sulla base di criteri di contabilità analitica ed approva i compensi spettanti al soggetto gestore, determinati ai sensi di quanto previsto dalle Convenzioni stipulate tra il Ministero dello sviluppo economico e la Simest S.p.A, quale soggetto gestore; delibera su ogni altra questione specifica o di carattere generale relativa all'amministrazione dei Fondi.

L'art. 5 prevede in particolare che il Comitato agevolazioni, nell'esercizio delle proprie funzioni di amministrazione del Fondo 394/81: delibera, nel rispetto dei termini normativamente stabiliti e in tempo utile per gli adempimenti successivi delle amministrazioni competenti, il piano previsionale dei fabbisogni finanziari del Fondo 394/81 per l'anno successivo, destinati agli interventi a valere sul Fondo stesso previsti dalla normativa di riferimento; delibera ai sensi del decreto 7 ottobre 2015 (Destinazione di risorse finanziarie del Fondo per la crescita sostenibile al finanziamento di interventi volti alla promozione dell'inserimento delle imprese italiane nei mercati extra U.E. e al miglioramento e alla salvaguardia della solidità patrimoniale delle imprese esportatrici di piccole e medie dimensioni) la percentuale di ogni singolo finanziamento da imputare alla quota di risorse del Fondo per la crescita sostenibile e determina la quota di agevolazione da imputare ai programmi di inserimento nei mercati extra UE e agli interventi per il miglioramento e la salvaguardia della solidità patrimoniale delle imprese esportatrici di piccole e medie dimensioni; delibera la misura e le tipologie delle garanzie ammissibili a copertura dei rimborsi del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori relativi ai finanziamenti agevolati; effettua il monitoraggio periodico del rispetto della quota di riserva del 70 per cento destinata alle piccole e medie imprese.

L'art. 6 prevede che per la validità delle deliberazioni del Comitato agevolazioni è necessaria la presenza della maggioranza dei suoi membri titolari o supplenti. Il Comitato nell'esercizio delle proprie funzioni adotta il metodo del consenso con la finalità di addivenire a decisioni consensuali. Le decisioni sono, comunque, prese a maggioranza assoluta dei membri. In caso di assenza del Presidente e del componente supplente del Presidente, le funzioni sono svolte dal componente del Comitato con maggiore anzianità di carica o, in caso di pari anzianità di carica, dal più anziano di età. Le deliberazioni, salvo diversa determinazione del Comitato, sono immediatamente efficaci. Il Comitato agevolazioni è convocato dal Presidente e si riunisce presso il soggetto gestore che ne cura l'attività di segreteria. Di ciascuna riunione viene redatto processo verbale, soggetto ad approvazione dei membri del Comitato stesso. Il Comitato agevolazioni adotta un proprio regolamento interno per l'organizzazione dei propri lavori.

 

Il comma 2 incrementa di 300 milioni di euro per il 2020 le disponibilità del predetto fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato.

Il Comitato agevolazioni determina, nei limiti sopra indicati, la quota parte del fondo rotativo da destinare alla nuova sezione del fondo stesso.

Il comma 3 incrementa ulteriormente di € 63 milioni per il 2020 l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la promozione integrata istituito dall'articolo 72, comma 1, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), per la concessione (nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato) di cofinanziamenti a fondo perduto fino al 50 per cento dei finanziamenti a loro volta concessi a valere sul Fondo di rotazione previsto dall'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981.

Il comma 4 novella l'articolo 18-quater del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019).

L'ambito di operatività del Fondo rotativo per operazioni di venture capital di cui all'articolo 1, comma 932, della L. n. 296/2006 è esteso a tutti gli Stati e territori esteri anche appartenenti all'Unione europea (lettera a) che novella il comma 1). Nella formulazione previgente, l'ambito di operatività dello stesso comprendeva tutti gli Stati non appartenenti all'Unione europea.

 

L'articolo 1, comma 932, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha unificato in un unico fondo tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST destinati ad operazioni di venture capital in Paesi non aderenti all'Unione europea nonché il fondo (articolo 5, comma 2, lettera c), della L. n. 84/2001) della medesima SIMEST con finalità di capitale di rischio (venture capital) per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 49 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipate.

Il Fondo unico di Venture Capital (di seguito “FVC”) ha cominciato ad operare nel 2007, al fine di garantire, in presenza di un progressivo esaurimento delle risorse finanziarie destinate a particolari aree geografiche, il sostegno alle attività di piccole e medie dimensioni e, allo stesso tempo, di razionalizzare l’operatività dei diversi Fondi, anche alla luce dell’intervento dei Fondi medesimi verso nuovi Paesi ed aree geografiche.

Attualmente, l’intervento del FVC si sostanzia nell’acquisizione di una partecipazione temporanea e di minoranza - aggiuntiva alla partecipazione diretta di SIMEST e/o FINEST - nel capitale sociale di società costituite da imprese nazionali all’estero, in Paesi non appartenenti all’Unione europea.

Per la descrizione del Fondo unico di Venture Capital, si veda la Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2019 (documento XIV, n. 3) della Corte dei conti, volume I, tomo II, pp. 58-59.

 

Gli interventi del predetto Fondo rotativo per operazioni di venture capital possono riguardare anche iniziative promosse dalle start-up innovative (lettera b) che novella il comma 2).

È espunta la disposizione che demandava a un regolamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale la definizione delle modalità e dei termini del rimborso anticipato dell'investimento e delle sanzioni applicabili nei casi di decadenza dai benefici e dalle agevolazioni concesse (lettera c) che novella il comma 5).

Il comma 5 novellato ha previsto che le imprese che investono all’estero decadono dai benefici e dalle agevolazioni concesse con obbligo di rimborso anticipato dell'investimento, nei casi in cui:

§  violino l’obbligo di mantenere sul territorio nazionale le attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive, di cui all'articolo 1, comma 12, del D.L. n. 35/2005.

 

Tale norma dispone che i benefici e le agevolazioni previsti ai sensi della legge n. 100/1990 sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero, del d.lgs. n. 143/1998 sul sostegno al commercio con l’estero, e della legge n. 273/2002 per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all'estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive.

 

§  e comunque, nel caso in cui le operazioni di venture capital a valere sul Fondo unico, siano causa diretta di una riduzione dei livelli occupazionali sul territorio nazionale.

 

Il comma 5 incrementa quindi la dotazione del suddetto FVC di 100 milioni di euro per il 2020.

 

Il comma 6, ai fini della copertura finanziaria del maggiore onere derivante dal comma 3, pari a 63 milioni di euro per il 2020, e della relativa compensazione in termini di indebitamento netto e fabbisogno delle pubbliche amministrazioni, incrementa di € 100 mln l'apposito capitolo di bilancio istituito (dall'articolo 22-ter, comma 1, del D.L n. 18/2020 - L. n. 27/2020) nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con dotazione per il 2020 pari a 2.573,2 milioni di euro per assicurare la possibilità di una più ampia forma di tutela delle posizioni lavorative qualora necessario per il prolungarsi degli effetti sul piano occupazionale dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Il comma 7 rinvia all'articolo 114 del provvedimento in esame per la copertura degli oneri derivanti dai commi 2 e 5, pari a 400 milioni di euro per il 2020.

 

 


 

Articolo 92
(Disposizioni per l’adempimento di impegni internazionali)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 92 incrementa di 11 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo missioni internazionali, il comma 2 dispone la proroga di alcune norme riguardanti la partecipazione italiana all’Esposizione universale di Dubai, mentre l’ultimo comma reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione di tali disposizioni.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 92 incrementa di 11 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo missioni internazionali, istituito dalla legge quadro sulle missioni internazionali (legge n. 145 del 2016, articolo 4, comma 1), e destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali.

Per quanto concerne il profilo finanziario connesso alla partecipazione del personale civile e militare alle missioni internazionali, l’articolo 4 della legge n. 145 del 2016 ha previsto  l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo, destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali, la cui dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio, ovvero da appostiti provvedimenti legislativi (comma 1).

Relativamente all’anno 2020 si segnala che nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il programma 5.8 (Fondo per le missioni internazionali, ex articolo 4, comma 1 della legge n. 145 del 2016 (programma 5.8 cap. 3006/1), sono appostati per il 2020 fondi pari a 1.308.747 milioni di euro per l’anno 2020.

La relazione illustrativa afferma che il rifinanziamento è necessario in relazione agli impegni imposti dal Parlamento al Governo in sede di autorizzazione delle missioni internazionali per l’anno 2020[41]. La relazione tecnica non dettaglia la quantificazione degli oneri derivanti da tali impegni.

Si ricorda che il 16 luglio 2020 l’Aula della Camera ha approvato, con distinte votazioni  la risoluzione Iovino, Pagani ed altri n. 6-00116 (versione corretta), riferita alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2020 concernente, sia la partecipazione dell’Italia a cinque nuove  ulteriori missioni internazionali [periodo 1°gennaio - 31 dicembre 2020]  ((Doc.?XXV, n. 3) e alla relazione analitica sulle missioni internazionali svolte nel 2019, anche ai fini della loro proroga nell’anno 2020 (Doc. XXVI, n. 3).

A sua volta l’Assemblea di Palazzo Madama, martedì 9 luglio, ha approvato il documento XXIV, n. 9, “Risoluzione approvata dalle Commissioni riunite Esteri e Difesa, ai sensi dell’articolo 50, comma 2, del Regolamento, a conclusione dell’esame dell’affare assegnato sulla Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, deliberata dal Consiglio dei ministri il 23 aprile 2019”.

Il comma 2 novella le disposizioni finanziarie, contenute allart. 1, comma 587 della legge dicembre 2018, n.145 (legge di bilancio per il 2019) per consentire loperatività, fino al 31 dicembre 2022, del Commissariato generale di sessione per l’Expo 2020 Dubai, conseguente al rinvio dellEsposizione universale disposto dal Governo degli Emirati Arabi Uniti, su richiesta di diversi paesi partecipanti, a seguito delle difficoltà provocate dalla pandemia da Covid-19 in atto.

In particolare la lettera a) per rispondere alle esigenze legate alla posticipazione dell’evento ed alle maggiori esigenze volte a garantire la funzionalità del Commissariato, stabilisce una dotazione pari a 3,5 milioni di euro per l’anno 2022.

La lettera b) proroga al 31 dicembre 2022 la durata in carica del Commissariato generale di sessione, al fine di consentire lo smantellamento del padiglione italiano al termine della manifestazione.

La lettera c) al fine di garantire per un ulteriore anno l’operatività del Commissariato, stabilisce che i contratti di lavoro flessibile di cui al presente comma potranno essere prorogati, anche in deroga dei limiti previsti dalle norme vigenti.

L’Esposizione Universale di Dubai, originariamente prevista dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, in concomitanza con il Giubileo d’oro degli Emirati Arabi Uniti, si svolgerà dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022. La nuova data, proposta all’unanimità dal Comitato esecutivo del Bureau International des Expositions (Bie), è stata successivamente ratificata dall’Assemblea generale. L’esposizione dal titolo "Unire le menti, creare il futuro" si articolerà in tre sotto temi: sostenibilità, ovvero progresso e prosperità senza compromettere i bisogni delle generazioni future; mobilità di persone, beni, idee; opportunità, come condizione imprescindibile dello sviluppo individuale e collettivo.

Il comma 3 stabilisce che alla copertura degli oneri, pari a 11 milioni di euro per il 2020, a 3,5 milioni di euro per il per il 2022 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2022, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2020 ,allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 


 

Articolo 93, commi 1-5
(Disposizioni in materia di porti)

 

 

L’articolo 93, modificato al Senato novella l’articolo 199 del decreto-legge rilancio in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi, aumentando da 30 a 50 milioni le dotazioni del fondo ivi previsto e intervenendo sulla destinazione delle risorse, prevedendo la ulteriore finalità di finanziare il riconoscimento da parte delle Autorità marittime, relativamente ai porti non sede di Autorità di sistema portuale, dei benefici previsti per il soggetto fornitore di lavoro portuale.

Il comma 1 reca disposizioni in materia di porti. Nel corso dell'esame al Senato la disposizione è stata modificata per introdurre misure di sostegno agli operatori portuali e alle imprese.

Il comma 2 novella l’articolo 46 del codice della navigazione in materia di subingresso nella concessione prevedendo che, fermi i divieti ed i limiti di cui all’articolo 18, comma 7, della legge in materia portuale, quando il concessionario intende sostituire altri nel godimento della concessione deve chiedere l'autorizzazione dell’autorità concedente.

I commi 3 e 4 ampliano l’ambito dei lavoratori che confluiscono nelle agenzie per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale, previste in via temporanea - dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2020 - nei porti contraddistinti da particolari stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche.

In base al comma 5, agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 114 del decreto-legge.

 

Il comma 1 novella l’articolo 199 del decreto legge n. 34 del 2020 in materia di lavoro portuale e di trasporti marittimi, aumentando da 30 a 50 milioni le dotazioni del fondo ivi previsto al comma 7.

Il comma 7 dell'art. 199 del Cura Italia ha stabilito, per le finalità di cui ai commi 1 e 6 della norma medesima del Cura Italia - rispettivamente recanti norme in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall’emergenza COVID19, nonché per le società cooperative di cui alla legge in materia portuale e relativi indennizzi per le ridotte prestazioni di ormeggio - l'istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un fondo, con una dotazione complessiva di euro 30 milioni per l'anno 2020, destinato: a) nella misura di complessivi euro 6 milioni a finanziare il riconoscimento dei benefici previsti dal comma 1 da parte delle Autorità di sistema portuale o dell'Autorità portuale di Gioia Tauro, qualora prive di risorse proprie utilizzabili a tali fini; b) nella misura di complessivi euro 24 milioni all'erogazione, per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'indennizzo di cui al comma 6. Si ricorda che il comma 6 del citato articolo 199 ha riconosciuto alle società cooperative di cui all’articolo 14, comma 1-quinquies, della legge in materia portuale, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019, nel limite complessivo di euro 24 milioni per l’anno 2020. Si ricorda poi che il comma 8 di tale articolo 199 ha demandato a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, la assegnazione delle risorse di cui al comma 7. Per approfondimenti sui contenuti dell'art. 199 del D.L. rilancio, si veda il relativo dossier.

 

Inoltre, con la disposizione qui in esame:

§  viene innalzata da 6 a 26 milioni la quota di risorse destinata a finanziare il riconoscimento dei benefici previsti dal comma 1 dell'articolo 199 da parte delle Autorità di sistema portuale o dell’Autorità portuale di Gioia Tauro qualora prive di risorse proprie utilizzabili a tali fini;

§  viene inoltre prevista - per tale quota di risorse - anche la destinazione ulteriore di finanziare il riconoscimento da parte delle Autorità marittime, relativamente ai porti non sede di Autorità di sistema portuale, dei benefici previsti dalla lettera b) del comma 1 del medesimo articolo 199 del D.L. 34/2020: tale lettera ha previsto la possibilità per le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro di corrispondere al soggetto fornitore di lavoro portuale un contributo, nel limite massimo di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, pari a 90 euro per ogni dipendente in relazione a ciascuna minore giornata di lavoro rispetto al corrispondente mese del 2019 (riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza da COVID-19).

 

Nel corso dell'esame al Senato, al comma 1, lettera a), sono state premesse due lettere aggiuntive, finalizzate ad introdurre misure di sostegno agli operatori portuali e alle imprese che operano nel settore portuale e marittimo, prevedendo, in particolare, misure a sostegno della operatività degli scali nazionali. Questo in considerazione del calo dei traffici nei porti italiani derivanti dall'emergenza connessa alla diffusione del COVID-19.

 

In particolare, per quanto riguarda la modifica 0a) contenuta nel comma 1, si prevede la facoltà per le Autorità di sistema portuale di riconoscere un contributo, pari almeno a 90 euro per ogni turno lavorativo prestato in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019, riconducibile alle mutate condizioni economiche degli scali del sistema portuale italiano conseguenti all'emergenza COVID-19, in favore delle imprese autorizzate ai sensi dell'articolo 16 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e che operino con contratti di appalto di attività comprese nel ciclo operativo ai sensi dell'articolo 18, comma 7 ultimo periodo, della medesima legge n. 84del 1994.

 

Per quanto riguarda, invece, la modifica apportata al comma 1, 01b), si stabilisce che le risorse in questione, pari a 24 milioni di euro, possono essere altresì utilizzate per compensare gli ormeggiatori della mancata riscossione, ascrivibile all'emergenza epidemiologica COVID-19, dei corrispettivi relativi ai servizi effettuati nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 15 ottobre 2020. 

 

Il comma 2 novella l’articolo 46 del codice della navigazione in materia di subingresso nella concessione. Viene previsto, con la riscrittura del primo periodo della disposizione in parola, che - fermi i divieti ed i limiti di cui all’articolo 18, comma 7, della legge in materia portuale - quando il concessionario intende sostituire altri nel godimento della concessione deve chiedere l'autorizzazione dell’autorità concedente.

La legge n. 84 del 1994 recante il Riordino della legislazione in materia portuale, regola all'articolo 18 la concessione di aree e banchine. In particolare il comma 7 stabilisce che in ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto  (a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale) e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Sempre in base alla disposizione qui citata, su motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell'articolo 16 della medesima legge, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo.

Si ricorda che l'art. 46 del Codice della navigazione, recante Subingresso nella concessione, stabilisce che quando il concessionario intende sostituire altri nel godimento della concessione deve chiedere l'autorizzazione dell'autorità concedente.

Si prevede poi che in caso di vendita o di esecuzione forzata, l'acquirente o l'aggiudicatario di opere o impianti costruiti dal concessionario su beni demaniali non può subentrare nella concessione senza l'autorizzazione dell'autorità concedente. In caso di morte del concessionario gli eredi subentrano nel godimento della concessione, ma devono chiederne la conferma entro sei mesi, sotto pena di decadenza. Se, per ragioni attinenti all'idoneità tecnica od economica degli eredi, l'amministrazione non ritiene opportuno confermare la concessione, si applicano le norme relative alla revoca.

Si ricorda poi che, in base al regolamento sulla navigazione marittima, all'art. 30 in materia di subingresso si prevede che il concessionario deve esercitare direttamente la concessione.

L'autorizzazione a sostituire altri nel godimento della concessione, a norma dell'art. 46 del codice, è data dall'autorità che ha approvato la concessione e il relativo atto è rilasciato dal capo del compartimento. Qualora l'amministrazione, in caso di vendita o di esecuzione forzata, non intenda autorizzare il subingresso dell'acquirente o dell'aggiudicatario nella concessione, si applicano in caso di vendita le disposizioni sulla decadenza e in caso di esecuzione forzata le disposizioni sulla revoca.

 

La relazione illustrativa afferma che il comma 2 integra le previsioni di cui all’articolo 46 del codice della navigazione in materia di subingresso nella concessione, precisando, in funzione pro-concorrenziale, che anche in caso di subingresso rimangono fermi i divieti ed i limiti di cui all’articolo 18, comma 7, della legge 84 del 1994.

 

I commi 3 e 4 del presente articolo 93 ampliano l’ambito dei lavoratori che confluiscono nelle agenzie per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale, previste[42] in via temporanea - dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2020 - nei porti contraddistinti da particolari stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche[43]. La disciplina fino ad ora vigente faceva riferimento ai lavoratori in esubero delle sole imprese operanti come titolari di concessione di aree demaniali e banchine, autorizzate alla movimentazione dei container e fruitrici, alla data del 27 luglio 2016, di regimi di sostegno al reddito nelle forme degli ammortizzatori sociali. La novella di cui al presente comma 3 estende l’ambito ai lavoratori di tutte le imprese che svolgano operazioni portuali[44], anche al di fuori delle suddette concessioni, e sopprime le altre condizioni summenzionate. Il successivo comma 4 specifica che l’estensione si applica a decorrere dall’entrata in vigore della novella (15 agosto 2020) e fino al 31 dicembre 2020.

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[45] specifica che, nell’anno 2020, le agenzie operano esclusivamente nei porti di Taranto e di Gioia Tauro e che l’estensione di cui ai commi 3 e 4 in esame riguarda 56 lavoratori operanti nel porto di Gioia Tauro.

Si ricorda che le agenzie possono operare la somministrazione dei lavoratori, iscritti nei propri elenchi, nei confronti di qualsiasi impresa abilitata a svolgere attività nell'ambito portuale di competenza dell’agenzia[46]. Ai medesimi lavoratori iscritti è riconosciuta - nel rispetto di un determinato limite di spesa (pari, per il 2020, a 11.200.000 euro) - un’indennità per le giornate di mancato avviamento al lavoro (indennità di importo giornaliero pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria e comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare); l'indennità è attribuita per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di ventisei giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

Si ricorda altresì che le agenzie in oggetto svolgono, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori, attività di supporto alla collocazione professionale dei lavoratori iscritti nei propri elenchi, anche attraverso la formazione professionale degli stessi soggetti in relazione alle iniziative economiche ed agli sviluppi industriali dell'area di competenza dell’Autorità di Sistema portuale. Le regioni possono cofinanziare i piani di formazione o di riqualificazione del personale che dovessero rendersi necessari, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Al termine del periodo di operatività delle agenzie, qualora sussistano nei relativi elenchi lavoratori non reimpiegati, le medesime possono essere trasformate in agenzie di lavoro portuale temporaneo[47].

 

In base al comma 5, agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 114 del decreto-legge.


 

Articolo 93, comma 5-bis (capoverso lettera b))
(Ristoro IMU a seguito della riclassificazione catastale
degli immobili portuali)

 

 

L'articolo 93, comma 5-bis, introdotto al Senato, è diretto a superare alcune criticità emerse in sede di attuazione della disciplina relativa al contributo per il ristoro ai comuni della perdita di gettito conseguente alla riclassificazione degli immobili adibiti alle operazioni e ai servizi portuali (ai sensi dei commi 578-582 dell'art.1 della legge n. 205 del 2017).

 

Nello specifico, l'art. 1, comma 578, della legge n.205 del 2017 dispone che, a decorrere dal 2020, le banchine e le aree scoperte dei porti di rilevanza economica nazionale e internazionale di competenza delle Autorità di sistema portuale, adibite alle operazioni e ai servizi portuali, le connesse infrastrutture stradali e ferroviarie, nonché i depositi ivi ubicati strettamente funzionali alle suddette operazioni e servizi portuali, costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione a privati, con conseguente esenzione dal pagamento dell’IMU. Sono parimenti censite nella categoria E/1 le banchine e le aree scoperte dei medesimi porti adibite al servizio passeggeri, compresi i crocieristi.

Ai sensi del comma 579, gli intestatari catastali di tali immobili o i concessionari dei medesimi possono chiedere l'aggiornamento ai fini della revisione del classamento: gli atti di aggiornamento delle rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2020, in deroga a quanto previsto dalla disciplina ordinaria (vigente al momento dell'entrata in vigore della legge n.205 del 2017, v. infra) relativa all’aggiornamento del valore degli immobili iscritti in catasto (di cui all’articolo 13, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011).

Nell'ambito di tale intervento normativo, il comma 582 introduce, a decorrere dall'anno 2020, un contributo annuo a titolo di compensazione del minor gettito dell'IMU.

Detto contributo, nell'importo massimo di 9,35 milioni di euro, è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che avrebbe dovuto essere emanato, entro il 30 giugno 2020, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2020, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2019 e a quelle già iscritte in catasto dal 1° gennaio 2019. Entro il 30 aprile 2021 con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si procede (sempre nel limite del contributo annuo previsto nell'importo massimo di 9,35 milioni), all'eventuale rettifica dei contributi erogati, a seguito della verifica effettuata sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2021, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti le rendite definitive, determinate sulla base degli atti di aggiornamento effettuati nel 2019 e delle rendite iscritte in catasto dal 1° gennaio 2019.

 

Il comma in esame interviene sui richiamati commi 579 e 582 al fine di superare le criticità che incidono sul ristoro in favore dei comuni, così sintetizzabili: per un verso, ai sensi del comma 579, le richiamate operazioni di classificazione catastale retroagiscono al 1 gennaio 2020, anche nel caso in cui l’aggiornamento viene effettuato in un momento successivo al 2019; per l'altro, ai sensi del comma 582, il contributo annuo a titolo di compensazione è ripartito sulla base dei dati comunicati dall’Agenzia delle entrate, relativi alle sole operazioni effettuate nel 2019.

Pertanto, i soggetti passivi che effettuano il riclassamento catastale dal 2020 sono esenti dall'IMU (sin dal 1° gennaio 2020), mentre ai comuni non spetta alcuna forma di ristoro per la conseguente perdita di gettito.

Nella relazione illustrativa all'emendamento d'iniziativa parlamentare (diretto ad introdurre il presente comma) presentato nel corso dell'esame in sede referente e successivamente recepito nel maxiemendamento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia,  si rappresenta peraltro che le operazioni di aggiornamento catastale effettuate nel 2019 sarebbero state solo 62 e che le somme destinate al ristoro sarebbero state pari a 600.000 euro (a fronte del tetto massimo pari a 9,35 milioni), e che, di contro, sarebbero numerosi gli atti di aggiornamento effettuati nel corrente anno.

 

Al fine di superare la richiamata problematicità, il comma introduce due novelle:

- sostituisce l'ultimo periodo del comma 579 dell'art.1 della legge n.205 del 2017 con una disposizione[48] che limita la retroattività degli atti di aggiornamento al 1 gennaio 2020 alle sole operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2020; le operazioni di riclassamento potranno continuare ad essere effettuate anche successivamente, ma in quel caso l'immobile sarà esentato dall'IMU solo a partire dall'anno seguente, senza che si produca alcuna perdita di gettito medio tempore per i comuni;

 - sostituisce il secondo periodo del comma 582, con due distinti periodi:

i) il primo demanda a uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione del ristoro delle minori entrate da erogare ai comuni interessati per gli anni 2020 e successivi (tenuto conto di quanto già attribuito a titolo di ristoro per le variazioni catastali effettuate nel 2019) nel limite del contributo annuo massimo di 9,35 milioni di euro. I decreti sono adottati di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato- città ed autonomie locali.

Il ristoro è riconosciuto sulla base dei dati comunicati, entro il 30 aprile 2021, dall'Agenzia delle entrate al Ministero e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2020 e a quelle già iscritte in catasto dal 1º gennaio del medesimo anno;

ii) il secondo ripropone, con minori modifiche, la disposizione, già presente all'ultimo periodo del comma 582, oggetto della presente novella, riguardante la rettifica in aumento o in diminuzione dei contributi erogati (sempre nel limite massimo di 9,35 milioni di euro) a seguito della verifica effettuata sulla base dei dati comunicati dall’Agenzia delle entrate concernenti le rendite definitive determinate sulla base degli atti di aggiornamento. Il presente comma innova ridefinendo le scadenze temporali precedentemente previste e parametra la rettifica anche con riferimento ai contributi erogati ai sensi dei decreti ministeriali richiamati nel precedente periodo (v. supra). Pertanto, entro il 31 ottobre  2022 (e non più entro il 30 aprile 2021) con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si procede alla rettifica dei contributi erogati a seguito della verifica effettuata sulla base dei dati comunicati, entro il 15 settembre 2022 (e non più entro il 31 marzo 2021), dall'Agenzia delle entrate, concernenti le rendite definitive, determinate sulla base degli atti di aggiornamento effettuati nell'anno 2019, nonché delle rendite già iscritte in catasto dal 1 º gennaio 2019, e le rendite definite, determinate sulla base degli aggiornamenti catastali effettuati nell'anno 2020, nonché le rendite già iscritte in catasto dal 1º gennaio 2020.

A seguire si propone una tabella in cui vengono confrontate la formulazione vigente dei commi 579 e 582 dell'art.1 della legge n.205 del 2017 (prima colonna) con la formulazione conseguente alle modifiche che il comma in commento intende introdurre (seconda colonna).

 

 


 

Art.1 della legge n.205 del 2017

Testo vigente

Testo modificato dal comma in esame

579. Gli intestatari catastali degli immobili di cui al comma 578, ovvero i loro concessionari, a decorrere dal 1° gennaio 2019, possono presentare atti di aggiornamento, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per la revisione del classamento degli immobili già censiti in categorie catastali diverse dalla E/1, nel rispetto dei criteri di cui al medesimo comma 578. Per gli immobili destinati a deposito, diversi da quelli doganali, l'intestatario, ovvero il concessionario, allega all'atto di aggiornamento apposita dichiarazione, resa ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in ordine all'utilizzazione dei depositi per le operazioni e i servizi portuali di cui al comma 578, in base ad autorizzazione della competente Autorità di sistema portuale. Resta fermo l'obbligo di dichiarare in catasto, ai sensi dell'articolo 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, le variazioni che incidono sul classamento e sulla rendita catastale degli immobili, anche in relazione alla perdita del requisito di stretta funzionalità degli stessi alle operazioni e ai servizi portuali di cui al comma 578.

In deroga all'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, per gli atti di aggiornamento di cui al presente comma le rendite catastali rideterminate in seguito alla revisione del classamento degli immobili nel rispetto dei criteri di cui al comma 578 hanno effetto dal 1° gennaio 2020.

 

 

 

 

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In deroga all'articolo 1, comma 745 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, per gli atti di aggiornamento di cui al presente comma presentati entro il 31 dicembre 2020, le rendite catastali rideterminate in seguito alla revisione del classamento degli immobili nel rispetto dei criteri di cui al comma 578 hanno effetto dal 1º gennaio 2020.

582. A decorrere dall'anno 2020, il contributo annuo a titolo di compensazione del minor gettito nell'importo massimo di 9,35 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare, entro il 30 giugno 2020, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2020, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2019 ai sensi del comma 579, ovvero d'ufficio ai sensi del comma 580, e a quelle già iscritte in catasto dal 1° gennaio 2019.

Entro il 30 aprile 2021 con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si procede, nel limite del contributo annuo previsto nell'importo massimo di 9,35 milioni di euro, alla rettifica in aumento o in diminuzione dei contributi erogati ai sensi dei periodi precedenti, a seguito della verifica effettuata sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2021, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti le rendite definitive, determinate sulla base degli atti di aggiornamento presentati nel corso dell'anno 2019 ai sensi del comma 579, ovvero d'ufficio ai sensi del comma 580, nonché quelle già iscritte in catasto dal 1° gennaio 2019.

 

 

 

 

 

 

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro il 30 giugno 2021, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato- città ed autonomie locali, si procede al ristoro delle minori entrate da erogare ai comuni interessati per gli anni 2020 e successivi tenuto conto anche di quanto già attribuito con il decreto di cui al primo periodo, nel limite del contributo annuo previsto nell'importo massimo di 9,35 milioni di euro, sulla base dei dati comunicati, entro il 30 aprile 2021, dall'Agenzia delle entrate al Ministero. dell'economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare; alle rendite proposte nel corso del 2020 ai sensi del comma 579 e a quelle già iscritte in catasto dal 1º gennaio 2020. Entro il 31 ottobre 2022 con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si procede, nel limite del contributo annuo previsto nell'importo massimo di 9,35 milioni di euro, alla rettifica in aumento o in diminuzione dei contributi erogati ai sensi dei periodi precedenti, a seguito della verifica effettuata sulla base dei dati comunicati, entro il 15 settembre 2022, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze, concernenti le rendite definitive, determinate sulla base degli atti di aggiornamento presentati nel corso dell'anno 2019 ai sensi del comma 579, ovvero d'ufficio ai sensi del comma 580, nonché quelle già iscritte in catasto dal 1 º gennaio 2019, e le rendite definite, determinate sulla base degli atti di aggiornamento presentati nel corso dell'anno 2020 ai sensi del comma 579, nonché quelle già iscritte in catasto dal 1º gennaio 2020

 

 

 


 

Articolo 94
(Disposizioni in materia di infrastrutture autostradali)

 

 

L’articolo 94, come risultante dalla riscrittura operata durante l'esame al Senato, dispone (al comma 1) una proroga al 29 dicembre 2020 del termine (previsto dall’art. 13-bis, comma 4, del D.L. 148/2017) per la sottoscrizione degli atti convenzionali di concessione relativi all’infrastruttura autostradale A22 Brennero-Modena, nonché il differimento dei termini per i previsti versamenti da parte del concessionario subentrante. I successivi commi da 1-bis a 1-quater, al fine di migliorare le condizioni di sicurezza stradale, recano autorizzazioni di spesa di 2 milioni di euro nel biennio 2021-2022 in favore del Comune di Varese e di 1 milione di euro per l'anno 2020 per la progettazione di un sottopasso nel comune di Cinisello Balsamo.

 

 

Il comma 1, come risultante dalla riscrittura operata durante l'esame al Senato, prevede l’ulteriore proroga al 29 dicembre 2020 (rispetto a quella fino al 30 novembre prevista dal testo iniziale) del termine per la sottoscrizione degli atti convenzionali di concessione relativi all’infrastruttura autostradale A22 Brennero-Modena, che nel testo previgente è fissato al 30 settembre 2020.

Con la riscrittura in questione sono stati inoltre differiti al 31 dicembre 2020 i termini per il versamento, da parte del nuovo concessionario subentrante, degli importi dovuti per l'anno 2020 e per gli anni precedenti ai sensi del comma 3 dell’art. 13-bis del D.L. 148/2017.

 

Relativamente alla citata sottoscrizione degli atti convenzionali, si ricorda che il termine previgente è stato fissato dal comma 4-quinquies dell’art. 92 del D.L. 18/2020, che ha prorogato di tre mesi il termine del 30 giugno 2020 precedentemente fissato dal comma 719 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), che a sua volta ha differito di sette mesi il termine del 30 novembre 2018 precedentemente previsto (a sua volta derivante da una proroga del termine del 30 settembre 2018 inizialmente previsto).

Per una ricostruzione delle vicende relative alla concessione dell’autostrada A22 si rinvia al commento del comma 719, contenuto nel dossier sulla legge di bilancio 2020.

Occorre in ogni caso ricordare, come sottolineato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione AS 1652, che “l’iter procedurale per la sottoscrizione della nuova convenzione di concessione dell’autostrada A22 avrebbe inizialmente dovuto concludersi entro il 30 settembre 2018; in caso contrario, si sarebbe proceduto alla pubblicazione del bando per il riaffidamento entro il 31 dicembre 2018. Detto termine è stato poi prorogato al 30 novembre 2018 dall'art. 4, comma 3-quater, lett. b), del D.L. 25 luglio 2018, n. 91 (convertito dalla legge 21 settembre 2018, n. l08). Con la modifica oggetto della legge di bilancio 2020 è stato nuovamente differito il termine per la sottoscrizione della convenzione per la concessione della tratta autostradale A22 e, quindi, anche la possibilità, in caso di mancata sottoscrizione, di avviare le procedure di gara per l'individuazione di una nuova concessionaria”.

Nella stessa segnalazione viene sottolineato che, da quanto emerge nella Relazione della Corte dei conti concernente "Le concessioni autostradali" (deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G), non risulta ancora perfezionata la liquidazione dei soci privati dell'attuale compagine della società Autostrada del Brennero S.p.A., la cui presenza, per l'eventuale affidamento della concessione in modalità in house, è in contrasto con l’art. 13-bis del D.L. 148/2017 e con il parere rilasciato dalla Commissione europea il 20 novembre 2018 e, pertanto, non consente la sottoscrizione dell’accordo.

Ciò considerato, l’AGCM, nella segnalazione citata, auspica una celere conclusione dell'iter procedurale di sottoscrizione della convenzione di concessione dell'A22 e, in caso di mancato rispetto della tempistica fissata dalla norma, “l'effettivo espletamento di una procedura di gara per l'individuazione della nuova concessionaria, entro e non oltre il 30 giugno 2020. In altri termini, l'Autorità auspica che l'assenza dei requisiti per un legittimo affidamento in house (per il mancato completamento del processo di uscita dei soci privati[49]) non costituisca la ragione per ulteriori proroghe e ritardi nel ricorso a procedure competitive”.

Relativamente al versamento degli importi dovuti dal nuovo concessionario subentrante, si ricorda che il comma 3 dell’art. 13-bis del D.L. 148/2017 prevede, tra l’altro, che tale soggetto versi all'entrata del bilancio dello Stato, entro il 15 dicembre di ciascun anno, l'importo di 160 milioni di euro per l'anno 2018 e di 70 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 e comunque fino a concorrenza del valore di concessione, che non potrà essere complessivamente inferiore a 580 milioni di euro.

 

 

I commi 1-bis e 1-ter, introdotti durante l'esame al Senato, al fine di migliorare le condizioni di sicurezza stradale e il deflusso ordinato dei veicoli provenienti dall'autostrada A8 Milano-Laghi verso il centro urbano della città di Varese, dispongono:

§  un’autorizzazione di spesa, complessivamente pari a 2 milioni di euro nel biennio 2021-2022 (0,5 milioni per l'anno 2021 e 1,5 milioni per il 2022) in favore del Comune di Varese, da destinare alla realizzazione di nuova viabilità nell’area di intersezione tra la SS 707, di servizio all’accesso e all’uscita della predetta autostrada, e le strade di accesso al centro urbano (comma 1-bis);

Nella relazione illustrativa presentata durante l'esame al Senato viene sottolineato che le opere da realizzare consistono in una rotatoria e un impalcato da ponte e che “essendo stato disposto con determinazione dirigenziale n. 1268 del 17 settembre 2020 da parte del Comune di Varese l’affidamento dei servizi di progettazione definitiva, esecutiva e di coordinamento della sicurezza e stante la necessità di espletare la successiva gara per l’esecuzione dei lavori, si stima per l’effettuazione dei lavori una spesa di 0,5 milioni per l’anno 2021 e di euro 1,5 milioni per l’anno 2022”.

§  la copertura degli oneri in questione (comma 1-ter), mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’art. 1, comma 200, della L. 190/2014 (c.d. Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione), come rifinanziato dall’art. 114, comma 4, del presente decreto-legge.

 

Il comma 1-quater, introdotto durante l'esame al Senato, al fine di migliorare la sicurezza della circolazione nel comune di Cinisello Balsamo, autorizza la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2020 per la realizzazione di uno studio di fattibilità tecnico-economica del sottopasso in via Fulvio Testi. Alla copertura degli oneri relativi si provvede mediante corrispondente riduzione del succitato Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.

 

 

 

 


 

Articolo 95
(Misure per la salvaguardia della zona lagunare di Venezia
e istituzione dell’Autorità per la laguna di Venezia)

 

 

L’articolo 95, modificato dal Senato, istituisce l’Autorità per la Laguna di Venezia con sede in Venezia, attribuendo all’Autorità la natura di ente pubblico non economico di rilevanza nazionale; l’Autorità è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Si individuano le funzioni e le competenze attribuite all’Autorità per la salvaguardia della città di Venezia e della zona lagunare e per il mantenimento del regime idraulico lagunare, nonché gli organi dell’Autorità stessa, le relative funzioni e attribuzioni, le modalità di nomina. Si dettano le funzioni dell'Autorità, tra cui l'approvazione del programma triennale per la tutela della laguna di Venezia, del programma unico integrato e del programma di gestione e manutenzione dell'opera MOSE, nonché lo svolgimento di attività di progettazione e gestione degli interventi di salvaguardia in ambito lagunare ed il coordinamento e alta sorveglianza sugli interventi di salvaguardia dell'ambito lagunare. Le funzioni e competenze dell'Autorità sono esercitate compatibilmente con i principi e criteri relativi al buon stato ecologico delle acque del codice dell'ambiente e della gestione del rischio di alluvioni di cui al D.lgs. 49/2010 e alle tutele di cui alle Direttive 2009/147/CE e 92/43/CEE (Uccelli e Habitat), in base a quanto previsto con una modifica del Senato.

L’Autorità promuove lo studio e la ricerca volti alla salvaguardia di Venezia e della sua laguna, favorendo le attività di ricerca applicata, di informazione e didattica, anche tramite il Centro di studio e di ricerca internazionale sui cambiamenti climatici. Si disciplinano gli organi dell'Autorità (co. 3-9).

Il comma 10 stabilisce l'assegnazione all'Autorità di un contingente di personale di 100 unità.

Il comma 11 prevede che i dipendenti in servizio presso il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, svolgono i compiti indicati, sono trasferiti nel ruolo organico dell'Autorità con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione.

 Il comma 12 attribuisce all'Autorità la facoltà di avvalersi, per motivate esigenze, nell'ambito della dotazione organica, di dipendenti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche o di enti pubblici collocati in posizione di comando, distacco, fuori ruolo ovvero in aspettativa, ad esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche.

Il comma 13 disciplina le assunzioni di personale dell’Autorità da effettuarsi - al termine delle procedure di trasferimento di cui al comma 11 - tramite procedure concorsuali. Il comma 14 concerne l’inquadramento normativo e contrattuale del personale dell’Autorità. Nelle more della piena operatività dell'Autorità, le funzioni e le competenze attribuite alla stessa ai sensi del presente articolo, ove già esistenti, continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici competenti nei diversi settori interessati (co. 15).

L’Autorità è dotata di un proprio patrimonio; si demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l'individuazione dei beni che costituiscono il patrimonio iniziale. Si indicano gli oneri derivanti dai commi da 1 a 15, ivi compresi quelli relative alla costituzione ed al primo avviamento della società per la gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE, quantificati in euro 1,5 milioni per l’anno 2020 e in euro 5 milioni a decorrere dall’anno 2021, cui si provvede ai sensi dell’articolo 114 del decreto (co. 16). Il comma 17 autorizza, per le attività di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE, la spesa di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni da 2021 al 2034, cui si provvede ai sensi dell’articolo 114.

In base al comma 18, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con proprio decreto nomina il Commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., determinando altresì il compenso spettante al Commissario liquidatore; tale nomina comporta la decadenza di tutti gli organi, anche straordinari, del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., di cui il predetto Commissario liquidatore assume i relativi poteri, funzioni ed obblighi (co. 19). Si indicano le funzioni del Commissario liquidatore (comma 20) che assume tutti i poteri ordinari e straordinari per la gestione del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l. (co. 21).

Il comma 22 reca una nuova disciplina del Comitato cui è affidato l'indirizzo, il coordinamento e il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla della legge n. 798/1984. Il Comitato è tenuto a trasmettere al Parlamento, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi. Il comma 23 dispone che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, proceda alla verifica di eventuali somme utilizzabili iscritte nel bilancio dello Stato e non più dovute, con esclusione delle somme perenti, per contratti di finanziamento stipulati con istituzioni finanziarie per la realizzazione del sistema MOSE; all'esito della verifica e comunque non oltre il 31 marzo 2021, con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si provveda alla definitiva ricognizione e conseguente riprogrammazione delle risorse individuate come disponibili.

Il comma 24 reca divieti relativi agli impianti di stoccaggio di GPL nella laguna, finalizzati a preservare l’ambiente, il patrimonio culturale e paesaggistico nei siti UNESCO: si vietano le autorizzazioni per attività aventi ad oggetto la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti di stoccaggio di GPL (lett. a); si vieta l'avvio dell'esercizio stesso per gli impianti di stoccaggio già autorizzati alla data di entrata in vigore della disposizione, ma non ancora in esercizio (lett. b).

Con una modifica del Senato, si prevede che restano ferme tutte le competenze del Ministero dei beni culturali di cui al codice del paesaggio.

 Il comma 25 prevede l'adozione di un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero per i beni e le attività culturali, per individuare le autorizzazioni e gli ulteriori atti di assenso già esistenti destinati a perdere efficacia a causa dei divieti introdotti dal comma 24; tale decreto indicherà criteri e modalità per il riconoscimento di eventuali indennizzi.

In base al comma 26, le risorse necessarie al fine della corresponsione dei suddetti indennizzi saranno attinte da un nuovo apposito fondo, istituito nello stato di previsione del MISE, con dotazione totale nel triennio 2020-2022 pari a 29 milioni, quale limite di spesa.

Il comma 27 interviene sul decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 1991 relativo alla sicurezza della navigazione e della vita umana in mare, cui viene apportata una serie di modifiche miranti a garantire adeguati livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente. Si introduce la possibilità di installare sulle imbarcazioni dedicate al trasporto pubblico motori elettrici o motori che combinano sistemi endotermici ed elettrici; si introduce una nuova disposizione volta a prevedere l'eventuale impiego di combustibile non allo stato liquido, bensì allo stato gassoso a temperatura ambiente in pressione, da parte delle navi e motonavi che effettuano il trasporto pubblico locale lagunare di linea e non di linea nelle acque protette della laguna di Venezia.

Con una modifica del Senato inoltre si introducono i nuovi commi da  27-bis  a 27- sexies all'articolo. Il comma 27-bis demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Regione Veneto, di dettare le disposizioni per il rilascio delle autorizzazioni per la movimentazione, in aree di mare ubicate all'interno del contermine lagunare di Venezia, dei sedimenti risultanti dall'escavo dei fondali del contermine lagunare stesso. Il decreto disciplina anche i termini del procedimento, la durata dell'autorizzazione e le attività di controllo e monitoraggio delle stesse. Sulle domande di autorizzazione è acquisito il parere di una Commissione tecnico-consultiva istituita presso il Provveditorato interregionale delle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino- Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, che si esprime entro il termine di sessanta giorni.

 

 

Il comma 1 istituisce l’Autorità per la Laguna di Venezia, con sede in Venezia. L’Autorità è ente pubblico non economico di rilevanza nazionale a ordinamento speciale ed è dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria. L’Autorità opera nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad essa affidate in base ai principi di legalità, imparzialità e trasparenza, con criteri di efficienza, economicità ed efficacia nel perseguimento della sua missione. L’Autorità è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

In base al comma 2, all’Autorità sono attribuite tutte le funzioni e competenze relative alla salvaguardia della città di Venezia e della zona lagunare e al mantenimento del regime idraulico lagunare, ivi incluse quelle di cui alle leggi 5 marzo 1963, n. 366, 16 aprile 1973, n. 171 e 29 novembre 1984, n. 798, nonché le funzioni già attribuite al Magistrato delle Acque e trasferite al Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia ai sensi dell’articolo 18, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

La relazione illustrativa evidenzia che si provvede ad abrogare il quinto e il sesto periodo del comma 3 dell’articolo 18 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 che prevedevano, a seguito della soppressione del Magistrato delle Acque, l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, recante l’individuazione delle funzioni già esercitate dal citato Magistrato delle acque da trasferire alla città metropolitana di Venezia, in materia di salvaguardia e di risanamento della città di Venezia e dell'ambiente lagunare, di polizia lagunare e di organizzazione della vigilanza lagunare, nonché di tutela dall'inquinamento delle acque, nonché delle occorrenti risorse umane, finanziarie e strumentali.

L'art. 18, comma 3, del decreto-legge n. 90/2014 dispone, infatti, la soppressione del magistrato delle acque per le province venete e di Mantova (istituito dalla legge n. 257 del 1907), con contestuale trasferimento delle funzioni da esso esercitate al provveditorato interregionale per le opere pubbliche competente per territorio.

Sempre il comma 3 prevede anche la soppressione del Comitato tecnico di magistratura, di cui all'art. 4 della menzionata legge n. 257.

In tale contesto si inseriscono i sopra illustrati periodi quinto e sesto, oggetto di abrogazione da parte del comma 1 dell'articolo in esame.

In base a quanto previsto con una modifica del Senato, le funzioni e competenze dell'Autorità sono esercitate compatibilmente con i principi e criteri relativi al buon stato ecologico delle acque di cui al codice dell'ambiente (D.lgs 152/2006), alla gestione del rischio di alluvioni di cui al D.lgs. 49/2010 e alle tutele di cui alle Direttive 2009/147/CE e 92/43/CEE (Uccelli e Habitat).

 

Si prevedono nel dettaglio le seguenti funzioni:

§  approvazione del programma triennale per la tutela della laguna di Venezia, del programma unico integrato e del programma di gestione e manutenzione dell'opera denominata "Modulo Sperimentale Elettromeccanico", nota come "MOSE" (lett. a)); tale approvazione avviene nel rispetto del piano generale degli interventi di cui all’articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n.798 nonché, in base a quanto previsto con una modifica del Senato, tenuto conto:

-          dei Programmi triennali di intervento di cui all'art. 69 del codice dell'ambiente

-          del Piano di gestione delle Acque di cui all'articolo 117 del medesimo codice

-          del Piano di gestione del rischio di alluvioni di cui all'articolo 7 del D.lgs. 49/2010

del Progetto Generale per il Recupero Morfologico della Laguna; si veda, al riguardo, per approfondimenti sul progetto generale per il recupero della Laguna, qui.

-          nonché dei piani gestione delle zone speciali di conservazione ZPS.

 

§  Con l'approvazione di una modifica del Senato, è stata aggiunta la funzione di cui alla nuova lettera a-bis), di assicurare l'attuazione delle misure contenute nei Piani di gestione delle Acque e Piani di Gestione del Rischio di Alluvioni - stralci del Piano di Bacino - redatti dall'Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali e relativi all'Unità Idrografica della Laguna di Venezia, bacino scolante e mare antistante;  

§  svolgimento di attività di progettazione e gestione degli interventi di salvaguardia in ambito lagunare sia in amministrazione diretta sia ricorrendo ad affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 50/2016) (lett. b)); 

§  coordinamento e alta sorveglianza sugli interventi di salvaguardia dell'ambito lagunare nonché svolgimento di attività tecnica per la manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili, appartenenti al demanio statale, destinati alle attività di competenza ovvero di particolare interesse storico, artistico, architettonico e monumentale e di uso pubblico, rientranti nell'ambito lagunare (lett. c));  

§  svolgimento di attività di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE.

In particolare, per lo svolgimento di servizi professionali e di assistenza tecnica ad elevata specializzazione non reperibili presso le pubbliche amministrazioni, si prevede la costituzione di una società interamente partecipata dall'Autorità (ex art. 16 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al d. lgs. n. 175/2016), i rapporti con la quale sono disciplinati mediante convenzioni finanziate con le risorse disponibili a legislazione vigente per le attività di manutenzione del MOSE.

La società è tenuta ad operare sulla base di un piano che attesti la 'sussistenza di concrete prospettive di mantenimento dell'equilibrio economico e finanziario della gestione' (lett. d)); 

 

 

Il MOSE

Il MOSE (acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico) è l'opera destinata a proteggere Venezia e la laguna da maree alte fino a 3 metri e da un innalzamento del livello del mare fino a 60 centimetri.

Consiste in 4 barriere costituite da 78 paratoie mobili tra loro indipendenti in grado di separare temporaneamente la laguna dal mare.

La conclusione dei lavori di costruzione, iniziati nel 2003, è oggi prevista per il 2021 (come noto, la prima prova di azionamento è stata effettuata nel luglio scorso alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri).

I lavori di costruzione sono stati affidati al Consorzio Venezia Nuova (CVN), costituito da imprese, consorzi e cooperative, nazionali e locali (per maggiori dettagli cfr. anche il box ricostruttivo inserito nella illustrazione del comma 18).

Il CVN ha operato - attraverso la stipula di convenzioni con l'Amministrazione concedente - quale concessionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche del Triveneto) per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna veneta di competenza dello Stato, in attuazione della legge n. 798/84.

Nel 1991 è stata redatta la Convenzione 7191, convenzione a carattere generale, che ha costituito il quadro di riferimento per la disciplina del rapporto tra il Ministero e il CVN.

La Convenzione reca, inoltre, gli elementi fondanti della programmazione delle attività da realizzare per conseguire gli obiettivi della legge n. 798.

In essa è stato definito un Piano generale degli interventi, teso a coniugare la difesa di Venezia e dell’ecosistema lagunare dalle acque alte con i problemi di carattere ambientale.

I successivi atti attuativi e atti aggiuntivi alla Convenzione generale hanno definito, di volta in volta, l’avanzamento dei lavori e i relativi finanziamenti.

Per approfondimenti sulle attività di salvaguardia di Venezia e della laguna, si rinvia al sito https://www.mosevenezia.eu/

 

La questione della salvaguardia della città di Venezia e della sua laguna è da tempo all'attenzione del Parlamento. La prima “legge speciale” per Venezia, n. 171/1973, intitolata "Interventi per la salvaguardia di Venezia", definì tre obiettivi ritenuti prioritari: salvaguardia fisica, ambientale e socio-economica. Per il perseguimento di tali obiettivi, la legge previde successivi provvedimenti affidati alla competenza di diversi soggetti: lo Stato, la Regione e gli enti locali. Più tardi è stata approvata la legge n. 798/1984, che ha cercato di ampliare la portata dell'intervento normativo, anche attraverso nuove linee di finanziamento, nonché di risolvere le criticità della precedente “legge speciale”. I finanziamenti autorizzati dalla L. 798/1984 sono destinati, in particolare, ad interventi di competenza dello Stato, della Regione Veneto e dei Comuni di Venezia e Chioggia; si veda al riguardo l’ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante interventi per la salvaguardia di Venezia (Doc. CXLVII, n. 1) presentata al Parlamento nel dicembre 2013.

Con riferimento alla presente Legislatura XVIII, presso Camera e Senato sono stati presentati disegni di legge che in tutto o in parte hanno riguardato Venezia e la sua laguna, e sono state svolte numerose attività non legislative. Tra gli interventi legislativi, si ricorda la conversione del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, in legge 14 giugno 2019, n. 55, con modificazioni tra cui l'aggiunta all'articolo 4 del suddetto decreto-legge di due commi, 6-bis e 6-ter, finalizzati alla prosecuzione dei lavori del MOSE e alla più celere realizzazione dei lavori per la salvaguardia della laguna. Tra le attività parlamentari non legislative, si segnalano:

•   i sopralluoghi ai cantieri del MOSE effettuati nel mese di marzo 2019, separatamente, da delegazioni della Commissione Lavori 8a e VIII Camera

•   il dibattito in Assemblea alla Camera durante la seduta n. 258 di mercoledì 13 novembre 2019 nonché l'approvazione della mozione n. 1-00295 (Nuova formulazione), nel testo riformulato, nel corso della seduta n. 262 di martedì 19 novembre 2019 concernenti iniziative a favore di Venezia alla luce degli eventi alluvionali dello stesso mese di novembre 2019

•   l'approvazione in Senato, durante la seduta n. 168 del 21 novembre 2019, delle mozioni 1-00191 (testo 2) e 1-00192, entrambe volte alla difesa di Venezia e della laguna dalle alte maree, da eventi climatici avversi e da altri fattori di rischio per l'ambiente della zona, nonché a fare fronte ai danni causati dalle condizioni atmosferiche il 12 novembre e nei giorni immediatamente successivi  

•   le audizioni del Presidente della Regione Veneto, del Presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale, del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e dell'Ance sullo stato di avanzamento delle opere e delle attività relative alla realizzazione del MOSE, presso l'Ufficio di Presidenza della Commissione Lavori Pubblici Senato, in data 27 novembre 2019

•   l'indagine conoscitiva deliberata il 15 gennaio 2020 dalla Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici Camera nell'ambito dell'esame della proposta di legge A.C. 1428 recante "Modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna", e le relative audizioni (tra cui quella della Commissaria Straordinaria per il MOSE, Elisabetta Spitz, in data 11 febbraio 2020). Per approfondimenti, si veda il dossier sull'A.C. 1428.

 

 

§  svolgimento di attività tecnica di vigilanza e supporto ad amministrazioni, enti ed organismi in relazione alla realizzazione di opere pubbliche nell'ambito lagunare con fonti di finanziamento non di diretta competenza (lett. e));

§  gestione e tutela del demanio marittimo lagunare nelle aree di competenza e svolgimento delle relative funzioni amministrative, contabili e di riscossione dei canoni demaniali (lett. f));   

§  svolgimento di funzioni di polizia lagunare, da esercitare anche tramite ordinanze, e di coordinamento amministrativo delle attività di repressione di reati relativi alla navigazione in laguna (lett. g));  

§  supporto di segreteria al Comitato per l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo per l'attuazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia, previsti dalla legge n. 798/1984 (lett. h));   

§  riscossione delle sanzioni amministrative derivanti dalle infrazioni in ambito lagunare (lett. i));

§  rilascio delle concessioni e autorizzazioni allo scarico delle acque reflue e alla verifica della qualità degli scarichi in relazione ai limiti legali, nonché gestione dell'attività amministrativa, contabile e di riscossione dei canoni dovuti per gli scarichi reflui in laguna (lett. l));

§  gestione di aree, acque e canali di competenza statale e riscossione delle relative tasse (lett. m));

§  gestione e funzionamento del Centro sperimentale per modelli idraulici (lett. n));

§  attività di supporto alle altre amministrazioni responsabili della salvaguardia di Venezia e della laguna, di coordinamento e controllo tecnico-amministrativo delle attività affidate al concessionario Consorzio Venezia Nuova (lett. o));

§  regolazione della navigazione della laguna di Venezia, nonché esecuzione delle opere necessarie al mantenimento dei canali di navigazione, con esclusione dei canali marittimi e delle zone portuali di competenza dell'Autorità marittima e dell'Autorità di sistema portuale (lett. p)) nonché - secondo quanto previsto con l'approvazione di una modifica del Senato, dei rivi e canali interni al centro storico di Venezia, e della Giudecca, del Lido, di Murano e Burano, e del Canal Vena e Chioggia;

§  rilascio delle autorizzazioni e concessioni per dissodamenti e piantagioni entro il perimetro lagunare, nonché per il prelievo dalla laguna di sabbia, fango e altre materie (lett. q));

§  rilascio delle concessioni o autorizzazioni per lo scarico di rifiuti e gestione dei relativi canoni; svolgimento di attività di monitoraggio e controllo meteorologico e ambientale, ivi comprese le relative attività di analisi chimiche, avvalendosi - secondo quanto previsto con l'approvazione di una  modifica del Senato, anche del Sistema nazionale a rete per la protezione ambientale (lett. r));

Si ricorda che il D. Lgs. 132del 2016 ha istituito il SNPA.

§  valutazione ed espressione dei pareri sulla validità dei trattamenti di depurazione delle acque sia per gli scarichi reflui all'interno della laguna, sia per quelli defluenti in mare aperto tramite canali artificiali in prossimità della laguna (lett. s));

§  verifica della conformità al progetto degli impianti di depurazione realizzati (lett. t)).

 

 

Il comma 3 stabilisce che l’Autorità promuove lo studio e la ricerca volti alla salvaguardia di Venezia e della sua laguna, favorendo le attività di ricerca applicata, di informazione e didattica, anche tramite il Centro di studio e di ricerca internazionale sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 1, commi 119 e 120, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. Per lo svolgimento di tali compiti l’Autorità si può avvalere della collaborazione delle università e di enti di ricerca pubblici e privati.

L'art. 1, commi 119 e 120, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) recano, rispettivamente, l'istituzione e la disciplina del Centro di studio e di ricerca internazionale sui cambiamenti climatici, con sede nella città di Venezia.

L'istituzione del Centro è funzionale ad assicurare la piena adesione dell'Italia nel contrasto ai cambiamenti climatici e a favorire lo sviluppo sostenibile.

Al Centro sono affidate le funzioni di valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate dai soggetti pubblici e privati che si occupano di vulnerabilità e resilienza nonché di contribuire alla definizione di strategie nazionali, mediante studi e ricerche sulla mitigazione, sulla resilienza e sull'adattamento ai cambiamenti climatici, e,  più in generale, nell'ambito della gestione sostenibile dei sistemi sociali e ambientali, con particolare riferimento alla salvaguardia della città di Venezia.

 

In base al comma 4, sono organi dell’Autorità:

a) il Presidente;

b) il Comitato di gestione;

c) il Comitato consultivo;

d) il Collegio dei revisori dei conti.

 

Il comma 5 disciplina il Presidente, che è il rappresentante legale dell’Autorità. Il Presidente è il responsabile del suo funzionamento e ne dirige l’organizzazione, emanando tutti i provvedimenti che non siano attribuiti dalla presente disposizione o dallo statuto agli altri organi. Il Presidente è scelto tra persone che abbiano ricoperto incarichi istituzionali di grande responsabilità e rilievo e dotate di alta e riconosciuta competenza ed esperienza nei settori nei quali opera l'Autorità.

In ordine alla nomina, si prevede sia nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti la Regione Veneto e il Comune di Venezia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Con l'approvazione di una modifica del Senato viene previsto a tale fine anche il concerto del Ministro dell'ambiente.

L’incarico di Presidente ha la durata massima di tre anni, è rinnovabile per una volta ed è incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato pubblico o privato e con qualsiasi altra attività professionale privata. I dipendenti di pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sono collocati in posizione di fuori ruolo o equiparata nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, per l'intera durata dell’incarico. Al Presidente è corrisposto un compenso stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze, secondo i criteri e parametri previsti per gli enti ed organismi pubblici e posto a carico del bilancio dell'Autorità e comunque nel limite di cui all'articolo 23-ter, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Il richiamato comma 1 dell'art. 23-ter del citato D.L., convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. prevede che, con Dpcm, sia definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione.

Dispone altresì che in tale definizione debbano essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno.

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il Dpcm del 23 marzo 2012 ("Limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali"), pubblicato nella GU n. 89 del 16 aprile 2012.

 

Il comma 6 disciplina il Comitato di gestione, composto dal Presidente dell'Autorità, che lo presiede, e da sette dipendenti di livello dirigenziale scelti tra il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, della Regione Veneto, della Città Metropolitana di Venezia e del Comune di Venezia, e nominati, per la durata di tre anni, secondo le modalità previste dallo statuto.

In sede di prima applicazione, i componenti del Comitato di gestione sono individuati dalle Amministrazioni di appartenenza e nominati con provvedimento del Presidente dell’Autorità, adottato entro trenta giorni dalla data di adozione del decreto di nomina del Presidente stesso di cui al comma 5.

In relazione alle funzioni del Comitato di gestione, questo delibera, su proposta del Presidente, lo statuto, il regolamento di amministrazione, i regolamenti e gli altri atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell'Autorità, i bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese che impegnino il bilancio dell'Autorità, anche se ripartite in più esercizi, per importi superiori al limite fissato dallo statuto. Nelle votazioni, in caso di parità, prevale il voto del Presidente. Il Presidente sottopone alla valutazione del Comitato di gestione le scelte strategiche aziendali e le nomine dei dirigenti responsabili delle strutture di vertice dell’Autorità.

Ai componenti del Comitato di gestione non spetta alcun emolumento, compenso né rimborso spese a qualsiasi titolo dovuto.

Le deliberazioni del Comitato di gestione relative allo statuto, ai regolamenti e agli atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell’Autorità sono trasmesse, per l'approvazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. L'approvazione può essere negata per ragioni di legittimità o di merito.

Si stabilisce un meccanismo di silenzio assenso, prevedendo che le deliberazioni si intendono approvate ove nei quarantacinque giorni dalla ricezione delle stesse non venga emanato alcun provvedimento ovvero non vengano chiesti chiarimenti o documentazione integrativa; in tale ultima ipotesi il termine per l'approvazione è interrotto sino a che non pervengono gli elementi richiesti.

 

In base al comma 7, per l’espletamento dei propri compiti l’Autorità si avvale, nelle forme e nei modi previsti dallo statuto, di un Comitato consultivo composto da sette componenti (secondo quanto previsto con modifica del Senato, mentre il testo originario del decreto ne prevedeva sei), nominati con provvedimento del Presidente dell’Autorità, su proposta, rispettivamente, del Sindaco di Venezia, del Sindaco di Chioggia, del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale, del Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e del Presidente della Giunta Regionale del Veneto nonché del Segretario generale dell'Autorità di Bacino del distretto Alpi orientali (secondo quanto previsto con modifica del Senato, scelti tra soggetti, anche estranei alla pubblica amministrazione, dotati di specifiche e comprovate competenze e esperienza in materia idraulica e di morfodinamica lagunare e di gestione e conservazione dell’ambiente. Ai componenti del Comitato consultivo non spetta alcun emolumento, compenso né rimborso spese a qualsiasi titolo dovuto.

 

Il comma 8 disciplina il Collegio dei revisori dei conti, composto da un Presidente, da due membri effettivi e due supplenti iscritti al registro dei revisori contabili, nominati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che possono essere confermati una sola volta. Il Collegio dei revisori dei conti esercita le funzioni di cui all'articolo 2403 del codice civile, in quanto applicabile. I compensi dei componenti del Collegio dei revisori dei conti sono stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze secondo i criteri e parametri previsti per gli enti ed organismi pubblici e sono posti a carico del bilancio dell’Autorità.

 

L'art. 2403 del codice civile, relativo ai doveri del collegio sindacale, prevede che esso vigili sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

Al collegio sindacale è affidato inoltre il controllo contabile qualora così previsto dallo statuto di società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato (art. 2409-bis).

 

Il comma 9 stabilisce le regole per l'approvazione dello statuto dell’Autorità, che è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti adottato, su proposta del Presidente dell’Autorità. Lo statuto disciplina le competenze degli organi di direzione dell'Autorità, reca i principi generali in ordine all’organizzazione ed al funzionamento dell'Autorità, istituendo, inoltre, apposita struttura di controllo interno e prevedendo forme adeguate di consultazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'articolazione degli uffici è poi stabilita con distinte disposizioni interne adottate secondo le modalità previste dallo statuto.

 

 

Il comma 10 stabilisce, in ragione dell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, l'assegnazione all'Autorità di un contingente di personale di 100 unità, di cui

Ø  due unità di livello dirigenziale generale

Ø   sei unità di livello dirigenziale non generale

Ø  e novantadue unità di livello non dirigenziale.

L'Autorità adotta, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale dirigenziale e non dirigenziale ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In particolare, il regolamento di amministrazione:

a) disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità;

b) fissa le dotazioni organiche complessive del personale di ruolo dipendente dall'Autorità nel limite massimo di 100 unità.

 

Il comma 11 prevede che i dipendenti in servizio presso il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, svolgono compiti relativi alle funzioni dall'articolo 54, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono trasferiti nel ruolo organico dell'Autorità con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione; si procede alla contestuale riduzione della dotazione organica dell'amministrazione di provenienza e trasferimento delle relative risorse finanziarie.

Il D.Lgs.  n. 112 del 1998 reca il Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59. L'art. 54, in materia di funzioni mantenute allo Stato, sono mantenute allo Stato le funzioni relative alla salvaguardia di Venezia, della zona lagunare e al mantenimento del regime idraulico lagunare, nei limiti e con le modalità di cui alle leggi speciali vigenti nonché alla legge 5 marzo 1963, n. 366 (lett. d).

 

 Il personale non dirigenziale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci di natura fissa e continuativa, ove più favorevole, in godimento presso l'amministrazione di provenienza al momento dell'inquadramento, mediante assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

 

Il comma 12 attribuisce all'Autorità la facoltà di avvalersi, per motivate esigenze, nell'ambito della dotazione organica, di dipendenti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche o di enti pubblici collocati in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o equiparata nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, ovvero in aspettativa ai sensi dell'articolo 7 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ad esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche.

 

Il comma 13 consente che, nel limite della dotazione organica di cui al comma 10 e al termine delle procedure di trasferimento del personale di cui al comma 11, l’Autorità provveda all’assunzione a tempo indeterminato di due unità di personale dirigenziale di livello non generale, a decorrere dall’anno 2020, e delle rimanenti unità di personale, a copertura delle posizioni vacanti disponibili, a decorrere dall’anno 2021, da inquadrare nelle posizioni economiche iniziali dei relativi profili professionali, individuati nel regolamento di amministrazione di cui al comma 10; a quest’ultimo riguardo, si valuti l’opportunità di chiarire il termine "aree iniziali", adoperato nel presente comma 13.

Riguardo alle procedure concorsuali (per le assunzioni previste dal comma 13), viene richiamata la possibilità di svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata e attraverso l'utilizzo di tecnologia digitale, secondo le norme di cui agli articoli 247 e 249 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 – norme oggetto di novelle da parte dell’articolo 25 del presente decreto -. Si prevede inoltre che i bandi concorsuali valorizzino, in particolare, l’esperienza maturata in materia di progettazione, costruzione e gestione di grandi opere idrauliche e in materia di salvaguardia lagunare e previsione delle maree.

Riguardo alla disciplina del personale dell’Autorità in esame, il comma 14 opera un rinvio generale alla normativa sui dipendenti pubblici di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Per le tabelle retributive, il medesimo comma 14 dispone l’applicazione di quelle relative al personale degli enti pubblici non economici, previste nell’ambito del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Funzioni Centrali[50] e del contratto corrispondente relativo all'area dirigenziale (area Funzioni Centrali[51]) (su tale disposizione del comma 14 il Senato ha operato una modifica esclusivamente formale).

 

In base al comma 15, nelle more della piena operatività dell'Autorità - la cui data è determinata con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato su proposta del Presidente dell'Autorità entro sei mesi dall'adozione del regolamento di amministrazione di cui al comma 10 - le funzioni e le competenze attribuite alla stessa ai sensi del presente articolo, ove già esistenti, continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici competenti nei diversi settori interessati.

 

Il comma 16 stabilisce che l’Autorità è dotata di un proprio patrimonio, costituito da un fondo di dotazione e dai beni mobili ed immobili strumentali alla sua attività. Si demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l'individuazione dei beni che costituiscono il patrimonio iniziale.

Si indicano gli oneri derivanti dai commi da 1 a 15, ivi compresi quelli relative alla costituzione ed al primo avviamento della società di cui alla lettera d) del comma 2 -  per la gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE, per la quale la norma in esame, alla lettera d) citata, prevede la costituzione  di una società interamente partecipata, i cui rapporti con l’Autorità sono disciplinati mediante convenzioni finanziate con le risorse disponibili a legislazione vigente per le attività di manutenzione del MOSE stesso.

Gli oneri sono quantificati in euro 1,5 milioni per l’anno 2020 e in euro 5 milioni a decorrere dall’anno 2021, e vi si provvede ai sensi dell’articolo 114.

Si rammenta più nel dettaglio che la lettera d) del co. 2 della disposizione prevede che l'autorità svolge attività di gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE; a tal fine, per lo svolgimento di servizi professionali e di assistenza tecnica ad elevata specializzazione non reperibili presso le pubbliche amministrazioni, costituisce, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 - recante disciplina delle società in house -, una società da essa interamente partecipata, i cui rapporti con l’Autorità sono disciplinati mediante convenzioni finanziate con le risorse disponibili a legislazione vigente per le attività di manutenzione del MOSE. La società opera sulla base di un piano che 'comprovi la sussistenza di concrete prospettive di mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione'.

 

Il comma 17 autorizza, per le attività di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria del MOSE, la spesa di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni da 2021 al 2034, onere cui si provvede ai sensi dell’articolo 114.

 

In base al comma 18, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con proprio decreto, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, nomina il Commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l.. Con il decreto di nomina viene altresì determinato il compenso spettante al Commissario liquidatore sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico delle società di cui al primo periodo, di cui si prevede la liquidazione.

L'art. 8 del decreto legislativo n. 14/2010 disciplina i compensi degli amministratori giudiziari, prevedendo che con DPR siano stabilite le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi medesimi, sulla base di "norme di principio" definite nel medesimo art. 8.

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il DPR n. 177/2015 ("Regolamento recante disposizioni in materia di modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari iscritti nell'albo di cui al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14").

 

Il Consorzio Venezia Nuova (CVN) è stato costituito nel 1982, originariamente  tra quattro imprese (Italstrade, Grandi Lavori Fincosit, Società italiana per Condotte d'Acqua e Mazzi Impresa Generale di Costruzioni), «per la realizzazione, in regime di concessione o di  appalto, degli interventi promossi dalle Amministrazioni dello Stato ed Enti  pubblici centrali e locali per la salvaguardia di Venezia, in particolare e non  limitativamente a quelli previsti della legge 26 aprile 1973, n. 171, degli  interventi per opere di regolazione dei livelli marini in laguna, di  marginamenti lagunari, di opere portuali in Venezia e nelle zone prossime, di  opere marittime e di difesa del litorale, di bonifica di consolidamento e  sistemazione di ponti, canali e fondamenta sui canali, di sistemazione di corsi  d’acqua naturali ed artificiali» (art. 3 dello Statuto allegato all’Atto costitutivo  del 27 ottobre 1982).

Ad esso si sono successivamente aggregate altre grandi aziende pubbliche e private (tra le quali Italmpresit e Italstrade), consorzi e cooperative.

A seguito dell’entrata in  vigore della legge n. 798/1984, il CVN è stato individuato come  il soggetto idoneo cui affidare la realizzazione degli interventi più  significativi di competenza dello Stato, di cui all’art. 3, comma 1, lett. a),  c), d) e l), mediante «una concessione da accordarsi in forma unitaria a  trattativa privata, anche in deroga alle disposizioni vigenti, a società,  imprese di costruzioni, anche cooperative e loro consorzi, ritenute idonee dal  punto di vista imprenditoriale e tecnico-scientifico» (art. 3, comma 3).

Con la stipula della convenzione n. 7191/1991, il CVN è divenuto affidatario della concessione in forma unitaria, ai sensi e per gli effetti della legge n. 1137 del 1929, della realizzazione di tutti gli interventi indicati nel Piano Generale degli Interventi.

Su proposta del Presidente dell’Anac, con decreto n. 280717 del 1° dicembre 2014, il Prefetto della Provincia di Roma ha disposto l’applicazione della misura della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, ai sensi dell’art. 32, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 90/2014, con riferimento alla completa esecuzione della concessione di cui alla convenzione generale n. 7191/1991 e ai successivi atti aggiuntivi e attuativi.

Il collegio straordinario (costituito da due amministratori straordinari contestualmente nominati e da un terzo nominato con successivo decreto) ha ricevuto il mandato di sostituire i titolari degli organi sociali dotati di omologhi poteri per ciò che concerne la gestione delle attività di impresa connesse all’esecuzione dell’appalto da cui trae origine la misura.

 

Costruzioni Mose Arsenale - COMAR s.c.a.r.l. è stata costituita nel 2009 da tre delle imprese consorziate al CVN, per la gestione degli appalti connessi alla realizzazione dell'infrastruttura MOSE (in particolare gli appalti per la realizzazione delle opere meccaniche ed elettromeccaniche di chiusura mobile delle bocche di porto).

Su proposta del Presidente dell'Anac, il Prefetto di Roma ha adottato, anche per COMAR, la misura della straordinaria e temporanea gestione ex art. 32, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 90/2014, in quanto - come si legge nella proposta dell'Anac (2016) - la società era divenuta "una sorta di struttura operativa del CVN".

L'amministrazione straordinaria di COMAR è stata affidata allo stesso collegio costituito per la gestione straordinaria di CVN, in ragione dello stretto legame funzionale intercorrente tra il completamento dell'infrastruttura a difesa di Venezia e della sua laguna e la gestione degli appalti affidati a COMAR.

 

La nomina del Commissario liquidatore comporta, ai sensi del comma 19, la decadenza di tutti gli organi, anche straordinari, del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., di cui il predetto Commissario liquidatore assume i relativi poteri, funzioni ed obblighi.

A tale riguardo, si segnala che la disposizione sembra profilare la decadenza di tutti gli organi della società e dell'ente consortile indicati, che continuano tuttavia ed esistere quali compagini societarie (anche alla luce del disposto del successivo comma 20, lettera b).

Gli organi anche straordinari delle società in parola trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché al Commissario liquidatore, una relazione illustrativa recante la descrizione dell’attività svolta ed il relativo rendiconto, entro sessanta giorni dalla nomina del Commissario liquidatore; restano fermi gli altri obblighi a carico degli organi stessi previsti dalla vigente normativa.

 

Il Commissario liquidatore ha il compito, secondo quanto indicato dal comma 20:

a) di gestire il Consorzio Venezia Nuova e la Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l. al fine di ultimare le attività di competenza relative al MOSE ed alla tutela e salvaguardia della Laguna di Venezia, in esecuzione degli atti convenzionali, nonché di procedere alla consegna dell’opera in favore dell’Autorità;

b) di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e la Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., provvedendo alla relativa liquidazione, successivamente alla consegna del MOSE all’Autorità medesima.

Nello svolgimento delle sue funzioni, il Commissario liquidatore provvede, altresì, alla verifica ed all’accertamento delle attività svolte dal Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., nonché all’adozione dei 'necessari atti anche di natura negoziale'.

 

Il comma 21 dispone che il Commissario liquidatore assume tutti i poteri

ordinari e straordinari per la gestione del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.ar.l., attenendosi agli indirizzi strategici e operativi del Commissario straordinario nominato ai sensi dell’articolo 4, comma 6-bis del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, anche ai fini della celere esecuzione dei lavori relativi per il completamento dell’opera.

 Le attività del Commissario liquidatore sono concluse entro il termine massimo di diciotto mesi dall’assunzione della gestione del MOSE da parte dell’Autorità. A tal fine il Commissario liquidatore provvede a costituire, a valere sulle disponibilità del Consorzio Venezia Nuova e della Costruzioni Mose Arsenale – ComarS.c.a.r.l., un deposito a garanzia delle eventuali obbligazioni non soddisfatte al termine della liquidazione mediante versamento sul conto corrente intestato al Commissario liquidatore aperto presso un ufficio postale o un istituto di credito scelto dal Commissario. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, sono versate a cura del depositario all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Si ricorda che l'art. 4, comma 6-bis, del decreto-legge n. 32/2019 (c.d. Sblocca cantieri), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, ha previsto la nomina di un Commissario straordinario incaricato di sovraintendere alle fasi di prosecuzione dei lavori volti al completamento del MOSE.

Si prevede che il Commissario possa assumere le funzioni di stazione appaltante e che operi in raccordo con la struttura del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Veneto, il Trentino-Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.

Il Commissario straordinario opera in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto dei princìpi generali posti dai Trattati dell'Unione europea e dalle disposizioni delle direttive di settore, anche come recepiti dall'ordinamento interno.

Può avvalersi, per l'esercizio delle proprie funzioni, di strutture delle amministrazioni centrali o territoriali interessate, nonché di società controllate dallo Stato o dalle Regioni, nel limite delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Con DPCM del 27 novembre 2019 è stata nominata l'Architetto dott.ssa Elisabetta Spitz a Commissario straordinario con il compito di sovraintendere alle fasi di prosecuzione dei lavori volti al completamento del modulo sperimentale elettromeccanico per la tutela e la salvaguardia della Laguna di Venezia, noto come sistema MOSE.

 

Si ricorda che l'art. 9 del decreto-legge n. 76 del 2020 ("Decreto semplificazioni") reca disposizioni finalizzate alla revisione, all’ampliamento e alla proroga della disciplina dei commissari previsti dal decreto “sblocca cantieri” nonché all’attribuzione dei poteri dei medesimi commissari a tutti i commissari per opere pubbliche o infrastrutture, salvo alcune eccezioni indicate. Si osserva, preliminarmente, che tale norma non modifica l'art. 4, comma 6-bis, del decreto sblocca cantieri (decreto-legge n. 32 del 2019), dedicato al Commissario per la realizzazione del sistema MOSE. Tale comma, come sopra accennato, reca una disciplina specifica sui poteri del Commissario.

Si segnala che l'art. 9 del DL 76/2020, tra l'altro, provvede a ridisciplinare i poteri attribuiti ai commissari, al fine di limitare i poteri di deroga in materia di contratti pubblici. Viene infatti precisato che la possibilità, per i commissari, di operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici (già contemplata dal testo previgente), non può pregiudicare il rispetto dei seguenti principi previsti dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici): i principi per l'aggiudicazione e l'esecuzione di appalti e concessioni fissati dall’art. 30 del Codice; i criteri di sostenibilità energetica e ambientale contemplati dall’art. 34 del Codice; le disposizioni sui conflitti di interesse recate dall’art. 42 del Codice. Viene inoltre confermato, quale limite da non oltrepassare nell’operare in deroga alla normativa sui contratti pubblici, quanto già previsto in relazione alle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Ulteriori disposizioni riguardano l’apertura di apposite contabilità speciali intestate ai commissari, su cui confluiscono le risorse per le spese di funzionamento e di realizzazione degli interventi nel caso svolgano le funzioni di stazione appaltante, nonché la disciplina del controllo dei provvedimenti e dell’attività dei commissari.

Inoltre, come sopra accennato, l'art. 9 del DL n. 76/2020, al comma 3, reca una disposizione volta a garantire l’uniformità nelle gestioni commissariali finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche o interventi infrastrutturali assicurando, al contempo, la riduzione dei relativi tempi di esecuzione. A tal fine viene disposta l’applicazione dei poteri commissariali previsti dai commi 2 e 3 dell’art. 4 del decreto “sblocca cantieri” (D.L. 32/2019) a tutti i commissari nominati per la predetta finalità sulla base di specifiche norme di legge. Sono esclusi dall’applicazione dell’art. 4 del D.L. 32/2019: i commissari nominati con ordinanze di protezione civile; i commissari straordinari del Governo; il Commissario per la ricostruzione del “ponte Morandi” (art. 1 del art. 1 del D.L. 109/2018); i commissari per l’edilizia scolastica di cui all’art. 7-ter del D.L. 22/2020; i commissari straordinari nominati per l’attuazione di interventi di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.

Quanto ai commissari straordinari del Governo, l'art. 9 del DL 76/2020 richiama l’art. 11 della L. 400/1988 il quale prevede che, al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali, può procedersi alla nomina di commissari straordinari del Governo, ferme restando le attribuzioni dei Ministeri, fissate per legge. Alla nomina si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

 

 

Il comma 22 reca una nuova disciplina del Comitato cui è affidato l'indirizzo, il coordinamento e il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla della legge n. 798/1984 (Nuovi interventi per la salvaguardia di Venezia), in sostituzione di quella recata dall'art. 4 della medesima legge n. 798.

In particolare, il Comitato assume la denominazione di "Comitato istituzionale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna" e risulta composto dal Presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro dell'università e della ricerca, dal Presidente della giunta regionale del Veneto, dal Sindaco della Città metropolitana di Venezia, dal Sindaco di Venezia (ove diverso da quello della Città metropolitana), dal Sindaco di Chioggia e dal Sindaco di Cavallino Treporti - secondo quanto previsto con una modifica del Senato - o loro delegati, nonché da due rappresentanti dei comuni di Codevigo, Campagna, Lupia, Mira, Quarto D'Altino, Iesolo e Musile di Piave, designati dai sindaci con voto limitato.

Si prevede che svolga la funzione di segretario del Comitato il Presidente dell'Autorità per le acque lagunari.
Al Comitato restano demandati l'indirizzo, il coordinamento e il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla legge n. 798.

Ad esso spetta, in particolare, l'approvazione del Piano degli interventi nell'ambito della laguna di Venezia e la decisione sulla ripartizione delle risorse stanziate per la loro attuazione.
Il Comitato è tenuto a trasmettere al Parlamento, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi (nel testo previgente la relazione era trasmessa al Parlamento alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato).
Rispetto al testo previgente si introduce una disposizione volta ad assicurare che il Comitato si doti di un regolamento interno, recante disciplina degli aspetti organizzativi e definizione delle modalità e della frequenza di riunione nonché delle modalità di votazione dei suoi componenti.

 

Il comma 23 dispone che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, proceda alla verifica di eventuali somme utilizzabili iscritte nel bilancio dello Stato e non più dovute, con esclusione delle somme perenti, per contratti di finanziamento stipulati con istituzioni finanziarie per la realizzazione del sistema MOSE.

Si prevede che - all'esito della verifica e comunque non oltre il 31 marzo 2021 - con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si provveda alla definitiva ricognizione e conseguente riprogrammazione delle risorse individuate come disponibili.

Con la suddetta deliberazione e a seguito della ricognizione, tali somme, anche iscritte in conto residui, sono assegnate per il completamento e la messa in esercizio del MOSE.

Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui.

 

Il comma 24 reca divieti relativi agli impianti di stoccaggio di GPL nella laguna. Tali misure sono finalizzate a preservare l’ambiente, il patrimonio culturale e paesaggistico nonché la pubblica sicurezza dei siti italiani inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell'UNESCO, di cui all’articolo 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 77.

Con una modifica del Senato, si prevede che restano ferme tutte le competenze del Ministero dei beni culturali di cui al codice del paesaggio.

 

Si ricorda che la L. 77/2006 - in base alle modifiche apportate dalla L. 44/2017 - ha introdotto misure di sostegno per i cosiddetti "siti ed elementi italiani UNESCO", ossia i siti e gli elementi del patrimonio culturale immateriale italiani inseriti nella Lista del patrimonio mondiale sulla base delle tipologie individuate dalla la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972, e ratificata dall'Italia con la L. 184/1977, e dalla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003, ratificata dall’Italia con L. 167/2007.

Per essere inseriti nella Lista i siti devono essere di eccezionale valore universale e rispondere ad almeno uno dei dieci criteri previsti nelle Linee guida operative. In base alla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, per “patrimonio culturale immateriale” si intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale.

La L. 77/2006, nel testo in vigore, dispone che i progetti di tutela e restauro dei beni culturali, paesaggistici e naturali inclusi nel perimetro di riconoscimento dei siti e degli elementi italiani UNESCO acquisiscono priorità di intervento qualora siano oggetto di finanziamenti secondo le leggi vigenti. Inoltre, dispone che, per assicurare la conservazione dei siti e degli elementi italiani UNESCO e creare le condizioni per la loro valorizzazione, sono approvati appositi piani di gestione, che definiscono le priorità di intervento e le relative modalità attuative, nonché le azioni esperibili per reperire le risorse pubbliche e private necessarie, in aggiunta a quelle previste a livello legislativo, oltre che le opportune forme di collegamento con programmi o strumenti normativi che perseguano finalità complementari, tra i quali quelli disciplinanti i sistemi turistici locali e i piani relativi alle aree protette.

Gli interventi di sostegno attengono: allo studio delle problematiche relative ai siti e agli elementi; alla riqualificazione, promozione, tutela e valorizzazione dei siti e degli elementi, nonché alla diffusione della loro conoscenza: in ambito scolastico, la valorizzazione si attua anche attraverso il sostegno a viaggi di istruzione e ad attività culturali; alla predisposizione di servizi di assistenza culturale e di ospitalità; alla realizzazione di aree di sosta e sistemi di mobilità funzionali ai siti, anche in zone contigue agli stessi; alla valorizzazione e alla diffusione del patrimonio enologico caratterizzante il sito, nell'ambito della promozione del complessivo patrimonio tradizionale enogastronomico e agro-silvo-pastorale.

Per maggiori dettagli, anche con riferimento alle modalità di finanziamento, si veda l'apposito tema web sul sito della Camera dei deputati.

 

La lettera a) del comma 24 vieta le autorizzazioni e qualsivoglia altro atto di assenso - ivi compresi autorizzazioni paesaggistiche, valutazioni di impatto ambientale e concessioni demaniali -per attività aventi ad oggetto la costruzione e l’esercizio di nuovi impianti di stoccaggio di GPL.

La lettera b), che riguarda invece gli impianti di stoccaggio i quali alla data di entrata in vigore del provvedimento risultano essere stati già autorizzati, ma non ancora in esercizio, vieta l'avvio dell'esercizio stesso.

La relazione tecnica afferma che la determinazione della misura massima dell’eventuale indennizzo è stata effettuata con valutazioni prudenziali avendo riguardo alle previsioni di cui all’articolo 21-quinquies  della legge 241 del 1990 e ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza amministrativa relativamente alle ipotesi di indennizzo conseguenti all’adozione di provvedimenti di revoca per sopravvenienza di diritto, e in punto di fatto in relazione alla tipologia ed entità dei costi normalmente sostenuti in casi analoghi (si cita: Consiglio di Stato, sezione quinta, 10 aprile 2020, numero 2358).

La stessa RT afferma che in base alle informazioni fornite dal mese esisterebbe un’unica fattispecie astrattamente riconducibile a quella disciplinata dalla lettera b) del comma 24, inerente l’autorizzazione a realizzare nel Comune di Chioggia nell’area portuale di Val Da Rio, un deposito costiero di carburante.

Al riguardo, va osservato come sebbene la RT affermi che vi sia un unico caso menzionato interessato dalla disposizione, il successivo co. 25 prevede una ricognizione delle fattispecie interessate dalla medesima lettera b), e l'adozione di un conseguente D.M. (si veda, di seguito, il co. 25).

Si valuti la disposizione di cui alla lettera b) del comma 24, in relazione ai possibili effetti di contenzioso in relazione ai siti già oggetto di autorizzazione, considerato peraltro che il successivo comma 25 della norma non prevede un termine per l'emanazione del D.M. del MISE inerente anche la materia degli indennizzi.

Le prescrizioni di cui al comma 24 dell'articolo 95 sono integrate dal successivo comma 25. Esso prevede l'adozione di un decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dl Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero per i beni e le attività culturali, per mezzo del quale saranno individuate le autorizzazioni e gli ulteriori atti di assenso già esistenti che sono destinati a perdere efficacia a causa dei divieti introdotti dal comma 24. Inoltre, il decreto di cui al comma 25 indicherà criteri e modalità per il riconoscimento di eventuali indennizzi a favore dei beneficiari delle autorizzazioni e di altri atti di assenso dichiarati inefficaci ai sensi del comma 24.

Si segnala che la norma, non fissa limiti temporali per l'adozione del decreto suddetto.

In base al comma 26, le risorse necessarie al fine della corresponsione dei suddetti indennizzi saranno attinte da un nuovo apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. La dotazione del fondo sarà di

§  1 milione di euro per l'anno 2020

§   di 15 milioni di euro per l'anno 2021

§   e di 13 milioni di euro per l'anno 2022.

Il totale nell'intero triennio 2020-2022 è dunque pari a 29 milioni, cifra che costituisce un limite di spesa oltre il quale le risorse per gli indennizzi saranno considerate esaurite.

Secondo la Relazione Tecnica che accompagna il decreto-legge in esame, la differenza tra la cifra per l'anno 2020 e quelle per i due anni seguenti dipende dal fatto che il decreto ministeriale sarà adottato non prima dell’ultimo bimestre dell’anno 2020, sicché gli oneri economici che ne deriveranno saranno erogati in misura prevalente nell’anno 2021 e nell’anno 2022. Stando alla Relazione tecnica, l'ammontare delle risorse del fondo per gli indennizzi è stato definito in via prudenziale; infatti, come sopra accennato, sulla scorta delle informazioni fornite dal Ministero dello sviluppo economico, sembra che al momento (agosto 2020) sussista un unico caso riconducibile alle fattispecie  disciplinate dalla lettera b) del comma 24, vale a dire l’autorizzazione a realizzare nel Comune di Chioggia, nell'area portuale di Val da Rio, un deposito costiero di carburanti, non ancora ultimato né entrato in funzione (anche a causa di provvedimenti di sequestro adottati dall’Autorità giudiziaria).

Il comma 26 dell'articolo precisa che per la copertura finanziaria degli oneri in questione è in base all'articolo 114 del decreto.

Il riferimento trova riscontro nel comma 5 dell'articolo 114, laddove l'articolo 95 e i relativi oneri sono inclusi in un elenco di disposizioni a copertura finanziaria (si rinvia alla relativa scheda).

       

 

Il comma 27 interviene sul decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, recante disposizioni per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare, cui viene apportata una serie di modifiche miranti a garantire adeguati livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente.

La lettera a) del comma novella il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 435/1991 al suo articolo 1, comma 1, numero 21. Si introduce così la possibilità di installare sulle imbarcazioni dedicate al trasporto pubblico motori elettrici o motori che combinano sistemi endotermici ed elettrici.

La lettera b) novella la rubrica e il testo dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 435/1991. Quanto alla rubrica, la nuova versione sopprime il riferimento al combustibile 'liquido', divenendo perciò riferita al 'Punto di infiammabilità' del combustibile'. La modifica della rubrica è necessaria in considerazione del fatto che ai sensi della lettera b) del decreto-legge si aggiunge all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 435/1991.  Il nuovo comma 3-bis prevede l'eventuale impiego di combustibile non allo stato liquido, bensì allo stato gassoso a temperatura ambiente in pressione, da parte delle navi e motonavi che effettuano il trasporto pubblico locale lagunare di linea e non di linea nelle acque protette della laguna di Venezia. Il nuovo comma 3-bis prescrive che l'eventuale impego di tale combustibile gassoso a temperatura ambiente in pressione sia effettuato con sistemazioni conformi alle disposizioni che saranno emanate da un futuro decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

La disposizione non risulta indicare un termine per l'emanazione del decreto in questione.

La relazione illustrativa evidenzia come l'insieme delle disposizioni recate dal comma 27 è volto ad abbattere le emissioni nocive e migliorare la qualità dell’aria nella città di Venezia.

 

Si ricorda che nell'ambito dell'iter di conversione del D.L. rilancio, n. 34 del 2020, è stato introdotto l’articolo 212-bis, che interviene sulla legge 29 novembre 1984, n.?798 relativa a Venezia, attribuendo al comune di Venezia, per l'ammodernamento della flotta dei mezzi di trasporto pubblico su acqua, 5 milioni di euro per l'anno 2020, 10 milioni di euro per l'anno 2021 e 5 milioni di euro per l'anno 2022, al fine di incentivare la salvaguardia ambientale e la prevenzione dell'inquinamento delle acque e dell'aria nel comune di Venezia, anche promuovendo la sostenibilità e l'innovazione del trasporto pubblico locale su acqua. Inoltre, nel medesimo D.L., come convertito, l'articolo 229 ai commi da 4-bis a 4-quinqiues, introdotti durante l'iter di conversione, autorizzano la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2020, destinata alla concessione di un contributo in favore dei residenti nei comuni della gronda della laguna di Venezia, che abbiano compiuto 18 anni di età, per la sostituzione di motori entro o fuoribordo a due tempi con motori entro o fuoribordo elettrici. Il contributo può essere concesso nel limite delle risorse autorizzate e fino a esaurimento delle stesse; esso è pari al 60 per cento della spesa sostenuta, dal 19 maggio 2020 al 31 dicembre 2020 e non può superare l'importo massimo di euro 500; il contributo può essere richiesto una sola volta. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - sono definiti le modalità e i termini per la concessione e l'erogazione del contributo, recandosi la copertura a valere del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili.

La Relazione Tecnica prevede che le nuove disposizioni introdotte dal comma 27 non determineranno nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Introduzione dei commi aggiuntivi da 27-bis  a 27- sexies

 

Con una modifica del Senato, si introducono i nuovi commi da  27-bis  a 27- sexies all'articolo.

Il comma 27-bis demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa con la Regione Veneto, di dettare le disposizioni per il rilascio delle autorizzazioni per la movimentazione, in aree di mare ubicate all'interno del contermine lagunare di Venezia, dei sedimenti risultanti dall'escavo dei fondali del contermine lagunare stesso. Il decreto disciplina anche i termini del procedimento, la durata dell'autorizzazione e le attività di controllo e monitoraggio delle stesse.

Per l'adozione del previsto D.M. non è previsto un termine.

Il comma 27-ter stabilisce che le modifiche e integrazioni del decreto di cui al comma 27-bis relative agli aspetti tecnici, quali parametri, valori-soglia e limiti di concentrazione, compatibilità con gli ambiti di rilascio, sono disposte con uno o più decreti di natura non regolamentare adottati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e previa intesa con la Regione Veneto.

 

     In base al comma  27-quater, ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 27-bis è effettuata in ogni caso la valutazione di incidenza di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 109, comma 5-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Il D.P.R. 08/09/1997, n. 357 reca il Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.

L'articolo 5 detta norme sulla valutazione di incidenza. Si prevede che nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G al D.P.R., uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti. I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi. Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi, individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all'allegato G, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonché le modalità di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali.

  

Si rammenta che il richiamato art. 109 del codice dell'ambiente,  i materia di immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte, al co. 5-bis, prevede che per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni ambientali di cui ai commi 2 e 5 della stesa disposizione sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude motivatamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale. Tale previsione era stata aggiunta dall'art. 8, comma 1, lett. b), n. 2), L. 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale).

Si rammenta altresì che ad integrazione di quanto disposto nella parte terza del Codice, comprendente gli articoli da 53 a 176, normativa è stata recata dai: D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 116 e D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30.

 

Il comma 27-quinquies dispone che sulle domande di autorizzazione di cui al comma 27-bis è acquisito il parere di una Commissione tecnico-consultiva istituita presso il Provveditorato interregionale delle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino- Alto Adige, Friuli Venezia Giulia. La Commissione si esprime entro il termine di sessanta giorni.

 

Il comma 27-sexies stabilisce la composizione della Commissione di cui al comma 27-quinquies; essa è composta da cinque membri nominati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di cui

§   uno designato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale, con funzioni di presidente

§   uno dal Provveditore interregionale delle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino- Alto Adige, Friuli Venezia Giulia

§   uno dall'Istituto Superiore di Sanità

§   uno dall'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto

§  e uno dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

I componenti della Commissione sono scelti tra il personale di livello dirigenziale appartenente ai ruoli delle amministrazioni designanti. L'incarico di componente della Commissione ha una durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta. Le funzioni di segreteria della Commissione sono svolte, nei limiti delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, dal Provveditorato interregionale delle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino- Alto Adige, Friuli Venezia Giulia. Ai componenti della Commissione non spetta alcun emolumento, compenso, né rimborso spese a qualsiasi titolo dovuto.

 

 


 

Articolo 96, comma 1
(
Credito d’imposta per investimenti pubblicitari)

 

 

L’articolo 96 dispone il rifinanziamento di alcune misure emergenziali già previste dai decreti-legge n. 18 e n. 34 del 2020. In particolare il comma 1 innalza da 60 a 85 milioni di euro il tetto di spesa previsto per il credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti pubblicitari.

 

A tal fine, il comma 1 novella in più punti il comma 1-ter dell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), introdotto dall’art. 98, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

Si ricorda che l'art. 98 del D.L. 18/2020 (cd. Cura Italia) – nell’introdurre il comma 1-ter nell'art. 57-bis del D.L. 50/2017 – ha operato un primo rafforzamento del credito di imposta per gli investimenti pubblicitari previsto a regime dallo stesso art. 57-bis (sul quale si rinvia al tema web sulle misure per l’editoria adottate a seguito dell’emergenza sanitaria curato dal Servizio Studi della Camera) stabilendo, per il 2020, un regime straordinario, in base al quale l'importo del credito di imposta è commisurato al valore totale degli investimenti effettuati, anziché ai soli investimenti incrementali.

In particolare, per l’anno 2020, tale norma ha stabilito che il credito d’imposta era concesso nella misura unica del 30% del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali) nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del co. 3 del medesimo art. 57-bis - ossia nel limite stabilito con il DPCM che annualmente suddivide le risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico - e in ogni caso nei limiti del regime europeo degli aiuti di Stato.

In considerazione della novità introdotta, ha, altresì, disposto che la comunicazione per l’accesso al beneficio è presentata tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Le comunicazioni trasmesse nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 marzo 2020 restano comunque valide. Al riguardo, Il 23 marzo 2020 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha precisato, che chi vorrà ampliare i propri investimenti pubblicitari per utilizzare appieno le più favorevoli condizioni stabilite per il 2020 potrà “sostituire” la prenotazione già inviata a marzo con una nuova, sempre nel periodo dal 1° al 30 settembre 2020. Il sistema, il modello telematico, e le relative istruzioni saranno opportunamente adeguati alla nuova normativa prima dell’apertura della nuova finestra temporale, dal 1° al 30 settembre 2020, per l’invio delle comunicazioni telematiche per l’accesso al credito di imposta per l’anno 2020.

Infine, ha disposto che, ai fini della concessione del credito d’imposta si applicano, per i profili non derogati, le norme recate dal regolamento di cui al DPCM 16 maggio 2018, n. 90, emanato in sede di prima attuazione dell’art. 57-bis del D.L. 50/2017.

 

Successivamente, l'articolo 186 del decreto Rilancio (D.L. 34 del 2020) ha elevato l’importo massimo dell’investimento ammesso al credito d’imposta (dal 30) al 50% fissando in € 60 mln il tetto di spesa. Nell’ambito di tale tetto di spesa, il beneficio è concesso nel limite di € 40 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e nel limite di € 20 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato.

 

Con le modifiche in esame il tetto di spesa è ulteriormente elevato a 85 mln di euro, di cui 50 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali quotidiani e periodici, anche online, e 35 mln per gli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti televisive e radiofoniche locali e nazionali, analogiche o digitali, non partecipate dallo Stato (lettere a) e b) del comma 1).

 

Con un’ulteriore modifica (lettere c) e d) del comma 1) la copertura dei relativi oneri viene conseguentemente rideterminata: la riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione è imputata per € 50 (anziché 40) mln alla quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri e per € 35 (anziché 20) mln alla quota spettante al Ministero dello sviluppo economico. A tal fine, il Fondo è incrementato nella misura di € 57,5 (rispetto ai precedenti 32,5) mln per il 2020.

 

Alla copertura finanziaria dei relativi oneri, pari a 25 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia (comma 7).

 

 

 


 

Articolo 96, commi 2 e 7
(
Credito d’imposta per acquisto di carta per la stampa)

 

 

L’articolo 96, comma 2, incrementa dall’8 al 10 per cento il credito d’imposta riconosciuto alle imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione per l’acquisto della carta utilizzata per la stampa.

 

A tal fine, il comma 2 novella il comma 1 dell'art. 188 del D.L. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio).

 

Si ricorda che l’articolo 188 del decreto Rilancio (D.L. 34 del 2020) ha previsto, in via straordinaria, per l’anno 2020, un credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto, nel 2019, della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici, quale misura di sostegno fiscale al settore editoriale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

In particolare, in base al comma 1, il credito di imposta è riconosciuto, per l’anno 2020, a favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC) ed è pari all’8% della spesa sostenuta nell'anno 2019 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite. Il credito d’imposta è riconosciuto entro il limite di € 24 mln per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa. Per il riconoscimento del credito d’imposta si applicano le disposizioni introdotte per il credito d’imposta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite e dei libri sostenuta nell'anno 2004, ossia l’art. 4, co. 182, 183, 184, 185 e 186 della L. 350/2003, e il DPCM 318/2004, la cui disciplina è stata successivamente estesa alle spese sostenute nel 2005 dall'art. 1, co. 484, della L. 311/2004.

Il credito d’imposta non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui all'art. 2, co. 1 e 2, della L. 198/2016, e al d.lgs. 70/2017, conseguentemente emanato.

Per maggiori dettagli, si rinvia al tema web sulle misure per l’editoria adottate a seguito dell’emergenza sanitaria curato dal Servizio Studi della Camera.

 

Con una prima modifica la quota di spesa ammessa al credito d’imposta è aumentata dall’8 al 10 per cento, mentre il tetto di spesa è aumentato da 24 a 30 milioni (lettere a) del comma 2).

 

Con una seconda modifica (lettera b) del comma 2) la copertura dei relativi oneri, a valere sul Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione viene conseguentemente rideterminata: il predetto Fondo è incrementato nella misura di € 30 (rispetto ai precedenti 24) mln per il 2020.

Alla copertura finanziaria dei relativi oneri, pari a 6 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia (comma 7).

 


 

Articolo 96, commi 3-6
(Interventi relativi ai contributi diretti ad imprese editrici
di quotidiani e periodici)

 

 

L’articolo 96, commi 3-6, reca vari interventi relativi ai contributi diretti erogabili a determinate imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui uno avente carattere derogatorio a regime.

Nello specifico, il comma 4 introduce una ulteriore agevolazione relativamente all’annualità di contribuzione 2019, consentendo di pagare i fornitori successivamente al ricevimento del saldo del contributo.

I commi 3 e 5 riguardano, invece, l’annualità di contribuzione 2020. In particolare, il comma 3 riduce le percentuali minime di copie vendute della testata (sul numero di copie distribuite) necessarie, a regime, per accedere ai contributi. Il comma 5 è teso a garantire a ciascuna impresa editoriale la misura del contributo corrisposto per l’annualità 2019, salvo riparto proporzionale tra gli aventi diritto in caso di insufficienza delle risorse.

Il comma 6 introduce, a regime, deroghe ai requisiti di accesso ai contributi diretti a favore delle cooperative giornalistiche costituite per subentrare nella gestione di una testata quotidiana di proprietà di una società editrice in procedura fallimentare.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 2 della L. 198/2016, conferendo una delega al Governo per la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, ha stabilito, quale condizione necessaria per il finanziamento, l'esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un'attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale e la costituzione come:

§  cooperative giornalistiche;

§  enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto;

§  limitatamente a cinque anni dalla data della sua entrata in vigore, imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in maggioranza da cooperative, fondazioni o enti morali senza fini di lucro[52] [53].

Con riferimento ai requisiti per accedere ai contributi, ha previsto, fra l’altro, la riduzione a 2 anni dell'anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata, il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali o territoriali di lavoro, l'edizione della testata in formato digitale (eventualmente anche in parallelo con l'edizione in formato cartaceo), l'obbligo di dare evidenza, nell'edizione, di tutti i contributi e finanziamenti ricevuti e di adottare misure idonee a contrastare ogni forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna, l’impiego di un numero minimo di dipendenti.

Con riferimento ai criteri di calcolo del contributo, ha previsto, per quanto qui più interessa, un tetto massimo al contributo liquidabile a ciascuna impresa (in relazione all'incidenza percentuale del contributo sul totale dei ricavi dell'impresa e comunque nella misura massima del 50% di tali ricavi), la graduazione del contributo in funzione del numero di copie annue vendute (comunque non inferiore al 30% delle copie distribuite per la vendita per le testate locali e al 20% per le testate nazionali), la valorizzazione delle voci di costo legate alla trasformazione digitale, criteri premiali per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori di età inferiore a 35 anni e per azioni di formazione, nonché per l'attivazione di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento[54], criteri di calcolo specifici per le testate on line che producono contenuti informativi originali, la riduzione del contributo per le imprese che superano, nel trattamento economico del personale, dei collaboratori e degli amministratori, il limite massimo retributivo di € 240.000 annui.

In attuazione è intervenuto il d.lgs. 70/2017 che, per gli aspetti che qui più interessano, ha stabilito, anzitutto, all’art. 5, co. 1, lett. a), d) ed e), quali requisiti necessari per la concessione del contributo per l’edizione cartacea dovuto a cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto e imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in maggioranza da cooperative, fondazioni o enti morali senza fini di lucro:

§  un’anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata per la quale si chiede il contributo di almeno due anni maturati prima dell'annualità per la quale la domanda di contributo è presentata (lett. a));

§  l’impiego, nell’intero anno di riferimento del contributo, di almeno 5 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di quotidiani, e di almeno 3 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di periodici (lett. d));

§  la vendita della testata nella misura di almeno il 30% delle copie annue distribuite, per le testate locali, e di almeno il 20% delle copie annue distribuite, per le testate nazionali. Ai fini di tale requisito, si intende testata nazionale quella distribuita in almeno 5 regioni con una percentuale di vendita in ciascuna regione non inferiore all’1% della distribuzione locale (lett. e)).

Ha, altresì, previsto, allo stesso art. 5, co. 2, lett. d), quale ulteriore requisito, la proprietà della testata per la quale si richiede il contributo.

Con riferimento ai criteri di calcolo del contributo dovuto ai medesimi soggetti, l’art. 8 del d.lgs. 70/2017 ha confermato, anzitutto, il principio – stabilito dal D.L. 63/2012 (L. 103/2012) – in base al quale il contributo concesso deriva dalla somma di una quota di rimborso dei costi sostenuti e di una quota rapportata alle copie – cartacee o digitali – vendute.

In particolare, con riferimento ai costi ammessi al rimborso[55], ha disposto che gli stessi devono risultare dal bilancio di esercizio dell'impresa e sono rimborsabili ove i relativi pagamenti siano effettuati attraverso strumenti che ne consentano la tracciabilità (quali, ad esempio, bonifico bancario o postale), anche se gli stessi pagamenti siano effettuati nell'esercizio successivo a quello di competenza del contributo. In tal caso deve essere evidenziata, nella certificazione del prospetto dei costi, la corrispondenza contabile con i pertinenti costi ammissibili dell'esercizio di riferimento del contributo. Le spese ammissibili per le quali risultano pagamenti parziali sono riconoscibili nella misura degli importi pagati, ove effettuati con modalità tracciabili.

Lo stesso art. 8 ha disposto che, ai fini del rimborso dei costi, nonché della quota di contributo per le copie vendute, sono previsti tre scaglioni, individuati sulla base del numero di copie annue vendute. Gli scaglioni rilevano anche ai fini della definizione del limite massimo del rimborso che, per l'edizione cartacea, è crescente in relazione all'aumento del numero di copie annue vendute e che va da un minimo di € 500.000 a un massimo di € 2.500.000 per i quotidiani e da un minimo di € 300.000 a un massimo di € 2.500.000 per i periodici. Per l'edizione in formato digitale, il limite massimo del rimborso è unico, ed è pari a € 1.000.000. I costi dell'edizione in formato digitale (evidentemente, parallela) concorrono con i costi dell'edizione cartacea al raggiungimento di un (nuovo) limite massimo del rimborso complessivo fissato (per tutti gli scaglioni) in € 2.500.000.

Gli scaglioni incidono anche sull'entità del contributo per quota cartacea venduta. Tale quota va da un minimo di € 0,20 a un massimo di € 0,35 per i quotidiani e da un minimo di € 0,25 a un massimo di € 0,35 per i periodici. Il limite massimo complessivo del contributo per le copie vendute è pari, sia per i quotidiani, sia per i periodici, a € 3.500.000.

Per la quota di contributo per ogni copia venduta dell'edizione digitale, invece, non si fa riferimento agli scaglioni. L'importo, unico, è comunque superiore a quello previsto per le copie cartacee ed è pari a € 0,40. La quota complessiva di contributo per le copie digitali vendute non può essere superiore a € 300.000 e concorre con la quota per le copie cartacee al raggiungimento del limite massimo complessivo di € 3.500.000.

A ciò, si aggiungono eventuali, ulteriori, quote "premiali" collegate all’assunzione di soggetti di età inferiore a 35 anni, all’attivazione di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, ai costi per azioni di formazione e aggiornamento del personale ed eventuali riduzioni del contributo collegate all’eccedenza del limite massimo retributivo.

A sua volta, l’art. 11 dello stesso d.lgs. 70/2017 ha disposto, con riferimento agli stessi soggetti – ribadendo il principio introdotto dall’art. 2, co. 62, della L. 191/2009, e poi ripreso anche da altre disposizioni successivamente intervenute –, che i contributi spettano nei limiti delle risorse a ciò destinate, per ciascuna tipologia, con il DPCM che ripartisce la quota del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che, in caso di insufficienza delle risorse, agli aventi diritto spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale.

Ha, altresì, disposto che il contributo è erogato in due rate annuali. La prima rata, consistente nell'anticipo di una somma pari al 50% del contributo erogato nell'anno precedente, è versata entro il 30 maggio successivo alla presentazione della domanda (v. infra)[56].

La rata di anticipo è erogata previo accertamento del possesso dei requisiti sulla base dei documenti istruttori (indicati nel DPCM 28 luglio 2017: v. infra), e previa verifica della regolarità contributiva previdenziale, nonché previa verifica di non inadempimento fiscale di cui all’art. 48-bis del DPR 602/1973.

Qualora l'impresa editrice non produca la documentazione richiesta, ovvero in caso di documentazione incompleta, la stessa non può beneficiare della rata di anticipo e il contributo è liquidato in un'unica soluzione entro il termine di conclusione del procedimento ove l'istruttoria abbia dato esito positivo.

La seconda rata è versata, a saldo, subordinatamente all'esito positivo dell'istruttoria e agli stessi accertamenti previsti per il pagamento della rata di anticipo, entro il termine di conclusione del procedimento, fissato dall’art. 12 dello stesso d.lgs. 70/2017 nel 28 febbraio dell'anno successivo a quello di presentazione della domanda.

In base all’art. 12, a tale data il provvedimento è comunque adottato sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, fermo restando il potere dell'amministrazione di procedere al recupero delle somme che risultino indebitamente percepite all'esito dei controlli successivi disposti annualmente ai sensi dell'art. 6, co. 2, del DPR 223/2010.

Infine, l’art. 14 ha previsto che le disposizioni sin qui riassunte si applicano anche alle imprese editrici di quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche.

 

In attuazione dell’art. 10 del d.lgs. 70/2017, è intervenuto il DPCM 28 luglio 2017, il cui art. 2 ha previsto che la domanda per accedere al contributo deve essere presentata dall'1 al 31 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento del contributo, corredata di una serie di documenti. Entro il successivo 30 settembre, le imprese editrici richiedenti il contributo producono, a pena di decadenza, gli ulteriori documenti richiesti, fra i quali il bilancio di esercizio e il prospetto analitico, certificato da soggetti iscritti nel registro dei revisori legali, dei costi connessi alla produzione della testata in formato cartaceo e in formato digitale con l'indicazione, per ciascun costo, degli elementi identificativi degli strumenti utilizzati per il pagamento.

 

Al riguardo, da ultimo, l’art. 191 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), al fine di garantire il pagamento, entro i termini previsti, della rata di anticipo dei contributi dovuti per l’annualità 2019 a tutti i soggetti finora indicati, ha disposto che la verifica di regolarità previdenziale e fiscale è effettuata solo al momento del pagamento del saldo[57].

 

Disposizioni relative all’annualità contributiva 2019

 

Nel quadro descritto, il comma 4 introduce una ulteriore agevolazione per le categorie di soggetti ante indicate (cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto, e imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale è detenuto in maggioranza da cooperative, fondazioni o enti morali senza fini di lucro, nonché imprese editrici di quotidiani e periodici espressione di minoranze linguistiche), relativa all’annualità contributiva 2019.

In particolare, dispone che, limitatamente a tale annualità contributiva, i costi “regolarmente rendicontati” nel prospetto dei costi sottoposto a certificazione e presentato entro il 30 settembre 2020 possono essere pagati dalle imprese beneficiarie entro 60 giorni dall’incasso del saldo del contributo.

Al riguardo, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio, nelle FAQ sui contributi ad imprese editrici di quotidiani e periodici, ha precisato che, in considerazione del «contesto straordinario e derogatorio che ha dato origine all’emanazione dello stesso articolo 96, si può ritenere - anche alla luce della sua formulazione letterale (che indica genericamente “…i costi regolarmente rendicontati nel prospetto dei costi sottoposto a certificazione e presentato entro il 30 settembre 2020…”) - di includere nell’ambito di operatività della norma tutti i costi di produzione della testata, compresi quelli relativi al personale, che potranno essere pagati entro sessanta giorni dall’incasso del saldo del contributo. Analogo discorso può essere fatto per le altre voci strettamente inerenti alle retribuzioni del personale, come le ritenute previdenziali e le ritenute d’acconto, ferma restando la necessità che l’impresa risulti regolare sotto i profili previdenziale e fiscale all’atto del pagamento del contributo, così come disposto dall’art. 11, comma 6, del decreto legislativo n. 70 del 2017, non oggetto di deroga».

 

L’avvenuto pagamento nel termine indicato è attestato dal revisore contabile in apposita certificazione, che evidenzia anche gli strumenti di pagamento tracciabili utilizzati e che deve essere trasmessa al Dipartimento per l’informazione e l’editoria entro 10 giorni dall’ultimo pagamento.

 

La relazione illustrativa all’A.S. 1925 faceva presente che i costi pagati posticipatamente devono essere compresi nella certificazione dei costi che ogni anno è richiesta alle imprese, e che l'effettivo pagamento dei costi deve essere attestato con un'apposita (ulteriore) certificazione.

 

Si valuti l’opportunità di un intervento sul testo, che utilizza l’espressione “regolarmente rendicontati” con riferimento a costi che non sono ancora stati pagati. Ciò, anche tenendo conto che, in base al DPCM 28 luglio 2017, il prospetto analitico certificato deve indicare gli strumenti di pagamento (già) utilizzati.

 

Nel caso in cui l’impresa non paghi i costi esposti per l’ammissione al contributo o nel caso in cui la certificazione di avvenuto pagamento non sia trasmessa nel termine indicato, l’impresa decade dal diritto al pagamento dell’acconto (evidentemente, relativo all’annualità successiva), fermo restando l’obbligo di rimborsare le somme indebitamente riscosse.

Si valuti l’opportunità di esplicitare nel testo che si tratta dell’acconto relativo all’annualità successiva.

 

 

Disposizioni relative all’annualità contributiva 2020

 

I commi 3 e 5 introducono, per i medesimi soggetti, previsioni agevolative relative all’annualità contributiva 2020.

 

In particolare, il comma 3 modifica, limitatamente a tale annualità contributiva la percentuale minima di copie vendute della testata (sul numero di copie distribuite) necessaria per accedere ai contributi, disponendo che la stessa è ridotta (dal 30%) al 25% delle copie distribuite per le testate locali e (dal 20%) al 15% delle copie distribuite per le testate nazionali.

La relazione illustrativa all’A.S. 1925 sottolineava, al riguardo, che l’intervento è orientato a garantire alle imprese l'ammissione al beneficio anche a fronte della significativa diminuzione di vendite subita nel corso del 2020 per effetto dell'emergenza sanitaria.

 

Il comma 5 dispone, sempre limitatamente all’annualità contributiva 2020, che, qualora dall’applicazione dei criteri di calcolo del contributo di cui all’art. 8 del d.lgs. 70/2017 derivi un contributo di importo inferiore a quello erogato alla stessa impresa editoriale per l’annualità 2019, l’importo è parificato a quello corrisposto per il 2019. In caso di insufficienza delle risorse stanziate, resta applicabile il criterio del riparto proporzionale tra gli aventi diritto.

 

Novità a regime relative ai requisiti per l’accesso al contributo

 

Il comma 6 introduce una deroga, a regime, relativa ai requisiti per l’accesso al contributo previsti per gli stessi soggetti di cui si è detto nei precedenti paragrafi.

A tal fine, novella l’art. 5, co. 3, del d.lgs. 70/2017, aggiungendo un secondo periodo.

In particolare, dispone che il requisito relativo all’anzianità minima di costituzione dell’impresa e di edizione della testata per la quale si richiede il contributo – di cui all’art. 5, co. 1, lett. a), del d.lgs. 70/2017, citato nel testo – nonché quello relativo all’impiego del numero minimo di dipendenti nell’anno di riferimento del contributo – di cui allo stesso art. 5, co. 1, lett. d), citato nel testo – non si applicano alle cooperative giornalistiche costituite per subentrare nella gestione di una testata quotidiana di proprietà di una società editrice in procedura fallimentare[58].

 

Al riguardo si segnala, tuttavia, che la relazione illustrativa all’A.S. 1925 faceva presente che la seconda deroga riguarda il vincolo della proprietà della testata per la quale si richiede il contributo.

Si tratta, come si è visto, del requisito di cui all’art. 5, co. 2, lett. d), del d.lgs. 70/2017.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 195-ter del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha disposto l’applicazione della normativa sull’acquisto di una testata giornalistica cessata da parte di una cooperativa giornalistica o di un consorzio tra giornalisti e lavoratori dell’editoria anche in caso di fallimento dell’editore e ha previsto che in tale circostanza i medesimi consorzi o cooperative possono essere autorizzati dal giudice delegato a stipulare un contratto di affitto dell’azienda per un periodo non superiore a sei mesi.

 

 

 


 

Capo VII – Misure fiscali

Articolo 97
(Rateizzazione versamenti sospesi)

 

 

L’articolo 97 prevede la possibilità di beneficiare di un’ulteriore rateizzazione del pagamento di una serie di versamenti già sospesi da precedenti decreti legge recanti misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

La norma introduce la possibilità che gli importi sospesi possano essere versati per il 50% in un’unica soluzione entro il 16 settembre o mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate di pari importo a partire dal 16 settembre 2020. Il versamento del restante 50% può essere effettuato, senza applicazione di sanzioni e interessi, mediante rateizzazione, fino ad un massimo di ventiquattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 gennaio 2021.

 

Preliminarmente si ricorda che gli articoli 126 e 127 del decreto Rilancio spostano al 16 settembre 2020 i termini di ripresa del pagamento di una serie di versamenti già sospesi dai precedenti decreti legge n. 23 del 2020 (articolo 18, commi da 1 a 6; articolo 19, comma 1), n. 9 del 2020 (articolo 5) e n. 18 del 2020 (articolo 61, commi 4 e 5; articolo 62, comma 5). I versamenti sospesi sono effettuati in un’unica soluzione, ovvero in quattro rate a partire dalla medesima data, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

In particolare, l’articolo 126 prevede la sospensione a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, dei seguenti adempimenti fiscali:

§  versamenti, sospesi per i mesi di aprile e di maggio, dell’Iva nonché delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato e delle trattenute in materia di addizionali regionale e comunale operate in qualità di sostituti d’imposta, dovuti dagli esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente e con un calo del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di marzo e aprile 2020 rispetto agli stessi mesi del precedente periodo d'imposta (2019). La sospensione si applica anche agli operatori con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro, ma in presenza di una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% e ai soggetti che hanno intrapreso l'attività di impresa, di arte o professione, in data successiva al 31 marzo 2019. Per gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgono attività istituzionale di interesse generale non in regime d'impresa, la sospensione si applica per le sole ritenute d’imposta e le trattenute relative alle addizionali;

§  versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, dovuti nei mesi di aprile e maggio dovuti dagli stessi soggetti sopra richiamati;

§  versamento dell’Iva nei mesi di aprile e maggio, sospeso per gli esercenti attività d’impresa, arte o professione con domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, a prescindere dal volume dei ricavi e dei compensi del periodo d’imposta precedente, ma con un calo del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di marzo 2020 e di aprile 2020 rispetto agli stessi mesi del precedente periodo d'imposta;

§  versamento delle ritenute d’acconto sui redditi di lavoro autonomo e sulle provvigioni per rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari, che i sostituti d’imposta non hanno effettuato tra il 17 marzo e il 31 maggio 2020 nei confronti di operatori con ricavi o compensi non superiori a 400mila euro nel precedente periodo d’imposta, sempreché gli stessi, il mese prima, non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato;

§  versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi, dal 23 febbraio al 30 aprile 2020, nei comuni ricadenti nella zona rossa (allegato 1 al Dpcm 1° marzo 2020).

 

L’articolo 127 prevede, altresì, la sospensione dei seguenti adempimenti fiscali:

§  versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato operate dal 2 marzo al 30 aprile, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria in scadenza nello stesso periodo e dei versamenti relativi all’Iva in scadenza nel mese di marzo, sospesi in favore delle attività maggiormente danneggiate dall’emergenza sanitaria (elencate al comma 2 dell’articolo 61 del decreto legge n. 18 del 2020). Per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche, la sospensione, già prevista fino al 31 maggio, è stata ulteriormente prorogata fino al 30 giugno;

§  versamenti, in scadenza tra l’8 e il 31 marzo 2020, delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, delle trattenute in materia di addizionali regionale e comunale, dell’Iva nonché dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi in favore degli esercenti attività d’impresa, arte o professione con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni nel periodo d’imposta precedente. La sospensione dei versamenti dell'imposta sul valore aggiunto si applica, a prescindere dal volume dei ricavi o compensi percepiti, ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, di Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.

 

Il comma 1 dell’articolo in commento prevede che i versamenti sospesi dai richiamati articoli 126 e 127 possono essere anche effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, per un importo pari al 50 per cento delle somme oggetto di sospensione, in un’unica soluzione entro il 16 settembre 2020, o, mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

Il versamento del restante 50 per cento delle somme dovute può essere effettuato, senza applicazione di sanzioni e interessi, mediante rateizzazione, fino ad un massimo di ventiquattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 gennaio 2021.

Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 2 stabilisce che agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 3.748 milioni di euro si provvede ai sensi dell'articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

 


 

Articolo 97-bis
(2 per mille IRPEF alle associazioni culturali)

 

 

L’articolo 97-bis, introdotto dal Senato, prevede che per il 2021, con riferimento al precedente periodo d'imposta, i contribuenti possono destinare il 2 per mille della propria IRPEF a favore di una associazione culturale iscritta in un elenco appositamente istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

In base al comma 1, i contribuenti effettuano la scelta di destinazione di cui al primo periodo in sede di dichiarazione annuale dei redditi ovvero, se esonerati dall'obbligo di presentare la dichiarazione, mediante la compilazione di un'apposita scheda approvata dall'Agenzia delle entrate e allegata ai modelli di dichiarazione.

La corresponsione delle somme per l'anno 2021 opera nel limite massimo di 12 milioni di euro.

 

Si rammenta che un istituto del tutto analogo a quello introdotto dalla norma in esame è già stato attivato con riferimento all’esercizio finanziario 2016, dall’articolo 1, comma 985, della L. 208/2015, che ha autorizzato, per tale finalità, la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2016.

In attuazione della citata disposizione è stato adottato il D.P.C.M. 21 marzo 2016, il quale ha individuato, come soggetti aventi diritto alla corresponsione delle somme, le associazioni di cui al libro I del codice civile che:

a) avevano, secondo il rispettivo atto costitutivo o statuto, la finalità di svolgere e/o promuovere attività culturali;

b) risultavano esistenti da almeno 5 anni al momento della presentazione della domanda.

Le associazioni ammesse sono state iscritte in un apposito elenco istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. A tal fine, il decreto ha prescritto la presentazione di una istanza di iscrizione, esclusivamente per via telematica, mediante apposita procedura accessibile dal sito web del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT). Tale elenco è pubblicato sul sito web del MIBACT.

Al riguardo, si veda anche il provvedimento dell'Agenzia dell'entrate del 6 aprile 2016.

 

L’articolo in esame rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:

§  la definizione dei requisiti e dei criteri per l'iscrizione o cancellazione delle associazioni nell'elenco di cui al D.P.C.M. 21 marzo 2016, istituito in attuazione dell’art. 1, comma 985, della L. 208/2015, nonché delle cause e delle modalità di revoca o di decadenza;

§  l'individuazione dei criteri e delle modalità per il riparto delle somme sulla base delle scelte operate dai contribuenti, in modo da garantire la tempestività e l'economicità della gestione;

§  la definizione di ulteriori disposizioni applicative.

 

A differenza della disposizione in commento, la L. 208/2015 ha specificato che le somme non impegnate nell'esercizio 2016 potevano esserlo in quello successivo.

 

Il meccanismo si aggiunge a quello previsto dall’articolo 23, comma 46, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) che dal 2012 consente di destinare una quota pari al cinque per mille dell’IRPEF al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

Per completezza si ricorda che alla conservazione dei beni culturali è destinata anche una quota parte dell’8 per mille dell’IRPEF di competenza statale (articolo 47, commi secondo e terzo, L. 222/1985 e D.P.R. 76/1998).

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in esame, pari a 12 milioni di euro per il 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili di cui all'art. 1, co. 200, della L. 190/2014, come rifinanziato dall'all'articolo 114, comma 4, del provvedimento in esame (comma 2).


 

Articolo 98
(Proroga secondo acconto ISA)

 

 

L’articolo 98 proroga al 30 aprile 2021 il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, dovuto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 per i soggetti tenuti all’applicazione degli indici di affidabilità fiscale (ISA), per i contribuenti che applicano i regimi forfetari o di vantaggio, per  coloro che partecipano a società, associazioni e imprese con redditi prodotti in forma associata, nonché a quelle che consentono di optare per il regime di cd. trasparenza fiscale.

La proroga è limitata ai soli contribuenti che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Il comma 1 della disposizione in esame prevede che per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascun indice, è prorogato al 30 aprile 2021 il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP (in scadenza il 30 novembre 2020), dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.

 

Si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale.

Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

Inoltre, si prevede che l’Agenzia delle entrate rende disponibili, ai soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo, i dati in suo possesso utili per l’applicazione degli ISA nell’area riservata del suo sito internet istituzionale.

Nel provvedimento del 31/01/2020 dell’Agenzia delle entrate  sono individuati i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2020, i 175 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli stessi, da utilizzare per il periodo di imposta 2019, nonché le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2019 e il programma delle elaborazioni degli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili a partire dal periodo d’imposta 2020.

L’articolo 148 del decreto legge 34 del 2020 (decreto Rilancio) introduce alcune modifiche al procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021 volte a valorizzazione l’utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria per evitare l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi per il contribuente. La disposizione sposta inoltre i termini per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile.

 

La norma estende la platea dei beneficiari dell’agevolazione anche agli operatori che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità degli Isa, compresi i contribuenti che adottano il regime di vantaggio previsto per incentivare l’imprenditoria giovanile (articolo 27, comma 1, del decreto legge n. 98/2011), i forfetari (articolo 1, commi da 54 a 89, legge 190/2014) e i componenti delle società, associazioni e imprese appartenenti alle ipotesi previste dagli articoli 5 (redditi prodotti in forma associata), 115 (opzione per la trasparenza fiscale) e 116 (opzione per la trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria) del Tuir.

 

Si ricorda che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 giugno 2020 ha già previsto lo slittamento al 20 luglio 2020 dei versamenti fiscali per gli stessi contribuenti che erano in scadenza al 30 giugno. Rinviando di conseguenza, al 20 agosto anche il termine dei pagamenti con maggiorazione dello 0,40% a titolo di interessi, fissato, ordinariamente, al 30 luglio.

 

Il comma 2 chiarisce che le disposizioni in esame si applicano ai soli contribuenti che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Il comma 3 prevede la copertura finanziaria della disposizione, stabilendo che agli oneri derivanti dall’articolo valutati in 2.200 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 114 alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 98-bis
(Regolarizzazione versamenti ISA)

 

 

L’articolo 98-bis, introdotto dal Senato; riconosce ai soggetti tenuti all’applicazione degli Indici di affidabilità fiscale (ISA), che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento, di poter regolarizzare, senza sanzioni, entro il 30 ottobre 2020 i versamenti dovuti e non versati.

 

Preliminarmente si ricorda che il Dpcm 27 giugno 2020 ha previsto lo slittamento al 20 luglio 2020 dei versamenti fiscali dei contribuenti soggetti agli indici sintetici di affidabilità fiscale in scadenza al 30 giugno (versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto correlata agli ulteriori componenti positivi dichiarati per migliorare il profilo di affidabilità, nonché dalle dichiarazioni dell'imposta regionale sulle attività produttive). È stato rinviato di conseguenza al 20 agosto anche il termine dei pagamenti con maggiorazione dello 0,40% a titolo di interessi, fissato, ordinariamente, al 30 luglio.

 

Si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale.

Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

Inoltre, si prevede che l’Agenzia delle entrate renda disponibili, ai soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo, i dati in suo possesso utili per l’applicazione degli ISA nell’area riservata del suo sito internet istituzionale.

Nel provvedimento del 31/01/2020 dell’Agenzia delle entrate  sono individuati i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2020, i 175 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli stessi, da utilizzare per il periodo di imposta 2019, nonché le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2019 e il programma delle elaborazioni degli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili a partire dal periodo d’imposta 2020.

L’articolo 148 del decreto legge 34 del 2020 (decreto Rilancio) ha introdotto alcune modifiche al procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021 volte a valorizzazione l’utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria per evitare l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi per il contribuente. La disposizione ha inoltre spostato i termini per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile.

Si segnala inoltre che l’articolo 98 del decreto in esame proroga al 30 aprile 2021 il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, dovuto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 per i soggetti tenuti all’applicazione degli Indici di affidabilità fiscale (ISA), per i contribuenti che applicano i regimi forfetari o di vantaggio, per  coloro che partecipano a società, associazioni e imprese con redditi prodotti in forma associata, nonché a quelle che consentono di optare per il regime di cd. trasparenza fiscale. La proroga è limitata ai soli contribuenti che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In sintesi con questa disposizione, i soggetti per i quali sono stati approvati gli indici di affidabilità fiscale potevano effettuare il versamento della prima rata dell’acconto delle imposte sui redditi e Irap entro il 20 luglio 2020 o il 20 agosto 2020 con la maggiorazione dello 0,40% e possono effettuare il versamento della seconda o unica rata delle imposte sui redditi e Irap entro il 30 aprile 2021, qualora abbiano subito una contrazione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel primo semestre dell'anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

 

La disposizione in esame (comma 1) riconosce ai soggetti tenuti all’applicazione degli indici di affidabilità fiscale di poter regolarizzare entro il 30 ottobre 2020 i versamenti dovuti ai sensi del sopra citato Dpcm 27 giugno 2020 e non ancora effettuati. Tale possibilità è riconosciuta altresì ai soggetti che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità dagli ISA, nonché a coloro che applicano il regime forfetario e ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese, in regime di trasparenza.

La norma prevede che i soggetti citati (articolo 1, commi 1 e 2 del il Dpcm 27 giugno 2020), che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che non hanno effettuato in tutto o in parte i versamenti dovuti nel termine stabilito dal Dpcm, possono regolarizzare detti versamenti, senza sanzioni, entro il 30 ottobre 2020, con la maggiorazione dello 0,8 per cento.

 

Il comma 2 precisa che non si fa luogo alla restituzione degli importi già versati.

 

Il comma 3 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo, stimati in 7,6 milioni di euro per il 2020 (attraverso la corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, introdotto dal comma 200 della legge di stabilità per il 2015).

 


 

Articolo 99
(Proroga riscossione coattiva)

 

 

L’articolo 99 proroga dal 31 agosto al 15 ottobre 2020 i termini di sospensione di versamenti di somme derivanti da cartelle di pagamento, accertamenti esecutivi, accertamenti esecutivi doganali, ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e accertamenti esecutivi degli enti locali.

Viene estesa ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020 la cosiddetta “decadenza lunga” del debitore: con riferimento a tali richieste, la decadenza del beneficio della rateazione accordata dall’agente della riscossione e gli altri effetti di legge legati alla decadenza si verificano in caso di mancato pagamento di dieci, anziché cinque rate, anche non consecutive.

Infine, la norma proroga al 15 ottobre 2020 il termine di sospensione degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati sulle somme dovute a titolo di stipendio, pensione e trattamenti assimilati.

 

Più in dettaglio, la disposizione in esame interviene sull’articolo 68, commi 1 e 2-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cd. Cura Italia) e sull’articolo 152, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio).

 

Si ricorda che il richiamato articolo 68 del decreto-legge Cura Italia, al comma 1, aveva sospeso i termini, scadenti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, per il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali, prevedendo che i versamenti oggetto di sospensione fossero effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione.

Successivamente l’articolo 154 del decreto Rilancio ha modificato il comma 1 dell’articolo 68, differendo dal 31 maggio al 31 agosto 2020 i predetti termini di sospensione.

L’articolo 154 del decreto Rilancio ha introdotto altresì il comma 2-ter all’articolo 68 per chiarire che, per i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti di tale decadenza previsti dalla legge si determinano in caso di mancato pagamento di dieci - anziché cinque - rate, anche non consecutive.

 

Con le modifiche in esame, che intervengono in primo luogo sui richiamati commi 1 e 2-ter dell’articolo 68 del decreto Cura Italia, sono sospesi fino al 15 ottobre 2020 i versamenti di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali, che devono essere effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione.

Inoltre, viene estesa ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020 la cosiddetta “decadenza lunga” del debitore: anche con riferimento a tali richieste, la decadenza del beneficio della rateazione accordata dall’agente della riscossione e gli altri effetti di legge legati alla decadenza si verificano in caso di mancato pagamento di dieci, anziché cinque rate, anche non consecutive.

 

L’articolo in esame modifica anche l’articolo 152 del decreto Rilancio, che nella sua formulazione originaria ha sospeso fino al 31 agosto 2020 la possibilità di effettuare pignoramenti presso terzi da parte dell’agente di riscossione del salario, e di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza.

In particolare, la norma prevede la sospensione degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima del termine di sospensione dall’agente della riscossione e dai terzi a cui sono affidati, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate aventi ad oggetto somme dovute a titolo di stipendi, pensioni e trattamenti assimilati. Le somme da accantonare nel medesimo periodo non sono sottoposte a vincolo di indisponibilità e il terzo pignorato le rende fruibili al debitore esecutato, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19 maggio 2020) sia intervenuta un’ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione.

In tal modo il terzo pignorato, come il datore di lavoro o l’ente pensionistico, deve rendere fruibili le somme al debitore esecutato, erogandogli lo stipendio o la pensione senza decurtazioni, anche in caso di avvenuta assegnazione da parte del giudice.

Restano fermi gli accantonamenti effettuati prima del 19 maggio 2020 e restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme accreditate, anteriormente alla stessa data, all’agente della riscossione e ai terzi a cui sono affidati, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate.

 

Con le modifiche in esame si proroga al 15 ottobre 2020 il termine di sospensione degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati dall’agente di riscossione sulle somme dovute a titolo di stipendio, pensione e trattamenti assimilati.

 

Ai sensi del comma 2, agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 65,7 milioni di euro per l'anno 2020 in termini di saldo netto da finanziare e in 165,5 milioni di euro per l’anno 2020 in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, si provvede ai sensi dell'articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

 

 

 

 


 

Articolo 100
(Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale)

 

 

L’articolo 100 stabilisce, al comma 1, che le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 682 e 683, della legge di bilancio 2019 relative alla durata quindicennale delle concessioni demaniali si applicano anche     alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle società sportive iscritte al registro Coni di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999, nonché alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d’ormeggio, nonché ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione.

Il comma 2 sostituisce, a decorrere dal 2021, il criterio di quantificazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, applicando il criterio tabellare già applicato per le opere di difficile rimozione.

Il comma 3 stabilisce che alle concessioni relative alla realizzazione e gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto si applicano, con effetto dal 1° gennaio 2007, le misure dei canoni determinati secondo i valori tabellari di cui al comma 2, previsti per le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative.

Viene precisato al comma 4 che dal 1° gennaio 2021 l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità non può, in ogni caso, essere inferiore a 2.500 euro.

Il comma 5 stabilisce che nelle more della revisione e dell’aggiornamento dei canoni demaniali marittimi sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto e sono inefficaci i relativi provvedimenti già adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonché di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone; si tratta dei provvedimenti concernenti le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni per le concessioni indicate, e le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

In base al comma 6, le disposizioni su sospensione e inefficacia non si applicano quando siano in corso procedimenti penali inerenti alla concessione nonché quando il concessionario o chi detiene il bene siano sottoposti a procedimenti di prevenzione, a misure interdittive antimafia o alle procedure del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Il comma 7 stabilisce norme per la definizione del contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, prevedendo che i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto  possono essere definiti, previa domanda all’ente gestore e all’Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento in un’unica soluzione di un importo pari al 30 per cento delle somme richieste (dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo), ovvero rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste.

Il comma 8 stabilisce le norme relative procedurali.

La liquidazione e il pagamento nei termini assegnati degli importi costituisce a ogni effetto rideterminazione dei canoni dovuti per le annualità considerate (comma 9) e la presentazione della domanda nel termine indicato sospende i relativi procedimenti giudiziari o amministrativi, compresi quelli di riscossione coattiva nonché i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell’intero importo dovuto, se in un’unica soluzione, o dell’ultima rata, se rateizzato, mentre il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio (comma 10).

Agli oneri, pari a 144.000 euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 114 del decreto, in base al comma 11.

Durante l'esame presso il Senato sono state apportate modifiche ai commi 3 e 10 ed è stato introdotto il nuovo comma 10-bis.

 

Il comma 1 stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, relative alla durata quindicennale delle concessioni demaniali indicate, si applicano anche:

§  alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle società sportive iscritte al registro Coni di cui al decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242
Il Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche è stato istituito dal CONI per il riconoscimento a fini sportivi delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche in base all'art. 5, co. 2, lett. c), del d.lgs. 242/1999. Qui il Regolamento di funzionamento del Registro. Le società e le associazioni sportive dilettantistiche sono i soggetti giuridici costituiti in conformità all'art. 90 della L. 289/2002.

§   nonché alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d’ormeggio

§   nonché ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all’inizio dell’utilizzazione.

Si valuti di chiarire la formulazione in relazione alla fattispecie inerente le strutture turistico ricreative, atteso che la norma fa riferimento a 'rapporti' aventi la gestione delle stesse, anziché a concessioni in senso proprio.

 

In sintesi, i commi 682, 683 nonché 684 dell'art. 1, della legge di bilancio per il 2019, con riferimento alle concessioni demaniali attualmente in essere ne stabiliscono la durata ex-lege in quindici anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge medesima (1° gennaio 2019).

Tale proroga si applica alle seguenti fattispecie:

§  le concessioni a carattere turistico ricreativo disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto n. 400/1993.

Tale norma ha integrato la disciplina del codice della navigazione, individuando, nell'ambito delle concessioni demaniali marittime, alcune tipologie di concessioni, definite "a scopo turistico ricreativo” per l'esercizio delle seguenti attività:

a)    gestione di stabilimenti balneari;

b)   esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;

c)    noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d)   gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;

e)    esercizi commerciali;

f)    servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.

§  le concessioni vigenti al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 194/2009, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell’articolo 18 del D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell’art. 02 della legge 4 dicembre 1993 n. 494 di conversione del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 40;

§  le concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative, già oggetto di proroga ai sensi del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78. Il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi 9-septiesdecies – 9-duodevicies) ha demandato alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori (in tal senso le Regioni Lazio, Veneto).

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier sulla legge di bilancio 2019.

In particolare, il citato comma 682 prevede che le concessioni disciplinate dal comma 1 dell'articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677, rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale.. In base al co. 683, al fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l'occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subiti dai cambiamenti climatici e dai conseguenti eventi calamitosi straordinari, le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio o il rinnovo è avvenuto nel rispetto delle disposizioni indicate, hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici.

 

Si rammenta che disposizioni in materia di concessioni demaniali sono state recate dal c.d. D.L. rilancio, n. 34 del 2020, all'art. 182, co. 2, riscritto durante l'esame di conversione del decreto, prevedendo, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, che le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire a carico dei concessionari, che intendono proseguire la propria attività mediante l'uso di beni del demanio marittimo, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, per il rilascio o l'assegnazione, con pubblica evidenza, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della presente disposizione. L'utilizzo dei beni oggetto dei procedimenti amministrativi in parola è confermato a fronte del pagamento del canone previsto dalla concessione e impedisce il verificarsi della devoluzione delle opere. Le disposizioni non si applicano quando la devoluzione, il rilascio o l'assegnazione a terzi dell'area è stata disposta in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario diverso dal mancato pagamento dei canoni. Per approfondimenti si veda il dossier sull'A.S. 1874.

Va segnalato, per completezza di informazione, che, sul tema delle concessioni demaniali marittime, la V Commissione della Camera aveva inserito alcune disposizioni (nuovi commi da 2-bis a 2-undecies), successivamente espunte a seguito del rinvio da parte dell'Assemblea alla sede referente del disegno di legge di conversione del citato D.L. e dunque non entrate in vigore nel testo del D.L. rilancio. Nel dettaglio, in base al comma 2-bis, le disposizioni sulla durata di quindici anni delle concessioni, di cui all'articolo 1, commi 682 e 683 della legge 145 del 2018, si sarebbero dovute applicare anche alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle società sportive iscritte al registro del Comitato olimpico nazionale italiano     nonché alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio. Con i commi da 2-ter a 2-sexies, mediante si modificava il criterio di determinazione del canone di concessione per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi in ambito demaniale marittimo, prevedendo l'applicazione di tale nuovo criterio anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. Si stabiliva inoltre un valore minimo di euro 2.500 per l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità dal 1° gennaio 2021 e fino alla revisione e all'aggiornamento dei canoni demaniali posti a carico dei concessionari. Si prevedeva inoltre che i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione fossero sospesi fino al 31 dicembre 2020 e inefficaci i relativi provvedimenti già adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, concernenti le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. Infine, i commi da 2-septies a 2-undecies recavano disposizioni per la definizione di procedimenti giudiziari ed amministrativi, pendenti alla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del decreto-legge, relativi ai canoni dovuti per le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, mediante il pagamento delle somme richieste in forma ridotta, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario. Per approfondimenti su tali disposizioni, poi espunte dal testo del disegno di legge di conversione del D.L. rilancio, si veda più nel dettaglio il dossier, vol. 2, sull'A.C. 2500-A.

 

Il comma 2 modifica, con effetto dal 1° gennaio 2021, il criterio di calcolo del canone relativo alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi. Nel dettaglio, viene sostituito, l’articolo 03 del decreto-legge n. 400 del 1993, il comma 1, lettera b), punto 2.1) con il seguente: “2.1) per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato ai sensi del punto 1.3)”. In base alla legislazione previgente, il canone veniva calcolato con riferimento alla superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. La nuova formulazione del punto 2.1 applica il criterio tabellare già applicato per le opere di difficile rimozione.

Fermo restando quanto previsto al successivo comma 4, sono comunque fatti salvi i pagamenti già eseguiti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni.

 

Il comma 3 applica le misure dei canoni disposte dal comma 2 alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2007, sono compensate – a decorrere dal 2021 – con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione. Viene affidato agli enti gestori il compito di ricalcolare le somme dovute dai concessionari con applicazione dei citati criteri dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2019 ed effettuare i relativi conguagli, con applicazione delle modalità di compensazione di cui al secondo periodo.

 

Nel corso dell'esame in sede referente, la Commissione ha approvato l'emendamento 100.10 (testo 2). La proposta, al primo comma, modifica il comma 3 del provvedimento d'urgenza prevedendo che per i canoni concessori in questione si faccia riferimento alle caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all'avvio del rapporto concessorio.

 

Il comma 4 stabilisce, con effetto dal 1° gennaio 2021, che l’importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell’utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità non può essere inferiore a euro 2.500.

 

Il comma 5 stabilisce disposizioni nelle more della revisione e dell’aggiornamento dei canoni demaniali marittimi ai sensi dell’articolo 1, comma 677, lettera e) della legge 30 dicembre 2018, n. 145, inerente la revisione e l'aggiornamento dei canoni demaniali a carico dei concessionari che tenga conto delle peculiari attività svolte dalle imprese del settore, della tipologia dei beni oggetto di concessione anche con riguardo alle pertinenze, della valenza turistica; si prevede che:

§  sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione

§  e sono inefficaci i relativi provvedimenti già adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonché di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone.

In relazione all'ambito applicativo di tale prevista sospensione, la norma indica che si tratta dei provvedimenti concernenti:

a)      le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime, di cui al citato articolo 03, comma 1, del decreto-legge n. 400 del 1993.

La norma specifica che sono ivi compresi i procedimenti di cui all’articolo 1, comma 484, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

b)     le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

 

Si ricorda che il citato art. 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 ha stabilito che i canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo sono determinati nel rispetto dei criteri ivi indicati.

La legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto al comma 484 che fino al complessivo riordino della disciplina dei canoni demaniali marittimi, i procedimenti amministrativi pendenti alla data del 15 novembre 2015, avviati dalle amministrazioni competenti per la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da procedure di contenzioso connesse all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, come convertito e come sostituito dall'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano sospesi. La disposizione non si applica per i beni pertinenziali che risultano comunque oggetto di procedimenti giudiziari di natura penale, nonché nei comuni e nei municipi sciolti o commissariati ai sensi degli articoli 143 e 146 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

In base al comma 6, le disposizioni di cui ai commi 5, 7, 8,  9 e 10  non si applicano quando siano in corso procedimenti penali inerenti alla concessione nonché quando il concessionario o chi detiene il bene siano sottoposti a procedimenti di prevenzione, a misure interdittive antimafia o alle procedure del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

 

Il comma 7 stabilisce norme speciali per la definizione del contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto nell'indicata finalità di ridurre il contenzioso derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell’articolo 03, comma 1, lettera b), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Si prevede a tal fine che i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all’ente gestore e all’Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento:

a) in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo;

b) rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo.

 

Si segnala che, a seguito dell'approvazione in sede referente, dell'emendamento 100.16, al comma 7, la Commissione propone di aggiungere, dopo le parole "articolo 03, comma 1, lettera b)", le seguenti parole: "punto 2.1"

 

Il comma 8 stabilisce sul piano procedurale che

§  la domanda per accedere alla definizione in questione è presentata entro il 15 dicembre 2020;

§  il versamento è fatto entro il 30 settembre 2021 per l’intero importo dovuto, se in un’unica soluzione, o per la prima rata, se rateizzato.

 

In base al comma 9, la liquidazione e il pagamento nei termini assegnati degli importi di cui alle lettere a) e b) del comma 7 costituisce a ogni effetto rideterminazione dei canoni dovuti per le annualità considerate.

 

Inoltre, il comma 10 prevede che la presentazione della domanda nel termine indicato sospende i procedimenti giudiziari o amministrativi di cui al comma 7, compresi quelli di riscossione coattiva nonché i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell’intero importo dovuto, se in un’unica soluzione, o dell’ultima rata, se rateizzato. Il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio.

 

Agli oneri, pari a 144.000 euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi  dell’articolo 114 del decreto, in base al comma 11.

 

In materia di concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, si ricorda che il comma 675 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) dispone l’emanazione entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (attualmente in corso di predisposizione), che fissi i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime. La finalità indicata nella norma è quella di tutelare, valorizzare e promuovere il bene demaniale delle coste italiane, che rappresenta un elemento strategico per il sistema economico, di attrazione turistica e di immagine del Paese, in un’ottica di armonizzazione delle normative europee.

Il D.P.C.M. dovrà essere adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro per le politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari europei, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per gli affari regionali e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Il comma 676 definisce più in dettaglio i contenuti del DPCM, che dovrà stabilire le condizioni e le modalità per procedere:

a)  alla ricognizione e mappatura del litorale e del demanio costiero-marittimo;

b)  all’individuazione della reale consistenza dello stato dei luoghi, della tipologia e del numero di concessioni attualmente vigenti nonché delle aree libere e concedibili;

c)  all’individuazione della tipologia e numero di imprese concessionarie e sub-concessionarie;

d) alla ricognizione degli investimenti effettuati nell’ambito delle concessioni stesse e delle tempistiche di ammortamento connesse, nonché dei canoni attualmente applicati in relazione alle diverse concessioni;

e)  all’approvazione dei metodi, indirizzi generali e criteri per la programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri di cui all'articolo 89 primo comma lettera h) del decreto legislativo 31 marzo 1998 numero 112.

Il comma 677 prevede inoltre che il DPCM contenga i criteri per strutturare:

a)  un nuovo modello di gestione degli delle imprese turistico-ricreative e ricettive che operano sul demanio marittimo secondo schemi e forme di partenariato pubblico-privato, atto a valorizzare la tutela e la più proficua utilizzazione del demanio marittimo, tenendo conto delle singole specificità e caratteristiche territoriali secondo criteri di: sostenibilità ambientale; qualità e professionalizzazione dell’accoglienza e dei servizi, accessibilità; qualità e modernizzazione delle infrastrutture; tutela degli ecosistemi marittimi coinvolti; sicurezza e vigilanza delle spiagge;

b)  un sistema di rating di tali imprese e della qualità balneare;

c)  la revisione organica delle norme connesse alle concessioni demaniali marittime, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di demanio marittimo contenute nel Codice della navigazione o in leggi speciali in materia;

d) il riordino delle concessioni ad uso residenziale e abitativo, tramite individuazione di criteri di gestione, modalità di rilascio e termini di durata della concessione nel rispetto di quanto previsto dall’art.37, primo comma, del Codice della Navigazione e dei principi di imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità e tenuto conto, in termini di premialità, dell’idonea conduzione del bene demaniale e della durata della concessione.

e)  la revisione e l’aggiornamento dei canoni demaniali a carico dei concessionari, che tenga conto delle peculiari attività svolte dalle imprese del settore, della tipologia dei beni oggetto di concessione anche con riguardo alle pertinenze, della valenza turistica.

Si ricorda che l'articolo 34 del D.L. n. 162/2019 ("proroga termini", conv. dalla legge n. 8 del 2020) sospende dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020  il pagamento dei canoni dovuti per le concessioni relative alle pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e per le concessioni relative alla realizzazione e gestione di strutture destinate alla nautica da diporto. La relazione illustrativa di quel provvedimento indicava l'intento di ridurre il contenzioso in materia, registrato a seguito dell'aumento di canoni per le citate fattispecie concessorie.

Si ricorda qui inoltre che la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata, con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), stabilendo che il diritto comunitario (articolo 49 TFUE) non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di una procedura di selezione dei potenziali candidati. La Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico?ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

Su tali questioni è intervenuto il Consiglio di Stato - sentenza della Sesta Sezione, n. 7874 del 18 novembre 2019 - ribadendo l'illegittimità delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime. La Corte Costituzionale è intervenuta in più occasioni, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (articolo 117, primo comma, della Costituzione) e, in alcuni casi, anche per violazione degli articoli 3 e 117, secondo comma, lett. a) ed e), della Costituzione. Le norme censurate prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei concessionari in essere. Per approfondimenti sulle pregresse procedure di infrazione in sede UE e sulla giurisprudenza costituzionale si veda il dossier (vol. II) sulla legge di bilancio 2019.

 

Il comma 10-bis, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 32 del decreto-legge n. 133 del 2014 prevendendo che le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di diportisti, con esclusione dei servizi resi nell'ambito di contratti annuali o pluriennali per lo stanziamento, all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, rientrano nelle strutture ricettive all'aria aperta.

 


 

Articolo 101
(Concessione della gestione dei giochi numerici
a totalizzatore nazionale)

 

 

L’articolo 101 dispone la proroga dei termini del pagamento della seconda restante rata, una tantum, dell’offerta economica a carico della società aggiudicatrice della gara per la concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale. La data per la stipula della nuova convenzione viene fissata al 1° dicembre 2021. Si stabilisce, altresì, che con determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli saranno successivamente stabilite le modalità di corresponsione della seconda rata suddetta, in modo da garantire il pagamento dell’intero importo entro il 15 dicembre 2020.

 

In particolare, il comma 1 proroga i termini degli adempimenti tecnico-organizzativi ed economici previsti dall’aggiudicazione della gara indetta ai sensi dell’articolo 1, comma 576, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) per la concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale.

 

Come spiegato sul sito internet di "Sistema Gioco Italia", la federazione di filiera dell’industria del gioco e dell’intrattenimento aderente a Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, i giochi numerici a totalizzatore nazionale (GNTN) sono giochi di sorte basati sulla scelta di numeri da parte dei consumatori all’atto della giocata, ovvero sull’attribuzione alla giocata medesima di numeri determinati casualmente. Una quota delle poste di gioco, predeterminata dal regolamento dei singoli giochi, è conferita ad un unico montepremi nazionale che viene ripartito, sempre secondo quanto stabilito dal regolamento, in quote di pari valore in funzione del numero di giocate vincenti appartenenti alla medesima categoria di premi. I giochi numerici a totalizzatore nazionale sono: SuperEnalotto e il suo gioco opzionale e complementare SuperStar, SiVinceTutto, Eurojackpot, Win For Life e Play Six. SuperEnalotto è il più popolare.

L’articolo 1, comma 576, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), in vista della scadenza della concessione vigente, ha previsto che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) bandisse una gara per l’affidamento della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale e ha fissato le condizioni essenziali della procedura stessa, al fine di garantire la tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta del gioco e nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale ed europeo.

Con determinazione direttoriale dell'ADM del 17 settembre 2019 è stata aggiudicata alla società Sisal S.p.A. la concessione per la gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale, dei giochi complementari e opzionali e delle relative forme di partecipazione a distanza, nonché di ogni ulteriore gioco numerico basato su un unico totalizzatore a livello nazionale.

 A partire dal 2 dicembre 2019 è iniziato a decorrere il termine di sei mesi, indicato nel Capitolato tecnico di gara, per l’espletamento di tutte le iniziative propedeutiche al completo adempimento delle attività tecnico-organizzative necessarie per il subentro del concessionario nella gestione del sistema oggetto di devoluzione.

In seguito alla dichiarazione, da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, di emergenza di sanità pubblica di carattere internazionale derivante dall’epidemia da COVID-19 (30 gennaio 2020) e la dichiarazione per sei mesi, da parte del Consiglio dei Ministri, dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario (31 gennaio 2020), successivamente prorogato fino al 15 ottobre 2020, l’articolo 103, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 ha tra l’altro previsto che “ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020” - termine prorogato al 15 maggio 2020 dall’articolo 37 del decreto-legge n. 23 del 2020.

Con determinazione direttoriale dell'ADM del 25 maggio 2020, in applicazione della suddetta sospensione dei termini procedimentali, è stata fissata al 24 agosto 2020 la stipula e la decorrenza della convenzione per la gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale, dei giochi complementari e opzionali e delle relative forme di partecipazione a distanza, nonché di ogni ulteriore gioco numerico basato su un unico totalizzatore a livello nazionale.

La documentazione relativa alla procedura di gara può essere consultata sul sito internet dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Con il comma in esame, la data per la stipula e la decorrenza della convenzione è fissata al 1° dicembre 2021.

La disposizione è motivata con la straordinarietà e imprevedibilità degli eventi scaturenti dall’attuale situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la proroga si riferisce in particolare ai termini del pagamento della seconda restante rata, una tantum, dell’offerta economica a carico della società aggiudicatrice della gara.

 

Il comma 2 attribuisce a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire le modalità di corresponsione della seconda rata una tantum dell’offerta economica, in modo tale da garantire il pagamento dell’intero importo entro il 15 dicembre 2020.

 

Il 17 agosto 2020, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha stabilito, con determinazione direttoriale, che il termine per il versamento della restante seconda rata una tantum di 111 milioni di euro, pari al 50% del prezzo indicato nell’offerta economica, è fissato al 30 settembre 2020 e sarà effettuato dalla società aggiudicataria sul conto corrente bancario intestato alla Tesoreria dello Stato – Sezione di tesoreria di Roma.

 


 

Articolo 102
(Inibizione di siti web)

 

 

L’articolo 102 attribuisce all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il potere di ordinare ai fornitori di connettività alla rete internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione, o agli operatori che forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, la rimozione delle iniziative di chiunque offra o pubblicizzi prodotti o servizi, secondo modalità non conformi a quelle definite dalle norme vigenti nei citati settori. L’ordine di rimozione può riguardare anche la messa a disposizione di software relativi a procedure tecniche atte ad eludere i provvedimenti disposti dall’Agenzia medesima. Tali disposizioni estendono la normativa vigente recata dai commi da 50 a 50-quater dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, che vengono pertanto abrogati. In base a una modifica approvata dal Senato, l'ordine può riguardare anche i prodotti accessori ai tabacchi da fumo nonché i prodotti succedanei dei prodotti da fumo.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), nell’esercizio delle proprie funzioni nei settori dei giochi e dei tabacchi, ordini ai fornitori di connettività alla rete internet ovvero ai gestori di altre reti telematiche o di telecomunicazione, o agli operatori che forniscono servizi telematici o di telecomunicazione, la rimozione delle iniziative di chiunque offra o pubblicizzi prodotti o servizi, secondo modalità non conformi a quelle definite dalle norme vigenti nei citati settori.

L’ordine di rimozione può riguardare anche la messa a disposizione di software relativi a procedure tecniche atte ad eludere i provvedimenti disposti dall’Agenzia medesima.

 

Con una modifica approvata dal Senato, si è aggiunto il comma 1-bis in base al quale l'ordine di cui al comma 1 può riguardare anche i prodotti accessori ai tabacchi da fumo quali cartine, cartine arrotolate senza tabacco e filtri, funzionale al consumo dei trinciati a taglio fino per arrotolare le sigarette di cui all'articolo 62-quinquies del decreto legislativo n. 504 del 1995 nonché i prodotti succedanei dei prodotti da fumo di cui all'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995.

 

Il comma 2 disciplina gli obblighi dei destinatari degli ordini, le modalità degli adempimenti, le sanzioni previste e altri aspetti attuativi. In particolare:

§  i destinatari degli ordini di cui al comma 1 hanno l'obbligo di inibire l'utilizzazione dei siti nelle reti delle quali sono gestori o in relazione alle quali forniscono servizi;

§  l’ADM stabilisce con apposite determinazioni del direttore generale le modalità degli adempimenti previsti dal presente articolo;

§  è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 180.000 euro, irrogate dall'ADM, per ciascuna violazione accertata in caso di inosservanza degli ordini di inibizione e delle modalità e tempistiche ivi previste;

§  la pubblicazione nel sito internet istituzionale dell'Agenzia degli ordini e dei provvedimenti sanzionatori ha valore di notifica;

§  decorsi quindici giorni dall’ordine di cui al comma 1, in caso di mancato ottemperamento, l’ADM adotta ogni utile provvedimento finalizzato alla inibizione del sito, senza riconoscimento di alcun indennizzo, anche se su di esso sono offerti altri beni o servizi.

 

Il comma 3 dispone l'abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dei commi da 50 a 50-quater dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006). Sono fatti salvi gli effetti prodotti dalle predette disposizioni sui procedimenti sanzionatori già avviati e non ancora conclusi.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo offre la seguente ricostruzione normativa della disposizione.

Con la finalità di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale e l’offerta illegale di prodotti da fumo e similari, combattere l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco e del tabacco, assicurare l’ordine pubblico, la salute e la tutela del consumatore, salvaguardando il divieto dell’attività di offerta non autorizzata attraverso rete telematica o di telecomunicazione di tali prodotti o servizi, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 50, della legge n. 296 del 2006, successivamente integrato con l’introduzione dei commi 50-bis, 50-ter e 50-quater), ha attribuito all’ADM il potere di emanare, nel rispetto degli obblighi comunitari, uno o più provvedimenti recanti le regole sulla possibilità di rimozione dei casi di offerta, attraverso le reti telematiche e di telecomunicazione:

di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, in difetto di titolo autorizzatorio o abilitativo, o comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento;

di tabacchi lavorati di cui all’art. 39-bis del decreto legislativo n. 504 del 1995, in violazione dei relativi sistemi di distribuzione e vendita attualmente previsti dalla legge n. 1293 del 1957 e dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 6 del 2016;

di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide contenenti nicotina in difetto di autorizzazione, per la vendita a distanza, per la violazione di quanto previsto dall’articolo 21, comma 12, del citato decreto legislativo n. 6 del 2016.

Per ampliare e rendere più efficace l’attività di contrasto l’articolo 1, comma 50-bis, alla lettera b) ha esteso i poteri dell’Agenzia anche nei confronti di siti che, pur non offrendo direttamente gioco o vendita di prodotti da fumo o inalazione, sono volti a pubblicizzare l’offerta di gioco con vincita in denaro o la vendita on line di prodotti da fumo o inalazione non autorizzati o a mettere a disposizione degli utenti appositi software riguardanti procedure tecniche atte ad eludere l’inibizione dei siti disposta da questa Agenzia. La norma attribuisce all’Agenzia anche il potere di sanzionare i fornitori di servizi nel caso in cui non ottemperino all’ordine di inibizione. Le sanzioni amministrative pecuniarie vanno da euro 30.000 ad euro 180.000 per ciascuna violazione accertata.

A tale disposizione normativa, è stata data attuazione con appositi decreti direttoriali, con cui si è provveduto a disciplinare gli aspetti e le modalità riguardanti la procedura di inibizione dei siti di gioco non autorizzato da parte dei fornitori dei servizi di rete, nonché i profili di collaborazione della Guardia di Finanza e della Polizia Postale e delle Telecomunicazioni nella conseguente attività di monitoraggio volta ad accertare l’esatto adempimento delle disposizioni impartite in materia di inibizione da parte dei fornitori stessi ed, infine, gli aspetti procedurali relativi all’eventuale conseguente irrogazione di sanzioni. Tali modalità attuative sono poi state estese anche al settore dei tabacchi lavorati e dei liquidi da inalazione senza combustione contenenti nicotina.

La legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), all’articolo 1, comma 660, ha aggiunto al citato decreto legislativo n. 504 del 1995, l’articolo 62-quinquies, con il quale è stata introdotta l’imposta di consumo sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo ossia le cartine, le cartine arrotolate senza tabacco e i filtri funzionali ad arrotolare le sigarette; al comma 6 è previsto altresì il divieto di vendita a distanza, anche transfrontaliera, di tali prodotti ai consumatori che acquistano nel territorio dello Stato. Tale norma a fronte del divieto citato non dispone il rinvio ai predetti commi 50, 50-bis, 50-ter e 50-quater, con la conseguenza di non prevedere adeguata inibizione cautelare e conseguente sanzione per i casi di violazione accertata.

La norma, pertanto, al fine di conferire efficacia ed incisività alle disposizioni introdotte, prevede per tale tipologia di prodotti le medesime modalità procedurali già previste e sperimentate in materia di inibizione di offerta di gioco on line non autorizzato e prodotti da fumo e inalazione, integrando tale dettato legislativo con la previsione, in caso di inosservanza da parte dei fornitori dei servizi di rete dei provvedimenti adottati in attuazione di tale disposizione, delle conseguenti sanzioni amministrative pecuniarie da euro 30.000 ad euro 180.000 per ciascuna violazione accertata, in analogia con quanto già previsto dall’articolo 1, comma 50, della legge finanziaria 2007.

La norma, quindi, mantiene le prerogative già esistenti e le integra, estendendo su ulteriori prodotti e attività, su cui già si esplica l’azione di controllo e presidio all’illegalità da parte dell’Agenzia, le medesime modalità procedurali già previste e sperimentate in materia di inibizione di offerta non autorizzata di gioco on line e dei prodotti da fumo o inalazione, completando tale dettato legislativo con la previsione delle conseguenti sanzioni amministrative pecuniarie da euro 30.000 ad euro 180.000 per ciascuna violazione accertata, in caso di inosservanza da parte dei fornitori dei servizi di rete dei provvedimenti adottati in attuazione di tale disposizione.

 

 


 

Articolo 103
(Servizi dell’Agenzia delle dogane)

 

 

L’articolo 103, modificato al Senato, autorizza la costituzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di una apposita società in house - avente come socio unico l’Agenzia delle dogane e dei monopoli - per lo svolgimento di alcuni servizi con criteri imprenditoriali, in particolare la certificazione di qualità dei prodotti e l’uso del certificato del bollino di qualità.

Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che l’amministratore unico della società è individuato nel Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli; inoltre, per il perseguimento dei propri scopi sociali, la società si avvale, tramite apposito contratto di servizio con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, del personale e dei servizi di laboratorio dell'Agenzia stessa.

Nella medesima sede è stato introdotto un nuovo comma 4-bis, che reca la quantificazione degli oneri e la copertura finanziaria dell’articolo in esame.

 

 

Più in dettaglio, il comma 1 autorizza la costituzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una apposita società, di cui è socio unico l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, regolata ai sensi del Testo Unico sulle società partecipate dalle Pubbliche Amministrazioni (di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175: per maggiori informazioni si veda la documentazione parlamentare).

Lo svolgimento dell’attività della società è disciplinato nell’ambito della convenzione triennale che disciplina i rapporti tra il MEF e le Agenzie fiscali, prevista dall’articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Durante l’esame del provvedimento al Senato è stato soppresso l’inciso, contenuto nell’originario testo del provvedimento, che riserva esclusivamente al personale dell’Agenzia lo svolgimento delle attività societarie. 

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 59, comma 2 sopra richiamato, il Ministro dell’economia e delle finanze e ciascuna agenzia, sulla base del documento di indirizzo sulle politiche fiscali, stipulano una convenzione triennale, con adeguamento annuale per ciascun esercizio finanziario, con la quale vengono fissati: a) i servizi dovuti e gli obiettivi da raggiungere; b) le direttive generali sui criteri della gestione ed i vincoli da rispettare; c) le strategie per il miglioramento; d) le risorse disponibili; e) gli indicatori ed i parametri in base ai quali misurare l'andamento della gestione. La convenzione prevede, inoltre le modalità di verifica dei risultati di gestione e le disposizioni necessarie per assicurare al ministero la conoscenza dei fattori gestionali interni all'agenzia, quali l'organizzazione, i processi e l'uso delle risorse, nonché le modalità di vigilanza sull'operato dell'agenzia sotto il profilo della trasparenza, dell'imparzialità e della correttezza nell'applicazione delle norme, con particolare riguardo ai rapporti con i contribuenti.

In particolare, ai sensi del comma 5 dell’articolo 59, il Ministero e le Agenzie fiscali possono promuovere la costituzione o partecipare a società e consorzi che, secondo le disposizioni del codice civile, abbiano ad oggetto la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite.

A tal fine, l’articolo 59 consente di ampliare l'oggetto sociale della SOSE, società partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalla Banca d’Italia e costituita in base alle disposizioni dell'articolo 10, comma 12, della legge 8 maggio 1998, n.146 (oltre alle attività relative alla costruzione, realizzazione e aggiornamento degli Studi di settore, oggi sostituiti dagli Indici sintetici di affidabilità fiscale - ISA – e quelle di supporto metodologico all’Amministrazione finanziaria in materia tributaria e di economia d’impresa), fermo restando che il Ministero e le Agenzie fiscali ne detengono la maggioranza delle azioni ordinarie.

 

Scopo della società è consentire alla Agenzia delle dogane e dei monopoli di svolgere, con criteri imprenditoriali, i servizi di cui al comma 3, ovvero:

a)   certificazione di qualità dei prodotti realizzata attraverso l’analisi tecnico – scientifica e il controllo su campioni di merce realizzati presso i laboratori dell’Agenzia;

b)   uso del certificato del bollino di qualità, qualora il prodotto analizzato soddisfi gli standard di qualità (assenza di elementi nocivi e provenienza certificata), apposto sulla confezione dello stesso, previo riconoscimento all’Agenzia di una royalty per l’utilizzo del bollino di qualità, e sino a quando i controlli previsti da ADM nei protocolli tecnico scientifici garantiscano il mantenimento degli standard qualitativi.

 

Ai sensi del comma 2, ove tale società sia costituita, il relativo statuto prevede che l’organo amministrativo è composto da un amministratore unico e che la società medesima opera sulla base di un piano industriale che comprovi la sussistenza di concrete prospettive di mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che:

§  l’amministratore unico della società è individuato nel Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli;

§  per il perseguimento dei propri scopi sociali, la società si avvale, tramite apposito contratto di servizio con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, del personale e dei servizi di laboratorio dell'Agenzia stessa.

 

Come già visto, il comma 3 descrive i servizi che possono essere affidati a tale società.

 

Il comma 4 contiene una disposizione di coordinamento normativo, secondo cui ogniqualvolta siano evocati - in disposizioni ancora in vigore - denominazioni non più attuali, si intenda fare riferimento all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per indicare un complesso di uffici e organi che sono stati nel tempo ricondotti all’Agenzia.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto altresì il nuovo comma 4-bis, che reca la copertura finanziaria dell’articolo in esame. Agli relativi oneri, quantificati in 600.000 euro per l’anno 2021 in termini di fabbisogno e indebitamento netto, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154.

 

 


 

Articolo 104
(Apparecchi da divertimento senza vincita in denaro)

 

 

L’articolo 104 apporta una serie di modificazioni all'articolo 110 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) aventi l’obiettivo di rendere gli apparecchi da divertimento senza vincite in denaro non utilizzabili fraudolentemente come apparecchi con vincita in denaro. L'articolo regolamenta, in particolare, alcune tipologie di apparecchi attualmente prive di regole tecniche di produzione.

 

L'unico comma dell'articolo in esame apporta una serie di modificazioni all'articolo 110 del TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, regio decreto 18 giugno 1931, n. 773):

a)   viene modificato il comma 7-bis in modo da estendere il divieto di riproduzione, da parte degli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui al comma 7, oltre che al gioco del poker o alle sue regole fondamentali, anche a tutti i giochi che, per modalità similari con quelle consentite ai sensi del comma 6 (apparecchi idonei per il gioco lecito), possano indurre una medesima aspettativa di vincita;

b)   viene sostituito il comma 7-ter in modo tale da rinviare a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione della base imponibile forfetaria dell'imposta sugli intrattenimenti di cui all'articolo 14-bis, comma 5, del D.P.R. n. 640 del 1972, lasciando a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da emanare entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, al fine di garantire la prevenzione dei rischi connessi al gioco d’azzardo, la definizione delle regole tecniche finalizzate alla produzione degli apparecchi di cui al comma 7 (apparecchi e congegni per il gioco lecito) nonché la regolamentazione amministrativa dei medesimi, ivi compresi i parametri numerici di apparecchi installabili nei punti di offerta, così come definiti dalla normativa vigente.

 

Nella versione previgente del comma 7-ter, sia la definizione delle regole tecniche per la produzione degli apparecchi e la regolamentazione amministrativa, sia la determinazione della base imponibile forfetaria erano demandate a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da emanare sentite le Commissioni parlamentari competenti.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo sostiene che tale modifica intende semplificare un percorso regolamentare complesso e non in linea con il profilo eminentemente tecnico delle regole di produzione, spostando, pertanto, limitatamente a tali profili tecnici, la competenza all’Agenzia deputata alla regolamentazione e al controllo del gioco.

 

Si valuti l'opportunità di integrare il nuovo comma 7-ter con la previsione di un esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze relativo alla determinazione della base imponibile forfetaria dell'imposta sugli intrattenimenti, analogamente a quanto previsto dalla normativa previgente.

 

L'articolo 14-bis del D.P.R. n. 640 del 1972 disciplina l'imposizione fiscale relativa agli apparecchi e congegni per il gioco lecito di cui all'articolo 110 del TULPS e successive modificazioni. Il comma 5, in particolare, rinvia a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze per la possibilità di stabilire variazioni degli imponibili medi forfetari, nonché stabilire forfetariamente la base imponibile per gli apparecchi meccanici o elettromeccanici, in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi medesimi.

 

c)   Viene modificato il comma 7-quater in modo da precisare che i premi ammissibili per gli apparecchi di cui al comma 7 (apparecchi e congegni per gioco lecito) possono essere soltanto oggetti di modico valore anche nel caso in cui vengano acquisiti per il tramite di tagliandi, anche in forma cumulata.

 

La versione previgente del comma 7-quater non specificava che i premi acquisibili tramite tagliandi dovessero essere di modico valore.

 

d)   il comma 7-quinquies è abrogato.

 

Di seguito il testo del comma 7-quinquies abrogato:

"Gli apparecchi di cui al comma 7, utilizzati nel corso dell'anno 2012 come veicoli di manifestazioni a premio, sono regolarizzabili con modalità definite con il decreto di cui al comma 7-ter, dietro pagamento di una somma una tantum di euro 500, ovvero di euro 400 nel caso di comprovato utilizzo stagionale, oltre al pagamento a titolo di imposta sugli intrattenimenti di cui all'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni."

 

Nella relazione illustrativa, il Governo, oltre offre la seguente ricostruzione normativa dell'articolo, precisandone anche le motivazioni.

L’articolo 1, comma 475, della legge n. 228 del 2012, nel modificare il comma 7 dell’articolo 110 del TULPS, in materia di apparecchi da divertimento senza vincita in denaro ha previsto l’adozione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli, sentite le Commissioni parlamentari competenti per la redazione delle regole tecniche per la produzione di detti apparecchi.

Lo schema di decreto è stato notificato nel 2016 alla Commissione Europea per la procedura di informazione prevista dalla direttiva UE 2015/1535 del 9 settembre 2015 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Su tale decreto sono state formulate osservazioni sia di tipo normativo ma soprattutto di tipo tecnico dal mondo della produzione dei giochi e, più in generale dagli stakeholders in quanto non più aderente agli standard tecnologici richiesti, nonché non più rispondente alle esigenze di sicurezza richieste per far fronte alle numerose frodi informatiche e al progressivo diffondersi dei c.d. “totem”, finti apparecchi senza vincita in denaro o che simulano altri servizi tecnologici (ad esempio ricariche telefoniche) ma che in realtà sono apparecchi con vincita in denaro completamente illegali.

Le modifiche proposte hanno l’obiettivo di rendere gli apparecchi da divertimento senza vincite in denaro non utilizzabili fraudolentemente come apparecchi con vincita in denaro e di regolamentare, in particolare, le tipologie di apparecchi previsto dall’articolo 110, comma 7, lettera c-bis) e c-ter), attualmente prive di regole tecniche di produzione.

Il comma 7-quinquies dell’articolo 110 TULPS viene abrogato in quanto ormai obsoleto e non più attuabile.

 


 

Articolo 105
(Lotteria degli scontrini cashless)

 

 

L’articolo 105 stabilisce che le risorse già previste per l'istituzione di premi speciali associati alla lotteria degli scontrini siano interamente destinate alle spese amministrative e di comunicazione connesse alla medesima lotteria. La gestione di tali spese è affidata, a decorrere dall'anno 2020, al dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, il quale è autorizzato, per tali attività, ad assumere fino a sei unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato.

 

L'articolo 105 in esame introduce due nuovi commi 1-bis e 1-ter all'articolo 141 del decreto-legge n. 34 del 2020 ("Decreto rilancio"). Il comma 1 di tale articolo 141 dispone la proroga dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 del termine di decorrenza della lotteria degli scontrini (o dei corrispettivi) di cui all'articolo 1, comma 540, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).

La proroga si è resa necessaria, come chiariva la relazione illustrativa annessa al decreto-legge n. 34, a seguito dell'emergenza epidemiologica COVID-19 che ha determinato la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali e il contenimento degli spostamenti non essenziali. Tale situazione può rendere difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici, specialmente da parte dei piccoli esercizi, e ingenerare dubbi nei consumatori, che potrebbero non comprendere l'impossibilità di partecipare alla lotteria per cause indipendenti dalla volontà degli esercenti. 

 

A seguito della proroga, le somme disponibili nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'istituzione dei premi speciali previsti dall'articolo 1, comma 542, della legge di bilancio 2017 sono, come accennato, interamente destinate alle spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria (nuovo comma 1-bis dell'art. 141, DL n. 34).

 

Si ricorda che i commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione – inizialmente dal 2018, termine successivamente prorogato al 1° luglio 2020 – di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale.

Il comma 542 citato prevede premi speciali aggiuntivi per i consumatori che utilizzano strumenti di pagamento elettronici. Sono inoltre previsti premi aggiuntivi per gli esercenti che, ai fini della certificazione delle operazioni di vendita o di cessione, utilizzano gli strumenti telematici per la memorizzazione e l'invio dei corrispettivi giornalieri (disciplinati dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015). Il tetto di spesa per i nuovi premi è determinato in 45 milioni di euro annui.

Al fine di garantire le risorse per l'istituzione dei premi aggiuntivi e per le connesse spese di gestione amministrativa, il medesimo comma 542 stabilisce un incremento, pari a 50 milioni di euro annui a decorrere del 2020, del Fondo per la gestione della lotteria, istituito dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018. Tale stanziamento è destinato anche alla copertura delle spese di gestione amministrativa della lotteria.

Al riguardo, si segnala che tale autorizzazione di spesa è stata ridotta di 20 milioni di euro dall'art. 4 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 ("Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19") a copertura degli oneri ivi previsti.

 

Il nuovo comma 1-ter dell'art. 141 del Dl n. 34 prevede che le somme qui destinate alla lotteria siano gestite, d'intesa con il dipartimento delle finanze, dal dipartimento dell'Amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze. La medesima disposizione autorizza, per tali finalità, ad assumere, con decorrenza non antecedente al 1° ottobre 2020, fino a sei unità di personale con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di quindici mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, per un importo massimo di 40.000 euro per ciascun incarico. A tal fine si provvede nell'ambito delle risorse finanziarie qui disciplinate, nel limite massimo complessivo di 240.000 euro.

Si segnala che, ai sensi dell'art. 1, comma 542, della legge di bilancio 2017, le risorse per le spese amministrative e di comunicazione connesse alla lotteria erano attribuite alle amministrazioni che ne sostenessero i costi.


 

Articolo 106
(Rivalutazione dei beni delle cooperative agricole)

 

 

L’articolo 106 sostituisce integralmente il comma 3 dell'articolo 136-bis del decreto n. 34 del 2020, il quale subordinava l'efficacia delle misure ivi contenute per la rivalutazione agevolata dei beni delle cooperative agricole all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Al fine di anticipare l'effettività di tali disposizioni, il nuovo comma 3 dispone che le stesse si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” della Commissione europea e, pertanto, non necessitano di specifica autorizzazione.

 

L'articolo 106 del decreto in esame sostituisce integralmente il comma 3 dell'articolo 136-bis del decreto n. 34 del 2020.

Tale disposizione consente alle cooperative agricole a mutualità prevalente e ai loro consorzi di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto di specifiche condizioni, fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti, senza versare imposte sostitutive.

 

Il citato comma 3 stabiliva che l'efficacia delle misure in esame fosse subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Secondo la relazione illustrativa del Governo, la conclusione di tale procedimento richiede generalmente un periodo di 7 o 8 mesi. Pertanto, al fine di anticipare l'effettività delle disposizioni contenute nell'articolo 136-bis del decreto n. 34 del 2020, il nuovo comma 3 dispone che le stesse si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 che ha definito un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e successive modificazioni.

 

Con riferimento agli aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali, al settore dell’agricoltura si applicano le seguenti condizioni specifiche (punto 23 della Comunicazione):

a.      l’aiuto non supera i 100 000 euro per impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, al lordo di qualsiasi imposta o altro onere;

b.      gli aiuti concessi alle imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere stabiliti in base al prezzo o al volume dei prodotti immessi sul mercato;

c.      se un’impresa opera in diversi settori ai quali si applicano importi massimi diversi, lo Stato membro interessato garantisce, con mezzi adeguati, quali la separazione contabile, che per ciascuna di tali attività sia rispettato il massimale pertinente e che in totale non sia superato l’importo massimo possibile (in particolare, l'aiuto non deve superare i 120.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura e gli 800.000 per le altre imprese);

d.      si applicano inoltre tutte le altre condizioni stabilite dal punto 22 della Comunicazione per le imprese non operanti nei settori agricolo, della pesca e dell'acquacoltura: l’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale; l’aiuto può essere concesso a imprese che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019; può essere concesso a imprese che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019 e/o che hanno incontrato difficoltà o si sono trovate in una situazione di difficoltà successivamente, a seguito dell’epidemia da COVID-19; l’aiuto è concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2020; gli aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli sono subordinati al fatto di non venire parzialmente o interamente trasferiti a produttori primari e non sono fissati in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate.

 

L'articolo 136-bis estende alle cooperative agricole la disciplina prevista dall'articolo 1, comma 696, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) il quale prevede per le società di capitali, per le cooperative, per i trust e per gli altri enti pubblici e privati i quali esercitano attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio, la possibilità di rivalutare, in deroga alle disposizioni di legge vigenti in materia, i beni di impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018. Dagli attivi soggetti alla rivalutazione sono esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa,

 

Il comma 697 stabilisce che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello incorso al 31 dicembre 2018, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2020. Viene inoltre disposto che la rivalutazione debba riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e debba essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. I successivi commi 698 e 699 stabiliscono le imposte sostitutive applicabili al regime disposto dalla legge di bilancio 2020.

 

Per effetto della norma in esame, le cooperative agricole a mutualità prevalente e il loro consorzi possono rivalutare i beni indicati nel comma 696, articolo 1, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), ovvero i beni di impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto delle condizioni indicate dal suddetto comma 697. La rivalutazione può essere effettuata fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti computabili in diminuzione del reddito ai sensi dell'articolo 84 del D.P.R. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), senza assolvere alle imposte sostitutive di cui ai commi 698 e 699 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020, nei limiti del 70 per cento del loro ammontare. Le perdite utilizzate ai sensi del precedente periodo non possono essere utilizzate in diminuzione del reddito ai sensi del citato articolo 84 del TUIR, che consente di computare la perdita di un periodo d'imposta in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.

 

Con riferimento all'ambito di applicazione della norma in esame, si fa presente che l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 228 del 2001 stabilisce che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento connesse alla coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

L'articolo 2514 del Codice Civile definisce i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente. In particolare, Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

a)    il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b)   il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c)    il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d)   l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.


 

Articolo 107
(Tassa automobilistica per veicoli in locazione
a lungo termine senza conducente)

 

 

L’articolo 107 proroga dal 31 luglio al 31 ottobre 2020 il termine per il versamento della tassa automobilistica, senza l'applicazione di sanzioni e interessi, per i veicoli concessi in locazione a lungo termine senza conducente. Chiarisce inoltre che tale termine riguarda i periodi tributari in scadenza nei primi nove mesi del 2020, in luogo del primo semestre 2020.

Si posticipa dal 30 aprile al 30 settembre 2020 il termine per l’emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che disciplina le modalità di l'acquisizione dei dati necessari all'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento della tassa automobilistica sui predetti veicoli.

 

In via preliminare si ricorda che il c.d. decreto fiscale 2019 (decreto legge n. 124 del 2019) ha introdotto alcune novità in materia di tassa automobilistica in caso di locazione a lungo termine di veicoli senza conducente. In particolare l’articolo 53, comma 5-ter (modificando l'articolo 7 della legge 23 luglio 2009, n.?99, in materia di riscossione della tassa automobilistica) ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, gli utilizzatori di veicoli in locazione a lungo termine senza conducente, sulla base del contratto annotato nell’archivio nazionale dei veicoli sono tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale con decorrenza dalla data di sottoscrizione del contratto e fino alla scadenza del medesimo.

In sostanza, dal 1° gennaio 2020 la tassa automobilistica dei veicoli noleggiati con contratti di durata superiore a 12 mesi deve essere pagata dai locatari e non più dalle società di noleggio a lungo termine. Il versamento della tassa andrà alle regioni in cui hanno sede le aziende o in cui risiedono i privati che hanno sottoscritto il contratto di noleggio, invece che nelle regioni in cui sono immatricolati i veicoli.

Il pagamento della tassa automobilistica da parte degli utilizzatori di veicoli in locazione a lungo termine, di durata pari o superiore a dodici mesi, senza conducente, è possibile solo a seguito di trasmissione in formato elettronico al ruolo regionale della tassa automobilistica dei dati relativi ai contratti annotati nell’archivio nazionale dei veicoli da parte del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici.

 

La disciplina predetta è stata modificata, da ultimo, dall’articolo 1, comma 8-bis del decreto-legge proroga termini (decreto-legge n. 162 del 2019). In particolare, le norme hanno prorogato il termine per il versamento delle somme dovute a titolo di tassa automobilistica in scadenza nel primo semestre 2020 e introdotto nuove modalità di individuazione dei soggetti tenuti al pagamento della tassa automobilistica.

Con riferimento alla riscossione della tassa automobilistica, si è previsto che gli utilizzatori di veicoli in locazione a lungo termine senza conducente possono adempiere all’obbligo del pagamento della tassa automobilistica non più sulla base della comunicazione all'anagrafe nazionale veicoli ma sulla base dei dati acquisiti al sistema informativo Pubblico Registro Automobilistico, secondo le modalità introdotte ai commi 3-ter e 3-quater dell’articolo 7, anch’essi introdotti dal medesimo decreto-legge n. 162 del 2019.

Il comma 3-bis dell’articolo 7, con riferimento ai periodi tributari in scadenza nel primo semestre 2020, nella sua formulazione attuale fissa al 31 luglio 2020, per i veicoli concessi in locazione a lungo termine senza conducente, il termine per il versamento delle somme dovute a titolo di tassa automobilistica senza l'applicazione di sanzioni e interessi.

Il comma 3-ter stabilisce che per i periodi tributari in scadenza nel primo semestre 2020 i dati necessari all'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento della tassa automobilistica sono acquisiti a titolo non oneroso, secondo le modalità di cui al successivo comma 3-quater, al sistema informativo del Pubblico Registro Automobilistico e confluiscono negli archivi dell'Agenzia delle entrate, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano al fine di consentire il corretto svolgimento dell'attività di gestione della tassa automobilistica.

Il comma 3-quater prevede che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 30 aprile 2020, sentito il gestore del sistema informativo del Pubblico Registro Automobilistico e l'Agenzia delle entrate, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalità operative per l'acquisizione dei dati di cui al comma 3-ter, anche attraverso il coinvolgimento e la collaborazione delle associazioni rappresentative delle società di locazione a lungo termine. Tale decreto non risulta ancora emanato.

 

Per effetto delle norme in esame, con una modifica al citato comma 3-bis, si proroga dal 31 luglio al 31 ottobre 2020 il termine per il versamento della tassa automobilistica, senza l'applicazione di sanzioni e interessi, per i veicoli concessi in locazione a lungo termine senza conducente. Si chiarisce inoltre che tale termine riguarda i periodi tributari in scadenza nei primi nove mesi del 2020, in luogo del primo semestre 2020.

Viene poi posticipato dal 30 aprile al 30 settembre 2020 il termine per l’emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che disciplina le modalità di acquisizione dei dati (di cui al comma 3-ter) necessari all'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento della tassa automobilistica sui predetti veicoli, ai sensi della nuova disciplina.

In attuazione di quanto disposto dal presente comma è stato emanato il Decreto 28 settembre 2020, recante Modalità operative per l'acquisizione dei dati necessari all'individuazione dei soggetti tenuti al pagamento della tassa automobilistica per i veicoli concessi in locazione a lungo termine senza conducente.

 


 

Articolo 108
(Maggiorazione ex-Tasi)

 

 

L’articolo 108 chiarisce che la maggiorazione dell’IMU sulle abitazioni principali di lusso, sui fabbricati merce e sui fabbricati appartenenti al gruppo catastale D, per i comuni che l’hanno già adottata e confermata negli anni precedenti, non può eccedere lo 0,08 per cento.

 

In particolare, il comma 1 - con una modifica alla legge di bilancio per il 2020 - precisa la misura aggiuntiva massima della maggiorazione dell’aliquota IMU dello 0,08 per cento.

 

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 hanno riformato l'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L'aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. In particolare, con deliberazione del consiglio comunale, i comuni possono aumentarla sino all'1,06 per cento o diminuirla fino all'azzeramento. Ulteriori aliquote sono definite nell'ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

In tale ambito viene concesso ai comuni che hanno già esercitato tale facoltà (ai sensi del comma 677 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147) di aumentare ulteriormente l’aliquota massima dell’1,06 per cento sino all’1,14 per cento, a decorrere dall’anno 2020, nella stessa misura applicata per l'anno 2015 e confermata nel tempo. Detti enti possono negli anni successivi ridurre l’aliquota perdendo però definitivamente la possibilità di variarla nuovamente in aumento (comma 755).

Si ricorda che il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) ha previsto per i comuni, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali di lusso), la possibilità di adottare una maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,08 per cento a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.

Tale norma è stata prorogata nel tempo e, da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha consentito ai comuni di confermare, anche per l’anno 2019 e 2020, la maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera consiliare (articolo 1, comma 1133, lettera b)).

 

Con la modifica in esame si precisa quindi, che la maggiorazione dell’aliquota non può eccedere l’aliquota massima aggiuntiva dello 0,08 per cento.

La modifica ha lo scopo di definire puntualmente la quota aggiuntiva della maggiorazione, che deve corrispondere allo 0,08 per cento oltre l’aliquota di base fissata dal comune.

La norma attuale, invece, definisce la maggiorazione come aliquota massima complessiva dell’1,14 (cioè 10,6 più 0,08 per cento), potendo quindi ingenerare confusione rispetto alla facoltà attribuita ai comuni di manovrare tale maggiorazione, qualora non sia stata definita l’aliquota massima del 10,6 ma si intenda comunque applicare la predetta maggiorazione.

 


 

Articolo 109
(Proroga esonero Tosap e Cosap)

 

 

L’articolo 109 reca la proroga di due mesi (dal 31 ottobre al 31 dicembre 2020) di termini previsti da talune disposizioni inerenti all'esonero del pagamento della Tosap e della Cosap, alle concessioni di suolo pubblico e alla posa di strutture amovibili. La disposizione mira a favorire la ripresa delle attività turistiche.

In particolare la norma esonera - dal 1° maggio al 31 dicembre 2020 - gli esercizi di ristorazione e di somministrazione di pasti e di bevande dal pagamento della tassa o del canone dovuti per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap e Cosap).

Con modifiche approvate dal Senato, si estende al 15 ottobre 2020 (dal 30 aprile) l'esonero del pagamento delle somme dovute dai titolari di concessioni o di autorizzazioni relative all'utilizzo di suolo pubblico per l'esercizio di attività commerciali. Viene quindi incrementata la dotazione del fondo per il ristoro ai comuni delle minori entrate derivanti da questa estensione dell'esonero Tosap e Cosap.

La norma in esame prevede, inoltre, procedure semplificate, in via telematica, per la presentazione di domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse nel medesimo periodo (quindi dal 1° maggio al 31 dicembre 2020).

Infine, per assicurare il rispetto delle misure di distanziamento, si prevede che la posa di strutture amovibili in spazi aperti (da parte dei medesimi soggetti individuati destinatari dei benefici in materia di Tosap e Cosap) non sia soggetta, a determinate condizioni, a talune autorizzazioni e al rispetto di termini temporali previsti dalla legislazione vigente. La presente disposizione si applica non oltre il medesimo termine del 31 dicembre 2020.

 

Il comma 1, dell’articolo in esame, novella i commi 1, 1-bis, 1-quater, 2 e 3 dell'articolo 181 del decreto-legge n. 34 del 2020 (convertito dalla L. n. 77 del 2020).

 

In particolare, ai sensi del comma 1, lettera a), alcuni esercizi di ristorazione e di somministrazione di cibi e bevande (v. infra) sono esonerati, dal 1° maggio al 31 dicembre 2020, dal pagamento:

§  della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) di cui al Capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507;

§  dal canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

A tal fine, l'articolo in esame modifica l'art. 181, comma 1, del D.L. n. 34 del 2020, il quale si applica alle diverse tipologie di esercizi elencate dall'art. 5, comma 1, della legge n. 287 del 1991. Si tratta di:

a)   esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)   esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)   esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)   esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

 

Durante l'esame presso il Senato è stata inserita una lettera a-bis) recante ulteriore novella al comma 1-bis dell'art. 181 citato. Tale comma - in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - prevede che i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), siano esonerati dal 1° marzo 2020 fino al 30 aprile 2020 dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche, di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e del canone di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997. n. 446. Con la modifica in esame viene esteso tale esonero al 15 ottobre 2020.  Si ricorda che il comma 1-ter dell'art. 181 D.L. 34/2020 dispone il rimborso delle somme versate nel periodo di cui al comma l-bis. Per effetto delle modifiche approvate dal Senato, quindi, dovranno essere rimborsate le somme eventualmente versate nel periodo 1° marzo-15 ottobre 2020.

Inoltre, il comma 1-quater dell'art. 181 prevede l'istituzione di un Fondo per ristorare i comuni delle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter. La dotazione del Fondo, pari a di 12,5 milioni di euro per l'anno 2020, viene qui incrementata a 46,88 milioni di euro, sempre per il 2020 (nuova lettera a-ter) introdotta dal presente articolo).

Si segnala che l'art. 64, comma 5-bis, del presente provvedimento, introdotto dal Senato, fissa il termine temporale per l'adozione del decreto ministeriale di tali risorse tra gli enti interessati (cfr. la relativa scheda).

 

Il richiamato articolo 45 del D.Lgs. n. 507 del 1993 disciplina le occupazioni temporanee di spazi e aree pubbliche, nel qual caso la tassa è commisurata alla effettiva superficie occupata ed è graduata in rapporto alla durata delle occupazioni medesime. L’articolo 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997 si riferisce invece al canone per l’occupazione dei medesimi spazi e aree, che consente a comuni e province di prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree.

 

Il novellato art. 181, comma 1, del decreto-legge n. 34 specifica che si tiene conto di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 162 del 2019 (convertito con modificazioni dalla legge n. 8 del 2020) il quale mantiene in vigore, per il 2020, la disciplina relativa alla Tosap e al Cosap.

 

L'art. 1, comma 847, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019) ha abrogato l'intero Capo II del d.lgs. n. 507 del 1993 (concernente la Tosap) e l’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 (in materia di Cosap) a decorrere dal 1° gennaio 2020. Tuttavia, l'art. 4, comma 3-quater, D.L. n. 162 del 2019 (c.d. decreto fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8 del 2020) prevede che tali abrogazioni non abbiano effetto, limitatamente all'anno 2020.

Si rammenta che tali abrogazioni si iscrivono in una riforma complessiva prevista dai commi da 837 a 847, i quali istituiscono il canone unico patrimoniale di concessione per l’occupazione nei mercati, che dal 2021 sostituisce la Tosap, il Cosap e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, la Tari.

Per approfondimenti, si veda la scheda relativa all'art. 1, commi 816-847, nel vol. III del dossier sulla legge di bilancio 2020.

 

Ai sensi del comma 2 dell'art. 181 del D.L. n. 34, a far data dal 1° maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020 (secondo la novella di cui al comma 2 dell'art. 109 in esame), le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse sono presentate in via telematica, con allegata la sola planimetria. Ciò è posto in deroga alla disciplina sullo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) di cui al d.P.R. n. 160 del 2010, il quale reca puntuali prescrizioni in merito alla presentazione in via telematica delle domande indirizzate al SUAP medesimo[59].

Si prevede inoltre l'esenzione dall'imposta di bollo (di cui al d.P.R. n. 642 del 1972).

 

Il comma 3 dell'art. 181 stabilisce che, non oltre il 31 dicembre 2020 (secondo la novella in parola) i medesimi soggetti di cui al comma 1 (v. supra) possono effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, al solo fine di favorire il rispetto delle disposizioni sul distanziamento. Tali elementi dovranno comunque essere funzionali alle attività (ristorazione, somministrazione di alimenti e bevande e simili) previste dall'art. 5 della legge n. 287 del 1991.

La posa di tali opere amovibili non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio").

 

L'art. 21 del Codice disciplina le autorizzazioni necessarie alla realizzazione di interventi su beni culturali ivi elencati. Tenuto conto della disposizione in esame, sembra pertinente la disposizione di cui al comma 4 secondo la quale "l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente" in relazione alla collocazione di opere amovibili in spazi di interesse culturale.

L’art. 146 del Codice riguarda l'autorizzazione paesaggistica e prevede un regime ordinario e un regime semplificato per interventi di lieve entità. Tale autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio (art. 146, comma 4).

 

Il comma 2 dell'articolo 109 in esame incrementa di 42,5 milioni di euro il fondo destinato a provvedere al ristoro dei comuni, in vista delle minori entrate a seguito dell'esonero dal pagamento di Tosap e Cosap. Tale fondo è stato istituito dal comma 5 dell'art. 181 del decreto-legge n. 34 del 2020.

Alla ripartizione di tale incremento si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Si rammenta che il comma 5 dell'art 181 del D.L. n. 34 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 127,5 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a provvedere al ristoro dei comuni, in vista delle minori entrate a seguito dell'esonero dal pagamento di Tosap e Cosap disposti dal comma 1 del medesimo articolo 181, demandando la ripartizione ad un decreto ministeriale.

 

All’onere derivante dall'incremento del fondo (come detto, pari a 42,5 milioni di euro) si provvede ai sensi dell'articolo 114 del presente decreto-legge, nel testo originario.

A seguito delle modifiche approvate dal Senato, si prevede conseguentemente la modifica anche delle disposizioni di copertura dell'onere relativo all’ applicazione del presente articolo, quantificato in 76,88 milioni di euro. Vi si provvede:

§  quanto a 42,5 milioni si provvede ai sensi dell'articolo 114 (come nel testo originario del decreto-legge in esame);

§  quanto a 34,38 mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (di cui all'articolo 114, comma 4; cfr. la relativa scheda).

 

 

 


 

Articolo 110
(Rivalutazione beni d’impresa)

 

 

L’articolo 110 prevede, a favore delle società di capitali e degli enti commerciali che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilita? di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento; il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni può essere riconosciuto mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

Nel corso dell’esame al Senato è stata chiarita l’operatività della rivalutazione per le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare: queste possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, a specifiche condizioni.

 

In particolare, il comma 1 consente alle imprese assoggettata a IRES e, più in particolare, alle società di capitali e agli enti commerciali (indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019, anche in deroga alle disposizioni del codice civile e alle norme speciali, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa (cd. immobili merce), mediante il pagamento di una imposta sostitutiva.

La norma si applica ai soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR: societa? per azioni e in accomandita per azioni, societa? a responsabilita? limitata, societa? cooperative e societa? di mutua assicurazione, societa? europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, societa? cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; enti pubblici e privati diversi dalle societa?, nonche? i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita? commerciali.

 

La rivalutazione avviene anche in deroga ai vincoli giuridici disposti dall'articolo 2426 del codice civile e da altre disposizioni normative.

Tali vincoli sono posti al fine di evitare che gli amministratori perseguano comportamenti opportunistici, volti ad accrescere o ridurre il patrimonio aziendale rispetto al valore che risulterebbe dall'applicazione di princi?pi di valutazione convenzionalmente accettati, utilizzati per conferire omogeneita? alle determinazioni quantitative d'azienda. In generale, i beni destinate a partecipare per piu? esercizi all'attivita? produttiva (immobilizzazioni) devono essere iscritti in base al costo di acquisto o di produzione, e sistematicamente ammortizzati, per cui una quota del loro valore deve essere sottratta in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilita? di utilizzazione. Con riferimento alle partecipazioni in societa? nei confronti delle quali viene esercitata un'influenza dominate o notevole (rispettivamente controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile), in alternativa al criterio del costo, il codice consente di iscrivere le attivita? per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai princi?pi di redazione del bilancio consolidato e dagli articoli 2423 e 2423-bis del codice civile. L'avviamento (se acquisito a titolo oneroso), i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilita? pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo. Le attivita? finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte all'equo valore di mercato (fair value). Le altre attivita? che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritte in base al costo di acquisto o, in alternativa, al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 1070 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha introdotto nel decreto legislativo n. 38 del 2005 un nuovo articolo 2-bis, in base al quale i soggetti che in precedenza erano obbligatoriamente tenuti ad applicare, nella redazione dei propri bilanci, i principi contabili internazionali possono applicare tali principi in via facoltativa se non hanno titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato. Ai sensi del successivo comma 1071, questa facolta? decorre dall'esercizio precedente all'entrata in vigore della nuova norma (vale a dire, l’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2018). Per i soggetti che avessero adottato tale opzione facoltativa, tra i quali anche banche e altri intermediari vigilati, la possibilita? di rivalutare i propri attivi sarebbe effettuata in deroga, oltre che all'articolo 2426 del codice civile, anche alla legislazione speciale in materia di redazione del bilancio.

 

Il comma 2 chiarisce che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (di cui al comma 1), può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa.

 

Per effetto delle modifiche apportate al Senato è stata precisata l’operatività della rivalutazione per le imprese che hanno l'esercizio non coincidente con l'anno solare.

Queste ultime, con le modifiche proposte, possono eseguire la rivalutazione nel bilancio- o rendiconto relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (ovvero l’esercizio relativo all’anno precedente), ove approvato successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Tale facoltà è concessa a condizione che i beni d'impresa e le partecipazioni che si intende rivalutare risultino dal bilancio dell'esercizio precedente.

 

La norma (comma 3) prevede che il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento, da versare con le modalita? indicate al successivo comma 6.

Ai sensi del comma 4, il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

 

Il comma 5 disciplina il caso in cui i beni oggetto della rivalutazione siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. La norma specifica che nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione al socio di destinazione a finalita? estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione e? stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

 

Il comma 6  consente di versare le imposte sostitutive disciplinate dai commi 3 e 4 in un massimo di tre rate.

La prima rata ha scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione recate dal decreto legislativo n. 241 del 1997 (articoli dal 17 al 23).

 

Il comma 7 stabilisce l'applicabilita?, in quanto compatibili, di norme adottate con riferimento a esercizi precedenti in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342 del 2000 e dei relativi decreti attuativi (decreti del Ministro delle finanze n. 162 del 2001, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86 del 2001), nonche? dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

In particolare, il richiamo all'articolo 15 della legge n. 342 prevede l'applicabilita? delle norme sulla rivalutazione, per i beni relativi alle attivita? commerciali esercitate, anche alle imprese individuali, alle societa? in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, agli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivita? commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonche? alle societa? e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno consentito alle imprese la facolta? di effettuare la rivalutazione dei beni iscritti nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002 attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio era diretta l’attivita? dell’impresa. Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le societa? di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le societa? di persone, con la sola esclusione delle societa? semplici, nonche? le societa?, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitavano attivita? commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15). La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione. L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione. Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata. Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalita? della norma consiste nell'escludere la possibilita? che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente assoggettate all'imposizione fiscale: il medesimo articolo 13 dispone infatti che, nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della societa? sia quello dei soci; a tal fine e? riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva e? utilizzata per la copertura di perdite, non e? possibile dar luogo a distribuzione di utili prima di aver reintegrato la riserva medesima. L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento). In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta. L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalita? di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15. A cio? si e? provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005 disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione. Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della societa? e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva e? indeducibile e puo? essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

Il comma 8 prevede che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall'articolo 14, comma 1 della legge n. 342 del 2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai princi?pi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

L’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva di cui al già menzionato comma 4, e? vincolata una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali che puo? essere affrancata versando l'imposta sostitutiva sul saldo attivo cumulativo della rivalutazione.

 

Ai sensi del comma 9, agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 74,8 milioni di euro per l'anno 2022, 254,3 milioni di euro per l'anno 2023, 172 milioni di euro per l'anno 2024 e 176,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, si provvede ai sensi dell'articolo 114, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Si ricorda in questa sede che l’articolo 12-ter del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 ha prorogato il termine per la effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del 12 per cento per i beni ammortizzabili e del 10 per cento per i beni non ammortizzabili. In particolare, la disposizione consentiva di effettuare tale rivalutazione nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 o al 31 dicembre 2021; precisava, per i beni immobili, il termine da cui decorre – a fini fiscali e contabili - il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio. Si rinvia al dossier di documentazione sul decreto-legge n. 23 del 2020 per ulteriori informazioni.

L’articolo 6-bis del medesimo decreto-legge consente alle imprese e agli enti operanti nei settori alberghiero e termale che non adottano i principi contabili internazionali di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

La norma stabilisce che sui maggiori valori dei beni e delle partecipazioni iscritti in bilancio non e? dovuta alcuna imposta sostitutiva od altra imposta e che il saldo attivo della rivalutazione puo? essere affrancato, in tutto o in parte, con l'applicazione in capo alla societa? di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita? produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

L'articolo 136-bis del decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) consente alle cooperative agricole a mutualita? prevalente e ai loro consorzi di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto di specifiche condizioni, fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti, senza versare imposte sostitutive.


 

Articolo 111
(Riscossione diretta società in house)

 

 

L’articolo 111 modifica la disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, ai sensi della quale tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscono direttamente alla tesoreria dell’ente.

Con le modifiche in esame si dispone che sono equiparati ai versamenti effettuati direttamente a favore dell’ente affidatario quelli effettuati alle cd. società pubbliche che esercitano in house l’attività di riscossione.

Sono dunque esclusi dalla disciplina dei versamenti diretti quelli effettuati alle società miste pubblico-private, affidatarie delle attività di accertamento e riscossione delle entrate dell’ente locale.

 

In via preliminare si ricorda che la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 786-815 della legge n. 160 del 2019) ha complessivamente riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l’esercizio della potestà impositiva, fermo restando l’attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali.

In sintesi, il provvedimento, dal 1° gennaio 2020, ha:

§  modificato la disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, prevedendo che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell’ente;

§  disciplinato in modo sistematico l’accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;

§  introdotto anche per gli enti locali l’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l’accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data;

§  novellato la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;

§  in assenza di regolamentazione da parte degli enti, disciplinato puntualmente la dilazione del pagamento delle somme dovute;

§  istituito una sezione speciale nell’albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali;

§  previsto la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l'ingiunzione o l’atto esecutivo.

§  Per ulteriori informazioni di dettaglio si rinvia al dossier di documentazione sulla legge di bilancio 2020.

 

Le norme in esame modificano in particolare la richiamata disciplina sul versamento diretto, novellando il comma 786 della legge di bilancio 2020.

 

Il comma 786 ha modificato nel dettaglio l’articolo 2-bis, comma 1 del decreto-legge n. 193 del 2016. Tale norma chiarisce che il versamento spontaneo delle entrate tributarie dei comuni e degli altri enti locali deve essere effettuato direttamente sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore ovvero sui conti correnti postali ad esso intestati, o mediante il sistema dei versamenti unitari (F24, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori.

Si prevede che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell’ente. Inoltre, tra gli strumenti a disposizione del soggetto passivo per il versamento delle somme dovute si aggiunge anche la piattaforma PagoPA, di cui all’art. 5 del d.lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’Amministrazione digitale).

Nella sua formulazione previgente, la norma disponeva che i versamenti effettuati alle società miste pubblico-private, affidatarie delle attività di accertamento e riscossione delle entrate dell’ente locale (di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b) punto 4) del D.Lgs. n. 446 del 1997) fossero equiparati a quelli effettuati direttamente a favore dell’ente affidatario.

 

Il richiamato articolo 52, comma 5, lettera b), al punto 4 fa riferimento alle società miste pubblico-private (articolo 113 TUEL) iscritte nell'albo dei soggetti affidatari della gestione delle entrate locali, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra i soggetti iscritti all’albo ovvero tra operatori comunitari (in presenza delle condizioni di legge), a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica.

 

Con le modifiche in esame si dispone che sono equiparati ai versamenti effettuati direttamente a favore dell’ente affidatario quelli effettuati alle cd. società interamente pubbliche che esercitano in house l’attività di riscossione delle entrate locali (di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b, punto 3 del D.Lgs. n. 446 del 1997).

Si tratta della società a capitale interamente pubblico affidatarie del servizio di riscossione mediante convenzione, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla.

Per effetto delle norme in esame sono conseguentemente esclusi da tale equiparazione, e dunque dalla disciplina del versamento diretto, i versamenti effettuati alle società miste pubblico-private, affidatarie delle attività di accertamento e riscossione delle entrate dell’ente locale (di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b) punto 4).

 

Viene conseguentemente corretto un riferimento contenuto nel comma 788 della legge di bilancio 2020. Il comma 788 chiarisce che il versamento diretto delle entrate degli enti locali non può essere effettuato a favore degli affidatari del servizio di riscossione delle entrate locali (soggetti individuati dall’art. 52, comma 5, lettera b) del d.lgs. n. 446 del 1997).

Con le modifiche in esame, la limitazione viene applicata a tutte le società miste pubblico-private iscritte nell'albo dei soggetti affidatari della gestione delle entrate locali di cui al richiamato articolo 52, comma 5, lettera b), ai punti 1-2-4; sono quindi escluse dalla limitazione le società pubbliche affidatarie di tali servizi (di cui al punto 3), affinché possano continuare a incassare direttamente le entrate di loro competenza.

 


 

Articolo 112
(Elevamento per il 2020 del limite di esenzione dall’IRPEF per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore)

 

 

L’articolo 112 prevede il raddoppio, per il solo periodo di imposta 2020, del limite di esenzione dall’IRPEF per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore; tale limite viene quindi elevato, per il suddetto periodo di imposta, da 258,23 euro a 516,46 euro[60]. Resta fermo il principio che, qualora il valore complessivo dei suddetti beni e servizi sia superiore al limite, l’intero valore concorre a formare il reddito imponibile.

 

La norma di elevamento transitorio in esame - così come alcuni passaggi della relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[61] - fa letteralmente riferimento alle aziende e ai lavoratori dipendenti. Si valuti l’opportunità di chiarire se l’elevamento riguardi anche i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle aziende e se esso concerna anche i redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, per i quali ultimi opera la norma di rinvio generale di cui all’articolo 52, comma 1, alinea, del testo unico delle imposte sui redditi (di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

Si ricorda che rientrano nella nozione di reddito di lavoro anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore o ai familiari indicati nell'articolo 12 del suddetto testo unico, e successive modificazioni, nonché i beni e i servizi per i quali venga attribuito il diritto di ottenerli da terzi.

Dall’ambito in esame sono in ogni caso esclusi i beni e i servizi che, ai sensi dei commi 2 e 2-bis dell’articolo 51 del medesimo testo unico, e successive modificazioni, non rientrano nella nozione di reddito di lavoro[62].

Riguardo alla determinazione del valore dei beni e dei servizi, ai fini sia del calcolo del limite summenzionato sia dell’eventuale determinazione della base imponibile (per i casi di superamento del medesimo limite):

§  trovano applicazione - fatte salve le disposizioni successivamente menzionate - le norme generali sul valore normale dei beni e dei servizi poste dall'articolo 9 del suddetto testo unico, e successive modificazioni;

§  il comma 3 del citato articolo 51 del testo unico specifica che il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai lavoratori è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista;

§  per le fattispecie concernenti uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario, si applicano le norme specifiche di cui al comma 4 del citato articolo 51 del testo unico, e successive modificazioni.

 

Si ricorda inoltre (con riferimento ai lavoratori dipendenti privati) che, ai sensi dell’articolo 1, comma 184, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, le esenzioni di cui ai citati commi 3 e 4 dell’art. 51 del testo unico si applicano, nei medesimi limiti ivi previsti, anche qualora i beni e i servizi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione (parziale o totale) degli emolumenti retributivi di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, o in sostituzione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

 

Gli oneri derivanti dal presente articolo 112 sono valutati pari a 12,2 milioni di euro per il 2020 ed a 1,1 milioni per il 2021. Alla copertura finanziaria di tali oneri si provvede ai sensi delle disposizioni di cui al successivo articolo 114.

 


 

Articolo 113
(Modifica dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 49 del 2020)

 

 

L’articolo 113 modifica l'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 49 del 2020, chiarendo che l’istanza di apertura di procedura amichevole di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea non può essere presentata qualora sulla questione controversa sia intervenuta una sentenza passata in giudicato.

 

L'articolo in esame reca un intervento correttivo al decreto legislativo n. 49 del 2020, mediante il quale è stata data attuazione alla direttiva UE 2017/1852, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea. In particolare, al comma 3 dell’articolo 3 del decreto, le parole “di merito da parte della commissione tributaria competente” sono sostituite dalle seguenti: “passata in giudicato”.

La citata Direttiva è volta a garantire l'effettiva risoluzione delle controversie relative all'interpretazione e all'applicazione delle convenzioni fiscali bilaterali e della convenzione sull'arbitrato dell'Unione, con particolare riferimento alle doppie imposizioni.

Nel merito, la direttiva ripropone la struttura generale della vigente convenzione n. 90/436/CEE: presentazione dell'istanza da parte del contribuente; valutazione delle Autorità competenti sull'ammissibilità dell'istanza (per l'Italia l'Autorità designata è l'Agenzia delle entrate); raggiungimento entro due anni dell'accordo amichevole volto ad eliminare la doppia imposizione; in mancanza di accordo, previsione di un arbitrato obbligatorio attraverso l'istituzione di una Commissione consultiva con il compito di emanare un parere sulle modalità di risoluzione del caso.

 

L'articolo 3, oggetto della modifica in esame, disciplina la fase di presentazione dell'istanza di apertura della procedura amichevole da parte del soggetto interessato.

L'istanza di procedura amichevole relativa a una questione controversa va presentata all'Agenzia delle entrate e all'Autorità competente degli altri Stati membri entro il termine di tre anni dalla data in cui si è ricevuta la prima notifica dell'atto o di altro documento equivalente, ovvero dalla data in cui si verifica la misura che ha comportato o potrebbe comportare la questione controversa (comma 1). Il comma 2 chiarisce che la presentazione dell'istanza di apertura di procedura amichevole non è preclusa dalle procedure amministrative tributarie che comportano la definitività dell'imposta e non richiede la preventiva instaurazione delle procedure contenziose nazionali. La possibilità di ottenere l'eliminazione della doppia imposizione viene dunque estesa anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale sia già stata oggetto di definizione in via amministrativa.

 

Il comma 3, come modificato dall'articolo in esame, esclude che possa essere presentata l'istanza qualora sulla questione controversa sia intervenuta una sentenza "passata in giudicato" (e non una sentenza di merito da parte della Commissione tributaria competente) o una decisione del giudice a seguito di conciliazione.

 

Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa del Governo, la modifica elimina un "errore materiale relativo alla mancata modifica della formulazione di detto comma 3 in corrispondenza alle modifiche sulla stessa questione apportate (...) in sede di approvazione definitiva del provvedimento da parte del Consiglio dei Ministri."

Tali modifiche, che hanno recepito una osservazione formulata dalle Commissioni parlamentari, in coerenza con il dettato della direttiva, hanno chiarito che l’istanza di apertura di procedura amichevole non può essere presentata qualora sulla questione controversa sia intervenuta, appunto, una sentenza passata in giudicato.

 


 

Articolo 113-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L'articolo 113-bis, introdotto in Senato, prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[63].

 

La disposizione in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

 

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

 


 

Capo VIII – Disposizioni finali e copertura finanziaria

Articolo 114
(Norma di copertura)

 

 

L’articolo 114 provvede, in primo luogo, a precisare che gli effetti finanziari del decreto sono coerenti con l’autorizzazione al ricorso al maggiore indebitamento approvata il 29 luglio 2020 dalle Camere. Oltre a disporre l'utilizzo di una quota del margine disponibile risultante dall'attuazione del decreto-legge n. 34 del 2020, si incrementa il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario e si sostituisce, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020, in cui tali livelli sono riportati, con l'allegato al presente decreto-legge (comma 1).

L’articolo dispone, inoltre, l'innalzamento da 148.330 a 215.000 milioni di euro dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, per l'anno 2020, (comma 2) e la rideterminazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del maggiore ricorso all’indebitamento (comma 3).

Viene incrementata la dotazione del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (comma 4).

Il comma 5 indica la copertura finanziaria degli oneri del provvedimento.

Il comma 6 reca la disciplina delle procedure di monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste nel decreto e di compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari rispetto alle previsioni di spesa.

Il comma 7 dispone il trasferimento tempestivo, dal bilancio dello Stato all’INPS, delle risorse relative alle misure la cui attuazione compete all’INPS.

Viene inoltre modificato il meccanismo di contabilizzazione delle risorse erogate all’Italia dall’Unione Europea o dalle sue Istituzioni finalizzate ad affrontare la crisi per l’emergenza sanitaria connessa alla Covid-19 in relazione alla natura di prestito o contributo a fondo perduto delle risorse medesime (comma 8).

Per garantire l'immediata attuazione delle disposizioni, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato, infine, ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria (comma 9).

 

Commi 1-3: Effetti finanziari del provvedimento

Nel dettaglio, il comma 1 precisa innanzitutto che gli effetti finanziari del presente decreto sono coerenti con l'autorizzazione al ricorso all'indebitamento approvata il 29 luglio 2020 dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica  con le Risoluzioni di approvazione della Relazione al Parlamento presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012.

 

Si rammenta che la Relazione al Parlamento del 22 luglio 2020 reca la richiesta di un aggiornamento del piano di rientro verso l’Obiettivo di medio termine (OMT) ulteriore rispetto a quelli approvati dalle Camere a marzo e aprile scorso.

In particolare, gli importi autorizzati da ultimo dalle Camere in termini di maggiore indebitamento sono pari, includendovi i maggiori interessi passivi, a quanto riportato nella seguente tabella:

 

Maggiore indebitamento netto autorizzato

(miliardi di euro)

2020

2021

2022

2023

2024

2025

dal 2026

25

6,1

1

6,2

5

3,3

1,7

 

Considerata la natura degli interventi programmati, l’effetto sul fabbisogno delle amministrazioni pubbliche è di 32 miliardi di euro nel 2020 e pari a quello sull’indebitamento netto in ciascuno degli anni successivi.

In termini di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato (SNF), in termini di competenza e in termini di cassa, sono stati autorizzati i seguenti importi:

 

Incremento del saldo netto da finanziare autorizzato

(miliardi di euro)

2020

2021

2022

2023

2024

2025

dal 2026

32

7,0

2,5

5,3

4,8

3,3

1,7

 

Considerata la richiesta di autorizzazione all’indebitamento formulata con questa Relazione, il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è fissato all’11,9% del PIL nel 2020.

Il nuovo livello del debito pubblico si attesta al 157,6% del PIL nel 2020.

Per ulteriori dettagli sul contenuto della Relazione al Parlamento dello scorso luglio, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 16 curata dai Servizi di documentazione della Camera e del Senato. Per una illustrazione delle due precedenti Relazioni (marzo e aprile), si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 15 curata dai Servizi di documentazione della Camera e del Senato.

 

Con la legge rinforzata n. 243 del 2012 è stata data attuazione al nuovo articolo 81 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.

L’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, in linea generale, che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali (comma 1).

La disposizione considera eventi eccezionali “periodi di grave recessione economica” ed “eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese” (comma 2).

In tali casi sono consentiti scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine (comma 3).

Il comma 5, in particolare, prevede che il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine possa essere aggiornato (con le modalità di cui al comma 3) “al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali” ovvero qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

Le medesime procedure di cui al comma 3 si applicano altresì (comma 6) qualora il Governo intenda ricorrere all'indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie al fine di fronteggiare gli eventi straordinari di cui al comma 2.

 

Il comma 1 evidenzia inoltre che il presente decreto utilizza una quota, pari a 10 milioni di euro per l’anno 2028 in termini di fabbisogno e indebitamento netto e a 90 milioni di euro per l’anno 2029 e a 120 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035, del margine disponibile risultante a seguito dell'attuazione del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. "Rilancio") convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, rispetto al ricorso all'indebitamento autorizzato con le Risoluzioni di approvazione delle Relazioni al Parlamento presentate ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.

 

Per un dettagliato riepilogo delle risorse autorizzate con le risoluzioni delle Camere sulle precedenti due relazioni al Parlamento (marzo e aprile 2020) e degli impieghi recati dai decreti legge n. 18 (c.d. "Cura Italia") e n. 34 (c.d. "Rilancio") del 2020, si rinvia alla Documentazione di finanza pubblica n. 15 curata dai Servizi di documentazione della Camera e del Senato.

 

Il comma 1, infine, sostituisce l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'Allegato 1 annesso al presente decreto, riportato di seguito.

 

Nuovo allegato 1 alla legge di bilancio per il 2020 (legge n.160 del 2019)

 

(milioni di euro)

RISULTATI DIFFERENZIALI

- COMPETENZA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-336.000

-89.950

-74.900

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

594.840

344.816

338.750


- CASSA -

Descrizione risultato differenziale

2020

2021

2022

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-384.000

-142.950

-124.900

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

642.840

397.816

388.750

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Si ricorda che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), l'articolo 1 della legge di bilancio 2020 determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.?

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

L’allegato 1 all’articolo 1, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) era già stato sostituito dall’articolo 126, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 e, successivamente, dall'articolo 265, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020, come illustrato nella tabella seguente (in neretto le cifre modificate da ciascun provvedimento).

Livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato stabiliti dalla legge di bilancio 2020, dal decreto-legge n. 18 del 2020 e dal decreto-legge n. 34 del 2020

(milioni di euro)

 

 

2020

2021

2022

Legge di bilancio 2020

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-79.500

-56.500

-37.500

Cassa

-129.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

314.340

311.366

301.350

Cassa

363.840

364.366

351.350

D.L. n. 18/2020

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-104.500

-56.500

-37.500

Cassa

-154.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

339.340

311.366

301.350

Cassa

388.840

364.366

351.350

D.L. n. 34/2020

Livello massimo del saldo netto da finanziare

Competenza

-259.830

-82.950

-72.400

Cassa

-309.330

-135.950

-122.400

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario

Competenza

494.670

337.816

336.250

Cassa

544.170

390.816

386.250

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 2 aumenta di 66.670 milioni di euro (da 148.330 a 215.000 milioni) l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l’anno 2020, rispetto al livello stabilito dalla legge di bilancio per il 2020 nello Stato di previsione del MEF, come da ultimo modificato dall'articolo 265, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020 e, precedentemente, dall’articolo 126, comma 3, del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Si ricorda che, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 21, comma 11-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), la legge di bilancio per il 2020 ha stabilito il livello massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, in un importo pari a 58.000 milioni di euro per l’anno 2020 (articolo 3, comma 2). Tale livello è stato innalzato prima dal decreto-legge n. 18 del 2020 (articolo 126, comma 2), per l'anno 2020, fino a 83.000 milioni di euro e, successivamente, dal decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 265, comma 2) fino a 148.330 milioni di euro.

 

Il comma 3 ridetermina gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento di cui al comma 1, primo periodo:

-         in termini di saldo netto da finanziare (SNF) e fabbisogno, nel limite massimo di 3 milioni di euro per l’anno 2020, 360 milioni nel 2021, 470 milioni nel 2022, 505 milioni nel 2023, 559 milioni nel 2024, 611 milioni nel 2025, 646 milioni nel 2026, 702 milioni nel 2027, 782 milioni nel 2028, 821 milioni nel 2029 e 870 milioni annui a decorrere dal 2030;

-         in termini di indebitamento netto, nel limite massimo di 84 milioni di euro per l'anno 2020, 445 milioni nel 2021, 518 milioni nel 2022, 569 milioni nel 2023, 629 milioni nel 2024, 678 milioni nel 2025, 733 milioni nel 2026, 790 milioni nel 2027, 860 milioni nel 2028, 890 milioni nel 2029 e 948 milioni annui a decorrere dall'anno 2030.

 

Comma 4: Rifinanziamento di fondi

Il comma 4 incrementa il Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 250 milioni di euro per l'anno 2020 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021.

 

Il fondo, istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella legge di bilancio per il 2020 il Fondo presenta una dotazione pari a circa 20,2 milioni di euro nel 2020, 66,2 milioni nel 2021, 121,9 milioni nel 2022. La dotazione del Fondo è stata successivamente incrementata dal decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 265, comma 5) di 475,3 milioni di euro per l'anno 2020, di 67,55 milioni per l’anno 2021 e di 89 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

 

Comma 5: Copertura degli oneri finanziari del provvedimento

Il comma 5 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 12, 15, 17, 18, 20, 22, 24, 27, 29, 32, 34, 35, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 53, 57, 58, 59, 60, 64, 66, 67, 68, 73, 74, 77, 78, 79, 80, 81, 83, 84, 85, 86, 88, 89, 90, 91, 93, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 109, 110, 112 e dai commi 3 e 4 del presente articolo, con esclusione di quelli che prevedono autonoma copertura, come segue:

a)   quanto a 4.482 milioni di euro per l'anno 2021, a 2.487,7 milioni di euro per l'anno 2022, a 196,5 milioni di euro per l'anno 2023, a 66,5 milioni  di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al   2029, a 291,5 milioni di euro per  l'anno 2030, a 1.041,5 milioni di euro per l'anno 2031, a 1.291,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2032 e 2033, a 791,5 milioni di euro per l'anno 2034,  a 66,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2035 al 2040, a 17,251 milioni di euro per l’anno 2041 e a 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2042, che  aumentano,  in  termini  di  fabbisogno  e indebitamento netto, a 402,65 milioni di euro per  l'anno  2020, a 4.808,228 milioni di euro per l'anno 2021, a 2.490,083 milioni di euro per l’anno 2022, a 198,109 milioni di euro per l’anno 2023, a 68,109 milioni  di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2029, a 293,109 milioni di euro per  l'anno 2030, a 1.043,109 milioni di euro per l'anno 2031, a 1.293,109 milioni di euro per ciascuno degli anni 2032 e 2033, a 793,109  milioni di euro per l'anno 2034, a 68,109 milioni  di euro per ciascuno degli anni dal 2035 al 2040, a 18,86 milioni di euro per l’anno 2041 e a 18,109 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2042, mediante corrispondente utilizzo  di  quota parte delle maggiori entrate e delle  minori  spese  derivanti  dagli articoli 6, 7, 24, 27, 29, 32, 35, 37, 41, 45, 46, 48, 57, 92, 95, 97, 98, 100, 110 e 112;

b)   quanto a 41 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di cui all'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (si veda sopra per il rifinanziamento del Fondo);

c)   quanto a 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2041, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008;

d)   mediante il ricorso all'indebitamento di cui al comma 1.

 

Comma 6: Procedura di monitoraggio e compensazione degli eventuali maggiori effetti finanziari

Il comma 6 stabilisce che alle misure previste dal presente decreto si applicano le disposizioni per il monitoraggio e per la compensazione degli eventuali maggiori effetti finanziari di cui all’articolo 265, commi 8 e 9, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020.

 

I commi 8 e 9 dell'articolo 265 del decreto-legge n. 34 del 2020 recano disposizioni per il monitoraggio delle risorse destinate alle misure previste dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, prevedendo, in base agli esiti del monitoraggio, una procedura, in deroga alla legge di contabilità, che consente la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari derivanti dalle previsioni di spesa relative alle predette misure.

In particolare, il comma 8 prevede che le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020 siano soggette ad un monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Sulla base degli esiti del monitoraggio, il comma 8 introduce una procedura (in deroga a quella prevista dall'articolo 17, comma 12-bis, della legge n. 196 del 2009 - legge di contabilità e finanza pubblica) per la compensazione finanziaria degli eventuali maggiori effetti finanziari derivanti dalle previsioni di spesa relative alle predette misure, ivi incluse quelle sottostanti ad autorizzazioni legislative quantificate sulla base di parametri stabiliti dalla legge, che consente al Ministro dell’economia e delle finanze di provvedere, con proprio decreto, sentiti i Ministri competenti, alla riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione del bilancio dello Stato, allo scopo utilizzando le risorse delle predette misure che, all’esito del monitoraggio, risultino non utilizzate.

Nel caso di risorse non utilizzate che risultino trasferite su conti di tesoreria ai fini della gestione, il comma 8 ne prevede, ai fini del loro utilizzo ai fini della compensazione, il versamento all’entrata per la riassegnazione ai pertinenti capitoli di spesa.

Gli schemi di decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da rendere entro sette giorni dalla data di trasmissione, corredati di apposita relazione che espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri previsti dalle predette misure.

Tale procedura di compensazione finanziaria derogatoria della legge di contabilità e finanza pubblica è autorizzata per il solo esercizio finanziario 2020, in ragione dell'emergenza epidemiologica di COVID-19, fermo restando il divieto di utilizzo delle risorse relative a oneri inderogabili[64], nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dall’articolo 21, comma 5, lettera a), della legge di contabilità e finanza pubblica (come peraltro previsto dal predetto comma 12-bis della legge di contabilità medesima).

Per gli anni successivi, pertanto, per la compensazione finanziaria degli oneri derivanti dalle misure predette, si dovrà fare riferimento alla apposita procedura disciplinata dell’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica, per i casi in cui siano in procinto di verificarsi scostamenti degli oneri derivanti dalle leggi di spesa rispetto alle previsioni. Tale procedura prevede che con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, si provveda alla riduzione degli stanziamenti previsti negli stati di previsione (con esclusione delle spese per oneri inderogabili)[65].

Il comma 8, infine, nell’introdurre tale facoltà di compensazione con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze delle risorse autorizzate dai decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020, specifica che resta comunque fermo quanto stabilito dall’articolo 169, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge n.34 del 2020[66].

Il comma 9 prevede che, all'esito del monitoraggio di cui al comma precedente, eventuali risorse relative alle misure di cui al decreti-legge n. 18, 23 e 34 del 2020 non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono versate dai soggetti responsabili entro il 20 dicembre 2020 ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Per ulteriori dettagli su tali procedure di monitoraggio e compensazione dei maggiori effetti finanziari, si rinvia alla scheda relativa all'articolo 265 nel Dossier sul decreto-legge n. 34 del 2020.

Commi 7-9: Ulteriori disposizioni contabili

Il comma 7 dispone che le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo.

 

Il comma 8 novella il comma 11 dell’articolo 265 del decreto-legge n. 34 del 2020, prevedendo che le risorse erogate all'Italia dall'Unione Europea o dalle sue Istituzioni per prestiti e contributi finalizzate ad affrontare la crisi per l'emergenza sanitaria connessa alla epidemia da Covid-19 e le relative conseguenze sul sistema economico sono accreditate:

a)   su apposito conto corrente dedicato, intestato al Ministero dell'economia e delle finanze, RGS-IGRUE, da istituire presso la tesoreria centrale dello Stato, quanto alle risorse versate sotto forma di presiti;

b)   sul conto corrente di Tesoreria n. 23211 intestato a «Ministero del Tesoro - Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE» quanto alle risorse versate a titolo di contributo.

 

Il comma 11 dell'articolo 265 del decreto-legge n. 34 del 2020 previgente stabiliva che il versamento delle risorse suddette avvenisse sul conto corrente di Tesoreria n. 23211 intestato a «Ministero del Tesoro - Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE».

Come chiarito dal Governo nella relazione tecnica, la modifica prevede l’apertura di un conto corrente di tesoreria centrale dello Stato nel quale far affluire le risorse erogate dall’Unione europea o dalle sue Istituzioni in favore dell’Italia, per affrontare la crisi determinata dall’emergenza sanitaria, economica e sociale in atto, nel caso in cui si tratti di risorse che hanno la natura di prestito, in modo da poter identificare immediatamente le risorse che, a differenza di quelle incassate come contributo a fondo perduto, verranno destinate a copertura del fabbisogno del Settore statale.

Le risorse che hanno, invece, natura di contributo a fondo perduto sono accreditate sul conto di Tesoreria n. 23211 già aperto presso la tesoreria centrale dello Stato. La norma si limita quindi a prevedere una diversa allocazione delle risorse a seconda della loro natura separando quelle che hanno natura di prestiti da quelle che hanno natura di contributi a fondo perduto.

 

Il comma 9 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto e nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, anche nel conto dei residui, nonché a disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio 2020.

 


 

Articolo 115
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 115 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 15 agosto 2020.

 

 

 

 

 

 

 



[1]     L’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 stabilisce che i regolamenti ministeriali (e interministeriali) sono adottati con decreto del singolo Ministro (e con decreto interministeriale). Per essi è richiesto il parere del Consiglio di Stato e la registrazione della Corte dei conti. Prima della loro emanazione devono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri. Tali atti devono recare la denominazione “regolamento” e sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

[2]     Il D.M. (articolo 5, comma 4) prevede che la concessione delle agevolazioni sia effettuata ai sensi dell'art. 17 del Regolamento europeo di esenzione per categoria (GBER - Reg. UE n. 651/2014) ovvero del Regolamento europeo sugli aiuti di Stato de minimis.

[3]     I rientri del fondo crescita, iscritti all'entrata, vengono assegnati al capitolo 7483/MISE per essere poi trasferiti alla contabilità speciale. Mentre, sul capitolo 7342/pg6 confluiscono risorse della contabilità speciale per poi essere assegnate ad interventi agevolativi.

[4]     IPCEI (Important Project of Common European Interest): importante progetto di interesse comune europeo ai sensi della comunicazione n. 188/2014. l'IPCEI integrato nel settore della microelettronica, approvato dalla decisione n. 8864/2018 della Commissione europea C(2018) 8864 final, del 18 dicembre 2018, si compone del documento comune «Connecting Europès microelectronic industry to foster digitisation in Europe» («Chapeau»), degli allegati tecnici comuni relativi ai cinque settori tecnologici in cui si articola l'iniziativa, e dei project portfolio dei singoli partecipanti.

[5]     È in difficoltà un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:

a)     nel caso di società a responsabilità limitata (diverse da PMI con determinate caratteristiche) qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;

b)     nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società diverse da PMI con determinate caratteristiche, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;

c)     qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;

d)    qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;

e)     nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:

                i.          il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e

              ii.          il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0

[6]     Il Fondo di garanzia PMI è inoltre chiamato ad intervenire in garanzia su una quota degli importi oggetto della moratoria ex lege sui finanziamenti in essere concessa, ai sensi del D.L. n. 18/2020 cd. "Cura Italia", alle micro piccole e medie imprese (MPMI) che autocertifichino di avere subito temporanea carenza di liquidità in seguito all'emergenza COVID (articolo 56 ). A tale fine, il D.L. ha rifinanziato il Fondo di ulteriori 1.730 milioni di euro per il 2020 (successivamente rideterminati in circa 1.430 milioni di euro dal D.L. n. 23/2020) destinandoli ad una apposita Sezione speciale istituita per le garanzie concesse dal Fondo sulle moratorie dei finanziamenti in essere a favore delle PMI sino al 30 settembre 2020 (ora 31 gennaio 2021 ai sensi della proroga contenuta nell’articolo 65 del D.L. in esame).

[7]     Come definite ai sensi del paragrafo 2, parte B della circolare n. 272 del 30 luglio 2008 della Banca d’Italia e ss.mod e int.

[8]     Ai sensi di tale articolo, quando il piano di concordato prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, esso deve contenere un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura; la relazione attestante che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Il piano può inoltre prevedere, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto al voto.

[9]     Ai sensi di tale articolo, l'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione prevista per la domanda di concordato, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a)     entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b)    entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione. L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.

[10] Oppure, in caso abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio, abbiano rimborsato il prestito o abbiano revocato la garanzia al momento della concessione degli aiuti a titolo della Comunicazione.

[11] Oppure, in caso abbiano ricevuto aiuti per la ristrutturazione, non siano più soggette a un piano di ristrutturazione al momento della concessione degli aiuti a titolo della Comunicazione.

[12] In via ordinaria, sono ammesse alla garanzia del Fondo le imprese iscritte nel Registro delle imprese, istituito presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, in possesso dei parametri dimensionali di cui alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato, vigente alla data di presentazione della richiesta di ammissione al Fondo. In particolare, per quanto riguarda i parametri dimensionali, sulla base di quanto previsto dalla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 (e D.M. 18 aprile 2015), nonché del Regolamento n. 651/2014/UE (cd. GBER) sono definite:

a) “Medie imprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 250 occupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;

 b) “Piccole imprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 50 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro;

c) “Microimprese”: le imprese che, considerata l’esistenza di eventuali imprese associate e/o collegate, hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.

[13]   Le percentuali di copertura e l'importo massimo garantito a valere sul Fondo sono, di norma, fissate in relazione alla tipologia dei beneficiari e alla tipologia e durata delle operazioni finanziarie. Durante le fasi istruttorie per la concessione dell'intervento, le disposizioni operative recano specifici criteri, adottando un modello di valutazione (modello di rating) in base al quale le percentuali di copertura siano accordate anche in base alla rischiosità dell'impresa beneficiaria finale.

[14]   Per le integrazioni alla citata disciplina, si veda in particolare le modifiche apportate da D.L. n. 35/2005 (L. n. 80/2005) e dall’art. 1, commi 1335 e ss., della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006.

[15]   Le funzioni suddette sono relative ad operazioni già definite dal CIPE ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3, del citato D.Lgs. n. 143/1998 e dalla disciplina UE in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato.

[16] L’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) definisce i servizi ad alta intensità di manodopera quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto di lavori e servizi.

[17] L’articolo 14 del TFUE prevede che, fatti salvi l'articolo 4 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 93, 106 e 107 dello stesso TFUE, in considerazione dell'importanza dei servizi di interesse economico generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l'Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi.

[18]   In base al disegno di legge di assestamento, il Fondo è allocato sul cap. 2062.

[19]   Il testo originario del D.L. prevedeva una dotazione pari a € 210 mln (così indicata nel citato disegno di legge di assestamento).

[20]   Al riguardo, si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[21]   Al riguardo, sia la Commissione Affari costituzionali della Camera, nel parere reso il 10 giugno 2020, sia la Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere reso in pari data, avevano richiamato l’attenzione sulla mancata previsione di coinvolgimento, ai fini dell’emanazione dei decreti, della Conferenza unificata.

[22]   Al riguardo, si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[23]   In base al disegno di legge di assestamento, le risorse sono allocate sul cap. 5676 dello stato di previsione del Mibact.

[24]   Al riguardo, si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[25]   Secondo il Collegio, infatti, l’Amministrazione, nell’attuare la previsione legislativa, aveva posto in essere una vera e propria “ristrutturazione” del sistema del finanziamento dello spettacolo.

      La medesima sentenza aveva, altresì, annullato anche i successivi atti che avevano portato all’assegnazione dei contributi relativi all’annualità 2015, in favore delle attività teatrali di prosa, ritenendo l’illegittimità anche sostanziale dell’intero sistema di valutazione stabilito dall’art. 5 del DM 1 luglio 2014.

[26]   Al riguardo, si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[27]   La relazione tecnica all’A.S. 1766 (relativo al D.L. 18/2020) faceva presente che il Fondo di parte corrente è destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale è destinato a sostenere gli investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori. In base al disegno di legge di assestamento, le risorse di parte corrente sono allocate sul cap. 1919, mentre quelle in conto capitale sono allocate sul cap. 7250.

[28] In attuazione è intervenuta la delibera CIPE 28 luglio 2020, n. 46, che ha imputato così la riduzione: € 45,00 mln a carico della linea di azione 2.a relativa al «Sostegno alle produzioni audiovisive e dello spettacolo legate alla valorizzazione di personaggi ed eventi», che risulta conseguentemente azzerata ed eliminata; € 5,00 mln a carico della linea  d'azione 2.b «Iniziative ed attività per la celebrazione di personaggi - Celebrazione centenari», la cui dotazione conseguentemente risulta ridotta da € 15 mln a € 10,mln.

[29]   La relazione tecnica all’A.S. 1766 faceva presente che si sarebbe attinto alle risorse del cap. 6621, riguardante le fondazioni lirico-sinfoniche.

[30]   Da ultimo, è intervenuto il DM 30 giugno 2020.

[31]   Per un bilancio del triennio 2016-2018 si veda qui.

[32]   Al riguardo, si veda il tema web Le misure adottate a seguito dell'emergenza Coronavirus (COVID-19) per il settore dei beni e delle attività culturali, curato dal Servizio Studi della Camera.

[33]   Il contratto di mandato con rappresentanza è disciplinato dall'art. 1704 del codice civile.

[34]   In argomento, è utile ricordare che, in base all'art. 180 della L. 633/1941, come novellato dall'art. 19 del D.L. 148/2017 (L. 172/2017) – che ha esteso a tutti gli organismi di gestione collettiva stabiliti in Italia la possibilità di operare direttamente sul territorio italiano come intermediari per la gestione dei diritti d’autore, affiancandosi alla SIAE, che fino ad allora operava in regime di esclusiva - l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla SIAE ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al d.lgs. 35/2017, ferma restando la possibilità per gli autori, i loro successori o gli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti.

      In base all'art. 7 del d.lgs. 35/2017 – attuativo della direttiva 2014/26/UE –, gli organismi di gestione collettiva (con tale espressione, in base all’art. 2 dello stesso d.lgs., si intende un soggetto, compresa la SIAE, che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d'autore, o diritti connessi ai diritti d'autore, per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi, e che soddisfi uno o entrambi i seguenti requisiti: è detenuto o controllato dai propri membri; non persegue fini di lucro) possono, in base ad un rapporto giuridico diretto derivante dalla legge o da una cessione di diritti, da una licenza o da qualsiasi altro accordo contrattuale, gestire diritti di titolari dei diritti che non ne siano membri. Inoltre (art. 20 e ss.) gli organismi di gestione collettiva possono gestire diritti e riscuotere proventi derivanti dal loro sfruttamento in virtù di accordi di rappresentanza con altri organismi.

[35]   La relazione illustrativa all’A.S. 2960 – poi divenuto L. 205/2017 - evidenziava che la norma si rendeva necessaria perché in più occasioni la Corte dei conti aveva mosso rilievo nei confronti di finanziamenti riferiti a soggetti costituiti o partecipati dal MIBACT, in assenza di un apposito capitolo di bilancio.

[36] L'art. 13, co. 2, lett. n), del D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169, recante il regolamento di organizzazione del MIBACT, stabilisce che il Segretario generale cura l'elaborazione, entro il 31 ottobre di ciascun anno, del Piano strategico "Grandi Progetti Beni culturali"; entro il 15 marzo di ciascun anno predispone una relazione concernente gli interventi del Piano strategico già realizzati e lo stato di avanzamento di quelli avviati nell'anno precedente e non ancora conclusi.

 

[37]   Per maggiori dettagli, si rinvia alla Nota tematica del Parlamento europeo: "Politica della concorrenza", febbraio 2020.

[38]   Per una ricostruzione dell'impatto che l'epidemia da Covid 19 ha avuto sul regime degli aiuti di Stato, si rinvia alla Nota su Atti dell'Unione europea n. 52 "Aiuti di Stato: misure approvate dalla Commissione europea nell'emergenza del coronavirus", giugno 2020.

[39]   Tale decisione è stata presa dopo l'emanazione del D.P.C.M. 4 marzo 2020, che allora consentiva ancora lo svolgimento di competizioni sportive a porte chiuse o all'aperto senza la presenza di pubblico. Tuttavia, la proposta della FISI – con il supporto del Ministero per le politiche giovanili e Sport, del CONI, della Regione Veneto e del Comune di Cortina - di tenere l'evento a porte chiuse ha ricevuto tutti voti contrari ad eccezione di quello dell'Italia.

[40]   Il piano di interventi è volto:

a) alla progettazione e realizzazione di nuovi impianti a fune, nonché all'adeguamento e miglioramento degli impianti esistenti;

b) alla progettazione e realizzazione di collegamenti, anche viari diversi dalla viabilità statale, tra gli impianti a fune, nonché all'adeguamento e miglioramento di quelli esistenti;

c) alla progettazione e realizzazione di nuove piste per lo sci da discesa, nonché all'adeguamento e miglioramento di quelle esistenti;

d) alla progettazione e realizzazione delle opere connesse alla riqualificazione dell'area turistica della provincia di Belluno, in particolare nel comune di Cortina d'Ampezzo, anche mediante la creazione di infrastrutture e di servizi destinati allo sport, alla ricreazione, al turismo sportivo, alle attività di somministrazione di alimenti e bevande e all'attività turistico-ricettiva.

[41]   Per approfondimenti si rinvia al relativo dossier (https://temi.camera.it/leg18/dossier/OCD18-13650/autorizzazione-e-proroga-missioni-internazionali-2020-doc-xxv-n-3-e-doc-xxvi-n-3.html).

[42]   Riguardo alla disciplina delle suddette agenzie e dei lavoratori iscritti negli elenchi di queste ultime, cfr. l’articolo 4 del D.L. 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2017, n. 18, e successive modificazioni.

[43]   La norma istitutiva delle agenzie (di cui al citato articolo 4 del D.L. n. 243) fa riferimento ai porti nei quali almeno l'80 per cento della movimentazione di merci containerizzate avvenisse o fosse avvenuta negli ultimi cinque anni in modalità transhipment e nei quali persistessero da almeno cinque anni stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche.

[44]   Come definite dall’articolo 16 della L. 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni.

[45]   Cfr. l’A.S. n. 1925.

[46]   La somministrazione deve essere operata secondo le modalità di cui al comma 4 del citato articolo 4 del D.L. n. 243.

[47]   La procedura di eventuale trasformazione è disciplinata dal comma 8 del citato articolo 4 del D.L. n. 243, comma che inoltre richiama la disciplina sulle agenzie di lavoro portuale temporaneo di cui all’articolo 17 della citata L. n. 84 del 1994, e successive modificazioni.

[48] Anche tale disciplina avviene in deroga alle disposizioni vigenti in materia. In proposito il riferimento testuale, contenuto della disposizione vigente, all'art.13, comma 4, del decreto-legge n.201 del 2011 è stato sostituito con quello all'art. 1, comma 745, della legge n.160 del 2019, che disciplina la base imponibile dell'imposta, consistente nel valore dell'immobile. Quest'ultimo comma rientra nelle disposizioni (commi dal 738 al 783) nel frattempo introdotte dal legislatore nell'ambito della riforma dell'imposizione immobiliare locale, con cui sono state unificate le due forme di prelievo previgenti (IMU e TASI).

[49]   V. pag. 8 del documento consegnato dall’AGCM nel corso dell’audizione del 23 giugno 2020 presso l’8a Commissione del Senato.

[50]    Cfr. il contratto di tale comparto relativo al periodo 2016-2018.

[51]   Cfr. il contratto di tale area relativo al periodo 2016-2018.

[52]   Inoltre, ha previsto il mantenimento dei contributi, con la possibilità di definire criteri specifici sia per i requisiti di accesso, sia per i meccanismi di calcolo dei contributi, per: imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti; associazioni dei consumatori; imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero.

[53]   La stessa L. 198/2016 ha, invece, escluso esplicitamente dai contributi: organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali (al riguardo, il d.lgs. 70/2017 ha specificato che sono comprese nell'esclusione, oltre alle imprese editrici, anche le imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento: art. 4, L. 250/1990); periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico (al riguardo, il d.lgs. 70/2017 ha specificato che si tratta di quelli che hanno diffusione prevalente tra gli operatori dei settori di riferimento); imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa.

[54]   A seguito dell’art. 1, co. 784-787, della L. 145/2018.

[55]   Sono ammessi al rimborso i seguenti costi connessi all'esercizio dell'attività editoriale per la produzione della testata per la quale si richiede il contributo nell'anno di riferimento del contributo medesimo: costo per il personale dipendente fino ad un importo massimo di € 120.000 e di € 50.000 annui al lordo azienda, rispettivamente, per ogni giornalista e per ogni poligrafico, web master e altra figura tecnica assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; costo per l'acquisto della carta necessaria alla stampa delle copie prodotte nell'anno di riferimento; costo per la stampa comprensivo delle spese sostenute per la materiale riproduzione ed il confezionamento delle copie; costo per la distribuzione, comprensivo delle spese per il trasporto, la spedizione o la domiciliazione delle copie in abbonamento; costo per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa, comprensivo delle spese per l'acquisto di servizi informativi, fotografici e multimediali forniti dalle agenzie di stampa, con esclusione dei servizi editoriali consistenti nella predisposizione, anche parziale, di pagine della testata; costo per l'acquisto e l'installazione di hardware, software di base e dell'applicativo per l'edizione digitale; costo per la progettazione, realizzazione e gestione del sito web e per la sua manutenzione ordinaria ed evolutiva; costo per la gestione e l'alimentazione delle pagine web; costo per l'installazione di sistemi di pubblicazione che consentano la gestione di abbonamenti a titolo oneroso, di aree interattive con i lettori e di piattaforme che permettano l'integrazione con sistemi di pagamento digitali.

[56]   La prima rata non è corrisposta se inferiore a € 2.500. Le imprese editrici che presentano per la prima volta domanda di contributo possono beneficiare del pagamento della rata di anticipo a decorrere dall'annualità successiva a quella in cui percepiscono il primo contributo

[57]   Il 3 giugno 2020 il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha reso noto che era in pagamento la rata di anticipo del contributo per l’annualità 2019 in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici risultate aventi titolo, di cui all'elenco.

In particolare, il comunicato stampa ha evidenziato che “L’anticipo è stato liquidato utilizzando le risorse già accantonate a tal fine con il decreto del 29 ottobre 2019 di ripartizione interna del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione per l’anno 2019. L’accantonamento, a suo tempo effettuato sulla scorta della stima dell’ammontare dei contributi spettanti per l’anno 2018, ha consentito oggi di erogare il 46,92% del contributo effettivamente liquidato nell'anno precedente”.

[58]   Si veda qui e qui.

[59]   In particolare, l'art. 5 dell'Allegato del citato d.P.R. n. 160 reca la specificazione dell'insieme dei file che costituiscono ogni domanda telematica al SUAP.

[60]   Limite di cui all’articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi (di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).

[61]   Cfr. l’A.S. n. 1925.

[62]   Per alcune fattispecie di ampliamento delle esenzioni, cfr. l’articolo 1, comma 184-bis, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni.

[63]   Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.

[64]   Ossia le spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, tra cui rientrano le cosiddette spese obbligatorie (vale a dire, le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa).

[65]   In particolare, la legge di contabilità (articolo 17, commi 12 e seguenti, della legge n. 196 del 2009) assegna al Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti, il monitoraggio degli oneri derivanti dalle leggi di spesa, al fine di prevenire l'eventuale verificarsi di scostamenti degli oneri rispetto alle previsioni. Nel caso in cui siano in procinto di verificarsi tali scostamenti, il comma 12-bis, richiamato dalla disposizione in esame, definisce una specifica procedura per la copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, che consente:

§  con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro competente, di provvedere, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente (con esclusione delle spese per oneri inderogabili);

§  con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, di provvedere - laddove la riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente non risulti sufficiente - alla riduzione di stanziamenti previsti negli stati di previsione del bilancio dello Stato (con esclusione delle spese per oneri inderogabili).

In entrambi i casi, gli schemi dei decreti sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle commissioni competenti per i profili finanziari, le quali devono esprimersi entro 7 giorni.

Gli schemi dei decreti sono altresì corredati di apposita relazione che espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri previsti dalle predette leggi.

[66]   L’articolo 169, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020 dispone che gli eventuali minori oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 55, 56 e 57 del decreto-legge n. 18 del 2020 - da accertarsi con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze - possono essere destinati ad alimentare il Fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze (con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020) per far fronte agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico all’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni, con un importo pari a 100 milioni di euro per l'anno 2020. I citati articoli 55, 56 e 57 del decreto-legge n. 18 del 2020 recano varie misure di sostegno finanziario alle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica.