Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Cultura |
Titolo: | Riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo - Schema D.Lgs. attuazione art. 5 L. 86/2019 |
Riferimenti: | SCH.DEC N.230/XVIII |
Serie: | Atti del Governo Numero: 230 |
Data: | 14/12/2020 |
Organi della Camera: | VII Cultura, XI Lavoro |
XVIII LEGISLATURA
Schema di decreto legislativo, attuativo dell’art. 5 della L. 86/2019, in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo
A.G. 230
Articolo 5 della legge 8 agosto 2019, n. 86
14 dicembre 2020
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, giustizia e cultura
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@SR_Studi
Dossier n. 343
Servizio Studi
Dipartimento Cultura
Tel. 06 6760-3255 - st_cultura@camera.it -
@CD_cultura
Hanno collaborato alla redazione del dossier i Dipartimenti Istituzioni, Giustizia, Difesa, Finanze, Lavoro, Affari sociali e Agricoltura
Atti del Governo n. 230
La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati
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CU0183.docx
I N D I C E
Presupposti normativi...................................................................................
5
§
L’oggetto della delega e i principi e criteri direttivi......................................
5
§
La procedura per l’emanazione dei decreti legislativi...................................
7
§
Il quadro normativo vigente. Cenni...............................................................
9
-
L’autonomia dell’ordinamento sportivo.......................................................
9
-
I principali soggetti dell’ordinamento sportivo nazionale..............................
9
-
Attività sportiva professionistica e attività sportiva dilettantistica.................
14
Contenuto del provvedimento...................................................................
16
Articoli da 1 a 3 e 52, comma 1, lett. a) Obiettivi, principi e definizioni)
18
Articolo 4 (Competenze di Stato, regioni e province autonome)..........
21
Articoli da 5 a 11 e 52, comma 2, lett. a) (Associazioni e società sportive dilettantistiche)
23
Articoli 12 e 52, comma 2, lett. a) (Uso degli impianti sportivi)..........
32
Articoli 13, 14 e 52, comma 1, lett. b) (Società sportive professionistiche)
33
Articoli 15, 16 e 52, comma 2, lett. b) e c) (Tesseramento degli atleti)
36
Articoli 17 e 18 (Tecnici, dirigenti sportivi e direttori di gara).............
40
Articoli da 19 a 21 (Disposizioni generali riguardanti gli animali impiegati in attività sportive)..........................................................................................................................
42
Articoli da 22 a 24 (Disposizioni specifiche relative agli sport equestri)
48
Articoli 25, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettere b) e d), e comma 2, lettera a) (Disciplina del rapporto di lavoro sportivo).........................................................................
51
Articoli 26, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettera b) (Disposizioni specifiche in materia di rapporto di lavoro subordinato sportivo)...................................................................
57
Articoli 27, 51, comma 1, 52, comma 1, lettera b) (Disposizioni specifiche in materia di rapporto di lavoro sportivo nei settori professionistici)...........................................
60
Articoli 28 e 51, comma 1 (Disposizioni specifiche in materia di contratto individuale con il direttore di gara)............................................................................................
62
Articoli 29 e 51, comma 1 (Prestazioni sportive amatoriali).................
63
Articoli 30 e 51, comma 1 (Formazione dei giovani atleti)...................
65
Articoli 31 e 52, comma 1, lettera b) (Disposizioni in materia di “vincolo sportivo” e premio di formazione tecnica).......................................................................................
71
Articoli 32, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettera b) (Controlli sanitari dei lavoratori sportivi)..........................................................................................................................
75
Articoli 33 e 51, comma 1 (Disposizioni in materia di sicurezza dei lavoratori sportivi e dei minori)..........................................................................................................................
78
Articoli 34, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettera c) (Assicurazione contro gli infortuni)
82
Articoli 35, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettere a) e b) (Trattamento pensionistico)
83
Articoli 36, 51, commi 1, 2 e 3, e 52, comma 1, lettera b) (Trattamento tributario)
86
Articoli 37, 51, comma 1, e 52, comma 1, lettera d) (Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa)..................................................................................................
92
Articolo 38 (Discipline sportive professionistiche e dilettantistiche)...
94
Articoli 39 e 40 (Disposizioni a sostegno delle donne nello sport).......
95
Articolo 41 (Istituzione delle figure professionali del chinesiologo di base, del chinesiologo sportivo e del manager dello sport)............................................................
98
Articolo 42 (Obblighi connessi allo svolgimento di attività motorie e sportive)
101
Articolo 43 (Sezione Paralimpica del Gruppo sportivo Fiamme Azzurre della polizia penitenziaria)...............................................................................................
104
Articoli 44 e 45 (Tesseramento e reclutamento di atleti paralimpici nel Gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato e nelle componenti sportive dei Vigili del fuoco)
106
Articolo 46 (Spese per il tesseramento e il reclutamento degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato).........................................................................
110
Articolo 47 (Tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali nel Gruppo sportivo Paralimpico del Ministero della difesa)..................................................
111
Articolo 48 (Tesseramento degli atleti con disabilità fisiche e sensoriali nella Sezione Paralimpica del Gruppo sportivo Fiamme Gialle).......................................................
114
Articolo 49 (Spese per il tesseramento e il reclutamento degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari).........................................................................................................
116
Articolo 50 (Titoli preferenziali per le assunzioni obbligatorie e i concorsi pubblici)
117
Articolo 53 (Entrata in vigore).................................................................
119
Lo schema di decreto legislativo in commento – approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri del 24 novembre 2020 – è stato presentato alle Camere in attuazione dell’articolo 5 della L. 86/2019, che ha conferito una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché per la disciplina del rapporto di lavoro sportivo.
La delega è stata finalizzata a garantire l’osservanza dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nel lavoro sportivo, sia nel settore dilettantistico che in quello professionistico, nonché ad assicurare la stabilità e la sostenibilità del sistema dello sport.
In particolare, l’art. 5 citato ha indicato i seguenti, specifici, principi e criteri direttivi:
§
riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e sviluppo sociale (co. 1, lett. a));
§
riconoscimento del principio di specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo, come definito a livello nazionale e dell’Unione europea, nonché del principio delle pari opportunità, anche per le persone con disabilità, nella pratica sportiva e nell'accesso al lavoro sportivo sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico (co. 1, lett. b));
§
individuazione della figura del lavoratore sportivo, compresa la figura del direttore di gara, senza distinzioni di genere e indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività sportiva svolta, nonché definizione della relativa disciplina in materia di tutela assicurativa, fiscale e previdenziale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza (co. 1, lett. c));
§
tutela della salute e della sicurezza dei minori che svolgono attività sportiva, prevedendo specifici adempimenti e obblighi informativi da parte delle società e delle associazioni sportive (co. 1, lett. d));
§
valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani atleti. Nello specifico, la formazione è finalizzata a garantire la crescita anche culturale ed educativa e la preparazione professionale degli atleti, in modo da favorire l’accesso all’attività lavorativa anche al termine della loro carriera sportiva (co. 1, lett. e));
§
disciplina dei rapporti di collaborazione di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale, per le prestazioni rese in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto anche del fine non lucrativo di queste ultime (co. 1, lett. f));
§
riordino della disciplina della mutualità nello sport professionistico (co. 1, lett. h));
§
“riconoscimento giuridico” della figura del laureato in scienze motorie di cui al d.lgs. 178/1998 e dei soggetti forniti di titoli equipollenti (co. 1, lett. i));
§
revisione e trasferimento delle funzioni di vigilanza e covigilanza esercitate dal Ministero della difesa su enti sportivi e Federazioni sportive nazionali, in coerenza con la disciplina relativa agli altri enti sportivi e Federazioni sportive, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire (co. 1, lett. l));
§
trasferimento all’Unione italiana tiro a segno delle funzioni connesse all’agibilità dei campi e degli impianti di tiro a segno esercitate attualmente dal Ministero della difesa, anche prevedendo forme di collaborazione con quest’ultimo, previa, anche in tal caso, puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire (co. 1, lett. m));
§ riordino della normativa applicabile alle discipline sportive che prevedono l’impiego di animali, con riguardo, in particolare, agli aspetti sanitari, al trasporto, nonché alla tutela e al benessere degli stessi (co. 1, lett. n)).
Un ulteriore principio direttivo concerne il riordino e il coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni di legge, al fine di garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e della normativa dell'Unione europea, nonché per adeguarle ai princìpi riconosciuti del diritto sportivo e ai consolidati orientamenti della giurisprudenza (co. 1, lett. g)).
Rispetto ai principi indicati, non è stato dato seguito a quelli di cui alle lett. l), ed m), mentre – come si vedrà infra - sembrerebbe parzialmente attuato quello di cui alla lett. h).
Nella premessa dello schema occorrerebbe, pertanto, eliminare il riferimento alle lett. l) ed m) del co. 1 dell’art. 5 della L. 86/2019.
Nello schema sono, inoltre, presenti, disposizioni che danno seguito, in alcuni casi parzialmente, ad alcuni dei principi e criteri direttivi previsti per l’esercizio della delega – di cui all’articolo 1 della stessa L. 86/2019 – per il riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e della disciplina di settore. In particolare, si tratta dei seguenti principi:
§
definire gli ambiti dell’attività – fra gli altri – dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato (co. 1, lett. d));
§ sostenere azioni volte a promuovere e accrescere la partecipazione e la rappresentanza delle donne nello sport in conformità ai princìpi del codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 198/2006), garantendo la parità di genere nell'accesso alla pratica sportiva a tutti i livelli (co. 1, lett. h)).
Nel titolo e nella premessa del decreto legislativo occorrerebbe, pertanto, fare riferimento anche all’art. 1, co. 1, lett. d) ed h), della L. 86/2019.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Sia l’art. 1 che l’art. 5 hanno previsto che dall’attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’art. 1 ha disposto, al contempo, che, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, essi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
A sua volta, l’art. 5 ha disposto che – in conformità con quanto prevede l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 –, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno o mediante utilizzo delle risorse del Fondo da destinare a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche (art. 13, co. 5, D.L. 87/2018-L. 96/2018), gli stessi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore delle disposizioni che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.
In base all’art. 5 della L. 86/2019, i decreti legislativi devono essere adottati su proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché, limitatamente ai criteri relativi al riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell’attività sportiva e alla valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, rispettivamente con il Ministro della salute e con il Ministro dell’istruzione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
I decreti di cui all’art. 1, invece, devono essere adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
Nello schema trasmesso, ai concerti indicati dalla L. 86/2019 si aggiungono quelli del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell’università e della ricerca. Invece, all’atto della presentazione dello schema alle Camere, le intese della Conferenza Stato-regioni non sono ancora intervenute.
In base sia all’art. 1 che all’art. 5 della L. 86/2019, gli schemi dovevano essere adottati entro 12 mesi dalla data dell’entrata in vigore della legge, ossia entro il 31 agosto 2020.
Il termine per l’esercizio della delega è poi stato prorogato di 3 mesi dall’art. 1, co. 3, della L. 27/2020, in considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale derivante dalla diffusione del COVID-19.
Sempre gli artt. 1 e 5 della L. 86/2019 hanno previsto che gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che devono esprimersi entro 45 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale temine, i decreti possono essere comunque emanati. Hanno, altresì previsto che, se il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scade nei 30 giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi, o successivamente, il termine per l’adozione è prorogato di 90 giorni (c.d. “tecnica dello scorrimento”). Si tratta della circostanza concretamente realizzatasi.
Pertanto, per effetto dello scorrimento, il termine per l’esercizio delle deleghe è fissato al 28 febbraio 2021.
Infine, entrambi gli articoli hanno previsto che entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo è possibile adottare decreti integrativi e correttivi, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Ai sensi dell’art. 1 del D.L. 220/2003 (L. 280/2003), la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato olimpico internazionale (CIO). In particolare, i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo.
L’art. 2 dello stesso D.L. 220/2003 dispone che, in applicazione del principio di autonomia, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive
[1]
.
Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, è la Confederazione delle federazioni sportive nazionali (FSN) e delle discipline sportive associate (DSA), e si conforma ai principi dell’ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal CIO. La relativa disciplina è dettata dal d.lgs. 242/1999, come modificato dal d.lgs. 15/2004 e dalla L. 8/2018.
In particolare, in base al d.lgs. 242/1999, l’ente cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali. Cura, inoltre, l'adozione di misure di prevenzione e repressione dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive, nonché la promozione della massima diffusione della pratica sportiva, assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport.
Su tali previsioni sono, poi, intervenute novità a seguito dell’art. 1, co. 629-633, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) che, nel modificare l’assetto organizzativo e il meccanismo di finanziamento statale dell'attività sportiva nazionale – attribuendo alla “Sport e salute Spa”
[2]
il compito di finanziare FSN, DSA, nonché Enti di promozione sportiva (EPS), associazioni benemerite, gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, in precedenza assicurato dallo stesso CONI – ha conseguentemente stabilito, che, dal 2019, al CONI sono destinate risorse unicamente per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana.
In particolare, il co. 630 ha disposto che, dal 2019, il livello di finanziamento del CONI e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a € 410 mln annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. Le risorse sono destinate al CONI, nella misura di € 40 mln annui, per le finalità ante indicate
[3]
; per una quota non inferiore a € 368 mln annui, alla Sport e salute Spa. Al finanziamento di FSN, DSA, EPS, gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a € 280 mln annui, a valere sulla quota destinata alla Sport e salute Spa
[4]
.
Sempre in base alle disposizioni istitutive, per il finanziamento degli organismi sportivi, Sport e Salute Spa è stata chiamata a istituire una gestione separata e a provvedere al riparto delle risorse sulla base degli indirizzi generali in materia sportiva adottati dal CONI in armonia con i principi dell’ordinamento sportivo internazionale
[5]
.
La giunta nazionale del CONI continua ad esercitare il potere di controllo su FSN, DSA, EPS in merito al regolare svolgimento delle competizioni, alla preparazione olimpica e all'attività sportiva di alto livello, nonché all'utilizzo dei contributi finanziari. Inoltre, essa propone al Consiglio nazionale il commissariamento delle FSN o delle DSA in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi, in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi, o nel caso in cui non siano stati ottemperati gli adempimenti regolamentari al fine di garantire il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali.
In tale contesto, il già citato art. 1 della L. 86/2019 ha previsto una delega al Governo per il riordino del CONI e della disciplina di settore, non esercitata – se non per i profili ante esposti – nei termini previsti. Fra i principi e criteri direttivi vi era quello relativo alla definizione degli ambiti di attività del CONI in coerenza con le novità introdotte dalla legge di bilancio 2019 e con il ruolo proprio del CONI quale organo di indirizzo dell’attività sportiva e articolazione del Comitato olimpico internazionale, nonché con la sua funzione di governo dell’attività sportiva nazionale, limitatamente a quella olimpica.
In relazione al mutato assetto delle competenze in materia di sport derivante dall’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006), il CONI è attualmente sottoposto alla vigilanza (di cui all’art. 1 del d.lgs. 242/1999) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Qui lo statuto del CONI, approvato, da ultimo, con DPCM del 10 gennaio 2020.
Le FSN e le DSA svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni delle Federazioni internazionali e del CONI, anche in considerazione della valenza pubblicistica di specifiche tipologie di attività individuate nello statuto del CONI. Hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato (art. 15, co. 2, d.lgs. 242/1999), ad eccezione di Aeroclub d'Italia, Automobile club d'Italia e Unione italiana tiro a segno, che, invece, hanno personalità giuridica di diritto pubblico (art. 18, co. 6, d.lgs. 242/1999). Le FSN e le DSA non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non diversamente previsto, alla disciplina recata dal codice civile. A fini sportivi, esse sono riconosciute dal Consiglio nazionale del CONI
[6]
.
In base all’art. 32, co. 2, del DPR 157/1986, le organizzazioni polisportive d'importanza nazionale che svolgono attività di diffusione e promozione e le associazioni nazionali che svolgono attività a vocazione sportiva di notevole rilievo possono essere riconosciute dal CONI, rispettivamente, quali Enti di promozione sportiva (EPS) e associazioni benemerite.
In base al già citato statuto del CONI (artt. 26 e 30), gli EPS e le associazioni benemerite non hanno fini di lucro.
I gruppi sportivi militari sono sezioni delle diverse Forze armate che competono nello sport e sono solitamente affiliati alle FSN riconosciute dal CONI. I gruppi sportivi militari sono presenti presso lo Stato Maggiore della Difesa, l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica, l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza e il Consiglio internazionale dello sport militare (C.I.S.M.).
Sul tema dei gruppi sportivi militari è in corso un’indagine conoscitiva da parte delle Commissioni Difesa e Cultura della Camera dei deputati.
Qui il programma dell’indagine deliberato lo scorso 18 novembre.
Nei gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato rientrano i gruppi sportivi della Polizia di Stato (Fiamme Oro), della Polizia Penitenziaria (Fiamme Azzurre) e dei Vigili del Fuoco (Fiamme Rosse). Il compito istituzionale dei gruppi è quello di agevolare la pratica dell'attività sportiva come elemento di formazione professionale del personale, nonché quello di mantenere e promuovere, anche tra i giovani, l'attività sportiva a livello agonistico, per accrescere il patrimonio sportivo nazionale
[7]
.
Il Comitato italiano paralimpico (CIP), già Federazione italiana sport disabili, è stato istituito con L. 189/2003. Da ultimo, è intervenuto il d.lgs. 43/2017 che, in attuazione della delega recata dalla L. 124/2015, ha trasformato il CIP in ente autonomo di diritto pubblico, delineando una disciplina simmetrica a quella recata, per il CONI, dal d.lgs. 249/1999. In particolare, il d.lgs. ha posto il CIP – dotato ora di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio – sotto la vigilanza della (sola) Presidenza del Consiglio dei ministri (e non più anche sotto quella del CONI).
Le specifiche finalità del CIP concernono: l'organizzazione ed il potenziamento dello sport paralimpico nazionale e, in particolare, la preparazione degli atleti paralimpici e l'approntamento dei mezzi idonei per le Paralimpiadi; l'adozione di misure di prevenzione e repressione dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti paralimpici; la promozione della massima diffusione della pratica sportiva per i disabili; la promozione di iniziative contro ogni forma di discriminazione e violenza nello sport
[8]
.
Il CIP è la Confederazione delle Federazioni sportive paralimpiche (FSP) e delle Discipline sportive paralimpiche (DSP), da esso riconosciute. Qui lo statuto del CIP.
In base all’art. 13, co. 2, del d.lgs. 43/2017, le FSP e le DSP non perseguono fini di lucro e hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato.
Al CIP partecipano, altresì, le Federazioni sportive nazionali e le Discipline sportive associate riconosciute dal CONI, le cui attività paralimpiche erano state già riconosciute dal CIP (FSNP e DSAP) alla data di entrata in vigore della L. 124/2015.
In base agli artt. 26 e 27 dello statuto del CIP, gli Enti di promozione sportiva paralimpica (EPSP) sono associazioni riconosciute dal CIP a livello nazionale che hanno per fine istituzionale la promozione e l’organizzazione di attività fisico-sportive integrate o esclusivamente per disabili, con finalità ricreative e formative: la qualifica viene riconosciuta dal Consiglio nazionale. Per statuto, non hanno fini di lucro
[9]
.
In base all’art. 2 della L. 91/1981 - recante norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti - sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle FSN, secondo le norme emanate dalle stesse Federazioni con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
A sua volta, l'art. 5, co. 2, lett. d), del d.lgs. 242/1999 ha attribuito al Consiglio nazionale del CONI il compito di stabilire, in armonia con l'ordinamento sportivo internazionale e nell'ambito di ciascuna FSN o DSA, criteri per la distinzione dell'attività sportiva dilettantistica da quella professionistica.
Il già citato statuto del CONI prevede, all'art. 22, co. 1, che gli statuti delle FSN devono rispettare i principi fondamentali emanati dal Consiglio nazionale e devono in particolare ispirarsi al costante equilibrio di diritti e di doveri tra i settori professionistici e i settori non professionistici, nonché tra le diverse categorie nell’ambito del medesimo settore.
In base ai principi fondamentali degli statuti delle FSN e delle DSA – da ultimo, approvati con DPCM del 14 settembre 2018 –, i criteri per la distinzione tra attività professionistica e non professionistica sono rimessi alla autonomia statutaria delle singole FSN, nel rispetto dei principi posti dalla L. 91/1981. Inoltre, l’istituzione del settore professionistico da parte di una FSN è possibile, mediante specifica previsione statutaria, in presenza di una notevole rilevanza economica del fenomeno e a condizione che l’attività in questione sia ammessa dalla rispettiva Federazione Internazionale.
Attualmente, sono quattro le FSN dotate di settore professionistico
[10]
:
§ Calcio (maschile): serie A, B, C1 e C2;
§ Ciclismo (maschile): gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo;
§ Golf (maschile);
§ Pallacanestro (maschile): serie A1 e A2.
Lo schema di decreto si compone di 53 articoli organizzati in 7 Titoli.
In particolare:
§ il Titolo I (artt. 1-4) reca disposizioni comuni e principi generali;
§ il Titolo II (artt. 5-14) disciplina gli enti sportivi professionisti e dilettantistici. Allo stesso ambito si riferisce l’art. 38, inserito nel Titolo V. Nello stesso Titolo II è, peraltro inserita anche la disciplina relativa all’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali (art. 12);
§
il Titolo III (artt. 15-18) riguarda atleti, tecnici, dirigenti e direttori di gara. Ai direttori di gara si riferisce anche l’art. 28, inserito nel titolo V;
§
il Titolo IV (artt. 19-24) riguarda le discipline sportive che prevedono l’impiego di animali;
§
il Titolo V (artt. 25-42) riguarda il lavoro sportivo, incluso il sostegno delle donne nello sport;
§
il Titolo VI (artt. 43-50) reca disposizioni in materia di pari opportunità per le persone con disabilità nell’accesso ai gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato;
§
il Titolo VII (artt. 51-53) reca le disposizioni finali.
Allo schema sono allegati la relazione illustrativa, la relazione tecnica, l’analisi tecnico-normativa, l’analisi di impatto della regolamentazione, nonché un contributo tecnico INPS e un contributo tecnico INAIL.
Lo schema introduce la definizione di lavoratore sportivo, senza distinzione fra settore professionistico e settore dilettantistico, e prevede, per la prima volta, tutele lavoristiche e previdenziali per tutti i lavoratori sportivi.
Tra le ulteriori, principali, novità, si evidenzia:
§
la previsione di abolizione del vincolo sportivo, inteso come limitazione alla libertà contrattuale dell’atleta, anche nel settore dilettantistico, entro il mese di luglio 2022, con il parallelo riconoscimento di un premio di formazione alle associazioni e società sportive che hanno formato l’atleta;
§
la previsione delle pari opportunità per lo sport femminile;
§
la tutela e il sostegno del volontariato sportivo;
§
l’istituzione della figura professionale del chinesiologo di base, di quello sportivo e del manager dello sport.
Lo schema prevede, inoltre, che le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche possono svolgere anche attività secondarie e strumentali rispetto alle attività istituzionali, e che possono distribuire una parte dei dividendi.
Introduce, altresì, una normativa unitaria in termini di tutela dei diritti degli animali impiegati in attività sportive.
Preliminarmente, si fa presente che in alcuni casi lo schema fa riferimento alle “federazioni sportive nazionali”, alle “discipline sportive associate” e agli “enti di promozione sportiva”, senza precisare se si tratti (oltre che di quelli riconosciuti dal CONI) anche di quelli riconosciuti dal CIP. In altri casi, è fatto esplicito riferimento agli organismi sportivi riconosciuti dal CONI, ma non agli organismi paralimpici. La differenza, a volte, si riscontra anche nell’ambito dello stesso articolo. In altri casi ancora, si fa riferimento sia agli organismi sportivi riconosciuti dal CONI che a quelli riconosciuti dal CIP.
Al fine di evitare dubbi interpretativi, si valuti l’opportunità di esplicitare con attenzione l’ambito applicativo delle singole disposizioni.
Una ulteriore questione riguarda la congruenza dei termini temporali indicati per taluni adempimenti con le previsioni relative alla decorrenza dell’applicabilità delle disposizioni.
In particolare, alcuni termini relativi ad adempimenti preliminari per l’attuazione delle disposizioni in materia di lavoro sportivo recate dagli articoli da 25 a 30 e da 32 a 37 sono posteriori rispetto alla data del 1° settembre 2021, a decorrere dalla quale è previsto che le medesime disposizioni si applicano.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Gli articoli da 1 a 3 individuano l’oggetto e gli obiettivi dello schema e recano alcuni principi e le definizioni utilizzate.
In particolare, l’articolo 1, oltre a indicare che lo schema detta norme in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di rapporto di lavoro sportivo, dispone che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 2 contiene le definizioni utilizzate nello schema. Per le principali di esse, si rinvia infra, in questa e nelle successive schede.
Qui si evidenzia solo che fra le definizioni ve ne sono alcune non utilizzate nel prosieguo. Si tratta, in particolare, di quelle relative a “Pratica sportiva per tutti” e a “Sport di alto livello”.
Per converso, non sono presenti definizioni utilizzate nel testo. Si tratta, ad esempio, di quella relativa a “Dirigente sportivo”.
Inoltre, mentre sono presenti le definizioni sia di “Federazione sportiva nazionale”, sia di “Federazioni sportive paralimpiche”, e sono presenti le definizioni di “Disciplina sportiva associata” e di “Enti di promozione sportiva”, non sono presenti quelle di “Disciplina sportiva associata paralimpica” e di “Enti di promozione sportiva paralimpica”. Ciò si ricollega, peraltro, a quanto osservato nel paragrafo “Contenuto del provvedimento”.
Si valuti, dunque, l’opportunità di un adeguamento del testo.
L’articolo 3 sancisce, innanzitutto, il principio secondo cui l’esercizio dell’attività sportiva, svolta sia in forma individuale che collettiva, e sia in forma professionistica che dilettantistica, è libero.
Si tratta di concetto già presente nell’art. 1 della L. 91/1981, di cui l’articolo 52, comma 1, lett. a), dello schema prevede l’abrogazione a decorrere dal 1° settembre 2021.
Inoltre, lo stesso art. 3 dello schema indica gli obiettivi ricalcando, in linea generale, molti dei principi dettati dalla legge delega. In particolare, dispone che il decreto legislativo è volto a:
§
riconoscere il valore culturale, educativo e sociale dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e di tutela della salute, nonché quale mezzo di coesione territoriale;
§
promuovere l’attività motoria, l’esercizio fisico strutturato e l’attività fisica adattata quali strumenti idonei a facilitare l’acquisizione di stili di vita corretti e funzionali all’inclusione sociale, alla promozione della salute, nonché al miglioramento della qualità della vita e del benessere psico-fisico sia nelle persone sane sia nelle persone affette da patologie.
In base all’art. 2 dello schema:
- per attività fisica o attività motoria, si intende “qualunque movimento esercitato dal sistema muscoloscheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello richiesto in condizioni di riposo” (co. 1, lett. f));
- per esercizio fisico strutturato si intendono “programmi di attività fisica pianificata e ripetitiva specificamente definiti attraverso l’integrazione professionale e organizzativa tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e medici specialisti, sulla base delle condizioni cliniche dei singoli soggetti cui sono destinati, che presentano patologie o fattori di rischio per la salute e che li eseguono individualmente sotto la supervisione di un professionista munito di specifiche competenze, in luoghi e in strutture di natura non sanitaria, come le ‘palestre della salute’, al fine di migliorare o mantenere la forma fisica, le prestazioni fisiche e lo stato di salute” (co. 1, lett. t));
- per attività fisica adattata si intendono “programmi di esercizi fisici, la cui tipologia e la cui intensità sono definite mediante l’integrazione professionale e organizzativa tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e medici specialisti e calibrate in ragione delle condizioni funzionali delle persone cui sono destinati, che hanno patologie croniche clinicamente controllate e stabilizzate o disabilità fisiche e che li eseguono in gruppo sotto la supervisione di un professionista dotato di specifiche competenze, in luoghi e strutture di natura non sanitaria, come le ‘palestre della salute’, al fine di migliorare il livello di attività fisica, il benessere e la qualità della vita e favorire la socializzazione” (co. 1, lett. e));
- per palestra della salute si intende una “struttura di natura non sanitaria, sia pubblica che privata, dove sono svolti programmi di esercizio fisico strutturato e programmi di attività fisica adattata” (co. 1, lett. ff);
§
consentire ad ogni individuo di praticare sport in un ambiente sicuro e sano;
§
promuovere la pari opportunità delle donne nelle prestazioni di lavoro sportivo, tanto nel settore professionistico, quanto in quello dilettantistico;
§
proteggere la salute e la sicurezza di coloro che partecipano ad attività sportive, in particolare modo i minori;
§
introdurre una disciplina organica del rapporto di lavoro sportivo, a tutela della dignità dei lavoratori e rispettosa della specificità dello sport;
§
valorizzare la formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani atleti, al fine di garantire loro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa, nonché una preparazione professionale che favorisca l’accesso all’attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva.
In base all’art. 2, per lavoratore sportivo si intende “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercitano l’attività sportiva verso un corrispettivo” (co. 1, lett. dd));
§
sostenere e tutelare il volontariato sportivo;
§
valorizzare la figura del laureato in scienze motorie e dei soggetti forniti di titoli equipollenti.
Ulteriori obiettivi indicati nell’art. 3 non sembrano essere declinati negli articoli a seguire. Si tratta di quelli relativi a:
§
riconoscere e garantire il diritto alla pratica sportiva dei minori, anche attraverso il potenziamento delle strutture e delle attività scolastiche;
§
incentivare la pratica sportiva dei cittadini con disabilità, garantendone l’accesso alle infrastrutture sportive, quale misura volta ad assicurarne il pieno inserimento nella società civile.
Si valuti, pertanto, l’opportunità di un adeguamento del testo.
L’articolo 4 stabilisce, innanzitutto, che le disposizioni dello schema sono adottate in attuazione degli artt. 2, 3, 35, 41 Cost. [11] , nonché:
§ nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di:
-
ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.);
-
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.);
-
norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.);
-
previdenza sociale (art. 117, secondo comma, lett. o), Cost.);
§ nell’esercizio della competenza legislativa concorrente nelle materie – di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. – tutela e sicurezza del lavoro, ordinamento sportivo, istruzione, professioni, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che lo stesso art. 117, terzo comma, Cost. dispone che nelle materie di legislazione concorrente la potestà legislativa spetta alle regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Con specifico riferimento alla materia “ordinamento sportivo”, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 424/2004 confermando che “lo Stato deve limitarsi alla determinazione, in materia, dei principi fondamentali, spettando invece alle regioni la regolamentazione di dettaglio” ha chiarito che è comunque fatta salva “una diversa allocazione, a livello nazionale, delle funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 118, primo comma, della Costituzione”.
Per completezza, si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale ha affermato che l'autoqualificazione non è determinante per ritenere che le singole disposizioni siano effettivamente principi o norme fondamentali e, in quanto tali, riconducibili alla competenza statale, dovendo essere sempre valutato, in ciascun caso, il carattere sostanziale delle norme cui il legislatore attribuisce tale qualifica (ex multis, cfr. sentenze 355/1994, 354/1994 e 1033/1988). La qualificazione del legislatore non può, quindi, assumere valore precettivo, tale da attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza. Essa costituisce, piuttosto, un'esplicita indicazione dell'intenzione del legislatore ed acquista valore sintomatico delle caratteristiche delle disposizioni.
Lo stesso art. 4 ribadisce, inoltre, che le regioni a statuto ordinario esercitano le proprie funzioni nelle materie di competenza ai sensi dell’art. 117, terzo, quarto e sesto comma, Cost.
Ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. rilevano le competenze legislative delle regioni a statuto ordinario nelle materie di legislazione concorrente sopra indicate.
L'art. 117, quarto comma, Cost., relativo alla cd. competenza legislativa residuale, riserva alle regioni la potestà legislativa su ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
L'art. 117, sesto comma, Cost. riguarda, invece, la potestà regolamentare, che spetta alle regioni su ogni materia, ad eccezione:
- di quelle rientranti nella legislazione esclusiva dello Stato, che spettano a quest'ultimo, salva la possibilità in ogni caso di delega regionale;
- della disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni attribuite agli enti locali, riservate a questi ultimi.
Alla luce del riferimento anche alla potestà regolamentare delle regioni, si valuti l’opportunità di eliminare, nella rubrica dell’art. 4, l’aggettivo “legislative”.
Infine, l’art. 4 ribadisce che la disciplina introdotta è applicabile nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla L. cost. 3/2001.
Gli articoli da 5 a 11 recano disposizioni riguardanti le associazioni e le società sportive dilettantistiche.
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 2 dello schema definisce Associazione o società sportiva dilettantistica “il soggetto giuridico affiliato ad una Federazione sportiva nazionale, ad una Disciplina sportiva associata o ad un Ente di promozione sportiva che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica” (co. 1, lett. a)).
In particolare, rispetto alla normativa vigente, la principale novità concerne la forma giuridica che gli enti sportivi dilettantistici possono assumere. Ulteriori novità riguardano la possibilità di esercitare attività secondarie e strumentali rispetto alle attività istituzionali e di distribuire una parte dei dividendi, nonché il riconoscimento a fini sportivi e la tenuta del Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.
La disciplina delle società e associazioni sportive dilettantistiche è recata dall’art. 90 della L. 289/2002, il cui co. 17 – come successivamente modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 (L. 128/2004) – specifica che esse devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica (artt. 36 e ss. c.c.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (DPR 361/2000); società sportiva di capitali o cooperativa ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.
Il co. 18 – anch’esso modificato dall’art. 4 del D.L. 72/2004 – dispone che le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve essere indicata, tra l'altro, la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti: la denominazione; l'oggetto sociale con riferimento all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica; l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione; l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile; l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari; le modalità di scioglimento dell'associazione; l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni.
A sua volta, il co. 18-bis stabilisce il divieto per gli amministratori delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell'ambito della medesima FSN o DSA se riconosciute dal CONI, ovvero nell'ambito della medesima disciplina facente capo ad un EPS.
Per le previsioni di carattere tributario recate dallo stesso art. 90, si veda infra.
L’organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche, ossia il soggetto che può riconoscerle a fini sportivi, è il CONI, come previsto dall’art. 5, co. 2, lett. c), del d.lgs. 242/1999 – che demanda al medesimo organismo l'adozione di provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle FSN, delle società ed associazioni sportive, degli EPS, delle associazioni benemerite e delle DSA – e confermato dall’art. 7 del D.L. 136/2004 (L. 186/2004).
A tal fine, nonché allo scopo di trasmettere annualmente all’Agenzia delle entrate l'elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute, il CONI, da ultimo con deliberazione 1574 del 18 luglio 2017, ha istituito, in attuazione dell’art. 5, co. 2, lett. c), del d.lgs. 242/1999, un registro telematico, soggetto a verifica annuale, ossia il Registro nazionale delle associazione e società sportive dilettantistiche
[12]
.
Al registro possono essere iscritte le associazioni e le società sportive dilettantistiche affiliate a FSN o a DSA o a EPS
[13]
.
Nel registro vi è poi una Sezione CIP (Comitato italiano paralimpico), dedicata alle società e associazioni sportive dilettantistiche affiliate a: federazioni e discipline sportive paralimpiche riconosciute dal CIP (FSP e DSP); federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate le cui attività siano state riconosciute dal CIP (FSNP e DSAP); enti di promozione sportiva paralimpica riconosciuti dal CIP (EPSP).
Nello specifico, l’articolo 5 riproduce il contenuto della normativa vigente con riguardo all’obbligo per gli enti sportivi dilettantistici di indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica.
Inoltre, è confermata la possibilità che i suddetti enti possano assumere la forma giuridica di associazione sportiva priva di personalità giuridica, ai sensi degli artt. 36 e ss. c.c., e di associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato.
Alcune novità riguardano invece, pur in assenza di specifici criteri di delega, la forma giuridica societaria. Nella disciplina vigente infatti, come si è visto, le società e associazioni sportive dilettantistiche possono assumere la forma di società sportiva di capitali o cooperativa: a seguito di quanto previsto dallo schema in esame, invece, gli enti sportivi dilettantistici possono assumere la forma di “società ai sensi del Libro V, Titolo V, del codice civile” e dunque non solo società di capitali, ma anche società di persone. Non possono, invece, assumere la forma giuridica di cooperative. La disciplina di queste ultime, è infatti, contenuta nel Titolo VI del Libro V del codice civile, non richiamato dalla disposizione in esame.
Nel Libro V, Titolo V, del codice civile sono contenute le norme che disciplinano le società di persone (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice) e di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni e società in accomandita per azioni).
Lo stesso art. 5 dispone, inoltre, che l’affiliazione degli enti sportivi dilettantistici alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva è annuale e che è possibile affiliarsi contemporaneamente anche a più di un organismo sportivo.
In tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
Infine, stabilisce che gli enti sportivi dilettantistici, ricorrendone i presupposti, possono assumere la qualifica di enti del terzo settore (art. 5, co. 1, lett. t), d.lgs. 117/2017) e di impresa sociale (art. 2, co. 1, lett. u), d.lgs. 112/2017), e che, in tali casi, le disposizioni del decreto legislativo trovano applicazione solo in quanto compatibili.
In base all’art. 4 del d.lgs. 117/2017, sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società, costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore (istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali: art. 45). In base all’art. 22, l’iscrizione nel registro determina l’acquisto della personalità giuridica, purché l’associazione disponga di un patrimonio minimo costituito da una somma liquida e disponibile non inferiore a € 15.000.
L’art. 5 dello stesso d.lgs. stabilisce che si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attività aventi ad oggetto, tra l’altro, organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche
[14]
.
L’art. 1 del d.lgs. 112/2017 ha disposto che possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
A sua volta, l’art. 2 ha stabilito che si considerano di interesse generale le attività d'impresa aventi ad oggetto, tra l’altro, organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche.
Si segnala, inoltre, che il citato art. 1 ha specificato, al co. 4, che le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla L. 381/1991, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Si tratta, evidentemente, dell’attribuzione di una qualifica successiva all’assunzione della forma giuridica dell’ente.
A sua volta, l’articolo 6 conferma che le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve essere indicata, tra l’altro, la sede legale. Conferma, altresì, che nello statuto devono essere espressamente previsti: la denominazione; l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione; l’assenza di fini di lucro; le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatti salvi gli enti sportivi che assumono la forma societaria (ora, come si è visto, più ampia) per i quali si applicano le disposizioni del codice civile; l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari; le modalità di scioglimento; l’obbligo di devoluzione a fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento.
Conferma, altresì, la necessità che nello statuto sia espressamente previsto l’oggetto sociale. Al riguardo, rispetto alla legislazione vigente, si prevede che lo stesso deve fare riferimento all’esercizio – ora, stabile e principale –, oltre che dell’organizzazione, anche della gestione di attività sportive dilettantistiche, fra le quali sono comprese – in assonanza con la definizione –, oltre che la didattica, anche la formazione, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica.
A sua volta, l’articolo 8 introduce la possibilità per le associazioni e le società sportive dilettantistiche, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano, di esercitare attività secondarie e strumentali rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (art. 17, co. 3, L. 400/1988).
Con particolare riguardo all’assenza di fine di lucro
[15]
, l’articolo 7 dispone – analogamente a quanto previsto per le imprese sociali dal d.lgs. 112/2017 – che le associazioni e le società sportive dilettantistiche destinano eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio.
In particolare, vieta la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto. A tal fine, richiama l’art. 3, co. 2, ultimo periodo, e co. 2-bis, del citato d.lgs. 112/2017
[16]
.
Tuttavia, le società sportive dilettantistiche costituite nelle forme di cui al Libro V, Titolo V, c.c., possono destinare una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, alternativamente:
§
ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti;
§
alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o attraverso l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.
Per le medesime società è altresì ammesso il rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato, nei medesimi limiti sopra indicati.
L’articolo 9 dispone in materia di riconoscimento ai fini sportivi delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, che viene affidato a federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
In particolare, l’art. 9 stabilisce, innanzitutto, che la certificazione della effettiva natura dilettantistica dell’attività svolta avviene mediante l’iscrizione nel nuovo Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, ora tenuto dal Dipartimento per lo sport, che trasmette annualmente all’Agenzia delle entrate l’elenco delle società e delle associazioni sportive ivi iscritte.
In base all’art. 2, per Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche si intende “il registro istituito presso il Dipartimento per lo sport al quale devono essere iscritte, per accedere a benefici e contributi pubblici di qualsiasi natura, tutte le società e associazioni sportive dilettantistiche che svolgono attività sportiva, compresa l’attività didattica e formativa, e che operano nell’ambito di una federazione sportiva nazionale, una disciplina sportiva associata, un ente di promozione sportiva riconosciuti dal CONI” (co. 1, lett. gg)).
Nella definizione, dunque, non si fa riferimento ai corrispondenti organismi paralimpici. Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
L’istituzione del nuovo Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche presso il Dipartimento per lo sport è prevista dall’art. 4 del coevo schema di d.lgs. attuativo dell’art. 8 della stessa L. 86/2019 (A.G. n. 228). L’art. 12 dello stesso schema precisa che il Registro sostituisce a tutti gli effetti il Registro nazionale attualmente tenuto dal CONI.
Al riguardo, l‘Analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema in commento fa presente che la richiesta di collocare il Registro presso il Dipartimento per lo sport è stata avanzata dagli EPS.
Lo stesso art. 9 stabilisce che il Dipartimento per lo sport, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni relative agli enti sportivi dilettantistici, esercita funzioni ispettive, avvalendosi della società Sport e salute S.p.a..
Si valuti l’opportunità di fare riferimento alla verifica del rispetto delle disposizioni “di cui agli articoli da 5 a 11” (che riguardano gli enti sportivi dilettantistici), invece che delle disposizioni “del presente Capo”.
Infatti, come si è già evidenziato, il Capo I del Titolo II include anche l’art. 12, che riguarda l’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali.
In base allo stesso art. 9, le norme di coordinamento necessarie al fine di assicurare l’unicità, la completezza, la periodicità e l’efficacia dell’attività ispettiva, devono essere individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
In caso di violazione delle disposizioni, il Dipartimento per lo sport diffida gli organi di amministrazione degli enti dilettantistici a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine, comunque non inferiore a 20 giorni. Nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate entro i termini prescritti, il Dipartimento per lo sport revoca la qualifica di ente dilettantistico.
Anche in tal caso, si valuti l’opportunità di fare riferimento alla violazione delle disposizioni di cui agli articoli da 5 a 11.
In materia di incompatibilità dispone l’articolo 10, che sancisce il divieto per gli amministratori delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche di ricoprire qualsiasi carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche all’interno della stessa FSN o DSA riconosciuta dal CONI, ovvero nell’ambito della medesima disciplina sportiva facente capo ad un EPS “riconosciuto dal Dipartimento per lo Sport”.
In tal caso non si fa esplicito riferimento anche ai corrispondenti organismi paralimpici.
Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
Inoltre, si valuti l’opportunità di chiarire il riferimento al riconoscimento degli EPS da parte del Dipartimento per lo sport.
Si ricorda, infatti, che, al pari delle FSN e delle DSA, che, a fini sportivi, sono riconosciute dal Consiglio nazionale del CONI, anche gli EPS sono riconosciuti dal CONI.
L’articolo 11 definisce la posizione tributaria delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, confermando, sostanzialmente, la disciplina vigente.
Preliminarmente si ricorda, infatti, che il già citato art. 90, co. 4, 5 e 8, della L. 289/2002 stabilisce che:
- il CONI, le Federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI non sono obbligati ad operare la ritenuta del 4% a titolo di acconto sui contributi erogati alle società e associazioni sportive dilettantistiche
[17]
(co. 4);
- gli atti costitutivi e di trasformazione delle società e associazioni sportive dilettantistiche, nonché delle Federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo svolgimento dell'attività sportiva, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa (co. 5);
- il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a € 200.000, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario
[18]
(co. 8).
In particolare, i commi 1 e 2 confermano quanto previsto, rispettivamente, dall’art. 90, co. 4 e 5, della L. 289/2002.
Il comma 3 conferma quanto previsto dall’art. 90, co. 8, della stessa L. 289/2002, ma sostituisce il richiamo all’art. 74, co. 2, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al DPR 917/1986 con il rinvio all’art. 108, co. 1, del medesimo DPR.
L’art. 108, co. 1, del DPR 917/1986 – come sostituito dall'art. 13-bis, co. 2, lett. c), n. 1), del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) - stabilisce che le spese relative a più esercizi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio.
Al riguardo si ricorda anche che il co. 4-bis del medesimo art. 108 - introdotto dall'art. 7, co. 8, del d.lgs. 156/2015 - prevede che il contribuente può interpellare l'amministrazione finanziaria in ordine alla qualificazione di determinate spese sostenute, tra quelle di pubblicità e di propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza.
Ciò, ai fini di verificare se dette spese possono essere considerate deducibili. In tal caso, le spese sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento e sono commisurate all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell'impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari: a) all'1,5% dei ricavi e altri proventi fino a € 10 mln; b) allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente € 10 mln e fino a € 50 mln; c) allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente € 50 mln. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a € 50.
La disposizione in commento sembra quindi volta a superare la necessità dell’interpello e a stabilire in norma primaria il limite di deducibilità delle predette spese.
In conseguenza di quanto disposto, l’articolo 52, comma 2, lett. a), prevede l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, dell’art. 90, co. 4, 5, 8, 17, 18, 18-bis, della L. 289/2002.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di abrogare esplicitamente anche le disposizioni che attribuiscono al CONI il riconoscimento ai fini sportivi delle associazioni e società sportive dilettantistiche e la tenuta del relativo registro.
L’articolo 12 disciplina l’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali, riproponendo, con alcune integrazioni, la disciplina vigente.
Al riguardo si ricorda, infatti, preliminarmente, che l’art. 90, co. 24-26, della già citata L. 289/2002 – come novellato dall’art. 13 del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) –, dispone, anzitutto, che l'uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive.
Nei casi in cui l'ente territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d'uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l'individuazione dei soggetti affidatari. Le modalità di affidamento sono disciplinate dalle regioni con propria legge.
Le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell'attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari, devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l'istituto scolastico o in comuni confinanti.
Per completezza, si ricorda che con sentenza n. 424/2004 la Corte costituzionale ha ritenuto che le disposizioni contenute nell’art. 90, co. 24, 25 e 26 della L. 289/2002, che erano state impugnate da parte di alcune regioni, non invadevano le competenze regionali, in quanto recanti principi fondamentali.
In particolare, l’articolo 12, nel riproporre la disciplina vigente, la integra con la precisazione che gli affidamenti degli impianti sportivi (nel caso in cui l’ente territoriale non intenda gestirli direttamente) sono disposti nel rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) e del diritto dell’Unione europea.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 2, lett. a), prevede l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, dell’art. 90, co. 24, 25 e 26, della L. 289/2002.
Si valuti l’opportunità di collocare l’art. 12 in un Capo a sé stante.
Gli articoli 13 e 14, nel disporre in materia di società sportive professionistiche, confermano sostanzialmente – tranne che per alcuni aspetti – le disposizioni recate dalla normativa vigente.
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, in base agli artt. 10 e 11 della L. 91/1981, possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata. Per le società sportive professionistiche è in ogni caso obbligatoria, in deroga all'art. 2477 c.c., la nomina del collegio sindacale.
L'atto costitutivo deve prevedere che la società può svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali e che una quota parte degli utili, non inferiore al 10%, è destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva. Inoltre, può sottoporre a speciali condizioni l'alienazione delle azioni o delle quote.
Prima di procedere al deposito dell'atto costitutivo – che deve avvenire entro 30 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese –, la società deve ottenere l'affiliazione da una o da più FSN riconosciute dal CONI
[19]
. Gli effetti dell’affiliazione restano sospesi fino al deposito dell’atto costitutivo. Il deposito deve avvenire presso la FSN alla quale la società è affiliata. La stessa società deve anche dare comunicazione alla FSN, entro 20 giorni dalla deliberazione, di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti.
Negli atti costitutivi deve essere prevista – a seguito delle modifiche apportate dall’art. 4, co. 1, della L. 86/2019 – la costituzione di un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. L'organo è formato da non meno di tre e non più di cinque membri, eletti ogni tre anni dagli abbonati alla società sportiva, con sistema elettronico, secondo le disposizioni di un apposito regolamento approvato dal consiglio di amministrazione della stessa società. Il regolamento deve stabilire regole in materia di riservatezza e indicare le cause di ineleggibilità e di decadenza, tra le quali, in ogni caso, l'emissione nei confronti del tifoso di un provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, c.d. DASPO (ex art. 6, L. 401/1989), o di una qualsiasi misura di prevenzione (di cui al d.lgs. 159/2011, c.d. Codice antimafia), ovvero di un provvedimento di condanna, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Sono fatti salvi gli effetti dell'eventuale riabilitazione o della dichiarazione di cessazione degli effetti pregiudizievoli ai sensi dell'art. 6, co. 8-bis, della citata L. 401/1989. L'organo consultivo elegge tra i propri membri il presidente, che può assistere alle assemblee dei soci.
In base alle modifiche da ultimo apportate dall’art. 15-bis, co. 1, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020), l’assetto societario delle società sportive professionistiche deve essere adeguato alle previsioni relative all’organo consultivo entro 18 mesi dal 31 agosto 2019 (data di entrata in vigore della L. 86/2019) e, dunque, entro il 28 febbraio 2021 (data che coincide con quella per l’esercizio della delega prevista dall’art. 5 della stessa L. 86/2019).
Nello specifico, l’articolo 13 conferma che le società sportive professionistiche sono costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, e che è obbligatoria la nomina del collegio sindacale.
Conferma, inoltre, che l’atto costitutivo:
§
deve prevedere che la società può svolgere esclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali;
§
deve prevedere che una quota parte degli utili, non inferiore al 10%, è destinata a scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva;
§
può sottoporre a speciali condizioni l’alienazione delle azioni o delle quote;
§
deve prevedere la costituzione di un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. La relativa disciplina è identica a quella vigente, ma si differisce ulteriormente il termine previsto per l’adeguamento degli assetti societari, fissandolo entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Al riguardo, si ricorda che la figura del "tifoso" non è definita dal punto di vista giuridico e, a maggior ragione, giuridicamente indefiniti sono anche i suoi interessi. È, invece, più semplice identificare l'"abbonato", il cui legame con la società sportiva è reso oggettivo dall'acquisto di un titolo di accesso agli impianti, e conseguentemente più delineati sono anche i suoi interessi.
Si valuti, dunque, l'opportunità di fare riferimento alla tutela degli interessi specifici degli abbonati, analogamente a quanto previsto per l'elezione dei componenti dell'organo consultivo. Più in generale, si valuti l'opportunità di specificare quali siano gli specifici interessi che l'organo consultivo è chiamato a tutelare.
Il medesimo art. 13 conferma, altresì, che, prima di procedere al deposito dell’atto costitutivo, la società deve ottenere l’affiliazione da una o da più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI o – si specifica ora – dal CIP, qualora svolga attività sportiva paralimpica.
Infine, conferma che:
§
gli effetti derivanti dall’affiliazione restano sospesi fino al deposito dell’atto costitutivo;
§
l’affiliazione può essere revocata dalla federazione sportiva nazionale (ovvero, si intenderebbe, dalla federazione sportiva paralimpica) per gravi infrazioni all’ordinamento sportivo;
§
la revoca dell’affiliazione determina l’inibizione dello svolgimento dell’attività sportiva;
§
avverso le decisioni della federazione sportiva nazionale (ovvero, si intenderebbe, dalla federazione sportiva paralimpica) è ammesso ricorso alla Giunta del CONI, che si pronuncia entro 60 giorni dal ricevimento del ricorso. Per tale fattispecie non si fa riferimento (anche) al ricorso – nei casi pertinenti – alla Giunta del CIP.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.
A sua volta, l’articolo 14 conferma le disposizioni vigenti in materia di deposito degli atti costitutivi, stabilendo che le società sportive professionistiche, entro 30 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese, devono depositare l'atto costitutivo presso la federazione sportiva nazionale (ovvero, si intenderebbe, la federazione sportiva paralimpica) alla quale sono affiliate e, entro 20 giorni dalla deliberazione, devono dare comunicazione alla medesima federazione sportiva di ogni avvenuta variazione dello statuto o delle modificazioni concernenti gli amministratori ed i revisori dei conti.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 1, lett. b), dispone l’abrogazione (anche) degli artt. 10 e 11 della L. 91/1981, a decorrere dal 1° settembre 2021.
Gli articoli 15 e 16 disciplinano a livello legislativo il tesseramento degli atleti.
In argomento, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 2 del Regolamento di funzionamento del Registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche – di cui si è detto in precedente scheda – evidenzia che “con ’tesseramento’ si intende il rapporto esistente fra le persone fisiche (c.d. tesserati) e l’organismo sportivo e prescinde dal vincolo sportivo [v. infra] o da fattispecie giuridiche equipollenti. Lo statuto di ‘tesserato’ si acquisisce attraverso l’iscrizione della persona fisica all’Associazione/Società affiliata all’Organismo sportivo ovvero direttamente all’Organismo sportivo, senza la mediazione dell’Associazione/Società. Il tesseramento, quando avviene attraverso l’iscrizione del soggetto ad una associazione o società sportiva, non può avere durata superiore a 12 mesi”.
In particolare, l’articolo 15 dispone che con l’atto di tesseramento l’atleta instaura un rapporto associativo con la propria associazione o società sportiva o, nei casi ammessi, con la federazione sportiva nazionale o la disciplina sportiva associata.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP (pur prevedendosi, nello stesso articolo, l’osservanza, da parte degli atleti tesserati, delle norme dettate dal CIP e dall’IPC. Al tesseramento con gli organismi paralimpici si fa, invece, riferimento nell’art. 16 per i minori di anni 18 che non sono cittadini italiani).
Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
Infine, non è previsto il tesseramento con un ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI (né dal CIP).
Si valuti, pertanto, l’opportunità di un chiarimento.
In base allo stesso art. 15, il tesserato ha diritto di partecipare all’attività e alle competizioni organizzate dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata, dall’ente di promozione sportiva “di appartenenza dell’associazione o dalla società sportiva cui è associato”, nonché, ove in possesso dei requisiti previsti, di ricoprire le cariche dei relativi organi direttivi e di partecipare alle assemblee degli organi consiliari, secondo le previsioni statutarie e regolamentari.
Si valuti l’opportunità di chiarire se con la locuzione “di appartenenza” si voglia fare riferimento al concetto di affiliazione e si corregga il refuso “dalla società sportiva”.
Nell’esercizio della pratica sportiva, gli atleti tesserati sono tenuti ad osservare le norme dettate dal CONI, dal CIO, dal CIP, dall’IPC e dalla federazione sportiva nazionale, dalla federazione sportiva internazionale, dalla disciplina sportiva nazionale o dall’ente di promozione sportiva di appartenenza.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Con riguardo agli atleti minorenni, l’articolo 16 stabilisce, anzitutto, che la richiesta di tesseramento, che deve essere presentata tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del minore, può essere compiuta disgiuntamente da ciascun genitore nel rispetto della responsabilità genitoriale.
In particolare:
§
in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, si applicano le disposizioni dell’art. 316 c.c..
In base all’art. 316 c.c., «entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio». La disposizione aggiunge però che, in caso di disaccordo tra i genitori su questioni di particolare importanza, ciascuno di essi può ricorrere al giudice, che indica i provvedimenti ritenuti più idonei.
L’art. 320 c.c. conferma questo principio disponendo che «I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni». Il medesimo articolo distingue poi gli atti di ordinaria amministrazione dagli atti di straordinaria amministrazione. Per i primi è ritenuto sufficiente il consenso di uno solo dei genitori, salvo quegli atti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento per i quali è richiesto comunque il consenso di entrambi gli esercenti la potestà. Gli atti di straordinaria amministrazione, invece, devono essere realizzati con il consenso di entrambi i genitori o, in caso di disaccordo e soltanto per necessità o utilità evidente per il figlio, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Secondo la dottrina prevalente, avallata anche da costante giurisprudenza (cfr. Cass., SS.UU., 9 maggio 1986 n. 3091; Cass. 5 aprile 1993, n. 4063), il tesseramento deve essere considerato come un provvedimento amministrativo di ammissione alla stregua di una licenza, necessario per esercitare attività sportiva agonistica riconosciuta e tutelata all'interno dell'organizzazione federale. Il tesseramento ha, quindi, lo scopo di identificare i soggetti che a vario titolo partecipano all'organizzazione dell'attività sportiva, al fine di garantire il corretto svolgimento delle manifestazioni sportive.
Conseguentemente, la dottrina e la giurisprudenza che hanno affrontato il tema della natura dell’atto di tesseramento sportivo del minore, l’hanno prevalentemente ricondotto all’ordinaria amministrazione (inidoneo a produrre conseguenze economiche rilevanti sul patrimonio del minore), consentendo dunque di prescindere dall’intervento del giudice tutelare e soprattutto di far sottoscrivere l’atto ad un solo genitore esercente la responsabilità genitoriale
[20]
;
§
in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, si applicano le disposizioni di cui agli artt. 337-bis e ss. c.c..
Gli articoli da 337-bis a 337-octies c.c. compongono il Capo II del Titolo IX del Libro I, e sono dedicati all’esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio, ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio. In particolare l’art. 337-ter stabilisce che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori e che le decisioni di maggiore interesse per i figli sono assunte di comune accordo. In caso di disaccordo, la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
Inoltre, lo stesso art. 16 dispone che il minore che ha compiuto 12 anni non può essere tesserato se non presta personalmente il proprio assenso.
Le suddette disposizioni si applicano, a determinate condizioni, anche ai minori non in possesso di cittadinanza italiana. In particolare, al riguardo si conferma quanto previsto dall’art. 1, co. 369, ultimo periodo, della L. 205/2017 e dall’art. 1, co. 2, della L. 12/2016.
Si ricorda, infatti, che l’art. 1, co. 1, della L. 12/2016 aveva previsto che i minori di 18 anni che non erano cittadini italiani e che risultavano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno da quando avevano compiuto 10 anni potevano essere tesserati presso società sportive appartenenti alle FSN, alle DSA o agli EPS con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani.
Il co. 2 ha previsto che il tesseramento resta valido dopo il compimento del diciottesimo anno di età fino al completamento delle procedure per l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte di coloro che, ricorrendo i presupposti, ne abbiano fatto richiesta.
La previsione recata dall’art. 1, co. 1, della L. 12/2016 è poi stata ampliata dall’art. 1, co. 369, ultimo periodo, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), che ha disposto che i minori cittadini di Paesi terzi, anche non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno, laddove siano iscritti da almeno un anno a una qualsiasi classe dell'ordinamento scolastico italiano, possono essere tesserati presso società o associazioni affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate o agli enti di promozione sportiva, anche paralimpici, senza alcun aggravio rispetto a quanto previsto per i cittadini italiani.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 2, lett. b) e c), dispone l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, della L. 12/2016 e dell’art. 1, co. 369, ultimo periodo, della L. 205/2017.
L’articolo 17 dispone in materia di tecnici e dirigenti sportivi, mentre l’articolo 18 dispone in materia di direttori di gara.
In particolare, l’articolo 17 dispone, anzitutto, che tra i tecnici rientrano gli istruttori, gli allenatori, i maestri e i selezionatori.
Dispone, poi, che i tecnici e i dirigenti sportivi sono tenuti ad osservare le norme dettate dal CONI, dal CIO, dal CIP, dall’IPC, dalla federazione sportiva nazionale, dalla federazione sportiva internazionale o dall’ente di promozione sportiva di appartenenza.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo delle federazioni sportive nazionali e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Inoltre, si valuti l’opportunità di chiarire se tra i tecnici rientrano anche i direttori tecnici e se per dirigenti sportivi, per i quali l’art. 2 non reca una definizione , si intendono i direttori sportivi, per i quali, invece, la definizione è presente nello stesso art. 2.
In base all’art. 2 dello schema:
- per Direttore Tecnico si intende “il soggetto che cura l’attività concernente l’individuazione degli indirizzi tecnici di una società sportiva, sovraintendendo alla loro attuazione e coordinando le attività degli allenatori a cui è affidata la conduzione tecnica delle squadre della società sportiva” (co. 1, lett. q));.
- per Direttore sportivo si intende “il soggetto che cura l’assetto organizzativo e amministrativo di una società sportiva, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti fra società, atleti e allenatori, nonché la conduzione di trattative con altre società sportive aventi ad oggetto il trasferimento di atleti, la stipulazione delle cessioni dei contratti e il tesseramento” (co. 1, lett. p)).
A sua volta, l’articolo 18 stabilisce che i direttori di gara – che partecipano allo svolgimento delle manifestazioni sportive per assicurarne la regolarità tecnica – provvedono alla direzione delle gare, all’accertamento e valutazione dell’attività nonché alla registrazione dei relativi risultati.
In base all’art. 2, per Direttore di gara si intende “il soggetto che, osservando i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza di giudizio, svolge, per conto dalle competenti Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate ed Enti di promozione sportiva, attività volte a garantire la regolarità dello svolgimento delle competizioni sportive” (co. 1, lett. o)).
Inoltre, lo stesso art. 18 dispone che il reclutamento, la formazione e la designazione dei direttori di gara spetta ad articolazioni interne delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva, dotate di autonomia operativa.
Anche in tal caso, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Disposizioni specifiche in materia di contratto individuale con il direttore di gara sono recate dall’art. 28 dello schema.
Gli articoli da 19 a 21, armonizzando – come sottolinea la relazione illustrativa – le disposizioni del Ministero della salute e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, recano una disciplina unitaria riguardante gli animali impiegati in attività sportive.
In particolare, l’articolo 19 detta norme per tutelare il benessere degli animali che vengono impiegati nelle attività sportive.
Il comma 1 stabilisce il principio secondo cui coloro che detengono a qualsiasi titolo un animale impiegato in attività sportive devono preservarne il benessere, definito in termini di:
-
alimentazione;
-
cura della salute;
-
accudimento nel rispetto delle sue esigenze etologiche.
La normativa vigente prevede più in dettaglio norme sul benessere degli animali detenuti negli allevamenti
[21]
e sulla protezione degli animali durante l’abbattimento
[22]
. Inoltre, specifiche norme sono previste dalla L. 201/2010, che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione di Strasburgo del 13 novembre 1987 per la protezione degli animali da compagnia.
Il comma 2 chiarisce, sempre con riferimento agli animali impiegati nell’attività sportiva, che sono vietati metodi di addestramento e di allenamento che possono danneggiare la salute ed il benessere psicofisico dell’animale, considerato come essere senziente in base all’art. 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Tale articolo sancisce che nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell'Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.
In proposito, nell’ordinamento nazionale, si ricorda la L. 189/2004, recante le disposizioni sul divieto di maltrattamento degli animali e di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, che ha inserito nel codice penale il titolo IX-bis, dedicato ai “delitti contro il sentimento degli animali” (per un approfondimento su tali reati si veda, infra, l’art. 20).
Viene altresì vietato qualsiasi metodo di coercizione o costrizione, oltre che l’utilizzo di mezzi o dispositivi che possano provocare danni alla salute e al benessere psicofisico dell’animale e comunque provocarne sofferenza. Si specifica in proposito che devono essere utilizzati metodi di addestramento che tengano conto delle capacità cognitive e delle modalità di apprendimento degli animali.
Il comma 3 stabilisce il divieto di far allenare e gareggiare animali in stati fisiologici incompatibili con lo sforzo richiesto, come nel caso di gravidanza avanzata o di allattamento. Inoltre, la bardatura e le attrezzature da utilizzare per l’attività sportiva, compresa la ferratura, devono essere idonei ad evitare all’animale lesioni, dolore, sofferenze o disagi psico-fisici.
Al comma 4 si richiama il principio che, per l’incolumità degli animali, le caratteristiche tecniche delle piste, dei campi e delle aree di gara, comunque denominate, nonché di tutte le relative attrezzature utilizzate, devono rispondere ad appositi criteri di sicurezza e salvaguardia. Inoltre, le strutture dove gli animali vengono custoditi devono assicurare agli stessi uno spazio di movimento e di riposo adeguato alla loro specifica natura.
Ai sensi del comma 5, ogni animale deve essere dotato di un documento di identità anagrafica intestato a persona fisica maggiore di età o a persona giuridica, che ne assume i doveri di custodia, di mantenimento e di cura, e di una scheda sanitaria.
In base alla normativa vigente, norme di individuazione anagrafica derivano dalla L. 281/1991 che ha definito il quadro normativo in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo, prevedendo, tra l’altro, la promozione della tutela degli animali d'affezione mediante attribuzione alle regioni, province autonome e comuni di specifiche competenze in materia. Peraltro, anche in virtù della sopra citata L. 201/2010, che ha ratificato la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, è stato reso obbligatorio provvedere all'identificazione e alla registrazione dei cani nell’Anagrafe canina del comune di residenza o della ASL competente, in conformità alle disposizioni adottate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano (Accordo Stato Regioni 24 gennaio 2013), mentre per i gatti e i furetti l’identificazione obbligatoria con microchip è stata prevista per gli spostamenti all’estero, anche allo scopo di acquisire un passaporto europeo. Inoltre, i proprietari di gatti e furetti possono iscrivere volontariamente i propri animali nelle anagrafi regionali. I medici veterinari liberi professionisti possono registrare i gatti per libera scelta dei proprietari anche nella banca dati privata denominata “Anagrafe Nazionale Felina” realizzata dall’ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani).
Il comma 6 prevede il divieto di macellare o sopprimere altrimenti gli animali non più impiegati in attività sportive, fatta eccezione per l’abbattimento umanitario.
Tale caso è previsto quando è necessario abbattere l’animale a seguito di eventi infausti che ne hanno compromesso irreversibilmente le capacità motorie o vitali (come, ad esempio, nel caso di equidi impiegati in competizioni o gare), allo scopo di ridurne al minimo la sofferenza.
Il comma 7 detta le norme per i veicoli dedicati al trasporto degli animali, che devono garantirne la sicurezza e l’incolumità, essere ben ventilati, puliti e disinfettati. Si precisa che il trasporto deve avvenire nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 3 del Regolamento (CE) 1/2005 e, comunque, garantendo condizioni tali da non esporre gli animali a lesioni o sofferenze.
Il Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004 ha dettato specifiche norme allo scopo di prevedere il principio che il trasporto di animali vivi, compresi gli animali da macello, che comporta lunghi viaggi deve essere limitato nella misura del possibile, assicurando che il personale che accudisce gli animali durante il trasporto abbia completato un corso di formazione riconosciuto dalle autorità competenti
[23]
e che vengano effettuati tutti i controlli veterinari necessari ai posti d'ispezione frontalieri della Comunità, incluso un esame approfondito delle condizioni di benessere in cui gli animali sono trasportati.
In particolare, l’art. 3 stabilisce le condizioni standard per il trasporto di animali volte a sollevarli dal possibile rischio di sofferenze inutili, tra l’altro riducendo al minimo la durata del viaggio, assicurandoli in mezzi di trasporto progettati per garantirne l’incolumità, ad opera di personale formato e idoneo alle cure necessarie, con controlli ad intervalli regolari e garantendo loro sufficiente spazio, acqua, alimenti e riposo, anche in base alla loro specie e taglia.
Per completezza, si ricorda che, con riferimento alle norme sanitarie per la circolazione degli animali da circo tra gli Stati membri si fa rinvio a quanto stabilito dal Regolamento (CE) n. 1739/2005 della Commissione del 21 ottobre 2005 e alla L. 337/1968 sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante.
Infine, ai sensi del comma 8, è fatto obbligo al proprietario dell’animale di stipulare una polizza assicurativa per i danni provocati dall’animale anche qualora si trovi sotto la custodia di soggetto diverso dal proprietario stesso.
Per completezza, si ricorda che la L. 150/1992 ha disciplinato i reati relativi all'applicazione in Italia della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione di cui alla L. 874/1975, oltre che le norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. All’art. 6 della predetta legge si specifica il divieto di detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l’incolumità pubblica, soprattutto con riferimento alle possibili malattie infettive trasmissibili. Il DM 19 aprile 1996 ha stabilito l’elenco delle specie animali che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica e di cui è proibita la detenzione.
L’articolo 20 disciplina l’ammissione degli animali alle competizioni sportive, prevedendo, innanzitutto, che la stessa è subordinata all’accertamento, da parte di un veterinario, della sua idoneità a gareggiare, per condizioni di salute, età e genere, e della sua regolare identificazione e registrazione. E’ comunque fatto obbligo all’organizzatore di eventi sportivi con animali di garantire la presenza di un veterinario durante lo svolgimento della manifestazione o della gara.
Stabilisce, inoltre, che è vietata la partecipazione alle manifestazioni ed alle competizioni sportive di animali i cui detentori hanno riportato condanne definitive per i reati previsti e puniti dalle disposizioni di cui al Libro II, Titolo IX-bis, c.p., dell’art. 727 c.p., e per le violazioni previste dall’ordinamento sportivo.
Si valuti l’opportunità di specificare se, ai fini di quanto previsto dall’art. 20, le locuzioni “competizioni”, “manifestazioni” ed “eventi” sono da considerarsi sinonimi.
Si ricorda che il Titolo IX-bis del Libro II del codice penale, introdotto dalla L. 189/2004, punisce i delitti contro il sentimento per gli animali. Come si evince dalla stessa rubrica del Titolo, il bene giuridico tutelato è la “pietas” nei confronti degli animali, ovvero “quel sentimento umano che induce alla ribellione nei confronti di coloro che incrudeliscono ovvero infliggono inutili sofferenze” agli animali (cfr., ex multis, Cassazione penale, Sez. III, sent. n. 16755/2019).
Il richiamato titolo IX-bis comprende le seguenti 4 fattispecie di reato:
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uccisione di animali (art. 544-bis), che consiste nella condotta di chiunque cagiona, per crudeltà o senza necessità
[24]
, la morte di un animale (reclusione da 4 mesi a 2 anni);
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maltrattamento di animali (art. 544-ter), che consiste nella condotta di chi cagiona, per crudeltà o senza necessità, una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche (reclusione da 3 a 18 mesi o multa da € 5.000 a € 30.000); alla stessa pena soggiace chi somministra sostanze stupefacenti o vietate agli animali o li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla loro salute;
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spettacoli o manifestazioni vietati (art. 544-quater), che si applica a chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali (reclusione da 4 mesi a 2 anni e multa da € 3.000 a € 15.000);
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divieto di combattimenti tra animali (art. 544-quinquies), che consiste nella condotta di colui che promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica (reclusione da 1 a 3 anni e multa da € 50.000 a € 160.000). La disposizione, inoltre, punisce anche colui che, fuori dei casi di concorso nel reato principale, alleva o addestra animali per destinarli ai combattimenti o ne è proprietario o detentore, se consenziente o chi organizza o effettua scommesse sui medesimi combattimenti o competizioni, anche se non presente sul luogo (entrambi i reati sono puniti con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa da € 5.000 a € 30.000).
Per alcune delle fattispecie sopra richiamate sono altresì previste circostanze aggravanti:
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nel caso dei maltrattamenti, la pena prevista è aumentata della metà se ne deriva la morte dell'animale;
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nel caso di spettacoli o manifestazioni vietate, la pena prevista è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi al fine di esercitare scommesse clandestine o di trarne profitto o se ne deriva la morte dell'animale;
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nel caso dei combattimenti, la pena prevista è aumentata da un terzo alla metà se tali attività sono commesse in concorso con minorenni o con persone armate, se il colpevole ne cura la ripresa o la registrazione e se vengono promosse con l'utilizzo di videoriproduzioni o altro materiale.
Infine, l'art. 544-sexies prevede la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato, e la pena accessoria della sospensione dell'attività di trasporto, commercio o allevamento di animali per un periodo che va da 3 mesi a 3 anni (pena che, in caso di recidiva, diventa di interdizione dalle suddette attività).
Accanto ai delitti puniti ex Titolo IX-bis, si pone la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 727 del codice penale, ovvero il reato di abbandono di animali. Tale reato, anch'esso modificato dalla citata L. 189/2004, punisce con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da € 1.000 a € 10.000 chiunque abbandoni animali domestici o che abbiano acquisito abitudine alla cattività. La stessa pena si applica a chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
A differenza dei delitti sopra illustrati, che richiedono necessariamente l'elemento del dolo, le condotte di cui all'art. 727 c.p. sono punibili anche a titolo di colpa
[25]
.
L’articolo 21 stabilisce che le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate e gli enti di promozione sportiva che impiegano animali in attività sportive sono tenuti ad adottare appositi regolamenti che prevedono, in caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 19 e 20, sanzioni disciplinari fino alla revoca dell’affiliazione, per le società e associazioni sportive, o del tesseramento, per le persone fisiche. Restano comunque ferme le conseguenze in termini di responsabilità civile e penale derivanti dalla trasgressione delle stesse disposizioni.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Le disposizioni contenute negli articoli da 22 a 24 riguardano, specificamente, gli sport equestri.
In particolare, l’articolo 22 stabilisce i requisiti secondo i quali viene definita la figura del cavallo atleta, l’articolo 23 reca la disciplina sulla visita di idoneità allo svolgimento dell’attività sportiva del cavallo e l’articolo 24 regola le manifestazioni popolari pubbliche e private con impiego di equidi.
Preliminarmente, si ricorda che l’articolo 2 già definisce cavallo atleta “l’equide registrato, non destinato alla produzione alimentare, utilizzato per lo svolgimento dell’attività sportiva e la partecipazione alle competizioni sportive equestri” (co. 1, lett. g)).
Si ricorda, altresì, che l’art. 13 della L. 167/2017 (legge europea 2017) ha attribuito al Ministero della salute l’organizzazione e la gestione dell’anagrafe degli equidi.
Nello specifico, l’articolo 22 prevede che un cavallo e, in generale, un equide è definito “cavallo-atleta” quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:
a) è definibile “equide registrato”, ai sensi dell’art. 2 del regolamento (UE) 2015/262 (denominato “regolamento sul passaporto equino”), come risultante dal “Documento di Identificazione”, conforme allo stesso Regolamento europeo (artt. 5 e seguenti).
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 2, par. 1, lett. e), del citato reg. (UE) 2015/262 per equidi registrati si intendono gli equidi che sono: i) iscritti o registrati e idonei ad essere iscritti in un libro genealogico, conformemente alle regole adottate in applicazione dell'art. 4, par. 2, lett. b), della direttiva 90/427/CEE ed identificati mediante il documento di identificazione previsto all'art. 8, par. 1, della medesima direttiva; ii) cavalli, compresi i pony, registrati presso un'associazione od organizzazione internazionale che gestisce cavalli per competizioni o corse e identificati mediante un documento di identificazione rilasciato dalla sezione nazionale di tale associazione o organizzazione.
Si ricorda altresì che gli artt. 5-13 del reg. (UE) 2015/262 recano le norme sull’identificazione (e sui relativi documenti) degli equidi nati nell’Unione europea, mentre gli artt. 14 e 15 del medesimo regolamento recano le norme sull’identificazione (e relativi documenti) degli equidi importati nell’Unione.
b) è dichiarato non destinato alla produzione alimentare, come previsto dal citato regolamento (UE) 2015/262 e come risultante dal citato “Documento di Identificazione” conforme allo stesso regolamento, anche dopo la cessazione dell’attività sportiva;
c) è iscritto al “repertorio cavalli atleti” presso la Federazione Italiana Sport Equestri o la Federazione (per il) Pentathlon Moderno o la FitetrecAnte (Federazione Italiana Turismo Equestre e Trec Ante), o un ente di promozione sportiva, come risultante dal “Documento di Identificazione” o dal documento emesso dal sistema di tesseramento dello stesso organismo sportivo interessato.
Si valuti, dunque, l’opportunità di coordinare le previsioni, ovvero di prevedere la definizione di “cavallo-atleta” in un’unica disposizione.
Ai sensi del medesimo art. 22, sono fatte salve le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali riguardo l’emissione del cosiddetto passaporto dell’equide (Documento di Identificazione).
L’articolo 23 prevede che il cavallo atleta per svolgere attività sportiva è sottoposto annualmente a visita veterinaria sportiva effettuata da un veterinario abilitato alla professione che attua anche le profilassi vaccinali prescritte dalla normativa vigente e dai regolamenti della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) o della Federazione Pentathlon Moderno (FIPM) o della Federazione italiana Turismo equestre e Trec (FitetrecAnte) ovvero di altri enti di promozione sportiva presso i quali il cavallo risulta tesserato.
Si ricorda che il medico veterinario deve risultare iscritto all’apposito albo nazionale ai sensi dell’art. 2229 c.c. ed osservare le prescrizioni riguardo le profilassi vaccinali previste per gli animali in esame, come prescritte dalla normativa vigente con particolare riferimento alla prevenzione e limitazione dei contagi di malattie infettive, come encefalomielite equina
[26]
, e dai regolamenti, tra gli altri, della FISE
[27]
.
Nel caso particolare di assistenza sanitaria di cavalli partecipanti a manifestazioni sportive, il medico veterinario deve essere accreditato FISE, oltre che iscritto all’Ordine dei medici veterinari.
L’articolo 24 prevede che le manifestazioni pubbliche o aperte al pubblico di sport equestri in discipline su cui hanno competenza la citata FISE o la FitetrecAnte o un ente di promozione sportiva, che si svolgono al di fuori degli impianti o dei percorsi autorizzati dal Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, e dalle suddette Federazioni, devono comunque garantire i requisiti di sicurezza, salute e benessere degli atleti, dei cavalli-atleti e del pubblico stabiliti dal Ministero della salute, di concerto con il Presidente del Consiglio dei ministri o l’Autorità politica da esso delegata in materia di sport e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate in caso di trasgressione.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di introdurre le sanzioni – con la determinazione della loro natura (penale e/o amministrativa) e della loro entità – direttamente con disposizione legislativa e non con il rinvio ad atti di rango secondario.
Sulla riserva di legge assoluta che caratterizza le sanzioni penali e sulla riserva di legge relativa che si riferisce alle sanzioni amministrative – in nome del principio di legalità – si veda, da ultimo, la sentenza n. 134 del 2019 della Corte costituzionale.
Con riferimento al settore ippico, si ricorda che è all’esame della Camera dei deputati il disegno di legge europea 2019-2020 (AC 2670) il quale, all’art. 5 esenta le qualifiche professionali di allenatore, fantino e guidatore di cavalli da corsa dall’applicazione della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali – direttiva 2013/55/UE, che modifica la direttiva 2005/36/CE – attuata nell’ordinamento interno con il d.lgs. 15/2016.
Nello specifico, ciò avviene tramite una novella all’art. 5, co. 1, lett. l-ter) del d.lgs. 206/2007 (lettera introdotta dall’art. 5, co. 1, del citato d.lgs. 15/2016), che espunge le suddette categorie professionali da un elenco di professionalità per le quali è necessario un riconoscimento da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Si ricorda, inoltre, che è in corso d’esame, in sede referente, presso la XIII Commissione agricoltura della Camera, la proposta di legge AC 2531, recante "Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore".
L’articolo 25 reca la definizione di lavoratore sportivo e disciplina il relativo rapporto di lavoro, che può avere natura subordinata, autonoma, occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in cui questo si svolge.
In base all’articolo 51, comma 1, la disciplina si applica a decorrere dal 1° settembre 2021.
In base all’articolo 52, comma 1, lett. b), dalla medesima data è abrogata la disciplina recata – per i soli sportivi professionisti – dalla L. 91/1981.
Definizione di lavoratore sportivo
Il comma 1 reca una definizione di lavoratore sportivo analoga a quella recata dall’art. 2, co. 1, lett. dd), dello schema.
In particolare, viene definito lavoratore sportivo l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo, al di fuori delle prestazioni amatoriali di cui all’art. 29.
Si valuti l’opportunità di indicare in un unico articolo la definizione di lavoratore sportivo.
Attualmente, come già indicato nel paragrafo “Presupposti normativi”, l’art. 2 della L. 91/1981 reca una definizione di lavoratore sportivo con esclusivo riferimento al settore professionistico. In tale categoria rientrano gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
Natura del rapporto di lavoro
In base ai commi 2, 4, 5 e 7, ricorrendone i presupposti, l’attività di lavoro sportivo può costituire oggetto di:
§ rapporto di lavoro subordinato (la cui disciplina è dettata dall’art. 26) (comma 2);
§ rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative nelle quali il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti (ai sensi dell’art. 409, co. 1, n. 3, c.p.c.). Nei casi, invece, in cui le modalità di esecuzione sono organizzate dal solo committente, viene fatta salva la presunzione della natura subordinata del rapporto, con conseguente applicazione della relativa disciplina (come previsto dall’art. 2, co. 1, del d.lgs. 81/2015) (comma 2).
Tali disposizioni – che autorizzano il ricorso al contratto di collaborazione coordinata e continuativa se riferito a prestazioni autonome e non etero-organizzate ex art. 409 c.p.c. – vanno lette in combinato disposto con l’art. 52, co. 1, lett. d), dello schema di decreto in esame che abroga, a decorrere dal 1° settembre 2021, l’art. 2, co. 2, lett. d), del d.lgs. 81/2015, secondo cui la presunzione di lavoro subordinato non opera con riferimento alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle FSN, alle DSA e agli EPS riconosciuti dal CONI, anche se organizzate dal solo committente. Rimane salva la possibilità di configurare contratti di co.co.co. attraverso la contrattazione collettiva e la certificazione dei contratti (di cui al comma 3 – vedi infra);
§ prestazioni di lavoro occasionale ai sensi dell’art. 54-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), ossia quelle attività lavorative che danno luogo (in un anno civile) a compensi complessivamente non superiori a determinati limiti e che possono essere rese mediante un apposito contratto di prestazione occasionale (comma 4).
Ai sensi del richiamato art. 54-bis – come modificato, da ultimo, dall’art. 2-bis del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) –, i suddetti limiti sono pari a:
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€ 5.000, per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori;
-
€ 5.000, per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori;
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€ 2.500, per prestazioni rese complessivamente da ogni prestatore in favore dello stesso utilizzatore;
-
€ 5.000, per ciascun prestatore, con riferimento a ciascun utilizzatore, per lo svolgimento di servizi da parte di assistenti di stadi.
In linea generale, in caso di superamento, da parte di un utilizzatore diverso da una pubblica amministrazione, del limite di € 2.500, o comunque di durata della prestazione superiore a 280 ore nell'arco dello stesso anno civile, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo pieno e indeterminato.
Ad eccezione del settore agricolo, la misura minima del compenso è pari a € 9.
Lo strumento per ricorrere alle suddette prestazioni è quello del contratto di lavoro occasionale; solo per determinate prestazioni (lavori domestici, assistenza domiciliare, insegnamento privato e attività degli assistenti di stadio) si ricorre al Libretto di famiglia, un apposito libretto nominativo prefinanziato.
Ai lavoratori sportivi, cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, si applicano le disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero di cui al d.lgs. 286/1998 e quelle dei relativi provvedimenti attuativi (comma 7).
La disciplina dell’ingresso degli sportivi nel territorio nazionale è contenuta nel testo unico immigrazione (art. 27 del d.lgs. 286/1998) e nel relativo regolamento di attuazione (art. 40 del DPR 394/1999).
In particolare, l’art. 27 del TU disciplina i casi particolari di ingresso per lavoro subordinato dei cittadini extracomunitari. Si tratta di categorie particolari di lavoratori che, data la peculiare natura delle loro prestazioni, possono fare ingresso in Italia al di fuori delle quote stabilite annualmente dal Governo mediante il decreto flussi. Tra questi sono compresi gli “stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91” (art. 27, co. 1, lett. p), TU).
Il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, è fissato con decreto del Governo, su proposta del CONI, sentiti i ministri dell'Interno e del Lavoro. Il contingente annuale è ripartito tra le federazioni sportive nazionali con delibera del CONI, da sottoporre all'approvazione del ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica, anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili (art. 27, co. 5-bis, TU).
L’art. 40 del regolamento di attuazione disciplina nel dettaglio le modalità semplificate e i termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle categorie di lavoratori stranieri particolari indicate dall’art. 27 del TU.
Per gli sportivi stranieri, il nullaosta al lavoro è sostituito dalla dichiarazione nominativa di assenso del CONI, comprensiva del codice fiscale, sulla richiesta – in base allo stesso regolamento, oltre che a titolo professionistico, anche a titolo dilettantistico – della società destinataria delle prestazioni sportive. La dichiarazione nominativa di assenso è richiesta anche quando si tratti di prestazione di lavoro autonomo. In caso di lavoro subordinato, la dichiarazione nominativa d'assenso è comunicata, anche per via telematica, allo Sportello unico della provincia ove ha sede la società destinataria delle prestazioni sportive, ai fini della stipula del contratto di soggiorno per lavoro. La dichiarazione nominativa di assenso e il permesso di soggiorno possono essere rinnovati anche al fine di consentire il trasferimento degli sportivi stranieri tra società sportive nell'ambito della medesima federazione.
Per un quadro riepilogativo delle disposizioni normative e della prassi in materia, si veda la Circolare CONI del 24 luglio 2018: disciplina degli ingressi e permessi di soggiorno degli sportivi non appartenenti alla UE.
Infine, si dispone che, per tutto quanto non diversamente disciplinato dallo schema di decreto in esame, ai rapporti di lavoro sportivo si applicano, in quanto compatibili, le norme di legge sui rapporti di lavoro nell’impresa, incluse quelle di carattere previdenziale e tributario (comma 5).
Si ricorda che specifiche disposizioni relative ai trattamenti pensionistico e tributario sono contenute, rispettivamente, nei successivi articoli 35 e 36.
Certificazione dei contratti di lavoro
Il comma 3 prevede la possibilità della certificazione dei contratti di lavoro sportivi – ai sensi dell’art. 78 del d.lgs. 276/2003 – sulla base di parametri stabiliti dagli accordi collettivi stipulati dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, anche paralimpiche, e dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, fatta salva comunque la presunzione della natura subordinata del contratto di co.co.co., con conseguente applicazione della relativa disciplina, in caso di modalità di esecuzione organizzate dal solo committente (ex art. 2, co. 1, del d.lgs. 81/2015).
In mancanza dei suddetti accordi, l’individuazione dei parametri è demandata ad apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri, o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, da adottare, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
In merito al termine indicato, si ricorda che quanto disposto dall’articolo in commento si applica a decorrere dal 1° settembre 2021.
Si valuti, pertanto, l’opportunità di un coordinamento.
La certificazione del contratto è una procedura speciale – disciplinata dagli artt. da 75 a 81 del d.lgs. 276/2003 – volta ad attestare che il contratto che si intende sottoscrivere ha i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge. Si tratta di una procedura attivabile su base volontaria, eseguibile solo su richiesta di entrambe le parti allo scopo di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione di alcuni contratti di lavoro. Il procedimento si svolge presso le commissioni di certificazione appositamente istituite. L'atto di certificazione può essere impugnato dal datore di lavoro e dal lavoratore, oltre che dai terzi interessati, davanti al giudice del lavoro e in alcuni casi al TAR. La pratica di certificazione e i contratti certificati devono essere conservati presso le sedi di certificazione per almeno 5 anni dal momento della loro scadenza.
Era previsto un apposito decreto ministeriale per la definizione, tra l’altro, di codici di buone pratiche per l'individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti di lavoro.
Da ultimo, il DM 21 luglio 2004 ha regolamentato l'insediamento delle commissioni di certificazione presso le Direzioni provinciali del lavoro e le province e il DI 14 giugno 2004 ha formalizzato l'istituzione dell'albo delle commissioni di certificazione universitarie.
Attività sportiva dei dipendenti di pubbliche amministrazioni
Il comma 6 prevede la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001 [28] di prestare la propria attività nell’ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche fuori dall’orario di lavoro, fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza. In tali casi si applica il regime previsto per le prestazioni sportive amatoriali di cui all’art. 29 dello schema in esame che prevede, tra l’altro, che tali prestazioni sono a titolo gratuito, salva la possibilità di riconoscere premi e compensi occasionali, nonché indennità di trasferta e rimborsi spese.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 2, lett. a), prevede l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, dell’art. 90, co. 23, della L. 289/2002, che reca analoga disciplina.
Poiché, come si è visto, la disciplina recata dall’art. 25 si applica a decorrere dal 1° settembre 2021, si valuti l’opportunità di posticipare la decorrenza dell’abrogazione del co. 23 dell’art. 90 della L. 289/2002 al fine di evitare un vuoto normativo per la fattispecie in esame.
Trattamento dei dati personali
Il comma 8 dispone che il trattamento dei dati personali dei lavoratori sportivi, anche mediante strumenti informatici e digitali, è effettuato nel rispetto delle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 e del d.lgs. 196/2003, come modificato in adeguamento al predetto Regolamento, relativi alla protezione dei dati personali.
Inoltre, conformemente a quanto disposto dall’art. 88 del richiamato Regolamento (UE) 2016/679
[29]
, norme più specifiche sulla protezione dei dati personali dei lavoratori sportivi sono previste con accordo collettivo stipulato dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva e dai rappresentanti delle categorie di lavoratori sportivi interessate. In mancanza di tali accordi, l’individuazione delle suddette norme è demandata ad apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri, o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, da adottare, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Anche in tal caso, si ricorda che quanto disposto dall’articolo in commento si applica a decorrere dal 1° settembre 2021.
Si valuti, pertanto, l’opportunità di un coordinamento.
Inoltre, anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
L’articolo 26 reca una disciplina speciale del rapporto di lavoro subordinato sportivo, valida sia per il settore professionistico sia per il settore dilettantistico.
Anche in tal caso, la disciplina si applica, in base all’articolo 51, comma 1, dello schema, a decorrere dal 1° settembre 2021, data a decorrere dalla quale, in base all’articolo 52, comma 1, lettera b), è abrogata la L. 91/1981.
Preliminarmente, va segnalato che l’articolo in commento reca una disciplina analoga a quella attualmente dettata dall’art. 4 della medesima L. 91/1981 relativamente al rapporto di lavoro subordinato per il solo settore professionistico, ma non riproduce talune disposizioni ivi previste e, in particolare, quelle relative:
§ alla costituzione del rapporto mediante assunzione diretta;
§ alla previsione della forma scritta del contratto a pena di nullità;
§ all’obbligo per le società di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale ai fini dell’approvazione;
§ alla sostituzione di diritto delle clausole peggiorative;
§ all’inserimento nel contratto della clausola che prevede per lo sportivo l’obbligo di rispettare le istruzioni tecniche e le prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
Tali previsioni sono invece riprodotte per il (solo) lavoro professionistico dal successivo art. 27.
Al riguardo, si sottopone sin d’ora l’opportunità di valutare se alcune previsioni riferite solo al settore professionistico (specificamente, quelle recate dai commi da 4 a 7 dell’art. 27), relative alla forma e ai contenuti del contratto, non debbano riguardare anche i contratti relativi al settore dilettantistico.
Data la natura della prestazione, i commi 1 e 3 confermano quanto attualmente previsto per il solo settore professionistico, ossia che al contratto di lavoro subordinato sportivo non si applicano le disposizioni dettate dalla normativa vigente relative al licenziamento collettivo, al licenziamento individuale per giustificato motivo o per giusta causa, alle connesse tutele reali o obbligatorie (reintegra nel posto di lavoro o risarcimento del danno), al rito speciale per le relative controversie, nonché alcune norme in materia di autorizzazione per gli impianti audiovisivi, di divieto di accertamenti sanitari, di tutela delle mansioni, di procedimento disciplinare quando le sanzioni sono irrogate dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva.
Anche in tal caso, come nel resto dell’articolo in esame, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Il comma 2 reca una apposita disciplina del contratto a tempo determinato nell’ambito del lavoro sportivo (attualmente prevista per il solo settore professionistico), con conseguente disapplicazione della normativa generale posta dagli artt. da 19 a 29 del d.lgs. 81/2015.
In particolare, si conferma che:
§
il contratto di lavoro subordinato sportivo può contenere l’apposizione di un termine finale non superiore a 5 anni dalla data di inizio del rapporto, in luogo dei 12 mesi previsti dalla richiamata normativa generale (elevabili a 24 in presenza di determinate causali);
§
è ammessa la successione di contratti a tempo determinato fra gli stessi soggetti, nonché la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società o associazione sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva.
Per quanto concerne le clausole contrattuali, il contratto di lavoro subordinato sportivo:
§
in base al comma 5, può contenere una clausola compromissoria con la quale vengono deferite ad un collegio arbitrale le controversie concernenti l’attuazione del contratto, insorte fra la società sportiva e lo sportivo, nonché la nomina degli arbitri oppure il numero degli arbitri e il modo in cui questi dovranno essere nominati;
§
in base al comma 6, non può contenere clausole di non concorrenza o limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso, né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni.
Infine, il comma 4 conferma quanto previsto dalla normativa vigente per il solo settore professionistico circa la facoltà per le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate e gli enti di promozione sportiva di prevedere la costituzione di un fondo, gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi, per la corresponsione della indennità di anzianità al termine dell’attività sportiva, a norma dell’art. 2123 c.c..
In base all’art. 2123 c.c., se esistono fondi di previdenza formati con il contributo dei prestatori di lavoro, questi hanno diritto alla liquidazione della propria quota, qualunque sia la causa della cessazione del contratto.
L’articolo 27 reca la disciplina del rapporto di lavoro sportivo nei settori professionistici.
Anche tale disciplina si applica, in base a quanto disposto dall’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
La disciplina è analoga a quella attualmente dettata dagli artt. 3 e 4 della L. 91/1981 – abrogata, a decorrere dal 1° settembre 2021, dall’articolo 52, comma 1, lettera b) –, fatta eccezione per la previsione di un termine, non previsto a legislazione vigente, per l’adempimento dell’obbligo in capo alla società sportiva di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione.
In particolare, il comma 1 dispone che le disposizioni contenute nel Titolo V dello schema di decreto in esame, si applicano al lavoro sportivo professionistico, salvo quanto diversamente disciplinato nei successivi commi dell’articolo 27.
Rispetto alla disciplina vigente, il comma 2 conferma la presunzione circa la natura subordinata del rapporto di lavoro prestato nei settori professionistici, se il lavoro sportivo degli atleti è prestato in via principale, ovvero prevalente e continuativa.
Il comma 3 conferma, altresì, che il lavoro sportivo professionistico costituisce oggetto di un contratto di lavoro autonomo in presenza di almeno uno dei seguenti requisiti:
§ l’attività sia svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
§ lo sportivo non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
§ la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi 8 ore settimanali oppure 5 giorni ogni mese, ovvero 30 giorni ogni anno.
Si valuti l’opportunità di specificare se le fattispecie individuate nel comma 3 siano tassative o se possano dar luogo, in alternativa, alla stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, anche in considerazione del fatto che l’art. 25 dello schema in esame non sembra porre vincoli analoghi per la scelta della tipologia contrattuale nel settore dilettantistico.
Come previsto dalla normativa vigente, il rapporto di lavoro si costituisce mediante assunzione diretta e il contratto:
§
in base al comma 4, deve essere stipulato, in forma scritta a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all’accordo collettivo stipulato.
Anche in tal caso, come nel prosieguo dell’articolo in esame, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante;
§
in base al comma 5, deve essere depositato, entro sette giorni dalla stipulazione (termine non previsto dalla normativa vigente), dalla società presso la federazione sportiva nazionale o la disciplina sportiva associata per l’approvazione. L’obbligo di deposito riguarda anche tutti gli ulteriori contratti stipulati tra il lavoratore sportivo e la società sportiva, ivi compresi quelli che abbiano ad oggetto diritti di immagine o promo-pubblicitari relativi o comunque connessi al lavoratore sportivo.
In merito alle clausole contrattuali, i commi 6 e 7 confermano che:
§
le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo;
§
nel contratto individuale deve essere prevista la clausola contenente l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
L’articolo 28 reca disposizioni specifiche in materia di contratto individuale con il direttore di gara, figura disciplinata dall’art. 18 dello schema.
Anche tale disciplina si applica, in base a quanto disposto dall’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
In particolare, si dispone che il contratto individuale con il direttore di gara è stipulato dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata o dall’ente di promozione sportiva competente.
Anche in tal caso, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Si evidenzia che, con riferimento alla prestazione del direttore di gara, la giurisprudenza ha finora escluso l’applicabilità delle norme lavoristiche in tema di rapporto di lavoro subordinato (o parasubordinato), in considerazione dell’esistenza fra i soggetti di un vincolo associativo e della riconducibilità delle prestazioni effettuate all’oggetto sociale
[30]
.
L’articolo 29 disciplina le prestazioni sportive amatoriali.
Anche le previsioni recate da tale articolo si applicano, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, dal 1° settembre 2021.
Nel dettaglio, il comma 1 riconosce alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, alle FSN, alle DSA, nonché agli EPS riconosciuti dal CONI, la facoltà di avvalersi, nello svolgimento delle proprie attività istituzionali, di soggetti amatori.
Dunque, non si fa riferimento agli analoghi organismi riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Ai fini dell’inquadramento delle prestazioni sportive amatoriali, si ricorda che esse sono individuate, in via residuale, quali attività non rientranti tra quelle tipiche del lavoratore sportivo, che, ai sensi dell’art. 25 dello schema di decreto in esame, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo.
In particolare, i commi 1 e 3 prevedono che l’attività di tali soggetti amatori, che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità:
§
sia finalizzata alla promozione dello sport;
§
sia posta in essere in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti;
§
abbia esclusivamente finalità amatoriali;
§
sia incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o al quale è associato, oppure tramite il quale il volontario stesso svolge la propria attività amatoriale.
Quanto al contenuto della suddetta prestazione, il comma 1 specifica che essa è comprensiva:
§
dello svolgimento diretto dell’attività sportiva;
§
della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti.
Per tali prestazioni – che non sono in alcun modo retribuite, nemmeno da parte del beneficiario – possono essere riconosciuti premi e compensi occasionali, in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfetari. A tali premi, indennità, compensi e rimborsi si applica il regime tributario previsto dall’ art. 36, co. 7, dello schema. Si specifica, poi, che le suddette prestazioni sportive sono considerate di natura professionale, come definite ai sensi dell’art. 25, co. 1, per l’intero importo, quando i suddetti indennità di trasferta e rimborsi spese superano il limite reddituale (annuo) di € 10.000 di cui all’art. 69, co. 2, del DPR 917/1986 (v. infra, scheda di lettura relativa all’art. 36).
Il comma 4 dispone che è posto in capo agli enti dilettantistici che si avvalgono di volontari l’obbligo di assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività amatoriale, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
In particolare, specifica che si applica l’art. 18, co. 2, del d.lgs. 117/2017, recante il Codice del Terzo settore, che ha demandato ad apposito decreto del MISE, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, l’individuazione di meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche, e la disciplina dei relativi controlli. Tale decreto non risulta ancora adottato.
L’articolo 30 reca disposizioni in materia di formazione dei giovani atleti, volte a garantire a costoro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa, e una preparazione professionale che favorisca l’accesso all’attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva. In particolare, prevede la possibilità di stipulare contratti di apprendistato, ferma restando la possibilità di realizzazione dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento
[31]
.
Anche tali disposizioni si applicano, sulla base di quanto dispone l’articolo 51, comma 1, dal 1° settembre 2020.
Più nello specifico, il comma 1 prevede che le società e le associazioni sportive possono stipulare contratti di apprendistato:
§ per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria “superiore” – rectius: di secondo grado – e il certificato di specializzazione tecnica superiore (di cui all’art. 43 del d.lgs. 81/2015);
§
di alta formazione e di ricerca (di cui all’art. 45 del d.lgs. 81/2015).
Non è prevista la possibilità di stipulare contratti di apprendistato professionalizzante.
L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani. In generale, possono essere assunti con contratto di apprendistato i soggetti di età compresa tra i 15 ed i 29 anni (i limiti di età variano a seconda della tipologia di apprendistato) per un periodo minimo di 6 mesi (mentre la durata massima si differenzia a seconda della tipologia di apprendistato). Attualmente sono previste tre tipologie:
-
apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria di secondo grado e il certificato di specializzazione tecnica superiore, per i giovani dai 15 ai 25 anni, in tutte le attività (al fine di acquisire un titolo di studio in ambiente di lavoro);
-
apprendistato professionalizzante, in tutti i settori di attività, per i giovani tra i 18 e i 29 anni, finalizzato ad apprendere un mestiere o una professione in ambiente di lavoro;
-
apprendistato di alta formazione e ricerca, in tutti i settori di attività, rivolto ai soggetti di età compresa tra i 18 anni e i 29 anni in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di un diploma professionale o del diploma di maturità professionale, volto al conseguimento di titoli di studio specialistici.
Lo stesso comma 1 dispone, inoltre, che la formazione degli atleti può essere conseguita anche “con le classi di laurea” L-22 (Scienze delle attività motorie e sportive)
[32]
, LM-47 (Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie)
[33]
, LM-67 (Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative) e LM-68 (Scienze e tecniche dello sport)
[34]
.
Si valuti l’opportunità di fare riferimento al conseguimento dei titoli di studio previsti al termine dei corsi di studio indicati, e di integrare il testo anche con il riferimento alle classi di laurea magistrale.
Inoltre, la denominazione corretta della classe di laurea L-22 è Scienze delle attività motorie e sportive) (e non Scienze Motorie e di laurea magistrale).
In particolare, per i menzionati contratti di apprendistato per la formazione di giovani atleti, il comma 2 esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di licenziamento per giustificato motivo, di trasformazione del contratto a tempo indeterminato e di limite complessivo del numero di apprendisti.
In particolare, non si applicano le norme che prevedono:
§ che il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall'istituzione formativa costituisce giustificato motivo di licenziamento (ex art. 42, co. 3, d.lgs. 81/2015);
§ che, se nessuna delle parti recede dal contratto al termine del periodo di apprendistato, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (ex art. 42, co. 4, d.lgs. 81/2015). In base all’articolo 30 in commento, al termine del periodo di apprendistato, fissato nel contratto, quest’ultimo si risolve automaticamente;
§ che il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro (tale rapporto non può superare il 100% per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a 10 unità) e che non possono essere utilizzati apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato (ex art. 42, co. 7, d.lgs. 81/2015).
La società o associazione sportiva che stipuli col giovane atleta un contratto di lavoro sportivo successivamente alla scadenza del contratto di apprendistato, senza soluzione di continuità rispetto a quest’ultimo, è tenuta a corrispondere il premio di formazione tecnica – previsto in caso di stipulazione di un primo contratto di lavoro sportivo (di cui all’art. 31, co. 2, dello schema di decreto in esame) – in favore di altra società o associazione presso la quale l’atleta abbia svolto in precedenza attività dilettantistica, amatoriale o giovanile.
Il comma 4 demanda l’individuazione degli standard formativi dei menzionati contratti di apprendistato – che costituiscono livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 226/2005
[35]
–, la disciplina dei profili per l’attivazione dei relativi percorsi in assenza di regolamentazione regionale, nonché degli altri profili di cui la normativa vigente richiede la definizione in relazione agli istituti formativi e agli enti di ricerca (ex artt. 43, co. 6, e 45, co. 2, del d.lgs. 81/2015), ad apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell’istruzione, il Ministro dell’università e della ricerca e il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Si valuti l’opportunità di approfondire come si coordini tale termine con la previsione recata dall’art. 51, co. 1.
In base al comma 5, al predetto DPCM si conformano i protocolli con le istituzioni formative o con gli enti di ricerca, che possono prevedere misure di agevolazione e di flessibilizzazione della frequenza dei corsi di studio, incluso il riconoscimento di crediti formativi per l’attività sportiva, valida anche come attività di tirocinio/stage, ai fini del conseguimento dei relativi titoli di studio.
Il comma 3 dispone che, fermo restando quanto previsto dal comma 4, alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano è rimessa la regolamentazione dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, mentre per quanto riguarda l’apprendistato di alta formazione e ricerca tale regolamentazione è rimessa in capo ai medesimi soggetti limitatamente ai soli profili che attengono alla formazione, sentiti il CONI, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca.
In base al comma 6, agli apprendisti in oggetto si applica quanto previsto dagli artt. 32, 33 e 34 dello schema, in materia di controlli sanitari, di tutela e sicurezza sul lavoro e di assicurazione contro gli infortuni, e non si applica – come previsto per i lavoratori sportivi subordinati dall’art. 26 dello schema – la normativa vigente relativa al licenziamento collettivo, al licenziamento individuale per giustificato motivo o per giusta causa, alle connesse tutele reali o obbligatorie (reintegra nel posto di lavoro o risarcimento del danno), nonché in materia di autorizzazione per gli impianti audiovisivi, di divieto di accertamenti sanitari, di tutela delle mansioni, di procedimento disciplinare quando le sanzioni sono irrogate dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva.
Il comma 7 demanda l’individuazione di ulteriori misure di promozione della formazione, anche professionale, dei giovani atleti e di linee guida nazionali sulla doppia carriera degli atleti ad uno o più decreti del Presidente del consiglio dei ministri, o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’istruzione, e con il Ministro dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza Stato- regioni.
Le suddette linee guida devono essere elaborate tenendo conto delle Linee guida europee sulla doppia carriera degli atleti
[36]
del 28 settembre 2012 e dei successivi documenti della Commissione europea.
Al riguardo, si ricorda che tra gli obiettivi dell'espansione dell'offerta formativa scolastica prevista dalla L. 107/2015 rientra anche l'attenzione alla tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attività sportiva agonistica (art. 1, co. 7, lett. g).
A seguito di tale previsione, con DM 935 dell'11 dicembre 2015 era stato previsto l'avvio di un programma sperimentale, da svolgere nel triennio 2015-2018 negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, statali e paritari, che aderivano, realizzato in accordo con CONI, CIP e Lega Calcio di serie A. In particolare, nell'ambito del programma era stata prevista l'individuazione, per ciascun istituto scolastico aderente, di un docente referente che, in coordinamento con le società sportive interessate, sosteneva le attività finalizzate alla fruizione di metodi complementari di e-learning, in seguito alla definizione di un progetto formativo personalizzato per ogni studente atleta, approvato dal Consiglio di classe. Potevano essere fruite attività on line per un massimo del 25% del monte orario annuale personalizzato. Ai fini dell'ammissione all'a.s. successivo o all'esame di Stato, le attività inerenti alla sperimentazione dovevano essere certificate dal Consiglio di classe
[37]
.
E’, poi, intervenuto il DM 279 del 10 aprile 2018, con il quale è stata avviata una ulteriore sperimentazione didattica della durata di 5 anni (dall'a.s. 2018/2019 all'a.s. 2022/2023) per una formazione di tipo innovativo, destinata agli studenti-atleti di alto livello iscritti agli istituti di istruzione secondaria di secondo grado statali e paritari. Il progetto ha previsto l'individuazione di uno o più docenti referenti per ogni istituto scolastico aderente all'iniziativa, che hanno il compito di curare il coordinamento con le società sportive interessate e di definire con i consigli di classe competenti il percorso formativo personalizzato per ogni studente-atleta. Nell'ambito di tale percorso formativo, fino al 25% del monte ore personalizzato dello studente-atleta può essere fruito on line. Tutte le attività inerenti al progetto devono essere certificate dal Consiglio di classe, anche ai fini dell'ammissione all'a.s. successivo, ovvero all'esame di Stato
[38]
.
Tali decreti possono anche stabilire forme e modalità di estensione ad ulteriori federazioni sportive nazionali delle misure, attualmente previste per la Federazione italiana giuoco calcio (FIGC), in tema di mutualità relativa ai proventi derivanti dai contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti audiovisivi.
In particolare, l’art. 22, co. 1, del d.lgs. 9/2008 ha disposto che l'organizzatore delle competizioni facenti capo alla Lega di serie A destina una quota del 10% delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al campionato italiano di calcio esclusivamente per lo sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e l’utilizzo di calciatori convocabili per le nazionali giovanili italiane maschili e femminili, per il sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e per lo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della FIGC.
Il co. 2 ha previsto che la quota indicata dal co. 1 è destinata alla FIGC, che determina i criteri e le modalità di erogazione secondo le finalità indicate nello stesso co. 1, previa rendicontazione certificata da parte dei destinatari. I fondi sono destinati: nella misura del 6% alla Lega di serie B; nella misura del 2% alla Lega Pro; nella misura dell'1% alla Lega nazionale dilettanti; nella misura dell'1% alla FIGC.
Più nello specifico, il comma 8, richiamando l’art. 22, co. 1 e 2, del d.lgs. 9/2008, prevede l’estensione della relativa disciplina per:
§ lo sviluppo dei settori giovanili delle società;
§ la formazione e l’utilizzo di atleti convocabili per le squadre nazionali giovanili italiane maschili e femminili;
§
lo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della “Federazione italiana giuoco calcio”. In particolare, si intenderebbe che il riferimento alla FIGC sia un errore materiale, dal momento che la finalità dichiarata è quella di estendere ad altre federazioni sportive nazionali quanto già previsto per il calcio.
Si valuti comunque l’opportunità di un chiarimento;
§ misure mutualistiche per il reinserimento professionale dopo il termine della carriera sportiva.
L’articolo 31 reca una nuova disciplina per la graduale abolizione del c.d. vincolo sportivo, ora estesa anche al settore dilettantistico, modificando al contempo la disciplina per il riconoscimento, in occasione della sottoscrizione del primo contratto di lavoro sportivo, di un premio di formazione tecnica a favore delle associazioni o società sportive presso le quali l’atleta si è formato.
Preliminarmente, si ricorda che il “vincolo sportivo” è il legame che, in conseguenza del tesseramento, si crea fra sportivo e società (dilettantistica o professionistica), in forza del quale lo sportivo si obbliga a svolgere la propria attività agonistica esclusivamente in favore della società con la quale è tesserato.
La relativa disciplina è attualmente recata dall’art. 16, co. 1, della L. 91/1981, che ha previsto che le limitazioni alla libertà contrattuale del (solo) atleta professionista, individuate nell’ordinamento sportivo come «vincolo sportivo», dovevano essere gradualmente eliminate entro 5 anni dalla data della sua entrata in vigore, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive nazionali e approvati dal CONI, in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le società.
Al riguardo, a titolo di esempio, si riporta, in estrema sintesi, la disciplina prevista nelle Norme organizzative interne della Federazione italiana giuoco calcio (artt. 27 e ss.).
Innanzitutto, l’art 27 prevede che i calciatori tesserati per la FIGC sono qualificati, per quanto qui più interessa, come “professionisti” e “giovani”.
In base all’art 28, sono qualificati professionisti i calciatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega nazionale professionisti o nella Lega professionisti serie C. Il rapporto di prestazione da professionista, con il conseguente tesseramento, si costituisce con la stipulazione di un contratto tra il calciatore e la società, di durata non superiore a 5 e a 3 stagioni sportive, rispettivamente, per i calciatori maggiorenni e per quelli minorenni
[39]
.
In base all’art. 31, sono qualificati “giovani” i calciatori da 8 a 16 anni
[40]
. In tal caso, il vincolo con la società è per la sola durata della stagione sportiva.
L’art. 32 prevede, poi, che i calciatori “giovani”, a partire dal 14° anno di età compiuto possono assumere con la società della Lega nazionale dilettanti o della Divisione calcio femminile, per la quale sono già tesserati, vincolo di tesseramento fino al termine della stagione sportiva entro la quale abbiano compiuto 25 anni, acquisendo la qualifica di “giovani dilettanti”
[41]
. Al conseguimento di tale età, possono chiedere, in base all’art. 32-bis, lo svincolo per decadenza del tesseramento, fatta salva la maggior durata del vincolo in caso di stipula di accordi economici pluriennali.
In base all’art. 33, i calciatori “giovani” che, a partire da 14 anni, sottoscrivono un tesseramento con una società associata in una delle Leghe professionistiche, assumono la qualifica di “giovani di serie”. Essi assumono un particolare vincolo, finalizzato a permettere alla società di addestrarli e prepararli all’impiego nei campionati disputati dalla stessa, fino al termine della stagione sportiva che ha inizio nell’anno in cui il calciatore compie 19 anni
[42]
. La società per la quale è tesserato il “giovane di serie” ha diritto di stipulare con lo stesso il primo contratto di calciatore “professionista” di durata massima triennale.
In base all’art. 106, i calciatori “giovani dilettanti” possono essere sciolti dal vincolo, con la conseguente decadenza del tesseramento per la società, nei seguenti casi: a) rinuncia da parte della società; b) svincolo per accordo; c) inattività del calciatore; d) inattività per rinunzia od esclusione dal campionato della società; e) cambiamento di residenza del calciatore; h) esercizio del diritto di stipulare un contratto con qualifica di “professionista”; i) svincolo per decadenza del tesseramento.
I calciatori “giovani di serie” possono essere sciolti dal vincolo, con la conseguente decadenza del tesseramento per la società, nel casi previsti alle precedenti lett. a) e d).
A sua volta l’art. 6 della sopra citata L. 91/1981, come sostituito dall'art. 1 del D.L. 485/1996 (L. 586/1996), ha disposto che, nel caso di primo contratto, deve essere stabilito dalle federazioni sportive nazionali un premio di addestramento e formazione tecnica in favore della società od associazione sportiva presso la quale l'atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.
Ha, altresì, previsto che alla società od alla associazione sportiva che, in virtù di tesseramento dilettantistico o giovanile, ha provveduto all'addestramento e alla formazione tecnica dell'atleta, è riconosciuto il diritto di stipulare il primo contratto professionistico con lo stesso atleta. Tale diritto può essere esercitato in pendenza del precedente tesseramento, nei tempi e con le modalità stabilite dalle diverse federazioni sportive nazionali in relazione all'età degli atleti ed alle caratteristiche delle singole discipline sportive.
Infine, ha disposto che il premio di addestramento e formazione tecnica deve essere reinvestito, dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi.
In dettaglio, il comma 1 dispone che le limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta – evidentemente, sia professionista, sia dilettante –, individuate come “vincolo sportivo”, sono eliminate entro il 1° luglio 2022.
Stabilisce, inoltre, che le federazioni sportive nazionali possono dettare una disciplina transitoria che preveda la diminuzione progressiva della durata massima dello stesso vincolo, fermo restando che, decorso il termine di cui sopra, il medesimo vincolo si intende abolito.
Anche in tal caso, come nel prosieguo dell’articolo in esame, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Al contempo, il comma 2 dispone che le federazioni sportive nazionali prevedono con proprio regolamento che, in caso di primo contratto di lavoro sportivo:
- le società sportive professionistiche riconoscono un premio di formazione tecnica proporzionalmente suddiviso, secondo modalità e parametri che tengono conto della durata e del contenuto formativo del rapporto, tra le società sportive dilettantistiche presso le quali l’atleta ha svolto attività dilettantistica, amatoriale o giovanile e in cui ha svolto il proprio percorso di formazione, ovvero fra le società sportive professionistiche presso le quali l’atleta ha svolto attività giovanile e in cui ha svolto il proprio percorso di formazione.;
- le società sportive dilettantistiche riconoscono un premio di formazione tecnica proporzionalmente suddiviso, secondo modalità e parametri che tengono adeguatamente conto della durata e del contenuto formativo del rapporto, tra le società sportive dilettantistiche presso le quali l’atleta ha svolto attività amatoriale o giovanile ed in cui ha svolto il proprio percorso di formazione.
In base al comma 3, la misura del premio è individuata dalle singole federazioni secondo modalità e parametri che tengano adeguatamente conto dell’età degli atleti, nonché della durata e del contenuto patrimoniale del rapporto tra questi ultimi e la società o associazione sportiva con la quale concludono il primo contratto di lavoro sportivo.
Dunque, rispetto alla normativa vigente, si fa riferimento al riconoscimento del premio a più di una società o associazione sportiva e si individuano parametri per la definizione della misura dello stesso.
Per converso, non vi sono previsioni relative al reinvestimento dello stesso premio.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 1, lettera b), prevede l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo (anche) degli artt. 6 e 16 della L. 91/1981.
L’articolo 32 disciplina i controlli sanitari dei lavoratori sportivi, sostanzialmente confermando quanto ora previsto, solo per i lavoratori sportivi professionisti, dalla L. 91/1981.
Anche tali previsioni si applicano, in base all’articolo 51, comma 1, dal 1° settembre 2020.
Preliminarmente, si ricorda che l’art. 7 della L. 91/1981 ha disposto che l'attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate con decreto del Ministro della sanità (D.M. 13 marzo 1995). È stata perciò prevista l'istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, con aggiornamento a periodicità almeno semestrale, in cui devono essere annotati i ripetuti accertamenti clinici e diagnostici previsti per tipologia di attività sportiva svolta. La scheda sanitaria deve essere aggiornata e custodita, ed i corrispondenti oneri sostenuti, a cura della società sportiva per gli atleti che svolgono le proprie prestazioni con contratto di lavoro subordinato, mentre per gli atleti che si configurano come lavoratori autonomi, detti obblighi e oneri sono adempiuti dagli atleti stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale. È prevista la possibilità per le competenti federazioni di stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l'espletamento delle indagini e degli esami necessari per l'aggiornamento della scheda. L'istituzione e l'aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizione per l'autorizzazione da parte delle singole federazioni allo svolgimento dell'attività degli sportivi professionisti. Per gli adempimenti previsti le regioni possono istituire appositi centri di medicina sportiva.
Più nello specifico, il comma 1 dispone che l’attività sportiva dei lavoratori sportivi è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite, ora, oltre che dalle federazioni sportive nazionali, anche dalle discipline sportive associate.
Anche in tal caso, come nel prosieguo dell’articolo in esame, non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Stabilisce, inoltre, che tali norme devono essere approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto col Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Si valuti l’opportunità di approfondire come si coordini il termine indicato con la previsione recata dall’art. 51, comma 1.
In base al comma 2, le medesime norme devono prevedere, tra l’altro, l’istituzione di una scheda sanitaria “per ciascuno sportivo che svolga prestazioni di carattere non occasionale”, nonché l’individuazione dei tempi per l’effettuazione delle rivalutazioni cliniche e diagnostiche, in relazione sia alla tipologia dell’attività sportiva svolta, sia alla natura dei singoli esami da svolgere.
Si valuti l’opportunità di chiarire se con la locuzione “ciascuno sportivo che svolga prestazioni di carattere non occasionale” si voglia fare riferimento anche alle prestazioni non occasionali a carattere amatoriale e ai lavoratori sportivi titolari di rapporti di collaborazione in forma coordinata e continuativa.
In base al D.M. 13 marzo 1995, la scheda sanitaria deve attestare l'avvenuta effettuazione degli accertamenti sanitari prescritti e contenere una sintetica valutazione medico-sportiva dello stato di salute corrente dell'atleta, oltre che una valutazione di eventuali controindicazioni, anche temporanee, alla pratica sportiva agonistica professionistica.
Nell’allegato A vengono indicati i dati che deve contenere la scheda sanitaria relativamente al singolo sportivo professionista.
Il comma 3 prevede che la scheda sanitaria deve essere istituita, aggiornata e custodita a cura della società e associazione sportiva. Nel caso di lavoratori sportivi autonomi, la custodia è effettuata dagli sportivi stessi, i quali devono depositarne duplicato presso la federazione sportiva nazionale e presso la disciplina sportiva associata.
Prevede, inoltre, che l’istituzione e l’aggiornamento della scheda sanitaria costituiscono condizioni necessarie per l’autorizzazione, da parte delle singole federazioni e discipline sportive associate, allo svolgimento dell’attività dei lavoratori sportivi.
Il comma 4 dispone che gli oneri relativi all’istituzione ed aggiornamento della scheda per i lavoratori sportivi subordinati gravano sulle società e associazioni sportive.
Il comma 5 prevede la possibilità, da parte delle competenti federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate, di stipulare apposite convenzioni con le regioni al fine di garantire l’espletamento delle indagini e degli esami necessari per l’aggiornamento della scheda.
Con il decreto da emanare ai sensi del comma 1 vengono inoltre stabiliti i requisiti delle strutture presso le quali devono essere effettuati i controlli sanitari.
Il comma 6 prevede, inoltre, la possibilità per le regioni di istituire appositi centri di medicina sportiva per gli adempimenti di cui all’articolo in commento.
Si segnala che attualmente la normativa regionale già prevede, in genere, l’affidamento alle strutture di Medicina dello sport delle funzioni relative alla tutela sanitaria delle attività sportive agonistiche.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 1, lettera b), prevede l’abrogazione, dal 1° settembre 2021 (anche) dell’art. 7 della L. 91/1981.
L'articolo 33 individua le disposizioni ordinamentali generali in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, assicurazione economica di malattia e di maternità, assicurazione sociale per l'impiego, che si applicano, in quanto compatibili, ai lavoratori sportivi, secondo la natura giuridica del rapporto di lavoro. Affronta anche la materia della sicurezza dei minori che svolgono attività sportive.
Anche tali disposizioni si applicano, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
In dettaglio, si prevede
, anzitutto, che a tutti i lavoratori sportivi si applicano, in linea generale, per quanto non previsto dal decreto legislativo, le vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in quanto compatibili con le modalità della prestazione sportiva. Con specifico riferimento alla idoneità psico-fisica del lavoratore sportivo, essa è certificata da un medico specialista in medicina dello sport sulla scorta di indagini strumentali, mentre la sorveglianza sanitaria è compito del medico competente di cui all'art. 2, co. 1, lett. h), del d.lgs. 81/2008 (comma 1).
Le disposizioni contenute nel suddetto decreto legislativo costituiscono attuazione dell'art. 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro. In particolare, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. h), il medico competente è un medico, in possesso di specifici titoli e requisiti formativi e professionali, che collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria.
Si prevede, inoltre che agli stessi lavoratori sportivi, in mancanza di disposizioni legislative speciali, si applica la vigente disciplina, anche previdenziale, a tutela della malattia, dell'infortunio, della gravidanza, della maternità e della genitorialità, contro la disoccupazione involontarìa, secondo la natura giuridica del rapporto di lavoro (comma 2).
Con specifico riferimento ai lavoratori sportivi subordinati, iscritti al Fondo pensioni lavoratori sportivi, a prescindere dalla qualifica professionale, si applicano:
a) le medesime tutele in materia di assicurazione economica di malattia e di assicurazione economica di maternità previste dalla normativa vigente per la generalità dei lavoratori iscritti alla assicurazione generale obbligatoria, con specifico riferimento alle indennità economiche previste.
La misura dei contributi dovuti dai datori di lavoro per il finanziamento della indennità economica di malattia e per il finanziamento della indennità economica di maternità è pari a quella fissata, rispettivamente, per il settore dello spettacolo dalla tabella G della L. 41/1986 e dall'art. 79 del d.lgs. 151/2001, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” (comma 3);
b) le tutele relative agli assegni per il nucleo familiare di cui DPR 797/1955 e al D.L. 69/1988 (L. 153/1988), con riferimento alla estensione del diritto alle prestazioni ed ai relativi limiti di reddito e decorrenze, con applicazione, a carico dei datori di lavoro, delle medesime aliquote contributive previste per i lavoratori iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti (comma 4);
c) le tutele previste dall'Assicurazione Sociale per l'Impiego (ASpI), di cui al Titolo I del d.lgs. 22/2015, che disciplina la nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI).
La NASpI è l’indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, destinata ai lavoratori dipendenti che hanno perduto involontariamente la propria occupazione (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.
La misura dei contributi dovuti dai datori di lavoro per il finanziamento delle indennità erogate dalla predetta assicurazione è quella determinata dall'art. 2, co. 25 e 26 della L. 92/2012. I medesimi datori di lavoro non sono tenuti al versamento dei contributi di cui all'art. 2, co. 28 e 31 della medesima legge (comma 5).
Il co. 25 dispone che per il finanziamento di tali indennità concorrono i contributi di cui agli artt. 12, co. 6, e 28, co. 1, della L. 160/1975, che fissano le aliquote a carico dei datori di lavoro al fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, mentre il co. 26 rinvia alle riduzioni di tale contribuzione, disposta da diverse fonti normative, in attuazione di interventi di riduzione del costo del lavoro.
I co. 28 e 31 prevedono dei contributi addizionali a carico del datore di lavoro.
Con riferimento all'impiego dei minori in attività lavorative di carattere sportivo, il comma 6 prevede, anzitutto, che resta fermo quanto previsto dalla L. 977/1967 sull’impiego dei minori in attività lavorative di carattere sportivo.
La L. 977/1967 ha previsto, in generale, che l'età minima per l'ammissione al lavoro coincide con il momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non poteva essere inferiore ai 15 anni compiuti. Il requisito minimo anagrafico è ora elevato a 16 anni, a seguito dell’innalzamento dell’obbligo scolastico a 10 anni, previsto dall’art. 1, co. 622, della L. 296/2006.
La stessa L. 977/1967 ha peraltro stabilito una deroga a tale previsione poiché - previa autorizzazione e previo assenso scritto dei titolari della responsabilità genitoriale - è permesso l’impiego di minori in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudicano la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale.
Dispone, poi, che, con regolamento da emanare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport (art. 17, co. 3, L. 400/1988), di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, sono introdotte disposizioni specifiche a tutela della salute e della sicurezza dei minori che svolgono attività sportiva, inclusi appositi adempimenti e obblighi, anche informativi, da parte delle società e associazioni sportive. Al riguardo, specifica che fra gli adempimenti vi deve essere la designazione di un responsabile della protezione dei minori, a protezione dell'integrità fisica e morale dei giovani sportivi.
In merito, si ricorda che la norma di delega ha demandato al decreto legislativo la definizione di disposizioni finalizzate alla tutela della salute e della sicurezza dei minori che svolgono attività sportiva, con la previsione di specifici adempimenti e obblighi informativi da parte delle società e delle associazioni sportive con le quali i medesimi svolgono attività sportiva. Lo schema di decreto, invece, a sua volta rinvia a una diversa fonte, il DPCM o il DM, la definizione di tale quadro normativo.
Si valuti, dunque, l’opportunità di un approfondimento sulla coerenza di tale disposizione con la norma di delega
Infine, il comma 7 dispone che “ai minori” – rectius: “ai soggetti che impiegano minori” – che praticano attività sportiva si applica quanto previsto dal d.lgs. 39/2009, recante attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
Il d.lgs. 39/2014 dà attuazione alla disciplina comunitaria in tema di sfruttamento sessuale dei minori, limitandosi a pochi interventi sul codice penale (vengono introdotte nuove aggravanti dei delitti di pedopornografia, di violenza sessuale e di corruzione di minorenne) e sul codice di procedura penale (in particolare per consentire le intercettazioni nelle indagini per il reato di adescamento di minorenne): rispetto ai contenuti della direttiva 2011/93/UE, infatti, l’ordinamento nazionale già si caratterizzava per un elevato livello di tutela dei minori vittime di sfruttamento sessuale. L’unica disposizione del decreto legislativo richiamato che assume un rilievo specifico ai fini di quanto previsto dallo schema in esame è l’art. 2, che modifica il Testo Unico in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti (DPR 313/2002), inserendovi l'art. 25-bis, volto a prevedere l’obbligo per il datore di lavoro di chiedere il certificato penale del casellario giudiziale quando intende impiegare una persona per «lo svolgimento di attività organizzate, professionali o volontarie, che comportino contatti diretti e regolari con minori», al fine di poter verificare l'esistenza di condanne per un delitto di pedopornografia e sfruttamento sessuale dei minori, ovvero l'applicazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti con i minori. La mancata acqusizione del certificato penale comporta, per il datore di lavoro, il pagamento della sanzione amministrariva pecuniaria da € 10.000 a € 15.000.
Si valuti, dunque, l’opportunità di riformulare il comma 7, specificando che l’art. 2 del d.lgs. 39/2014 si applica anche ai soggetti presso i quali svolgono attività sportiva i minori.
Per completezza, si ricorda che in materia di tutela dei minori dispone anche l’art. 16 del già citato AG 228, attuativo della delega recata dall’art. 8 della stessa L. 86/2019.
L'articolo 34 detta disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per i lavoratori sportivi subordinati, per i lavoratori sportivi titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuative e per gli sportivi dei settori dilettantistici.
Anche tali disposizioni si applicano, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
In dettaglio, il comma 1 dispone l'obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche qualora vigano previsioni, contrattuali o di legge, di tutela con polizze privatistiche, per i lavoratori subordinati sportivi, dipendenti dai soggetti di cui all'art. 9 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (DPR 1124/1965), che definisce le categorie dei datori di lavoro interessati dalle norme.
Si segnala, a questo riguardo, che l’articolo 52, comma 1, lettera c), dello schema di decreto abroga, a decorrere dal 1° settembre 2021, l’art. 6 del d.lgs. 38/2000 (recante “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”) in base al quale sono soggetti all'obbligo assicurativo gli sportivi professionisti dipendenti dai soggetti di cui all'art. 9 del testo unico, anche qualora vigano previsioni, contrattuali o di legge, di tutela con polizze privatistiche.
La definizione delle retribuzioni e del relativi riferimenti tariffari ai fini della determinazione del premio assicurativo, viene stabilita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi su delibera del consiglio di amministrazione dell'INAIL.
Tali parametri retributivi, ai sensi del comma 2, valgono anche ai fini della liquidazione della indennità giornaliera di inabilità temporanea assoluta, di cui all'art. 66, primo comma, n. 1, del DPR 1124/1965.
Il comma 3 richiama l'applicazione della disciplina dell'obbligo assicurativo INAIL prevista dall'art. 5, co. 2, 3 e 4, del d.lgs. 38/2000 e dalle successive fonti normative per i lavoratori sportivi titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Il comma 4 riguarda la tutela assicurativa obbligatoria di cui all'art. 51 della L. 289/2002 per gli sportivi dei settori dilettantistici, attribuendo la competenza per la gestione dei relativi rapporti assicurativi all'INAIL.
L’articolo 35 reca disposizioni generali in materia di trattamento pensionistico dei lavoratori sportivi. Inoltre, prevede specifiche disposizioni per gli istruttori presso impianti e circoli sportivi e per i direttori tecnici e gli istruttori presso società sportive.
Infine, conferma la disciplina dell’assegno straordinario vitalizio “Giulio Onesti”, in favore degli sportivi italiani che abbiano onorato la patria e che versino in comprovate condizioni di grave disagio economico.
Anche tali disposizioni si applicano, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
In dettaglio, il comma 1 dispone che i lavoratori sportivi subordinati, a prescindere dal settore professionistico o dilettantistico in cui prestano attività, sono iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti gestito dall’INPS che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, assume la denominazione di Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi.
Ai suddetti lavoratori e, ricorrendone i presupposti, ai lavoratori sportivi autonomi anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409, primo comma, n. 3, c.p.c., operanti nei settori professionistici, si applica la disciplina del d.lgs. 166/1997, recante disposizioni in materia di regime pensionistico per gli iscritti al Fondo pensioni per gli sportivi professionisti istituito presso l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (Enpals).
Con riferimento, invece, ai lavoratori sportivi, titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa o che svolgono prestazioni autonome o prestazioni autonome occasionali, dei settori dilettantistici, il comma 2 prevede il diritto all’assicurazione previdenziale e assistenziale e l’iscrizione alla Gestione separata INPS, istituita ai sensi dell’art. 2, co. 26, della L. 335/1995
[43]
, con le seguenti specificazioni (di cui a successivi commi):
- nel caso in cui i predetti lavoratori risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 10% (comma 6)
- nel caso in cui i predetti lavoratori, titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa o che svolgono prestazioni autonome occasionali, non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l’aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 20% per il 2021, al 24% per il 2022, al 30% per il 2023, al 33% per il 2024 (comma 7);
- nel caso in cui i predetti lavoratori svolgono prestazioni autonome e non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche è stabilita in misura pari al 15% per il 2021, al 20% per il 2022, al 22% per il 2023, al 25% per il 2024 (comma 8).
Si rammenta che ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale, di cui all’articolo 37, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi 6 e 7.
Per le figure degli istruttori presso impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, dei direttori tecnici, e degli istruttori presso società sportive (di cui ai punti n. 20 e n. 22 del DM 15 marzo 2005 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
[44]
), fermo restando il diritto alla assicurazione previdenziale e assistenziale, sulla base del relativo rapporto di lavoro, il comma 3 prevede che, se già iscritte presso il Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo, hanno diritto di optare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto in esame, per il mantenimento del regime previdenziale già in godimento.
In base al comma 5, forme pensionistiche complementari possono essere istituite, secondo la disciplina legislativa vigente, da accordi collettivi stipulati dalle federazioni sportive nazionali e dai rappresentanti delle categorie di lavoratori sportivi interessate.
Anche in tal caso non si specifica se si tratta solo degli organismi riconosciuti dal CONI o anche di quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Infine, il comma 4 conferma la disciplina dell’assegno straordinario vitalizio “Giulio Onesti”, di cui alla L. 86/2003, in favore degli sportivi italiani che, nel corso della loro carriera agonistica, abbiano onorato la patria, anche conseguendo un titolo di rilevanza internazionale in ambito dilettantistico o professionistico, e che versino in comprovate condizioni di grave disagio economico.
In base alla L. 86/2003, l'importo dell'assegno straordinario vitalizio è commisurato alle esigenze dell'interessato e non può, in ogni caso, essere superiore a € 15.000 annui
[45]
.
L'assegno era assegnato, in base alla stessa legge, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali. A seguito dell’art. 1, co. 19, lett. a), del D.L. 181/2006 (L. 233/2006), che ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri le competenze in materia di sport, l’assegno è ora attribuito annualmente con decreto dell'Autorità politica con delega allo sport, previa comunicazione al Parlamento, ad un numero massimo di cinque sportivi, per ciascun anno, individuati da una Commissione.
Da ultimo, la Commissione è stata costituita con decreto del Ministro per le politiche giovanili e lo sport 24 febbraio 2020.
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 1, lettere a) e b), abroga, a decorrere dal 1° settembre 2021:
Secondo la relazione tecnica, la riforma del lavoro sportivo non comporta oneri a carico della finanza pubblica, ma, anzi, determina un saldo positivo per le casse dell’INPS, comportando l’emersione contributiva dei lavoratori del settore dilettantistico.
L’articolo 36 specifica l’ambito di applicazione di alcune norme riguardanti il trattamento tributario in materia di lavoro sportivo.
In base all’articolo 51, comma 1, le disposizioni si applicano dal 1° settembre 2021.
Preliminarmente, si ricorda che il trattamento tributario in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti è attualmente disciplinato dall’art. 15 della L. 91/1981, sostanzialmente riprodotto nei commi 1-4 dell’articolo in esame.
In particolare, il primo comma prevede che ai redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 49, terzo comma, lett. a), del DPR 597/1973, ora sostituito dal Testo unico delle imposte sui redditi, DPR 917/1986).
Il secondo comma stabilisce che l'indennità di anzianità corrisposta al termine dell’attività sportiva è soggetta a tassazione separata.
Il terzo comma sottopone a IVA le cessioni dei contratti degli atleti, rinviando alla disciplina del decreto IVA (DPR 633/1972), mentre il quarto comma prevede che le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica sono equiparate alle operazioni esenti da IVA.
Per quanto concerne la tassazione dei compensi percepiti per attività sportive dilettantistiche, si ricorda che questi, accanto alle tradizionali categorie reddituali del lavoro dipendente e del lavoro autonomo, sono soggetti a una normativa speciale volta a includere la pratica sportiva dilettantistica nella categoria dei redditi diversi (art. 67, co. 1, lettera m) del Tuir)
[46]
. A tal fine sono necessari i seguenti requisiti:
- il soggetto erogante deve perseguire finalità sportivo-dilettantistiche ed essere riconosciuto dal CONI, attraverso l'iscrizione al Registro delle società e associazioni sportive dilettantistiche;
- la natura della prestazione deve rientrare tra quelle oggetto dell'agevolazione indicate dall'art. 67, co. 1, lett. m), considerando che, in base all'art. 35, co. 5, del D.L. 207/2008 (L. 14/2009), per esercizio diretto di attività sportiva si intendono non solo le prestazioni rese per la partecipazione a gare e manifestazioni sportive, ma anche tutte quelle relative allo svolgimento delle attività dilettantistiche di formazione, didattica, preparazione e assistenza intese nell'accezione più ampia del termine. A tal fine è necessario fare riferimento all'elenco predisposto da ciascuna federazione, in base alle peculiarità della disciplina, al fine di individuare quali compensi possano rientrare nella categoria dei redditi diversi, mentre ogni altra prestazione dovrà rientrare nelle categorie dei redditi di lavoro autonomo o di lavoro dipendente a seconda delle modalità con cui vengono svolte e della tipologia del soggetto che le svolge.
In particolare, il comma 1 chiarisce che l’indennità di anzianità erogata dal fondo gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi al termine dell’attività sportiva (art. 26, co. 4) è soggetta a tassazione separata agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
La disposizione riproduce il contenuto, con i necessari aggiornamenti normativi, dell’art. 15, secondo comma, della L. 91/1981.
A sua volta, l’articolo 51, comma 2, lettera a), dello schema – novellando l’art. 17, co. l, lett. f), del DPR 917/1986 – ne amplia la portata, stabilendo che il regime di tassazione separata si applica alle indennità percepite dai lavoratori subordinati sportivi al termine dell'attività sportiva (e non solo agli sportivi professionisti, come previsto a legislazione vigente).
L’art. 17 del Tuir consente di applicare l'imposta separatamente su alcune tipologie di redditi, tra i quali le indennità percepite da sportivi professionisti al termine dell'attività sportiva (co.1, lett. f)). I redditi soggetti a tassazione separata non concorrono alla determinazione dell’Irpef, in quanto l’imposta dovuta viene determinata separatamente per ogni singolo reddito soggetto a tassazione. La tassazione è quindi proporzionale e non progressiva. Il contribuente può optare, se più conveniente, per la tassazione ordinaria.
Il comma 2 contiene una norma generale di rinvio alla disciplina ordinaria prevista dal Tuir per quanto non regolato dalle disposizioni tributarie introdotte dallo schema.
La disposizione riproduce il contenuto dell’art. 15, sesto comma, della L. 91/1981.
Il comma 3 prevede che per l'attività relativa alle operazioni di cessione dei contratti prima della scadenza da una società o associazione sportiva ad un’altra (art. 26, co. 2), le società sportive debbono osservare la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (DPR 633/1972) distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del rispettivo volume d'affari.
La disposizione riproduce il contenuto dell’art. 15, terzo comma, della L. 91/1981.
Si ricorda che l’art. 4 della L. 398/1991 prevede che le cessioni dei diritti relativi alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive sono soggette a IVA. Ciò comporta che il trasferimento dei diritti di un atleta, dietro corrispettivo, è sempre assoggettato ad IVA. Solo nel caso in cui la somma è quantificata direttamente dalla Federazione di riferimento il premio si considera erogato a fronte della formazione dell’atleta ed è pertanto riconducibile allo svolgimento dell’attività istituzionale dell’associazione che, ai sensi del comma 4, art. 4 del DPR 633/1972, non rientra tra le attività commerciali e non è pertanto assoggettato a IVA.
Lo stesso comma 3 dispone, inoltre, che, per le società ed associazioni sportive dilettantistiche senza fini di lucro resta ferma l'agevolazione fiscale prevista dall'art. 148, co. 3, del Tuir.
Si ricorda che il sopra citato art. 148 stabilisce che per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, non si considerano commerciali – e non sono quindi soggette a IVA – le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
Il comma 4 dispone che le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica (art. 31, co. 2) sono equiparate alle operazioni esenti dall'imposta sul valore aggiunto (art. 10 del DPR 633/1972).
La disposizione riproduce il contenuto dell’art. 15, quarto comma, della L. 91/1981.
Il premio, qualora sia percepito da società e associazioni sportive dilettantistiche senza fini di lucro (che abbiano optato per il regime tributario speciale relativo alle associazioni sportive dilettantistiche previsto dalla L. 398/1991) non concorre alla determinazione del reddito di tali enti.
Si ricorda che le associazioni sportive dilettantistiche che svolgono in via esclusiva o principale attività non commerciali sono riconducibili, quali soggetti passivi IRES, agli enti non commerciali (art. 73, co. 1, lett. c) del Tuir). Tali associazioni, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta locale sui redditi, possono optare per l'applicazione delle disposizioni di cui alla L. 398/1991 (determinazione forfettaria del reddito imponibile e dell'imposta sul valore aggiunto).
Sotto il profilo fiscale, le associazioni applicano pertanto, in quanto enti associativi, le disposizioni dell'art. 148 del Tuir, compresa la decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati dagli associati per le attività svolte in attuazione degli scopi istituzionali. Per le attività commerciali possono altresì optare, attraverso comportamenti concludenti, per il regime previsto dalla L. 398/1991 che consiste, ai fini Ires, nella determinazione forfetaria del reddito con coefficiente del 3% fino a € 400.000 di ricavi annui (come elevato dall’art. 90, co. 2, della L. 289/2002) e, ai fini IVA, in una detrazione forfetaria in misura pari al 50%. Tale regime fiscale agevolato è esteso anche alle società dilettantistiche.
I medesimi soggetti sono esonerati dall'obbligo di fatturazione elettronica, se nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a € 65.000, in analogia con quanto previsto per il regime forfetario; tali soggetti, se nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a € 65.000, assicurano che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta.
Si ricorda, infine, che l'art. 1, co. 646, della L. 145/2018 (legge di bilancio 2019), modificando l'art. 27-bis della Tabella di cui all'Allegato B annesso al DPR 642/1972, ha disposto l'esenzione dall'imposta di bollo agli atti posti in essere o richiesti dalle associazioni e società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI. Per un approfondimento si rinvia al dossier La fiscalità sportiva del Servizio Studi della Camera dei deputati.
Il comma 5 chiarisce che restano ferme le vigenti disposizioni previste dalla citata L. 398/1991, sopra illustrate, nonché le norme tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche (ritenuta del 23%, ai sensi dell’art. 25 della L. 133/1999, sopra richiamato), fatta eccezione per i contratti di lavoro sportivo autonomo, e la disciplina per l’attività sportiva dilettantistica prevista dall’art. 90 della L. 289/2002.
Con riferimento all’art. 90 della L. 289/2002, si ricorda che le disposizioni tributarie recate dai co. 4, 5 e 8, sono abrogate, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, ai sensi dell’articolo 52, co. 2, lett. a), dello schema, in relazione alla disciplina recata dall’art. 11 dello stesso.
In materia di disciplina tributaria dei contratti di lavoro sportivo autonomo, l’articolo 51, comma 2, lettera b), stabilisce che sono da considerare redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dalle prestazioni sportive professionistiche non occasionali oggetto di contratto di lavoro non subordinato come disciplinato dallo schema in esame. A tal fine, novella la lett. a) del co. 2 dell’art. 53 del DPR 917/1986.
L’articolo 51, comma 2, lettera c), conseguentemente, sopprime il comma 3 del richiamato art. 53 del DPR 917/1986, che stabilisce che per i redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo si applicano le disposizioni relative ai redditi indicati alla previgente lett. a), del co. 2, ovvero ai redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, dalla partecipazione a collegi e commissioni e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Il comma 6 dell’articolo 36 chiarisce che la qualificazione come redditi diversi, per le indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche si interpreta come applicabile ai fini fiscali e previdenziali soltanto entro il limite reddituale di € 10.000, confermando le vigenti norme tributarie sui compensi già illustrate.
Il comma 7 definisce la soglia di esenzione fiscale applicabile ai redditi da lavoro sportivo.
In particolare, la disposizione stabilisce che la predetta soglia di esenzione fiscale pari a € 10.000 (art. 69, co. 2, Tuir, come modificato dall'art. 1, co. 367, lett. b), della L. 205/2017), si applica anche ai redditi da lavoro sportivo nei settori dilettantistici, quale che sia la tipologia di rapporto ed esclusivamente ai fini fiscali.
La relazione tecnica evidenzia che tale disposizione non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto, nel regime attuale, i compensi percepiti da atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici e sportivi, operanti nei settori dilettantistici, anche quando il rapporto assume i connotati del lavoro sportivo, vengono per prassi consolidata qualificati come redditi diversi.
Il comma 8 chiarisce che resta fermo il regime speciale previsto per i lavoratori sportivi rimpatriati (art. 16, co. 5-quater e 5-quinquies, del d.lgs. 147/2015) come modificato dallo schema in commento.
A tale proposito si segnala che il successivo articolo 51, comma 3, modifica il richiamato co. 5-quater dell’art. 16 del d.lgs. 147/2015 stabilendo che la disciplina prevista in materia di regime speciale per lavoratori rimpatriati si applica non solo ai rapporti tra società e sportivi professionisti ma più in generale ai rapporti di lavoro sportivo.
Con riguardo alla formulazione del testo, si segnala un errore materiale nella numerazione del comma 3 dell’art. 51.
Si valuti, inoltre, l’opportunità di considerare che nessuna delle disposizioni recate dall’art. 51 ha carattere transitorio come, invece, indicato dalla rubrica.
Si ricorda che il vigente art. 16 del d.lgs. 147/2015 stabilisce, tra l’altro, che per i rapporti tra società e sportivi professionisti i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati e i redditi di lavoro autonomo concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare. L'esercizio dell'opzione per il regime agevolato comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile. Le entrate derivanti dal contributo di cui al primo periodo sono versate a un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un apposito capitolo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il potenziamento dei settori giovanili.
In conseguenza della nuova disciplina ora esposta, l’articolo 52, comma 1, lettera b), prevede l’abrogazione, dal 1° settembre 2021, (anche) dell’art. 15 della L. 91/1981.
L'articolo 37 detta disposizioni in merito ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale resa in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI o dal CIP.
Anche tali disposizioni si applicano, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, a decorrere dal 1° settembre 2021.
In dettaglio, si prevede che le suddette attività di carattere amministrativo-gestionale possono essere oggetto di collaborazioni ai sensi dell'art. 409, primo comma, n. 3, c.p.c..
L’art. 409, primo comma, n. 3, c.p.c. prevede la applicazione delle disposizioni in materia di controversie individuali di lavoro, previste dal capo I, titolo IV del codice medesimo, anche ai rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. A tal fine, la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa.
A tali collaborazioni si applica la disciplina dell'obbligo assicurativo INAIL, di cui all'art. 5, co. 2, 3 e 4, del d.lgs. 38/2000 (commi 1 e 2).
L’art. 5 del d.lgs. 38/2000, che si riferisce alla assicurazione dei lavoratori parasubordinati, al co. 2 prevede che, i fini dell'assicurazione INAIL il committente è tenuto a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal testo unico. Il premio assicurativo, ai sensi del co. 3, è ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente. Infine, ai sensi del co. 4, ai fini del calcolo del premio, la base imponibile è costituita dai compensi effettivamente percepiti. Il tasso applicabile all'attività svolta dal lavoratore è quello dell'azienda qualora l'attività stessa sia inserita nel ciclo produttivo, in caso contrario, dovrà essere quello dell'attività effettivamente svolta.
I collaboratori hanno diritto all'assicurazione previdenziale ed assistenziale, con iscrizione alla Gestione separata INPS, di cui all'art. 2, co. 26, della L. 335/1995 (comma 3).
Il comma 4 fornisce un'interpretazione della qualificazione delle collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo-gestionale come redditi diversi, ai sensi dell'art. 67, co. 1, lett. m), secondo periodo, del DPR 917/1986 (al riguardo, si veda, ante, scheda art. 36).
In particolare, la qualificazione come redditi diversi si intende operante soltanto entro il limite reddituale per l'esenzione fiscale di cui all’ art. 69, co. 2, primo periodo, del medesimo DPR 917/1986, e cioè per un importo non superiore, complessivamente, nel periodo d'imposta, a € 10.000. Quando i compensi, le indennità di trasferta e rimborsi spese superano tale limite, le prestazioni di carattere amministrativo-gestionale sono considerate di natura professionale per l'intero importo.
Il comma 5 stabilisce la non concorrenza alla formazione del reddito, ai fini tributari, dei contributi previdenziali ed assistenziali versati dai soggetti di cui al comma 1 o dai relativi collaboratori in ottemperanza a disposizioni di legge.
In base al comma 6, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale si applicano i commi 6 e 7 dell’articolo 35 dello schema (si veda ante).
Conseguentemente, l’articolo 52, comma 1, lett. d), abroga, a decorrere dal 1° settembre 2021, l’art. 2, co. 2, lett. d), del d.lgs. 81/2015, che non considera applicabile la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.
L’articolo 38 reca disposizioni per la qualificazione delle discipline sportive come professionistiche e dilettantistiche, sostanzialmente confermando la disciplina vigente.
L’art. 2 dello schema definisce Settore professionistico il settore qualificato come professionistico dalla rispettiva federazione sportiva nazionale o disciplina sportiva associata (co. 2, lett. ii)) e Settore dilettantistico il settore di una federazione sportiva nazionale o disciplina sportiva associata non qualificato come professionistico (co. 2, lett. hh)).
Anche in tal caso, non si specifica se ci si riferisca solo agli organismi riconosciuti dal CONI o anche a quelli riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto ante osservato.
In argomento, per la disciplina vigente, si veda il paragrafo Presupposti normativi.
In particolare, l’art. 38 stabilisce, innanzitutto, che la qualificazione di una disciplina sportiva come professionistica opera senza distinzione di genere.
Inoltre, dispone che sono qualificate come professionistiche le discipline sportive che conseguono la relativa qualificazione dalle federazioni sportive nazionali o dalle discipline sportive associate secondo le norme emanate dalle stesse, in osservanza delle direttive e dei criteri per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica, che devono essere stabiliti dal CONI, in armonia con l’ordinamento sportivo internazionale, nel termine di 8 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Anche in tal caso non si fa riferimento al CIP e agli organismi dallo stesso riconosciuti. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Si valuti l’opportunità di anticipare il termine previsto, considerato che la qualificazione delle discipline sportive come professionistiche o dilettantistiche rileva anche ai fini di altre disposizioni recate dal Titolo V dello schema (ad esempio, per quanto previsto dall’art. 27), che si applicano, in base all’art. 51, co. 1, dal 1° settembre 2021.
Decorso inutilmente tale termine di 8 mesi, le citate direttive e i citati criteri sono adottati, sentito il CONI, dal Presidente del Consiglio dei ministri o dall’Autorità politica da esso delegata in materia di sport.
Gli articoli 39 e 40 recano disposizioni a sostegno delle donne nello sport, riprendendo, in parte, quanto disposto con l’art. 12-bis del D.L. 104/2020 (L. 126/2020), che ha istituito il Fondo per il professionismo negli sport femminili.
In particolare, è l’articolo 39 a riproporre l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per essere trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Fondo per il professionismo negli sport femminili, con una dotazione iniziale di € 2,9 mln per il 2020 e di € 3,9 mln per ciascuno degli anni 2021 e 2022.
Con riguardo alle modalità di accesso alle risorse del Fondo – nel limite massimo dello stanziamento, che costituisce tetto di spesa –, si dispone innanzitutto che le stesse sono definite con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica delegata in materia di sport (ai sensi dell’art. 17, co. 3, L. 400/1988), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Le FSN che intendono accedere al Fondo devono deliberare – entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo – il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili, che deve avvenire entro il 31 dicembre 2022.
Si valuti l’opportunità di chiarire come si coordini il termine indicato con quanto dispone l’art. 38, co. 1, a seguito del quale le FSN e le DSA possono qualificare le discipline sportive come professionistiche o dilettantistiche a seguito delle direttive e dei criteri che il CONI deve emanare entro 8 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
I finanziamenti a valere sul Fondo sono concessi, a domanda, alle FSN che hanno deliberato il suddetto passaggio, per le seguenti finalità:
a) per almeno la metà dei finanziamenti richiesti, per attività di sanificazione delle strutture sportive e di ristrutturazione degli impianti sportivi;
b) per la restante parte, per il sostegno al reddito e alla tutela medico-sanitaria delle atlete;
a) per almeno la metà dei finanziamenti richiesti, per il reclutamento e la formazione delle atlete, nonché per l’allargamento delle tutele assicurative e assistenziali delle stesse;
b) per la restante parte, per la promozione dello sport femminile, la sostenibilità economica della transizione al professionismo sportivo, la qualifica e la formazione dei tecnici, la riorganizzazione e il miglioramento delle infrastrutture sportive.
Le FSN che hanno avuto accesso alle risorse del Fondo devono presentare al Presidente del Consiglio dei ministri o all’Autorità politica delegata in materia di sport, sentite le associazioni delle atlete, le associazioni delle società sportive e le associazioni degli allenatori, un resoconto semestrale sull’utilizzo delle risorse.
Alla copertura degli oneri derivanti si provvede con le risorse derivanti dall’abrogazione – disposta, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, dall’articolo 52, comma 2, lett. d), dello schema in esame – dell’art. 12-bis del D.L. 104/2020 (L. 126/2020).
Per quanto qui maggiormente interessa, si ricorda che, rispetto a quanto disposto ora dall’articolo in esame, il citato art. 12-bis del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha previsto che le modalità di accesso al Fondo sono definite con DPCM, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, che doveva essere emanato entro 30 giorni dal 14 ottobre 2020, data di entrata in vigore della legge di conversione. Inoltre, dalla medesima data decorre anche il termine di 60 giorni per le FSN che intendono accedere al Fondo per deliberare il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili (che si prevede comunque debba avvenire entro il 31 dicembre 2022).
Lo stesso art. 12-bis ha stabilito, infine, che, alla copertura degli oneri derivanti si provvede a valere sui risparmi derivanti dall’abrogazione dell’art. 1, co. 181, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), disposta da esso stesso, che aveva previsto, al fine di promuovere il professionismo nello sport femminile e di estendere alle atlete le condizioni di tutela previste dalla legge sulla prestazione di lavoro sportivo, che le società sportive femminili che stipulavano con le atlete contratti di lavoro sportivo professionistico potevano richiedere, per gli anni 2020, 2021 e 2022, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica, entro il limite massimo di € 8.000 su base annua.
A sua volta, l’articolo 40 reca disposizioni volte a promuovere la parità di genere.
Nello specifico, stabilisce che il CONI favorisce l’inserimento delle donne nei propri ruoli di gestione e di responsabilità e in quelli delle organizzazioni sportive. In particolare, dispone che il CONI stabilisce con regolamento i principi informatori degli statuti delle FSN, delle DSA e delle associazioni benemerite, in conformità con quanto disposto dal Codice delle pari opportunità, di cui al d.lgs. 198/2006, indicando:
§ le aree e i ruoli in cui promuovere l’incremento della partecipazione femminile;
§ le misure volte a favorire la rappresentanza delle donne nello sport.
In argomento, si ricorda, preliminarmente, che prime disposizioni volte a promuovere la presenza femminile in ambito sportivo sono intervenute con gli artt. 2, co. 1, e 4, co. 1, della L. 8/2018, che hanno modificato, rispettivamente, il co. 2 dell’art. 16 del d.lgs. 242/1999 e il co. 2 dell’art. 14 del d.lgs. 43/2017. In particolare, con le modifiche è stato disposto che gli statuti delle FSN, delle DSA, degli EPS, delle FSP, delle DSP e degli EPSP prevedono le procedure per l'elezione del presidente e dei membri degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunità tra donne e uomini.
Con riferimento all’ambito soggettivo, si valuti l’opportunità di fare riferimento (anche) agli EPS e di prevedere una disposizione analoga anche per il CIP e gli organismi sportivi paralimpici.
Con specifico riferimento al d.lgs.198/2006, si ricorda che l’art. 1 dello stesso prevede che:
- la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione;
- la parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato;
- l'obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività
[47]
.
Il regolamento deve essere emanato dal CONI entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Decorso inutilmente tale termine, il regolamento è adottato con DPCM, su proposta dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport.
Infine, lo stesso articolo 40 dispone che il CONI è tenuto a vigilare sull’osservanza da parte delle FSN, delle DSA e delle associazioni benemerite dei principi introdotti dall’articolo in esame.
L’articolo 41 istituisce le figure professionali del chinesiologo di base – che opera in ambito non agonistico –, del chinesiologo sportivo – che opera in ambito agonistico – e del manager dello sport. Finalità dichiarate sono il corretto svolgimento delle attività fisico motorie, anche di livello agonistico, e la tutela del benessere nonché della promozione di stili di vita corretti.
In particolare, dispone, anzitutto, che:
-
la conduzione, la gestione e la valutazione di attività motorie individuali e di gruppo a carattere compensativo, educativo, ludico-ricreativo e sportivo finalizzate al mantenimento ed al recupero delle migliori condizioni di benessere fisico nelle varie fasce di età attraverso la promozione di stili di vita attivi;
-
la conduzione, gestione e valutazione di attività per il miglioramento della qualità della vita mediante l’esercizio fisico, nonché di personal training e di preparazione atletica non agonistica;
-
la progettazione, il coordinamento e la direzione tecnica delle attività di preparazione atletica in ambito agonistico, fino ai livelli di massima competizione, presso associazioni e società sportive, EPS, istituzioni e centri specializzati;
-
la preparazione fisica e tecnica personalizzata finalizzata all’agonismo individuale e di squadra.
L’attività del chinesiologo sportivo può essere svolta anche all’aperto, strutturata in percorsi e parchi, o nelle “palestre della salute”, pubbliche o private. Limitatamente alle attività eseguite presso le “palestre della salute”, per l’offerta di programmi di esercizio fisico strutturato e di attività fisica adattata (AFA), il chinesiologo sportivo collabora con professionisti sanitari, come il fisioterapista, il medico specialista in medicina dello sport e dell’esercizio fisico, il medico specialista in medicina fisica e riabilitativa, il medico specialista in scienze dell’alimentazione.
Le regioni e le province autonome stabiliscono i requisiti strutturali e organici per la realizzazione dei percorsi, dei parchi e delle palestre della salute.
Al riguardo, si segnala che la relazione illustrativa riferisce la possibilità di operare all’aria aperta anche al chinesiologo di base.
Si valuti l’opportunità di introdurre tale specifica anche nel testo;
-
la programmazione e la gestione di impianti sportivi;
-
la conduzione e la gestione delle strutture pubbliche e private dove si svolgono attività motorie, anche ludico-ricreative;
-
l’organizzazione, in qualità di esperto e consulente, di eventi e manifestazioni sportive, anche ludico-ricreative.
Dispone, inoltre, che:
Sembrerebbe intendersi, dunque, che l’istituzione delle nuove figure professionali avverrà concretamente solo dopo l’emanazione del suddetto decreto.
Inoltre, con l’espressione “percorso formativo”, il testo sembrerebbe riferirsi a percorsi integrativi rispetto al corso di laurea e al corso di laurea magistrale.
Infatti, in base all'art. 10 del DM 270/2004, recante norme sull’autonomia didattica degli atenei, per ogni classe di laurea e di laurea magistrale gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli sono stabiliti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca.
Qualora l’interpretazione sia corretta, si valuti l’opportunità di prevedere il concerto (e non l’intesa) del Ministro dell’università e della ricerca;
L’articolo 42 individua gli obblighi connessi allo svolgimento di attività motorie e sportive.
In particolare, dispone che i corsi e le attività motorie e sportive offerti all’interno di palestre, centri e impianti sportivi di ogni tipo, a fronte del pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo, anche sotto forma di quote di adesione, devono essere svolti con il coordinamento di un istruttore qualificato o di un istruttore di specifica disciplina, dei cui nominativi deve essere data adeguata pubblicità.
In particolare, stabilisce che:
Al riguardo, si ricorda che il d.lgs. 178/1998 ha disciplinato – in attuazione della delega recata dall'art. 17, co. 115, della L. 127/1997 – la trasformazione degli ISEF, ossia dell'Istituto superiore di educazione fisica statale di Roma e degli Istituti superiori di educazione fisica pareggiati ai sensi dell’art. 28 della L. 88/1958, nonché l'istituzione dei corsi di laurea (quadriennale) e di diploma (triennale) in scienze motorie.
Successivamente, a seguito della riforma degli ordinamenti didattici, avviata con il DM 509/1999, i corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti, sono stati raggruppati in classi di appartenenza. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale. Ai sensi del medesimo DM, è stata istituita la classe 33 – Scienze delle attività motorie e sportive.
La L. 136/2002 ha poi sancito l’equiparazione, ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi ed alle attività professionali, dei diplomi in educazione fisica rilasciati dagli ex ISEF alle lauree afferenti alla classe 33.
Ancora in seguito, il DM 16 marzo 2007, relativo alla determinazione delle classi delle lauree universitarie del nuovo ordinamento (ex DM 270/2004), ha istituito la già citata classe L-22, Scienze delle attività motorie e sportive. La tab. 2 del D.I. 11 novembre 2011 ha poi equiparato alle lauree della classe L-22, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, sia le lauree della classe 33 – Scienze delle attività motorie e sportive, istituita ai sensi del DM 509/1999, sia il diploma universitario in scienze motorie, istituito ai sensi della previgente L. 341/1990.
Con riguardo ai titoli conseguiti all’estero, si ricorda che l’esercizio delle professioni regolamentate – ossia di quelle professioni il cui esercizio è regolato dalla legislazione nazionale – è protetto dalla legge ed è consentito esclusivamente ai soggetti abilitati secondo la normativa specifica per la tipologia di professione regolamentata
[48]
;
In caso di violazione, ai trasgressori viene applicata, da parte del comune territorialmente competente, una sanzione pecuniaria da € 1.000 a € 10.000.
Non sono soggette a tale obbligo:
§
le attività sportive agonistiche disciplinate dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate o dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal CIP;
§
le attività motorie a carattere ludico ricreativo non riferibili a discipline sportive riconosciute dal CONI e dal CIP, tra cui il ballo e la danza, nonché le attività relative a discipline riferibili ad espressioni filosofiche dell’individuo che comportino attività motorie (tra le quali, ad esempio, lo yoga).
Inoltre, lo stesso articolo 42 dispone che nelle strutture in cui si svolgono le attività motorie e sportive deve essere assicurata la presenza dei necessari presidi di primo soccorso previsti dalla normativa vigente.
Preliminarmente, si ricorda che, in base a quanto dispone il d.lgs. 81/2008, tutti i centri sportivi, le palestre, le piscine ed i circoli per le attività sportive sono equiparati alle aziende nella gestione della sicurezza nei propri spazi di lavoro.
In particolare, il regolamento emanato con DM 15 luglio 2003, n. 388 ha stabilito che è compito del datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, sulla base dei rischi specifici presenti nell'azienda o nell'unità produttiva, di individuare e rendere disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo intervento interno ed al pronto soccorso. Detti dispositivi ed attrezzature devono essere appropriati rispetto ai rischi specifici connessi all'attività lavorativa dell'azienda e devono essere mantenuti in condizioni di efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile. Il medesimo decreto individua quali sono le più appropriate attrezzature di pronto soccorso in ragione della tipologia della struttura aziendale.
Si ricorda inoltre che, a seguito di quanto previsto dall'art. 7, co. 11, del D.L. 158/2012 (L. 189/2012), dal 1° luglio 2017 è in vigore l’obbligo per le associazioni e le società sportive dilettantistiche di dotarsi di defibrillatori semiautomatici, di cui il DM 26 giugno 2017 ha precisato alcuni aspetti attuativi, in particolare escludendo dall’obbligo di dotazione del defibrillatore e dalla presenza obbligatoria del personale formato al suo utilizzo durante le gare le società o associazioni sportive dilettantistiche che praticano la propria attività al di fuori di un impianto sportivo, nonché le società o associazioni sportive dilettantistiche che praticano sport a ridotto impegno cardiocircolatorio, il cui elenco è contenuto nell’allegato A del DM (a titolo esemplificativo: bowling, bocce, dama, ecc.).
In questo caso, tuttavia, non si prevedono sanzioni, né si specifica se sono soggetti a tale obbligo anche le attività sportive agonistiche disciplinate da federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate o enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal CIP, le attività motorie a carattere ludico ricreativo non riferibili a discipline sportive riconosciute dal CONI e dal CIP e le attività relative a discipline riferibili ad espressioni filosofiche dell’individuo che comportino attività motorie.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.
L’articolo 43 disciplina l'organizzazione, i compiti e il reclutamento degli atleti nella Sezione paralimpica che si istituisce nell’ambito del Gruppo sportivo Fiamme Azzurre della polizia penitenziaria.
In particolare il comma 1 prevede che nella istituenda Sezione paralimpica possono essere tesserati atleti con disabilità fisiche o sensoriali già tesserati nell’ambito del CIP, i quali abbiano raggiunto il livello tecnico-agonistico più alto riconosciuto dallo stesso CIP. Alla predetta Sezione sono affidati compiti di direzione operativa e coordinamento strategico degli atleti.
Si ricorda che le “Fiamme Azzurre” sono il gruppo sportivo rappresentativo a livello nazionale del Corpo di Polizia Penitenziaria. Il Gruppo è stato costituito ai sensi dell’art. 83, co. 1, del DPR 82/1999 e svolge l’attività sportiva ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 3 della L. 395/1990 e dell’art. 83 citato. Il Gruppo, dotato di uno statuto, opera con le seguenti finalità: contribuire allo sviluppo sportivo nazionale, educando allo sport; incentivare gli appartenenti al Corpo all’attività sportiva mediante la partecipazione a gare; avviare alla pratica sportiva giovani mediante la costituzione di Sezioni Giovanili. Il Gruppo sportivo è attualmente costituito in 19 sezioni: atletica leggera, canoa, ciclismo, judo, lotta, nuoto, sollevamento pesi, pattinaggio a rotelle, pentathlon moderno, pugilato, scherma, sport equestri, sport del ghiaccio, sport invernali, tennis tavolo, tiro a volo, tiro con l’arco, triathlon e vela.
Il 12 luglio 2007 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra il Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (DAP) e il Presidente del CIP. Tale protocollo ha per oggetto il tesseramento e, di conseguenza, lo svolgimento delle attività tecniche ed agonistiche connesse, da parte di atleti disabili di alto livello tecnico-agonistico presso il Gruppo sportivo “Fiamme Azzurre”. In base ad esso possono essere tesserati presso il Gruppo sportivo “Fiamme Azzurre” esclusivamente: atleti appartenenti alla lista definita “Club Paralimpico”; atleti appartenenti alla lista definita “Interesse Paralimpico”, i cui risultati tecnico-agonistici facciano presupporre il raggiungimento di risultati prestigiosi in occasione dei Giochi Paralimpici.
La relazione tecnica fa presente che il numero di atleti appartenenti al Gruppo sportivo Fiamme Azzurre è pari a 105 (dati riferiti al mese di settembre 2019).
In base al comma 2, l’individuazione delle modalità gestionali ed organizzative della predetta Sezione è demandata ad un decreto del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.
Con riguardo al reclutamento, il comma 3 prevede che:
§
avviene “con le modalità previste dall'articolo l del Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 2002, n. 132”. Al riguardo, si evidenzia che la disposizione richiamata non contiene alcuna disciplina riferibile a modalità di reclutamento, ma stabilisce piuttosto il limite massimo di assunzioni riservato agli atleti nell’ambito della polizia penitenziaria e specifica che gli stessi atleti, una volta vinto il concorso, sono nominati agenti.
Si valuti l’opportunità di chiarire se con il richiamo della predetta disposizione si intenda far riferimento al rispetto del limite di assunzioni riservato agli atleti nell’ambito del ruolo di agenti di polizia penitenziaria.
Il citato art. 1 del 132/2012 dispone che l’accesso ai gruppi sportivi del Corpo di polizia penitenziaria è riservato ad atleti riconosciuti di interesse nazionale dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali, per un contingente non superiore all'1% delle dotazioni organiche previste per il Corpo di polizia penitenziaria dalla tabella F allegata al d.lgs. 146/2000. I vincitori del concorso, come già detto, sono nominati agenti di polizia penitenziaria. Le modalità dell’assunzione degli atleti (mediante pubblico concorso per titoli) sono disciplinate all’art. 2 del medesimo DPR;
§ deve riguardare atleti tesserati nell’ambito del CIP, nel limite del 5% dell’organico previsto per il Gruppo sportivo “Fiamme Azzurre” di riferimento, e comunque entro i limiti assunzionali previsti a legislazione vigente;
§ avviene attraverso pubblico concorso per titoli, secondo modalità stabilite con regolamento emanato, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con decreto del Ministro della giustizia (art. 17, co. 3, L. 400/1988).
Il comma 4 demanda allo stesso regolamento anche l’individuazione dei requisiti di idoneità psicofisica degli atleti, che sono diversi da quelli richiesti per gli altri ruoli di polizia penitenziaria, nonché delle modalità di reimpiego in altri ruoli della polizia penitenziaria per quegli atleti non più idonei a svolgere attività sportiva paralimpica, fermo restando il limite rappresentato dai posti vacanti nella dotazione organica del Corpo di polizia penitenziaria e dalle facoltà assunzionali previste dalla normativa in vigore.
Infine, il comma 5 stabilisce l’equiparazione degli atleti paralimpici agli atleti (normodotati) facenti parte del Gruppo sportivo “Fiamme Azzurre” ai fini dell’attribuzione delle qualifiche, della progressione di carriera e del trattamento giuridico, economico e previdenziale.
L’articolo 44 disciplina il tesseramento e le modalità di reclutamento degli atleti paralimpici nel Gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato.
In premessa si ricorda che il Gruppo sportivo della «Polizia di Stato-Fiamme Oro» è nato il 12 agosto 1954 con la convenzione tra il ministero dell'Interno ed il CONI. Inizialmente era la Polisportiva del Corpo delle guardie di Pubblica Sicurezza e, dopo la riforma del 1981, è diventato il Gruppo sportivo della Polizia di Stato.
L’art. 77 del DPR 782/1985 stabilisce che l’Amministrazione della pubblica sicurezza cura e promuove l'esercizio della pratica sportiva del personale in servizio, al fine di consentire la preparazione e il ritempramento psico-fisico necessario per lo svolgimento delle attività istituzionali, predisponendo le necessarie infrastrutture e la costituzione di gruppi sportivi della Polizia di Stato, attraverso i quali partecipa alle attività agonistiche locali, nazionali ed internazionali. A tal fine, l’Amministrazione della pubblica sicurezza stipula appositi accordi o convenzioni con il CONI.
La “missione” istituzionale propria del Gruppo sportivo consiste nell’esercizio, nella la diffusione e nella promozione delle discipline olimpiche che avviene mediante la partecipazione a manifestazioni sportive nazionali ed internazionali, nell’ottica di accrescere il prestigio dell’Amministrazione e conservare il patrimonio sportivo nazionale.
Le finalità dei Gruppi sportivi, l’organizzazione, l’attività sportiva e le figure che operano all’interno delle Fiamme Oro sono disciplinate nello statuto e nel regolamento esecutivo, adottati da ultimo con i decreti del Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, del 12 gennaio 2017.
La relazione tecnica fa presente che il numero di atleti appartenenti alle Fiamme Oro è pari a 321 (dati riferiti al mese di settembre 2019).
Il comma 1 prevede la possibilità del tesseramento da parte di atleti paralimpici in un’apposita Sezione paralimpica del Gruppo sportivo Fiamme Oro, composta anche da non appartenenti alla Polizia di Stato.
Tale Sezione cura lo sviluppo tecnico agonistico delle attività sportive degli atleti disabili, con particolare riferimento agli atleti riconosciuti di interesse nazionale.
In tal modo, si riconoscono a livello legislativo le apposite sezioni dedicate all’attività paralimpica, già istituite in virtù del regolamento esecutivo delle Fiamme Oro del 2017 e della convenzione tra CIP e Polizia di Stato del 2012.
Tra le novità del regolamento esecutivo del 2017 viene infatti riconosciuta e regolamentata la costituzione di apposite Sezioni dedicate all’attività paralimpica, già in atto da alcuni anni grazie alla Convenzione tra il Dipartimento della pubblica sicurezza ed il CIP siglata il 12 marzo 2012. Tale convenzione riconosce la possibilità per gli atleti disabili, di livello internazionale, di svolgere attività sportiva tesserandosi come civili, presso i gruppi sportivi della Polizia di Stato.
Inoltre, l’art. 6 del Regolamento prevede che all’interno dei settori, in cui sono articolati i gruppi sportivi ed in cui sono inserite le varie discipline sportive praticate nelle Fiamme Oro, può essere prevista la sezione dedicata agli atleti paralimpici tesserati in forza della Convenzione con il CIP.
In base al comma 2, le modalità-gestionali ed organizzative della Sezione paralimpica devono essere disciplinate con decreto del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza.
Il comma 3 detta disposizioni sul reclutamento degli atleti paralimpici nelle “Fiamme Oro”, stabilendo che gli atleti tesserati nell’ambito del CIP possono essere reclutati, nel limite del 5% dell’organico del medesimo gruppo sportivo, attraverso pubblico concorso per titoli, nel rispetto dei limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente.
Per la definizione dei requisiti e delle modalità del concorso si fa rinvio ad un regolamento da adottare, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con decreto del Ministro dell’interno (art. 17, co. 3, L. 400/1988).
In base al comma 4, lo stesso regolamento disciplina:
§ i requisititi di idoneità psicofisica degli atleti paralimpici, differenti da quelli previsti per gli altri ruoli della Polizia di Stato;
§ il reimpiego nei ruoli della Polizia di Stato del personale non più idoneo all’attività sportiva paralimpica, nei limiti dei posti vacanti delle dotazioni organiche e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.
In proposito, si ricorda che le modalità per l’assunzione di atleti nei gruppi sportivi «Polizia di Stato - Fiamme Oro» sono previste dal regolamento adottato con DPR 393/2003. In particolare, il regolamento dispone che alle Fiamme Oro si accede, nel limite delle vacanze organiche del ruolo degli agenti e assistenti della Polizia di Stato e nell'àmbito di un contingente complessivo non superiore a 400 unità, mediante pubblico concorso, per titoli, riservato ad atleti riconosciuti di interesse nazionale dal CONI o dalle federazioni sportive nazionali, in possesso di specifici titoli e requisiti.
Gli atleti così reclutati sono inseriti nella Sezione paralimpica di cui al comma 1, istituita nell’ambito dei ruoli tecnici e tecnico-scientifici, ai sensi dell’art. 3, co. 11, del d.lgs. 95/2017, che ha dettato disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia.
La disposizione richiamata stabilisce, in particolare, che con decreto del Capo della polizia sono determinate le modalità per l’impiego nella Sezione paralimpica dei gruppi sportivi «Polizia di Stato-Fiamme oro», nell’ambito dei ruoli tecnici e tecnico-scientifici, del personale inidoneo al servizio ai sensi del DPR 339/1982, e di quello che accede al ruolo d'onore, con l'osservanza di alcuni criteri:
a) individuazione del personale da impiegare nella Sezione paralimpica, quali atleti, in relazione alle attitudini agonistiche dimostrate, ovvero, quali tecnici sportivi, in relazione al possesso delle abilitazioni rilasciate dalle competenti federazioni sportive nazionali;
b) previsione che i gruppi sportivi «Polizia di Stato-Fiamme oro», firmatari di apposite convenzioni con il CIP, possano essere riconosciuti ai fini sportivi e possano ottenere l'affiliazione alle federazioni sportive sulla base delle disposizioni dello statuto del predetto CIP, anche in deroga ai principi e alle disposizioni per l’affiliazione e il riconoscimento delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche;
c) previsione che il personale non più idoneo alle attività della Sezione paralimpica, possa essere impiegato in altre attività istituzionali dei medesimi ruoli tecnici e tecnico-scientifici della Polizia di Stato;
d) applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni relative ai gruppi sportivi «Polizia di Stato-Fiamme oro».
Infine, il comma 6 prevede che agli atleti iscritti nella sezione paralimpica sono riconosciute le medesime qualifiche, pari progressione di carriera ed uguale trattamento economico, giuridico e previdenziale del personale appartenente al ruolo iniziale del Gruppo sportivo.
L’articolo 45 detta analoghe disposizioni su tesseramento e reclutamento degli atleti paralimpici nelle componenti sportive del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Preliminarmente, si ricorda che le Fiamme Rosse, il Gruppo Sportivo dei Vigili del fuoco, sono state istituite con decreto del Ministro dell’interno 21 ottobre 2013, mentre con decreto dipartimentale n. 351 del 4 dicembre 2014 ne è stato approvato lo statuto.
Il ruolo degli atleti del gruppo sportivo Vigili del fuoco Fiamme Rosse è disciplinato ai sensi degli artt. da 129 a 133 del d.lgs. 217/2005, recante l’ordinamento del personale del C.N.VV.F.
Il personale appartenente al ruolo degli atleti del gruppo sportivo delle Fiamme Rosse cura lo svolgimento e la promozione dell'attività sportiva agonistica di alto livello degli atleti di interesse nazionale del Corpo nazionale e ha il compito di rappresentare e accrescere il prestigio del Corpo stesso nonché di svilupparne il patrimonio sportivo nazionale. Gli atleti svolgono l'attività sportiva e la relativa opera di promozione in armonia con l'ordinamento sportivo nazionale ed internazionale.
Il gruppo sportivo delle Fiamme Rosse ha sede centrale a Roma e si articola in sezioni sportive che sono dedicate a singole discipline e che possono essere decentrate presso le sedi territoriali del Corpo nazionale (art. 130).
I requisiti di età e di idoneità fisica, psichica e attitudinale per l’accesso di atleti nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco sono stabiliti dal regolamento adottato con D.M. 13 aprile 2015, n.61.
La relazione tecnica fa presente che il numero di atleti appartenenti alle Fiamme Rosse è pari a 30 (dati riferiti al mese di settembre 2019).
In particolare, il comma 1 dispone che le componenti sportive dei vigili del fuoco possono tesserare atleti disabili “appartenenti” al CIP, inserendoli nelle sezioni sportive di cui all’ art. 130 del d.lgs. 217/2015 e nei gruppi sportivi costituiti presso i Comandi territoriali, con parità di trattamento rispetto agli atleti normodotati.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di fare riferimento ad atleti disabili tesserati nell’ambito del CIP (e non “appartenenti al CIP”).
In base ai commi 2 e 3, è compito delle sezioni, i cui profili organizzativi e operativi sono disciplinati con decreto del Capo Dipartimento dei vigili del fuoco, e dei gruppi sportivi curare lo sviluppo tecnico e agonistico delle attività sportive degli atleti disabili.
Per quanto riguarda il reclutamento degli atleti paralimpici nel gruppo sportivo dei Vigili del fuoco, i commi 4, 5 e 6 dell’art. 45 prevedono una disciplina del tutto analoga a quella recata dai commi 3, 4 e 6 dell’art. 44 per il Gruppo sportivo delle Fiamme Oro.
L’articolo 46 stabilisce che alle spese relative al tesseramento e al reclutamento degli atleti paralimpici all’interno dei gruppi sportivi dei corpi civili dello Stato (di cui agli artt. 43-45) concorrono:
§ gli ordinari stanziamenti previsti a legislazione vigente nel bilancio dello Stato;
§ i contributi erogati dalla Sport e salute Spa di cui art. l, co. 630, della L. 145/2018;
§
gli ulteriori eventuali contributi erogati dal CONI, dal CIP, dalle singole federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, sulla base di apposite intese.
In tal caso, si intenderebbe che si tratti sia delle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI, sia di quelle riconosciute dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Nello stato di previsione del Ministero dell’interno sono allocate specifiche risorse per l’attività sportiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per l'attività agonistica dei gruppi sportivi dei Vigili del fuoco e delle sezioni giovanili agonistiche e per la partecipazione a manifestazioni sportive nazionali ed internazionali (cap. 1860 nell’ambito del Programma Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico (8.3)), così come è previsto uno stanziamento per l’attività sportiva del personale della Polizia di Stato (cap. 2624/pg 8 nell’ambito del Programma Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica (7.8)).
Per quanto riguarda le risorse per l’attività sportiva del Corpo di polizia penitenziaria, la relazione tecnica precisa che esse sono ricavate dalle risorse che lo stato di previsione del Ministero della giustizia destina all’Amministrazione penitenziaria, con particolare riferimento ai capitoli di bilancio relativi alle competenze del personale (cap. 1601), all’acquisto di beni e servizi (cap. 1674), alle manutenzioni ordinarie (cap. 1687) e all’acquisto di attrezzature e impianti (cap. 7321).
Ulteriori risorse per contributi alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate, agli enti di promozione sportiva, ai gruppi sportivi militari e corpi civili dello stato ed alle associazioni benemerite, sono stanziate nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia (cap. 1897/pg. 2, nell’ambito del Programma Attività ricreative e sport (30.1)).
Per quanto riguarda le risorse erogate da Sport e salute Spa, CONI e CIP, si veda quanto indicato nel paragrafo Presupposti normativi.
L'articolo 47 istituisce il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa-GSPD, nell’ambito del quale possono essere iscritti atleti con disabilità fisiche e sensoriali di interesse nazionale, segnalati dal CIP.
Rinviando, per quanto riguarda i gruppi sportivi militari, a quanto esposto nel paragrafo Presupposti normativi, qui si ricorda che si diventa atleti militari tramite un concorso apposito, che viene bandito periodicamente dalle Forze interessate. L’ultimo bando per l’arruolamento di 25 atleti militari nell’esercito prevedeva l’accesso attraverso un concorso riservato agli atleti tra i 17 e i 35 anni e che avevano già ottenuto “risultati agonistici almeno di livello nazionale certificati dal CONI”. Il contratto, che è quello iniziale più diffuso per gli atleti militari, è come volontari in ferma prefissata quadriennale. Per un approfondimento, si veda qui.
Gli atleti militari ricevono un addestramento apposito, che comprende anche le attività militari di base, e si allenano per la maggior parte del tempo nei centri sportivi dei loro corpi di appartenenza, anche se è possibile ottenere il permesso di allenarsi in altre strutture. Hanno grado e stipendio pari a quello di chi è in servizio nelle Forze armate. Ogni due anni, gli atleti sono sottoposti a un controllo che rinnova la loro appartenenza ai programmi atletici; se non si hanno i requisiti, si può lasciare il Corpo oppure ottenere un altro incarico al suo interno. Per un approfondimento, si veda qui.
Alla fine della carriera sportiva o in caso di non idoneità, gran parte degli atleti mantiene l’appartenenza al Corpo in cui si è allenato. Alcuni di loro rimangono nel grande circuito dei centri sportivi e nei programmi di allenamento delle Forze armate e dei Corpi di polizia, ma il numero degli ex atleti è troppo alto e di conseguenza alcuni vanno a svolgere un altro incarico nel Corpo di cui fanno parte, al di fuori del settore sportivo.
La relazione tecnica fa presente che il numero di atleti dei Gruppi sportivi militari è pari a 271 per l’Esercito, a 60 per la Marina militare, a 132 per l’Areonautica militare e a 234 per i Carabinieri (dati riferiti al mese di settembre 2019).
Nello specifico, il comma 1 istituisce il suddetto gruppo sportivo nell’ambito del Ministero della Difesa, individuandone le seguenti finalità:
§ favorire un generale processo di recupero e di integrazione del personale, militare e civile, disabile del Ministero della Difesa in servizio o in congedo;
§ promuovere lo sport paralimpico di eccellenza, mediante l'iscrizione di atleti di interesse nazionale, previa segnalazione del CIP;
§ promuovere la partecipazione dello sport paralimpico di eccellenza nelle diverse discipline, a competizioni in ambito nazionale e internazionale.
In base al comma 2, possono essere reclutati nel GSPD un numero di atleti pari al 5% dell’organico complessivo dei Gruppi Sportivi Militari del Ministero della Difesa, tramite stipula di contratti di lavoro sportivo con i vincitori delle procedure selettive di cui al comma 4. Alla copertura degli oneri derivanti si provvede mediante corrispondente riduzione delle dotazioni organiche degli atleti (normodotati) dei Gruppi sportivi militari e della relativa spesa, nei limiti della durata del rapporto di lavoro sportivo instaurato.
Per quanto concerne, invece, le attività sportive esercitabili nell’ambito del GSPD, il comma 3 affida ad un decreto del Ministro della difesa, adottato su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa, il compito di definire:
a) le discipline sportive paralimpiche di interesse istituzionale;
b) il numero di atleti con disabilità fisiche e sensoriali che collaborano con il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa per ciascuna disciplina di cui alla lett. a);
c) le modalità organizzative per la stipula dei contratti di lavoro sportivo e la gestione dei relativi rapporti con il GSPD;
A sua volta, il comma 4 demanda ad un ulteriore decreto del Ministro della Difesa il compito di definire i requisiti, diversi da quelli previsti per gli atleti normodotati, per la partecipazione alla procedura pubblica per soli titoli, per la selezione degli atleti paralimpici. Sono comunque ammessi a partecipare alla selezione gli atleti:
§ tesserati con il CIP e con il più alto livello tecnico-agonistico dallo stesso riconosciuto;
§ in possesso di un valido certificato di idoneità all'attività agonistica rilasciato ai sensi della vigente normativa di settore per la specialità per la quale partecipano alla selezione;
§ che hanno conseguito nella propria disciplina risultati agonistici di livello almeno nazionale, regolarmente certificati dal medesimo CIP.
In base al comma 5, agli atleti che instaurano un rapporto di lavoro sportivo con il GSPD all’esito delle procedure selettive competono mensilmente, per tutta la durata della collaborazione stessa, compensi pari al trattamento economico fisso e continuativo spettante agli atleti normodotati, con esclusione di qualsiasi emolumento di natura accessoria ed eventuale, secondo la progressione economica prevista per i richiamati atleti normodotati.
A sua volta, il comma 6 prevede l’applicabilità alle procedure selettive degli atleti paralimpici della Difesa delle norme del d.lgs. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) e del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al DPR 90/2010.
Infine, il comma 7 prevede che nei concorsi banditi per l'accesso nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa è adeguatamente valorizzata l’attività svolta dagli atleti paralimpici non più idonei all'attività agonistica, i quali abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari.
In materia dispone anche, in termini più generali, l’articolo 50.
Al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, si valuti l’opportunità di chiarire in maniera più dettagliata le modalità di valorizzazione dell’attività svolta dagli atleti paralimpici in possesso dei requisiti previsti dal comma 7.
L’articolo 48 istituisce la Sezione Paralimpica nel Gruppo sportivo Fiamme Gialle.
In particolare, il comma 1 dispone che la Sezione Paralimpica Fiamme Gialle intrattiene rapporti di lavoro sportivo con atleti con disabilità fisiche e sensoriali tesserati con il CIP e con il più alto livello tecnico-agonistico dallo stesso riconosciuto, curandone altresì la direzione operativa e il coordinamento strategico.
In base al comma 2, la Sezione Paralimpica stipula con gli atleti con disabilità fisiche e sensoriali, risultati idonei e in posizione utile all'esito delle procedure selettive di cui al comma 4, contratti di lavoro sportivo secondo le modalità previste dal decreto legislativo, nel limite del 5% dell'organico dei gruppi sportivi Fiamme Gialle.
All’attuazione delle disposizioni si provvede a valere sulle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente e nei limiti della durata del rapporto di lavoro sportivo instaurato.
La relazione tecnica fa presente che il numero degli atleti appartenenti alle Fiamme gialle è pari a 201 (ovvero, 270: v. pagg. 6 e 8) (dati riferiti al mese di settembre 2019).
Il comma 3 dispone che con determinazione del Comandante Generale della Guardia di finanza sono stabiliti:
Il comma 4 prevede che il rapporto di lavoro sportivo tra gli atleti con disabilità fisiche e sensoriali e i gruppi sportivi Fiamme Gialle è instaurato previa selezione mediante procedura pubblica per soli titoli, cui sono ammessi a partecipare gli atleti:
Il comma 5 stabilisce che alla procedura selettiva si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal regolamento concernente la disciplina per il reclutamento e la dismissione dall'attività agonistica dei militari atleti della Guardia di finanza (art. 3 del DPR 316/2002), ad eccezione di quanto previsto relativamente all'accertamento dell'idoneità psico-fisica e attitudinale, nonché ai limiti del minimo e del massimo di età previsti per il reclutamento degli atleti (art. 28 della L. 183/2010).
Il comma 6 dispone che all'atleta con disabilità fisiche e sensoriali che instaura un rapporto di lavoro sportivo con i gruppi sportivi Fiamme Gialle competono mensilmente, per tutta la durata del rapporto, compensi di entità pari al trattamento economico fisso e continuativo spettante agli appartenenti al ruolo di appuntati e finanzieri del contingente ordinario della Guardia di finanza (con esclusione di qualsiasi emolumento di natura accessoria e eventuale).
Il comma 7 stabilisce che l'esperienza maturata dagli atleti paralimpici non più idonei all'attività agonistica, che abbiano maturato almeno un triennio di esperienza nei gruppi sportivi militari, è adeguatamente valorizzata nei concorsi banditi per l'accesso nei ruoli del personale civile del Ministero dell'economia e delle finanze.
In materia dispone anche, in termini più generali, l’articolo 50.
Al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, si valuti l’opportunità di chiarire in maniera più dettagliata le modalità di valorizzazione dell’attività svolta dagli atleti paralimpici in possesso dei requisiti previsti dal comma 7.
L’articolo 49 reca disposizioni concernenti le spese relative al tesseramento e al reclutamento degli atleti paralimpici all'interno dei gruppi sportivi militari (di cui agli articoli 47 e 48).
In particolare, dispone che alle stesse si fa fronte attraverso:
In tal caso, si intenderebbe che si tratti sia delle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI, sia di quelle riconosciuti dal CIP. Al riguardo, si rinvia a quanto osservato ante.
Al riguardo, la relazione tecnica, nel chiarire che dalle disposizioni non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, non specifica a quali capitoli si attinge per far fronte alle spese relative all’organizzazione e al funzionamento dei gruppi sportivi militari.
Si ricorda, comunque, che, ai sensi dell’art. 222, co. 8, del disegno di legge di bilancio per l’anno 2021 (A.C. 2790–bis) il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l’anno finanziario 2021, delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato dal CONI, dalla società Sport e salute Spa, dal CIP, dalle singole federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, destinate alle attività dei gruppi sportivi delle Forze armate.
Per quanto riguarda le risorse erogate da Sport e salute Spa, CONI e CIP, si veda quanto indicato nel paragrafo Presupposti normativi.
L'articolo 50 dispone che l'attività prestata dagli atleti paralimpici tesserati presso gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, per un periodo non inferiore a 3 anni, costituisce – oltre a quanto previsto per i gruppi sportivi militari negli artt. 47 e 48 – titolo preferenziale nell'ambito delle assunzioni obbligatorie riservate dalla normativa vigente alle categorie protette. Inoltre, inserisce gli atleti che hanno intrattenuto rapporti di lavoro sportivo con i suddetti gruppi sportivi nelle categorie di cittadini che nei concorsi pubblici per l’accesso a tutte le pubbliche amministrazioni hanno preferenza a parità di merito e di titoli.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di approfondire se la previsione sia riconducibile ai criteri di delega recati dall’art. 5 o dall’art. 1 della L. 86/2019.
In dettaglio, il comma 1 prevede che l’attività prestata dagli atleti paralimpici tesserati presso gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, per un periodo non inferiore a 3 anni, costituisce titolo preferenziale nell’ambito dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 3 della L. 68/1999 relativa alle quote di riserva previste, a fini assunzionali, in favore delle categorie protette, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli.
In base alla richiamata L. 68/1999 – recante norme per il diritto al lavoro dei disabili – i lavoratori rientranti nelle categorie protette, considerata la comprovata difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro, usufruiscono di uno speciale regime di collocamento obbligatorio, in base al quale ai datori di lavoro, sia pubblici che privati, viene imposto di assumere un certo numero di lavoratori disabili, i quali devono tuttavia possedere una (anche solo minima) capacità lavorativa residua
[49]
.
L’art. 3, in particolare, configura in capo ai datori di lavoro, pubblici e privati, l’obbligo – che può essere assolto anche attraverso il ricorso al telelavoro (ex art. 22, co. 5, L. 183/2011) – di impiegare lavoratori appartenenti alle suddette categorie protette nella misura seguente (quote di riserva):
-
il 7% dei lavoratori occupati per i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti;
-
2 lavoratori per i datori che occupano da 36 a 50 dipendenti;
-
un lavoratore per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti.
Le modalità delle assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche sono disciplinate dall’art. 35, co. 2, del d.lgs. 165/2001 in base al quale tali assunzioni avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Ai fini sia di una ricognizione dei soggetti beneficiari di tale disciplina specifica (operante, come detto, nel settore privato e in quello pubblico) sia dell’individuazione dei relativi criteri per le assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni, si rinvia alla direttiva n. 1 del 2019 del Ministro per la pubblica amministrazione.
In base al comma 2, la categoria degli atleti che hanno intrattenuto rapporti di lavoro sportivo con i gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato viene inserita tra quelle che, ai sensi dell’art. 5, co. 4, del DPR 487/1994, hanno preferenza a parità di merito e di titoli nei concorsi pubblici per l’accesso alla pubblica amministrazione.
Nel testo vigente, l’art. 5, co. 4, del DPR 487/1994 dispone che, a parità di merito e di titoli, la preferenza è determinata: dal numero dei figli a carico, indipendentemente dal fatto che il candidato sia coniugato o meno; dall'aver prestato lodevole servizio nelle amministrazioni pubbliche; dall’età
[50]
.
L’articolo 53 dispone che il decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
[1]
In tali materie, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del CONI e delle federazioni sportive nazionali (FSN) gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo.
L’art. 3 dispone, a sua volta, che, esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle FSN, non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo, è disciplinata dal codice del processo amministrativo.
Al riguardo, l’art. 1, co. 647-650, della L. 145/2018 ha introdotto previsioni attinenti le controversie connesse a provvedimenti di ammissione o esclusione dalle competizioni delle società o associazioni sportive professionistiche o comunque incidenti sulla partecipazione a competizione professionistiche. In particolare, ha previsto: l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; l'esercizio di siffatta giurisdizione da parte unicamente del TAR del Lazio, sede di Roma; la “sopravvivenza”, rispetto a tale giudizio, di un previo giudizio sportivo, a tassativa condizione che la sua disciplina (da parte di statuto e regolamenti del CONI e delle FSN) risponda ad alcune condizioni, ossia unicità di grado, decisione anche nel merito, definitività entro 30 giorni (dalla pubblicazione dell'atto impugnato); l'applicazione al giudizio amministrativo sopra detto di un rito abbreviato; l'applicazione di tale novero di disposizioni anche alle controversie in corso.
[2]
L’art. 1, co. 629-633, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha disposto, anzitutto, che la "CONI Servizi spa", di cui, in base all'art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002), come modificato dall’art. 34-bis, del D.L. 4/2006 (L. 80/2006), il CONI si avvaleva per l'espletamento dei suoi compiti, assumeva la denominazione di "Sport e salute Spa".
Inoltre, ha ridefinito la governance della società.
Qui lo statuto della società, aggiornato in assemblea il 9 maggio 2019.
[3] Le risorse sono allocate sul cap. 1896 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[4] Per completezza, si ricorda che, parte delle risorse stanziate in favore della Sport e Salute Spa ai sensi dell'art. 1, co. 630, della L. 145/2018, sono state utilizzate a copertura degli oneri derivanti dall’autorizzazione di spesa di € 1,4 mln per il 2020 prevista dall’art. 82 del D.L. 104/2020 (L.126/2020), recante misure per i campionati mondiali di sci alpino Cortina 2021. Specifiche risorse sono state, invece, assegnate alla società da vari decreti-legge intervenuti a seguito dell’emergenza da COVID-19, ai fini della corresponsione di indennità ai collaboratori sportivi. Le risorse assegnate alla Sport e salute Spa da destinare al finanziamento degli organismi sportivi sono allocate sul cap. 1897/pg 2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[5] Per l’amministrazione della gestione separata, il consiglio di amministrazione della Sport e Salute Spa è integrato con un membro designato dal CONI quale consigliere aggiunto. In caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.
[6]
Qui l’elenco delle 44 Federazioni sportive nazionali. Qui l’elenco delle 19 Discipline sportive associate.
[8] Le risorse assegnate al CIP sono allocate sul cap. 2132 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[10]
Infatti, si segnala che, rispetto a quanto indicato dal relativo sito INPS, il CONI, con delibere, rispettivamente, del 7 giugno 2011 e del 19 dicembre 2013, ha escluso la Federazione Motociclistica Italiana e la Federazione Pugilistica Italiana dall’elenco delle Federazioni dotate di un settore professionistico.
[11] L’art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
L’art. 3 Cost. riconosce la pari dignità sociale dei cittadini, nonché la loro l'eguaglianza davanti alla legge, demandando alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’art. 35 Cost. prevede che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e cura la formazione dei lavoratori.
L’art. 41 Cost. tutela la libertà dell’iniziativa economica privata.
[12] Qui il Regolamento del registro nazionale.
[14]
Gli enti del Terzo settore sono tenuti ad alcuni adempimenti contabili e di bilancio (art. 13) e devono tenere alcuni libri sociali obbligatori (art. 15).
In base all’art. 21, l'atto costitutivo deve indicare, fra l’altro, le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite; l'attività di interesse generale che costituisce l'oggetto sociale; la sede legale; il patrimonio iniziale ai fini dell'eventuale riconoscimento della personalità giuridica; le norme sull'ordinamento, l'amministrazione e la rappresentanza dell'ente; i diritti e gli obblighi degli associati, ove presenti; i requisiti per l'ammissione di nuovi associati e la relativa procedura; la nomina dei primi componenti degli organi sociali obbligatori.
Lo statuto, contenente le norme relative al funzionamento dell'ente, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell'atto costitutivo.
L’ordinamento e l’amministrazione degli enti del terzo settore sono disciplinati dagli artt. 23-31 che, in particolare, prevedono il carattere aperto delle associazioni e la presenza di una assemblea e di un organo di amministrazione.
Per il regime fiscale agevolato di cui beneficiano gli enti del Terzo settore, si veda l’apposito approfondimento predisposto dal Servizio Studi della Camera.
[15] Al riguardo, per completezza, si ricorda che l’art. 13 del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) ha soppresso le previsioni introdotte dall’art. 1, co. 353-361, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018), in base alle quali le attività sportive dilettantistiche potevano essere esercitate anche da società sportive dilettantistiche con scopo di lucro.
[16]
L’art. 3 del d.lgs. 112/2017 ha disposto che si considera distribuzione indiretta di utili:
- la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
- la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire determinate specifiche competenze;
- la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi;
- l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività;
- la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Non si considera, invece, distribuzione, neanche indiretta, di utili ed avanzi di gestione la ripartizione ai soci di ristorni correlati ad attività di interesse generale, effettuata ai sensi dell’art. 2545 c.c. e nel rispetto di condizioni e limiti stabiliti dalla legge o dallo statuto, da imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, a condizione che lo statuto o l'atto costitutivo indichi i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e alla qualità degli scambi mutualistici e che si registri un avanzo della gestione mutualistica.
[17] Si tratta della ritenuta prevista dall’art. 28, secondo comma, del DPR 600/1973, che prevede che le regioni, le province, i comuni, gli altri enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del 4% a titolo di acconto delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche dovuta dal percipiente, e con obbligo di rivalsa sull'ammontare dei contributi corrisposti ad imprese, esclusi quelli per l'acquisto di beni strumentali.
[18] Ciò, ai sensi dell’art. 74, co. 2, del TUIR (DPR 917/1986).
[19] L’affiliazione può essere revocata dalla FSN per gravi infrazioni all'ordinamento sportivo. La revoca dell'affiliazione determina l'inibizione dello svolgimento dell'attività sportiva. Avverso le decisioni della FSN è ammesso ricorso alla giunta esecutiva del CONI, che si pronuncia entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso.
[20] Si veda Corte di Giustizia Federale FIGC, sentenza Sez. Un., 5 ottobre 2009, C.U.n.175/CGF.
[21] Convenzione di Strasburgo del 10 marzo 1076 sulla protezione degli animali negli allevamenti, ratificata in Italia con la legge 14 ottobre 1985, n. 623 applicata in materia di alimentazione, cure e ricovero degli animali, segnatamente nei sistemi moderni di allevamento intensivo. Le norme sono state successivamente integrate con il D.lgs. 26 marzo 2001, n. 146 e successive modifiche (Legge n. 306/2004 e Legge n. 17/2007) di attuazione della Direttiva 98/58/CE riguardante la protezione degli animali negli allevamenti, seguita da norme più specifiche per singoli settori di allevamento (D.Lgs. n. 267/2003, galline ovaiole; D.Lgs. n. 181/2010, protezione di polli allevati per la produzione di carne; D.Lgs. n. 122/2011 per la protezione dei suini; D.Lgs. n. 126/2011 per la protezione dei vitelli).
[23] È riconosciuta infatti la facoltà di regioni e province autonome di organizzare periodicamente, per il tramite dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, corsi di qualificazione professionale con frequenza obbligatoria per gli operatori del settore, con trattazione di argomenti incentrati sull’etologia animale applicata, la fisiologia, la zootecnia, oltre che sulla giurisprudenza.
[24] Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, i delitti di uccisione di animali e di maltrattamenti di animali configurano reati a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale è tenuta «per crudeltà», mentre configurano reati a dolo generico quando la condotta è tenuta «senza necessità». (Cass. Sez. III, n. 44822/2007).
[25] Per la fattispecie di cui al primo comma dell'art. 727 c.p. si veda, a titolo di es., Cass. Sez. III, 18892/2011, che include nella nozione di “abbandono” non solo la condotta di distacco volontario dall'animale, ma anche comportamenti colposi improntati ad indifferenza od inerzia nell'immediata ricerca nell'animale”. Per la fattispecie di cui al secondo comma si veda Cass. Sez. III, 21744/2005, secondo cui “la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze, prevista come reato dal nuovo testo dell'art. 727 c.p., diversamente dall'ipotesi di incrudelimento, può essere integrata anche con una condotta colposa del soggetto agente”.
[26] V. Ordinanza del Ministero della salute del 4 agosto 2011 relativa alle norme sanitarie in materia di encefalomielite equina di tipo West Nile (West Nile Disease) e attività di sorveglianza sul territorio nazionale.
[27] Qui il Regolamento veterinario FISE nell’edizione in vigore dall’aprile 2013.
[28] L’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001 dispone che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal d.lgs. 300/1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali: entrate, dogane, territorio, demanio).
[29] Il suddetto art. 88 riconosce agli Stati membri la possibilità di prevedere, con legge o tramite contratti collettivi, norme più specifiche per assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell'ambito dei rapporti di lavoro.
[30] Sulla inapplicabilità alla prestazione del direttore di gara della normativa lavoristica in tema di rapporto di lavoro subordinato, cfr. la sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, 12 maggio 2009, n. 10867, che, con particolare riferimento alla prestazione resa dall’arbitro di calcio, l’ha ricondotta all’adempimento del vincolo associativo, affermando “la inapplicabilità della normativa lavoristica in tema di rapporto di lavoro subordinato, stante l’esistenza di un rapporto associativo” tra l’arbitro e la Federazione Italiana Giuoco Calcio. Le prestazioni del direttore di gara, ad avviso della Corte, “a prescindere dalla gravosità degli impegni e dalla presenza di una remunerazione, integrano adempimento del patto associativo per l’esercizio in comune dell’attività sportiva”.
[31]
L’art. 1, co. 784-787, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), ha ridenominato i percorsi di alternanza scuola-lavoro – divenuti obbligatori a seguito della L. 107/2015 – in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, ne ha ridotto il numero di ore minimo complessivo da svolgere. In particolare, i nuovi percorsi sono svolti per una durata complessiva minima di: 210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale; 150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici; 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali. Le linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi sono state emanate con DM 744 del 4 settembre 2019.
[32]
La classe di laurea L-22, Scienze delle attività motorie e sportive, è stata istituita dal DM 16 marzo 2007, relativo alla determinazione delle classi delle lauree universitarie del nuovo ordinamento (ex DM 270/2004).
In base al medesimo DM, i principali sbocchi occupazionali previsti dai corsi di laurea della classe L-22 sono costituiti da attività di professionista delle attività motorie e sportive nelle strutture pubbliche e private, nelle organizzazioni sportive e dell'associazionismo ricreativo e sociale, con particolare riferimento a: conduzione, gestione e valutazione di attività motorie individuali e di gruppo a carattere compensativo, adattativo, educativo, ludico-ricreativo, sportivo finalizzate al mantenimento del benessere psico-fisico mediante la promozione di stili di vita attivi; conduzione, gestione e valutazione di attività del fitness individuali e di gruppo.
[33]
La classe di laurea magistrale LM-47, Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie, è stata istituita dal DM 16 marzo 2007, relativo alla determinazione delle classi delle lauree magistrali del nuovo ordinamento (ex DM 270/2004).
[34]
Anche le classi di laurea magistrale LM-67, Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative ed LM-68, Scienze e Tecniche dello sport, sono state istituite dal DM 16 marzo 2007, relativo alla determinazione delle classi delle lauree magistrali del nuovo ordinamento (ex DM 270/2004).
[35] Il d.lgs. 226/2005 reca norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'art. 2 della L. 53/2003. In particolare, il Capo III (artt. 15-22) riguarda i percorsi di istruzione e formazione professionale, per i quali la competenza legislativa spetta alle regioni. In particolare, il richiamato art. 16 dispone che le regioni assicurano, quali livelli essenziali riferiti all'offerta formativa: il soddisfacimento della domanda di frequenza (ai fini di tale soddisfacimento, è considerata anche l'offerta formativa finalizzata al conseguimento di qualifiche professionali attraverso i percorsi in apprendistato); l'adozione di interventi di orientamento e tutorato; l'adozione di misure che favoriscano la continuità formativa; la realizzazione di tirocini formativi ed esperienze in alternanza, in relazione alle figure professionali caratterizzanti i percorsi formativi.
[36] Tali linee guida sono rivolte principalmente ai decisori politici negli Stati membri per l'adozione di linee guida nazionali che tengano nella giusta considerazione la circostanza che spesso gli atleti devono combinare la loro carriera sportiva con l'istruzione o il lavoro, nonché per delineare anche un quadro giuridico e finanziario appropriato e un approccio su misura che rispetti le differenze tra sport.
[37] Il percorso di sperimentazione era stato avviato con Nota n. 8605 del 23 novembre 2016.
[38] Qui alcuni dati di sintesi relativi all'a.s. 2018/2019. Qui alcuni dati di sintesi relativi all’a.s. 2019/2020.
[39] Di norma, il primo contratto da professionista può essere stipulato dai calciatori che abbiano compiuto almeno 19 anni nell’anno precedente a quello in cui ha inizio la stagione sportiva, ma ci sono alcune eccezioni – disciplinate dall’art. 33, co. 3 – a partire dal compimento di 16 anni.
[40] Il 16° anno non deve essere compiuto al 1° gennaio dell’anno in cui ha inizio la stagione sportiva.
[41] Dal 18° anno, essi assumono la qualifica di “non professionisti”.
[42] In tale periodo, il calciatore può “liberarsi” dal legame con la società di appartenenza solo su rinuncia di quest’ultima (c.d. svincolo per rinuncia, disciplinato dall’art. 107 delle N.O.I.F.) o per inattività della stessa società.
[43] In base alla disposizione citata, a decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al co. 1 dell'art. 49 DPR 917/1986, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al co. 2, lett. a), dell'art. 49 del medesimo DPR e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui all'art. 36 della L. 426./1971.
[44] L’articolo unico del predetto decreto prevede le categorie dei lavoratori assicurati obbligatoriamente presso l'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei lavoratori dello spettacolo. In particolare, al punto 20) fa riferimento a impiegati, operai, istruttori e addetti a impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi. Al punto 22) fa riferimento a direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive.
[45] Dal 2019, l'autorizzazione di spesa originariamente prevista, a decorrere dal 2005, dall'art. 3 della L. 86/2003 (pari a € 822.700 annui) è stata incrementata di € 450.000 annui (art. 1, co. 645, L.145/2018).
[46]
Il citato art. 67, co. 1, lett. m), del Tuir inserisce tra i redditi diversi, tra l’altro, i premi e i compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (Unire), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. L’art. 25 della L. 133/1999 - che reca alcune disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche - ha stabilito che sulla parte imponibile dei redditi di cui al citato art. 67, co. 1, lett. m), del Tuir le società e gli enti eroganti operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 23% (pari alla misura fissata per il primo scaglione di reddito), maggiorata delle addizionali di compartecipazione all'imposta sul reddito delle persone fisiche.
La ritenuta è a titolo d'imposta per la parte imponibile dei suddetti redditi compresa fino a € 28.158 ed è a titolo di acconto per la parte imponibile che eccede il predetto importo, per poi essere assoggetta ad IRPEF in sede dichiarativa.
Ai sensi dell’art. 69, co. 2, del Tuir, le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lett. m) del co. 1 dell'art. 67 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a € 10.000. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.
[47] In particolare, l’ultima disposizione è volta ad introdurre nel nostro ordinamento il principio del gender mainstreaming, ampiamente diffuso a livello di Unione europea e in diversi Stati europei, in base al quale le politiche pubbliche devono tener conto della dimensione di genere, in modo tale che prima dell’adozione delle decisioni sia valutato il diverso impatto delle misure sulle donne e sugli uomini.
[48]
In particolare, l’Italia riconosce le qualifiche professionali estere (il cosiddetto riconoscimento professionale) applicando:
-
alle qualifiche di provenienza UE la legislazione comunitaria: si tratta delle Direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE, che prevedono il riconoscimento della professione estera. L’autorità italiana competente può subordinare il riconoscimento a una misura compensativa (esame attitudinale o tirocinio di adattamento);
-
alle qualifiche di provenienza non-UE, gli artt. 49 e 50 del DPR 394/1999 e il DPR 334/04, con cui si estende ai titoli non-comunitari la possibilità del riconoscimento professionale attraverso misure compensative.
Qui maggiori informazioni.
[49] Quanto disposto dalla L. 68/1999 si applica: agli invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, nonché a chi ha una capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo e in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale; agli invalidi del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%; ai non vedenti e ai sordomuti; agli invalidi di guerra, agli invalidi civili di guerra e agli invalidi per servizio.
[50] Ai sensi dell’art. 3, co. 7, della L. 127/1997, se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane di età.