Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Ambiente |
Titolo: | Proposta di piano per la transizione ecologica |
Riferimenti: | SCH.DEC N.297/XVIII |
Serie: | Atti del Governo Numero: 297 |
Data: | 14/09/2021 |
Organi della Camera: | VIII Ambiente |
Servizio Studi
Ufficio ricerche nei settori ambiente e territorio
Tel. 06 6706-2451 - * studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 449
Servizio Studi
Dipartimento Ambiente
Tel. 06 6760-9253 - * st_ambiente.it - @CD_ambiente
Atti del Governo n. 297
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
Am0143.docx
I N D I C E
Le 8 aree di intervento del Piano
3. Il miglioramento della qualità dell’aria.
4. Il contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico
5. La tutela delle risorse idriche e relative infrastrutture
6. Il ripristino e rafforzamento della biodiversità
7. La tutela e lo sviluppo del mare
8. La promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile
Nella premessa della proposta di Piano per la transizione ecologica (PTE) viene evidenziato che tale piano “intende fornire informazioni di base e un inquadramento generale sulla strategia per la transizione ecologica, dare un quadro concettuale che accompagni gli interventi del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.
Lo stesso PTE sottolinea che “per garantire il successo delle misure delineate nel PNRR, ma anche per le azioni del medio-lungo termine, si rendono necessari alcuni interventi chiave, che da una parte permettano la semplificazione delle procedure amministrative e l’accelerazione degli iter di approvazione dei progetti – pur nel rispetto della serietà delle necessarie valutazioni di impatto -, e che dall’altra creino le condizioni per la loro più celere esecuzione da parte della pubblica amministrazione. La revisione del Codice Appalti darà ulteriore sostegno al lavoro della pubblica amministrazione nel fluidificare le procedure amministrative”.
Si ricorda che tali riforme, in linea con le previsioni del PNRR, sono state in parte effettuate con il D.L. 77/2021 che reca norme di semplificazione e accelerazione delle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica (artt. 17-29), di accelerazione delle procedure per le fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica (artt. 30-33-ter) e di semplificazione per la promozione dell'economia circolare e il contrasto al dissesto idrogeologico (artt. 34-37-quater).
Il PNRR dell’Italia
A seguito del dibattito parlamentare sulla proposta di PNRR presentata dal Governo Conte II al Parlamento il 15 gennaio 2021 (dibattito conclusosi il 15 aprile 2021) il Governo Draghi ha presentato (il 25 aprile 2021) un nuovo testo del PNRR, oggetto di comunicazioni del Presidente del Consiglio alle Assemblee di Camera e Senato il 26 e 27 aprile 2021. Successivamente, il 30 aprile 2021, il PNRR dell'Italia è stato ufficialmente trasmesso alla Commissione europea (e, subito dopo, al Parlamento italiano). Per approfondimenti su tale testo si veda il dossier dei Servizi studi di Camera e Senato.
Il 22 giugno 2021 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di decisione di esecuzione del Consiglio, fornendo una valutazione globalmente positiva del PNRR italiano. La proposta è accompagnata da una dettagliata analisi del Piano (documento di lavoro della Commissione).
Il 13 luglio 2021 il PNRR dell'Italia è stato definitivamente approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea. Alla Decisione è allegato un corposo allegato con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi, cadenzati temporalmente, al cui conseguimento si lega l'assegnazione delle risorse su base semestrale.
Per un'analisi del PNRR dell'Italia e della Decisione di esecuzione del Consiglio si rinvia al dossier dei Servizi studi di Camera e Senato e all'apposita sezione del Portale delle documentazione della Camera dei deputati.
Il 13 agosto 2021 la Commissione europea, a seguito della valutazione positiva del PNRR, ha erogato all'Italia 24,9 miliardi a titolo di prefinanziamento (di cui 8,957 miliardi a fondo perduto e per 15,937 miliardi di prestiti), pari al 13% dell'importo totale stanziato a favore del Paese.
Nel PTE viene evidenziato che il PNRR “rappresenta il primo deciso impulso all’avvio di un processo di transizione ecologica di grande portata garantendo un volume di investimenti di rilievo assoluto, pari a 222,1 miliardi di euro (191,5 miliardi di euro finanziati attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza e 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare), vincolati ad un serrato cronoprogramma che si chiuderà nel 2026. Ma le scelte progettuali e le relative attuazioni, adattamenti ed integrazioni avranno impatti nel lungo periodo e ben oltre il prossimo quinquennio”.
La Missione 2 del PNRR, che rappresenta sostanzialmente il cuore del presente PTE, concerne i grandi temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento.
Le risorse (in miliardi di euro) previste dal PNRR risultano così articolate tra le varie componenti:
Missione 2 |
Rivoluzione verde e transizione ecologica |
PNRR (a) |
React EU (b) |
Fondo compl. (c) |
Totale (a+b+c) |
M2C1 |
Economia circolare e agricoltura sostenibile |
5,27 |
0,50 |
1,20 |
6,97 |
M2C2 |
Transizione energetica e mobilità sostenibile |
23,78 |
0,18 |
1,40 |
25,36 |
M2C3 |
Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici |
15,36 |
0,32 |
6,56 |
22,24 |
M2C4 |
Tutela del territorio e della risorsa idrica |
15,06 |
0,31 |
0,0 |
15,37 |
Totale Missione 2 |
59,47 |
1,31 |
9,16 |
69,94 |
Nella premessa del Piano per la transizione ecologica viene inoltre sottolineato che il PTE intende altresì “promuovere una riflessione su questi temi di grande impatto culturale, tecnologico e socio-economico” e che “ulteriori elementi, dati quantitativi e cronoprogrammi saranno contenuti in un secondo documento a seguire”.
Nel documento si sottolinea inoltre che il PTE si inserisce in un preciso contesto internazionale, che vede come riferimento l'Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e il Green Deal lanciato dall’UE (v. infra), e che i suoi 5 macro-obiettivi sono:
· neutralità climatica, cioè azzerare entro il 2050 le emissioni di gas serra per stabilizzare il pianeta entro i limiti di sicurezza dettati dagli Accordi di Parigi; ciò dovrà avvenire in particolare attraverso la progressiva uscita dalle fonti fossili e la rapida conversione verso fonti rinnovabili nella produzione di energia, nei trasporti, nei processi industriali, nelle attività economiche, negli usi civili e sollecitando la transizione verso un’agricoltura e una zootecnia sane, rigenerative e circolari secondo la strategia europea “farm to fork”, “dal produttore al consumatore”.
· azzeramento dell’inquinamento, attraverso una rivoluzione della mobilità fino alla sua completa sostenibilità climatica e ambientale e la minimizzazione (entro il 2050) di inquinamenti e contaminazioni di aria, acqua e suolo;
· adattamento ai cambiamenti climatici mediante il contrasto dei fenomeni di dissesto idrogeologico, di spreco delle risorse idriche e dell’erosione della biodiversità terrestre e marina con politiche finalizzate ad aumentare la resilienza dei sistemi naturali e antropici, e delle risorse idriche, anche attraverso l’azzeramento del consumo di suolo;
· ripristino della biodiversità e degli ecosistemi. In collegamento con gli obiettivi di mitigazione e adattamento, ci si propone di potenziare il patrimonio di biodiversità nazionale con misure di conservazione (aumento delle aree protette terrestri e marine) e di implementazione di soluzioni “basate sulla natura” al fine di riportare a una maggiore naturalità aree urbane, degradate e ambiti fondamentali come i fiumi e le coste;
· transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia per permettere non solo il riciclo e il riuso dei materiali ma anche il disegno di prodotti durevoli, improntando così i consumi al risparmio di materia e prevenendo alla radice la produzione di rifiuti, nonché eliminare inefficienze e sprechi e promuovere una gestione circolare delle risorse naturali e degli scarti anche in ambito agricolo e più in generale dei settori della bioeconomia.
Tali macro-obiettivi sono articolati in 8 aree di intervento, a ciascuna delle quali è dedicata una specifica analisi nel seguito del presente dossier. Per ognuna di tali aree i principali obiettivi indicati dal PTE sono:
1. Decarbonizzazione
Il PTE ricorda che le tappe della decarbonizzazione italiana sono scandite dagli impegni europei (“net zero” al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni di CO2 rispetto al 1990) e che la quota di elettrificazione del sistema dovrà progressivamente tendere e superare quota 50%. L’apporto delle energie rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72% al 2030 e coprire al 2050 quote prossime al 100% del mix energetico primario complessivo.
2. Mobilità sostenibile
Il PTE ricorda l’obiettivo “net zero” per trasporto navale ed aereo e la spinta su alta velocità e traffico merci su rotaia, nonché che il PNRR rappresenta un cambio di passo verso la mobilità sostenibile, con investimenti nel periodo 2021-26 per circa 38 miliardi di euro nelle Missioni 2 e 3. Il PTE ricorda altresì che nel periodo successivo al 2030, per centrare l’obiettivo di decarbonizzazione completa, almeno il 50% delle motorizzazioni dovrà essere elettrico. Un peso analogo dovranno avere idrogeno, biocarburanti e carburanti sintetici ad impatto zero. In un quadro coordinato a livello europeo i sussidi ai combustibili fossili dovranno essere progressivamente eliminati mentre al trasporto aereo, marittimo e dei veicoli su strada dovrà essere valutata la possibilità di estendere il sistema ETS.
3. Miglioramento della qualità dell’aria
Il PTE sottolinea che molte misure previste dal PNRR avranno effetti positivi sulla qualità dell’aria entro il 2026 e che il PTE stesso predispone una serie di misure per rispettare gli obiettivi europei di riduzione degli inquinanti al 2030 e le ambizioni poste dal Piano Toward Zero Pollution della Commissione europea. Il PTE sottolinea altresì che un’attenzione particolare andrà riservata all’impiego di biomasse e bioenergie e a una progressiva riduzione delle emissioni del settore agricolo (come l’ammoniaca). Gli obiettivi al 2050 prevedono il rispetto dei valori molto più cautelativi stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Misure verranno prese anche per il contrasto dell'inquinamento indoor.
4. Contrasto al consumo di suolo e al dissesto idrogeologico
L’obiettivo del Piano è arrivare a un consumo zero netto entro il 2030, sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste. Il Piano prevede altresì di mettere in sicurezza il territorio rafforzando la governance e un sistema di monitoraggio avanzato che diano coerenza a un programma nazionale di prevenzione e contrasto.
5. Risorse idriche e relative infrastrutture
Il PTE sottolinea che entro il 2026 gli interventi previsti dal PNRR, per 4,3 miliardi di euro, intendono potenziare infrastrutture di approvvigionamento idrico primario, reti di distribuzione, fognature e depuratori, soprattutto nel Meridione, digitalizzare e distrettualizzare le reti di distribuzione, ridurre del 15% le dispersioni di rete e ottimizzare i sistemi di irrigazione nel 12% delle aree agricole. Per la stessa data sono previste riforme per rafforzare il Piano nazionale degli interventi nel settore idrico e rendere più efficiente la gestione delle acque con la formazione di consorzi pubblico-privato a livello sovracomunale. Entro il 2040 si prevede il completamento dei lavori di potenziamento e rinnovo e aumento di qualità ed efficienza delle principali infrastrutture idriche.
6. Biodiversità
In linea con la strategia europea, il PTE prevede un consistente potenziamento delle aree protette (dal 10 al 30%), l’adozione di “soluzioni basate sulla natura” per il ripristino degli ecosistemi degradati e una forte spinta nel monitoraggio a fini scientifici su habitat e specie a rischio. I parchi nazionali e le aree marine protette verranno digitalizzati entro il 2026 per monitorare pressioni e stato delle specie, semplificare le procedure amministrative e migliorare i servizi ai visitatori. In relazione alle foreste il PTE sottolinea che è essenziale promuovere una loro tutela attiva attraverso forme di gestione sostenibile, una loro espansione in aree residuali e degradate e la valorizzazione nazionale del legname quale duraturo stoccaggio di carbonio. Il PTE prevede inoltre il rafforzamento della biodiversità nelle 14 aree metropolitane attraverso un programma di forestazione urbana (con la piantagione di 6,6 milioni di alberi) e di ripristino degli habitat degradati. Anche i fiumi verranno interessati da massicci interventi di rinaturalizzazione, a partire dal Po, per garantire la loro funzione essenziale di corridoi ecologici.
7. Tutela del mare
Il PTE ricorda che il PNRR prevede investimenti nelle attività di ricerca e osservazione dei fondali e degli habitat marini, anche attraverso il potenziamento di una flotta dedicata, e che l’obiettivo delle ricerche è avere il 90% dei sistemi marini e costieri mappati e monitorati, e il 20% restaurati. Gli obiettivi di conservazione prevedono di portare al 30% l’estensione delle aree marine protette, di cui il 10% con forme rigorosa di protezione entro il 2030. Altre misure al 2030 riguardano il contrasto della pesca illegale, azioni coordinate con altri Paesi per la minimizzazione dei rifiuti marini e la promozione del turismo sostenibile.
8. Promozione dell’economia circolare
Il PTE sottolinea che l’economia circolare è una sfida epocale che punta all’eco-progettazione di prodotti durevoli e riparabili per prevenire la produzione di rifiuti e massimizzarne il recupero, il riutilizzo e il riciclo. A questo fine verrà pubblicata (entro il 2022) la nuova “Strategia nazionale per l’economia circolare” con l’obiettivo di promuovere una economia circolare avanzata e di conseguenza una prevenzione spinta della produzione di scarti e rifiuti (-50%) entro il 2040. La Strategia punta anche al potenziamento della bioeconomia circolare. Parallelamente verrà portata a termine l’ottimizzazione della gestione dei rifiuti su tutto il territorio nazionale avviata dal PNRR per rispettare gli obiettivi europei al 2030-2040 per imballaggi, plastica, tessuti, carta, alluminio, rifiuti da demolizione, rifiuti elettrici ed elettronici e per ridurre lo spreco di acqua e alimenti.
Dal punto di vista degli investimenti necessari, nel PTE si evidenzia che “ai fondi del PNRR dovranno affiancarsi, per le misure di competenza, i fondi della coesione europea e nazionale e i fondi di bilancio ordinario gestiti dalla pubblica amministrazione centrale e dagli enti territoriali e contemporaneamente, dovrà essere promossa l’attivazione di ulteriori investimenti da parte degli operatori privati e pubblico-privati”.
Il PTE ricorda che il piano è frutto del lavoro collettivo del Comitato interministeriale della transizione ecologica (CITE) e che si sviluppa a partire dalle linee già delineate dal PNRR proiettandole al completo raggiungimento degli obiettivi al 2050. Viene inoltre sottolineato che il Comitato interministeriale per la transizione ecologica avrà la responsabilità della programmazione e del monitoraggio del processo fino al raggiungimento del suo fine.
Nel documento sono evidenziati i seguenti profili rilevanti per la governance e il monitoraggio del Piano:
· legalità. Si sottolinea che l’esigenza di assicurare un processo di transizione ecologica veloce, oltre che equo e giusto, è strettamente connessa a quella di disporre di procedure amministrative trasparenti che permettano l’implementazione di piani e programmi da parte dei soggetti pubblici impermeabili a episodi di infiltrazione della criminalità;
· fiscalità. Si sottolinea che la tassazione indiretta può influenzare il comportamento dei consumatori garantendo modelli di consumo e produzione sostenibili e deve, quindi, essere concepita e applicata allo scopo di supportare la transizione ecologica nelle sue diverse declinazioni. In particolare, viene ricordato che l’applicazione dell’accisa sui prodotti energetici, opportunamente modulata anche in relazione alle emissioni di CO2 e delle altre emissioni di gas serra, può essere utilizzata per correggere le esternalità negative sociali, legate ad effetti ambientali e sulla salute umana.
La nuova governance ambientale: il MITE e il CITE
Con il D.L. 22/2021, convertito dalla legge 22 aprile 2021, n. 55, è stata operata una rilevante ridefinizione della governance ambientale.
L’articolo 2 ha previsto la trasformazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in Ministero della transizione ecologica (MiTE). In particolare, il comma 2 di tale articolo ha disposto il trasferimento di competenze in materia di politica energetica dal Ministero dello sviluppo economico (MiSE) al MiTE ed una complessiva ridefinizione delle funzioni di tale ultimo Dicastero.
L’articolo 4 del medesimo decreto-legge ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione, ferme restando le competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile.
Lo stesso articolo ha attribuito al CITE il compito di provvedere all’approvazione (entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. 22/201) del Piano per la transizione ecologica (PTE), al fine di coordinare le politiche in materia di:
a) riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
b) mobilità sostenibile;
c) contrasto del dissesto idrogeologico e del consumo del suolo;
c-bis) mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
d) risorse idriche e relative infrastrutture;
e) qualità dell'aria;
f) economia circolare;
f-bis) bioeconomia circolare e fiscalità ambientale, ivi compresi i sussidi ambientali e la finanza climatica e sostenibile.
Il comma 4 dell’art. 4 dispone inoltre che:
- il PTE individua le azioni, le misure, le fonti di finanziamento, il relativo cronoprogramma, nonché le amministrazioni competenti all'attuazione delle singole misure;
- sulla proposta di Piano predisposta dal CITE è acquisito il parere della Conferenza unificata, che è reso nel termine di venti giorni dalla data di trasmissione, e che la proposta stessa è contestualmente trasmessa alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione;
- il PTE è approvato in via definitiva dal CITE entro trenta giorni dall'espressione dei pareri ovvero dall'inutile decorso dei termini previsti.
Il comma 4-bis dispone inoltre che, dopo l'approvazione definitiva del Piano da parte del CITE, il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato trasmette alle Camere, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano, dando conto delle azioni, delle misure e delle fonti di finanziamento adottate.
Il successivo comma 6 dispone che il CITE monitora l'attuazione del Piano, lo aggiorna in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea e adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi.
Gli indicatori di monitoraggio da affiancare al piano sono presentati nell’allegato 4 allo schema in esame, il quale preannuncia, in proposito, che il CITE si doterà di “analisi di scenario di natura climatica, ambientale, sociale ed economica al fine di garantire un background quantitativo al processo di identificazione delle scelte di policy più adeguato al raggiungimento degli obiettivi del piano”.
L’art. 4 del D.L. 22/2021 ha inoltre affidato al CITE la competenza a provvedere con cadenza almeno triennale, con apposita delibera, su proposta del Ministro della transizione ecologica, all'aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. Il PTE sottolinea in proposito che in tal modo si è creato “un legame indissolubile tra la transizione ecologica e la sostenibilità che risponde al quadro di riferimento dell’Unione europea”.
Oltre ai contenuti illustrati, che sono approfonditi nell’allegato 1 al piano, il PTE fornisce (nell’allegato 2) una sintesi delle principali politiche internazionali, europee e nazionali nelle materie della transizione ecologica e (nell’allegato 3) il cronoprogramma di implementazione del PTE nel quadro delle misure previste dal PNRR. Infine nell’allegato 4 sono proposti alcuni indicatori da utilizzare per il monitoraggio.
Il futuro delineato dal Piano
Il Piano di transizione ecologica intende tracciare le tappe per la trasformazione ambientale, economica e socio-politica ritenuta necessaria per avviare mutamenti di lungo periodo. Questi hanno la finalità di determinare la radicale trasformazione degli assetti economici, industriali e sociali necessari a scongiurare il pericolo che i cambiamenti climatici in corso e la riduzione della biodiversità compromettano i progressi e i benefici raggiunti dal genere umano.
Oltre che sul Green Deal (su cui si veda, infra, il successivo paragrafo), il piano è basato sui seguenti documenti internazionali:
1) l'Accordo di Parigi, sottoscritto nel dicembre 2015 da 190 parti contraenti. Stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici. Ha posto l'ambizioso obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali entro fine secolo, limite massimo oltre il quale si ritiene che l'impatto delle temperature si tradurrebbe in gravi danni per gli abitanti e l'ecosistema del pianeta;
2) l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Si tratta di un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai Governi dei 193 Paesi membri dell'ONU. Essa ingloba 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, tra cui "assumere azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze" (obiettivo 13) e l'obiettivo 15, relativo a biodiversità, foreste e desertificazione.
Viene specificato che il piano accompagnerà il processo di transizione per la sua intera durata, con target specifici, attività di monitoraggio e aggiustamenti continui, anche su base annuale, in relazione agli stati di avanzamento delle trasformazioni in atto e ai progressi scientifici e tecnologici. Esso si ispira da un lato al principio di massimizzazione dei benefici per l'ambiente, la salute, il lavoro e l'occupazione, e dall'altro a realismo, non ricorrendo a promesse che non è possibile realizzare nei tempi definiti.
Il Green deal europeo
Il Piano si inserisce all'interno del Green deal, il programma europeo per una nuova crescita sostenibile dell'Unione europea, finalizzato a rendere l'Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Si vuole dare impulso a una crescita compatibile con un ambiente sano e una popolazione che possa aspirare, senza discriminazioni, a più che soddisfacenti condizioni di vita. Per il finanziamento del Green deal sono state messe a disposizione specifiche risorse all'interno di "Next Generation EU" (NGEU). In particolare, il 37 per cento delle risorse complessivamente richieste dagli Stati membri nei rispettivi PNRR è dedicato a interventi di contrasto al cambiamento climatico. Specifiche risorse sono poi disponibili all'interno del Fondo speciale per una transizione giusta, focalizzato al sostegno delle attività che più di altre risentiranno negativamente dell'impatto di tale transizione, con una dotazione di 17,5 miliardi di euro.
NGEU integra il Quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea 2021-2027. E' uno strumento di natura emergenziale, durata temporanea e valenza una tantum, utilizzabile esclusivamente ai fini della risposta alla crisi e delle misure per la ripresa, in virtù del quale la Commissione europea è autorizzata a sollecitare prestiti sui mercati dei capitali per un ammontare totale di 750 miliardi di euro, 390 dei quali destinati a sovvenzioni e 360 a prestiti. Quasi il 90 per cento delle risorse NGEU è destinato al Recovery and Resilience Facility, disciplinato dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021. Per accedere a tali ultime risorse, gli Stati membri hanno dovuto presentare dei Piani di ripresa e di resilienza (PNRR) in cui hanno delineato le riforme e gli investimenti che si propongono di realizzare.
La figura 1 sintetizza gli ambiti di intervento del Green deal.
Figura 1 - Schema del Green deal europeo
La figura 2 riassume invece gli obiettivi che l'Unione europea auspica di raggiungere al 2030 e al 2050. Rileva, in particolare, l'obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Figura 2 - Roadmap obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030 e al 2050
Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Commissione europea ha presentato il 14 luglio 2021 una serie di proposte, in cui si rivede e si aggiorna la normativa dell'UE al fine di garantire che essa sia in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Tali dodici strumenti legislativi assieme costituiscono il cd. pacchetto "pronti per il 55 per cento" (Fit for 55). La figura 3 raffigura in maniera schematica l'architettura del pacchetto:
Figura 3 - Architettura del pacchetto "Fit for 55".
Tra le proposte che il Governo individua come particolarmente importanti si ricordano quelle relative a:
1) una revisione del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (EU ETS), che comprende la sua estensione al trasporto marittimo, la revisione delle norme sulle emissioni del trasporto aereo e l'istituzione di un sistema di scambio di quote di emissione distinto per il trasporto stradale e l'edilizia;
2) una revisione del regolamento sulla condivisione degli sforzi che disciplina gli obiettivi di riduzione degli Stati membri nei settori non compresi nell'EU ETS;
3) una revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili per raggiungere entro il 2030 l'obiettivo di produrre il 40 per cento dell'energia da fonti rinnovabili;
4) un insieme di misure atte a ridurre le emissioni nel settore dei trasporti stradali. Le nuove autovetture dovrebbero ridurre le emissioni del 55 per cento al 2030;
5) l'istituzione di un Fondo sociale per il clima, con una dotazione di 72,2 miliardi di euro per il periodo 2025-2032 allo scopo di finanziare investimenti di efficienza energetica ed aiutare i cittadini a investire in nuovi sistemi di riscaldamento e raffrescamento e ad accedere a una mobilità più pulita.
Lo scenario globale
In un ambito più generale, si individuano le seguenti sfide globali:
1) cambiamento climatico e inquinamento, determinati in primis dalla diffusione delle fonti fossili in virtù della loro densità energetica e versatilità;
2) energia, in termini di auspicabile decarbonizzazione dei processi energetici, elettrificazione di molti usi termici e sostituzione di combustibili fossili con combustibili rinnovabili e puliti. Studi recenti citati dal Governo ritengono che un ruolo chiave nella riduzione delle emissioni potrebbe essere svolto dall'idrogeno;
3) sovrappopolazione, malnutrizione e spreco di cibo, per contrastare i quali si ritiene tra l'altro opportuno intervenire sui modelli di sviluppo delle città e lavorare per superare la contrapposizione con la campagna sviluppatasi nei secoli passati;
4) minacce alla biodiversità. Il rapporto sullo stato della natura in Europa evidenzia il costante declino delle specie e degli habitat in buona salute. Anche in risposta a tale situazione è stata elaborata la Strategia UE per la biodiversità per il 2030, che propone un'azione coordinata per la quale - si evidenzia - è necessaria una "trasformazione del modo di produrre, consumare, muoversi, fare ricerca" in tempi relativamente ristretti.
Pilastro sociale della transizione
Il Governo puntualizza come la transizione energetica ed il phase-out dai combustibili fossili avranno come prevedibile conseguenza anche la trasformazione radicale di intere filiere produttive. Proprio questo determinerà la necessità di politiche di sostegno al lavoro e di integrare la dimensione sociale, anche in virtù della rilevanza del Piano per le prossime generazioni e in omaggio al principio fondamentale per cui "nessuno deve essere lasciato indietro". Si prevede in particolare la necessità di attivare specifici interventi di politiche attive per il lavoro, ricorrendo a ammortizzatori sociali ma anche a percorsi di formazione specifica e riqualificazione.
Ruolo della ricerca scientifica e tecnologica e attività di foresight
Ai fini di realizzare la transizione ecologica, si evidenzia in particolare l'importanza di dedicare più risorse alla ricerca scientifica, rafforzando le sinergie fra attori e finanziamenti pubblici già disponibili e creando interconnessioni stabili tra il mondo di ricerca, università, start-up e imprese. Si intende così favorire il trasferimento tecnologico in grado di ridurre gli impatti ambientali del sistema produttivo.
Altrettanto importante è ritenuta nel documento l'attività di prospezione delle tendenze future (foresight) atta a pianificare azioni di breve termine partendo da visioni e prospettive di lungo-termine.
Il documento evidenzia che il foresight 'non intende prevedere il futuro, ma lo esplora tracciando i percorsi di transizione' necessari a delineare soluzioni alle problematiche delle nostre società.
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Decarbonizzazione |
Il Documento indica il nuovo obiettivo nazionale di riduzioni emissioni climalteranti al 2030, calcolato sulla base del target dell’UE nel suo complesso (cfr. colonna “Ulteriori elementi”): “net zero” al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni CO2 (rispetto al 1990). Il precedente obiettivo di diminuzione delle emissioni di CO2 si era tradotto nel PNIEC in una riduzione del 37% per l'Italia, da 520 milioni di tonnellate emesse nel 1990 a 328 milioni fissati per il 2030 (di cui 216 dai settori ETS e 109 da quelli non ETS). Ora, dal nuovo obiettivo europeo deriva una riduzione maggiore delle emissioni nazionali, del 51%, che porta il target 2030 intorno a quota 256 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Il Piano indica quindi la necessità di operare ulteriori riduzioni di energia primaria rispetto a quanto già disposto nel PNIEC: la riduzione di energia primaria passerà dal 43 al 45% (rispetto allo scenario energetico base europeo Primes 2007) da ottenere nei comparti a maggior potenziale di risparmio energetico come residenziale e trasporti, grazie anche alle misure avviate con il PNRR. Sul fronte della maggior efficienza energetica, l’obiettivo di riduzione dei consumi finali di energia - che si stima di circa il 40-45% entro metà secolo rispetto ai livelli pre pandemia - dovrà essere ripartito in modo flessibile per non penalizzare più del necessario la ripresa dell’attività economica negli anni successivi al 2020-21. Le principali misure si concentreranno sul settore residenziale-commerciale - anche come sviluppo del cd. “Superbonus” - mentre in quello dei trasporti vi sono ampi margini di intervento (aumento di vetture elettriche ed ibride, incremento della diffusione di trasporto pubblico e condiviso). L’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare è ritenuto fondamentale per raggiungere l’obiettivo di piena decarbonizzazione.
Sul versante delle energie rinnovabili, si prevede un incremento della capacità installata almeno del 15% rispetto al PNIEC, e - comprendendo gli sviluppi della produzione di idrogeno verde prevista dal PNRR e dall’avvio della Strategia Nazionale sull’Idrogeno - l’apporto delle energie rinnovabili al mix di energia elettrica dovrà salire dal 55% previsto dal PNIEC fin sopra la quota del 70% al 2030.
Uno degli obiettivi del Piano in esame è ridurre a breve e in modo significativo l’incidenza della povertà energetica (che interessa il 13% delle famiglie italiane), andando oltre il “bonus sociale”, lo sconto sulla bolletta elettrica e del gas esteso automaticamente dal 2021 a tutti gli aventi diritto, con misure più strutturali.
L’elettrificazione del sistema dell’energia primaria, nella prospettiva di decarbonizzazione totale al 2050, dovrà superare il 50%. Sarà dunque necessario puntare a un’accelerazione dello sviluppo del vettore elettrico rispetto alla quota del 22% raggiunta nel 2018 (era al 17% nel 1990) in virtù soprattutto di una decisa crescita nel settore dei trasporti (il PNRR prevede 31.500 punti di ricarica ultra veloce per i veicoli elettrici) e degli edifici, con una maggior diffusione delle pompe di calore.
La generazione di energia elettrica dovrà dismettere l’uso del carbone entro il 2025 e provenire nel 2030 per il 72% da fonti rinnovabili, fino a livelli prossimi al 95-100% nel 2050. Pur lasciando aperta la possibilità di un contributo delle importazioni, di possibili sviluppi tecnologici e della crescita di fonti rinnovabili finora poco sfruttate (come l’eolico offshore), si punterà sul solare fotovoltaico, che secondo le stime potrebbe arrivare tra i 200 e i 300 GW installati. Si tratta di un incremento notevole, di un ordine di grandezza superiore rispetto ai 21,4 GW solari che risultano operativi a fine 2020. Per raggiungere invece i possibili obiettivi intermedi al 2030, ovvero una quota di energie rinnovabili pari al 72% della generazione elettrica, si stima che il fabbisogno di nuova capacità da installare arriverebbe a circa 70-75 GW di energie rinnovabili (mentre a fine 2019 la potenza efficiente lorda da fonte rinnovabile installata nel Paese risultava complessivamente pari a 55,5 GW). Almeno due sono gli ostacoli - strettamente collegati - che devono essere superati in via preliminare: le difficoltà autorizzative che rallentano e limitano la crescita del settore e degli investimenti (il problema del “permitting” affrontato in sede PNRR e Decreto per la Transizione) e la lenta progressione della capacità rinnovabile, che nel 2019 è cresciuta di poco più di 1,2 GW (750 MW di solare e 450 MW di eolico (secondo dati del GSE) e nel 2020 di soli 0,72 GW. Un esempio di differente gestione può essere tratto dalla comparazione internazionale degli esiti delle aste del fotovoltaico dell’anno 2020: in Italia, a fronte di 1,88 GW messi a bando, ne sono stati aggiudicati solo 0,47 mentre nello stesso periodo, in Spagna, tutta la capacità in asta (3,03 GW) è stata aggiudicata, a fronte di offerte che hanno superato di più di tre volte (9,7 GW) la potenza disponibile
Saranno poi decisivi lo sviluppo delle reti di trasmissione e distribuzione e degli accumuli. Per lo stoccaggio, la Strategia di Lungo Termine prevede una capacità di 30-40 GW di sistemi di accumulo elettrochimici (70-100 TWh di energia complessivamente accumulata). Dovrà anche essere approntato un piano per le aree idonee ad accogliere impianti, che in linea teorica potrebbero estendersi approssimativamente tra i 300 e i 450 mila ettari.
Il Documento si prefigge una sostanziale decarbonizzazione del comparto industriale, in particolare nei settori “hard to abate” (siderurgia vetro, ceramica, cemento, chimica), il cui principio guida è quello dell’“energy efficiency first”. Sarà poi necessario il passaggio da combustibili fossili ai combustibili rinnovabili come idrogeno, bioenergie e fuel sintetici, l’elettrificazione spinta dei consumi e il ricorso a cattura e stoccaggio della CO2 residua (CCS - CCU). Sul lungo termine, la sfida resta quella dell’energia nucleare da fusione, su cui si continuerà ad investire nella ricerca. Un apposito focus del Piano è dedicato alle opportunità della fusione nucleare, in cui si evidenzia che il principale progetto internazionale è l’International Thermonuclear Experimental Reactor (Iter), al quale partecipano Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Russia, Stati Uniti ed Unione europea. L’investimento complessivo è previsto in circa 20 miliardi di euro, ma ogni membro contribuisce per la quasi totalità sotto forma di fornitura di componenti. Una parte fondamentale di Iter, l’impianto di iniezione di particelle neutre ad alta energia per il riscaldamento del plasma, è stato sviluppato ed è attualmente in sperimentazione presso il Consorzio RFX, tra Cnr, Enea, INFN, Università di Padova ed Acciaierie Venete, a Padova. Vi è poi Broader Approach, un progetto che riunisce Europa e Giappone ed è collegato ad Iter; il progetto Demo e il progetto DTT (Divertor Tokamak Test Facility) che nasce come anello di collegamento tra iprogetti Iter e Demo e prevede la realizzazione presso il centro di ricerche Enea di Frascati di una macchina sperimentale che ha l’obiettivo di contribuire alla messa a punto di configurazioni e materiali in grado di smaltire al meglio gli elevati flussi termici al bordo del plasma. In agricoltura, la strategia Farm to Fork, con la sostituzione dei mezzi agricoli più inquinanti e l’avvento di pratiche agricole e zootecniche più sostenibili (agroecologia, agricoltura di precisione) oltre a ridurre le emissioni di ammoniaca, consentirà un maggiore assorbimento di carbonio nei terreni e un potenziamento delle bioenergie, dalle cui si prevede una riduzione a 22-23 milioni di tonnellate di CO2 equivalente al 2050. Un programma di riforestazione e una gestione sostenibile delle foreste (attualmente il 40% del territorio nazionale), ottimizzerà la loro capacità di assorbire più del 10% delle emissioni nazionali. A tale fine si richiama la necessità di aumentare stabilmente il “sink” di carbonio al di sopra dei livelli attribuiti dall’UE o attualmente previsti dal Piano Nazionale di Contabilizzazione Forestale, in coerenza con quanto disposto dalla Strategia Forestale Nazionale, promossa dal Mipaaf e in fase di approvazione.
Si evidenzia che il negoziato con la Commissione sul recepimento del pacchetto “Fit for 55” potrà richiedere una revisione degli obiettivi energetici proposti in questo Piano (cfr. colonne a seguire). Ulteriori risparmi di emissioni si potranno realizzare in campo edilizio con un impiego maggiore di legno ingegnerizzato al posto del calcestruzzo, nel riscaldamento/raffrescamento in campo civile (es. pompe di calore, elettricità) e più in generale con pratiche sistematiche di economia circolare e dei criteri minimi ambientali (CAM) che già oggi impongono l’impiego di una certa quota di materiali riciclati. |
Il PNRR è ispirato nel suo complesso ad una logica di transizione ecologica Si ricorda infatti che, ai sensi del Regolamento (UE) 2021/241 una quota di almeno il 37% delle risorse derivanti dal Dispositivo per la Ripesa e la Resilienza deve essere destinata a misure per la transizione verde. All’interno di tale ambito, la decarbonizzazione gioca un ruolo primario, con obiettivi che dal punto di vista normativo sono ancora in evoluzione, come spiegato. Meritano di essere in particolare ricordati i progetti d’investimento in materia energetica enunciati nella Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Nella Componente C2 “Energia rinnovabile, Idrogeno, Rete e Mobilità sostenibile” hanno sede la quasi totalità dei programmi di investimento e ricerca per le fonti di energia rinnovabili, lo sviluppo della filiera dell'idrogeno, le reti e le infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica. (cfr. dossier sul PNRR, p. 255 e seguenti). Questi programmi di investimento assorbono complessivamente 15,64 miliardi di euro (il 65,7% delle risorse RRF della Componente C2, destinata, per la parte residua, agli interventi per il trasporto locale sostenibile e ai bus elettrici (cfr. dossier sul PNRR, p. 178 e seguenti). Nella Componente C3 “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici pubblici” sono previste risorse per 15,36 miliardi di euro, destinati, per circa il 91%, all’eco-bonus e al sisma-bonus (Investimento 2.1), e, per la restante parte, alla riqualificazione energetica degli edifici pubblici (scolastici e Uffici giudiziari) e allo sviluppo di sistemi di teleriscaldamento. Alla Componente C3 “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici pubblici” sono destinate ulteriori risorse nazionali a carico del c.d. Fondo complementare (D.L. n. 59/2021, art. 1, comma 2, lett. c), n. 10 e 13 e art. 1, comma 2, lett. m)), per un ammontare complessivo di 6,56 miliardi di euro (di tale importo, 4,56 miliardi sono specificamente destinati al super-bonus), nonché ulteriori 320 milioni dal programma REACT dell’UE. Nella Componente C1 “Economia circolare e agricoltura sostenibile” sono inoltre previsti investimenti sui parchi agrisolari (1,5 miliardi).
Si rammenta infine che - all’interno della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, componente C2 “Dalla ricerca all’impresa”– sono previsti progetti di investimento per la ricerca e sviluppo in materia di idrogeno e batterie, riconducibili ai progetti Important Projects of Common European Interest (IPCEI), sostenuti con 1,5 miliardi di euro . (cfr. dossier sul PNRR, p. 266).
|
Il Regolamento 2021/1119/UE (cd. Legge europea sul clima) ha formalmente sancito l'obiettivo della neutralità climatica al 2050 (alla base del Green New Deal) e il traguardo vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 che consiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Si tratta di un livello ben più impegnativo rispetto a quello precedentemente fissato (-40%). Tale più ambizioso obiettivo generale comporta anche la revisione al rialzo dei target 2030 già fissati in sede UE in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica. L'UE sta, infatti, lavorando alla revisione di tali normative al fine di allinearle alle nuove ambizioni. Il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha infatti adottato una serie di proposte legislative che definiscono come si intende raggiungere la neutralità climatica nell'UE entro il 2050, compreso l' obiettivo intermedio di riduzione netta di almeno il 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 (Pacchetto cd. “Fit for 55”). La neutralità climatica al 2050 e la riduzione delle emissioni al 2030 del 55% ha costituito il target di riferimento per l'elaborazione degli investimenti e delle riforme in materia di Transizione verde contenuti nei Piani nazionali di ripresa e resilienza, figurandone tra i principi fondamentali base enunciati dalla Commissione UE nella Strategia annuale della Crescita sostenibile - SNCS 2021 di settembre scorso (COM(2020) 575 final).
Per l'Italia, il livello fissato nel PNIEC (Piano Nazionale energia e clima, presentato alle Istituzioni europee a dicembre 2020) è del -33% al 2030 rispetto al livello nazionale 2005.
|
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Mobilità sostenibile |
Il Documento dedica una parte ai temi della mobilità sostenibile. Una parte significativa delle azioni volte all'opera di decarbonizzazione concerne, infatti, il settore dei trasporti. A tale riguardo è utile ricordare che il trasporto privato (macchine e motocicli) è responsabile per circa il 56% delle emissioni del settore (con un peso relativo aumentato di 3,4 punti percentuali dal 1990 al 2019) mentre il 22% è attribuibile agli autobus e ai trasporti pesanti. Nell'atto del Governo in esame si sottolinea che l’obiettivo di un azzeramento delle emissioni sarà possibile solo attraverso la progressiva conversione del parco circolante in veicoli elettrici, a idrogeno e a biocarburanti nonché al rafforzamento del contributo della domanda pubblica soprattutto nel settore del Trasporto pubblico locale, così come già previsto nelle linee di intervento del PNRR. Per questo il Piano italiano si allinea ai principali obiettivi indicati dalla strategia europea sulla mobilità (2020), che prevedono 30 milioni di auto elettriche entro il 2030 (6 milioni in Italia), navi e aerei a emissioni zero fra il 2030 e il 2035; il raddoppio del traffico ferroviario ad alta velocità per il 2030 e la triplicazione entro il 2050; l’aumento del 50% del traffico merci su rotaia entro il 2030 e il suo raddoppio per il 2050. A tale riguardo si rinvia agli interventi contenuti nel PNNR così come illustrati in dettaglio nella colonna accanto.
|
Il PNRR dedica particolare attenzione alla mobilità sostenibile con investimenti nel periodo 2021-26 per circa 38 miliardi di euro nelle Missioni 2 e 3 focalizzate su rete ferroviaria nazionale (alta velocità/capacità) e regionale, trasporto intermodale e mobilità elettrica, ciclabile e pedonale, trasporto pubblico e più di 31 mila punti di ricarica elettrica per veicoli.
La Missione 2 del PNRR impegna la posta più alta, pari a circa 9 miliardi di euro, alla conversione ecologica della mobilità locale, sia ai fini della decarbonizzazione sia per migliorare la qualità della vita attraverso il decongestionamento del traffico, la riduzione dell’inquinamento dell’aria e acustico. Le principali linee di investimento riguardano: - il potenziamento della mobilità sostenibile pedonale e ciclabile con la realizzazione di 570 km di piste ciclabili urbane e 1200 km di ciclovie turistiche; - interventi a favore del trasporto pubblico con 240 km di nuove linee fra metropolitane (11 km), tram (85 km), filovie (120 km) e funivie (15 km), in modo da ottenere uno spostamento di almeno il 10% dal mezzo privato al mezzo pubblico; - lo sviluppo di una rete infrastrutturale di ricarica elettrica pubblica con 7.500 punti nelle superstrade e altri 13.750 punti nelle città, oltre a 100 stazioni di ricarica sperimentali a idrogeno per automobili e autocarri. Si muovono così i primi passi verso un’infrastruttura che consentirà la circolazione di circa 6 milioni di veicoli elettrici in Italia entro il 2030.
La Missione 3 del PNRR sostiene con circa 25 miliardi di euro il rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie. L’obiettivo principale è di completare entro il 2026 la rete dell’Alta velocità/capacità in tutta Italia, vale a dire l’asse Nord-Sud (da Napoli-Salerno a Bari, Reggio Calabria e in Sicilia), le connessioni diagonali tra Adriatico-Ionio e Tirreno (Roma-Pescara; Orte-Falconara; Taranto-Battipaglia) e la proiezione della rete dal Nord Italia all’Europa (Liguria-Alpi, Verona-Brennero). Per aumentare il trasporto merci, in particolare, verranno migliorati i collegamenti fra la rete ferroviaria, i porti e aeroporti, sia adeguando il sistema rotabile dell’ultimo miglio, sia digitalizzando il sistema della logistica in modo da rendere più fluida la movimentazione dei carichi lungo la catena intermodale. Oltre all’Alta Velocità, si prevede il potenziamento dei nodi ferroviari metropolitani e le linee regionali per migliorare la mobilità dei pendolari, con la conversione a idrogeno delle linee non elettrificate.
|
Per quanto concerne, più in generale, il quadro europeo della mobilità sostenibile, si segnala che è attualmente all'attenzione delle Camere l'atto del Governo n. 278, relativo alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada. Lo schema di decreto recepisce nell'ordinamento nazionale la direttiva (UE) 2019/1161 relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo. Tra gli obiettivi della nuova direttiva europea, enunciati dalla Commissione nella Comunicazione del 20 luglio 2016 dal titolo 'Strategia europea per una mobilità a basse emissioni', è quello di ridurre drasticamente le emissioni di inquinanti atmosferici dannosi per la salute umana e l'ambiente causate dai trasporti. Tale obiettivo è perseguibile attraverso una serie di iniziative strategiche, tra cui misure che promuovano un trasferimento modale verso il trasporto pubblico e l'uso degli appalti pubblici per promuovere i veicoli puliti. Nell'ambito della 'Strategia europea per una mobilità a basse emissioni' sono stati sviluppati dalla Commissione europea tre pacchetti di misure sulla mobilità. I primi due pacchetti sulla mobilità sono stati pubblicati nei mesi di maggio e novembre 2017; in particolare, il secondo pacchetto di misure 'Clean mobility package' ha previsto sia la revisione della direttiva 2009/33/CE, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, che l'elaborazione del nuovo regolamento (UE) 2019/631 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi e che abroga i regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011".
|
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Riduzione degli inquinanti atmosferici |
Il macro-obiettivo è quello di un approccio multisettoriale e sinergico alle politiche di miglioramento della qualità dell’aria e di limitazione del riscaldamento climatico. Il documento ricorda preliminarmente che le emissioni industriali, dei trasporti e dell’agricoltura intensiva, con i loro effetti su aria, acqua e suolo, contribuiscono a una mortalità evitabile elevata, che in Italia è stimata dall’Agenzia europea dell’ambiente intorno a 50-60mila morti all’anno (principalmente per tumori, malattie respiratorie e cardiocircolatorie). Ai danni sanitari dell’inquinamento atmosferico si accompagnano impatti sugli ecosistemi e la biodiversità, anche in termini di selezione di specie resistenti alle sostanze inquinanti e di diminuzione della produttività agricola, nonché un diffuso degrado dei beni culturali. Viene sottolineato che inquinamento dell’aria e cambiamento climatico si intrecciano e che tuttavia, sebbene molte delle opzioni per il miglioramento della qualità dell’aria siano anche utili a limitare il riscaldamento climatico e viceversa, le politiche di miglioramento della qualità dell’aria e di limitazione del riscaldamento climatico sono ancora oggi trattate separatamente da autorità diverse. A volte le due strategie possono però divergere, come nel caso dell’impiego di biomasse e biogas a scopi energetici, neutro per il clima ma nocivo per la salute. Per questo motivo il Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico prevede, oltre all’eliminazione del carbone entro il 2025, una riconsiderazione delle incentivazioni delle bioenergie e il rinnovamento degli impianti di riscaldamento a biomasse. Più nel dettaglio, il documento ricorda che con la strategia tematica della Commissione europea e l’aggiornamento della direttiva 2016/2284 (direttiva NEC - National Emission Ceilings), recepita dall’Italia con il D.Lgs. n. 81 del 2018, l’UE ha imposto l’obbligo di forti riduzioni dei principali inquinanti (biossido di zolfo, ossidi di azoto, ammoniaca, PM2.5, composti organici volatili non metanici) entro il 2020 ed entro il 2030 (rispetto al 2005), nei seguenti termini: SO2 -71%; NOx -65%; COVNM -46%; NH3 -16%; PM 2.5 -40%. Il documento ricorda che con la Comunicazione della Commissione europea “Un percorso verso un pianeta più sano per tutti – Piano di azione UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo" (COM/2021/400 final) ci si propone l’ambizione di ridurre, entro il 2030: ? di oltre il 55% gli impatti sulla salute (morti premature) dell'inquinamento atmosferico; ? del 25% gli ecosistemi dell'UE in cui l'inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità, in particolare per il fenomeno della eutrofizzazione dei terreni e delle acque dovuto ai nutrienti azotati provenienti dagli inquinanti atmosferici; ? del 50% la produzione di rifiuti urbani, il cui trattamento contribuisce all’inquinamento di aria, acqua e suolo. Con riferimento alle azioni poste in essere dal Governo per migliorare la qualità dell’aria, enumerate dal “Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria”, e di quelle contemplate negli Accordi di programma sottoscritti con diverse Regioni, si precisa che: ? l’obiettivo di riduzione al 2030 per le emissioni di materiale particolato fine (PM2.5), fissato nella direttiva NEC al -40% rispetto al 2005, potrà essere raggiunto solo con l’introduzione di misure aggiuntive; ? per gli ossidi di azoto (NOx) lo scenario con misure esistenti si avvicina al target al 2030 ma l’adozione delle misure aggiuntive già previste dal “Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico” (elaborato ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2018 (recante “Attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, che modifica la direttiva 2003/35/CE e abroga la direttiva 2001/81/CE) ed attualmente sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica, consente di rispettare l’obiettivo fissato dalla direttiva NEC pari al -65% rispetto al 2005; ? per i composti organici volatili non metanici (COVNM) e ammoniaca (NH3), la situazione è in qualche modo analoga a quella degli NOx; infatti, solo lo scenario al 2030 con misure aggiuntive permette il rispetto degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni fissati rispettivamente al -46% e -16% rispetto ai valori del 2005; ? situazione differente per le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) per le quali è evidente il raggiungimento dell’obiettivo al 2030 (pari al -71% delle emissioni del 2005) già dal 2018.
Il documento segnala poi la necessità di riconoscere priorità agli interventi nelle città e aree metropolitane nelle quali si concentra la maggior parte della popolazione italiana, con effetti significativi in termini di esposizione e rischi per la salute. Il PTE sottolinea che particolare attenzione deve essere prestata al Bacino Padano, dove i superamenti dei valori limite annuali riguardano sostanzialmente tutto il territorio a causa sia dell’elevata antropizzazione sia delle condizioni meteorologiche sfavorevoli. A tale riguardo, viene ricordato che, a partire dal 2013, i ministri dell’ambiente, infrastrutture e trasporti, sviluppo economico, politiche agricole e salute hanno adottato una serie di Accordi per il risanamento della qualità dell’aria nel Bacino padano con le Regioni e Province autonome dell’area con misure via via più stringenti su riscaldamento domestico a biomassa, trasporto e agricoltura, la cui piena attuazione dovrebbe portare, secondo prime stime, ad una riduzione nelle 4 Regioni di circa il 38% delle emissioni di PM10, del 30% delle emissioni di ossidi di azoto e del 23% delle emissioni di ammoniaca. Analoghi Accordi sono stati sottoscritti tra il 2018 e il 2020 con le Regioni Lazio, Umbria, Toscana e Sicilia.
Viene inoltre sottolineato che un’attenzione particolare andrà riservata all’impiego di biomasse e bioenergie, neutre dal punto di vista climatico ma potenzialmente dannose per la salute, e a una progressiva riduzione delle emissioni del settore agricolo (come l’ammoniaca). Si evidenzia che tale settore rappresenta la quasi totalità (il 94%) delle emissioni nazionali di ammoniaca, legate all’uso dei fertilizzanti sintetici. Viene poi precisato che l’ammoniaca è un gas che contribuisce all’acidificazione dei suoli, all’eutrofizzazione delle acque e ha effetti sull’alterazione delle biodiversità, oltre a intervenire nella formazione del particolato atmosferico. Il contenimento delle emissioni in questo settore si intreccia con questioni culturali, legate alle abitudini alimentari (il consumo di carne e latticini) e al ruolo del “food made in Italy” nel sistema economico nazionale. Le azioni di riduzione vanno dagli interventi sull’alimentazione degli animali a quelle sui ricoveri e al trattamento delle deiezioni, oltre all’espansione degli impianti per la produzione di biogas, che consentiranno – prosegue il PTE - una riduzione a 22-23 milioni di tonnellate di CO2 equivalente al 2050. Anche campagne ben congegnate per promuovere un’alimentazione di tipo mediterraneo con prevalenza di vegetali comporteranno il doppio beneficio di minori emissioni e di un miglioramento dello stato di salute della popolazione. Tenendo conto dei progressi rilevati negli ultimi anni, al settore agricoltura sarà richiesto uno sforzo ulteriore al fine di superare gli attuali obiettivi, incentivando anche il sistema di allevamento biologico. Per le emissioni dal settore agricolo (ammoniaca in primo luogo), la riduzione del 16% prevista al 2030 dalla direttiva (UE) 2284/2016 (NEC – National Emission Ceilings) deve essere di gran lunga più ambiziosa se si vuole limitare la concentrazione in aria di particolato fine. L’Italia si sta già muovendo in questo senso attraverso la redazione di un Codice nazionale indicativo di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca. Il Codice, predisposto dal MIPAAF, riporta le principali misure da adottare per la riduzione delle emissioni di ammoniaca tenendo conto dei documenti di orientamento e delle disposizioni europee e nazionali. Tali misure si distinguono in obbligatorie e facoltative. In particolare, la bozza di codice prevede misure obbligatorie per la mitigazione e per l’abbattimento dell’ammoniaca tramite: 1) diverso uso dei fertilizzanti; 2) tecniche di spandimento delle deiezioni; 3) stoccaggi. Inoltre, nel Codice sono indicate le misure di mitigazione facoltative che, tenendo in debita considerazione i relativi costi, possono portare i maggiori benefici ambientali ed economici all’intero sistema e sono altresì finanziabili tramite fondi europei riconducibili alle politiche di Sviluppo Rurale, previa verifica della congruità con la pertinente analisi dei fabbisogni regionali.
Altro obiettivo indicato dal Piano è quello di contrastare l’inquinamento negli ambienti chiusi (per i quali attualmente non esistono, nella normativa italiana, valori soglia di riferimento per la protezione della salute umana) adottando, entro il 2025, linee guida che prevedono valori di riferimento anche per gli ambienti di vita indoor, oltre che uno standard nazionale di etichettatura dei materiali da costruzione. Al riguardo, si chiarisce che un apposito gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore della Sanità ha raccolto e presentato alcuni standard di riferimento indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità o istituzioni nazionali, che costituiranno la base di una strategia di contrasto nazionale di questa forma di inquinamento fino ad oggi sottovalutata. |
Il documento evidenzia che molte misure previste dal PNRR avranno effetti positivi sulla qualità dell’aria entro il 2026 (mobilità sostenibile, riforestazione urbana, energie rinnovabili ecc.).
Tra queste misure si possono ricordare l’investimento “Sviluppo biometano” (M2-C2-I.1.4-3, 4, 5) e il correlato progetto di riforma che prevede una “Nuova normativa per la promozione della produzione e del consumo di gas rinnovabile” (M2-C2-R.1.2-7), che vengono descritte - nel dettaglio - nella scheda 8 del presente dossier, relativa alla “Promozione dell’economia circolare, della bioeconomia e dell’agricoltura sostenibile” (sezione “Bioeconomia circolare”), cui si rinvia.
Tra le misure previste dal PNRR in materia di mobilità sostenibile – che impattano sul miglioramento della qualità dell’aria e per una cui illustrazione si rinvia alla apposita scheda del presente dossier – si ricordano il potenziamento della mobilità sostenibile pedonale e ciclabile, gli interventi a favore del trasporto pubblico e lo sviluppo di una rete infrastrutturale di ricarica elettrica pubblica. |
Si ricorda che la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa è stata recepita con il D.Lgs. 155/2010. Tale decreto è peraltro oggetto di due procedure di infrazione ancora pendenti nei confronti dell’Italia (procedura d’infrazione n. 2014/2147, relativa al superamento dei valori di polveri sottili (PM10) nell’ambiente, e procedura d’infrazione n. 2015/2043, con riferimento ai valori massimi di biossido di azoto (NO2)). In relazione a tali procedure, l’art. 1 del D.L. 111/2019 (c.d. decreto clima) ha previsto l’adozione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico, del Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della normativa europea e nazionale in materia di contrasto al cambiamento climatico e della direttiva 2008/50/CE, e sono identificate le risorse economiche disponibili a legislazione vigente per ciascuna misura con la relativa tempistica attuativa.
Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 81/2018 (recante “Attuazione della direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, che modifica la direttiva 2003/35/CE e abroga la direttiva 2001/81/CE”), il programma nazionale di controllo dell'inquinamento atmosferico è lo strumento finalizzato a limitare le emissioni di origine antropica per rispettare gli impegni nazionali previsti dall'art. 3 e concorrere al raggiungimento degli obiettivi previsti dall'art. 1, il cui comma 2 specifica che il decreto è finalizzato a perseguire: a) gli obiettivi di qualità dell'aria e un avanzamento verso l'obiettivo a lungo termine di raggiungere livelli di qualità dell'aria in linea con gli orientamenti pubblicati dall'Organizzazione mondiale della sanità; b) gli obiettivi dell'Unione europea in materia di biodiversità e di ecosistemi, in linea con il Settimo programma di azione per l'ambiente; c) la sinergia tra le politiche in materia di qualità dell'aria e quelle inerenti ai settori responsabili di emissioni interessate dagli impegni nazionali di riduzione, comprese le politiche in materia di clima e di energia. Per un commento allo schema di decreto legislativo poi divenuto il D.Lgs. 81/2018 si rinvia al relativo dossier. Per i documenti relativi alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica della bozza del programma si rinvia alla apposita sezione del sito web del Ministero della Transizione ecologica.
In merito alle risorse finanziarie disponibili per interventi per il miglioramento della qualità dell’aria, si ricorda che l’art. 4-ter, comma 3, del D.L. 111/2019 (c.d. decreto clima) stabilisce che nell'ambito dei progetti finanziati dall'art. 19, comma 6, del D.Lgs. 30/2013 (messa all’asta delle quote di emissioni di gas ad effetto serra), una quota dei proventi delle aste per gli anni 2020, 2021 e 2022, riservati al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare (ora Ministero della transizione ecologica), è destinata al rifinanziamento del Fondo per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità ambientale dell'aria e alla riduzione delle emissioni di polveri sottili, di cui all'art. 1, comma 1 del D.L. 15/2005. Inoltre, l’art. 30, comma 14-ter, del D.L. 34/2019 dispone che a decorrere dall'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, è istituito un fondo dell'importo di 41 milioni di euro per l'anno 2021, 43 milioni di euro per l'anno 2022, 82 milioni di euro per l'anno 2023, 83 milioni di euro per l'anno 2024, 75 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2030, 73 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2031 al 2033, 80 milioni di euro per l'anno 2034 e 40 milioni di euro a decorrere dall'anno 2035, destinato alle finalità di cui all'art. 10, comma 1, lettera d), della legge 7 luglio 2009, n. 88 (che stabilisce come criterio di delega per l’attuazione della direttiva 2008/50/CE quello di promuovere l'adozione di specifiche strategie di intervento nella pianura padana in considerazione della particolare situazione di inquinamento dell'aria presente in quell’area, anche attraverso un maggiore coordinamento tra le regioni che insistono sul predetto bacino). Sempre sotto il profilo delle risorse disponibili, l'art. 2, comma 1-bis, lettera d), del D.L. 59/2021 prevede che, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027, con delibera del CIPESS sono destinate risorse pari a 30 milioni di euro per l'anno 2022, 35 milioni di euro per l'anno 2023 e 50 milioni di euro per l'anno 2024, per investimenti per il miglioramento della qualità dell'aria. Nel corso della presente legislatura, in risposta all’interrogazione a risposta immediata in Commissione 5/05988, il sottosegretario alla transizione ecologica ha ricordato (seduta del 13 maggio 2021) ha riepilogato i programmi di finanziamento destinati alle regioni del Bacino Padano, a valere su risorse previste dal D.P.C.M. 28 novembre 2018 e dal D.L. n. 104/2020, 14 agosto 2020, n. 104. Con tale ultimo decreto (art. 51, comma 1, lettera b) è stato istituito. Nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, un fondo per l'attuazione di misure per il miglioramento della qualità dell'aria nel Bacino Padano, cui sono assegnate risorse pari a circa 1 miliardo di euro complessivi fino al 2034 e di ulteriori 40 milioni di euro a decorrere dal 2035. |
Siti di bonifica
|
L’obiettivo è quello di recuperare i ritardi accumulati nella attuazione degli interventi di bonifica dei siti orfani e di tutelare la salute, attraverso la riqualificazione ambientale. Al riguardo, il documento ricorda che il recente decreto del D.M. Ambiente 29 dicembre 2020 (recante il Programma nazionale di finanziamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti orfani), nel definire i criteri di intervento e di assegnazione delle risorse economiche, ha definito “orfani” quei siti potenzialmente contaminati nei quali non è ancora stato avviato o non si è concluso il procedimento di bonifica e nei quali il responsabile dell'inquinamento, ovvero il proprietario o gestore delle aree o altro soggetto interessato non è individuabile o non provvede agli adempimenti di legge.
|
Tra le misure previste dal PNRR in materia di gestione del territorio si segnala l'investimento per la bonifica dei siti orfani (M2C4.3-I.3.4 – 24, 25) finalizzato alla realizzazione di interventi di bonifica di aree industriali dismesse per un importo di 500 milioni di euro. Nell'allegato alla decisione UE sul PNRR viene previsto che entro il 2022 deve essere approvato un piano d'azione per la riqualificazione dei siti orfani che deve ridurre l'occupazione del terreno e migliorare il risanamento urbano e deve includere, come minimo: l'individuazione di siti orfani in tutte le 20 regioni e/o le province autonome; gli interventi specifici da effettuare in ogni sito orfano. Entro il marzo 2026 dovrà essere riqualificato almeno il 70% della superficie del "suolo dei siti orfani".
|
L’investimento per la bonifica dei siti orfani previsto dal PNRR è in continuità con il "Programma nazionale di finanziamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti orfani" previsto dal comma 800 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) e approvato con il D.M. 29 dicembre 2020, a cui sono destinati 105,6 milioni di euro.
Si ricorda che i siti d'interesse nazionale sono stati individuati con norme di varia natura e di regola sono stati perimetrati mediante decreto del Ministero dell'ambiente - oggi Ministero della transizione ecologica - d'intesa con le regioni interessate. La procedura di bonifica dei SIN è attribuita alla competenza del MiTE che per l'istruttoria tecnica si avvale, in particolare, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA). Attualmente i SIN sono 42. Si ricorda inoltre che l'art. 37 del D.L. 77/2021 (c.d. semplificazioni 2) reca misure di semplificazione per la riconversione dei siti industriali, al fine di accelerare le procedure di bonifica dei siti contaminati e la riconversione di siti industriali da poter destinare alla realizzazione dei progetti individuati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, in un'ottica di economia circolare e finanziabili con gli ulteriori strumenti di finanziamento europei.
|
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Consumo di suolo
|
Il PTE pone l'obiettivo zero netto entro il 2030 di consumo di suolo, ossia l'azzeramento del rapporto tra il consumo di suolo e l'aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, deimpermealizzazione e rinaturalizzazione. L'obiettivo posto per il 2030 comporta, osserva il Piano in esame, un saldo negativo del consumo di suolo nei prossimi anni. L'obiettivo dell'azzeramento appare particolarmente urgente negli ambiti costieri, ove il patrimonio naturale tipico (macchia mediterranea, boschi, stagni, foci e dune naturali) hanno subito una drastica riduzione, essendo pari, oggi, a venti segmenti di costa libera per un massimo di 10km. Il PTE rileva la necessità di misure di tutela immediata di tali tratti di costa libera. Inoltre, il Piano prospetta le seguenti linee di intervento: ü valutazione delle nuove edificazioni lungo le coste nell'ambito dei piani paesistici regionali; ü introduzione di agevolazione fiscali in favore dei Comuni, ad esempio agevolando il mantenimento di corridoi liberi di collegamento tra costa e entroterra; ü approntare una pianificazione omogenea su scala nazione degli interventi di contrasto all'erosione costiera, in sostituzione dei singoli interventi strutturali di difesa, spesso scarsamente efficaci ed ecologici, prevedendo altresì specifiche modalità di coordinamento tra Stato e Regioni in materia di contrasto all'erosione.
Per quanto concerne il settore agricolo, entro il 2030 almeno il 10% delle superfici agricole deve assicurare la presenza di elementi caratteristici del paesaggio ad elevata biodiversità, al fine di rendere più resistenti il suolo e le foreste ai fenomeni erosivi, agli incendi e alla desertificazione. Il Piano prospetta la necessità di ripristinare gli elementi marginali, seminaturali, quali siepi, filari di alberi, piccole pozze e muretti a secco, conseguendo una maggiore diversificazione del paesaggio agricolo.
|
Nell'ambito della Missione n. 5, componente n. 2 (M5C2 -"Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore"), l'investimento 2.2 destina 2,45 miliardi ai Piani urbani integrati, al fine di favore una pianificazione urbanistica partecipata che limiti, tra l'altro, il consumo di suolo edificabile (cfr. dossier sul PNRR, p. 235). La componente del PNRR M2C4, in materia di tutela delle aree verdi, dedica uno specifico investimento (dotato di 0,33 miliardi) alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano, il quale annovera, tra l'altro, la finalità di arginare il consumo di suolo e di ripristinare i suoli utili (cfr. dossier, p. 214). V. infra anche le misure inerenti al dissesto idrogeologico, di interesse in materia di prevenzione del consumo di suolo. |
A livello europeo, la Strategia tematica per la protezione del suolo del 2006 (COM(2006)231 def.) ha sottolineato la necessità di ridurre gli effetti negativi del consumo di suolo, individuando, poi, con la "Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse" (COM/2011/0571 definitivo) l'obiettivo di un consumo di suolo - inteso come incremento dell’occupazione netta di terreno - pari a zero da raggiungere, in Europa, entro il 2050. È inoltre in corso di elaborazione la nuova Strategia Europea per la protezione del suolo - Suolo sano per una vita sana. Il 5 novembre 2020 la Commissione europea ha lanciato la roadmap per la definizione della nuova Strategia. Dal 2 febbraio al 27 aprile 2021 si è svolta la consultazione pubblica.
Di interesse per la lotta al consumo di suolo è anche la nuova Strategia europea per l'economia circolare (COM(2020) 98 def.), la quale individua nell'edilizia uno degli ambiti di intervento, anche al fine di promuovere "iniziative per ridurre l'impermeabilizzazione del suolo, riabilitare i siti dismessi abbandonati o contaminati e aumentare l'uso sicuro, sostenibile e circolare dei terreni da scavo". L’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite ha incluso, tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG): - assicurare che il consumo di suolo non superi la crescita demografica (Indicatore SDG 11.3.1); - raggiungere un land degradation neutral world, quale elemento essenziale per mantenere le funzioni e i servizi ecosistemici (Indicatore SDG 15.3.1).
Si segnala che è all'esame della Commissione 13a del Senato l'insieme dei disegni di legge in materia di rigenerazione urbana, che reca disposizioni anche in materia di consumo del suolo; su tali ddl è stato adottato il testo unificato avente ad oggetto un ampio quadro di disposizioni, dalla adozione di una cornice di definizioni, alla previsione di appositi strumenti, anche finanziari e in termini di monitoraggio, per la trattazione dei diversi profili involti dalla rigenerazione, anche con riferimento al fenomeno della dispersione delle aree edificate. Si ricordano, infine, all'esame delle Commissioni riunite 9a e 13a del Senato, i disegni di legge in materia di consumo del suolo (Discussi congiuntamente: S. 63, S.86, S.164, S.438, S.572, S.843, S.866, S.609, S.965, S.984, S.1044, S.1177, S.1398).
|
Dissesto idrogeologico
|
Il PTE prevede l'elaborazione di una politica nazionale di tutela del territorio e prevenzione dei rischi idrogeologici che sia più coordinata e coerente, motivando tale esigenza con alcuni dati riferibili a tutto il territorio italiano, che ne denunciano la fragilità. Il 16,8% della superficie nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane (8,4%) e alluvioni (8,4%). Il 91% dei Comuni italiani è esposto a forme più o meno marcate di rischio idrogeologico. Le Regioni più a rischio sono l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Campania, la Lombardia, il Veneto e la Liguria. Il 12,4% di industrie e servizi è esposto a possibili inondazioni; quasi 12mila beni culturali potenzialmente soggetti a fenomeni franosi nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata; più di 30mila monumenti a rischio alluvioni. Al riguardo, il Piano in esame fa riferimento al PNRR che prefigura una riforma della governance della lotta al dissesto. Per quanto concerne gli interventi di portata minore, il PTE richiama l'importanza degli interventi dei consorzi di bonifica per la manutenzione del territorio rurale, dei canali e della rete idrica minore.
|
L'intervento di riforma 2.1 previsto dal PNRR mira a introdurre misure di semplificazione e accelerazione delle procedure per l'attuazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico, al fine di superare le criticità di natura procedurale, legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance. La riforma, da completare entro la metà del 2022, dovrà comprendere: i) la semplificazione e l’accelerazione delle procedure per l'attuazione e finanziamento degli interventi, a partire dalla revisione del DPCM 28 maggio 2015 (recante i criteri e le modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse) e del relativo “sistema ReNDiS” (il sistema informativo per la difesa del suolo da ISPRA); ii) il rafforzamento delle strutture tecniche di supporto dei commissari straordinari; iii) il rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuale e delle Province; iv) la sistematizzazione dei flussi informativi e l’interoperabilità dei diversi sistemi informatici. Le risorse destinate dal PNRR alla tutela del territorio e della risorsa idrica sono principalmente allocate nella componente 4 della Missione 2. Si tratta, complessivamente, di 15,06 miliardi di euro a valere sul Dispositivo di ripresa e resilienza. A questi si aggiungono ulteriori 0,31 miliardi di euro dal programma REACT. Si segnalano in particolare gli investimenti: - per la realizzazione di un sistema avanzato ed integrato di monitoraggio e previsione che consenta di individuare e prevedere i rischi sul territorio, per un importo di 500 milioni di euro; - per il finanziamento di interventi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico, per un importo di circa 2,5 miliardi di euro; - per la resilienza e la valorizzazione del territorio, nonché per l'efficienza energetica dei Comuni, per un importo di 6 miliardi di euro. Per approfondimenti, si rinvia al dossier sul PNRR, p. 211).
|
L'Obiettivo 15 della Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite mira alla salvaguardia degli ecosistemi terrestri e della loro biodiversità. Per quanto concerne i principali interventi normativi (inerenti alla governance e alle risorse) e l'attività parlamentare concernente il dissesto idrogeologico nella presente XVIII legislatura, si fa rinvio al temaweb dedicato. Il PTE medesimo, infine, rammenta che il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del 2018, contiene una pluralità di indicazioni sulle azioni per il contrasto al dissesto idrogeologico. |
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Infrastrutture idriche |
Le strategie di adattamento ai cambiamenti climatici riguardano anche l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse idriche (a scopo civile, industriale e agricolo), caratterizzato da elevata frammentazione gestionale e sprechi di risorsa (42% negli acquedotti civili, con punte del 51% nelle regioni meridionali). Il PTE richiama le misure previste dal PNRR, ricordando che le ingenti risorse (4,38 miliardi) che tale piano di ripresa e resilienza destina a riforme e interventi destinati a infrastrutture per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico, a sistemi fognari e depurativi (carenti o del tutto assenti in alcune zone del Paese), al monitoraggio e la digitalizzazione delle reti, e in particolare alla riduzione delle dispersioni idriche in 15.000 km di rete e all’ottimizzazione della rete irrigua nel 12% delle aree agricole. In continuità con i progetti impostati dal PNRR, il PTE intende completare l’opera di efficientamento e potenziamento delle infrastrutture idriche entro il 2040, anche al fine di aumentare il livello di circolarità dell’acqua, con ulteriori investimenti e tramite la promozione di forme gestionali pubblico-privato di estensione sovracomunale, nelle aree dove la gestione del servizio idrico integrato risulta ancora frammentata e carente di capacità di programmazione e investimenti. |
Il PTE ricorda le seguenti misure contemplate dal PNRR: - interventi per incrementare la sicurezza dell’approvvigionamento idrico potenziando, efficientando e completando le opere di derivazione, stoccaggio e fornitura primaria, anche incrementando la loro resilienza ai cambiamenti climatici e limitando gli impatti degli eventi siccitosi (v. PNRR, Investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico - M2C4.4-I.4.1 – 28, 29); - opere volte alla riduzione delle perdite nelle reti idropotabili con l’obiettivo di ridurre entro il 2026 tali perdite del 15% su 15.000 km di reti idriche anche attraverso la completa digitalizzazione, essenziale per un monitoraggio accurato e il riammodernamento di un’infrastruttura che per il 35% ha un’età compresa fra i 30 e 50 anni (v. PNRR, Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell'acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti - M2C4.4-I.4.2 – 30, 31 e 32); - ricognizione degli interventi finanziabili attraverso il monitoraggio dei volumi utilizzati e il loro raccordo con i volumi irrigui regionali, con l’obiettivo di avere entro il 2026 il 12% delle aree agricole con sistemi irrigui in ordine (rispetto all’8% attuale) in modo da aumentare la resilienza dei sistemi agricoli alle probabili intensificazioni delle siccità conseguenti al cambiamento climatico (v. PNRR, Investimenti nella resilienza dell'agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche - M2C4.4- I.4.3 – 33, 34, 34bis, 35, 35bis); - l’ammodernamento delle fognature e degli impianti di depurazione, carenti soprattutto nel Mezzogiorno ed oggetto di numerose procedure di infrazione comunitaria (v. PNRR, Investimenti in fognatura e depurazione - M2C4.4-I.4.4 –36, 37 e 38). Il PTE ricorda altresì che il nodo di una razionale gestione integrata delle acque viene affrontato dal PNRR anche con due riforme: - una volta al rafforzamento ed alla più spedita attuazione del Piano nazionale degli interventi nel settore idrico, come strumento centralizzato per la programmazione e il finanziamento pubblico degli interventi infrastrutturali in materia (v. PNRR, Semplificazione normativa e rafforzamento della governance per la realizzazione degli investimenti nelle infrastrutture di approvvigionamento idrico - M2C4.4.-R.4.1 - 27); - la seconda intesa a ridurre il divario idrico fra le diverse aree del Paese rafforzando il processo di industrializzazione del settore, attraverso la costituzione di operatori misti pubblico-privato che gestiscano su scale più ampie dei singoli comuni le risorse idriche (v. PNRR, Misure per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati - M2C4.4.-R.4.2 – 2, 3 e 4). |
I commi 516-525 dell'art. 1 della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017) hanno previsto - per la programmazione e la realizzazione degli interventi per la mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità e per promuovere il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche - l'adozione di un Piano nazionale di interventi nel settore idrico, aggiornato di norma ogni due anni e articolato in due sezioni "invasi" e "acquedotti" (per informazioni sul piano si rinvia al paragrafo “Il Piano nazionale di interventi nel settore idrico” del tema Gestione e tutela delle acque). Relativamente agli interventi per la chiusura del contenzioso europeo in atto nel settore della depurazione delle acque reflue, si ricorda, in estrema sintesi, che nel corso della presente legislatura sono state introdotte misure specifiche con l'art. 4-septies del D.L. 32/2019 (c.d. sblocca cantieri) e che l’art. 5, co. 6, del D.L. 111/2019, al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi di collettamento, fognatura e depurazione in questione, ha previsto la nomina di un nuovo Commissario unico, nominato con il D.P.C.M. 11 maggio 2020 (per un approfondimento si rinvia al paragrafo “La depurazione delle acque reflue” del tema Gestione e tutela delle acque). Si ricorda infine che l'art. 17-octies del D.L. 80/2021 prevede, ai commi 7-8, l'istituzione del Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi di collettamento e depurazione nel Lago di Garda. |
Interventi |
SINTESI |
Misure DEL PNRR |
Ulteriori elementi |
Potenziamento delle aree protette e degli habitat a rischio
|
Nel PTE si prevede che l'estensione delle aree protette in Italia dovrà essere portata dall'attuale 10,5% al 30% della superficie terrestre e marina, in linea con le indicazioni contenute nella nuova Strategia europea sulla biodiversità per il 2030. La protezione rigorosa degli habitat a rischio dovrà invece essere portata dal 3% per gli ecosistemi terrestri (e meno dell'1% per quelli marini) al 10% previsto per entrambi entro il 2030, assicurando altresì una migliore connettività degli habitat. Si enuncia altresì l'obiettivo del ripristino di almeno il 30% delle specie e degli habitat in stato di conservazione non soddisfacente tenendo conto del fatto che nel Quarto rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia del 2021 (elaborato dal Comitato interministeriale per il capitale naturale, istituito presso il MITE) si stima che sulle 85 tipologie di ecosistemi censite (e suddivise in 44 forestali; 8 arbustivi, 8 prativi, 7 erbacei radi o privi di vegetazione, 11 acquatici e 7 igrofili): ü gli ecosistemi a elevato rischio sono 29 (i più critici coprono lo 0,3% del territorio e quelli in pericolo il 3%); ü gli ecosistemi vulnerabili coprono il 16% del territorio; ü gli ecosistemi vicini al pericolo occupano il 20% del territorio. In considerazione della lacunosa attuazione delle norme, sia europee sia nazionali in materia, dovranno essere assicurati i necessari investimenti per una gestione efficace delle aree protette e per un adeguato monitoraggio di habitat e specie, costante e stabile nel tempo, attraverso risorse economiche e attraverso il reclutamento pubblico del personale necessario per la messa in opera delle azioni. La promozione della connettività degli habitat dovrà essere realizzata attraverso la creazione di corridoi ecologici che permettano il superamento delle barriere create dalle infrastrutture antropiche (strade, ferrovie, centri urbani) tramite investimenti nelle infrastrutture verdi e blu. Allo scopo di ripristinare gli habitat a rischio e più in generale per affrontare la perdita di biodiversità e mitigare gli effetti del cambiamento climatico si suggerisce una serie di azioni chiave in un rinnovato patto con agenzie ed enti territoriali, con comunità locali e cittadini e con un approccio integrato con soluzioni basate sulla natura (nature-based solutions), soprattutto su aree protette del Paese, ambiti fluviali, zone umide e pianure ad agricoltura e zootecnia intensiva, ambiti costieri e città. Gli obiettivi che ispirano l'intervento nonché più in generale gli interventi del presente titolo del PTE sono contenuti nella Strategia europea sulla biodiversità per il 2030.
|
Allo scopo di raggiungere i più generali obiettivi in materia di ripristino e potenziamento della biodiversità, il PNRR (Missione 2, Componente 4) ha dedicato complessivamente 1,69 miliardi, cui si aggiungono ulteriori risorse nazionali ed europee (come i bandi Life), per l'avvio di talune misure pilota da completare entro il 2026 e da estendere al 2030 ed oltre. In quest'ambito sono reputati come programmi più rilevanti: a) la conversione all'agricoltura biologica/agroecologica delle superfici agricole presenti in tutte le aree protette, nonché - come sarà più diffusamente indicato infra - b) la digitalizzazione dei parchi nazionali; c) la conservazione e promozione della biodiversità urbana nelle 14 aree metropolitane; d) la rinaturalizzazione del Po. |
La Strategia europea sulla biodiversità per il 2030 è il programma a lungo termine per proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi. Essa mira a portare la biodiversità dell'Europa sulla via della ripresa entro il 2030 e nel contesto post-COVID-19, nonché rafforzare la resilienza delle nostre società rispetto a minacce future quali: gli effetti dei cambiamenti climatici; gli incendi boschivi; l'insicurezza alimentare e le epidemie. Costituisce un elemento centrale del c.d. "Green Deal Europeo", proposto dalla Commissione europea l'11 dicembre 2019 ed approvato dal Parlamento europeo il 15 gennaio 2020, che dovrà condurre l’intero continente alla decarbonizzazione delle proprie economie ed alla tutela e ripristino degli ecosistemi e della biodiversità. La strategia comprende impegni e azioni specifici da realizzare entro il 2030, tra cui la creazione di una più ampia rete di aree protette a livello dell'UE sulla terraferma e in mare e l'ampliamento delle aree esistenti. Attraverso impegni e azioni concreti, l'UE mira a ripristinare gli ecosistemi degradati e a mettere in atto un nuovo quadro di governance rafforzato anche allo scopo di sbloccare i finanziamenti e gli investimenti a favore della biodiversità ed assicurare un maggior rispetto della natura nel processo decisionale pubblico ed imprenditoriale. Si ricorda, tra le novità normative di maggior rilievo in rilievo, l'introduzione delle disposizioni riguardanti le Zone Economiche Ambientali (ZEA) ai sensi dell'art. 4-ter del D.L. 111/2019 (D.L. clima), su cui si veda il relativo tema web per approfondimenti. |
Digitalizzazione dei parchi nazionali e delle aree marine protette |
I parchi nazionali e le aree marine protette dovranno essere digitalizzati entro il 2026 per monitorare pressioni e stato delle specie, semplificare le procedure amministrative e migliorare i servizi ai visitatori, in linea con le strategie europee. Nello stesso PTE si spiega che le sfide in materia ambientale poste dall’Agenda 2030, dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e dalla Strategia Europea per la biodiversità 2030 necessitano di modernizzare le attuali procedure gestionali in tre ambiti delle aree protette: conservazione della natura, servizi ai visitatori, semplificazione amministrativa. In raccordo con i 50 gestori delle aree protette nazionali, il progetto si articola in tre azioni funzionali ad avviare l’attuazione degli obiettivi della Strategia UE sulla biodiversità e che mirano: ? alla conservazione della natura, al monitoraggio delle pressioni e delle minacce su specie e habitat e sui cambiamenti climatici; ? allo sviluppo di servizi digitali ai visitatori dei parchi nazionali e aree marine protette; ? alla semplificazione amministrativa - digitalizzazione e semplificazione delle procedure per i servizi resi dai parchi e dalle aree marine protette. |
Nel PNRR è stato previsto uno specifico investimento 3.2 della Missione 2 (“Digitalizzazione dei parchi nazionali”), da concludersi entro il 2026 ed al quale sono stati destinati complessivamente 100 milioni di euro, ripartiti in 82 milioni di prestiti (destinati al primo dei tre ambiti, relativo alle misure di conservazione della natura) e 18 milioni di sovvenzioni, a loro volta ripartiti in 14 milioni per lo sviluppo dei servizi digitali ai visitatori e in 4 milioni per la semplificazione amministrativa. |
Gli interventi saranno promossi dal MITE in raccordo con gli organismi di gestione delle aree protette nazionali. L’attività conoscitiva si concluderà con la definizione di accordi tra il MITE e gli organi di gestione delle aree protette entro il marzo 2022. Nell’allegato alla decisione di esecuzione del Consiglio dell'UE sulla valutazione dell'attuazione del PNRR è precisato che entro la medesima data dovrà essere emanato apposito decreto ministeriale per lo sviluppo di servizi digitali per i visitatori dei parchi nazionali e delle aree marine protette. Nel medesimo allegato viene richiesto che entro il 2023 almeno il 70% dei parchi nazionali e delle aree marine protette debba aver sviluppato servizi digitali per i visitatori dei parchi nazionali e delle aree marine protette. |
Difesa delle foreste
|
L'obiettivo è quello di promuovere una tutela attiva delle foreste - che coprono il 40% della superficie del Paese e contribuiscono in modo cruciale alla decarbonizzazione e allo stato della biodiversità -, aumentandone la resistenza a eventi climatici avversi ed alla diffusione di specie invasive e parassitarie. Nel PTE si prevede altresì di valorizzare il legname nazionale quale duraturo stoccaggio di carbonio, nell'ottica della riduzione delle emissioni di CO2 e di una bioeconomia circolare. Si spiega che, tra le azioni prioritarie indicate dal Comitato per il capitale naturale (nel Quarto rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia del 2021) volte al rafforzamento delle foreste da eventi esterni, si propongono un attento monitoraggio ecologico e una gestione sostenibile degli ecosistemi forestali anche attraverso azioni di contrasto della frammentazione delle proprietà e delle gestioni degli ecosistemi medesimi. Allo scopo di intervenire sul calo della produzione di legname nazionale (a fronte dell'80% di prodotto importato dall'estero, il 20% del quale di origine illegale) si propone di incoraggiare, ove possibile l'impiego di legno nazionale di origine certificata come materiale di sostituzione di materiali non rinnovabili e dei combustibili fossili, in linea con la Strategia europea per la bioeconomia e lo sviluppo sostenibile e della Strategia Forestale Nazionale. |
Il PNRR affermava, con riferimento ai divari territoriali, che le iniziative e i progetti della Missione 2, in materia di transizione verde, hanno un forte impatto sulla riduzione delle disuguaglianze territoriali, sottolineando nello specifico come tutte le misure volte alla transizione, tra cui anche la riforestazione, avranno una distribuzione equa sul territorio nazionale. Negli allegati al PNRR veniva sottolineato che alle finalità perseguite dagli interventi volti a garantire la messa in sicurezza delle zone edificate e dei bacini idrografici esposti al rischio idrogeologico, prevedere azioni per il risanamento ambientale e la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e garantire un livello più elevato di controllo e gestione del rischio di alluvione, concorrono gli stanziamenti appositamente previsti dalla legge di bilancio per 160 milioni di euro e si evidenziava che occorre considerare anche gli interventi per la gestione sostenibile delle foreste, con particolare riguardo alla prevenzione degli incendi boschivi e il ripristino delle aree colpite da catastrofi, che saranno finanziati dal FEASR per 1 miliardo di euro. Un piano di forestazione urbana ed extraurbana è invece incluso nell'ambito delle più generali misure di "tutela del verde urbano ed extraurbano", progetto incluso nella Missione 2 Obiettivo 4 investimento 3.1 del PNRR (su cui si veda, infra, il successivo punto inerente la conservazione e promozione della biodiversità nei centri urbani).
|
La Strategia Forestale Nazionale (prevista all’art. 6, co. 1, del d. lgs. n. 34 del 2018 - TUFF), è uno strumento che discende da una serie di documenti di indirizzo europei, di cui l’ultimo in ordine di tempo è la Strategia forestale dell'Unione europea COM (2021) 572 final del 16 luglio 2021 e definisce gli indirizzi nazionali per la tutela, la valorizzazione e la gestione attiva del patrimonio forestale nazionale, allo scopo di perseguire gli impegni assunti a livello internazionale ed europeo dal Governo Italiano. La Strategia forestale nazionale ha una validità di venti anni ed è soggetta a revisione e aggiornamento quinquennale. La Strategia si compone di un documento, denominato Strategia forestale nazionale, e di due allegati, sottoposti al concerto dei Ministeri della Cultura, del MITE e del MISE, nonché all’intesa in Conferenza Stato/Regioni. La bozza di Strategia forestale nazionale - approvata da un Gruppo di Lavoro multidisciplinare, intersettoriale ed interistituzionale nel marzo del 2020 - è stata sottoposta a Consultazione pubblica on line dal 14 aprile al 28 maggio del 2020; alla luce delle osservazioni pervenute (296) è stato predisposto un Documento di sintesi pubblicato sul sito del Ministero delle Politiche Agricole (MIPAAF) il 25 gennaio 2021. Si ricorda che l'articolo 4-bis, del citato D.L. clima ha istituito, nello stato di previsione del Ministro delle politiche agricole, un fondo per incentivare interventi di messa in sicurezza, manutenzione del suolo e il rimboschimento attuati dalle imprese agricole e forestali, con una dotazione di 1 milione di euro per il 2020 e 2 milioni di euro per il 2021. |
Conservazione e promozione delle biodiversità nei centri urbani
|
Nel PTE si prevede il rafforzamento della biodiversità nelle 14 aree metropolitane allo scopo di creare nelle città nuove aree ed infrastrutture verdi (boschi, parchi, giardini, orti, tetti e pareti verdi, strade alberate, prati e siepi), di migliorare i collegamenti tra gli spazi verdi e di incrementare la forestazione urbana entro la fine del 2024, in linea con la Strategia Europea per la biodiversità 2030 che prevede per i prossimi 10 anni la piantagione di tre miliardi di alberi in tutta Europa. Nel PTE si prevede - a livello di azione ministeriale ed in partnership con le Città Metropolitane - il varo di un programma denominato "Foreste urbane resilienti per il benessere dei cittadini", che intende: · conservare e valorizzare la naturalità diffusa, la biodiversità, e i processi ecologici per rafforzare la resilienza dei tessuti urbani più articolati del Paese; ? contribuire a ridurre l’inquinamento atmosferico; ? recuperare e ripristinare gli habitat degradati periurbani valorizzando le aree interne in diretta relazione ecologica con le città (corridoi ecologici, reti ecologiche territoriali) in collegamento con il sistema delle aree protette presenti nelle immediate vicinanze; ? aumentare l’occupazione e sostenere nuove specializzazioni nel campo delle infrastrutture verdi; ? raccogliere la partecipazione dal basso favorendo l’inserimento attivo dei cittadini e delle associazioni locali e migliorare, in ultima istanza, la qualità della vita e il benessere dei cittadini in tali aree.
|
Misure volte alla tutela del verde urbano ed extraurbano sono state previste nel PNRR (Obiettivo 4, Missione 2, investimento 3.1, cui sono state destinate risorse complessive per 330 milioni di euro sotto forma di prestiti) e sono rivolte principalmente alle 14 città metropolitane, includendo l'implementazione del programma di forestazione urbana e periurbana, attraverso la piantumazione di almeno 6,6 milioni di alberi, pari a 6.600 ettari di foreste urbane. |
L'intervento in esame si muove nell'ambito dell'attività sperimentale per la valorizzazione degli spazi verdi e il rimboschimento urbani avviata con l'art. 4 del D.L. 111/2019 (c.d. decreto "Clima"). che prevede una fase di pianificazione svolta dalle città metropolitane, sulla base dei criteri dettati dal MITE, che dovrebbe concludersi entro la fine del 2021. La predetta disposizione ha autorizzato la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021; l'art. 1, comma 570, della legge di bilancio 2019 (L. n. 178 del 2020) ha rideterminato tale autorizzazione di spesa, incrementata di 3 milioni di euro per l'anno 2021. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 9 ottobre 2020 che disciplina le modalità per la progettazione degli interventi di riforestazione. Nell’allegato alla citata decisione di esecuzione del Consiglio dell'UE viene precisato che tale piano dovrebbe, come minimo: preservare e aumentare la biodiversità; contribuire alla riduzione dell'inquinamento atmosferico nelle aree metropolitane; ridurre il numero delle procedure di infrazione in materia di qualità dell'aria; recuperare i paesaggi antropici e migliorare le aree protette presenti nelle immediate vicinanze delle aree metropolitane; arginare il consumo di suolo e ripristinare i suoli utili.
|
Rinaturalizzazione degli ambiti fluviali e del Po |
L'obiettivo è quello di eliminare le barriere antropiche che limitano la funzionalità dei fiumi e favorire il loro ripristino ambientale - a partire dal bacino del Po - e la ricostituzione di efficienti connettività ecologiche tra ambiti fluviali, nell'ambito della Strategia Europea per la biodiversità, che si è posta l'obiettivo di ristabilire lo scorrimento libero di almeno 25.000 km di fiumi europei (che secondo il documento, dovrebbe interessare almeno 1.700 km di corsi d'acqua). Si ricorda che sulla base della Strategia europea, entro il 2027 ogni Stato deve garantire un buono stato o un buon potenziale ecologico di tutte le acque superficiali e un buono stato ecologico di tutte le acque sotterranee degli ambiti fluviali, tenuto conto che, allo stato, solo il 43% dei fiumi e il 20% dei laghi presenti sul territorio si trova in uno stato ecologico giudicato buono o elevato (sulla base del rapporto sullo stato dell'ambiente, 2020, realizzato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e pubblicato sul sito del MITE). Alla luce di tale quadro generale, si prevede altresì un più specifico intervento di rinaturalizzazione e di ripristino ambientale del bacino del Po - pari a 360 milioni di euro, da impiegare entro il 2026 - che nasce dal raccordo con il territorio e con la società civile per lo sviluppo dell'intera iniziativa e che: ? si estende su una fascia fluviale che va da Pavia a Rovigo, lungo 32.431,18 ettari; ? si sviluppa attraverso 37 aree da rinaturalizzare lungo il tratto medio padano più altre 7 aree localizzate nel delta del Po; ? prevede la riforestazione naturale pari a 337 ettari, l’adeguamento delle vie per la navigazione e un'azione diffusa di contenimento ed eradicazione delle specie vegetali alloctone invasive. Al progetto pilota sul bacino del Po si dovrà successivamente affiancare - nel periodo 2025-2050 - un piano di riqualificazione diffusa dei corsi d'acqua e dei laghi italiani attraverso un'azione statale integrata con gli enti regionali, le Autorità di bacino, le amministrazioni locali e i contratti di fiume, secondo quanto indicato dai piani e dalle strategie europee. |
Il PNRR si è focalizzato - nell'obiettivo 4, Missione 2 - sulla rinaturalizzazione e il ripristino ambientale del bacino del Po (investimento 3.3, cui il PNRR ha destinato prestiti per 357 milioni di euro), che con una superficie di 71.000 kmq e i suoi 652 km di lunghezza, conferisce alla pianura padana una particolare geomorfologia e si caratterizza per la presenza di una serie di habitat fondamentali per il patrimonio di biodiversità della Penisola. Il progetto di riqualificazione del Po persegue l’obiettivo di bilanciare i processi morfologici attivi, per garantire la rinaturazione del fiume e contribuire al raggiungimento degli obiettivi delle direttive quadro Acque (2000/60/CE) e Alluvioni (2007/60/CE).
|
L'intervento in esame si muove nell'alveo di atti normativi europei sugli ambiti fluviali. Ci si riferisce in particolare: - alla direttiva 2000/60/CE (c.d. direttiva "Acque", recepita in Italia con il Codice dell'Ambiente), che persegue l'obiettivo di prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo, migliorare lo stato delle acque e assicurare un utilizzo sostenibile basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili; - alla direttiva 2007/60/CE (c.d. “Direttiva alluvioni”, recepita in Italia con il D. Lgs. n. 49/2010), che ha istituito un quadro unitario per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni all’interno del territorio dell'UE. Per ulteriori approfondimenti sull'attività parlamentare si veda il tema web a cura della Camera. |
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
La tutela e lo sviluppo del mare
|
Il PTE sottolinea la specificità del Mediterraneo, un bacino che, pur costituendo una piccola parte della superficie marina del pianeta (meno dell'1%), è interessato da circa un quarto del trasporto mondiali di idrocarburi, da un alto grado di antropizzazione delle coste, dal forte sfruttamento delle risorse ittiche, da forti flussi turistici. Ne deriva la necessità di ampliare la superficie interessata da forme di protezione dell'ecosistema marino, che dovranno applicarsi, entro il 2030, ad almeno il 30% del bacino del Mediterraneo. Di queste, almeno un terzo dovrà essere tutelato con le forme più stringenti di protezione. Al fine di approntare misure di protezione mirate, tale azione di protezione dell'ambiente marino deve essere accompagnata da una esatta valutazione del valore del "capitale naturale" (insieme delle risorse naturali che contribuiscono a fornire beni e servizi per l'uomo ma che sono necessari per la sopravvivenza dell'ambiente stesso che li genera). Al riguardo il PTE richiama i risultati del Quarto rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia del 2021. Ulteriore linea di intervento è rappresentata dall'azione di contrasto alla pesca illegale, limitando al contempo i metodi di pesca pericolosi per la biodiversità e la cattura accessoria di specie in via di estinzione. Al riguardo, il Piano richiama la necessità della rigorosa applicazione delle normative dell'Unione europea (in particolare il Regolamento per la politica comune per la pesca n. 1380/2013). Il Piano richiama quindi la necessità di affrontare il tema della tutela del mare in una logica di sistema, in particolare per quanto concerne il rilancio del turismo a seguito della crisi determinata nel settore dall'emergenza da COVID-19. Inoltre, la tutela del mare deve essere necessariamente approntata assicurando la coerenza tra le misure di adattamento ai cambiamenti climatici e gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Al riguardo, il Piano richiama la necessità di perseguire gli obiettivi fissati su scala di bacino, individuando nella Convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo dall'inquinamento (Convenzione di Barcellona) lo strumento più idoneo per la gestione degli interventi a carattere transfrontaliero. Nella cornice offerta dalla Convenzione, prosegue il documento, l'Italia può assumere un ruolo trainante e centrale, promuovendo azioni quali la designazione dell'intero Mar Mediterraneo come area SECA (Sulphur Emission Control Area, area ove sono applicabili i limiti più stringenti alle emissioni di zolfo SOx) ai sensi dell’Annesso VI alla Convenzione Marpol 73/78 dell’Imo, International Maritime Organization. Il Piano, poi, richiama specificamente la necessità di politiche nazionali condivise tra più dicasteri, in particolare tra i Ministeri della transizione ecologica, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, delle politiche agricole alimentari e dello sviluppo economico. Infine, il documento dedica specifica attenzione alla crescita blu. Attraverso tale nozione si intende sottolineare il potenziale contributo alla crescita economica da una politica integrata di tutela e sviluppo. Si tratta di un aspetto rilevante per il tessuto produttivo italiano, ove si consideri che, secondo le stime di Unioncamere (VIII Rapporto sull'Economia del mare) riportate nel documento, le imprese del mare in Italia sfiorano le 200mila unità (dati 2018). Anche ai fini di superare l'eccessiva frammentazione del settore, viene promossa la creazione di cluster e centri di eccellenza, quali il Cluster Tecnologico Nazionale BIG (Blue Italian Growth). Anche i settori produttivi che presentano i maggiori elementi di criticità in termini di sostenibilità ambientale, come quello della pesca, possono presentare margini di crescita legate all'adozione di pratiche sostenibili e all'innovazione (lo sottolinea la Commissione europea nel suo The Blue Economy Report 2020).
|
Il Piano richiama esplicitamente l'investimento 3.5 nell'ambito delle misure per la tutela del territorio e della risorsa idrica (M2C4) del PNRR. Tale investimento stanzia 400 milioni di euro per il ripristino dei fondali e degli habitat marini. Le risorse mirano ad invertire la tendenza al degrado degli ecosistemi mediterranei, potenziandone la resilienza ai cambiamenti climatici e favorendo così il mantenimento e la sostenibilità di attività fondamentali non solo per le aree costiere, ma anche per le filiere produttive essenziali del Paese (pesca, turismo, alimentazione, crescita blu). Per approfondimenti, cfr. dossier del PNRR, p. 216.
|
A livello europeo, la Strategia per l’ambiente marino è stata definita dalla direttiva quadro 2008/56/CE (si veda il portale istituzionale MSFD). Per l'attuazione a livello nazionale, si veda la pagina dedicata sul sito del MiTE. Si ricorda qui brevemente che la direttiva quadro è stata recepita con il d.lgs. n. 190/2010. La strategia si articola in due cicli. Il secondo ciclo è stato avviato nel 2018 ed è ancora in corso. Il D.M. 15 febbraio 2019 ha provveduto all'aggiornamento dei parametri per la definizione del "buono stato ambientale" (GES) e dei target del secondo ciclo che si concluderà nel 2024.
Oltra alla MSFD, il Piano richiama esplicitamente l’Obiettivo n 14 dell’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Life Below Water) sulla conservazione e uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine.
Riguardo alla tutela del mare, con particolare riferimento al problema dei rifiuti solidi (marine litter), si ricorda che è all'esame della 13ª Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato il disegno di legge c.d. "SalvaMare" (A.S. 1571, già approvato dalla Camera dei deputati). Si ricorda altresì che, in materia di ecosistema marini e tutela del mare, è attualmente all'esame del Parlamento l'Atto del Governo n. 293 (Impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi), che reca il recepimento della direttiva (UE) 2019/883 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimenti dei rifiuti delle navi.
|
|
|
|
|
Interventi |
Sintesi |
Misure del PNRR |
Ulteriori elementi |
Strategia economia circolare |
Come indicato nel PNRR, entro giugno 2022 verrà effettuato l’aggiornamento della “Strategia nazionale per l’economia circolare” che dettaglierà obiettivi e interventi per la transizione verso una piena circolarità della produzione e delle risorse. Il PTE evidenzia che l’obiettivo è di promuovere una economia circolare avanzata e di conseguenza a una prevenzione spinta di scarti e rifiuti (-50%) entro il 2040. I punti principali di tale strategia da traguardare al 2030 sono: - creare le condizioni per un mercato delle materie prime seconde perché siano competitive in termini di disponibilità, prestazioni e costi, agendo sulla normazione dei materiali e sui criteri per togliere la qualifica di rifiuto a tali prodotti (end of waste). - mettere in pratica il principio di responsabilità estesa del produttore perché si faccia carico del destino finale del prodotto, così come del principio del “chi inquina paga” (con schemi di vuoto a rendere, pay-per-use, pay-as-you-throw, in modo da per favorire il mercato del riuso e la restituzione dei prodotti ai gestori privati in cambio di un contributo economico). - sviluppare una fiscalità favorevole alla transizione verso l’economia circolare, da realizzarsi sia con la graduale eliminazione dei sussidi dannosi all’ambiente, sia con forme positive di incentivazione delle attività di riparazione dei beni, sia per una loro progettazione più sostenibile. - porre le condizioni per l’estensione della durata dei prodotti attraverso una progettazione ispirata ai principi di modularità e riparabilità. Non mancano infatti i casi di successo sul mercato di tali prodotti, anche grazie all’offerta di servizi gratuiti come la manutenzione/aggiornamento e la sostituzione del prodotto danneggiato. In questa direzione vanno anche le proposte commerciali di condivisione e di noleggio che indicano lo spostamento dalla proprietà individuale del bene alla sua fruizione come servizio. - potenziare ricerca e sviluppo nel settore dell’eco-efficienza, migliorare la tracciabilità dei beni e risorse nel loro ciclo di vita, così come definire un set attendibile di indicatori per misurare il grado di circolarità dell’economia. In questo senso, ci si sta già muovendo attraverso l’introduzione di etichette ambientali di prodotto, come Made Green in Italy, il marchio italiano che valorizza i prodotti con una bassa impronta ambientale. - progettare nuovi programmi di educazione al consumo e di formazione interdisciplinare alla figura di esperto di economia circolare, con il parallelo sviluppo di impianti e accordi pubblico-privato per lo sviluppo imprenditoriale in questo nuovo settore. - supportare la dimostrazione e l’implementazione di politiche e progetti di economia circolare a scala locale e regionale. |
Nel PNRR viene ricordato che, coerentemente con il piano d'azione per l'economia circolare e il quadro normativo dell'UE, entro giugno 2022 verrà adottata la Strategia nazionale per l'economia circolare, che rappresenta una delle misure previste dal PNRR (v. PNRR, Strategia nazionale per l'economia circolare - M2C1.1-R.1.1 – 1, 17decies) |
Per una sintesi dei provvedimenti legislativi adottati e dell’attività parlamentare svolta nella legislatura in corso in materia di rifiuti si rinvia al tema web Rifiuti e discariche. |
Edilizia circolare |
Il PTE dedica un focus all’edilizia circolare, ricordando che la sua importanza deriva dal fatto che si stima che l’80% dell’inquinamento ambientale e il 90% dei costi di produzione derivino dalle fasi di progettazioni dei prodotti. Il PTE evidenzia quindi che, per i motivi citati, risulta significativo operare a monte ricorrendo all’eco-design e all’eco-progettazione con benefici anche in termini di risparmio energetico in fase di esercizio dell’edificio.
Il PTE sottolinea inoltre che è da incentivare l’utilizzo del legname nazionale, finora poco sfruttato, anche per applicazioni in bioedilizia, considerate le sue insuperabili proprietà di sink di carbonio e antisismiche.
Al fine di rispettare l’obiettivo dell’attuale Strategia a Lungo Termine al 2050 sulla riduzione delle emissioni di gas serra (pari al 60% del taglio delle emissioni per il settore residenziale e dei servizi), secondo il PTE è necessario mantenere un tasso di riqualificazione degli edifici pari a quasi il 2% annuo. Per ottenere risultati al 2050, nei primi 10 anni sarà necessario avviare significative modifiche strutturali che consentano di attuare i primi cambiamenti e di ottenere una prima quota di riduzione dei consumi energetici finali in ambito edilizio, attraverso l’integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici o l’utilizzo di fonti alternative come i biocombustibili, oppure l’integrazione delle pompe di calore nelle abitazioni e lo sviluppo della rete di teleriscaldamento. Si stima che al 2050, nel settore residenziale, il 70% delle abitazioni possa arrivare a usare le pompe di calore come impianto principale e che vengano realizzati 330 km di reti contribuendo a un risparmio annuale di 20 Ktep di energia e 0,04 MtCO2 nei settori non ETS |
Il PTE prevede riforme in ambito sia pubblico che privato. In particolare si fa riferimento all’applicazione di criteri ambientali minimi in bandi di gara pubblici (ma applicati in parte anche nel privato nel caso dei c.d. superbonus), dedicati alla ristrutturazione o costruzione di nuovi edifici. Si ricorda che l’estensione della misura del c.d. superbonus è prevista dal PNRR (v. PNRR, Investimenti in Ecobonus e Sismabonus fino al 110 per cento per l'efficienza energetica e la sicurezza degli edifici - M2-C3-I.2.1)
Il PTE evidenzia altresì che le riforme previste dovranno dare indicazioni precise e unificate seguendo i principi dell’ecocompatibilità e indicare strumenti univoci per il riconoscimento dei prodotti sostenibili, come le etichette ambientali, come già a livello europeo si sta cercando di promuovere con direttiva 2009/125/CE (c.d. direttiva ecodesign). |
I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato. I CAM sono adottati con decreto del MITE e la loro efficacia è assicurata dall’art. 34 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che ne ha reso obbligatoria l’applicazione da parte di tutte le stazioni appaltanti. In ambito edilizio, i CAM per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici sono stati emanati con il D.M. 11 ottobre 2017. |
Bioeconomia circolare |
Il PTE rileva che anche l’agricoltura gioca un ruolo cruciale nello sviluppo di un’economia circolare. I principi dell'economia circolare e quelli della bioeconomia, infatti, sono complementari riguardo ai temi del risparmio delle materie prime adoperate, della valorizzazione dei rifiuti e dei residui biologici attraverso la produzione di bioprodotti innovativi come bio-based chimici, plastiche e fertilizzanti, della riduzione dell’inquinamento ambientale e dello sviluppo sociale ed economico. Si osserva inoltre che la bioeconomia, che opera entro i limiti delle risorse naturali, può rappresentare uno strumento strategico in grado di rigenerare i territori fondandosi sul mantenimento e rafforzamento della fertilità dei suoli, sul ripristino della materia organica, sull’aggiunta di carbonio organico e nutrienti nei suoli, sulla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera, sulla costruzione di un nuovo rapporto tra città ed aree agricole, tra modelli di produzione, di consumo ed abitudini alimentari più sostenibili. Inoltre, i prodotti della bioeconomia sono in grado di ridurre le pressioni sull’ambiente in quanto sostituiscono le sostanze inquinanti con bioprodotti circolari che non si disperdono e non si accumulano nelle matrici ambientali. Per questo motivo il Piano ritiene fondamentale incentivare l’aggregazione tra imprese agricole, anche in forma cooperativa, per l’efficace gestione di rifiuti organici urbani, di scarti e sottoprodotti agricoli e agroalimentari da impiegare nei cicli energetici o produttivi. Si fa riferimento, in particolare, alle opportunità di bioeconomia circolare derivanti dalla valorizzazione delle biomasse di scarto, delle colture non alimentari e delle colture in secondo raccolto per la produzione di energia e di biocarburanti da biogas prodotto dalla digestione anaerobica di sottoprodotti in impianti integrati nel ciclo produttivo di una impresa agricola e/o di allevamento o realizzati da più soggetti organizzati in forma consortile. Si rileva inoltre la necessità di incrementare le pratiche agricole sostenibili come quelle inerenti l’agroecologia, l’agricoltura biologica, l’agricoltura di precisione, l’agricoltura integrata, i sistemi di riuso della sostanza organica agricola (ad es. deiezioni zootecniche, digestato da fermentazione anaerobica, sottoprodotti e scarti), la consulenza aziendale e l’utilizzo di tecniche di fertilizzazione e distribuzione del materiale organico (effluenti, digestato, compost, ecc.) più efficienti ed efficaci, come, tra le altre, l'iniezione diretta del digestato, la fertirrigazione di precisione e le tecniche a rateo variabile. Strategico è anche lo sviluppo di un’economia circolare dell’acqua, in attuazione del nuovo regolamento (UE) 2020/741 che dà prescrizioni minime per il riuso delle acque reflue a scopo irriguo. |
Il PTE evidenzia che sono di particolare interesse, nell’ottica di una bioeconomia circolare, i progetti integrati ideati dal PNRR, quali le “Isole verdi”, per rendere circolari dal punto di vista energetico e di risorse le piccole isole (v. PNRR, Isole verdi - M2C1.3-I.3.1 –18 e 19), e le “Comunità verdi”, per avviare forme cooperative di sviluppo sostenibile delle produzioni locali in piccole comunità prevalentemente nelle aree interne, rurali e di montagna, anche in un rapporto sussidiario e di scambio con le comunità urbane (v. PNRR, Green Communities - M2C1.3-I.3.2–20 e 21), nonché i progetti intesi ad aumentare la consapevolezza attiva della popolazione su questi traguardi (v. PNRR, Cultura e consapevolezza su temi e sfide ambientali - M2C1.3-I.3.3 -12). Tali ultimi progetti si propongono di contribuire ad aumentare il livello di consapevolezza sugli scenari di cambiamento climatico e sulle relative conseguenze; educare in merito alle opzioni a disposizione per l’adozione di stili di vita e consumi più sostenibili a livello di individui, famiglie e comunità; promuovere l’adozione di comportamenti virtuosi, anche a livello di comunità. Appare di interesse per la bioeconomia circolare anche l’investimento “Sviluppo biometano” (M2-C2-I.1.4-3, 4, 5). L’allegato alla decisione UE rileva che questo investimento si propone di: - sostenere la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di biometano; - riconvertire e migliorare l'efficienza degli impianti di biogas agricoli esistenti verso la produzione di biometano per i trasporti, il settore industriale e il riscaldamento. Il biometano deve essere conforme ai criteri stabiliti dalla direttiva (UE) 2018/2001 sulle energie rinnovabili (direttiva RED II) affinché la misura possa rispettare il principio "non arrecare un danno significativo" e i pertinenti requisiti di cui all'allegato VI, nota 8, del regolamento (UE) 2021/241; - sostituire veicoli meccanici obsoleti e a bassa efficienza con veicoli alimentati esclusivamente a biometano conforme ai criteri stabiliti dalla direttiva RED II. I produttori di biocarburanti e biometano gassosi e di biocarburanti devono fornire certificati (prove di sostenibilità) rilasciati da valutatori indipendenti, come disposto dalla direttiva RED II. Gli operatori devono acquistare certificati di garanzia di origine commisurati all'uso previsto; - promuovere la diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas (siti di lavorazione minima del suolo, sistemi innovativi a basse emissioni per la distribuzione del digestato).
Collegato al suddetto investimento relativo allo sviluppo del biometano è il progetto di riforma che prevede una “Nuova normativa per la promozione della produzione e del consumo di gas rinnovabile” (M2-C2-R.1.2-7). La predetta riforma intende promuovere, in coordinamento con gli strumenti esistenti per lo sviluppo del biometano nel settore dei trasporti, la produzione e l’utilizzo del biometano anche in altri settori, e nello specifico amplia la possibilità di riconversione degli impianti esistenti nel settore agricolo. La riforma si compone di un decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili – RED II - (o una diversa normativa primaria) che istituirà un meccanismo atto a promuovere la produzione e il consumo di gas rinnovabile in Italia (esclusi gli usi termoelettrici). Successivamente, tramite decreto emesso dal Ministero della transizione ecologica saranno stabilite condizioni, criteri e modi di attuazione del sistema di promozione della produzione e del consumo di biometano nei settori industriale, terziario e residenziale. Per un approfondimento sull’investimento (e sulla connessa riforma) relativi allo sviluppo del biometano, si rimanda alla sezione del dossier dei Servizi studi – di luglio 2021 - relativa al settore agricolo nel PNRR italiano. |
In relazione alle “Isole verdi”, si fa presente che queste vedono attribuirsi, dal PNRR, uno stanziamento complessivo di 200 milioni di euro, da erogarsi - quali prestiti – nel periodo intercorrente tra il 2022 e il 2026. Per le “Green communities” sono previste risorse per complessivi 135 milioni di euro, anch’essi in forma di prestiti, da erogarsi tra il 2021 e il 2026. Inoltre, per l’investimento “Cultura e consapevolezza su temi e sfide ambientali”, è previsto uno stanziamento complessivo di 30 milioni di euro, in sovvenzioni, da attribuirsi tra il 2021 e il 2026. In relazione all’investimento “Sviluppo biometano”, si fa presente che questo presenta risorse complessive, nel PNRR – per il periodo 2022-2026 - pari a 1.923 milioni di euro da corrispondere in prestiti. |
Gestione dei rifiuti |
Il PTE ricorda gli obiettivi al 2030-2035 che devono essere raggiunti ai sensi della normativa dell’UE. Il documento ricorda che ai progressi notevoli nel settore del riciclo nell’ultimo decennio (50% dei rifiuti urbani, 68,9% dei rifiuti speciali) fa riscontro anche una decisa diminuzione di conferimento in discarica, che resta comunque al 22% del totale. Al 2030, secondo gli obiettivi dell’UE, si dovrà riciclare il 60% dei rifiuti (65% al 2035), smaltire in discarica un massimo del 10% e destinare il resto a recupero energetico e di calore. Per quanto riguarda il riciclo degli imballaggi, l’obiettivo è di raggiungere il 70% al 2030. Per la stessa data si dovranno raggiungere i seguenti obiettivi nel riciclo dei materiali presenti negli imballaggi: 85% per carta e cartone, 80% per i metalli ferrosi, 60% per l'alluminio, 75% per il vetro, 55% per la plastica, 30% per il legno. Inoltre, entro il 2030 si dovrà ridurre del 90% le bottiglie di plastica monouso. Lo stesso documento sottolinea che l’Italia ha già oggi superato le quote di riciclo per buona parte di questi materiali, tranne che per carta e plastica. Viene evidenziato altresì che il sistema della gestione dei rifiuti risente ancora di notevoli differenze territoriali, soprattutto per quanto riguarda la presenza di impianti, cui il PTE deve mettere prioritariamente mano. Nel PTE si richiamano anche gli obiettivi europei al 2030-2040 per rifiuti da demolizione, rifiuti elettrici ed elettronici e per ridurre lo spreco di acqua e alimenti.
Con riferimento alla plastica, il PTE riporta un focus che fa il punto sulla situazione europea e nazionale e sottolinea che, pur non avendo ancora raggiunto l’obiettivo di riciclo previsto a livello di UE, “rispetto agli altri Paesi, l’Italia è all’avanguardia nella produzione di bioplastiche, compostabili a determinate condizioni (digestione aerobica e anaerobica), oltre ad aver messo a punto un collaudato sistema di raccolta e riciclaggio della plastica, in linea con i traguardi da raggiungere nei prossimi anni anche grazie agli interventi particolarmente incisivi previsti nel Piano di ripresa e resilienza che riguardano la gestione dei rifiuti e l’economia circolare”.
Nel PTE viene evidenziato che l’insieme delle misure individuate dal PNRR andrà esteso e consolidato oltre l’orizzonte del 2026, con tappe sempre più stringenti che prevedono, idealmente, il dimezzamento dei rifiuti di plastica in mare, dei rifiuti urbani, e la riduzione del 30% delle microplastiche rilasciate nell’ambiente entro il 2030. Obiettivi che, secondo il PTE, “diventano ancora più ambiziosi per la metà del secolo”. |
Le misure individuate dal PTE sono quelle indicate nel PNRR. Nel PTE si ricorda che il PNRR ha individuato tra le misure più urgenti il miglioramento del sistema di gestione dei rifiuti, con investimenti per l’ammodernamento e lo sviluppo di impianti di trattamento volti al recupero di materia, da localizzare prevalentemente al Centro-Sud, visto che attualmente il 70% degli impianti è concentrato nel Nord Italia. In questo modo secondo il PTE sarà possibile adempiere pienamente agli obiettivi di riciclaggio per il 2030 fissati a livello UE. (v. PNRR, Realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti - M2C1.1-I.1.1 - 14, 15, 15bis, 15ter, 15quater, 16, 16bis, 16ter). Il Piano prevede inoltre il potenziamento della raccolta differenziata e del riciclaggio dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), il potenziamento del riciclaggio della plastica mediante riciclo meccanico e chimico in appositi plastic hubs, e il recupero nel settore tessile, per il quale è stato fissato un obiettivo nazionale di raccolta al 2022, tramite textile hubs. (v. PNRR, Progetti “faro” di economia circolare - (M2C1.1-I.1.2 – 14, da 17 a 17decies) La gestione complessiva dei rifiuti, eterogenea sul territorio, verrà sostenuta da una serie di riforme contemplate dal PNRR che vanno dall’aggiornamento della strategia nazionale per l’economia circolare (v. PNRR, Strategia nazionale per l'economia circolare - M2C1.1-R.1.1 – 1, 17decies), dal Programma nazionale di gestione rifiuti che consentirà di rafforzare e supportare la pianificazione regionale (v. PNRR, Programma nazionale per la gestione dei rifiuti - M2C1.1-R.1.2 - 13, 15, 15bis, 15ter, 16ter) al supporto tecnico alle autorità locali che ne hanno bisogno da parte del MiTE (v. PNRR, Supporto tecnico alle autorità locali - M2C1.1-R.1.3 -2) Il PNRR prevede inoltre un’attività avanzata di monitoraggio (anche tramite droni e telerilevamento) degli smaltimenti illegali, spesso fonti di contaminazioni pericolose, come parte di un più ampio sistema di monitoraggio integrato del territorio (v. PNRR, Realizzazione di un sistema avanzato ed integrato di monitoraggio e previsione - M2C4.1-I.1.1 – 8 e 9). Il PTE ricorda che non sono inclusi tra gli investimenti del PNRR gli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB, TBM, TM, STIR etc.), inceneritori e, ovviamente, discariche, mentre sono invece di interesse prioritario gli impianti per il trattamento e la valorizzazione della frazione organica dei rifiuti urbani (che tenderà ad aumentare con l’incremento della raccolta differenziata) con produzione di compost, biogas e altri bioprodotti. |
Si ricorda che gli obiettivi al 2030-2035 citati sono stati introdotti con il c.d. pacchetto europeo di misure sull'economia circolare (approvato in via definitiva il 22 maggio 2018), che modifica sei direttive in materia di rifiuti e discariche e che è stato recepito nell’ordinamento nazionale con quattro decreti legislativi (nn. 116, 118, 119 e 121 del 3 settembre 2020). Con riferimento alla plastica si ricorda che il Governo ha trasmesso alle Camere lo schema di decreto di recepimento della direttiva 2019/904/UE sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente (A.G. 291). Si ricorda inoltre il disegno di legge n. 1571 all'esame del Senato, recante "Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare ("legge SalvaMare"), che ha tra gli obiettivi prioritari la riduzione del marine litter.
|