Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio
Riferimenti: SCH.DEC N.169/XVIII
Serie: Atti del Governo   Numero: 169
Data: 04/05/2020
Organi della Camera: VIII Ambiente


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Attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio

4 maggio 2020
Atti del Governo


Indice

Premessa|Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Premessa

Come illustrato nel comunicato stampa del 22 maggio 2018, il pacchetto europeo di misure sull'economia circolare (approvato in via definitiva il 22 maggio 2018) modifica sei direttive in materia di rifiuti e discariche: la direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) e le direttive "speciali" in materia di rifiuti di imballaggio (1994/62/CE), discariche (1999/31/CE), rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetti RAEE (2012/19/UE), veicoli fuori uso (2000/53/CE) e rifiuti di pile e accumulatori (2006/66/CE). Le modifiche sono entrate in vigore decorsi 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'UE, avvenuta nella G.U. dell'UE del 14 giugno 2018.

La delega per il recepimento delle citate direttive e i relativi principi e criteri direttivi sono contenuti negli articoli 14, 15 e 16 della legge di delegazione europea 2018 (legge 4 ottobre 2019, n. 117).

Lo schema di decreto in esame, in attuazione della delega recata dall'art. 16 della L. 117/2019, si propone di recepire le disposizioni introdotte:

- dalla direttiva 2018/851/UE, che ha modificato la direttiva quadro sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE);

- dalla direttiva 2018/852/UE, che ha apportato midifiche alla c.d. direttiva imballaggi (direttiva 94/62/CE).

Al fine del recepimento, lo schema in esame provvede quindi a modificare e integrare la disciplina nazionale vigente recata dalla parte IV del Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152/2006, ove sono attualmente contenute le norme con cui sono state recepite le direttive "rifiuti" (2008/98/CE) e "imballaggi" (94/62/CE).

Il termine per il recepimento delle citate direttive, indicato nell'articolato delle direttive stesse, è fissato al 5 luglio 2020.


Contenuto


NORME RELATIVE AI RIFIUTI (artt. 1 e 2)

L'art. 1 inserisce, tra le finalità per la gestione dei rifiuti, l'obiettivo di evitare o prevenire la produzione dei rifiuti, sottolineando quanto ciò costituisca un elemento fondamentale per il passaggio ad un'economia circolare in EU (comma 1). Si riscrive la disciplina sulla responsabilità estesa del produttore, i cui regimi sono ora istituiti obbligatoriamente, e si introducono i requisiti generali minimi di tali regimi (commi 2 e 3), che devono essere rispettati entro il 5 gennaio 2023 (art. 5). Sono inoltre individuate le autorità che consentono di derogare ai criteri di priorità previsti nella gerarchia di gestione dei rifiuti (comma 4) e sono specificate le iniziative che il programma di prevenzione dei rifiuti deve contenere, con l'indicazione altresì di indicatori e obiettivi qualitativi e quantitativi, finalizzati alla valutazione dell'attuazione di tali misure (comma 5). Oltre a ribadire gli obiettivi da conseguire, entro il 2020, di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani di almeno il 50% in termini di peso di carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e di almeno il 70% in termini di peso dei rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluse le terre e rocce scavo che non contengono sostanze pericolose, sono previsti i seguenti ulteriori obiettivi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani:  55% in peso al 2025, 60% in peso al 2030, 65% in peso al 2035 (comma 6). Si rende, inoltre, obbligatorio adottare le misure necessarie, prima o durante il recupero, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista del loro trattamento (comma 6). Viene inoltre introdotto l'obbligo, entro il 31 dicembre 2023, di differenziare e riciclare i rifiuti organici alla fonte, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti (comma 7). Sono recepite (attraverso aggiunte o modifiche) le nuove definizioni di: rifiuto non pericoloso, rifiuti urbani, rifiuti da costruzioni e demolizione, rifiuti organici, rifiuti alimentari, gestione dei rifiuti, recupero di materia, riempimento e responsabilità estesa del produttore (comma 8). In materia di classificazione dei rifiuti, sono aggiunti tra i rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività della silvicoltura e della pesca e si specifica che la corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell'ambiente (comma 9). Si introducono specifici adempimenti per chi, per la prima volta, usa o immette sul mercato un "materiale End of Waste" (comma 11) e si escludono dal campo di applicazione delle norme di gestione dei rifiuti le sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi (comma 12).  Si disciplina il deposito temporaneo prima della raccolta e le condizioni previste per lo svolgimento di tale attività (comma 13). Viene inoltre riscritta la disciplina della tracciabilità dei rifiuti, basata sul nuovo Registro elettronico nazionale (comma 14) e modificata quella relativa ai registri di carico e scarico (comma 15).

L'articolo 2 prevede l'elaborazione di un programma nazionale per la gestione dei rifiuti (comma 1) e reca una serie di modifiche alla disciplina della pianificazione regionale (comma 2). Viene inoltre integrata la disciplina relativa alle misure per incrementare la raccolta differenziata, introducendo, in particolare, l'obbligo di raccolta differenziata per i rifiuti tessili entro il 1° gennaio 2022 (comma 3), nonché introdotto un nuovo articolo del Codice volto a regolare il calcolo degli obiettivi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (comma 4).


Campo di applicazione e finalità (art. 1, comma 1)

L'art. 1, comma 1, in attuazione dell'articolo 1, paragrafo 1 della direttiva 2018/851, modifica il campo di applicazione dell'articolo 177 del Codice dell'ambiente che disciplina, tra l'altro, anche le finalità della parte quarta del Codice; in particolare, con le modifiche introdotte, si richiama la direttiva 2018/851, e si inserisce tra gli obiettivi previsti anche l'obiettivo di evitare la produzione dei rifiuti, sottolineando quanto tali previsioni costituiscano elementi fondamentali per il passaggio ad un'economia circolare in UE. 


La responsabilità estesa del produttore e i requisiti minimi (art. 1, commi 2 e 3, e art. 5)

L'art. 1, commi 2 e 3, in linea con l'articolo 1, paragrafi 8 e 9 della direttiva 851/2018, rispettivamente, riscrive l'art. 178-bis del Codice, che disciplina la responsabilità estesa del produttore ed introduce l'articolo 178-ter, sui requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore, in corrispondenza anche del criterio di delega previsto all'articolo 16 comma 1, lett. a) della legge di delegazione europea 2018 (Legge 117/2019). L'art. 5 disciplina, come prevede il medesimo paragrafo 9 dell'art. 1 delle direttiva 851/2018, l'adeguamento alle nuove disposizioni da parte dei soggetti sottoposti ai regimi di responsabilità estesa del produttore, istituiti prima dell'entrata in vigore del presente provvedimento, entro il 5 gennaio 2023.

 

Responsabilità estesa del produttore  (comma 2)

L'art. 178-bis disciplina i criteri e le modalità di attuazione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell'organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo. Fatti salvi i principi citati, la riscrittura operata dal comma 2 dell'articolo n esame, mette in evidenza la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti oltre che l'attività di prevenzione (comma 1).

Rispetto al testo vigente, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono istituiti obbligatoriamente, anche su istanza di parte, attraverso decreti ministeriali (di cui non è indicata una data di emanazione), che individuano i singoli regimi di responsabilità estesa del produttore e contengono misure che tengano conto dell'impatto dell'intero ciclo di vita dei prodotti, della gerarchia dei rifiuti e, se del caso, della potenzialità di riciclaggio multiplo (comma 1). 

Si stabilisce, inoltre, che i regimi di responsabilità estesa del produttore, introdotti, come anticipato, attraverso l'emanazione di decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle attività produttive (recte: dello sviluppo economico), sentita la Conferenza unificata, debbano rispettare i requisiti minimi generali individuati nel successivo articolo 178-ter (comma 1)

Oltre a ribadire quanto già previsto sull'adozione di misure volte a prevenire la produzione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, si sottolinea la potenzialità del riciclaggio multiplo dei prodotti (comma 3).

E' previsto altresì che i decreti di cui al comma 1:

a)  tengono conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sanitari, ambientali e sociali, rispettando l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno;

b) disciplinano le eventuali modalità di riutilizzo dei prodotti nonché di gestione dei rifiuti che ne derivano ed includono l'obbligo di mettere a disposizione del pubblico le informazioni relative alla modalità di riutilizzo e riciclo;

c) prevedono specifici obblighi per gli aderenti al sistema (comma 3-bis).

Nelle materie di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, i regimi di responsabilità estesa del produttore sono istituiti e disciplinati, con un decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata (comma 4).

Contenuti minimi dei regimi di responsabilità estesa del produttore (comma 3)

L'art. 178-ter, introdotto dal comma 3 dell'articolo in esame, definisce i contenuti minimi che devono avere i regimi di responsabilità estesa del produttore, come introdotti dal paragrafo 9 dell'art. 1 delle direttiva 851/2018.

Obblighi previsti (art. 178-ter, commi  1 e 2)

I regimi di responsabilità estesa del produttore devono:

a) definire chiaramente ruoli e responsabilità di tutti gli attori coinvolti, compresi i produttori che immettono prodotti sul mercato dello Stato membro, le organizzazioni, i gestori pubblici e privati dei rifiuti, le Autorità locali, gli operatori per il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo e le imprese dell'economia sociale;

b) definire obiettivi di gestione dei rifiuti volti a conseguire gli obiettivi quantitativi rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore di cui alla direttiva rifiuti (direttiva 2008/98) e alle direttive imballaggi (direttiva 94/62), pile (direttiva 2006/66), veicoli fuori uso (direttiva 2000/53) e Raee (direttiva 2012/19) e, ove opportuno, altri obiettivi quantitativi e/o qualitativi considerati rilevanti per il regime di responsabilità estesa del produttore;

c) garantire la presenza di un sistema di comunicazione delle informazioni dei prodotti immessi sul mercato e dei dati sulla raccolta e sul trattamento di rifiuti risultanti da tali prodotti;

d) prevedere l'adempimento degli oneri amministrativi a carico dei produttori e importatori di prodotti, nel rispetto del principio di equità e proporzionalità in relazione alla quota di mercato e indipendentemente dalla loro provenienza;

e) assicurare che i produttori del prodotto garantiscano la corretta informazione ai detentori di rifiuti interessati circa le misure di prevenzione dei rifiuti, i centri per  il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo, i sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti e la prevenzione della dispersione dei rifiuti, nonché le misure per incentivare i detentori di rifiuti a conferire i rifiuti ai sistemi esistenti di raccolta differenziata, in particolare, se del caso, mediante incentivi economici.

I regimi di responsabilità estesa assicurano:

a)  una copertura geografica della rete di raccolta dei rifiuti corrispondente alla copertura geografica della distribuzione dei prodotti, senza limitare la  raccolta alle aree in cui la raccolta stessa e gestione dei rifiuti sono più proficue e fornendo un'adeguata disponibilità dei sistemi di raccolta dei rifiuti anche nelle zone più svantaggiate;

b)  idonei mezzi finanziari o mezzi finanziari e organizzativi per soddisfare gli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore;

c)  meccanismi adeguati di autosorveglianza supportati da regolari verifiche indipendenti sulla gestione finanziaria e la qualità dei dati raccolti;

d)  pubblicità delle informazioni sul conseguimento degli obiettivi di gestione dei rifiuti, e, nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore, ulteriori informazioni (proprietà, contributi e procedura di selezione dei gestori di rifiuti).

Oneri gestionali (art. 178-ter, comma 3)

I contributi versati dai produttori, derivanti dagli obblighi relativi al regime di responsabilità estesa del produttore, devono coprire:

1)   costi della raccolta differenziata di rifiuti e del loro successivo trasporto;

2)   costi della cernita e del trattamento necessario per raggiungere gli obiettivi dell'Unione in materia di gestione dei rifiuti tenendo conto degli introiti ricavati dal riutilizzo, dalla vendita dei rifiuti derivanti dai propri prodotti, dalla vendita delle materie prime secondarie ottenute dai propri prodotti e da cauzioni di deposito non reclamate;

3)   costi necessari a raggiungere altri traguardi e obiettivi di cui al comma 1, lettera b);

4)   costi di una congrua informazione ai detentori di rifiuti;

5)   costi della raccolta e della comunicazione dei dati.

È prevista una deroga, previa autorizzazione del Ministero dell'ambiente, rispetto alla suddetta ripartizione dei costi (che in ogni caso non si applica ai regimi per i veicoli fuori uso - direttiva 2000/53, per le pile  - direttiva 2006/66, e per i Raee  - direttiva 2012/19) alle seguenti condizioni:

- nel caso di regimi istituiti da direttive europee (imballaggi, RAEE, pile, veicoli fuori uso), i produttori dei prodotti devono sostenere almeno l'80% dei costi necessari;

- nel caso di regimi istituiti prima del 4 luglio 2018 i produttori dei prodotti sostengono almeno il 50%, o l'80% dei costi necessari per i regimi istituiti dopo il 4 luglio 2018 (in Italia, pneumatici fuori uso, polietilene, oli minerali esausti, grassi e oli vegetali e animali).

I rimanenti costi sono sostenuti dai produttori originali di rifiuti o dai distributori.

La deroga non deve essere utilizzata per ridurre la quota dei costi sostenuti dai produttori di prodotti nell'ambito di regimi istituiti prima del 4 luglio 2018 (entrata in vigore della direttiva 851/2018).

Comprendono invece tutti i regimi (quindi anche i regimi di responsabilità estesa del produttore per veicoli, pile e Raee) le seguenti due previsioni:

- che i contributi nel caso di adempimento collettivo degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore siano modulati, ove possibile, per singoli prodotti o gruppi di prodotti simili, in particolare tenendo conto della loro durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità e riciclabilità e della presenza di sostanze pericolose, adottando in tal modo un approccio basato sul ciclo di vita e, se del caso, sulla base di criteri armonizzati al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno;

- che i contributi non devono superare i costi che sono necessari per fornire servizi di gestione dei rifiuti in modo efficiente in termini di costi. Tali costi sono stabiliti in modo trasparente tra i soggetti interessati.

Si ricorda altresì che l'articolo 14 della direttiva 98/2008, come modificato dall'art.1, paragrafo 15 della direttiva 851/2018, precisa che tra i costi della gestione dei rifiuti sono compresi anche quelli per la necessaria infrastruttura e il relativo funzionamento.  

Vigilanza e controllo e Registro nazionale dei produttori (art. 178-ter, commi 4, 5,6 e 7)

La funzione di vigilanza e controllo sul rispetto degli obblighi derivanti dalla responsabilità estesa del produttore è posta a carico del Ministero dell'ambiente, secondo specifiche modalità, sulla base di un decreto ministeriale emanato dal medesimo Ministero (commi 4 e 5).  

Per lo svolgimento di tale funzione di vigilanza e controllo viene istituito, presso il Ministero dell'ambiente, il Registro nazionale dei produttori a cui si iscrivono i soggetti sottoposti ad un regime di responsabilità estesa del produttore, secondo le modalità definite con il medesimo decreto del Ministero dell'ambiente (di cui non e' previsto un termine di emanazione). L'iscrizione al Registro è previsto anche per i produttori con sede legale in altro Stato Membro dell'Unione che immettono prodotti sul territorio nazionale (comma 6). 

I soggetti sottoposti ad un regime di responsabilità estesa del produttore sono obbligati a determinati adempimenti verso il Registro, secondo le modalità stabilite con il decreto ministeriale di istituzione del Registro. In particolare, entro il 31 ottobre di ogni anno, si deve trasmettere il bilancio in caso di sistemi collettivi e il rendiconto dell'attività di gestione in caso di sistemi individuali, una relazione sulla gestione relativa all'anno precedente, un piano specifico di prevenzione e gestione relativo all'anno successivo e l'entità del contributo ambientale per l'anno successivo (comma 7). 

Regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo (art. 5)

 L'art. 5 stabilisce che i soggetti sottoposti a regimi di responsabilità estesa del produttore istituiti prima dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo si conformano alle relative disposizioni entro il 5 gennaio 2023, comunicandolo al Ministero dell'ambiente entro il 1 giugno 2022. Il Ministero dell'ambiente, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione, può indicare le modifiche allo Statuto da apportare nei trenta giorni successivi alla comunicazione del Ministero.

In caso di difetto di adeguamento alle modifiche indicate ovvero se non ritenute adeguate, il Ministero dell'ambiente interviene d'ufficio, per effettuare le modifiche necessarie, nei trenta giorni successivi alla comunicazione inviata dal medesimo Ministero.

Gli statuti si intendono approvati in caso di mancata comunicazione da parte del Ministero dell'ambiente delle modifiche da apportare ovvero in caso di mancata modifica di ufficio. 


Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti (art. 1, comma 4)

Il comma 4 dell'art. 1 apporta una puntuale modifica al comma 3 dell'articolo 179, che disciplina la gestione dei rifiuti nel rispetto della seguente gerarchia:

   a) prevenzione;
   b) preparazione per il riutilizzo;
   c) riciclaggio;
   d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
   e) smaltimento.
   Il comma 3 dell'art. 179 disciplina una deroga rispetto all'ordine di priorità stabilito dalla citata gerarchia dei rifiuti.
   In particolare, con riferimento a singoli flussi di rifiuti, si consente di discostarsi, qualora ciò sia giustificato, in via eccezionale, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi comprese la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.
   Con le modifiche introdotte, oltre a far riferimento in maniera più adeguata a quanto indicato all'art. 4 della direttiva 98/2008 - che utilizza l'espressione "flussi di rifiuti specifici" invece di "singoli flussi di rifiuti" - si chiarisce che tale deroga deve essere autorizzata da parte dell'Autorità competente al rilascio delle autorizzazioni allo smaltimento o al recupero dei rifiuti ovvero dell'Autorità destinataria delle comunicazioni di recupero dei rifiuti, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 208 e dell'articolo 216 del Codice.
Si ricorda che l'espressione "flussi di rifiuti specifici" è contenuta anche nel successivo comm 4 dell'art. 179 - non oggetto di modifica da parte del provvedimento in esame - il quale prevede che con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in confomità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente.
Ciò premesso, si valuti l'opportunita' di intervenire anche sul comma 4 dell'art. 179 del Codice dell'ambiente modificando il riferimento ivi contenuto ai "singoli flussi di rifiuti specifici" a fini di coordinamento con la modifica al comma 3.

Si fa presente che l'art. 6, comma 1, lettera a), dello schema in esame abroga, tra l'altro, i commi da 5 a 8 dell'art. 179, in cui sono elencate le iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti, in quanto ora descritte dal nuovo allegato L-ter alla parte IV del Codice, che riproduce fedelmente l'allegato IV-bis della direttiva 2018/851. In particolare, tale allegato contiene un elenco di esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti.


Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (art.1, comma 5)

Il comma 5 dell'art. 1 provvede alla riscrittura dell'art. 180, che prevede, oltre a misure e iniziative per la prevenzione della produzione di rifiuti, l'adozione di un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, da parte del Ministero dell'ambiente, come previsto dall'art. 29 delle direttiva 98/2008. 

Con le modifiche recate agli articoli 9 (sulle misure per la prevenzione dei rifiuti) e 29 (sui programmi di prevenzione dei rifiuti) della direttiva 98/2008, rispettivamente, dall'art. 1, paragrafo 10 e paragrafo 22 della direttiva 851/2018, i programmi di prevenzione dei rifiuti devono fare riferimento non solo all'ambito di applicazione definito dall'articolo 1 e alla gerarchia dei rifiuti indicata dall'articolo 4 della direttiva 98/2008, ma anche alla prevenzione dei rifiuti, disciplinata dall'articolo 9, che, per effetto delle modifiche dettate dall'art. 1, dal paragrafo 10 della direttiva 2018/851, obbliga gli Stati membri ad adottare misure volte a evitare la produzione di rifiuti.

L'art. 180 prevede, in primo luogo, al fine di promuovere in via prioritaria la prevenzione  dei rifiuti, l'adozione da parte del Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, che fissa idonei indicatori e obiettivi qualitativi e/o quantitativi per la valutazione dell 'attuazione delle misure di prevenzione  dei rifiuti in esso stabilite (comma 1).

A tale fine l'art. 180, come modificato dalla norma in esame, in linea con le modifiche recate dalle citate misure europee, elenca i seguenti interventi che devono essere almeno contemplati dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (comma 2):

a) promuovere e sostenere modelli di produzione e consumo sostenibili;

b) incoraggiare la progettazione, la fabbricazione e l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli (anche in termini di durata di vita e di assenza di obsolescenza programmata), riparabili, riutilizzabili e aggiornabili;

c) riguardano prodotti che contengono materie prime critiche onde evitare che tali materie diventino rifiuti;

d) incoraggiare il riutilizzo di prodotti e la creazione di sistemi che promuovano attività di riparazione e di riutilizzo, in particolare per le apparecchiature elettriche ed elettroniche, i tessili e i mobili, nonché imballaggi e materiali e prodotti da costruzione;

e) incoraggiare, se del caso e fatti salvi i diritti di proprietà intellettuale, la disponibilità di pezzi di ricambio, i manuali di istruzioni, le informazioni tecniche o altri strumenti, attrezzature o software che consentano la riparazione e il riutilizzo dei prodotti senza comprometterne la qualità e la sicurezza;

f) ridurre la produzione di rifiuti nei processi inerenti alla produzione industriale, all'estrazione di minerali, all'industria manifatturiera, alla costruzione e alla demolizione, tenendo in considerazione le migliori tecniche disponibili;

g) ridurre la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nei nuclei domestici, come contributo all'obiettivo di sviluppo sostenibile (Agenda 2030, obiettivo 12) delle Nazioni Unite di ridurre del 50% i rifiuti alimentari globali pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatori e di ridurre le perdite alimentari lungo le catene di produzione e di approvvigionamento entro il 2030Si specifica, altresì, che il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende una specifica sezione dedicata al Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari che favorisce l'impiego degli strumenti  e delle misure finalizzate alla riduzione degli sprechi secondo le disposizioni di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166 (norme per la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici), come previsto dall'art. 29 della direttiva 98/2008 sulla adozione di programmi specifici di prevenzione dei rifiuti alimentari nell'ambito dei propri programmi di prevenzione dei rifiuti;

h) incoraggiare la donazione di alimenti e altre forme di ridistribuzione per il consumo umano, dando priorità all'utilizzo umano rispetto ai mangimi e al ritrattamento per ottenere prodotti non alimentari;

i) promuovere la riduzione del contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti, fatti salvi i requisiti giuridici armonizzati relativi a tali materiali e prodotti stabiliti a livello dell'Unione;

j) ridurre la produzione di rifiuti, in particolare dei rifiuti che non sono adatti alla preparazione per il riutilizzo o al riciclaggio;

k) identificare i prodotti che sono le principali fonti della dispersione di rifiuti, in particolare negli ambienti naturali e marini, e adottare le misure adeguate per prevenire e ridurre la dispersione dei rifiuti da tali prodotti; 

l) porre fine alla produzione di rifiuti marini;

m) sviluppare e supportare campagne di informazione per sensibilizzare alla prevenzione dei rifiuti e alla dispersione dei rifiuti.

 A decorrere dal 5 gennaio 2021, qualsiasi fornitore di un articolo contenente sostanze e miscele pericolose, individuate in base a determinati criteri e identificate secondo specifici processi, ai sensi del regolamento REACH 1907/2006 (che disciplina la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), e che istituisce un'agenzia europea per le sostanze chimiche) deve fornire le informazioni all'Agenzia europea per le sostanze chimiche (comma 3), tramite la banca dati stabilita dalla medesima Agenzia ai sensi dell'art. 9 paragrafo 2 della Direttiva 2008/98. A tale fine, l'ISPRA monitora l'attuazione della presente disposizione e fornisce al Ministero dell'ambiente i relativi dati ed informazioni (comma 3). 

Il Ministero dell'ambiente valuta l'attuazione delle citate misure di prevenzione e - sulla base della metodologia stabilita dalla Commissione europea, per stabilire gli indicatori atti a misurare i progressi generali nell'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti, ai sensi dell'art. 9, paragrafo 7, della  direttiva 2008/98 - l'attuazione delle misure sul riutilizzo (commi 4 e 5).

Il controllo e la valutazione dell'attuazione delle misure di prevenzione dei rifiuti alimentari è a carico del Ministero dell'ambiente e del Ministero delle politiche agricole, che misurano i livelli di rifiuti alimentari sulla base della metodologia stabilita dalla Commissione, ai sensi dell'art. 9, paragrafo 5 della direttiva 2008/98, come integrata dalla decisione delegata 2019/1597, per quanto riguarda una metodologia comune e i requisiti minimi di qualità per la misurazione uniforme dei livelli di rifiuti alimentari, come previsto dal paragrafo 8 del medesimo art. 9 della direttiva 2008/98 (comma 6).

Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 7).

 


Preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (art. 1, comma 6)

Il comma 6 dell'art. 1 riscrive l'art. 181, in linea con le modifiche recate dall'articolo 1, paragrafi 11 e 12 della direttiva 851/2018, e introducendo parte di quanto già previsto dall'articolo 180-bis sul riutilizzo di prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, che, conseguentemente, viene abrogato dall'art. 6 del provvedimento in esame

L'articolo 181, ribadendo l'obbligo di adottare misure per la promozione della preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, il riciclaggio e altre operazioni di recupero, specifica i soggetti deputati alla adozione di tali misure: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le regioni, gli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale, o, laddove queste non siano state costituite, i comuni e, per i rifiuti di rispettiva competenza, i regimi di responsabilità estesa del produttore.

In particolare, si ribadisce quanto previsto dall'art. 180-bis, in merito allo sviluppo di reti di operatori per facilitare le operazioni di preparazione per il riutilizzo e riparazione, e si introduce, come previsto dalle modifiche alla direttiva 98/2008, l'accesso di tali operatori ai rifiuti adatti allo scopo, detenuti dai sistemi o dalle infrastrutture di raccolta. 

Ove necessario per facilitare o migliorare il recupero, è obbligatorio adottare le misure necessarie, prima o durante il recupero, per eliminare le sostanze pericolose, le miscele e i componenti dai rifiuti pericolosi in vista del loro trattamento.

Oltre a ribadire gli obiettivi da conseguire entro il 2020 di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani, per almeno il 50% in termini di peso (carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici), e di almeno il 70% in termini di peso, per i rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti (cioè le terre e rocce da scavo che non contengono sostanze pericolose, come indicato dall'allegato D - elenco dei rifiuti del Codice), sono previsti i seguenti ulteriori obiettivi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani:

  • 55% in peso al 2025;
  • 60% in peso al 2030;
  • 65% in peso al 2035.


Rifiuti organici (art. 1, comma 7)

Il comma 7 dell'art. 1 sostituisce l'art. 182-ter sulla disciplina dei rifiuti organici, al fine di recepire quanto introdotto dall'articolo 1, paragrafo 19 della direttiva 851/2018.

Nello specifico, il nuovo art. 182-ter introduce l'obbligo, entro il 31 dicembre 2023, di differenziare e riciclare i rifiuti organici alla fonte, a titolo esemplificativo mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti.

A tale fine, si prevede che il Ministero dell'ambiente, il Ministero delle politiche agricole, le  regioni  e le province autonome favoriscono il riciclaggio ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici, in modo da rispettare un elevato livello di protezione dell'ambiente e che dia luogo ad un output che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità. In particolare, viene incentivata la promozione delle attività di compostaggio sul luogo di produzione, da parte del Ministero dell'ambiente, delle regioni e delle province autonome, degli enti di governo d'ambito e dei comuni, secondo le rispettive competenze, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all'articolo 199 del Codice e la pianificazione urbanistica.

L'art. 199 del Codice dell'ambiente prevede la predisposizione e l'adozione da parte delle regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, gli enti di governo, di piani regionali di gestione dei rifiuti, che comprendono l'analisi della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l'efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni previste.

La norma in esame prevede, da ultimo, che le regioni e le province autonome promuovano la produzione e l'utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti.

 


Definizioni (art. 1, comma 8)

Il comma 8 dell'art. 1 modifica - in attuazione di quanto introdotto dall'art. 1, paragrafo 3, della direttiva 851/2018 e del criterio di delega, volto a riformare, in particolare, il sistema delle definizioni, come previsto all'articolo  16 comma 1, lettera c) della legge 117/2019 - l'articolo 183, introducendo le seguenti definizioni: 

-  "rifiuto urbano" (lettera b-ter), definito come:

a) rifiuti indifferenziati e rifiuti da raccolta differenziata prodotti in ambito domestico (compresi carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili);

b) rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per "natura e composizione" ai rifiuti domestici (elencati negli Allegati L-quater e L-quinquies del presente provvedimento).

In tale ambito, sono anche inclusi, sebbene non richiamati, espressamente, dalle norme europee:

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e) i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

f) i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere c), d) ed e). 

Si precisa, come prevede la norma europea, che nei rifiuti urbani non rientrano:

g) i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso, i rifiuti da costruzione e demolizione. 

Rispetto a quanto già previsto dall'elenco dei rifiuti urbani vigente contemplato all'art. 184 del Codice (vedi infra), si introducono i rifiuti derivanti dalla pulizia dei mercati e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti.

- "rifiuto non pericoloso" (lettera b-bis): rifiuto che non possiede alcuna delle caratteristiche di pericolo elencate nell'allegato I della parte quarta del Codice;

- "rifiuto da costruzione e demolizione" (lettera b-quater): rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione;

- "rifiuti alimentari" (lettera d-bis): tutti gli alimenti secondo la definizione di cui all'articolo 2 del regolamento 178/2002 che sono diventati rifiuti;

Ai fini del citato regolamento si intende per "alimento" (o "prodotto alimentare", o "derrata alimentare") qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

- "recupero di materia" (lettera t-bis): qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l'altro, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento;

- "riempimento" (lettera u-bis): qualsiasi operazione di recupero in cui rifiuti idonei non pericolosi sono utilizzati a fini di ripristino in aree escavate o per scopi ingegneristici nei rimodellamenti morfologici. I rifiuti usati per il riempimento devono sostituire i materiali che non sono rifiuti, essere idonei ai fini summenzionati ed essere limitati alla quantità strettamente necessaria a perseguire tali fini;

- "regime di responsabilità estesa del produttore": una serie di misure volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto (lettera g-bis).

Sono, inoltre, modificate le definizioni già esistenti, riguardanti:

- "rifiuto organico", inteso come rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina, prodotti ora anche da uffici, attività all'ingrosso, e mense, oltre che da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell'industria alimentare" (lettera d);

- "gestione dei rifiuti", in cui si comprende ora anche la cernita, oltre alla raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario. In tale ambito, non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati (lettera n);

- "deposito temporaneo prima della raccolta", inteso, in conformita' alla definizione di "raccolta" recata dalla direttiva 2008/98, come il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento e trattamento, effettuato prima della raccolta (lettera bb);

- "compost di qualità" (lettere ee) e "digestato di qualità" (lettera ff), sostituendo il riferimento ivi contenuto al termine "qualità" con "rifiuti".


Classificazione dei rifiuti (art. 1, comma 9)

L'articolo 1, comma 9, in linea con quanto previsto dal criterio di delega dell'articolo 16 comma 1, lettera c) della legge 117/2019  e dall'art. 1, paragrafo 7 della direttiva 2018/851, modifica l'articolo 184 del Codice, in base al quale i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. In conseguenza dell'introduzione nell'art. 183 della lettera b-ter), recante l'elenco dei rifiuti urbani, al comma 2 dell'art. 184 viene eliminato tale elenco dei rifiuti urbani, specificando ora che i rifiuti urbani sono quelli indicati all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter).

La norma in esame sostituisce, inoltre, il comma 3 dell'art. 184 che elenca i rifiuti speciali, riportando in sostanza quanto gà previsto dalla disposizione vigente, ed includendo nei rifiuti speciali i rifiuti prodotti dalla silvicoltura e della pesca, escludendo i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti e i rifiuti derivanti da attività sanitarie, e specificando, inoltre, che sono inclusi i rifiuti da lavorazioni industriali, i rifiuti da lavorazioni artigianali, i rifiuti da attività commerciali e i rifiuti da attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b).

Secondo il comma 3 dell'art. 184, testè sostituito, sono rifiuti speciali: a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c., e della pesca; b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis; c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b); d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali, se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b); e) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b); f) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b); g) i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.

Sotto il profilo della formulazione del testo, al comma 3 dell'art. 184, come riformulato dallo schema in esame, le parole "se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b", ovunque ricorrano, andrebbero sostituite con le parole "se diversi da quelli di cui al comma 2", posto che il citato comma 2, come riformulato dalla norma in esame, non è più articolato in lettere.

L'articolo 1, comma 9, modifica, inoltre, il comma 5 dell'art. 184, in materia di classificazione dei rifiuti, il cui elenco è previsto all'allegato D (che viene testè sostituito da un nuovo testo, come previsto dall'art. 7, comma 2 del presente provvedimento, che rappresenta il nuovo elenco dei rifiuti di cui alla decisione 955/2014) alla parte quarta del Codice, al fine di specificare che la corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell'ambiente.

Conseguentemente, l'art. 6, lettera b) abroga l'art. 9 del D.L. 91/2017 che ha introdotto tali adempimenti da parte del produttore, all'interno del medesimo allegato D alla parte IV del Codice, per cui la classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955 e nel regolamento n. 1357/2014, nonché nel regolamento 2017/997 (regolamenti attuati ora con la sostituzione, effettuata dall'art. 7, comma 5 del presente provvedimento, dell'allegato I della Parte IV del Codice con l'allegato III della Direttiva 2008/98, come modificato dal Regolamento 1357/2014 e dal Regolamento 2017/997, recante le caratteristiche di pericolo per i rifiuti).

Si individua, altresì, nel Ministero dell'ambiente il soggetto competente ad inviare, immediatamente, alla Commissione europea le notifiche previste all'articolo 7 (che disciplina i poteri della Commissione per la redazione e l'aggiornamento dell'elenco dei rifiuti) della direttiva 2008/98 ed a fornire alla stessa Commissione tutte le informazioni pertinenti.


Sottoprodotto (art. 1, comma 10)

L'art. 1, comma 10, modifica l'articolo 184-bis, che disciplina la qualifica di sottoprodotto come non rifiuto se soddisfa tutte le seguenti condizioni:

   a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
   b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
   c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
   d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

Nel comma 2 dell'art. 184-bis, oggetto di modifica, in linea con quanto previsto dall'art. 1, paragrafo 5 della direttiva 2018/851, si introduce l'obbligo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana agevolando, altresì, l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale, nell'adozione di misure per stabilire i criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare, affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. 


Cessazione della qualifica di rifiuto (art. 1, comma 11)

L'art. 1, comma 11, modifica l'art. 184-ter, che disciplina i criteri e le condizioni affinchè un rifiuto cessi di essere tale (End of Waste), in linea con quanto previsto dall'art. 1, paragrafo 6 della direttiva 851/2018. In particolare, si introduce il comma 5-bis, sulla responsabilità della persona fisica o giuridica che usa o immette sul mercato un "materiale EoW", e si escludono, al comma 1 dell'art. 184-ter, tra le attività di recupero funzionali all'effettuazione di processi di end of waste, le attività che costituiscono preparazione per il riutilizzo. Tali modifiche rispondono anche al criterio di delega dell'articolo 16, comma 1, lett. e) della legge di delegazione europea 2018 (L. n.117/2019).

Nello specifico, il comma 1 dell'art. 184-ter viene modificato in linea con quanto previsto dall'art. 6, paragrafo 1 delle direttiva 98/2008, secondo il quale il processo di cessazione della qualifica di rifiuto (EoW) prevede che il rifiuto sia sottoposto ad un'operazione di riciclaggio o di recupero di altro tipo.

Il comma 5-bis aggiunto all'art. 184-ter prevede che la persona fisica o giuridica  - che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che utilizza o immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto - provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati.

Il nuovo comma 5-bis prevede, altresì, il rispetto delle condizioni previste al comma 1 dell'art. 184-ter, che devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifìuto.

Le condizioni previste dal comma 1 dell'art. 184- ter sono le seguenti:
a) la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull' ambiente o sulla salute umana.
Si ricorda che, in linea generale, l'art. 184- ter del D.Lgs. 152/2006 prevede, tra l'altro, che i criteri di end of waste "sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare".
In attuazione di tale disposizione sono stati emanati tre soli regolamenti  end of waste : il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari - CSS), il D.M. 28 marzo 2018, n. 69 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso), il D.M. 15 maggio 2019, n. 62 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto da prodotti assorbenti per la persona (PAP)).
Sulle norme recate dall'art. 184- ter è da ultimo intervenuto l'art. 1, comma 19, del D.L. 32/2019, che ha riscritto la disciplina transitoria applicabile nelle more dell'emanazione dei criteri di end of waste .
Al fine di approfondire gli effetti di tale riscrittura, nella seduta del 31 luglio 2019, l'VIII Commissione (Ambiente) della Camera ha deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto («end of waste»). Nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine è stato più volte evidenziato come la norma introdotta dal D.L. 32/2019 non sia riuscita nell'intento di risolvere i problemi del settore. Anche la Conferenza delle regioni si è espressa criticamente, in proposito, nella seduta del 24 ottobre 2019.
La disciplina transitoria in questione è stata successivamente riscritta dall' art. 14-bis del D.L. 101/2019, il quale ha altresì dettato ulteriori disposizioni in merito al controllo dei nuovi provvedimenti autorizzatori adottati nonchè alle autorizzazioni in essere. Lo stesso articolo ha inoltre previsto , al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei citati decreti specifici di  end of waste ,  l'istituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente.
Si segnala altresì che con la delibera 6 febbraio 2020, n. 67 sono state emanate, dal Sistema nazionale di protezione ambientale (SNPA), linee guida per l'applicazione della nuova disciplina end of waste.

Esclusioni (art. 1, comma 12)

L'art. 1, comma 12, introduce la lettera d-bis) all'art. 185 del Codice che elenca le fattispecie che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del Codice, volta a disciplinare la gestione dei rifiuti, come previsto dall'art. 1, paragrafo 2 della direttiva 851/2018.

La lettera d-bis) dell'art. 185 esclude quindi dal campo di applicazione delle norme sui rifiuti, in quanto regolati da altre disposizioni normative europee, le sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi, come definite dall'articolo 3, paragrafo 2, lettera g), del regolamento 767/2009 (sull'immissione sul mercato e sull'uso dei mangimi) e che non sono costituite da, né contengono sottoprodotti di origine animale.

  L'articolo 3, paragrafo 2, lettera g), del regolamento 767/2009 definisce "materie prime per mangimi": prodotti di origine vegetale o animale, il cui obiettivo principale è soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche, contenenti o meno additivi per mangimi, destinati all'alimentazione degli animali per via orale, in quanto tali o previa trasformazione, oppure alla preparazione di mangimi composti oppure ad essere usati come supporto di premiscele.

 Si evidenzia in tale ambito che la vigente lettera f) dell'art. 185 esclude dal campo di applicazione della parte quarta del Codice gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, nonché gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa.

Al contrario, il provvedimento in esame, in linea con la normativa europea (direttive 2008/98 e 2018/851), colloca, tra i rifiuti urbani, i rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, ed esclude da tali rifiuti urbani i rifiuti dell'agricoltura e della silvicoltura, che sono collocati tra i rifiuti speciali (vedi le modifiche al Codice determinate dall'art. 1, commi 8 e 9, del presente provvedimento).

In particolare, lo schema in esame non interviene sulla disposizione recata dalla lettera f) del comma 1 dell'art. 185, in relazione alle quale risulta aperta una procedura di precontenzioso a livello europeo (caso EU-pilot 9180/17/ENVI). Si evidenzia che il disallineamento tra la disposizione nazionale e quella europea si è creato in seguito all'approvazione della legge 28 luglio 2016, n. 154, il cui art. 41 ha operato una riscrittura della lettera f) in questione volta ad ampliare l'esclusione prevista dalla direttiva anche:
- a sfalci e potature provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, nonché da attività agricole e agro-industriali;
- al materiale destinato alle normali pratiche agricole e zootecniche;
- al materiale utilizzato al di fuori del luogo di produzione o ceduto a terzi.
In seguito a tali modifiche, la Commissione europea ha avviato la profedura di infrazione (caso Eu-Pilot 9180/17/ENVI).
Al fine di pervenire alla chiusura di tale caso è stato operato un nuovo intervento di modifica della disposizione in questione con l'art. 20 della legge 3 maggio 2019, n. 37 (legge europea 2018), che ha nuovamente riscritto la lettera f) in questione. Anche tale riscrittura ha però ampliato, anche se in maniera differente, le esclusioni previste dalla direttiva. Il testo vigente della lettera f), come riscritto dal citato art. 20, prevede infatti l'esclusione anche di:
- sfalci e potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali;
- sfalci e potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei comuni;
- materiale utilizzato anche al di fuori del luogo di produzione o ceduto a terzi.

Ciò premesso, si valuti l'opportunita' di modificare la lettera f) del comma 1 dell'art. 185 del Codice, in coerenza con le modifiche recate al Codice dall'art. 1, commi 8 e 9, dello schema in esame.


Deposito temporaneo prima della raccolta (articolo 1, comma 13)

L'art.1, comma 13, introduce l'articolo 185-bis volto a disciplinare il deposito temporaneo prima della raccolta e le condizioni previste, riproducendo quanto indicato nella definizione presente nell'art. 183 del Codice, modificata ora dall'art. 1, comma 8 del provvedimento in esame (vedi supra).

L'art. 185-bis, che, come detto, riproduce in sostanza le condizioni previste nella citata definizione sul deposito temporaneo prima della raccolta, stabilisce che il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento o trattamento, è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle seguenti condizioni:

a) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento 850/2004, sono depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

b) i rifiuti sono raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

c) i rifiuti sono raggruppati per categorie omogenee identificate dal codice EER (nuovo elenco europeo dei rifiuti, introdotto dalla decisione 955/2014, che ha modificato la decisone 532/2000), nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

d) nel rispetto delle norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose.

Si prevede inoltre (comma 3 del nuovo art. 185-bis) che il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle suddette condizioni e non necessita di autorizzazione da parte dell'autorità competente.

E' prevista inoltre la clausola di invarianza finanziaria.

Rispetto a quanto già previsto dalla normativa nazionale, si introduce il riferimento specifico al codice CER, per l'identificazione delle categorie omogenee dei rifiuti per il loro raggruppamento.

Non è più prevista, inoltre, l'emanazione di un decreto ministeriale, per l'individuazione di alcune categorie di rifiuto e le relative modalità di gestione del deposito temporaneo.


Tracciabilità dei rifiuti e relative sanzioni (art. 1, co. 14; art. 4, co. 1; art. 6, co. 1, lett. a) e c))

Disciplina del RENTRI (art. 1, comma 14)

Il comma 14 dell'articolo 1 provvede alla riscrittura dell'art. 188-bis del Codice, ove è contenuta la disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), che è stato soppresso (a decorrere dal 1° gennaio 2019) dall'art. 6 del D.L. 135/2018 e sostituito con il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (d'ora in poi indicato con l'acronimo RENTRI).

Oltre alla citata  soppressione, l'art. 6 del D.L. 135/2018  ha altresì  previsto, fino alla definizione ed alla piena operatività di un nuovo sistema di tracciabilità organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente, l'applicazione dei meccanismi di tracciabilità tradizionali (registri di carico e scarico, formulari di trasporto e MUD). Tali meccanismi sono tuttora utilizzati, poiché gli atti attuativi necessari alla definizione e all'operatività del nuovo sistema di tracciabilità non sono stati emanati. Per un esame di dettaglio della disposizione citata, nonché per una ricostruzione delle norme relative al soppresso SISTRI si rinvia al commento dell'art. 6 del D.L. 135/2018

La riscrittura operata dal comma in esame è quindi finalizzata a riportare all'interno del Codice la disciplina relativa alla tracciabilità dei rifiuti, che viene modificata e integrata rispetto a quanto previsto dall'art. 6 del D.L. 135/2018 al fine di tener conto:

  • delle disposizioni in materia di tracciabilità introdotte dalla direttiva 2018/851/UE e ora collocate nel nuovo art. 11-bis, paragrafo 3, e nel comma 4 dell'art. 35 della direttiva quadro rifiuti 2008/98/CE;
L'articolo 11-bis, che disciplina le regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi europei in materia di gestione e riciclo dei rifiuti, prevede (al paragrafo 3), tra l'altro, che "Gli Stati membri stabiliscono un efficace sistema di controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti urbani" e che, al fine di garantire l'affidabilità e l'accuratezza dei dati raccolti sui rifiuti riciclati, il sistema può consistere "in registri elettronici ..., in specifiche tecniche per i requisiti di qualità da applicare ai rifiuti cerniti o, rispettivamente, in tasso di scarto medio per i rifiuti cerniti per vari tipi di rifiuti e pratiche di gestione dei rifiuti".
L'articolo 35, comma 4, dispone, tra l'altro, che "Gli Stati membri istituiscono un registro elettronico o registri coordinati su cui riportare i dati riguardanti i rifiuti pericolosi ... per l'intero territorio geografico dello Stato membro interessato. Gli Stati membri possono istituire tali registri per altri flussi di rifiuti, in particolare quelli per i quali sono stati fissati obiettivi negli atti legislativi dell'Unione".
Prima dell'emanazione della direttiva 2018/851/UE, la direttiva quadro rifiuti si limitava a disporre, all'art. 17 (che non è stato modificato dalla direttiva 2018/851/UE), tra l'altro, che "Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell'ambiente e della salute umana, ..., comprese misure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi".
  • e dei criteri specifici di delega recati dall'art. 16, comma 1, lettera b), della L. 117/2019. 
Tale lettera b) prevede che, nell'esercizio della delega, si provveda a modificare ed estendere il sistema di tracciabilità informatica dei rifiuti assolvendo alle seguenti funzioni:
1) consentire, anche attraverso l'istituzione di un Registro elettronico nazionale, la trasmissione, da parte degli enti e delle imprese che producono, trasportano e gestiscono rifiuti a titolo professionale, dei dati ambientali inerenti alle quantità, alla natura e all'origine dei rifiuti prodotti e gestiti e dei materiali ottenuti dalle operazioni di preparazione per il riutilizzo, dalle operazioni di riciclaggio e da altre operazioni di recupero. I costi del Registro sono posti a carico degli operatori;
2) garantire l'omogeneità e la fruibilità dei dati, mediante specifiche procedure per la tenuta in formato digitale dei registri di carico e scarico, dei formulari di trasporto e del catasto dei rifiuti, per la trasmissione dei relativi dati al Registro elettronico nazionale, anche al fine di conseguire una maggior efficacia delle attività di controllo;
3) agevolare l'adozione di politiche di sviluppo e di analisi di sostenibilità ambientale ed economica per migliorare le strategie di economia circolare e l'individuazione dei fabbisogni di impianti collegati alla gestione dei rifiuti;
4) perseguire l'obiettivo della riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese in una prospettiva di semplificazione e di proporzionalità;
5) garantire l'acquisizione dei dati relativi alle autorizzazioni in materia di gestione dei rifiuti nel Registro elettronico nazionale;
6) procedere alla revisione del sistema sanzionatorio relativo agli adempimenti di tracciabilità, secondo criteri di adeguatezza e di proporzionalità in funzione dell'attività svolta, della pericolosità dei rifiuti e delle dimensioni dell'impresa;
7) garantire l'accesso al Registro elettronico in tempo reale da parte di tutte le autorità preposte ai controlli.

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dal nuovo testo dell'art. 188-bis del Codice.

Istituzione del RENTRI (commi 1, primo periodo, e 3)

Il comma 1, primo periodo, del nuovo testo dell'art. 188-bis dispone che il sistema di tracciabilità dei rifiuti si compone delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel "Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti" (RENTRI) istituito dall'art. 6 del D.L. 135/2018 e gestito con il supporto tecnico operativo dell'Albo nazionale dei gestori (previsto dall'art. 212 del Codice).

Come sottolineato poc'anzi, la riscrittura dell'art. 188- bis del Codice consente di riportare la disciplina in materia di tracciabilità all'interno del Codice. Tuttavia tale operazione non è completa, in quanto l'art. 6 del D.L. 135/2018 non viene interamente abrogato.
Restano infatti in vigore, in particolare, le disposizioni soppressive del SISTRI (vale a dire i commi 1 e 2), nonché la norma istitutiva del RENTRI recata dal comma 3. Tale comma 3 dispone che  è istituito il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, cui sono tenuti ad iscriversi (entro il termine individuato dalla norma) i seguenti soggetti obbligati (che non sono modificati dal comma 14 in esame):
- gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti;
- i produttori di rifiuti pericolosi e gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi;
- i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all'art. 189, comma 3, del Codice. 
Tale comma 3 (che non viene modificato dallo schema in esame) impone ai comuni o loro consorzi e alle comunità montane di comunicare annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70 (vale a dire tramite il MUD), una serie di informazioni (individuate dal comma stesso) sui rifiuti raccolti e sui soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti.
Si valuti, in generale, l'opportunità, in luogo del mero rinvio all'art. 6 del D.L.135/2018, di riprodurne i contenuti nel nuovo art. 188-bis del Codice dell'ambiente, al fine di preservare i requisiti di organicità della disciplina da esso recata.

Il comma 3 dispone che il RENTRI è collocato presso la competente struttura organizzativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è articolato in:

- una sezione Anagrafica, comprensiva dei dati dei soggetti iscritti e delle informazioni relative alle specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l'esercizio di attività inerenti alla gestione dei rifiuti;

Si fa notare che tale disposizione consente di attuare il criterio di delega recato dal  punto 5) dell'art. 16, comma 1, lett. b), della L. 117/2019, che richiede che si  garantisca l'acquisizione dei dati relativi alle autorizzazioni in materia di gestione dei rifiuti nel Registro elettronico nazionale.

- una sezione Tracciabilità, comprensiva dei dati ambientali relativi agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 (relativi ai registri di carico e scarico e al formulario di identificazione e trasporto dei rifiuti) dei dati afferenti ai percorsi dei mezzi di trasporto nei casi stabiliti dal decreto di cui al comma 1. In altre parole, in tale sezione confluiscono i dati dei registri di carico e del formulario inviati in forma telematica secondo le modalità attuative individuate dal secondo periodo del comma 1 (v. infra).   

Decreti di attuazione (commi 1, secondo periodo, 2, 4 e 6)

Il comma 1, secondo periodo, prevede l'emanazione di uno o più decreti del Ministro dell'ambiente volti a disciplinare le modalità per l'effettuazione degli adempimenti relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico (disciplinato dall'art. 190 del Codice) e del formulario identificativo di trasporto dei rifiuti (disciplinato dall'art. 193 del Codice).

Relativamente alle modalità di emanazione, la norma in esame stabilisce che i decreti in questione sono adottati ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 400/1988 (cioè come regolamenti ministeriali che non possono derogare ai regolamenti generali emanati dal Governo), e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della Pubblica amministrazione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nonché, per gli aspetti di competenza, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

Si osserva che non viene indicato un termine per l'emanazione.

Il comma 2 dispone che - in relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse rispettivamente alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile - le procedure e le modalità di applicazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti alle corrispondenti amministrazioni centrali sono individuate con apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell'interno.

Anche per tale decreto è previsto che lo stesso sia adottato nella veste del regolamento ministeriale, cioè ai sensi dell'art. 17, comma 3, della L. 400/1988.

Anche in tal caso la norma non prevede un termine per l'emanazione del decreto attuativo.

 

Il comma 4 disciplina il contenuto dei decreti attuativi previsti dai commi 1, secondo periodo, e 2.

In base al comma in esame, i decreti attuativi in questione disciplinano anche l'organizzazione ed il funzionamento del sistema di tracciabilità di cui al presente articolo, consentendo l'interoperabilità dei dati con i sistemi gestionali delle imprese, favorendone la semplificazione amministrativa, garantendo un periodo preliminare di sperimentazione e la sostenibilità dei costi a carico degli aderenti al sistema, disponendo in particolare:

a) modelli e formati relativi al registro di carico e scarico e al formulario di identificazione, con l'indicazione altresì delle modalità di compilazione, vidimazione e tenuta in formato digitale degli stessi;

b) modalità di iscrizione al RENTRI e relativi adempimenti, da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi, ai sensi del comma 3 dell'art. 6 del D.L. 135/2018, con la previsione di criteri di gradualità per la progressiva partecipazione degli operatori;

c) funzionamento del RENTRI, ivi incluse le modalità di trasmissione dei dati relativi ai documenti di cui alla lettera a), nonché dei dati relativi ai percorsi dei mezzi di trasporto;

d) modalità per la condivisione dei dati del RENTRI con l'ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) al fine del loro inserimento nel Catasto dei rifiuti;

e) modalità di interoperabilità per l'acquisizione della documentazione di cui al regolamento 1013/2006/CE sulle spedizioni di rifiuti, nonché le modalità di coordinamento tra le comunicazioni di cui alla legge 70/1994 (che disciplina il c.d. Modello Unico di Dichiarazione ambientale - MUD) e gli adempimenti trasmessi al Registro elettronico nazionale;

f) modalità di svolgimento delle funzioni di supporto tecnico che l'Albo nazionale gestori deve assicurare al RENTRI in virtù del disposto del comma 1;

g) modalità di accesso ai dati del RENTRI da parte degli organi di controllo.

Si fa notare che tale lettera g) consente di attuare il criterio di delega previsto dal punto 7) dell'art. 16, comma 1, lett. b), della L. 117/2019, che richiede che si garantisca l'accesso al Registro elettronico in tempo reale da parte di tutte le autorità preposte ai controlli.

Si fa notare che le disposizioni volte a disciplinare l'emanazione e il contenuto dei decreti attuativi sostituiscono le analoghe norme recate dal comma 3-bis dell'art. 6 del D.L. 135/2018 e finora rimaste inattuate. Conseguentemente, tale comma è abrogato dall'art. 6, comma 1, lettera c), del presente schema.

Si ricorda che il richiamato comma 3-bis ha previsto l'emanazione (ai sensi dell'art. 17, comma 3, della L. 400/1988) di un decreto del M inistro dell'ambiente,  di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché per gli aspetti di competenza il Ministro della difesa, per la definizione delle modalità di organizzazione e funzionamento del Registro elettronico nazionale, delle modalità di iscrizione dei soggetti obbligati e di coloro che intendano volontariamente aderirvi, nonché degli adempimenti cui i medesimi sono tenuti, secondo criteri di gradualità per la progressiva partecipazione di tutti gli operatori.

Il comma 6 reca disposizioni finalizzate a garantire tempestivi adeguamenti dei modelli dei registri e dei formulari, in caso di intervenute novità tecniche o operative. Viene previsto che, in tal caso, gli aggiornamenti sono adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di natura non regolamentare, sentiti i Ministri indicati al comma 1.

Si fa notare che, nel fare riferimento ai modelli citati, la norma in esame richiama erroneamente il comma 2 in luogo del comma 4.

Registro di carico e scarico e formulario (comma 5)

Il comma 5 prevede che gli adempimenti relativi al registro di carico e scarico e al formulario (disciplinati dagli articoli 190 e 193 del Codice):

  • sono effettuati in modalità digitale da parte dei soggetti aderenti al RENTRI in quanto obbligati all'adesione (in virtù del disposto del comma 3 dell'art. 6 del D.L. 135/2018, v. supra) o perché vi aderiscono volontariamente;

L'obbligo di adempiere in modalità digitale alla tenuta dei registri e del formulario consente di superare le disposizioni recate dai primi tre commi del testo vigente dell'art. 194-bis, che si limitano a contemplare l'adempimento in modalità digitale non come obbligo ma come una mera facoltà.

Per questo motivo i commi 1, 2 e 3 dell'art. 194-bis sono abrogati dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 6 del presente schema.

  • possono essere assolti su formato cartaceo negli altri casi.


Lo stesso comma dispone che, in entrambi i casi testé menzionati, la modulistica è scaricabile direttamente dal RENTRI.

Disciplina transitoria (comma 7)

Il comma 7 dispone che, fino all'entrata in vigore del decreto attuativo previsto al comma 1, continuano ad applicarsi i vigenti decreti del Ministro dell'ambiente adottati in data 1° aprile 1998, recanti i modelli di registro di carico e scarico (D.M. 148/1998) e di formulario di identificazione del rifiuto (D.M. 145/1998).

Si fa notare che la disposizione transitoria in esame si affianca a quella prevista dal comma 3-ter dell'art. 6 del D.L. 135/2018 secondo cui, fino al termine di piena operatività del RENTRI, si applicano i meccanismi di tracciabilità tradizionali (registri di carico e scarico, formulari di trasporto e MUD).

Copertura degli oneri connessi al funzionamento del RENTRI

Si fa notare che la copertura degli oneri connessi al funzionamento del RENTRI non viene disciplinata dal nuovo testo dell'art. 188-bis del Codice, ma continua ad essere regolata dal comma 3-quater dell'art. 6 del D.L. 135/2018.

Tale comma prevede che l'iscrizione al RENTRI comporta il versamento di un diritto di segreteria e di un contributo annuale, al fine di assicurare l'integrale copertura dei costi di funzionamento del sistema. In particolare viene precisato che, a decorrere dall'anno 2020, agli oneri di funzionamento si provvede con i proventi derivanti dai diritti di segreteria e con il contributo annuale.

Si ricorda che il criterio di delega di cui al punto 1) dell'art. 16, comma 1, lett. b), della L. 117/2019 richiede che i costi del Registro siano posti a carico degli operatori. Il mantenimento della previsione recata dall'art. 3-quater sembra quindi consentire una attuazione indiretta del citato criterio.
Non sembra invece essere oggetto di recepimento, neppur indirettamente (poichè il comma 3-quater nulla dispone in proposito), il criterio previsto dal punto 4), che richiede che sia perseguito l'obiettivo della riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese in una prospettiva di semplificazione e di proporzionalità.

Si fa notare che il comma 3-quater in questione demanda la determinazione degli importi al decreto attuativo previsto dal comma 3-bis.

Poichè tale ultimo comma 3-bis viene abrogato dall'art. 6 dello schema in esame, si valuti l'opportunità di un coordinamento normativo.

Si valuti altresì l'opportunità di aggiornare gli stanziamenti e le relative norme di copertura recati dal comma 3-quater, i quali fanno riferimento agli esercizi 2019-2021, ossia anche a periodi in parte già trascorsi.

Si ricorda infatti che il citato comma 3- quater prevede, tra l'altro, che "agli oneri derivanti dall'istituzione del Registro elettronico nazionale, pari a 1,61 milioni di euro per l'anno 2019, si provvede: quanto a 1,5 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; quanto a 0,11 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare". 

Sanzioni relative al RENTRI (art. 4, comma 1)

Si fa notare che le disposizioni sanzionatorie per violazioni degli obblighi previsti dalla disciplina del RENTRI, attualmente recate dal comma 3-quinquies dell'art. 6 del D.L. 135/2018, sono ricollocate (dall'art. 4, comma 1, del presente schema) all'interno del nuovo comma 5-quinquies dell'art. 258 del Codice.

Ciò motiva l'abrogazione (disposta dall'art. 6, comma 1, lettera c), del presene schema) del comma 3-quinquies dell'art. 6 del D.L. 135/2018.

A differenza del comma 3-quinquies, che demanda la determinazione degli importi al decreto attuativo, il nuovo comma 5-quinquies dell'art. 258 del Codice individua le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

- da 500 a 2.000 euro in caso di mancata o irregolare iscrizione al RENTRI, per i rifiuti non pericolosi, e da 1.000 a 3.000 euro per i rifiuti pericolosi;

- da 500 a 2.000 euro in caso di mancata o incompleta trasmissione dei dati informativi, per i rifiuti non pericolosi, e da 1.000 a 3.000 euro per i rifiuti pericolosi.
Tali sanzioni sono ridotte ad un terzo nel caso in cui si proceda all'iscrizione al RENTRI entro 60 giorni dalla scadenza dei termini fissati dal decreto attuativo previsto dal comma 1 e dalle procedure operative. Non è invece soggetta alle citate sanzioni la mera correzione di dati, comunicata con le modalità previste dal decreto attuativo citato.

Si fa notare che tale disposizione consente di recepire solo in parte il criterio di delega previsto dal punto 6) dell'art. 16, comma 1, lett. b), della L. 117/2019.
Tale criterio richiede infatti che si proceda alla revisione del sistema sanzionatorio relativo agli adempimenti di tracciabilità, secondo criteri di adeguatezza e di proporzionalità in funzione dell'attività svolta, della pericolosità dei rifiuti e delle dimensioni dell'impresa.
La norma in esame però gradua le sanzioni solo in ragione della pericolosità del rifiuto e non anche dell'attività e delle dimensioni dell'impresa.

Registri di carico e scarico (art. 1, comma 15)

Il comma 15 dell'articolo 1, come evidenziato dalla relazione illustrativa, modifica l'art. 190 (che reca la disciplina del registri di carico e scarico) "limitatamente al comma 1, introducendo il contenuto dell'articolo 35 della direttiva relativamente alle indicazioni che devono essere riportate nel registro di carico e scarico, quale strumento gestionale in capo agli operatori, con particolare riferimento alle quantità dei prodotti e dei materiali ottenuti dalle operazioni di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio e da altre operazioni di recupero, anche al fine di poter interagire con il Registro Elettronico Nazionale".

La riscrittura in questione non si limita a introdurre le disposizioni menzionate dalla relazione illustrativa, ma interviene anche sul novero dei soggetti obbligati alla tenuta dei registri di carico e scarico, al fine di rendere la disposizione nazionale maggiormente aderente alla norma unionale.

In base al nuovo disposto del comma 1 risultante dalla riscrittura in esame, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico è imposto:

- agli enti e le imprese che effettuano trattamento dei rifiuti;

- ai produttori di rifiuti pericolosi;

- agli enti e le imprese che trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale;

Si fa notare che, rispetto al testo della direttiva, scompare la parola "raccolgono", per cui, rispetto alla direttiva, sembrerebbero risultare esclusi dall'obbligo di tenuta dei registri enti e imprese che raccolgono rifiuti pericolosi a titolo professionale. Si valuti pertanto la compatibilità con la direttiva dell'esclusione di tali soggetti.
Si fa altresì notare che l'ultimo periodo, lettera b), del nuovo testo del comma 1 fa riferimento a soggetti che "effettuano la raccolta". Appare, pertanto, opportuno un coordinamento normativo al riguardo.

- agli enti e alle imprese che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi.

Per quanto riguarda le modifiche evidenziate dalla relazione illustrativa, relative al contenuto informativo dei registri, il nuovo testo del comma 1 prevede che i soggetti indicati dalla norma hanno l'obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico su cui sono indicati:

- la data del carico e dello scarico dei rifiuti;

- la quantità, la natura e l'origine dei rifiuti;

- la quantità dei prodotti e dei materiali ottenuti dalle operazioni di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio e da altre operazioni di recupero.

Viene altresì previsto che le informazioni citate sono da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. Tale ultima previsione non è invece prevista per i soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g).

Le citate lettere, in base alla riscrittura operata dal comma 9 dell'art. 1 dello schema in esame, si riferiscono ai seguenti rifiuti speciali:
c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli urbani;
d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli urbani;
g) i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.

Ulteriori disposizioni introdotte dalla riscrittura in esame riguardano la tempistica per l'effettuazione delle annotazioni nei registri. Viene infatti previsto che le stesse devono essere effettuate:
- per i produttori, almeno entro 10 giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
- per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro 10 giorni lavorativi dall'effettuazione del trasporto;
- per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro 10 giorni lavorativi dall'effettuazione della transazione relativa;
- per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro 2 giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

Tali disposizioni riproducono quanto già previsto dal testo vigente.


Pianificazione nazionale e regionale (art. 2, commi 1 e 2)

Il comma 1 dell'articolo 2 inserisce, nel testo del Codice, il nuovo articolo 198-bis che prevede l'elaborazione di un programma nazionale per la gestione dei rifiuti.

Il comma 2 invece reca una serie di modifiche alla disciplina della pianificazione regionale contenuta nell'art. 199 del Codice.


Programma nazionale per la gestione dei rifiuti - PNGR (art. 198-bis del Codice)

Il nuovo articolo 198-bis del Codice, introdotto dal comma 1 dell'articolo 2 dello schema in esame, disciplina i contenuti e le procedure per l'approvazione e l'aggiornamento del PNGR.

Relativamente alle procedure per l'approvazione del PNGR, il comma 1 dell'art. 198-bis dispone che lo stesso è:

- predisposto dal Ministero dell'ambiente, con il supporto di ISPRA;

- sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS;

- successivamente approvato, sentita la Conferenza Stato-Regioni, con decreto del Ministro dell'ambiente.

Il comma 5 del medesimo articolo 198-bis prevede che, in sede di prima applicazione, il PNGR è approvato entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.

Lo stesso comma prevede che il Ministero dell'ambiente provveda all'aggiornamento del PNGR almeno ogni 6 anni, tenendo conto, tra l'altro, delle modifiche normative, organizzative e tecnologiche intervenute nello scenario nazionale e sovranazionale.

I commi 2, 3 e 4 dell'art. 198-bis del Codice disciplinano invece i contenuti del PNGR.

In particolare, il comma 2 dispone che il PNGR definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti (PRGR) disciplinati dall'art. 199 del Codice.

Il successivo comma 3 definisce il contenuto minimo del PNGR, stabilendo che il programma contiene almeno:
a) i dati inerenti alla produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità e fonte;
b) la ricognizione impiantistica nazionale, per tipologia di impianti e per regione;
c) l'adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi stessi;
d) l'indicazione dei criteri generali per l'individuazione di distretti interregionali, definiti tramite accordi tra Regioni ai sensi dell'art. 117, ottavo comma, della Costituzione, che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità;

Andrebbe chiarito il riferimento all'ottavo comma dell'art. 117 della Costituzione, posto che lo stesso riguarda la potestà regolamentare di Comuni, Province e Città metropolitane.
e) la descrizione del grado di soddisfacimento degli obiettivi derivanti dal diritto dell'UE in relazione alla gestione dei rifiuti e l'individuazione delle politiche e degli obiettivi intermedi cui le Regioni devono tendere ai fini del pieno raggiungimento dei medesimi;
f) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macro-aree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale;
g) la definizione di un Piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale in tema di rifiuti e di economia circolare;
h) il piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni sulla base dell'istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia Autonoma.

Con riferimento alla " razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità" e all'individuazione dei "fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macro-aree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale" previste dalle lettere d) ed f) del comma in esame, si fa notare che tali disposizioni consentono di riproporre, in qualche modo, la programmazione dei fabbisogni prevista nel corso della scorsa legislatura dall'art. 35 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia).
Tale articolo, in estrema sintesi, ha previsto l'individuazione a livello nazionale della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo "determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale" (comma 1). Lo stesso articolo ha inoltre previsto la ricognizione dell'offerta esistente e del fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per regioni (comma 2).
A tali disposizioni è stata data attuazione, rispettivamente, con il  D.P.C.M. 10 agosto 2016 e con il D.P.C.M. 7 marzo 2016.

Si ricorda che la norma recata dal citato art. 35 ed i provvedimenti attuativi citati sono stati oggetto di contenzioso sia a livello nazionale che europeo.
Dapprima, con la  sentenza n. 244/2016, la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune regioni nei confronti dell'art. 35.
Nel motivare la propria decisione, la Corte ha richiamato "la costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale «la disciplina della gestione dei rifiuti rientra nella materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" riservata, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla competenza esclusiva dello Stato (ex multis, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009)» (sentenza n. 154 del 2016); in questa materia, inoltre, «lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste» (sentenza n. 307 del 2003). L'art. 35, a ben vedere, persegue un livello uniforme di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale e, pertanto, risulta legittimamente adottato dallo Stato nell'esercizio di tale sua competenza" e che "il rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni comporta l'intesa con la Regione interessata ai fini della localizzazione dell'impianto."
Per arrivare a tale conclusione la Corte ha richiamato altresì il disposto dell'art. 195, comma 1, lettera f), del Codice, che non è modificato dallo schema in esame.
Tale disposizione attribuisce, tra l'altro, alla competenza statale "l'individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese; l'individuazione è operata, sentita la Conferenza unificata … a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare…".
Dopo aver richiamato il contenuto di tale norma, la Corte ha sottolineato che "è bensì vero che il richiamato art. 195, comma 1, lettera f), conteneva una clausola che faceva espressamente salve le prerogative regionali, prevedendo l'individuazione degli impianti «nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni»; ciò nondimeno, l'assenza di un'analoga clausola nella disposizione impugnata non può far presumere che il legislatore statale intenda operare in violazione di quanto è costituzionalmente stabilito".
Successivamente, la Corte di giustizia dell'Unione europea (con la  sentenza 8 maggio 2019, causa C-305/18), pur ritenendo la normativa in questione compatibile con il principio comunitario della "gerarchia dei rifiuti", ha sostanzialmente affermato che una normativa come quella recata dal D.P.C.M. 10 agosto 2016, che ha individuato il fabbisogno di nuovi impianti di incenerimento, deve essere soggetta ad una valutazione ambientale strategica (VAS) preventiva.
Si fa notare come di tale ultima annotazione della Corte di giustizia dell'UE tenga conto il comma 1 dell'art. 198- bis che prevede che il PNGR sia sottoposto a verifica di assoggettabilità a VAS.

Si fa altresì notare che le nuovi disposizioni introdotte dall'art. 198-bis sembrano prevedere un programma in parte analogo a quello previsto dalla citata lettera f) del comma 1 dell'art. 195 del Codice. Si valuti pertanto l'opportunità di un coordinamento di tali disposizioni.

Con riferimento alla lettera h), che stabilisce che all'interno del PNGR sia contenuto il "piano di gestione delle macerie e dei materiali derivanti dal crollo e dalla demolizione di edifici ed infrastrutture a seguito di un evento sismico, definito d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni sulla base dell'istruttoria presentata da ciascuna Regione e Provincia Autonoma" si fa notare che tale disposizione sembra finalizzata a superare le difficoltà che negli ultimi anni si sono verificate nella gestione delle macerie, in particolar modo nei territori dell'Italia centrale colpiti dagli eventi sismici verificatisi a decorrere dal 24 agosto 2016.
La disciplina per la gestione delle macerie derivanti da tali eventi sismici è contenuta nell'art. 28 del D.L. 189/2016, come modificato, da ultimo, dall'art. 4 del D.L. 123/2019 nonchè, limitatamente alla proroga dei termini dall'art. 15, comma 7- sexies, del D.L. 162/2019.

Si fa notare che l'art. 28 citato affida alle regioni la competenza ad approvare i piani e prevede che in sede di aggiornamento sia sentito il Commissario straordinario per la ricostruzione.

Il comma 4 individua il contenuto facoltativo del PNGR, prevedendo che il programma possa altresì contenere:
a) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti;
b) la definizione di meccanismi vincolanti di solidarietà tra Regioni finalizzata alla gestione di eventuali emergenze.

Si fa notare che le disposizioni recate dal nuovo articolo 198- bis del Codice recepiscono il criterio di delega recato dal punto 5.4 della lettera m) del comma 1 dell'art. 16 della legge 117/2019.
Il punto 5.4 richiede infatti di "istituire una funzione di pianificazione nazionale della gestione dei rifiuti, anche con efficacia conformativa della pianificazione regionale, con l'individuazione di obiettivi, flussi e criteri, nonché di casi in cui promuovere la realizzazione di gestioni interregionali in base a specifici criteri, tra i quali devono essere considerate la conformazione del territorio e le caratteristiche socio-urbanistiche e viarie, anche al fine di ridurre quanto più possibile la movimentazione di rifiuti e di sfruttare adeguatamente le potenzialità degli impianti esistenti".
Si fa altresì notare che l'inserimento di un programma nazionale di gestione dei rifiuti, accanto a quelli regionali, appare compatibile con il disposto della direttiva rifiuti che all'articolo 28 dispone, tra l'altro, che "Gli Stati membri provvedono affinché le rispettive autorità competenti predispongano, ... uno o più piani di gestione dei rifiuti. Tali piani coprono, singolarmente o in combinazione tra loro, l'intero territorio geografico dello Stato membro interessato" e che "i piani di gestione dei rifiuti comprendono un'analisi della situazione della gestione dei rifiuti esistente nell'ambito geografico interessato nonché le misure da adottare per migliorare una preparazione per il riutilizzo, un riciclaggio, un recupero e uno smaltimento dei rifiuti corretti dal punto vista ambientale e una valutazione del modo in cui i piani contribuiranno all'attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della presente direttiva".
Si fa inoltre notare che la previsione dell'aggiornamento del piano ogni 6 anni, previsto dal comma 5 dell'art. 198- bis, recepisce la disposizione recata dall'art. 30 della direttiva secondo cui "Gli Stati membri provvedono affinché i piani di gestione e i programmi di prevenzione dei rifiuti siano valutati almeno ogni sei anni".
Si fa altresì notare che il nuovo PNGR si affianca al   Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti  (e relativi aggiornamenti, l'ultimo dei quali trasmesso al Parlamento nell'agosto 2018, Doc. CCXXIV, n. 1), predisposto in attuazione dell'art. 29 della direttiva e disciplinato dall'art. 180 del Codice (che viene riscritto dallo schema in esame).
Tale articolo 29 dispone, infatti, tra l'altro, che "gli Stati membri istituiscono programmi di prevenzione dei rifiuti... (che) sono integrati nei piani di gestione dei rifiuti richiesti a norma dell'articolo 28 o, se opportuno, in altri programmi di politica ambientale oppure costituiscono programmi a sé stanti.

Programmi regionali di gestione dei rifiuti - PRGR (modifiche all'art. 199 del Codice)

Il comma 2 dell'articolo 2 modifica in più punti la disciplina della pianificazione regionale in materia di rifiuti contenuta nell'art. 199 del Codice.

Prescindendo dalle modifiche di carattere formale o di minore entità, le modifiche più rilevanti all'art. 199 consistono:

  • nella riscrittura della lettera b) del comma 3 al fine di prevedere l'estensione dei contenuti del PRGR al fine di includervi anche la ricognizione degli impianti di trattamento (a differenza del testo vigente che contempla solo gli impianti di recupero e smaltimento) nonché eventuali sistemi speciali (parrebbe da intendersi di raccolta) per rifiuti contenenti quantità importanti di materie prime critiche;
    Si fa notare che il riferimento ai rifiuti contenenti importanti quantità di materie prime critiche recepisce quanto previsto dal nuovo testo della lettera b) del paragrafo 3 dell'art. 28 della direttiva rifiuti, inserito dall'art. 1, par. 1, punto 21, lett. a), della direttiva 2018/851/UE.
  • nella precisazione che la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali (ATO) prevista dalla lettera f) del comma 3 deve avvenire nel rispetto delle linee guida definite non dal programma previsto dall'art. 195, comma 1, lettera f), ma dal nuovo PNGR previsto dall'art. 198-bis.

    Una modifica analoga riguarda la lettera l) ove si precisa che i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, devono essere definiti nel rispetto dei criteri generali definiti dal nuovo PNGR;
    Relativamente a tale lettera si evidenzia che nel testo novellato scompare l'inciso che attribuisce alle province la competenza all'individuazione delle aree non idonee, in linea con il criterio di delega di cui al punto 6.3 della lettera m) del comma 1 dell'art. 16 della L. 117/20219, che richiede di "assegnare alle regioni la funzione di individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e di recupero, tenendo conto della pianificazione nazionale e di criteri ambientali oggettivi, tra i quali il dissesto idrogeologico, la saturazione del carico ambientale e l'assenza di adeguate infrastrutture d'accesso".
  • nella riscrittura della lettera h) che semplifica il disposto vigente limitandosi a prevedere un sistema di premialità per gli ATO più meritevoli (a differenza del testo vigente ove si contemplano incentivazioni e maggiorazioni di contributi) e introduce una sorta di clausola di invarianza degli oneri stabilendo che tale sistema premiale deve tener conto delle risorse disponibili a legislazione vigente;
  • nell'integrazione della lettera r) al fine di precisare che il programma regionale di prevenzione dei rifiuti, incluso nel PRGR, deve contenere anche le misure per la riduzione dei rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione;
    Si tratta di una misura che allinea i contenuti del programma regionale di prevenzione a quelli previsti, dal nuovo testo testo dell'art. 180 del Codice (come riscritto dall'art. 1, comma 5, dello schema in esame), per il programma nazionale di prevenzione. Il comma 2, lettera g), del nuovo testo dell'art. 180 prevede infatti che nel programma nazionale di prevenzione siano incluse misure che quanto meno "riducono la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella fabbricazione, nella vendita e in altre forme di distribuzione degli alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nei nuclei domestici ... Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti comprende una specifica sezione dedicata al Programma di prevenzione dei rifiuti alimentari che favorisce l'impiego degli strumenti e delle misure finalizzate alla riduzione degli sprechi secondo le disposizioni di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166".
    La norma in esame appare inoltre in linea con il disposto del nuovo paragrafo 2- bis dell'art. 29 della direttiva quadro sui rifiuti (introdotto dall'art. 1, par. 1, punto 22, lett. c), della direttiva 2018/851/UE), che prevede che "gli Stati membri adottano programmi specifici di prevenzione dei rifiuti alimentari nell'ambito dei propri programmi di prevenzione dei rifiuti".
  • nell'inserimento di due nuove lettere (r-bis ed r-ter) che prevedono l'inclusione nel PRGR delle informazioni sulle misure volte a conseguire gli obiettivi previsti dall'art. 5, paragrafo 3-bis, della direttiva discariche (n. 1999/31/CE)  nonché delle misure per contrastare e prevenire tutte le forme di dispersione di rifiuti e per rimuovere tutti i tipi di rifiuti dispersi;
    Si ricorda che il citato paragrafo 3-bis dell'art. 5 della direttiva discariche dispone che "Gli Stati membri si adoperano per garantire che, entro il 2030, tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica, a eccezione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale...".
    Si fa notare che le lettere r-bis ed r-ter consentono di recepire le analoghe disposizioni recate dalle nuove lettere c-bis) ed f) del paragrafo 3 dell'art. 28 della direttiva rifiuti, introdotte dall'art. 1, par. 1, punto 21, lett. a), della direttiva 2018/851/UE.
  • nella modifica del comma 8 volta a prescrivere l'adeguamento del PRGR entro 18 mesi dalla pubblicazione del PNGR;
  • nella modifica del comma 10 volta ad eliminare il coinvolgimento delle province nelle valutazioni sulla necessità di aggiornamento del PRGR.
    Tale disposizione appare in linea con il   criterio di delega di cui al punto 6.1  della lettera m) del comma 1 dell'art. 16 della L. 117/20219, che richiede di "configurare la programmazione e la pianificazione della gestione dei rifiuti, fatte salve eccezioni determinate, come specifica responsabilità regionale, che deve essere esercitata senza poteri di veto da parte degli enti territoriali minori, comunque nel rispetto del principio di leale collaborazione, in modo da assicurare la chiusura del ciclo dei rifiuti a livello regionale".
  • in una serie di modifiche ai commi 11 e 12-bis finalizzate a disciplinare i flussi informativi tra regioni e Ministero dell'ambiente e a far transitare tali flussi sulla piattaforma telematica "MonitorPiani". In particolare, con una modifica al comma 11, viene previsto che tutti i piani di gestione dei rifiuti siano comunicati esclusivamente attraverso tale piattaforma telematica, che dovrà anche ricevere, da parte delle Regioni, tutti gli indicatori idonei e gli obiettivi che diano evidenza dell'attuazione delle misure previste dai piani. Inoltre, al fine di garantire l'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, il comma 12-bis è novellato al fine di prevedere che le Regioni dovranno trasmettere, sempre attraverso MonitorPiani, una serie di informazioni (elencate nel comma medesimo) e che l'ISPRA avrà accesso, per i dati di competenza, alla piattaforma.
    In proposito la relazione illustrativa ricorda che la comunicazione dei piani attraverso la citata piattaforma è stata prevista in ossequio alla premessa n. 60 della direttiva (UE) 2018/851 (ove si afferma, in particolare, che "è opportuno migliorare la qualità, l'affidabilità e la comparabilità dei dati, introducendo un punto di ingresso unico per tutti i dati relativi ai rifiuti") nonché dell'art. 35 della direttiva quadro che prevede, tra l'altro, che "Gli Stati membri istituiscono un registro elettronico o registri coordinati su cui riportare i dati riguardanti i rifiuti pericolosi di cui al paragrafo 1 per l'intero territorio geografico dello Stato membro interessato. Gli Stati membri possono istituire tali registri per altri flussi di rifiuti, in particolare quelli per i quali sono stati fissati obiettivi negli atti legislativi dell'Unione".
    Si fa inoltre notare che  il riferimento agli indicatori idonei e agli obiettivi recepisce quanto previsto dalla nuova lettera g) del paragrafo 3 dell'art. 28 della direttiva rifiuti, inserita  dall'art. 1, par. 1, punto 21, lett. a), della direttiva 2018/851/UE .
  • nell'inclusione, nel novero delle informazioni da comunicare tramite MonitorPiani ai fini dell'attività di vigilanza, di una serie di dati (ubicazione, proprietà, capacità nominale autorizzata, quantità di rifiuti in ingresso e quantitativi di materia recuperata suddivisa per codice CER) per ogni impianto di recupero di materia autorizzato con i criteri end of waste.

Raccolta differenziata (art. 2, comma 3)

Il comma 3 dell'articolo 2 integra la disciplina relativa alle misure per incrementare la raccolta differenziata, contenuta nell'art. 205 del Codice, mediante l'aggiunta di quattro nuovi commi (da 6-bis a 6-quinquies) dopo il comma 6 di tale articolo.

Il nuovo comma 6-bis dell'art. 205 del Codice dispone il divieto di miscelazione dei rifiuti raccolti in modo differenziato, stabilendo che gli stessi non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali che ne possano compromettere le operazioni di preparazione per il riutilizzo, di riciclaggio e di altre operazioni di recupero.

Il successivo comma 6-ter prevede che la deroga al citato divieto sia possibile nel caso di raccolta congiunta di più materiali, purché ciò sia economicamente sostenibile e non pregiudichi la possibilità che siano preparati per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero e offra, al termine di tali operazioni, un risultato di qualità comparabile a quello ottenuto mediante la raccolta differenziata delle singole frazioni.

Si tratta di disposizioni che consentono di recepire il disposto dell'art. 10 della direttiva quadro sui rifiuti (come riscritto dall'art. 1, par. 1, punto 11, della direttiva 2018/851/UE).
In particolare il paragrafo 2 di tale articolo dispone, tra l'altro, che "ove necessario, ... per facilitare o migliorare la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero, i rifiuti sono soggetti a raccolta differenziata e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse". Il paragrafo successivo prevede che gli Stati membri possono consentire deroghe alle disposizioni del paragrafo 2 a condizione che almeno una delle seguenti condizioni sia soddisfatta:
a) la raccolta congiunta di determinati tipi di rifiuti non pregiudichi il loro potenziale di essere oggetto della preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altre operazioni di recupero ... e offra, al termine di tali operazioni, un risultato di qualità comparabile a quello ottenuto mediante raccolta differenziata;
b) la raccolta differenziata non produca il miglior risultato in termini ambientali ove si tenga conto dell'impatto ambientale generale della gestione dei relativi flussi di rifiuti;
c) la raccolta differenziata non sia fattibile da un punto di vista tecnico tenuto conto delle migliori pratiche in materia di raccolta dei rifiuti;
d) la raccolta differenziata comporterebbe costi economici sproporzionati tenuto conto dei costi degli impatti negativi della raccolta e del trattamento di rifiuti indifferenziati sull'ambiente e sulla salute, del potenziale di miglioramento dell'efficienza della raccolta e del trattamento dei rifiuti, delle entrate derivanti dalla vendita di materie prime secondarie, nonché dell'applicazione del principio «chi inquina paga» e della responsabilità estesa del produttore.


Il nuovo comma 6-quater dell'art. 205 del Codice prevede l'effettuazione della raccolta differenziata almeno per i seguenti materiali:

- per la carta, i metalli, la plastica, il vetro, ove possibile per il legno, nonché per i tessili entro il 1° gennaio 2022;

Si fa notare che il coma 1 del vigente art. 181 del Codice ha già previsto l'effettuazione, sin dal 2015, della raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno. Tale disposizione però viene soppressa dalla riscrittura dell'art. 181 operata dallo schema in esame e, conseguentemente, ricollocata all'interno del comma in esame. 
Per i tessili, si fa notare che la norma in esame consente di anticipare la scadenza prevista dalla direttiva quadro europea: l'art. 11 dispone infatti che gli Stati membri istituiscono la raccolta differenziata per i tessili entro il 1° gennaio 2025.

- per i rifiuti organici ove, raccolti separatamente per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio a norma del comma 2 non sono inceneriti, a eccezione dei rifiuti derivanti da successive operazioni di trattamento dei rifiuti raccolti separatamente per i quali l'incenerimento produca il miglior risultato ambientale conformemente alla gerarchia di gestione dei rifiuti;

La relazione illustrativa sottolinea che la raccolta separata dei rifiuti organici è già prevista dal testo vigente del Codice (v. art. 182- ter).
Si segnala inoltre che il criterio di delega recato dalla lettera  g) del comma 1 dell'art. 16 della L. 117/2019 richiede che entro il 31 dicembre 2020 i rifiuti organici siano raccolti in modo differenziato su tutto il territorio nazionale.

Si osserva che il richiamato comma 2 dell'art. 205 è stato abrogato dal D.Lgs. 4/2008, per cui appare necessaria una riformulazione.

- per imballaggi, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili.

Si fa notare che il comma in esame prevede la raccolta differenziata per tutti i rifiuti domestici indicati nella nuova definizione di rifiuti urbani recata dal punto 2- ter dell'art. 3 della direttiva rifiuti, introdotto dall'art. 1, paragrafo 1, punto 3), della direttiva 2018/851/UE.
La definizione richiamata include nel novero dei rifiuti urbani i "rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili".

Il nuovo comma 6-quinquies dell'art. 205 del Codice prevede che il Ministero dell'ambiente promuove - senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, previa consultazione con le associazioni di categoria - la demolizione selettiva:

- onde consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità, di quanto residua dalle attività di costruzione e demolizione tramite la rimozione selettiva dei materiali;

- nonché garantire l'istituzione di sistemi di selezione dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno, frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso.

Si tratta di una disposizione che recepisce fedelmente quanto previsto dall'art. 11 della direttiva rifiuti, come riscritto dall'art. 1, paragrafo 1, punto 12), della direttiva 2018/851/UE.
Si fa altresì notare che il criterio di delega recato dalla lettera n) dell'art. 16 della L. 117/2019 richiede di "disciplinare la raccolta di particolari tipologie di rifiuti, come, a titolo esemplificativo, i rifiuti di costruzione e di demolizione, presso i rivenditori di prodotti merceologicamente simili ai prodotti che danno origine a tali rifiuti".

Regole per il calcolo degli obiettivi di riuso, riciclo e recupero (art. 2, comma 4)

Il comma 4 dell'articolo 2 introduce, nel testo del Codice, l'articolo 205-bis relativo alle regole per il calcolo degli obiettivi previsti dall'art. 181 per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti.

La norma in esame consente di recepire abbastanza fedelmente le disposizioni dell' articolo 11-bis della direttiva rifiuti, introdotto dall'art. 1, paragrafo 1, punto 12), della direttiva 2018/851/UE.


NORME RELATIVE AGLI IMBALLAGGI (art. 3, commi 1-7)

L'articolo 3 apporta una serie di modifiche alla disciplina degli imballaggi contenuta nel titolo II della parte IV del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006).

Un primo gruppo di modiche è finalizzato, in particolare, al riallineamento delle definizioni a quelle recate dalla direttiva imballaggi (comma 3), nonché a intervenire sui criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio (comma 4).

Viene inoltre riscritta la disciplina relativa al sistema sperimentale di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare, al fine di ampiarla a tutti gli imballaggi e di renderla permanente (comma 5).

Sono altresì introdotte (dal comma 6) disposizioni volte a recepire fedelmente le regole dettate dell'UE per calcolare il conseguimento degli obiettivi.

Viene inoltre modificata la disciplina della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio e i relativi obblighi della pubblica amministrazione (comma 7).


Finalità e definizioni (art. 3, commi 1-3)

I commi 1 e 2 dell'articolo 3 recano modifiche limitate all'art. 217 del Codice, con il quale si apre il titolo II della parte IV, dedicato alla "gestione degli imballaggi".

L'unica modifica degna di nota è quella recata dal comma 2 che recepisce le finalità indicate dall'art. 1, punto 1), della direttiva 2018/852/UE, vale a dire:

- la prevenzione, in via prioritaria, della produzione di rifiuti di imballaggio;

- l'incentivazione del riutilizzo degli imballaggi, il riciclaggio e altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio;

- e, quindi, la riduzione dello smaltimento finale di tali rifiuti.


Il comma 3 modifica l'art. 218 del Codice al fine di allineare le definizioni in esso contenute a quelle dell'art. 3 della direttiva imballaggi (94/62/CE) come modificato dalla direttiva 2018/852/UE.

E' quindi modificata la definizione di imballaggio riutilizzabile al fine di chiarire che riguarda anche gli imballaggi immessi sul mercato e che gli spostamenti o rotazioni di tale imballaggio devono avvenire "con le stesse finalità per le quali è stato concepito".

E' inoltre introdotta la definizione di imballaggio composito, inteso come un imballaggio costituito da due o più strati di materiali diversi che non possono essere separati manualmente e formano una singola unità, composto da un recipiente interno e da un involucro esterno, e che è riempito, immagazzinato, trasportato e svuotato in quanto tale (nuova lettera e-bis) del comma 1 del'art. 218).

Viene previsto che, ai fini del titolo II della parte IV del Codice, si applicano le definizioni di «rifiuto», «gestione dei rifiuti», «raccolta», «raccolta differenziata», «prevenzione», «riutilizzo», «trattamento», «recupero», «riciclaggio» e «smaltimento» dettate, dall'art. 183 del Codice, nell'ambito della disciplina generale sui rifiuti. Conseguentemente sono soppresse le definizioni speculari che nel testo vigente sono collocate nell'articolo 218, al fine di evitare inutili ripetizioni.

Si fa notare che il riallineamento delle definizioni previsto dal comma in esame consente di attuare il criterio di delega recato dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 16, ove si richiede, tra l'altro, di riformare il sistema delle definizioni di cui all'art. 218 del Codice in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, numero 2), della direttiva (UE) 2018/852.

Criteri gestionali (art. 3, comma 4)

Il comma 4 dell'articolo 3 reca una serie di modifiche all'art. 219 del Codice che disciplina i criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio.

Una prima modifica (recata dalla lettera a)) integra il testo del comma 1 dell'art. 219 al fine di precisare che tra i principi generali a cui si informa l'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è incluso l'utilizzo di strumenti economici o altre misure volte ad incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti, come quelle elencate nell'allegato L-ter o altri strumenti e misure appropriate.

Si tratta di una disposizione che recepisce fedelmente l'ultimo periodo del paragrafo 1 dell'art. 4 della direttiva imballaggi, come riscritto dalla direttiva 2018/852/UE.
La relazione illustrativa sottolinea che l'introduzione del riferimento agli strumenti economici e finanziari previsti nell'allegato IV- bis della direttiva (UE) 2018/851, recepiti nell'allegato L- ter del presente schema, consentirà "al Governo di poter attivare specifiche politiche, le cui risorse dovranno necessariamente essere contemplate in apposita legge di bilancio"
Tra gli esempi di strumenti economici e di altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti elencati nell'allegato L- ter si ricordano, in particolare: tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l'incenerimento; regimi di tariffe puntuali; sistemi di cauzione-rimborso e altre misure per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati; appalti pubblici sostenibili; ricorso a misure fiscali o altri mezzi per promuovere la diffusione di prodotti e materiali che sono preparati per il riutilizzo o riciclati; incentivi economici per le autorità locali e regionali, volti in particolare a promuovere la prevenzione dei rifiuti e intensificare i regimi di raccolta differenziata; sistemi di coordinamento, anche per via digitale, tra tutte le autorità pubbliche competenti che intervengono nella gestione dei rifiuti; promozione di un dialogo e una cooperazione continui tra tutte le parti interessate alla gestione dei rifiuti, incoraggiamento di accordi volontari e della trasmissione delle informazioni sui rifiuti da parte delle aziende.

La lettera b) riscrive i commi 2 e 3 dell'art. 219, senza tuttavia apportare modifiche rilevanti.

E' il caso, ad esempio, della modifica volta a precisare che la raccolta differenziata è organizzata dalle Autorità d'ambito, ove costituite ed operanti, ovvero dai Comuni e non, come prevede in maniera eccessivamente generica il testo vigente, dalla pubblica amministrazione.

E' il caso, altresì, della soppressione della lettera d) del comma 2 dell'art. 219, ove si prevede il principio di incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggio in raccolta differenziata da parte del consumatore.

Si fa notare che tali principi sono comunque declinati in altre disposizioni del titolo II della parte IV del Codice.
Si pensi, ad esempio, al nuovo testo del'art. 219- bis, ove si dispone che "gli operatori economici adottano misure volte ad assicurare l'aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l'utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi".
La lettera c) modifica il comma 5 dell'art. 219 al fine di stabilire che l' etichettatura di tutti gli imballaggi deve essere effettuata non in base alle modalità stabilite con apposito decreto ministeriale (come prevede il testo vigente) ma secondo le norme tecniche UNI applicabili.
La lettera d) introduce nell'art. 219 un nuovo comma 5- bis che prevede che il  Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, può stabilire un  livello rettificato degli obiettivi di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio fissati dall'Allegato E, per un determinato anno, tenendo conto della quota media, nei tre anni precedenti, di imballaggi per la vendita riutilizzabili immessi per la prima volta sul mercato e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, nel rispetto dei criteri ivi definiti.
Si tratta di una disposizione che recepisce fedelmente il paragrafo 2 dell'art. 5 della direttiva imballaggi come riscritto dalla direttiva 2018/852/UE.

Sistema di riutilizzo degli imballaggi (art. 3, comma 5)

Il comma 5 dell'articolo 3 riscrive l'art. 219-bis del Codice al fine di modificare ed estendere la disciplina relativa al sistema sperimentale di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare in esso prevista.

Il testo vigente dell'art. 219-bis ha introdotto, in via sperimentale e su base volontaria del singolo esercente, per la durata di dodici mesi, il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi contenenti birra o acqua minerale serviti al pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo. La disciplina delle modalità della sperimentazione, demandata dall'articolo in questione ad un apposito decreto attuativo, è stata emanata con il D.M. 3 luglio 2017, n. 142.

Il nuovo testo previsto dal comma in esame dispone che gli operatori economici adottano misure volte ad assicurare l'aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l'utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché dei sistemi per il riutilizzo degli imballaggi senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l'igiene degli alimenti né la sicurezza dei consumatori, nel rispetto della normativa nazionale in materia.

La nuova disciplina si differenzia quindi dal testo vigente perchè:

- non riguarda solo gli imballaggi ad uso alimentare ma tutte le tipologie di imballaggio;

- non si pone più come una disciplina sperimentale ma come norma a carattere permanente.

La nuova disciplina, inoltre, prevede la possibilità, per gli operatori economici, di stipulare appositi accordi e contratti di programma.

Viene inoltre prevista l'emanazione di un decreto ministeriale (adottato dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) per l'adozione di misure atte ad incentivare forme di riutilizzo attraverso, tra l'altro: la fissazione di obiettivi qualitativi e/o quantitativi; l'impiego di premialità e di incentivi economici; la fissazione di una percentuale minima di imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato ogni anno per ciascun flusso di imballaggi.

Le disposizioni recate dal comma in esame consentono di recepire quelle dettate dall' art. 5, paragrafo 1, della direttiva imballaggi, come riscritto dalla direttiva 2018/852/UE.

Regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi (art. 3, comma 6)

Il comma 6 dell'articolo in esame sostituisce il comma 6 dell'art. 220 del Codice, che si limita a disciplinare l'adozione e l'aggiornamento degli obiettivi di recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (indicati nell'allegato E alla parte quarta del Codice), con una serie di disposizioni (commi 6, 6-bis-6-sexies) che recepiscono fedelmente le regole per calcolare il conseguimento degli obiettivi dettate dal nuovo art. 6-bis della direttiva imballaggi, introdotto dalla direttiva 2018/852/UE.

Si tratta di una disciplina articolata che si sviluppa a partire dalle regole di base previste dalle lettere a) e b) del nuovo testo del comma 6 e secondo le quali il calcolo degli obiettivi in questione avviene a partire dal peso dei rifiuti di imballaggio prodotti e riciclati in un determinato anno civile, dove:
- la quantità di rifiuti di imballaggio prodotti può essere considerata equivalente alla quantità di imballaggi immessi sul mercato nel corso dello stesso anno;
- il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati è calcolato come "il peso degli imballaggi diventati rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di elevata qualità, sono immessi nell'operazione di riciclaggio con la quale i materiali di scarto sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze".
Si fa notare che la disposizione recata dal paragrafo 3 dell'art. 6- bis della direttiva imballaggi, che impone agli Stati membri di stabilire un efficace sistema di controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti di imballaggio, è recepita dalla norma recata dall'ultimo periodo del nuovo testo del comma 6, ove si dispone che il controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti di imballaggio è assicurato dal RENTRI (Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti), disciplinato dal nuovo testo dell'art. 188- bis (v. commento all'art. 1, comma 14, del presente schema).

Raccolta differenziata degli imballaggi (art. 3, comma 7)

Il comma 7 dell'articolo 3 riscrive i primi quattro commi dell'art. 222 del Codice, che disciplinano la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio e i relativi obblighi della pubblica amministrazione.

Il comma 1 subisce alcune modifiche che tuttavia non alterano l'impianto della norma.

Con una prima modifica viene precisato che l'organizzazione di sistemi adeguati di raccolta differenziata spetta agli enti di governo dell'ATO, ove costituiti ed operanti, ovvero ai Comuni, e non, come prevede genericamente il testo vigente, alla pubblica amministrazione. 

Vengono inoltre precisati ed ampliati gli obiettivi a cui deve tendere l'organizzazione dei sistemi citati.

Mentre il testo vigente si limita a disporre che tali sistemi devono permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggio, il nuovo testo dispone che devono consentire allo stesso consumatore di conferire al servizio pubblico anche le altre particolari categorie di rifiuti selezionati dai rifiuti domestici.

Un'ulteriore integrazione è volta a disporre che i sistemi in questione devono anche permettere il raggiungimento dei nuovi obiettivi di recupero e di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio (riportati nell'allegato E).

La parte della disposizione recata dalla vigente lettera b) ove si dispone che la raccolta differenziata deve avvenire secondo criteri che privilegino l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio è stata ricollocata nel nuovo comma 2.

Il nuovo testo della lettera b) prevede che oltre a garantire la gestione della raccolta differenziata, venga garantito anche il trasporto nonché le operazioni di cernita o altre operazioni preliminari. Viene altresì previsto che il coordinamento con la gestione di altri rifiuti riguardi i rifiuti prodotti all'interno dell'Ente di governo d'ambito territoriale ottimale, ove costituito ed operante, ovvero i Comuni.

Il nuovo testo del comma 2, oltre a confermare i criteri di efficacia, efficienza ed economicità (già previsti dal testo vigente della lettera b) del comma 1 e ricollocati ora nel comma in esame), introduce anche il criterio dell'effettiva riciclabilità e precisa che la gestione deve avvenire sulla base delle determinazioni in merito ai costi efficienti dell'ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente).

Lo stesso comma introduce una disposizione secondo cui:

- i costi necessari per fornire i servizi di gestione di rifiuti sono a carico di produttori e utilizzatori nella misura almeno dell'80%;

- tali somme (di cui viene dettata la disciplina contabile) sono versate nei bilanci dei Comuni;

In proposito la relazione illustrativa sottolinea che "tale parametro (il riferimento sembra essere alla soglia dell'80%, n.d.r.) è stato determinato affinché la pubblica amministrazione incrementi l'efficienza del sistema di gestione e raggiunga livelli più elevati di raccolta differenziata. Tali somme dovranno essere versate ai bilanci comunali con destinazione vincolata, in modo da coprire parte dei costi del servizio e quindi della TARl a carico dei cittadini. Si è dunque applicata la deroga prevista dall'articolo 8-bis, paragrafo 4, lett. i) della direttiva (2008/98/CE, n.d.r.) così che la quota rimanente del 20% per la copertura integrale dei costi possa essere riconosciuta nel tempo a disposizione, in funzione di un miglioramento quali-quantitativo della raccolta differenziata".
Si ricorda altresì che l'articolo 14 della direttiva 98/2008, come modificato dall'art.1, paragrafo 15 della direttiva 851/2018, precisa che tra i costi della gestione dei rifiuti sono compresi anche quelli per la necessaria infrastruttura e il relativo funzionamento. Per quanto riguarda la materia della responsabilità estesa del produttore e dei requisiti minimi si rinvia all'art. 1, commi 2 e 3 del presente provvedimento.

Si fa notare che il testo vigente del comma 2 non è confrontabile con il nuovo testo in quanto riguarda altre questioni. Nello specifico, il testo vigente disciplina infatti i poteri sostitutivi nei casi in cui si accerti la mancata attivazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di sistemi adeguati di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio.

Il nuovo testo dei commi 3 e 4 (che non è confrontabile con le disposizioni vigenti, che riguardano altre questioni, v. infra) prevede che gli enti di governo degli ATO, ove costituiti e operanti, ovvero i Comuni:

- trasmettono annualmente entro il 31 ottobre alla Regione competente e al Ministero dell'ambiente un resoconto delle voci di costo sostenute per ciascun materiale, di cui all'allegato E, nonché per ciascuna tipologia di rifiuto, dimostrando l'effettivo riciclo, nonché l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dei servizi resi;

garantiscono la gestione completa della raccolta differenziata relativa a tutte le categorie di rifiuti indicate nella nuova definizione di rifiuti urbani (recata dall'art. 1, comma 3, lettera a), capoverso 2-ter, della direttiva 2018/851/UE) tramite specifici accordi di programma, da sottoscrivere con i sistemi collettivi".

Come anticipato, il testo vigente dei commi 3 e 4 riguarda altre materie: il comma 3 prevede che le  pubbliche amministrazioni incoraggiano, ove opportuno, l'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti, mentre il comma 4 dispone che i Ministeri dell'ambiente e delle  attività produttive curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione.

PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI (art. 3, comma 8)

Il comma 8 riscrive l'art. 227 del Codice che rinvia ad una serie di disposizioni esterne al Codice dell'ambiente la disciplina della gestione di particolari categorie di rifiuto, quali i RAEE e le pile, i rifiuti sanitari, i veicoli fuori uso, i rifiuti di beni e prodotti contenenti amianto.

L'unica modifica sostanziale prevista dalla riscrittura in esame risiede nell'aggiunta di un periodo iniziale volto a precisare che, nel rinviare alle citate discipline esterne, sono fatte comunque salve le disposizioni sulla responsabilità estesa del produttore (recate dagli articoli 178-bis e 178-ter del Codice), ove applicabili.

L'inciso "ove applicabili" appare necessario alla luce del fatto che alcune parti delle disposizioni richiamate non si applicano ai regimi di responsabilità estesa del produttore di cui alle direttive 2000/53/CE (sui veicoli fuori uso), 2006/66/CE (relativa a pile e accumulatori) o 2012/19/UE (RAEE). E' il caso, ad esempio, della lettera a) del comma 3 dell'art. 178- ter, che recepisce il disposto del punto a) del paragrafo 4 dell'art. 8- bis della direttiva quadro sui rifiuti.

SANZIONI (art. 4)

L'articolo 4 apporta limitate modifiche all'apparato sanzionatorio che completa la parte IV del Codice.

Della modifica recata dal comma 1, che interviene sulla disciplina sanzionatoria relativa alla tracciabilità dei rifiuti, si è già dato conto nel paragrafo "Tracciabilità dei rifiuti e relative sanzioni".

Il comma 2 introduce una disposizione (nuovo comma 2-ter dell'art. 263 del Codice) secondo cui i proventi delle sanzioni, previa riassegnazione al Ministero dell'ambiente, sono destinati agli interventi di bonifica dei c.d. SIN orfani (vale a dire dei siti inquinati di interesse nazionale di cui all'art. 252, comma 5, del Codice):

- qualora ricorrano le condizioni previste dall'art. 253, comma 5;

Tale comma prevede, in particolare, che "gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributi pubblici entro il limite massimo del cinquanta per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali".

- secondo criteri e modalità di ripartizione fissati con apposito decreto del Ministro dell'ambiente.

Relativamente al richiamato art. 252 del Codice (che disciplina i SIN), si ricorda che lo stesso dispone, al comma 5, che nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi (di bonifica, n.d.r.) sono predisposti dal Ministero dell'ambiente, avvalendosi dell'ISPRA, dell'Istituto superiore di sanità e dell'ENEA, nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati.

Si valuti l'opportunità di precisare a quali sanzioni fa riferimento il nuovo comma 2-bis dell'art. 263 del Codice, posto che il riferimento generico alle sanzioni potrebbe comportare problemi di compatibilità con gli altri commi dell'art. 263 - non modificati dalla norma in esame - i quali prevedono diverse destinazioni per i proventi delle sanzioni riferite a specifiche violazioni.


ABROGAZIONI (art. 6)

L'articolo 6 dispone l'abrogazione di una serie di disposizioni che risultano superate dalle nuove norme previste dal presente schema.

Di tali abrogazioni si è già dato conto nell'ambito del commento delle disposizioni che le giustificano.

A titolo di esempio, delle abrogazioni dei commi 1-3 dell'art. 194- bis del Codice e dei commi 3- bis e 3- quinquies dell'art. 6 del D.L. 135/2018 (disposte rispettivamente dalle lettere a) e c) dell'art. 6) viene dato conto all'interno del paragrafo "Tracciabilità dei rifiuti e relative sanzioni" del presente dossier. 

ALLEGATI (art. 7)

L'articolo 7, commi 1-8, reca modifiche agli allegati presenti nella parte quarta del Codice, al fine di recepire quanto introdotto con le direttive 2018/851 e 2018/852.

Il comma 1 modifica l'allegato C della parte IV del Codice, che riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero, intervenendo sulle operazioni R3, R4 e R5, in linea con quanto previsto dall'art. 1, paragrafo 31 della direttiva 2018/851, riguardanti, rispettivamente, il Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche), il Riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici e il Riciclaggio/recupero di altri materiali inorganici. La modifica specifica che nella operazione R3 sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento; nella operazione R4 è compresa la preparazione per il riutilizzo; nella operazione R5 sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.

Il comma 2 sostituisce l'allegato D, che contiene l'elenco dei rifiuti con i relativi codici di classificazione, con l'allegato che riporta il nuovo elenco dei rifiuti europeo presente nella decisione 955/2014, che tra l'altro introduce 3 nuovi codici CER, modifica la descrizione di altri, definisce che per alcune caratteristiche di pericolo (HP 4, HP 6, HP 8) si devono applicare valori soglia di concentrazione e stabilisce che per l'attribuzione delle caratteristiche HP le "prove" prevalgono sulle concentrazioni delle sostanze (in altre parole sulle "indagini analitiche").

La decisione 2014/955/UE introduce limitate modifiche all'Elenco Europeo dei rifiuti (le voci passano da 839 a 842 ed alcune vengono rivisitate) ed in particolare: modifica della descrizione del codice 010309 che viene definito "fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 10"; modifica della descrizione del codice 190304* da "rifiuti contrassegnati come pericolosi parzialmente stabilizzati" a "rifiuti contrassegnati come pericolosi parzialmente stabilizzati, diversi da quelli di cui al punto 19 03 08"; introduzione dei seguenti nuovi codici: - 010310* fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina contenenti sostanze pericolose, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07 - 160307* mercurio metallico - 190308* mercurio parzialmente stabilizzato.

Il comma 3 integra il disposto dell'allegato E alla parte IV del Codice al fine di recepire, in maniera fedele, i nuovi obiettivi minimi di riciclaggio in materia di imballaggi previsti, per il 2025 e il 2030, dall'art. 1, punto 5), lettera a), della direttiva 2018/852/UE.

Gli obiettivi previsti dal comma in esame, che reca disposizioni identiche a quelle introdotte dalla direttiva 2018/852/UE, sono sintetizzati nella tabella seguente:

Il comma 4 riscrive l'allegato F alla parte IV del Codice, che individua (nelle more di una regolamentazione specifica adottata con l'apposito decreto del Ministro dell'ambiente previsto dall'art. 226, comma 3, del Codice) i requisiti essenziali che devono essere posseduti dagli imballaggi ai fini della loro commercializzazione. La riscrittura in esame in realtà non apporta modifiche sostanziali al testo vigente dell'allegato F, ma si limita più che altro ad una riorganizzazione delle disposizioni dell'allegato medesimo.

L'unica modifica degna di nota operata dalla riscrittura consiste nell'aggiunta di un periodo, alla fine dell'allegato, ove si precisa (in linea con quanto previsto dall'allegato alla direttiva 2018/852/UE) che gli imballaggi oxodegradabili in plastica non sono considerati biodegradabili.

Il comma 5 sostituisce l'allegato I con l'allegato III della direttiva 2008/98, recante le caratteristiche di pericolo dei rifiuti, al fine di adeguarlo alle modifiche introdotte dal Regolamento 1357/2014 e dal Regolamento 2017/997.

Il comma 6 introduce un nuovo allegato L-ter alla parte IV del Codice, che riproduce fedelmente l'allegato IV-bis della direttiva 2008/98 (introdotto dalla direttiva (UE) 2018/851).

Tale allegato contiene un elenco di esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti.

Tra gli esempi elencati si ricordano, in particolare: tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l'incenerimento; regimi di tariffe puntuali; sistemi di cauzione-rimborso e altre misure per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati; appalti pubblici sostenibili; ricorso a misure fiscali o altri mezzi per promuovere la diffusione di prodotti e materiali che sono preparati per il riutilizzo o riciclati; incentivi economici per le autorità locali e regionali, volti in particolare a promuovere la prevenzione dei rifiuti e intensificare i regimi di raccolta differenziata; sistemi di coordinamento, anche per via digitale, tra tutte le autorità pubbliche competenti che intervengono nella gestione dei rifiuti; promozione di un dialogo e una cooperazione continui tra tutte le parti interessate alla gestione dei rifiuti, incoraggiamento di accordi volontari e della trasmissione delle informazioni sui rifiuti da parte delle aziende.
I commi 7 e 8 introducono, rispettivamente, l'allegato L-quater e l'allegato L-quinquies che riportano, il primo, i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata, provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, il secondo, le attività che li producono (si trattta della categoria di rifiuti cd. "rifiuti assimilabili" ex articolo 184, comma 2, lettera b) del Codice).


CLAUSOLA DI INVARIANZA FINANZIARIA (art. 8)

L'articolo 8 dispone che dalle disposizioni dello schema in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e che le amministrazioni e le autorità interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge (rectius decreto) con le risorse umane, strumentali e finanziare disponibili a legislazione vigente.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Lo schema di decreto legislativo in esame interviene su profili appartenenti alla materia tutela dell'ambiente, attribuita alla potestà legislativa esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.