Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali
Riferimenti: AC N.2203/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 188/2
Data: 23/10/2019
Organi della Camera: XI Lavoro

 

 

 

Servizio Studi

Ufficio ricerche sulle questioni del lavoro e della salute

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Dossier n. 159/2

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Lavoro

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Progetti di legge n. 188/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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D19101b.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Articoli 1, 2 e 3 (Disposizioni in materia di rapporti di collaborazione, di lavoro mediante piattaforme digitali, di misure di previdenza sociale relative a titolari di rapporti di collaborazione ed a lavoratori autonomi) 5

§  Articoli 3-bis (Comunicazioni obbligatorie) 16

§  Articolo 4 (Personale di ANPAL Servizi S.p.A.) 17

§  Articolo 5 (Misure urgenti in materia di personale INPS) 23

§  Articolo 5-bis (Internalizzazione del Contact center multicanale dell’INPS) 24

§  Articolo 5-ter (Assunzioni Ispettorato nazionale del lavoro) 27

§  Articolo 6 (Misure urgenti in favore dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità) 28

§  Articolo 6-bis (Termini di validità delle graduatorie di pubblici concorsi) 30

§  Articolo 7 (ISEE) 32

§  Articolo 8 (Donazioni al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili) 35

§  Articolo 8-bis (Ricorso contro provvedimento sanzionatorio della struttura organizzativa competente di Bolzano) 37

§  Articolo 9 (Stanziamento risorse per le aree di crisi complessa delle regioni Sardegna e Sicilia) 39

§  Articolo 9-bis (Finanziamento della proroga della CIGS) 44

§  Articolo 10 (Trattamenti di mobilità in deroga per l’area di crisi complessa Venafro-Campochiaro-Bojano e aree dell'indotto) 46

§  Articolo 10-bis (Progetto stradale denominato "Mare-Monti") 48

§  Articolo 11 (Esonero contributo addizionale) 50

§  Articolo 11-bis (Finanziamento di trattamenti di mobilità in deroga) 56

§  Articolo 11-ter (Estensione dell'indennizzo per le aziende che hanno cessato l'attività commerciale) 58

§  Articolo 12 (Potenziamento della struttura per le crisi di impresa) 61

§  Articolo 13 (Fondo per ridurre i prezzi dell'energia per le imprese e per evitare crisi occupazionali nelle aree dove è prevista la chiusura delle centrali a carbone) 65

§  Articolo 13-bis (Disposizioni in materia di incentivi per energia da fonti rinnovabili) 69

§  Articolo 13-ter (Incremento delle risorse per il rifinanziamento delle agevolazioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 al fine di sostenere la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi) 71

§  Articolo 14 (Disposizioni urgenti in materia di ILVA S.p.A.) Soppresso. 75

§  Articolo 14-bis (Cessazione della qualifica di rifiuto) 77

§  Articolo 15 (Fondo salva opere) 90

§  Articolo 15-bis (Clausola di salvaguardia) 95

 

 


Schede di lettura

 


Articoli 1, 2 e 3
(Disposizioni in materia di rapporti di collaborazione, di lavoro mediante piattaforme digitali, di misure di previdenza sociale relative a titolari di rapporti di collaborazione ed a lavoratori autonomi)

 

 

Gli articoli da 1 a 3 recano vari interventi relativi a:

-        l'ambito di applicazione della disciplina che equipara, sotto il profilo del diritto privato, determinati rapporti di collaborazione ai rapporti di lavoro subordinato (articolo 1, comma 1, lettera a)). Al riguardo, il Senato ha operato una riformulazione della novella. Tale riformulazione - oltre a porre il riferimento, presente già nel testo originario del decreto-legge, ai casi in cui le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali - modifica la definizione generale dei rapporti di collaborazione ricondotti alla disciplina del lavoro subordinato;

-        la definizione (comma 1, lettera c), e comma 2 dell'articolo 1) di una disciplina specifica per i rapporti di lavoro di soggetti (cosiddetti riders) impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di determinati veicoli, con riferimento ai casi in cui l'organizzazione delle attività sia operata attraverso piattaforme anche digitali e sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla precedente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente. Il Senato ha operato una parziale riformulazione della suddetta disciplina specifica;

-        la modifica dei requisiti di contribuzione per alcune prestazioni previdenziali relative agli iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS e l'incremento della misura per alcune di esse (lettera b) dell'articolo 1, comma 1);

-        la modifica dei requisiti di contribuzione per l'indennità di disoccupazione relativa ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio (DIS-COLL) (articolo 2);

-        la quantificazione e le misure di copertura finanziaria (articolo 3) degli oneri derivanti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), e dall'articolo 2 - misure di copertura costituite dalla riduzione del "Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza" e (per l'anno 2020) del Fondo nazionale per le politiche sociali -.

 

Equiparazione di alcuni rapporti di collaborazione ai rapporti di lavoro subordinato (articolo 1, comma 1, lettera a))

 

La novella di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), concerne l'ambito di applicazione della norma (di cui all'articolo 2 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni), che, sotto il profilo del diritto privato, assoggetta alla disciplina dei rapporti di lavoro subordinato anche determinati rapporti di collaborazione.

Questi ultimi, in base alla norma vigente, sono costituiti dai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

La novella specifica che la norma in esame si applica anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali. Tale novella appare intesa ad allargare la nozione di organizzazione (ai fini dell'assoggettamento alla disciplina dei rapporti di lavoro subordinato), con riferimento al problema dell'inquadramento giuridico di lavoratori che offrono la disponibilità della propria attività di servizio al committente tramite una piattaforma anche digitale, la quale determina l'organizzazione di un'attività, al fine di offrire un servizio a terzi mediante l'impiego della propria applicazione informatica (sul lavoro attraverso piattaforma digitale, cfr. infra l'apposita sezione). Come accennato, la novella di cui alla successiva lettera c) reca un complesso di norme su alcuni tipi di lavoro mediante piattaforme anche digitali - norme applicabili sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla presente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente -. 

Inoltre, la riformulazione operata dal Senato ha modificato la suddetta definizione generale dei rapporti di collaborazione ricondotti alla disciplina del lavoro subordinato. In particolare, la novella:

-      sostituisce, nella qualificazione delle prestazioni di lavoro, il termine "esclusivamente personali" con il termine "prevalentemente personali". Si ricorda che quest'ultimo è adoperato nell'articolo 409 del codice di procedura civile, nell'ambito della definizione dei rapporti di collaborazione a cui si applica la disciplina - in materia di processo civile - propria dei rapporti di lavoro subordinato e di altri rapporti;

-      sopprime il riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro, estendendo, di conseguenza, la definizione generale in oggetto anche alle ipotesi in cui l'organizzazione da parte del committente non riguardi tali modalità.

Si ricorda che dal principio di assoggettamento summenzionato (alla disciplina dei rapporti di lavoro dipendente) sono in ogni caso esclusi i casi in cui il committente sia una pubblica amministrazione nonché le collaborazioni:

-        per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedano discipline specifiche, riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

-        prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali sia necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

-        prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

-        rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI;

-        prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche;

-        degli operatori nell'ambito delle attività del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI).

 

Sul lavoro attraverso piattaforma digitale

Il lavoro attraverso piattaforma digitale (cd. gig economy) rappresenta una nuova modalità di organizzazione del lavoro, nella quale l’utilizzo di una piattaforma informatica determina alcune caratteristiche della prestazione. Proprio la disintermediazione che caratterizza la suddetta tipologia di lavoro ha posto nel tempo molteplici questioni, relative alla qualificazione della natura giuridica del rapporto di lavoro ed alle tutele applicabili. In particolare, si è discusso sull'inquadramento giuridico dei lavoratori che offrono la disponibilità della propria attività di servizio al committente tramite una piattaforma digitale, potendo rientrare gli stessi, a seconda dei punti di vista o delle ipotesi normative, nell’ambito del lavoro subordinato, autonomo o di una tipologia contrattuale da definirsi appositamente, nonché sulla copertura previdenziale ed assicurativa di tali lavoratori.

Tali questioni sono state esaminate anche in sede di confronto tra operatori e parti sociali, sviluppatosi a seguito della costituzione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel giugno 2018, di un tavolo di concertazione in materia. 

Riguardo alla giurisprudenza di merito, si ricorda che le prime sentenze - sentenze del Tribunale di Torino, n. 778 del 7 maggio 2018, e del Tribunale di Milano, n. 1853 del 10 settembre 2018 - hanno affermato che per i lavoratori in esame non può configurarsi un rapporto di lavoro subordinato, data l’assenza di una struttura organizzativa del lavoro, definita sotto forma di turni ed orari, in quanto il gig-worker, collegandosi alla piattaforma digitale, può infatti decidere liberamente quando svolgere il proprio servizio. Tale impostazione è stata parzialmente modificata dalla sentenza n. 26 del 4 febbraio 2019 della Corte d’appello di Torino, la quale ha affermato che i riders oggetto della relativa sentenza rientravano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del D.Lgs. 81/2015[1] e che le relative questioni giuridiche dovevano essere definite in base all'interpretazione della portata di quest''ultimo articolo.

 

Disciplina su alcuni rapporti di lavoro, contraddistinti dall'uso di piattaforme anche digitali, per le ipotesi in cui essi non siano riconducibili al lavoro dipendente (articolo 1, comma 1, lettera c))

 

La lettera c) del comma 1 introduce una disciplina specifica, intesa a porre livelli minimi di tutela (capoverso articolo 47-bis, comma 1) per i rapporti di lavoro di soggetti (cosiddetti riders) che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di determinati veicoli, con riferimento ai casi in cui l'organizzazione delle attività sia operata attraverso piattaforme anche digitali e sempre che i medesimi rapporti non rientrino (ai sensi della novella di cui alla precedente lettera a)) nella nozione di lavoro dipendente (sul lavoro attraverso piattaforma digitale, cfr. supra l'apposita sezione).

Secondo il testo del decreto-legge, la disciplina in oggetto si applica solo decorsi centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto (comma 2 del presente articolo 1) - tale differimento dell’applicazione non concerne la costituzione dell’Osservatorio (cfr. infra su di esso) -. In base alla riformulazione operata dal Senato, le nuove norme entrerebbero in vigore contestualmente all'entrata in vigore della suddetta legge di conversione, ad eccezione:

§  delle norme sul compenso, poste - nell'ambito di tale riformulazione - dal capoverso articolo 47-quater, le quali entrerebbero in vigore decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione;

A tale riguardo, la 1a Commissione del Senato, il 15 ottobre 2019, ha espresso un parere non ostativo, "evidenziando l'opportunità di ridurre" tale termine, il quale "potrebbe confliggere con l'urgenza presupposta, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, all'adozione di un decreto-legge". 

§  delle norme in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, poste - nell'ambito di tale riformulazione - dal capoverso articolo 47-septies, le quali entrerebbero in vigore decorsi novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione.

I veicoli che rientrano nella fattispecie in oggetto sono: i velocipedi, di cui all'articolo 50 del "nuovo codice della strada", di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni; i veicoli a motore - a due o tre ruote o quadricicli - che rientrino nella nozione di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del suddetto codice, e successive modificazioni.

Sembrerebbe opportuno valutare se sussista l'esigenza di un chiarimento circa la nozione di ambito urbano e di una valutazione circa l'esclusione dei veicoli diversi da quelli summenzionati.

Ai fini della nuova normativa in oggetto, in base alla riformulazione operata dal Senato, si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione (capoverso articolo 47-bis, comma 2). Tale riformulazione, approvata dal Senato, consiste (rispetto alla versione originaria del decreto) in alcune modifiche tecniche, tra le quali la sostituzione del riferimento alle imprese con il riferimento ai committenti.

La riformulazione operata dal Senato (capoverso articolo 47-ter)  inserisce una disciplina specifica relativa alla forma del contratto individuale con i lavoratori in esame ed alle informazioni che devono ricevere questi ultimi. In primo luogo, si prevede che il contratto debba essere provato per iscritto. Di conseguenza, in mancanza della forma scritta, il contratto è valido[2], ma può essere provato[3] per testimoni solo qualora il contraente abbia senza sua colpa perduto il documento che avrebbe fornito la prova. Al riguardo, la riformulazione approvata dal Senato specifica che la mancanza della forma scritta è anche valutata come elemento di prova delle condizioni effettivamente applicate al rapporto di lavoro e delle connesse lesioni dei diritti previsti dalla presente disciplina. In secondo luogo, si dispone che i lavoratori ricevano ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi e diritti e della loro sicurezza[4]. Sembrerebbe opportuno chiarire se tali informazioni debbano essere fornite per iscritto. In caso di violazione di tale obbligo, si richiama la procedura di intimazione (su richiesta del lavoratore e da parte della sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro) stabilita per l'inadempimento degli obblighi di informazione (a carico dei datori di lavoro) nei confronti dei lavoratori dipendenti, con la conseguente applicazione, in caso di mancata (ovvero incompleta o inesatta) ottemperanza entro quindici giorni, alle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 4 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152. In merito, la novella prevede altresì, per i lavoratori in esame, il diritto ad un'indennità risarcitoria di entità non superiore ai compensi percepiti nell’ultimo anno, determinata equitativamente con riguardo alla gravità e alla durata delle violazioni e al comportamento delle parti. Sembrerebbe opportuno specificare gli eventuali termini di applicazione delle presenti norme (di cui al capoverso articolo 47-ter) ai contratti già in corso nonché chiarire, considerato anche il carattere generale della locuzione "ogni informazione utile", se il diritto all'indennità sussista a prescindere dall'ottemperanza alla diffida entro il suddetto termine temporale. Il capoverso articolo 47-ter in esame specifica che i suddetti inadempimenti sono valutati come elemento di prova delle condizioni effettivamente applicate al rapporto di lavoro e delle connesse lesioni dei diritti previsti dalla presente disciplina.

La medesima riformulazione operata dal Senato prevede (capoverso articolo 47-quater) una revisione della disciplina sul compenso dei lavoratori in oggetto, rispetto alla versione posta dal decreto-legge. In base al nuovo testo, i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente (comma 1 del capoverso articolo 47-quater). Sembrerebbe opportuno chiarire a quali livelli contrattuali si faccia riferimento[5]. Sempre in base alla nuova versione, in difetto della stipula dei suddetti contratti, i lavoratori non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (comma 2 del capoverso articolo 47-quater). Ai lavoratori in esame compete, in ogni caso,  un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni metereologiche sfavorevoli, determinata dai summenzionati contratti relativi ai medesimi lavoratori (di cui al comma 1) o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Nella versione originaria del decreto, per i lavoratori in esame si prevedeva che il loro corrispettivo non dovesse essere determinato in misura prevalente in base alle consegne e che il corrispettivo orario fosse riconosciuto solo qualora, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore avesse accettato almeno una chiamata. Si prevedeva inoltre che i contratti collettivi[6] potessero definire schemi retributivi modulari e incentivanti, i quali tenessero conto delle modalità di esecuzione della prestazione e dei diversi modelli organizzativi.

La riformulazione approvata dal Senato prevede anche l'inserimento dei capoversi articolo 47-quinquies e articolo 47-sexies, in base ai quali: per i lavoratori in esame si applicano la disciplina antidiscriminatoria[7] e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore prevista per i lavoratori subordinati[8], ivi compreso l’accesso alla piattaforma; sono vietate l’esclusione dalla medesima piattaforma e le riduzioni delle occasioni di lavoro ascrivibili alla mancata accettazione della prestazione; i dati personali dei medesimi lavoratori sono trattati in conformità alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016[9], e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

La nuova disciplina in esame prevede inoltre (capoverso articolo 47-septies, comma 1, nella rinumerazione approvata dal Senato) l'applicazione dell'assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. È altresì prevista la determinazione del premio (a carico del committente che utilizza la piattaforma anche digitale) in base al tasso di rischio corrispondente all'attività svolta. Inoltre, è prevista l'applicazione, per la determinazione della retribuzione imponibile, ai sensi dell’articolo 30 del D. Lgs. 1124/1965, del limite minimo di retribuzione giornaliera per la generalità delle contribuzioni in materia di previdenza ed assistenza sociale (pari, nel 2019, a 48,74 euro), limite che, per la fattispecie in esame, deve essere rapportato ai giorni di effettiva attività.

Il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto a tutti gli adempimenti previsti a carico del datore di lavoro dalla disciplina generale relativa alla medesima assicurazione INAIL (capoverso articolo 47-septies, comma 2, nella rinumerazione approvata dal Senato).

La novella specifica altresì che, per i lavoratori in esame, l'applicazione della disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro, di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è operata a cura e spese del committente che utilizza la piattaforma anche digitale (comma 3 del suddetto capoverso articolo 47-septies). Sembrerebbe opportuno chiarire l'ambito degli obblighi a cui si fa riferimento, considerato che il citato D.Lgs. n. 81, per alcune categorie di lavoratori diversi da quelli dipendenti, trova applicazione solo qualora la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente[10].

Si prevede inoltre (capoverso articolo 47-octies nella rinumerazione operata dal Senato) l'istituzione di un Osservatorio permanente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendente delle disposizioni stabilite dalla novella di cui alla presente lettera c). L'Osservatorio è presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, designati - come ha specificato il Senato - dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Esso verifica, sulla base dei dati forniti da alcune pubbliche amministrazioni, gli effetti delle disposizioni in esame e può proporre eventuali revisioni di esse, in base all’evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale; riguardo alle suddette amministrazioni, la versione originaria del decreto fa riferimento all'INPS, all'INAIL e all'ISTAT, alle quali il Senato ha aggiunto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ai componenti dell’Osservatorio non spetta alcun emolumento o rimborso spese, comunque denominato. La costituzione e il funzionamento dell’Osservatorio sono assicurati con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente, con divieto di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Prestazioni previdenziali relative agli iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS (articolo 1, comma 1, lettera b))

 

Il capoverso 1 della novella di cui al comma 1, lettera b), riduce per i soggetti iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS il requisito di contribuzione per l'indennità giornaliera di malattia, l'indennità di degenza ospedaliera, il congedo di maternità ed il congedo parentale. Si prevede che tali prestazioni siano corrisposte, fermi restando gli altri requisiti e condizioni vigenti, a condizione che risulti attribuita una mensilità della contribuzione dovuta alla suddetta Gestione separata nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento o dell'inizio del periodo oggetto della prestazione.

Si ricorda che gli istituti in esame concernono solo i soggetti - iscritti alla Gestione separata - non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie e che la medesima Gestione separata concerne, in linea di massima, i titolari di rapporti qualificati (ai fini fiscali e pensionistici) come di collaborazione coordinata e continuativa ed i lavoratori autonomi che non siano assoggettati ad altre forme pensionistiche obbligatorie.

Nella disciplina vigente (fermi restando gli altri requisiti e condizioni vigenti):

-        l'indennità giornaliera di malattia e l'indennità di degenza ospedaliera, per i soggetti in esame, sono corrisposte a condizione che, nei confronti dei lavoratori interessati, risultino attribuite tre mensilità della contribuzione dovuta alla Gestione suddetta, nei dodici mesi precedenti la data di inizio dell'evento[11];

-        il congedo di maternità ed il congedo parentale sono riconosciuti a condizione che, nei dodici mesi precedenti l'inizio del periodo oggetto del trattamento, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione[12]; inoltre, l'articolo 8, commi 6 e 7, della L. 22 maggio 2017, n. 81[13], ha previsto, per i soggetti in esame, che, in mancanza di tale requisito, il trattamento economico per i periodi di congedo parentale, se fruiti entro il primo anno di vita del bambino (o entro il primo anno dall'ingresso del minore nella famiglia o in Italia, nel caso di adozione o affidamento preadottivo), sia parimenti corrisposto qualora il medesimo requisito contributivo sussista con riferimento ai dodici mesi precedenti la data presunta del parto (ovvero precedenti l'ingresso summenzionato[14]). Con riguardo a quest'ultima norma vigente, sembrerebbe opportuno chiarire gli effetti della novella in esame, la quale sembrerebbe far riferimento esclusivamente, ai fini del computo, alla data di inizio dell'evento o dell'inizio del periodo oggetto della prestazione medesima (cioè, nel caso in oggetto, solo del congedo parentale e non anche dell'indennità di maternità).

Il capoverso 2 della novella di cui alla lettera b) prevede - con riferimento ai soggetti iscritti summenzionati - il raddoppio delle attuali aliquote per la determinazione della misura dell'indennità giornaliera di malattia e dell'indennità di degenza ospedaliera.

Si ricorda che quest'ultima, nella disciplina vigente, è corrisposta nella misura dell'8% o 12% o 16% dell'importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale di imponibile contributivo, previsto nell'anno di inizio della degenza (pari, nel 2019, a 102.543 euro); l'aliquota, nell'ambito delle tre suddette, è individuata sulla base della contribuzione attribuita nei 12 mesi precedenti il ricovero (fino a quattro mesi l'8%, da cinque a otto mesi il 12% e da nove a dodici mesi il 16%). L'indennità giornaliera di malattia è, a sua volta, pari al 50 per cento della misura che spetterebbe per la suddetta indennità di degenza ospedaliera.

 

Requisito contributivo per l'indennità di disoccupazione cosiddetta DIS-COLL (articolo 2)

 

Il successivo articolo 2 riduce - con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto[15] - il requisito contributivo per l'indennità di disoccupazione cosiddetta DIS-COLL. Tale trattamento è relativo ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio, iscritti (come regime pensionistico) in via esclusiva alla suddetta Gestione separata INPS, non titolari di pensione e privi di partita IVA.

Nella disciplina vigente, il diritto è subordinato al possesso di almeno tre mesi di contribuzione nel periodo tra il primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro ed il medesimo evento.

La novella di cui al presente articolo 2 riduce il requisito da tre mesi ad un mese.

 

Disposizioni finanziarie (articolo 3)

 

L'articolo 3 reca la quantificazione e le misure di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), e dall'articolo 2.

Le misure di copertura finanziaria consistono:

§  nella riduzione del "Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza", nella misura di 5,3 milioni di euro per il 2019, 10,9 milioni per il 2021, 11,1 milioni per il 2022, 11,3 milioni per il 2023, 11,4 milioni per il 2024, 11,6 milioni per il 2025, 11,7 milioni per il 2026, 11,9 milioni per il 2027, 12,1 milioni per il 2028 e 12,3 milioni annui a decorrere dal 2029[16];

§  nella riduzione, pari a 10,7 milioni di euro per il 2020, del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della L. 8 novembre 2000, n. 328.


 

Articoli 3-bis
(Comunicazioni obbligatorie)

 

 

L’articolo 3-bis, introdotto dal Senato, dispone che le comunicazioni obbligatorie, relative alle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro, da parte dei datori di lavoro siano inoltrate per via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in luogo dell’ANPAL, come attualmente previsto.

 

Più nel dettaglio, attraverso una modifica dell’articolo 13, comma 4, del D.Lgs. 150/2015, si propone che le suddette comunicazioni obbligatorie, relative alle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro, siano inoltrate per via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che le mette a disposizione dell'ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), delle Regioni, dell'INPS, dell’INAIL e dell'Ispettorato nazionale del lavoro per le attività di rispettiva competenza.

Come riportato nella Relazione illustrativa allegata all’emendamento, tale modifica si rende necessaria a seguito del fatto che il richiamato articolo 13, comma 4, del D.Lgs. 150/2015 è rimasto inattuato, in quanto il sistema informatico delle comunicazioni obbligatorie è ancora incardinato nell'infrastruttura tecnologica del Ministero del lavoro, gestito con le risorse umane, strumentali e finanziarie del Ministero stesso, fino a conclusione della Conferenza di servizi (attualmente in corso) che gestisce i rapporti tra Ministero ed Agenzia fino alla completa autonomia di quest'ultima.

 

Si ricorda che il sistema delle comunicazioni obbligatorie è informatizzato, ed è gestito, con modalità di cooperazione applicativa, da un soggetto centrale (il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) e da altri soggetti (le Regioni, l'INPS, l'INAIL, le Prefetture) che con questo collaborano fornendo dati o scambiandoli, in relazione alle assunzioni di lavoratori o altri soggetti obbligati. Tale sistema di comunicazioni obbligatorie telematiche è stato istituito dall’articolo 1, commi 1180-1185, della L. 296/2006, e reso attuativo con il Decreto Interministeriale 30 ottobre 2007.

 


 

Articolo 4
(Personale di ANPAL Servizi S.p.A.)

 

 

I commi 1, 2 e 3 del presente articolo modificano la disciplina sull'impiego di uno stanziamento già vigente, pari ad 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019, relativo ad ulteriori spese di personale di ANPAL Servizi Spa.

Inoltre, con l'inserimento, da parte del Senato, dei commi 2-bis e 2-ter si prevedono la stabilizzazione del personale che abbia già prestato servizio nella suddetta società con contratto a tempo determinato e l’adozione di specifiche procedure concorsuali per il personale titolare, entro il 1° gennaio 2019, di rapporti di collaborazione con la medesima società.

 

La norma vigente - ora oggetto di abrogazione da parte dei commi 2 e 3 del presente articolo 4 - prevede che lo stanziamento summenzionato di 1 milione di euro annui sia destinato a stabilizzare, mediante l'espletamento di procedure concorsuali riservate per titoli ed esami, il personale già dipendente dalla suddetta società in forza di contratti di lavoro a tempo determinato.

La riformulazione operata dal comma 1 del presente articolo 4 sopprime le suddette indicazioni, confermando la misura dello stanziamento, per la cui destinazione si fa ora riferimento ad ulteriori spese di personale della società in oggetto. La novella, inoltre, conferma la misura del contributo per il 2019 per il funzionamento della medesima società, misura pari, in base alla norma oggetto di novella, a 10 milioni di euro.

 

Si ricorda che il capitale di ANPAL Servizi Spa (originariamente denominata Italia Lavoro Spa[17]) è posseduto dall'ANPAL[18] e che tale società opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

 

Il comma 2-bis, inserito, come detto, dal Senato, consente che l’ANPAL Servizi Spa:

-        proceda ad assunzioni a tempo indeterminato di tutto il personale che abbia già prestato servizio con contratto a tempo determinato;

-        bandisca, nel triennio 2019-2021, specifiche procedure concorsuali  per l’assunzione a tempo indeterminato - per il personale che abbia maturato entro il 1° gennaio 2019 specifiche esperienze professionali con contratto di collaborazione presso la medesima società (ivi i compresi i rapporti intercorsi nel periodo in cui la società aveva la denominazione di Italia lavoro Spa[19] (cfr. infra per un approfondimento).

Le norme in esame sono poste in considerazione dei compiti relativi all’istituto del Reddito di cittadinanza ed alla nuova programmazione comunitaria.

Agli oneri derivanti dalle nuove norme si provvede - secondo il comma 2-ter, anch'esso inserito dal Senato - mediante le risorse disponibili nel bilancio della medesima società per le spese per il personale, nonché mediante una riduzione, nella misura di 4.635.000 euro annui a decorrere dal 2022, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

Il comma 2-bis fa altresì riferimento alle procedure contemplate dai regolamenti interni per il reclutamento del personale, adottati dalla società in oggetto ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175. Si ricorda che il citato 19, comma 2, con riferimento al reclutamento del personale da parte delle società a controllo pubblico[20], demanda a provvedimenti della medesima società la definizione dei criteri e delle modalità attuativi dei princìpi stabiliti per il reclutamento nelle pubbliche amministrazioni (tra cui i princìpi di selezione, trasparenza, pubblicità, imparzialità e pari opportunità), prevedendo, in assenza dei suddetti provvedimenti, l’applicazione in via diretta delle norme (relative ai medesimi princìpi, con riferimento al reclutamento nelle pubbliche amministrazioni) di cui all’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. In merito, l’ANPAL Servizi Spa ha adottato il Regolamento per il reclutamento del personale dipendente e il Regolamento per il conferimento di incarichi di collaborazione.

La documentazione allegata agli emendamenti che hanno inserito in Senato i commi 2-bis e 2-ter in oggetto rileva che "con riferimento ai lavoratori in forza con contratti a tempo determinato, la norma richiama le previsioni del Regolamento sul reclutamento del personale adottato dalla Società, ai sensi dell'art. 19, co. 2, D.Lgs. 175/16. Si consente, quindi, la conversione dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, purché detti rapporti siano stati sottoposti all'origine alle medesime regole selettive richieste per l'assunzione del personale a tempo indeterminato, in presenza dei relativi fabbisogni e previa valutazione positiva delle risorse".

Sembrerebbe opportuno chiarire gli effetti del richiamo ai regolamenti interni, adottati ai sensi del citato articolo 19, comma 2, del testo unico, con particolare riferimento alle procedure concorsuali previste dal comma 2-bis per i soggetti già titolari di rapporti di collaborazione nonché con riferimento all'eventuale applicabilità alle società a controllo pubblico dei limiti posti, con riguardo alle pubbliche amministrazioni, dalla giurisprudenza della Corte costituzionale per le assunzioni e procedure concorsuali riservate.

 

La giurisprudenza in tema di procedure riservate al personale interno per l’assunzione a tempo indeterminato nelle società a partecipazione pubblica

 

Si ricorda che – per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche – la giurisprudenza costituzionale (cfr. in particolare le sentenze n. 194 del 2002, n. 81 del 2006, n. 205 del 2006, n. 225 del 2010)  ha evidenziato (nello specifico nella sentenza n. 90 del 2012) che "l’attivazione solo delle procedure riservate agli interni (le quali possono giungere fino al limite del cinquanta per cento dei posti «coperti attraverso prove selettive pubbliche nel triennio precedente»), congiuntamente alla mancata effettuazione dei concorsi per i candidati esterni, determina la violazione della norma interposta, rappresentata dal comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 che prevede «la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso»".

 

Relativamente alle società a partecipazione pubblica gli orientamenti giurisprudenziali e della dottrina non sono del tutto univoci, anche alla luce all’evoluzione normativa degli ultimi decenni.

Ad esempio, per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale, relativamente ad Italia lavoro, divenuta Anpal servizi spa (sentenza n. 363 del 2003) la Corte  costituzionale ha preliminarmente evidenziato la necessità di effettuare una ricostruzione della natura giuridica e dei compiti di volta in volta assegnati rilevato che una società di questo tipo, costituita in base alla legge, affidataria di compiti legislativamente previsti e per essa obbligatori, operante direttamente nell’ambito delle politiche di un Ministero come strumento organizzativo per il perseguimento di specifiche finalità, presenta tutti i caratteri propri dell’ente strumentale, salvo quello di rivestire – per espressa disposizione legislativa – la forma della società per azioni; e ciò, come detto, non può di per sé assumere rilievo per negare la sussistenza della potestà legislativa attribuita in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.

A sua volta, nella sentenza 227 del 2013, la Corte costituzionale - evidenziando la necessità di procedere in ogni caso ad un concorso pubblico per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni di personale di società a partecipazione pubblica - ha preso atto della legislazione che ha previsto, per l’assunzione in tali società, procedure di selezione “paraconcorsuali”, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, di cui all’art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, anche per il reclutamento dei dipendenti di società a partecipazione pubblica totale o di controllo. 

In tale occasione la Corte – ai fini delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche – ha concluso affermando che non è “sufficiente ipotizzare che vi sia stata una procedura selettiva purchessia, atteso che questa Corte ha già stabilito e oggi ribadisce che «il previo superamento di una qualsiasi “selezione pubblica”, presso qualsiasi “ente pubblico”, è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché esso non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere» (sentenza n. 225 del 2010, che richiama le sentenze n. 293 del 2009 e n. 100 del 2010), «cosicché la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l’ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché […] l’accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale» (sentenze n. 215 del 2009 e n. 203 del 2004)”.

 

Relativamente alla giurisprudenza di legittimità, in più occasioni la Corte di Cassazione (cfr. sentenza S.U 6077/2011 riguardante Croce rossa Italiana e v. fra le altre Cass. S.U. n. 16041 del 2010, Cass. S.U. n. 1778 del 2011, Cass. S.U. n. 24904 del 2011, Cass. S.U. n. 2568 del 2011), sulla base di previsioni legislative a suo tempo adottate (in tale caso L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 519, 557 e 558) ha delineato i seguenti principi:

a)   i processi di stabilizzazione (tendenzialmente rivolti ad eliminare il precariato venutosi a creare in violazione delle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36), sono effettuati nei limiti delle disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale dei fabbisogni (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 6);

b)  la deroga alle normali procedure di assunzione concerne il carattere di assunzione riservata e non aperta, ma non il requisito del possesso del titolo di studio per l'accesso dall'esterno nelle singole qualifiche previsto dai sistemi di classificazione, né la regola del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 1, dell'accesso tramite procedure selettive, siccome la stabilizzazione di personale che non abbia sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale" è subordinata al superamento di tali procedure; le procedure selettive sono escluse soltanto per il personale assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (procedure previste da norme di legge);

c)   conseguentemente, le amministrazioni, con riguardo al personale da stabilizzare che ha già sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale", non "bandiscono" concorsi, ma devono limitarsi a dare "avviso" della procedura di stabilizzazione e della possibilità degli interessati di presentare domanda;" in tal caso "la regolamentazione legislativa, sottraendo le procedure di "stabilizzazione" all'ambito di quelle concorsuali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, nonché alle ipotesi "nominate" di poteri autoritativi nell'ambito del lavoro pubblico (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1), colloca le controversie inerenti a tali procedure nell'area del "diritto all'assunzione di cui all'art. 63, comma 1", con conseguente appartenenza della giurisdizione al giudice ordinario (così in specie v. Cass. S.U. n. 1778 del 2011 cit.);

d)  "diversamente, ove il personale non abbia già superato prove concorsuali, e il numero dei posti oggetto della stabilizzazione sia inferiore a quello dei soggetti aventi i requisiti, l'amministrazione può fare ricorso ad una selezione onde individuare il personale da assumere"; in tal caso "le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo" (v. in particolare Cass. S.U. n. 1778 del 2011 cit., Cass. 2568 del 2012 cit.).

Si ricorda inoltre che la sentenza n. 3621 del 2018 della Corte di cassazione ha rilevato la "necessità, avvertita dalla Corte costituzionale, di non limitare l'attuazione dei precetti dettati dall'art. 97 Cost. ai soli soggetti formalmente pubblici bensì di estenderne l'applicazione anche a quelli che, utilizzando risorse pubbliche, agiscono per il perseguimento di interessi di carattere generale". La sentenza fa in particolare riferimento alle sentenze della Corte costituzionale che distinguono tra privatizzazione formale e privatizzazione sostanziale (cfr. altresì supra, riguardo alla sentenza della Corte costituzionale n. 363 del 2003, relativa ad Italia lavoro spa, società poi divenuta Anpal servizi S.p.A.).

 


 

Articolo 5
(Misure urgenti in materia di personale INPS)

 

 

Il presente articolo incrementa, nella misura di 1.003 unità, concernenti il personale di area C, la dotazione organica dell'INPS, in relazione a risorse finanziarie già stanziate da norme vigenti.

In particolare, l'incremento si basa su un'autorizzazione di spesa già vigente (relativa agli anni 2019 e seguenti), disposta dall'articolo 12, comma 6, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26[21] (comma oggetto di novella da parte del presente articolo); tale stanziamento concerne l'assunzione di personale da parte dell'INPS, al fine di garantire la piena attuazione amministrativa del medesimo D.L. n. 4, recante "disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni".

Come risulta dalle relazioni illustrativa e tecnica (allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto), l'incremento suddetto della dotazione organica consente (unitamente ad altre assunzioni in corso di personale dell'area C) l'assunzione di 1.003 candidati idonei del concorso pubblico, per titoli ed esami, a 967 posti di consulente protezione sociale, area C, posizione economica C1 (la graduatoria del concorso è stata approvata l'11 giugno 2019).

Si ricorda che per le assunzioni a valere sulle risorse finanziarie summenzionate non trovano applicazione i termini dilatori, relativi al 2019, di cui all'articolo 1, comma 399, della L. 30 dicembre 2018, n. 145 (termini che impedirebbero una decorrenza anteriore al 15 novembre 2019).


 

Articolo 5-bis
(Internalizzazione del
Contact center multicanale dell’INPS)

 

 

L’articolo 5-bis, introdotto dal Senato, affida alla Sispi S.p.a. (Società Italia previdenza – Società italiana di servizi per la previdenza integrativa), interamente partecipata dall’INPS e che assume la denominazione di INPS Servizi S.p.a, le attività di Contact center multicanale (CCM) verso l’utenza, alla scadenza naturale dei contratti in essere nell’ambito delle stesse attività, nel rispetto delle disposizioni in materia di in house providing.

 

Più nel dettaglio, l’internalizzazione dei servizi informativi e dispositivi verso l’utenza dell’INPS[22] (attualmente erogati da operatori privati con contratto biennale) disposta a favore della suddetta società è volta alla promozione della continuità nell’erogazione dei medesimi servizi, nonché alla tutela della stabilità del personale ad essi adibito, anche in considerazione dell’assenza dei relativi profili professionali nella pianta organica dell’INPS (commi 1 e 2).

Come riportato nella Relazione illustrativa all’emendamento, il passaggio dall'attuale modalità di erogazione del servizio di Contact center multicanale mediante esternalizzazione (o in outsourcing) ad un modello di gestione diretta mediante affidamento ad una società in house, è giustificato in quanto non configura un effettivo ricorso al mercato, ma “una forma di autoproduzione o comunque di erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell'amministrazione attraverso strumenti propri (in house providing)”.

L'INPS mantiene la partecipazione totalitaria della società e assicura che lo statuto della società contenga i requisiti del controllo analogo, in conformità alla disciplina interna e unionale.

 

Per l'espletamento delle suddette attività, viene riconosciuta alla società la facoltà di selezionare il proprio personale anche valorizzando le esperienze similari maturate nell'ambito dell'erogazione di servizi di CCM di analoga complessità, nel rispetto dei principi di selettività di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) (comma 4).

Il richiamato art. 19 del D.Lgs. 175/2016 dispone, tra l’altro, che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico - salvo quanto disposto nello stesso T.U. - sono retti dalle stesse norme valide per il settore privato (codice civile e altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa), e che le modalità per il reclutamento del personale devono rispettare i principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità, nonché i principi riguardanti le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni dettati dall’art. 35, c. 3, del D.Lgs. 165/2001.

 

In conformità alle previsioni circa la composizione degli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 175/2016[23]), alla società INPS Servizi S.p.a. è preposto un Consiglio di amministrazione composto da tre membri, di cui uno con funzioni di Presidente. In fase di prima attuazione, il Presidente dell'INPS provvede, con propria determinazione, alla modificazione dell’oggetto sociale, dell'atto costitutivo e dello statuto, nonché al rinnovo degli organi sociali, nel rispetto delle condizioni che devono essere soddisfatte per gli affidamenti in house, ex art. 5 del D.Lgs. 50/2016 (Codice degli appalti) (comma 3).

Il richiamato art. 5 del D.Lgs. 50/2016 (Codice degli appalti) disciplina le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte ai fini dell’esclusione dal Codice di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato (affidamenti in house). Tali condizioni ricorrono quando:

-        un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su tale persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

-        oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata è effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore.

-        nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

 

Nelle more dell'adozione della suddetta determinazione, gli organi sociali in carica limitano l'adozione degli atti di ordinaria amministrazione a quelli aventi carattere urgente motivato e indifferibile, richiedendo l'autorizzazione dell'INPS per quelli di straordinaria amministrazione (comma 5).

 

Infine, si prevede la possibilità per la società INPS Servizi S.p.a. di avvalersi del patrocinio legale dell'Avvocatura dell'INPS (comma 6) e si dispone che la stessa società continua a svolgere le attività che già costituiscono l'oggetto sociale alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame (comma 7).

 


 

Articolo 5-ter
(Assunzioni Ispettorato nazionale del lavoro)

 

 

L’articolo 5-ter, introdotto dal Senato, autorizza lIspettorato nazionale del lavoro a bandire un concorso e conseguentemente ad assumere a tempo indeterminato un contingente di personale ispettivo fino a 150 unità a decorrere dal 2021.

 

Le suddette assunzioni, con conseguente incremento della dotazione organica nel limite delle unità eccedenti, sono disposte al fine di rafforzare la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e l'attività di contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro e riguardano un contingente di personale ispettivo da inquadrare nell’Area Terza, posizione economica F1.

Si dispone, inoltre, che l'Ispettorato nazionale del lavoro[24] comunica al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze il numero delle unità assunte e la relativa spesa annua.

Ai relativi oneri, pari a 6.387.000 euro dal 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pubblico impiego, di cui all’art. 1, c. 365, della L. 232/2016[25].

 

Sul punto, si ricorda che l’art. 1, c. 445, della L. 145/2018 (come modificato dall’art. 7, c. 15-septies, del D.L. 4/2019) autorizza l’Ispettorato nazionale del lavoro ad assumere (con relativo aumento della dotazione organica) a tempo indeterminato un contingente di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 283 unità per il 2019, a 257 unità per il 2020 e a 311 unità per il 2021.


 

Articolo 6
(Misure urgenti in favore dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità)

 

 

Il presente articolo posticipa dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 il limite temporale per le possibili proroghe delle convenzioni e dei contratti a tempo determinato, relativi ai lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità. Si ricorda che le proroghe in oggetto sono ammesse nelle more del completamento delle procedure di assunzione (a tempo indeterminato), disciplinate dall'articolo 1, commi da 446 a 449, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

A quest'ultimo riguardo, il comma 1-bis, inserito dal Senato, amplia l'ambito delle pubbliche amministrazioni che possono ricorrere alle suddette procedure di assunzione.

 

Le convenzioni summenzionate sono stipulate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con alcune regioni (Basilicata, Calabria, Campania e Puglia[26]), al fine di garantire il pagamento dei sussidi nonché l'attuazione di misure di politiche attive per il lavoro in favore dei lavoratori socialmente utili appartenenti alla "platea storica". I suddetti contratti a tempo determinato con lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità concernono alcuni enti pubblici nella Regione Calabria.

Resta fermo che le proroghe delle convenzioni e dei contratti a tempo determinato sono possibili a valere sulle risorse già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni.

 

Il comma 1-bis, inserito dal Senato, amplia l'ambito delle pubbliche amministrazioni che possono ricorrere alle summenzionate procedure di assunzione. Sembrerebbe opportuno chiarire se la novella faccia riferimento alla generalità delle pubbliche amministrazioni.

 

In base alla disciplina di cui ai citati commi da 446 a 449 dell'articolo 1 della L. n. 145 del 2018[27] - disciplina posta con riferimento al triennio 2019-2021 -, le assunzioni a tempo indeterminato - che possono essere anche a tempo parziale - sono effettuate, nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, nonché delle risorse finanziarie ivi richiamate, mediante selezioni riservate, mediante prova di idoneità, per i profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo e mediante procedure concorsuali riservate (per titoli ed esami) per gli altri profili. Entrambe le tipologie di procedure sono organizzate (per figure professionali omogenee) dal Dipartimento della funzione pubblica, mediante la Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), la quale si avvale dell'Associazione Formez PA.

Le assunzioni sono operate da parte delle pubbliche amministrazioni che già utilizzavano i lavoratori inseriti nelle graduatorie medesime e, in subordine e nei limiti delle proprie facoltà assunzionali, da parte di altre pubbliche amministrazioni, ubicate nella medesima provincia o in una provincia limitrofa ed utilizzatrici di lavoratori socialmente utili o di lavoratori di pubblica utilità.


 

Articolo 6-bis
(Termini di validità delle graduatorie di pubblici concorsi)

 

 

L'articolo 6-bis, inserito dal Senato, prevede una revisione della disciplina transitoria in materia di validità delle graduatorie delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Tale disciplina transitoria - sia nella norma vigente[28] sia in base alla novella di cui al presente articolo - è intesa al ripristino graduale (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali) del termine triennale di validità, il quale ritrova applicazione per le graduatorie approvate a partire dal 1° gennaio 2019[29]. Si ricorda che sia tale norma a regime sia la disciplina transitoria concernono tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni)[30], ad esclusione[31] delle assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

La novella posta dall'articolo 6-bis - oltre a confermare le norme transitorie vigenti, con riferimento ai termini di validità delle graduatorie approvate, rispettivamente, nel 2016, nel 2017 e nel 2018 - consente:

-        fino al 30 settembre 2020 lo scorrimento delle graduatorie approvate tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2015 (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali). Si ricorda che, in base alla norma transitoria vigente, le graduatorie approvate entro il 31 dicembre 2014 non sono più valide, mentre quelle approvate nel corso del 2015 sono valide fino al 31 marzo 2020;

-        fino al 31 marzo 2020 (fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali) lo scorrimento delle graduatorie approvate nel 2011, previa frequenza obbligatoria (da parte dei soggetti interessati)  di corsi di formazione e aggiornamento organizzati da ciascuna amministrazione (nel rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità ed economicità e utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente) e previo superamento (da parte dei medesimi soggetti) di un apposito esame-colloquio, diretto a verificarne la perdurante idoneità.

Articolo 7
(ISEE)

 

 

L’articolo in esame modifica le norme recentemente introdotte dall’articolo 4-sexies del D.L. n. 34/2019 (c.d. Decreto crescita) relative al periodo di validità della DSU e ai riferimenti temporali dell’ISEE, con la finalità di rendere più coerente il quadro normativo in materia anche rispetto alle scadenze della presentazione della dichiarazione dei redditi (fissata al 30 novembre dallo stesso Decreto crescita).

Viene anche meglio precisata la norma del Decreto crescita sopracitata che, genericamente, dava la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento il patrimonio e i redditi dell’anno precedente (invece del secondo anno precedente), qualora fosse conveniente per il nucleo familiare. Le modalità estensive dell’ISEE corrente che, dal 2020, permetteranno, se più favorevoli per il nucleo familiare, di aggiornare i dati sulla base dei redditi e patrimoni dell’anno precedente, dovranno essere infatti definite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF. 

 

L'erogazione di molti degli interventi e servizi sociali è legata, nella misura o nel costo, alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), istituito dal D.Lgs. 109/1998 quale prova dei mezzi per l'accesso a prestazioni agevolate. L'ISEE, calcolato sulla base d'una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), vale annualmente per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti (vedi Tipologie di ISEE sul sito Inps). L'indicatore fa riferimento al reddito dell'ultima dichiarazione, che a sua volta si riferisce all'anno precedente.

L'ISEE è stato revisionato dal D.P.C.M. 159/2013, ma la Riforma è entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2015, dopo l'emanazione del Decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE. Il nuovo ISEE ha introdotto criteri di valutazione del reddito e del patrimonio più puntuali, insieme a nuove modalità di raccolta dei dati utili per il calcolo dell'ISEE (i dati fiscali più importanti, quali il reddito complessivo e i dati relativi alle prestazioni ricevute dall'INPS sono compilati direttamente dall'Istituto tramite interrogazioni degli archivi propri e di quelli dell'Agenzia delle Entrate) e al rafforzamento dei controlli. Sul punto, si ricorda  che la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

In presenza di variazioni del reddito superiori al 25% dovute ad eventi avversi (risoluzione, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori a tempo indeterminato; mancato rinnovo contratto di lavoro a tempo determinato o contratti di lavoro atipico; cessazione di attività per i lavoratori autonomi), la Riforma del 2013 ha introdotto l'ISEE corrente riferito ai redditi degli ultimi dodici mesi (anche solo degli ultimi due mesi in caso di lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta la perdita, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa). L’articolo 28-bis del decreto legge 34/2019 (c.d. Decreto Crescita) ha poi sottolineato la possibilità (già prevista precedentemente essendo ricompresa nella variazione della situazione lavorativa) di calcolare l'ISEE corrente anche in presenza di una variazione del reddito dovuta ad interruzione dell'erogazione dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche. In questo caso, il periodo di riferimento e i redditi utili per il calcolo dell'ISEE sono individuati con le modalità utilizzate nei casi riferiti alla situazione del lavoratore dipendente a tempo indeterminato. Infine, la validità dell'ISEE corrente è stata fissata in sei mesi (rispetto ai due mesi precedenti). Solo nei casi in cui vi siano variazioni della situazione occupazionale o della fruizione dei trattamenti, l'ISEE corrente è aggiornato entro due mesi dalla variazione.

 

Il periodo di validità delle DSU e conseguentemente dell’ISEE è stato più volte modificato. La Riforma del 2013 aveva fissato la validità della DSU dal momento della presentazione al 15 gennaio dell'anno successivo.

Successivamente l’articolo 10, comma 4, del D. Lgs. 147/2017, istitutivo del Reddito di Inclusione, ha previsto che la DSU fosse valida dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto. In seguito, il decreto legge 4/2019, istitutivo del Reddito di Cittadinanza, ha prorogato al 31 dicembre 2019 il periodo di validità delle sole DSU presentate dal 1° gennaio 2019 al 31 agosto 2019 e ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2019, la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 agosto (termine dal quale l’Agenzia delle Entrate dispone dei redditi ricavati dalle dichiarazioni ai fini IRPEF dell’anno precedente; tali redditi, insieme a quelli erogati dall’INPS, non sono autocertificati dal cittadino ma immessi in automatico nella DSU). Per il 2019, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento l'anno precedente (l’anno di riferimento è dunque il 2018).

Tale disciplina è stata successivamente modificata dall'articolo 4-sexies del decreto legge 34/2019 (il c.d. Decreto Crescita) che ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, sia sostituito il comma 4 dell’articolo 10 del D.Lgs. 147/2017 stabilendo che la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre. Inoltre in ciascun anno, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio, i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente. Resta ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare.

Poiché la sostituzione citata veniva disposta a decorrere dal 1° gennaio 2020, restava in vigore, fino a quella data, il citato comma 4 dell'articolo 10 del D.Lgs. n. 147/2017, che prevedeva, per le DSU presentate a decorrere dal 1° settembre 2019, una validità fino al 31 agosto dell’anno successivo.

L’articolo in esame, diversamente, intervenendo sul citato articolo 4-sexies del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, sostituisce immediatamente il comma 4 dell’articolo 10 del D.Lgs n. 147/2017. Con modifica, apportata nel corso dell’esame al Senato, si precisa, nei casi in cui la DSU sia stata presentata a decorrere dal 1° settembre 2019, e prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, che venga applicata la disciplina precedente.

Sul tema della validità dell’ISEE, dei puntamenti agli anni, reddito e patrimoni si rinvia al comunicato INPS del 9 settembre 2019: Chiarimenti per le DSU presentate da gennaio 2020. Nel comunicato, l’Istituto sottolinea che “per le DSU presentate nel 2019 cambia unicamente il periodo di validità della DSU (dalla data di presentazione al 31 dicembre 2019), mentre continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni in materia di anno di riferimento dei redditi e patrimoni (redditi percepiti nel secondo anno precedente e patrimoni posseduti al 31 dicembre dell’anno precedente). Per le DSU presentate dal 1° gennaio 2020, invece, si applicherà la nuova validità e anche il nuovo puntamento relativo ai patrimoni”.

 

Infine, viene precisata la norma del Decreto crescita che, genericamente, dava la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento il patrimonio e i redditi dell’anno precedente, qualora fosse conveniente per il nucleo familiare. Le modalità estensive dell’ISEE corrente che, dal 2020, permetteranno, se più favorevoli per il nucleo familiare, di aggiornare i dati sulla base dei redditi e patrimoni dell’anno precedente, dovranno essere infatti definite da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il MEF. Il decreto, come specificato nel corso dell’esame al Senato, dovrà essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.


 

Articolo 8
(
Donazioni al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili)

 

 

L’articolo 8, modificato al Senato, dispone che il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili possa essere alimentato anche attraverso versamenti volontari da parte di soggetti privati, a titolo spontaneo e solidale.

 

In particolare, l’articolo in esame – aggiungendo il comma 4-bis all’articolo 13 della L. 68/1999 – stabilisce che le suddette somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate al medesimo Fondo, nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità definite da apposito decreto interministeriale da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in oggetto.

Nel testo attuale, si prevede che il suddetto decreto sia adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Attraverso una modifica introdotta dal Senato, è stato eliminato il riferimento al Ministro delegato per la famiglia e la disabilità ove nominato, previsto nella versione originaria del provvedimento in esame.

L’art. 13 della L. 68/1999 ha istituito il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, al fine di incentivare l’assunzione delle persone disabili.

In particolare, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 33 del Regolamento UE n. 651/2014 sugli aiuti all'occupazione di lavoratori con disabilità[32], ai datori di lavoro è concesso a domanda un incentivo:

-        nella misura del 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di trentasei mesi, per ogni lavoratore disabile, assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (D.P.R. 915/1978);

-        nella misura del 35 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di trentasei mesi, per ogni lavoratore disabile, assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 ed il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle richiamate tabelle;

-        nella misura del 70 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di 60 mesi, per ogni lavoratore con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, in caso di assunzione a tempo indeterminato o di assunzione a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi e per tutta la durata del contratto.

Per le suddette finalità, il comma 4 del richiamato articolo 13 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, attraverso cui, nei limiti del 5 per cento delle risorse complessive, possono essere finanziate sperimentazioni di inclusione lavorativa delle persone con disabilità da parte del medesimo Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le risorse sono attribuite per il tramite delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di linee guida adottate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Regolamento recante norme per il funzionamento del Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili è stato emanato con D.M. 3 gennaio 2000, n. 91.

In merito alla dotazione del Fondo, si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 160-161, della L. 190/2014) ha disposto un incremento della dotazione di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE). Per il 2017, l’art. 55-bis del decreto-legge n. 50/2017 (L. n. 96/2017) ha disposto un incremento dello stanziamento di 58 milioni di euro. Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 520, L. 145/2018) ha disposto un ulteriore incremento di 10 milioni di euro per il 2019

Qui un focus del Ministero sul funzionamento del Fondo in esame e sulle ulteriori risorse ad esso attribuite per decreto (v. da ultimo il decreto interministeriale MLPS - MEF del 7 maggio 2018).


 

Articolo 8-bis
(Ricorso contro provvedimento sanzionatorio della struttura organizzativa competente di Bolzano)

 

 

L’articolo 8-bis, introdotto dal Senato, reca una disciplina particolare per il ricorso contro il provvedimento sanzionatorio emesso dalla struttura organizzativa competente della provincia autonoma di Bolzano a seguito dell’inosservanza di determinati obblighi previsti dalla normativa vigente in capo al beneficiario di strumenti di sostegno al reddito.

 

In particolare – attraverso una modifica dell’articolo 21, comma 12, del D.Lgs. 150/2015 – il comma 1 dispone che, nel suddetto caso, è ammesso il ricorso alla commissione provinciale di controllo sul collocamento (di cui all’art. 3 del D.P.R. 280/1974[33]), nel rispetto della previsione secondo cui le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, esercitano le competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti, delle relative norme di attuazione e delle norme speciali recanti deleghe di funzioni e, in riferimento alla provincia autonoma di Bolzano, anche in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione (ex art. 1, c. 5, del D.Lgs. 150/2015).

L’articolo in esame fa salva la previsione in base alla quale, in via generale, avverso i medesimi provvedimenti sanzionatori adottati dai Centri per l’impiego è ammesso ricorso all’ANPAL, che istituisce un apposito comitato con la partecipazione delle parti sociali.

 

Il richiamato art. 21 del D.Lgs. 150/2015, tra l’altro, assoggetta il beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di disoccupazione involontaria, a determinati obblighi. In particolare, il beneficiario è tenuto ad attenersi ai comportamenti previsti nel Piano personalizzato (volto al reinserimento lavorativo), nei tempi ivi previsti, e a rispondere alle convocazioni da parte dei centri per l’impiego.

Nel caso di inosservanza dei suddetti obblighi, il medesimo art. 21 prevede l’irrogazione delle seguenti sanzioni, con riferimento alla NASpI e alla DIS-COLL:

§  in caso di mancata presentazione, senza giustificato motivo, alle convocazioni (anche quelle oltre gli appuntamenti previsti nel progetto personalizzato):

-          la decurtazione di un quarto di una mensilità per la prima mancata presentazione;

-          la decurtazione di una mensilità, per la seconda mancata presentazione;

-          la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione

§  in caso di mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alle iniziative di orientamento, volte al rafforzamento delle competenze, la decurtazione di un quarto di una mensilità;

§  in caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione o, se richiesto, allo svolgimento di lavori di pubblica utilità:

-          la decurtazione di una mensilità, alla prima mancata partecipazione;

-          la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione, in caso di ulteriore mancata presentazione;

§  in caso di mancata accettazione, in assenza di giustificato motivo, di un'offerta di lavoro congrua, la decadenza dalla prestazione e dallo stato di disoccupazione

 

Il comma 2 dispone che dall'attuazione della suddetta previsione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 9
(Stanziamento risorse per le aree di crisi complessa delle regioni Sardegna e Sicilia)

 

 

L’articolo 9 assegna ulteriori risorse alle regioni Sardegna e Sicilia per la prosecuzione, per il 2019, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga riconosciuti ai lavoratori già occupati nelle aree di crisi industriale complessa.

Più nel dettaglio, il comma 1 – integrando l’articolo 1, comma 282, della L. 145/2018 – attribuisce alla regione Sardegna la facoltà di destinare ulteriori risorse, fino al limite di 3,5 milioni di euro entro l'anno 2019, per la prosecuzione dei trattamenti in deroga (cassa integrazione guadagni straordinaria e mobilità) in favore dei suddetti lavoratori, a condizione che siano contestualmente applicate le misure di politica attiva stabilite dalla normativa vigente finalizzate alla rioccupazione dei lavoratori attraverso l’attuazione dei piani di recupero occupazionale previsti da specifiche disposizioni (artt. 44, c. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 e 53-ter del D.L. 50/2017 - vedi infra).

Sul punto, la Relazione Tecnica allegata al provvedimento conferma che la suddetta previsione normativa serve a prorogare gli ammortizzatori sociali per le aree di crisi complessa della regione Sardegna per il 2019, senza slittamento al 2020.

Per le medesime finalità e alle medesime condizioni, il comma 2 – aggiungendo il comma 282-bis all’articolo 1 della L. 145/2018 - attribuisce alla regione Sicilia la facoltà di destinare risorse fino al limite di 30 milioni di euro nel 2019.

Come riportato nella Relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, l’incremento delle risorse finanziarie assegnate alla regione Sicilia è dovuto al fatto che nelle aree di crisi industriale complessa presenti nel territorio siciliano sono emerse ulteriori esigenze di tutela di particolari situazioni di crisi occupazionale, richiedenti il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Agli oneri derivanti dall’applicazione dei commi 1 e 2 si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. 185/2008[34].

Sul punto, la Relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che non vengono effettuati trasferimenti di risorse alle regioni Sardegna e Sicilia, ma solo assegnazioni sulla base delle necessità rappresentate di volta in volta dalle medesime regioni e conferma che non vi è pregiudizio alle attività programmate a seguito dell'utilizzo delle suddette risorse in quanto le stesse sono state già calcolate e gli interventi già inseriti tra quelli a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione che presenta le relative disponibilità per l'esercizio finanziario 2019.

 

Aree di crisi industriale complessa

Riconoscimento

Per quanto attiene alle aree di crisi industriale complessa, la L. 181/1989, come modificata dal D.L. 83/2012 e dal D.L. 145/2013, ha delineato misure di sostegno consistenti nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI) nelle aree, soggette a recessione economica e crisi occupazionale, dichiarate dal MISE di crisi complessa o non complessa. I PRRI promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

In particolare, l'art. 27 del D.L. 83/2012 prevede che, nei casi di situazioni di crisi industriali complessa con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il MISE adotti progetti di riconversione e riqualificazione industriale e demanda al MISE il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza della regione interessata. Il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto di natura non regolamentare, disciplina le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e determina i criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale.

Si prevede poi lo strumento degli accordi di programma per l'adozione dei progetti di riconversione e riqualificazione. Gli accordi disciplinano gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate. Le opere e gli impianti compresi nel progetto di riconversione e riqualificazione industriale sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili. Si demanda inoltre a un decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la previsione delle condizioni e delle modalità per l'attuazione degli interventi da effettuare nei casi di situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse, che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione (le c.d. aree di crisi industriale "non complessa").

Con decreto ministeriale 9 giugno 2015 sono stati stabiliti i termini, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso, nonché i criteri di selezione e valutazione per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore di programmi di investimento finalizzati al rilancio di tutte le aree di crisi.

 

Trattamenti in deroga

L'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 ha disposto la possibilità di concedere un ulteriore intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga (sulla base di specifici accordi stipulati in sede governativa), entro un limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per il 2016 e di 117 milioni di euro per il 2017. Il trattamento può essere concesso, sino al limite massimo di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta alla data dell'8 ottobre 2016. Per essere ammessa all'ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l'impresa ha l'obbligo di presentare un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, con contestuale dichiarazione della impossibilità di ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria né secondo le disposizioni presenti nello stesso D.Lgs. 148/2015, né secondo le disposizioni attuative dello stesso. Con specifico decreto interministeriale, le risorse sono proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste, entro il limite massimo complessivo di spesa in precedenza richiamato. È previsto, infine, il monitoraggio da parte dell'INPS.

Per la concessione, nelle aree interessate da crisi industriale complessa (come riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico), di interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, l'articolo 1, comma 139, della L. 205/2017 (Legge di bilancio 2018) ha consentito l'impiego, nel 2018, delle residue risorse finanziarie stanziate per i medesimi fini per il 2016 ed il 2017 dall'articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, nonché dall'articolo 53-ter del D.L. 50/2017 (per quanto attiene alla mobilità in deroga). I trattamenti di integrazione salariale straordinaria possono essere concessi fino al limite di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, in deroga ai limiti di durata generali stabiliti per la suddetta tipologia di intervento. Tali trattamenti sono subordinati: alla conclusione di un accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione interessata; alla presentazione da parte dell'impresa (oltre che della dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria in base alla normativa vigente) di un piano di recupero occupazionale, che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro, concordati con la regione ed intesi alla rioccupazione dei lavoratori. Riguardo ai trattamenti di mobilità in esame, essi riguardano i lavoratori (operanti nelle suddette aree) titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. La corresponsione - ammessa fino ad un massimo di 12 mesi e senza soluzione di continuità con il trattamento precedente - è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale (da comunicare all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali). L'impiego delle risorse finanziarie residue per il 2018 è ammesso nel rispetto del riparto tra le regioni già operato dai decreti all'uopo emanati.

Sul punto si ricorda che con il decreto interministeriale n. 1 del 12 dicembre 2016 sono state assegnate (per le competenze relative al 2016) alle regioni le risorse finanziarie (pari a 169.781.840 euro) per la concessione di un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa ai sensi dell'art. 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, riconosciuta alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 185/2016 che ha introdotto il suddetto comma 11-bis. Per le medesime finalità, con il successivo decreto interministeriale n. 12 del 5 aprile 2017, sono state assegnate alle stesse regioni le risorse (pari a 117 milioni di euro) per le competenze relative al 2017.

Successivamente, l’art. 1, c. 1136, lett. c), della L. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) ha disposto per il 2019:

-      l’utilizzo delle restanti risorse stanziate per la concessione, nelle aree di crisi industriale complessa, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, al fine di completare i piani di recupero occupazionale previsti;

-      la possibilità per le regioni Sardegna e Lazio di destinare ulteriori risorse, fino, rispettivamente, al limite di 9 e 6 milioni di euro nel 2019, per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nel loro territorio. Si ricorda che per la Sardegna il suddetto stanziamento di 9 milioni di euro era stato introdotto per il 2018 dall’art. 1 del D.L. 44/2018.

Da ultimo, l’art. 1, c. 282, della richiamata L. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) ha previsto la facoltà di utilizzare, per il 2019, le restanti risorse finanziarie stanziate per la concessione, nelle aree di crisi industriale complessa, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, nonché per le specifiche situazioni occupazionali della regione Sardegna, disponendo inoltre lo stanziamento di ulteriori 117 milioni di euro.

La ripartizione delle suddette risorse per il 2019, pari a 117 milioni di euro, è stata attuata con il decreto interministeriale n. 16 del 29 aprile 2019.

Le aree di crisi industriale complessa riconosciute alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 185/2016, comunicate dal Ministero dello sviluppo economico, sono le seguenti:


 

 

 

REGIONE

AREA DI CRISI INDUSTRIALE COMPLESSA

Data e atto di riconoscimento

1

Lazio

Rieti

D.M. 13/04/2011

2

Puglia

Taranto

D.L. 129/2012

3

Toscana

Piombino

D.L. 43/2013

4

Friuli Venezia Giulia

Trieste

D.L. 43/2013

5

Sicilia

Termini Imerese

AdP 22/07/2015

6

Sicilia

Gela

D.M. 20/05/2015

7

Molise

Isernia, Boiano, Campochiaro, Venafro

D.M. 07/08/2015

8

Toscana

Livorno

D.M. 07/08/2015

9

Marche-Abruzzo

Val Vibrata-Valle del Tronto Piceno

D.M. 10/02/2016

10

Lazio

Frosinone

D.M. 12/09/2016

11

Sardegna

Portovesme

D.M. 13/09/2016

12

Liguria

Savona

D.M. 21/09/2016

13

Sardegna

Porto Torres

D.M. 07/10/2016

14

Umbria

Terni-Narni

D.M. 7/10/2016

 

 


 

Articolo 9-bis
(Finanziamento della proroga della CIGS)

 

 

L’articolo 9-bis, introdotto dal Senato, incrementa, per il 2019, le risorse finanziarie destinate alla proroga del trattamento di integrazione salariale straordinario concesso per riorganizzazione, crisi aziendale o contratto di solidarietà.

 

Il suddetto incremento è pari a 90 milioni di euro per il 2019, rispetto ai 180 già stanziati dall’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015.

L’articolo 22-bis del D.Lgs. 148/2015 (introdotto dall’art. 1, c. 133, della L. 205/2017 e modificato, da ultimo, dall’art. 26-bis del D.L. 4/2019) consente, per il triennio 2018-2020, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS).

La deroga è ammessa per le imprese che presentino una rilevanza economica strategica, anche a livello regionale, e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale. In tale ambito, la deroga è subordinata sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi:

-        il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario, pari a 24 mesi;

-        il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale;

-        per la causale contratto di solidarietà, qualora permanga, in tutto o in parte, l'esubero di personale già dichiarato nell'accordo;

-        il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di 12 mesi;

Per le prime tre ipotesi, si prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi.

Per il complesso delle suddette proroghe è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro per il 2018, di 180 milioni di euro per il 2019 e di 50 milioni di euro per il 2020 per il biennio 2018-2019, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione.

Per completezza, si ricorda che il medesimo art. 22-bis autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in presenza di determinate condizioni occupazionali e finanziarie, a disporre acconti sulla erogazione del trattamento di integrazione salariale al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori sospesi di aziende ricadenti in aree di crisi complessa con organico superiore a 500 unità lavorative.

 


 

Articolo 10
(
Trattamenti di mobilità in deroga per l’area di crisi complessa Venafro-Campochiaro-Bojano e aree dell'indotto)

 

 

L’articolo 10 estende, a determinate condizioni, le disposizioni in merito alla concessione del trattamento di mobilità in deroga ai lavoratori dell’area di crisi industriale complessa "Venafro-Campochiaro-Bojano e aree dell'indotto". La suddetta denominazione esatta dell'area è stata inserita nel corso dell’esame al Senato (in luogo del riferimento all’area di crisi industriale complessa di Isernia, richiamata nel testo originario del decreto legge in esame).

 

In particolare, con riferimento alla suddetta area, il comma 1 prevede che le disposizioni relative alla concessione di un trattamento di mobilità in deroga, previste dall’articolo 53-ter del D.L. 50/2017, si applicano anche ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 2016 risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga - oltre che, come già previsto, a quelli che risultino beneficiari di uno dei suddetti due trattamenti alla data del 1° gennaio 2017 –, nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per il 2019, come disposto dal Senato, in luogo di 1 milione di euro previsto dal testo originario.

Per le categorie di lavoratori sopra descritte, il trattamento è riconosciuto a condizione che siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale (vedi infra).

Secondo la Relazione illustrativa allegata al testo originario tale disposizione riguardava i 40 lavoratori dell'ex stabilimento Ittierre di Isernia, che hanno terminato il trattamento di mobilità in deroga nel periodo antecedente il 22 novembre 2017[35].

La suddetta estensione non opera nei confronti dei soggetti che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, risultino percettori del Reddito di cittadinanza a seguito dell’accoglimento della relativa richiesta (di cui all’art. 5 del D.L. 4/2019).

 

Il comma 2 dispone che ai relativi oneri, pari a 1,5 milioni di euro per il 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della Missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il medesimo anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Si autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

L'articolo 53-ter del D.L. 50/2017 ha riconosciuto alle regioni la possibilità di impiegare alcune risorse finanziarie (nei limiti della parte non utilizzata) per la corresponsione di trattamenti di mobilità in deroga; si tratta delle risorse finanziarie di cui all’art. 44, c. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015 stanziate per interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga riconosciuti ai lavoratori già occupati nelle aree di crisi industriale complessa (sul punto si veda la scheda di lettura relativa all’art. 9).

I lavoratori interessati da tale possibilità sono quelli operanti in aree di crisi industriale complessa (riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico) e titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. L'eventuale impiego delle risorse al fine in oggetto comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.

La corresponsione è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale - da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - ed è ammessa a prescindere dall'applicazione dei criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga di cui al D.M. 1° agosto 2014, n. 83473[36].

 


 

Articolo 10-bis
(Progetto stradale denominato "Mare-Monti")

 

 

L’articolo 10-bis, introdotto durante l'esame al Senato, reca uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020-2021 da destinare alla realizzazione dell'intervento in variante e in ammodernamento del primo tratto del progetto stradale "Mare-Monti".

 

L’articolo prevede che lo stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 è finalizzato a sviluppare il collegamento stradale tra le aree del cratere del sisma del 2016, l'area di crisi industriale complessa del Distretto Fermano-Maceratese e la rete autostradale presente nel territorio della Regione Marche.

Lo stesso articolo, inoltre, disciplina la copertura degli oneri, stabilendo che agli stessi si provvede mediante la corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale (di cui alla tabella B della legge di bilancio 2019-2021) parzialmente utilizzando l'accontamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per il 2020 e quello relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’anno 2021.

Viene altresì autorizzato il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

In risposta all’interrogazione n. 596, nella seduta del 29 maggio 2018 del Consiglio regionale delle Marche, l’assessore Casini ha evidenziato, tra l’altro, che “la Regione Marche ha avviato una serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su tutta la regione per ripristinare e potenziare la rete viaria regionale di collegamento tra costa ed entroterra. La Regione Marche ha destinato già circa 18 milioni di euro per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per le strade di interesse regionale. Inoltre si rappresenta che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile il DPCM ‘Revisione delle reti di interesse nazionale e regionali’ che ha recepito anche la proposta che era stata avanzata dalla Regione Marche inerente la riclassificazione delle ex strade statali e che ricomprende anche la ex SS 210 Fermana Faleriense. Il trasferimento ad Anas riguarda circa 540 chilometri di strade che garantiscono l'interconnessione con la rete nazionale principale garantendo nel contempo un collegamento con le aree della fascia appenninica ivi incluse quelle interessate dagli eventi sismici. Ciò renderà possibile una più razionale gestione della rete, incrementando l'efficienza della manutenzione e dell'esercizio delle infrastrutture”.

Nella stessa risposta viene altresì sottolineato che “la Regione Marche ha proposto al Ministero dell'Infrastrutture e dei Trasporti di finanziare con i Fondi di sviluppo e coesione viabilità di adduzione al nuovo ospedale di Fermo per un importo di 11.000.000 di euro. Tale richiesta è stata accolta ed inserita nella Delibera Cipe 98/2017” e che tale intervento consentirà di collegare “il nuovo ospedale, previsto in località Campiglione, con la viabilità principale e verranno realizzati alcuni interventi puntuali di manutenzione straordinaria per migliorare la scorrevolezza stradale e ridurre la pericolosità in alcuni tratti della cosiddetta Mare-Monti che collega il capoluogo con i territori montani”.

Si ricorda inoltre che i comuni dell'Italia centrale interessati dagli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016 sono elencati dagli allegati 1, 2 e 2-bis del D.L. 189/2016 e che l'area di crisi industriale complessa del Distretto Fermano-Maceratese è stata istituita con decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 dicembre 2018.

Tale area comprende i Comuni di Tolentino e Corridonia e i Sistemi Locali del Lavoro di Fermo, Montegiorgio, Montegranaro, Porto Sant’Elpidio e Civitanova Marche.

Il decreto ministeriale 16 aprile 2019 ha costituito il Gruppo di Coordinamento e Controllo, il quale ha il compito di approvare la proposta di Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale (PRRI), ai sensi dell'art. 27 del D.L. 134/2012. Tale art. 27 stabilisce che le situazioni di crisi industriale complessa si hanno quando specifici territori siano soggetti a recessione economica e perdita occupazionale e riscontrino: la crisi di una o più imprese di media o grande dimensione con effetti sull’indotto; la crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio. Il medesimo articolo disciplina i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale, adottati dal Ministero dello sviluppo economico, i quali devono promuovere investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

 

 


 

Articolo 11
(
Esonero contributo addizionale)

 

 

L’articolo 11, commi 1, 2 e 3, esonera, sussistendo determinate condizioni, le imprese operanti nel settore della fabbricazione di elettrodomestici dal versamento del contributo addizionale dovuto in caso di ricorso al trattamento di integrazione salariale.

I commi 2-bis e 2-terintrodotti dal Senato - aggiungono l’attività del personale addetto agli impianti di trasporto a fune, destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane, e alla gestione delle piste da sci nell’elenco delle attività stagionali per cui è previsto l’esonero dal versamento del contributo addizionale per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato.

 

Esonero dal contributo addizionale in caso di trattamento di integrazione salariale

Più nel dettaglio, il comma 1 – con l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 5 del D.Lgs. 148/2015 – dispone che l’esonero dal contributo addizionale, riconosciuto nel limite di spesa di 10 milioni di euro per il 2019 e di 6,9 milioni di euro per il 2020, opera a favore delle suddette imprese che:

§  occupano più di 4000 lavoratori;

§  hanno unità produttive nel territorio nazionale, di cui almeno una in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta ai sensi dell’articolo 27 del D.L. 83/2012 (sul punto si veda la scheda di lettura riferita all’articolo 9);

§  hanno stipulato un contratto di solidarietà (ai sensi dell’art. 21, c. 1, lett. c), del D.Lgs. 148/2015 - vedi infra) finalizzato al mantenimento della produzione esistente con la stabilità dei livelli occupazionali tramite la riduzione concordata dell'orario di lavoro, avviata nel 2019, per almeno 15 mesi.

Il richiamato articolo 5 del D.Lgs. 148/2015 ha disposto l'applicazione di un contributo addizionale a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale commisurato all'effettivo utilizzo del trattamento e non all'organico dell'impresa bensì connesso. Il contributo addizionale quindi sarà crescente in relazione ad un crescente utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale, in misura pari:

-      al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate relativamente ai periodi di CIGO o CIGS fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

-      al 12% della retribuzione globale oltre il limite di 52 e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;

-      al 15% della retribuzione globale oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

 

L'esonero è autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo accordo governativo tra l'impresa e le organizzazioni sindacali dei lavoratori, da stipulare entro e non oltre sessanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, in cui vengono definiti gli impegni aziendali relativi alla continuità produttiva e al mantenimento stabile dei livelli occupazionali; decorsi i suddetti sessanta giorni si intendono non più presenti i predetti impegni aziendali.

Viene inoltre specificato che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può sottoscrivere l’accordo governativo (e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso al beneficio) se nel corso della procedura di stipula dell’accordo medesimo emergano scostamenti, anche in via prospettica, dal predetto limite di spesa, al monitoraggio del quale provvede l’INPS, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’INPS comunica i risultati del monitoraggio ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 2 quantifica gli oneri derivanti dall’applicazione del suddetto esonero, in termini di minori entrate contributive, in complessivi 16,9 milioni di euro, di cui 10 milioni di euro per il 2019 e 6,9 milioni di euro per il 2020.

 

Ai fini dell'individuazione della platea oggetto dell’agevolazione in esame, la Relazione tecnica allegata al decreto legge, specifica che sono state considerate le autorizzazioni riportate nei decreti direttoriali n. 102688 del 14 febbraio 2019 e n. 102828 del 12 marzo 2019 relativi alla concessione del trattamento di CIGS dal 1 gennaio 2019 al 6 aprile 2020 a favore, rispettivamente, di Whirpool Italia e di Whirpool Emea.

L’INPS ha fornito la stima del contributo addizionale in questione, distinta per decreto, calcolata sulla base della retribuzione media mensile differenziale di accredito, negli importi indicati nella tabella seguente, riportata nella Relazione tecnica:

(in milioni di euro)

 

N° decreto

102828

102688

Totale

2019

10,0

0,8

10,8

2020

6,9

0,1

7,0

 

La Relazione tecnica specifica, altresì, che l’onere derivante dall'applicazione dell'articolo 11 è pari, complessivamente, a 16,9 milioni di euro in quanto solo nel caso del decreto n. 102828 1'impresa considerata (Whirpool Emea) ha un organico superiore alle 4.000 unità. Nel caso del decreto 102688, invece, il costo derivante dall’esonero sarebbe di 900.000 euro, ma l'impresa considerata (Whirpool Italia) ha circa 400 dipendenti e, quindi, non rientra nel campo di applicazione dell’articolo in esame.

 

A tali oneri si provvede:

§  quanto a 10 milioni di euro per il 2019 mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (ai sensi dell’art. 148, c. 1, della L. 388/2000) che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, non sono ancora state riassegnate ai pertinenti programmi e che vengono, dunque, acquisite definitivamente al bilancio dello Stato, nel limite di 10 milioni di euro (comma 2, lett. a).

Riguardo alle suddette sanzioni amministrative[37], si ricorda che il citato articolo 148 della legge n. 388/2000 dispone, al comma 1, che le relative entrate siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori. A tal fine è istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (cap. 1650). Nel bilancio di previsione 2019-2021, le somme derivanti dalle suddette sanzioni, da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori, iscritte sul cap. 3592/Entrata (Pg. 14), risultano pari a 33 milioni di euro per ciascun anno del triennio.

§  quanto a 6,9 milioni di euro per il 2020 mediante utilizzo delle risorse derivanti dalla gestione a stralcio separata istituita, nell’ambito del Fondo di rotazione in materia di formazione professionale[38], dall’articolo 5, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 150/2015, che vengono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 2, lett. b).

Su tale gestione separata confluiscono, si ricorda, le somme derivanti dall’eventuale disimpegno conseguente alla verifica effettuata dall’ANPAL sui residui passivi a valere sul Fondo di rotazione medesimo, nel limite del 50% delle risorse disimpegnate, per essere destinate al finanziamento di iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

§  Ai fini della compensazione in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a 6,9 milioni di euro per il 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (comma 2, lett. c).

Si tratta del Fondo istituito dall’art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008, finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (cd. limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Al suo utilizzo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

 

Il comma 3 subordina l’efficacia della previsione dell’articolo in esame all’autorizzazione della Commissione europea, previa notificazione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in base al quale la Commissione verifica la compatibilità o meno dei regimi di aiuti esistenti negli Stati membri con il mercato interno.

Sul punto, la Relazione illustrativa evidenzia che la misura in oggetto non può essere considerata come una forma di aiuto di Stato in quanto, inserendosi in un programma di sostegno al reddito in favore dei lavoratori inseriti in un contratto di solidarietà, ha una finalità sociale e non dà un vantaggio economico a singole imprese o a gruppi di imprese.

 

Contratto di solidarietà

Secondo il richiamato art. 21, c. 1, lett. c), del D.Lgs. 148/2015, il trattamento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata, tra l’altro, dalla sussistenza di un contratto di solidarietà.

Tale contratto viene stipulato dall'impresa attraverso contratti collettivi aziendali con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che stabiliscono una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. Si stabilisce, inoltre, che la riduzione media oraria non possa essere superiore al 60% dell'orario (giornaliero, settimanale o mensile) dei lavoratori interessati dal contratto di solidarietà. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stato stipulato.

L’art. 5 dispone che il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di 6 mesi antecedente la stipula del contratto di solidarietà, nonché che la CIGS venga ridotta in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. È inoltre previsto l’obbligo, per gli accordi sindacali in precedenza richiamati, di specificare le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, possa modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale. Infine, si stabilisce che le quote di accantonamento del T.F.R. relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro siano a carico della gestione di afferenza, ad eccezione di quelle relative a lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione della CIGS, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di una CIGS ulteriore concessa entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente.

 

 

Esonero dal contributo addizionale per i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato

 

I commi 2-bis e 2-terintrodotti dal Senato - aggiungono l’attività del personale addetto agli impianti di trasporto a fune, destinati ad attività sportive in località sciistiche e montane, e alla gestione delle piste da sci nell’elenco delle attività stagionali per cui è previsto l’esonero dal versamento del contributo addizionale per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, posto a carico dei  datori di lavoro per il finanziamento della NASpI (ex articolo 2, comma 29, lett. b), della L. 92/2012).

L’art. 2, c. 28, della L. 92/2012 dispone che, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Il contributo addizionale è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione.

Il richiamato art. 2, c. 29, della medesima legge dispone che il suddetto contributo non si applica:

a)     ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;

b)     ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963;

c)     agli apprendisti;

d)     ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

 

Ai relativi oneri, pari a 86.000 euro per il 2020 e a 103.000 euro dal 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della Missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Si autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 11-bis
(Finanziamento di trattamenti di mobilità in deroga)

 

 

L'articolo 11-bis, inserito dal Senato, introduce una nuova forma di finanziamento per alcuni trattamenti di mobilità in deroga.

I trattamenti in oggetto, in particolare, concernono, per un limite massimo di dodici mesi, i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga nel periodo 1° dicembre 2017-31 dicembre 2018 e che non abbiano diritto alla fruizione della NASpI (per assenza dei requisiti inerenti alla contribuzione o alla durata minima del lavoro effettivo)[39].

Ai fini del finanziamento di tali trattamenti di mobilità, l'articolo 11-bis sostituisce il riferimento - finora non attuato, come risulta dalla documentazione allegata agli emendamenti che hanno introdotto il presente articolo in Senato - all’impiego di eventuali risorse residue delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano, disponibili per le politiche per il lavoro e l'occupazione, con la possibilità, per la regione o la provincia autonoma, di utilizzare le risorse già assegnate alla stessa (per ammortizzatori sociali in deroga o per azioni di politica attiva del lavoro) ai sensi dell’articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni. Tale possibilità viene ammessa a condizione che: le risorse suddette non siano state utilizzate ai fini della proroga - eventualmente autorizzata dalla regione o dalla provincia autonoma, con durata massima fino al 31 dicembre 2018 - di trattamenti di integrazione salariale in deroga; l’INPS, a seguito della verifica della sussistenza delle suddette disponibilità finanziarie, autorizzi la regione o la provincia autonoma alla concessione del trattamento.

In relazione alla nuova norma, il medesimo articolo 11-bis sopprime sia il rinvio ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) per la disciplina dei trattamenti di mobilità in oggetto sia la procedura di comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da parte della regione o provincia autonoma, della sussistenza di risorse disponibili per l’utilizzo in esame.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 252, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, ai lavoratori beneficiari dei suddetti trattamenti di mobilità in deroga sono applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e all'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).


 

Articolo 11-ter
(Estensione dell'indennizzo per le aziende che hanno cessato l'attività commerciale)

 

 

L’articolo 11-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riconosce l’indennizzo per cessazione di attività commerciale anche ai soggetti che - nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2018 – risultavano in possesso dei requisiti previsti per la concessione del beneficio dalla norma istitutiva.

Si ricorda in proposito che l’indennizzo in questione è stato istituito dal D.Lgs. n. 207/1996. La misura è stata più volte temporalmente estesa: tra i recenti interventi, l’articolo 19-ter del D.L. n. 185/2009, che ha concesso il beneficio ai soggetti, in possesso dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 207/1996, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2009 e il 31 dicembre 2016. La legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), ha poi reintrodotto l'indennizzo, facendolo divenire strutturale a decorrere dall’anno 2019.

A seguito di tale intervento normativo, in sede di sindacato ispettivo - Interrogazione a risposta scritta 4-01965 presentata al Senato 17 luglio 2019 - è stata avanzata richiesta al Governo circa il suo intendimento di assumere iniziative affinché possano rientrare nella misura, reintrodotta dalla legge di bilancio per il 2019, anche coloro i quali avessero cessato la propria attività commerciale nel biennio 2017-2018, rimanendo questi, nel silenzio della normativa vigente, esclusi dall'indennizzo (cfr. circolare INPS n. 77 del 24 maggio 2019).

Il Governo ha replicato al quesito posto dagli interroganti, prospettando, ove possibile, un eventuale intervento normativo ed impegnandosi in tal senso ad effettuare tutte le necessarie verifiche.

 

L’articolo 1 del D.Lgs. n. 207/1996 e ss. mod. e int. (Allegato n. 2) ha introdotto l’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale a favore dei soggetti che esercitano le seguenti attività:

·       attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande;

·       attività commerciale su aree pubbliche, anche in forma itinerante (ex articolo 27 D.Lgs. n. 114/1998).

Come precisato dall’INPS nella richiamata Circolare n. 77/2019, per effetto dell’estensione operata dall’articolo 59, comma 58, della legge n. 449/1997, rientrano nell’ambito di applicazione della norma anche i seguenti soggetti:

-        i titolari e coadiutori di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande;

-        gli agenti e rappresentanti di commercio di cui alla legge 3 maggio 1985, n. 204, ma non i loro coadiutori.

L'indennizzo spetta ai predetti soggetti che, alla data di presentazione della domanda, siano in possesso dei seguenti requisiti, previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 207/1996:

-        abbiano compiuto almeno 62 anni, se uomini, ovvero almeno 57 anni, se donne;

-        risultino iscritti, al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o di coadiutori, alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

L’erogazione dell’indennizzo è altresì subordinata alla condizione che i soggetti:

-        abbiano cessato definitivamente l’attività commerciale;

-        abbiano riconsegnato al Comune di competenza l'autorizzazione/licenza amministrativa di cui erano intestatari, ove la stessa fosse stata al tempo richiesta per l’avvio dell’attività, o abbiano comunicato la cessazione dell'attività commerciale all’ente comunale;

-        vi sia stata la cancellazione del titolare dal Registro delle imprese presso la Camera di Commercio o dal Repertorio Economico Amministrativo - REA (per gli agenti e rappresentanti di commercio in seguito alla soppressione del relativo Ruolo è stata inserita nella struttura del REA un’apposita sezione).

Ai sensi dell’articolo 3, l’indennizzo è pari all'importo del trattamento minimo di pensione previsto per gli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni degli esercenti attività commerciali dell'INPS.

Ai sensi dell’articolo 7, comma 2, per le finalità sopra previste, si è disposta l’istituzione presso l'INPS del «Fondo degli interventi per la razionalizzazione della rete commerciale» operante in regime di contabilità separata nell'ambito della Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali, alimentato con quota parte delle risorse derivanti dal versamento - da parte degli iscritti alla Gestione - di un'aliquota contributiva aggiuntiva nella misura dello 0,09 per cento.

Secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 4 del D.Lgs., lo 0,07%, è destinato al finanziamento del Fondo per la razionalizzazione della rete commerciale, mentre, la restante quota, pari allo 0,02%, è devoluta alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

Ai sensi dell’articolo 7, comma 4, il Comitato di gestione decide in via definitiva sulla concessione dell'indennizzo secondo l'ordine cronologico di presentazione delle domande alle sedi periferiche dell'INPS e nei limiti della disponibilità delle risorse del Fondo.

Appare opportuno ricordare che l’articolo 5 comma 5 dispone che le somme non utilizzate o impegnate dal Fondo a copertura degli oneri derivanti dalla concessione dell'indennizzo sono devolute alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali, ove potranno essere utilizzate a copertura delle prestazioni che fanno carico alla Gestione medesima.

 

Come sopra detto, l’operatività della misura è stata più volte estesa. Successivamente all’intervento istitutivo, la legge finanziaria 2002 (L. n. 448/2001, articolo 72) ha previsto l'applicazione della misura per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 ed il 31 dicembre 2004, senza effetti retroattivi. Analoga situazione – evidenzia il Governo - si è verificata nel passaggio tra la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (articolo 1, comma 272), che ha reintrodotto l'indennizzo nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2005 ed il 31 dicembre 2007, e il successivo D.L. n. 185/2009, che, articolo 19-ter, lo ha previsto dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2016. Con riferimento a quest’ultima estensione, si evidenzia che l’articolo 19-ter, comma 2, ha disposto che l'aliquota contributiva aggiuntiva dello 0,09%, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l'INPS, venisse prorogata, con le medesime modalità, fino al 31 dicembre 2018.

Da ultimo, è intervenuta la Legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), la quale all’articolo 1, commi 283 e 284 ha reso permanente l’indennizzo a decorrere dall’anno 2019, riconoscendolo in capo ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2 del medesimo D.lgs. n. 207/1996 alla data di presentazione della domanda (comma 283). Contestualmente, la medesima legge ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l’obbligatorietà del contributo aggiuntivo, nella misura e secondo le modalità previste nel medesimo decreto. Pertanto, a decorrere dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2019, gli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali, unitamente alla contribuzione dovuta ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233, e ss.mm.ii., sono tenuti al versamento dell’aliquota contributiva aggiuntiva dello 0,09%, che – come previsto nel D.Lgs. n. 207/1996 - per quota parte (0,07%) sarà destinata al Fondo degli interventi per la razionalizzazione della rete commerciale e per la restante parte è devoluta alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

 

L’articolo in esame mantiene fermo quanto previsto dalla Legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 283 e 284), che, come sopra detto, ha reso strutturale l’intervento a decorrere dall’anno 2019.


 

Articolo 12
(Potenziamento della struttura per le crisi di impresa)

 

 

L’articolo 12 introduce norme funzionali al potenziamento della struttura di cooperazione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del lavoro, appositamente istituita dall’art. 1, comma 852, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), per il monitoraggio delle politiche volte a contrastare il declino dell'apparato produttivo. A tale struttura è assegnato un contingente di personale, fino ad un massimo di 12 unità, dotato di specifiche e necessarie competenze ed esperienze nel settore della politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di impresa.

Come ricorda la relazione illustrativa, si tratta della struttura di crisi preposta alla gestione dei "tavoli di crisi" istituiti o istituendi presso il Ministero dello sviluppo economico, attraverso l'acquisizione di risorse specializzate, da destinare, fino al 31 dicembre 2021, allo studio di idonee soluzioni per risolvere le problematiche sottese ai tavoli stessi.

Si rammenta in proposito che l’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006 ha previsto l’istituzione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un'apposita struttura, con forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, finalizzata a contrastare il declino dell'apparato produttivo, anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del D. Lgs. n. 270/1999, che versino in crisi economico-finanziaria.

Si tratta delle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento[40], che abbiano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno. La citata disposizione del D. Lgs. n. 270/1999 ammette tali imprese all'amministrazione straordinaria, qualora esse abbiano anche un ulteriore requisito, ossia debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.

Nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del 18 dicembre 2007, sono contenute disposizioni concernenti l’articolazione, la composizione e l’organizzazione di tale struttura, tra le quali la previsione di un protocollo d'intesa tra i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, che stabilisca forme di cooperazione interorganica fra i medesimi Ministeri e di collaborazione con le regioni.

Ai sensi dell’art. 2 del decreto interministeriale citato, la struttura in questione “cura la rilevazione e la gestione di situazioni di crisi di impresa e procede all’attivazione di iniziative e interventi per il relativo superamento, in coerenza agli indirizzi di politica industriale e nel quadro delle politiche di reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori industriali colpiti da crisi”[41].

Organo della struttura per le crisi di impresa è l'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi, che svolge funzioni di salvaguardia e di consolidamento dei livelli occupazionali delle imprese, nonché di prevenzione di situazioni di crisi.

 

In dettaglio, il comma 1 della norma in commento, con l’esplicita finalità del potenziamento delle attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, assegna alla suddetta struttura, fino al 31 dicembre 2021, in deroga alla dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico, un contingente di personale fino ad un massimo di dodici funzionari di area III del comparto funzioni centrali, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[42], dotati delle necessarie competenze ed esperienze in materia di politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di imprese, in posizione di fuori ruolo o di comando o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico complessivo a carico dell'amministrazione di destinazione.

A tale riguardo, si ricorda che il citato art. 17 della L. n. 127/1997 prevede, al comma 14, che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

 

Nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, è stato inserito il comma 1-bis, il quale novella l'art. 1, co. 852, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in relazione al cui contenuto si veda supra.

La novella mira ad ampliare l'ambito istituzionale della collaborazione cui è chiamata la struttura per le crisi d'impresa istituita dal citato art. 1, co. 852, L. 296/2006. In particolare si prevede che essa opera in collaborazione anche con le competenti Commissioni parlamentari, oltre che - come già previsto a legislazione vigente - con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. Inoltre i parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura. La struttura garantisce la pubblicità e la trasparenza dei propri lavori, anche attraverso idonee strumentazioni informatiche.

 

Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dal comma 1, quantificati in 180.000 euro per l'anno 2019 e in 540.000 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, si provvede:

-        quanto a 180.000 euro per l'anno 2019[43], mediante utilizzo delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che alla data dell'entrata in vigore del decreto non sono state riassegnate ai pertinenti programmi e che sono acquisite definitivamente al bilancio dello stato;

 

In proposito, si ricorda che l'art. 148, comma 1, della L. n. 388/2000 dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori, facendo salvo quanto disposto dal successivo comma 2. Il comma 2 specifica che le predette entrate possono essere riassegnate anche nell'esercizio successivo - per la parte eccedente l'importo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 -  con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori individuate di volta in volta con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti[44].

 

-        quanto a 540.000 euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, mediante corrispondente definanziamento del Fondo per il commercio equo e solidale, istituito nello stato di previsione del MISE dall'articolo 1, comma 189, della L. 27 dicembre 2017, n. 205, con una dotazione di 1 milione di euro annui dall’anno 2018.

 

La relazione tecnica, specificando i costi complessivi a carico dell’amministrazione di destinazione per le fasce economiche dei funzionari di Area III, ai sensi del CCNL comparto funzioni centrali 2016-2018, stima prudenzialmente il costo medio di un'unità di Area III in circa 45.000 euro annui, determinando, pertanto, il costo annuo complessivo per 12 funzionari in 540.000 euro.

 


 

Articolo 13
(Fondo per ridurre i prezzi dell'energia per le imprese e per evitare crisi occupazionali nelle aree dove è prevista la chiusura delle centrali a carbone)

 

 

L’articolo in esame, al comma 1 integra l'articolo 19 del d.lgs. 30/2013[45], con un nuovo comma 6-bis, il quale prevede che una quota annua dei proventi derivanti dalle aste CO2, eccedente il valore di 1000 milioni di euro, sia destinata:

·     nella misura massima di 100 milioni per il 2020 di euro e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, al Fondo per la transizione energetica nel settore industriale. Il Fondo in questione viene contestualmente istituito presso il MISE dal comma 2, mediante una novella all'articolo 27, comma 2, del d.lgs. 30/2013, per sostenere la transizione energetica di settori o di sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (cfr. infra, commento al comma 2).

Con uno o più decreti adottati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri, le condizioni e le procedure per l'utilizzo delle risorse del Fondo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa degli stanziamenti assegnati e previa notificazione ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

·     per una quota fino a un massimo di 20 milioni di euro annui per gli anni dal 2020 al 2024, al Fondo per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone, la cui istituzione presso il MISE viene demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro il 5 dicembre p.v. (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

Ad un decreto interministeriale – del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze – da adottarsi entro il 5 dicembre p.v. è poi demandata la definizione dei criteri, delle condizioni e delle procedure per l'utilizzo delle risorse del Fondo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa degli stanziamenti assegnati.

Per la copertura degli oneri relativi ai predetti fondi si utilizzano le quote dei proventi delle aste assegnate al Ministero dello sviluppo economico e, ove necessario, per la residua copertura, si utilizzano le quote dei proventi assegnate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Al riguardo si ricorda che il comma 5 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 30 del 2013 - come sostituito dall'art. 1, co. 492, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) - disciplina l’assegnazione della quota del 50% dei proventi derivanti dalle aste CO2 per il rimborso dei crediti spettanti ai gestori degli impianti cosiddetti “nuovi entranti”.

Esso prevede la riassegnazione del 50% dei proventi derivanti dalle suddette aste, attraverso i decreti di ripartizione previsti dal comma 3 del medesimo articolo 19, ad un apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

Tali proventi vengono destinati al rimborso, ai sensi del comma 5 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 72 del 2010, dei crediti, previsti dal comma 3 dell'articolo 2 del medesimo decreto, spettanti ai gestori degli impianti "nuovi entranti”, che a causa dell'esaurimento della riserva di quote "nuovi entranti" non hanno beneficiato di assegnazione a titolo gratuito di quote di anidride carbonica (CO2) per il periodo 2008-2012.

La procedura di riassegnazione dei suddetti proventi è prevista fino al completo rimborso dei crediti.

Solo a seguito del completo rimborso di tali crediti, la quota del 50% verrà riassegnata al Fondo ammortamento titoli di Stato, ai sensi dell’articolo 25, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011.

 

Il comma 2, novellando l'articolo 27, comma 2, del d.lgs. 30/2013, dispone, come sopra accennato, l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale, per sostenere la transizione energetica di settori o di sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa dei costi connessi alle emissioni di gas a effetto serra trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica.

Nel corso dell’esame al Senato è stata aggiunta la precisazione secondo cui occorre dare priorità a interventi di riconversione sostenibili, caratterizzati da processi di decarbonizzazione che escludono l'utilizzo di ulteriori combustibili fossili diversi dal carbone.

II Fondo è alimentato secondo le previsioni dell'articolo 19, commi 3 e 6-bis, dello stesso d.lgs. 30/2013, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato e della normativa relativa al sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra di cui alla direttiva UE 2003/87/CE come modificata dalla direttiva UE/2018/410.

A uno o più decreti adottati entro il 5 dicembre p.v (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge) dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è demandata la definizione dei criteri, delle condizioni e delle procedure per l'utilizzo delle risorse del Fondo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa degli stanziamenti assegnati e previa notificazione del regime di aiuto ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE[46].

 

In base al comma 2 dell'art. 19 del D.lgs. 30/2013, i proventi delle aste sono versati al GSE in un apposito conto corrente dedicato "Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System" ("TARGET2"). Il GSE trasferisce i proventi delle aste ed i relativi interessi maturati su un apposito conto acceso presso la Tesoreria dello Stato, intestato al Dipartimento del tesoro, dandone contestuale comunicazione ai ministeri interessati. Detti proventi sono successivamente versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, fatto salvo quanto previsto dal comma 5, ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari, ai sensi della direttiva 2009/29/CE, degli stati di previsione interessati.

Alla ripartizione delle risorse si provvede, ai sensi del comma 3 dell’articolo 19, previa verifica dell'entità delle quote restituite e dei corrispondenti proventi derivanti dalla messa all'asta delle quote, con decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di effettuazione delle aste, nella misura del 70 per cento a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del 30 per cento a favore del Ministero dello sviluppo economico

In base al Rapporto sulle aste di quote europee di emissione annuale 2018 del 13 febbraio 2019, p. 42, al 31 dicembre 2018, in coerenza con quanto previsto dalla Convenzione MEF – GSE, sono stati trasferiti alla Tesoreria dello Stato proventi e interessi per circa 2,3 miliardi di euro relativi alle EUA (European Union Allowances, quota di emissione valevole nell’ambito dell’EU ETS) per compensare 1 ton/CO2 equivalente e circa 27,9 milioni di euro relativi alle EUA A (European Union Allowances Aviation, quota di emissione valevole nell’ambito dell’EU ETS per compensare 1 ton/CO2 eq., utilizzabile esclusivamente da parte degli operatori del settore aereo). Le somme trasferite sono relative alle aste svoltesi tra il 2012 e il 2017.

Utilizzando le suddette previsioni di prezzo - previsione prezzo minimo (P95), previsione poll (scenario di riferimento) e previsione prezzo massimo (P5) - unite alla previsione dei volumi, stimati nel 2019 a circa 51,6 milioni di EUA, i proventi dell’Italia nel 2019 potrebbero attestarsi in un intervallo tra un minimo di almeno 540 milioni di euro ed un massimo di 1,8 miliardi d’euro. La stima di riferimento, calcolata a partire dalla mediana del Poll, è di circa € 1,2 miliardi d’euro.

Per quanto concerne le EUA A, secondo quanto emerge dal citato Rapporto, l’Italia collocherà nel 2019 un totale di 700 mila quote relative all’aviazione civile. I proventi derivanti dal collocamento delle quote destinate all’aviazione rappresentano solo una piccola parte dei proventi delle aste CO2 e i proventi derivanti dal collocamento delle EUA A nel 2019, dovrebbero attestarsi tra un minimo di circa 8 milioni di euro ad un massimo di 24 milioni di euro, con uno scenario di riferimento di circa 17 milioni di euro.

 


 

Articolo 13-bis
(Disposizioni in materia di incentivi per energia
da fonti rinnovabili)

 

 

L'articolo in esame è stato introdotto dal Senato.

 

Il comma 1 interviene sull'apparato sanzionatorio previsto dall'articolo 42 del D.Lgs. 28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), in materia di incentivi nel settore elettrico e termico, erogati dal GSE.

In particolare si prevede che:

a) il GSE possa decurtare l'incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento (attualmente la decurtazione può essere disposta in misura ricompresa fra il 20 e l'80 per cento) in ragione dell'entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà (attualmente esse possono essere ridotte di un terzo).

A tal fine viene novellato il comma 3 dell'articolo 42;

b) agli impianti di potenza compresa tra 1 e 3 kW nei quali, a seguito di verifica, risultino installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento, si applica una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante (attualmente la decurtazione è del 30 per cento della tariffa incentivante) sin dalla data di decorrenza della convenzione.

Inoltre, la decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 30 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti.

A tal fine viene novellato il comma 3-quater dell'articolo 42;

c) agli impianti di potenza superiore a 3 kW nei quali, a seguito di verifiche o controlli, risultano installati moduli non certificati o con certificazioni non rispondenti alla normativa di riferimento e per i quali il soggetto beneficiario della tariffa incentivante abbia intrapreso le azioni consentite dalla legge nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità dei moduli, si applica, su istanza del medesimo soggetto beneficiario, una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante base (in luogo del 20 per cento attualmente previsto) per l'energia prodotta dalla data di decorrenza della convenzione con il GSE. La decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante si applica anche agli impianti ai quali è stata precedentemente applicata la decurtazione del 20 per cento, prevista dalle disposizioni previgenti.

A tal fine viene novellato il comma 4-bis dell'articolo 42.

 

Il comma 2 prevede che la minore sanzione di cui alla lettera a) del comma 1, si applica agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, su richiesta dell'interessato, a quelli definiti con provvedimenti del GSE di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere del Consiglio di Stato previsto dall'articolo 11 del DPR 1199/1971. La richiesta dell'interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché a rinuncia all'azione. Le minori sanzioni disposte dal comma 1 non si applicano qualora la condotta dell'operatore che ha determinato il provvedimento di decadenza del GSE è oggetto di procedimento e processo penale in corso, ovvero concluso con sentenza di condanna anche non definitiva.


 

Articolo 13-ter
(Incremento delle risorse per il rifinanziamento delle agevolazioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 dicembre 2014 al fine di sostenere la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi)

 

 

L'articolo in esame è stato introdotto dal Senato.

Il comma 1 incrementa di 500 mila euro per il 2019, di 1 milione di euro per il 2020 e di 5 milioni di euro per il 2021 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'art. 23, co. 2, del D.L. 83/2012 (L. 134/2012), da destinare all'erogazione dei finanziamenti per le agevolazioni di cui al DM 4 dicembre 2014.

 

Il citato DM (art. 2), al fine di favorire lo sviluppo economico e la crescita dei livelli di occupazione nel Paese, ha istituito, in attuazione dell’art. 1, co. 845[47], L. 296/2006, un apposito regime di aiuto finalizzato a promuovere la nascita e lo sviluppo di società cooperative.

Ai sensi dell'art. 3, possono beneficiare delle agevolazioni le società cooperative: regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese; che si trovano nel pieno e libero esercizio dei propri diritti e che non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali. Non sono ammesse alle agevolazioni le società cooperative: che abbiano ricevuto e non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea; che siano state destinatarie di provvedimenti di revoca, parziale o totale, di agevolazioni concesse dal Ministero e che non abbiano restituito le agevolazioni per le quali è stata disposta la restituzione; qualificabili come “imprese in difficoltà” ai sensi di quanto stabilito dal Regolamento di esenzione; operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura, ai sensi di quanto stabilito dal Regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, recante modifica ai Regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga il Regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio; operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del TFUE; operanti nel settore carboniero, relativamente agli aiuti per agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive, di cui alla decisione 2010/787/UE del Consiglio; qualora l’aiuto sia diretto al finanziamento di attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia per programmi d’impresa direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione e per gli interventi subordinati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione.

In base all'art. 4, per il finanziamento delle agevolazioni, sono utilizzate le risorse disponibili sui capitoli di bilancio del Ministero n. 7342 – “Piano di gestione 21” e n. 2301 – “Iniziative a fronte delle attività di promozione e di sviluppo delle cooperative”, che sono versate alla contabilità speciale n. 1201 del Fondo per la crescita sostenibile e iscritte nella sezione del medesimo Fondo dedicata agli interventi per il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi. Le agevolazioni possono altresì essere finanziate con risorse provenienti da Programmi Operativi cofinanziati con Fondi Strutturali, nell’attuazione di azioni, previste nei predetti Programmi Operativi, coerenti con le finalità e gli ambiti di intervento del DM.

Secondo quanto previsto dall'art. 5, a valere sulle risorse finanziarie predette, le società finanziarie sono autorizzate a concedere alle società cooperative finanziamenti a tasso agevolato a fronte della realizzazione delle iniziative di cui all’articolo 6. I finanziamenti: hanno una durata massima, comprensiva dell’eventuale periodo di preammortamento, di 10 anni; sono rimborsati secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate, scadenti il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno. Gli interessi di preammortamento sono corrisposti alle medesime scadenze; sono regolati a un tasso di interesse pari al 20 percento del tasso di riferimento vigente alla data di concessione delle agevolazioni, fissato sulla base di quello stabilito dalla Commissione Europea e pubblicato sul sito Internet http://ec.europa.eu/competition/state_aid/legislation/reference_rates.html. In ogni caso, il tasso agevolato non potrà essere inferiore a 0,8 percento; sono concessi per un importo non superiore a 4 volte il valore della partecipazione detenuta dalla società finanziaria nella società cooperativa beneficiaria e, in ogni caso, per un importo non superiore a euro 1.000.000,00 (un milione); nel caso vengano concessi a fronte di investimenti, possono coprire fino al 100 percento dell’importo del programma di investimento. L’agevolazione derivante dal finanziamento agevolato è pari alla differenza tra le rate calcolate al suddetto tasso di attualizzazione e rivalutazione, vigente alla data di concessione delle agevolazioni e quelle da corrispondere al predetto tasso agevolato.

L'art. 6 prevede che le agevolazioni sono concesse al fine di sostenere: sull’intero territorio nazionale, la nascita di società cooperative costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di società cooperative sociali di cui alla L. 381/1991, e di società cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata; nei territori delle Regioni del Mezzogiorno, oltre alla suddetta finalità, anche lo sviluppo o la ristrutturazione di società cooperative esistenti.

L'art. 7 elenca le spese ammissibili mentre l'art. 8 disciplina la procedura per la presentazione e valutazione delle richieste; l'art. 9 contempla i casi di cumulabilità delle agevolazioni con altre misure di favore mentre gli articoli 10 e 11 concernono, rispettivamente, il monitoraggio, le ispezioni e i controlli e i casi di revoca delle agevolazioni.

Con decreto direttoriale 16 aprile 2015 (in attuazione dell'art. 12 del DM 4 dicembre 2014), sono stati definiti gli aspetti operativi per la presentazione e la valutazione delle domande, la concessione e l'erogazione delle agevolazioni e lo svolgimento del monitoraggio delle iniziative agevolate nonché le modalità di regolamentazione dei rapporti tra il Ministero dello sviluppo economico e le società finanziarie a cui è affidata la gestione dell' intervento.

 

L'incremento è disposto al fine di sostenere sull'intero territorio nazionale la nascita e lo sviluppo di società cooperative di piccole e medie dimensioni costituite, in misura prevalente, da lavoratori provenienti da aziende in crisi.

 

Il “Fondo per la crescita sostenibile”, è stato istituito dall’articolo 23 del D.L. n. 83/2012. L’articolo, in particolare, ha ridenominato il Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (già istituito presso il Ministero dello sviluppo economico ex art. 14, legge n. 46/1982) in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente oggetto di abrogazione. Il Fondo in questione è dunque la risultante da una razionalizzazione del previgente sistema di agevolazione alle imprese. Il Fondo è destinato al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo (cfr. D.M. attuativo 8 marzo 2013), con particolare riguardo ad una serie di finalità, esplicitamente indicate nell’articolo 23, comma 2, tra le quali, la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese; il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma; la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane; interventi in favore di imprese in crisi di grande dimensione; la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata. Per ciascuna delle finalità indicate dal comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo (comma 4 dell’articolo 23). Il Fondo opera come fondo rotativo. Infatti, il comma 8 dell’articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.

Il comma 204 dell'art. 1, L. 145/2018 (bilancio di previsione per il 2019) ha incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2019 e di 50 milioni di euro per l’anno 2020 la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile di cui all’art. 23 del D.L. n. 83/2012, destinando le risorse in questione al finanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa e non complessa di cui all’art. 27 del medesimo D.L. n. 83/2012. Ai sensi del comma 205, un decreto del Ministro dello sviluppo economico avrebbe dovuto provvedere a ripartire le risorse tra gli interventi da attuare per le situazioni di crisi industriale complesse e quelli per le situazioni di crisi industriale non complessa.

In base alla legge n. 110 del 1° ottobre 2019 (Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2019), il Fondo (allocato sul cap. 7483 dello stato di previsione del MISE) presenta una dotazione in termini di competenza pari a € 107 mln per il 2019 e a € 50 mln per il 2020.

 

Il comma 2 prevede che agli oneri predetti si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma ''Fondi di riserva e speciali'' della missione ''Fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 14
(Disposizioni urgenti in materia di ILVA S.p.A.)

Soppresso

 

 

L’articolo 14 del decreto-legge, soppresso nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione in Senato, interviene sulla disposizione (comma 6 dell’art. 2 del D.L. 1/2015) che esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell’ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale. In particolare, il decreto legge interviene sia in merito all’ambito oggettivo dell’esonero da responsabilità, con riguardo alle condotte scriminate, sia in merito all’ambito temporale dell’esimente da responsabilità penale e amministrativa che, per i soli acquirenti o affittuari (e per i soggetti da questi delegati), viene prorogata dal 6 settembre 2019 alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano ambientale alle quali la condotta è riconducibile.

 

In particolare, il decreto-legge:

 

-      specifica - modificando il primo periodo del comma 6 dell’art. 2 del DL n. 1 del 2015 - che l’esonero da responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato (ex d.lgs. n. 231 del 2001), riguarda le condotte connesse all’attuazione del Piano ambientale (e non più dell'A.I.A). La modifica è volta a rendere omogeneo il riferimento alle condotte scriminate (che diventano quelle attuative del Piano) con l’equiparazione - operata dallo stesso primo periodo del comma 6 - dell’osservanza delle disposizioni del Piano ambientale stesso alla adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione previsti dal d.lgs. 231 del 2001, che consentono di prevenire l’insorgere della responsabilità dell’ente conseguente alla commissione di un reato;

-      specifica che le condotte poste in essere in attuazione del predetto Piano ambientale, nel rispetto dei termini e delle modalità ivi stabiliti, non possano dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, non solo in quanto integrano esecuzione delle migliori regole preventive in materia ambientale ma, altresì, in quanto costituiscono adempimento dei doveri imposti dal suddetto Piano Ambientale;

-      mantiene il termine del 6 settembre 2019 per l’operatività dell’esimente relativamente alle condotte poste in essere dai soli commissari straordinari;

-      prevede che l’esimente da responsabilità penale e amministrativa per acquirenti e affittuari (e per i soggetti da questi delegati) operi con riferimento alle condotte di esecuzione del piano «sino alla scadenza dei termini di attuazione stabiliti dal piano stesso per ciascuna prescrizione». Dunque, per questi soggetti l’esimente viene prorogata alla scadenza delle singole prescrizioni del Piano alle quali la condotta è riconducibile. In ogni caso, si ricorda che il Piano deve essere portato a completa attuazione entro il 23 agosto 2023;

-      contempla la possibilità che l’esimente venga meno anticipatamente rispetto alla tempistica stabilita nel Piano ambientale, in presenza di «più brevi termini che l’affittuario o l’acquirente si sia impegnato a rispettare nei confronti della gestione commissariale di ILVA». In sostanza, se l’affittuario e i commissari straordinari pattuiranno termini più brevi per l’adempimento alle singole prescrizioni imposte dal Piano, anche l’esimente verrà meno anticipatamente;

-      esplicita che l’esonero da responsabilità penale e amministrativa, nonché da responsabilità civile, non copre le violazioni di norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

 


 

Articolo 14-bis
(
Cessazione della qualifica di rifiuto)

 

 

L’articolo 14-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica ed integra (ai commi 1-3) la disciplina relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto (c.d. end of waste) contenuta nell’art. 184-ter del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) e reca (ai commi 4-10) ulteriori disposizioni in materia.

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni.

Condizioni da soddisfare per l’end of waste (comma 1)

Il comma 1 modifica una delle condizioni da soddisfare ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, contenuta nella lettera a) del comma 1 dell'articolo 184-ter del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), al fine di allineare la norma nazionale vigente al nuovo testo della corrispondente lettera a) del paragrafo 1 dell’art. 6 della direttiva rifiuti 2008/98//CE risultante dalle modifiche apportate dalla direttiva 2018/851/UE.

A differenza del testo vigente, ove si prevede che, ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto, è necessario che la sostanza o l'oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici, il nuovo testo previsto dal comma in esame (che riproduce la nuova disposizione europea succitata) prevede che la sostanza o l'oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici.

Disciplina transitoria nelle more dell’emanazione di criteri end of waste (comma 2)

Il comma 2 riscrive il comma 3 dell’art. 184-ter del Codice che reca la disciplina transitoria applicabile nelle more dell’emanazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste).

Si tratta di una nuova riscrittura, dopo quella recentemente operata dall’art. 1, comma 19, del D.L. 32/2019 (c.d. decreto-legge sblocca cantieri), con cui si è cercato di superare i problemi generatisi in seguito alla sentenza n. 1229/2018 del Consiglio di Stato, senza però pervenire, a detta di molti operatori del settore e della dottrina, ad una soluzione soddisfacente.

L'art. 184-ter del Codice dispone che un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfa i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle condizioni individuate nelle lettere da a) a d) del medesimo comma (che riproducono sostanzialmente le condizioni indicate dalla direttiva).

Lo stesso articolo (al comma 2) dispone che l'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfino i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.

Il comma 2, in particolare, dispone che i criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero "in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare".

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati alcuni regolamenti end of waste: il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari - CSS), il D.M. 28 marzo 2018, n. 69 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di conglomerato bituminoso) e il D.M. 15 maggio 2019, n. 62 (che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di prodotti assorbenti per la persona - PAP)[48].

Per gli altri materiali, per i quali non sono stati emanati criteri end of waste, il comma 3 dell’art. 184-ter del Codice, nel testo previgente la conversione in legge del D.L. 32/2019, disponeva che, nelle more della loro adozione, continuano ad applicarsi le disposizioni per il recupero semplificato dettate dai decreti del Ministro dell'ambiente emanati in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269.

Sulla base di tale normativa, con nota n. 10045 del 1° luglio 2016, il Ministero dell'ambiente aveva confermato il potere, in capo alle regioni e agli enti da esse delegati, di definire, in assenza di regolamenti comunitari o ministeriali, criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in sede di rilascio delle autorizzazioni, quindi "caso per caso". Successivamente, però, con la sentenza n. 1229/2018, il Consiglio di Stato ha negato che enti e organizzazioni interne allo Stato possano vedersi riconosciuto potere alcuno di «declassificazione» del rifiuto in sede di autorizzazione.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “è del tutto evidente che, laddove si consentisse ad ogni singola Regione, di definire, in assenza di normativa UE, cosa è da intendersi o meno come rifiuto, ne risulterebbe vulnerata la ripartizione costituzionale delle competenze tra Stato e Regioni”, dato che la disciplina dei rifiuti ricade, per costante giurisprudenza costituzionale, nella materia della “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali” (lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost.), di competenza esclusiva dello Stato.

In altre parole, “pur essendo le Regioni titolate del potere di concedere le autorizzazioni per il recupero, esse tuttavia sono sprovviste di quello di individuare autonomamente i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto in base ai quali concedere tali autorizzazioni”[49].

Al fine di pervenire ad una soluzione, nella seduta del 19 aprile 2018 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un ordine del giorno (n. 18/46/SRFS/C5) per chiedere al Governo di proporre una modifica normativa esplicita in grado di consentire alle regioni di decidere le singole casistiche di end of waste.

Sulla questione è intervenuta anche la Corte di giustizia dell’UE che, con la sentenza 28 marzo 2019, causa C-60/18, ha affermato, tra l’altro, che “l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale … in forza della quale, qualora non sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione europea per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale”.

Nel punto 24 della citata sentenza, la stessa Corte sottolinea altresì che “risulta, inoltre, dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98 che gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali” e che l’obbligo, contenuto in tale disposizione, di notifica alla Commissione “riguarda i progetti di regola tecnica e non le decisioni individuali”.

Si fa notare che la riscrittura del paragrafo 4 operata dalla nuova direttiva rifiuti (n. 2018/851/UE) afferma in modo esplicito che le “decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità della direttiva (UE) 2015/1535. Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti”.

Al fine di superare le problematiche evidenziate, il comma 19 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 ha riscritto il comma 3 dell’art. 184-ter del Codice al fine di chiarire che, nelle more dell’emanazione di criteri end of waste:

-      la disciplina transitoria a cui faceva riferimento il testo previgente (vale a dire le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente datati 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269) continua ad applicarsi in relazione alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti;

-      il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti (di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al Titolo III-bis, parte seconda, del D.Lgs. 152/2006) avviene, da parte delle regioni, sulla base dei criteri indicati negli allegati dei succitati decreti ministeriali (in particolare, nell'allegato 1, suballegato 1, al D.M. 5 febbraio 1998; nell’allegato 1, suballegato 1, al D.M. 161/2012; nonché nell’allegato 1 al D.M. 269/2005) per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività.

Con la riscrittura operata dal D.L. 32/2019 si è altresì prevista l’emanazione di linee guida da parte del Ministero dell'ambiente per garantire l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della nuova normativa introdotta ed è stato previsto che, successivamente, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione di tali linee guida, i titolari delle autorizzazioni rilasciate in forza delle disposizioni recate dal comma in esame devono presentare all’autorità competente apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida medesime.

Al fine di approfondire gli effetti di tale riscrittura, nella seduta del 31 luglio 2019, l'VIII Commissione (Ambiente) della Camera ha deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto («end of waste»). Nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine è stato più volte evidenziato come la norma introdotta dal D.L. 32/2019 non sia riuscita nell’intento di risolvere i problemi del settore.

Ciò è stato confermato anche dal Ministro dell’ambiente che, nel corso dell’audizione del 12 settembre 2019 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, ha sottolineato (con riferimento alla riscrittura operata dal decreto «sblocca cantieri») che “la nuova disposizione riguarda solo i flussi di materiali cosiddetti «tradizionali», cioè regolati dai suddetti decreti ministeriali a cui facevo riferimento, che non sono aggiornati all'evoluzione tecnologica del 1998, del 2005 e del 2012, quindi tecnologicamente un po’ datati ormai. Per questa ragione, la nuova formulazione … a mio parere non può ritenersi risolutiva di tutte le esigenze del settore”.

In dottrina è stato inoltre evidenziato che sarebbe stato preferibile, anziché continuare a fare riferimento ai “vecchi decreti sul recupero” (D.M. 5 febbraio 1998, …), cercare di velocizzare e snellire la loro modifica al fine di favorire “quelle attività che, impiegando tecnologie più innovative per il riciclo dei rifiuti, sono anche le più efficaci per la tutela ambientale e lo sviluppo dell’economia circolare”[50].

 

Ciò premesso, è possibile analizzare nel dettaglio le nuove disposizioni introdotte dal comma in esame.

Disciplina transitoria per il rilascio/rinnovo delle autorizzazioni (art. 184-ter, comma 3, primo periodo)

Il primo periodo del nuovo comma 3 dell’art. 184-ter dispone che, in mancanza di criteri specifici di end of waste (adottati ai sensi del comma 2 del medesimo articolo), le autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti (di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al Titolo III-bis, parte seconda, del D.Lgs. 152/2006), per lo svolgimento di operazioni di recupero ai sensi del presente articolo, sono rilasciate o rinnovate:

§  nel rispetto delle condizioni di cui all'art. 6, par. 1, della direttiva 2008/98/CE;

§  e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, che includono:

a)  materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;

b)  processi e tecniche di trattamento consentiti;

c)  criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d)  requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;

e)  un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

 

Le condizioni indicate dall’art. 6, paragrafo 1, della direttiva sono le quattro condizioni recepite dal comma 1 dell’art. 184-ter del Codice (con l’unica differenza che viene eliminata con la riscrittura prevista dal comma 1 dell'articolo in esame).

Appare opportuno evidenziare che i contenuti dei sopra menzionati criteri dettagliati, definiti nell'ambito dei procedimenti autorizzatori, sono gli stessi che le lettere da a) ad e) del paragrafo 2 dell’art. 6 della direttiva prevedono per i criteri dettagliati stabiliti dalla Commissione europea al fine di assicurare, per determinati tipi di rifiuti, l'applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1.

Occorre altresì ricordare che il successivo paragrafo 3 dell’articolo 6 della direttiva stabilisce che “laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione ai sensi del paragrafo 2, gli Stati membri possono stabilire criteri dettagliati sull'applicazione delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti. Tali criteri dettagliati tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell'oggetto e soddisfano i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e)”.

Il paragrafo 4, inoltre, dispone che “laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana”.

 

Si fa notare che, rispetto, al testo vigente (cfr. secondo periodo del comma 3), nel periodo in esame non vi è più il riferimento alla normativa sul recupero semplificato, ma si rinvia a criteri da definire in sede di autorizzazione.

Si fa altresì notare che nel nuovo testo in esame sono soppresse le disposizioni secondo cui le autorizzazioni in questione individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 178 del Codice per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell'impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero.

Si fa notare che la riscrittura in esame appare in linea con quanto richiesto dal criterio di delega contemplato (ai fini del recepimento della nuova direttiva rifiuti n. 2018/851/UE) dall’art. 16, comma 1, lettera e), della legge di delegazione europea 2018 (approvata in via definitiva dal Parlamento e in attesa di pubblicazione sulla G.U.).

Tale criterio, infatti, richiede, tra l’altro, di “riformare la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto, in attuazione delle disposizioni dell'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, come modificato dall’articolo 1, numero 6), della direttiva (UE) 2018/851”.

Disciplina transitoria per le procedure semplificate di recupero (art. 184-ter, comma 3, secondo periodo)

Il secondo periodo del nuovo comma 3 dell’art. 184-ter dispone che, in mancanza di criteri specifici end of waste (adottati ai sensi del comma 2 del medesimo articolo), per le procedure semplificate per il recupero dei rifiuti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al D.M. 5 febbraio 1998 e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente n. 161/2002 e n. 269/2005.

Si osserva che tale disposizione è pressoché identica a quella recata dal primo periodo del testo vigente del comma 3.

Si fa altresì notare che nel nuovo testo in esame sono soppresse le disposizioni che prevedono l’emanazione di apposite linee guida da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare “per l'uniforme applicazione della presente disposizione sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana”.

Sono altresì soppresse le disposizioni che prevedono che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore delle citate linee guida, “i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione presentano alle autorità competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida”. La disciplina relativa alle autorizzazioni in essere e a quelle rilasciate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore dell'articolo in esame è infatti dettata dai nuovi commi 7 e 8 dell'articolo in esame.

Controllo dei nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, conseguenti adeguamenti e monitoraggio delle attività di controllo (commi 3 e commi 4)

I commi 3 e 4 aggiungono i nuovi commi da 3-bis a 3-septies e il comma 4 dell’art. 184-ter del Codice.

Tali disposizioni disciplinano, nell’ordine:

a)   il controllo dei nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati;

b)  il successivo adeguamento degli impianti alle conclusioni dei controlli medesimi;

c)   il monitoraggio delle attività di controllo.

 

a) controllo delle autorizzazioni (commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, primo periodo)

Il nuovo comma 3-bis prevede che le Autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunicano all'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro 10 giorni dalla notifica degli stessi al soggetto istante.

A sua volta l’ISPRA o, su sua delega, l'Agenzia Regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) territorialmente competente, in base al disposto del nuovo comma 3-ter, effettua un controllo, a campione (sentita l'autorità competente di cui al comma 3-bis e in contraddittorio con il soggetto interessato) della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero, le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1.

Lo stesso comma prevede la redazione di una apposita relazione nei casi di non conformità.

 

Viene altresì previsto, dal medesimo comma, che:

-      il procedimento di controllo si conclude entro 60 giorni dall'inizio della verifica.

-      l’ISPRA (o l’ARPA delegata) comunica entro 15 giorni gli esiti della verifica al Ministero dell'ambiente.

 

Al fine di assicurare l'armonizzazione, l'efficacia e l'omogeneità dei controlli citati sul territorio nazionale trovano applicazione gli articoli 4, comma 4, e 6 della legge 28 giugno 2016, n. 132.

L'articolo 4, comma 4, della legge 28 giugno 2016, n. 132 prevede che l'ISPRA adotta, con il concorso delle agenzie, norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale in materia di monitoraggio, di valutazioni ambientali, di controllo, di gestione dell'informazione ambientale e di coordinamento del Sistema nazionale, per assicurare l'armonizzazione, l'efficacia, l'efficienza e l'omogeneità dei sistemi di controllo e della loro gestione nel territorio nazionale, nonché il continuo aggiornamento, in coerenza con il quadro normativo nazionale e sovranazionale, delle modalità operative del Sistema nazionale e delle attività degli altri soggetti tecnici operanti nella materia ambientale. L'articolo 6 reca invece disposizioni in materia di funzioni di indirizzo e di coordinamento dell'ISPRA.

 

Il comma 3-quater prevede (al primo periodo) che, ricevuta la comunicazione sull’esito della verifica, il Ministero dell'ambiente, nei 60 giorni successivi, adotta proprie conclusioni, motivando l'eventuale mancato recepimento degli esiti dell'istruttoria contenuti nella relazione dell’ISPRA (o dell’ARPA delegata), e le trasmette all'Autorità competente.

 

b) adeguamento degli impianti alle conclusioni del controllo (commi 3-quater, periodi secondo e terzo, e 3-quinquies)

Ricevute le conclusioni del Ministero, l'Autorità competente (in base al disposto del secondo periodo del comma 3-quater) avvia un procedimento finalizzato all'adeguamento degli impianti da parte del soggetto interessato alle conclusioni del Ministero.

Viene altresì previsto che l’autorità competente disponga, in caso di mancato adeguamento, la revoca dell'autorizzazione e dia tempestiva comunicazione della conclusione del procedimento al Ministero medesimo.

Resta salva (in base al successivo terzo periodo) la possibilità per l'autorità competente di adottare provvedimenti di natura cautelare.

 

Il comma 3-quinquies prevede che, decorsi 180 giorni dalla comunicazione all'Autorità competente delle conclusioni ministeriali, ove il procedimento finalizzato all’adeguamento non risulti avviato o concluso, il Ministro dell'ambiente può provvedere, in via sostitutiva e previa diffida, anche mediante un Commissario ad acta, all'adozione dei provvedimenti di adeguamento.

 

c) monitoraggio delle attività di controllo (commi 3-sexies, 3-septies e 4)

Il comma 3-sexies dispone che, con cadenza annuale, l'ISPRA redige una relazione sulle verifiche e i controlli effettuati nel corso dell'anno.

Viene altresì stabilito che la medesima relazione sia trasmessa al Ministero dell'ambiente entro il 31 dicembre.

 

Il comma 3-septies, al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di pubblicità, prevede l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente, del registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate concluse ai sensi del presente articolo.

Al fine di garantire l’alimentazione del registro, lo stesso comma prevede l’obbligo, per le autorità competenti, al momento del rilascio, di comunicare al Ministero dell'ambiente i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del presente articolo.

La definizione delle modalità di funzionamento e di organizzazione del registro è demandata ad un apposito decreto, non avente natura regolamentare, del Ministro dell'ambiente.

Si osserva che la disposizione non indica un termine per l’emanazione del decreto ministeriale.

 

Si fa notare che l’istituzione del registro, prevista dalla norma in esame, consente di attuare il criterio di delega contemplato (ai fini del recepimento della nuova direttiva rifiuti n. 2018/851/UE) dall’art. 16, comma 1, lettera e), n. 2), della legge di delegazione europea 2018 (approvata in via definitiva dal Parlamento e in attesa di pubblicazione sulla G.U.).

Tale criterio prevede infatti di “istituire presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, e quelle di cui al titolo III-bis della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

 

A far data dall'effettiva operatività del registro, la comunicazione dei provvedimenti autorizzatori all’ISPRA (prevista dal comma 3-bis) non è più necessaria, in quanto si intende assolta con la sola comunicazione al registro.

Sarà quindi onere dell’ISPRA dover accedere al registro per acquisire la citata comunicazione e, conseguentemente, procedere ai controlli a campione previsti dal comma 3-ter.

 

Il comma 4 dispone che le Autorità competenti effettuano la comunicazione al registro succitato (prevista all'articolo 184-ter, comma 3-septies secondo periodo), entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, relativamente alle autorizzazioni per l'avvio di operazioni di recupero di rifiuti ai fini del citato articolo 184-ter, rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Si fa notare che l’art. 184-ter, comma 3-septies, secondo periodo, disciplina l’obbligo di comunicazione al registro per i “nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati”, mentre il comma in esame detta una disposizione che riguarda la comunicazione delle autorizzazioni già rilasciate, quindi di autorizzazioni che sembrerebbero escluse dall’ambito di applicazione del citato secondo periodo del comma 3-septies.

Gruppo di lavoro per l’adozione dei criteri end of waste (commi 5 e 6)

Il comma 5, al fine di assicurare lo svolgimento delle attività istruttorie concernenti l'adozione dei decreti specifici di end of waste (previsti dal comma 2 dell'articolo 184-ter del Codice), prevede l’istituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'ambiente.

Lo stesso comma disciplina l’individuazione dei membri del gruppo di lavoro, le relative retribuzioni.

Viene infatti stabilito che il Ministero dell'ambiente è autorizzato a individuare cinque unità di personale pubblico, di cui almeno due con competenze giuridiche e le restanti unità con competenze di natura tecnico-scientifica da collocare presso l'ufficio legislativo.

Le predette unità possono essere scelte dal Ministro dell'ambiente tra i dipendenti pubblici in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o analoga posizione prevista dall'ordinamento di appartenenza, ai sensi dell'art. 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. In alternativa, possono essere stipulati fino a cinque contratti libero-professionali, mediante procedura selettiva per titoli e colloquio, per il reperimento di personale, anche estraneo alla pubblica amministrazione, in possesso delle competenze di cui al precedente periodo. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 1 milione di euro (200.000 euro annui per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024).

 

Il comma 6 disciplina la copertura degli oneri derivanti dall’istituzione del gruppo di lavoro citato, prevedendo che vi si provveda mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma ''fondi di riserva e speciali'' della missione ''fondi da ripartire'' dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

Disciplina applicabile alle autorizzazioni in essere e a quelle nuove (commi 7, 8 e 9)

Il comma 7 dispone che entro 180 giorni dall'entrata in vigore di ciascuno dei decreti end of waste (previsti dall'art. 184-ter, comma 2, del Codice) siano tenuti a presentare, alle autorità competenti, istanza di aggiornamento (alle disposizioni definite dai decreti predetti):

- i titolari delle autorizzazioni per gli impianti di trattamento rifiuti (emesse ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 del Codice) e delle AIA relative ad impianti di gestione dei rifiuti (disciplinate dal Titolo III-bis, parte seconda, del Codice) rilasciate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione;

- nonché coloro che svolgono attività di recupero in base ad una procedura semplificata avviata successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

La mancata presentazione dell'istanza di aggiornamento, nel termine indicato dal precedente periodo, determina la sospensione dell'attività oggetto di autorizzazione o di procedura semplificata.

 

Il comma 8 disciplina invece le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Viene infatti previsto che le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209, 211 e di cui al titolo III-bis, parte seconda, del Codice, in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione ovvero per le quali è in corso un procedimento di rinnovo ovvero che risultino scadute ma per le quali è presentata un'istanza di rinnovo entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, sono fatte salve e sono rinnovate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 3, del Codice.

In ogni caso si applicano gli obblighi di aggiornamento di cui al comma 7 nei termini e con le modalità ivi previste.

 

Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 appaiono in linea con il criterio di cui all’art. 16, comma 1, lettera e), numero 1), della legge di delegazione europea 2018 che, nell’ambito della riforma della disciplina della cessazione di qualifica di rifiuto, delega il Governo a “disporre che le autorizzazioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della disciplina di cui alla presente lettera siano fatte salve e possano essere rinnovate, eventualmente anche al fine dell'adeguamento alle migliori tecnologie disponibili (BAT), unitamente alle autorizzazioni per le quali sia stata presentata l'istanza di rinnovo alla stessa data, nelle more dell'adozione dei decreti e nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, come modificato dalla direttiva (UE) 2018/851”.

L’esigenza di disposizioni volte a disciplinare le autorizzazioni in essere è stata sottolineata anche dal Ministro dell’ambiente nel corso dell’audizione del 12 settembre 2019 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. In tale sede il Ministro ha evidenziato che “la recente modifica normativa introdotta dallo Sblocca cantieri ha posto il problema dell'applicabilità della norma anche alle autorizzazioni rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore della novella del comma 3 dell'articolo 184-ter del Codice dell'ambiente e a quelli in fase di rinnovo alla medesima data”. Secondo lo stesso Ministro, una tale disposizione transitoria è “di fondamentale importanza per tutelare l'affidamento degli operatori del settore del recupero dei rifiuti … al fine di evitare il blocco degli impianti di end of waste e conseguenti situazioni di criticità nel ciclo di gestione dei rifiuti, nelle more dell'adozione dei decreti previsti dall'articolo 184 del Codice dell'ambiente”.

L’assenza di una disposizione volta a disciplinare in maniera esplicita le autorizzazioni in essere ha portato all’emanazione di circolari regionali (si veda in particolare la circolare n. 30555 del 23 settembre 2019 emanata dalla Regione Lombardia).

 

Il comma 9 prevede che gli obblighi di comunicazione di cui al comma 3-bis dell'articolo 184-ter del Codice (come riscritto dall'articolo in esame) si applicano anche alle autorizzazioni in essere, cioè già rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Viene altresì previsto che le autorità competenti effettuano i prescritti adempimenti, nei confronti dell'ISPRA, nel termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Si valuti, a fini di chiarezza normativa, l’opportunità di precisare gli adempimenti cui le autorità competenti sono tenute nei confronti dell’ISPRA.

Clausola di invarianza finanziaria (comma 10)

Il comma 10 reca l’usuale clausola di invarianza finanziaria stabilendo che dall'attuazione del presente articolo, ad eccezione di quanto previsto ai commi 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 15
(Fondo salva opere)

 

 

L’articolo 15 introduce diverse modifiche all'articolo 47 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che ha istituito un Fondo salva opere per garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori, al fine di:

§  consentire l’accesso alle risorse del Fondo salva opere anche ai fornitori nelle ipotesi di affidamenti da parte di contraente generale (lettera a);

§  prevedere da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la surroga nei diritti dei beneficiari del Fondo, oltre che nei confronti dell'appaltatore o dell'affidatario del contraente generale, anche verso il contraente generale (lettera b);

§  disciplinare la procedura per l’accesso a favore delle imprese beneficiarie alle risorse del Fondo salva opere, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali (lettera c);

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte le seguenti modifiche:

§  il differimento dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 del termine entro cui i comuni beneficiari di determinati contributi per la realizzazione di progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile iniziano i lavori (comma 01);

§  il pagamento diretto, in caso di mancanza del DURC, a favore di enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, in proporzione della misura del credito certificato liquidata (il testo originario fa riferimento al solo credito certificato) al richiedente stesso, oltre che entro i limiti della capienza del Fondo salva opere (modifica la lettera c) del comma 1);

§  l’applicabilità del meccanismo generale testé introdotto per beneficiare delle risorse del Fondo salva opere, anche in relazione allo specifico stanziamento previsto nel Fondo salva opere, per salvaguardare determinati crediti insoddisfatti ad una certa data (introduce la lettera c-bis) al comma 1).

 

Il comma 01, introdotto al Senato, modifica il comma 5 dell'articolo 30 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, che assegna ai comuni, in base alla popolazione residente, contributi per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile.

Conseguentemente, viene modificata anche la rubrica dell’articolo 15 in esame in “Modifiche agli articoli 30 e 47 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34”.

 

Con la modifica introdotta viene differito dal 31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019 il termine entro cui tali comuni beneficiari sono obbligati ad iniziare l'esecuzione dei lavori.

I contributi in oggetto sono destinati ad opere pubbliche in materia di: a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche (art. 30, comma 3, D.L. 34/2019).

 

Con la lettera a) dell'articolo 15, comma 1, che modifica il comma 1-bis, quarto periodo, del suddetto art. 47, viene specificato che le risorse del Fondo sono destinate, nel caso di affidamento a contraente generale, anche alla soddisfazione dei crediti dei subfornitori, subappaltatori, e subaffidatari, invece che dei soli affidatari di lavori.

Il comma 1-bis dell’art. 47 del D.L. 34/2019 prevede un fondo denominato “Fondo salva-opere”, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori.

Il quarto periodo del comma 1-bis, oggetto di modifica, stabilisce che le risorse del Fondo siano destinate, tra l’altro, alla soddisfazione, nei limiti della dotazione del Fondo e nella misura massima del 70 per cento, dei crediti insoddisfatti, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari di lavori, quando tali soggetti sono assoggettati a procedura concorsuale.

Con la modifica in esame, l’ambito di applicazione della norma viene chiarito in modo più puntuale, al fine di evitare la possibile esclusione di taluni soggetti dalla procedura prevista.

 

Con la lettera b), che modifica il comma 1-ter, quinto periodo, dell’art. 47, si stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è surrogato nei diritti dei beneficiari del Fondo, oltre che verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale, anche nei confronti del contraente generale.  

La norma oggetto di modifica prevede la suddetta surroga del MIT nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale, senza contemplare specificamente anche la figura del contraente generale.  

Il comma 1-ter dell’art. 47 disciplina la procedura relativa ai crediti insoddisfatti maturati prima della procedura concorsuale, ponendo determinati oneri a carico dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori per la certificazione del credito. Nel quinto periodo del comma 1-ter, oggetto di modifica, si prevede che, a seguito del pagamento, il MIT è surrogato nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale.

 

Con la lettera c) sono inseriti cinque nuovi periodi al comma 1-ter dell’art. 47 che disciplinano la procedura per l’accesso a favore delle imprese beneficiarie delle risorse del Fondo salva opere, anche in pendenza di controversie giurisdizionali, contributive e fiscali.

Il comma 1-ter dell’art. 47, che disciplina la procedura relativa ai crediti insoddisfatti maturati prima della procedura concorsuale, prevede l’onere a carico dei sub-appaltatori, sub-affidatari e sub-fornitori - al fine di ottenere da parte del Fondo il pagamento dei crediti insoddisfatti prima dell’apertura della procedura concorsuale - della trasmissione all'amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale della documentazione comprovante l'esistenza del credito ed il suo ammontare. L’amministrazione aggiudicatrice, ovvero il contraente generale, svolte le opportune verifiche, provvede alla certificazione dell’esistenza e dell'ammontare del credito. Tale certificazione è trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e costituisce prova del credito nei confronti del Fondo ed è inopponibile alla massa dei creditori concorsuali. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvede all'erogazione delle risorse del Fondo in favore delle imprese. A seguito del pagamento il Ministero è surrogato nei diritti del sub-appaltatore, sub-affidatario o sub-fornitore verso l'appaltatore o l'affidatario del contraente generale nell’ambito della procedura concorsuale. La disposizione peraltro specifica che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1205 del codice civile, il Ministero è preferito al subappaltatore, sub affidatario o sub-fornitore nei riparti ai creditori effettuati nel corso della procedura concorsuale, fino all'integrale recupero della somma pagata.

 

Controversie giurisdizionali (primo periodo)

 

Il primo periodo stabilisce che l'eventuale pendenza di controversie giurisdizionali in merito ai crediti dei beneficiari del Fondo verso l’appaltatore, il contraente generale o l’affidatario del contraente generale non è ostativa all'erogazione delle risorse del Fondo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

 

Regolarità contributiva e fiscale (secondo-quinto periodo)

 

Il secondo periodo prevede che, prima dell’erogazione delle risorse, il MIT verifica la sussistenza delle condizioni di regolarità contributiva del richiedente, attraverso il documento unico di regolarità contributiva (DURC); in mancanza delle stesse, dispone direttamente il pagamento delle somme dovute, entro i limiti della capienza del Fondo salva opere e - come previsto con una modifica approvata nel corso dell’esame al Senato - in proporzione della misura del credito certificato liquidata (il testo originario fa riferimento al solo credito certificato) al richiedente stesso, in favore degli enti previdenziali, assicurativi, compresa la cassa edile, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 31, commi 3 e 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69.

 

Il combinato disposto dell’articolo 31, commi 3 e 8-bis, del D.L. 69/2013 prevede che in caso di erogazioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere da parte di amministrazioni pubbliche, per le quali è prevista l'acquisizione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di irregolarità contributiva del beneficiario delle erogazioni, si proceda alla trattenuta dell'importo corrispondente all'inadempienza evidenziata dal DURC, disponendo la compensazione dei debiti erariali fino alla loro concorrenza.

 

Il terzo periodo stabilisce che prima dell’erogazione delle risorse il MIT effettua la verifica fiscale sui versamenti notificati con cartelle di pagamento di cui all’articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 e, nell’ipotesi di inadempienze, provvede direttamente al pagamento in conformità alle disposizioni del periodo precedente.

Secondo quanto previsto dall’articolo 48-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che disciplina la procedura per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, viene verificato, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non si procede al pagamento e si segnala la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

Con il quarto e quinto periodo si precisa che resta impregiudicata:

§  la possibilità per il beneficiario di accedere alle risorse del Fondo ove abbia ottenuto, rispetto ai debiti contributivi e fiscali, una dilazione o rateizzazione del pagamento ovvero abbia aderito a procedure di definizione agevolata previste dalla legislazione vigente;

§  la prosecuzione di eventuali azioni giudiziarie nei confronti dell’erario, di enti previdenziali e assicurativi.

 

Si ricorda che l’articolo 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici prevede che un operatore economico sia escluso dalla partecipazione ad una gara d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali e che costituiscono violazioni gravi in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC. Tale disposizione non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande.

 

Al Senato è stata inoltre introdotta la lettera c-bis), modificativa del comma 1-quinquies, primo periodo dell’art. 47, che prevede uno specifico stanziamento nel Fondo salva opere, per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 34/2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore.

La modifica in esame prevede che, per quanto ivi previsto, resta confermata l’applicabilità del meccanismo generale di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 47.

Il testo vigente del comma 1-quinquies prevede che per i crediti insoddisfatti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 34 del 2019, in relazione a procedure concorsuali aperte dalla data del 1° gennaio 2018 fino alla predetta data di entrata in vigore, sono appositamente stanziati sul Fondo salva-opere 12 milioni di euro per l'anno 2019 e 33,5 milioni di euro per l'anno 2020. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede all'erogazione delle risorse del Fondo, anche per i suddetti crediti, secondo le procedure e le modalità previste dai commi da 1-bis a 1-quater dell'articolo 47, nei limiti delle risorse del Fondo.

 


 

Articolo 15-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’articolo 15-bis, introdotto al Senato, prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

 

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

 

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[51].

Il comma in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali. 

 



[1]     Riguardo a tale articolo, cfr. supra.

[2]     Si ricorda che, in via generale, la forma dei contratti di lavoro è libera e che solo per alcune fattispecie di essi la normativa richiede la forma scritta ai fini della validità.

[3]     Ai sensi dell'articolo 2725 del codice civile.

[4]     Riguardo alla sicurezza sul lavoro, cfr. anche infra.

[5]     Si ricorda che, ai fini dell'applicazione del decreto legislativo oggetto della presente novella (D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81), per contratti collettivi si intendono (ai sensi dell'articolo 51 del suddetto D.Lgs. n. 81) i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[6]     Ai fini della novella in oggetto, per contratti collettivi si intendono, ai sensi dell'articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

[7]     Si ricordano, in particolare: il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, "Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica"; il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, "Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro"; il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198.

[8]     Si ricorda che il Titolo I del cosiddetto Statuto dei lavoratori (L. 20 maggio 1970, n. 300) reca norme sulla "libertà e dignità del lavoratore".

[9]     Regolamento "relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)".

[10]   Cfr. l'articolo 3, comma 7, del suddetto D.Lgs. n. 81.

[11]   Cfr. l'articolo 1 del D.M. 12 gennaio 2001, l'articolo 1, comma 788, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e l'articolo 24, comma 26, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[12]   Cfr. l'articolo 1, comma 2, del D.M. 4 aprile 2002 e l'articolo 5, comma 2, del D.M. 12 luglio 2007.

[13]   Cfr. la circolare INPS n. 109 del 16 novembre 2018.

[14]   Riguardo all'adozione ed all'affidamento preadottivo, cfr. anche l'articolo 2 del citato D.M. 4 aprile 2002, e successive modificazioni, e la circolare INPS n. 66 del 20 aprile 2018.

[15]   Il messaggio INPS n. 3606 del 4 ottobre 2019 specifica che la riduzione concerne gli eventi di disoccupazione (dei soggetti in esame) verificatisi dal 5 settembre 2019.

[16]   Si ricorda che, oltre a tale Fondo, l'ordinamento prevede il Fondo per il reddito di cittadinanza, di cui all'articolo 12 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[17]   Il cambio di denominazione è stato stabilito dall'articolo 1, comma 595, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[18]   Si ricorda che l'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) è stata istituita dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, il quale ha definito un riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro.

[19]   Cfr. supra, in nota.

[20]   Riguardo alla nozione di società a controllo pubblico, cfr. l’art. 2, comma 1, lettere b) e m), del citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 175 del 2016.

[21]   Gli importi di tale autorizzazione di spesa sono stati successivamente modificati da parte di altre norme.

[22]   Il Contact center risponde alle richieste di informazione e assistenza di iscritti e pensionati INPS di tutte le gestioni confluite nell'Istituto e di utenti diversamente abili. Per approfondimenti si rimanda alla pagina dedicata presente sul sito dell’INPS.

[23]   Il richiamato articolo 11 disciplina gli organi di amministrazione e di controllo delle società in controllo pubblico (di amministrazioni pubbliche sia centrali che locali), con riferimento al numero dei componenti e ai requisiti agli stessi richiesti; i compensi corrisposti ai componenti e ai dipendenti delle medesime società.

[24]   L’Ispettorato nazionale del lavoro, istituito dal D.Lgs. 149/2015, integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività.

[25]   Il richiamato Fondo è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con lo scopo di finanziare la contrattazione collettiva entro la pubblica amministrazione, nuove assunzioni a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato, nonché l'attribuzione di risorse al personale dei Corpi di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

[26]   Nella Regione Sardegna sussiste un regime specifico.

[27]   In merito a tali norme, cfr. altresì le circolari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell'11 gennaio 2019 e n. 15 del 1° agosto 2019.

[28]   Di cui all'articolo 1, comma 362, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[29]   Il termine di validità suddetto decorre dalla data di approvazione di ciascuna graduatoria.

[30]   Con riferimento alla disciplina a regime, si ricorda che i commi 361 e 365 del citato articolo 1 della L. n. 145, e successive modificazioni, recano alcune limitazioni alla possibilità di utilizzare le graduatorie per l'assunzione di soggetti non vincitori (cfr., in materia, anche il comma 366 del medesimo articolo 1).

[31]   Ai sensi del comma 366 del citato articolo 1 della L. n. 145, e successive modificazioni.

[32] Secondo cui gli aiuti all'occupazione di lavoratori con disabilità sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino determinate condizioni.

[33] L’art. 3 del D.P.R. 280/1974 - che contiene norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro la suddetta commissione provinciale – dispone che la suddetta commissione provinciale esercita il controllo di legittimità sugli atti dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, delle sezioni zonali, comunali e frazionali, ove non esistano le commissioni comunali, nonché sugli atti di avviamento al lavoro in materia di assunzioni obbligatorie di invalidi ed altri aventi diritto.

[34]   Il richiamato art. 18, c. 1, lett. a), del D.L. n. 185/2008 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo sociale per occupazione e formazione. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di politica attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

[35]   Sul punto, si ricorda che l’art. 1, c. 142, della L. 205/2017 ha disposto la concessione della mobilità in deroga alle medesime condizioni, per una durata massima di 12 mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 per i lavoratori che abbiano cessato la mobilità (ordinaria o in deroga) nel semestre 1° gennaio 2018-30 giugno 2018. Successivamente, l’art. 25-ter del D.L. 119/2018 ha esteso la concessione della mobilità in deroga, sempre alle medesime condizioni e per 12 mesi, anche ai lavoratori che abbiano cessato la mobilità (ordinaria o in deroga) nei periodi dal 22 novembre 2017 al 31 dicembre 2017 e dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2018. Da ultimo, l’art. 41 del D.L. 34/2019 ha disposto che le suddette disposizioni si applicano anche ai lavoratori che hanno cessato o cessano la mobilità ordinaria o in deroga entro il 31 dicembre 2019.

[36] Tale decreto ha disciplinato i criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente. In particolare, si stabilisce che la CIG in deroga possa essere concessa ai lavoratori in possesso di un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi dalla data di inizio del periodo di intervento della stessa CIG in deroga, che siano sospesi dal  lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto per contrazione o sospensione dell'attività produttiva per: situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; situazioni aziendali determinate da situazioni temporanee di mercato; crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione.

[37]   Per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Antitrust, si ricorda, in via generale, che con la legge n. 287 del 1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) è stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti in sede europea dagli artt. 101 e 102 del TFUE. La legge individua le fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i cui compiti istituzionali e la cui natura sono stabiliti dall'art. 10 della legge stessa e alla quale sono attribuiti poteri sanzionatori in ordine ad ognuna delle fattispecie anticoncorrenziali individuate.

[38]   Introdotto dall’articolo 25 della L. 845/1978 per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione realizzati dalle regioni. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del D.L. 148/1993, a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso D.L. 148/1993 (11 maggio 1993), le risorse derivanti dall’aumento (pari allo 0,30% delle retribuzioni) dell'aliquota del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria affluiscono interamente al richiamato Fondo.

[39]   Tali requisiti consistono in almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione e in almeno 30 giornate di lavoro effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi che precedono l'inizio del medesimo periodo di disoccupazione.

[40] Si ricorda in proposito che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 349, comma 1, e 389, comma 1, del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, a decorrere dal 15 agosto 2020, nelle disposizioni normative vigenti i termini «fallimento», «procedura fallimentare», «fallito», nonché le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni «liquidazione giudiziale», «procedura di liquidazione giudiziale» e «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale» e loro derivati.

[41]   Ai sensi del DPCM 19 giugno 2019, la struttura sarà incardinata nella Direzione generale per la politica industriale l’innovazione e le piccole e medie imprese, che ha acquisito le funzioni di coordinamento della struttura per le crisi di impresa di cui al comma 852 art. 1 L. n. 296/2006, attualmente svolte dal Segretariato Generale (Divisione VI).

[42]   Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.

[43]   La relazione tecnica specifica che, entrando la disposizione in vigore solo nel terzo quadrimestre del 2019, per tale anno la spesa massima non potrebbe comunque superare i 180.000 euro.

[44]   In attuazione di quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 124331 del 2002 nello stato di previsione del citato Ministero è stato istituito il capitolo n. 1650 "Fondo derivante da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori".

[45]   Norme di attuazione della direttiva 2009/29/CE, per lo scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra.

[46]   Ai sensi dell’art. 108, par. 3 TFUE, alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno, la Commissione inizia senza indugio la procedura attraverso la quale chiede allo Stato membro la modifica o la soppressione del regime di aiuto (la procedura è prevista dall’art. 108, par. 2 TFUE). Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

[47]   Il co. 845 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, istituisce appositi regimi di aiuto in conformità alla normativa comunitaria. Lo stesso Ministro riferisce annualmente al Parlamento e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sui criteri utilizzati per l'individuazione dei progetti e delle azioni, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi, allegando il prospetto inerente le spese sostenute per la gestione, che sono poste a carico dei singoli progetti nel limite massimo del 5 per cento di ciascuno stanziamento.

[48]   Nella risposta all’interrogazione 5-01960, fornita nella seduta del 17 aprile 2019, il rappresentante del Governo ha ricordato che il Ministero dell'ambiente ha in corso le attività istruttorie relative ai seguenti ulteriori decreti «End of Waste»: “gomma vulcanizzata granulare (GVG); rifiuti da costruzione e demolizione (C&D); rifiuti di gesso; pastello di piombo; plastiche miste; carta da macero; pulper; rifiuti inerti da spazzamento strade; oli alimentari esausti; vetro sanitario; vetroresina; ceneri da altoforno; residui da acciaieria”. Nel corso dell’audizione del 12 settembre 2019 presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, il Ministro dell’ambiente ha ricordato che è in corso di completamento “l’iter relativo al decreto sul granulato di gomma proveniente dagli pneumatici fuori uso. Il ministero è in fase avanzata di istruttoria di altri decreti ministeriali, relativi al pastello di piombo, alle plastiche miste, alla carta da macero, al pulper, scarto prodotto dall'industria cartaria. Sono state altresì avviate le verifiche di fattibilità per altre tipologie di rifiuti attenzionate dal mercato, quali il vetro sanitario, la vetroresina, i rifiuti inerti da spazzamento di strada, gli oli alimentari esausti, le ceneri d'altoforno, i tessili e i residui da acciaieria. Aggiungo anche gli esiti delle demolizioni, per i quali stiamo attenzionando alcuni parametri più che altro chimici, ma siamo prossimi anche a quello. Per tutti questi siamo in fase molto avanzata o avanzata”.

Occorre altresì ricordare che criteri end of waste sono stati dettati a livello europeo relativamente a: rottami di ferro, acciaio e alluminio (con il regolamento n. 333/2011/UE); rottami vetrosi (con il regolamento n. 1179/2012/UE); rottami di rame (con il regolamento n. 715/2013/UE).

[49]   P. Ficco, P. Fimiani, End of Waste: quali soluzioni dopo il “no” della Corte di Giustizia alle autorizzazioni “caso per caso”?, in “Rifiuti - Bollettino di informazione normativa” n. 272/2019.

[50]   P. Ficco, End of Waste: il meccanismo incompleto dello “sblocca cantieri” penalizza il riciclo e la circolarità della materia, in “Rifiuti - Bollettino di informazione normativa” n. 275/2019.

[51]   Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.