Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||
Titolo: | I temi dell'attività parlamentare nella XVI legislatura - Informazione e Comunicazione - Area n. 21 | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 21 | ||
Data: | 15/03/2013 | ||
Descrittori: |
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La documentazione di inizio legislatura - accessibile dalla home page della Camera dei deputati - dà conto delle principali politiche pubbliche e delle attività svolte dalle Commissioni parlamentari nella XVI legislatura, suddivise in Aree tematiche, a loro volta articolate per Temi e Approfondimenti. L'accesso è disponibile per Commissione ovvero per Area tematica.
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Nel campo delle comunicazioni elettroniche, la XVI Legislatura ha visto un significativo impegno di governo e Parlamento nella promozione della realizzazione delle reti mobili di nuova generazione (in particolare la banda larga); questo impegno si è andato ad intrecciare con l’iniziativa assunta in materia di Agenda digitale europea. Per le comunicazioni elettroniche il contesto è ancora quello segnato dal processo di liberalizzazione avviato dall’Unione europea e caratterizzato dall’inclusione delle reti di trasporto del segnale televisivo nell’insieme delle reti di comunicazione elettronica; dal sistema della denuncia di inizio attività per l’impresa che voglia entrare nel settore; dall’individuazione dei mercati rilevanti e delle imprese che in tali mercati occupino un significativo potere di mercato (generalmente gli ex-monopolisti) ai fini dell’imposizione di specifici obblighi a loro carico. In questo quadro, è venuta poi maturando la consapevolezza del ruolo che le tecnologie dell’informazione possono assumere come contributo alla crescita economica; al riguardo in Italia si è sviluppata la discussione sulle migliori modalità di promozione dello sviluppo della banda larga ovvero se questa debba essere realizzata attraverso la realizzazione di nuove reti di fibra ottica o attraverso l’utilizzo, in varia misura, della rete telefonica esistente.
Con riferimento alla promozione delle reti mobili di nuova generazione:
La IX Commissione trasporti della Camera ha inoltre svolto una significativa attività conoscitiva e di indirizzo in materia. In particolare:
Come già si è accennato queste iniziative si sono andate intrecciando con l’adozione, il 19 maggio 2010, da parte della Commissione europea, della comunicazione "Un'agenda digitale europea" (COM(2010)245), che, tra le altre cose, si propone di realizzare un mercato unico digitale; di garantire un Internet "veloce" e "superveloce" accessibile a tutti e a prezzi competitivi, attraverso reti di nuova generazione; di favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nelle sviluppo delle Tecnologie dell' informazione e della comunicazione. Successivamente, il 20 settembre 2010, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure di attuazione dell'Agenda, tra le quali la comunicazione COM(2010)472 che indica l'obiettivo di assicurare entro il 2020 l'accesso ad Internet a tutti i cittadini con una velocità di connessione superiore a 30 Mbitps e per almeno il 50% delle famiglie con velocità superiore a 100 Mbitps.
In attuazione dell’Agenda digitale europea sono state assunte a livello nazionale le seguenti iniziative:
Per quanto concerne più in generale le comunicazioni elettroniche, il decreto-legislativo n. 70/2012, recependo le direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, ha modificato il codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259/2003 che costituisce, in attuazione delle direttive dell’Unione europea, il punto di riferimento in materia. Tra le altre cose, il provvedimento è intervenuto su:
Inoltre, il decreto legislativo n. 69/2012, anch'esso di recepimento delle direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE, ha modificato il codice in materia di protezione dei dati personali, in particolare introducendo nel codice l’obbligo per le imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di notificare sollecitamente al Garante ogni avvenuta violazione di dati personali.
Con riferimento ai servizi di media audiovisivi il principale intervento nel corso della XVI Legislatura è stato rappresentato dal recepimento, con il decreto-legislativo n. 44/2010, della direttiva 2007/65/CE.
La direttiva 2007/65/CE interviene sulla direttiva 89/552/CEE Televisione senza frontiere (TSF), adottata nel 1989 e modificata una prima volta nel 1997. In particolare, si pone la necessità di facilitare la realizzazione di uno spazio unico dell'informazione e di applicare almeno un complesso minimo di norme coordinate a tutti i servizi di media audiovisivi, vale a dire ai servizi di radiodiffusione televisiva (cioè, ai servizi di media audiovisivi lineari), e ai servizi di media audiovisivi a richiesta (cioè, ai servizi di media audiovisivi non lineari - video on demand). Si prevede poi l'abolizione del tetto orario giornaliero fissato per le inserzioni pubblicitarie e le televendite in relazione al tempo complessivo di trasmissione di un'emittente, lasciando inalterata la quantità massima di spot pubblicitari e di televendita consentiti in un'ora (12 minuti). Inoltre, si autorizzano le emittenti televisive a scegliere liberamente la collocazione degli spot all'interno dei programmi, purché non ne venga pregiudicata l'integrità.
Il decreto legislativo n. 44/2010, nel recepire la direttiva ha, tra le altre cose:
Nel corso della XVI Legislatura è stato completato il passaggio dal sistema televisivo analogico al digitale terrestre. Questo passaggio ha determinato un c.d. “dividendo digitale esterno” ed un c.d. “dividendo digitale interno”. Con la prima espressione (“dividendo digitale esterno”) si fa riferimento alle frequenze in tecnica analogica liberate dal passaggio delle trasmissioni televisive alla tecnica digitale: a tale proposito è intervenuto l’art. 1, co. 8-13, della legge n. 220/2010 che ha disposto che le frequenze nella banda da 790 MHz a 862 MHz (corrispondenti ai nove canali nazionali in tecnica analogica) siano destinate al servizio mobile terrestre (vale a dire alla telefonia mobile). La gara, conclusasi il 29 settembre 2011, ha fatto registrare un introito complessivo per l'erario di 3.945.295.100 euro. Con l’espressione “dividendo digitale interno” si fa invece riferimento a frequenze in tecnica digitale terrestre disponibili in quanto non già assegnate agli operatori nazionali esistenti in base alla delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS . La medesima delibera prevedeva per l’assegnazione di queste frequenze l’utilizzo del meccanismo del c.d. “beauty contest”. Tale sistema – assimilabile a quello della licitazione privata – consiste in una selezione fra i soggetti interessati, al fine di individuare quello più idoneo all’aggiudicazione del bene, a titolo gratuito, sulla base di una serie di requisiti (affidabilità, esperienza maturata, risorse finanziarie, caratteristiche del progetto, etc.). Successivamente, l’articolo 3-quinquies del decreto-legge n. 16/2012 ha eliminato la possibilità di ricorre alla procedura del beauty contest e previsto che le frequenze siano assegnate mediante gara pubblica onerosa, le cui procedure sono state rimesse alla definizione da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Nel corso della Legislatura è venuto anche a scadenza, il 31 dicembre 2010, il termine originario del divieto, stabilito dall’articolo 2, comma 12, del decreto legislativo n. 177/2005, di incroci proprietari che impedisce ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, i quali conseguono ricavi superiori all'8% del SIC (sistema integrato delle comunicazioni), e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40% dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica. Tale termine è stato però oggetto di successive proroghe e da ultimo fissato, con l’articolo 1, comma 427, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) al 31 dicembre 2013.
In tema di editoria, la maggiore novità - dopo la fase di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi, attuata con DPR 223/2010, sulla base della previsione recata dall'art. 44 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) - è l'abolizione del sistema di erogazione dei contributi diretti dal 31.12.2014, con riferimento alla gestione 2013 (art. 29, c. 3, D.L. 201/2011), e la revisione dall'1.1.2012 dello stesso DPR 223/2010.
La fase transitoria è stata quindi disciplinata con il D.L. 63/2012 (L. 103/2012).
Per la disciplina a seguire era stato presentato un disegno di legge delega per la definizione di nuove forme di sostegno all’editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale (A.C. 5270). Durante l'esame parlamentare, tuttavia, è stato elaborato un nuovo testo - il cui esame non si è concluso - che prevedeva l’istituzione di un Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, per sostenere l’innovazione tecnologica delle imprese editrici, per incentivare l’avvio di nuove imprese editrici e per sostenere i trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione.
Ulteriori misure adottate nel corso della legislatura concernono la disciplina di rimborso delle riduzioni tariffarie praticate da Poste italiane S.p.A. per la spedizione di prodotti editoriali, l’estensione dei prepensionamenti per i giornalisti iscritti all’INPGI, nonchè la promozione dell'equo compenso per i giornalisti c.d. free lance (L. 233/2012).
Con L. 128/2011, infine, è stata introdotta una nuova disciplina concernente il prezzo dei libri.
Con riferimento al settore postale, la XVI Legislatura è stata caratterizzata dal recepimento, con il decreto legislativo n. 58/2011, della direttiva 2008/6/CE con la quale è stato ulteriormente sviluppato il processo di liberalizzazione del mercato dei servizi postali nei paesi della UE.
Tra le misure più significative del provvedimento merita ricordare:
Il provvedimento ha inoltre significativamente ridotto la parte del servizio universale riservata in via esclusiva al fornitore del servizio stesso (e cioè Poste italiane Spa; il decreto legislativo n. 261/1999 prevede infatti che singole parti, diverse da quelle riservate in esclusiva, del servizio universale possano essere fornite anche da altri prestatori e non dal solo fornitore): la parte riservata in esclusiva è ora limitata alle notificazioni e comunicazioni a mezzo posta degli atti giudiziari e alle notificazioni dei verbali delle violazioni del codice della strada (in precedenza la parte riservata comprendeva tutta la corrispondenza relativa a procedure amministrative e giudiziarie e tutta la corrispondenza interna e trasnfrontaliera superiore a 50 grammi).
Nel corso della XVI Legislatura la giurisprudenza della Corte costituzionale è intervenuta sul riparto di competenze tra Stato e regioni nella materia di legislazione concorrente "ordinamento della comunicazione", con un orientamento volto, da un lato, a tutelare l'esercizio delle funzioni unitarie da parte dello Stato e, dall'altro lato, ad individuare idonee procedure concertative e di coordinamento orizzontale con le regioni.
Con riferimento alla materia di legislazione concorrente “ordinamento della comunicazione” appare rinvenibile nella giurisprudenza costituzionale la tendenza a tutelare l’esercizio delle funzioni unitarie da parte dello Stato, contemperata dall’individuazione di procedure concertative e di coordinamento orizzontale con le regioni quando, in una materia come l’ordinamento della comunicazione di legislazione concorrente, si ponga l’esigenza dell’”attrazione in sussidiarietà” dell’esercizio della funzione da parte dello Stato (cfr. ex plurimis la sentenza n. 303/2003).
Richiama l’esercizio delle funzioni unitarie da parte dello Stato, ad esempio, la sentenza n. 272/2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in quanto contrastanti con i principi fondamentali della materia, di alcuni articoli della legge della Regione Toscana n. 54/2000 (si tratta in particolare degli articoli 7, comma 6 e 9, comma 6).
Tali disposizioni prevedevano, nel primo caso, che venissero posti a carico dei richiedenti l’autorizzazione all’installazione od alla modifica degli impianti di telefonia mobile gli «oneri relativi allo svolgimento dei controlli effettuati dall’ARPAT all’atto del rilascio dell’autorizzazione»; nel secondo caso che risultassero a carico «dei titolari degli impianti fissi per la telefonia mobile, nonché dei concessionari per radiodiffusione di programmi radiofonici e televisivi a carattere commerciale» gli oneri relativi all’effettuazione dei controlli, compiuti dall’ARPAT nell’ambito delle sue funzioni «di vigilanza e controllo».
Le disposizioni sono state ritenute in contrasto con l’articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 2003), che stabilisce un divieto di imposizione di oneri e canoni «per l’impianto di reti» e «per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica». In tale disposizione la Corte ha rinvenuto un principio fondamentale della materia collegato all’esigenza di impedire che le Regioni possano «liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio» e, dunque, di scongiurare il rischio «di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti. La medesima esigenza si pone nello stesso modo, per tutti gli obblighi pecuniari, siano essi imposti in occasione del rilascio dell’autorizzazione ovvero previsti per interventi di vigilanza e di controllo che si rendano necessari nel corso dello svolgimento del servizio e che, dunque, siano inerenti al rapporto instauratosi con l’amministrazione proprio in forza dell’originario titolo autorizzativo.
Più recentemente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 163/2012, ha accolto la questione di legittimità costituzionale avanzata dalla regione Liguria con riferimento all’articolo 30, commi 1 e 3 del decreto legge n. 98/2011.
Tali disposizioni prevedevano che il Ministero dello sviluppo economico, con il concorso delle imprese e gli enti titolari di reti e impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile, predisponesse un progetto strategico nel quale, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e di partenariato pubblico-privato, venissero individuati gli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga, anche mediante la valorizzazione, l’ammodernamento e il coordinamento delle infrastrutture esistenti e, al comma 3, che, con un decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, venissero adottati i «provvedimenti necessari per l’attuazione delle disposizioni dei commi precedenti».
Al riguardo, la Corte costituzionale ha ritenuto sussistere in relazione al progetto strategico per la realizzazione della banda larga l’esigenza di esercizio unitario della funzione amministrativa, in quanto risultano soddisfatti sia il requisito della proporzionalità che quello della pertinenza rispetto allo scopo perseguito. Quanto al requisito della proporzionalità, esso risulta dimostrato, non solo dalla necessità di dare attuazione alle indicazioni dell’Unione europea in materia di agenda digitale e banda larga, ma anche dalla stessa natura “strategica” del progetto, in relazione alla quale la realizzazione degli interventi in esso previsti deve procedere “in modo unitario e coordinato” (così sentenza n. 165 del 2011; sentenza n. 303 del 2003). Quanto al requisito della pertinenza, viene ritenuto soddisfatto in considerazione del fatto che la realizzazione del progetto strategico di individuazione degli interventi finalizzati alla realizzazione dell’infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultralarga non è demandata alla disponibilità di capitale privato, bensì al partenariato pubblico-privato, senza sollevare in alcun modo lo Stato dal compito di provvedere.
La Corte ha invece ritenuto violato il principio di leale collaborazione con le regioni. Le disposizioni impugnate, infatti, pur legittimamente adottate, incidendo su una materia di competenza regionale concorrente, non prevedevano alcuna forma di coinvolgimento delle regioni, né in relazione all’adozione del progetto strategico, né con riguardo alla realizzazione concreta sul territorio regionale degli interventi in esso previsti.
In proposito, la sentenza ricorda che in tema di assoluta esigenza di esercizio unitario delle funzioni, la Corte ha affermato che «affinché (…) nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa detti una disciplina (…) che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (da ultimo, sentenza n. 278 del 2010). Infatti, solo la presenza di tali presupposti, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, consente di giustificare la scelta statale dell’esercizio unitario di funzioni, allorquando emerga tale esigenza (si veda di recente, sentenza n. 232 del 2011 ).
Con riferimento, in specie, al rispetto del principio di leale collaborazione, la sentenza n. 163/2012 ha richiamato la giurisprudenza della Corte che ha precisato che «nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004 )» (sentenza n. 165 del 2011; v. anche sentenza n. 278 del 2010; sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
In particolare, in relazione alla previsione della attribuzione allo Stato della determinazione degli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell’energia elettrica e di gas naturale, la Corte ha, inoltre, osservato che, premesso che la chiamata in sussidiarietà «può essere giustificata sulla base della necessità che in questa materia sia assicurata una visione unitaria per l’intero territorio nazionale», la «rilevanza del potere di emanazione di tali indirizzi sulla materia energetica e la sua sicura indiretta incidenza sul territorio e quindi sui relativi poteri regionali rende costituzionalmente obbligata la previsione di un’intesa in senso forte fra gli organi statali ed il sistema delle autonomie territoriali rappresentato in sede di Conferenza unificata» (sentenza n. 383 del 2005).
Nel corso della XVI Legislatura particolare rilievo ha assunto, con riferimento al settore delle telecomunicazioni, la comunicazione della Commissione europea in materia di Agenda digitale europea. Nel settore delle comunicazioni l'Unione europea ha anche assunto nel corso della XVI Legislatura iniziative con riferimento alle comunicazioni elettroniche e all'audiovisivo.
Nell’ambito delle iniziative dell’Unione europea in materia di telecomunicazioni, Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione "Un'agenda digitale europea"(COM(2010)245) . L'Agenda rappresenta una delle sette "iniziative faro" della Strategia per la crescita "Europa 2020". In particolare, l'Agenda propone di realizzare un mercato unico digitale; di garantire un Internet "veloce" e "superveloce" accessibile a tutti e a prezzi competitivi, attraverso reti di nuova generazione; di favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nelle sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC). Successivamente, il 20 settembre 2010, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure di attuazione dell'Agenda, tra le quali la comunicazione COM(2010)472 che indica l'obiettivo di assicurare entro il 2020 l'accesso ad Internet a tutti i cittadini con una velocità di connessione superiore a 30 Megabit per secondo (Mbit/s) e per almeno il 50% delle famiglie con velocità superiore a 100 Mbit/s. Nel corso della XVI Legislatura, l’Unione europea è anche intervenuta in materia di comunicazioni elettroniche e di audiovisivo, argomenti per i quali si rinvia ai temi pertinenti.
L’Unione europea interviene in materia di telecomunicazioni:
L’Agenda digitale europea (AGE) è una delle sette iniziative faro della strategia Europa 2020 (Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva COM(2010)2020 ), lanciata a marzo 2010 dalla Commissione europea, con l’intento di uscire dalla crisi e di preparare l’economia dell’UE per le sfide del prossimo decennio. La strategia mira a stabilire il ruolo chiave delle TIC per raggiungere gli obiettivi che l’Europa si è prefissata per il 2020 e prevede sette grandi linee d'azione:
La Commissione europea ha presentato poi a settembre 2010 un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo, nel quadro dell’agenda digitale, di fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020).
Il pacchetto è composto da una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di bandalarga (COM(2010)472) , una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)572) , pubblicato in G.U. U.E. L. n. 251 del 25.9.2010) e una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471) (approvata definitivamente e pubblicata in G.U. U.E., decisione n. 243/2012/CE del 14 marzo 2012).
Per una descrizione di queste misure e delle ulteriori iniziative assunte nel quadro dell’Agenda digitale europea si rinvia all'approfondimento: L'attuazione dell'Agenda digitale europea.
Nel quadro dell’Agenda digitale europea, la Commissione europea ha presentato, a settembre 2010, un pacchetto di misure finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo, nel quadro dell’agenda digitale, di fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020).
Il pacchetto è composto da una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di bandalarga (COM(2010)472) , una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)572) , pubblicato in G.U.U.E. L, n. 251 del 25.9.2010) e una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471) (approvata definitivamente e pubblicata in G.U.U.E.: decisione n. 243/2012/CE del 14 marzo 2012).
La comunicazione “La banda larga in Europa: investire nella crescita indotta dalla tecnologia digitale” (COM(2010)472) indica come obiettivo, da raggiungere entro il 2020, quello di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo, e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con una velocità superiore a 100 Megabit per secondo.
Secondo la Commissione il ruolo che la rete svolgerà nella ripresa economica, costituendo sostegno all'innovazione in tutti i settori economici, è paragonabile al ruolo cruciale svolto a suo tempo dall’energia elettrica e dai trasporti.
La diffusione di reti veloci e superveloci, aperte e competitive, stimolerà un circolo virtuoso nello sviluppo dell'economia digitale, perché permetterà il decollo di nuovi servizi che richiedono grandi capacità di banda, alimentando la domanda crescente dei cittadini, che a sua volta favorirà lo sviluppo della banda larga.
La comunicazione indica alcuni obiettivi di prestazione fondamentali nel settore della banda larga, tratti essenzialmente dal Benchmarking framework 2011-2015 (quadro di valutazione comparativa 2011-2015) approvato dagli Stati membri dell'UE nel novembre 2009:
Gli Stati membri sono chiamati a: elaborare e rendere operativi, entro il 2012, piani nazionali per la banda larga per raggiungere gli obiettivi in materia di copertura, velocità e adozione definiti nella strategia Europa 2020, utilizzando finanziamenti pubblici conformi alle norme UE in materia di aiuti di stato e di concorrenza; adottare misure per facilitare gli investimenti nella banda larga, ad esempio assicurando che le opere di edilizia coinvolgano sistematicamente i potenziali investitori, eliminando i diritti di passaggio, procedendo alla mappatura delle infrastrutture passive disponibili che si prestano al cablaggio e aggiornando il cablaggio degli edifici; utilizzare i fondi strutturali e per lo sviluppo rurale già accantonati per investimenti in infrastrutture e servizi TIC; mettere in atto il programma sulla politica europea in materia di spettro radio, in modo che le frequenze dello spettro siano assegnate in modo coordinato per raggiungere il 100% di copertura di internet a 30 Mbps entro il 2020, e adottare la raccomandazione sulle reti NGA.
La decisione n.243/2012/CE del 14 marzo 2012 che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio (proposta (COM(2010)471) ) espone orientamenti per la pianificazione strategica e l'armonizzazione dell'uso dello spettro radio per realizzare il mercato interno; mira a garantire l'uso e la gestione efficiente dello spettro radio, la promozione della neutralità della tecnologia e del servizio, l'applicazione di un sistema di autorizzazione più snello.
Fra gli obiettivi da perseguire da parte degli Stati membri e della Commissione vi sono: favorire il più possibile la disponibilità, la flessibilità, l’efficienza dello spettro radio, evitare distorsioni della concorrenza, nonché interferenze e disturbi nocivi, armonizzare le condizioni tecniche e garantire la tutela della salute; migliorare la visibilità dell'UE nelle trattative internazionali e offrire un ausilio agli Stati membri nelle trattative con i paesi terzi.
Entro il 2015 la Commissione dovrà trasmettere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e gli Stati membri dovranno attuare la decisione.
Si ricorda che il la Commissione europea il 3 settembre 2012 ha adottato una comunicazione COM(2012)478 final, volta a promuovere l'uso condiviso delle risorse dello spettro radio nel mercato interno. In linea con il programma strategico in materia di spettro radio (RSPP), adottato con la decisione di cui sopra, la Commissione mira a ottenere il più ampio consenso politico possibile al fine di sostenere le innovazioni senza fili nell'UE e di garantire che lo spettro attualmente assegnato sia pienamente valorizzato.
Del pacchetto sulla banda larga fa parte anche la raccomandazione relativa all'accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) (C(2010)572) con lo scopo di favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga, in particolare nella transizione alle reti di accesso di nuova generazione (NGA).
Le reti di accesso di nuova generazione (NGA) sono reti di accesso cablate costituite in tutto o in parte da elementi ottici e in grado di fornire servizi d'accesso a banda larga con caratteristiche più avanzate (quale una maggiore capacità di trasmissione) rispetto a quelli forniti tramite le reti in rame esistenti.
Il documento indica una serie di misure relative all’accesso all'ingrosso alle infrastrutture fisiche di rete, all’accesso a larga banda all’ingrosso, alla migrazione, ai criteri per la fissazione dei prezzi per l’accesso alle reti NGA, alle infrastrutture di ingegneria civile, al nodo metropolitano, alla rete in rame, ai criteri per la determinazione del premio di rischio.
Il 18 giugno la Commissione europea ha adottato il quadro di valutazione annuale sull'agenda digitale che ne analizza i progressi compiuti e le questioni critiche nonché lo stato del mercato delle telecomunicazioni dell'UE, e la competitività digitale europea.
Tra le problematiche analizzate: la scarsa conoscenza e il modesto utilizzo di internet da parte di circa la metà della forza lavoro e la totale assenza di competenza per circa il 25%; il ricorso limitato allo shopping online e al commercio elettronico e l'alto prezzo delle tariffe in roaming.
Nell’ambito del pacchetto di misure “Meccanismo per collegare l'Europa” (Connecting Europe Facility), presentato ad ottobre 2011, la Commissione europea aveva previsto 9,2 miliardi di euro (ridotti a 1 miliardo di euro in seguito all'accordo raggiunto in seno al Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013) per sostenere gli investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci e in servizi digitali paneuropei. Il finanziamento del meccanismo potrà attrarre altri finanziamenti privati e pubblici, dando credibilità ai progetti infrastrutturali e riducendone i profili di rischio. Basandosi su stime relativamente prudenti, la Commissione ritiene che il finanziamento per le infrastrutture di rete promuoverà investimenti pari a oltre 50 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i servizi digitali, il meccanismo prevede sovvenzioni per costruire le infrastrutture necessarie per l'identificazione elettronica, gli appalti pubblici elettronici, le cartelle cliniche elettroniche, Europeana , eJustice e servizi doganali. I fondi serviranno a garantire l'interoperabilità e a finanziare i costi di gestione e di interconnessione delle infrastrutture a livello europeo.
Il 18 dicembre 2012 la Commissione europea ha adottato sette nuove priorità per l'economia e la società digitali (COM(2012)784): creazione di un nuovo contesto normativo stabile per la banda larga nonchè nuove infrastrutture per servizi digitali pubblici attraverso il Meccanismo per collegare l’Europa, di una grande coalizione sulle competenze e i posti di lavoro in ambito digitale, predisposizione di una strategia UE in materia di sicurezza informatica, aggiornamento del quadro UE relativo al mercato unico del digitale con riferimento anche ai diritti d'autore (COM(2012)789), accelerazione del "cloud computing" attraverso il potere d'acquisto del settore pubblico, avvio una nuova strategia industriale per l'elettronica.
Il 19 dicembre 2012 la Commissione europea ha adottato una comunicazione (pubblicata in Gazzetta ufficiale UE del 26 gennaio 2013) in cui vengono illustrati gli orientamenti dell’Unione europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga. La comunicazione segue una consultazione pubblica lanciata nel mese di giugno 2012 allo scopo di adattare le linee guida in vigore agli obiettivi dell'Agenda digitale UE per costruire un quadro normativo dinamico in questo settore strategico che incentivi gli investimenti, razionalizzi le regole e favorisca decisioni più rapide.
All'inizio della XVI Legislatura il decreto-legge n. 85/2008 ha trasferito al Ministero dello sviluppo economico le funzioni in precedenza attribuite al Ministero delle comunicazioni. Il Ministero è stato interessato dai successivi provvedimenti di contenimento della spesa assunti nel corso della Legislatura.
All’avvio della XVI Legislatura, le funzioni dell’ex Ministero delle comunicazioni sono confluite nell’ambito del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi del decreto-legge n. 85/2008.
In particolare, all’interno del Ministero dello sviluppo le competenze in materia di comunicazioni sono svolte dal Dipartimento delle comunicazioni, articolato nelle direzioni generali per i servizi di comunicazioni elettronica e di radiodiffusione; per la pianificazione e la gestione dello spettro radioelettrico; per la regolamentazione del settore postale, nonché negli ispettorati territoriali regionali. Il Dipartimento si avvale anche come organismo scientifico di consulenza dell’Istituto superiore per le comunicazioni.
Lo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (Tabella 3) accoglie pertanto le missioni, i programmi, i macroaggregati, i centri di responsabilità amministrativa (il dipartimento per le comunicazioni) ed i capitoli in precedenza riferiti al Ministero delle comunicazioni.
In particolare, risultano di interesse l’intera missione 15 “Comunicazioni”, nonché il programma 17.18 “Innovazione tecnologica e ricerca per lo sviluppo delle comunicazioni” nella missione 17 “Ricerca e innovazione” ed il programma 18.10 “Prevenzione e riduzione dell’inquinamento elettromagnetico” nell’ambito della missione 18 “Sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente”.
Per ulteriori elementi si rinvia all'approfondimento: Gli stanziamenti in materia di comunicazioni nella XVI legislatura.
Anche il Ministero dello sviluppo è stato interessato dai successivi provvedimenti di contenimento e revisione della spesa pubblica adottati nel corso della XVI Legislatura. Al riguardo, la Corte dei conti, nella sua relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2011 (legge n. 181/2012) evidenzia in particolare, per gli aspetti che qui interessano, che, nell’ambito dell’attività del Nucleo del Ministero per la valutazione della spesa, istituito ai sensi dell’art. 30 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), è stata avviata un’attività di rilevazione dei fabbisogni delle strutture periferiche (individuazione dei fabbisogni in relazione ai livelli di servizi da erogare ed analisi dei criteri di ripartizione delle risorse disponibili tra le strutture con l’individuazione di eventuali squilibri allocativi). Questa attività coinvolge principalmente la rete di strutture periferiche afferenti al Dipartimento per le Comunicazioni, costituita dai sedici Ispettorati territoriali regionali per le comunicazioni.
Nell’ambito del Ministero dello sviluppo economico (Tabella 3- MISE), sono confluite, in base all’art. 1, comma 7, del D.L. n. 85/08, le funzioni dell’ex Ministero delle comunicazioni: al Dipartimento per le comunicazioni sono state quindi attribuite le funzioni in materia di poste, telecomunicazioni, reti multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni.
Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (MISE), negli stanziamenti della missione 15 “Comunicazioni”, sono inseriti tre programmi di interesse della IX Commissione:
A questo vanno aggiunti:
Altri stanziamenti in materia di comunicazioni sono previsti nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2- MEF), in particolare nel programma 15.3 che reca gli stanziamenti per i servizi postali e telefonici.
Di seguito sono riassunti gli stanziamenti in materia di comunicazioni previsti per i cinque programmi del Ministero dello sviluppo economico, per i quali è previsto complessivamente, nel bilancio 2013, uno stanziamento di 181,69 milioni di euro:
TABELLA 3- MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
(in milioni di euro e con variazioni rispetto al bilancio assestato 2012)
Dipartimento per le comunicazioni |
2013 Competenza |
Var. % |
Missione 15: Comunicazioni: di cui: -Programma 15.5 (Pianificazione, regolamentazione, vigilanza e controllo delle comunicazioni elettroniche e radiodiffusione) -Programma 15.7 (Regolamentazione e vigilanza nel settore postale) -Programma 15.8 (Servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione) |
171,74
47,86 3,54 120,33 |
-2,74% |
Missione 17: programma 17.18 “Innovazione tecnologica e ricerca per lo sviluppo delle comunicazioni e della società dell’informazione” |
8,82 |
- 0,51% |
Missione 18: programma 18.10 “Prevenzione e riduzione dell’inquinamento elettro-magnetico” |
1,13 |
- 0,16% |
Totale |
181,69 |
-13,41% |
Singoli programmi della Missione 15 "Comunicazioni"
(previsioni di competenza 2013 in milioni di euro)
Pianificazione, regolamentazione, vigilanza e controllo delle comunicazioni elettroniche e radiodiffusione (Programma 15.5) |
Tot. 47,86 |
Sorveglianza e protezione dei servizi pubblici essenziali da interferenze ai servizi di comunicazione |
6,46 |
Contenzioso nel settore delle comunicazioni elettroniche e radiodiffusione |
6,46 |
Vigilanza sugli obblighi derivanti da titoli abilitativi per i servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione |
6,14 |
Rilascio autorizzazioni alla ottimizzazione e modifica impianti radiotelevisivi |
4,11 |
Coordinamento partecipazione nelle sedi UE e internazionali |
4,87 |
Monitoraggio transizione al digitale terrestre |
2,94 |
Assegnazione delle frequenze per i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, privato e per eventi particolari |
1,51 |
Regolamentazione e vigilanza nel settore postale (Programma 15.7) |
Tot. 3,54 |
Concorso nella spesa dell’UPU |
0,74 |
Licenze individuali e autorizzazioni generali |
0,63 |
Vigilanza e controllo |
0,64 |
Servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione (Programma 15.8) |
Tot. 120,33 |
|
Erogazione contributi nel settore della radiodiffusione televisiva |
79,08 |
|
Erogazione contributi nel settore della radiodiffusione sonora |
14,21 |
|
Attività amministrativa istituzionale per la gestione dei servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico |
20,55 |
|
Attività amministrativa istituzionale per la gestione dei servizi di comunicazione elettronica ad uso privato |
2,05 |
TABELLA 3 – MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO(in milioni di euro)
Missione /programma |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Assestamento 2012 |
Previsione 2013 |
Totale Missione 15 |
288,3 |
291,6 |
164,5 |
417,4 |
182,4 |
171,74 |
Prog. 17.18 |
8,7 |
8,9 |
9,6 |
10,8 |
9,2 |
8,82 |
Prog. 18.10 |
2,1 |
5,4 |
1,7 |
1,7 |
1,3 |
1,13 |
Totale |
299,1 |
305,9 |
175,8 |
430,0 |
192,9 |
181,69 |
Ulteriori stanziamenti relativi alla missione 15 “Comunicazioni” sono iscritti, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2- MEF), nel programma 15.3 che reca gli stanziamenti per i servizi postali e telefonici.
Di seguito sono riportate le previsioni per il 2013 e l’andamento delle previsioni di spesa negli anni precedenti.
Tabella 2 MEF- previsioni di bilancio 2013 (in milioni di euro)
Programma 15.3- Servizi postali e telefonici |
Bilancio 2013 Competenza |
2012 Assestamento |
Var. % |
556,71 |
553,08 |
+ 0,6% |
Tabella 2 MEF: variazioni delle previsioni definitive di competenza del Programma Servizi postali e telefonici
dal 2009 al 2011 e previsioni 2012- 2013(in milioni di euro)
Programma 15.3 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
Previsioni 2013 |
520,7 |
761,4 |
756,5 |
553,08 |
556,71 |
Nel corso della XVI Legislatura l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha visto ridotto il numero dei suoi componenti, ampliate le sue competenze in particolare con riferimento al settore postale ed aumentate, con riferimento alle sue funzioni nel settore delle comunicazioni elettroniche, le proprie garanzie di indipendenza. Si è inoltre proceduto al rinnovo dei componenti l'Autorità.
Nel giugno-luglio 2012 si è proceduto al rinnovo dei componenti l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il numero dei componenti dell’Autorità, in base all’articolo 23 del decreto-legge n. 201/2011 è stato ridotto da nove a cinque (Presidente più quattro componenti). Inoltre, il medesimo provvedimento, all’articolo 21, ha trasferito all’Autorità le competenze di autorità di regolazione del mercato postale. La XVI Legislatura ha inoltre aumentato, con il decreto-legislativo n. 70/2012, i requisiti di indipendenza dell’Autorità con riferimento al settore delle comunicazioni elettroniche.
L’art. 23, comma 1 del decreto-legge n. 201/2011 ha disposto, nell’ambito di misure di contenimento della spesa che hanno interessato tutte le Autorità amministrative indipendenti, che il numero dei componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia ridotto da otto a quattro. A questi si aggiunge il Presidente.
Le nuove disposizioni sulla nomina dei componenti dell’AGCOM sono quindi state applicate a partire dal rinnovo dell’AGCOM del giugno 2012.
L’articolo 1, comma 2-bis del decreto-legge n. 29/2012 ha previsto che siano apportate, per omogeneità, anche le necessarie modificazioni in forma di novella all'articolo 1, comma 3, della legge n. 249/1997, istitutiva dell’AGCOM. E’ stata quindi novellata la legge istitutiva portando da quattro a due il numero dei commissari di ciascuna delle due Commissioni che compongono l’AGCOM (infrastrutture e reti e servizi e prodotti).
Riguardo la procedura di nomina dei componenti la norma ha stabilito che il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggano due (anziché quattro come in precedenza) commissari ciascuno e che ciascun senatore e ciascun deputato esprima il voto indicando pertanto un solo nominativo per il Consiglio, anziché due voti come previsto in precedenza.
Le Assemblee di Camera dei deputati e Senato della Repubblica procedono pertanto ciascuna all’elezione di due commissari con voto limitato.
Risulta invece confermata la procedura di nomina del presidente che prevede che questi sia nominato con DPR su proposta del presidente del Consiglio dei ministri d'intesa con il ministro dello sviluppo economico. Il presidente del Consiglio procede pertanto alla designazione del nominativo del presidente e la designazione deve essere previamente sottoposta al parere delle commissioni parlamentari competenti. Ai sensi del rinvio operato all’art. 2 della legge n. 481 del 1995, le commissioni si esprimono a maggioranza dei due terzi dei componenti ed il parere è da ritenersi necessario e vincolante.
I componenti dell’Autorità durano in carica sette anni e non possono essere riconfermati, a meno che non siano stati eletti per un periodo inferiore a tre anni, in sostituzione di commissari che non abbiano portato a termine il mandato.
L’articolo 21 del decreto-legge n. 201/2011 ha previsto la soppressione dell'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale (peraltro istituita pochi mesi prima con il decreto legislativo n. 58/2011) e il trasferimento delle sue funzioni all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha conseguentemente istituito, nel dicembre 2012, la direzione per i servizi postali. La mancata istituzione di un'Autorità indipendente di regolazione nel settore postale costituiva uno dei rilievi avanzati all'Italia dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2009/2149; l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva sollecitato, in una segnalazione al Parlamento del 19 febbraio 2010, l'attribuzione alla stessa Autorità della relativa competenza
Successivamente, il decreto legislativo n. 70/2012, di recepimento della direttiva 2009/140/CE e della direttiva 2009/136/CE; modificando il codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003) ha esplicitato il ruolo dell’Autorità come autorità nazionale di regolamentazione per le comunicazioni elettroniche chiamata ad esercitare i propri poteri, come definiti dal Codice, in modo imparziale, trasparente e tempestivo. Essa inoltre deve disporre di risorse finanziarie e umane adeguate per svolgere i compiti ad essa assegnati, opera in indipendenza e non sollecita né accetta istruzioni da alcun altro organismo nell'esercizio dei compiti ad essa affidati.
L’Autorità deve inoltre disporre di risorse finanziarie e umane sufficienti affinché possa partecipare e contribuire attivamente all’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC). Essa sostiene attivamente gli obiettivi del BEREC relativamente alla promozione di un coordinamento e di una coerenza normativi maggiori e, allorché adotta le proprie decisioni, tiene nella massima considerazione i pareri e le posizioni comuni adottate dal BEREC.
Infine, ha avuto impatto sull'attività dell'Autorità il decreto legislativo n. 69/2012, di recepimento della direttiva 2009/136/CE e della direttiva 2009/140/CE, che ha modificato il codice in materia di protezione dei dati personali, in particolare introducendo nel codice l’obbligo per le imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di notificare sollecitamente al Garante ogni avvenuta violazione di dati personali.
La XVI Legislatura ha visto un significativo impegno di governo e Parlamento nella promozione della realizzazione delle reti mobili di nuova generazione (in particolare la banda larga); questo si è andato ad intrecciare con le iniziative assunte in materia di attuazione a livello nazionale dell'Agenda digitale europea. E' inoltre proseguito il recepimento della legislazione europea in materia di comunicazioni elettroniche.
Con il termine Agenda digitale si intendono un insieme di specifiche politiche volte al potenziamento delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. L’Agenda digitale europea è stata presentata dalla Commissione Europea nel maggio 2010 (Comunicazione "Un'agenda digitale europea"(COM(2010)245) con lo scopo di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l'innovazione, la crescita economica e la competitività (per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento). L'Agenda rappresenta una delle sette "iniziative faro" della Strategia per la crescita "Europa 2020". proponendo di realizzare un mercato unico digitale; di garantire un Internet "veloce" e "superveloce" accessibile a tutti e a prezzi competitivi, attraverso reti di nuova generazione; di favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nelle sviluppo delle TIC. Il 20 settembre 2010, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure di attuazione dell'Agenda, tra le quali la comunicazione (COM(2010)472) che indica l'obiettivo di assicurare entro il 2020 l'accesso ad Internet a tutti i cittadini con una velocità di connessione superiore a 30 Mbitps e per almeno il 50% delle famiglie con velocità superiore a 100 Mbitps.
Nel quadro dell’Agenda digitale un particolare rilievo è assunto dalla promozione di reti mobili di comunicazione di nuova generazione ed, in particolare dalla banda larga. Il Legislatore nazionale, già prima dell’adozione dell’Agenda digitale europea, era intervenuto con misure di sostegno della banda larga, in particolare con il decreto-legge n. 112/2008 e con la legge n. 69/2009, misure poi integrate nel quadro dell’attuazione dell’Agenda digitale europea, con l’articolo 14 del decreto-legge n. 179/2012.
A livello nazionale, al fine di attuare le politiche dell’Agenda digitale, è stata istituita nel 2012 l’Agenda digitale italiana che si sostanzia nella relativa Cabina di regia (D.L. n. 5/2012) e nell'Agenzia per l'Italia digitale (D.L. n. 83/2012). Numerose misure di attuazione dell'Agenda digitale italiana sono state inserite nel D.L. n. 179/2012 e prospettate nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2012, in particolare nell’allegato Infrastrutture.
La IX Commissione della Camera ha poi svolto, nel corso della Legislatura, una significativa attività conoscitiva e di indirizzo sui temi della promozione delle comunicazioni elettroniche, della promozione delle reti di nuova generazione e della sicurezza informatica delle reti.
Nel corso della Legislatura, infine, con il decreto legislativo n. 70/2012, si è provveduto al recepimento delle direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, apportando alcune modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003).
La promozione di reti di banda larga è ritenuta di importanza centrale al fine del superamento del c.d. digital divide (per ulteriori elementi cfr. l' approfondimenti: il digital divide).
Con il termine “banda larga”, nella teoria dei segnali, sono indicati i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Esso è però divenuto col tempo sinonimo di "alta velocità" di connessione alla rete Internet e di trasmissione ed è pertanto un concetto relativo e in evoluzione con l'avanzamento tecnologico. L'attuale sviluppo tecnologico indica generalmente come di "banda larga" le connessioni in Europa superiori a 2 Mbit/s (Megabit per secondo).
L’Agenda digitale europea fa riferimento anche alla banda “ultra-larga”, termine con il quale sono generalmente indicate velocità di connessione superiori a 30 Mbit/s e che possono raggiungere anche i 100 Mbit/s.
E’ in corso una discussione sulle migliori modalità di promozione dello sviluppo della banda larga ovvero se questa debba essere realizzata attraverso la realizzazione di nuove reti di fibra ottica o attraverso l’utilizzo, in varia misura, della rete telefonica esistente. In particolare, si confrontano le opzioni della realizzazione di una rete integrale, “fino all’abitazione”, di fibra ottica per la banda larga (c.d FBTH Fiber to the home) e quella della realizzazione di una rete in fibra ottica fino agli "armadi" della rete di distribuzione, utilizzando per la trasmissione del segnale in banda larga nel tratto dagli "armadi" all’abitazione la rete telefonica tradizionale (tale tecnologia è denominata Fiber to the Cabinet FBTC). Al riguardo cfr. anche infra il paragrafo l' attivita' conoscitiva di indirizzo della IX Commissione.
Nell’ottica di promuovere la banda larga sono intervenuti, nel corso della Legislatura:
1) l’articolo 2 del decreto-legge n. 112/2008, che ha stabilito norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso il ricorso alla procedura della denuncia di inizio attività;
2) l’articolo 1 della legge n. 69/2009, che ha stanziato 800 milioni di euro di risorse FAS della programmazione 2007-2013 da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettroniche nelle aree sottoutilizzate;
3) l’articolo 14 del decreto-legge n. 179/2012, che ha stanziato 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del piano nazionale della banda larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero dello sviluppo economico.
Per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento: I finanziamenti per la banda larga.
L'Agenda Digitale Italiana (ADI) è stata istituita, come disposto dall’art. 47 del decreto legge n. 5/2012, il primo marzo 2012, contestualmente ad un’apposita Cabina di Regia (organo operativo dell’ADI) con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana. La Cabina di Regia definisce la strategia italiana per l'Agenda digitale attraverso la cooperazione di sei Ministeri: Il Ministero per lo sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e trasporti, il Ministero della Funzione pubblica e semplificazione, il Ministero dell'Istruzione, il Ministero dell'Economia e Finanze, il Dipartimento per la Coesione territoriale ed il Dipartimento per l'editoria. La Cabina di Regia è articolata in sei gruppi di lavoro che curano i principali target dell’Agenda Digitale: Infrastrutture e sicurezza; eCommerce; eGovernment e Open Data; Alfabetizzazione Informatica - Competenze digitali; Ricerca e Innovazione; Smart Cities and Communities.
L'Agenzia per l'Italia Digitale, istituita con gli articoli 19, 20 e 21 del decreto legge n. 83/2012 (c.d. “decreto crescita"), è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea. L’Agenzia dovrà monitorare in particolare l'attuazione dei piani di TIC delle pubbliche amministrazioni, promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l’Agenda digitale europea. Essa assorbe anche le funzioni dei preesistenti organismi DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
Una prima serie di azioni per la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana sono state adottate con il decreto legge n. 179 del 2012 (c.d. decreto crescita 2.0).
Alcune delle misure del provvedimento riprendono il contenuto del testo unificato delle due proposte di legge di iniziativa parlamentare esaminate dalla IX Commissione in materia di agenda digitale (A.C. 4891 e A.C. 5093), testo approvato nella seduta del 26 luglio 2012.
Tra le misure contenute nel decreto-legge n. 179/2012 si segnalano:
Ulteriori azioni, sono state programmate nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2012 ed in particolare nell’Allegato Infrastrutture contenuto nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2012 (Doc. LVII, n.5-bis). In tale ambito, il Piano di Azione Coesione per l’Agenda Digitale italiana prevede:
Per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento :L'attuazione dell'Agenda digitale nazionale.
La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera ha svolto una significativa attività conoscitiva e di indirizzo sui temi delle comunicazioni elettroniche.
In particolare, nel 2008 è stata svolta un’indagine conoscitiva sulle comunicazioni elettroniche che aveva già evidenziato, tra le altre cose, un ritardo italiano sia nella diffusione della banda larga sia nello sviluppo delle reti di fibra ottica. Nel giugno 2009 è stato presentato alla Commissione il Rapporto Caio sullo sviluppo della banda larga. Nel febbraio-marzo 2012 è stato svolto un ciclo di audizioni sullo sviluppo delle reti di nuova generazione. Il 5 luglio 2012 è stata approvata la risoluzione 8-00188 che invita il Ministero dello sviluppo economico a predisporre un tavolo di concertazione fra tutti gli operatori di telecomunicazioni coinvolti in progetti di sviluppo e realizzazione della rete in fibra ottica, al fine di arrivare ad una soluzione condivisa volta a massimizzare le potenzialità dei servizi di banda ultralarga.
La IX Commissione ha infine svolto, nel 2012, un’indagine conoscitiva sulla sicurezza informatica delle reti, per approfondire i significativi problemi di sicurezza ed affidabilità emersi sia con riferimento all’espansione delle transazioni in moneta elettronica, sia per quanto concerne la riservatezza dei dati presenti sulle reti elettroniche. L’indagine si è focalizzata su tre argomenti principali: l’identità digitale, le reti di telecomunicazione wired e wireless, i sistemi distribuiti di servizio e il Cloud computing.
Per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento: L'attivita' conoscitiva e di indirizzo della IX Commissione della Camera.
Il decreto legislativo n. 70/2012 ha recepito le direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, in materia di comunicazioni elettroniche, modificando il Codice delle comunicazioni elettroniche, decreto legislativo n. 259/2003.
Le nuove norme affidano al Ministero dello sviluppo economico, l’individuazione di misure minime di sicurezza di natura tecnica ed organizzativa che gli operatori di rete ed i fornitori di servizi di comunicazione elettronica sono tenuti ad adottare per gestire adeguatamente i rischi.
Presso il Ministero dello sviluppo economico è stato istituito un unico CERT nazionale (Computer Emergency Response Team) operante sui comportamenti ostili registrati in Rete e sugli incidenti informatici e sulle relative procedure di segnalazione alla Commissione europea ed agli appositi organismi internazionali.
Il provvedimento è anche intervenuto sui requisiti delle analisi dei mercati rilevanti che l’AGCOM deve svolgere al fine dell’imposizione di specifici obblighi per i soggetti che vengano individuati come detentori di un significativo potere di mercato. In particolare, si prevede la possibilità di imporre alle imprese verticalmente integrate la costituzione di un’entità operante in modo indipendente, che dovrà fornire prodotti e servizi a tutte le imprese del settore, compresa la società madre.
In attuazione della direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, è intervenuto anche il decreto legislativo n. 69/2012, apportando alcune modifiche al codice per la protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196/2003) con riferimento al tema dell'identità digitale.
Per ulteriori elementi cfr. l' approfondimento:Le modifiche al codice delle comunicazioni elettroniche e al codice per la protezione dei dati personali.
In materia di disciplina delle reti di comunicazione elettronica si segnala infine la predisposizione, nel 2011, da parte dell' Autorità per le garanzie delle comunicazioni in attuazione del decreto legislativo n. 44/2010 dello Schema di regolamento in materia di tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica (Delibera n. 398/11/CONS), sottoposto a consultazione pubblica. Per ulteriori elementi si rinvia al tema media audiovisivi e all'approfondimento la tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica
Uno degli obiettivi primari dell’Agenda digitale è quello della riduzione del digital divide e dei forti divari regionali che si registrano nel nostro paese.
Il digital divide è definito dal Piano nazionale della banda larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero per lo sviluppo economico come assenza di sufficiente connettività di banda larga dovuta a:
Non sono invece considerate in digital divide le aree: 1) coperte da un servizio Internet con velocità di trasmissione superiore a 20 Mbitps 2) coperte da un servizio Internet con velocità di trasmissione compreso tra 2 e 20 Mbitps
Nella Tabella, ripresa dal Piano, è indicata la percentuale di popolazione italiana, ripartita su base regionale, residente in aree in digital divide
I dati ISTAT (2012) mostrano che in Italia esiste ancora un forte gap infrastrutturale rispetto alla network society. L’accesso a Internet è disponibile in media nel 55,5% delle famiglie italiane e solo meno della metà di queste, il 48,6%, possiede una connessione a banda larga.
I dati evidenziano in generale un forte digital divide culturale: la maggior parte delle famiglie che non dispone di un accesso a Internet da casa indica come principale motivo del non utilizzo della rete l’incapacità di gestire tale tecnologia (43,3%).
Nell’Unione europea, se si considerano le famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni che possiede un accesso a Internet da casa, la media è pari al 73%, mentre l’Italia registra un valore pari al 62%, corrispondente al 22° posto nell’UE a 27.
Il personal computer è disponibile in oltre il 61% delle famiglie del Centro e del Nord Italia e solo nel 53,5% delle famiglie residenti nelle regioni del Sud e nel 55,6% delle Isole. Analogamente, nel Centro-nord si riscontra la quota più elevata di famiglie che dispongono di un accesso a Internet (oltre il 57%, contro il 49,6% nel Sud) e di una connessione alla banda larga (oltre il 50% rispetto al 41,2% del Sud).]]
I dati mostrano che esiste poi un forte gap generazionale, perché nelle famiglie in cui è presente almeno un minorenne il personal computer e l’accesso a Internet sono disponibili, rispettivamente, nell’83,9% e nel 79% dei casi. Sul versante opposto, nelle famiglie costituite esclusivamente da persone di 65 anni e oltre, appena il 13,9% di esse possiede il personal computer e soltanto l’ 11,8% dispone di una connessione per navigare in Internet.
Circa le modalità di connessione alla rete e di utilizzo della stessa, i dati mostrano che nel 2012 il 28,6% degli individui di 14 anni e più che hanno usato Internet si è connesso alla rete da luoghi diversi da casa o dal posto di lavoro mediante un telefono cellulare, smartphone o altro dispositivo mobile, e in prevalenza per spedire o ricevere email (66,5%), partecipare a siti di social network (54,4%), per l’utilizzo del GPS o di altre applicazioni per il rilevamento della localizzazione (54,2%).
Con “banda larga” si definiscono, nella teoria dei segnali, i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Tuttavia il termine è in realtà divenuto sinonimo di “alta velocità” di connessione. In Italia la Task Force sulla banda larga, commissione interministeriale di studio istituita nel 2001 dal Ministero delle comunicazioni e dal Ministero per l’innovazione e le tecnologie ha definito la banda larga come “l’ambiente tecnologico che consente l’utilizzo delle tecnologie digitali ai massimi livelli di interattività”. L’attuale sviluppo tecnologico indica generalmente come di “banda larga” le connessioni superiori a 2 Mbitps(megabyte per secondo); il Piano nazionale di banda larga predisposto dal Ministero dello sviluppo economico indica il livello minimo in 2 Mbitps .
Infrastrutture di banda larga possono essere realizzate attraverso:
Nel contesto dell’ultimo miglio le architetture di accesso a banda larga possono basarsi su:
Nel corso della XVI legislatura l’attenzione si è focalizzata sulla necessità di concentrare le risorse finanziarie nella modernizzazione della rete e nello sviluppo della banda larga.
Su questa tematica, Parlamento e Governo sono così intervenuti:
A seguito delle iniziative legislative sopra richiamate, il Ministero dello sviluppo economico ha predisposto, nell'ottobre 2011, il piano nazionale per la banda larga Piano nazionale banda larga.
Rispetto alle aree individuate nel piano come in digital divide (cfr. il relativo approfondimento), prefigura tre tipologie di intervento:
E’ prevista per la realizzazione del Piano un fabbisogno economico complessivo di 1,471 miliardi di euro così ripartito:
Come si evince dalla tabella, ripresa dal Piano non tutte le risorse necessarie risultavano, al momento della presentazione del piano, disponibili e assegnate (cfr. le colonne “FEASR non ancora assegnate” e “Legge 69/2009 (800 m) + Quota project financing: risorse non ancora ripartite tra le regioni”). Nella tabella è riportato il fabbisogno confrontato con le diverse tipologie di risorse:
Come già si è ricordato, i fondi disponibili per la realizzazione del piano nazionale per la banda larga fanno anche leva sull’utilizzo dei fondi comunitari, in particolare sullo sblocco del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) che costituisce la quota di cofinanziamento nazionale ai Fondi comunitari necessaria per attivare i fondi europei. Vi è poi una quota assegnata alle Regioni e sono altresì utilizzabili i Fondi strutturali ricerca ed innovazione in campo ICT per le Regioni Convergenza.
Risultano programmate per il periodo 2009-2013 le seguenti risorse:
- completamento Banda Larga nel Sud: 209,8 mln € cui vanno aggiunti altri 24 mln sulla base di convenzioni MISE-Regioni (FAS regionali e D.M. Distretti);
Nell’aggiornamento del 3/02/2012 del Piano Azione Coesione presentato dal Ministro per la coesione territoriale risultano in dettaglio programmati 41,6 mln a carico del Piano Azione Coesione, 84,651 mln a carico del FEASR e 85,536 mln a carico del FESR Grandi Progetti.
- Progetto Agenda Digitale Rete Banda Ultra Larga: 443,051 mln;
Nell’aggiornamento del 3/02/2012 del Piano Azione Coesione risultano in dettaglio programmati 158,675 mln a carico del Piano Azione Coesione e 284,375 mln a carico del FESR Grandi Progetti.
- Progetto Agenda Digitale realizzazione Data Center: 121 mln.
Il decreto-legge n. 179/2012, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, contiene le prime disposizioni in materia di attuazione dell'Agenda digitale italiana e di promozione della dotazione infrastrutturale italiana.
Alcune delle misure del provvedimento riprendono il contenuto del testo unificato delle due proposte di legge di iniziativa parlamentare esaminate dalla IX Commissione in materia di agenda digitale (AA. CC. 4891 e 5093), testo approvato nella seduta del 26 luglio 2012.
In particolare, nel decreto-legge n. 179/2012:
Numerose azioni sono state programmate nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2012 e prevedono:
Proposte specifiche in attuazione dell’Agenda Digitale Italiana sono in particolare state inserite nell’Allegato Infrastrutture della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2012(Doc. LVII, n.5-bis) e saranno oggetto di monitoraggio sistematico annuale, in quanto considerate a tutti gli effetti una delle reti portanti del sistema delle comunicazioni per la crescita e lo sviluppo del Paese.
Si prospettano quattro assi di indirizzo normativo:
Il Piano per l’Agenda Digitale italiana prevede:
I fondi disponibili fanno leva anche sull’utilizzo dei fondi comunitari, in particolare sullo sblocco del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) che costituisce la quota di cofinanziamento nazionale ai Fondi comunitari necessaria per attivare i fondi europei. Vi è poi una quota assegnata alle Regioni e sono altresì utilizzabili i Fondi strutturali ricerca ed innovazione in campo TIC per le Regioni dell'obiettivo convergenza.
Con riferimento al tema della banda larga, l'articolo 1 della legge n. 69/2009 ha stanziato 800 milioni di euro del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) da destinare, nel rispetto delle competenze regionali e previa delibera del CIPE, alla realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nei territori interessati dagli interventi del FAS. Il CIPE, con la delibera n. 1/2011, ha tuttavia operato una riduzione di 400 milioni di euro di tali risorse.
Risultano programmate per il periodo 2009-2013 risorse per:
Nell’aggiornamento del 3/02/2012 del Piano Azione Coesione presentato dal Ministro per la coesione territoriale risultavano in dettaglio programmati 41,6 mln a carico del Piano Azione Coesione, 84,651 mln a carico del FEASR e 85,536 mln a carico del FESR Grandi Progetti.
Nell’aggiornamento del 3/02/2012 del Piano Azione Coesione risultano in dettaglio programmati 158,675 mln a carico del Piano Azione Coesione e 284,375 mln a carico del FESR Grandi Progetti.
La IX Commissione (Trasporti) il 30 luglio 2008 ha deliberato un’indagine conoscitiva sull'assetto e sulle prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche nel nostro Paese, svolgendo 42 audizioni, nel corso delle quali sono stati sentiti i Ministri competenti, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, gli operatori, le società produttrici di contenuti, gli internet providers, le industrie manifatturiere, le parti sociali e le associazioni rappresentative del settore. La Commissione ha approvato il documento conclusivo nella seduta del 2 dicembre 2008.
Nel corso dell’indagine sono stati messi in rilievo i seguenti aspetti:
La IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) ha svolto, nel 2012, un’indagine conoscitiva sulla sicurezza informatica delle reti, per approfondire i significativi problemi di sicurezza ed affidabilità emersi sia con riferimento all’espansione delle transazioni in moneta elettronica, sia per quanto concerne la riservatezza dei dati presenti sulle reti elettroniche. L’indagine deliberata il 1° febbraio 2012 si è conclusa, dopo lo svolgimento di dieci audizioni, il 18 dicembre 2012. Il documento conclusivo è stato approvato nella seduta del 22 gennaio 2013. L’indagine si è focalizzata su tre argomenti principali: l’identità digitale, le reti di telecomunicazione wired e wireless, i sistemi distribuiti di servizio e il Cloud computing.
L’indagine conoscitiva ha in primo luogo evidenziato una ripartizione complessa tra le diverse amministrazioni pubbliche dei compiti in materia di sicurezza informatica delle reti. In tal senso una prima indicazione emersa è quella della necessità di giungere all’elaborazione di una strategia nazionale di sicurezza informatica, che possa coordinare l’operato di tutte le diverse amministrazioni coinvolte.
La strategia nazionale per la sicurezza informatica dovrebbe includere:
Per quanto riguarda l’identità digitale, le possibili misure legislative da adottare dovranno necessariamente raccordarsi con la proposta di regolamento in discussione da parte delle istituzioni dell’Unione europea. La direzione comunque nella quale appare necessario muoversi è quella della fornitura al cittadino di credenziali universali, accettabili da tutti i service provider privati e pubblici e “federate” con gli altri fornitori di identità digitale nonché regolamentare e sanzionare opportunamente il reato di furto di identità elettronica. E’ inoltre emersa la necessità di dare una rapida attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo n. 70/2012 in materia di istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un CERT nazionale le modalità di coinvolgimento dell’Agenzia per l’Italia digitale.
Circa il cloud computing, è emersa la necessità per l’Italia di dotarsi di linee guida e di strumenti di approccio standardizzati ai servi cloud, sia in ambito governativo che in quello delle infrastrutture critiche, garantendo il rispetto da parte dei fornitori dei servizi in Cloud delle diverse norme vigenti negli Stati in cui hanno sede le società che utilizzano tali servizi.
Sul tema del Cloud computing si segnala peraltro che nel 2011 sono stati prodotti due significativi documenti da parte di amministrazioni pubbliche: il quaderno Consip Cloud Security: una sfida per il futuro, concepito come strumento di approfondimento e di orientamento, e la scheda di documentazione del Garante per la protezione dei dati personali Cloud computing: indicazioni per l’utilizzo consapevole dei servizi, che mira a contribuire all’aumento della conoscenza dei temi rilevanti per la sicurezza nell’utilizzo dei servizi cloud. A questi due documenti si sono poi aggiunte le raccomandazioni e le proposte sull’utilizzo del cloud computing nella pubblica amministrazione elaborate da Digit-PA.
Nell’audizione del 9 giugno 2009 è stato presentato alla Commissioni competenti di Camera e Senato uno studio governativo (il c.d Rapporto Caio) sullo sviluppo della banda larga.
La IX Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera ha svolto, nel febbraio-marzo 2012, un ciclo di audizioni informali sulle reti di comunicazione di nuova generazione e l’audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulle prospettive di realizzazione in Italia delle reti NGN.
Il 5 luglio 2012 è stata approvata la risoluzione 8-00188 che invita il Ministero dello sviluppo economico a predisporre un tavolo di concertazione fra tutti gli operatori di telecomunicazioni coinvolti in progetti di sviluppo e realizzazione della rete in fibra ottica, al fine di arrivare ad una soluzione condivisa volta a massimizzare le potenzialità dei servizi di banda ultralarga.
Il decreto legislativo n. 70/2012, ha recepito le direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, in materia di comunicazioni elettroniche, modificando il Codice delle comunicazioni elettroniche, decreto legislativo n. 259/2003, che costituisce il quadro normativo di riferimento in materia.
La IX Commissione (Trasporti) ha espresso parere favorevole con osservazioni nella seduta del 23 maggio 2012.
Con il D.Lgs. n. 70/2012 è stata affidata al Ministero dello sviluppo economico, l’individuazione di misure minime di sicurezza di natura tecnica ed organizzativa che gli operatori di rete ed i fornitori di servizi di comunicazione elettronica sono tenuti ad adottare per gestire adeguatamente i rischi.
La verifica del rispetto delle misure compete al medesimo Ministero, o ad un organismo indipendente da esso incaricato, che può applicare sanzioni in caso di violazioni o di inadempimenti alle norme. Al fine di tale verifica, le imprese sono tenute a fornire al Ministero le informazioni necessarie.
Al Ministero dello sviluppo economico è anche affidata la definizione di uno schema per la notifica da parte degli operatori e dei fornitori di servizi degli incidenti di sicurezza, classificati come significativi sulla base dei valori di soglia stabiliti nello schema stesso. Le segnalazioni degli incidenti di sicurezza sono indirizzate dagli operatori al Ministero che provvede a comunicarle, su base annuale o quando lo richieda alla Commissione europea ed all’ENISA (L'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione). E’ stato inoltre istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, un unico CERT nazionale (Computer Emergency Response Team) operante sui comportamenti ostili registrati in Rete e sugli incidenti informatici e sulle relative procedure di segnalazione.
Il Decreto legislativo n. 70 è intervenuto inoltre nei seguenti ambiti:
Con riferimento all’identità digitale occorre ricordare il decreto legislativo 28 maggio 2012, n. 69, anch'esso volto a recepire le direttive 2009/140/CE e 2009/136/CE, che ha modificato il codice in materia di protezione dei dati personali, in particolare introducendo nel codice l’obbligo per le imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico di notificare sollecitamente al Garante ogni avvenuta violazione di dati personali.
Il decreto legislativo n. 44/2010, che reca attuazione della direttiva 2007/65/CE, ha apportato importanti modifiche al testo unico in materia di servizi di media audiovisivi, con particolare riferimento alla semplificazione della fornitura dei servizi lineari, alla disciplina dei servizi non lineari (video on demand), ai limiti di affollamento pubblicitario e alla tutela delle opere europee. Nel corso della Legislatura è stato inoltre completato il passaggio al digitale terrestre, mentre si è intervenuti normativamente sull'assegnazione dei c.d. "dividendo digitale interno" e "dividendo digitale esterno". Nella legislatura è stato inoltre oggetto di proroga il divieto di incroci proprietari tra imprese televisive ed imprese editoriali.
La direttiva 2007/65/CE "Servizi di media audiovisivi" interviene sulla direttiva 89/552/CEE Televisione senza frontiere (TSF), adottata nel 1989 e modificata una prima volta nel 1997, con l'obiettivo di istituire un quadro normativo moderno, flessibile e semplificato per i contenuti audiovisivi, anche per adeguarli allo sviluppo tecnologico e agli sviluppi del mercato del settore audiovisivo in Europa. In particolare, si intende facilitare la realizzazione di uno spazio unico dell'informazione ed applicare almeno un complesso minimo di norme coordinate a tutti i servizi di media audiovisivi, vale a dire ai servizi di radiodiffusione televisiva (cioè, ai servizi di media audiovisivi lineari), e ai servizi di media audiovisivi a richiesta (cioè, ai servizi di media audiovisivi non lineari - video on demand).
Sulla base di questa differenziazione, la direttiva semplifica il quadro normativo per i servizi lineari, e introduce norme minime per i servizi non lineari, in materia di tutela dei minori, di prevenzione dell'odio razziale e di divieto della pubblicità occulta. In materia di pubblicità, la direttiva ritiene non più giustificato il mantenimento di una normativa dettagliata, poiché gli spettatori hanno maggiori possibilità di evitare la pubblicità grazie al ricorso a nuove tecnologie, quali i videoregistratori digitali personali e l'aumento dell'offerta di canali. Pertanto si prevede l'abolizione del tetto orario giornaliero fissato per le inserzioni pubblicitarie e le televendite in relazione al tempo complessivo di trasmissione di un'emittente, lasciando inalterata la quantità massima di spot pubblicitari e di televendita consentiti in un'ora (12 minuti). Inoltre, si autorizzano le emittenti televisive a scegliere liberamente la collocazione degli spot all'interno dei programmi, purché non ne venga pregiudicata l'integrità. La legge comunitaria 2008 (L. 88/2009) ha poi dettato criteri specifici di delega per la sua attuazione, prevedendo una disciplina restrittiva per l'inserimento di prodotti all'interno di programmi audiovisivi (c.d. product placement).
Si segnala infine che la citata direttiva 89/552/CE è stata successivamente abrogata e codificata dalla direttiva 2010/13/UE. Quest’ultima direttiva sostituisce la precedente e non deve essere recepita.
Il D.Lgs. n. 44/2010, di attuazione delle direttiva, ha apportato importanti modifiche al D.Lgs. n. 177/2005 (testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), introducendo la nozione di "servizi di media audiovisivi e radiofonici", in luogo della precedente formulazione di "radiotelevisione", e intervenendo su diversi aspetti della disciplina ivi prevista, quali: trasmissioni transfrontaliere, garanzie per gli utenti, limiti di affollamento pubblicitari, sponsorizzazioni, tutela dei minori, produzione audiovisiva europea. Il decreto, modificato rispetto allo schema originario (atto n. 169) a seguito delle indicazioni fornite dalle commissioni parlamentari competenti, prevede tra l'altro:
Con il D.Lgs. n. 120/2012, anche al fine di venire incontro ad alcuni rilievi formulati dalla Commissione europea (EU Pilot 1890/11/INSO), sono state emanate disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 44/2010 (di fatto riferite direttamente al testo del D.Lgs. n. 177/2005). Il decreto legislativo, sul quale le Commissioni competenti della Camera hanno espresso il 19 giugno 2012 un articolato parere favorevole con condizioni , si riferisce alla tutela dei minori, ai limiti di affollamento pubblicitario e alla promozione delle opere cinematografiche di espressione originale italiana.
Nel corso della XVI legislatura, oltre ai sopra illustrati sviluppi normativi, è stato anche completato il passaggio dalle trasmissioni analogiche a quelle digitali. Il passaggio dall’utilizzo delle frequenze in tecnica analogica alle frequenze in tecnica digitale ha determinato un c.d. “dividendo digitale esterno” ed un c.d. “dividendo digitale interno”. Con la prima espressione (“dividendo digitale esterno”) si fa riferimento alle frequenze in tecnica analogica liberate dal passaggio delle trasmissioni televisive alla tecnica digitale; con la seconda espressione (“dividendo digitale interno”) si fa invece riferimento, in conseguenza del maggior numero di frequenze della tecnologia digitale rispetto a quella analogica, alle frequenze in tecnica digitale terrestre disponibili in quanto non già assegnate agli operatori nazionali esistenti.
Per gli interventi normativi in proposito si rinvia all'approfondimento: "Digitale terrestre".
Secondo l’articolo 2 del D.Lgs. 177/2005, il Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) comprende le attività concernenti: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni. L’articolo 43 del D.Lgs. 177/2005 ha introdotto specifiche limitazioni al fine evitare il determinarsi di posizioni dominanti nel SIC. Il co. 9 dell’art. 43 prevede che i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione - costituito ai sensi dell'art. 1, co. 6, lett. a), num. 5), della L. n. 249/1997 - non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del SIC. Il co. 10 indica in dettaglio quali sono i ricavi che devono essere presi in considerazione ai fini dell’applicazione del co. 9.
Il comma 12 reca il divieto di incroci proprietari impedendo ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, i quali conseguono ricavi superiori all'8% del SIC, e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40% dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica. Tale divieto, inizialmente previsto sino al 31 dicembre 2010, è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 427, della legge n. 228/2012.
La questione della proroga del divieto di incroci proprietari era stata oggetto di una segnalazione dell'AGCOM al Governo del 24 novembre 2010, nella quale si auspicava il mantenimento del divieto, a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, anche sulla base delle indicazioni date dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 826/1988, nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha riconosciuto, al fine di garantire la protezione del pluralismo informativo di cui all’art. 11, comma secondo della Carta Europea dei diritti fondamentali, il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza.
Legislazione comparata
La fase di transizione dal sistema di trasmissione analogico al digitale terrestre si è conclusa nel luglio 2012. Il passaggio al sistema digitale ha comportato la disponibilità di un maggior numero di frequenze, denominato "dividendo digitale", che dovrà essere assegnato agli operatori del settore.
Il definitivo passaggio dal sistema televisivo analogico al digitale terrestre (switch off), iniziato in Sardegna nel luglio del 2008, si è concluso il 4 luglio 2012 con lo spegnimento delle trasmissioni analogiche in Sicilia, ultima regione prevista dal calendario della transizione.
Il passaggio dall’utilizzo delle frequenze in tecnica analogica alle frequenze in tecnica digitale ha determinato un c.d. “dividendo digitale esterno” ed un c.d. “dividendo digitale interno”.
Con la prima espressione (“dividendo digitale esterno”) si fa riferimento alle frequenze in tecnica analogica liberate dal passaggio delle trasmissioni televisive alla tecnica digitale: a tale proposito è intervenuto l’art. 1, co. 8-13, della legge n. 220/2010 (legge di stabilità 2011) che ha disposto che le frequenze nella banda da 790 MHz a 862 MHz (corrispondenti ai nove canali nazionali in tecnica analogica) siano destinate al servizio mobile terrestre (vale a dire alla telefonia mobile). La gara, conclusasi il 29 settembre 2011, ha fatto registrare un introito complessivo per l'erario di 3.945.295.100 euro.
In materia di “dividendo digitale esterno”, si deve registrare da ultimo che l’articolo 14 del decreto-legge n. 179/2012 ha rinviato ad appositi decreti ministeriali le modalità di intervento da porre a carico degli operatori delle telecomunicazioni assegnatari delle frequenze del dividendo al fine di minimizzare le interferenze, che appaiono suscettibili di verificarsi, tra i servizi a banda ultralarga mobile nella banda degli 800 MHz e gli impianti per la ricezione televisiva domestica
Con l’espressione “dividendo digitale interno” si fa invece riferimento a frequenze in tecnica digitale terrestre disponibili in quanto non già assegnate agli operatori nazionali esistenti.
I criteri per l’assegnazione delle nuove frequenze televisive sono stati in un primo momento dettati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 181/09 del 7 aprile 2009. L’allegato A della citata delibera, recante “Criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri”, prevede la disponibilità di un dividendo digitale “interno”, non inferiore a cinque reti nazionali, la cui assegnazione sarebbe dovuta avvenire attraverso procedure selettive basate sui criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori. La delibera prevedeva in particolare l’utilizzo del meccanismo del c.d. “beauty contest”. Tale sistema – assimilabile a quello della licitazione privata – consiste in una selezione fra i soggetti interessati, al fine di individuare quello più idoneo all’aggiudicazione del bene, a titolo gratuito, sulla base di una serie di requisiti (affidabilità, esperienza maturata, risorse finanziarie, caratteristiche del progetto, etc.).
Successivamente, l’art. 3-quinquies del decreto-legge n. 16/2012 ha eliminato la possibilità di ricorrere alla procedura del beauty contest, annullando il bando già pubblicato e il relativo disciplinare di gara e concedendo un indennizzo ai partecipati alla procedura annullata. L’articolo prevede che le frequenze siano assegnate mediante gara pubblica onerosa, le cui procedure dovranno essere definite dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) le frequenze dovranno essere suddivise in differenti lotti e dovrà essere assicurata la separazione verticale fra fornitori di programmi e operatori di rete, con obbligo per gli operatori di rete di consentire l'accesso ai fornitori di programmi, a condizioni eque e non discriminatorie;
b) i lotti dovranno essere composti in base al grado di copertura e tenendo conto della possibilità di conseguire obiettivi di efficienza e innovazione tecnologica;
c) la durata dei diritti d'uso di ciascun lotto dovrà essere fissata in modo da garantire la tempestiva destinazione delle frequenze agli usi stabiliti dalla Commissione europea.
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il 20 settembre 2012, ha approvato una prima bozza dello schema di provvedimento concernente le procedure di gara. Lo schema è stato trasmesso alla Commissione europea, la quale, con lettera in data 31 ottobre 2012, ha formulato alcune osservazioni, sulla base delle quali l'Autorità ha predisposto un nuovo schema di provvedimento in data 14 novembre 2012, da sottoporre a cosultazione pubblica.
Lo schema di regolamento di cui alla delibera n. 398/11/Cons, in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, approvato il 6 luglio 2011 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), mira a definire un sistema di norme relative al diritto d'autore che sia appropriato all'era digitale attuale.
In materia il quadro giuridico italiano è stato aggiornato con il recepimento della direttiva 2000/31/CE, da parte del D. Lgs. n. 70/2003, in relazione a taluni aspetti giuridici dei servizi di informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico. Con tale direttiva si è voluto, in particolare, affermare la possibilità per gli Stati membri di richiedere al prestatore di servizi (Internet service provider) di adempiere al dovere di diligenza previsto dal diritto nazionale finalizzato ad individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite. Il principio sottostante a tale dovere, in ogni caso, è di non responsabilità del prestatore di servizi a condizione che egli non sia effettivamente al corrente del fatto che l’attività è illecita e che, non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere il contenuto o disabilitarne l’accesso.
I nuovi compiti assegnati all’Agcom dallo stesso D. Lgs. n. 70/2003 e dal successivo D. Lgs. n. 44/2010 (c.d. “decreto Romani”) - ampliando i poteri di vigilanza dell’Autorità in materia di diritto d’autore contenuti nella legge fondamentale in materia (art. 182-bis della legge n. 633/41, introdotto dalla legge n. 248/2000) – prevedono che l’Autorità possa esigere, al pari di quella giudiziaria, che il prestatore di servizi impedisca e ponga fine alle violazioni commesse, ovvero emanare disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva la tutela dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale per i servizi di media audiovisivi.
Con la delibera n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, recante “Lineamenti di provvedimento concernente l’esercizio delle competenze dell’Autorità di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”, è stata indetta una consultazione pubblica su una prima versione dello schema di regolamento; una nuova consultazione pubblica è stata quindi aperta sullo schema nella sua versione definitiva.
A seguito della consultazione pubblica, come si ricava anche dall'audizione del presidente dell'AGCOM del 21 marzo 2012 di fronte alle Commissioni riunite Istruzione e Lavori pubblici del Senato, l'AGCOM ha deciso di non procedere all'adozione del regolamento in attesa di una modifica legislativa che definisca meglio "la competenza e i poteri nella materia del diritto d'autore"
Lo schema di regolamento si caratterizza per un approccio che, da un lato, punta a favorire l’offerta legale di contenuti accessibili ai cittadini e, dall’altro, prevede azioni di enforcement per la rapida eliminazione dalla rete dei contenuti inseriti in violazione del copyright, nel rispetto tuttavia della libertà di espressione e senza alcuna inibizione all’accesso ai siti Internet. Vi è da sottolineare che vengono escluse dall’ambito applicativo del regolamento – a differenza di quanto avviene ad esempio nell’ordinamento francese - le applicazioni con le quali gli utenti possono scambiare contenuti direttamente con altri utenti attraverso le reti di comunicazione elettronica (peer-to-peer).
Tra le altre iniziative previste nello schema vi è l’elaborazione di codici di condotta dei gestori dei siti e dei fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici, nonchè la creazione di un osservatorio per monitorare i miglioramenti della qualità e le riduzioni dei prezzi dell’offerta legale di contenuti.
Tali azioni saranno inoltre sviluppate con il concorso di tutte le categorie interessate e delle associazioni dei consumatori attraverso l’istituzione di un Tavolo tecnico che supporterà l’azione dell’Autorità nella tutela del diritto d’autore on line.
Nella seconda parte dello schema, tra le misure a tutela del diritto d’autore, sono previste quindi le procedure di enforcement a tutela di tale diritto, che si articolano in due fasi. In una prima fase, relativa al cosiddetto “notice and take down”, il gestore del sito, ricevuta la richiesta dal titolare del diritto, può rimuovere selettivamente il contenuto illegale (counter notice). Accanto a questo meccanismo è stato introdotta, innovando lo schema comune delle procedure previste nella maggior parte dei Paesi europei, la procedura di contro-notifica. Quest’ultima prevede che il soggetto che abbia caricato il contenuto illegale (uploader), ricevuto dal gestore del sito l’avviso di notifica della rimozione, possa fare opposizione alla rimozione di tale contenuto, garantendo in tal caso un controbilanciamento di domande di rimozione a carattere abusivo ovvero erroneo.
Qualora l’esito della procedura davanti al gestore non risulti soddisfacente per una delle parti, questa potrà rivolgersi entro 7 giorni all’Autorità, la quale, a seguito di un trasparente contraddittorio della durata di 10 giorni - che consente anche la possibilità di un adeguamento spontaneo senza alcuna conseguenza sul piano sanzionatorio - potrà impartire nei successivi 20 giorni (prorogabili di altri 15 in casi più complessi) un ordine di rimozione selettiva dei contenuti illegali o, rispettivamente, di loro ripristino a seconda di quale delle richieste rivolte all’Autorità risulti fondata. In caso di mancato rispetto dell’ordine impartito, l’Autorità potrà irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.
La procedura dinanzi all’Autorità è alternativa e non sostitutiva della via giudiziaria e si blocca se una delle parti decide di ricorrere al giudice. Pertanto, non solo la scelta dell’azione da intraprendere è rimessa alle parti, ma si scongiura il rischio di una sovrapposizione tra pronunce giudiziarie ed amministrative, riconoscendo la preminenza della sede giudiziaria.
Peraltro, le decisioni in materia di diritto d’autore potranno essere impugnate dinanzi al TAR del Lazio, come tutti i provvedimenti dell’Agcom. Le diverse fasi del procedimento delineato dall’Autorità dovrebbero dunque consentire, almeno nella maggior parte dei casi, di risolvere le questioni senza arrivare alla lite giudiziaria e, in tal senso, presentano numerose analogie con le procedure di risoluzione extragiudiziaria delle controversie tra utenti e tra utenti ed operatori, che sia la legge 249 del 1997 sia il Codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. n. 259 del 2003) affidano all’Autorità nei settori di propria competenza, sulla base delle direttive europee.
Nel caso di siti esteri si è previsto che, qualora in esito all’attività istruttoria svolta, l’Agcom chieda la rimozione dei contenuti destinati al pubblico italiano in violazione del diritto d’autore e il sito non ottemperi alla richiesta, il caso è suscettibile di essere segnalato alla magistratura per i provvedimenti di competenza.
Lo schema di regolamento tiene conto di parametri che attenuano la portata delle norme secondo un sistema di fair use prevedendo talune eccezioni alle azioni di vigilanza e controllo prescritte nel caso in cui ricorrano ragioni precise e compatibili con gli interessi dei titolari dei diritti (artt. 65 e 70 della legge 633/1941), vale a dire: nel caso di uso didattico e scientifico, del diritto di cronaca, commento, critica e discussione nei limiti dello scopo informativo e dell’attualità; in caso di assenza della finalità commerciale e dello scopo di lucro; in relazione alla occasionalità della diffusione, della quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all’opera integrale, che non pregiudichi il normale sfruttamento economico dell’opera.
Nella XVI legislatura, dopo un primo intervento di riordino delle modalità di accesso ai contributi, operato con il DPR 223/2010, il D.L. 201/2011 ha disposto la cessazione dei contributi diretti dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013, e ha affidato al Governo la revisione dello stesso DPR, con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2012. Il D.L. 63/2012 ha, quindi, introdotto una disciplina transitoria. Per la definizione della disciplina a regime il Governo aveva presentato un disegno di legge di delega, il cui esame però non è stato concluso.
Il regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina dei contributi all’editoria, emanato - in attuazione dell’art. 44 del D.L. 112/2008 - con DPR 223/2010, ha disposto la semplificazione della documentazione per accedere ai contributi e del procedimento di erogazione degli stessi, ha incluso fra i requisiti per l’accesso ai contributi una percentuale minima di copie vendute (su quelle distribuite) e ha previsto nuove modalità di calcolo per i contributi diretti, riferite all’effettiva distribuzione della testata (invece che al previo criterio della tiratura). Ha anche stabilito che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per l’editoria costituiscono limite massimo di spesa e che sono destinate prioritariamente ai contributi diretti. In caso di insufficienza delle risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto, ai sensi di quanto già disposto dalla L. 191/2009. La vigenza del regolamento è decorsa dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie.
Allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine dell'anno 2013, l'art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 ha disposto la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria dal 31.12.2014, con riferimento alla gestione 2013, e la revisione dall'1.1.2012 del DPR 223/2010, al fine di una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse e di un risparmio di spesa. Ha anche disposto che il risparmio conseguito, compatibilmente con le esigenze del pareggio del bilancio, sarà destinato alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.
In tale contesto, le modifiche al DPR 223/2010 sono state apportate dal D.L. 63/2012 (A.C. 5322), con il quale è stata dettata una scheda disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale. Le disposizioni decorrono a partire dai contributi relativi all’anno 2012 o, in alcuni casi, 2013.
Per conseguire la razionalizzazione della spesa, il D.L. - modificato durante l'esame parlamentare - opera su più fronti e, in particolare, su:
Quasi contestualmente all'emanazione del D.L. 63/2012, il Governo ha presentato un disegno di legge (A.C. 5270) che conferiva allo stesso Governo una delega per la definizione - a regime - di nuove forme di sostegno all'editoria e per lo sviluppo del mercato editoriale. In particolare, si prevedevano: il riordino della normativa vigente, al fine di contenere gli oneri e consentire una maggiore selezione dei beneficiari; incentivi per l'avvio di nuove imprese editoriali, per l'innovazione tecnologica e per la multimedialità; la promozione della lettura; la ridefinizione del quadro delle competenze, anche in materia di diritto d'autore e comunicazione istituzionale.
Durante l'esame parlamentare - avviato dalla VII Commissione della Camera il 12 luglio 2012 - è stato adottato, il 7 dicembre 2012, un nuovo testo che prevedeva l’istituzione di un Fondo per il pluralismo dell'informazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da utilizzare per i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, per sostenere l’innovazione tecnologica delle imprese editrici, per incentivare l’avvio di nuove imprese editrici e per sostenere i trattamenti di pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione.
L'esame del provvedimento non è stato concluso entro la fine della legislatura.
La disciplina delle agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali è contenuta nel D.L. 353/2003, che ha posto il principio del rimborso a posteriori, da parte dello Stato, alla società Poste italiane S.p.A. della differenza tra costo unitario della spedizione e tariffa agevolata praticata alle imprese editoriali, nella misura prevista da appositi decreti ministeriali. Il rimborso viene effettuato nei limiti dei fondi appositamente stanziati. L’art. 56, co. 4, della L. 99/2009 ha stabilito che il rimborso andasse calcolato in relazione al prezzo stabilito nella convenzione in essere, in analoga materia, più favorevole al prenditore, ma l'incertezza su quale fosse questa convenzione ha cagionato la sospensione della liquidazione dei rimborsi dovuti a Poste Italiane SpA. ed un lungo contenzioso, risolto dall’art. 4, co. 3, del D.L. n. 63/2012. Tale norma ha identificato la “convenzione più favorevole”, per i rimborsi relativi al periodo tra il 1º gennaio 2010 e il 31 marzo 2010, con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal D.M. 21 ottobre 2010 per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane . E' stata confermata invece l’applicazione delle tariffe piene ai fini della liquidazione dei rimborsi in favore della società Poste Italiane SpA, per il periodo compreso tra il 14 agosto (data di entrata in vigore della legge n. 99/2009) ed il 31 dicembre 2009.
L’applicazione delle tariffe postali agevolate è stata sospesa a partire dal 1 aprile 2010, in applicazione dell’art. 10-sexies, co. 2, del D.L. 194/2009. In attuazione di un accordo fra editori e Poste italiane S.p.A., l’art. 2, co. 1-bis del D.L. n. 125/2010, che ha sospeso le agevolazioni postali fino al 31dicembre 2013, ha poi previsto l’emanazione di un decreto ministeriale per la determinazione, senza oneri per lo Stato, le tariffe massime applicabili alle spedizioni di prodotti editoriali. Alla norma è stata data attuazione con il D.M. 21 ottobre 2010.
Specifiche agevolazioni tariffarie sono state concesse per le spedizioni effettuate dalle associazioni ed organizzazioni senza fine di lucro nell’anno 2010 con l'art. 2, co. 2-undecies, del D.L. 40/2010 e il relativo decreto attuativo (D.M. 23 dicembre 2010). Per gli anni 2012-2013, l’art. 21, co. 3, del D.L. n. 216/2011, ha autorizzato i gestori dei servizi postali ad applicare apposite tariffe alle spedizioni di prodotti editoriali effettuate da queste associazioni e organizzazioni nonchè dalle associazioni d'arma e combattentistiche, previa iscrizione al ROC, ma senza oneri per lo Stato. L’art. 5-bis del D.L. 63/2012 ha poi previsto l’applicazione delle tariffe agevolate di cui al DM 13 novembre 2002 per le spedizioni postali di stampe promozionali e propagandistiche da parte di soggetti operanti nel terzo settore, anche in questo caso senza oneri per lo Stato, prevedendo quindi la non applicazione del rimborso a Poste italiane Spa.
Il Contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane per il triennio 2009-2011 e' stato approvato con legge 12 novembre 2011, n. 183, fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria. L'efficacia del contratto è stata quindi perfezionata con la decisione della Commissione europea del 20 novembre 2012 C(2012)8230final , che ha approvato i trasferimenti statali verso Poste Italiane a parziale copertura degli oneri connessi con lo svolgimento degli obblighi di servizio postale universale.
L'AGCOM con delibera del 20 dicembre 2012 Delibera n. 640/12/CONS ha approvato la manovra tariffaria di Poste Italiane applicabile dal 1° gennaio 2013 e consistente in una rimodulazione delle tariffe per gli invii di corrispondenza rientranti nel servizio universale (invii di posta non massiva per l'interno e per l'estero, invii raccomandati per l'interno e invii attinenti alle procedure giudiziarie). La manovra ha la finalità di perseguire la progressiva copertura dei costi di erogazione del servizio e conseguire in tal modo una riduzione dell'onere derivante dagli obblighi di servizio universale.
Per approfondimenti si rinvia al focus: Le Agevolazioni postali nella editoria.
Agevolazioni postali
Interventi in materia di contributi
Materiali di legislazione comparata
La prima disciplina organica degli interventi a sostegno dell’editoria è stata dettata con la L. 416/1981, successivamente modificata ed integrata da numerosi interventi – tra i quali, principalmente, la L. 67/1987, la L. 250/1990, e la L. 62/2001 – che hanno dato luogo a un sistema normativo frammentario.
A causa di ciò, negli anni più recenti – pur in presenza di nuove norme dirette a singole situazioni – sono stati compiuti tentativi di razionalizzazione.
In particolare, in attuazione dell’art. 44 del D.L. 112/2008, è stato emanato il DPR 223/2010 – la cui vigenza è decorsa dal bilancio di esercizio 2011 delle imprese beneficiarie – che ha disposto la semplificazione della documentazione per accedere ai contributi e del procedimento di erogazione degli stessi, ha incluso fra i requisiti per l’accesso ai contributi una percentuale minima di copie vendute (su quelle distribuite) e ha previsto nuove modalità di calcolo per i contributi diretti, riferite all’effettiva distribuzione della testata (invece che al previo criterio della tiratura). Con riferimento all’occupazione professionale, essa rileva nel regolamento sia come requisito per l’accesso ai contributi, sia come parametro ai fini del calcolo degli stessi.
Inoltre, il DPR ha stabilito che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per l’editoria costituiscono limite massimo di spesa e che sono destinate prioritariamente ai contributi diretti. In caso di insufficienza delle risorse, i contributi sono erogati mediante riparto proporzionale tra gli aventi diritto (ai sensi di quanto già disposto dalla L. 191/2009).
L’art. 2, co. 62, della L. 191/2009 (L. finanziaria 2010), infatti, ha limitato l’erogazione delle provvidenze in favore dell’editoria all’effettivo stanziamento iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri (capp. 465-Contributi alle imprese radiofoniche ed alle imprese televisive e 466-Contributi alle imprese editrici di quotidiani e periodici), procedendo, ove necessario, al riparto in quote proporzionali all’ammontare del contributo spettante a ciascuna impresa. Successivamente, diverse disposizioni hanno escluso – relativamente ai contributi 2009 e 2010 – determinate categorie di beneficiari dall’applicazione del "tetto" introdotto dalla L. 191/2009, nell’ambito del quale erano comunque fatte salve le risorse da destinare alle convenzioni e agli oneri inderogabili.
Nel bilancio dello Stato le spese per interventi di sostegno ai settori dell’informazione e dell’editoria sono collocate per la gran parte nello stato di previsione del MEF, all’interno della missione Comunicazioni, programma Sostegno all’editoria. Ulteriori stanziamenti per interventi nel settore dell’informazione insistono nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. In particolare, nell’ambito della missione Comunicazioni, programma Servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione, sono previsti stanziamenti per contributi alle emittenti radiofoniche e televisive in ambito locale.
L’intervento dello Stato nel settore dell’editoria si esplica in misure di sostegno economico di tipo diretto o indiretto.
In particolare, gli aiuti economici diretti consistono nell’erogazione, alle imprese editrici che presentino i requisiti richiesti, di un contributo calcolato in ragione dei parametri di volta in volta indicati (vendite, distribuzione, tiratura, costi o altro), mentre gli aiuti economici indiretti sono costituti da riduzioni tariffarie, agevolazioni fiscali e credito agevolato.
Allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine del 2013, l’art. 29, co. 3, del D.L. 201/2011 ha disposto la cessazione del sistema di contribuzione diretta all’editoria di cui alla L. 250/1990 dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla gestione 2013.
Ha altresì previsto, al fine di conseguire risparmi di spesa mediante la riduzione della contribuzione pubblica e allo scopo di stabilire una più rigorosa selezione per l'accesso alle risorse, che il Governo provvedesse alla revisione del regolamento di cui al DPR 223/2010. Ha, altresì, previsto che, compatibilmente con le esigenze di pareggio di bilancio, i risparmi sono destinati alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, a contenere l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.
Nel contesto appena descritto, le modifiche al DPR 223/2010 sono state, in realtà, introdotte con il D.L. 63/2012 e costituiscono una disciplina transitoria, nelle more di una più compiuta ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale.
Le disposizioni decorrono a partire dai contributi relativi all’anno 2012 o, in alcuni casi, 2013 (nel prosieguo, ove non diversamente indicato, si intende quale anno di decorrenza il 2012).
Per conseguire la razionalizzazione della spesa, il D.L. opera su più fronti e, in particolare, su:
Per tutte le imprese editrici, i dati relativi a tiratura, distribuzione e vendita devono essere attestati da dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese dal legale rappresentante dell’impresa e devono essere comprovati da certificazione analitica resa da una società di revisione iscritta nell’apposito albo tenuto dalla CONSOB (art. 1, co. 4, lett. c), D.L.).
Per le imprese di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990), l’obbligo della relazione di certificazione dei bilanci (art. 6, co. 3, DPR 525/1997) è esteso anche ai dati relativi alle copie distribuite e vendute, con specificazione delle diverse tipologie di vendita (art. 1, co. 5, D.L.).
L’obbligo di avere adottato il divieto di distribuzione degli utili (di cui all’art. 3, co. 2, lett. d), L. 250/1990) si estende a tutte le imprese che percepiscono contributi diretti (art. 1, co. 6, D.L.).
Con riguardo a determinate categorie di beneficiari, il D.L. dispone che – fermi restando tutti gli altri requisiti di legge – i contributi possono essere richiesti a condizione che la testata, nazionale o locale, sia venduta, rispettivamente, nelle misure di almeno il 25% e il 35% delle copie distribuite.
Sono testate nazionali quelle che, oltre ad essere distribuite in almeno 3 regioni, in ciascuna regione raggiungono una percentuale di distribuzione non inferiore al 5% della propria distribuzione totale. Disposizioni specifiche riguardano poi il calcolo delle copie distribuite (art. 1, co. 2 e 3, D.L.).
Tali requisiti si applicano a: quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990); quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990); quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990); quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000).
Per avere accesso ai contributi, le medesime imprese tenute al rispetto delle disposizioni circa le percentuali minime di vendita, nonché le imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche (art. 153, co. 2, L. 388/2000 e art. 20, co. 3-ter, D.L. 223/2006) devono avere impiegato, nell'intero anno di riferimento del contributo, un numero minimo di dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (non necessariamente a tempo pieno), pari a 5 o 3, rispettivamente nel caso di imprese editrici di quotidiani o periodici (art. 1, co. 4, lett. b, D.L.)).
Per ottenere i contributi non è più previsto alcun limite alle entrate pubblicitarie (art. 6, co. 1, lett. c, D.L.)).
Le norme abrogate dal D.L. (art. 3, co. 2, lett. c), e co. 3, lett. a), L. 250/1990) prevedevano che per l’accesso ai contributi era necessario non avere acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie superiori al 30% (40% nel caso di imprese editrici di periodici senza scopo di lucro) dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo.
Tale requisito era richiesto per: quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990); quotidiani e periodici editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis e 3, L. 250/1990); quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990); quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990); quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000).
Per accedere ai contributi, le cooperative editrici devono essere composte esclusivamente da giornalisti, poligrafici e grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti. La maggioranza dei soci – mantenendo il medesimo criterio di prevalenza di giornalisti – deve risultare dipendente della cooperativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato (non necessariamente a tempo pieno).
Le cooperative devono altresì essere in possesso del requisito della mutualità prevalente (di cui agli artt. 2512 e ss. c.c.) (art. 1, co. 4, lett. a, D.L.)).
Inoltre, a decorrere dai contributi relativi al 2012, le cooperative che siano subentrate al contratto di cessione in uso o abbiano acquistato una testata di cui sia cessata o sospesa la pubblicazione, la quale abbia avuto accesso ai contributi entro il 31 dicembre 2011, sono esentate dal possedere i requisiti relativi ai tempi minimi di costituzione e di edizione della testata (art. 3, co. 2, lett. a) e b), L. 250/1990) e, nel caso siano subentrate al contratto di cessione in uso, dal requisito di essere proprietarie della testata (art. 1, co. 7-bis, D.L.).
Infine, si estende anche alle cooperative che operano nel settore dell’informazione – tra le quali, dunque, le cooperative giornalistiche – la possibilità di essere sovvenzionate o finanziate dalle fondazioni bancarie (art. 1, co. 7-ter, D.L.).
Per accedere ai contributi, i periodici italiani pubblicati all’estero e le pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero (art. 26, L. 416/1981) devono essere in possesso del requisito minimo di 3 anni di anzianità di pubblicazione o di diffusione.
Tale requisito può essere soddisfatto anche attraverso abbonamenti a titolo oneroso a pubblicazioni on line (art. 1-bis, D.L.).
I nuovi criteri di calcolo introdotti dal D.L. 63/2012 decorrono dai contributi relativi al 2012.
Con riguardo alla liquidazione del contributo, si stabilisce, in particolare, che il termine per la conclusione del procedimento relativo all’erogazione dei contributi diretti alla stampa scade il 31 marzo dell’anno successivo a quello di presentazione delle relative domande.
A tale data il provvedimento deve essere adottato comunque, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, ferma restando la ripetizione delle somme indebitamente percepite.
Il contributo per le imprese destinatarie dell’art. 2, co. 2, del D.L. è calcolato come somma di:
Ad esempio, nella categoria delle spese per il personale sono ammesse (e fino a determinati importi) solo quelle relative a giornalisti e poligrafici dipendenti.
Sono inoltre fissati differenti limiti massimi ai valori complessivi delle due quote.
Si stabilisce infine che l’importo complessivo corrisposto a ciascuna impresa non può comunque superare quello erogato con riferimento al 2010.
Destinatari delle disposizioni introdotte sono: quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990); quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990); quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990); quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990); quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000); quotidiani e periodici organi di forze politiche (art. 153, co. 2, L. 388/2000; art. 20, co. 3-ter, DL 223/2006).
I nuovi criteri di calcolo di cui all’art. 2, co. 2, del D.L. non si applicano ai contributi in favore dei periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro (art. 3, co. 3, L. 250/1990), per i quali si stabilisce, invece, che le risorse complessivamente destinabili sono pari al 5% dell’importo stanziato per i contributi diretti alla stampa sul pertinente capitolo del bilancio autonomo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria.
In caso di insufficienza delle risorse, il contributo è liquidato mediante riparto proporzionale fra gli aventi diritto (art. 2, co. 4, D.L.).
Il contributo annuo alle imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento (art. 4, L. 250/1990) è ridotto dal 70% al 40% della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti (art. 2, co. 6, D.L.). Resta fermo il limite massimo già fissato in 4 miliardi di lire (circa € 2,1 milioni).
E’ ridotto invece (dall’80%) al 50% dei costi anche il limite della somma di tutti i contributi percepibili.
Ai sensi dell’art. 4, co. 2, L. 250/1990, ove le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25% dei costi di esercizio annuali, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50% del contributo annuo. Tale contributo integrativo è stato poi raddoppiato dall’art. 2, co. 1, L. 278/1991.
Il contributo annuo concesso alle agenzie di informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti (art. 53, co. 15, L. 449/1997) è (ancora) pari al 30% dei costi, ma questi vengono ora circoscritti alle spese per il personale e per la diffusione. Il limite massimo del contributo è ridotto (da 1 milione) a 800 mila euro (art. 2, co. 5, D.L.).
L’importo complessivo del contributo in favore dei periodici italiani pubblicati all’estero e delle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero (art. 26, L. 416/1991) è fissato, nell’ambito delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, in 2 milioni di euro annui (misura sostanzialmente invariata). Una quota è riservata alle testate che esprimono specifiche appartenenze politiche, culturali e religiose.
La definizione di criteri e modalità di concessione dei contributi è demandata ad un DPR, da adottare, sentite le competenti Commissioni parlamentari, tenendo conto del numero di uscite annue, delle pagine pubblicate e delle copie vendute, anche in formato digitale (art. 1-bis, D.L.).
L’art. 3 del D.L. reca disposizioni volte a favorire il passaggio all’editoria digitale. In particolare, si stabilisce che le imprese editrici già destinatarie dei contributi per l’anno 2011 possono continuare a percepire i contributi qualora la testata sia pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale.
La testata in formato digitale deve essere accessibile online e produrre (con almeno dieci articoli al giorno) almeno 240 uscite per i quotidiani, 45 per i settimanali e i plurisettimanali, 18 per i quindicinali e 9 per i mensili. Ulteriori caratteristiche tecniche sono richieste a decorrere dai contributi relativi al 2013.
La misura del contributo cui hanno diritto le imprese per la pubblicazione della testata in formato digitale – fermo restando il rispetto dei tetti massimi previsti dall’art. 2 del D.L. – è articolata in una quota pari (per i primi due anni) al 70% dei costi sostenuti (tra le tipologie ammissibili, da definire con DPCM) e una quota di 0,10 euro corrisposta per ciascuna copia digitale venduta in abbonamento (tale importo non può essere comunque superiore all’effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia digitale).
In caso di pubblicazione non esclusivamente in formato digitale, si ribadisce il massimale fissato per la quota di contributo rapportata ai costi, cui concorrono in tal caso i costi di produzione dell’edizione cartacea e quelli relativi alla edizione in formato digitale.
Possibili destinatari delle disposizioni introdotte sono: quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti (art. 3, co. 2 e 2-quater, L. 250/1990); quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis, L. 250/1990); quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (art. 3, co. 2-ter, primo periodo, L. 250/1990); quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (art. 3, co. 2-ter, terzo e quarto periodo, L. 250/1990); quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1° dicembre 2001 (art. 153, co. 4, L. 388/2000); quotidiani e periodici organi di forze politiche (art. 153, co. 2, L. 388/2000; art. 20, co. 3-ter, DL 223/2006).
Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, che non abbiano fatto domanda di accesso ai contributi e conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100 mila euro, sono esentate dall’applicazione di alcune previsioni legislative (obbligo di registrazione presso il tribunale e di iscrizione al ROC; obblighi in materia di titolarità delle imprese editrici) (art. 3-bis, D.L.).
Per favorire la modernizzazione del settore e assicurare un’adeguata certificazione delle copie distribuite e vendute, l’art. 4 del D.L. dispone l’obbligatorietà, a decorrere dal 1° gennaio 2013, della tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l’utilizzo di opportuni strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre.
Al fine di sostenere l’adeguamento tecnologico degli operatori, è previsto un credito di imposta per il 2012, fino ad un limite massimo di 10 milioni di euro.
Infine, i rivenditori di quotidiani e periodici possono svolgere attività connesse all'erogazione di servizi delle P.A., mediante l’utilizzo di una rete telematica.
Il D.L. n. 353/2003 ha stabilito una disciplina delle agevolazioni postali per le spedizioni di prodotti editoriali, prevedendo un sistema di rimborso a posteriori da parte dello Stato alla società Poste italiane S.p.A. in base al quale la società deve praticare alle imprese editoriali una tariffa agevolata, nella misura prevista da appositi decreti ministeriali (si tratta di tre decreti del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia, emanati il 13 novembre 2002 e confermati dal successivo decreto del Ministro delle comunicazioni del 1° febbraio 2005), e ottiene dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il rimborso della differenza tra il costo unitario della spedizione e la tariffa agevolata applicata. Il rimborso è effettuato nei limiti dei fondi appositamente stanziati.
L’art. 56, co. 4, della L. 99/2009 ha successivamente previsto che - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge stessa (14 agosto 2009) – il rimborso a favore di Poste Italiane SpA delle riduzioni tariffarie applicate per la spedizione di prodotti editoriali fosse calcolato in relazione al prezzo stabilito nella convenzione in essere, in analoga materia, più favorevole al prenditore. L'incertezza su quale fosse questa convenzione ha cagionato la sospensione della liquidazione dei rimborsi dovuti a Poste Italiane SpA. L’art. 4, comma 3 del D.L. n. 63/2012 ha risoltoil contenzioso applicativo instauratosi, individuando precisamente il criterio per determinare il rimborso spettante a Poste Italiane SpA nel periodo intercorrente tra il 1º gennaio 2010 e il 31 marzo 2010 (data di cessazione dell’applicazione delle agevolazioni tariffarie), identificando la “convenzione più favorevole” con le tariffe stabilite, per l’anno 2012, dal D.M. 21 ottobre 2010 (Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 ottobre 2010, pubblicato nella G.U. 23 novembre 2010, n. 274), per gli invii non omologati destinati alle aree extraurbane. E' rimasta invece ferma l’applicazione delle tariffe piene ai fini della liquidazione dei rimborsi in favore della società Poste Italiane SpA, per il periodo compreso tra il 14 agosto (data di entrata in vigore della legge n. 99/2009) ed il 31 dicembre 2009.
L’applicazione delle tariffe agevolate è stata sospesa, per l’anno 2010, a decorrere dal 1° aprile 2010, dal D.M. 30 marzo 2010, emanato in applicazione dell’articolo 10-sexies, co. 2, del D.L. n. 194/2009. Quest’ultimo articolo ha destinato al rimborso delle agevolazioni tariffarie postali del settore dell'editoria un importo di 50 milioni di euro per il 2010. Essendo stato già maturato nel primo trimestre del 2010 un importo di circa 50 milioni di euro, il D.M. 30 marzo 2010 ha stabilito che le vigenti tariffe agevolate si applicano fino al 31 marzo 2010, sospendendole per il rimanente periodo del 2010. Successivamente il regime delle tariffe agevolate è stato sospeso per il periodo tra il 1° settembre 2010 e il 31 dicembre 2012 dal comma 1-bis dell’art. 2 del D.L. 125/2010 ed il successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 ottobre 2010 ha individuato le tariffe massime applicabili per tale periodo alle spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi.
Un particolare regime agevolativo è stato stabilito con l’art. 5-bis del D.L. n. 63/2012, per le spedizioni postali di stampe promozionali da parte di soggetti operanti nel terzo settore richiamati dall’articolo 1, co. 3, del D.L. 353/2003. Si tratta di: ONLUS, associazioni di volontariato, associazioni non governative di cooperazione allo sviluppo, associazioni di promozione sociale, fondazioni con scopi religiosi, enti ecclesiastici, associazioni di tutela ambientale e di ricerca oncologica in possesso di determinati requisiti, associazioni dei profughi sloveni, istriani e dalmati, nonché delle associazioni d’arma e combattentistiche. In questo caso è stata prevista la non applicazione del rimborso a Poste italiane Spa della differenza tra la tariffa agevolata e la tariffa ordinaria, in deroga alla disciplina delle agevolazioni tariffarie nei prodotti editoriali posta dal D.L. 353/2003. L’agevolazione riguarda le spedizioni in abbonamento postale di stampe promozionali e propagandistiche, anche finalizzate alla raccolta di fondi, e consiste nella applicazione delle tariffe agevolate previste dal decreto del Ministero delle comunicazioni del 13 novembre 2002. La necessità di prevedere apposite tariffe agevolate anche per la spedizione di materiale promozionale era stata anche sollecitata nel corso dell’audizione informale presso la 1ª Commissione permanente del Senato dall’Associazione italiana sclerosi multipla (seduta del 7 giugno 2012).
La legge 27 luglio 2011, n. 128 ha fissato una nuova normativa per la determinazione del prezzo di vendita dei libri, che si applica dal 1° settembre 2011.
La L. 128/2011 è intervenuta sulla disciplina del prezzo di vendita dei libri, precedentemente recata dall’art. 11 della legge 62/2001, come modificato dall’art. 2 del D.L. 99/2001.
Secondo quanto indicato nell’art. 1 del provvedimento, l’obiettivo della disciplina del prezzo dei libri è quello di contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura e alla tutela del pluralismo dell’informazione.
In base alla nuova disciplina, che si applica dal 1° settembre 2011, il prezzo al consumatore finale dei libri è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore: lo sconto al consumatore finale, compresi i libri venduti per corrispondenza anche nell’ambito di attività di commercio elettronico, non deve essere superiore al 15% del prezzo fissato.
Lo sconto può arrivare fino al 20% per i libri venduti in occasione di manifestazioni fieristiche e per quelli destinati a particolari categorie di consumatori (ONLUS, scuole, centri di formazione, università, istituzioni o centri scientifici e di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici).
Alcune categorie di libri sono comunque escluse dall’applicazione di tali previsioni (in particolare, libri per bibliofili, libri d’arte, libri antichi, libri usati, libri posti fuori catalogo).
Alcune novità riguardano la disciplina delle campagne promozionali: ad eccezione del mese di dicembre, gli editori possono realizzare campagne promozionali distinte fra loro, non reiterabili nel corso dell’anno solare e di durata non superiore a un mese, con sconti fino al 25% del prezzo fissato. E’ fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio di non aderire alle campagne promozionali, pur dovendo essere in ogni caso informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni.
La vendita di libri effettuata in difformità da quanto disposto comporta l’applicazione di sanzioni.
La legge prevede anche che, decorsi 12 mesi, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria trasmette alle Camere una relazione governativa sugli effetti delle nuove disposizioni sul settore del libro. Al momento, la relazione non è pervenuta.
Il 25 settembre 2012, peraltro, ad un anno dall'approvazione della legge, alla Camera si è svolto un convegno organizzato dalla VII Commissione, trasmesso in diretta sulla webtv di Montecitorio.
Il 2 ottobre 2012, infine, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inviato al Parlamento una segnalazione contenente Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013. In tale documento, l'Autorità ha evidenziato che la previsione di tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri può limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali benefici per i consumatori in termini di servizi offerti o di ampliamento del numero di libri immessi sul mercato. Ha, dunque, segnalato che "Nonostante la norma sul tetto agli sconti ricada in una delle ipotesi di cui, ai sensi dell’articolo 3, comma 9, lett. h) del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, è stata già prevista l’abrogazione in termini generali, l’Autorità ritiene, in ogni caso, necessario disporne l’abrogazione espressa al fine di garantire maggiore certezza giuridica agli operatori".
La XVI Legislatura è stata caratterizzata dal recepimento, con il decreto legislativo n. 58/2011, della direttiva 2008/6/CE con la quale è stato portato a compimento il processo di liberalizzazione del mercato dei servizi postali nei paesi della UE. Inoltre, l'articolo 21 del decreto-legge n. 201/2011 ha attribuito all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la funzione di autorità di regolazione nel settore.
Nel corso della XVI Legislatura si è ulteriormente sviluppato il processo di liberalizzazione dei servizi postali avviato con il decreto legislativo n. 261/1999, adottato in attuazione della direttiva 97/67/CE. In particolare, il decreto legislativo n. 58/2011 ha attuato la direttiva 2008/6/CE. Il provvedimento ha riguardato diversi ambiti quali l'individuazione di un'Autorità indipendente di regolazione (inizialmente costituita dall'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, poi soppressa dall'articolo 21 del decreto-legge n. 201/2011, con trasferimento delle relative competenze all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni); l'individuazione del fornitore del servizio universale e dei criteri per l'accesso di altri operatori all'infrastruttura postale; le caratteristiche del servizio universale. Sul relativo schema di decreto legislativo la IX Commissione trasporti della Camera ha approvato un parere nella seduta del 16 febbraio 2011. Al riguardo cfr. sotto il dossier pubblicato sul parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo n. 313 recante attuazione della direttiva 2008/6/CE in materia di servizi postali.
L'impianto sul quale il decreto legislativo n. 58/2011 è intervenuto prevede, ai sensi del decreto legislativo n. 261/1999, un unico fornitore del servizio universale, con una distinzione, non presente nell'ordinamento comunitario, tra fornitore del servizio e prestatori del medesimo servizio. Il primo fornisce il servizio integralmente su tutto il territorio nazionale; i secondi forniscono prestazioni singole e specifiche.
I compiti di autorità nazionale di regolamentazione venivano attribuiti dal decreto legislativo n. 261/1999 al Ministero delle comunicazioni, mentre la fornitura del servizio universale è affidata a Poste italiane Spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58/2011 (e quindi fino al 2026).
Il decreto legislativo n. 58/2011 ha affidato i compiti di Autorità nazionale indipendente di regolazione del settore postale all'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, che veniva configurata dal provvedimento sul modello delle agenzie fiscali di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 300/1999.
Il successivo articolo 21 del decreto-legge n. 201/2011 ha previsto la soppressione dell'Agenzia e il trasferimento delle sue funzioni all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha conseguentemente istituito, nel dicembre 2012, la direzione per i servizi postali.
La mancata istituzione di un'Autorità indipendente di regolazione costituiva uno dei rilievi avanzati all'Italia dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2009/2149; l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva sollecitato, in una segnalazione al Parlamento del 19 febbraio 2010 l'attribuzione alla stessa Autorità della relativa competenza.
Il decreto legislativo n. 58/2011 ha inoltre ridefinito il perimetro del servizio universale, escludendone la pubblicità diretta per corrispondenza e consentendo, in presenza di particolari condizioni da comunicare alla Commissione europea, la fornitura del servizio a giorni alterni.
Alla luce delle modifiche introdotte, il servizio universale viene a comprendere: 1) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg e dei pacchi postali fino a 20 kg 2) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.
Il provvedimento ha inoltre significativamente ridotto la parte del servizio universale riservata in via esclusiva al fornitore del servizio stesso (e cioè Poste italiane): questa è ora limitata alle notificazioni e comunicazioni a mezzo posta degli atti giudiziari e alle notificazioni dei verbali delle violazioni del codice della strada (in precedenza la parte riservata comprendeva tutta la corrispondenza relativa a procedure amministrative e giudiziarie e tutta la corrispondenza interna e trasnfrontaliera superiore a 50 grammi).
Dal 1° giugno 2012 è stata esclusa dal servizio universale la pubblicità diretta per corrispondenza.
Gli oneri connessi alla fornitura del servizio universale sono finanziati attraverso trasferimenti a carico del bilancio dello Stato, quantificati nel contratto di programma, e attraverso il fondo di compensazione alimentato dalle imprese del settore, previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 261/1999.
Il decreto legislativo n. 58/2011 ha disposto che il servizio universale sia affidato a Poste italiane Spa per un periodo di quindici anni dalla data di entrata in vigore del decreto, con possibilità di revoca, ogni quinquennio, qualora la verifica dello stato del rispetto degli obblighi del contratto di programma dia esito negativo. Il fornitore del servizio universale è individuato attraverso una designazione operata dal Ministero dello sviluppo economico sulla base dell’analisi dei costi del servizio e di criteri quali la garanzia della continuità della fornitura del servizio, la redditività degli investimenti, la struttura organizzativa dell’impresa, lo stato economico dell’ultimo triennio, l’esperienza del settore e gli eventuali pregressi rapporti con la pubblica amministrazione nello specifico settore con esito positivo. Il provvedimento ha poi confermato l’obbligo per il fornitore del servizio universale di istituire la separazione contabile distinguendo, fra singoli servizi, i prodotti rientranti nel servizio universale e quelli esclusi.
I rapporti tra lo Stato e il fornitore del servizio universale sono disciplinati dal contratto di programma. Il Contratto di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane per il triennio 2009-2011 e' stato approvato con legge 12 novembre 2011, n. 183, fatti salvi gli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria. L'efficacia del contratto è stata quindi perfezionata con la decisione della Commissione europea del 20 novembre 2012 C(2012)8230final , che ha approvato i trasferimenti statali verso Poste Italiane a parziale copertura degli oneri connessi con lo svolgimento degli obblighi di servizio postale universale.
Per gli altri operatori è necessaria:
In entrambi i casi può essere richiesto alle imprese l’adempimento di specifici obblighi del servizio universale ovvero di obblighi di contribuzione al fondo di compensazione finanziaria.
Il 4 dicembre 2012 la VII Commissione della Camera ha approvato in via definitiva un progetto di legge volto a promuovere l'equo compenso per i c.d. free lance (L. 233/2012). Inoltre, con il decreto legislativo di recepimento della Direttiva Servizi nel mercato interno è stata adeguata la disciplina della professione alla normativa comunitaria. In precedenza erano state adottate disposizioni volte a favorire, in determinate condizioni, il prepensionamento dei giornalisti. Non si è, invece, concluso l'esame di un progetto di legge di modifica dell'ordinamento della professione di giornalista.
All’Ordine dei giornalisti, istituito con la legge n. 69 del 1963, appartengono:
Le funzioni relative alla tenuta dell’albo e quelle relative alla disciplina degli iscritti sono esercitate, per ciascuna regione, da un Consiglio dell’Ordine. Il Consiglio nazionale dell'Ordine ha sede presso il Ministero della giustizia.
La L. 233/2012 ha introdotto norme volte a promuovere l'equo compenso per i giornalisti iscritti all'albo titolari di un rapporto di lavoro non subordinato (c.d. free lance). In particolare, ha previsto l'istituzione di una Commissione che definisca il compenso equo e rediga un elenco dei soggetti che garantiscono il rispetto dello stesso. Dal 1° gennaio 2013, la mancata iscrizione nell'elenco per un periodo superiore a 6 mesi comporta la decandenza dall'accesso ai contributi in favore dell'editoria, fino alla successiva iscrizione.
L'art. 54 del decreto legislativo n. 59 del 2010 (GU 23 aprile 2010), (schema di decreto legislativo n. 171), di attuazione della Direttiva 2006/123/CE (vedi L'attuazione della direttiva servizi), relativa ai Servizi nel mercato interno, ha apportato modifiche alla L. n. 69 del 1963.
In particolare, il provvedimento ha previsto che:
Anche al fine di sostenere il settore dell'editoria, è stata estesa ai giornalisti dipendenti delle imprese editrici di giornali periodici la facoltà di optare per il pensionamento anticipato, già prevista per i giornalisti professionisti iscritti all'INPGI, dipendenti di aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, dipendenti delle imprese editrici di giornali quotidiani e di agenzie di stampa a diffusione nazionale (art. 41-bis del D.L. 207/2008, commi da 5 a 7).
Per il sostegno dell’onere derivante dal richiamato prepensionamento, sono stati stanziati complessivamente 20 milioni di euro.
Le modalità di accesso al prepensionamento sono state definite - in attuazione dell'art. 7-ter, comma 17, del D.L. 5/2009, convertito dalla L. 33/2009 - dal DM 24 luglio 2009 (GU 24 agosto 2009).
Il 2 agosto 2011 la VII Commissione della Camera aveva approvato in sede legislativa un nuovo testo della proposta di legge A.C. 2393, che modificava taluni aspetti della L. n. 69 del 1963, relativi, in particolare, alle modalità di accesso alla professione di giornalista e al Consiglio nazionale dell'Ordine. Al Senato il provvedimento è stato assegnato alla I Commissione (A.S. 2885), che non ne ha avviato l'esame.
Il testo prevedeva che, ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti, i soggetti che hanno almeno la laurea non devono sostenere l'esame di cultura generale. Introduceva, invece, lo stesso esame per l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti, disponendo che esso è diretto ad accertare l'attitudine all'esercizio dell'attività pubblicistica, nonchè la conoscenza dei principi di deontologia professionale. Inoltre, disponeva che i soggetti che intendono iscriversi nell’elenco dei professionisti possono presentare, in ciascun anno solare, solo due domande di ammissione alla prova di idoneità professionale.
Con riferimento al Consiglio nazionale dell’Ordine, il testo affidava il compito di disciplinarne la composizione e definirne le modalità di elezione ad un regolamento emanato dal Ministro della giustizia, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, stabilendo che i componenti fossero al massimo 90, con un rapporto di 2 a 1 fra professionisti e pubblicisti.
Una disposizione di natura procedurale modificava la modalità di convocazione del Consiglio.
Equo compenso per i c.d. free lance
Il provvedimento di modifica dell'ordinamento della professione di giornalista
L'attuazione della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai Servizi nel mercato interno
Il 4 gennaio 2010 è stata promulgata la Legge n. 2010-1 sulla protezione delle fonti dei giornalisti, che modifica la legge-base sulla libertà di stampa del 29 luglio 1881. A garanzia del rispetto della libertà di informazione la nuova legge consacra il diritto del giornalista a tutelare il segreto delle sue fonti come principio generale dell’ordinamento. In conformità alla giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, non sarà ammesso attentare, in modo diretto o indiretto, al segreto giornalistico se non “quando un imperativo preponderante d’interesse pubblico lo giustifichi”.
Le autorità giudiziarie, nel corso di un procedimento penale, potranno cercare di identificare l’origine di una informazione giornalistica solo in via eccezionale in ragione della particolare natura e gravità del reato e a condizione che le misure investigative “siano strettamente necessarie e proporzionate al legittimo scopo perseguito”.
In nessun caso il giornalista è obbligato a rivelare le sue fonti.
Nell’ambito del medesimo quadro di tutela i giornalisti beneficeranno, inoltre, di nuove garanzie per quanto riguarda le perquisizioni delle quali possono essere oggetto. Tali garanzie, equiparabili a quelle degli avvocati, non saranno più limitate alle perquisizioni nei locali delle testate giornalistiche, ma estese anche al domicilio e al veicolo professionale del giornalista.
Le perquisizioni potranno avvenire solo in presenza di un magistrato e il giornalista potrà contestare e opporsi al sequestro di documenti che permettano di identificare i suoi informatori e ottenendo che sulla contestazione si pronunci il Juge des libertés et de la détention.
La legge estende, infine, a tutte le fasi del procedimento penale il diritto del giornalista, se chiamato a testimoniare sulle informazioni raccolte nell’esercizio della sua professione, di non rivelare le proprie fonti.