Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni urgenti in materia finanziaria, a favore degli enti territoriali e zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo - D.L. 50/2017 - A.C. 4444
Riferimenti:
AC N. 4444/XVII   DL N. 50 DEL 24-APR-17
Serie: Progetti di legge    Numero: 567
Data: 28/04/2017
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

Disposizioni urgenti in materia finanziaria, a favore degli enti territoriali e zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo

 

Parte I – Schede di lettura

 

D.L. 50/2017 – A.C. 4444

 

aprile 2017

 


Parte I – Schede di lettura

 

 

Servizio Studi - Dossier n. 484

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Servizio Studi - Progetti di legge n. 567

Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 - * - st_bilancio@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_bilancio

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 530

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Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

Tel. 06 6760-3545 – 06 6760-3685 * com_bilancio@camera.it

 

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D17050.docx


 

I N D I C E

 

Articolo 1 (Disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale). 3

Articolo 2 (Modifiche all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA). 10

Articolo 3 (Contrasto delle indebite compensazioni). 12

Articolo 4 (Regime fiscale delle locazioni brevi). 15

Articolo 5 (Disposizione in materia di accise sui tabacchi). 19

Articolo 6 (Disposizioni in materia di giochi). 22

Articolo 7 (Rideterminazione base ACE). 25

Articolo 8 (Disposizioni in materia di pignoramenti immobiliari). 29

Articolo 9 (Clausole di salvaguardia IVA e accise). 31

Articolo 10 (Reclamo e mediazione). 33

Articolo 11 (Definizione agevolata delle controversie tributarie). 35

Articolo 12 (Rimodulazione delle risorse per il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno). 44

Articolo 13 (Riduzione dotazioni missioni e programmi di spesa dei Ministeri)  46

Articolo 14 (Riparto del Fondo di solidarietà comunale). 49

Articolo 15 (Contributo a favore delle province della Regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari). 53

Articolo 16 (Riparto del concorso alla finanza pubblica di province e città metropolitane)  55

Articolo 17 (Riparto del contributo a favore degli enti di area vasta delle Regioni a statuto ordinario). 58

Articolo 18 (Disposizioni in materia di bilanci di Province e Città metropolitane)  60

Articolo 19 (Sospensione termini certificazione enti locali dichiarazione di dissesto)  63

Articolo 20 (Contributo a favore delle province delle regioni a statuto ordinario)  65

Articolo 21 (Contributo per fusioni di comuni). 68

Articolo 22, commi 1-3 (Assunzioni nei comuni). 70

Articolo 22, comma 4 (Incarichi professionali conferiti dalle pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive regionali e locali). 73

Articolo 22, comma 5 (Dirigenti delle province). 76

Articolo 22, commi 6 e 7 (Disposizioni riguardanti gli istituti e i luoghi della cultura dotati di autonomia speciale). 78

Articolo 22, comma 8 (Contributo al Teatro Eliseo). 83

Articolo 23 (Consolidamento dei trasferimenti erariali alle province delle regioni Sardegna e Sicilia). 87

Articolo 24 (Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni). 88

Articolo 25 (Attribuzione quota investimenti alle regioni, province e città metropolitane)  92

Articolo 26 (Modifica al prospetto di verifica del pareggio di bilancio). 96

Articolo 27, commi 1-8 (Fondo per il concorso finanziario dello Stato al trasporto pubblico locale). 98

Articolo 27, commi 9-11 (Rinnovo del materiale rotabile). 108

Articolo 27, comma 12 (Servizi di linea interregionali). 109

Articolo 28 (Conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte delle Regioni)  112

Articolo 29 (Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche). 113

Articolo 30 (Altre disposizioni in materia di farmaci). 116

Articolo 31 (Edilizia sanitaria). 119

Articolo 32 (Trasferimento di competenze in materia sanitaria per stranieri)  121

Articolo 33 (Spazi finanziari per investimenti in favore delle Regioni). 123

Articolo 34 (Disposizioni sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale)  125

Articolo 35 (Misure urgenti in tema di riscossione). 130

Articolo 36 (Procedura di riequilibrio finanziario e di dissesto e piano di rientro)  132

Articolo 37 (Modifiche all'articolo 1, comma 467, legge 11 dicembre 2016, n. 232)  137

Articolo 38, comma 1 (Pagamenti dal bilancio dello Stato all’INPS). 139

Articolo 38, comma 2 (Disposizioni in materia di enti previdenziali e di gestione degliimmobili pubblici). 141

Articolo 38, comma 3 (Investimenti degli enti previdenziali). 144

Articolo 39 (Trasferimenti regionali per funzioni conferite a province e città metropolitane)  146

Articolo 40 (Rideterminazione delle sanzioni per le province e le città metropolitane)  149

Articolo 41 (Fondo da ripartire per l’accelerazione delle attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e del 2017). 152

Articolo 42 (Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 189 del 2016). 159

Articolo 43 (Ripresa della riscossione e rateizzazione tributi sospesi). 161

Articolo 44 (Proroga incentivi). 164

Articolo 45 (Compensazione perdita gettito TARI). 166

Articolo 46 (Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia). 169

Articolo 47, commi 1-5 (Interventi per il trasporto ferroviario). 172

Articolo 47, comma 6 (Finanziamento Grandi Stazioni). 175

Articolo 47, comma 7 (Ferrovie Sud Est). 177

Articolo 47, comma 8 (Prestazione di servizi di trasporto pubblico locale ferroviario nella regione siciliana e servizi interregionali). 180

Articolo 47, comma 9 (Trasporto ferroviario Torino-Lione). 182

Articolo 47, commi 10 e 11 (Fondo per l’ammodernamento dei carri merci). 185

Articolo 48 (Misure urgenti per la promozione della concorrenza e la lotta all'evasione tariffaria nel trasporto pubblico locale). 187

Articolo 49 (Disposizioni urgenti in materia di riordino di società). 197

Articolo 50 (Investimenti nel settore dei trasporti). 207

Articolo 51 (Contenimento dei costi del trasporto aereo). 210

Articolo 52 (Ciclovie turistiche). 212

Articolo 53 (APE). 215

Articolo 54 (Documento unico di regolarità contributiva). 221

Articolo 55 (Premi di produttività). 223

Articolo 56 (Patent Box). 225

Articolo 57 (Attrazione per gli investimenti). 231

Articolo 58 (Modifiche alla disciplina dell'imposta sul reddito di impresa: disciplina del trattamento delle riserve IRI presenti al momento della fuoriuscita dal regime)  240

Articolo 59 (Transfer pricing). 242

Articolo 60 (Proventi da partecipazioni a società, enti o OICR di dipendenti e amministratori)  246

Articolo 61 (Interventi per l’adeguamento delle infrastrutture della provincia di Belluno per eventi sportivi di sci alpino ). 249

Articolo 62 (Costruzione di impianti sportivi). 262

Articolo 63 (Misure per la Ryder Cup 2022). 270

Articolo 64 (Servizi nelle scuole). 272

Articolo 65 (Finanziamento dell’Autorità di regolazione del settore postale)  276

Articolo 66 (Disposizioni finanziarie). 279

Articolo 67 (Entrata in vigore). 284

 

 


Articolo 1
(Disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale)

 

 

L’articolo 1 reca disposizioni complessivamente volte a estendere l’ambito applicativo dello split payment, ovvero dello speciale meccanismo di versamento dell’IVA dovuta per le operazioni effettuate nei confronti di soggetti pubblici introdotto dalla legge di stabilità 2015, col quale si consente all’erario di acquisire direttamente l’imposta dovuta; in tal caso le pubbliche amministrazioni, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo IVA, devono versare direttamente all'erario l'imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

Per effetto delle modifiche in esame (comma 1), tale modalità di versamento è estesa all’IVA dovuta per tutte le operazioni (prestazioni di servizi e cessioni di beni) effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni inserite nel conto consolidato pubblicato dall’ISTAT.

Si prescrive inoltre che lo split payment si applichi anche per le operazioni effettuate nei confronti di altri soggetti che, pur non rientrando nel conto consolidato PA, sono tuttavia considerati ad alta affidabilità fiscale, tra cui le società controllate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, dagli enti territoriali e le società quotate. Si dispone l’applicazione dello split payment ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (dunque ai compensi dei professionisti).

Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 23 maggio 2017 (trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame), il compito di individuare i soggetti a cui le disposizioni in esame estendono l’obbligo di applicare lo split payment nonché le altre disposizioni di attuazione delle novelle così introdotte.

Ai sensi del comma 3, le nuove norme si applicano alle operazioni per le quali è stata emessa fattura a partire dal 1° maggio 2017.

 

Lo “split payment

 

Il cd. meccanismo dello "split payment" è stato introdotto nell'ordinamento italiano dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 629-633della legge n. 190 del 2014), la quale ha a tale scopo inserito l'articolo 17-ter nel D.P.R. n. 633/1972 che disciplina l'imposta sul valore aggiunto.

È stata prevista in tal modo una speciale modalità di versamento dell'imposta sul valore aggiunto, che si applica dal 1° gennaio 2015 alle operazioni effettuate nei confronti di Pubbliche Amministrazioni che non risultano debitori d'imposta. In sostanza, tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell'IVA indicata in fattura; l'imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall'Erario. Le PPAA acquirenti di beni e servizi, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell'IVA, dovranno versare direttamente all'erario l'imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

Per effetto delle nuove norme, lo "split payment" ha i seguenti effetti:

§  al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell'IVA indicata in fattura;

§  l'imposta è sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall'Erario.

 

Ambito operativo e condizioni di applicazione

Più in dettaglio l'articolo 17-ter, nella formulazione antecedente alle norme in commento, si applicava alle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di specifici enti:

§  Stato e organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica;

§  enti pubblici territoriali e consorzi tra essi costituiti;

§  camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

§  istituti universitari;

§  unità sanitarie locali;

§  enti ospedalieri;

§  enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico;

§  enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza.

L'applicazione del meccanismo avviene a condizione che, in tali operazioni, i cessionari o committenti del bene o del servizio non siano debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni generali in materia di imposta sul valore aggiunto.

 

Esclusioni

Le previgenti norme sullo split payment non si applicavano ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (comma 2 dell’articolo 17-ter). In tal senso, dunque, i professionisti soggetti alla ritenuta d'acconto dovevano intendersi esclusi dal meccanismo.

 

Attuazione

In ottemperanza alle disposizioni della legge di stabilità 2015, il Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 gennaio 2015 ha individuato modalità e termini specifici di versamento dell’IVA secondo il meccanismo di split payment.

Più in dettaglio, il decreto dispone l’applicazione della scissione dei pagamenti alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l'esigibilità dell'imposta si sia verificata successivamente alla stessa data. In merito all'esigibilità dell'imposta, il decreto prevede altresì che, per le operazioni soggette al meccanismo della scissione dei pagamenti, l'imposta divenga esigibile al momento del pagamento della fattura ovvero, su opzione dell'amministrazione acquirente, al momento della ricezione della fattura.

Infine il versamento dell'imposta può essere effettuato, a scelta della pubblica amministrazione acquirente, con le seguenti modalità:

a)    utilizzando un distinto versamento dell'IVA dovuta per ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile;

b)   in ciascun giorno del mese, con un distinto versamento dell'IVA dovuta considerando tutte le fatture per le quali l'imposta è divenuta esigibile in tale giorno;

c)    entro il giorno 16 di ciascun mese, con un versamento cumulativo dell'IVA dovuta considerando tutte le fatture per le quali l'imposta è divenuta esigibile nel mese precedente.

L'articolo 8 del decreto include i soggetti che effettuano le operazioni con split payment fra le categorie di contribuenti per i quali i rimborsi delle eccedenze Iva detraibili avvengono in via prioritaria. In particolare, la restituzione è erogata entro il limite dell'ammontare complessivo dell'Iva applicata alle operazioni effettuate nel periodo in cui si è formato il credito e può essere richiesta dal primo trimestre 2015.

Il mezzo per pagare è l'F24; è esclusa la possibilità di utilizzare la compensazione orizzontale con crediti di altre imposte.

Il decreto suddetto è stato parzialmente modificato dal DM 20 febbraio 2015, pubblicato nella GU del 27 febbraio 2015. Con la circolare 1/E del 9 febbraio 2015, l'Agenzia delle Entrate ha fornito i primi chiarimenti in materia, in particolare precisando le ipotesi di esclusione, il novero dei soggetti interessati dalla scissione dei pagamenti e il tipo di operazioni coinvolte.

 

Versamenti e rimborsi

Il controllo della regolarità dei versamenti spetta all'Agenzia delle Entrate, alla quale le PA interessate dovranno mettere a disposizione, in formato elettronico, la documentazione necessaria per verificare la corrispondenza tra l'importo dell'Iva dovuta e di quella versata per ciascun mese di riferimento.

 

Rimborsi e sanzioni

Le norme della legge di stabilità 2015 – non modificate dal provvedimento in esame - prevedono infine (articolo 1, comma 629, lettera c) della legge n. 190 del 2014), a favore dei fornitori interessati dalle operazioni in commento, la possibilità di chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile ai sensi dell'articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972.

La legge di stabilità 2015 dispone inoltre (comma 633) che, a carico della P.A. inadempiente (che omette o ritarda il versamento dell'imposta), siano applicate le sanzioni amministrative previste per gli omessi o tardivi versamenti (trenta per cento di ogni importo non versato) dall'articolo 13 del D.lgs. n. 471 del 1997, e che le relative somme dovute siano riscosse mediante atto di recupero motivato, emanato dall'Agenzia delle Entrate, da notificare al contribuente (disciplinato dall'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).


 

Autorizzazione UE

Le disposizioni in materia di split payment, come già anticipato all'inizio, sono applicabili dal 1° gennaio 2015. La legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 632 della legge n. 190 del 2014) ha previsto tuttavia che fosse richiesta un'apposita misura di deroga al Consiglio dell'Unione Europea, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE in materia di IVA

Con la pubblicazione nella GUCE (n. 217 del 18 agosto 2015) della decisione 14 luglio 2015, n. 2015/1401, il consiglio dell’Unione europea ha autorizzato l’Italia ad applicare fino al 31 dicembre 2017 il meccanismo della scissione dei pagamenti.

 

Il comma 1, lettera a) dell’articolo 1 amplia l’ambito applicativo delle disposizioni concernenti lo split payment, in particolare estendendo tale meccanismo a tutte le operazioni effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni inserita nel conto consolidato pubblicato dall’ISTAT, in luogo di quelle effettuate nei confronti di enti ed organi individuati puntualmente dalla legge (a cui si applica il meccanismo dell’IVA a esigibilità differita, ai sensi dall'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972; in tali casi l'imposta diviene esigibile all'atto del pagamento dei relativi corrispettivi).

 

Viene in particolare sostituito il comma 1 dell’articolo 17-ter, che - come ricordato in precedenza - ha introdotto e disciplinato tale meccanismo di applicazione dell’IVA.

Per effetto delle modifiche in commento, il meccanismo dello split payment si applica a tutte le operazioni effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione inserite nel conto consolidato delle Pubbliche Amministrazioni, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità pubblica).

La legge di contabilità, all’articolo 1 sopra richiamato, definisce “amministrazioni pubbliche” gli enti e i soggetti indicati dall’ISTAT a fini statistici nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato delle Pubbliche Amministrazioni (oggetto del comunicato ISTAT del 30 settembre 2011 e successivi aggiornamenti, effettuati sulla base delle definizioni dei regolamenti dell'Unione europea), nonché le Autorità indipendenti e tutte le pubbliche amministrazioni individuate dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Ai sensi del menzionato articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie istituite dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Agenzie fiscali). Fino alla revisione organica della disciplina di settore, tale definizione si applica anche al CONI.

 

In sostanza, con le norme in commento, in luogo di applicarsi alle operazioni aventi come destinatari quelli specificamente individuati dalla legge di stabilità 2015, lo split payment trova applicazione in generale a tutte le operazioni rese nei confronti della Pubblica Amministrazione.

 

Si ricorda che l’Agenzia delle Entrate nella richiamata circolare n. 9/2015 aveva chiarito che, secondo le norme antecedenti, si dovevano ritenere esclusi dall’applicazione del meccanismo dello split payment gli enti previdenziali privati o privatizzati (essendo la natura pubblica un requisito imprescindibile per l’applicazione della norma in commento), le aziende speciali (ivi incluse quelle delle CCIAA) e gli enti pubblici economici. Erano esclusi anche gli Ordini professionali, gli Enti ed istituti di ricerca, le Agenzie fiscali, le Autorità amministrative indipendenti (quale, ad esempio, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCOM), le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), gli Automobile club provinciali, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), l’Agenzia per L’Italia Digitale (AgID), l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO).

 

La lettera b) del comma 1 introduce il comma 1-bis e il comma 1-ter all’articolo 17-ter.

Il comma 1-bis dell’articolo 17-ter estende ulteriormente l’ambito operativo del meccanismo dello split payment.

In particolare, la scissione dei pagamenti si applica anche nei confronti di alcuni soggetti che non rientrano nel menzionato conto consolidato ma – come riferisce il Governo nella relazione illustrativa – sono considerati ad “alta affidabilità fiscale”. Si tratta dei seguenti soggetti:

a)   società controllate direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, ai sensi delle norme civilistiche (articolo 2359, primo comma, nn. 1) e 2), del codice civile; rispettivamente, le predette disposizioni definiscono “controllata” la società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; rispettivamente, controllo di diritto o di fatto) (articolo 17-ter, introdotto comma 1-bis, lettera a));

b)  società controllate direttamente dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni (ai sensi del già richiamato articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, controllo di diritto) (articolo 17-ter, introdotto comma 1-bis, lettera b));

c)   società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi del richiamato articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile (controllo di diritto), dalle società di cui alle lettere a) e b), ancorché queste ultime rientrino fra i soggetti qualificati come Pubbliche Amministrazioni ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009), ovvero siano società quotate (articolo 17-ter, introdotto comma 1-bis, lettera c));

d)  società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana. Le disposizioni affidano a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la possibilità di individuare un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario (articolo 17-ter, introdotto comma 1-bis, lettera d));

 

L’introdotto comma 1-ter chiarisce che le norme sullo split payment contenute nell’articolo 17-ter si applicano fino al 31 dicembre 2017, ovvero la data fissata dall’UE nella già menzionata decisione del Consiglio UE (decisione 14 luglio 2015, n. 2015/1401, GUCE n. 217 del 18 agosto 2015) con la quale è stata autorizzata la scissione dei pagamenti.

 

La lettera c) del comma 1 dell’articolo 1 in esame abroga il comma 2 dell’articolo 17-ter: esso, come si è visto in precedenza, esclude dall’applicazione dello split payment i compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (comma 2 del nuovo articolo 17-ter).

Con l’abrogazione del comma 2, di conseguenza, anche detti emolumenti (dunque i compensi dei professionisti) sono assoggettati al meccanismo di split payment ogniqualvolta siano effettuate operazioni nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, come definite dalle novelle in commento.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame apporta modifiche di coordinamento - conseguenti all’estensione operativa dello split payment - alle disposizioni della legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 633, della legge 23 dicembre 2014, n. 190) che regolano le conseguenze per l’omesso o ritardato versamento, da parte di cessionari e committenti, dell’IVA corrisposta con il meccanismo della scissione del pagamento.

In particolare si chiarisce l'applicabilità delle sanzioni previste dallo stesso comma, per il caso di mancato o ritardato versamento dell'imposta, a carico degli acquirenti di beni o servizi, a prescindere dalla forma giuridica che i medesimi rivestono. In tal caso si applicano le sanzioni previste per il ravvedimento operoso (30 per cento del quantum dovuto) e le somme dovute sono riscosse mediante atto di recupero dell’Agenzia delle entrate (di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).

 

Il comma 3 dell’articolo 1 in esame affida ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 23 maggio 2017 (30  giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame), il compito di individuare i soggetti a cui le disposizioni in esame estendono l’obbligo di applicare lo split payment (articolo 17-ter, comma 1-bis, introdotto dal comma 1) nonché le altre disposizioni di attuazione delle novelle così introdotte.

 

Il comma 4 disciplina la decorrenza delle novelle di cui al comma 1. In particolare, le nuove norme si applicano alle operazioni per le quali è stata emessa fattura a partire dal 1° maggio 2017.


 

Articolo 2
(Modifiche all’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA)

 

 

L’articolo 2 è volto a modificare l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, che deve ora avvenire con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto e non più con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo alla maturazione del diritto. Analoga modifica riguarda l’annotazione nel registro Iva.

 

La modifica – secondo quanto emerge dalla relazione tecnica - è volta a determinare una coincidenza temporale tra il momento in cui è registrata la fattura sulla cessione e quello nel quale si registra la fattura in acquisto, con l’obiettivo di favorire i controlli dell’amministrazione finanziaria e ridurre il tax gap.

 

Si ricorda che l’articolo 19, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA) stabilisce che dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate è detraibile l'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile (vale a dire nel momento di effettuazione dell’operazione) e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

 

Con le modifiche introdotte all’articolo 19 del D.P.R. n. 633 del 1972, quindi, la detrazione potrà essere esercitata entro la fine del mese di aprile dell’anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto (data scadenza invio dichiarazione Iva) (comma 1).

 

Al riguardo occorrerebbe chiarire se la norma ha effetto anche sulle operazioni per le quali l’imposta era divenuta esigibile nel corso del 2015 e del 2016, ma per le quali, alla data di entrata in vigore della nuova norma, non sarà ancora stato esercitato il diritto alla detrazione.

In tal caso, infatti, il nuovo termine potrebbe essere già decorso, rendendo così impossibile effettuare la detrazione.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 25, comma 1, del medesimo D.P.R. 633/72, stabilendo che i documenti di acquisto devono essere registrati nell’apposito registro Iva anteriormente alla liquidazione periodica nella quale si vuole esercitare la detrazione e, in ogni caso, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa all’anno di ricezione della fattura, facendo, però, riferimento al medesimo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile.

 

L’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA) prevede che il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati e deve annotarle nel registro Iva anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta.

 

La modifica specifica che la registrazione deve avvenire comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.


 

Articolo 3
(Contrasto delle indebite compensazioni)

 

 

L’articolo 3 riduce a 5.000 euro il limite oltre il quale oltre il quale è necessario il visto di conformità per le compensazioni sulle imposte sui redditi, IRAP e IVA. Inoltre, diventa obbligatorio l’uso dei servizi telematici in tutti i casi di compensazione.

 

Il comma 1 modifica le disposizioni riguardanti il visto di conformità necessario per la compensazione di crediti e debiti fiscali di importo superiore a 15.000 euro annui in materia di imposte sui redditi e di IRAP introdotto dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 574, della legge 27 dicembre 2013, n. 147).

 

Si ricorda che attualmente il comma 574 condiziona all’apposizione di apposito visto di conformità, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, la compensazione di crediti e debiti fiscali di importo superiore a 15.000 euro annui in materia di imposte sui redditi e di IRAP (disciplinata all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997).

La norma ricalca quanto già previsto in ambito IVA ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lett. a), n. 7) del decreto-legge n. 78 del 2009, che condiziona l’utilizzo in compensazione crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro annui, all'obbligo di richiedere l'apposizione di apposito visto di conformità (di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, diretto ad attestare l’esattezza dei dati indicati nelle dichiarazioni rispetto alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile), relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito.

 

In luogo del visto di conformità è ammessa, per i contribuenti sottoposti al controllo contabile di cui all’articolo 2409-bis del codice civile (controllo esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione), la presentazione di una dichiarazione attestante l’esecuzione dei controlli. Tale dichiarazione, che deve essere sottoscritta dal rappresentante legale della società (di cui all’articolo 1, comma 4, del D.P.R. n. 322 del 1998) e dai soggetti che sottoscrivono la relazione di revisione (articolo 1, comma 5, del D.P.R. n. 322 del1988), riguarda la verifica della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte sul valore aggiunto, nonché la verifica della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.

 

In primo luogo si elimina il riferimento all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 relativo alle ritenute alla fonte oggetto di compensazione; inoltre il limite di 15.000 euro annui per la compensazione di crediti e debiti fiscali inerenti le imposte sui redditi e l’IRAP, oltre il quale è necessario il visto, viene ridotto a 5.000 euro (lettera a)).

 

La successiva lettera b) stabilisce che nei casi di utilizzo in compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo di apposizione del visto di conformità, l’ufficio procede al recupero dell’ammontare dei crediti utilizzati in violazione e dei relativi interessi, nonché all’irrogazione delle sanzioni.

 

Analogamente, il comma 2 riduce da 15.000 a 5.000 euro annui il limite dei crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto da utilizzare in compensazione oltre il quale è necessario il visto di conformità (lettera a), numero 1, che modifica il citato articolo 10, comma 1, lettera a), numero 7, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78).

Anche in tal caso, il successivo numero 2 stabilisce che nei casi di utilizzo in compensazione dei crediti in violazione dell’obbligo di apposizione del visto di conformità, l’ufficio procede al recupero dell’ammontare dei crediti utilizzati in violazione e dei relativi interessi, nonché all’irrogazione delle sanzioni.

 

La lettera b) del comma 2 provvede al coordinamento formale delle norme sul visto di conformità per le start-up innovative, specificando che per tali imprese, per il periodo di iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, la soglia per l’apposizione del visto di conformità ai fini delle compensazioni è innalzata da 5.000 (in luogo dell’attuale soglia di 15.000) a 50.000 euro (articolo 10, comma 1, lettera a), numero 7-bis, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78).

 

Si ricorda che il decreto legge n. 179 del 2012 ha introdotto nel panorama legislativo italiano un quadro di riferimento organico per favorire la nascita e la crescita di nuove imprese innovative (start-up). La start-up deve soddisfare almeno uno dei seguenti criteri:

§  sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 15 per cento del maggiore importo tra il costo e il valore della produzione;

§  impiegare personale altamente qualificato per almeno un terzo della propria forza lavoro ovvero in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva di personale in possesso di laurea magistrale;

§  essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa ad una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una varietà vegetale ovvero titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato.

 

Il comma 3 rende obbligatorio l’uso dei servizi telematici in tutti i casi di compensazione.

A tal fine è modificato il comma 49-bis dell’articolo 37 del decreto legge n. 223 del 2006, che consente l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA (annuali o infrannuali) superiori a una certa soglia esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia delle entrate.

In particolare, per effetto della norma in esame viene eliminato il limite di 5.000 euro oltre il quale l’utilizzo dei servizi telematici diveniva obbligatorio, rendendo quindi obbligatorio l’uso dei servizi telematici in tutti i casi di compensazione di crediti IVA; nello stesso tempo il predetto obbligo si estende ai crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito, all'imposta regionale sulle attività produttive nonché ai crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

 

Il comma 4, infine, modifica le norme sulla riscossione coattiva dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati in caso di inadempienza all'atto di recupero (articolo 1, comma 422, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), introducendo il divieto di utilizzare la compensazione per il pagamento delle somme dovute.

 

Si ricorda che i commi 421-423 della legge finanziaria 2005 hanno introdotto norme sul recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati. In particolare, il comma 421 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati, anche parzialmente, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente. Il comma 422 stabilisce che, in caso di mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva. Il comma 423 infine specifica che la competenza all'emanazione degli atti di recupero, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo d'imposta.

 


 

Articolo 4
(Regime fiscale delle locazioni brevi)

 

 

L’articolo 4 consente di optare per l’applicazione della cedolare secca con aliquota al 21 per cento sui redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili ad uso abitativo, se stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa, direttamente o in presenza di intermediazione immobiliare, anche on line. Tali norme si applicano per i contratti stipulati dal 1 giugno 2017. Viene introdotta una specifica disciplina degli obblighi informativi posti a carico degli intermediari; se tali soggetti intervengono anche nella fase del pagamento dei canoni di locazione, sono tenuti ad applicare una ritenuta del 21 per cento all’atto dell’accredito, a titolo di acconto o d’imposta a seconda che sia stata effettuata o meno l’opzione per la cedolare secca.

 

Il comma 1 definisce l’ambito di applicazione della nuova disposizione e a tal fine individua come locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, inclusi quelli che prevedono la prestazione di servizi accessori di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa. La nuova disciplina è applicabile sia nel caso che i contratti vengano stipulati direttamente tra proprietari e locatari, sia nel caso che intervengano soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.

 

Se le prestazioni aggiuntive sono preponderanti rispetto alla locazione, si esclude tale tipologia contrattuale e si rientra nella casistica dei contratti stipulati nell’esercizio d’impresa.

 

Il comma 2 dispone che sui redditi derivanti dai contratti stipulati a decorrere dal 1 giugno 2017 si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all’articolo 3, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 confermando l’applicazione dell’aliquota del 21% in caso di opzione.

 

La c.d. “cedolare secca”, introdotta dall’articolo 3 del citato D.Lgs. 23/2011 è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali sui redditi derivanti dalla locazione di beni immobili. In caso di opzione non si paga l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La scelta di questa imposta sostitutiva implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione. Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni. L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa A10 - uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze. L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti. E’ però prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988) e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe); per essi l’aliquota è del 15% , ridotta al 10% per il quadriennio 2014-2017. È possibile optare per la cedolare secca sia alla registrazione del contratto sia (per gli affitti pluriennali) negli anni successivi.

Inoltre, in via generale si rammenta che per i contratti di locazione di durata inferiore ai 30 giorni non sussiste l’obbligo di registrazione[1]. Tuttavia  il comma 2 dell’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 23/2011 stabilisce che “… La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione”. Dunque, la legislazione previgente già prevede che nel caso di contratto di durata inferiore a 30 giorni il proprietario possa comunque optare per il regime della cedolare secca.

 

Il comma 3 specifica che le disposizioni recate dal precedente comma 2 si applicano anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi, stipulati alle condizioni di cui al comma 1.

 

La norma parlando di corrispettivi lordi sembra includere nei redditi derivanti da sublocazione e da contratto del comodatario anche i rimborsi delle spese sostenute dal locatore; si evidenzia che nelle locazioni tipiche la base imponibile non comprende il rimborso documentato delle citate spese.

Il contenuto del comma in esame, per i soli contratti di sublocazione, si presenta innovativo rispetto alla previgente normativa; infatti i redditi derivanti da tali tipologie di contratti sono rientrati, finora, nei redditi diversi[2] e pertanto esclusi dalla possibilità di applicazione del regime della cedolare secca che rappresenta un’imposta sostitutiva prevista per i soli redditi fondiari. In tale ottica e considerando che la cedolare secca è un regime opzionale occorre verificare che non si abbiano oneri per il bilancio dello stato a titolo di minor gettito.

Il comma 4, al fine di contrastare fenomeni evasivi[3], dispone che i soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare anche online, mettendo in contatto le parti della locazione, devono trasmettere i dati relativi ai contratti conclusi tramite il loro operato mediante la dichiarazione dei sostituti di imposta di cui all’articolo 4, del D.P.R. 322/1998.

 

Sinteticamente il citato articolo 4 del D.P.R. 322/1998 dispone che i soggetti obbligati ad operare ritenute alla fonte, che corrispondono compensi, sotto qualsiasi forma, soggetti a ritenute alla fonte, nonché gli intermediari e gli altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti tenuti alla comunicazione di dati ai sensi di specifiche disposizioni normative, presentano annualmente una dichiarazione unica, anche ai fini INPS ed INAIL relativa a tutti i percipienti, redatta in conformità a modelli approvati. La dichiarazione indica i dati e gli elementi necessari per l'individuazione del sostituto  d'imposta, dell'intermediario e degli altri soggetti, per la determinazione dell'ammontare dei compensi e proventi, sotto qualsiasi forma corrisposti, delle ritenute, dei contributi e dei premi, nonché per l'effettuazione dei controlli e gli altri elementi richiesti nel modello di dichiarazione.

 

L’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati è punita con la sanzione di cui all’articolo 11, comma 1 del D.Lgs. 471/1997[4]. E’ prevista la riduzione a metà della sanzione se la trasmissione dei dati o la correzione degli stessi è effettuata entro 15 giorni successivi alla scadenza.

 

Ai sensi del comma 5 gli intermediari che incassano i corrispettivi dei contratti in argomento, operando in qualità di sostituti d’imposta, effettuano una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei corrispettivi incassati all’atto dell’accredito, provvedono al relativo versamento entro il giorno 16 del mese successivo all’incasso, mediante modello unico di versamento (F24) secondo quanto previsto dall’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997 e inviano la certificazione ai sensi dell’articolo 4 del citato D.P.R. 322/1998.  La norma, che ha il chiaro intento di contrastare i fenomeni evasivi, specifica che nel caso di mancato esercizio dell’opzione per la cedolare secca la ritenuta così operata sarà considerata dal beneficiario (locatore) a titolo di acconto; qualora  invece si opti per l’imposta sostitutiva la ritenuta opererà a titolo di imposta.

 

L’articolo 17 del citato D.Lgs. 241/1997 contiene le norme in materia di versamento unitario e di compensazione di debiti e crediti di tributi di diverso genere (in via generale impose dirette, indirette, somme a titolo di INPS ed INAIL nonché tributi locali).

 

Il comma 6 prevede che la disciplina attuativa della nuova normativa, insieme a quella relativa alla trasmissione e conservazione dei dati da parte degli intermediari, saranno adottate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto all’esame.

 

Secondo il comma 7 l’Agenzia delle entrate stipula, senza oneri a carico della stessa né del bilancio dello Stato, convenzioni con i soggetti che utilizzano in Italia i marchi di portali di intermediazione online al fine di definire le modalità di collaborazione per il monitoraggio delle locazioni concluse attraverso le citate mediazioni.

 


 

Articolo 5
(Disposizione in materia di accise sui tabacchi)

 

 

L’articolo 5 dispone la variazione della tassazione sui tabacchi, al fine di assicurare un gettito annuo non inferiore a 83 milioni di euro per il 2017 e a 125 milioni a decorrere dal 2018, a tal fine affidando la modifica delle componenti dell’accisa ad apposito decreto ministeriale.

 

Più in dettaglio, le norme in esame (comma 1) dispongono la  variazione di alcune componenti e misure che costituiscono l’accisa sui tabacchi lavorati (indicate all'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188), in misura tale da assicurare un gettito su base annua non inferiore a 83 milioni di euro per il 2017 e a 125 milioni a decorrere dal 2018.

Il comma 2 stabilisce che il decreto ministeriale con il quale è adottata tale variazione è adottato entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legge.

 

L’articolo 1, comma 2, lettera a) sopra richiamato consente al Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto e su proposta del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di variare, tra l’altro:

§  le aliquote di base delle accise sui tabacchi lavorati (di cui al comma 1 dell'articolo 39-octies del decreto legislativo n. 504 del 1995);

§  la misura percentuale prevista dal comma 3, lettera a) del medesimo articolo 39-octies che, per le sigarette, è una quota dell'accisa costituita da un importo specifico fisso per unità di prodotto, pari attualmente al 10 per cento della somma dell'accisa globale e dell'imposta sul valore aggiunto, calcolate con riferimento al "PMP-sigarette" (prezzo medio ponderato); gli importi di cui ai commi 5 (accisa minima sui sigari e sigaretti, pari attualmente a 25 euro per chilogrammo convenzionale, e accisa minima sul tabacco trinciato a taglio, pari a 115 euro il chilogrammo) e 6 (onere fiscale minimo sulle sigarette, attualmente pari ad euro 170,54 per chilogrammo convenzionale) del medesimo articolo.

 

Per quanto concerne più in particolare la tassazione delle sigarette occorre rammentare che la relativa disciplina di riferimento si rinviene innanzitutto in ambito comunitario e, in particolare, nella Direttiva n. 2011/64, il cui obiettivo è quello di fissare principi cardine cui gli Stati membri dell’Unione devono conformare i rispettivi ordinamenti, in modo da garantire una imposizione fiscale che non pregiudichi il corretto funzionamento del mercato interno e condizioni neutre di concorrenza.

In Italia l’imposizione fiscale sulle sigarette è disciplinata dal D.Lgs. n. 504/1995, le cui norme sono state più volte modificate dal legislatore (da ultimo, con il D.Lgs. n. 188/2014, in attuazione della delega fiscale). Del sopracitato decreto legislativo assumono rilievo gli articoli 39-quinquies e 39-octies, ove si prevede che:

 

(i) l’ammontare dell’accisa applicata sulle sigarette è costituita dalla somma:

a)   dell’accisa “specifica”, di importo fisso per unità di prodotto, pari al 10 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al PMP (art. 39-octies, comma 3 lett. a), che è «determinato annualmente entro il primo marzo dell’anno solare successivo, sulla base del rapporto, espresso in euro con troncamento dei decimali, tra il valore totale, calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo di tutte le imposte, delle sigarette immesse in consumo nell’anno solare precedente e la quantità totale delle medesime sigarette» (art. 39-quinquies, comma 2);

b)  e dell’accisa “ad valorem”, di importo risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico corrispondente all’incidenza percentuale sul PMP dell’accisa globale sul medesimo PMP, diminuita dell’importo di cui al precedente punto (i);

 

(ii)    l’importo percepito a titolo di “accisa globale” varia secondo il prezzo di vendita delle sigarette, essendo calcolata in base al PMP (art. 39-octies, comma 4);

(iii)   l’«onere fiscale minimo» è pari a € 170,54/kg (art. 39-octies, comma 6) e si applica alle sigarette con «prezzi di vendita per i quali la somma dell’imposta sul valore aggiunto […] e dell’accisa [determinata nelle modalità di cui al precedente punto (i)] risulti inferiore al medesimo onere fiscale minimo» (art. 39-octies, comma 7).

 

Il meccanismo di tassazione cui si è appena fatto riferimento è stato istituito, per effetto delle modifiche apportate al d.lgs. n. 504/1995 dal d.lgs. n. 188/2014, con decorrenza dal 1° gennaio 2015. La tassazione delle sigarette è inoltre disciplinata dall’articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 188/2014, il quale dispone che, «con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto dell’andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal presente decreto, possono essere variate»:

§  le aliquote di base applicate sulle sigarette fino allo 0,5 punti percentuali;

§  la misura percentuale dell’aliquota specifica fino a 2,5 punti percentuali;

§  la misura dell’OFM (attualmente pari a € 170, 54/kg), fino a € 5,00.

L’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 188/2014 conferisce al MEF il potere di modificare, con apposito decreto, i parametri fiscali. L’esercizio della prerogativa conferita al Ministero da tale norma di legge incontra tuttavia stringenti limiti. In primo luogo, il Ministero deve operare su proposta del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. In secondo luogo, il decreto di modifica dei Parametri Fiscali non può prescindere dall’andamento dei consumi e dal livello dei prezzi di vendita delle sigarette.

Infine, la variazione dei parametri fiscali deve:

§  assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dall’imposizione fiscale sulle sigarette;

§  essere conforme ai principi sottesi alla disciplina di riferimento che, come già precisato, deve garantire condizioni neutre di concorrenza e assicurare un sistema di prezzi che si formino liberamente.

 


 

Articolo 6
(Disposizioni in materia di giochi)

 

 

L'articolo 6 incrementa la misura della tassazione (in termini di prelievo erariale unico sulle somme giocate o di ritenuta sulle vincite) su alcune tipologie di giochi, quali le cd. "new slot" (AWP),  le VLT, il lotto, Vinci per la vita-Win for life, Vinci per la vita - Win for Life Gold e «SiVinceTutto SuperEnalotto», lotterie nazionali ad estrazione istantanea, Enalotto e Superstar.

 

Il comma 1 fissa la misura del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (apparecchi idonei per il gioco lecito, con elementi di abilità, costo della partita non superiore ad 1 euro, durata minima della partita di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate), in misura pari al 19 per cento dell'ammontare delle somme giocate (attualmente tale misura è pari al 17,5 per cento).

La misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del medesimo testo unico (apparecchi facenti parte della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa) è fissata in misura pari al 6 per cento dell'ammontare delle somme giocate (attualmente tale misura è pari al 5,5 per cento).

 

Gli apparecchi riferiti all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 sono le c.d. "new slot" (o AWP) che possono essere installate sia in locali che svolgono attività diverse dal gioco (pubblici esercizi, rivendite di tabacchi), quindi ad accesso libero, sia in sale destinate prevalentemente ad attività di gioco (sale scommesse, sale bingo), in cui l'accesso à precluso ai minori d'età.

Attualmente su tali apparecchi è applicato un. prelievo erariale unico pari al 17,5 per cento delle somme giocate (quindi al lordo delle vincite). La norma, quindi, prevede in aumento di un 1,5 punti percentuali (da 17,5% a 19%).

Si precisa che con l'articolo 1, comma 918, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015 n. 208), la misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi in parola è già stata incrementata. di 4,5 punti percentuali, portando la previgente aliquota del 13% al 17,5%. Lo stesso comma, peraltro, ha previsto anche la riduzione della percentuale di vincita (pay out) dal 74% al 70% delle somme giocate.

In connessione con tali modifiche, il comma 920 dello stesso articolo 1 ha abrogato il comma 649 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), il quale aveva previsto un prelievo sulla filiera di 500 milioni annui.

In sostanza, considerato che la riduzione del prelievo di 500 milioni corrisponde a circa due punti di PREU, con la citata legge di stabilità per il 2016 l'incremento effettivo della tassazione gravante sulla filiera è stato dì 2,5 punti percentuali, mentre la riduzione del pay out è stata, come detto, di 4 punti.

Poiché l'incremento del PREU ha avuto effetto con decorrenza dal 1° gennaio 2016, mentre la sostituzione delle schede per la modifica del pay out è stata completata. nel periodo giugno-luglio 2016, può ritenersi che la filiera abbia recuperato, nel corso dell'anno 2016, la maggiore tassazione di 2,5 punti percentuali, potendo traslare sui giocatori, a partire da agosto, minori vincite pari a 4 punti percentuali.

A partire dal 2017 la filiera, a parità di gettito, realizzerebbe un maggiore ricavo, costituito dalla differenza tra il minore pay out e la maggiore tassazione effettiva (i 500 milioni previsti dalla legge di stabilità per il 2015, infatti, erano espressamente posti a carico della filiera).

Alla luce di quanto sopra, con l'incremento di PREU previsto dalla norma in esame viene a riequilibrarsi il peso fiscale gravante sul giocatore e sulla filiera, nel senso che i 4 punti percentuali di minori vincite saranno destinati interamente all'Erario.

La norma prevede altresì l'incremento dell'aliquota del prelievo erariale unico (PREU) applicato sulla raccolta derivante dal gioco praticato mediante gli apparecchi disciplinati dall'articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Si tratta delle c.d. VLT, che possono essere installate solo in sale in cui è precluso l'ingesso ai minori di età (Sale VLT, Sale Scommesse, sale Bingo).

Attualmente su tali apparecchi è applicato un prelievo erariale unico pari al 5,5 per cento delle somme giocate (al lordo delle vincite). La norma, quindi, prevede un aumento di 0,5 punti percentuali (da 5,5% a 6%).

Si precisa che con l'articolo 1, comma 919, della legge di stabilità per il 2016, la misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi in parola è già stata incrementata di 0,5 punti percentuali, portando la previgente aliquota del 5% al 5,5%.

 

Il comma 2 fissa la ritenuta sulle vincite del lotto di cui all’articolo 1, comma 488, della legge n. 311 del 2004, all'8 per cento a decorrere dal 1° ottobre 2017 (l'aliquota attuale è al 6% e incide sull'intero valore della vincita).

Il comma 3 fissa al 12 per cento (finora è al 6 per cento), a decorrere dal 1° ottobre 2017, il prelievo erariale unico sulla parte della vincita eccedente euro 500, previsto sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, dall’articolo 5, comma 1, lettera a) del decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 12 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 265 del 14 novembre 2011, adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011 (che intendeva assicurare all'erario, attraverso un articolato disegno di interventi nel settore dei giochi,  un gettito annuo non inferiore a 1,5 miliardi di euro a decorrere dal 2012), trasfuso nell’articolo 10, comma 9, del decreto-legge n. 16 del 2012.

Il comma 4 fissa al 12 per cento (finora è al 6 per cento), a decorrere dal 1° ottobre 2017, il prelievo sulla parte della vincita eccedente euro 500, previsto dall’articolo 6 del decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato citato al comma 3 in relazione ai seguenti giochi, anche se a distanza:

a) Vinci per la vita-Win for life, Vinci per la vita - Win for Life Gold e «SiVinceTutto SuperEnalotto», lotterie nazionali ad estrazione istantanea;

b) Enalotto, Superstar.


 

Articolo 7
(Rideterminazione base ACE)

 

 

L’articolo 7 modifica il regime dell'ACE (aiuto alla crescita economica) allo scopo di abbandonare progressivamente il criterio incrementale su base fissa del capitale proprio, posto alla base del calcolo del rendimento nozionale, utile ai fini della determinazione dell'ACE. Le norme in commento dunque eliminano dalle vigenti norme il riferimento al capitale proprio alla data fissa del 31 dicembre 2010 e introducono, per il calcolo del beneficio, una base di riferimento mobile, ovvero la variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente a quello per il quale si applica il beneficio ACE.

 

Il comma 1 dell’articolo in argomento modifica in più parti l’articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, istitutivo della disciplina dell’ACE.

 

Con l’articolo 1 del D.L.  201/2011 è stato introdotto, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011, un trattamento fiscale agevolato (ACE: aiuto alla crescita economica) alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. Tale regime agevolato introduce una deduzione dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria, commisurata al rendimento nozionale del capitale proprio; in origine l’agevolazione ha trovato applicazione con modalità differenti per le società di capitale e per i soggetti IRPEF. Per gli esercizi 2011/2013 il rendimento nozionale è fissato al 3% e si applica all’incremento del capitale proprio rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010 senza considerare l’utile conseguito in tale esercizio che quindi se non distribuito concorre quale incremento di capitale per tutto l’esercizio 2011. Per potenziare gli effetti della deduzione ACE l’articolo 1, commi 137 e 138 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha previsto un innalzamento del rendimento portandolo per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 al 4%, per il periodo in corso al 31 dicembre 2015 al 4,5% e per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 al 4,75%. Successivamente, con l’articolo 1, comma 550, lettera c) della L 232/2016, è stato previsto che per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017 l’aliquota si riduce al 2,3%, mentre dall’ottavo periodo di imposta l’aliquota è fissata al 2,7%; la medesima disposizione normativa ha poi previsto diverse altre modifiche in tema di riportabilità delle perdite nelle operazioni straordinarie di gestione (fusioni, scissioni e conferimenti di attivo), nonché di definizione della variazione in aumento del capitale proprio per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione.

Per la parte che qui più interessa, in quanto soggetta alle modifiche in esame, si specifica che la citata L 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha cambiato le regole per il calcolo dell’ACE per i soggetti IRPEF, estendendo loro le regole previste per le società di capitali. Infatti per i soggetti IRPEF ed IRES, a partire dal periodo d’imposta 2016, rileva come incremento di capitale proprio, anche la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 ed il patrimonio netto al 31 dicembre 2010. Quindi per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria che nel 2016 applicano il nuovo criterio è riconosciuta ai fini dell’ACE di partenza la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e quanto risultava al 31 dicembre 2010. Per questi soggetti quindi a tale differenza si sommano gli incrementi eventualmente registrati nel 2016, determinati con le regole previste per i soggetti IRES. Le nuove norme in esame invece hanno come obiettivo, così come peraltro evidenziato in relazione illustrativa, il definitivo abbandono del criterio differenziale per i soggetti IRPEF a favore dell’utilizzo esclusivo del solo criterio incrementale previsto per i soggetti IRES.

 

In particolare con la lettera a) si modifica sia il comma 2, sia il comma 5 del citato articolo 1 del D.L. 201/2011. La novella relativa al comma 2 pone quale valore base di riferimento, su cui calcolare l’incremento del capitale proprio, quello esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente, eliminando così la base fissa che, precedentemente, era riferita la 31 dicembre 2010.

La relazione illustrativa sul punto evidenzia, a titolo esemplificativo, che la variazione del capitale proprio nel 2017 deve essere valutata non rispetto al capitale proprio esistente al 31 dicembre 2010, bensì a quello esistente al 31 dicembre 2012, mentre nel 2018 il capitale proprio di riferimento sarà quello a fine 2013. 

 

Si rammenta che applicando l’aliquota percentuale di cui al comma 3 del citato articolo 1 del D.L. 201/2011 alla variazione in aumento del capitale proprio, si ottiene il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.

 

La novella relativa al comma 5, conseguentemente, specifica che il capitale proprio esistente alla chiusura del quinto esercizio precedente (e non più quindi quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010) è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio.

 

Con la lettera b) si modifica il comma 6-bis del citato D.L. 201/2011 indicando, anche in tal caso, che la variazione in aumento del capitale proprio[5] non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni,  rispetto a quelli risultanti nel bilancio relativo al quinto esercizio precedente (modificando quindi il riferimento temporale fisso previsto precedentemente nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010).

 

Il comma 2 dispone che le modifiche suddette si applicano a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016; pertanto le novelle saranno applicabili dal 2017.

 

Il comma 3 sostituisce il comma 552 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per il 2017); rispetto alla precedente disciplina, per i soggetti persone fisiche, società in nome collettivo ed in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria[6], si modifica, esclusivamente a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre  2016 (quindi dal 2017) e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, il calcolo dell’incremento del capitale proprio per il quale rileva anche la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre del quinto periodo d’imposta precedente a quello per il quale si applica l’articolo 1, comma 7 del citato D.L. 201/2011.

In via esemplificativa e chiarificatrice la relazione illustrativa evidenzia che mentre per il 2016 la base ACE sarà calcolata secondo le disposizioni previgenti[7], per il 2017 la base ACE dovrà essere calcolata come variazione in aumento del capitale proprio al 31 dicembre 2017 rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2015 a cui si aggiungerà la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2012 (ossia gli anni che consentono di completare il quinquennio). A decorrere dal 2020 anche per tali soggetti il calcolo della base ACE avverrà in base al solo criterio “incrementale”, cioè quello previsto per i soggetti IRES.

 

Il comma 7 dell’articolo 1 del D.L. 201/2011 è stato sostituito, con decorrenza dal 1 gennaio 2017, dalla lettera e) dell’articolo 1, comma 550 della citata L 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).

 

La relazione illustrativa contiene infine una tabella, qui sotto riprodotta, che dà conto della progressiva sostituzione del criterio differenziale con quello incrementale per i soggetti IRPEF.


 

Annualità d'imposta

Criterio Incrementale"

Criterio "Differenziale"

2016

2016

2015 - 2010

2017

2016 + 2017

2015 - 2012

2018

2016 + 2017 + 2018

2015 - 2013

2019

2016 + 2017 + 2018 + 2019

2015 - 2014

2020

2016+2017+2018+2019+ 2020

 

 

Il comma 4 definisce le modalità di determinazione dell’acconto per l’anno d’imposta 2017; ai fini dell’imposta sul reddito delle società il calcolo dell’acconto è effettuato considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui al comma 1.


 

Articolo 8
(
Disposizioni in materia di pignoramenti immobiliari)

 

 

L’articolo 8 estende i limiti della pignorabilità degli immobili da parte del concessionario della riscossione. In particolare, si prevede che il concessionario possa procedere all’espropriazione di più beni immobili del debitore purché il loro valore complessivo sia pari almeno a centoventimila euro. La norma previgente faceva riferimento, invece, al valore del singolo bene, così limitando la possibilità di esecuzione.

 

Con la modifica in commento, pertanto, si prevede che il limite di centoventimila euro del valore, al di sotto del quale non si può procedere all’espropriazione, si considera in riferimento anche a più immobili dello stesso debitore. Pertanto, ferma restando l’impignorabilità dell’unico immobile (non di lusso) di proprietà del debitore, tutti gli altri immobili dello stesso, a prescindere dal loro singolo valore, risultano pignorabili se il valore complessivo degli stessi è superiore a centoventimila euro e il credito per cui si procede è superiore al predetto limite.

 

Si ricorda che l’articolo 76 del D.P.R. n. 602 del 1973 (modificato da ultimo dall’articolo 52 del D.L. 69/2013) prevede la impignorabilità dell'unica casa di abitazione (non di lusso) del debitore, escludendo la possibilità che l'agente possa avviare l'espropriazione forzata immobiliare. Nell'ipotesi di espropriazione iniziata da creditori privati, è riconosciuto al creditore pubblico il diritto di intervento secondo i principi generali dell'ordinamento processuale.

Per gli altri immobili del debitore (abitazioni non prima casa, case di lusso, fabbricati A/8 e A/9) l'agente della riscossione può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui si procede è superiore a centoventimila euro (il precedente limite, modificato da ultimo dal D.L. n. 16 del 2012, era di ventimila euro). In tal caso l'espropriazione può essere avviata se è stata iscritta ipoteca e sono decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto (comma 1, lett. b)).

Il comma 2 dell’articolo 76 prevede, quindi, che il concessionario non procede all'espropriazione immobiliare se il valore “del bene”, determinato a norma dell'articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all'importo indicato nel comma 1 (ovvero centoventimila euro).

 

Al riguardo la relazione governativa afferma che con la possibilità di agire in via esecutiva su più immobili, del valore complessivo superiore a centoventimila euro, dovrebbe determinarsi, ai fini della riscossione, un interessante effetto deterrente nei confronti dei contribuenti sottoposti a procedura ipotecaria (preavviso di ipoteca e iscrizione di ipoteca).


 

Articolo 9
(
Clausole di salvaguardia IVA e accise)

 

 

L’articolo 9 interviene sulla clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2015 a tutela dei saldi di finanza pubblica rimodulando gli aumenti previsti a decorrere dal 2018, che vengono in parte posticipati agli anni successivi.

 

Si ricorda che i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall’anno 2016.

Successivamente, la legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA, rispettivamente, al 2017 ed al 2018; hanno inoltre ridotto gli aumenti dell’accisa a 350 milioni di euro.

La legge di stabilità 2016 ha inoltre disattivato la clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2014, volta a introdurre variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017.

 

A legislazione vigente pertanto gli aumenti IVA e accise hanno le seguenti decorrenze:

§  l’aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di tre punti percentuali (dal 10 al 13%) decorre dal 2018;

§  l’aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di tre punti percentuali decorrere dal 2018 (dal 22 al 25%), mentre dal 2019 tale aliquota è ulteriormente incrementata di 0,9 punti percentuali (dal 25 al 25,9%).

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia prima del provvedimento in esame

 

 

2017

2018

2019

2020

Aliquota Iva 10% al 13%

0

6.957

6.957

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

12.264

12.264

12.264

Aliquota Iva al 25,9%

0

0

3.679

3.679

Incremento

accise

0

350

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

19.571

23.250

23.250

L’articolo 9 in esame modifica nuovamente il comma 718 della legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), rinviando parte degli aumenti agli anni successivi.

Con una prima modifica l’aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota agevolata Iva del 10% viene diluito in tre anni: pertanto, l’aliquota viene incrementata di 1,5 punti  percentuali dal 1° gennaio 2018 (fino all’11,5%), di ulteriori 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2019 (fino al 12%), e di un altro punto percentuale a decorrere dal 1° gennaio 2020 (fino al 13%) (comma 1, lettera a)).

 

La lettera b) lascia invariato l’aumento dell’aliquota ordinaria dal 22 al 25% nel 2018 e riduce da 0,9 punti percentuali a 0,4 punti percentuali l’aumento previsto dal 1° gennaio 2019 (fino al 25,4%). L’aliquota viene quindi ridotta di 0,5 punti percentuali a  decorrere  dal 1° gennaio 2020 (fino al 24,9%) per risalire al 25% a decorrere dal 1° gennaio 2021.

 

La lettera c), infine, rinvia al 2019 l’aumento dell’aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante per maggiori entrate pari a 350 milioni di euro.

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia modificata dall’articolo 9

 

 

2017

2018

2019

2020

Aliquota Iva 10% al 13%

0

(11,5%)

3.479

(12%)

4.638

(13%)

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

(25%)

12.264

(25,4%)

13.899

(24,9%)

11.855

Incremento

accise

0

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

15.742,5

18.887

19.162

 


 

Articolo 10
(Reclamo e mediazione)

 

 

L’articolo 10 estende l’ambito operativo dell’istituto del reclamo/ mediazione nel contenzioso tributario alle controversie di valore sino a cinquantamila euro, innalzando detto ammontare dalla previgente soglia di ventimila euro (comma 1). Le nuove norme si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018 (comma 2).

Il comma 3 dispone che anche i rappresentanti dell’agente della riscossione i quali concludono la mediazione o accolgono il reclamo rispondano - in relazione alle azioni di responsabilità in materia di contabilità pubblica - solo in caso di dolo.

 

Viene in particolare modificato (comma 1) l’articolo 17-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, innalzando da ventimila a cinquantamila euro la soglia di valore delle controversie ivi specificata, rilevante ai fini dell’applicazione della mediazione / reclamo nel processo tributario.

 

La mediazione nel processo tributario

 

L'istituto del reclamo/mediazione nel processo tributario è uno strumento deflativo del contenzioso, volto a prevenire ed evitare le controversie che possono essere risolte senza ricorrere al giudice. Esso è stata introdotta dall’articolo 39, comma 9, del decreto-legge n. 98 del 2011, che ha inserito l’articolo 17-bis nel decreto legislativo n. 546 del 1992 (norma successivamente modificata nel tempo e, da ultimo, dall’articolo 9, comma 1, lettera l) del D.Lgs. n. 156 del 2015 che ha revisionato la disciplina del contenzioso tributario in ottemperanza alla legge di delega fiscale, legge n. 23 del 2014).

In estrema sintesi, nelle controversie di modico valore (fino a ventimila euro secondo le norme previgenti; fino a cinquantamila euro, per effetto delle modifiche in esame) il ricorso stesso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di mediazione.

La mediazione tributaria si applica a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’articolo 19 del D.lgs. n. 546 del 1992. Dal 1° gennaio 2016, a seguito delle modifiche introdotte dal citato decreto legislativo n. 156 del 2015, la mediazione è applicabile anche alle controversie relative all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, agli enti locali e all’agente e ai concessionari della riscossione (per i ricorsi introduttivi presentati a partire dal 1° gennaio 2016).

Il valore della controversia va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio. In caso di impugnazione esclusivamente di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

L’istruttoria relativa al procedimento di mediazione è attribuita ad apposite strutture, diverse e autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti impugnabili. L’ufficio, all’esito dell’istruttoria, può accogliere, anche parzialmente, o rigettare il reclamo ovvero può formulare una proposta di mediazione. È possibile instaurare un eventuale contraddittorio con il contribuente in base all’incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.

La mediazione comporta il beneficio per il contribuente dell’automatica riduzione delle sanzioni amministrative al 35% del minimo previsto dalla legge. Tale beneficio può essere riconosciuto anche se il contribuente decide di pagare interamente l’imposta del procedimento di mediazione.

L’accordo di mediazione si conclude con la sottoscrizione da parte dell’ufficio e del contribuente e si perfeziona con il versamento entro venti giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, in caso di pagamento rateale. Nelle controversie aventi per oggetto la restituzione di somme la mediazione si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Il pagamento deve essere effettuato, anche tramite compensazione, con il modello F24. In caso di mancato versamento delle rate successive alla prima, l’atto di mediazione costituisce titolo per la riscossione coattiva.

Inoltre la riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all'atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla notifica, fermo restando che in caso di mancato perfezionamento della mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d'imposta.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che le nuove norme così introdotte si applicano agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 39, comma 10, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98; esso dispone, analogamente a quanto previsto in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale dall’articolo 29, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che i rappresentanti dell’ente che concludono la mediazione o accolgono il reclamo rispondono - in relazione alle azioni di responsabilità in materia di contabilità pubblica - solo in caso di dolo.

Con le modifiche in esame, detta limitazione di responsabilità alla sola ipotesi di dolo viene estesa anche ai rappresentanti dell’agente della riscossione che perfezionano la mediazione o accolgono il reclamo.

Articolo 11
(Definizione agevolata delle controversie tributarie)

 

 

L’articolo 11 consente di definire con modalità agevolate le controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, mediante pagamento degli importi indicati nell’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo, escludendo quindi il pagamento delle sanzioni e degli interessi di mora (comma 1). Sono definibili con tali modalità (comma 3) le controversie con costituzione in giudizio in primo grado avvenuta entro il 31 dicembre 2016 per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

 

Ove la controversia riguardi solo gli interessi di mora o le sanzioni non collegate ai tributi, è dovuto il quaranta per cento degli importi in contestazione. Se la controversia riguarda solo le sanzioni collegate ai tributi, non è dovuto alcun importo, se il rapporto relativo ai tributi è stato definito anche con modalità diverse (comma 2).

Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali UE, l’IVA riscossa all'importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (comma 4).

Le somme sono rateizzabili (comma 5) secondo le norme in tema di dilazione degli importi dovuti a seguito di accertamento con adesione, ma con un massimo di tre rate. Non sono rateizzabili gli importi fino a duemila euro. Il termine per il pagamento della prima rata o del totale è fissato al 30 settembre 2017; la seconda rata – per il 2017 - scade il 30 novembre 2017, mentre la terza e ultima rata può essere saldata entro il 30 giugno 2018.

Se gli importi dovuti rientrano anche nell’ambito di applicazione della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, disciplinata dall’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, il contribuente può usufruire della definizione agevolata delle controversie, ma solo unitamente alla definizione agevolata dei carichi di cui al D.L. n. 193 del 2016.

Il comma 6 prescrive che la domanda – una per ciascuna controversia autonoma - sia presentata entro il 30 settembre 2017,  in esenzione dall’imposta di bollo.

Le norme in esame (comma 7) chiariscono tra l’altro che la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.

Le controversie definibili non sono sospese automaticamente, ma è necessaria specifica richiesta da parte del contribuente (comma 8).

Ai sensi del comma 9, per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono fino al 30 settembre 2017.

Il comma 10 reca la disciplina del diniego della definizione e dell’impugnabilità di detto diniego.

Ai sensi del successivo comma 11, la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri soggetti obbligati.

Il comma 12 affida a uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle Entrate il compito di stabilire le modalità di attuazione delle norme in esame.

Il comma 13 dispone in ordine al monitoraggio dell’andamento delle entrate attese dalle disposizioni in esame. Disciplina, inoltre, l’ipotesi in cui le maggiori entrate attese non dovessero realizzarsi, in tutto o in parte. Infine, viene disposta l’assegnazione delle eventuali, ulteriori maggiori entrate rispetto a quelle stimate.

 

Si rammenta che in passato l’articolo 30, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha consentito di definire con il pagamento di somme forfettarie - dunque con modalità agevolate - le liti fiscali in cui fosse parte l’Agenzia delle Entrate, di valore non superiore a 20 mila euro e pendenti al 31 dicembre 2011 davanti alle Commissioni tributarie o al Giudice ordinario, in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio. Per la chiusura delle liti è stato necessario versare, in unica soluzione, il predetto importo agevolato e presentare/trasmettere la richiesta per la definizione del contenzioso. Il termine per effettuare il versamento e presentare la richiesta è stato fissato al 2 aprile 2012 e le liti fiscali così definibili sono state sospese fino al 30 giugno 2012. Analogamente sono stati sospesi, fino al 30 giugno 2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.

 

Sull’esigenza di definire celermente le controversie tributarie pendenti, si ricorda che il Primo Presidente della Corte di Cassazione, nella Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, ha esposto dati allarmanti sulla lievitazione del contenzioso tributario di legittimità (mediamente 10.000 nuovi ricorsi in Cassazione ogni anno), sostenendo l'esigenza che il legislatore appresti un piano straordinario di abbattimento dell’arretrato, imperniato sulla costituzione di una sezione Tributaria-bis, col simmetrico aumento di organico dei magistrati e del personale.

Si ricorda inoltre che è attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera una proposta di legge (A.C. 3734) che delega il Governo a una complessiva riforma della giustizia tributaria e che, in particolare, delega il Governo a prevedere la possibile nomina di giudici ausiliari di Cassazione, per procedere alla definizione del contenzioso pendente.

 

In particolare, il comma 1 dispone che  possano essere definite con modalità agevolate le controversie:

§   attribuite alla giurisdizione tributaria;

§  in cui è parte l’Agenzia delle entrate;

§  pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio.

A domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, ovvero di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, tali controversie possono essere definite col pagamento di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602), calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto.

 

Si tratta degli interessi che si applicano (nella misura del 4 per cento annuo), sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all'accertamento d'ufficio, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte.

 

Sono escluse dal pagamento le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora, di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

Decorso inutilmente il termine per adempiere all’intimazione di pagamento, ossia sessanta giorni dalla notifica della cartella o dell’atto esecutivo, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora.

Il provvedimento del 4 aprile 2017 dell’Agenzia delle Entrate ha fissato la misura di tali interessi, a decorrere dal 15 maggio 2017, nel 3,50 per cento in ragione annuale. Fino a tale data, essi ammontano al 4,13 per cento in ragione annuale.

 

Il comma 2 stabilisce quali siano gli importi da versare per specifiche tipologie di controversie.

In particolare, per le controversie relative solo agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, la misura da versare per la definizione agevolata viene fissata nel quaranta per cento degli importi in contestazione.

Per le controversie relative esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, non è dovuto alcun importo per la definizione, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito,  anche con modalità diverse da quella agevolata disposte dalle norme in commento.

 

Il comma 3 circoscrive ulteriormente le controversie definibili con modalità agevolate. In particolare, le norme in esame riguardano le controversie con costituzione in giudizio in primo grado del ricorrente avvenuta entro il 31 dicembre 2016 e per le quali, alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

 

Il comma 4 chiarisce le esclusioni dalle norme in esame e, in particolare, chiarisce che non possono essere definite con modalità agevolate le controversie concernenti, anche solo in parte:

a)    le risorse proprie tradizionali UE, previste dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014 (dazi doganali e  contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero e dell’isoglucosio) e l’IVA riscossa all'importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato, ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

 

Il comma 5 dispone che gli importi così dovuti sono rateizzabili secondo le disposizioni previste (articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) per il versamento delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione.

In sintesi, il richiamato articolo 8 dispone che dette somme possano essere rateizzate in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali, se le somme dovute superano i cinquantamila euro. L'importo della prima rata è versato entro venti giorni dalla redazione dell'atto. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l'ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. Entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento; l'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.

 

Si dispone tuttavia che, nel caso in esame, il numero massimo di rate sia ridotto a tre; non è ammesso il pagamento rateale se gli importi dovuti non superano duemila euro.

Il termine per il pagamento degli importi dovuti per le controversie definite con modalità agevolate, o della prima rata, di importo pari al 40 per cento del totale delle somme dovute, scade il 30 settembre 2017.

Il contribuente deve attenersi ai seguenti criteri, indicati come ulteriori:

a)   per il 2017, la scadenza della seconda rata, pari all’ulteriore quaranta per cento delle somme dovute, è fissata al 30 novembre;

b)  per il 2018, la scadenza della terza e ultima rata, pari al residuo venti per cento delle somme dovute, è fissata al 30 giugno.

Per ciascuna controversia autonoma è effettuato un separato versamento.

 

Nell'ambito di applicazione della norma rientrano anche le controversie tributarie aventi ad oggetto i carichi affidati all'agente della riscossione, definibili con modalità agevolate ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193.

Il comma 5 prosegue chiarendo che, ove gli importi dovuti rientrino nell’ambito di applicazione della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, disciplinata dall’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, il contribuente può usufruire della definizione agevolata delle controversie tributarie solo unitamente a quella di cui al predetto articolo 6.

In tal caso la definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

 

Si rammenta in breve che il richiamato articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016 consente la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016. Aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Il pagamento può avvenire in un’unica rata o in un massimo di quattro rate.

A tal fine dovrà essere presentata un’apposita dichiarazione, entro il 21 aprile 2017 (termine così prorogato dall'articolo 11, comma 10, lettera c), del decreto-legge n. 8 del 2017) con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata . L’agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza-

La procedura - disciplinata ai commi 5-7 - si estende, a specifiche condizioni, ai debitori che abbiano già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (ai sensi dell’articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999) ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali. La definizione agevolata può tuttavia riguardare (comma 11) i soli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada.

 

La definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

 

Come chiarito nella relazione illustrativa, l'omesso versamento delle rate successive alla prima non determina l'inefficacia della definizione; esso comporta l’applicazione dell’articolo 15-ter del D.P.R. n. n. 602 del 1973,  richiamato dall’articolo 8, comma 4 del citato D.Lgs. n. 218 del 1997.

Sono dunque applicabili anche nella presente ipotesi le disposizioni di cui al menzionato articolo 15-ter, comma 2, ai sensi del quale il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione pari al 30 per cento dell’importo non versato, prevista per il ravvedimento operoso (di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Sembra quindi applicabile anche nel caso di specie l’ipotesi di “lieve inadempimento”, che esclude la decadenza dal beneficio della rateazione nei seguenti casi:

a)    insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;

b)   tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

Si rammenta che il lieve inadempimento si applica anche con riguardo al versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute per effetto dell’accertamento con adesione.

Nel caso di lieve inadempimento e di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all'iscrizione a ruolo dell'eventuale frazione non pagata, della sanzione del trenta per cento dell’importo dovuto (menzionato articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997) e dei relativi interessi. E’ fatta salva la possibilità per il contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso, per evitare l’iscrizione a ruolo entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza.

 

Ai sensi del comma 6 deve essere presentata, entro il 30 settembre 2017, per ciascuna controversia autonoma una distinta domanda di definizione, esente dall’imposta di bollo. Si chiarisce che per “controversia autonoma” si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

 

Il comma 7 chiarisce che dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio, nonché quelli dovuti per la suddetta definizione agevolata di cui al decreto-legge n. 193 del 2016.

In ogni caso, la definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima del 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore delle norme in commento).

 

Il successivo comma 8 chiarisce che  le controversie definibili non sono sospese automaticamente; per ottenere tale effetto, il contribuente deve fare apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni delle norme in esame e, in tal caso, il processo è sospeso fino al 10 ottobre 2017.

Ove entro tale data il contribuente abbia depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2018.

 

Ai sensi del comma 9, per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dal 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore delle norme in esame) fino al 30 settembre 2017.

 

Il comma 10 chiarisce che l'eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. E’ possibile impugnare il diniego entro sessanta giorni, dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo.

Il processo si estingue in mancanza dì istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2018 dalla parte che ne ha interesse. L'impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione.

Viene disciplinato anche il regolamento delle spese del giudizio, prendendo come riferimento la previsione di cui al comma 3 dell'articolo 46 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.

Ai sensi del successivo comma 11, la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

Il comma 12 affida a uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle Entrate il compito di stabilire le modalità di attuazione delle norme in esame.

 

Il comma 13 dispone che, ove a seguito dell’apposita attività di monitoraggio sull’andamento delle entrate (previsto dall’articolo 17, comma 12 della legge di contabilità pubblica, legge 31 dicembre 2009, n. 196) non dovessero realizzarsi in tutto o in parte le maggiori entrate derivanti dall’attuazione del presente articolo, trova applicazione la procedura per la compensazione degli oneri che eccedono le previsioni di spesa, prevista dall’articolo 17, commi da 12-bis a 12-quater della citata legge n. 196 del 2009 (introdotti dalla legge 4 agosto 2016, n. 163).

 

In sintesi, i citati commi dell’articolo 17 della legge di contabilità pubblica hanno disposto una nuova procedura per la compensazione degli oneri che eccedono le previsioni di spesa, in superamento delle clausole di salvaguardia. Si prevede a tal fine che qualora siano in procinto di verificarsi scostamenti degli oneri rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia, in attesa di successive misure correttive, provvede per l'esercizio in corso alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente; qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere, allo stesso si dovrà provvedere con D.P.C.M., previa delibera del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa Gli schemi di entrambi di decreti vanno trasmessi, alle Commissioni bilancio delle Camere, che dovranno esprimersi entro sette giorni dalla data della trasmissione, decorsi i quali i decreti possono comunque essere adottati. Qualora gli scostamenti non siano compensabili nel corso dell’esercizio, il Ministro dell'economia assume tempestivamente (comma 13) le conseguenti iniziative legislative. Per gli esercizi successivi a quello in corso si dovrà provvedere con la legge di bilancio.

In proposito può rilevarsi come il comma 13 in commento richiami una procedura della legge di contabilità che, benché concerna lo scostamento delle spese rispetto alle previsioni, sembra poter operare anche nel caso in esame, atteso che le maggiori entrate ascritte all’articolo 11 sono destinate al conseguimento dei nuovi  saldi  programmati dal Documento di Economia e Finanza 2017, che per effetto di quanto dispongono i commi 4 e 5 dell’articolo 66  del presente decreto-legge vengono ora incorporati nella legge di bilancio di quest’anno (legge n.232/2016). Ne deriva che un conseguimento di maggiori entrate inferiore a quello previsto dall’articolo 11 in esame determinerebbe un onere a carico della finanza pubblica analogo a quello derivante da una spesa eccedente le previsioni,  con applicazione pertanto delle procedure di salvaguardia previste dalla legge di contabilità.

 

Ove invece vi fossero ulteriori introiti rispetto alle maggiori entrate previste, essi possono essere destinati:

§  prioritariamente, a compensare l’eventuale mancata realizzazione dei maggiori introiti derivanti dal rinnovo dei diritti d’uso delle frequenze telefoniche GSM e UMTS e dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale (di cui, rispettivamente, ai commi 575 e 633 dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016 n, 232). Si rammenta che il comma 575 quantifica in 2.100 milioni di euro per il 2017 i maggiori introiti derivanti dal rinnovo dei diritti d’uso delle frequenze della telefonia mobile GSM (banda 900 Mhz) e UMTS (1800 Mhz) in scadenza, mentre il comma 633 quantifica in 1.600 milioni di euro per il 2017 le maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale;

§  per l’eventuale eccedenza, al reintegro - anche parziale - delle dotazioni finanziarie delle missioni e programmi di spesa dei Ministeri, ridotte ai sensi dell'articolo 13 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia per ulteriori dettagli), da disporre con appositi decreti di variazione di bilancio adottati dal Ministro dell'economia e delle finanze.

 


 

Articolo 12
(Rimodulazione delle risorse per il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 12 prevede la rimodulazione dell’autorizzazione di spesa per gli anni 2017-2019 relativa al credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abbruzzo), istituito dalla legge di stabilità 2016 dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019.

In particolare le risorse stanziate per il 2017 sono ridotte di 110 milioni (da 617 milioni di euro, previsti dall’articolo 1, comma 108, della legge n. 208 del 2015, a 507 milioni), mentre per gli anni 2018 e 2019 le risorse sono aumentate di 55 milioni annui (da 617 a 672 milioni).

 

La stessa norma motiva l’intervento allo scopo di conseguire il pieno utilizzo delle risorse stanziate per il credito d'imposta concesso alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive.

La relazione tecnica precisa che la predetta rimodulazione non è effettuata sulla quota parte di risorse, pari a 250 milioni annui, a valere sul fondi strutturali europei e di cofinanziamento nazionale previsti nel programma operativo nazionale «Imprese e Competitività 2014/2020» e nei programmi operativi relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2014/2020 delle regioni in cui si applica l'incentivo.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108 della legge n. 208 del 2015) ha introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura del credito d'imposta è pari al 20 per cento per le piccole imprese, del 15 per cento per le medie imprese e del 10 per cento per le grandi imprese (tali misure sono state elevate dalla norma in esame). Alle imprese attive nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori medesimi. La norma originaria prevede che l'agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni d'investimento della stessa struttura produttiva, esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese (elevata a 3 milioni dalla norma in esame), di 5 milioni (elevati a 10 milioni dalla norma in esame) per le medie imprese e di 15 milioni per le grandi imprese.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 24 marzo 2016 è stato approvato il modello, con le relative istruzioni, della comunicazione per la fruizione del credito d'imposta. La comunicazione deve essere presentata all'Agenzia esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite i soggetti incaricati, a partire dal 30 giugno 2016 fino al 31 dicembre 2019. Con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito a soggetti beneficiari, ambito territoriale, investimenti agevolabili, determinazione dell'agevolazione, valorizzazione degli investimenti ed efficacia temporale dell'agevolazione, procedura, utilizzo e rilevanza del credito di imposta, cumulo, rideterminazione del credito e controlli.

L’articolo 7-quater del decreto-legge n. 243 del 2016 ha introdotto alcune modifiche alla relativa disciplina. Oltre ad inserire la regione Sardegna fra le regioni del Mezzogiorno ammesse alla deroga alla disciplina in tema di aiuti di Stato, è stato stabilito l’aumento delle aliquote applicate al credito d’imposta sottostante l’acquisto di beni strumentali nuovi: si prevede la misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, ovvero il 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna (aree ex 107.3 lett. a) TFUE) e il 10 per cento per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise (aree ex 107.3 lett. c) TFUE), individuati dalla Carta. Inoltre l’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento, al quale è commisurato il credito d’imposta, è elevato da 1,5 a 3 milioni di euro per le piccole imprese e da 5 a 10 milioni per le medie imprese, mentre rimane a 15 milioni per le grandi imprese; è soppressa la disposizione che prevede il calcolo del credito d’imposta al netto degli ammortamenti fiscali dedotti nel periodo d’imposta per beni ricadenti nelle categorie corrispondenti a quelle agevolabili. Infine è soppresso il divieto di cumulo del credito d’imposta con gli aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che insistano sugli stessi costi, sempre che tale cumulo non porti al superamento dell’intensità o dell’importo di aiuto più elevati consentiti dalla normativa europea.


 

Articolo 13
(
Riduzione dotazioni missioni e programmi
di spesa dei Ministeri
)

 

 

L’articolo 13 dispone la riduzione, per l’anno 2017, delle dotazioni delle missioni e dei programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri di un importo indicato in allegato, per un totale di 460 milioni di euro. La norma è finalizzata al concorso delle amministrazioni centrali dello Stato al raggiungimento degli obiettivi programmatici indicati nel documento di economia e finanza per l’anno 2017.

 

L’allegato in questione riporta il totale delle riduzioni per ciascun Ministero, come nella tabella seguente, e – per ciascun Ministero – l’elenco dettagliato delle riduzioni per ciascuna missione e programma.

(in migliaia di euro)

Ministero

Riduzioni

di cui predeterminate per legge

Economia e finanze

246.975

23.638

Sviluppo economico

22.392

4.843

Lavoro e politiche sociali

6.429

2.671

Giustizia

13.835

21

Affari esteri

4.505

1.334

Istruzione, università e ricerca

38.758

24.759

Interno

23.185

8.335

Ambiente

6.602

4.331

Infrastrutture e trasporti

41.458

33.040

Difesa

31.041

358

Politiche agricole

5.171

3.735

Beni e attività culturali e Turismo

12.860

7.139

Salute

6.788

5.152

TOTALE

460.000

119.356

 

 

Le misure di riduzione in esame seguono una procedura diversa da quella dei tagli lineari già sperimentata in passato. Secondo quanto precisato dalla relazione tecnica, le riduzioni sono state apportate

§  per un ammontare pari a circa 161 milioni di euro, in maniera indistinta attraverso le riduzioni delle missioni e dei programmi di spesa dei Ministeri;

§  per circa 299 milioni di euro, tramite riduzioni puntuali di talune tipologie di spesa, anche attraverso il definanziamento di specifiche autorizzazioni di spesa.

 

L’obiettivo di risparmio di ciascun Ministero è stato determinato in relazione all’entità e alla composizione della propria spesa per natura economica. La base “aggredibile” è stata formata tenendo conto delle sole risorse effettivamente disponibili al netto di risorse “già prenotate” in relazione all’assunzione di impegni pluriennali di spesa, escludendo la spesa la cui riduzione avrebbe determinato debiti fuori bilancio e quindi conseguenti effetti in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.

 

La relazione tecnica fornisce inoltre una tabella riassuntiva per categoria economica che riporta i tagli complessivi in termini di saldo netto da finanziare per il 2017.

(in migliaia di euro)

Categorie economiche

Riduzioni

consumi intermedi

91.912

trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

61.853

trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

11.599

trasferimenti correnti a imprese

25.297

trasferimenti correnti a estero

1.690

poste correttive e compensative

120.412

altre uscite correnti

6.775

investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

33.230

contributi agli investimenti

24.056

contributi agli investimenti ad imprese

22.029

contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

190

contributi agli investimenti a estero

205

altri trasferimenti in conto capitale

60.752

TOTALE

460.000

 

Per assicurare alle amministrazioni la flessibilità gestionale nel corso dell’esercizio 2017, la norma prevede comunque una procedura per rimodulare le riduzioni così disposte, nel rispetto dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, su proposta dei Ministri competenti, potranno essere apportate variazioni compensative rispetto agli importi indicati nel citato elenco anche relative a missioni e programmi diversi. Resta comunque precluso l’utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

Si segnala, infine, che l’articolo 11 del presente decreto, che consente la definizione agevolata delle controversie tributarie, prevede che – qualora dalla norma dovessero risultare ulteriori introiti rispetto alle maggiori entrate previste - essi possono essere destinati in via residuale[8] al reintegro - anche parziale - delle dotazioni finanziarie delle missioni e programmi di spesa dei Ministeri. Per approfondimenti si rinvia alla cui scheda di lettura dell’articolo 11.


 

Articolo 14
(Riparto del Fondo di solidarietà comunale)

 

 

L’articolo 14 introduce due novelle all’art.1 della legge n.232 del 2016 (legge di bilancio 2017) relative al riparto del Fondo di solidarietà comunale (FSC), che costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi.

 

Il comma1, lettera a), interviene, nello specifico, sulla disciplina (di cui all’articolo 1, comma 450, della legge di bilancio 2017) che introduce una clausola di salvaguardia volta a contenere il differenziale di risorse a disposizione dei comuni, rispetto a quelle storiche di riferimento, che si potrebbe generare dall’applicazione del meccanismo della perequazione (disciplinato al comma 449 e fondato sulle capacità fiscali e sui fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard).

Nello specifico, la novella in esame riduce il valore numerico della soglia del richiamato differenziale, oltrepassata la quale si attiva la clausola di salvaguardia. Tale soglia viene fissata al 4 per cento, rispetto all’8 per cento previgente.

In altri termini, se le risorse complessive spettanti al singolo comune, applicando il criterio perequativo, sono inferiori al 4 per cento rispetto alle risorse storiche di riferimento si attiva lo strumento compensativo che tende a ridurre tale differenziale.

Al contempo, se le risorse complessive del singolo comune crescono in misura superiore al 4 per cento rispetto all'anno precedente, una quota proporzionale di detta eccedenza è destinata ad alimentare uno specifico accantonamento nell'ambito del FSC.

Tale accantonamento - il cui limite complessivo non può eccedere le risorse necessarie per ridurre le variazioni negative dei comuni con una perdita superiore al 4 per cento - è ripartito proporzionalmente tra i comuni che registrano una riduzione delle risorse complessive che ecceda la richiamata soglia.

L’intervento in esame, nel dimezzare la soglia, è finalizzato ad attenuare ulteriormente l’impatto finanziario conseguente all’applicazione dei criteri perequativi nell’ambito del riparto del FSC, rispetto a quanto già precedentemente disposto nella manovra economica per il 2017.

 

Con riferimento al FSC, esso è stato istituito – in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2013 di attuazione del federalismo municipale - dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente.

A differenza del Fondo sperimentale di riequilibrio – che non presenta obiettivi di tipo perequativo – il FSC è ripartito in modo da tener conto sia di criteri perequativi (il riferimento è ai costi e fabbisogni standard), sia di criteri compensativi (il riferimento è alle variazioni del gettito e delle risorse disponibili comunali conseguenti alla soppressione del fondo sperimentale). Va tuttavia rilevato che sia nel 2013, sia nel 2014 il riparto del FSC è stato effettuato in base ai soli criteri compensativi.

Sulla disciplina del Fondo - recata dai commi da 380 a 380-octies dell’art. 1 della citata legge di stabilità 2013 - è da ultimo intervenuta la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).

Nello specifico, l’articolo 1, comma 449, di detta legge prevede che il FSC sia ripartito:

§  per 3.767,45 milioni di euro tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015, come derivante dall’applicazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dalla legge di stabilità per il 2016. Tale criterio di riparto riguarda la quota incrementale del Fondo assegnata, nel richiamato importo, a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015, a ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Sicilia e della Sardegna dalle esenzioni suddette (lettera a));

§  nell’importo massimo di 80 milioni di euro, tra i comuni per i quali il riparto dell'importo incrementale di cui sopra non assicura il ristoro di un importo equivalente al gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base. Si tratta di un accantonamento di risorse costituito, a partire dal 2016, dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 17, lett. f), legge n. 208/2015), destinato specificatamente ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI. Esso pertanto viene ripartito in modo da garantire a ciascuno dei comuni interessati l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base (lettera b));

§  per 1.885,6 milioni di euro ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, dei quali quota parte da distribuirsi secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente. La disposizione prevede un progressivo incremento negli anni della quota di risorse da ripartire sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. Tale quota, attribuita secondo criteri perequativi, è pari al 40 per cento per l'anno 2017, al 55 per cento per il 2018, al 70 per cento per il 2019, all’85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Ai fini dell’applicazione dei criteri perequativi, viene rideterminato l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario, nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare. La restante quota è, invece, distribuita assicurando a ciascun comune un importo pari all’ammontare algebrico della medesima componente del FSC dell’anno precedente, eventualmente rettificata, variato in misura corrispondente alla variazione della quota di fondo non ripartita secondo i criteri di cui al primo periodo (lettera c));

§  per 464,1 milioni ai comuni della Sicilia e della Sardegna. Tale importo è ripartito assicurando a ciascun comune una somma pari all’ammontare algebrico del medesimo FSC dell’anno precedente, eventualmente rettificato, variata in misura corrispondente alla variazione del Fondo complessivo (lettera d)).

Gli importi di cui alle lettere c) e d) possono essere eventualmente incrementati della quota di cui alla lettera b) non distribuita (relativa all’accantonamento di 80 milioni) e della quota dell’imposta municipale propria di spettanza dei comuni connessa alla regolazione dei rapporti finanziari.

 

Al comma 1, lettera b)¸ dell’articolo in esame viene introdotto, dopo il comma 450 dell’art.1 della legge di bilancio 2017, un comma aggiuntivo diretto all’accantonamento di risorse, nel limite di 25 milioni di euro per il 2017, da attribuire in favore dei comuni che presentino contemporaneamente:

§  una variazione negativa degli effetti perequativi derivanti dall’aggiornamento della metodologia di determinazione dei fabbisogni standard (ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2016).

Al riguardo si rileva che con il citato D.P.C.M. sono state adottate le note metodologiche relative alla procedura di calcolo per la determinazione dei fabbisogni standard dei comuni delle regioni a statuto ordinario relativi: alle funzioni di istruzione pubblica; alle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente - servizio smaltimento rifiuti; alle funzioni nel settore sociale - servizi di asili nido; alle altre funzioni nel settore sociale (al netto dei servizi di asili nido); alle funzioni generali di amministrazione e controllo; alle funzioni di polizia locale; alle funzioni di viabilità e territorio; alle funzioni nel campo dei trasporti (trasporto pubblico locale);

 

§  una variazione negativa della dotazione netta del FSC per l’anno in corso rispetto alla dotazione netta considerata per il calcolo delle risorse storiche di riferimento (Cfr. commento del comma 1, lettera a), del presente articolo);

§  una variazione negativa che ecceda l’1,3 per cento della dotazione netta del FSC per l’anno corrente rispetto alla dotazione netta del medesimo FSC riferita al 2016.

 

Il riparto è effettuato in proporzione al divario fra il -1.3 per cento dello scostamento tra la dotazione netta del FSC per l’anno corrente e la dotazione netta del medesimo Fondo riferita al 2016 in percentuale delle risorse storiche nette di riferimento così come modificate in base alle disposizioni previste dal comma 450 (Cfr. commento del comma 1, lettera a), del presente articolo).

Da quanto precede, e come del resto si legge nella relazione illustrativa, la disposizione è volta ad assicurare risorse ai comuni, per il solo 2017, a titolo di “correttivo statistico del meccanismo di perequazione”. Nello specifico, essa “mira ad attenuare gli scostamenti negativi più ampi derivanti dall’applicazione della nuova metodologia di calcolo dei fabbisogni standard e delle variazioni introdotte al vettore delle capacità fiscali”.

 

I richiamati accantonamenti, utilizzati a tale fine, derivano:

 

§  dalla quota del riparto del FSC, eventualmente non distribuita, di cui alla lettera b) dell’articolo 1, comma 449, della legge di bilancio 2017.

In proposito, la citata lettera b) dispone che una quota del FSC, nell'importo massimo di 80 milioni di euro, sia riservata ai comuni per i quali il riparto dell'importo a compensazione del minor gettito derivante ai comuni delle      regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni IMU e TASI (secondo quanto previsto dalla lettera a) del comma 449) non assicuri il completo ristoro del gettito della TASI sull'abitazione principale    stimato ad aliquota di base;

 

§  dal contributo, pari a 155 milioni di euro, di cui all’articolo 1, comma 24, della legge n.208 del 2015, per la parte non attribuita ai comuni.

Tali risorse sono destinate per il ristoro della perdita di gettito sofferta dai comuni a seguito della rideterminazione delle rendite catastali dei fabbricati appartenenti ai gruppi catastali D ed E per l’anno 2016, nel limite di 11 milioni di euro.

 


 

Articolo 15
(Contributo a favore delle province della Regione Sardegna
e della città metropolitana di Cagliari)

 

 

L'articolo 15 dispone un contributo a favore delle province della Regione Sardegna e della città metropolitana di Cagliari a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti.

 

Il comma 1 attribuisce alle province della Regione Sardegna e alla città metropolitana di Cagliari un contributo di 10 milioni di euro per l'anno 2017 e di 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. La Regione Sardegna provvede a comunicare al Ministero dell'interno - Direzione Centrale della finanza locale e agli enti interessati, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il contributo spettante a ciascun ente. Nel caso in cui la Regione Sardegna non adempia a tale comunicazione, il riparto del contributo avviene per il 90 per cento sulla base della popolazione residente e per il restante 10 per cento sulla base del territorio.

Il comma 2 prevede che il citato contributo sia versato dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte degli enti beneficiari, di cui al comma 418 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014.

Per tener conto in bilancio di tali contribuzioni gli enti interessati non iscrivono in entrata le somme relative al contributo attribuito mentre iscrivono in spesa il concorso alla finanza pubblica di cui al comma 418 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 per gli anni 2017 e successivi al netto di un importo corrispondente al contributo stesso. In tal modo, da un punto di  vista contabile, non si iscrive alcuna somma dal lato delle entrate mentre dal lato delle spese si iscrive solo il concorso alla finanza pubblica di tali enti diminuito dell'importo del contributo assegnato.

 

Il comma 418 dell'articolo 1, della legge n. 190 del 2014 ha disposto il concorso al contenimento della spesa pubblica per le province e le città metropolitane. In particolare, la norma ha previsto una riduzione della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. In considerazione di tali riduzioni di spesa, ripartite nelle misure del 90 per cento fra gli enti appartenenti alle regioni a statuto ordinario e del restante 10 per cento fra gli enti della Regione siciliana e della regione Sardegna, ciascuna provincia e città metropolitana versa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa. Sono escluse dal versamento di cui al periodo precedente, fermo restando l'ammontare complessivo del contributo dei periodi precedenti, le province che risultano in dissesto alla data del 15 ottobre 2014.

 

Il comma 3 provvede alla copertura dell’onere di cui al comma 1, pari a complessivi 10 milioni di euro per l’anno 2017 e a 20 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2018, mediante l'utilizzo dei risparmi di spesa derivanti dalla norma relativa al trasporto pubblico locale di cui all’articolo 27, comma 1 del presente provvedimento.


 

Articolo 16
(Riparto del concorso alla finanza pubblica di province
e città metropolitane)

 

 

L’articolo 16, comma 1, reca la ripartizione tra le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario dell’ammontare della ulteriore riduzione della spesa corrente che grava nei confronti di tali enti per l’anno 2017 e per gli anni seguenti, ai sensi dell’articolo 1, comma 418, della legge di stabilità 2015, rispetto alla riduzione già operata nel 2016.

Il taglio incrementale per il 2017, quantificato in ulteriori 900 milioni di euro rispetto al 2016, viene ripartito, dal comma 1, nella misura di 650 milioni a carico delle province e per i restanti 250 milioni a carico delle città metropolitane.

Nel complesso, si ricorda, il concorso alla finanza pubblica delle province e delle città metropolitane resta determinato in complessivi 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017, in termini di riduzione della spesa corrente, secondo quanto disposto dal citato comma 418.

 

A tal fine, è riformulato il terzo periodo del comma 418 della legge n. 190/2014.

 

Si ricorda che i commi 418-420 della legge n. 190/2014 definiscono l’importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica.

In particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017. Il 90% delle riduzioni di spesa ivi richieste sono a carico degli enti appartenenti alle Regioni a statuto ordinario (900 milioni) e il restante 10% a carico degli enti della regione Siciliana e della regione Sardegna (100 milioni).

A tal fine è richiesto che ciascuna provincia e città metropolitana versi un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.

Sono escluse da tale normativa soltanto le province che risultano in stato di dissesto finanziario alla data del 15 ottobre 2014. Tale istituto si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).

La norma prevede che l'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire sia definito con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno da emanare di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il supporto tecnico della SOSE S.p.A., tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.

Si ricorda altresì la procedura per il recupero delle somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate in caso di mancato versamento all’entrata del bilancio dello Stato, che impegna l’Agenzia delle entrate, la quale vi provvede, entro il 30 aprile di ciascun anno, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del D.Lgs. n. 446/1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province e alle città metropolitane medesime ovvero, in caso di incapienza, a valere sui versamenti dell’imposta provinciale di trascrizione, in tal caso secondo le modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno (comma 419).

 

Il comma 2 stabilisce la riduzione della spesa corrente che ciascuna provincia e città metropolitana deve conseguire complessivamente a decorrere dall’anno 2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014, secondo gli importi indicati nella Tabella 1 allegata al presente decreto-legge.

Come sopra già ricordato, si tratta di una riduzione complessiva della spesa corrente di 3 miliardi di euro a decorrere dal 2017, di cui il 90% a carico degli enti appartenenti alle Regioni a statuto ordinario e il restante 10% a carico degli enti della regione Siciliana e della regione Sardegna. In base alla tabella, dall’anno 2017 il concorso alla finanza pubblica dei vari enti del comparto è fissato in:

§  1.945,9 milioni per le province delle regioni a statuto ordinario;

§  754,1 milioni per le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario;

§  197,5 milioni per gli enti della Regione siciliana;

§  102,6 milioni per gli enti della regione Sardegna.

 

Il comma 3 è volto a ripartire tra ciascuna provincia e città metropolitana il concorso alla finanza pubblica richiesto per gli anni 2017 e 2018 ai sensi dell’articolo 47, comma 2, del D.L. n. 66 del 2014, stabilito in misura pari a complessivi 516,7 milioni di euro annui, in termini di riduzione della spesa corrente.

Tale concorso è fissato secondo gli importi indicati, per ciascun ente e per tipologia di spesa, nella Tabella 2 allegata al presente decreto-legge.

 

Si ricorda che l'articolo 47 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 ("Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale") dispone in ordine al contributo alla finanza pubblica richiesto alle province e le città metropolitane (commi 1-7), nonché ai comuni (commi 8-13), in termini di risparmi da conseguire su determinate tipologie di spesa corrente negli anni 2014-2017, periodo successivamente esteso all'anno 2018, dall'art. 1, comma 451, della legge di stabilità per il 2015.

Nel definire il contributo, l’articolo 47, comma 2, indica espressamente le fonti di spesa che devono essere poste in riduzione da parte delle province e delle città metropolitane, ai fini del conseguimento dei risparmi da versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato[9], come di seguito indicato:

(milioni di euro)           

Riduzioni spese

2014

2015

2016

2017

2018

Beni e servizi (art. 47, co. 2, lett a)

340,0

510,0

510,0

510,0

510,0

Autovetture (art. 47, co. 2, lett b)

0,7

1,0

1,0

1,0

1,0

Consulenze e studi servizi (art. 47, co. 2, lett c)

3,8

5,7

5,7

5,7

5,7

TOTALE CONCORSO

344,5

516,7

516,7

516,7

516,7

 

Il contributo delle province e città metropolitane alla riduzione della spesa pubblica, per complessivi 516,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, viene ripartito tra i vari enti del comparto, in base agli importi indicati nella Tabella 2, in:

§  302,3 milioni per le province delle regioni a statuto ordinario;

§  159,9 milioni per le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario;

§  32,8 milioni per gli enti subentranti alle province della Regione siciliana;

§  21,7 milioni per gli enti subentranti alle province della regione Sardegna.

 

Per quanto riguarda i criteri e la metodologia applicata ai fini della ripartizione del contributo alla finanza pubblica tra i singoli enti del comparto operata dall’articolo in esame - sia con riferimento al contributo richiesto ai sensi dell’articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014 sia ai sensi dell’articolo 47 del D.L. n. 66/2014 – si rinvia a quanto definito nell’Accordo conseguito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 23 marzo 2017.

 


 

Articolo 17
(Riparto del contributo a favore degli enti di area vasta
delle Regioni a statuto ordinario)

 

 

L’articolo 17 dispone che il contributo in favore delle Province e delle Città metropolitane per il finanziamento delle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica (già previsto dalla normativa vigente) sia ripartito secondo gli importi contenuti nella tabella 3 allegata al decreto-legge.

 

L’articolo, come detto, opera il riparto in favore di ciascun ente di area vasta, per gli anni a partire dal 2017, del finanziamento (introdotto dall’articolo 1, comma 754, della legge n. 208 del 2015) delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica spettanti ai medesimi enti.

Nel complesso alle Province e alle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario spetta un contributo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.

Tale contributo, ai sensi del comma 754, è così attribuito:

§  alle Province, 245 milioni di euro per l'anno 2016, 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021;

§  alle Città metropolitane, 250 milioni di euro annui.

 

Sebbene la disposizione originaria demandasse il riparto del richiamato  contributo ad apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e il Ministro per gli affari regionali, da adottare entro il 28 febbraio 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, già l’articolo 8, comma 1-ter, del D.L. n-113 del 2016 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 2016) era intervenuto disponendo il riparto, per il 2016, in via legislativa, secondo quanto stabilito nella tabella 2 (recante gli importi spettanti a ciascun ente territoriale) allegata al medesimo decreto.

 

Con specifico riferimento alle Città metropolitane, da quanto risulta dalla richiamata tabella 3, a beneficiare maggiormente del contributo sono Napoli (circa 67,2 milioni di euro), Roma capitale (circa 53,2 milioni), Bari (circa 25,2 milioni) e Torino (circa 24,6 milioni). Quanto alle Province, ad usufruire maggiormente del contributo sono Salerno (circa 12,3 milioni di euro annui sino al 2020 e quasi 8,4 milioni a partire dal 2021), Brescia (circa 7,6 milioni di euro annui sino al 2020 e circa 5,2 milioni dal 2021), Alessandria (quasi 5,7 milioni di euro annui sino al 2020 e quasi 3,9 milioni dal 2021), Belluno (quasi 5,3 milioni di euro annui sino al 2020 e circa 3,6 milioni dal 2021), Pisa (oltre 5,1 milioni di euro annui sino al 2020 e circa 3,5 milioni dal 2021) e Catanzaro (circa 5,1 milioni di euro annui sino al 2020 e quasi 3,5 milioni dal 2021).

 


 

Articolo 18
(Disposizioni in materia di bilanci di Province
e Città metropolitane)

 

 

L’articolo 18 estende al 2017 talune misure, operanti in deroga alla disciplina contabile, già introdotte in precedenti esercizi finanziari, al fine di favorire l’approvazione dei bilanci da parte delle Province e delle Città metropolitane. A tal fine, l’articolo:

§  consente di predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2017 e di applicare al medesimo bilancio di previsione l'avanzo libero e destinato (comma 1);

§  estende al 2017 la possibilità per i medesimi enti, nel caso di esercizio provvisorio o di gestione provvisoria, di applicare la relativa disciplina (di cui all'articolo 163 del TUEL) con riferimento al bilancio di previsione definitivo approvato per il 2016 (comma 2);

§  estende al 2017 la possibilità per gli enti di area vasta di applicare ai rispettivi bilanci di previsione le quote dell’avanzo di amministrazione risultanti da trasferimenti da parte della Regione, una volta che quest’ultima abbia proceduto allo svincolo di tali risorse (comma 3).

 

Il comma 1, lettera a), prevede che le Province e le Città metropolitane possano predisporre il bilancio di previsione per il solo anno 2017. Si tratta di una deroga alle norma di contabilità vigenti, che richiedono invece la predisposizione di un bilancio triennale.

 

Ai sensi dell’articolo 162 del TUEL, recante principi del bilancio, gli enti locali sono chiamati a deliberare “annualmente il bilancio di previsione finanziario riferito ad almeno un triennio”. Quanto ai contenuti, il bilancio comprende le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio del periodo considerato e le previsioni di sola competenza degli esercizi successivi e deve essere redatto in osservanza dei principi contabili generali e applicati allegati al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

 

Analoga deroga è stata peraltro già operata con riferimento agli anni 2015 e 2016.

 

In proposito, con l’articolo 1-ter, comma 1, del D.L. n. 78/2015 era stato disposto che, per l’esercizio 2015, gli enti di area vasta predisponessero il bilancio di previsione per la sola annualità riferita al 2015. Con l’articolo 1, comma 756, lettera a), della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) era stata stabilita analoga deroga per l'esercizio 2016.

Il comma 1, lettera b), riconosce ai medesimi enti locali la possibilità - ai fini del mantenimento degli equilibri finanziari - di applicare al bilancio di previsione l’avanzo libero e quello destinato.

L’avanzo libero e quello destinato costituiscono due quote dell’avanzo di amministrazione annuale. Le altre due sono l’avanzo vincolato e quello accantonato, che pertanto non risultano utilizzabili ai fini della disposizione in commento (salvo quanto previsto al comma 3).

La disposizione in commento riproduce analoghe disposizioni intervenute con riferimento agli esercizi finanziari per il 2015 e per il 2016.

 

Nello specifico, con l’articolo 1-ter, comma 2, del D.L. n. 78/2015 era stato disposto che, per l’esercizio 2015, le Province e le Città metropolitane, al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, avrebbero potuto applicare al bilancio di previsione, sin dalla previsione iniziale, “l'avanzo destinato”.

Con l’articolo 1, comma 756, lettera b), della legge di stabilità per il 2016 era stato disposto che tali enti locali avrebbero potuto, sempre per la medesima finalità, applicare al bilancio di previsione per il 2016 “l'avanzo libero e destinato”.

 

Il comma 2 introduce alcune novelle all’articolo 1-ter, comma 3, del D.L. n. 78/2015, nel senso di estendere la disciplina in esso recata all’esercizio finanziario 2017. Nello specifico, il richiamato comma 3 dell’articolo 1-ter, a seguito delle novelle, dispone quanto segue:

- le Province e le Città metropolitane deliberano i provvedimenti di riequilibrio di cui all'articolo 193 del TUEL entro il termine di approvazione del bilancio di previsione (parte non modificata);

- nel caso di esercizio provvisorio o gestione provvisoria per gli anni 2016 e 2017, i medesimi enti di area vasta applicano l'articolo 163 del TUEL con riferimento al bilancio di previsione definitivo approvato per l'anno precedente (riclassificato secondo apposito schema allegato al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118) (parte oggetto di novella).

 

L’art. 163, comma 1, del TUEL stabilisce che qualora il bilancio di previsione non sia approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell'anno precedente, la gestione finanziaria dell'ente locale deve svolgersi nel rispetto dei principi di contabilità finanziaria riguardanti l'esercizio provvisorio o la gestione provvisoria. Agli enti locali è consentito gestire gli stanziamenti di competenza previsti nell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce la gestione o l'esercizio provvisorio, ed effettuare i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell'anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato.

L'esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del Ministro dell'interno che differisce il termine di approvazione del bilancio, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze (art 163, comma 3, del TUEL). Nel corso dell'esercizio provvisorio: i) non è consentito il ricorso all'indebitamento; ii) possono essere impegnate solo spese correnti, eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, interventi di somma urgenza; iii) è consentito il ricorso all'anticipazione di tesoreria (di cui all'art. 222 del TUEL).

 

Il comma 3 estende l’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 758, della legge n.208 del 2015, all’anno 2017, tenuto conto degli avanzi di amministrazione vincolati e dei rendiconti relativi all’anno 2016. Il richiamato comma 758 dispone, con l’obiettivo di garantire l’equilibrio di parte corrente degli enti di area vasta nel 2016, che:

§  le Regioni - previa intesa in Conferenza Unificata - possano svincolare i trasferimenti (sia correnti, sia in conto capitale) già attribuiti alle Province e alle Città metropolitane e confluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato del precedente anno;

§  i predetti enti di area vasta hanno facoltà di applicare tali quote dell’avanzo ai rispettivi bilanci di previsione, previa approvazione del rendiconto dell’anno precedente;

§  i trasferimenti oggetto di svincolo possono essere rifinanziati a valere sulle annualità successive all'anno 2015 del bilancio delle regioni.


 

Articolo 19
(Sospensione termini certificazione enti locali
dichiarazione di dissesto)

 

 

L'articolo 19 prevede per gli enti dichiarati in dissesto e con i termini della deliberazione di bilancio sospesi una differente scadenza per l'invio della certificazione dei risultati conseguiti circa il rispetto dell'obiettivo del pareggio di bilancio.

In particolare, si introduce il comma 470-bis all'articolo 1, della legge n. 232 del 2016, al fine di stabilire che gli enti locali dichiarati in dissesto  e i cui termini per la deliberazione del bilancio sono sospesi ai sensi dell'articolo 248, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000, sono tenuti a inviare la certificazione attestante i risultati conseguiti ai fini del rispetto degli obiettivi di saldo (pareggio di bilancio), non secondo quanto stabilito dal comma 470, dell'articolo 1, della legge n. 232 del 2016 ma entro trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione. Tale termine è previsto dal decreto del Ministro dell'interno di approvazione dell'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato di cui all'articolo 261 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

Il medesimo termine si applica anche all'analoga previsione di certificazione contenuta al comma 720, dell'articolo 1, della legge n. 208 del 2015.

 

Il comma 470, dell'articolo 1, della legge n. 232 del 2016 dispone che, ai fini della verifica del rispetto dell'obiettivo di saldo, ciascun ente è tenuto a inviare, utilizzando il sistema web, appositamente previsto nel sito «http://pareggiobilancio.mef.gov.it», entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente, ai sensi dell'articolo 24 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all'obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro il successivo 30 aprile e attesti il conseguimento dell'obiettivo di saldo, si applicano, nei dodici mesi successivi al ritardato invio, le sole sanzioni di cui al comma 475, lettera e), limitatamente alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

Si segnala che ai sensi dell'articolo 248, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000, per gli enti dichiarati in dissesto i termini per la deliberazione del bilancio sono sospesi fino all'emanazione del decreto del Ministro dell'interno di approvazione dell'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, mediante il quale si stabiliscono le prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente.

L'ipotesi di bilancio, si ricorda, è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.


 

Articolo 20
(Contributo a favore delle province delle regioni
a statuto ordinario)

 

 

L’articolo 20 autorizza due contributi in favore delle province delle regioni a statuto ordinario, finalizzati, rispettivamente, all’esercizio delle funzioni fondamentali delle stesse, per l’importo di 110 milioni di euro per l’anno 2017 e di 80 milioni a decorrere dal 2018, e alla manutenzione della rete viaria, per l’importo di 100 milioni per il 2017.

Finanziamento delle funzioni fondamentali (commi 1 e 2)

Il comma 1 destina un contributo alle province delle regioni a statuto ordinario di 110 milioni di euro per l’anno 2017 e di 80 milioni a decorrere dal 2018 per il finanziamento delle funzioni fondamentali, di cui alla legge n. 56/2014, da ripartire - tenendo anche conto dell'esigenza di garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente - secondo criteri e importi da definire, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Ministero dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 15 maggio 2017 (comma 2).

Con riguardo alle funzioni fondamentali, si rammenta che secondo quanto dispone il comma 85 dell’articolo 1 della legge n. 56/2014, le funzioni in questione sono le seguenti:

a)    pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b)   pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

c)    programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

d)   raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e)    gestione dell'edilizia scolastica;

f)    controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

Ai sensi del comma 86, le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri esercitano altresì le seguenti ulteriori funzioni fondamentali:

a)    cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;

b)   cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.

 

All’onere derivante dal finanziamento in questione, si provvede:

§  quanto a 60 milioni di euro per l'anno 2017 e a 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, mediante utilizzo dei risparmi di spesa di cui all'articolo 27, comma l, relativi alla rideterminazione del Fondo destinato al finanziamento del trasporto pubblico locale nelle Regioni a statuto ordinario.

La stabilizzazione del suddetto Fondo, si legge nella Relazione tecnica, determina risparmi di spesa pari a 70 milioni di euro per anno 2017 e a 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 che vengono utilizzati a copertura degli interventi di cui agli articoli 14 e 20 del decreto legge medesimo;

§  quanto ai restanti 50 milioni di euro per l'anno 2017, mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili previsto dall'art. 1, comma 200, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).

Tale fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Nel bilancio per il 2017, il relativo capitolo di bilancio (cap. 3076) presenta una dotazione di circa 84 milioni di euro.

Contributo per la manutenzione straordinaria delle strade provinciali (commi 3 e 4)

Il comma 3 autorizza un contributo di 100 milioni di euro, per l’anno 2017, per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria di competenza delle province delle regioni a statuto ordinario.

Alla copertura del relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 68, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Il comma 4 prevede che il riparto del contributo autorizzato venga effettuato secondo criteri e importi da definire, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con apposito decreto ministeriale, adottato dal Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 15 maggio 2017.

 

Si fa notare che analogo contributo era stato autorizzato, per l’esercizio 2016, dall’art. 7-bis, commi 2 e 3, del D.L. n. 113/2016.

Prima ancora del D.L. n. 113/2016, il comma 656 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha autorizzato l’ANAS a stipulare, previa intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, accordi con regioni ed enti locali finalizzati a trasferire alla medesima società le funzioni relative a progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale. L’autorizzazione concessa opera nel limite di spesa di 100 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui all’art. 1, comma 68, della L. 147/2013.

Il comma 68 citato ha previsto uno stanziamento, poi rifinanziato dalla tabella E della legge di stabilità e confluito nel c.d. fondo unico ANAS (istituito dal comma 868 della L. 208/2015 e allocato nel capitolo 7002 del bilancio del MIT; si rinvia in proposito a quanto ricostruito nella scheda di commento riguardante l’art. 49 del decreto in esame), destinato ad assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale per l'anno 2014, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai contratti di programma già stipulati tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS S.p.A.

Nella stessa legge di stabilità 2016 è altresì presente una disposizione, contenuta nel comma 875, in base alla quale, nei territori nei quali è stato dichiarato lo stato di emergenza ed è stata completata la procedura di ricognizione dei fabbisogni, l’ANAS è autorizzata – mediante apposita delibera del Consiglio dei ministri– ad effettuare interventi di manutenzione straordinaria sulle strade provinciali.

L’articolo 7-bis, comma 2, del decreto-legge n. 113 del 2016 ha stabilito che le risorse di cui al succitato comma 656 sono assegnate alle province delle regioni a statuto ordinario per l'attività di manutenzione straordinaria della relativa rete viaria e previsto un riparto secondo criteri e importi da definire previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.M. Interno 17 ottobre 2016 (pubblicato nella G.U. 24 ottobre 2016, n. 249) .

 

In risposta all’interrogazione 5-07672, nella seduta del 6 ottobre 2016, il sottosegretario alle infrastrutture e trasporti ha ricordato che “su impulso del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e nell'ambito dei rapporti istituzionali con le regioni, le province e l'ANAS, si sta procedendo al trasferimento dalle province ad ANAS di 7.000 chilometri di strade provinciali proprio per supportare le province nel loro compito di manutenzione e cura delle strade”.


 

Articolo 21
(
Contributo per fusioni di comuni)

 

 

L’articolo 21 incrementa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 le risorse destinate all’erogazione del contributo straordinario previsto per i comuni che danno luogo alla fusione, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del TUEL, o alla fusione per incorporazione, di cui all'articolo 1, comma 130, della legge 7 aprile 2014, n. 56.

 

Si ricorda che, al fine di favorire la fusione dei comuni, l’articolo 15, comma 3 del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che lo Stato eroghi appositi contributi straordinari per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono[10].

Successivamente, con il D.L. n. 90/2014 (art. 23, co. 1, lettera f-ter) il contributo straordinario in questione è stato esteso anche alle fusioni per incorporazione, previste dall’articolo 1, comma 130, della legge n. 56/2014[11].

Per quanto concerne l’entità del contributo, l’articolo 20 del D.L. n. 95/2012 come più volte modificato nel corso degli anni, da ultimo dalla legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 447, legge n. 232/2016) stabilisce che a decorrere dal 2017, per le fusioni di comuni realizzate negli anni 2012 e successivi, tale contributo straordinario sia commisurato al 50 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010[12], nel limite degli stanziamenti finanziari previsti, e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario.

Le modalità ed i termini per il riparto e per l’attribuzione dei contributi sono definite con il decreto del Ministero dell’interno del 26 aprile 2016.

In particolare, il decreto precisa che la quantificazione del contributo annuale spettante a ciascuno dipende dai fondi erariali stanziati e dal numero degli enti che ogni anno ne hanno diritto, nel limite massimo dei suddetti fondi. Qualora le richieste di contributo erariale, determinato nelle modalità normative richiamate, risultino superiori al fondo stanziato, nella determinazione del trasferimento erariale viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4% per le fusioni con anzianità di un anno, incrementato del 4% per ogni anno di anzianità aggiuntiva fino al 40% per le fusioni con anzianità pari a dieci anni. Diversamente, nel caso che le richieste di contributo erariale risultino inferiori al fondo stanziato, le disponibilità eccedenti sono ripartite a favore degli stessi enti, in base alla popolazione e al numero dei comuni originari.

 

Per quanto concerne i fondi erariali stanziati in favore delle fusioni di comuni, si sottolinea che le risorse di cui al comma 1 dell’articolo in esame si aggiungono a quelle già autorizzate per tale finalità dalle seguenti norme di legge:

§  articolo 1, comma 164, della legge n. 662/1996 (legge finanziaria per il 1997), per un importo pari a 1,5 milioni di euro destinato ad incentivare sia la fusione che le unioni di comuni[13];

§  articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) che ha stabilito la destinazione, nell’ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, di una quota non inferiore a 30 milioni di euro in favore dei comuni istituiti a seguito di fusione, ai sensi dell'articolo 20 del D.L. n. 95/2012[14].

Le risorse finanziarie stanziate per le fusioni di comuni sono allocate sul capitolo 1316 (Fondo ordinario) dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno.

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dall’incremento del contributo per le fusioni di comuni di cui al comma precedente, pari a 1 milioni di euro per il 2017 e per il 2018, a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione di contributi per l’estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte dei Comuni, istituito dall’articolo 9-ter del D.L. n. 113/2016 con dotazione complessiva di 110 milioni nel triennio 2016-2018, di cui 14 milioni di euro per l’anno 2016 e 48 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018 (cap. 1387/Interno).


 

Articolo 22, commi 1-3
(Assunzioni nei comuni)

 

 

L’articolo 22, commi 1-3 reca disposizioni in materia di personale dei comuni, intervenendo in particolare sulla possibilità di assumere personale a tempo determinato in deroga alla normativa vigente e sulle limitazioni al turn over per assunzioni a tempo indeterminato.

 

Più specificamente, il comma 1 prevede la facoltà per i comuni di assumere personale a tempo determinato a carattere stagionale, in deroga alla normativa vigente in materia di contenimento dalla spesa complessiva di personale[15] (ma salvaguardando il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e nel rispetto delle procedure di natura concorsuale ad evidenza pubblica), a condizione che:

§  gli oneri derivanti da tali assunzioni siano integralmente a carico di risorse, già incassate nel bilancio dei comuni, derivanti da contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati;

§  le assunzioni siano finalizzate esclusivamente alla fornitura di servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari, di servizi pubblici non essenziali o di prestazioni verso terzi paganti non connessi a garanzia di diritti fondamentali.

 

In materia di limitazioni assunzionali, l’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha previsto, in via generale, dal 2011, che le amministrazioni dello Stato (e gli altri enti indicati) possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Sono previste specifiche eccezioni a tali limiti. Tali disposizioni, inoltre, costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del S.S.N..

Dal 2013[16] gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio. Le suddette limitazioni non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale (di cui all’articolo 1, commi 557 e 562, della L. 296/2006)[17].

 

I successivi commi 2 e 3 recano disposizioni sulle limitazioni al turn over nei comuni aventi determinate caratteristiche.

 

Più specificamente:

§  si prevede che il limite del contingente di personale che può essere assunto dai comuni con meno di 10.000 abitanti, non sottoposti nel 2015 al patto di stabilità interno[18] ed aventi un rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica corrispondente[19], pari al 75% della spesa relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente, sia esteso ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti (fermi restando i vincoli del rapporto dipendenti-popolazione) ed operi solamente per il biennio 2017-2018 (comma 2);

§  si innalza dal 75% al 90% la richiamata percentuale di limitazione al turn over nei comuni che rispettino (ai sensi dell’articolo 1, comma 479, lettera d), della L. 232/2016) un particolare saldo non negativo tra entrate finali e spese finali (vedi infra) (comma 3).

 

In generale, per il triennio 2016/2018, la percentuale di limitazione alle assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale per specifiche amministrazioni dello Stato e per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno è stata ridotta, dall'articolo 1, commi 227-228, della L. 208/2015 (stabilità 2016), nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. Tale percentuale è innalzata al 75%[20] per i comuni con meno di 10.000 abitanti non sottoposti nel 2015 al patto di stabilità interno, in presenza di un rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica (come definito triennalmente con specifico decreto del Ministro dell’interno[21]).

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 1, comma 562, della L. 296/2006, per i comuni fino a 1.000 abitanti, per le unioni dei comuni e per le comunità montane (enti che non assoggettati ai vincoli del patto di stabilità) è possibile dare corso ad una assunzione per ogni cessazione avvenuta nel 2016.

Da ultimo, l'articolo 1, comma 479, lettera d), della L. 232/2016 (legge di bilancio 2017) ha ulteriormente derogato alla disciplina generale prevedendo, per i comuni che rispettino il saldo non negativo tra entrate finali e spese finali[22], senza superarlo dell'1% (ovvero lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1% degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo), l’innalzamento, nell’anno successivo, della percentuale della spesa per assunzioni a tempo indeterminato dal 25% al 75% qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica degli enti deficitari o dissestati, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno (richiamato in precedenza).


 

Articolo 22, comma 4
(Incarichi professionali conferiti dalle pubbliche amministrazioni a
titolari di cariche elettive regionali e locali)

 

 

L’articolo 22, comma 4, consente la remunerazione degli incarichi professionali conferiti da pubbliche amministrazione a titolari di cariche elettive regionali e locali. Tale previsione si pone in deroga rispetto a previsione dell’articolo 5, comma 5, del decreto-legge 78/2010 che ha stabilito, in via generale, il divieto di remunerazione, fatto salvo il rimborso spese, di qualsiasi incarico conferito da pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive.

L’esclusione dal divieto si applica agli incarichi conferiti da una pubblica amministrazione che opera in un ambito territoriale diverso dall’ente presso il quale l’interessato svolge la carica elettiva. Nel caso di carica elettiva comunale la pubblica amministrazione conferente deve operare in una provincia o in un’area metropolitana diversa.

Inoltre, il conferimento dell’incarico, e la relativa remunerazione, deve rispettare i limiti di spesa previsti dalla normativa vigente.

 

L'articolo 5, comma 5, del D.L. 78/2010, nell’ambito di una serie di interventi in materia di riduzioni di spesa delle pubbliche amministrazioni, stabilisce che, ferme restando le incompatibilità previste dalla normativa vigente nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni individuate dall'ISTAT, ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 196/2009, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta.

La L. 196/2009 prevede che l’ISTAT provveda annualmente alla ricognizione delle amministrazioni pubbliche con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre.

L'art. 1 della suddetta legge 196 stabilisce che le amministrazioni pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, e ne condividono le conseguenti responsabilità.

L'ultimo elenco delle amministrazioni pubbliche è stato adottato dall’ISTAT il 30 settembre 2016 (si veda il comunicato pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale).

 

Il D.L. 78/2010 reca una limitazione analoga per la partecipazione agli organi collegiali della pubblica amministrazione (art. 6, comma 1) e degli enti che ricevono contributi dallo Stato (art. 6, comma 2). Anche in questo caso la partecipazione a tali organi è stata resa puramente onorifica, prevedendo la corresponsione del solo rimborso spese con un limite all’importo unitario del gettone di presenza pari anch’esso a 30 euro.

Successivamente, è intervenuto l’art. 35, comma 2-bis del D.L. 5/2012 che ha precisato che il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti.

 

In materia è intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 151/2012) affermando che il principio di gratuità introdotto dl comma 5 dell’art. 5 del D.L. n. 78/2010 “risponde alla ratio di evitare il cumulo di incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo, attraverso un risparmio della spesa corrente, l’equilibrio della finanza pubblica complessiva. L’impugnata normativa è, pertanto, espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare la disciplina settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica. Costituisce, quindi, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica”.

 

La Sezione delle autonome della Corte dei conti (deliberazione 31 marzo 2016, n. 11) ha ribadito che la disciplina vincolistica contenuta nell'articolo 5, comma 5, decreto-legge n. 78 del 2010 si riferisce a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominati. Sul punto l’organo contabile ha ritenuto di non doversi discostare dall’orientamento consolidato delle Sezioni regionali di controllo secondo cui “lo svolgimento di qualsiasi incarico di natura elettiva (a prescindere dalla percezione di un emolumento per lo stesso) determina l’applicazione del vincolo di finanza pubblica introdotto dall'art. 5, comma 5, del D.L. n. 78/2010. La motivazione a suffragio della menzionata interpretazione si basa sulla ratio legis della norma, che non è rinvenibile in una preclusione ex se dello svolgimento di “qualsiasi incarico” in favore di pubbliche amministrazioni da parte di titolare di carica elettiva, bensì nell’escludere che il titolare di cariche elettive possa percepire ulteriori emolumenti per “lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo”.

Tuttavia, con la medesima deliberazione la Sezione, ha ritenuto – “in forza di un’interpretazione sistematica che tenga conto della norma di cui all’art. 35, comma 2-bis, del D.L. 5/201” - possibile “configurare una eccezione al principio di tendenziale gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive. Tale eccezione è da intendersi riferibile alla sola tipologia di incarichi obbligatori ex lege espressamente indicati dalla predetta norma (collegi dei revisori dei conti e sindacali e revisori dei conti)”.

 

La disposizione in esame reca dunque una specifica deroga alla disciplina generale che vieta la remunerazione di incarichi di qualsiasi tipo conferiti dalle pubbliche amministrazioni a titolari di cariche elettive.

Dal punto di vista soggettivo, la norma si applica esclusivamente ai titolari di cariche elettive di “regioni” (quindi presidenti e componenti dei consigli regionali) ed “enti locali” (quali sindaci, sindaci metropolitani, presidenti di provincia e consiglieri comunali, metropolitani e provinciali, titolari di cariche elettive di forme associative di comuni) e non anche ai titolari di cariche elettive nazionali (parlamentari e deputati del Parlamento europeo), per i quali permane i divieto di remunerazione.

Inoltre, la deroga non riguarda tutti gli incarichi, ma esclusivamente “quelli aventi ad oggetto prestazioni professionali”.

 

Il contenuto di tali incarichi richiama il contratto di prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli articoli 2229 – 2238 del codice civile.

 

Infine, il soggetto che conferisce l’incarico e l’ente di elezione devono trovarsi in ambiti territoriali diversi e, per i comuni, anche in province diverse.

 

Si ricorda che il testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000) contiene una clausola generale (art. 78) in base alla quale vige in capo agli amministratori locali l’obbligo di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado (comma 2).

Inoltre, prescrive che i componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato (comma 3).

Prevede, infine, che al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province (comma 5).

Nell’ordinamento risultano numerose altre cause di incompatibilità degli amministratori locali contenute principalmente nel medesimo testo unico (in particolare nell’articolo 68) e nel D.Lgs. 39/2013 recante disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità.


 

Articolo 22, comma 5
(Dirigenti delle province)

 

 

L’articolo 22, comma 5, introduce una deroga al divieto posto in capo alle province delle regioni a statuto ordinario di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, consentendo la copertura delle posizioni dirigenziali che richiedono professionalità tecniche non fungibili in relazione alle svolgimento delle funzioni fondamentali delle medesime province.

 

Il divieto all’assunzione di personale da parte delle province è posto dall’articolo 1, comma 420, lett. c), della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) che, nell’ambito di una serie di disposizioni volte al concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica, dispone che dal 1º gennaio 2015, alle province delle regioni a statuto ordinario è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell'ambito di procedure di mobilità.

Le funzioni fondamentali delle province, cui fa riferimento la disposizione in commento, sono quelle definite dall’articolo 1, commi 85 e 86 della legge 56/2014.

 

La legge 7 aprile 2014, n. 56 (cd. “legge Delrio”) ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province, oltre ad una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni.

Le città metropolitane sostituiscono le province in dieci aree urbane del paese; il loro territorio corrisponde a quello delle province.

Per quanto riguarda il riordino delle province, per esse è previsto un assetto ordinamentale semplificato: sono organi della provincia: il presidente della provincia (che però è organo elettivo di secondo grado), il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci.

La legge definisce altresì le funzioni fondamentali, rispettivamente, di città metropolitane e province, riconoscendo un contenuto più ampio alle prime, e delinea, con riferimento alle sole province, la procedura per il trasferimento delle funzioni non fondamentali ai comuni o alle regioni.

 

In particolare, i commi da 85 a 97 disciplinano il riordino delle funzioni delle province. Innanzitutto sono individuate le seguenti funzioni fondamentali (comma 85):

§  pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

§  pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

§  programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

§  raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

§  gestione dell'edilizia scolastica;

§  controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

 

Alle province montane confinanti con Paesi stranieri sono inoltre attribuite funzioni fondamentali ulteriori rispetto a quelle attribuite alla generalità delle province, riguardanti la cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione in forma associata di servizi in base alle specificità del territorio medesimo e la cura delle relazioni istituzionali con altri enti territoriali, compresi quelli di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane (comma 86).

 

Con l'inizio del 2016 tutte le Regioni a statuto ordinario hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell'11 settembre 2014.

Per un'analisi delle disposizioni regionali di attuazione della L. 56/2014, si rinvia al Rapporto 2015-2016 sullo stato della legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, curato dall'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati (vol II, p. 241 ss.).

 

Nell'ambito della riforma degli enti locali disposta dalla legge 56/2014 la citata legge di stabilità 2015 introduce disposizioni volte a definire le procedure di mobilità del personale. In particolare, i commi da 421 a 428 dell'articolo 1 dispongono, in primo luogo, la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane (che comunque possono deliberare una riduzione superiore - nel rispetto di divieti specificamente individuati per le province delle regioni a statuto ordinario - a decorrere dal 1° gennaio 2015) con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione.

Con la circolare n. 1 del 2015 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie sono dettate disposizioni di chiarimento in ordine all’attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane di cui ai citati commi da 418 a 430 dell’art. 1della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Articolo 22, commi 6 e 7
(Disposizioni riguardanti gli istituti e i luoghi della cultura
dotati di autonomia speciale)

 

 

L’articolo 22, comma 6 prevede la possibilità per gli istituti o luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale di avvalersi di competenze o servizi professionali nella gestione dei beni culturali, attraverso il ricorso a contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, per una durata massima di 9 mesi.

Il comma 7 prevede la possibilità di rinnovo per una sola volta, per ulteriori 4 anni, degli incarichi di direttore dei medesimi istituti o luoghi della cultura, conferiti a seguito di procedure di selezione pubblica internazionale.

 

Le due previsioni sono dichiaratamente finalizzate a potenziare i sistemi museali cittadini[23] e a promuovere l’interazione e la collaborazione fra gli istituti e i luoghi della cultura statali, regionali e degli enti locali.

 

Preliminarmente, si ricorda che, ai sensi dell’art. 101 del d.lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, sono istituti e luoghi della cultura:

§  il museo, ossia la struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio;

§  la biblioteca, ossia la struttura permanente che raccoglie, cataloga e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio;

§  l’archivio, ossia la struttura permanente che raccoglie, inventaria e conserva documenti originali di interesse storico e ne assicura la consultazione per finalità di studio e di ricerca;

§  l’area archeologica, ossia il sito caratterizzato dalla presenza di resti di natura fossile o di manufatti o strutture preistorici o di età antica;

§  il parco archeologico, ossia ogni ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all'aperto;

§  il complesso monumentale, ossia l’insieme formato da una pluralità di fabbricati edificati anche in epoche diverse, che con il tempo hanno acquisito, come insieme, una autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica.

Gli istituti ed i luoghi della cultura che appartengono a soggetti pubblici sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico.

Le strutture espositive e di consultazione nonché i luoghi della cultura che appartengono a soggetti privati e sono aperti al pubblico espletano un servizio privato di utilità sociale.

 

In particolare, il comma 6 dispone che, fino al 31 dicembre 2018, ciascun istituto o luogo della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale può avvalersi, al fine di sostenere il buon andamento dello stesso istituto (o luogo della cultura), di competenze o servizi professionali nella gestione dei beni culturali, mediante il conferimento, ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, di incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa[24], per una durata non superiore a 9 mesi, entro i limiti di spesa di € 200.000 per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

A tal fine, ciascun istituto (o luogo della cultura) provvede con le risorse disponibili sul proprio bilancio. Lo stesso istituto (o luogo della cultura) assicura, inoltre, il rispetto degli obblighi in materia di pubblicità e trasparenza nelle diverse fasi della procedura.

 

Al primo periodo, occorre sostituire le parole “il buon andamento degli istituti” con le parole “il buon andamento dell’istituto o luogo della cultura”.

Corrispondentemente, al secondo periodo occorre inserire le parole “o luogo della cultura” dopo le parole “per ciascun istituto” e dopo le parole “bilancio dell’istituto”.

 

La relazione illustrativa precisa che la previsione è finalizzata alla costituzione di segreterie tecniche che consentano di far fronte alla specifica carenza di personale, specialmente quello con competenze amministrative e gestionali, che non permette di sviluppare appieno l’offerta culturale e di servizi al pubblico.

Al riguardo, richiama il precedente costituito dalla segreteria tecnica di progettazione costituita, ai sensi dell’art. 2, co. 5, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) presso la (allora) Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, al fine di accelerare la progettazione degli interventi previsti nell'ambito del Grande Progetto Pompei.

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di specificare anche nel testo che i contratti sono finalizzati alla costituzione di una segreteria tecnica.

 

In base all’all. 1 del D.M. 23 dicembre 2014, recante organizzazione e funzionamento dei musei statali – come modificato dall’art. 2, co. 1, del D.M. 14 ottobre 2015, dall’art. 1, co. 1, lett. f), del D.M. 23 gennaio 2016, dall’art. 10, co. 1, del D.M. 9 aprile 2016 e, da ultimo, dagli artt. 3, co. 2, lett. a) e 4, co. 1, lett. a), n. 1), del D.M. 12 gennaio 2017 i musei e parchi archeologici di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale sono 32. Si tratta dei seguenti: Galleria Borghese; Gallerie degli Uffizi; Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma; Gallerie dell'Accademia di Venezia; Museo di Capodimonte; Museo Nazionale Romano; Parco archeologico del Colosseo; Parco archeologico di Pompei; Pinacoteca di Brera; Reggia di Caserta; Complesso monumentale della Pilotta; Galleria dell'Accademia di Firenze; Galleria Nazionale delle Marche; Galleria Nazionale dell'Umbria; Gallerie Estensi di Modena; Gallerie azionali d'arte antica di Roma; Musei reali di Torino; Museo delle Civiltà; Museo archeologico Nazionale di Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; Museo Archeologico Nazionale di Taranto; Museo Nazionale del Bargello; Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; Museo storico e Parco del Castello di Miramare; Parco archeologico dei Campi Flegrei; Parco archeologico dell'Appia antica; Parco archeologico di Ercolano; Parco archeologico di Ostia antica; Parco archeologico di Paestum; Palazzo Ducale di Mantova; Palazzo Reale di Genova; Villa Adriana e Villa d'Este.

 

La norma prevede, inoltre, la compensazione degli effetti finanziari derivanti dalla disposizione in esame, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, quantificati in 700.000 euro per l’anno 2017, 1,5 milioni per l’anno 2018 e in 750.000 euro per l’anno 2019, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali[25].

 

Il comma 7 dispone che, per le medesime finalità, gli incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale, conferiti (per 4 anni) a seguito delle procedure di selezione pubblica internazionale di cui all’art. 14, co. 2-bis, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014), possono essere rinnovati una sola volta, per ulteriori 4 anni, con decisione motivata sulla base di una valutazione positiva dei risultati ottenuti.

Si tratta di una specifica rispetto a quanto disposto dallo stesso art. 14, co. 2-bis.

 

L’art. 14, co. 2-bis, del D.L. 83/2014 ha previsto che, al fine di adeguare l'Italia agli standard internazionali in materia di musei e di migliorare la promozione dello sviluppo della cultura, anche sotto il profilo dell'innovazione tecnologica e digitale, con regolamento adottato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione sono individuati, fra l’altro, i poli museali e gli istituti della cultura statali di rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello dirigenziale, nei quali i relativi incarichi possono essere conferiti, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura.

Su questa base, l’art. 3 del D.M. 27 novembre 2014, recante la disciplina dei criteri e delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali, ha previsto, in particolare, che, a tal fine, il Ministro può svolgere apposite procedure di selezione distinte da quelle dirette al conferimento degli altri incarichi dirigenziali, ricorrendo ad una o più commissioni composta, ciascuna, da tre a cinque membri esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale.

 

Allo stato, sono state indette 4 procedure di selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di direttore in 31 dei 32 musei e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale (ossia, tutti tranne il Parco archeologico di Pompei). Tutti i bandi hanno previsto che l’incarico è conferito per la durata di 4 anni.

In particolare, l'8 gennaio 2015 è stata indetta una selezione pubblica per il conferimento dell'incarico di direttore dei seguenti 20 musei: Galleria Borghese, Gallerie degli Uffizi, Galleria dell’Accademia di Venezia, Galleria Estense di Modena[26], Galleria Nazionale delle Marche, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Gallerie dell’Accademia di Firenze, Gallerie Nazionali d’arte antica di Roma, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, Museo Nazionale del Bargello, Museo di Capodimonte, Palazzo Ducale di Mantova, Galleria Nazionale dell’Umbria, Palazzo Reale di Genova, Parco archeologico di Paestum, Pinacoteca di Brera, Polo Reale di Torino[27], Reggia di Caserta.

Qui la pagina dedicata alla procedura, conclusasi nel mese di agosto 2015.

 

Il 27 maggio 2016 è stata indetta la selezione pubblica per il conferimento dell'incarico di direttore dei seguenti 9 musei: Complesso monumentale della Pilotta; Museo delle Civiltà; Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; Museo storico e Parco del Castello di Miramare; Parco archeologico dei Campi Flegrei; Parco archeologico dell’Appia antica; Parco archeologico di Ercolano; Parco archeologico di Ostia antica; Villa Adriana e Villa D’Este.

Il 2 agosto 2016 è stata indetta la selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di direttore Museo Nazionale Romano.

Le due procedure si sono concluse l’8 febbraio 2017. Qui la pagina dedicata.

 

Il 27 febbraio 2017 è stata indetta la selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di direttore del Parco archeologico del Colosseo, che si concluderà entro il 30 giugno 2017. Qui la pagina dedicata.


 

Articolo 22, comma 8
(Contributo al Teatro Eliseo)

 

 

L’articolo 22, comma 8, autorizza la spesa di € 2 milioni per il 2017 in favore del Teatro Eliseo, per spese ordinarie e straordinarie.

 

La finalità è quella di garantire la continuità delle attività del Teatro in occasione del centenario dalla sua fondazione come “Teatro Eliseo”, avvenuta nel 1918.

Si tratta di risorse ulteriori rispetto a quelle assegnate allo stesso Teatro ai sensi del D.M. 1 luglio 2014, recante i nuovi criteri per l’erogazione dei contributi allo spettacolo dal vivo a valere sul Fondo unico per lo spettacolo di cui alla L. 163/1985.

 

Per la concessione dei contributi ai diversi settori dello spettacolo dal vivo, l’art. 3 del D.M. 1 luglio 2014 prevede la presentazione di un progetto triennale (a partire dal triennio 2015-2017) e di un programma annuale per coloro le cui istanze triennali sono state approvate.

Inoltre, in base all’art. 46, co. 2, del medesimo DM, su esclusiva iniziativa del Ministro, sentite le Commissioni consultive competenti per materia, possono essere sostenuti finanziariamente progetti speciali, a carattere annuale o triennale.

 

Al Teatro Eliseo – già riconosciuto di interesse culturale[28] – sono stati corrisposti contributi quale teatro di rilevante interesse nazionale (ai sensi dell’art. 11 del DM), nonché contributi per progetti speciali (ai sensi dell’art. 46, co. 2, del DM).

In particolare, in qualità di teatro di rilevante interesse nazionale, con D.D. 538 del 12 giugno 2015 sono stati corrisposti € 481.151 per il 2015, mentre con D.D. 1413 del 7 novembre 2016 sono stati corrisposti 514.831 per il 2016.

Inoltre, con D.M. 497 del 3 novembre 2016 sono stati corrisposti € 250.000 per il progetto speciale Generazioni.

Al riguardo, con comunicato stampa del 15 marzo 2017 il Mibact aveva reso noto che “La Direzione Generale Spettacolo del Mibact precisa che, secondo quanto previsto dal sistema normativo, il sostegno alla prosa avviene tramite l’approvazione di progetti triennali da parte di una commissione consultiva indipendente composta da esperti e di criteri oggettivi attraverso un sistema comparativo tra soggetti appartenenti a categorie omogenee su tutto il territorio nazionale. Nel 2015, primo anno del triennio, la nuova gestione del teatro Eliseo afferente alla Casanova S.r.l. ha riaperto il teatro solo il 29 settembre, potendo esibire, quindi una programmazione e un calendario molto più breve di quello degli altri analoghi organismi. Ciò nonostante la Direzione Generale dello spettacolo, sentita la Commissione, ha assegnato un contributo di 481.151 euro, tenendo conto quindi dei lavori in corso e dando la massima fiducia alla proposta culturale e artistica del teatro. Il contributo è stato incrementato nel 2016 a 514.831 euro e nello stesso anno sono state erogate ulteriori risorse pari a 250.000 euro per il progetto speciale Generazioni per trasformare lo storico spazio storico del teatro in una sorta di ‘Beaubourg’ cittadino ed estendere la programmazione al teatro di Tor Bella Monaca. Si tratta dello stanziamento in assoluto più consistente fra i 13 progetti speciali approvati nel 2016 che porta il sostegno del Ministero ad oltre 1,2 milioni di euro in due anni e colloca l’Eliseo nella media degli altri Teatri di Rilevante Interesse Culturale per finanziamenti ricevuti. Tali risorse nel 2017 potranno ulteriormente essere incrementate nella parte ordinaria e accresciute nell’ambito di eventuali altri progetti speciali”.

 

L’art. 11 del D.M. 1 luglio 2014, come modificato dall’art. 1, co. 6, del D.M. 5 febbraio 2016, dispone che, agli effetti e per i soli fini dello stesso decreto, sono definiti teatri di rilevante interesse culturale gli organismi che svolgono attività di produzione teatrale di rilevante interesse culturale prevalentemente nell'ambito della regione di appartenenza.

Il contributo, secondo i criteri indicati dall’art. 5, è concesso al teatro che effettui complessivamente nell'anno un minimo di 160 giornate recitative di produzione e di 6000 giornate lavorative - come definite nell’All. D - a condizione che:

§  vi sia l'impegno di enti territoriali o altri enti pubblici a concedere contributi per una somma complessivamente pari al 40% del contributo statale;

§  gestisca direttamente in esclusiva una o più sale, nella regione in cui ha sede legale, per un totale di almeno 400 posti, con una sala di almeno 200 posti;

§  almeno il 40% del personale artistico coincida con quello dell'annualità precedente e almeno il 30% del personale amministrativo e tecnico risulti assunto con contratto a tempo indeterminato o determinato;

§  ogni anno venga prodotto almeno uno spettacolo di autore vivente e venga prodotto o ospitato uno spettacolo di ricerca;

§  almeno il 40% del minimo delle giornate recitative degli spettacoli prodotti venga rappresentato nei teatri gestiti direttamente in esclusiva; al massimo il 20% di tali giornate recitative può essere costituito da matinée per le scuole[29];

§  non più del 50% del totale delle giornate recitative prodotte sia rappresentato al di fuori della regione di appartenenza, con esclusione delle recite all'estero;

§  le recite in coproduzione non superino il 40% delle recite programmate; tale limite non si applica per le coproduzioni con soggetti internazionali[30].

Ai fini della concessione del contributo, il Mibact richiede alla regione di appartenenza un parere sulle domande presentate da soggetti aventi sede legale nella stessa regione, con particolare riferimento alla continuità dell'attività del soggetto nel territorio regionale ed alla funzione da esso svolta nel sistema teatrale regionale. Il parere è trasmesso dalla regione entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta del Mibact, trascorsi i quali si ritiene non espresso.

 

Al relativo onere si provvede mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle somme derivanti dall'eventuale minor utilizzo degli stanziamenti destinati al credito di imposta per il cinema (di cui all’art. 24, co. 1, della L. 183/2011), che restano acquisite all’erario.

 

Tali somme sono attualmente destinate al rifinanziamento del (nuovo) Fondo per il cinema e l'audiovisivo, di cui all’art. 13 della L. 220/2016.

Preliminarmente si ricorda che l’art. 24, co. 1, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha disposto che le somme relative all’eventuale minor utilizzo delle risorse stanziate per le agevolazioni fiscali in favore delle imprese operanti nel settore cinematografico, previste dalla legge finanziaria 2008 (art. 1, co. da 325 a 337, della L. 244/2007) e successivamente prorogate, sono individuate con decreto dei Ministri per i beni e le attività culturali e dell’economia e delle finanze e riassegnate ogni anno con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze allo stato di previsione del Mibact, per essere destinate (prima dell’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, dell’art. 12 del d.lgs. 28/2004, operata dall’art. 39, co. 1, lett. b), della L. 220/2016) al rifinanziamento del Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche[31]. In base allo stesso art. 24, co. 1, della L. 183/2011, il riparto delle risorse è disposto con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.

In seguito, gli artt. da 15 a 21 della L. 220/2016 hanno ridisegnato la regolamentazione del tax credit e, conseguentemente, l’art. 39 ha previsto, tra l’altro, l’abrogazione, dal 1° gennaio 2017, dell'art. 1, co. da 325 a 327 e da 329 a 337, della L. 244/2007. In base all’art. 21, co. 5, della L. 220/2016, le modalità applicative del nuovo sistema dei crediti d’imposta devono essere definite con uno o più decreti interministeriali (Mibact, MEF, MISE), che dovevano essere emanati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

A sua volta, il co. 6 dello stesso art. 21 ha disposto che le risorse stanziate per il finanziamento dei crediti d'imposta, laddove inutilizzate e nell'importo definito con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono destinate al rifinanziamento del Fondo per il cinema e l'audiovisivo, secondo le modalità previste dall’art. 24, co. 1, della L. 183/2011. Ai sensi dell’art. 13 della L. 220/2016, nello stesso nuovo Fondo per il cinema e l’audiovisivo confluiscono, per il 2017, le risorse dell’abrogato Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche.

 

Per completezza, si ricorda che alle stesse risorse ha attinto anche l’art. 11, co. 3, quarto periodo, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) che, in particolare, ha previsto che, per l'anno 2017, quota parte delle somme in questione, nel limite massimo di € 12 mln, può essere destinata al sostegno dello spettacolo dal vivo: di tali somme, una quota non superiore a € 4 mln è ripartita, secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in favore di attività culturali nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a decorrere dal 24 agosto 2016.


 

Articolo 23
(Consolidamento dei trasferimenti erariali alle province delle
regioni Sardegna e Sicilia)

 

 

L'articolo 23 dispone il consolidamento a decorrere dall'anno 2017 dei trasferimenti erariali ricevuti dalle province delle regioni Sardegna e Sicilia nell'anno 2016.

In particolare, la norma dispone la conferma dei valori finanziari relativi ai trasferimenti erariali  dell'anno 2016 da parte del Ministero dell'interno, a valere sui contributi ordinario, consolidato e perequativo, riguardanti le province della regione Sardegna, tenendo conto del riordino territoriale attuato dalla legge regionale 4 febbraio 2016, n. 2, e ripartendo i valori finanziari nei confronti degli enti subentranti per il 90 per cento in base alla popolazione residente e per il 10 per cento in base al territorio.

Analogamente per la regione Siciliana sono confermati i valori finanziari relativi ai trasferimenti erariali dell'anno 2016 da parte del Ministero dell’interno, a valere sui contributi ordinario, consolidato e perequativo, riguardanti gli enti subentrati alle province della regione Siciliana.

La legge regionale n. 2 del 2016 della regione Sardegna ha disciplinato il riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna, prevedendo una nuova architettura che si fonda sulle aggregazioni tra più centri vicini. La legge ha provveduto: ad istituire la città metropolitana di Cagliari; a dare corso alla liquidazione e al trasferimento dei beni, del personale e dei procedimenti delle province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio; a disciplinare, in via transitoria, le funzioni delle province, in attesa della loro definitiva soppressione. Per effetto dell'attuazione della citata legge regionale n. 2 del 2016 le precedenti otto province sono confluite in quattro province (Sassari, Oristano, Nuoro e Sud Sardegna) e nella città metropolitana di Cagliari.

La legge regionale n. 15 del 4 agosto 2015, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana numero 32 del 7 agosto 2015, ha ridisegnato l'assetto istituzionale della Sicilia attraverso l'istituzione dei liberi Consorzi comunali di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani, e delle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. La norma disciplina l'organizzazione e le funzioni dei nuovi enti e ne stabilisce le disposizioni sul personale. Le città metropolitane e i liberi consorzi di comuni hanno sostituito, senza variazioni territoriali, le preesistenti province.


 

Articolo 24
(Fabbisogni standard e capacità fiscali per Regioni)

 

 

L’articolo 24 prevede a decorrere dall’anno 2017 la predisposizione da parte della Commissione tecnica per i fabbisogni standard delle metodologie per la determinazione dei  fabbisogni e delle capacità fiscali standard delle Regioni a statuto ordinario, nelle materie diverse dalla sanità. Stabilisce inoltre che a decorrere dal 2018 fabbisogni e capacità fiscali standard possano essere utilizzati per la ripartizione del concorso alla finanza pubblica stabilito dalle disposizioni vigenti a carico delle regioni medesime.

A tal fine l’articolo 24 in esame introduce due nuovi commi, 534 bis e ter, all’articolo 1 della legge n.232/2016 (legge di bilancio 2017).

In particolare, con il primo di tali commi (534-bis) si dispone che a decorrere dall’anno 2017 la Commissione tecnica per i fabbisogni standard (istituita dall’articolo 1, comma 29, della legge di stabilità 2016 (L.n.208/2015)[32] provveda – sulla base delle elaborazioni predisposte dalla SOSE S.p.a[33], in collaborazione con l’Istat ed avvalendosi anche del Centro interregionale di studi e documentazione presso la Conferenza delle regioni e province autonome (CINSEDO) – all’approvazione dei metodologie per la determinazione di fabbisogni standard e di capacità fiscali standard delle regioni a statuto ordinario, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 13 del decreto legislativo n.68/2011[34], nelle materie diverse dalla sanità.


 

Fabbisogni standard e capacità fiscali

L’articolo 13 del D.Lgs. n.68/2011 prevede che per le regioni, nei settori interessati al finanziamento dei fabbisogni standard, la legge statale – al momento non ancora intervenuta – stabilisca le modalità di determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep)che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (ai sensi del secondo comma, lettera m), dell’articolo 117 Cost.) nelle materie diverse dalla sanità. Tali Lep sono stabiliti prendendo a riferimento macroaree di intervento (sanità assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale), per ciascuna delle quali sono definiti i costi e i fabbisogni standard (nonché le metodologie di monitoraggio e di valutazione dell’efficienza e dell’appropriatezza dei servizi offerti), anche con l’obiettivo di la convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo. Per queste finalità la SOSE provvede alla ricognizione dei Lep medesimi e, fino alla determinazione degli stessi con legge, tramite intesa conclusa in sede di Conferenza unificata sono stabiliti i servizi da erogare, aventi caratteristiche di generalità e permanenza, e il relativo fabbisogno, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

Quanto alle capacità fiscali, tenuto conto che il D.Lgs. 210/2016 reca le procedure di determinazione dei soli fabbisogni standard, con l’articolo 43, comma 5-quater, del decreto-legge n.133 del 2014, è stata introdotta la procedura per l’individuazione delle capacità fiscali dei comuni, da operarsi con una nota metodologica da adottarsi con decreto del Ministro dell’economia, previa intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per il parere sia della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale che delle commissioni competenti per materia. Sono finora intervenuti due provvedimenti, entrambi da parte del  Ministro dell’economia e delle finanze: - il D.M. 11 marzo 2015 con cui sono state adottate la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario. Si tratta, in sintesi, del gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, date la base imponibile e l’aliquota legale; -  il D.M. 13 maggio 2016 di integrazione della suddetta nota metodologica, reso necessario per effetto dei cambiamenti normativi in materia tributaria, in particolare per le variazioni intervenute in materia di IMU/TASI, e per tener conto dei nuovi redditi imponibili che costituiscono una base per il calcolo delle capacità fiscale dei comuni.

Il comma 534-bis medesimo precisa che all’approvazione delle suddette metodologie si proceda previo aggiornamento da parte della Conferenza Unificata degli oneri (“effettiva entità e della ripartizione delle misure di consolidamento” recita il comma) posti a carico dei diversi livelli di governo per il concorso degli stessi al consolidamento dei conti pubblici stabilito dalle manovre di finanza pubblica: aggiornamento che concerne sia gli oneri risultanti fino all’annualità 2016, sia quelli previsti per il triennio 2017-2019.

Con il successivo comma 534-ter si interviene sulle modalità di ripartizione del concorso alla finanza pubblica delle regioni e province autonome stabilito dall’articolo 46, comma 6, del decreto-legge n.66 del 2014, nonché di quello stabilito dall’articolo 1, comma 680 della legge n.208/2015.

La prima norma dispone per le regioni a statuto ordinario un contributo pari a 500 milioni per il 2014 ed a  750 milioni annui dal 2015 e seguenti; la seconda norma stabilisce per il complesso delle regioni e province autonome un contributo pari a 3.980 milioni per il 2017 e 5.480 per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020. Entrambe dispongono che il contributo va sancito con intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, prevedendo nel contempo l’intervento con apposito D.P.C.M. in assenza di tale intesa.

Il comma 534-ter in esame stabilisce ora, al comma 1, che a decorrere dal 2018, in caso di mancata intesa il concorso annuale previsto dalle suddette disposizioni è ripartito con D.P.C.M. tenendo anche conto dei fabbisogni standard come approvati ai sensi del precedente comma 534-bis nonché delle capacità fiscali standard elaborate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia.

Dispone inoltre che in caso di mancata approvazione dei fabbisogni e delle capacità fiscali medesimi, il concorso alla finanza pubblica è ripartito dal predetto D.P.C.M. tenendo anche conto della popolazione residente e del Pil; il medesimo provvedimento individua altresì le modalità di acquisizione delle risorse al bilancio dello Stato.

In relazione alla nuova disciplina ora prevista in ordine ai criteri di ripartizione del contributo alla finanza pubblica da parte delle regioni in caso di mancata intesa tra le stesse – criteri incentrati su fabbisogni e capacità fiscali standard - il comma 2 dell’articolo 24 in esame sopprime a decorrere dal 2016, nelle due disposizioni sopra citate che determinano l’ammontare del contributo medesimo, le norme che regolano i criteri di riparto da seguire in mancanza dell’intesa. Si tratta in particolare:

§  del secondo e del quinto periodo dell’articolo 46, comma 6, del decreto-legge n.66 del 2014;

§  del secondo periodo dell’articolo 1, comma 680, della legge n.208/2015(stabilità 2016).

Entrambe le disposizioni prevedono, con formulazione sostanzialmente simile, che in assenza dell’intesa entro i termini stabiliti, entro i successivi venti giorni, con D.P.C.M. l’importo del contributo stabilito dalle norme è assegnato ad ambiti di spesa ed attribuito alle singole regioni (e province autonome nel caso del comma 680), tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e sono conseguentemente rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati, nonché le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, inclusa la possibilità di prevedere versamenti da parte degli enti interessati, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.

Si segnala che il secondo periodo del comma 680, che viene soppresso dal comma 2  dell’articolo in commento, è oggetto di un intervento anche da parte dell’articolo 28 del  decreto-legge in esame – rispetto al quale potrebbe pertanto risultare opportuno un coordinamento - in cui si prevede la soppressione di alcune parole del medesimo periodo.


 

Articolo 25
(
Attribuzione quota investimenti alle regioni, province
e città metropolitane
)

 

 

L’articolo 25 attribuisce quote del Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito dalla legge di bilancio per il 2017 nello stato di previsione del MEF:

-     alle regioni, per 400 milioni di euro nel 2017, con la condizione di dover effettuare un importo minimo di investimenti nuovi e aggiuntivi nel 2017;

-     alle province e alle città metropolitane, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica, per un importo di 64 milioni nel 2017, 118 milioni nel 2018, 80 milioni nel 2019 e 44,1 milioni nel 2020.

 

In particolare, il comma 1 integra la legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016), che ai commi da 140 a 142 dell’articolo 1 ha istituito il Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l’anno 2017, 3.150 milioni per l’anno 2018, 3.500 milioni per l’anno 2019 e 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032.

 

Il Fondo è finalizzato ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese nei settori di spesa relativi a:

a)    trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie;

b)   infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione;

c)    ricerca;

d)   difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche;

e)    edilizia pubblica, compresa quella scolastica;

f)    attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni;

g)    informatizzazione dell'amministrazione giudiziaria;

h)   prevenzione del rischio sismico;

i)     investimenti per la riqualificazione urbana e per la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;

j)     l) eliminazione delle barriere architettoniche.

Il riparto del Fondo dovrà avvenire con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato.

In proposito, si segnala che l’A.G. 409, attualmente all’esame presso le competenti Commissioni parlamentari per il prescritto parere, provvede, al comma 1, ad una prima ripartizione del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, destinando complessivamente 800 milioni di euro per il triennio 2017-2019 (270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 260 milioni di euro per l'anno 2019) per il finanziamento dei progetti compresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie e delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, istituito dai commi da 974 a 978, dell'art. 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015).

 

Alla legge di bilancio viene quindi aggiunto il comma 140-bis, che attribuisce alle Regioni a statuto ordinario 400 milioni di euro per l’anno 2017 del Fondo, ripartiti secondo gli importi indicati nella seguente tabella:

 

                                                                                                  (importi in euro)

Regioni

Percentuale attribuita

quota assegnata del fondo

quota investimenti nuovi o aggiuntivi

Abruzzo

3,16%

12.650.315,79

4.187.920,33

Basilicata

2,50%

9.994.315,79

3.308.644,54

Calabria

4,46%

17.842.315,79

5.906.745,60

Campania

10,54%

42.159.368,42

13.956.969,86

Emilia-Romagna

8,51%

34.026.315,79

11.264.501,39

Lazio

11,70%

46.813.263,16

15.497.653,96

Liguria

3,10%

12.403.157,89

4.106.098,06

Lombardia

17,48%

69.930.105,26

23.150.545,37

Marche

3,48%

13.929.473,68

4.611.388,92

Molise

0,96%

3.828.842,11

1.267.548,25

Piemonte

8,23%

32.908.842,11

10.894.558,78

Umbria

1,96%

7.848.210,53

2.598.170,75

Puglia

8,15%

32.610.736,84

10.795.870,25

Toscana

7,82%

31.269.263,16

10.351.771,86

Veneto

7,95%

31.785.473,68

10.522.664,71

TOTALE

100,00%

400.000.000,00

132.421.052,63

 

L’ultima colonna della tabella riporta la quota di investimenti nuovi e aggiuntivi che le Regioni a statuto ordinario sono tenute ad effettuare, per un importo complessivo almeno pari a 132.421.052,63 euro nell’anno 2017.

A tal fine, entro il 31 luglio 2017, le medesime Regioni a statuto ordinario adottano gli atti finalizzati all’impiego delle risorse, assicurando l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno 2017 per la quota di competenza di ciascuna Regione.

Gli investimenti che le singole Regioni sono chiamate a realizzare sono considerati nuovi o aggiuntivi qualora sia rispettata una delle seguenti condizioni:

a)   le Regioni procedono a variare il bilancio di previsione 2017-2019 incrementando gli stanziamenti riguardanti gli investimenti diretti e indiretti per la quota di rispettiva competenza;

b)  gli investimenti per l’anno 2017 devono essere superiori, per un importo pari ai valori indicati nella tabella rispetto agli impegni per investimenti diretti e indiretti effettuati nell’esercizio 2016 a valere su risorse regionali, escluse le risorse del Fondo pluriennale vincolato.

 

Le Regioni certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti entro il 31 marzo 2018, mediante apposita comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, rispetto agli obiettivi indicati per ciascuna Regione, qualora la Regione non abbia conseguito, per la differenza, un valore positivo del saldo del pareggio di bilancio (comma 466 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2017), si applicano le relative sanzioni (commi 475 e 476 della medesima legge).

 

Infine, alla legge di bilancio viene aggiunto il comma 140-ter, in cui si prevede che una quota del Fondo (64 milioni di euro per l’anno 2017, 118 milioni di euro per l’anno 2018, 80 milioni di euro per l’anno 2019 e 44,1 milioni di euro per l’anno 2020) venga attribuita dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca alle province e alle città metropolitane, per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica coerenti con la programmazione triennale. Tali risorse possono essere destinate anche all’attuazione degli interventi di adeguamento alla normativa in materia di sicurezza antincendio.

La norma riduce corrispondentemente l’autorizzazione di spesa di cui al comma 140 relativa al Fondo.

Le province e le città metropolitane certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti entro il 31 marzo successivo all’anno di riferimento, mediante apposita comunicazione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti, le corrispondenti risorse assegnate alle singole province o città metropolitane sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo.

 

Il comma 2 contiene una norma di coordinamento, che va ad integrare il comma 142 dell’articolo 1 della legge di bilancio, relativo al monitoraggio degli interventi ai sensi del D.Lgs. 229/2011

Il citato decreto - che si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della L. n. 196/2009, e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche (art. 1, comma 1) - introduce nuovi obblighi informativi, e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all'autorità di vigilanza. E' prevista l'istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l'intero processo realizzativo dell'opera, con obbligo, tra l'altro, di subordinare l'erogazione dei finanziamenti pubblici all'effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti. La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (art. 5), che è stato emanato in data 26 febbraio 2013 e pubblicato nella G.U. 5 marzo 2013, n. 54.

Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche» (BDAP).

 

Tale monitoraggio viene dunque previsto, oltre che per gli interventi relativi ai commi 140 e 141, anche per i commi  140-bis e 140-ter introdotti dalla norma in esame.


 

Articolo 26
(Modifica al prospetto di verifica del pareggio di bilancio)

 

 

L’articolo 26 reca disposizioni di carattere contabile, relative ai bilanci degli enti territoriali, volte da un lato ad estendere il novero delle variazioni di bilancio cui allegare il prospetto di verifica del rispetto del pareggio di bilancio e, dall’altro, con riguardo alle Regioni, a rendere più flessibile da parte delle stesse la gestione di talune tipologie di stanziamenti di bilancio

L’articolo opera a tale fine due diversi interventi, con il primo dei quali si aggiungono due ulteriori voci all’elenco delle variazioni di bilancio cui è necessario allegare il prospetto di verifica del rispetto del pareggio: ciò, come precisa la relazione illustrativa, allo scopo di migliorare gli strumenti di natura contabile volti a garantire il rispetto dei vincoli di finanza pubblica degli enti territoriali.

Con tale finalità le lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo in esame intervengono sul comma 468 dell’articolo 1 della legge n.232/2016 (legge di bilancio 2017), il quale, nel disporre che al bilancio di previsione sia allegato il prospetto dimostrativo del rispetto del pareggio di bilancio (vale a dire un saldo non negativo in termini di competenza, tra entrate e spese finali, ai sensi dell’articolo 9 della legge n.243 del 2012[35]), stabilisce altresì che nel corso dell’esercizio, ai fini della verifica del rispetto del saldo, il prospetto è allegato alle variazioni di bilancio approvate dal Consiglio e ad altre tipologie di variazioni indicate dal comma 468 medesimo.

Si tratta, in sintesi, delle variazioni: a) approvate dalla Giunta riguardanti il fondo pluriennale vincolato; b) effettuate dai responsabili della spesa e riguardanti il fondo pluriennale vincolato; c) effettuate dai responsabili della spesa su stanziamenti riferiti a operazioni di indebitamento già autorizzate; d) approvate dalla Giunta per l'istituzione di nuove tipologie di bilancio; e) effettuate dai dirigenti responsabili della spesa  e riguardanti la reiscrizione di economie di spesa e il fondo pluriennale vincolato.

L’articolo in esame inserisce ora – al fine di estendere  l’obbligo del prospetto a tutte le possibili variazioni di bilancio che possono modificare il saldo di equilibrio - due ulteriori variazioni cui allegare il prospetto dimostrativo in questione, costituite:

§  dalle variazioni di bilancio  riguardanti l'utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione, derivanti da stanziamenti di bilancio dell'esercizio precedente corrispondenti a entrate vincolate, in termini di competenza e di cassa (previste dall’articolo 175, comma 5-quater, lettera c del TUEL). A tale scopo viene inserita al comma 468 una lettere b-bis;

§  dalle variazioni riguardanti le operazioni di indebitamento effettuate a seguito di variazioni di esigibilità della spesa, modificandosi in tal senso la lettera e) del comma 468.

Il secondo intervento contenuto nell’articolo, alla lettera c) dello stesso, risponde all'esigenza di rendere più flessibile, da parte delle regioni e province autonome, la gestione degli stanziamenti di bilancio finanziati dall'avanzo di amministrazione, salvaguardando il rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

A tal fine nell’articolo 1 della legge n.232/2016 sopra citata viene introdotto, dopo il comma 468, il comma 468-bis, mediante cui  si dispone che i suddetti enti possono utilizzare le quote dell'avanzo di amministrazione accantonato risultanti dall’ultimo consuntivo e le quote dell’avanzo di amministrazione vincolato iscrivendole nella missione 20 (Fondi ed accantonamenti)  al bilancio di previsione, accantonandolo in appositi fondi che nel bilancio gestionale  non rilevano ( in quanto, precisa la norma in esame, “distinti dagli accantonamenti finanziati dalle entrate di competenza dell’esercizio”) ai fini delle verifiche del rispetto del pareggio di bilancio. L'utilizzo effettivo di tali risorse è disposto con successive variazioni di bilancio di competenza della Giunta regionale, previa verifica del rispetto del vincolo del pareggio: ciò dovrebbe comportare, secondo quanto precisato nella relazione tecnica, che l’utilizzo dei fondi in questione avverrebbe in quota parte solo nel momento in cui nel bilancio regionale si liberassero spazi finanziari coerenti con i vincoli (saldo di equilibrio) di finanza pubblica.

La norma precisa infine che gli utilizzi degli accantonamenti finanziati dall’avanzo di amministrazione siano effettuati con delibera della Giunta cui è allegato il prospetto dimostrativo del pareggio di bilancio previsto dal comma 468, di cui si è sopra detto; precisa altresì che la Giunta è autorizzata ad effettuare le correlate variazioni di bilancio, anche in deroga alla disciplina sulle variazioni medesime prevista dall’articolo 51[36] del D.Lgs. n.118/2011.


 

Articolo 27, commi 1-8
(Fondo per il concorso finanziario dello Stato
al trasporto pubblico locale)

 

 

L'articolo 27, commi 1-8, ridetermina la consistenza e stabilisce i criteri per la ripartizione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale. Detti criteri sono, tra l'altro, volti a far sì che i servizi di trasporto pubblico locale e regionale siano affidati con procedure ad evidenza pubblica, penalizzando le regioni e gli enti locali che non procedano al loro tempestivo espletamento, nonché a incentivare il perseguimento degli obiettivi di efficienza e di centralità dell’utenza nell’erogazione del servizio.  

 

Il comma 1 inserisce due nuovi commi (534-quater e 534-quinquies) all'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (Legge n. 232/2016).

Il comma 534-quater ridetermina - nelle more del riordino del sistema della fiscalità regionale - la dotazione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale in 4.789,5 milioni di euro per l'anno 2017 e 4.932,6 milioni a decorrere dall'anno 2018, in tal modo disapplicando il meccanismo di alimentazione del Fondo mediante il gettito delle accise su benzina e gasolio.

 

La dotazione del Fondo è allocata sul capitolo 1315 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: rispetto allo stanziamento previsto dal bilancio 2017, la norma in esame comporta una riduzione di 70 milioni per il 2017 e una riduzione di 100 milioni a decorrere dall'anno 2018.

 

Il Fondo, infatti, è alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina. Nel Fondo confluiscono anche ulteriori risorse (stanziate ai sensi dell'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 98/2011). L'aliquota di compartecipazione viene determinata anno per anno con D.P.C.M. ed è stata fissata con il D.P.C.M. 26 luglio 2013 nella misura: del 19,7 per cento per il 2013; del 19,6 per cento per l'anno 2014; del 19,4 per cento a decorrere dall'anno 2015.

Il comma 4 dell'articolo 1 del citato D.P.C.M. 26 luglio 2013 prevede che la dotazione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale è rideterminata sulla base dell'andamento del gettito effettivo dell'accisa, effettuando i necessari conguagli, in termini di competenza e cassa, negli anni successivi. Il comma 534-quater fissa lo stanziamento del Fondo anche al fine di sterilizzare i conguagli di cui al suddetto comma 4. Ai sensi del comma 534-quinquies, non trova applicazione, a decorrere dal 2017, il medesimo D.P.C.M. 26 luglio 2013.

 

Il Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario è stato inizialmente istituito dall'art. 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Esso prevedeva che il Fondo, allocato presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avesse una dotazione iniziale pari a 400 milioni di euro, il cui utilizzo era escluso dai vincoli derivanti dal Patto di stabilità.

L'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (come risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228) – che ha abrogato il richiamato comma 3 – prevede, al comma 1, che i criteri e le modalità con cui ripartire fra le regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 11 marzo 2013 “Definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario”, modificato dal D.P.C.M. 7 dicembre 2015). su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi, ai sensi dell'art. 8 della legge n. 281 del 1997, d'intesa con la Conferenza unificata entro il 31 gennaio 2013. Detti criteri sono volti a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e favorire un incremento dell’efficienza nella programmazione e gestione dei servizi relativi al trasporto pubblico locale, puntando su: un efficientamento dell’offerta di servizio intesa a soddisfare la domanda di trasporto pubblico; un progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; una progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e un corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; la definizione di livelli occupazionali appropriati; la predisposizione di strumenti di monitoraggio e di verifica.

Si veda anche il relativo Tema web sul sito della Camera.

 

Il comma 2 detta nuovi criteri per il riparto del Fondo. Si stabilisce che, a decorrere dal 2018, il riparto del Fondo è effettuato, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata. Qualora detta intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri può provvedere con deliberazione motivata, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997 (recante “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali”).

 

I commi 2 e seguenti dell'articolo 26 in esame riprendono alcune disposizioni contenute nell'articolo 23 dello schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (A.G. n. 308). A tale proposito si veda anche il dossier n. 339 (giugno 2016).

 

Il comma 2 esplicita, inoltre, i seguenti criteri per il riparto del Fondo:

 

a)   il dieci per cento dell’importo del Fondo viene assegnato sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell’incremento dei medesimi registrato tra il 2014, preso come anno base, e l’anno di riferimento, con rilevazione effettuata dall’Osservatorio per il trasporto pubblico locale (di cui all’articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244). La percentuale è incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell’importo del predetto Fondo. La disposizione prevede che, in sede di distribuzione delle risorse, si debba tenere conto dell’articolo 19, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n. 422 del 1997: tale disposizione stabilisce l’obbligo di assicurare che i ricavi da traffico siano almeno pari al 35 per cento dei costi operativi (al netto dei costi di infrastruttura).

Dalle relazioni illustrativa e tecnica non si evincono le ragioni che hanno indotto ad individuare il 2014 come anno base per la valutazione dell’incremento dei proventi, e non invece una media, eventualmente ponderata, di più annualità che avrebbe potuto assorbire eventuali effetti esogeni circoscritti all' annualità di riferimento[37].

 

b)  per il primo anno, il dieci per cento dell’importo del Fondo è assegnato in base al criterio dei costi standard, secondo quanto stabilito dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui all’articolo 1, comma 84, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. La percentuale è incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell’importo del predetto Fondo.

 

L'art. 1, comma 84, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) - richiamato dalla disposizione in esame - demanda a un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione, entro il 31 marzo 2014, secondo criteri di uniformità a livello nazionale, dei costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale nonché i criteri per l'aggiornamento e l'applicazione degli stessi. La citata disposizione stabilisce altresì che nella “determinazione del costo standard per unità di servizio prodotta, espressa in chilometri, per ciascuna modalità di trasporto, si tiene conto dei fattori di contesto, con particolare riferimento alle aree metropolitane e alle aree a domanda debole, della velocità commerciale, delle economie di scala, delle tecnologie di produzione, dell'ammodernamento del materiale rotabile e di un ragionevole margine di utile”. Il decreto non è stato emanato. Si ricorda che il costo standard rappresenta uno strumento funzionale alla determinazione dei corrispettivi per il servizio pubblico in condizioni di efficienza, efficacia e omogeneità su tutto il territorio nazionale. Il costo standard è utilizzato, infatti, per la determinazione delle compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi pubblici, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 422 del 1997.

 

c)   la quota residuale del Fondo, dopo aver dedotto le quote calcolate sulla base dei proventi da traffico (lettera a)) e dei costi standard (lettera b)), è distribuita, il primo anno, sulla base della tabella allegata al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) 11 novembre 2014 (“Definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario”); a partire dal secondo anno, la ripartizione sarà svolta sulla base dei livelli adeguati di servizio di cui al comma 6 (cfr. oltre), comunque entro i limiti di spesa complessiva prevista dal Fondo stesso.

 

Il decreto interministeriale n. 486 dell'11 novembre 2014 ha ripartito per il 2014 le risorse del Fondo nazionale.


 

 

Le percentuali regionali ivi riportate sono le seguenti:

 

Abruzzo

2,69%

Basilicata

1,55%

Calabria

4,31%

Campania

11,11%

Emilia-Romagna

7,35%

Lazio

11,68%

Liguria

4,09%

Lombardia

17,30%

Marche

2,18%

Molise

0,71%

Piemonte

9,84%

Puglia

8,10%

Toscana

8,81%

Umbria

2,03%

Veneto

8,24%

Totale

100,00%

 

d)  è prevista una penalizzazione in termini di riduzione delle risorse - in sede di ripartizione delle risorse fra le regioni - nei casi in cui, entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riparto, i servizi di trasporto pubblico locale e regionale non siano affidati con procedure di evidenza pubblica ovvero non risulti pubblicato alla medesima data il bando di gara. La medesima decurtazione è contemplata qualora siano bandite gare non conformi alle misure adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti, qualora bandite successivamente all’adozione delle predette misure, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Si rammenta che la lettera f) dell'art. 37, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011 stabilisce che l’Autorità provvede a "definire gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare e a stabilire i criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici; con riferimento al trasporto ferroviario regionale, l'Autorità verifica che nei relativi bandi di gara non sussistano condizioni discriminatorie o che impediscano l'accesso al mercato a concorrenti potenziali e specificamente che la disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara non costituisca un requisito per la partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra le imprese partecipanti. In questi casi, all'impresa aggiudicataria è concesso un tempo massimo di diciotto mesi, decorrenti dall'aggiudicazione definitiva, per l'acquisizione del materiale rotabile indispensabile per lo svolgimento del servizio".

Si segnala la Delibera n. 49 del 2015 dell'Autorità di regolazione dei trasporti concernente "Misure regolatorie per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e definizione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici e avvio di un procedimento per la definizione della metodologia per l’individuazione degli ambiti di servizio pubblico e delle modalità più efficienti di finanziamento".

 

La disposizione in esame non si applica ai contratti vigenti al 30 settembre 2017 (per tutto il periodo della loro vigenza), a condizione che siano affidati in conformità alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 (relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia), nonché per i servizi ferroviari regionali, nel caso di avvenuta pubblicazione alla medesima data ai sensi dell'art. 7, co. 2, del medesimo Regolamento (CE).

 

Con detta precisazione, si prevede, tra l'altro, di non penalizzare gli affidamenti diretti alle società in house che siano vigenti al 30 settembre 2017, considerato che il citato regolamento, all’art. 5, consente detta forma di affidamento. 

Si ricorda, inoltre, che l'articolo 7, comma 2 del citato Regolamento n. 1370 del 2007, prevede che le autorità competenti prendano i provvedimenti necessari affinché, almeno un anno prima dell'inizio della procedura di gara o un anno prima dell'aggiudicazione diretta del contratto, siano pubblicate le seguenti informazioni sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea:

a)    nome e indirizzo dell'autorità competente;

b)   tipo di aggiudicazione previsto;

c)    servizi e territori potenzialmente interessati dall'aggiudicazione;

d)   data d'inizio e durata previste del contratto di servizio pubblico.

Le autorità competenti possono decidere di non pubblicare queste informazioni qualora un contratto di servizio pubblico riguardi una fornitura annuale di meno di 50.000 chilometri di servizi di trasporto pubblico di passeggeri.

 

La riduzione in sede di riparto è pari al quindici per cento del valore dei corrispettivi dei contratti di servizio non affidati secondo le previste procedure. Le eventuali ulteriori risorse derivanti da tali penalizzazioni sono ridistribuite tra le altre Regioni con le modalità stabilite alle lettere a), b) e c)

 

La disciplina recata alla lettera d) interviene ai fini di incentivare, a regime, l’affidamento con procedura ad evidenza pubblica, attraverso una penalizzazione economica a forme di affidamento diretto a società in house, nonché di promuovere il rispetto delle misure adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti in materia di estensione dei bacini di gara, schemi di bandi di gara e convenzioni da inserire nei capitolati di gara, nomina delle commissioni aggiudicatrici, contratti di servizio stipulati con società affidatarie in house del servizio di TPL, insussistenza di condizioni discriminatorie nei bandi di gara relativi al trasporto ferroviario regionale.

 

e)   è introdotta una clausola di salvaguardia volta a far sì che, a seguito del riparto delle risorse del Fondo, nessuna regione possa essere penalizzata per una quota complessiva che ecceda il 5 per cento delle risorse ricevute nell’anno precedente. Qualora risulti che l'importo del Fondo sia inferiore a quello dell'anno precedente, il suddetto limite è rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo. Inoltre: nei primi cinque anni il riparto non può comportare una riduzione annua superiore al 10% rispetto ai trasferimenti riferiti all'anno 2015; anche in questo caso, qualora l'importo del Fondo sia inferiore a quello del 2015, il limite è rideterminato in misura proporzionale tra le Regioni. Scopo dichiarato di tali norme è quello di assicurare una ragionevole certezza delle risorse disponibili.

 

Il comma 3 stabilisce che gli effetti finanziari - derivanti dall'applicazione delle norme di cui al comma 2 - sul riparto del Fondo sono verificati nell'anno successivo a quello di riferimento. La finalità dichiarata di tale comma è quella di favorire un'efficace programmazione delle risorse.

Il comma 4 stabilisce che, in attesa dell’adozione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di riparto del Fondo di cui al comma 2, una quota pari all’80 per cento delle risorse del Fondo è ripartita (con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia, da emanarsi entro il 15 gennaio di ciascun anno) tra le Regioni, a titolo di anticipazione, ed erogata con una cadenza mensile. La ripartizione dell’anticipazione è formulata sulla base delle quote attribuite a ciascuna regione l’anno precedente. Le anticipazioni, erogate alle Regioni a statuto ordinario a cadenza mensile, possono essere oggetto  di integrazione, saldo, compensazione.

Ai sensi del comma 5, allo scopo di poter disporre di dati istruttori uniformi, le amministrazioni competenti si avvalgono dell’Osservatorio per il trasporto pubblico locale (di cui all’articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) per l’acquisizione dei dati economici, finanziari e tecnici, relativi ai servizi di trasporto pubblico espletati, indispensabili per lo svolgimento di indagini e approfondimenti, i cui esiti sono funzionali all’attività di pianificazione e monitoraggio. Le amministrazioni sono a tal fine tenute a trasmettere, con cadenza semestrale, all’Osservatorio indicazioni sulla tipologia dei dati da acquisire dalle aziende che gestiscono il servizio di trasporto pubblico.

 

L’Osservatorio è stato istituito, ai sensi dell’art. 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), presso il Ministero dei trasporti, “al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico correlati a quelli regionali e di assicurare la verifica dell'andamento del settore e del completamento del processo di riforma”. All'Osservatorio partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali. L'Osservatorio presenta annualmente alle Camere un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale (la Relazione per l'anno 2015, Doc. CCXXII, n. 2, è stata trasmessa alle Camere in data 5 gennaio 2016).

 

Il comma 6 demanda alle regioni a statuto ordinario la definizione dei livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale automobilistico e ferroviario, che, ai sensi del comma 1, lettera c), rappresentano un parametro per il riparto del Fondo a partire dal secondo anno dall’entrata in vigore dello schema di decreto. Le regioni sono chiamate ad operare sulla base dei criteri che saranno introdotti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e previa intesa in Conferenza sede di unificata, da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. La determinazione dei livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico dovrà avvenire tenendo presente il perseguimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilità, nonché l’esigenza di evitare duplicazioni di servizi sulle stesse direttrici e di assicurare l’applicazione delle disposizioni relative al riordino dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale (articolo 34-octies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.221 del 2012), privilegiando soluzioni innovative e più economiche per la fornitura di servizi di mobilità nelle aree a domanda debole, “quali scelte di sostituzione modale”. Le regioni sono tenute a provvedere entro e non oltre centoventi giorni dall’adozione del decreto ministeriale, avendo al contempo cura di procedere ad una riprogrammazione dei servizi anche attraverso una revisione del piano di cui all’articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.

 

L’articolo 34-octies del D.L. 179/2012 disciplina l’affidamento e la gestione dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale (di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 422 del 1997), stabilendo che esso deve avvenire con procedure ad evidenza pubblica. Al riguardo, si segnala che sono esclusi dall’applicazione dell’articolo i servizi sostitutivi ed integrativi che hanno un carattere temporaneo che sono resi necessari dalla provvisoria interruzione della rete ferroviaria o dalla provvisoria sospensione del servizio ferroviario per interventi di manutenzione straordinaria, guasti e altre cause di forza maggiore, nonché i servizi resi necessari da un provvisorio e non programmabile picco della domanda di trasporto e svolti in orari ed itinerari identici al servizio da essi integrato.

Il comma 4 dell’articolo 16-bis del D.L. n. 95/2012 stabilisce che, entro quattro mesi dall’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata) di definizione dei criteri e modalità di riparto del Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, “le regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali destinati a investimenti o a servizi in materia di trasporto pubblico locale e ferrovie regionali, procedono, in conformità con quanto stabilito con il medesimo decreto (…), all'adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulano i servizi a domanda debole e sostituiscono, entro centottanta giorni dalla predetta data, le modalità di trasporto da ritenere diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell'infrastruttura, previsto dall'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, con quelle più idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. A seguito della riprogrammazione, rimodulazione e sostituzione di cui al presente comma, i contratti di servizio già stipulati da aziende di trasporto, anche ferroviario, con le singole regioni a statuto ordinario, sono oggetto di revisione”.

 

Nel caso in cui le Regioni non provvedano nel termine indicato, il Governo può esercitare il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (“Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”).

 

La citata disposizione disciplina l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120 della Costituzione da parte del Governo nei confronti delle regioni e degli enti locali. Si prevede, in particolare, che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegni all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso infruttuosamente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri è invitato a partecipare il Presidente della Giunta della Regione interessata al provvedimento.

 

Il comma 7 reca novelle o abrogazioni di alcune norme dell'art. 16-bis del D.L. 95/2012 ai fini del coordinamento con le disposizioni dettate dai commi in epigrafe nei medesimi ambiti, che, peraltro, almeno in parte, ne recepiscono il contenuto. In particolare:

§  a decorrere dal 1° gennaio 2018 è abrogato il comma 6 dell'articolo 16-bis riguardante l’anticipazione di una quota del Fondo alle regioni in attesa del riparto;

§  a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, alinea, sono abrogate le disposizioni di cui ai commi 3 (relative all’adozione del D.P.C.M. recante criteri e modalità di riparto del Fondo) e 5 (recante modalità di riparto annuale) del medesimo articolo 16-bis;

§  al comma 4, primo periodo, è soppresso di ogni riferimento al decreto di cui al comma 3 dello stesso articolo 16-bis, comma di cui – come si è detto – si dispone l’abrogazione; al comma 9 si dispone, parimenti, l'abrogazione del riferimento al comma 3 e si apporta un'ulteriore modifica di carattere formale.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 sui criteri di riparto del Fondo conserva efficacia fino al 31 dicembre dell'anno precedente alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, alinea, e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 (comma 8).


 

Articolo 27, commi 9-11
(Rinnovo del materiale rotabile)

 

 

L'articolo 27, ai commi da 9 a 11, reca alcune disposizioni per favorire l'acquisizione, mediante locazione, di materiale rotabile da parte di imprese di trasporto pubblico regionale o locale e per provvedere al rinnovo dello stesso materiale, anche attraverso centrali di acquisto nazionali.

 

In particolare, il comma 9 consente alle imprese affidatarie del servizio di trasporto pubblico locale di ricorrere alla locazione di materiale rotabile per il trasporto ferroviario e alla locazione senza conducente di veicoli per il trasporto su gomma. In tale ultimo caso, occorre che i veicoli abbiano un’anzianità non superiore ai 12 anni e che la locazione abbia una durata pari o superiore ad un anno.

Il comma riprende testualmente l'articolo 22, comma 3, dello schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (A.G. n. 308). A tale proposito si veda il dossier n. 339.

 

Il comma 10 modifica l'art. 84 del nuovo Codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, disponendo che possano essere destinati alla locazione senza conducente anche i veicoli di cui all'art. 87, comma 2, del Codice stesso, adibiti ai servizi di linea di trasporto di persone.

Tale disposizione corrisponde all'art. 37, co. 3, dell'A.G. n. 308.

 

Il comma 11 stabilisce che la aziende affidatarie del TPL, sempre al fine di rinnovare il materiale rotabile, possono accedere agli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione dalle centrali di acquisto nazionali. Resta ferma la destinazione dei mezzi acquistati.

 

Si ricorda che nell'Allegato A alla deliberazione n. 49/15 (concernerete le misure regolatorie per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale), l'Autorità di regolazione dei trasporti ha individuato le categorie di beni immobili strumentali all'effettuazione del servizio di TPL. In particolare, la Misura n. 1, lettera b) stabilisce che sono riconducibili alla nozione di Materiale rotabile (o carrozzabile) "tutti i mezzi dotati di ruote di qualsiasi tipo per trasportare persone o cose, quali veicoli, carrozze e carri, motrici, locomotive, locomotori, automotrici e ricambi di prima scorta tecnica e altre dotazioni patrimoniali strettamente pertinenti allo stesso trasporto".


 

Articolo 27, comma 12
(Servizi di linea interregionali)

 

 

L’articolo 27, comma 12, sopprime alcune disposizioni che incidono sulla competitività nel settore delle imprese del trasporto pubblico su gomma, con riferimento ai servizi di linea interregionali con itinerari, prezzi e frequenze prestabilite. Rimangono ferme alcune norme riguardanti l'accertamento dei requisiti di sicurezza.

 

L'articolo 27, comma 12, riscrive il comma 2-bis dell'articolo 9 del D.L. n. 244 del 2016 ("Proroga termini"). Tale comma 2-bis, novellando l'art. 1, co. 615, della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016), operava principalmente due modifiche: la prima consiste in una proroga - al 31 gennaio 2018 - del termine per l’emanazione del decreto ministeriale relativo alle misure per la competitività delle imprese della filiera del trasporto pubblico su gomma; la seconda modifica chiariva la nozione di “riunione di imprese”, applicabile ai soggetti autorizzati allo svolgimento di servizi automobilistici interregionali di linea con autobus.

 

La disposizione in esame conferma il termine del 31 gennaio 2018, per l'emanazione del decreto del Ministro dello Sviluppo economico - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - per la disciplina degli interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto. Si tratta del decreto previsto dal comma 615, ultimo periodo, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) per il sostegno agli investimenti produttivi di tali imprese, finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e allo sviluppo di modalità di alimentazione alternativa. Il termine per l’emanazione del decreto era  fissato al 31 dicembre 2017.

Il comma 615 della legge di Bilancio 2017 ha infatti previsto l’emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2017, per disciplinare gli interventi di cui al comma 613, ultimo periodo, in coerenza con il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile istituito dal comma 613 primo periodo, destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell’aria con tecnologie innovative. Nell'ambito del Piano strategico nazionale è previsto un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, attraverso il sostegno agli investimenti produttivi finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e allo sviluppo di modalità di alimentazione alternativa, per il quale è autorizzata (dal comma 613) la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2017 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

 

Il comma 12 in esame espunge alcune disposizioni del citato comma 2-bis  disciplina ai servizi di linea interregionali di competenza statale.

Si intende così, secondo quanto rilevato dalla relazione illustrativa, rimuovere le limitazioni all'accesso al mercato ripristinando le precedenti condizioni di tutela della concorrenza.

La modifica apportata dal comma 2-bis riguardava, infatti, il D.Lgs. n. 285 del 2005 che disciplina i servizi automobilistici interregionali di competenza statale, cioè i servizi di linea di trasporto di persone mediante autobus, ad offerta indifferenziata, che si svolgono in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni, ed aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti. Tali servizi sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avente termine massimo di validità di cinque anni (art. 3 del D.Lgs. n. 285/2005), che viene rilasciata alle imprese in presenza di una serie di condizioni fissate dal comma 2 dell’art. 3. Ed il comma 3 dello stesso art. 3 stabilisce che se l’esercizio sia richiesto da una riunione di imprese, alcune delle condizioni di cui al comma 2 (come il possesso dei requisiti di autotrasportatore, la certificazione aziendale, l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro, la separazione contabile se si svolgono anche servizi soggetti ad obblighi di servizio pubblico ed il non aver commesso più di due infrazioni considerate molto gravi), si intendono riferite alle singole imprese facenti parte della riunione di imprese.

Il comma 2-bis aggiungeva inoltre (e tale disposizione è stata parimenti soppressa) un periodo all’art. 3, comma 3, di tale decreto legislativo n. 285, con il quale si chiarisce che con la dicitura “riunioni di imprese” si intende il raggruppamento verticale o orizzontale. In particolare, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di operatori economici il cui mandatario esegue le attività principali di trasporto di passeggeri su strada, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione.

Inoltre, il comma 2-bis imponeva ai soggetti autorizzati allo svolgimento di servizi automobilistici regionali di competenza statale di adeguarsi alle previsioni del comma 2-bis medesimo entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. (e quindi dal 1° marzo 2017), dandone comunicazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che effettua le verifiche dichiarando la decadenza delle autorizzazioni in caso di mancato adeguamento. Tale previsione risulta espunta.

 

Il comma in esame mantiene ferme le disposizioni in materia di accertamenti sulla sicurezza. Queste stabiliscono che gli accertamenti sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza e regolarità dei servizi - previsti dall'art. 3, comma 2, lettera g), del D.Lgs 285/2005 - cioè la necessità di ottenere, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il nulla osta di sicurezza, sul percorso e sulle aree di fermata del servizio di linea proposto, relativamente all'ubicazione delle aree di fermata, sono validi fin quando non sia accertato il venir meno delle condizioni di sicurezza.

 


 

Articolo 28
(Conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
da parte delle Regioni)

 

 

L’articolo 28 interviene, modificandole, sulle modalità mediante cui si prevede il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica assegnati alle regioni, ai fini del consolidamento dei conti pubblici, dall’articolo 1, comma 680, della legge n.208/2015.

 

La norma cui fa riferimento l’articolo in esame è costituita dall’articolo 1, comma 680 della legge di stabilità 2016 (L.n.208/2015), mediante cui si stabilisce per il complesso delle regioni e province autonome un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni per il 2017 e 5.480 per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020. Lo stesso comma dispone che la ripartizione del contributo va recepita con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome entro il 31 gennaio di ciascun anno, prevedendo nel contempo - in assenza di tale intesa - l’intervento di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Questo dovrà assegnare gli importi del contributo alle singole regioni e province autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e rideterminare i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati ai fini del contributo e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, “inclusa la possibilità di prevedere versamenti da parte delle regioni interessate”, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.

L’articolo 28 in esame sopprime le parole sopra evidenziate, escludendo in tal modo, tra le modalità previste dal comma 680 in questione, quella che prevede il versamento da parte delle Regioni  delle somme dovute all’entrata del bilancio statale.

Si segnala che il secondo periodo del comma 680, su cui interviene l’articolo in commento, è oggetto di un intervento anche da parte dell’articolo 24 del  decreto-legge in esame– rispetto al quale potrebbe pertanto risultare opportuno un coordinamento -  in cui si prevede dal 2018 la soppressione del medesimo periodo. 


 

Articolo 29
(Flussi informativi delle prestazioni farmaceutiche)

 

 

L’articolo 29 prevede che l'AIFA - per monitorare la spesa complessiva sostenuta per l’assistenza farmaceutica ospedaliera, accertare lo sfondamento definitivo dei tetti di spesa nel biennio 2016-2017, e determinare conseguentemente l’ammontare del pay-back farmaceutico per lo stesso biennio -, si avvalga dei dati di fatturato delle aziende farmaceutiche indicati e trasmessi dalla fattura elettronica attraverso il Sistema di interscambio. Dal 2018, viene poi introdotto l’obbligo di indicare, nelle fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del SSN per l'acquisto di farmaci, anche il Codice di Autorizzazione all’Immissione in commercio (AIC) del farmaco e il quantitativo acquistato. Le fatture dovranno essere messe a disposizione dell'AIFA. Un decreto Economia/Salute dovrà disciplinare le caratteristiche tecniche di indicazione dell'AIC e le modalità di accesso ai dati da parte di AIFA.

 

Si ricorda che l’art. 1, commi 397-408, della legge di bilancio 232/2016, ha revisionato parzialmente la governance farmaceutica: la percentuale di incidenza della spesa farmaceutica sul Fondo sanitario nazionale è rimasta fissata al 14,85 per cento, ma sono cambiate le percentuali delle sue componenti. Infatti, la farmaceutica territoriale, che ha assunto la denominazione di “tetto della spesa farmaceutica convenzionata”, è scesa dall’11,35 al 7,96 per cento mentre la farmaceutica ospedaliera, ora comprensiva della spesa per i farmaci acquistati in distribuzione diretta e per conto, denominata “tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti”, è salita dal 3,5 al 6,89 per cento. I procedimenti di ripiano della spesa farmaceutica sono avviati dall’AIFA in presenza dello sfondamento del tetto della spesa farmaceutica territoriale e/o del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, a livello nazionale. Nella sezione del sito dell’AIFA dedicato al Monitoraggio della spesa farmaceutica è possibile consultare la documentazione relativa ai monitoraggi annuali della spesa farmaceutica regionale, nei quali sono quantificati gli importi degli eventuali sfondamenti della spesa rispetto al valore in corrispondenza del tetto di finanziamento programmato. Attualmente, il monitoraggio della spesa farmaceutica nazionale e regionale è condotto dall’AIFA sulla base dei dati di spesa convenzionata dell’OsMed[38] e delle Distinte Contabili Riepilogative (DCR) acquisite dalle Regioni, nonché dei dati acquisiti dal Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della Salute, relativi alla tracciabilità del farmaco (DM 15 luglio 2004[39]) ed alla distribuzione diretta e per conto (DM 31 luglio 2007[40] modificato dal DM 13 novembre 2008).

Si ricorda che, recentemente, a seguito del contenzioso avviato dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC dinanzi al TAR Lazio e alle conseguenti declaratorie di illegittimità da parte del giudice amministrativo dei Procedimenti di ripiano avviati dall’AIFA, volti a determinare le quote di ripiano imputabili a ciascuna azienda farmaceutica titolare AIC e i relativi importi dovuti a titolo di payback, l’art. 21 del decreto legge 113/2016[41] ha disciplinato le procedure di ripiano dello sfondamento del tetto di spesa farmaceutica (territoriale e ospedaliera) relativo agli anni 2013, 2014 e 2015. AIFA ha reso noti sul proprio sito istituzionale, attraverso la piattaforma dedicata dal titolo Ripiano Spesa Farmaceutica DL113/2016, gli elenchi contenenti gli importi dovuti a titolo di ripiano per gli anni 2013, 2014 e 2015 dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC.

 

Più in particolare, per accertare lo sfondamento definitivo dei tetti della spesa farmaceutica per gli anni 2016 e 2017, e determinare conseguentemente l’ammontare del payback farmaceutico, nonché ai fini del monitoraggio complessivo della spesa ospedaliera sostenuta per l’assistenza farmaceutica per acquisti diretti, l’articolo 29, al comma 1, stabilisce che l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) si avvalga dei dati di fatturato delle aziende farmaceutiche recati dalla fattura elettronica attraverso il Sistema di interscambio[42], disponibili - come specificato dalla Relazione al provvedimento - presso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni. Le modalità di utilizzo devono essere definite dall’AIFA con i Ministeri economia/ salute.

 

La legge finanziaria 2008 (legge 244/2007), all’art. 1, commi da 209 a 214, ha introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti della PA. A tal fine, è stato istituito il Sistema di Interscambio, gestito dall'Agenzia delle entrate tramite la Sogei, quale punto di passaggio obbligato per tutte le fatture della PA. L’obbligo di emissione, trasmissione, conservazione e archiviazione delle fatture in forma elettronica è finalizzato all'elaborazione dei dati per il monitoraggio della finanza pubblica.

 

Il comma 2 stabilisce l’obbligo, a decorrere dal 2018, di indicare, nelle fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del SSN per acquisti di prodotti farmaceutici, le informazioni sul Codice di Autorizzazione all’Immissione in commercio (AIC)[43] e il corrispondente quantitativo. Sempre dal 2018, le fatture elettroniche emesse nei confronti degli enti del SSN per acquisti di prodotti farmaceutici, dovranno essere rese disponibili all’AIFA. Un decreto del Ministero dell’economia/salute dovrà disciplinare:

§  le modalità tecniche di indicazione dell’AIC sulla fattura;

§  le modalità di accesso da parte di AIFA ai dati contenuti nelle fatture ai fini della loro acquisizione per l’assolvimento dei compiti istituzionali dell’Agenzia.

Infine, agli enti del SSN viene posto il divieto di effettuare pagamenti di corrispettivi di fatture che non riportino le informazioni relative all’AIC e ai quantitativi forniti.

Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Articolo 30
(Altre disposizioni in materia di farmaci)

 

 

L'articolo 30, di portata meramente interpretativa, chiarisce che i farmaci ai quali è stato riconosciuto il requisito dell’innovatività condizionata, ai sensi della Determinazione AIFA 519/2017, sono inseriti di diritto nei Prontuari terapeutici regionali ma non accedono ai Fondi istituiti dai commi 400 e 401 della legge di bilancio 2017 per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto rispettivamente, dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi.

 

A decorrere dal 1° gennaio 2017, la legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 400-406, della legge 232/2016) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, due Fondi per l'acquisto, rispettivamente, dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi. Entrambi i fondi hanno una dotazione di 500 milioni di euro a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale cui concorre lo Stato. Le somme dei Fondi sono versate in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto dei medicinali innovativi e oncologici innovativi. La spesa per l'acquisto dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa farmaceutica ospedaliera) per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di ciascuno dei fondi.

 

Più in particolare, la disposizione recepisce, per quanto riguarda i benefici economici collegati ai farmaci innovativi, quanto stabilito dalla Determinazione AIFA 519/2017 con la quale, ai sensi dell'art. 1, co. 402, della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016), sono stati individuati i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, la procedura di valutazione e i criteri per la permanenza del requisito dell'innovatività. Al termine della procedura di valutazione, i possibili esiti per il farmaci sono:

§  riconoscimento dell'innovatività, a cui sono associati l'inserimento nel Fondo dei farmaci innovativi, oppure nel Fondo dei farmaci innovativi oncologici, i benefici economici previsti dall'articolo 1, comma 403, legge di bilancio 2017 e l'inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali;

Negli anni, la definizione dell'innovazione terapeutica è stata fonte di continui dibattiti, a cui ora la Determinazione AIFA 519/2017 sembra aver messo fine. Molti dei farmaci innovativi, e fra questi soprattutto i farmaci oncologici ed antivirali, sono utilizzati nelle strutture ospedaliere, e pertanto sono medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all'impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN. Dopo il rilascio dell’AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) un farmaco di fascia H diviene disponibile nelle singole regioni a seguito del suo inserimento nel Prontuario  terapeutico regionale. Tale procedura, con tempi e modalità diverse a seconda delle regioni di riferimento, ha provocato profonde difformità regionali nell’accesso ai farmaci ospedalieri, e fra questi, a quelli oncologici e innovativi.

Per questo, l'Accordo sull'accesso ai farmaci innovativi, stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni nel 2010, ha previsto che le Regioni garantiscano agli assistiti l'immediata disponibilità dei farmaci innovativi, anche senza il loro formale inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali. L'articolo 10, commi da 2 a 6 del decreto legge 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi), ha poi introdotto l'obbligo di erogare e utilizzare uniformemente sul territorio nazionale i medicinali innovativi di particolare rilevanza, garantendo così la parità di trattamento di tutti gli assistiti nei vari ambiti regionali. Più precisamente, il decreto legge 158/2012 ha ribadito quanto disposto dall'Accordo del 2010 circa l'obbligo per  le regioni e per le province autonome di assicurare l'immediata disponibilità dei medicinali di fascia H a carico del SSN che, a giudizio della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'AIFA, possiedono, alla luce dei criteri predefiniti dalla medesima Commissione, il requisito della innovatività terapeutica importante, ovvero innovatività terapeutica potenziale.

 

§  riconoscimento dell'innovatività condizionata (o potenziale), che comporta unicamente l'inserimento nei Prontuari Terapeutici Regionali con almeno una rivalutazione obbligatoria a 18 mesi dalla sua concessione. Nel corso della rivalutazione, la disponibilità di nuove evidenze, valutate positivamente, può portare al riconoscimento dell'innovatività piena, con il conferimento dei benefici per il tempo residuo di durata prevista;

§  mancato riconoscimento dell'innovatività.

 

L’intervento legislativo è attuato aggiungendo il comma 402-bis nel corpo della legge di bilancio 2017 (legge 232/2016).

 

Con la Determinazione 519/2017, l'AIFA, previo parere della CTS, ha stabilito che per l'attribuzione del carattere di innovatività è necessaria la dimostrazione di un valore terapeutico aggiunto (rispetto alle altre terapie disponibili) nel trattamento di una patologia grave (intesa come una malattia ad esito potenzialmente mortale, oppure che induca ospedalizzazioni ripetute, o che ponga il paziente in pericolo di vita o che causi disabilità in grado di compromettere significativamente la qualità della vita).

Il modello di valutazione dell'innovatività è unico per tutti i farmaci ma, in caso di bisogno, possono essere utilizzati ulteriori indicatori specifici. Il modello di valutazione proposto prevede un approccio multidimensionale, che tiene conto di tre elementi fondamentali:

1.    il bisogno terapeutico;

2.    il valore terapeutico aggiunto;

3.    la qualità delle prove ovvero la robustezza degli studi clinici (per la valutazione di questo parametro l'AIFA ha adottato il metodo GRADE - Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation).

Il giudizio di innovatività è formulato in base al profilo derivante dall'insieme delle valutazioni dei suddetti parametri.

Possono essere considerati innovativi i farmaci ai quali siano stati riconosciuti un bisogno terapeutico e un valore terapeutico aggiunto entrambi di livello "Massimo" o "Importante", ed una qualità delle prove "Alta". L'innovatività non può, invece, essere riconosciuta in presenza di un bisogno terapeutico e/o di un valore terapeutico aggiunto giudicati come "Scarso" o "Assente", oppure di una qualità delle prove giudicata "Bassa" o "Molto bassa". Situazioni intermedie dovranno essere valutate caso per caso, tenendo conto del peso relativo dei singoli elementi considerati. Per i farmaci con indicazione per malattie rare, o comunque con tassi di prevalenza ad esse assimilabili, nella valutazione delle qualità delle prove si terrà conto della oggettiva difficoltà di condurre studi clinici gold standard e di adeguata potenza. In tali casi, pertanto, in presenza di un elevato bisogno terapeutico e di forti indicazioni di un beneficio terapeutico aggiunto, è possibile attribuire l'innovatività anche sulla base di prove di qualità "Bassa".

Come stabilito dalla legge di bilancio 2017, il riconoscimento dell'innovatività ed i benefici conseguenti hanno una durata massima di trentasei mesi per il farmaco first in class (farmaci che operano con meccanismi di azione diversi da quelli esistenti sul mercato), mentre eventuali followers riconosciuti come innovativi possono beneficiarne per il periodo residuo.

La permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco viene riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione. In presenza di evidenze che smentiscono quelle che ne avevano giustificato il riconoscimento o ne ridimensionano l'effetto, l'innovatività può non essere confermata, e i benefici ad essa connessi decadono, con conseguente avvio di una nuova negoziazione del prezzo e delle condizioni di rimborsabilità.

 


 

Articolo 31
(Edilizia sanitaria)

 

 

L’articolo 31 recepisce quanto stabilito dall’Intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 in merito alla riduzione, pari a 100 milioni di euro, delle risorse programmate per interventi di edilizia sanitaria. Conseguentemente, la norma introduce una deroga alle regole di contabilizzazione, al fine di garantire il contributo alla finanza pubblica delle Regioni a Statuto ordinario per l'anno 2017. Pertanto, le somme ammesse a finanziamento nel 2017 per interventi di edilizia sanitaria compresi in accordi di programma sottoscritti nel 2016, sono accertate in entrata dalle regioni nel 2018. I termini di risoluzione degli accordi di programma sono prorogati in ragione del periodo di sospensione che si realizza nel 2017.

 

Più in particolare, l’articolo 31 dispone, in deroga a quanto stabilito dall’art. 20, comma 3, primo periodo, del D.Lgs. 118/2011[44], che le somme ammesse a finanziamento nel 2017 per interventi di edilizia sanitaria compresi in accordi di programma sottoscritti nel 2016 sono accertate in entrata dalle regioni nel 2018. I termini di risoluzione degli accordi di programma sono prorogati in ragione del periodo di sospensione che si realizza nel 2017[45].

 

L'Intesa Stato-regioni del 23 febbraio 2017 relativa al contributo alla finanza pubblica delle Regioni a Statuto ordinario per l'anno 2017 (ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, commi 680 e 682, della legge di stabilità per il 2016 - legge n. 208 del 2015) ha stabilito che le Regioni contribuiscono agli obiettivi di finanza pubblica anche a valere sui trasferimenti dallo Stato alle Regioni per un ammontare pari a circa 485 milioni. E’ stato quindi raggiunto un accordo per la riduzione, tra le altre voci di spesa, delle risorse destinate all’edilizia sanitaria, per un ammontare pari a 100 milioni di euro. Più in particolare, come stabilito nella citata Intesa, “le Regioni non iscrivono nel bilancio 2017 le entrate relative ad eventuali ammissioni al finanziamento che intervengano nel corso del 2017 con riferimento agli accordi di programma sottoscritti nel 2016, rinviandone l’iscrizione nel 2018”.


 

Articolo 32
(Trasferimento di competenze in materia sanitaria per stranieri)

 

 

L’articolo 32 prevede e disciplina il trasferimento dal Ministero dell’interno al Ministero della salute delle competenze relative al finanziamento delle prestazioni sanitarie urgenti od essenziali agli stranieri non in regola con le norme sul soggiorno, di cui all’articolo 35, comma 6 del D.Lgs. n. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). La disposizione si è resa necessaria in seguito al trasferimento dal Ministero dell’interno al Ministero della salute del capitolo di bilancio 2359, concernente le somme destinate al finanziamento delle spese sostenute dalle ASL per l’assistenza sanitaria agli stranieri di cui sopra.

 

Il comma 1 dispone il trasferimento di competenze sopracitato a decorrere dal 1° gennaio 2017, in coerenza con le risorse a tal fine stanziate nel bilancio dello Stato in apposito capitolo di spesa.

Viene previsto (comma 2) che il Ministero della salute si faccia carico del pregresso a seguito di una ricognizione che deve essere effettuata da parte delle Regioni e province autonome in contraddittorio con le prefetture, e le cui risultanze devono essere comunicate al Ministero entro il 30 aprile 2017.

A tale proposito la relazione tecnica chiarisce che le funzioni ad oggi svolte a livello decentrato presso le Prefetture verranno accentrate presso il Ministero della salute che le gestirà a livello centrale nell’ambito delle attività demandate alla direzione generale della programmazione sanitaria, cui è riferibile il programma 1.3 “Programmazione del SSN per l’erogazione dei LEA” e che gestirà il capitolo di spesa 2359.

Il finanziamento (comma 3) avviene sulla base delle prestazioni effettivamente erogate agli stranieri in possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 35 del T.U. di cui al D.Lgs. n. 286/1998, desumibili dagli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute con riferimento all’anno precedente o comunque all’ultimo anno disponibile e consolidato.

I commi 3 e 4 del citato articolo 35 prevedono che ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme per l’ingresso ed il soggiorno sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva.  Vengono in particolare garantiti la tutela sociale della gravidanza e maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive. Le prestazioni di cui sopra sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.

Va inoltre ricordato che il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) rappresenta lo strumento di riferimento per le misure di qualità, efficienza e appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), attraverso la disponibilità di informazioni che per completezza, consistenza e tempestività, supportano le Regioni e il Ministero nell'esercizio delle proprie funzioni e, in particolare, il Ministero nella sua funzione di garante dell'applicazione uniforme dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sul territorio nazionale.

Esso trova il suo fondamento normativo nell’articolo 87 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 – “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”, ed è attuato attraverso l’Accordo quadro tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 22 febbraio 2001.

Le funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo qualitativo del NSIS sono state attribuite dall’Accordo quadro tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 22 febbraio 2001 ad un organismo paritetico Stato-Regioni, denominato “Cabina di regia per la realizzazione del NSIS”.

 

Viene infine stabilito che alla regolazione finanziaria dei saldi regionali di cui al periodo precedente si provveda, a seguito dell’aggiornamento dei dati relativi agli esercizi precedenti desunti dal sistema NSIS, tramite compensazione tra ciascuna regione e provincia autonoma, effettuata in sede di ripartizione delle risorse degli anni successivi, sempre nei limiti dello stanziamento delle risorse di cui al comma 1.

 


 

Articolo 33
(Spazi finanziari per investimenti in favore delle Regioni)

 

 

L’articolo 33 stabilisce, per l’anno 2017, la ripartizione tra le regioni a statuto ordinario degli spazi finanziari per favorire gli investimenti per complessivi 500 milioni di euro, già stanziati dalla legge di bilancio 2017.

A tale scopo, l’articolo 33 in esame inserisce nella legge di bilancio 2017 il comma 495-bis, al fine di derogare per l’anno 2017 alle modalità di attribuzione e ripartizione degli spazi finanziari concessi alle regioni dalla medesima legge di bilancio 2017  al fine di favorire (per il triennio 2017-2019) gli investimenti.

Il comma 495 della suddetta legge di bilancio (n. 232 del 2016) assegna alle regioni spazi finanziari nel limite complessivo di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, al fine di consentire alle regioni la realizzazione di investimenti attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e il ricorso al debito. La concessione degli spazi finanziari è realizzata nell’ambito dei cosiddetti ‘patti nazionali di solidarietà’, con i quali viene consentito alla regione, a determinate condizioni e per determinati importi e per la sola finalità di spese di investimenti, di non rispettare il pareggio di bilancio.

La procedura per la richiesta e l’attribuzione alle regioni degli spazi finanziari è dettata ai commi 496 – 500 della legge n.232/2016.

Il comma 496 stabilisce che gli enti suddetti non possano richiedere spazi qualora le operazioni di investimento mediante il ricorso a risorse proprie, vale a dire con riferimento all’indebitamento e all’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, possano essere effettuate dagli enti medesimi nel rispetto del proprio equilibrio di bilancio.  Quanto alla procedura, si dispone (comma 497) il termine annuale del 20 gennaio (20 febbraio nel 2017) per la comunicazione alla Ragioneria generale dello Stato degli spazi finanziari di cui necessitano, completa delle informazioni relative  al fondo di cassa al 31 dicembre dell’anno precedente ed all’avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata del Fondo crediti di dubbia esigibilità, risultante dal rendiconto (o dal preconsuntivo) dell’anno precedente.

Entro il 15 febbraio di ogni anno (15 marzo nel 2017) con decreto del Ministero dell’economia vengono attribuiti gli spazi finanziari agli enti interessati, secondo il seguente ordine prioritario: a) investimenti finalizzati all’adeguamento antisismico degli immobili, e b) investimenti finalizzati alla prevenzione del rischio idrogeologico, in entrambi i casi finanziati con avanzo di amministrazione, per i quali gli enti dispongono del progetto e del cronoprogramma della spesa (commi 498 e 499). In presenza di richieste che superino l’ammontare degli spazi disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore degli enti che presentano la maggiore incidenza del fondo di cassa rispetto all’avanzo di amministrazione (comma 500).

In deroga alle modalità di richiesta e attribuzione degli spazi finanziari disciplinata dalla legge di bilancio 2017, il comma 495-bis inserito dalla norma in esame, stabilisce la ripartizione dei 500 milioni stanziati per il 2017 sulla base di una tabella in cui è riportata la quota spettante a ciascuna regione a statuto ordinario.

La tabella e le norme correlate sono state concordate in sede di Conferenza Stato-Regioni nell’ambito dell’Intesa concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per l’anno 2017, in data 23 febbraio 2017 (Repertorio atti n. 29/CSR del 2 febbraio 2017). L’intesa ha come oggetto la realizzazione del contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, come stabilito dall’art. 46, comma 6 del decreto legge n. 66 del 2014 e il comma 680 della legge n. 208 del 2015. Le parti hanno tra l’altro concordato su alcuni emendamenti alla legislazione vigente, riportati in Allegato all’Intesa. La norma in esame riproduce testualmente l’articolo 7 del suddetto Allegato.

 

La norma stabilisce che le regioni utilizzano gli spazi finanziari indicati per effettuare investimenti nuovi o aggiuntivi negli anni 2017 – 2021. Oltre il riparto dei complessivi 500 milioni, la tabella riporta infatti per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021 la corrispondente quota di competenza. Entro il 31 luglio di ciascun anno la regione dovrà adottare gli atti necessari all’impiego delle risorse e ad assicurare l’esigibilità degli impegni nel medesimo anno della quota indicata in tabella. Entro il 31 marzo dell’anno successivo le regioni certificano l’avvenuta realizzazione degli investimenti (attraverso apposita comunicazione alla Ragioneria generale dello Stato). In caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti si applicano le sanzioni previste per il mancato raggiungimento del pareggio di bilancio

La norma specifica, inoltre, che gli investimenti sono considerati nuovi o aggiuntivi nel caso in cui venga rispettata una delle seguenti condizioni:

§  la regione procede a variare il bilancio di previsione incrementando gli stanziamenti riguardanti gli investimenti diretti e indiretti della cifra indicata nella tabella per l’anno di riferimento;

§  gli investimenti per l’anno di riferimento sono superiori, per un importo pari alla cifra indicata nella tabella, rispetto agli impegni per investimenti diretti e indiretti effettuati nell’esercizio precedente a valere su risorse regionali, escluse quelle del Fondo pluriennale vincolato.

 

La norma in esame stabilisce infine che la tabella può essere modificata con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa da recepire in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 luglio 2017.

Articolo 34
(Disposizioni sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 34 modifica la norma di deroga che, per il 2016, esclude il computo, ai fini della verifica del rispetto dell'obbligo del pareggio di bilancio da parte della regione o della provincia autonoma, di alcuni impegni contabili inerenti alla spesa sanitaria. Il comma 2 modifica la disciplina di una quota premiale nell'àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Il comma 3 concerne il riparto (e la relativa anticipazione finanziaria) delle risorse del Servizio sanitario nazionale destinate alle regioni e vincolate a determinate finalità. Il comma 4 modifica la disciplina sulle quote di compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA e sulle relative anticipazioni finanziarie.

 

Più in particolare, il comma 1 modifica la norma di deroga[46] che, per il 2016, esclude il computo, ai fini della verifica del rispetto dell'obbligo del pareggio di bilancio da parte della regione o della provincia autonoma, degli impegni contabili inerenti alla spesa sanitaria finanziati mediante l'attivo del risultato di amministrazione relativo alla gestione sanitaria formatosi nell'esercizio 2015. La novella estende la deroga, sempre per il 2016, anche ai casi di impiego di attivo della gestione sanitaria relativo ad anni precedenti il 2015. La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che le deroghe in oggetto sono intese a consentire il regolare pagamento di debiti commerciali del Servizio sanitario nazionale (mediante gli avanzi di amministrazione vincolati per il finanziamento del medesimo Servizio).

 

Il comma 2 modifica la disciplina di una quota premiale nell'àmbito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Tale quota è relativa alle regioni che abbiano istituito una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un determinato importo e per quelle che introducano misure idonee a garantire la piena applicazione delle norme in materia di equilibrio di bilancio delle strutture ospedaliere pubbliche, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

La novella proroga per il 2017 una disposizione transitoria già prevista per gli anni 2012-2016, relativa ai criteri per il riparto della quota premiale.

La norma transitoria, oggetto della proroga in esame, prevede che, in attesa del decreto ministeriale contemplato dalla disciplina a regime[47], il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, stabilisca il riparto della quota premiale, tenendo anche conto di criteri di riequilibrio, indicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Si ricorda che la misura percentuale della quota premiale è pari allo 0,25 per cento delle risorse ordinarie per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 3 prevede, con riferimento alle quote di finanziamento del Servizio sanitario nazionale destinate alle regioni e vincolate a determinate finalità[48], che il riparto sia effettuato entro il 31 luglio dell’anno di riferimento (fatti salvi i diversi termini temporali specifici stabiliti dalla legislazione vigente), secondo i criteri e i dati ultimi disponibili, e che, a séguito della relativa intesa, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, nelle more della deliberazione del CIPE, il Ministero dell’economia e delle finanze sia autorizzato ad erogare alle regioni fino all’80 per cento degli importi assegnati, purché non siano stabilite altre condizioni specifiche dalle norme vigenti e fatti salvi i diversi regimi di anticipazione delle risorse.

In base a quest'ultimo richiamo, restano, dunque, ferme le norme sull'anticipazione delle risorse alle regioni: per l'attuazione di progetti inerenti a specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale - in base alla relativa disciplina[49], il Ministero dell'economia e delle finanze provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento[50] dell'importo complessivo annuo spettante, a tale titolo, a ciascuna regione, sulla base dell'intesa, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, relativa alla ripartizione delle quote vincolate in oggetto, ovvero sulla base di un decreto ministeriale provvisorio, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro il 15 febbraio dell'anno di riferimento[51] -; per il finanziamento destinato agli istituti zooprofilattici sperimentali ed alla medicina penitenziaria - in base alla relativa disciplina[52], il Ministero dell'economia e delle finanze può concedere anticipazioni[53] anche prima della conclusione dell'intesa -.

La novella - che fa riferimento alle finalità di consentire una corretta gestione di cassa e di favorire la tempestività dei pagamenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - specifica che il nuovo regime di anticipazione concerne anche le somme da erogare a titolo di compensazione per minori gettiti fiscali effettivi, rispetto a quelli stimati ai fini del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e che il medesimo regime possa essere applicato, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, anche con riguardo ai finanziamenti inerenti all'esercizio per il 2016 o a quelli precedenti, sui quali sia stata raggiunta la relativa intesa.

Sono in ogni caso autorizzati eventuali necessari recuperi, a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti (per il medesimo esercizio o per gli esercizi successivi) alle regioni.

 

Il comma 4 modifica - con decorrenza dall'anno 2017, ma con possibilità di applicazione anche con riferimento all'esercizio per il 2016 ed a quelli precedenti - la disciplina sulle quote di compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA e sulle relative anticipazioni finanziarie.

Riguardo alla misura della quota di compartecipazione, la novella specifica che essa non può essere inferiore, per ciascuna regione, a quella stabilita in sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale e di individuazione delle relative quote di finanziamento.

Si ricorda che:

§  quest'ultimo riparto è definito[54] da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome[55], intesa dalla quale si prescinde in caso di mancato raggiungimento della stessa entro il 30 settembre dell'anno di riferimento;

§  l'aliquota di compartecipazione delle regioni a statuto ordinario all'IVA può essere rideterminata[56] con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;

§  le quote di compartecipazione delle singole regioni a statuto ordinario all'IVA sono stabilite[57] annualmente entro il 30 settembre di ciascun anno per il triennio successivo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministero della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sulla base dei criteri di cui all'art. 7 del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56.

La novella, inoltre, come accennato, modifica la disciplina sulle anticipazioni finanziarie alle regioni inerenti alle suddette quote di compartecipazione.

La disciplina finora vigente e oggetto di novella prevede che, nelle more del perfezionamento del riparto delle quote di compartecipazione, le risorse siano corrisposte alle regioni nella misura risultante dall'ultimo riparto effettuato, previo accantonamento di un importo corrispondente alla quota del finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario il cui riconoscimento è subordinato, ai sensi della legislazione vigente, alla verifica degli adempimenti regionali. La novella prevede, invece, che le anticipazioni in oggetto (sempre nelle more dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) siano erogate sulla base dei valori stabiliti nella suddetta sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale e di individuazione delle relative quote di finanziamento. In ogni caso, resta fermo il limite massimo vigente per le risorse complessive erogabili alle regioni in corso di anno, a titolo di anticipazione del finanziamento della quota indistinta del Servizio sanitario nazionale - limite costituito[58] dal 97 per cento del totale delle somme spettanti a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta, ovvero al 98 per cento per le regioni che risultino adempienti nell'ultimo triennio rispetto agli obblighi previsti dalla normativa vigente (obblighi al cui adempimento sia subordinata una quota del finanziamento medesimo)[59] -.

La novella specifica, inoltre, che sono in ogni caso autorizzati eventuali necessari recuperi, a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti (per il medesimo esercizio o per gli esercizi successivi) alle regioni.


 

Articolo 35
(
Misure urgenti in tema di riscossione)

 

 

L’articolo 35 prevede che l’ente Agenzia delle entrate-Riscossione può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali (come individuate dall’ISTAT) e delle società da esse partecipate, con l'esclusione delle società di riscossione (lettera a)). La norma previgente fa riferimento solo ai comuni, alle province e alle società da essi partecipate. Inoltre, a decorrere dal 1° luglio 2017 le amministrazioni locali possono deliberare di affidare all’Agenzia delle entrate-Riscossione la sola attività di riscossione, spontanea e coattiva (e non più, come previsto dalla norma previgente, anche le attività di accertamento e liquidazione) delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate (lettera b)).

 

In ogni caso è fatta salva la normativa (prevista dall’articolo 17, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46) che consente al Ministro delle economia e delle finanze di autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazioni pubblica, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti. Nel caso in cui il MEF conceda l’autorizzazione, la società interessata procede all’iscrizione a ruolo dopo aver emesso, vidimato e reso esecutiva un’ingiunzione che consiste nell'ordine di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la somma dovuta (articolo 2, primo comma, regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato).

La relazione governativa afferma che l'obiettivo della norma in commento è quello di specializzare il nuovo ente pubblico economico nella sola attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate di tutte le amministrazioni locali.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 193 del 2016 ha disposto lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dal 1° luglio 2017 dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, a cui sono attribuite le funzioni relative alla riscossione nazionale (articolo 1).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione). Si consente al nuovo ente di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate.

L’articolo 2 del decreto-legge n. 193 del 2016 ha prorogato al 30 giugno 2017 la possibilità per gli enti locali di avvalersi di Equitalia per la riscossione delle proprie entrate. Il comma 2 dell’articolo 2, modificato dalla norma in esame, prevede che gli enti locali possono deliberare, dal 1° luglio 2017 l'affidamento al nuovo ente delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle proprie entrate tributarie o patrimoniali; si precisa che detta attività è riferita anche alle entrate delle società partecipate dagli enti locali.

 

Si segnala, infine che nel più aggiornato Elenco delle unità istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche pubblicato dall’ISTAT il 30 settembre 2016, fanno parte delle Amministrazioni locali:

Regioni e province autonome

Province e Città Metropolitane

Comuni

Comunità montane

Unioni di comuni

Agenzie, enti e consorzi per il diritto allo studio universitario

Agenzie ed enti per il turismo

Agenzie ed enti regionali del lavoro

Agenzie ed enti regionali per la formazione, la ricerca e l'ambiente

Agenzie regionali e provinciali per la rappresentanza negoziale

Agenzie regionali per le erogazioni in agricoltura

Agenzie regionali sanitarie e aziende ed enti di supporto al SSN

Enti di governo dei servizi idrici e/o dei rifiuti (ex AATO)

Autorità portuali

Aziende ospedaliere, aziende ospedaliero-universitarie, policlinici e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici

Aziende sanitarie locali

Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e unioni regionali

Consorzi di bacino imbrifero montano

Consorzi tra amministrazioni locali

Parchi nazionali, consorzi ed enti gestori di parchi e aree naturali protette

Consorzi interuniversitari di ricerca

Agenzie ed enti regionali di sviluppo agricolo.

L’elenco analitico è disponibile a questa pagina.


 

Articolo 36
(Procedura di riequilibrio finanziario e di dissesto e piano di rientro)

 

 

L'articolo 36 interviene su alcune disposizioni che disciplinano il raggiungimento del riequilibrio di bilancio da parte degli enti in dissesto, l'amministrazione dei residui attivi e passivi da parte dell'organo straordinario della liquidazione, nonché l’inserimento dei debiti fuori bilancio nell’ambito dei piani di riequilibrio finanziario per gli enti in pre-dissesto, al fine di chiarirne la portata applicativa.

 

In particolare, il comma 1 riformula il comma 1-ter dell'articolo 259 del decreto legislativo n. 267 del 2000 precisando l’ambito soggettivo di applicazione della disposizione che consente, in deroga alle norme vigenti, il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio per gli enti locali in dissesto entro un periodo massimo di cinque anni dalla dichiarazione di dissesto.

La norma, coma riformulata, specifica che tale deroga si applica soltanto nei casi in cui il riequilibrio del bilancio dell'ente in dissesto sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società partecipati, i cui costi incidono sul bilancio dell'ente.

In presenza di tali condizioni, è data facoltà agli enti locali di presentare un’ipotesi di bilancio che garantisca il raggiungimento dell’equilibrio, in deroga ai commi 1 e 1-bis dell’articolo 259 del TUEL, entro l'esercizio in cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati, e comunque entro un periodo massimo di cinque anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto (termine già stabilito dalla normativa vigente).

 

L’articolo 259 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) prevede che entro tre mesi dalla nomina dell’organo straordinario di liquidazione che gestisce la procedura di dissesto, il consiglio dell’ente locale interessato presenta al Ministero dell’interno una ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, che deve riferirsi all’esercizio finanziario successivo a quello nel corso del quale è stato dichiarato il dissesto, qualora per tale anno sia stato approvato il bilancio di previsione[60], oppure all’esercizio in corso qualora non sia stato approvato il bilancio di previsione. Nei casi in cui la dichiarazione di dissesto venga adottata nel secondo semestre dell'esercizio finanziario per il quale risulta non essere stato ancora deliberato il bilancio di previsione, o sia adottata nell'esercizio successivo, l’ipotesi di bilancio deve essere tale da garantire l'effettivo riequilibrio entro il secondo esercizio.

Il comma 1-ter[61] di tale articolo, che viene qui novellato, ha previsto (al primo periodo) che nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, nel caso in cui il riequilibrio del bilancio sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione di almeno il 20 per cento dei costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società partecipati, laddove presenti, i cui costi incidono sul bilancio dell'ente, l'ente può raggiungere l'equilibrio, in deroga alle norme vigenti, entro l'esercizio in cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione di tutti gli organismi partecipati, e comunque entro tre anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto.

Il D.L. n. 78/2015 (art. 7, comma 2-bis) è successivamente intervenuto sul comma 1-ter suddetto, inserendo un secondo periodo nel quale il predetto termine veniva esteso da tre a quattro anni per tutti gli enti locali (vale a dire anche a province e città metropolitane nonché ai comuni indipendentemente dalla fascia di popolazione) e poi prolungato fino a cinque anni dall’art. 14, comma 1-ter, del D.L. n. 113/2016.

La riformulazione della disposizione di deroga risulta necessaria - si precisa nella relazione illustrativa - in quanto le successive modifiche normative apportate al comma 1-ter dell'articolo 259 del decreto legislativo n. 267 del 2000[62] sopra illustrate, avevano ingenerato una interpretazione che consentiva a tutti “gli enti locali in dissesto, indiscriminatamente, di raggiungere l’equilibrio entro i cinque anni dalla dichiarazione di dissesto”.

 

Di conseguenza, anche gli obblighi di relazionare al Ministero dell'interno da parte dell'organo di revisione economica-finanziaria dell'ente sull'efficacia delle misure adottate e sugli obiettivi raggiunti in ciascun esercizio finanziario - già previsti dall’ultimo periodo del comma 1-ter dell’articolo 259 del TUEL - vengono estesi fino al raggiungimento dell'equilibrio e per i cinque esercizi successivi.

 

L'ipotesi di bilancio riequilibrato, si ricorda, è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.

Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. All’organo straordinario di liquidazione è demandata la competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Esso provvede pertanto alla: rilevazione della massa passiva; all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; alla liquidazione e pagamento della massa passiva. L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.

Si ricorda, infine, che l’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).

 

Il comma 2 riformula le disposizioni vigenti che prevedono, nei comuni e nelle province in stato di dissesto finanziario, che l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata sia di competenza dell’organo straordinario della liquidazione, in deroga alle norme di contabilità.

A tal fine, è novellato il comma 457 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016, che a sua volta sostituisce l’articolo 2-bis del D.L. n. 113/206, recanti la medesima disposizione di deroga, rispettivamente, per i comuni e per le province.

 

Si ricorda che il citato comma 457 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), che viene qui novellato, ha introdotto una deroga all'articolo 255, comma 10, del TUEL, prevedendo che per i comuni in stato di dissesto l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all'organo straordinario di liquidazione.

Analoga deroga era già stata disposta per le amministrazioni provinciali dall’articolo 2-bis del D.L. 24 giugno 2016, n. 113.

L’articolo 255 del TUEL, nel dettare le regole per l’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento dell’ente in dissesto da parte dell'organo straordinario di liquidazione, dispone espressamente, al comma 10, che non rientrano nelle competenze dell'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese.

 

Il comma 457, come ora riformulato, conferma per i comuni e le province in stato di dissesto la deroga all'articolo 255, comma 10, del TUEL, ribadendo che l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all’organo straordinario della liquidazione (nuovo comma 1 dell’articolo 2-bis del D.L. n. 113/2016).

Rispetto alla disciplina previgente, la norma definisce altresì le modalità contabili della gestione di tali residui, disponendo che l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata sia gestita separatamente, nell’ambito della gestione straordinaria di liquidazione. Resta peraltro ferma la facoltà dell’organo straordinario della liquidazione di definire anche in via transattiva le partite debitorie, sentiti i creditori (nuovo comma 2 dell’articolo 2-bis del D.L. n. 113/2016).

Si limita inoltre l’ambito di applicazione della gestione separata dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata a comuni e province che abbiano deliberato lo stato di dissesto finanziario successivamente alla data di entrata in vigore del “presente decreto legge” nonché a quelli, già in stato di dissesto finanziario, per i quali alla medesima data non sia stata ancora approvata l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (nuovo comma 3 dell’articolo 2-bis del D.L. n. 113/2016).

Per gli enti locali che, a tale data, abbiano invece già avuto l’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, resterebbe dunque ferma la gestione dei residui in questione in capo all’amministrazione ordinaria dell’ente.

 

In merito alla data che consente l’individuazione degli enti locali cui si applica la normativa illustrata, posto che il dispositivo è inserito nel comma 3 del novellato articolo 2-bis del D.L. n. 113/2016, essa dovrebbe corrispondere a quella dell’entrata in vigore del medesimo D.L. n. 113, ovvero il 25 giugno 2016. Sul punto sarebbe, tuttavia, opportuno un chiarimento.

 

Il comma 3 (erroneamente indicato come comma 4 nel testo del decreto-legge in esame) modifica il comma 714-bis dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, concernente la facoltà, per gli enti locali che abbiano presentato il piano di riequilibrio finanziario o ne hanno conseguito l’approvazione[63], di riformularlo o rimodularlo - con delibera da adottarsi entro la data del 30 settembre 2016, fermo restando la sua durata originaria - per tenere conto dell’eventuale disavanzo risultante dal rendiconto approvato o di debiti fuori bilancio.

La novella specifica che i debiti fuori bilancio che consentono la rimodulazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale possono essere anche quelli emersi dopo la approvazione del piano medesimo, ancorché relativi a obbligazioni sorte antecedentemente alla dichiarazione di predissesto.

La disposizione – come sottolineato anche nella relazione illustrativa – è volta a chiarire che la facoltà di rimodulazione del piano di riequilibrio, in ragione di nuovi e ulteriori disavanzi e debiti fuori bilancio, è consentita agli enti locali indipendentemente dalla data della loro insorgenza, e riguarda, quindi, anche quelli esistenti alla data della riformulazione e rimodulazione ancorché provenienti da periodi antecedenti l’approvazione del piano.

 

Con la disposizione dei cui al comma 714-bis, che viene qui novellato, il ripiano del disavanzo o la copertura dei debiti fuori bilancio può pertanto avvenire in un periodo più ampio rispetto a quanto previsto dagli articoli 188 e 194 del TUEL, ma senza superare la durata del piano.

Si ricorda che l’articolo 188 del TUEL prevede che l'eventuale disavanzo di amministrazione sia immediatamente applicato all'esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. Il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio. L'eventuale ulteriore disavanzo formatosi nel corso del periodo considerato nel piano di rientro deve essere coperto non oltre la scadenza del piano di rientro in corso. L’articolo 194 (riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) prevede che per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

 


 

Articolo 37
(Modifiche all'articolo 1, comma 467,
legge 11 dicembre 2016, n. 232)

 

 

L'articolo 37, mediante una modifica all'articolo 1, comma 467, della legge n. 232 del 2016, prevede la possibilità di conservare le risorse nel fondo pluriennale vincolato di spesa dell'esercizio 2016 relative alle opere per le quali già risulta avviata la procedura di scelta del contraente.

 

In particolare, il citato comma 467 stabilisce che le risorse accantonate nel fondo pluriennale di spesa dell’esercizio 2015 in applicazione del punto 5.4 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui all'allegato 4/2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per finanziare le spese contenute nei quadri economici relative a investimenti per lavori pubblici e quelle per procedure di affidamento già attivate, se non utilizzate possono essere conservate nel fondo pluriennale vincolato di spesa dell’esercizio 2016 anziché confluire nel risultato di amministrazione. Perché ciò sia possibile occorre che l'ente finanzi opere per le quali disponga del progetto esecutivo degli investimenti redatto e validato in conformità alla vigente normativa, completo del cronoprogramma di spesa e a condizione che il bilancio di previsione 2017 – 2019 sia approvato entro il 31 gennaio 2017.

Per effetto della novella recata dalla presente disposizione la possibilità di conservare le risorse in esame si estende anche a quelle riferite a opere per le quali l'ente abbia già avviato le procedure per la scelta del contraente fatte salve dal decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice di disciplina dei contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione).

Si rammenta che tali risorse confluiscono nel risultato di amministrazione se entro l’esercizio 2017 non sono assunti i relativi impegni di spesa.

 

Si ricorda che il principio contabile 5.4 concernente la contabilità finanziaria di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 stabilisce che nel caso in cui non vi sia aggiudicazione definitiva, entro l’anno successivo, le risorse accertate cui il fondo pluriennale si riferisce confluiscono nell’avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell’intervento in c/capitale ed il fondo pluriennale deve essere ridotto di pari importo.

Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l'entrata. Si tratta, più precisamente, di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, che nasce dall’esigenza di applicare il principio della competenza finanziaria potenziata, di cui all’allegato1 del D.Lgs. n. 118/2011, e rendere evidente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione dei finanziamenti e l’effettivo impiego di tali risorse.

Il fondo pluriennale vincolato è alimentato solo da entrate correnti vincolate e da entrate destinate al finanziamento di investimenti, accertate e imputate agli esercizi precedenti a quelli di imputazione delle relative spese. Le risorse del fondo sono destinate prevalentemente a spese in conto capitale, ma possono essere destinate a garantire la copertura di spese correnti, ad esempio quelle impegnate a fronte di entrate derivanti da trasferimenti correnti vincolati, esigibili in esercizi precedenti a quelli in cui è esigibile la corrispondente spesa.

Esso – va sottolineato - risulta immediatamente utilizzabile a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano, consentendo in tal modo di poter procedere all'impegno delle spese esigibili nell'esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all'impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo).

In altre parole, il principio della competenza potenziata prevede che il fondo pluriennale vincolato sia uno strumento di rappresentazione della programmazione e previsione delle spese pubbliche territoriali, sia correnti sia di investimento, che evidenzi con trasparenza e attendibilità il procedimento di impiego delle risorse acquisite dall’ente che richiedono un periodo di tempo ultrannuale per il loro effettivo impiego ed utilizzo per le finalità programmate e previste. In particolare, la programmazione e la previsione delle opere pubbliche è fondata sul Programma triennale delle opere pubbliche e relativo elenco annuale di cui alla vigente normativa che prevedono, tra l’altro, la formulazione del cronoprogramma (previsione dei SAL) relativo agli interventi di investimento programmati.


 

Articolo 38, comma 1
(Pagamenti dal bilancio dello Stato all’INPS)

 

 

La disposizione introdotta dal comma 1 dell’articolo 38 è volta a modificare la tempistica per l’assunzione di impegni sui capitoli del bilancio dello Stato relativa ad erogazioni a favore dell’INPS rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, prevedendo che i pagamenti da parte del bilancio dello Stato avvengano sulla base del fabbisogno di cassa effettivo, presentato annualmente dell’ente con evidenza delle esigenze mensili, approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

In tal modo, basando i trasferimenti statali all’INPS sul fabbisogno di cassa presentato annualmente, la norma mira a limitare significativamente il ricorso alle anticipazioni di tesoreria da parte dell’INPS.

La relazione illustrativa ribadisce la necessità di una programmazione annuale dei pagamenti da parte dello Stato che assecondi l’effettivo fabbisogno dell’INPS. La normativa vigente prevede infatti (articolo 3, comma 12, del decreto-legge n. 323/1996[64]) che gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato, relativi a erogazioni a favore di soggetti ed enti pubblici o privati, sono assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo. Rientrano in tale regime anche i trasferimenti del bilancio dello Stato a favore dell’INPS di cui all’articolo 37, comma 3, lettera c), della legge n. 88/1989, la cui erogazione, diversamente da altri trasferimenti in favore dell’INPS, non prevede alcun tipo di rendicontazione. Il pagamento di tali trasferimenti secondo la modalità delle quote trimestrali comporta una disponibilità di cassa da parte dell’INPS che non soddisfa, in alcuni periodi dell’anno e in particolare nei primi mesi dell’anno, l’effettivo fabbisogno di liquidità dell’ente, comportando il ricorso ad anticipazioni di tesoreria che, se non regolate mediante restituzione entro lo stesso anno, rischiano di esporre l’ente previdenziale in situazione debitoria nei confronti della tesoreria con conseguente registrazione del debito in bilancio, generando inoltre oneri amministrativi aggiuntivi per la gestione di tali operazioni.

 

In particolare, la norma in esame integra il citato articolo 3, del decreto-legge n. 323/1996, inserendo dopo il comma 12 (che prevede che gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato, relativi a erogazioni a favore di soggetti ed enti pubblici o privati, siano assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo) il comma 12-bis.

Con tale nuovo comma, si autorizza l’assunzione di impegni sui capitoli del bilancio dello Stato relativa alle erogazioni a favore dell’INPS sulla base del fabbisogno di cassa dell’ente approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, limitatamente agli oneri relativi:

§  alle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), di cui all’articolo 37, comma 3, lett. c), della legge n. 88/1989[65];

§  alla quota di ciascuna mensilità di pensione erogata dall'ex INPDAP a carico della “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale (articolo 2, comma 4, lett. a), della legge n. 183/2011 – legge di stabilità per il 2012).

 

A tal fine, l’INPS presenta, entro il mese di gennaio di ogni anno, il fabbisogno annuale con evidenza delle esigenze mensili e il successivo aggiornamento non oltre il mese di giugno.


 

Articolo 38, comma 2
(Disposizioni in materia di enti previdenziali e
di gestione
degliimmobili pubblici)

 

 

L’articolo 38, comma 2, modifica la disciplina sulla dismissione del patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS, prevedendo che essa possa avvenire, nel rispetto dei vincoli di legge applicabili, anche mediante conferimento di una parte del patrimonio immobiliare ai fondi costituiti dall’INVIMIT.

 

In particolare, con la modifica in commento è sostituita la disposizione che prevede il conferimento da parte dell’INPS al fondo di investimento immobiliare ad apporto del proprio patrimonio immobiliare da reddito (articolo 8, comma 2, lettera c) del decreto-legge n. 95 del 2012). In suo luogo si prevede che l’Istituto provvede alla completa dismissione del proprio patrimonio immobiliare da reddito, nel rispetto dei vincoli di legge applicabili, anche attraverso il conferimento di parte del patrimonio a fondi di investimento immobiliare costituiti dall’Invimit SGR (istituita ai sensi dell’art. 33 del D.L. n. 98 del 2011), con l’obiettivo di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una maggiore efficienza economica. Tra i vincoli di legge che devono essere rispettati sono espressamente richiamati quelli derivanti dal decreto-legge n. 351 del 2001, il quale tra l’altro prevede in favore dei conduttori degli immobili diritti di opzione e di prelazione per l’acquisto.

La relazione governativa al riguardo afferma che la previsione soppressa si è rivelata inadeguata ad affrontare le complessità derivanti dalla dimensione ed eterogeneità delle caratteristiche del patrimonio immobiliare dell’Istituto. Tale patrimonio, infatti, è fra l'altro caratterizzato dalla presenza di vincoli derivanti dalla provenienza dalle operazioni di cartolarizzazione e dalla sussistenza in capo agli aventi diritto dei diritti di opzione e prelazione riconosciuti agli stessi dal decreto-legge n. 351 del 2001 e oggetto, nel tempo, di contenzioso. La modifica della disposizione assolve all'urgente funzione di consentire l'immediata ripresa delle operazioni di cessione e valorizzazione, bloccate da tempo, superando i limiti stringenti rappresentati dalla sopra citata disposizione.

 

Si ricorda peraltro che il comma 20-bis dell’articolo 3 del citato decreto-legge n. 251 del 2001 (inserito dal decreto-legge n. 133 del 2014, art. 20, comma 4) prevede che agli immobili del patrimonio abitativo dell’Istituto nazionale della previdenza sociale oggetto di conferimenti o trasferimenti a uno o più fondi comuni di investimento immobiliare di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2014 (il quale ha avviato la costituzione di un fondo comune di investimento a cui conferire l’intero patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS) continuano ad applicarsi le disposizioni relative ai diritti di opzione e prelazione per i conduttori.

 

Dalle ultime relazioni della Corte dei Conti (relative al 2015 e agli anni 2013-2014) sulla gestione finanziaria dell’Inps si evince che nel 2009 è rientrato un massiccio numero di immobili cartolarizzati ma rimasti invenduti, certificando un sostanziale insuccesso della Scip 2. Nel 2012 il patrimonio immobiliare si è inoltre incrementato del 73 per cento a seguito dell’incorporazione di Inpdap e di Enpals. Nell’intento di dotarsi di una strategia per la gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, dal 2009 l’Inps si è reso protagonista di una serie di iniziative che vedono nella costituzione di un fondo ad apporto privato a cui devolvere il proprio patrimonio, l’elemento centrale. Se si esclude la costituzione della SGR Invimit spa da parte del Ministero dell’economia, tale processo di valorizzazione e di dismissione degli immobili non ha registrato alcuno sviluppo nel 2013, causa asserito condizionamento dall’attività di valutazione dell’Agenzia del Territorio e del Demanio e dalla programmata costituzione di uno o più fondi immobiliari ad apporto privato a cui confermare o trasferire immobili da reddito. La stessa SGR in data 23 dicembre 2014 ha istituito il fondo immobiliare i3-Inps al quale conferire l’intero patrimonio immobiliare da reddito. Nell’anno 2015 è stato pubblicato il decreto di individuazione dei beni di proprietà dell’Istituto (decreto pubblicato sulla GU dell’11 febbraio 2015). La Corte, pur alla luce degli sviluppi che si sono registrati nel 2014, con la costituzione del fondo immobiliare i3-Inps, considera evidente la scarsa consistenza di dismissioni realizzate, nonostante l’alto numero di unità libere.

Ancora per tutto il 2016 non è stato posto in essere alcun passo in avanti per una congrua collocazione del patrimonio immobiliare non strumentale. Né, in tal senso, si è rivelato risolutivo il decreto del Ministro dell’economia 5 febbraio 2014 (in G.U. n. 65 del 19 marzo 2014) che, in ragione di quanto disposto dall’art. 8 del decreto-legge n. 78 del 2010, demandava a intese tra l’istituto e InvImIt s.p.a. (società di gestione del risparmio costituita ai sensi dell’art. 33 della l. 15 luglio 2011, n. 111) le modalità di costituzione e partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliare. E’ da considerare, infatti, come profili di complessità nell’individuazione dei beni da apportare al fondo immobiliare i3-Inps - istituito sul finire del 2014 da InvImIt S.p.A. – in uno con gli stessi vincoli posti dall’art. 20 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (secondo cui anche in caso di conferimento a fondo immobiliare continuano ad applicarsi le tutele e le garanzie per i conduttori degli immobili cartolarizzati) sono stati di ostacolo al perfezionamento del “Piano di investimento e disinvestimento del patrimonio immobiliare non strumentale e del patrimonio mobiliare 2016-2018”, approvato con determinazione presidenziale del 2015. Determinazione presidenziale, dapprima sospesa e, quindi ritirata su richiesta del Civ, nelle more di un intervento normativo volto a fare chiarezza sugli immobili da apportare al fondo, rispetto a quelli alienabili direttamente dall’Inps. Intervento del legislatore ritenuto necessario dallo stesso Istituto, ma che, in atto, non si è concretizzato, di talché anche nel 2016 sono proseguite le attività del tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’economia finalizzate all’individuazione di misure di raccordo normativo, di semplificazione e accelerazione delle procedure per la dismissione del patrimonio immobiliare. L’invito della Corte agli organi dell’ente è a proseguire nella direzione volta a conferire un assetto congruo ad un patrimonio immobiliare non solo improduttivo dal lato finanziario, ma che determina costi non irrilevanti anche in termini di risorse umane, più utilmente utilizzabili nelle attività istituzionali proprie dell’Inps.

 

Gli immobili da reddito di proprietà dell’Istituto, costituiti da circa 30.000 unità, sono per circa l’89 per cento da ricondurre al patrimonio dei soppressi Inpdap e Inpdai: il valore complessivo ammonta a circa 2,5 miliardi di euro. Si tratta di un patrimonio – la cui consistenza è in prevalenza da riferire alle pregresse operazioni di cartolarizzazione (circa 25.000 unità) – costituito per il 36 per cento da unità immobiliari a destinazione abitativa, che contribuiscono per il 49 per cento al valore totale; per il 44 per cento da unità secondarie o minori (quali posti auto o cantine), per un 10 per cento del valore; per il 17 per cento con destinazione uffici, commerciale e logistica, con un incidenza sul valore totale del 37 per cento. E’ da sottolineare come il patrimonio immobiliare “di pregio” rappresenti soltanto l’8 per cento del portafoglio complessivo, ovvero circa 2.600 unità immobiliari, di cui 1.272 residenziali.

Dal sito dell’Inps risulta che la gestione del patrimonio immobiliare è così suddivisa:

§  il patrimonio originario INPS, nonché quello incorporato per effetto della soppressione di SCAU (Servizio contributi agricoli unificati), SPORTASS (la Cassa di Previdenza per l'assicurazione degli Sportivi) e IPOST (Fondi Gruppo Poste Italiane), è gestito da I.GE.I S.p.A. in Liquidazione;

§  la parte di patrimonio INPS, di provenienza ex INPDAI, è attualmente gestita dalla società risultata definitivamente aggiudicataria della gara indetta dall'INPS nel marzo del 2011, ovvero Romeo Gestioni;

§  la parte di patrimonio INPS, di provenienza ex INPDAP ed ex ENPALS è tuttora gestita direttamente a livello regionale.

 

Nel corso di un’audizione parlamentare il 19 aprile 2017 presso la Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, la direttrice generale dell’INPS, Gabriella Di Michele, ha dichiarato che entro il 30 giugno sarà pronto il piano per la vendita del patrimonio immobiliare da reddito dell’Ente, fra cui anche gli immobili ad uso residenziale. Secondo notizie riportate dalla stampa la direttrice ha dichiarato che il piano individuerà le unità destinate a Invimit e quelle per la vendita diretta.

 

La norma in esame prevede infine che l'INPS provvede all'attuazione di quanto disposto dal comma nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 38, comma 3
(Investimenti degli enti previdenziali)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 38 amplia la possibilità di rimodulare la percentuale delle risorse degli enti di previdenza che possono essere destinate alla sottoscrizione di fondi immobiliari anche al fondo di fondi gestito dall’Invimit SGR S.p.A.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 84, della L. 232/2016 consente di rimodulare la percentuale delle risorse degli enti di previdenza che possono essere destinate alla sottoscrizione di fondi immobiliari, fermo restando il limite complessivo del quaranta per cento fissato dalla legge, tenuto conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio Invimit. In particolare la norma fa riferimento ai seguenti fondi:

§  fondi comuni di investimento di tipo chiuso dedicati all'attivazione di start-up innovative, previsti dal comma 82 (tale riferimento è stato soppresso dalla norma in esame);

§  fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali (art. 33, comma 8-ter, del D.L. n. 98 del 2011);

§  fondi comuni di investimento immobiliare a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (art. 33, comma 8-quater, del D.L. n. 98 del 2011).

Il comma 84 della legge di bilancio 2017 è finalizzato a favorire l'efficiente utilizzo delle risorse previste dal comma 3 dell'articolo 33 del D.L. 98/2011. Tale disposizione stabilisce la ripartizione della quota del piano di impiego dei fondi disponibili da parte degli enti pubblici di natura assicurativa o previdenziale da destinare agli investimenti immobiliari (che ai sensi dell’articolo 65 della legge n. 153 del 1969 non può superare il 40 per cento) tra i fondi di fondi (art. 33, comma 1) e i fondi diretti (art. 33, commi 8-ter e 8-quater): si prevede la ripartizione del venti per cento tra i due tipi di fondi per gli anni 2012, 2013 e 2014. Con la norma in esame si consente la rimodulazione di tali quote tenendo conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio (Invimit).

Si ricorda che l’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011 ha disciplinato la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti. Il D.L. n. 95 del 2012 ha introdotto ulteriori modalità operative della società di gestione del risparmio, prevedendo la costituzione di altre tipologie di fondi immobiliari, con l'obiettivo esplicito di conseguire la riduzione del debito pubblico.

Nel marzo 2013 è stata istituita la Invimit SGR (Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio società per azioni) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (“fondi di fondi”) (art. 33, comma 1). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (“fondi diretti”) (art. 33, comma 8-ter). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. “fondi difesa” ) (art. 33, comma 8-quater).

Nel corso del 2014 Invimit ha istituito un fondo di fondi ("i3-Core" suddiviso in due comparti: uno denominato "Territorio" e l'altro denominato "Stato") e quattro fondi a gestione diretta ("i3-Inail", "i3-Inps", "i3-Regione Lazio", "i3-Università") il cui perimetro complessivo è di oltre un miliardo di euro in termini di portafoglio immobiliare. Il fondo “i3-Core” ad oggi è sottoscritto dall’INAIL.

Alla fine del 2015 Invimit  ha istituito il Fondo i3 Stato/Difesa grazie all'apporto di un portafoglio immobiliare composto dalle ex caserme di Piazza d'Armi e Magazzini di Baggio a Milano, Palazzo Rinaldi e Caserma Romagnoli a Padova e la Caserma Saluzzo a Torino, conferiti con il D.M. 13 maggio 2016. Il Fondo i3-Stato Difesa è un fondo immobiliare di tipo chiuso, riservato, con un ammontare target di 500 milioni e che prevede il collocamento di quote unitarie di 50mila euro la cui sottoscrizione potrà avvenire entro 24 mesi dall'istituzione del Fondo.

Nel novembre 2015 è stato istituito il fondo i3 Sviluppo Italia, un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso multicomparto, riservato ad investitori qualificati. Il Fondo è costituito da due comparti, 8-ter e 8-quater. Il Comparto 8-ter ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato e di Enti Territoriali non più utilizzati per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari. Il Comparto 8-quater ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della Difesa per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari.

 

La norma in esame, pertanto, include i fondi di fondi gestiti dall’Invimit (art. 33, comma 1) tra quelli nell’ambito dei quali possono essere rimodulate le percentuali destinate alla sottoscrizione da parte degli enti pubblici di natura assicurativa o previdenziale, tenendo conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio Invimit.


 

Articolo 39
(Trasferimenti regionali per funzioni conferite a province e città metropolitane)

 

 

L’articolo 39 prevede che per gli anni dal 2017 al 2020 una quota del 20 per cento del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale sia riconosciuta alla regione a condizione che questa entro il 30 giugno di ciascun anno abbia provveduto all’erogazione delle risorse per l’esercizio delle funzioni trasferite alle province ed alle città metropolitane.

 

Il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale è stato istituito e finanziato a decorrere dal 2013 dall'art. 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, nel quale si prevede che i criteri e le modalità con cui ripartirne le risorse fra le regioni a statuto ordinario del Fondo siano definiti con D.P.C.M.[66] su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia, da emanarsi d'intesa con la Conferenza unificata.

Detti criteri sono volti a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e favorire un incremento dell’efficienza nella programmazione e gestione dei servizi relativi al trasporto pubblico locale, puntando su: un efficientamento dell’offerta di servizio intesa a soddisfare la domanda di trasporto pubblico; un progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; una progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e un corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata; la definizione di livelli occupazionali appropriati; la predisposizione di strumenti di monitoraggio e di verifica.

Va peraltro segnalato che la disciplina ed i criteri per le modalità di riparto del Fondo sono oggetto di numerose modifiche ad opera dell’articolo 27 del decreto-legge in esame, alla cui scheda nel presente dossier pertanto si rinvia per una più compiuta illustrazione del Fondo medesimo.

L’articolo 39 in esame dispone al comma 1 - richiamando le finalità  di coordinamento della finanza pubblica - che per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20 per cento del Fondo in questione è riconosciuta alla regione a condizione che la stessa entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato - mediante intesa in sede di Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno - l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite, in conformità alla legge regionale di attuazione dell’Accordo  sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell’11 settembre 2014.

Si tratta, si rammenta, dell’Accordo intervenuto ai sensi dell’articolo 1, comma 91, della legge n. 56 del 2014, con cui si è delineato il quadro attuativo del riordino delle funzioni delle province, ed in cui si è stabilito che le regioni avrebbero proceduto all’approvazione delle leggi regionali contenenti i criteri e le modalità di trasferimento delle funzioni esercitate dalle province, individuando altresì l’ente cui trasferire le funzioni regionali che erano state delegate alle Province ed impegnandosi inoltre a garantire il criterio di sussidiarietà ed adeguatezza e a curare le modalità di trasferimento del personale e la gestione delle risorse.

 

Con l'inizio del 2016 tutte le Regioni a statuto ordinario hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell'11 settembre 2014.

 

In particolare, vi hanno provveduto, con i menzionati provvedimenti: la Toscana (legge regionale 3 marzo 2015, n. 22), l'Umbria (legge regionale 2 aprile 2015, n. 10), le Marche (legge regionale 31 marzo 2015, n.13), la Liguria (legge regionale 10 aprile 2015, n. 15), la Calabria (legge regionale 22 giugno 2015, n. 14), la Lombardia (legge regionale 8 luglio 2015, n. 19), l'Emilia Romagna (legge regionale 30 luglio 2015, n. 13), l'Abruzzo (legge regionale 20 ottobre 2015, n. 32), il Veneto (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19), il Piemonte (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23), la Basilicata (legge regionale 6 novembre 2015, n. 49), la Campania (legge regionale 9 novembre 2015, n. 14), il Molise (legge regionale 10 dicembre 2015, n. 18), la Puglia (legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31). La regione Lazio ha dettato disposizioni sulla materia con gli artt. 7-9 della legge di stabilità regionale 31 dicembre 2015, n. 17.

Alcune leggi regionali prevedono peraltro, in misura più o meno ampia, il mantenimento in capo alle province di funzioni non fondamentali (così, ad esempio, art. 2, comma 1, L.R. Lombardia n. 19/2015; art. 6, comma 1, e titolo II; L.R. Emilia Romagna n. 13/2015; art. 2, comma 1, L.R. Veneto n. 19/2015; art. 2 L.R. Piemonte n. 23/2015).

 

Per un'analisi delle disposizioni regionali di attuazione della L. 56/2014, si rinvia al Rapporto 2015-2016 sullo stato della legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea, curato dall'Osservatorio sulla legislazione della Camera dei deputati (vol II, p. 241 ss.).

 

Il comma 2 prevede che, in caso di mancata intesa, il riconoscimento del 20 per cento del fondo per il trasporto pubblico locale in favore della regione interessata è deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Dipartimento per gli affari regionali

 


 

Articolo 40
(
Rideterminazione delle sanzioni per le province e le città
metropolitane
)

 

 

L’articolo 40 è volto ad attenuare le sanzioni previste a carico delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il vincolo del saldo non negativo tra le entrate e le spese finali nell'anno 2016.

In particolare, l’articolo incide sulla sanzione consistente nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio, che viene a tal fine applicata nella misura eventualmente eccedente l’avanzo applicato al bilancio di previsione 2016, anziché essere commisurata all’effettivo scostamento registrato, come previsto dalla normativa vigente di cui al citato comma 723, lettera a) della legge n. 208/2015 (comma 1)[67].

 

Ai fini dell’applicazione della sanzione nella misura indicata dal comma 1, gli enti locali interessati sono tenuti ad inviare, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, una certificazione attestante l’ammontare dell’avanzo applicato al bilancio di previsione 2016, ai sensi della lettera b) del comma 756 e del comma 758 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 (comma 2).

 

Si ricorda che al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari delle città metropolitane e delle province nel 2016, con le disposizioni del comma 756, lettera b), e del comma 758 della legge di stabilità per il 2016, richiamate dall’articolo in esame, si è consentito a tali enti, per il solo anno 2016, di poter applicare al bilancio di previsione per il 2016 l’avanzo libero e l’avanzo destinato (che costituiscono quota parte dell’avanzo di amministrazione annuale) nonché, per garantire più specificamente l’equilibrio di parte corrente degli enti in questione, le quote dell'avanzo di amministrazione dell'anno 2015 svincolate dalle regioni (corrispondenti ai trasferimenti correnti e in conto capitale già attribuiti ai predetti enti e affluiti nell'avanzo di amministrazione vincolato dell'anno 2015)[68] ed applicate al bilancio di previsione per l'anno 2016 dopo l'approvazione del rendiconto dell'esercizio 2015.

 

Si rammenta che con la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 707, commi da 709 a 713, comma 716 e commi da 719 a 734, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) è stata introdotta una nuova regola di finanza pubblica per gli enti territoriali, in sostituzione del patto di stabilità interno, basata sul conseguimento di un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

Le misure sanzionatorie per il mancato raggiungimento del saldo obiettivo dell’anno 2016 sono recate dal comma 723 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 e consistono, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza:

a)    per gli enti locali, nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. In caso di incapienza gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue, ed in caso di mancato versamento delle stesse, si prevedono apposite procedure di acquisizione da parte dell'erario degli importi dovuti;

b)   per le regioni, nel versamento al bilancio statale dell’importo corrispondente allo scostamento registrato. In mancanza, lo scostamento è recuperato sulle giacenze regionali depositate presso la tesoreria statale;

c)    nel divieto di impegnare spese di parte corrente (per le regioni al netto delle spese per la sanità) in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni effettuati nell'anno precedente a quello di riferimento;

d)   nel divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti;

e)    nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo (ovvero di concludere contratti di servizio con soggetti privati che si configurino sostanzialmente come elusivi del divieto di assumere personale);

f)    nella riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2014.

 

Il comma 2 precisa, infine, che per la certificazione è richiesta la firma digitale, ai sensi dell’articolo 24 del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, del Presidente della Provincia o del Sindaco metropolitano, del responsabile finanziario dell’ente e dell’organo di revisione economico-finanziaria.

 

Come precisato nella Relazione tecnica, dall’articolo in esame non discendono oneri per la finanza pubblica, in quanto la riduzione dell’ammontare della sanzione, dal punto di vista complessivo, si compensa con la riduzione delle risorse da destinare alla premialità del comparto di riferimento.

Si ricorda, infatti, che gli spazi finanziari utili all’applicazione del meccanismo di premialità per gli enti locali – ai sensi della disciplina di cui al comma 122 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010 - sono quelli determinati dall'applicazione della sanzione operata, in caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo di finanza pubblica e che prevede la riduzione in una data misura del fondo di solidarietà comunale o del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale.


 

Articolo 41
(Fondo da ripartire per l’accelerazione delle attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e del 2017)

 

 

L’articolo 41 prevede uno stanziamento di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 per gli interventi previsti nel decreto- legge in esame (comma 1) e l’istituzione di un Fondo per accelerare le attività di ricostruzione, con una dotazione pari a 491,5 milioni di euro per l’anno 2017, 717,3 milioni di euro per l’anno 2018 e 699,7 milioni di euro per l’anno 2019 (comma 2) da utilizzare, per interventi di ricostruzione destinati ai Comuni di cui all’articolo 1 del D.L. n. 189 del 2016 e ai Comuni delle zone a rischio sismico 1, nonché per specifici  Piani sperimentali per la difesa sismica degli edifici pubblici (comma 3) e per l’acquisto e la manutenzione dei mezzi occorrenti per il soccorso alla popolazione civile (comma 4).

 

Il finanziamento degli interventi necessari e l’istituzione del Fondo (commi 1 e 2)

Il comma 1 prevede lo stanziamento di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 per il finanziamento degli interventi necessari a seguito degli eventi sismici del 2016 e del 2017, verificatisi nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, previsti ai successivi commi da 2 a 4 dell’articolo in commento e dagli articoli da 42 a 46 del decreto in esame.

 

Il comma 2 prevede l’istituzione di un Fondo da ripartire, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzato ad accelerare le attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017, la cui dotazione è pari a 491,5 milioni di euro per l’anno 2017, 717,3 milioni di euro per l’anno 2018 e 699,7 milioni di euro per l’anno 2019.

Al riguardo, si osserva che talune destinazioni del Fondo non appaiono riconducibili alla finalità di  accelerare le attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e del 2017: ciò vale per le previsioni di cui alle lettere b) e c) del comma 3 e al comma 4.

 

L’utilizzo delle risorse del fondo è disposto con uno o più decreti del Ministro dell’economia, su proposta del Commissario per la ricostruzione ovvero del Dipartimento per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell'azione strategica del Governo connesse al progetto «Casa Italia».

L'articolo 18-bis del D.L. 8/17 prevede l'istituzione di un apposito dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell'azione strategica del Governo connesse al progetto «Casa Italia», anche a seguito degli eventi sismici che hanno interessato le aree del Centro Italia nel 2016 e nel 2017, al fine di sviluppare, ottimizzare e integrare strumenti finalizzati alla cura e alla valorizzazione del territorio e delle aree urbane nonché del patrimonio abitativo, anche in riferimento alla sicurezza e all'efficienza energetica degli edifici, ferme restando le attribuzioni disciplinate dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, in capo al Dipartimento della protezione civile e alle altre amministrazioni competenti in materia. Il comma 2 dispone che la dotazione organica dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri è incrementata di tre posizioni di livello generale e di quattro posizioni di livello non generale, stabilendosi poi ai commi 3 e 4 la copertura della spesa stimata in 1.300.000 euro per l'anno 2017 ed in 2.512.000 euro a decorrere dall'anno 2018.

 

Con decreti del Ministro dell’economia è prevista la possibilità di rimodulazione delle risorse destinate annualmente alle finalità indicate al successivo comma 3, nell’ambito dello stanziamento complessivo annuale, in relazione all’effettivo andamento delle spese.

Gli interventi per la ricostruzione e i Piani sperimentali per la difesa sismica degli edifici pubblici (comma 3)

Il comma 3 prevede che le risorse del predetto Fondo siano destinate al finanziamento di una serie di interventi elencati nelle successive lettere a)-c).

 

Interventi di ricostruzione nei Comuni di cui all’articolo 1 del D.L. n. 189 del 2016 (comma 3, lett. a))

 

La lettera a) prevede che le risorse del Fondo siano destinate a interventi di ricostruzione nei Comuni interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, di cui all’articolo 1 del D.L. n. 189 del 2016.

L’articolo 1 del D.L. n. 189 del 2016 (commi 1 e 2) specifica che gli interventi ivi previsti sono rivolti ai comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi negli allegati 1, 2 e nell’allegato 2-bis, aggiunto successivamente dall’art. 18-undecies, comma 1, lett. a), del D.L n. 8 del  2017.

L’art. 1 del D.L. 189/16 prevede, inoltre, l’applicazione di talune disposizioni del medesimo decreto, nei comuni di Teramo, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata, Fabriano e Spoleto, limitatamente ai singoli soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, casa di abitazione, studio professionale o azienda. E’ prevista, altresì, la possibilità di applicazione delle misure previste, in riferimento a immobili distrutti o danneggiati ubicati in altri comuni delle regioni interessate, diversi da quelli indicati negli allegati, su richiesta degli interessati che dimostrino il nesso di causalità diretto tra i danni ivi verificatisi e gli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, comprovato da apposita perizia asseverata.

Le risorse per gli interventi di ricostruzione sono destinate:

§  al finanziamento delle verifiche di vulnerabilità degli edifici scolastici, di cui all’articolo 20-bis, comma 4, del D.L. n. 8 del 2017, e alla conseguente realizzazione di progetti di ripristino e adeguamento antisismico.
Si tratta, dunque, di risorse che si aggiungono a quelle destinate, allo stesso fine, dal comma 1 dello stesso art. 20-bis.

L’articolo 20-bis, co. 4, del D.L. n. 8 del 2017 ha disposto che, entro il 31 agosto 2018, ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2 (vedi infra), con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati 1 e 2 al D.L. n. 189 del 2016 (cui si aggiungono, in base all’art. 18-undecies dello stesso D.L. n. 8 del 2017, quelli situati nei comuni della regione Abruzzo colpiti dal sisma del 18 gennaio 2017, di cui all’allegato 2-bis) deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica.

Ai fini delle verifiche di vulnerabilità sismica in questione, nonché alla progettazione dei relativi, eventuali, interventi di adeguamento antisismico, il comma 1 ha destinato le risorse di cui all'art. 1, commi 161 e 165, della L. 107/2015, come accertate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca[69]. Almeno il 20% di tali risorse deve essere destinato agli enti locali che si trovano nelle quattro regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.
Nello specifico, le risorse accertate sono rese disponibili da Cassa depositi e prestiti Spa previa stipula, sentito il Dipartimento della protezione civile, di una convenzione con il MIUR, con la quale sono disciplinate modalità e procedure di accesso ai finanziamenti. A tal fine, si tiene conto anche dell'urgenza, di eventuali provvedimenti di inagibilità accertata, della collocazione nelle zone a maggior pericolosità sismica, nonché dei dati contenuti nell'Anagrafe dell'edilizia scolastica.

I documenti attestanti le verifiche di vulnerabilità sismica eseguite sono pubblicati sulla home page del sito internet della scuola che utilizza l'immobile.

 

In base al comma 3, gli interventi di miglioramento e adeguamento sismico degli edifici scolastici che si rendono necessari a seguito delle verifiche di vulnerabilità sismica di cui sopra, o a seguito di precedenti verifiche di vulnerabilità sismica, sono inseriti nella programmazione triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica e finanziati con le risorse annualmente disponibili della stessa programmazione, ovvero con altre risorse che si rendono disponibili (quali, appunto, quelle ora previste).

§  al finanziamento delle verifiche di vulnerabilità degli edifici pubblici strategici e alla conseguente realizzazione di progetti di ripristino e adeguamento antisismico;

L’art. 7 del D.L. 189/16 disciplina gli interventi di riparazione e ricostruzione degli immobili danneggiati o distrutti dal sisma avvenuto in Italia centrale e, al comma 1, lett. b), prevede in particolare di riparare, ripristinare o ricostruire gli immobili «di interesse strategico», di cui al decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 252 del 29 ottobre 2003. Per tali immobili, l'intervento deve conseguire l'adeguamento sismico ai sensi delle vigenti norme tecniche per le costruzioni. Con il D.M. 14 gennaio 2008 (sostitutivo del precedente D.M. 14 settembre 2005) sono state approvate le norme tecniche per le costruzioni. In tale ambito, sono, tra l’altro, classificati gli interventi di adeguamento, come atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle norme del D.M. medesimo, e gli interventi di miglioramento, come atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle norme stesse. Entrambi gli interventi di adeguamento e miglioramento devono essere sottoposti a collaudo statico. L'applicazione di tali norme tecniche (in virtù dell'art. 1-bis del D.L. 39/2009, adottato in seguito al sisma del 2009 in Abruzzo), è divenuta obbligatoria dal 1° luglio 2009.

Il D.P.C.M. del 21 ottobre 2003 (G.U. 252/2003) definisce, per quanto di competenza statale, le tipologie degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile e quelle degli edifici e delle opere che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso, nonché fornisce le indicazioni per le verifiche tecniche da realizzare su edifici ed opere rientranti nelle predette tipologie.

§  al finanziamento degli interventi di ricostruzione privata, di cui all’art. 5, comma 2, del D.L. 189 del 2016.

Il comma 2 dell’art. 5 del D.L. 189/16 elenca le tipologie di intervento e danno conseguenti agli eventi sismici oggetto del decreto-legge, e localizzate nei territori dei Comuni colpiti (cioè quelli di cui all’articolo 1), che possono beneficiare di contributi, fino al 100% delle spese occorrenti. Tali tipologie, per comodità di lettura delle disposizioni successive, possono essere classificate in due gruppi:

-     interventi “non direttamente assistenziali”, cioè su edifici, rimborsi di danni e delocalizzazioni di imprese (lettere a), b), c), d) e) e g):

a) riparazione, ripristino o ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo e per servizi pubblici e privati, nonché delle infrastrutture, dotazioni territoriali e attrezzature pubbliche distrutti o danneggiati, in relazione al danno effettivamente subito;

b) gravi danni a scorte e beni mobili strumentali alle attività economiche, solidaristiche/sindacali e di servizi (la norma fa riferimento alle attività produttive, industriali, agricole, zootecniche, commerciali, artigianali, turistiche, professionali, ivi comprese quelle relative agli enti non commerciali, ai soggetti pubblici e alle organizzazioni, fondazioni o associazioni con esclusivo fine solidaristico o sindacale, e di servizi, inclusi i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari), previa presentazione di perizia asseverata;

c) danni economici subiti da prodotti agricoli ed alimentari che, alla data dell’evento sismico, erano in corso di maturazione o di stoccaggio ai sensi del regolamento (UE) n. 1151/2012, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, previa presentazione di perizia asseverata;

d) danni alle strutture private adibite ad attività sociali, socio-sanitarie e socio-educative, sanitarie, ricreative, sportive e religiose;

e) danni agli edifici privati di interesse storico-artistico;

g) delocalizzazione temporanea delle attività economiche/produttive e dei servizi pubblici danneggiati dal sisma al fine di garantirne la continuità;

-     interventi “assistenziali diretti”, cioè oneri per la sistemazione di alloggi e traslochi e per interventi a carattere sociale (lettere f), h) e i)):

f) oneri sostenuti dai soggetti che abitano in locali sgomberati dalle competenti autorità, per l’autonoma sistemazione, per traslochi, depositi, e per l’allestimento di alloggi temporanei;

h) interventi sociali e socio-sanitari, attivati da soggetti pubblici, nella fase dell’emergenza, per le persone impossibilitate a ritornare al proprio domicilio;

i) interventi per far fronte ad interruzioni di attività sociali, socio-sanitarie e socio-educative di soggetti pubblici, ivi comprese le aziende pubbliche di servizi alla persona, nonché di soggetti privati, senza fine di lucro.

Per approfondimenti ulteriori si rinvia alla relativa scheda sull’art. 5 del decreto-legge 189/2016

Nell’ambito delle attività di ricostruzione, sono state adottate le Ordinanze commissariali n. 13 e 19 del 2017 che, rispettivamente, contengono misure, per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione di immobili ad uso produttivo distrutti o danneggiati e per la ripresa delle attività economiche e produttive nei territori colpiti dagli eventi sismici del 24 agosto, 26 e 30 ottobre 2016, e per il ripristino con miglioramento sismico e la ricostruzione di immobili ad uso abitativo gravemente danneggiati o distrutti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. In particolare l’ordinanza n. 13 del 2017 concede contributi per: a) il ripristino con miglioramento sismico di interi edifici gravemente danneggiati e la ricostruzione di edifici distrutti, al fine di ristabilirne la piena funzionalità per l’attività delle imprese in essi stabilite; b) la riparazione e l'acquisto dei beni mobili strumentali danneggiati o distrutti, compresi impianti e macchinari; c) il ristoro dei danni economici subiti da scorte e prodotti giacenti in corso di maturazione ovvero di stoccaggio; d) l'acquisto di interi immobili ove delocalizzare definitivamente l’attività produttiva. Con l’ordinanza n. 19 del 2017 sono previsti contributi per il ripristino con miglioramento sismico di interi edifici gravemente danneggiati o per la ricostruzione di quelli distrutti, aventi destinazione d'uso abitativo ed eventualmente comprendenti anche unità immobiliari a destinazione produttiva (industriale, commerciale, artigianale, agricola, uffici, servizi), dichiarati inagibili con ordinanza comunale. Il contributo a favore dei beneficiari previsti è pari al 100% del costo ammissibile, mentre viene ridotto al 50% nel caso delle seconde abitazioni non ubicate nei centri storici dei comuni esterni al cratere sismico qualora sia dimostrato “un nesso di causalità diretto tra i danni e gli eventi sismici”. Il contributo comprende i costi sostenuti per le opere di pronto intervento e di messa in sicurezza per le indagini e le prove di laboratorio, per le opere di miglioramento sismico o di ricostruzione e per quelle relative alle finiture interne ed esterne connesse agli interventi sulle strutture e sulle parti comuni. Le opere ammesse a contributo riguardano le parti comuni dell’edificio, le unità immobiliari che le compongono e le relative pertinenze ricomprese. Sono ammesse a contributo anche le pertinenze danneggiate esterne all’immobile, quali cantine, autorimesse, magazzini o immobili funzionali all’abitazione o all’unità produttiva. I lavori di ripristino con miglioramento sismico o di ricostruzione devono essere ultimati entro 24 mesi dalla data di concessione del contributo previsto (prorogabili per non più di sei mesi).

 

Interventi nei Comuni delle zone a rischio sismico 1 (comma 3, lett. b))

 

La lettera b) prevede che le risorse del Fondo siano destinate a interventi nei Comuni delle zone a rischio sismico 1 (ai  sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, recante i criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l'aggiornamento degli  elenchi  delle  medesime zone), diversi da quelli di cui alla precedente lettera a), per il finanziamento delle verifiche di vulnerabilità degli edifici scolastici e per i relativi progetti di adeguamento, nonché per le verifiche di vulnerabilità degli edifici privati. La norma specifica che a tali attività provvede il Dipartimento, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento connesse al progetto «Casa Italia» (vedi supra), previa intesa, limitatamente agli interventi sugli edifici scolastici, con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per il coordinamento dei predetti interventi con quelli già previsti a legislazione vigente.

 

Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale; a tale fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, che detta i principi generali sulla base dei quali le regioni hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale. In particolare, la classificazione del territorio nazionale prevede quattro zone a pericolosità sismica decrescente: zona 1 (la zona più pericolosa, in cui possono verificarsi fortissimi terremoti); zona 2 (in cui possono verificarsi forti terremoti); zona 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari) e zona 4 (la zona meno pericolosa, in cui i terremoti sono rari).

Con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, ai fini dell'individuazione delle zone sismiche e della formazione e dell'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone, sono stati approvati i criteri generali e la mappa di pericolosità sismica di riferimento a scala nazionale. Il nuovo studio di pericolosità, allegato a tale ordinanza, ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio. Nel sito del Dipartimento della Protezione civile è disponibile l'elenco dei provvedimenti di classificazione adottati a livello regionale.

 

Piani sperimentali per la difesa sismica degli edifici pubblici (comma 3, lett. c))

 

La lettera c) prevede una ulteriore finalizzazione delle risorse del Fondo di cui al comma 2, per l’incentivazione di piani sperimentali per la difesa sismica degli edifici pubblici attraverso il finanziamento di dieci cantieri pilota per un importo fino a 25 milioni di euro per l’anno 2017, alle cui attività provvede il Dipartimento, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento connesse al progetto «Casa Italia» (di cui all'articolo 18 bis del D.L. 8/17).

Acquisto e manutenzione dei mezzi occorrenti per il soccorso alla popolazione civile (comma 4)

Il comma 4  prevede che una quota delle risorse del Fondo di cui al comma 2, fino a 50 milioni di euro, per l’anno 2017, e 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, possa essere destinata, su richiesta delle amministrazioni interessate, all’acquisto e alla manutenzione dei mezzi occorrenti per le operazioni di concorso al soccorso alla popolazione civile.


 

Articolo 42
(Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate di cui
all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 189 del 2016)

 

 

L’articolo 42 prevede un incremento di 63 milioni di euro per l’anno 2017 e 132 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Per consentire l’avvio di interventi urgenti per la ricostruzione pubblica e privata nelle predette aree, viene inoltre autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2017.

 

In particolare, il comma 1 prevede un incremento di 63 milioni di euro per l’anno 2017 e 132 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, di cui all’art. 4, comma 1 del decreto-legge 189 del 2016, anche al fine di far fronte ai fabbisogni finanziari derivanti dalla prosecuzione delle attività di assistenza alla popolazione a seguito della cessazione dello stato di emergenza.

L’art. 4 del D.L. 189/16, modificato dall’art. 1, comma 1-bis, lettere a) e b) del D.L. 8/17, prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate, con una dotazione iniziale di 200 milioni di euro per l’anno 2016, per l’attuazione degli interventi di immediata necessità previsti dal decreto-legge medesimo (commi 1 e 2).

L’articolo 21, comma 2, del D.L. 8/17 ha previsto inoltre che l'importo di 47 milioni di euro, versato dalla Camera dei deputati e affluito al bilancio dello Stato in data 26 settembre 2016 sul capitolo 2368, articolo 8, rimane destinato nell'esercizio 2016 al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate di cui all'articolo 4 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, per essere trasferito alla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dall'evento sismico del 24 agosto 2016.

 Si ricorda che nel cap. 8006 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze del bilancio 2017-2019 (L. n. 232 del 2016) sono allocati 200 milioni di euro per il 2017, 300 milioni di euro per il 2018 e 350 milioni di euro per il 2019 da destinare alla ricostruzione dei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016.

Per gli ulteriori stanziamenti previsti attraverso diversi interventi normativi si rinvia alla scheda “Gli eventi sismici di agosto-ottobre 2016 e di gennaio 2017 nel centro-Italia”.

 

Con la delibera del Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2016 è stato dichiarato lo stato d'emergenza per i territori colpiti, fino al centottantesimo giorno dalla medesima data del 25 agosto, e sono stati stanziati 50 milioni di euro per gli interventi di immediata necessità, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

Successivamente, con la delibera del consiglio dei ministri  del 10 febbraio 2017 è stato prorogato lo stato di emergenza di ulteriori 180 giorni in conseguenza degli eccezionali eventi sismici che hanno colpito il territorio delle Regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo il 24 agosto 2016, il 26 e il 30 ottobre 2016, il 18 gennaio 2017, nonché degli eccezionali fenomeni meteorologici che hanno interessato i territori delle medesime Regioni a partire dalla seconda decade del mese di gennaio 2017.

 

I commi 2 e 3 autorizzano, per interventi urgenti di ricostruzione pubblica e privata nelle aree colpite dai predetti eventi sismici, di cui all’articolo 1 del citato decreto-legge n. 189 del 2016, la spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2017, che confluiscono nella contabilità speciale intestata al Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione e che sono oggetto di separata contabilizzazione e rendicontazione.

Relativamente alle aree colpite dagli eventi sismici di cui all’articolo 1 del D.L. n. 189 del 2016, si tratta dei comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi negli allegati 1, 2 e nell’allegato 2-bis, aggiunto successivamente dall’art. 18-undecies, comma 1, lett. a), del D.L. n. 8 del  2017.

L’art. 1, comma 1, del D.L. 189/16 prevede, inoltre, l’applicazione di talune disposizioni del medesimo decreto nei comuni di Teramo, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata, Fabriano e Spoleto, limitatamente ai singoli soggetti danneggiati che dichiarino l'inagibilità del fabbricato, casa di abitazione, studio professionale o azienda. Ai sensi del comma 2 del citato articolo, è prevista, altresì, la possibilità di applicazione delle misure previste, in riferimento a immobili distrutti o danneggiati ubicati in altri comuni delle regioni interessate, diversi da quelli indicati negli allegati, su richiesta degli interessati che dimostrino il nesso di causalità diretto tra i danni ivi verificatisi e gli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, comprovato da apposita perizia asseverata.

L’art. 4, comma 3, del D.L. 189/16 prevede, infine, l’apertura di un’apposita contabilità speciale intestata al Commissario, in cui confluiscono le risorse del Fondo, quelle derivanti dalle erogazioni liberali, nonché possono confluire quelle a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici, incluse quelle rivenienti dal Fondo di solidarietà dell'Unione Europea, ad esclusione di quelle finalizzate al rimborso delle spese sostenute nella fase di prima emergenza.


 

Articolo 43
(Ripresa della riscossione e rateizzazione tributi sospesi)

 

 

L’articolo 43 contiene alcune proroghe di termini in materia di adempimenti e di versamenti tributari a favore dei soggetti, persone fisiche e imprese, localizzate nei comuni colpiti dagli eventi sismici in centro Italia nel 2016 (commi 1 e 2). Inoltre è prorogato dal 16 dicembre 2017 al 16 febbraio 2018 il termine entro il quale, senza applicazione di sanzioni e interessi, dovrà avvenire la ripresa della riscossione dei tributi sospesi e non versati, limitatamente ai soggetti diversi da imprenditori, lavoratori autonomi e agricoltori. A favore di tali soggetti diversi è prevista inoltre la possibilità di versare le somme oggetto di sospensione, senza applicazione di sanzioni e interessi, mediante rateizzazione fino a un massimo di 9 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 febbraio 2018 (comma 3).

 

In particolare il comma 1, lett. a), estende il periodo di applicazione della c.d. busta pesante a tutto l’anno 2017. L’articolo 48, comma 1-bis, del decreto-legge n. 189 del 2016 consente agli interessati residenti nei comuni colpiti dal sisma di richiedere ai propri sostituti di imposta di non operare le ritenute alla fonte a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 30 novembre 2017. La norma in esame sposta il termine finale al 31 dicembre 2017.

Si ricorda che con l’articolo 11 del decreto-legge n. 8 del 2017 la norma è stata modificata consentendo agli interessati di effettuare la richiesta per la c.d. busta pesante indipendentemente dal domicilio fiscale del sostituto d’imposta. Inoltre è stato precisato che la ripresa del versamento delle ritenute non operate, a seguito della richiesta, può essere disciplinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 30 novembre 2017, con il quale si preveda la rateizzazione del versamento fino a un massimo di 18 rate mensili, nei limiti della disponibilità delle risorse stanziate nel fondo rotativo per far fronte alle esigenze che derivano dal differimento di riscossione a seguito di eventi calamitosi.

 

Il comma 1, lett. b), proroga dal 30 novembre fino al 31 dicembre 2017 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari prevista dal D.M. 1° settembre 2016 (art. 48, comma 10). Da tale proroga sono esclusi gli imprenditori, i lavoratori autonomi e gli agricoltori, per i quali l’articolo 11, commi 3-9, del decreto-legge n. 189 del 2016, ha previsto la possibilità di accedere ad un finanziamento agevolato assistito dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi sospesi e di quelli dovuti dal 1° al 31 dicembre 2017.

Il D.M. 1° settembre 2016 ha sospeso i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di accertamento esecutivi, scadenti nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 ed il 16 dicembre 2016. Tale termine è stato prorogato al 30 settembre 2017 dal comma 10 dell’articolo 48 del D.L. n. 189 del 2016 e al 30 novembre 2017 dall’articolo 11, comma 1, lett. d), del D.L. n. 8 del 2017. È escluso il rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 1, lett. c), proroga da dicembre 2017 a febbraio 2018 il termine entro il quale devono essere effettuati gli adempimenti tributari diversi dai versamenti non eseguiti per effetto della sospensione stabilita dal D.M. 1° settembre 2016 (art. 48, comma 12).

Si ricorda che il termine originariamente previsto di ottobre 2017 è stato prorogato a dicembre 2017 dall’articolo 11, comma 1, lett. g), del decreto-legge n. 189 del 2016.

 

Il comma 1, lett. d) inserisce nell’articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016 due nuovi commi.

Il nuovo comma 12-bis autorizza il Commissario per la ricostruzione a concedere, con proprio provvedimento, un’apposita anticipazione fino ad un massimo di 17 milioni di euro per l’anno 2017 a valere sulle risorse della contabilità speciale (di cui all’articolo 4, comma 3), al fine di assicurare nell’anno 2017 i tributi non versati per effetto delle sospensioni dei versamenti disposte dal comma 11.

Il nuovo comma 12-ter prevede che il Commissario per la ricostruzione deve comunicare entro febbraio 2018 le somme anticipate di cui al comma 12-bis, non versate dai comuni interessati nell’anno 2017 all’Agenzia delle entrate-Struttura di gestione, la quale provvede a trattenere le relative somme dall’imposta municipale propria riscossa a decorrere da febbraio 2018 tramite il sistema del versamento unitario (disciplinato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997). Gli importi recuperati dall’Agenzia delle entrate-Struttura di gestione sono versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato. I comuni interessati possono in ogni caso procedere nell’anno 2017 al versamento ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio statale delle anticipazioni di cui al comma 12-bis, inviando apposita attestazione del versamento effettuato al Commissario alla ricostruzione entro il termine del 31 dicembre 2017.

 

In conseguenza della proroga del termine per la sospensione dei versamenti tributari (stabilita dal comma 1, lett. b), della norma in esame), il comma 2 estende la sospensione dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di accertamento esecutivo e delle somme dovute all'INPS, nonché le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione e i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli enti creditori, ivi compresi quelli degli enti locali (prevista dall’articolo 11, comma 2, del decreto-legge n. 189 del 2016) fino alla scadenza dei termini delle sospensioni dei versamenti previste dall’articolo 48 (31 dicembre 2017 per i soggetti diversi dagli imprenditori, lavoratori autonomi e agricoltori).

 

Il comma 3 proroga dal 16 dicembre 2017 al 16 febbraio 2018 il termine entro il quale, senza applicazione di sanzioni e interessi, dovrà avvenire la ripresa della riscossione dei tributi sospesi e non versati, limitatamente ai soggetti diversi da imprenditori, lavoratori autonomi e agricoltori per i quali rimane fermo il termine del 16 dicembre (si veda il successivo comma 4) (modifica all’articolo 48, comma 11).

A favore di tali soggetti diversi è prevista inoltre la possibilità di versare le somme oggetto di sospensione, senza applicazione di sanzioni e interessi, mediante rateizzazione fino a un massimo di 9 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 febbraio 2018.

Si ricorda che con il decreto-legge n. 8 del 2017 (art. 11, comma 1, lett. f)) è stato previsto che la restituzione delle ritenute non operate in caso di opzione per la c.d. busta pesante può essere disciplinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 30 novembre 2017, con il quale si preveda la rateizzazione del versamento fino a un massimo di 18 rate mensili, ai sensi dell'articolo 9, comma 2-bis, della legge n. 212 del 2000.

 

Il comma 4, con modifiche di coordinamento all’articolo 11, comma 3, del decreto-legge n. 189 del 2016, puntualizza che la ripresa dei versamenti dei tributi sospesi per gli imprenditori, i lavoratori autonomi e gli agricoltori (soggetti che possono accedere al finanziamento agevolato assistito dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi sospesi e di quelli dovuti dal 1° al 31 dicembre 2017) deve avvenire entro il 16 dicembre 2017 (termine individuato dall’articolo 11, comma 1, lett. e), n. 2), del decreto-legge n. 8 del 2017).

 

Il comma 5 prevede che le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni in commento (ad eccezione di quelle derivanti dalla proroga della sospensione dei tributi locali), pari a 101 milioni di euro nell’anno 2018, confluiscono nel fondo rotativo per far fronte alle esigenze che derivano dal differimento di riscossione a seguito di eventi calamitosi, istituito nello stato di previsione del MEF dall’articolo 1, comma 430 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

 


 

Articolo 44
(Proroga incentivi)

 

 

L’articolo 44 proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2019, il periodo entro il quale le imprese localizzate nei comuni colpiti dagli eventi sismici che effettuano investimenti possono beneficiare del credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi.

 

L’articolo 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017 ha esteso agli investimenti effettuati dalle imprese nei comuni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici iniziati nel 2016 il credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi, disciplinato dalla legge di stabilità 2016 a favore delle imprese localizzate nelle regioni del Mezzogiorno (articolo 1, commi 98 e successivi, della legge n. 208 del 2015 e successivamente modificato dall'articolo 7-quater del D.L. n. 243 del 2016). In particolare, il credito d'imposta è attribuito nella misura del 25 per cento per le grandi imprese, del 35 per cento per le medie imprese e del 45 per cento per le piccole imprese, fino al 31 dicembre 2018 (termine prorogato di un anno dalla norma in esame).

Si applicano, per quanto compatibili, le norme della legge di stabilità 2016; è necessaria la preventiva notifica della misura alla Commissione UE, ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato. Gli oneri derivanti dalla misura originaria dell’articolo 18-quater sono valutati in 20 milioni di euro per l'anno 2017 e 23,9 milioni di euro per l'anno 2018, coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica - FISPE.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108 della legge n. 208 del 2015) ha introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (originariamente individuate nella Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. Il credito d'imposta era fissato, in origine, in misura pari al 20 per cento per le piccole imprese, al 15 per cento per le medie imprese e al 10 per cento per le grandi imprese. Alle imprese attive nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori medesimi. La norma inizialmente prevedeva che l'agevolazione fosse commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni d'investimento della stessa struttura produttiva, esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato; si fissava un limite massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie imprese e di 15 milioni per le grandi imprese (successivamente elevato, come si vedrà in seguito).

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 24 marzo 2016 è stato approvato il modello, con le relative istruzioni, della comunicazione per la fruizione del credito d'imposta. La comunicazione deve essere presentata all'Agenzia esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite i soggetti incaricati, a partire dal 30 giugno 2016 fino al 31 dicembre 2019. Con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito a soggetti beneficiari, ambito territoriale, investimenti agevolabili, determinazione dell'agevolazione, valorizzazione degli investimenti ed efficacia temporale dell'agevolazione, procedura, utilizzo e rilevanza del credito di imposta, cumulo, rideterminazione del credito e controlli.

Successivamente, per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 7-quater del decreto-legge n. 243 del 2016:

§   la Sardegna è stata inclusa fra le regioni del Mezzogiorno ammesse alla deroga alla disciplina in tema di aiuti di Stato;

§  è stato inoltre disposto l’aumento delle aliquote applicate al credito d’imposta sottostante l’acquisto di beni strumentali nuovi: si prevede la misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, ovvero il 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna (aree ex 107.3 lett. a) TFUE) e al 10 per cento per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise (aree ex 107.3 lett. c) TFUE), individuati dalla Carta degli aiuti e indicati nell’allegato della decisione C(2014)6424 final del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C(2016)5938 final del 23 settembre 2016. Le intensità massime di aiuto applicabili alle grandi imprese possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni (paragrafo n. 177 della Carta: maggiorazione delle intensità di aiuto per le PMI);

§  è stato elevato l’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento, al quale è commisurato il credito d’imposta, da 1,5 a 3 milioni di euro per le piccole imprese e da 5 a 10 milioni per le medie imprese, mentre rimane a 15 milioni per le grandi imprese;

§  inoltre è stata soppressa la disposizione che prevedeva il calcolo del credito d’imposta al netto degli ammortamenti fiscali dedotti nel periodo d’imposta per beni ricadenti nelle categorie corrispondenti a quelle agevolabili;

§  il credito d’imposta è stato reso cumulabile con gli aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che insistano sugli stessi costi, sempre che tale cumulo non porti al superamento dell’intensità o dell’importo di aiuto più elevati consentiti dalla normativa europea.

 


 

Articolo 45
(Compensazione perdita gettito TARI)

 

 

L’articolo 45 autorizza il Commissario straordinario per la ricostruzione ad erogare ai comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 una compensazione della perdita del gettito della TARI fino ad un massimo di 16 milioni di euro per l’anno 2016, da erogare nel 2017, e di 30 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019.

 

In particolare, la disposizione in esame aggiunge un periodo alla fine del comma 16 dell’articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016, il quale ha escluso dalla base imponibile a fini IRPEF e IRES i redditi dei fabbricati distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, comunque adottate entro il 28 febbraio 2017, in quanto inagibili totalmente o parzialmente, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi e comunque fino all’anno di imposta 2017. Il comma 16 prevede, inoltre, che gli stessi immobili sono inoltre esenti dall’IMU e dalla TASI a partire dalla rata scadente il 16 dicembre 2016 e fino alla loro definitiva ricostruzione e agibilità, comunque non oltre il 31 dicembre 2020.

Per usufruire delle esenzioni previste dal comma 16 il contribuente può dichiarare, entro il 30 giugno 2017 (termine così prorogato dal decreto-legge n. 8 del 2017), la distruzione o l’inagibilità totale o parziale del fabbricato all’autorità comunale, che nei successivi venti giorni trasmette copia dell’atto di verificazione all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente.

Si prevede inoltre che con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 novembre 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti, anche nella forma di anticipazione, i criteri e le modalità per il rimborso ai comuni interessati del minor gettito connesso all'esenzione da IMU e TASI. Con D.M. 21 marzo 2017, in attuazione di tale norma, ai comuni interessati sono stati attribuiti 12.666.376,79 euro, a titolo di anticipazione del rimborso del minor gettito derivante dall'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) e dal tributo per i servizi indivisibili (TASI).

 

Si ricorda che, nei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016, il D.M. 1° settembre 2016 ha sospeso i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di accertamento esecutivi, scadenti nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 ed il 16 dicembre 2016 (termine prorogato al 30 settembre 2017 dal comma 10 dell’articolo 48, del D.L. n. 189 del 2016, e al 30 novembre 2017 dall’articolo 11 del decreto-legge n. 8 del 2017). Si prevede che è escluso il rimborso di quanto già versato.

 

Con la disposizione introdotta dall’articolo 45 in esame si autorizza il Commissario per la ricostruzione a concedere ai comuni, con propri provvedimenti, un’apposita compensazione - fino ad un massimo di 16 milioni di euro con riferimento all’anno 2016, da erogare nel 2017, e di 30 milioni di euro annui per il triennio 2017-2019 - per sopperire ai maggiori costi affrontati o alle minori entrate registrate a titolo di TARI-tributo (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) o di TARI-corrispettivo (art. 1, comma 667-668 della stessa legge), al fine di garantire continuità nello smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

 

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi da 639 a 668) disciplina l'applicazione della tassa sui rifiuti – TARI e ne individua il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto dalla normativa vigente in materia di TARES (che viene contestualmente abrogata). La TARI è - ai sensi dei precedente comma 432 – una articolazione, insieme alla TASI, della componente servizi della nuova Imposta unica comunale - IUC.

La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani; in caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all'adempimento dell'unica obbligazione tributaria. In via provvisoria, la base imponibile da assoggettare a tassazione è individuata nella superficie calpestabile delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile alla TARI. Per l'applicazione della TARI sono confermate le superfici dichiarate o accertate ai fini dei precedenti prelievi sui rifiuti.

I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI, anche tenendo conto dei criteri determinati per il citato metodo normalizzato. La tariffa così determinata è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani (comma 668).

 

Gli importi concessi ai comuni a compensazione sono erogati a valere sulle risorse della contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, istituita ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 189/2016.

 

La norma citata, si ricorda, prevede l’apertura, presso la tesoreria statale, di contabilità speciali intestate al commissario straordinario, su cui confluiscono le risorse:

§  provenienti dal Fondo per la ricostruzione e destinate al finanziamento degli interventi di riparazione/ripristino/ricostruzione di opere pubbliche e beni culturali, realizzazione di strutture temporanee, nonché alle spese di funzionamento e per l’assistenza alla popolazione;

§  derivanti dalle erogazioni liberali, che sono finalizzate alla realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici;

§  a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici di cui all’art. 1 (per tali risorse la norma non prevede una confluenza obbligatoria, ma solo eventuale, “possono”), ivi incluse le risorse del FSUE (Fondo di solidarietà dell’Unione Europea), ad esclusione di quelle finalizzate al rimborso delle spese sostenute nella fase di prima emergenza.

 


 

Articolo 46
(Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia)

 

 

L’articolo 46 istituisce e disciplina una zona franca urbana nei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici che si sono susseguiti dal 24 agosto 2016. Le imprese che hanno la sede principale o l'unità locale all'interno della zona franca e che hanno subìto, a causa degli eventi sismici, la riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento, possono beneficiare della parziale esenzione dalle imposte sui redditi e dall’IRAP, alle condizioni di legge, nonché dell’esenzione degli immobili produttivi dalle imposte municipali e dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro. La fruizione delle agevolazioni da parte delle imprese beneficiarie è possibile nel limite delle risorse stanziate (194,5 milioni di euro per l'anno 2017, 167,7 milioni di euro per l'anno 2018 e 141,7 milioni di euro per l'anno 2019).

 

In particolare il comma 1 istituisce nei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 (individuati negli allegati 1 e 2 del decreto-legge n. 189 del 2016) una zona franca urbana ai sensi della legge n. 296 del 2006.

Le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Si tratta di una disciplina introdotta per la prima volta in Francia nel 1996 e finalizzata alla valorizzazione di talune aree urbane svantaggiate.

Per quanto riguarda la normativa italiana, l'istituzione delle ZFU è stata inizialmente prevista dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006, il quale ha istituito un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. La legge finanziaria 2008 (L. 244/2008, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e ha definito in maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, oggi, trovano la loro definizione all'interno del decreto interministeriale 10 aprile 2013 in attuazione di quanto previsto dall'art. 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179.

 

Il comma 2 elenca le agevolazioni fiscali e contributive riconosciute alle imprese che hanno la sede principale o l'unità locale all'interno della zona franca e che hanno subìto a causa degli eventi sismici la riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento della media relativa ai tre periodi di imposta precedenti a quello in cui si è verificato l'evento.

In particolare tali imprese, in relazione ai redditi e al valore della produzione netta derivanti dalla prosecuzione dell'attività nei citati comuni, possono beneficiare:

a)   dell’esenzione dalle imposte sui redditi, fino a concorrenza, per ciascun periodo di imposta, dell'importo di 100.000 euro;

b)  dell’esenzione dall'IRAP del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella zona franca nel limite di euro 300.000 per ciascun periodo di imposta, riferito al valore della produzione netta;

c)   dell’esenzione dalla imposta municipale propria per gli immobili siti nella zona franca di cui al comma 1, posseduti e utilizzati dai soggetti di cui al presente articolo per l'esercizio dell'attività economica;

d)  dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, a carico dei datori di lavoro, sulle retribuzioni da lavoro dipendente. Tale esonero spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca urbana.

 

Il comma 3 estende le agevolazioni previste dal comma 2 anche alle imprese che avviano la propria attività all'interno della zona franca entro il 31 dicembre 2017.

Il comma 4 prevede che le suddette esenzioni spettano per due anni, ovvero per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame e per il successivo.

Il comma 5 prevede che la zona franca comprende anche i comuni dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 18 gennaio 2017 elencati nell’allegato 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 (Barete; Cagnano Amiterno; Pizzoli; Farindola; Castelcastagna; Colledara; Isola del Gran Sasso; Pietracamela; Fano Adriano). Le esenzioni spettano alle imprese che hanno la sede principale o l'unità locale in tali comuni e che hanno subìto nel periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 marzo 2017 la riduzione del fatturato pari ad almeno il 25 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2016.

Il comma 6 autorizza la spesa di 194,5 milioni di euro per l'anno 2017, di 167,7 milioni di euro per l'anno 2018 e di 141,7 milioni di euro per l'anno 2019. Tali importi costituiscono il limite annuale per la fruizione delle agevolazioni da parte delle imprese beneficiarie.

Il comma 7 stabilisce che le agevolazioni sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti de minimis, e del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti de minimis nel settore agricolo.

In vigore dal 1° gennaio 2014, il nuovo Reg. (UE) n. 1407/2013 della Commissione (del 18 dicembre 2013) è relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Con il nuovo regolamento, viene mantenuto il massimale di 200.000 euro per gli aiuti de minimis - non soggetti a notifica - che un’impresa unica può ricevere nell’arco di tre anni da uno Stato membro (tale massimale è di 100.000 euro per le imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi). Tra le modifiche introdotte (rispetto al previgente regolamento 1998/2006): le imprese che si trovano in difficoltà finanziarie non sono più escluse dallo scopo del regolamento e di conseguenza possono accedere agli aiuti de minimis; è stata semplificata e chiarita la definizione giuridica di impresa; a determinate condizioni, è possibile beneficiare - ai sensi del regolamento de minimis - di prestiti assistiti fino ad un milione di euro.

Per gli aiuti de minimis nel settore agricolo, il Reg. (UE) 1408/2013 del 18 dicembre 2013,. disciplina quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola (di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari) che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un’alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici.

 

Il comma 8, infine, dispone che per l'attuazione degli interventi di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 dell'11 luglio 2013, recante le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza e durata delle agevolazioni concesse ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.

 

Per una ricognizione delle ZFU attualmente previste in Italia si segnala la pagina presente sul sito del MISE

 


 

Articolo 47, commi 1-5
(Interventi per il trasporto ferroviario)

 

 

L’articolo 47 contiene varie disposizioni concernenti la materia ferroviaria. In particolare i commi 1 – 5 intervengono sulla gestione delle reti ferroviarie regionali, con iniziative volte a rafforzare la sicurezza ferroviaria in tali ambiti nonché individuando nuove forme di coinvolgimento di Rete Ferroviaria italiana nella gestione di questo patrimonio infrastrutturale.

 

L’articolo 47, comma 1, in particolare prevede che, sulla base di un’intesa tra le regioni e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da definirsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. sia individuata quale unico soggetto responsabile della realizzazione degli interventi tecnologici necessari all’adeguamento delle linee regionali agli standard tecnologici e di sicurezza previsti per la rete ferroviaria nazionale concessa per sessant’anni a Ferrovie dello Stato spa, e, successivamente, a Rete ferroviaria italiana dalla data della sua costituzione, sulla base del citato decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione 31 ottobre 2000, n. 138T.

Rete ferroviaria italiana non gestisce infatti tutta la rete ferroviaria. Su 19.305,05 chilometri di infrastruttura ferroviaria solo 15.764 sono gestiti direttamente da Rete ferroviaria italiana mentre 3.655 chilometri (di cui circa 2000 chilometri interconnessi con l’infrastruttura nazionale) sono gestiti da soggetti pubblici o privati diversi dal gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.

I soggetti gestori di tali reti sono rimasti assoggettati, fino a recenti interventi normativi, a disposizioni diverse rispetto a quelle cui nel frattempo è stato assoggettato il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale con riferimento alla sicurezza ferroviaria.

In particolare erano ancora ad essi applicabili le disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, e la vigilanza sulla sicurezza ferroviaria di tali reti era rimessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che l’esercitava per il tramite degli USTIF.

L’articolo 27, comma 4, del decreto legislativo n. 162 del 2007 prevede infatti che sulle reti regionali non isolate e su quelle isolate interessate da traffico merci, indicate dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, l’attuazione delle norme previste dal medesimo decreto legislativo n. 162 (dalla vigilanza dell’Autorità nazionale per la sicurezza delle ferrovie, alle prescrizioni in termini di sicurezza delle reti) fosse prevista solo quando fossero stati completati sistemi di attrezzaggio idonei a rendere compatibili i livelli tecnologici delle medesime reti regionali a quelli della rete nazionale per permettere l'unificazione degli standard di sicurezza, dei regolamenti e delle procedure per il rilascio del certificato di sicurezza. La medesima norma prevede che sulle reti regionali, per le quali non risultino completati gli adeguamenti tecnologici di cui sopra, possono continuare ad operare senza certificato di sicurezza le imprese ferroviarie controllate dal gestore dell'infrastruttura, o facenti parte della società che gestisce l'infrastruttura.

 

Il regime sopra delineato è stato di recente inciso dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 5 agosto 2016 che individua alcune reti ferroviarie, elencate in Allegato A, gestite da soggetti diversi da Rete ferroviaria italiana, prevedendo che le medesime reti rientrino nel campo di applicazione del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 (spazio ferroviario unico europeo).

Il decreto ministeriale sopra citato stabiliva un percorso in forza del quale gli esercenti, i gestori dell'infrastruttura ferroviaria e le imprese ferroviarie avrebbero dovuto adeguare la propria struttura societaria ed organizzativa alle norme del D.Lgs. n. 112/2015 entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo prevedendo altresì che i gestori dell'infrastruttura ferroviaria e le imprese ferroviarie sviluppassero un proprio sistema di gestione della sicurezza. Inoltre, entro centottanta giorni, i gestori dell'infrastruttura ferroviaria avrebbero presentato all'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie le istanze per il rilascio dell'autorizzazione di sicurezza. Norme transitorie sono previste per le imprese ferroviarie che già svolgono servizio su tali linee.

Accanto a tale decreto, alcune note del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (prot. 7655 del 21 novembre 2016 e prot. 7922 del 2 dicembre 2016) hanno impartito specifiche disposizioni per l’adeguamento dei livelli di sicurezza con riferimento alle reti isolate.

Come risulta dalla relazione che accompagna il decreto-legge nessuna delle imprese gestrici ha ancora completato il percorso per il rilascio dell’autorizzazione di sicurezza.

 

Alla luce della situazione sopra descritta la norma in commento individua nel gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale il soggetto più idoneo a realizzare il percorso di adeguamento delle reti regionali assicurando nel contempo adeguati livelli di efficienza e sviluppo.

Il comma 2 stabilisce che l’attuazione di tali interventi avviene a seguito della stipula di un contratto tra Rete ferroviaria italiana e le regioni interessate. Gli interventi saranno finanziati “nei limiti delle risorse disponibili destinate agli scopi” e coerentemente con i piani di adeguamento tecnico presentati dai gestori delle reti regionali sui quali si sia pronunciato il competente organismo preposto alla sicurezza.

I successivi tre commi evidenziano diverse modalità in forza delle quali parte delle reti regionali possono essere a vario titolo affidate al gestore dell’infrastruttura nazionale o, addirittura, inseriti nell’ambito dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.

Il comma 3 prevede infatti che con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate, nell’ambito delle linee ferroviarie regionali, quelle di rilevanza per la rete ferroviaria nazionale, che possono essere destinatarie di finanziamenti dello Stato per eventuali investimenti sulle linee. I criteri secondo i quali sono individuate tali linee sono i seguenti: esigenze di mobilità dei viaggiatori e delle merci, di ampliamento della connettività della rete ferroviaria, di integrazione con il territorio e le aree metropolitane, di potenziamento delle connessioni verso i sistemi portuali ed aeroportuali.

Il comma 5 precisa che con uno o più ulteriori decreti del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa intesa in sede di Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sono individuate, tra quelle di cui al comma 3, le linee che assumono la qualificazione di infrastruttura ferroviaria nazionale. Tali linee sono in tal caso sottoposte ad una sorta di processo di rinazionalizzazione posto che vengono trasferite a titolo gratuito al demanio e al patrimonio disponibile ed indisponibile dello Stato e contestualmente conferite al gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale nell’ambito della concessione di cui al decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione 31 ottobre 2000, n. 138T. L’emanazione dei decreti di cui al comma 5 è subordinata alla preventiva individuazione delle risorse da destinare alla gestione delle medesime linee da conferire.

In conclusione il comma 4 prevede la possibilità che le regioni territorialmente competenti, i gestori delle linee ferroviarie e Rete ferroviaria italiana concludano accordi o stipulino contratti per il compimento di interventi sulle reti ferroviarie regionali o per definire il subentro di Rete Ferroviaria italiana nella gestione delle reti stesse, definendo in tal caso le coperture finanziarie e i relativi oneri contrattuali.

Si precisa che in tal caso l’accordo può anche non riguardare le linee classificate di rilevanza per la rete ferroviaria nazionale.


 

Articolo 47, comma 6
(Finanziamento Grandi Stazioni)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 47, dispone che il CIPE provveda, previa revoca di risorse a valere su altre delibere, alla riprogrammazione del 50% delle risorse disponibili in favore di Grandi Stazioni Rail, al fine di consentire il completamento del Programma Grandi Stazioni, ovvero la realizzazione di ulteriori opere.

 

Si tratta di opere funzionali a rendere gli interventi più aderenti alle mutate esigenze dei contesti urbani nei quali si inseriscono. É possibile altresì la contestuale approvazione di nuovi progetti ovvero delle necessarie varianti progettuali.

A tal fine il comma 6 prevede che il ClPE, su proposta del MIT, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, con apposita delibera, individuerà le risorse annuali disponibili, tenendo conto di eventuali obblighi giuridicamente vincolanti sorti, e provvedendo alla revoca di fondi dalle seguenti delibere del CIPE:

§  delibera n. 10 del l4 marzo 2003 (per progetti preliminari delle "Infrastrutture complementari agli edifici di stazione'' con investimenti per 260.810.000 euro);

§  delibera n. 63 del 25 luglio 2003 (autorizzazione a contrarre i relativi mutui);

§  delibera n. 129 del 6 aprile 2006 (approvazione, con prescrizioni e raccomandazioni, dei progetti definitivi delle "Infrastrutture complementari agli edifici di stazione" relativi a tutte le 13 stazioni);

§  delibera, n. 61 del 22 luglio 2010;

§  delibera n.2 del 20 gennaio 2012;

§  delibera n. 20 del 23 marzo 2012.

Nella relazione tecnica al decreto si evidenzia che risultano ad oggi impegnati ma non ancora utilizzati fondi statali pari a circa 80 milioni di euro.

 

Si ricorda che il Programma Grandi Stazioni prevede una serie di interventi nelle Grandi Stazioni ferroviarie italiane inseriti a suo tempo nel 1° Programma Infrastrutture Strategiche di cui alla delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001. in parallelo con le risorse dedicate da RFI e Grandi Stazioni per la riorganizzazione e potenziamento dei singoli complessi di stazione.

Le stazioni italiane di GS Rail sono: Bari Centrale, Bologna Centrale, Firenze S. Maria Novella, Genova Brignole, Genova Piazza Principe, Milano Centrale, Napoli Centrale, Palermo Centrale, Roma Termini e Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Venezia Mestre, Venezia S. Lucia, Verona Porta Nuova.

La delibera del Consiglio di Amministrazione di Grandi Stazioni S.p.A. del 30 giugno 2015 aveva previsto la scissione non proporzionale della società Grandi Stazioni in tre aziende: GS Rail (nuova denominazione di Grandi Stazioni S.p.A., di proprietà al 100% del Gruppo FS Italiane), GS Immobiliare (focalizzata sulla valorizzazione degli immobili di proprietà detenuti da Grandi Stazioni e di proprietà al 60% di FS ed al 40% di Eurostazioni) e GS Retail, da privatizzare completamente, focalizzata sulle attività tipicamente commerciali delle stazioni del network in particolare sulle locazioni commerciali, sui Media&Advertising e sui servizi ai viaggiatori.

Con il Consiglio di Amministrazione di Grandi Stazioni S.p.A. del 16 novembre 2015 le Ferrovie dello Stato Italiane ed Eurostazioni (gruppo privato) che detenevano rispettivamente il 60% ed il 40% del capitale di Grandi Stazioni, hanno avviato il processo di privatizzazione relativo alla vendita dell'intero capitale sociale della nuova società GS Retail, derivante dalla scissione di Grandi Stazioni S.p.A., attraverso una procedura competitiva. A giugno 2016 è stata approvata la cessione di GS Retail da parte di Eurostazioni (che ne deteneva il 45%) e da Ferrovie (che ne deteneva 1l 55%) ad un raggruppamento privato (Fondo infrastrutturale francese Antin, imprenditore italiano Maurizio Borletti e Icamap, gestore di fondi immobiliari).


 

Articolo 47, comma 7
(Ferrovie Sud Est)

 

 

Il comma 7 dell’articolo 47 specifica le modalità di utilizzo della somma di 70 milioni di euro, destinata per il 2016 alla continuità operativa della società Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici S.r.l. nelle more del suo commissariamento, ed a seguito del trasferimento a Ferrovie dello Stato Italiane.

 

La disposizione modifica in particolare l'ultimo periodo dell’articolo 1; comma 867, della legge di Stabilità 2016, disponendo che le risorse pari a 70 milioni di euro sono destinate ad essere utilizzate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia e nell'ambito del piano di risanamento della società, esclusivamente a copertura delle passività, anche pregresse, e delle esigenze finanziarie del comparto infrastruttura. Si tratta pertanto di un contributo a fondo perduto destinato specificamente al comparto infrastruttura (nella formulazione originaria la norma si limitava a sancire che il trasferimento delle risorse suddette fosse effettuato “nelle more dell'attuazione del predetto piano di risanamento, al fine di assicurare la continuità operativa della predetta società”).

Si specifica inoltre la validità degli atti, provvedimenti e operazioni già realizzati ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 4 agosto 2016, con il quale è stato disposto il trasferimento della Società Ferrovie del Sud Est S.r.l. a Ferrovie dello Stato S.p.a..

Tale decreto è stato emanato a conclusione di una complessa procedura (v. sub), partita con il commissariamento della società e che ha portato all’accertamento che l'entità del patrimonio netto negativo di Ferrovie del Sud est e servizi automobilistici s.r.l. ammontava a circa a 200 milioni di euro. Visto lo stanziamento di 70 milioni di euro della legge di stabilità, ciò ha portato a ritenere che l'operazione straordinaria di trasferimento della società a Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. fosse effettuabile sostanzialmente a condizioni di mercato, purché la stessa S.p.A. si impegnasse a provvedere nei termini di legge alla rimozione dello squilibrio patrimoniale della società trasferita.

Il decreto ministeriale prevede in proposito anche che il trasferimento non pregiudichi la disponibilità, da parte di Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici s.r.l., dello stanziamento dei 70 milioni di euro. Si prevede che Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. provveda altresì a predisporre apposito piano industriale di rilancio della Società Ferrovie del Sud Est e che la procedura di concentrazione sia conclusa entro il 31 dicembre 2016. La procedura si sostanzia nel passaggio del 100% delle azioni di FSE dal MIT a FSI -come un trasferimento che mira all’“efficientamento delle partecipazioni pubbliche nell’ambito di una riorganizzazione all’interno di un insieme economico unitario facente capo al medesimo proprietario (Ente Stato)”. Di fatto l’operazione, come rilevato dall’AGCM, determina una modifica e un allungamento della catena societaria, dal momento che FSE passerebbe dal controllo diretto del MIT al controllo indiretto, per il tramite di FSI, del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Il comma 7 non comporta nuovi oneri a carico della finanza pubblica in quanto le risorse risultano già iscritte, in conto residui, al capitolo 1340 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

La società Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici S.r.l. gestiva e manuteneva un’infrastruttura ferroviaria di 474 km di proprietà della Regione Puglia sulla base di un contratto di servizio con la Regione stessa, offrendo servizi di trasporto pubblico passeggeri su ferro (circa 3,7 milioni di treni*km/anno) e servizi integrativi/sostitutivi di trasporto su gomma (14 milioni di bus*km/anno) nella regione del Salento. Il fatturato di FSE nel 2014 è stato di oltre 151 milioni di euro.

Il comma 867 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto il commissariamento dell’azienda Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici, con decreto da adottare da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il quale nominare anche il commissario ed eventuali subcommissari. In attuazione di tale norma, il 12 gennaio 2016 sono stati nominati, con decreto del MIT, il commissario e i sub-commissari della società Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici. Commissario governativo è stato nominato Andrea Viero; sub-commissari sono stati nominati Domenico Mariani e Angelo Mautone.

Il Commissario è stato incaricato di predisporre, entro 90 giorni, un piano industriale per il risanamento della Società che preveda, tra l'altro, la riduzione dei costi di funzionamento. E' stato incaricato inoltre di predisporre, sempre entro novanta giorni, una relazione sullo stato finanziario e patrimoniale della Società da pubblicare sul sito web del Mit.

Il decreto ministeriale prevede che il Commissario possa attivare una procedura di ristrutturazione del debito nonché proporre l'eventuale trasferimento o l'alienazione della Società stessa.

Nel decreto vengono precisate anche le modalità di utilizzo dello stanziamento di 70 milioni di euro per l'anno 2016, previsto con la Legge di stabilità, al fine di garantire la continuità aziendale e ripristinarne l'equilibrio economico e finanziario

Il Commissario ha inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 19 marzo 2016, la relazione sullo stato finanziario e patrimoniale della società e le cause che ne hanno determinato la grave situazione finanziaria, come previsto dalla legge di Stabilità 2016, con allegata la relazione finale di due diligence, anche per consentire al socio unico (ossia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) di valutare le condizioni per l'esercizio dell'azione di responsabilità ai sensi dell'articolo 2393 del codice civile. Il comma 867 prevede anche che il Commissario provveda, a seguito della ricognizione contabile, se necessario, dandone preventiva comunicazione al socio e al Ministero dell'economia e delle finanze, ad attivare le procedure di ristrutturazione dei debiti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e a proporre eventualmente il trasferimento o l’alienazione della società secondo criteri e modalità individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il dossier relativo alle Ferrovie Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l., con la relazione del Commissario e la relazione finale di due diligence, è stato ufficialmente trasmesso dal Ministero alla Procura generale della Repubblica di Roma, alla Procura regionale della Corte dei Conti per il Lazio e all’Autorità Nazionale Anticorruzione il 22 marzo 2016.

Il piano industriale per il risanamento della società è stato inviato, con nota prot. CG/96 del 25 maggio 2016, dall'organo commissariale di Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici s.r.l. al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e questo prevede, tra l'altro, la riduzione dei costi di funzionamento della società, mentre non è stato possibile finalizzare tale piano ai fini dell'applicazione di una procedura di ristrutturazione del debito.

Il 26 luglio 2016 la IX Commissione Trasporti ha svolto l'audizione informale del Commissario Viero sull'attività commissariale relativa alla gestione della citata società e sulle prospettive della società stessa.

A seguito dell’interesse manifestato da Ferrovie dello Stato Italiane di procedere ad una operazione straordinaria riguardante le Ferrovie del Sud Est e servizi automobilistici s.r.l., previo espletamento di una due diligence, legale, fiscale, contabile ed industriale, l'Assemblea dei soci di Ferrovie del Sud est e servizi automobilistici s.r.l. il 29 luglio 2016 ha approvato la proposta formulata dall'organo commissariale per il trasferimento della società Ferrovie del Sud est e servizi automobilistici s.r.l. a Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A.

L'entità del patrimonio netto negativo di Ferrovie del Sud est e servizi automobilistici s.r.l. è stato accertato pari circa a 200 milioni di euro.

Con decreto del MIT 4 agosto 2016 sono state quindi definite le modalità e criteri di trasferimento della Società Ferrovie del Sud Est S.r.l. a Ferrovie dello Stato S.p.A.

L’autorità Antitrust, con provvedimento n. 26234 del 16 novembre 2016 ha approvato a novembre 2016 l’operazione di concentrazione con Ferrovie dello Stato S.p.A. , deliberando di non avviare un’istruttoria in tal senso ritenendo che l’operazione “non determini, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della legge n. 187/90, la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sui mercati interessati, tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”.


 

Articolo 47, comma 8
(Prestazione di servizi di trasporto pubblico locale ferroviario nella
regione siciliana e servizi interregionali)

 

 

L’articolo 47, comma 8, autorizza il pagamento a favore di Trenitalia spa dei corrispettivi per i servizi di trasporto pubblico locale ferroviario svolto in Sicilia per l’anno 2014 e per i servizi di trasporto interregionale svolti a partire dal 2014.

 

Le risorse sono tratte dal bilancio di previsione dello Stato, in relazione agli obblighi di servizio pubblico di trasporto ferroviario per ferrovia nella regione Sicilia e ai servizi interregionali, nel rispetto della vigente normativa comunitaria, nelle more della definizione dei rapporti contrattuali e si riferiscono alle somme già impegnate, ivi compresi i residui perenti.

 

L’esercizio 2014 rappresenta l’ultimo degli esercizi per i quali è prevista la competenza diretta dello Stato in relazione al pagamento dei servizi di trasporto pubblico locale ferroviario resi da Trenitalia nella regione siciliana.

Infatti mediante l'Accordo di programma stipulato in data 26 novembre 2014 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana, è stato disciplinato il trasferimento delle funzioni e dei compiti di programmazione e di amministrazione in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale alla regione siciliana, che era rimasta l’ultima delle regioni a statuto speciale a non aver ricevuto il trasferimento delle relative funzioni.

 

In considerazione di tale accordo, con nota prot. 45621 del 29 maggio 2015 la Ragioneria generale dello Stato ha precisato che la Regione siciliana è tenuta al pagamento dei servizi effettuati da Trenitalia già con decorrenza 1° gennaio 2015.

 

L’articolo 3, comma 1, del citato accordo prevede comunque il trasferimento annuale alla Regione Siciliana a valere sul Fondo per l’attuazione del federalismo amministrativo appositamente istituito nello stato previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, di 111.535.920 milioni di euro, risorse ritenute necessarie a garantire un livello di erogazione del servizio, in termini di percorrenze prodotte e di qualità resa, adeguato alle esigenze di mobilità della popolazione.

 

Il 22 giugno 2015 la Giunta regionale siciliana ha autorizzato la sottoscrizione di un’apposita intesa tra l'assessore delle Infrastrutture e della Mobilità e Trenitalia, avente ad oggetto la stipula di un contratto di servizio “ponte” biennale (con scadenza 31 dicembre 2016) a copertura anche dei servizi resi, senza soluzione di continuità, a far data dal 1 gennaio 2015 (approvato con ddg il 30 dicembre 2015).

 

I servizi ferroviari interregionali per i quali si autorizza il pagamento dei corrispettivi per gli anni a decorrere dal 2014, sono invece riferiti ad alcune tratte ferroviarie di media percorrenza, principalmente localizzate nel Nord Est del Paese. Tali servizi sono, ad oggi, economicamente sostenuti con somme a carico del bilancio dello Stato e sono disciplinati in regime di proroga contrattuale.

Anche in ragione di ciò l’autorizzazione al pagamento è assicurata nelle more della definizione dei rapporti contrattuali e si riferisce alle somme già impegnate a copertura di tali servizi, ivi compresi i residui perenti e le somme stanziate a bilancio sul capitolo 1540 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (come risulta anche dalla relazione tecnica).

 


 

Articolo 47, comma 9
(Trasporto ferroviario Torino-Lione)

 

 

L’articolo 47, comma 9 autorizza le attività propedeutiche all'avvio dei lavori relativi alla sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, ponendo i relativi oneri a carico delle risorse stanziate dall’art. 1, comma 208, della L. 228/2012.

 

Si ricorda che il comma 208 dell’art. 1 della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha autorizzato - per il finanziamento di studi, progetti, attività e lavori preliminari nonché lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione - la spesa di 60 milioni di euro per l'anno 2013, di 100 milioni di euro per l'anno 2014, di 680 milioni di euro per l'anno 2015 e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029.

Tali risorse sono state successivamente oggetto di riduzioni (definanziamenti e accantonamenti) per un ammontare di 919 milioni di euro di cui: 639 milioni di euro ai sensi dell’art. 18, comma 13, del D.L. 69/2013; 150 milioni ai sensi dell'art. 1, comma 68, della L. 147/2013; 124 milioni a seguito di ulteriori provvedimenti legislativi; 6 milioni di accantonamenti sul capitolo 7532 del bilancio del MIT.

Sullo stato di attuazione dell’opera si rinvia alla scheda n. 2 del rapporto “Le infrastrutture strategiche - Lo stato di attuazione del programma al 31 dicembre 2016”.

 

Lo stesso comma precisa che l’autorizzazione allo svolgimento delle attività propedeutiche è resa nelle more della sottoposizione al CIPE del progetto definitivo dell’opera e ai fini dell'avvio della realizzazione dell'opera stessa con le modalità previste dalla legge n. 1/2017, di ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Francia e Italia per l’avvio dei lavori della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

La legge 5 gennaio 2017, n. 1, ha disposto la ratifica e l’esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese, per l’avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, del 24 febbraio 2015, e del Protocollo Addizionale dell’8 marzo 2016 con annesso Regolamento dei contratti adottato il 7 giugno 2016.

L’art. 3, comma 1, di tale legge, prevede la realizzazione dell'opera, per successivi lotti costruttivi non funzionali, con le modalità previste dall’art. 2, commi 232, lettere b) e c), e 233, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), in relazione alle risorse autorizzate dalla legislazione vigente.

Lo stesso comma ha previsto l’adozione, da parte del CIPE, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge (vale a dire entro il 12 febbraio 2017), di apposita delibera per l’avvio dei lotti finanziati con le risorse allo scopo finalizzate a legislazione vigente dal succitato art. 1, comma 208, della L. 228/2012.

Relativamente alle modalità realizzative dettate dalla L. 191/2009, si ricorda che il comma 232 ha previsto l’individuazione (con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri) di “specifici progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche, aventi costi e tempi di realizzazione superiori, rispettivamente, a 2 miliardi di euro e a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo e non suddivisibili in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro, per i quali il CIPE può autorizzare, per un importo complessivo residuo da finanziare, relativo all’insieme dei progetti prioritari individuati, non superiore a 10 miliardi di euro, l’avvio della realizzazione del relativo progetto definitivo per lotti costruttivi individuati dallo stesso CIPE”.

Nel citato processo di individuazione, le lettere b) e c) del comma 232 richiedono il rispetto delle seguenti condizioni:

b) il progetto definitivo dell’opera completa deve essere accompagnato da una relazione che indichi le fasi di realizzazione dell’intera opera per lotti costruttivi, il cronoprogramma dei lavori per ciascuno dei lotti e i connessi fabbisogni finanziari annuali; l’autorizzazione dei lavori per i lotti costruttivi successivi al primo lotto deve essere accompagnata da un aggiornamento di tutti gli elementi della medesima relazione;

c) il contraente generale o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria, eventualmente sorta in relazione alle opere individuate con i citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché a qualunque pretesa anche futura connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi; dalle determinazioni assunte dal CIPE non devono in ogni caso derivare nuovi obblighi contrattuali nei confronti di terzi a carico del soggetto aggiudicatore dell’opera per i quali non sussista l’integrale copertura finanziaria.

Il successivo comma 233 ha invece disposto che, con l’autorizzazione del primo lotto costruttivo, il CIPE assume l’impegno programmatico di finanziare l’intera opera ovvero di corrispondere l’intero contributo finanziato e successivamente assegna, in via prioritaria, le risorse che si rendono disponibili in favore dei progetti individuati in base alle disposizioni del comma 232, allo scopo di finanziare i successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere, tenuto conto del cronoprogramma.

 

Il comma in esame dispone infine che il monitoraggio dell’opera dovrà avvenire ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.

Si ricorda che il citato decreto ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.

Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della L. n. 196/2009, e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche (art. 1, comma 1). Il decreto introduce nuovi obblighi informativi, e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti. La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 5), che è stato emanato in data 26 febbraio 2013 e pubblicato nella G.U. 5 marzo 2013, n. 54.

Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche».

L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.

Le risorse destinate, rispettivamente, alla progettazione ed alla realizzazione delle opere pubbliche, sono unitariamente considerate, per ciascuna Amministrazione, come facenti parte di due fondi distinti, rispettivamente, denominati «Fondo progetti» e «Fondo opere».


 

Articolo 47, commi 10 e 11
(Fondo per l’ammodernamento dei carri merci)

 

 

L’articolo 47, commi 10 e 11, disciplina l’istituzione di un Fondo per finanziare, conformemente alle disposizioni europee relative agli aiuti di Stato, l’ammodernamento dei carri merci.

 

L’articolo 47, comma 10, si propone pertanto di agevolare l’attuazione di quanto stabilito dal Regolamento (UE) 1304/2014 che disciplina la specifica tecnica di interoperabilità (STI) per il sottosistema «Materiale rotabile - Rumore» del sistema ferroviario dell'Unione.

 

Le specifiche tecniche di interoperabilità le (STI) stabiliscono per ogni sottosistema (o parte di esso) il livello ottimale di specifiche armonizzate al fine di garantire l'interoperabilità del sistema ferroviario.

 

Tale nuova STI richiede la realizzazione di interventi significativi alle imprese ferroviarie, con particolare riguardo alle imprese operanti nel settore del trasporto delle merci.

A tale scopo il Fondo istituito avrebbe una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2018, e sarebbe diretto a promuovere il rinnovo dei sistemi frenanti dei carri merci al fine di assicurare l’abbattimento del rumore.

Sono rimesse ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi del comma 11, le modalità secondo le quali le somme sopra indicate sono destinate in favore delle imprese ferroviarie o dei detentori dei carri ferroviari. Tali modalità dovranno tenere conto di quanto stabilito dal Regolamento di esecuzione (UE) 2015/429 della Commissione.

 

Tale Regolamento di esecuzione è diretto a incoraggiare e favorire l'ammodernamento dei carri ferroviari con la tecnologia di sistema frenante a bassa rumorosità più vantaggioso economicamente disponibile. A tale scopo il regolamento citato consente il rimborso dei costi sostenuti per l'installazione di freni a ceppi costituiti da materiali compositi in luogo dei più rumorosi ceppi in ghisa. Il Regolamento definisce un quadro normativo adeguato per consentire l'introduzione e l'applicazione da parte dei gestori dell'infrastruttura, di un regime sui canoni differenziati per l'accesso alle linee ferroviarie sulla base del rumore prodotto con la possibilità di assicurare bonus agli operatori ferroviari che introducono mezzi a bassa rumorosità.

 

Il decreto ministeriale, rientrando la misura appena descritta nell’ambito della nozione di aiuto di Stato, sarà sottoposto entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, a notifica preventiva alla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

L’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che sono comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti.

 

La copertura finanziaria dell’intervento è effettuata a valere sulle risorse di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto-legge n. 193 del 2016 che destina, nell’ambito del contratto di programma parte investimenti tra Rete ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 400 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento di interventi relativi alla “Sicurezza ed adeguamento a obblighi di legge” che sono conseguentemente decurtate del corrispondente importo di 20 milioni di euro.


 

Articolo 48
(Misure urgenti per la promozione della concorrenza e la lotta all'evasione tariffaria nel trasporto pubblico locale)

 

 

L’articolo 48 reca, da un lato, disposizioni relative all’organizzazione del trasporto pubblico locale e regionale, specificando le procedure per la determinazione dei bacini di mobilità riferibili a tale servizio e, dall'altro, misure volte a contrastare l'evasione tariffaria.

 

Il settore del trasporto pubblico locale è stato caratterizzato da un complesso rapporto tra normativa settoriale - contenuta in disposizioni europee, nazionali e regionali - e disciplina generale in materia di servizi pubblici locali. Le disposizioni di settore trovano applicazione sia ai trasporti regionali sia a quelli locali e riguardano i trasporti in qualsiasi modalità esercitati (gomma, ferro, vie navigabili, etc.) e in qualsiasi modalità affidati.

Per quanto concerne la disciplina europea, il regolamento (CE) n. 1370 del 2007, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, ha provveduto: a definire con quali modalità le autorità competenti possono intervenire, nel rispetto del diritto comunitario, nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per garantire la fornitura di servizi di interesse generale che siano più numerosi e di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori a quelli che il semplice gioco delle forze del mercato consentirebbe di fornire; a stabilire le condizioni alle quali le autorità competenti, allorché impongono o stipulano obblighi di servizio pubblico, compensano gli operatori di servizio pubblico per i costi sostenuti e/o conferiscono loro diritti di esclusiva in cambio dell'assolvimento degli obblighi di servizio pubblico.

Per quanto riguarda la disciplina nazionale di settore, il principale punto di riferimento normativo rimane la riforma operata con il decreto legislativo n. 422 del 1997 (di attuazione della legge n. 59 del 1997), che ha trasferito la competenza in materia di trasporto pubblico locale alle regioni. Il citato decreto legislativo distingue i servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale da quelli di rilevanza regionale e locale, definiti come "l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale". Il decreto legislativo n. 422 del 1997 "individua le funzioni e i compiti che sono conferiti alle regioni ed agli enti locali in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalità effettuati ed in qualsiasi forma affidati e fissa, altresì, i criteri di organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale".

Sempre in tema di riparto di competenze, è intervenuto l'art. 19 del decreto-legge n. 95 del 2012, il quale, novellando l'art. 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, ha previsto che, ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento assegnate alle regioni, sia attribuita ai comuni la funzione fondamentale di organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale.

Con l'art. 37 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 è stata istituita l'Autorità di regolazione dei trasporti, con competenze "nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture e ai servizi accessori, in conformità con la disciplina europea e nel rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali di cui al titolo V della parte seconda della Costituzione".

Con specifico riferimento al tema dell'organizzazione del servizio, si rammenta che l'art. 14 del decreto legislativo n. 422 del 1997 attribuisce alle regioni i compiti di programmazione in materia di trasporti locali, consistenti: 1) nella definizione degli indirizzi per la pianificazione dei trasporti e in particolare per i piani di bacino (piani di attuazione di competenza delle province); 2) nella redazione dei piani regionali dei trasporti (e loro aggiornamenti), "tenendo conto della programmazione degli enti locali ed in particolare dei piani di bacino predisposti dalle province e, ove esistenti, dalle città metropolitane, in connessione con le previsioni di assetto territoriale e di sviluppo economico e con il fine di assicurare una rete di trasporto che privilegi le integrazioni tra le varie modalità favorendo in particolar modo quelle a minore impatto sotto il profilo ambientale"; 3) nell'approvazione di programmi triennali dei servizi di trasporto pubblico locale (che individuano, tra l'altro, la rete e l'organizzazione dei servizi e le modalità di determinazione delle tariffe); 4) nella definizione, d'intesa con gli enti locali, dei cd. servizi minimi, "qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni" (art. 16).

Ancora, l' art. 3-bis, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011  ha attribuito alle regioni i compiti di definizione del perimetro degli ambiti territoriali ottimali e conferito unicamente agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali l'esercizio delle funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, tra cui il trasporto pubblico locale.

In materia di bacini di gara per il trasporto pubblico regionale e locale, è intervenuta poi con alcuni pronunciamenti l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato. Tra questi, si richiamano, in particolare, le osservazioni rese con riferimento alla regione Liguria in data 6 marzo 2014. In tale occasione l'Autorità ha avuto modo di rilevare l'inidoneità dello strumento legislativo ai fini della determinazione del bacino di TPL, trattandosi di una scelta che deve essere basata su analisi economiche più che su valutazioni politiche, nonché di censurare la scelta operata (con legge) dalla regione Liguria di organizzare il servizio sulla base di un unico lotto regionale, dal momento che nel trasporto locale "la definizione di ambiti/bacini territoriali troppo ampi e integrati gomma/ferro può presentare un forte impatto concorrenziale nella misura in cui è suscettibile di ostacolare la partecipazione alle gare anche degli operatori di grandi dimensioni" e "le economie di scala dal lato dell'offerta si raggiungono con dimensioni piuttosto contenute". E' opportuno ricordare infine la deliberazione dell'Autorità di regolazione dei trasporti n. 46 del 2014, con la quale l'Autorità, ai fini dell'esercizio delle proprie competenze in materia di individuazione degli ambiti di servizio pubblico e dei modi più efficaci per finanziarli, ha ritenuto necessario acquisire in modo sistematico notizie e dati rilevanti dalle Amministrazioni competenti, tenuto conto del fatto che le scelte di pianificazione e programmazione attinenti all’assetto della rete di trasporto, al dimensionamento dei lotti di gara e alle modalità di svolgimento del servizio - le quali coinvolgono diversi livelli territoriali - hanno un impatto rilevante sull’entità delle compensazioni da mettere a gara, sulle condizioni di partecipazione e, dunque, sugli esiti delle gare stesse. Nell'Allegato A alla deliberazione n. 46 del 2014, tra l'altro, l'Autorità richiama l'attenzione sulla situazione in cui vi sia un’unica offerta o che una sola offerta sia valida e raggiunga il punteggio minimo previsto negli atti di gara, e sulla opportunità, in dette ipotesi, di procedere all'aggiudicazione della gara.

 

I commi da 1 a 8 dell'articolo in esame intervengono in materia di organizzazione del trasporto pubblico locale e regionale.

Tali commi ricalcano in larga parte il contenuto degli artt. 14 e 17 dell'AG 308-Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (si veda il dossier n. 339).

 

Più nel dettaglio il comma 1 prevede l'istituzione di specifici bacini di mobilità per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale e dei relativi enti di governo, determinati dalle Regioni e dalla Province autonome di Trento e Bolzano, sentite le città metropolitane, gli altri enti di area vasta e i comuni capoluogo di provincia, nell’ambito della pianificazione del trasporto pubblico regionale e locale, sulla base di analisi della domanda che tengano conto delle caratteristiche socio-economiche, demografiche e comportamentali dell’utenza potenziale, della struttura orografica, del livello di urbanizzazione e dell’articolazione produttiva del territorio di riferimento.

 

Il comma 2 prevede che i richiamati bacini abbiano un'utenza minima di 350.000 abitanti. E' ammessa un'utenza inferiore a tale soglia minima soltanto nel caso in cui i bacini coincidano con il territorio di “enti di area vasta o di città metropolitane” .

 

La nozione di area vasta è contemplata dalla legge n. 56 del 2014 (art.1, commi 2 e 3) e si riferisce alle città metropolitane e alle province.

 

Agli enti di governo dei bacini possono essere conferite in uso le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti pubblici associati. In tale ipotesi gli enti di governo devono procedere alla costituzione di società interamente possedute dagli enti conferenti, che possono affidare anche la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. Al capitale di tali società non è ammessa la partecipazione, neanche parziale o indiretta, di soggetti privati.

La determinazione dei bacini di mobilità avviene in base a una quantificazione ovvero a una stima della domanda di trasporto pubblico locale e regionale che si intende soddisfare, avvalendosi sia di matrici origine/destinazione per l’individuazione della rete intermodale dei servizi di trasporto pubblico di linea e non, sia delle informazioni a disposizione dell’Osservatorio nazionale sulle politiche di trasporto pubblico locale.  Gli operatori già attivi nel bacino debbono fornire le informazioni e i dati rilevanti in relazione ai servizi effettuati entro e non oltre sessanta giorni dalla richiesta di Regioni ed enti locali, che adottano adeguate garanzie di tutela e riservatezza dei dati commerciali sensibili. Le Regioni possono fare salvi i bacini determinati anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, solo se questi risultino coerenti con i criteri dettati dalla disposizione in esame (comma 3).

 

L’Osservatorio è stato istituito, ai sensi dell’art.1, comma 300, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), presso il Ministero dei trasporti, “al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico correlati a quelli regionali e di assicurare la verifica dell'andamento del settore e del completamento del processo di riforma”. All'Osservatorio partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali. L'Osservatorio presenta annualmente alle Camere un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale (la Relazione per l'anno 2015, Doc. CCXXII, n. 2, è stata trasmessa alle Camere in data 5 gennaio 2016).

 

Il comma 4 prevede che - ai fini dello svolgimento delle procedure di scelta del contraente per i servizi di trasporto locale e regionale - gli enti affidanti articolino i bacini di mobilità in più lotti, oggetto di procedure di gara e di contratti di servizio salvo eccezioni motivate disciplinate con delibera dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti. Tali eccezioni devono essere giustificate sulla base di economie di scala proprie di ciascuna modalità e di altre ragioni di efficienza economica.

Per quanto riguarda i servizi ferroviari l’Autorità può prevedere eccezioni relative anche a lotti comprendenti territori appartenenti a più Regioni, previa intesa tra le regioni interessate.

 

Il comma 5 detta una disciplina transitoria prevedendo che, nelle more della definizione dei bacini di mobilità e dei relativi enti di governo, è comunque possibile per i singoli enti locali affidare i servizi di trasporto pubblico - per i quali il termine ordinario dell’affidamento è scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero scadrà tra la predetta data e fino all’adozione dei provvedimenti di pianificazione e istituzione di enti di governo - nel rispetto della normativa vigente.

 

Il comma 6 novella l'art. 37 del decreto-legge n. 201 del 2011 (vedi infra), demandando  all'Autorità di regolazione dei trasporti il compito di definire regole generali riferite alle procedure di scelta del contraente per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale.

Più nel dettaglio le lettere a) e b) modificano il comma 2, lettera f), del richiamato art. 37 al fine di attribuire all’Autorità i seguenti compiti:

§  definire i criteri per la determinazione delle eccezioni al principio della minore estensione territoriale dei lotti di gara rispetto ai bacini di pianificazione”, tenendo conto a tal fine della domanda effettiva e di quella potenziale, nonché delle economie di scala e di integrazione tra servizi;

§  definire gli schemi dei contratti di servizio per quelli esercitati in house da società pubbliche o a partecipazione maggioritaria pubblica, nonché per quelli affidati direttamente;

§  determinare, sia per i bandi di gara che per i contratti di servizio esercitati in house o affidati direttamente la “tipologia di obiettivi di efficacia e di efficienza che il gestore deve rispettare”, nonché gli obiettivi di equilibrio finanziario.

 

Il comma 7 attribuisce all’Autorità di regolazione dei trasporti, in tema di procedure per l’affidamento di servizi di trasporto pubblico locale e regionale, il potere di intervenire, con attività di regolazione generale:

§  imponendo che le procedure di selezione del contraente prevedano che la riscossione diretta dei proventi da traffico sia a cura dell’affidatario, secondo logiche di assunzione del rischio di impresa, ferma restando la possibilità di soluzioni diverse con particolare riferimento ai servizi per i quali sia prevista l’integrazione tariffaria tra diversi gestori e che siano suddivisi tra più lotti di gara (lettera a);

§  richiedendo, per la partecipazione a dette procedure, il possesso di un patrimonio netto pari almeno al 20% del corrispettivo annuo posto a base di gara, nonché i requisiti di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, al fine di assicurare la sussistenza, in capo all’affidatario, della necessaria capacità economica e finanziaria (lettera b)[70];

§  richiedendo l’adozione di misure in grado di garantire all’affidatario l’accesso a condizioni eque ai beni immobili e strumentali necessari all’effettuazione del servizio, anche relative all’acquisto, alla cessione, alla locazione o al comodato d’uso a carico dell’ente affidante, del gestore uscente e del gestore entrante, con specifiche disposizioni per i beni acquistati con finanziamento pubblico e per la determinazione nelle diverse fattispecie dei valori di mercato dei predetti beni (lettera c);

§  introducendo, in alternativa a quanto previsto alla lettera c), limitatamente all'affidamento di servizi di trasporto pubblico ferroviario, la facoltà per l’ente affidante e per il gestore uscente di cedere la proprietà dei beni immobili essenziali e dei beni strumentali[71] a soggetti societari, a capitale privato ovvero a capitale misto pubblico-privato, specializzati nell’acquisto di beni strumentali da locare ai gestori di servizi di trasporto pubblico (lettera d);

§  richiedendo che nei bandi di gara sia previsto il trasferimento del personale dipendente non dirigenziale dal gestore uscente al subentrante e la conservazione, fino alla stipula di un nuovo contratto integrativo aziendale, del trattamento economico e normativo derivante esclusivamente dal contratto collettivo nazionale di settore. Il trattamento di fine rapporto relativo ai dipendenti del gestore uscente che transitano alle dipendenze del soggetto subentrante sono versati all’INPS dal gestore uscente (lettera e).

 

L’Autorità è chiamata dal comma 8 ad assolvere alle illustrate funzioni facendo ricorso alle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

 

L’Autorità di regolazione dei trasporti è stata istituita, nell’ambito delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, dall’art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall'art. 36 del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 201293.

Con decreto del Presidente della Repubblica del 9 agosto 2013 sono stati nominati i componenti dell'Autorità, che è entrata nella piena operatività dal 16 gennaio 2014, con l'approvazione del Regolamento per lo svolgimento in prima attuazione dei procedimenti per la formazione delle decisioni di competenza dell’Autorità e per la partecipazione dei soggetti portatori d’interesse (deliberazione n. 5/2014).

Le funzioni dell'Autorità sono enumerate al richiamato art. 37, comma 2, la cui lettera f), oggetto di modificazione da parte del comma 6 della disposizione in esame, prevede che l'Autorità provveda a "a definire gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva e delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare e a stabilire i criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici; con riferimento al trasporto ferroviario regionale, l'Autorità verifica che nei relativi bandi di gara non sussistano condizioni discriminatorie o che impediscano l'accesso al mercato a concorrenti potenziali e specificamente che la disponibilità del materiale rotabile già al momento della gara non costituisca un requisito per la partecipazione ovvero un fattore di discriminazione tra le imprese partecipanti. In questi casi, all'impresa aggiudicataria è concesso un tempo massimo di diciotto mesi, decorrenti dall'aggiudicazione definitiva, per l'acquisizione del materiale rotabile indispensabile per lo svolgimento del servizio".

Lo stesso art. 37, comma 2, prevede, inoltre, che l'Autorità provveda:

§  alla lettera a), "a garantire, secondo metodologie che incentivino la concorrenza, l'efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese e i consumatori, condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali, (...) nonché in relazione alla mobilità dei passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano anche collegata a stazioni, aeroporti e porti";

§  alla lettera b), "a definire, se ritenuto necessario in relazione alle condizioni di concorrenza effettivamente esistenti nei singoli mercati dei servizi dei trasporti nazionali e locali, i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni, dei pedaggi, tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'equilibrio economico delle imprese regolate, l'efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese, i consumatori ".

 

Il comma 3 del richiamato art. 37, alla lettera a), dispone che l'Autorità "può sollecitare e coadiuvare le amministrazioni pubbliche competenti all'individuazione degli ambiti di servizio pubblico e dei metodi più efficienti per finanziarli, mediante l'adozione di pareri che può rendere pubblici".

Si rammenta che la regione Veneto ha contestato la legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 1 del 2012 (che ha sostituito i commi 1 e 2 del richiamato art. 37), censurando, tra l'altro, le disposizioni di cui alle citate lettere b) ed f) dell'art. 37 comma 2, relative alle competenze conferite all'Autorità di regolazione dei trasporti in materia di trasporto pubblico locale: dette disposizioni avrebbero, a giudizio della ricorrente, determinato una interferenza con le competenze della Regione, in violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione. La Corte costituzionale (sent. n. 41 del 2013) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale in quanto le disposizioni impugnate, "pur avendo attinenza con la materia del trasporto pubblico locale, perseguono precipuamente una finalità di promozione della concorrenza e quindi afferiscono alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (ex plurimis, sentenza n. 325 del 2010), dato che l’istituzione dell’Autorità indipendente è (...) funzionale alla liberalizzazione dei pubblici servizi in tutti i comparti del trasporto, da quello ferroviario a quello aereo, da quello marittimo a quello autostradale. (...) La Corte ha più volte affermato che l’esercizio della competenza esclusiva e trasversale per la «tutela della concorrenza» può intersecare qualsivoglia titolo di potestà regionale, seppur nei limiti necessari ad assicurare gli interessi cui essa è preposta, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità (ex plurimis, sentenze n. 325 del 2010, n. 452 del 2007, n. 80 e n. 29 del 2006, n. 222 del 2005).

Con specifico riguardo alla competenza a definire gli schemi di bandi gara (di cui al citato art. 37, comma 2, lett. f)), la Corte ha precisato che "l’Autorità è investita della competenza a definire gli schemi, senza sostituirsi alle amministrazioni competenti nell’elaborazione in dettaglio dei bandi, delle convenzioni da inserire nei capitolati delle medesime gare e delle concessioni".

Si segnala che il Consiglio dell'Autorità di regolazione dei trasporti, con deliberazione n. 6 del 16 gennaio 2014, ha avviato un'indagine conoscitiva sui servizi di trasporto passeggeri con particolare riferimento ai servizi di trasporto pubblico locale e a quelli diretti ad assicurare la continuità territoriale. Con la già menzionata deliberazione n. 46 del 19 giugno 2014, l'Autorità - ai sensi della citata lettera f) dell'art. 37, comma 2, nonché nell'esercizio delle ulteriori competenze di cui alle lettere a) e b) dello stesso comma 2 - ha avviato il procedimento per l'adozione di misure regolatorie per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l'assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici. Con l'Allegato A alla deliberazione n. 46, è stato sottoposto a consultazione un documento sulle questioni di regolazione relative all'assegnazione in esclusiva dei servizi nel settore del trasporto pubblico locale. All'esito del procedimento è stata approvata la deliberazione n. 49 del 2015 recante "Misure regolatorie per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e definizione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici e avvio di un procedimento per la definizione della metodologia per l’individuazione degli ambiti di servizio pubblico e delle modalità più efficienti di finanziamento".

 

I commi da 9 a 13 recano misure volte a potenziare gli strumenti di contrasto all’evasione tariffaria nel settore del trasporto pubblico locale.

Tali commi ricalcano sostanzialmente il contenuto dell'art. 26 del citato AG 308.

 

In particolare, si impone a tutti gli utenti dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, in qualsiasi modalità esercitati, di munirsi di valido titolo di viaggio, a convalidarlo all'inizio del viaggio e ad ogni singola uscita, se prevista, in conformità alle apposite prescrizioni previste dal gestore, a conservarlo per la durata del percorso e a esibirlo su richiesta degli agenti accertatori.  Per i titoli di viaggio la convalida deve essere effettuata, in conformità alle apposite prescrizioni previste dal gestore, in occasione di ogni singolo accesso ai mezzi di trasporto utilizzati (commi 9 e 10).

Si introduce, poi, una sanzione pecuniaria per l'assenza di valido titolo di viaggio che, nelle more della quantificazione demandata alle leggi regionali, è pari a 60 volte il costo del biglietto (e comunque non superiore a 200 euro) (comma 11).

 

Il comma 12 novella l'art. 71 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980, disponendo - in funzione di contrasto al fenomeno dell'evasione tariffaria - che i gestori del trasporto pubblico possano avvalersi di agenti accertatori, anche non appartenenti ai propri organici, ai quali sono riconosciuti, tra l'altro, i poteri di identificazione dei trasgressori e gli atti di accertamento delle violazioni previsti dalla normativa vigente (art. 13 della legge n. 689 del 1981). Inoltre, si prevede che il Ministero dell’interno possa mettere a disposizione unità di polizia giudiziaria a supporto degli agenti accertatori con copertura dei costi a carico dell'ente richiedente e per periodi di tempo non superiori a trentasei mesi.

 

E' infine previsto che, per l'individuazione di trasgressori che si rifiutino di fornire le proprie generalità, si possa ricorrere - come mezzo di prova - ai filmati ottenuti dai sistemi di videosorveglianza presenti sui mezzi di trasporto e sulle banchine di fermata (comma 13).


 

Articolo 49
(Disposizioni urgenti in materia di riordino di società)

 

 

L’articolo 49 prevede lo sviluppo, da parte di ANAS S.p.A., di opportune sinergie con il gruppo Ferrovie dello Stato (FS), al fine di realizzare, tra l’altro, un incremento degli investimenti di almeno il 10% (rispetto al 2016) sia nel 2017 che nel 2018 (comma 1).

Viene quindi previsto il trasferimento a Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. delle azioni di ANAS S.p.A., mediante aumento di capitale, per un importo corrispondente al patrimonio netto di ANAS (comma 2).

L’articolo detta altresì le condizioni per il trasferimento delle quote societarie (commi 2 e 3) e disciplina gli effetti del medesimo trasferimento su atti e operazioni societarie (commi 4 e 5).

Vengono altresì dettate disposizioni: per l’abrogazione di norme precedenti, che risultano superate (commi 6, 9 e 10); per la definizione del contenzioso (commi 7 e 8), anche attraverso la messa a disposizione di un volume di risorse nel limite di 700 milioni di euro; per la disapplicazione di norme sul contenimento della spesa (comma 11); nonché per l’utilizzo di risorse, nelle more del perfezionamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, per la realizzazione di attività di progettazione e manutenzione straordinaria della rete stradale nazionale (comma 12).

Obiettivi strategici dell’integrazione Anas-FS (comma 1)

Il comma 1 prevede lo sviluppo, da parte di ANAS S.p.A., di opportune sinergie con il gruppo Ferrovie dello Stato, anche attraverso appositi contratti e convenzioni, al fine dichiarato nella norma di rilanciare gli investimenti del settore delle infrastrutture attraverso la programmazione, la progettazione, la realizzazione e la gestione integrata delle reti ferroviarie e stradali di interesse nazionale. L’obiettivo di tali operazioni deve essere quello, tra l’altro, di realizzare un incremento degli investimenti di almeno il 10% (rispetto al 2016) nel 2017 ed un ulteriore incremento di almeno il 10% nel 2018.

Nel documento consegnato dal Presidente dell’ANAS S.p.A. nel corso della sua audizione informale presso l’8a Commissione del Senato, tenutasi in data 9 novembre 2016, tra i vantaggi dell’operazione, vengono indicati: l’armonizzazione degli investimenti grazie ad una visione integrata; la realizzazione per ANAS di meccanismi di autonomia finanziaria; la gestione integrata dei processi di approvvigionamento; l’eliminazione di sovrapposizioni tra processi e integrazione di know-how; una strategia di sviluppo integrato sui mercati esteri.

Trasferimento delle quote societarie (comma 2)

Il comma 2, al fine di realizzare una proficua allocazione delle partecipazioni pubbliche facenti capo al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) in ambiti industriali omogenei, autorizza il MEF a provvedere al trasferimento a Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. delle azioni di ANAS S.p.A., mediante aumento di capitale di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. tramite conferimento in natura.

L’aumento di capitale di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. è realizzato per un importo corrispondente al patrimonio netto di ANAS S.p.A. risultante da una situazione patrimoniale approvata dal Consiglio di amministrazione della società e riferita ad una data non anteriore a quattro mesi dal conferimento.

Nel bilancio 2015 di ANAS S.p.A. risulta che il patrimonio netto è pari a circa 2,9 miliardi di euro.

 

Il comma 2 dispone altresì che all’operazione di trasferimento non si applicano le seguenti norme del codice civile:

§  l’art. 2343, relativo alla disciplina della stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti; la disposizione prevede una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale a tutela sia dei terzi che della società stessa, per evitare una sopravvalutazione dei beni e quindi l’emissione di azioni per un valore superiore a quelle dei beni effettivamente ottenuti;

§  l’art. 2343-ter, che disciplina le diverse ipotesi in cui il conferimento di beni in natura o di crediti è possibile senza la citata relazione di stima;

§  l’art. 2343-quater, che riguarda la verifica, da parte degli amministratori, del ricorrere di fatti eccezionali o comunque rilevanti -successivi al conferimento senza valutazione di stima ex art. 2343-ter – che abbiano inciso sulla valutazione dei beni;

§  l’art. 2441 sul diritto d’opzione che, tra l'altro, dispone che le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni debbano essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute; esso disciplina anche i casi di esclusione o limitazione del diritto di opzione.

 

Tutti gli atti e le operazioni posti in essere per il trasferimento di ANAS S.p.A. in Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. sono esenti da imposizione fiscale, diretta e indiretta e da tasse.

Condizioni per il trasferimento (commi 2 e 3)

In base al comma 2, il trasferimento delle quote societarie di ANAS S.p.A. dovrà avvenire nel rispetto della disciplina dell’UE e, secondo quanto disposto dal comma 3, senza effetti negativi sui saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini degli impegni assunti in sede europea.

Dovranno inoltre essere rispettate le seguenti condizioni (dettate dal comma 3):

§  perfezionamento del Contratto di Programma 2016/2020 tra lo Stato e ANAS, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 870, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015);

Con i commi da 868 a 874 della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) è stato operato un importante intervento di riordino della disciplina relativa alla gestione, nel bilancio dello Stato, delle risorse relative all'ANAS, nonché ai rapporti tra ANAS e Ministero delle infrastrutture dei rapporti (MIT).

In particolare il comma 870 stabilisce, tra l'altro, che il contrato di programma tra Anas e MIT:

§  ha durata quinquennale;

§  riguarda le attività di costruzione, manutenzione e gestione della rete stradale e autostradale non a pedaggio in gestione diretta ad ANAS S.p.A. nonché i servizi di interconnessione, decongestione, salvaguardia e sicurezza del traffico che Anas garantisce su tutto il territorio nazionale;

§  definisce il corrispettivo annuale in favore dell'ANAS[72];

§  è basato su un piano pluriennale;

§  stabilisce gli standard qualitativi, il cronoprogramma delle opere, nonché le priorità, le sanzioni e le modalità di verifica da parte del MIT.

§  acquisizione di una perizia giurata di stima da cui risulti l’adeguatezza dei fondi stanziati nel bilancio ANAS, anche considerato quanto disposto dal successivo comma 5, rispetto al valore del contenzioso giudiziale in essere; il perito incaricato viene nominato da Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. nell’ambito di una terna di esperti proposta dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Nel bilancio 2015 di ANAS S.p.A. si legge che la società ha adottato nuove procedure “al fine di consentire una più rapida deflazione del vasto contenzioso pendente per ulteriori lavori, che ammonta a circa 9 miliardi di euro, di cui circa 4,3 miliardi di euro relativi a riserve”.

Effetti del trasferimento su atti e operazioni societarie (commi 4 e 5)

Successivamente al trasferimento delle quote societarie:

§  restano in capo ad ANAS S.p.A. le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e tutti gli altri provvedimenti amministrativi comunque denominati (comma 4);

§  qualsiasi deliberazione o atto avente ad oggetto il trasferimento di ANAS S.p.A. o operazioni societarie straordinarie sul capitale della società è oggetto di preventiva autorizzazione del MEF d’intesa con il MIT (comma 5).

Abrogazioni di norme (commi 6, 9 e 10)

I commi 6, 9 e 10 provvedono ad abrogare disposizioni che risultano superate alla luce dell’operazione societaria prevista dall'articolo in esame.

 

In base al comma 6, alla data del trasferimento viene abrogato il comma 6 dell’art. 7 del D.L. 138/2002, che attualmente disciplina l’attribuzione delle azioni di ANAS S.p.A.

Il citato comma 6 dispone che le azioni dell’ANAS sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Viene inoltre soppresso, al comma 4 del medesimo articolo 7, il riferimento a future modifiche dello statuto dell’ANAS.

 

Il comma 9 dispone l’abrogazione dei commi 115-119 dell’art. 3 della legge 662/1996, che hanno disciplinato il trasferimento del patrimonio in seguito alla trasformazione dell’ANAS (disposta dal D.P.C.M. 26 luglio 1995, in attuazione del D.Lgs. 143/1994) da azienda autonoma ad ente pubblico economico.

 

Il comma 10 dispone l’abrogazione della disciplina per la dismissione delle case cantoniere dettata dall’art. 44, comma 5, della legge 449/1997.

Il citato comma 5 dispone che il Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con il Ministro delle finanze, individua annualmente, con proprio decreto, le case cantoniere non più utili per i fini istituzionali dell'ANAS. Le case cantoniere così identificate sono dismesse su iniziativa del Ministro delle finanze, con le procedure previste per le dismissioni di beni immobili e con la concessione di diritto di prelazione ai comuni nei quali sono catastalmente ubicati gli immobili.

Definizione del contenzioso (commi 7 e 8)

I commi 7 e 8 sono finalizzati a ridurre il contenzioso pendente.

A tale finalità il comma 8 destina la quota dei contributi quindicennali assegnati con le delibere CIPE nn. 96/2002, 14/2004 e 95/2004 (relative all’autostrada Salerno-Reggio Calabria), non utilizzati ed eccedenti il fabbisogno risultante dalla realizzazione degli interventi di cui alle predette delibere, nel limite complessivo di 700 milioni di euro (v. infra), con esclusione delle somme cadute in perenzione.

Lo stesso comma affida al CIPE il compito di individuare le risorse annuali effettivamente disponibili in relazione al quadro aggiornato delle opere concluse da destinare alla predetta finalità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica.

 

Nei limiti delle risorse citate, il comma 7 autorizza l’ANAS S.p.A., per gli anni 2017, 2018 e 2019, a definire le controversie con le imprese appaltatrici derivanti dall'iscrizione di riserve o da richieste di risarcimento.

Si ricorda nuovamente che nel bilancio 2015 di ANAS S.p.A. si legge che la società ha adottato nuove procedure “al fine di consentire una più rapida deflazione del vasto contenzioso pendente per ulteriori lavori, che ammonta a circa 9 miliardi di euro, di cui circa 4,3 miliardi di euro relativi a riserve”.

Nel documento consegnato dal Presidente dell’ANAS S.p.A. nel corso della sua audizione informale presso l’8a Commissione del Senato, tenutasi in data 6 dicembre 2016, si legge che “ad oggi Anas ha 134 contenziosi oggetto di procedura di accordo bonario (per un petitum complessivo di circa 1,7 miliardi di euro a fronte di un importo lavori di 3,2 miliardi di euro)” e che i gruppi istruttori, istituiti per il componimento del contenzioso, “hanno esaminato ad oggi 46 contenziosi (per un petitum complessivo di circa 0,5 miliardi di euro su 1,2 miliardi di lavori). Di questi, 29 sono stati esaminati anche dal Comitato valutatore composto da esterni all’azienda. Per quanto riguarda i casi di contenzioso giudiziale, quelli attivi ad oggi sono 411 per un petitum complessivo di circa 5,2 miliardi di euro; di questi, 45 contenziosi giudiziali sono stati assegnati all’esame dei Gruppi Istruttori, per un petitum complessivo di circa 3,6 miliardi, pari a circa il 70% dei contenziosi giudiziali. Naturalmente, per poter proporre transazioni alle imprese è necessario che Anas sia dotata di risorse finanziarie sufficienti. A tal fine, abbiamo identificato le risorse necessarie per avviare il processo e risolvere gran parte del problema. Si tratta dei 700 milioni di euro già stanziati in favore di Anas con le delibere CIPE nn. 96/2002, 14/2004 e 95/2004, eccedenti il fabbisogno risultante dalla realizzazione degli interventi previsti da tali delibere. Si tratta di contributi quindicennali assegnati per la realizzazione di alcuni macrolotti dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria che, in un arco temporale fino al 2022, presentano un surplus di risorse stanziate di circa 700 milioni di euro rispetto al costo degli interventi. Tale eccedenza di risorse deriva da un metodo di utilizzo dei contributi pluriennali stanziati dal CIPE diverso rispetto a quanto inizialmente previsto, che ha determinato una significativa riduzione dell’esigenza finanziaria per interessi”.

 

La definizione delle controversie dovrà avvenire:

§  mediante la sottoscrizione di accordi bonari e/o transazioni giudiziali e stragiudiziali;

§  laddove sussistano i presupposti e le condizioni previsti dagli artt. 205 e 208 del D.Lgs. 50/2016 e con le modalità ivi previste;

L’art. 205 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contatti pubblici) disciplina l’accordo bonario per i lavori pubblici qualora (in base al comma 1), in seguito all'iscrizione di riserve sui documenti contabili, l'importo economico dell'opera possa variare tra il 5 ed il 15 per cento dell'importo contrattuale. Il comma 2 del medesimo articolo dispone, tra l’altro, che il procedimento dell'accordo bonario riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell'avvio del procedimento stesso e può essere reiterato quando le riserve iscritte, ulteriori e diverse rispetto a quelle già esaminate, raggiungano nuovamente l'importo di cui al comma 1, nell'ambito comunque di un limite massimo complessivo del 15 per cento dell'importo del contratto. Le domande che fanno valere pretese già oggetto di riserva non possono essere proposte per importi maggiori rispetto a quelli quantificati nelle riserve stesse. Non possono essere oggetto di riserva gli aspetti progettuali che sono stati oggetto di verifica.

L’art. 208 del medesimo Codice dispone, al comma 1, che le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile, solo ed esclusivamente nell'ipotesi in cui non risulti possibile esperire altri rimedi alternativi. Il successivo comma 2 stabilisce che, ove il valore dell'importo oggetto di concessione o rinuncia sia superiore a 100.000 euro, ovvero 200.000 euro in caso di lavori pubblici, è acquisito il parere dell'Avvocatura dello Stato, qualora si tratti di amministrazioni centrali, ovvero di un legale interno alla struttura, o del funzionario più elevato in grado competente per il contenzioso, ove non esistente il legale interno, qualora si tratti di amministrazioni sub centrali. Lo stesso articolo (al comma 4) richiede, per la transazione, la forma scritta a pena di nullità.

§  previa valutazione della convenienza economica di ciascuna operazione da parte della Società stessa, nonché apposita preventiva informativa all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

Disapplicazione di norme sul contenimento della spesa (comma 11)

In base al comma 11, non si applicano ad ANAS S.p.A., a decorrere dal trasferimento delle quote societarie previsto dal comma 2, le norme di contenimento della spesa[73] previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco dell'ISTAT delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, fermo restando il versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un importo corrispondente ai risparmi conseguenti all'applicazione delle suddette norme, da effettuare ai sensi dell'art. 1, comma 506, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Il richiamato comma 506 disciplina le modalità del versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei risparmi conseguiti a seguito dell’applicazione di norme che prevedono riduzioni di spesa per le pubbliche amministrazioni, con riferimento agli enti che assumono veste societaria. Per tali enti, il versamento in questione è da intendersi come versamento da effettuarsi in sede di distribuzione del dividendo, qualora nel corso dell’esercizio di riferimento la società abbia conseguito un utile e nei limiti dell’utile distribuibile ai sensi di legge. A tal fine, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, i soggetti che esercitano i poteri dell’azionista deliberano, in presenza di utili di esercizio, la distribuzione di un dividendo almeno corrispondente al risparmio di spesa evidenziato nella relazione sulla gestione, ovvero per un importo inferiore qualora l’utile distribuibile non risulti capiente. In tal modo viene limitato il versamento dei risparmi nei casi in cui non ci sia l’utile, o lo stesso non sia capiente, evitando così alle società esposizioni finanziarie aventi natura onerosa.

Utilizzo di risorse nelle more del perfezionamento del contratto di programma ANAS 2016-2020 (comma 12)

Nelle more del perfezionamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, il comma 12 consente al MIT di autorizzare l’ANAS S.p.A. ad effettuare:

§  la progettazione di interventi, nel limite del 5% delle risorse complessivamente finalizzate al contratto dalla legge n. 208 del 2015;

Si ricorda che con i commi da 868 a 874 della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) è stato operato un importante intervento di riordino della disciplina relativa alla gestione, nel bilancio dello Stato, delle risorse relative all'ANAS, nonché ai rapporti tra ANAS e Ministero delle infrastrutture dei rapporti (MIT).

In particolare il comma 868 è volto a convogliare (a decorrere dal 1° gennaio 2016) tutte le risorse del bilancio dello Stato destinate ad ANAS S.p.A. in un apposito Fondo dello stato di previsione del MIT (c.d. Fondo unico ANAS). Viene inoltre stabilito (dal comma 869) che le risorse del Fondo sono utilizzate per il pagamento diretto delle obbligazioni relative ai quadri economici delle opere previste nella "parte investimenti" del contratto di programma, sulla base dell'avanzamento del cronoprogramma delle stesse. La nuova disciplina del contratto di programma è invece delineata dal successivo comma 870, ove si prevede, tra l’altro, che il contratto di programma definisce il corrispettivo annuale a fronte delle opere da realizzare e dei servizi da rendere sulla base di un piano pluriennale di opere e di un programma di servizi sulla rete stradale.

Il comma 870 prevede che lo schema di contratto di programma è approvato dal CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per quanto attiene agli aspetti finanziari, ma non fissa alcun termine per l’approvazione. I successivi commi prevedono però che entro il 30 settembre di ciascun anno l'ANAS Spa trasmette al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una relazione sullo stato di attuazione del contratto di programma di cui al comma 870, ivi compreso lo stato di avanzamento delle opere, sulla relativa situazione finanziaria complessiva, nonché sulla qualità dei servizi resi (comma 871) e che, entro il 31 gennaio di ciascun anno del periodo contrattuale, il CIPE, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, approva eventuali aggiornamenti del contratto di programma (comma 872).

Si ricorda altresì che finalità analoghe, vale a dire quelle di migliorare e incrementare la capacità di progettazione e realizzazione degli investimenti, sono perseguite dai commi 9-quater e 9-quinquies dell’art. 9 del D.L. 244/2016. Il primo di tali commi prevede la non applicazione al Gruppo Anas, per il triennio 2017-2019, delle norme di contenimento della spesa per incarichi professionali strettamente riferiti alle attività tecniche di progettazione, monitoraggio e controllo tecnico-economico degli interventi stradali. Il successivo comma 9-quinquies prevede invece, per le medesime attività, nonché per la realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale di propria competenza, la non applicazione per il triennio 2017-2019 al Gruppo Anas delle norme inerenti vincoli e limiti assunzionali, con riferimento a diplomati e laureati per posizioni tecniche, ingegneristiche nonché a personale tecnico-operativo.

 

§  attività di manutenzione straordinaria della rete stradale nazionale, nel limite di un ulteriore 15%.

Con riferimento all’attività di manutenzione, nel documento consegnato dal Presidente dell’ANAS S.p.A. nel corso della sua audizione informale presso l’VIII Commissione (Ambiente), tenutasi in data 26 aprile 2017, si legge che “la spesa complessiva per manutenzione consuntivata nel 2016 è stata pari a 630 milioni di euro. La sola manutenzione straordinaria raggiungerà nel 2017 un volume di spesa di oltre 400 milioni, circa il doppio della spesa media annua registrata negli ultimi 5 anni. Complessivamente, per il quinquennio 2016-2020, su 23 miliardi di euro di finanziamenti previsti, quasi 11 miliardi (il 46%) sono destinati alla manutenzione e all’adeguamento e messa in sicurezza della rete stradale, dal corpo stradale alle opere d’arte, dalle barriere guard-rail alla segnaletica orizzontale e verticale, dall’illuminazione agli impianti elettrici”.

 

Nella relazione illustrativa si segnala che “la norma si rende necessaria per consentire l’immediato avvio della progettazione e della manutenzione straordinaria utilizzando quota parte delle risorse finalizzate al contratto di programma dalla legge di stabilità per il 2016 (nell’importo complessivo di circa 6,5 miliardi di euro per nuove opere)”.

Si ricorda che, in attuazione delle disposizioni dettate dai commi 868 e seguenti della L. 208/2015, è stato istituito, nel bilancio dello Stato, all'interno dello stato di previsione del MIT, il c.d. fondo unico ANAS, allocato nel capitolo 7002, in cui confluiscono tutte le risorse destinate all'ANAS.

Le risorse allocate nel capitolo 7002, come risulta dalla tabella E della legge di stabilità 2016, sono complessivamente pari a circa 10,2 miliardi di euro (circa 2 miliardi per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018 e circa 4,1 miliardi per gli anni successivi).

La legge di bilancio 2017 conferma lo stanziamento di poco più di 2 miliardi per ogni anno del triennio 2017-2019: 2,16 miliardi per il 2017, 2,14 miliardi per il 2018 e 2,07 miliardi per il 2019 (v. decreto di ripartizione in capitoli – tabella relativa al MIT).

 

Il comma 12 dispone altresì che le attività svolte devono essere distintamente indicate nel Contratto di programma 2016-2020 e le relative spese sostenute devono essere rendicontate secondo le modalità del “Fondo Unico ANAS”.

Al riguardo, andrebbe valutato se fare riferimento alle attività svolte ai sensi del “presente comma”, anziché alle “attività svolte ai sensi del presente articolo” come prevede attualmente la norma.

In base al comma 869 della L. 208/2015, le risorse del c.d. fondo unico ANAS (istituito dal comma 868 della medesima legge) confluiscono sul conto di tesoreria intestato all'ANAS. In base allo stesso comma le risorse del conto di tesoreria sono utilizzate per il pagamento diretto delle obbligazioni relative ai quadri economici delle opere previste e finanziate nel contratto di programma - parte investimenti, sulla base dell'effettivo avanzamento del cronoprogramma delle stesse. Viene altresì disposto che gli utilizzi delle risorse sono rendicontati trimestralmente dall'ANAS Spa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche con specifica indicazione degli stati di avanzamento delle opere realizzate, e viene demandata ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione delle modalità di attuazione del medesimo comma, “anche al fine di prevedere adeguati meccanismi di supervisione e controllo, anche di carattere preventivo, da parte dell'amministrazione”.


 

Articolo 50
(Investimenti nel settore dei trasporti)

 

 

L’articolo 50 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a deliberare e sottoscrivere un aumento del capitale sociale di Invitalia·Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A., per favorire le attività di investimento, nel settore dei trasporti, funzionali al consolidamento e allo sviluppo dei relativi servizi, anche tramite la attrazione di investimenti esteri, e può essere deliberato anche in più soluzioni e nella misura massima di 300 milioni di euro nell'anno 2017.

 

La relazione tecnica evidenzia che tale operazione, avendo natura finanziaria, comporta un onere esclusivamente in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno.

 

La norma fa riferimento alle convenzioni di cui all’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 1/1999, di riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società «Sviluppo Italia», a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59. In particolare, tale norma demanda ad apposite convenzioni la disciplina dei rapporti con le amministrazioni statali interessate, utili per la realizzazione delle attività proprie della società Sviluppo Italia (la cui denominazione è stata modificata in «Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa» ad opera dell’art. 1, comma 460, della L.n. 296/2006), nonché delle attività a queste collegate, strumentali al perseguimento di finalità pubbliche, che le predette amministrazioni ritengano di affidare, anche con l'apporto di propri fondi, alla medesima società. Il contenuto minimo delle convenzioni è stabilito con direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali.

Si ricorda che l’“Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa” S.p.A. (Invitalia), è un ente strumentale del Ministero dello sviluppo economico, il cui obiettivo è perseguire la ripresa di competitività del “sistema paese” e in particolare del Mezzogiorno. Azionista unico dell’Agenzia è il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) che ne esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico (MISE).

Si rammenta in proposito che con l’art. 55-bis del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, a decorrere dal 2012 è stato disposto che le amministrazioni centrali dello Stato possano avvalersi, attraverso Convenzioni, di Invitalia, per l’assistenza tecnica relativa alle “attività economiche, finanziarie e tecniche, comprese quelle di progettazione in materia di lavori pubblici, occorrenti per la realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento agli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto.”

La predetta disposizione è stata implementata con l’art. 29-bis del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, che, aggiungendo il comma 2-bis, ha previsto che Invitalia possa stipulare le convenzioni con la P.A. anche in qualità di centrale di committenza, ai sensi del Codice dei contratti pubblici.

In particolare, la società gestisce, per conto del Governo, la quasi totalità degli strumenti agevolativi nazionali, attraverso i quali ha il compito di sostenere i programmi di investimento presentati da nuove imprese o da imprese già avviate, specie nei settori innovativi e con speciale attenzione alle giovani forze imprenditoriali.

Gli interventi di competenza della società sono funzionalmente articolati nei seguenti settori (c.d. macro-aree):

a)    sostegno allo sviluppo d’impresa;

b)   supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione;

c)    supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari;

d)   sviluppo di investimenti esteri qualificati.

 

Con specifico riguardo agli investimenti esteri, si segnala che con il D.L. 12 settembre 2014, n. 133,  convertito nella legge 11 novembre 2014, n. 164 (c.d. Sblocca Italia), è stato previsto un piano per la promozione del Made in Italy e di misure per l’attrazione degli investimenti. Tale piano prevede un nuovo ruolo dell’Agenzia I.C.E., alla quale vengono ora attribuite anche attività e obiettivi per favorire l’attrazione di investimenti esteri. Nell’assegnazione di questa nuova funzione, il decreto sottolinea peraltro, come essa debba tener conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 460, della legge n. 296/2006, che, a sua volta, trasformava Sviluppo Italia in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. Invitalia, su indicazione del proprio Consiglio di Amministrazione, ha continuato a garantire un presidio istituzionale ed operativo sulle azioni di attrazione degli investimenti esteri. La strategia prescelta dall’Agenzia è stata quella di mantenere la gestione delle attività il più possibile dedicata ai servizi, dando priorità quindi al supporto alle imprese estere e utilizzando al massimo le alleanze e le collaborazioni avviate negli anni precedenti per mitigare gli effetti negativi derivanti dall’assenza di finanziamenti specifici.

 

Con particolare riguardo all’assetto societario, si rileva che nel corso del 2015 è stato avviato il progetto speciale per la revisione del perimetro delle società controllate del Gruppo, con l’obiettivo della loro ulteriore riduzione, da concludersi entro il 2015. La predetta azione di razionalizzazione delle Società detenute ha avuto inizio attraverso la liquidazione di alcune di esse (Invitalia attività produttive S.p.A.) e l’acquisizione della partecipazione totalitaria di altre (Italia turismo S.p.A.).

Con particolare riferimento allo stato patrimoniale della Società, si segnala la Determinazione n. 102 del 18 ottobre 2016 della Corte dei Conti- Sezione di controllo sugli enti – che contiene la relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. per l’anno 2014. In tale Relazione si evidenzia che i crediti, con riferimento alle singole voci dell’attivo dello Stato Patrimoniale, riguardanti i crediti verso banche, verso enti finanziatori e verso la clientela, rappresentano il 68,9 per cento delle attività patrimoniali. Le “Partecipazioni” costituiscono il 10 per cento dell’Attivo Patrimoniale. Le passività registrano nel complesso un decremento del 2,2 per cento.

Il Conto economico relativo all’esercizio 2014 chiude con un utile pari a 685 migliaia di euro, in diminuzione (-67,44%) rispetto a quanto registrato nel precedente esercizio. Il Conto economico evidenzia un decremento, nel corso dell’esercizio 2014, del margine di interesse pari a -6,3 milioni in valore assoluto, attribuibile principalmente alla diminuzione degli interessi attivi (-7,04 milioni) a sua volta essenzialmente riconducibile alla riduzione dei rendimenti offerti dal mercato. Tale flessione incide parzialmente sul margine di intermediazione, pari a 82,7 milioni di euro, il cui decremento rispetto all’anno 2013 (-1,2 milioni) è bilanciato dall’aumento dei dividendi riferito agli utili distribuiti dalle società Invitalia Partecipazioni S.p.A. ed Infratel Italia S.p.A., nonché dalla distribuzione della Riserva di quest’ultima vincolata per il programma Banda Larga.

Attualmente il capitale sociale di Invitalia ammonta a 836.383.864,02 euro.

 


 

Articolo 51
(Contenimento dei costi del trasporto aereo)

 

 

L’articolo 51 autorizza l'ENAV a destinare alla riduzione della tariffa per i servizi di terminale una quota delle risorse relative alla fornitura dei servizi della navigazione aerea di rotta in favore del traffico civile.

 

L'articolo, più nel dettaglio, al fine di contenere i costi dei servizi di navigazione aerea forniti dall'Enav negli aeroporti a basso traffico, - ossia Inferiore a 70.000 movimenti di trasporto aereo IFR (con IFR si intende il volo strumentale - Instrumental Flight Rules) annui- come definiti nel contratto dì programma 2016-2019, consente all'ENAV di destinare alla riduzione della tariffa per i servizi di terminale una quota delle risorse relative alla fornitura dei servizi della navigazione aerea di rotta in favore del traffico civile, non di sua spettanza, riscosse e consuntivate per l'anno 2014, pari a 26.000.000 di Euro.

 

L'ENAV S.p.A. è la società cui lo Stato ha demandato la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia, nonché gli altri servizi essenziali per la navigazione, nei cieli italiani e negli aeroporti civili nazionali.

La società è stata oggetto, secondo quanto disposto dal decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del Maggio 2014, di un processo di privatizzazione che ha portato alla cessione fino al 49 per cento del proprio capitale. Dal 26 luglio 2016 l'Enav è infatti quotata in Borsa, passando dallo status di società con socio unico a società partecipata. Il MEF detiene il 53,4% di Enav.

I servizi di traffico aereo garantiti da ENAV si suddividono in:

§  servizi di rotta, relativi al sorvolo dello spazio aereo italiano;

§  servizi di terminale, riconducibili al controllo del traffico aereo in fase di avvicinamento, decollo e/o atterraggio.

 

L'art. 9 della legge n. 665 del 1996, come modificato da ultimo dall'art. 1, comma 679 della legge n. 208 del 2015, disciplina il Contratto di programma tra MIT ed ENAV.

Tale disposizione prevede una durata quinquennale (prima era triennale) del contratto di programma in linea con i periodi di validità degli obiettivi prestazionali definiti dall'art. 8 del Regolamento UE n. 390/2013 .

Il contratto è stipulato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e, per quanto di competenza, con il Ministro della difesa. Circa la procedura di approvazione del Contratto, la disposizione prevede l’obbligo di sottoscrizione entro il 31 dicembre dell’anno precedente l’inizio del periodo di riferimento. A tal fine entro il 30 giugno dell'anno precedente l'inizio del periodo di riferimento, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con ENAV Spa, deve trasmettere uno schema di contratto di programma al Ministro dell'economia e delle finanze ed al Ministro della difesa i quali si dovranno esprimere entro il 30 settembre del medesimo anno in modo da consentire la sottoscrizione del contratto entro il 31 dicembre dello stesso anno. Si prevede una clausola di proroga dell’applicazione del contratto relativo al periodo di riferimento precedente qualora entro tale termine non si pervenga al perfezionamento del nuovo contratto. Sullo schema non è più contemplato il parere delle competenti commissioni parlamentari.

 

In sede di prima applicazione la durata del contratto di programma è però fissata in quattro anni, dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2019.

Per quanto riguarda infine il contenuto, il  contratto di programma:

a)    regola le prestazioni e definisce gli investimenti e i servizi, nonché gli standard di sicurezza e di qualità dei servizi erogati anche in base alla normativa europea, stabilendo i corrispettivi economici e le modalità di erogazione. Lo Stato garantisce a ENAV Spa il rimborso delle risorse necessarie per la fornitura dei servizi della navigazione aerea prestati in favore dei voli esonerati, in conformità all'articolo 10, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione (UE) n. 391/2013 della Commissione, del 3 maggio 2013;

b)   definisce gli obiettivi e gli standard, nonché le modalità e i tempi di adeguamento, relativi ai livelli di sicurezza e di qualità dei servizi, alla produttività dei fattori impiegati, inclusi gli investimenti, ed ai rispettivi costi. L'adeguamento ai predetti obiettivi e standard è correlato alla variazione delle tariffe e a eventuali trasferimenti statali destinati a investimenti;

c)    definisce i servizi istituzionali da svolgere in proprio e quelli da concedere in appalto o in gestione a terzi; l'Ente fino alla definizione del contratto di programma non assume impegni che vincolino l'applicazione del medesimo;

d)   prevede verifiche, obblighi di adeguamento e sanzioni per i casi di inadempienza.


 

Articolo 52
(
Ciclovie turistiche)

 

 

L’articolo 52 interviene sullo sviluppo delle ciclovie turistiche, integrando la norma del comma 640 della legge di Stabilità 2016, con la previsione di ulteriori interventi sul territorio nazionale da attuare nell'ambito delle risorse già previste a legislazione vigente.

 

In particolare vengono aggiunte all’elenco delle ciclovie finanziabili le seguenti:

§  ciclovia del Garda;

§  ciclovia Trieste - Lignano Sabbiadoro – Venezia;

§  ciclovia Sardegna;

§  ciclovia Magna Grecia(Basilicata, Calabria, Sicilia);

§  ciclovia Tirrenica;

§  ciclovia Adriatica.

 

E’ inserita la clausola di neutralità finanziaria per cui dalla disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri.

Si ricorda in proposito che, nel DEF 2017, una delle novità più rilevanti contenuta nell’allegato “Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di infrastrutture” è rappresentata dall’inserimento dei percorsi ciclistici nell’ambito delle infrastrutture di primo livello del nuovo SNIT (sistema integrato di infrastrutture dei trasporti). Il documento ha anche dato conto del fatto che ulteriori ciclovie (Ciclovia Sarda; Ciclovia Magna Grecia; Ciclovia Tirrenica; Ciclovia Adriatica e Ciclovia Trieste – Venezia) sono in fase di progettazione.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 640, della legge di stabilità 2016 ha assegnato 17 milioni di euro per l’anno 2016 e 37 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 per lo sviluppo delle ciclovie, in particolare individuando quattro interventi connotati da priorità e precisamente:

§  la ciclovia del Sole Verona-Firenze;

§  la ciclovia VenTo Venezia Torino;

§  il Grab Roma;

§  la Ciclovia dell'acquedotto pugliese da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia.

L’articolo 1, comma 144 della legge di bilancio 2017 ha poi attribuito ulteriori risorse per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, nonché per la progettazione e la realizzazione di ciclostazioni e di interventi concernenti la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina, pari a 13 milioni di euro per l'anno 2017, 30 milioni di euro per l'anno 2018 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, disponendo (comma 145) l’individuazione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dei progetti finanziati a valere su tali risorse.

 

Il 4 maggio 2016, era stato presentato dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, un masterplan per dare vita ad una rete infrastrutturale italiana delle ciclovie turistiche.

Il 27 luglio 2016 sono stati sottoscritti i primi tre protocolli d'intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo e le regioni competenti, per la progettazione e la realizzazione delle ciclovie turistiche nazionali citate. I tre protocolli d’intesa riguardano in particolare la progettazione e la realizzazione della Ciclovia Ven-To, da Venezia (VE) a Torino (TO); la Ciclovia del Sole, da Verona (VR) a Firenze (FI) e la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE).

Il 21 settembre 2016 è stato sottoscritto il protocollo d’intesa per il "GRAB", il Grande Raccordo Anulare delle Bici, tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il sindaco di Roma Capitale, che avvia il percorso amministrativo per la progettazione e la realizzazione delle opere relative alla citata ciclovia.

Il 13 febbraio 2017 il MIT ha annunciato che l'anello ciclabile del Garda è entrato nel sistema nazionale delle ciclovie turistiche e l’assegnazione di nuove risorse statali, tra quelle previste per le ciclovie nella legge di bilancio 2017. Il progetto è stato presentato il 1° febbraio dalle tre Regioni coinvolte: Lombardia, Veneto e Provincia autonoma di Trento.

Con il Decreto Ministeriale n. 85 del 14 marzo 2017 è stato costituito presso la Direzione Generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali un gruppo di lavoro finalizzato a definire gli standard e i requisiti minimi che le ciclovie devono possedere su tutto il territorio nazionale.

I protocolli d’intesa sottoscritti prevedono che i soggetti interessati assumano le decisioni necessarie per la progettazione, la predisposizione delle gare e la realizzazione degli interventi ed individuano anche un cronoprogramma che, dopo la sottoscrizione dei protocolli e lo stanziamento dei fondi per la progettazione, preveda la progettazione dei tracciati, la stipula di accordi di programma con gli enti locali interessati dai percorsi, le prime gare per la realizzazione delle ciclovie e l’apertura dei primi cantieri entro l’anno 2017. La chiusura dei primi cantieri è prevista per l’anno 2018. In tale anno dovrebbero essere effettuate ulteriori gare per la realizzazione delle ciclovie con l'apertura e la chiusura degli ultimi cantieri.

 

Lo schema di decreto del MIT per il riparto delle risorse, pari complessivamente a € 12.348.426 euro, tra le Regioni e le Province autonome, destinate al cofinanziamento di interventi per lo sviluppo e la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili e pedonali nelle aree urbane e delle ciclovie turistiche, ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza Unificata a gennaio 2017 ed è alla registrazione della Corte dei Conti. Le risorse, che saranno dedicate ad interventi per il miglioramento della sicurezza stradale, verranno stanziate in tre anni: 9,89 mln per l'esercizio finanziario 2016, 1,23 mln per il 2017 e 1,22 mln per il 2018. La ripartizione è la seguente:

Piemonte 796.364,20 euro; Valle d'Aosta 169.417,87 euro; Lombardia 1.942.672,04 euro; P.A. Bolzano 251.090,70 euro; P.A. Trento 225.749,03 euro; Veneto 1.036.746,66 euro; Friuli-Venezia Giulia 379.197,18 euro; Liguria 500.165,68 euro; Emilia-Romagna 1.281.571,97 euro; Toscana 1.033.950,34 euro; Umbria 276.229,99 euro; Marche 422.659,74 euro; Lazio 1.080.972,70 euro; Abruzzo 298.480,99 euro; Molise 173.391,60 euro; Campania 601.164,41 euro; Puglia 525.056,62 euro; Basilicata 191.236,55 euro; Calabria 272.477,05 euro; Sicilia 576.181,48 euro; Sardegna 313.649,20 euro.

 

Con specifico riferimento alla materia della mobilità ciclistica si ricorda che è in fase di avanzata istruttoria in sede referente in Commissione IX la proposta di legge De Caro, A.C. 2305 e abbinate.


 

Articolo 53
(APE)

 

 

L’articolo 53, attraverso un’interpretazione autentica, definisce le caratteristiche che devono avere determinate attività lavorative ai fini della corresponsione dell’indennità riconosciuta, fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni (cd APE sociale), nonché della applicazione della riduzione del requisito dell’anzianità contributiva in favore dei cosiddetti lavoratori precoci.

Inoltre, il medesimo articolo prevede la possibilità di cessione dei finanziamenti garantiti dal Fondo appositamente costituito per l’accesso all’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE)

Più nel dettaglio, il comma 1 specifica che le attività lavorative gravose - che, se svolte da almeno sei anni e insieme al requisito anagrafico di 63 anni, danno diritto all’APE sociale (ex art. 179, lett. d), della L. 232/2016) - si considerano svolte in via continuativa quando nei sei anni precedenti il momento di decorrenza della predetta indennità le medesime attività lavorative (di cui all’Allegato C della L. 232/2016) non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente la predetta decorrenza per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione.

Il comma 2 specifica che le attività lavorative - il cui svolgimento da almeno sei anni comporta una riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica (ex art. 199, lett. d), della L. 232/2016) - si considerano svolte in via continuativa quando nei sei anni precedenti il momento del pensionamento le medesime attività lavorative (di cui all’Allegato E della L. 232/2016) non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che siano state svolte nel settimo anno precedente il pensionamento per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione.

Il comma 3 consente di cedere i finanziamenti garantiti dal Fondo appositamente costituito per l’accesso all’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE), in tutto o in parte, all’interno del gruppo del soggetto finanziatore o a istituzioni finanziarie nazionali, comunitarie e internazionali (anche ai sensi della L. 130/1999, che reca la disciplina delle cartolarizzazioni), senza le formalità e i consensi previsti dalla disciplina che regola la cessione del credito.

In tale ipotesi, conservano le medesime garanzie e le coperture assicurative che assistono il finanziamento.

 

Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE)

L’APE, introdotta dall’art. 1, c. 166-178, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), consiste in un prestito concesso da un soggetto finanziatore e coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza corrisposto, a quote mensili per dodici mensilità, a un soggetto in possesso di specifici requisiti, da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni.

L’APE è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione.

Possono accedere all’APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

a)    soggetti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995);

b)   età anagrafica minima di 63 anni;

c)    maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

d)   anzianità contributiva di 20 anni;

e)    pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell’APE);

f)    non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

Il soggetto richiedente presenta domanda all’INPS di certificazione del diritto all’Ape. L’INPS verifica il possesso dei requisiti, certifica il diritto e comunica al soggetto richiedente l’importo minimo e massimo dell’Ape ottenibile.

Una volta ottenuta dall’INPS la certificazione del diritto, il soggetto presenta, utilizzando appositi modelli, domanda di Ape e di pensione (da liquidarsi al raggiungimento dei requisiti di legge), indicando il finanziatore e l’impresa assicurativa (per la copertura del rischio di premorienza).

La domanda di Ape e di pensione non sono revocabili (fatto salvo il diritto di recesso).

I finanziatori e le imprese assicurative sono scelti tra quelli che aderiscono agli accordi-quadro da stipularsi tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, rispettivamente, l’Associazione Bancaria Italiana e l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ed altre imprese assicurative primarie.

Con gli accordi-quadro sono definiti anche il tasso di interesse e la misura del premio assicurativo.

Le informazioni precontrattuali e contrattuali (previste dalla legislazione vigente) sono fornite ai soggetti richiedenti dall’INPS per conto del finanziatore e dell’impresa assicurativa (sulla base della documentazione da questi fornita).

L’attività svolta dall’INPS non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia, né di intermediazione assicurativa.

Il comma 173 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito Fondo di garanzia per l’accesso all’APE, con una dotazione iniziale pari a 70 milioni di euro per il 2017.

Esso è alimentato dalle disponibilità del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente in busta paga le quote di TFR maturando con risorse proprie, istituito dall’articolo 1, comma 32 della legge 29 dicembre 2014, n. 190 . Dette disponibilità sono pertanto versate all’entrata del bilancio dello Stato per il corrispondente importo di 70 milioni di euro nell’anno 2017 ed, a tale scopo, viene istituito un apposito conto corrente presso la tesoreria dello Stato.

Il fondo è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso al fondo che a tal fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato – sul conto corrente sopradetto - per la successiva riassegnazione al Fondo.

La garanzia del Fondo copre l’80 per cento del finanziamento dell’anticipo finanziario di cui al comma 166 e dei relativi interessi e, precisa  la norma , è “a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile e onerosa”. Essa è a sua volta assistita, con riguardo agli interventi da effettuare, dalla ulteriore garanzia dello Stato,  che ne ha le medesime caratteristiche, quale “garanzia di ultima istanza” . Il finanziamento è altresì assistito automaticamente dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile , ed il Fondo di garanzia è surrogato di diritto alla banca, per l’importo pagato, nel privilegio medesimo.

Il comma 173 dispone, altresì, che:

§  la garanzia dello Stato è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 31 della legge n. 196/2009;

§  il finanziamento e le formalità a esso connesse nell’intero svolgimento del rapporto sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

La gestione del Fondo è affidata all’INPS sulla base di apposita convenzione.

La definizione delle ulteriori modalità di attuazione della disciplina dell’Ape è demandata ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

APE sociale

L’APE sociale, introdotta dall’art. 1, c. 179-186, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

L’APE sociale è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione.

Possono accedere all’APE sociale i soggetti in possesso di un’età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

- soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale  che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave  in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio1992, n. 104 e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile) e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

§  lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell’APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative “gravose”[74]  da almeno sei anni in via continuativa, per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

L’erogazione dell’APE sociale è esclusa nei seguenti casi:

§  mancata cessazione dell’attività lavorativa;

§  titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

§  soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

§  soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI);

§  soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale[75];

§  raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato.

L’indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui.

L’indennità è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione.

L’indennità non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro.

L’importo dell’indennità non è soggetto a rivalutazione.

L’indennità è erogata mensilmente su dodici mensilità all’anno.

Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività lavorativa e richiedono l’APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate) iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

La definizione delle modalità di attuazione della disciplina dell’Ape sociale è demandata ad apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Accesso al pensionamento per i cd. lavoratori precoci

La Legge di bilancio per il 2017 (art. 1, c. 199-205, della L. 232/2016) ha disposto in favore di alcune categorie di soggetti, a decorrere dal 1° maggio 2017, una riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne) utile ai fini del pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica. Il requisito così ridotto è comunque soggetto ad adeguamento in base agli incrementi della speranza di vita, secondo il meccanismo generale di adeguamento dei requisiti anagrafici per i trattamenti pensionistici, con decorrenza dal 2019 e, successivamente, con cadenza biennale, ex art. 24, c. 13, del D.L. 201/2011.

I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996.

Le suddette fattispecie specifiche sono le seguenti (individuate dalle lettere da a) a d) del richiamato comma 199):

§  stato di disoccupazione, a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o (nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L.604/1966), risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;

§  svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità;

§  riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari o superiore al 74 per cento;

§  svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell'ambito delle professioni indicate nell’allegato E, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo (la determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative è demandata ad apposito D.P.C.M.);

§  soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall’art. 1, commi da 1 a 3, del D.Lgs. 67/2011 (come modificato, da ultimo, dal comma 206 della richiamata legge 232/2016).

Per completezza, si ricorda che il trattamento pensionistico liquidato in base al predetto requisito ridotto non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra il requisito ordinario (per il conseguimento del trattamento a prescindere dall'età anagrafica) e l'anzianità contributiva al momento del pensionamento e che il medesimo beneficio non è cumulabile con altre maggiorazioni contributive previste per le attività di lavoro in oggetto, ad esclusione della maggiorazione stabilita in favore degli invalidi e dei sordomuti (ex art. 80, c. 3, della L. 388/2000).

 


 

Articolo 54
(Documento unico di regolarità contributiva)

 

 

L’articolo 54 modifica la disciplina sul rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

 

La modifica concerne i soggetti che abbiano presentato domanda di definizione agevolata dei debiti contributivi, ai sensi della disciplina transitoria, concernente i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, posta dall'art. 6 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° dicembre 2016, n. 225, e successive modificazioni.

Si prevede che, in tale fattispecie, il DURC sia rilasciato a séguito della presentazione della suddetta domanda, purché sussistano gli altri requisiti di regolarità previsti dalla vigente disciplina - di cui all'art. 3 del D.M. 30 gennaio 2015 - ai fini del rilascio del DURC. Si introduce, dunque, una deroga al principio generale, in base al quale, in caso di inadempimento degli obblighi di versamento dei contributi[76], il DURC è rilasciato solo successivamente all'adozione di un provvedimento di rateizzazione[77], adozione che, peraltro, secondo le determinazioni in materia dell'INPS, non si considera perfezionata prima del pagamento della prima rata[78].

In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una delle rate in cui sia stato dilazionato il pagamento delle somme dovute nell'àmbito della suddetta definizione agevolata, il DURC è annullato dagli enti preposti alla verifica. Questi ultimi rendono disponibile in apposita sezione del servizio "Durc On Line" l’elenco dei documenti annullati per tale motivo. La relativa informazione è consultabile da parte dei soggetti che abbiano posto la medesima richiesta di verifica di regolarità contributiva nonché da parte di ogni soggetto che, avendone interesse, avesse già consultato (con registrazione dei propri dati nel servizio "Durc On Line") il DURC in questione.

Ai fini in oggetto, l’agente della riscossione comunica agli enti summenzionati il regolare versamento delle rate.

Le pubbliche amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 55
(Premi di produttività)

 

 

L’articolo 55 modifica, con specifico riferimento alle aziende che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro, la disciplina pubblicistica sugli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

 

L'attuale disciplina generale (per il settore privato) - stabilita dall'art. 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, e dal D.M. 25 marzo 2016 - prevede un regime tributario specifico (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore), consistente in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, e concernente esclusivamente le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

L'àmbito dei soggetti ammessi al regime in esame è costituito dai titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 80.000 euro.

I limiti massimi di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto sono pari, nella disciplina finora vigente, a 3.000 euro lordi, ovvero a 4.000 euro lordi per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro.

Riguardo a queste ultime e limitatamente ai contratti collettivi summenzionati sottoscritti dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, la novella di cui al presente articolo sopprime il massimale più elevato, con la conseguente applicazione del limite generale di 3.000 euro, ed introduce, con riferimento ad una quota degli emolumenti in oggetto non superiore a 800 euro, le seguenti misure aggiuntive: una riduzione, pari a venti punti percentuali, dell'aliquota contributiva pensionistica a carico del datore di lavoro; l'esclusione di ogni contribuzione a carico del dipendente; la corrispondente riduzione dell'aliquota di computo per il calcolo del trattamento pensionistico (nell'àmbito del sistema cosiddetto contributivo).

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 4 del citato D.M. 25 marzo 2016, il coinvolgimento paritetico è riconosciuto qualora i contratti collettivi summenzionati prevedano, in merito, strumenti e modalità "da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all'innovazione di aree produttive o sistemi di produzione" - con esclusione dei gruppi di semplice consultazione, addestramento o formazione - e la costituzione di "strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti".

Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire se il dipendente possa rinunziare alla riduzione in oggetto della contribuzione, tenuto conto che la disciplina risultante dalla novella prevede letteralmente un diritto alla rinunzia solo per il regime tributario summenzionato.

Sotto il profilo redazionale, sembrerebbe opportuno far riferimento ai contratti sottoscritti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge - anziché "successivamente" -, tenuto conto che la norma prevede l'applicazione del vecchio regime per i contratti sottoscritti "anteriormente" alla medesima data di entrata in vigore.

 


 

Articolo 56
(
Patent Box)

 

 

L’articolo 56 modifica la disciplina del patent box, escludendo i marchi dal novero dei beni agevolabili ed includendo, invece, nel novero dei redditi che beneficiano del regime speciale anche quelli derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali, legati da vincoli di complementarietà, a specifiche condizioni di legge (comma 1).

E’ precisata (comma 2) la decorrenza dell’applicazione delle nuove norme per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare e per i soggetti, invece, che non ricadono in tale novero. Esse si applicano, in sostanza, a decorrere dal terzo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

Il comma 3 contiene la cd. clausola di grandfathering, che consente di conservare i benefici del patent box secondo la disciplina originaria relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d'imposta, per tutto il quinquennio di validità delle stesse e, comunque, non oltre il 30 giugno 2021.

Il comma 4 demanda a provvedimenti di rango secondario la disciplina attuativa.

 

Scopo delle disposizioni in esame, secondo quanto riportato dal Governo nella relazione illustrativa, è di allineare la vigente disciplina del patent box di cui all'articolo l, commi da 37 a 45 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) alle linee guida OCSE e, in particolare, alle raccomandazioni contenute nel documento OCSE "Countering Harmful Tax Practices More Effectively, Taking into Account Transparency and Substance, Action 5 - 2015 Final Report".

L’Agenzia delle entrate, nella Circolare 7 aprile 2016, n. 11  (redatta in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico) rammenta che le norme attuative della disciplina di rango primario (DM 30 luglio 2015) richiamano, nei considerando iniziali, la medesima Action 5 e in particolare l’Agreement on Modified Nexus Approach for IP Regimes. L’Italia e alcuni Stati membri della Comunità Europea hanno, infatti, introdotto propri regimi di patent box ispirati ai citati principi OCSE. Tutti i Paesi che hanno adottato regimi di patent box, nessuno escluso, hanno “personalizzato” tale agevolazione generando, di fatto, regole e benefici differenti anche in termini di aliquote fiscali. Al fine di eliminare i fenomeni distorsivi - che possono assumere le caratteristiche di “concorrenza fiscale dannosa” - l’OCSE non consente che, dopo la data del 30 giugno 2016, ci siano “nuove ammissioni” che possano beneficiare di regimi di patent box basati su regole e contenuti difformi da quelli indicati nell’Azione 5.

La predetta Action 5 – che contiene le linee guida che i Paesi OCSE sono invitati a seguire per disciplinare i propri regimi - prevede l'esclusione dal regime agevolato dei marchi e del know-how, facendo salva la possibilità di garantire fino al 2021 il regime previgente a chi abbia esercitato l'opzione entro fine giugno 2016 (cd. grandfathering).

Più in dettaglio, ai sensi del paragrafo 63 del predetto documento, dopo il 30 giugno 2016 non dovrebbero essere consentite nuove ammissioni a regimi di patent box ove non conformi alle regole contenute nel medesimo documento; dette regole (paragrafo 34 e seguenti) consentono infatti di detassare solamente brevetti (compresi i modelli di utilità) e software protetto da copyright. La normativa italiana antecedente alle modifiche in esame non appare coerente con le regole Ocse nella misura in cui consentiva di agevolare il reddito dei marchi commerciali (marketing-related patents, esclusi dall'Action 5, paragrafo 38) e del know how (ammesso, ai sensi del paragrafo 37 dell'Action 5, solo a determinate condizioni).

 

Il regime di patent box

 

Il regime di cd. patent box, che consiste nella tassazione agevolata dei redditi derivanti da alcuni beni immateriali, tra cui marchi e brevetti, è stato introdotto dall'articolo 1, commi 37-45 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) ed è stato successivamente modificato e integrato dal decreto-legge n. 3 del 2015 e dalla legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015).

Più in dettaglio, l'agevolazione consente di escludere dal reddito:

- il 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (marchi e brevetti);

- le plusvalenze derivanti dalla loro cessione, a condizione che il 90 per cento del relativo corrispettivo sia reinvestito.

L'opzione per detto regime dura cinque esercizi sociali, è irrevocabile e può essere esercitata anche da parte di società non residenti in Italia, purché site in Paesi con i quali vige un accordo per evitare la doppia imposizione e vi è un effettivo scambio di informazioni (comma 38 della legge di stabilità 2015).

Essa è valida anche a fini IRAP (comma 43 della richiamata legge di stabilità 2015).

 

Le agevolazioni

In primo luogo, in caso di esercizio dell'opzione sono esenti da tassazione, per il cinquanta per cento dell'ammontare, i redditi d'impresa che derivano dall'utilizzo di software protetto da copyright (così come previsto dall'articolo 1, comma 148 della legge di stabilità 2016, legge n. 208 del 2015), da brevetti industriali, marchi d'impresa, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

In caso di utilizzo diretto di tali beni, il contributo economico dei medesimi alla produzione del reddito è determinato sulla base di un apposito accordo sottoscritto con l'amministrazione finanziaria secondo le procedure di ruling (comma 39).

L'esercizio dell'opzione per il patent box consente di escludere da tassazione anche le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali agevolati; l'agevolazione opera purché almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione dei predetti beni sia reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali. In tal caso si applicano le disposizioni relative al ruling (comma 40).

Condizione per accedere ad entrambe le agevolazioni è che le imprese svolgano le attività di ricerca e sviluppo, anche mediante contratti di ricerca stipulati con società diverse da quelle del gruppo (e cioè diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa), ovvero con università o enti di ricerca e organismi equiparati, finalizzate alla produzione dei beni immateriali oggetto di agevolazione (comma 41).

 

Determinazione della quota di reddito agevolabile

Ai sensi del comma 42, la quota di reddito agevolabile è determinata sulla base del rapporto tra:

- i costi di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per il mantenimento, l'accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale agevolabile;

- i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per produrre tale bene.

In particolare, i costi di attività di ricerca e sviluppo sono aumentati di un importo corrispondente ai costi sostenuti per l'acquisizione del bene immateriale o per contratti di ricerca, relativi allo stesso bene e stipulati con società infragruppo, fino al trenta per cento di tale ammontare (comma 42-bis).

Ove più beni tra quelli indicati al comma 39 (software protetto da copyright, brevetti industriali, marchi d'impresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonché processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili) siano collegati da vincoli di complementarietà e vengano utilizzati congiuntamente per la realizzazione di un prodotto o di un processo, tali beni possono costituire un solo bene immateriale ai fini della disciplina per il riconoscimento del patent box (comma 42-ter, abrogato dalle norme in esame).

 

Applicazione e regime transitorio

Il regime si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. In via transitoria per gli anni d'imposta 2015 e 2016 la percentuale di esclusione dal concorso alla formazione del reddito è fissata, rispettivamente, in misura pari al 30 e al 40 per cento.

Le disposizioni attuative sono contenute nel D.M. 30 luglio 2015. Il predetto decreto in particolare ha individuato puntualmente:

- i soggetti titolari di reddito di impresa, persone fisiche e giuridiche, cui spetta l'agevolazione. Si chiarisce che l'opzione può essere concretamente esercitata da chi ha diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali sottoposti ad agevolazione;

- i soggetti esclusi dal beneficio, tra cui le società assoggettate a procedure di fallimento, di liquidazione coatta o di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;

- le fonti (norme nazionali, norme internazionali ed UE, trattati e convenzioni internazionali in materia di proprietà industriale e intellettuale applicabili nel relativo territorio di protezione) per individuare i beni immateriali soggetti ad agevolazioni;

- la definizione di attività di ricerca e sviluppo cui è condizionata l'agevolazione;

- l'individuazione puntuale dei criteri per individuare la quota di reddito agevolabile, con particolare riferimento all'individuazione dei costi da computare a tale scopo.

Si segnala che l'Agenzia delle entrate ha fornito i primi chiarimenti sul tema  con la Circolare n. 36 del 2015 e successivamente con la Circolare n. 11 del 2016. Inoltre, la medesima Agenzia ha emanato due provvedimenti in materia di patent box, uno concernente la procedura di ruling e l'altro recante il modello per l'esercizio dell'opzione.

 

Con le modifiche apportate dal comma 1, lettera a) all’articolo 1, comma 37 della legge n. 190 del 2014, si intende eliminare i marchi d'impresa dai beni immateriali per i quali è possibile fruire del regime agevolativo.

Viene invece introdotta un’altra categoria di beni sottoposti a regime agevolato: si tratta dei redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali, legati da vincoli di complementarietà, ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi, a condizione che tra i beni immateriali utilizzati congiuntamente siano compresi solo quelli indicati dal primo periodo del comma 39 (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili).

Come chiarito dal Governo, si intende ricomprendere nell’ambito dell’agevolazione beni tali da non poter essere, in sostanza, separati ai fini della determinazione del reddito agevolabile correlabile al singolo bene.

Viene dunque abrogato (comma 1, lettera c) dell’articolo in esame) il successivo comma 42·ter della legge n. 190 del 2014: come si è visto nel riquadro introduttivo, detta norma prescrive che, ove più beni agevolabili siano collegati da vincoli di complementarietà e vengano utilizzati congiuntamente ai fini della realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi, essi possono costituire un solo bene immateriale ai fini della disciplina del patent box.

 

La lettera b) del comma 1, modificando l'ultimo periodo del comma 40 dell'articolo l della legge n. 190 del 2014, apporta le necessarie modifiche di coordinamento, dovute all’aggiunta di un periodo al comma 39.

 

Il comma 2 disciplina la decorrenza delle nuove disposizioni e stabilisce, in sostanza, che le stesse si applichino a decorrere dal terzo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Scopo delle norme, chiarisce la relazione illustrativa, è quella di uniformare i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare con quelli per cui non si avvera tale condizione.

Si rammenta che, a legislazione vigente, il regime di patent box si applica a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. In via transitoria per gli anni d'imposta 2015 e 2016 la percentuale di esclusione dal concorso alla formazione del reddito è fissata, rispettivamente, in misura pari al 30 e al 40 per cento.

 

Ai sensi del comma 2 in esame, più in dettaglio, le nuove disposizioni si applicano:

a)   per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, per i periodi d'imposta per i quali le opzioni per il patent box (di cui al comma 37 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190) sono esercitate successivamente al 31 dicembre 2016;

b)  per i soggetti con esercizio non coincidente con l'anno solare, a decorrere dal terzo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, relativamente al quale le predette opzioni sono esercitate successivamente al 31 dicembre 2016.

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce, inoltre, che il riferimento alle opzioni esercitate successivamente al 3l dicembre 2016 è necessario per sottolineare che le nuove disposizioni non hanno effetto per le opzioni presentate nei primi due periodi d'imposta di applicazione della disciplina, per i quali si beneficia del regime previgente per tutto il quinquennio di validità dell'opzione.

 

Il comma 3 disciplina il cosiddetto grandfalhering, ovvero il periodo durante il quale è possibile conservare i benefici secondo la disciplina originaria. In sostanza, restano efficaci le disposizioni previgenti alle modifiche in esame, relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d'imposta, per tutto il quinquennio di validità delle stesse e, comunque, non oltre il 30 giugno 2021.

Si affida (comma 4) a un decreto di natura non regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, il compito di adottare le disposizioni di revisione del decreto interministeriale 30 luglio 2015 (che ha attuato, come visto supra, la normativa sul patent box) per coordinare la normativa secondaria con le novità in commento. Detto decreto stabilisce le modalità per effettuare lo scambio spontaneo di informazioni relativo alle opzioni esercitate per i marchi d'impresa.


 

Articolo 57
(Attrazione per gli investimenti)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 57 estende alle PMI costituite sotto forma di S.r.l. le disposizioni derogatorie alla disciplina civilistica già previste dal D.L. n. 179/2012 per le startup innovative costituite sotto forma di S.r.l., concernenti:

§  la libera determinazione dei diritti attribuiti ai soci, attraverso la creazione, nell’atto costitutivo della società, di categorie di quote fornite di diritti diversi;

§  la possibilità di effettuare un’offerta pubblica delle quote sociali, anche mediante equity crowfunding;

§  la deroga al divieto di compiere, da parte della società, operazioni sulle proprie partecipazioni qualora l'operazione sia compiuta in determinate condizioni (novella ai commi 2,5 e 6 dell’articolo 26 del D.L. n. 179/2012).

 

Il comma 2, alle lettere a) – c), modifica la disciplina che dispone la detassazione dei redditi derivanti da investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese effettuati da casse previdenziali e fondi pensione. E’ modificato il regime fiscale applicabile nelle ipotesi di cessione degli investimenti prima del quinquennio; sono introdotti obblighi informativi e documentali per gli investitori; è disciplinato il regime di plusvalenze e le minusvalenze. Le lettere d) –f)) modificano la vigente disciplina dei PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine, allungando i termini per reinvestire le somme che derivano dalla cessione, prima del quinquennio, degli investimenti agevolati; prevedono ulteriori obblighi documentali e informativi  rispetto a quelli vigenti.

 

Infine, il comma 3 estende da quattro a cinque anni il periodo di applicazione delle disposizioni in materia di rapporto di lavoro nelle startup innovative, contenute nell’articolo 28 del D.L. n. 179/2012 (novella al comma 1 del medesimo articolo 28).

 

Il comma 1, in particolare, estende alle PMI costituite in forma di società a responsabilità limitata:

§  la possibilità che il relativo atto costitutivo preveda categorie di quote societarie fornite di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, con contenuti anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 2468, commi secondo e terzo, cc. (novella all’articolo 26, comma 2 del D.L. n. 179/2012).

L’articolo 2468 c.c. dispone, al secondo comma, che i diritti sociali spettano ai soci di una S.r.l. in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento. Ai sensi del terzo comma, resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

La relazione tecnica afferma che la deroga alle predette disposizioni comporta che possano essere costituite, come per le S.p.A.[79], categorie di quote anche prive di diritti di voto o con diritti di voto non proporzionali alla partecipazione.

§  la possibilità che le quote di partecipazione nelle predette s.r.l. possano, in deroga al codice civile (articolo 2468, primo comma) costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali di cui all'articolo 30 del D.Lgs. n. 179/2012, nei limiti previsti dalle leggi speciali (novella all’articolo 26, comma 5 del D.L. n. 179/2012).

L’articolo 2468, primo comma c.c. dispone che le partecipazioni dei soci di una S.r.l. non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari.

Come evidenzia la relazione tecnica, la misura in esame va letta in combinato con quanto disposto dalla Legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016): l’articolo 1, comma 70 di tale legge – con una modifica al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ha già esteso - a tutte le piccole e medie imprese - l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali, che era in precedenza riservata dalla legge alle start-up innovative e alle PMI innovative.

§  la non applicazione del divieto di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni stabilito dal codice civile (articolo 2474) qualora l'operazione sia compiuta dalla PMI in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali (novella all’articolo 26, comma 6 del D.L. n. 179/2012).

La relazione tecnica evidenzia che la disposizione in esame prescinde dal trattamento fiscale delle stock option, essendo limitata alla possibilità civilistica che la S.r.l. emetta stock option[80].

L’articolo 2474 c.c. stabilisce il divieto per la S.r.l. di acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.

 

In via generale si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 della Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (2003/361/CE) [81] la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. In particolare, nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. Nella categoria delle PMI si definisce micro impresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

 

La relazione illustrativa e tecnica affermano che il comma 1 è complessivamente finalizzato ad agevolare l’autonomo finanziamento delle PMI mediante capitale di rischio raccolto tramite privati, senza gravare sulle banche e sullo Stato, consentendo di dare piena attuazione a quanto previsto dalla legge di bilancio 2017, che ha consentito l’equity crowdfunding per tutte le PMI.

 

Il comma 2, alle lettere a) – c)), modifica la speciale disciplina agevolativa introdotta dalla legge di bilancio 2017 (commi 88-99 e della legge n. 232 del 2016), che dispone la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni) nel capitale delle imprese, se effettuati dalle casse previdenziali o da fondi pensione, nel limite del 5 per cento dei loro asset.

 

I richiamati commi 88 e 89 della legge di bilancio 2017 consentono agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) di effettuare investimenti, fino al 5 per cento del loro attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, in azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo; azioni o quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio: ovvero Fondi comuni di investimento, Società di investimento a capitale variabile - Sicav, Società di investimento a capitale fisso - Sicaf, Fondi di investimento alternativi - FIA) residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo che investono prevalentemente negli strumenti finanziati indicati dalla lettera a). Ai sensi del comma 90 i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti da imposizione (purché, secondo la formulazione originaria del comma, modificata dalle norme in esame, non si trattasse di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni). Il comma 91 prevede che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni. Ove ceduti prima dei cinque anni, la formulazione originaria della norma  (modificata anch’essa dal comma in esame, per cui si veda più diffusamente in seguito) sottoponeva i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento ad imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza dei titoli oggetto di investimento prima dei cinque anni, le somme conseguite vanno reinvestite negli strumenti finanziari citati entro 90 giorni. Il comma 92 consente alle forme di previdenza complementare (fondi pensione) di destinare somme, fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, negli investimenti qualificati indicati. Gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni (comma 93). Il comma 94 prevede che i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti e pertanto non sono soggetti all’imposta sostitutiva del 20 per cento (prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005) sempre che non si tratti di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Ai fini della formazione delle prestazioni pensionistiche erogate dai fondi pensione, i redditi derivanti dai predetti investimenti incrementano la parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli che non hanno concorso alla formazione della predetta base imponibile ai sensi del periodo precedente durante il periodo minimo di investimento, sono soggetti ad imposta sostitutiva del 20 per cento, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento, unitamente agli interessi, va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito in strumenti finanziari individuati dal comma 89 entro 90 giorni dal rimborso.

Il comma 95 prevede che la ritenuta sui dividendi (articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973) e l’imposta sostitutiva sugli utili derivanti da azioni in deposito accentrato preso la Monte Titoli S.p.A. (27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973) non si applicano agli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo derivanti dagli investimenti qualificati di cui al comma 89 fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente detenuti per cinque anni.

Il comma 96 dispone la soppressione del credito d’imposta per le casse previdenziali e i fondi pensione per investimenti infrastrutturali, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, commi da 91 a 94).

 

Con una prima modifica (comma 2, lettera a), che novella il comma 91 della legge di bilancio 2017) si dispone che, qualora le Casse di previdenza private cedano gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato prima del periodo di cinque anni richiesto dalla legge, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento sono soggetti ad imposta sostitutiva in misura corrispondente a quella prevista dalle norme ordinarie, in luogo di disporne l’imposizione secondo le regole ordinarie.

Al riguardo, la relazione illustrativa afferma che la disposizione è volta a consentire il recupero a tassazione, mediante l'applicazione di una imposizione sostitutiva, dei redditi derivanti dagli strumenti finanziari ceduti prima del quinquennio percepiti medio tempore, per i quali le regole ordinarie prevedono il concorso alla formazione del reddito imponibile.

 

La lettera b) del comma 2 apporta una novella al comma 94, eliminando dal comma il riferimento ai redditi derivanti da partecipazioni qualificate.

Al riguardo, il Governo afferma, nella relazione illustrativa, che tale modifica discende dal vigente divieto (posto dall'articolo 6, comma 13, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252) per i fondi pensione di investire le disponibilità dì competenza in azioni o quote con diritti di voto, emesse da una stessa società, per un valore nominale superiore al 5 per cento o al 10 per cento del valore nominale complessivo di tutte le azioni o quote con diritto di voto emesse dalla stessa società, a seconda se la società stessa sia quotata o non quotata, né, in ogni caso, azioni o quote con diritto di voto per un ammontare tale da determinare direttamente un'influenza dominante sulla medesima società. Inoltre l'articolo 5, comma 2, del decreto ministeriale 2 settembre 2014 n. 166 vieta ai fondi pensione di investire più del 5 per cento delle loro disponibilità complessive in strumenti finanziari emessi da uno stesso soggetto e non più del 10 per cento in strumenti finanziari emessi da soggetti appartenenti a un unico gruppo.

Tale modifica intende dunque, a parere del Governo, evitare un aggravio dei costi amministrativi collegati all'applicazione della disposizione fiscale.

 

La lettera c) del comma 2 introduce i commi da 95-bis a 95-quater all’articolo 1 della richiamata legge n. 232 del 2016.

In particolare:

§  il nuovo comma 95-bis dispone che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni agevolative per gli investimenti qualificati delle Casse previdenziali e dei fondi pensione, il soggetto percettore del reddito è tenuto a produrre una dichiarazione dalla quale risulti la sussistenza delle condizioni previste dalla legge (investimento non superiore al cinque per cento dell’attivo patrimoniale), nonché l'impegno a detenere gli strumenti finanziari oggetto dell'investimento qualificato per almeno 5 anni. Il percettore deve altresì dichiarare che i redditi generati dagli investimenti qualificati non sono relativi a partecipazioni qualificate;

§  il nuovo comma 95-ter prescrive alle Casse previdenziali e ai fondi pensione che effettuano investimenti qualificati di dare separata evidenza delle somme destinate a detti investimenti;

§  l’introdotto comma 95-quater  disciplina il  regime delle minusvalenze e delle perdite relative agli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato: dette componenti negative - realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso degli strumenti finanziari oggetto degli investimenti qualificati - sono deducibili dalle plusvalenze o dai proventi realizzati nelle successive operazioni nello stesso periodo di imposta e nei successivi, non oltre il quarto; ovvero, possono essere portate in deduzione ai sensi delle norme generali sulle plusvalenze contenute all’articolo 68, comma 5 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (ai sensi del quale plusvalenze e relative minusvalenze, alle condizioni di legge, sono sommate algebricamente; nel caso di componenti negative superiori alle positive, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate).  Per le forme di previdenza complementare, le minusvalenze e le perdite maturate o realizzate relativamente agli strumenti finanziari oggetto degli investimenti qualificati concorrono a formare la base imponibile dell'imposta sostitutiva del 20 per cento, prevista dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005.

 

Il comma 2, alle lettere da d) a f), interviene sulla disciplina dei PIR – Piani individuali di risparmio a lungo termine, anch’essa introdotta dalla legge di bilancio 2017 (commi 100-114 della legge n. 232 del 2016).

 

In estrema sintesi, i predetti commi stabiliscono un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati in piani di risparmio a lungo termine. I piani individuali di risparmio (c.d. PIR) per beneficiare dell’esenzione devono essere detenuti per almeno 5 anni e devono investire nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le Pmi, nei limiti di 30mila euro all’anno e, comunque di complessivi 150mila euro. I piani di risparmio devono essere gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.

 

Con la lettera d) si corregge un riferimento interno al comma 101, che rinviava erroneamente alle disposizioni sugli investimenti qualificati degli enti di previdenza complementare.

 

La lettera e) modifica il comma 106, ultimo periodo. Nella formulazione originaria, nel caso di rimborso degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, si disponeva che il controvalore così conseguito fosse reinvestito in strumenti finanziari contenuti nei piani di risparmio a lungo termine entro trenta giorni dal rimborso. Con le modifiche in esame il termine per il reinvestimento qualificato sono allungati da trenta a novanta giorni.

 

Infine la lettera f) sostituisce il comma 113 della legge di bilancio 2017, disponendo che l'intermediario o l'impresa di assicurazioni presso il quale è costituito il piano di risparmio a lungo termine tengano separata evidenza, oltre che delle somme destinate nel piano in anni differenti, anche degli investimenti qualificati effettuati.

 

Sul tema dei PIR e degli investimenti agevolati da parte delle Casse previdenziali e dei fondi pensioni si segnala l’interrogazione n. 5-11105 (Giacomoni) svolta presso la Commissione finanze della Camere il 20 aprile, mirante ad estendere le agevolazioni fiscali relative ai piani individuali di risparmio a lungo termine. Nella risposta il Governo afferma di ritenere utile prevedere la possibilità di introdurre nuove norme che stabiliscano nuovi strumenti finanziari per Casse di previdenza private e Fondi pensione, secondo il meccanismo dei predetti PIR, che potrebbero altresì essere ridenominati come Piani istituzionali di risparmio.

 

Infine, il comma 3 estende da quattro a cinque anni dalla data di costituzione di una startup innovativa il periodo di applicazione delle disposizioni in materia di rapporto di lavoro nelle società in questione, contenute nell’articolo 28 del D.L. n. 179/2012 (novella al comma 1 del medesimo articolo 28).

 

L’articolo 28 del D.L. 179/2012 contiene alcune disposizioni relative al rapporto di lavoro subordinato nelle imprese start-up innovative, così come definite dall’articolo 25, comma 2, dello stesso D.L. 179/2012.

In particolare, per un periodo di 4 anni dalla data di costituzione di una impresa start-up innovativa, ovvero per il più limitato periodo previsto dall’articolo 25, comma 3, del richiamato D.L. 179/2012 per le società già costituite[82], trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 28 del D.L. 179/2012.

Più specificamente, la retribuzione dei lavoratori assunti da una cd. start-up innovativa è costituita da una parte che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile, e da una parte variabile, composta dalle voci collegate all'efficienza o alla redditività dell'impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri parametri concordati tra le parti (incluse l'assegnazione di opzioni per l'acquisto di quote o azioni della società e la cessione gratuita delle medesime quote o azioni).

Ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è affidata la possibilità di definire (in via diretta o delegata) i criteri per la determinazione della retribuzione da corrispondere ai lavoratori assunti da una società start-up. Più specificamente, i contratti collettivi possono definire:

§  i criteri per la determinazione di minimi tabellari specifici funzionali alla promozione dell'avvio delle start-up innovative, nonché criteri per la definizione della parte variabile;

§  le disposizioni finalizzate all'adattamento delle regole di gestione del rapporto di lavoro alle esigenze delle start-up innovative, nella prospettiva di rafforzarne lo sviluppo e stabilizzarne la presenza nella realtà produttiva.

Infine, gli interventi e le misure in esame sono oggetto di monitoraggio in relazione agli effetti in materia di promozione delle start-up innovative

 

Particolare rilevanza assume la disciplina dei contratti a tempo determinato per le startup. Attualmente, l’articolo 21, comma 3, del D.Lgs. 81/2015 dispone che i limiti previsti per le proroghe e i rinnovi dei contratti a termine (disciplinati nello stesso articolo 21[83]) non si applichino alle imprese start-up innovative di cui di cui all'articolo 25, commi 2 e 3, del D.L. 179/2012, per un periodo di 4 anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del medesimo articolo 25 per le società già costituite.

In precedenza, la disciplina era contenuta nei commi da 2 a 6 dell’articolo 25 del D.L. 179/2012, successivamente abrogati dall’articolo 55, comma 1, lettera i), dello stesso D.Lgs. 81/2015.

Si ricorda, infine, che l’articolo 1, commi 82-83, della L. 232/2016, ha disposto che l'INAIL possa sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso, dedicati all’attivazione di start up innovative, ovvero costituire e partecipare - anche con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri - a start up di tipo societario, intese all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca ed aventi quale oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi di alto valore tecnologico, anche rivolte alla realizzazione di progetti in settori tecnologici altamente strategici. I singoli atti di sottoscrizione di quote dei fondi suddetti o di costituzione e partecipazione alle società summenzionate sono subordinati ad autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze. Per lo svolgimento delle richiamate attività, l'INAIL opera nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

La relazione illustrativa afferma che il comma 3 dell’articolo in esame opera in coerenza con quanto disposto per le startup innovative dall’articolo 4, comma 11-ter, del D.L. n. 3/2015.

La disposizione citata ha esteso per le predette società da quattro a cinque anni (dalla data di iscrizione nel registro delle imprese) il periodo di esonero dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio.


 

Articolo 58
(Modifiche alla disciplina dell'imposta sul reddito di impresa: disciplina del trattamento delle riserve IRI presenti al momento della fuoriuscita dal regime)

 

 

L’articolo 58 disciplina il trattamento tributario spettante alle somme prelevate da riserve IRI in caso di fuoriuscita dal regime (anche a seguito della cessazione dell'attività). Dette somme, nei limiti in cui le stesse sono state assoggettate a tassazione separata al 24 per cento, concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, del collaboratori o dei soci; tuttavia, ai medesimi soggetti è riconosciuto un credito d'imposta pari al 24 per cento, al fine di evitare doppie imposizioni.

 

L’imposta sul reddito d’impresa - IRI

 

La disciplina della nuova imposta sul reddito d’impresa (IRI) è stata introdotta dai commi 547 e 553 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016). Detta imposta, da calcolare sugli utili trattenuti presso l’impresa, si applica agli imprenditori individuali e alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. L’opzione per l’applicazione dell’IRI si effettua in sede di dichiarazione dei redditi, ha durata di cinque periodi di imposta ed è rinnovabile. In tale ipotesi, su detti redditi opera la sostituzione delle aliquote progressive IRPEF con l’aliquota unica IRI, pari all’aliquota IRES (24 per cento dal 2017).

Più in dettaglio per effetto delle richiamate norme della legge di bilancio (che hanno introdotto l’articolo 55-bis nel Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al D.P.R. no. 917 del 1986) il reddito d’impresa degli imprenditori individuali e delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, in regime di contabilità ordinaria, è escluso dalla formazione del reddito complessivo ed è assoggettato a tassazione separata (a titolo di IRI) con l’aliquota prevista dall’articolo 77 del TUIR (Ires), che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, è fissata al 24% (articolo 1, comma 61 della L. n. 28/12/2015, n. 208). Dal reddito d’impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito del periodo d’imposta e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi, a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci (comma 1).

La tassazione è ordinaria allorquando gli utili prodotti o precedentemente reinvestiti e assoggettati alla tassazione separata dell’IRI sono prelevati dall’imprenditore individuale o distribuiti dalla società di persone (comma 3 dell’articolo 55-bis); gli imprenditori e le società di persone possono optare per l’applicazione della nuova IRI a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale e quindi il nuovo regime è fruibile anche da soggetti che, per loro natura, sono ammessi al regime di contabilità semplificata; l’opzione ha durata pari a cinque periodi di imposta ed è rinnovabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi (comma 4).

Per gli imprenditori individuali e per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice non si applica la disposizione contenuta nell’articolo 5 del TUIR, limitatamente all’imputazione  per trasparenza ed alla tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione (comma 5). Inoltre, le nuove disposizioni non si applicano alle somme prelevate a carico delle riserve formate con utili di periodi precedenti a quelli di applicazione dell’IRI (comma 6).

Le nuove disposizioni (comma 551 della citata legge di bilancio) si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2015, pertanto dal 2016.

 

Più in dettaglio, le norme in esame aggiungono il comma 6-bis all’articolo 55, disponendo che le somme prelevate a carico delle riserve di utili, formate nei periodi d'imposta di applicazione dell’IRI e nei limiti in cui le stesse sono state assoggettate a tassazione separata, al momento di uscita dal regime – anche per cessazione dell’attività - concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, del collaboratori o dei soci; ai medesimi soggetti è tuttavia riconosciuto un credito d'imposta in misura pari al 24 per cento, ossia all’aliquota IRI.

Dette riserve sono tassate per trasparenza al momento della loro distribuzione e ai soci viene riconosciuto il credito d'imposta; in sostanza si intende ripristinarne l'originario trattamento tributario, ossia quello applicabile in mancanza dell'opzione IRI, al fine di evitare una doppia imposizione. Come chiarisce la relazione illustrativa, il credito spetta ai soci presenti al 31 dicembre dell’anno in cui interviene la distribuzione di tali riserve.


 

Articolo 59
(Transfer
pricing)

 

 

L’articolo 59 adegua la disciplina nazionale in materia di prezzi di. trasferimento alle indicazioni emerse in sede OCSE (in seno al cd. progetto BEPS) per la corretta determinazione del valore delle operazioni tra imprese associate estere.

In particolare (comma 1) si introduce quale parametro per la determinazione dei redditi derivanti da tali operazioni, in luogo del criterio del “valore normale”, il riferimento al principio della libera concorrenza e l’indicazione del valore delle transazioni tra soggetti indipendenti, nel caso di operazioni che comportano un aumento del reddito.

Lo stesso criterio trova applicazione nel caso di diminuzione del reddito derivante dalle operazioni con le società estere collegate; tuttavia sono specificamente elencate nella norma di rango primario le ipotesi di riconoscimento di variazioni in diminuzione (comma 2).

 

Le indicazioni OCSE e il progetto BEPS

 

In sintesi, si ricorda che il progetto BEPS  - Base Emersion and Profit Shifting è stato avviato dall'Ocse nel 2013 e si inserisce nell'ambito dell'azione di contrasto alle politiche di pianificazione fiscale aggressiva. In particolare, mira a contrastare lo spostamento di base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità verso giurisdizioni con pressione fiscale bassa o nulla da parte delle imprese multinazionali, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale. Esso si basa su un Action Plan costituito da 15 keys.

Scopo del progetto è coadiuvare i governi nell'ottica di proteggere la base imponibile, offrendo certezza ai contribuenti e al contempo con lo scopo di evitare che la legge nazionale consenta fenomeni di doppia imposizione e restrizioni al legittimo esercizio di attività di natura transnazionale.

I Paesi del G20, riuniti a Brisbane nel novembre 2014, hanno fornito il proprio appoggio alle misure di contrasto all'evasione fiscale transfrontaliera, in particolare al Common Reporting Standard internazionale sullo scambio automatico di informazioni fiscali su base reciproca (AEOI), impegnandosi ad iniziare lo scambio informativo dal 2017 o 2018, in relazione al completamento del necessario iter legislativo.

Il 5 ottobre 2015 l'OCSE ha presentato il Rapporto finale del progetto BEPS: l'ammontare complessivo dell'erosione fiscale mondiale è stimato tra i 100 e i 240 miliardi di dollari all'anno, pari al 4-10% del totale delle imposte sulle società.

Il 23 maggio 2016 il Consiglio dell’OCSE ha approvato modifiche al document Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations (Transfer Pricing Guidelines), come emanate nel report del 2015 sulle azioni Actions 8-10 del progetto, dal titolo "Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation" e nel report del 2015 sulla Action 13 del progetto, dal titolo "Transfer Pricing Documentation and Country-by-Country Reporting". Dette modifiche intendono apportare ulteriore chiarezza e certezza giuridica sullo status delle modifiche BEPS alle linee guida in tema di transfer pricing, approvate dal Consiglio il 1° ottobre 2015, dai Ministri delle finanze del G20 l’8 Ottobre 2015 e dai leader del G20 il 15-16 Novembre 2015.

Si ricorda inoltre che la legge di stabilità 2016 ha introdotto l'obbligo per le società controllanti (residenti in Italia) di gruppi multinazionali di predisporre e presentare annualmente una rendicontazione paese per paese (Country-by-Country Reporting), che riporti l'ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e maturate, insieme con altri elementi indicatori di un'attività economica effettiva (articolo 1, commi 145 e 146, legge 208/2015), rimettendo a un successivo decreto del ministro dell'Economia e delle finanze il compito di dettare le relative disposizioni attuative. Il Dm 23 febbraio 2017, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'8 marzo 2017, stabilisce, appunto, le modalità, i termini, gli elementi e le condizioni per la trasmissione della predetta rendicontazione all'Agenzia delle entrate. In tal modo, il legislatore ha proseguito nel percorso di adeguamento dell'ordinamento interno al diritto europeo in materia di scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale nonché alle direttive emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). In particolare, rileva il predetto rapporto conclusivo Ocse sulla Action 13.

 

Con le modifiche apportate dal comma 1 viene adeguata alle indicazioni OCSE la formulazione dell'articolo 110, comma 7, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), norma che disciplina i metodi di calcolo dei prezzi di trasferimento infragruppo (cd. transfer pricing), ovvero le modalità di determinazione delle componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato con cui vi è un rapporto di controllo (più precisamente, che direttamente  o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa).

In particolare, le norme in esame dispongono che tali valori, se ne deriva un aumento del reddito, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, in luogo di utilizzare il previgente criterio del “valore normale” dei beni o dei servizi oggetto di tali operazioni.

 

Per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, il comma 2 del richiamato articolo 110 fa riferimento, ove non diversamente disposto, alle disposizioni dell'articolo 9 del TUIR; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data.

Il richiamato articolo 9 definisce “valore normale” il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore. Sono dettate specifiche norme per gli strumenti finanziari.

 

Sono così introdotti nella norma il riferimento al principio di libera concorrenza (c.d. arm's length principle, illustrato dalle citate Linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento) nella determinazione del valore delle operazioni delle imprese associate e la definizione di soggetti indipendenti (tratta dall’articolo 9 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni).

 

Per effetto delle modifiche in commento, tale disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni indicate dall'articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal successivo comma 2 delle norme in esame. Detto articolo 31-quater, come si vedrà dettagliatamente in seguito, disciplina casi in cui l’impresa può effettuare una rettifica in diminuzione del reddito a seguito di operazioni con società collegate estere.

Secondo la previgente formulazione del comma 7 invece, ove vi sia diminuzione del reddito continua ad applicarsi il criterio del valore normale, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. Inoltre, ai sensi della previgente disciplina il valore normale si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato, per conto delle quali l'impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti. Nella formulazione originaria, l’articolo 110, comma 7 affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di determinare, sulla base delle migliori pratiche internazionali,  le  linee  guida  per l'applicazione di tali norme.

 

Il comma 2, come anticipato, introduce l’articolo 31-quater al D.P.R.  n. 600 del 1973, che prevede i casi tassativi in cui possono essere riconosciute le variazioni in diminuzione del reddito derivanti dall'applicazione del principio di libera concorrenza, di cui al secondo periodo del modificato articolo 110, comma 7 TUIR.

Più in dettaglio, la rettifica in diminuzione può essere riconosciuta:

a)   in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi, ovvero dalla Convenzione 90/436/CE del 23 luglio 1990, relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili delle imprese associate;

b)  a conclusione dei controlli effettuati nell'ambito di attività di cooperazione internazionale i cui esiti siano condivisi dagli Stati partecipanti;

c)   a seguito di istanza da parte del contribuente, da presentarsi secondo le modalità e i termini la cui determinazione è affidata a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di  richiedere l'attivazione  delle  procedure amichevoli, ove ne ricorrano i presupposti.

 


 

Articolo 60
(Proventi da partecipazioni a società, enti o
OICR di dipendenti e amministratori)

 

 

L’articolo 60 reca la disciplina relativa al trattamento fiscale dei proventi derivanti dall'investimento effettuato in quote del capitale o del patrimonio di società e/o fondi di investimento (OICR), da parte di dipendenti, manager o gestori delle medesime entità (compresi i soggetti delegati alla gestione e quelli con funzioni di advisor).

 

Il comma 1 stabilisce che i proventi derivanti dalla partecipazione alle società, enti o agli organismi di investimento collettivo del risparmio (in costanza di partecipazione o in sede di riscatto, liquidazione e cessione delle quote) da parte di dipendenti e amministratori, costituiscano in ogni caso reddito di "capitale" o redditi "diversi", rispettivamente, ai sensi dell'articolo 44 e 67 del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917/1986), allorché: l'impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e amministratori comporti un esborsi effettivo pari ad almeno l'1% dell'investimento complessivo effettuato dall'Organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) o del patrimonio netto in caso di società o enti (lettera a); nel caso in cui i proventi delle azioni o quote maturino solo dopo che tutti i soci o partecipanti all'OICR abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito ad un rendimento minimo previsto dallo statuto, ovvero, in caso di cambio di controllo, a condizione che gli altri soci o partecipanti all'OICR abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito, e al rendimento minimo previsto (lettera b); le azioni, le quote e gli strumenti finanziari recanti i diritti patrimoniali "rafforzati" de quo siano detenuti dai soggetti in questione (dipendenti o amministratori) per un periodo non inferiore a 5 anni, oppure, se anticipato al citato limite, fino alla data di cambio di controllo del soggetto incaricato della gestione (lettera c). 

 

Gli strumenti finanziari di partecipazione al capitale dei fondi di investimento da parte di gestori e dipendenti, denominati carried interest, si associano ad una partecipazione agli utili proporzionalmente maggiore rispetto a quelli degli altri investitori, a ragione dell'assenza di diritti amministrativi, all'esistenza di temporanei vincoli alla trasferibilità, ovvero alla postergazione nella distribuzione degli utili, in quanto è normalmente stabilito che essi potranno assumere rilevanza concreta solo se gli investimenti daranno luogo a risultati economici al di sopra di determinate soglie. Le azioni, quote o strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati possono essere detenute anche da altri investitori, dalla stessa società di gestione o dai relativi soci. La finalità del carried interest è quella di allineare il più possibile gli interessi e i rischi dei gestori con quelli degli investitori, i quali normalmente richiedono che tali meccanismi vengano attivati. Per questo motivo i diritti patrimoniali "rafforzati" sono di norma accompagnati da condizioni e clausole che garantiscono un certo ritorno minimo agli altri investitori ed un differimento nel tempo della distribuzione degli utili a tali soggetti[84].

 

Ai commi 2 e 3  si prevede  che, ai fini della determinazione dell'esborso effettivo previsto dal comma 1, lettera a), utile per il raggiungimento della soglia minima complessiva di capitale (pari all'1% del capitale) nella titolarità di dipendenti e/o amministratori, ai fini della qualificazione dei relativi redditi, quali redditi di "capitale" o redditi "diversi", si debba tenere comunque conto anche dell'ammontare dei redditi eventualmente riconosciuti ai soggetti de quo, che siano però da assoggettarsi a tassazione quali redditi di "lavoro dipendente" (o assimilato) (articolo 49 e 52 T.U.I.R.) o di lavoro autonomo (articolo 53 del T.U.I.R.), nonché, nel caso si tratti di soggetti non residenti, dell'ammontare che sarebbe stato soggetto comunque a tassazione nel caso in cui i medesimi fossero stati residenti in Italia. (comma 2); inoltre,  ai fini indicati, si prevede che dovrà comunque tenersi conto anche dell'ammontare sottoscritto in azioni e quote che non sia stato espressamente associato al riconoscimento di diritti patrimoniali "rafforzati" (comma 3).

 

Il comma 4 prevede infine che le disposizioni previste dall'articolo si applichino solo ai proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), società o enti che siano comunque residenti o istituiti nel territorio dello Stato, ovvero, anche in quelli residenti in altri Stati,  ma a condizione che questi ultimi consentano un adeguato scambio di informazioni con le autorità italiane.

 

L'articolo 1, comma 1, lettera k), del decreto legislativo n. 58/1998, qualifica gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) come organismi con forma giuridica variabile che investono in strumenti finanziari o altre attività somme di denaro raccolte tra il pubblico di risparmiatori, operando secondo il principio della ripartizione dei rischi, identificando gli organismi di investimento collettivo del risparmio nei fondi comuni di investimento e nelle SICAV, cioè le società di investimento a capitale variabile. L'attività della gestione collettiva del risparmio è un servizio che si realizza attraverso: la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti; la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione, mediante l'investimento avente ad oggetto strumenti finanziari, crediti, o altri beni mobili o immobili (Capo II‑ter- Capo II‑quinquies del medesimo decreto legislativo).

 

Il comma 5 stabilisce che il trattamento fiscale previsto dal comma 1 si applicherà solo ai proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che siano corrisposti a decorrere dall'entrata in vigore del decreto.


 

Articolo 61
(Interventi per l’adeguamento delle infrastrutture della provincia di Belluno per eventi sportivi di sci alpino )

 

 

L'articolo 61 prevede una serie di interventi necessari per assicurare l'organizzazione degli eventi sportivi di sci alpino che si terranno a Cortina d'Ampezzo nel 2020 e nel 2021.

Si prevede la nomina di appositi commissari del Governo

§  per l’attuazione degli interventi relativi alla progettazione e realizzazione di nuovi impianti a fune, di piste di discesa e di opere connesse alla riqualificazione dell'area turistica della provincia di Belluno;

§  per la realizzazione degli interventi viari, ferroviari.

Sono altresì previste delle semplificazioni per l’iter di autorizzazione delle opere e vengono stanziate apposite risorse per il finanziamento degli interventi che saranno individuati in appositi piani predisposti dai commissari.

 

Il comma 1, al fine di organizzare gli eventi sportivi di sci alpino che si terranno a Cortina d'Ampezzo (finali di Coppa del Mondo di sci a marzo 2020 e i campionati mondiali di sci alpino "Cortina 2021"), prevede la nomina di un commissario con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il presidente della Regione Veneto, il presidente della provincia di Belluno, il sindaco del comune di Cortina d'Ampezzo.

Il commissario nominato ai sensi del comma 1 è chiamato a predisporre un piano di interventi con le seguenti finalità:

§  progettazione e realizzazione di nuovi impianti a fune nonché adeguamento e miglioramento di quelli esistenti;

§  progettazione e realizzazione di nuovi collegamenti (nonché adeguamento e miglioramento di quelli esistenti) tra gli impianti a fune, ivi compresi collegamenti viari diversi dalla viabilità statale;

§  progettazione e realizzazione di nuove piste di sci da discesa, nonché adeguamento e miglioramento di quelle esistenti;

§  progettazione e realizzazione di opere connesse alla riqualificazione turistica della provincia di Belluno, con particolare riguardo al comune di Cortina d'Ampezzo.

 

Riguardo al punto d), la norma ricomprende negli interventi per il settore turistico la creazione di infrastrutture e servizi destinati allo sport, alla ricreazione, al turismo sportivo, alle attività di somministrazione di alimenti e bevande e all'attività turistico-ricettiva. Al commissario non sono attribuiti compensi, gettoni di presenza o indennità comunque denominate e gli eventuali rimborsi delle spese sono posti a carico dei singoli interventi.

 

Per la promozione ed organizzazione dei Campionati mondiali di sci alpino che si svolgeranno a Cortina d’Ampezzo nell’anno 2021, nonché delle manifestazioni e delle gare di Coppa del mondo di sci alpino che potranno essere eventualmente assegnate a partire dalla stagione 2016/2017, organizzate presso la stessa località di Cortina d’Ampezzo, ivi comprese le finali di Coppa del mondo di sci alpino della stagione 2019-2020, sino alla data di svolgimento dei Campionati mondiali di sci alpino 2021, in data 30 dicembre 2015, è stata costituita la Fondazione “Cortina 2021”.

Con D.D. n. 26 del 5 settembre 2016 le è stata riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato.

In base allo Statuto, la Fondazione “Cortina 2021” non ha fini di lucro.

Sono membri fondatori ordinari la Federazione Italiana Sport Invernali, il comune di Cortina d’Ampezzo, la provincia di Belluno, nonché la Regione Veneto.

Sono membri fondatori onorari – e, dunque, non partecipano alla costituzione del patrimonio della Fondazione – il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (che partecipa esclusivamente per apportare le proprie conoscenze e competenze in ambito tecnico-sportivo nell’organizzazione di manifestazioni sportive) e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (che partecipa esclusivamente per apportare le proprie competenze in ambito politico-amministrativo e istituzionale)[85].

Il patrimonio iniziale è costituito dal fondo di dotazione iniziale costituito da Comune di Cortina d’Ampezzo, Provincia di Belluno e FISI, pari a € 50.000, di cui € 15.000 costituiscono il fondo patrimoniale di garanzia, e dall’apporto iniziale della Regione Veneto, pari a € 5.000.

Il fondo di gestione, da utilizzare per la realizzazione dello scopo della Fondazione, è costituito, in particolare, da un apporto iniziale della Regione Veneto di € 95.000, dalle risorse derivanti dal contratto con FIS per l’organizzazione dei Campionati mondiali di sci 2021, da rendite e proventi del patrimonio e delle attività della Fondazione.

Il fondo patrimoniale e il fondo di gestione possono essere incrementati, altresì, da contributi concessi dalla Federazione Internazionale di Sci, dalla Federazione Italiana Sport Invernali, dallo Stato, dal Comune di Cortina d’Ampezzo o da altri soggetti pubblici e privati, nonché da eventuali contributi o elargizioni dell’Unione europea o di organismi ed enti internazionali.

 

In base a quanto previsto dal comma 2, il commissario è tenuto a predisporre un piano degli interventi, previsti dalle lettere a)-d) sopra richiamate, entro trenta giorni dalla nomina. Il piano è predisposto nel limite delle risorse stanziate dal comma 12 (cfr. oltre) e tiene conto dei progetti già eventualmente approvati dagli enti territoriali interessati nonché delle risorse messe a disposizione dagli enti stessi e dal comitato organizzatore locale. Il piano è trasmesso dal commissario al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro per lo sport.

Il piano contiene: la descrizione di ogni singolo intervento, la durata e le stime dei costi. Viene fatta salva la possibile rimodulazione e integrazione nei limiti delle risorse disponibili.

 

Il comma 3 introduce alcune misure per assicurare la semplificazione delle procedure amministrative di approvazione dei progetti contenuti nel piano delle opere elaborato dal Commissario. In base alla legge sul procedimento amministrativo (in particolare: art. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990) viene posto in capo al Commissario la potestà di convocare la Conferenza di servizi a cui debbono prendere parte i diversi rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e degli enti tenuti ad esprimere atti di intesa, concerto o a rilasciare pareri, autorizzazioni, concessioni, approvazioni o nulla-osta. La Conferenza di servizi è convocata entro trenta giorni dalla trasmissione del piano degli interventi. Le eventuali modifiche al piano sono trasmesse senza indugio ai medesimi soggetti destinatari della prima trasmissione e sottoposti, entro i successivi dieci giorni, alla Conferenza di servizi medesima.

Il comma in questione, inoltre, prevede un dimezzamento dei termini previsti e richiama per il Commissario la possibilità di ricorrere alla cosiddetta Conferenza di servizi simultanea di cui all’articolo 14-ter, della legge n. 241 del 1990: la Conferenza si svolge in maniera simultanea e sincrona - in sede unificata se del caso - alla Conferenza che si occupa della valutazione di impatto ambientale. Riguardo alla conferenza simultanea, è individuato nel commissario il soggetto con funzioni di rappresentanza previsto dal comma 4 del medesimo articolo 14-ter.

Si ricorda che il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 ha interamente riscritto la disciplina gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990 concernenti la conferenza di servizi. La nuova disciplina distingue due modelli di conferenza decisoria, caratterizzati da diverse modalità di svolgimento: la conferenza cd. semplificata, in modalità "asincrona", che rappresenta la modalità ordinaria di conferenza; la conferenza cd. simultanea ed in modalità sincrona (con riunione), secondo il procedimento delineato dall'art. 14-ter della L. n. 241/1990. Tale modalità si svolge nei soli casi indicati dalla legge. In particolare, l'amministrazione procedente può convocare direttamente la conferenza simultanea ove necessario, nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, ovvero può procedere su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato (art. 14-bis, co. 7). Fuori da tali ipotesi, la conferenza si svolge in modalità simultanea qualora, in sede di conferenza semplificata, l'amministrazione procedente ha acquisito atti di assenso o dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale (art. 14-bis, co. 6).

In particolare, ai sensi dell'art. 14-ter, comma 4, in caso di partecipazione alla conferenza di amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, le singole amministrazioni statali potendo comunque intervenire ai lavori in funzione di supporto. Ai sensi dell'articolo 14-quinquies, comma 1, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini, prima della conclusione dei lavori della conferenza, possono esprimere (entro 10 giorni dalla comunicazione relativa alla determinazione motivata di conclusione della conferenza) al suddetto rappresentante il proprio dissenso al fine di proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

All'esito della Conferenza, il piano è approvato con decreto del commissario. Il decreto (ed ogni eventuale sua modifica ed integrazione) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e sui siti internet del MIT, del Ministro dello sport, del comitato organizzatore. Il decreto sostituisce ogni parere, valutazione, autorizzazione o permesso e può costituire adozione della variante dello strumento urbanistico comunale. Qualora il decreto costituisca variante urbanistica e in sede di Conferenza la Regione abbia già espresso il proprio parere positivo, il decreto stesso è inviato al sindaco interessato per l'approvazione da parte del consiglio comunale alla prima seduta utile (comma 4).

Per le varianti agli strumenti urbanistici la procedura di approvazione è la stessa di quella con cui sono stati approvati gli strumenti originari. La legge urbanistica nazionale lo prevede espressamente sia per il piano regolare (art. 10, comma 9), sia per i piani attuativi (art. 16, comma 11, per i piani particolareggiati). Sulla materia sono successivamente intervenute le diverse legislazioni regionali in materia di governo del territorio e ulteriori disposizioni statali, che hanno attribuito il carattere di variante agli strumenti urbanistici a strumenti diversi quali, a titolo esemplificativo, l’approvazione di progetti di opere pubbliche, l’accordo di programma, il rilascio di titoli autorizzatori. La normativa vigente già prevede che l'esito della conferenza di servizi possa comportare la variazione dello strumento urbanistico all’articolo 8 del regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, di cui al D.P.R. 160/2010, che disciplina i casi in cui, nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, l'interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi, in seduta pubblica; in tal caso, ove sussista l'assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile.

Si fa presente, inoltre, che l’articolo 10 del testo unico sugli espropri (D.P.R. 327/2001) dispone, se la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, che il vincolo preordinato all'esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su richiesta dell'interessato, ovvero su iniziativa dell'amministrazione competente all'approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.

 

Il comma 5 conferisce al Commissario l'esercizio di poteri sostitutivi per risolvere situazioni ostative alla realizzazione degli interventi contenuti nel piano delle opere da realizzare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e della normativa dell'Unione europea e degli obblighi internazionali, nonché nei limiti delle risorse stanziate. Tali poteri possono essere esercitati "anche" attraverso l'emanazione di ordinanza urgente e contingibile, analiticamente motivata, immediatamente efficace. Tali poteri possono essere esercitati nei limiti di quanto strettamente necessario e negli ulteriori limiti previamente fissati con delibera del Consiglio dei ministri, sentito il presidente della Regione Veneto.

In base a quanto previsto dal comma 6, gli interventi, una volta sottoposti a collaudo tecnico, dovranno essere comunque realizzati entro il 31 dicembre 2019. Le eventuali opere, connesse (materialmente o sul piano finanziario) agli interventi previsti dal piano, che non siano strettamente necessarie allo svolgimento degli eventi sportivi, possono essere ultimate oltre il suddetto termine ma devono essere necessariamente indicate nel piano stesso.

Ai sensi del comma 7, gli interventi previsti dal piano, come approvato, sono:

§  dichiarati di pubblica utilità e urgenza;

§  qualificati come interventi di preminente interesse nazionale;

§  inseriti automaticamente nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro, ai fini dell'armonizzazione con le iniziative ivi previste e per l'individuazione delle priorità.

 

Il comma 8 reca norme sui poteri del commissario. In particolare il commissario può:

§  affidare ad altri soggetti, mediante convenzione, le funzioni di stazione appaltante, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 37, 38 e 39 del Codice degli appalti (d.lgs. n. 50 del 2016);

 

Gli articoli 37 e 38 del Codice dettano disposizioni finalizzate alla centralizzazione delle committenze e alla qualificazione delle stazioni appaltanti. Essi prevedono l’istituzione, presso l'ANAC, di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate (in rapporto alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo) di cui fanno parte anche le centrali di committenza (art. 38) e modalità di acquisizione di forniture e servizi differenziate, in particolare per classi di importo e per possesso o meno della qualificazione (art. 37). Sono, altresì, individuati i compiti delle centrali di committenza e disciplinata l’esecuzione congiunta di appalti e concessioni da parte di due o più stazioni appaltanti che si “uniscono” per ottenere, in via cumulativa, la necessaria qualificazione. Per quanto riguarda il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, lo stesso articolo 38 stabilisce che la qualificazione è conseguita in rapporto alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d'importo e ha durata quinquennale. L'articolo 39 dispone che le attività di committenza ausiliarie possono essere affidate a centrali di committenza di cui all'art. 38.

 

§  fare ricorso alle procedure di scelta del contraente, anche semplificate, previste dagli articoli 59 e seguenti del Codice degli appalti;

 

Gli articoli da 59 a 65 del Codice recano le procedure di scelta per il contraente nei settori ordinari. Tali norme disciplinano la scelta delle procedure (articolo 59), la procedura aperta (articolo 60), la procedura ristretta (articolo 61), la procedura competitiva con negoziazione (articolo 62), l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara (articolo 63), la disciplina del dialogo competitivo (articolo 64) e del partenariato per l'innovazione (articolo 65).

 

§  fare ricorso alle forme di partenariato pubblico privato previste dagli articoli 180 e seguenti del Codice;

 

La definizione del contratto di partenariato pubblico privato è riportata  nella lettera eee) dell’articolo 3. Ai sensi di tale lettera eee), è un contratto di PPP un “contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell'operatore”. L'articolo 180 reca la disciplina del PPP; in particolare, il comma 8 provvede a identificare, infine, le tipologie di contratti che rientrano nell’ambito del PPP. Si rammenta solamente che l’articolo 181 prevede che la scelta dell' operatore economico nei contratti di PPP avviene con procedure ad evidenza pubblica, anche mediante dialogo competitivo, e che, fatta eccezione per i casi di affidamento aventi ad oggetto anche l'attività di progettazione, si provvede all'affidamento dei contratti ponendo a base di gara il progetto definitivo e uno schema di contratto e di piano economico finanziario che disciplinino l'allocazione dei rischi tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico.

 

§  individuare il responsabile del procedimento tra persone in rapporto di servizio con gli enti territoriali coinvolti e dotate di adeguata professionalità.

 

Il medesimo comma 8 dà facoltà al Commissario di affidare specifiche funzioni a soggetti di alta e riconosciuta professionalità nelle discipline giuridico-economiche e ingegneristiche. Il conferimento delle funzioni è operato con atto motivato e nel rispetto della disciplina prevista per l'affidamento di appalti di servizi recata dal Codice degli appalti. Per quanto concerne i compensi di tali esperti viene autorizzata la spesa massima di 200.000 euro l'anno, entro le risorse disponibili. 

 

Il comma 9 stabilisce che il commissario cessa dalle sue funzioni alla consegna delle opere previste nel piano.

Posto che il comma 6 fa riferimento sia ad opere da completare entro il 2019, sia ad eventuali ulteriori opere connesse agli interventi previsti dal piano, non strettamente necessarie allo svolgimento degli eventi sportivi e che possono essere ultimate oltre il suddetto termine - dovendo essere però anche queste necessariamente indicate nel piano - occorre chiarire a quali opere si faccia riferimento per la cessazione delle funzioni del Commissario.

 

Il comma 10 pone in capo al commissario l'obbligo di inviare alle Camere, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dello sport una relazione sulle attività corredata dalla rendicontazione delle spese sostenute, con cadenza annuale e al termine dell'incarico.

 

Il comma 11 stabilisce che gli enti territoriali coinvolti, previa intesa, mettano a disposizione del commissario locali e risorse umane e strumentali necessari per lo svolgimento delle attività, nei limiti di quanto previsto a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 12, infine, autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2017, di 10 milioni per ciascuno degli anni 2018-2020, di 5 milioni per il 2021 per la realizzazione degli interventi. Alla copertura dell'onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento per il 2017 del Fondo speciale di conto capitale relativo al MEF. Al commissario non sono attribuiti compensi, gettoni di presenza o indennità comunque denominate e gli eventuali rimborsi delle spese sono posti a carico dei singoli interventi. Tali risorse finanziarie si andranno ad aggiungere a quelle rese disponibili dal comitato organizzatore dell'evento, dal fondo dei comuni di confine, dalla Regione Veneto, dalla provincia di Belluno e dal Comune di Cortina d'Ampezzo.

 

Il comma 13, al fine di potenziare le infrastrutture legate alla viabilità stradale nella provincia di Belluno, conferisce al presidente pro tempore dell'Anas S.p.A. l’incarico di commissario del Governo per la realizzazione delle opere di competenza, nel suddetto territorio, della società stessa. Al commissario non sono attribuiti compensi, gettoni di presenza o indennità comunque denominate e gli eventuali rimborsi delle spese sono posti a carico dei singoli interventi.

 

Il comma 14 precisa che il commissario potrà avvalersi non solo delle strutture di Anas S.p.A., ma anche delle strutture delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e degli enti territoriali interessati. Viene inoltre inserita una clausola di invarianza finanziaria.

 

Il comma 15 affida il compito al Commissario di predisporre, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame, un piano di tutti gli interventi necessari all'adeguamento della rete viaria con:

§  la descrizione dei singoli interventi;

§  la durata degli interventi stessi;

§  la menzione delle singole stime di costo, fatte salve eventuali rimodulazioni e comunque nel limite delle risorse previste.

Tale piano, approntato nel limite delle risorse fissate dal comma 23 (cfr. oltre), dovrà essere trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per lo sport.

 

Il comma 16 stabilisce l'applicabilità delle procedure di semplificazione stabilite dai commi 3 e 4 in relazione al piano di adeguamento degli impianti e della riqualificazione turistica (cfr. sopra). Il comma 17, in analogia a quanto previsto nei commi precedenti per il piano di adeguamento degli impianti sportivi e di riqualificazione turistica, stabilisce che il piano degli interventi per la rete viaria sia approvato con decreto del commissario all'esito della Conferenza di servizi.

Quanto alla pubblicità del piano, i decreti di approvazione del commissario dovranno essere pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e sui siti internet del MIT, del Ministro dello sport e di ANAS S.p.a. (comma 17).

 

Il comma 18 richiama il precedente comma 5 nel conferire al Commissario l'esercizio di poteri sostitutivi per risolvere situazioni ostative alla realizzazione degli interventi contenuti nel piano delle opere da realizzare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e della normativa dell'Unione europea e degli obblighi internazionali, nonché nei limiti delle risorse stanziate.

Ai sensi del comma 19, la Società ANAS svolge le funzioni di stazione appaltante ed è individuata quale soggetto attuatore degli interventi.

Ai sensi del comma 20, gli interventi previsti dal piano, come approvato, sono:

§  dichiarati di pubblica utilità e urgenza;

§  qualificati come interventi di preminente interesse nazionale;

§  inseriti automaticamente nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro, ai fini dell'armonizzazione con le iniziative ivi previste e per l'individuazione delle priorità.

 

Il commissario cessa dalle funzioni con la consegna delle opere previste dal piano. La consegna dovrà avvenire, svolto il collaudo tecnico, entro il 31 dicembre 2019 (comma 21).

 

Il comma 22 pone in capo al commissario l'obbligo di inviare alle Camere, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro per lo sport una relazione sulle attività corredata dalla rendicontazione delle spese sostenute, con cadenza annuale e al termine dell'incarico e comunque (a differenza di quanto previsto dal comma 10) non oltre il termine del 30 giugno 2020.

 

Per quanto attiene alle risorse finanziarie, il comma 23 rinvia alle risorse già autorizzate dall'articolo 1, comma 604, della legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016). Tale comma  prevede  lo  stanziamento di 20 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021, al fine di finanziarie i lavori di adeguamento  della rete viaria in vista degli eventi sportivi in oggetto. Al fine di assicurare un rapido utilizzo delle risorse finanziarie per fronteggiare le eventuali temporanee esigenze finanziarie, consente al Commissario di provvedere, in via di anticipazione, sulle risorse del fondo relativo alle risorse iscritte nel bilancio dello Stato a qualunque titolo destinate all'ANAS S.p.a.

Il fondo è stato istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dall'articolo 1, comma 868, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 208 del 2015). Tale comma dispone la confluenza delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato, a qualunque titolo destinate all'ANAS Spa, in un apposito fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Ai sensi del successivo comma 869, le risorse del fondo confluiscono sul conto di tesoreria intestato all'ANAS Spa, in quanto società a totale partecipazione pubblica, entro il decimo giorno di ciascun trimestre sulla base delle previsioni di spesa.

 

Il comma 24 stabilisce che le stazioni appaltanti sono competenti per le procedure espropriative e di occupazione di urgenza nel territorio della Regione Veneto nel quadro degli interventi previsti dall'articolo in esame. La disposizione si riferisce, quindi, sia alle stazioni appaltanti che hanno stipulato apposita convenzione, ai sensi del comma 8, in relazione agli interventi previsti dal piano su impianti sportivi e riqualificazione turistica, sia all'ANAS individuata dal comma 19 quale soggetto che svolge funzioni di stazione appaltante. Tali soggetti possono quindi procedere all'occupazione temporanea e d'urgenza (qualora si verifichino i presupposti) di immobili di proprietà privata attigui a quelli essenziali per la realizzazione degli interventi. L'occupazione dovrà rendersi necessaria per integrare le finalità delle infrastrutture e degli impianti ovvero soddisfarne le esigenze future, prevedibili e ragionevoli, anche ai fini della realizzazione di infrastrutture temporanee ovvero per l'allestimento di impianti destinati allo svolgimento delle attività sportive.

Le stazioni appaltanti esercitano tale facoltà mediante decreto, con il quale si determina anche, in via provvisoria, l'indennità di occupazione spettante a proprietari ai sensi dell'articolo 50 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica (D.P.R. n. 327 del 2001). 

L'art. 50 prevede che, nel caso di occupazione di un'area, è dovuta al proprietario una indennità per ogni anno pari ad un dodicesimo di quanto sarebbe dovuto nel caso di esproprio dell'area e, per ogni mese o frazione di mese, una indennità pari ad un dodicesimo di quella annua. Per la determinazione dell'indennità definitiva decide, ai sensi dell'articolo 41 dello stesso T.U. la commissione all'uopo costituita, in ogni provincia, dalle Regioni.

 

Sono quindi dettate, dal medesimo comma 24, alcune disposizioni di carattere procedurale:

§  l'avviso contenente l'indicazione del luogo, del giorno, della data e dell'ora in cui è prevista l'esecuzione del decreto di occupazione temporanea è notificato ai proprietari (secondo le risultanza catastali) almeno 15 giorni prima;

Si ricorda che la disciplina in materia di espropriazione per pubblica utilità, contenuta nel T.U. di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, prevede  in materia di partecipazione degli interessati, all'art. 11 che al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio vada inviato l'avviso dell'avvio del procedimento: nel caso di adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica, almeno venti giorni prima della delibera del consiglio comunale; b) nei casi di vincoli derivanti da atti diversi dai piani urbanistici generali previsti, almeno venti giorni prima dell'emanazione dell'atto se ciò risulti compatibile con le esigenze di celerità del procedimento. Inoltre, si prevede che l'avviso di avvio del procedimento è comunicato personalmente agli interessati alle singole opere previste dal piano o dal progetto e che, allorché il numero dei destinatari sia superiore a 50, la comunicazione è effettuata mediante pubblico avviso, da affiggere all'albo pretorio dei Comuni nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo, nonché su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale e, ove istituito, sul sito informatico della Regione o Provincia autonoma nel cui territorio ricadono gli immobili da assoggettare al vincolo, avviso che deve precisare dove e con quali modalità può essere consultato il piano o il progetto. Gli interessati possono formulare entro i successivi trenta giorni osservazioni che vengono valutate dall'autorità espropriante ai fini delle definitive determinazioni.

§  lo stesso avviso è pubblicato, entro lo stesso termine, nell'albo del comune (o dei comuni) e nel sito istituzionale dell'ente (o degli enti) in cui è situato l'immobile per almeno 15 giorni;

§  in caso di irreperibilità del proprietario la pubblicazione ha valore di avvenuta notifica;

§  le indennità fanno carico alle stazioni appaltanti nella misura accertata definitivamente all'esito delle controversie giudiziarie.

 

Al termine delle manifestazioni sportive le opere relative agli impianti a fune, alle piste da sci e alla riqualificazione turistica della provincia di Belluno rimangono nel patrimonio della Regione Veneto ovvero degli altri enti locali territorialmente competenti; le opere relative all'adeguamento viario rimangono acquisite al patrimonio di ANAS (comma 25).

Il comma 26 stabilisce che le imprese affidatarie dei lavori siano tenute a costituire una garanzia pari al 20% dell'importo dei lavori (ulteriore rispetto a quanto previsto dal Codice degli appalti), destinata a garantirne l'ultimazione secondo quanto stabilito nel bando e comunque non oltre il 31 dicembre 2019. 

 

Si ricorda che gli articoli 103 e 104 del Codice degli appalti intervengono sul sistema delle garanzie nell’esecuzione dei contratti pubblici.

In particolare, l’articolo 103, prevede:

§  la costituzione di una garanzia fideiussoria, pari al 10 per cento dell'importo contrattuale, che è progressivamente svincolata a misura dell’avanzamento dell’esecuzione, nel limite massimo dell’80% dell’iniziale importo garantito. Tale svincolo automatico si applica anche agli appalti di forniture e servizi;

§  la costituzione anche di una polizza di assicurazione che copra i danni subiti dalle stazioni appaltanti a causa del danneggiamento o della distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso dell'esecuzione dei lavori;

§  per i lavori di importo superiore al doppio della soglia di rilevanza di cui all'articolo 35, la stipula di una polizza indennitaria decennale a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell'opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi.

L’articolo 104 reca ulteriori disposizioni per gli appalti di sola esecuzione di ammontare a base d'asta superiore a 100 milioni di euro, che prevede una garanzia dell'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, denominata "garanzia di buon adempimento" e una garanzia di conclusione dell'opera nei casi di risoluzione del contratto previsti dal codice civile e dal presente codice, denominata "garanzia per la risoluzione".

 

Il comma 27 interviene in materia di controversie. Vi si prevede l'applicazione delle disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche previste dall'articolo 125 del Codice del processo amministrativo (Allegato 1 al d.l.gs. n. 104 del 2010). Le controversie sono devolute alla competenza del TAR del Lazio, sede di Roma e riguardano l'approvazione dei piani, le procedure di espropriazione (esclusa la determinazione delle indennità) le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi.

Si ricorda, in particolare, che l'art. 125, in vigore dal 8 dicembre 2011, recante Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche, stabilisce che nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, oltre alle disposizioni del Capo in parola, con esclusione dell'articolo 122, si applicano le norme previste (comma 1). In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure (comma 2). La disciplina prevede, ferme le norme richiamate, che al di fuori dei casi contemplati la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente, specificandosi poi le relative controversie cui si applica l'articolo 34, comma 3, in base al quale quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori (commi 3 e 4). Si ricorda che la disciplina concernente le infrastrutture strategiche è stata abrogata dal Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

 


 

Articolo 62
(Costruzione di impianti sportivi)

 

 

L’articolo 62 interviene sulla disciplina della costruzione di impianti sportivi dettata dal comma 304 della legge di stabilità 2014 al fine di:

§  prevedere che lo studio di fattibilità: possa ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d'uso diverse da quella sportiva, che siano complementari ovvero funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell'impianto; possa prevedere, tra l’altro, la demolizione  e ricostruzione dell’impianto, anche con diverse volumetria e sagoma (comma 1);

§  prevedere che il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale (comma 2);

§  stabilire il necessario possesso da parte della società o associazione sportiva dei requisiti di partecipazione previsti nel codice degli appalti in materia di finanza di progetto, associando o consorziando altri soggetti (comma 4).

Specifiche disposizioni riguardano gli  impianti pubblici omologati per una capienza superiore a 20.000 posti, allo scopo di prevedere in tal caso che l'occupazione di suolo pubblico per attività commerciali possa essere consentita solo all'associazione o alla società sportiva utilizzatrice dello stadio (comma 3) e applicare alle controversie l'articolo 125 del codice del processo amministrativo, relativo alle infrastrutture strategiche (comma 5).

 

Il comma 1 interviene sull'ambito di applicazione della disciplina dettata in materia di studio di fattibilità di cui all'articolo 1, comma 304, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), prevedendo che tale studio di fattibilità possa ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d'uso diverse da quella sportiva, che siano complementari ovvero funzionali al finanziamento e alla fruibilità dell'impianto.

 

Andrebbe valutata, in generale, l’opportunità di coordinare la disciplina, introdotta dall’articolo in esame, con quella dettata dai commi 304 e 305 della legge di stabilità 2014, che non vengono abrogati né novellati dalle disposizioni in commento.

In particolare, tale coordinamento appare necessario con riferimento ai contenuti dello studio di fattibilità, atteso che il primo periodo del comma 1 consente di ricomprendere anche la costruzione di immobili con destinazioni d’uso diverse da quella sportiva , mentre la lettera a) del comma 304 esclude comunque la realizzazione di nuovi complessi residenziali.

Si ricorda che i commi 304-305 della legge di stabilità 2014 hanno introdotto una specifica procedura per la realizzazione e l’ammodernamento degli impianti sportivi, nonché per assicurare l’equilibrio economico-finanziario degli interventi. E' delineata una procedura articolata, in estrema sintesi, nelle seguenti fasi: presentazione di uno studio di fattibilità (Sdf), corredato da un piano economico-finanziario (PEF) e dall’accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici dell’impianto in via prevalente; convocazione di una conferenza di servizi preliminare sullo Sdf da parte del comune, al fine di dichiarare, entro il termine di 90 giorni dalla sua presentazione, l’eventuale pubblico interesse della proposta motivando l’eventuale non rispetto della realizzazione prioritaria mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate; nel caso di esito positivo della fase preliminare, presentazione del progetto definitivo al comune da parte del soggetto proponente. Il comune convoca una conferenza di servizi decisoria con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti e la procedura deve concludersi entro 120 giorni dalla presentazione del progetto. Nel caso in cui il progetto determini la necessità di interventi regionali, la conferenza di servizi è convocata dalla regione e la relativa procedura deve concludersi entro 180 giorni dalla presentazione del progetto.

In particolare, il richiamato comma 304 della legge di stabilità 2014 ha introdotto una disciplina in materia di impianti omologati per un numero di posti pari o superiore a 500 al coperto o a 2.000 allo scoperto, finalizzata a consentire, il più efficace utilizzo, in via non esclusiva, delle risorse del Fondo di garanzia[86] (di cui all'art. 90, comma 12, della L. 289/2002) nonché a favorire l'ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento. La lettera a) - richiamata dalla norma qui in esame - ha previsto che il soggetto che intende realizzare l'intervento presenti al comune interessato uno studio di fattibilità, a valere quale progetto preliminare, e corredato di un piano economico-finanziario e dell'accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici in via prevalente. In base alla disposizione richiamata, lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale. Il comune, previa conferenza di servizi preliminare convocata su istanza dell'interessato in ordine allo studio di fattibilità, ove ne valuti positivamente la rispondenza, dichiara, entro il termine di novanta giorni dalla presentazione dello studio medesimo, il pubblico interesse della proposta, motivando l'eventuale mancato rispetto delle priorità di cui al comma 305 ed eventualmente indicando le condizioni necessarie per ottenere i successivi atti di assenso sul progetto.

 

In base alla disposizione in esame, tale studio può prevedere:

§  la demolizione dell'impianto da dismettere;

§  la sua demolizione e ricostruzione, prevedendosi che questa possa avvenire anche con diverse volumetria e sagoma; in base a tale previsione, ciò avviene ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lett. d) e f), del T.U. in materia edilizia, rispettivamente relative a "interventi di ristrutturazione edilizia" e a "interventi di ristrutturazione urbanistica".

Si ricorda che, ai sensi delle citate disposizioni del testo unico dell'edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), si intendono per:

- "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili vincolati ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente (lettera d);

Al riguardo, appare opportuno richiamare come la giurisprudenza amministrativa abbia di recente ribadito come l'art. 3, comma 1, lett. d), del T.U. dell'edilizia riconduca la nozione di ristrutturazione edilizia alla finalità di recupero del patrimonio esistente: per cui, nei casi in cui ricorra la demolizione parziale o totale dell'edificio, la ricostruzione che voglia ascriversi nelle ipotesi di ristrutturazione edilizia deve rispettare le linee essenziali della sagoma; l'identità della complessiva volumetria del fabbricato, e la copertura dell'area di sedime, senza alcuna variazione rispetto all'originario edificio. Qualora tali parametri non risultino rispettati, l'intervento deve essere qualificato come nuova costruzione e sottoposto alla disciplina prevista in materia di nuove edificazioni (Cons. Stato Sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1433).

Gli interventi di ristrutturazione edilizia “che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” sono assoggettati a permesso di costruire o alla c.d. super-SCIA (SCIA alternativa al permesso di costruire), ai sensi, rispettivamente, dell’art. 10, comma 1, lettera c), e dell’art. 23, comma 01, lettera a), del T.U. edilizia. Tali interventi sono qualificati – dalla sezione II (Edilizia) della tabella A allegata al D.Lgs. 222/2016 (c.d. decreto SCIA2) – come interventi di ristrutturazione edilizia pesante.

La stessa sezione II (Edilizia) della tabella A allegata al D.Lgs. 222/2016 utilizza invece l’espressione di “interventi di ristrutturazione edilizia c.d. semplice o leggera” nei casi in cui siano rispettati tutti i requisiti dettati dalla definizione di “ristrutturazione edilizia” dettata dall’art. 3, comma 1, lettera d), del T.U. in materia edilizia (v. supra). Per tali interventi, in base a quanto stabilito dall’art. 22, comma 1, lettera c), del T.U. edilizia, è sufficiente la presentazione della SCIA.

- "interventi di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale (lettera f).

Per quanto riguarda il titolo abilitativo richiesto per gli interventi di ristrutturazione urbanistica, si ricorda che per la loro realizzazione è necessario il permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera b), del T.U. edilizia. In alternativa al permesso di costruire è possibile presentare la c.d. super-SCIA, ma solo in presenza delle condizioni dettate dall’art. 23, comma 01, lettera b), del medesimo testo unico. Tale disposizione prevede infatti che gli interventi di ristrutturazione urbanistica siano eseguibili mediante super-SCIA qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti.

 

§  la sua riconversione o riutilizzazione.

 

Laddove si tratti di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, si prevede la possibilità che lo studio di fattibilità contempli la cessione a titolo oneroso del diritto di superficie o del diritto di usufrutto dell'impianto sportivo nonché di altri immobili di proprietà della pubblica amministrazione per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa.

Al riguardo, si stabilisce che il diritto di superficie e il diritto di usufrutto non possono avere durata superiore a quella della concessione come disciplinata dal nuovo Codice degli appalti, e comunque non possono essere ceduti, rispettivamente, per più di novanta anni e trenta anni.

Si ricorda che l'articolo 168 del D.Lgs. 50/2016, prevede che la durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando di gara dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario, ed è commisurata al valore della concessione nonché alla complessità organizzativa dell'oggetto della stessa. In particolare, poi, il comma 2 - richiamato dalla norma in esame - dispone che la durata massima della concessione non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione.

Si ricorda che il diritto di superficie è un diritto reale di godimento che consiste nell'edificare e mantenere una costruzione al di sopra (o al di sotto) di un fondo di proprietà altrui e di acquistarne la proprietà della costruzione o dell'opera (all'articolo 952 c.c.), mentre il diritto di usufrutto è un diritto reale di godimento che assicura ad un soggetto (l'usufruttuario) il diritto di utilizzare e godere di bene che è di proprietà altrui (l'art. 981 c.c.). In base alle disposizioni civilistiche, l'usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trent'anni (art. 979 c.c.). In relazione al diritto di superficie, le norme civilistiche dispongono che se la costituzione del diritto sia stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione (art. 953 c.c.).

 

Il comma 2 reca disposizioni in materia di conferenza di servizi decisoria di cui all'articolo 1, comma 304, lettera b), della legge di stabilità 2014, prevedendo che questa si svolga in forma simultanea, in modalità sincrona e, se del caso, in sede unificata a quella avente a oggetto la valutazione di impatto ambientale.

Si ricorda che la lettera b) della disposizione richiamata di cui all'articolo 1, comma 304, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 dispone che - sulla base dell'approvazione del progetto di fattibilità di cui alla lettera a), il soggetto proponente presenta al comune il progetto definitivo. Il comune, previa conferenza di servizi decisoria, alla quale sono chiamati a partecipare tutti i soggetti ordinariamente titolari di competenze in ordine al progetto presentato e che può richiedere al proponente modifiche al progetto strettamente necessarie, delibera in via definitiva sul progetto; la procedura deve concludersi entro centoventi giorni dalla presentazione del progetto. Ove il progetto comporti atti di competenza regionale, la conferenza di servizi è convocata dalla regione, che delibera entro centottanta giorni dalla presentazione del progetto. Il provvedimento finale sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell'opera e determina la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell'opera medesima.

Il D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127 ha interamente riscritto la disciplina gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990 concernenti la conferenza di servizi. La nuova disciplina distingue due modelli di conferenza decisoria, caratterizzati da diverse modalità di svolgimento: la conferenza cd. semplificata, in modalità "asincrona", che rappresenta la modalità ordinaria di conferenza; la conferenza cd. simultanea ed in modalità sincrona (con riunione), secondo il procedimento delineato dall'art. 14-ter della L. 241/1990. Tale modalità si svolge nei soli casi indicati dalla legge. In particolare, l'amministrazione procedente può convocare direttamente la conferenza simultanea ove necessario, nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, ovvero può procedere su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato (art. 14-bis, co. 7). Fuori da tali ipotesi, la conferenza si svolge in modalità simultanea qualora, in sede di conferenza semplificata, l'amministrazione procedente ha acquisito atti di assenso o dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale (art. 14-bis, co. 6).

Si ricorda, inoltre, che è attualmente all'esame del Parlamento per l'espressione del parere parlamentare l'A.G. n. 401, che reca la nuova disciplina in materia di VIA, prevedendo, tra l'altro, all'art. 16 una procedura di VIA statale alternativa a quella delineata dagli artt. 12-14 dello schema medesimo, che consente di concentrare in un unico provvedimento, il "provvedimento unico in materia ambientale", tutti i titoli abilitativi o autorizzativi necessari per la realizzazione del progetto, utilizzando lo strumento della conferenza di servizi decisoria.

 

La norma in esame stabilisce che il verbale conclusivo può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale. In tale ipotesi, ove sussista l'assenso della Regione espresso in sede di conferenza, si prevede la trasmissione del verbale al Sindaco che lo sottopone all'approvazione del Consiglio comunale nella prima seduta utile.

In relazione alle varianti agli strumenti urbanistici la procedura di approvazione è in generale la stessa di quella con cui sono stati approvati gli strumenti originari. La legge urbanistica nazionale (legge 1150/1942) lo prevede espressamente sia per il piano regolare (art. 10, comma 9), sia per i piani attuativi (art. 16, comma 11, per i piani particolareggiati).

Sulla materia sono successivamente intervenute le diverse legislazioni regionali in materia di governo del territorio e ulteriori disposizioni statali, che hanno attribuito il carattere di variante agli strumenti urbanistici a strumenti diversi quali, a titolo esemplificativo, l’approvazione di progetti di opere pubbliche, l’accordo di programma, il rilascio di titoli autorizzatori.

La normativa vigente già prevede che l'esito della conferenza di servizi possa comportare la variazione dello strumento urbanistico all’articolo 8 del regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, di cui al D.P.R. 160/2010, che disciplina i casi in cui, nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, l'interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi in seduta pubblica. Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, con una norma identica a quella in esame, ove sussista l'assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile.

Si fa presente, inoltre, che l’articolo 10 del testo unico sugli espropri (D.P.R. 327/2001) prevede, se la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità non è prevista dal piano urbanistico generale, che il vincolo preordinato all'esproprio può essere disposto, ove espressamente se ne dia atto, su richiesta dell'interessato, ovvero su iniziativa dell'amministrazione competente all'approvazione del progetto, mediante una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.

 

Il comma 3 disciplina la fattispecie di impianti pubblici omologati per una capienza superiore a 20.000 posti, prevedendo che in tal caso lo studio di fattibilità, possa prevedere che, a far tempo da cinque ore prima dell'inizio delle gare ufficiali e fino a tre ore dopo la loro conclusione, entro 300 metri dal perimetro dell'area riservata, l'occupazione di suolo pubblico per attività commerciali sia consentita solo all'associazione o alla società sportiva utilizzatrice dello stadio (facendosi qui riferimento specificamente a 'stadio' anziché ad 'impianti'). In tal caso, le autorizzazioni e concessioni di occupazione di suolo pubblico già rilasciate all'interno di dette aree restano sospese nella stessa giornata e per lo stesso periodo di tempo, con oneri indennizzatori a carico della società sportiva utilizzatrice dell'impianto sportivo; vengono fatti salvi diversi accordi tra il titolare e la medesima società sportiva.

 

Il comma 4 stabilisce che, in relazione agli interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, di cui all'articolo 1, comma 304, lettera d), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la società o l'associazione sportiva di cui al comma 1 della norma in esame deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dall'articolo 183, comma 8, del nuovo codice degli appalti, in materia di finanza di progetto, associando o consorziando altri soggetti.

Si ricorda che, in base alla indicata lettera d), della L. 147/2013, in caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, il progetto approvato è fatto oggetto di idonea procedura di evidenza pubblica, da concludersi comunque entro novanta giorni dalla sua approvazione. Alla gara è invitato anche il soggetto proponente, che assume la denominazione di promotore. Il bando specifica che il promotore, nell'ipotesi in cui non risulti aggiudicatario, può esercitare il diritto di prelazione entro quindici giorni dall'aggiudicazione definitiva e divenire aggiudicatario se dichiara di assumere la migliore offerta presentata. Si applicano, in quanto compatibili, le previsioni del codice in materia di finanza di progetto; nella norma è richiamato l’abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006. Qualora l'aggiudicatario sia diverso dal soggetto di cui alla lettera a), primo periodo, il predetto aggiudicatario è tenuto a subentrare nell'accordo o negli accordi di cui alla medesima lettera e periodo.

In base al richiamato art. 183, comma 8, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. nuovo codice degli appalti) l'ammissione alla procedura delineata in materia di finanza di progetto è prevista solo per i soggetti in possesso dei requisiti per i concessionari, anche associando o consorziando altri soggetti, ferma restando l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80 del medesimo Codice.

 

In base al comma 5, per gli impianti sportivi pubblici omologati per una capienza superiore a 20.000 posti, alle controversie aventi a oggetto il verbale conclusivo della conferenza di servizi e l'aggiudicazione della concessione si applica l'articolo 125 del codice del processo amministrativo, relativo alle controversie relative a infrastrutture strategiche.

Si ricorda, in particolare, che il D.Lgs. 104/2010, attuativo dell'art. 44 della legge n. 69/2009 (delega al governo per il riordino del processo amministrativo) reca all'Allegato I, artt 1-137, le nuove norme del processo amministrativo. In particolare, l'art. 125, recante ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche, stabilisce che nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, oltre alle disposizioni del Capo in parola, con esclusione dell'art. 122, si applicano le seguenti norme (comma 1). In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure (comma 2). La disciplina prevede, ferme le norme richiamate, che al di fuori dei casi contemplati la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente, specificandosi poi le relative controversie cui si applica l'articolo 34, comma 3, in base al quale quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori (commi 3 e 4). Si ricorda che la disciplina concernente le infrastrutture strategiche è stata abrogata dal D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

 


 

Articolo 63
(
Misure per la Ryder Cup 2022)

 

 

L’articolo 63 prevede la concessione a favore di Ryder Cup Europe LLP della garanzia dello Stato per un ammontare fino a € 97 mln, per il periodo 2017-2027, ai fini della realizzazione del progetto Ryder Cup 2022 relativamente alla parte non coperta dai contributi dello Stato.

 

La relazione illustrativa rinviene il carattere di straordinaria necessità ed urgenza di tale disposizione nel fatto che l’ultima proroga concessa dall’organizzatore della manifestazione golfistica (Ryder Cup Europe) all’Italia è subordinata all’ottenimento, entro il mese di aprile 2017, della garanzia statale da parte della Federazione italiana golf (FIG), a pena della risoluzione del contratto sottoscritto tra la FIG e la stessa Ryder Cup Europe.

 

Per quanto riguarda la parte non coperta dai contributi dello Stato, la relazione tecnica chiarisce che la garanzia è concessa per l’adempimento degli impegni assunti dalla Federazione italiana golf (FIG) in relazione al Progetto Ryder Cup 2022, nel periodo 2017-2027, non coperti dal contributo statale introdotto con la legge di bilancio 2017 (sezione seconda), e non già garantiti dalla garanzia fideiussoria rilasciata dall’Istituto per il credito sportivo.

Si ricorda infatti che lo stanziamento relativo alla “Somma da erogare per il finanziamento del CONI” - iscritto nel cap. 1896 del bilancio del MEF (Tabella n. 2) - comprende anche lo stanziamento di € 5,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2027 “per lo svolgimento della Ryder Cup nel 2022” previsto dalla seconda sezione della legge di bilancio per il 2017.

La relazione tecnica, considerate le diverse fonti di reddito di cui dispone la FIG, ritiene l’escussione della garanzia a basso rischio. Pertanto, la stessa può essere iscritta “per memoria”, senza dover prevedere un incremento delle risorse disponibili a legislazione vigente per provvedere agli oneri derivanti dalle garanzie dello Stato. Nella relazione illustrativa vengono inoltre approfonditi i dettagli relativi ai costi per la realizzazione dell’evento sportivo, stimati in 150 milioni, e dei ricavi, quantificati in circa 170 milioni. La relazioni parte in fatti dai 60 milioni stanziati con la legge di bilancio per il 2017, a cui vanno aggiunti 4 milioni stanziati dal Coni nei prossimi tre anni, le sponsorizzazioni (stimate tra 2,5 e 4,5 milioni), i contributi degli enti locali (300 mila euro), commercializzazione dei diritti audiovisivi (stimata in 41 milioni), aumento dei ricavi derivanti dall’incremento del numero di tesserati. In ogni caso, precisa la relazione, la garanzia dello Stato non potrà coprire i costi relativi agli interventi su infrastrutture private, compresi i campi da golf, né alcun altro costo sostenuto da soggetti diversi dalla FIG.

 

Si prevede che la garanzia sia elencata nell'allegato allo stato di previsione del MEF di cui all'articolo 31 della L. 196/2009, il quale prevede appunto che in allegato allo stato di previsione della spesa del MEF sono elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.

 

Si tratta del cap. 7407 dello stato di previsione del MEF (Tabella n. 2) “Oneri derivanti dalle garanzie assunte dallo Stato in dipendenza di varie disposizioni legislative”, mentre l’elenco delle singole garanzie prestate dallo Stato è contenuto nell’allegato n. 18 allo stato di previsione.

 

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di operatività della garanzia dello Stato.

 

La Federazione italiana golf (FIG) provvede, ai sensi del comma 2, a fornire annualmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al MEF una relazione sulle attività svolte, accompagnata da un'analitica rendicontazione dell'utilizzo dei contributi erogati dallo Stato.


 

Articolo 64
(Servizi nelle scuole)

 

 

L’articolo 64 autorizza le istituzioni scolastiche ed educative statali - nelle regioni ove sia stata risolta la convenzione-quadro Consip - a proseguire, fino al 31 agosto 2017, l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni medesime, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali attuativi e degli ordinativi di fornitura.

 

Il comma 1 autorizza     le istituzioni scolastiche ed educative statali - nelle regioni ove sia stata risolta la convenzione-quadro Consip - a proseguire, fino al 31 agosto 2017, l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni medesime, con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali attuativi e degli ordinativi di fornitura. Ciò al fine di consentire la regolare conclusione delle attività didattiche nell'a.s. 2016/2017, in ambienti in cui siano garantite idonee condizioni igienico-sanitarie.

 

In data 2 dicembre 2016, la Consip ha comunicato la risoluzione delle Convenzioni relative ai lotti n. 2 - regione Emilia Romagna, n. 8 - regioni Lombardia, Trentino Alto Adige e n. 9 - regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto (attive dal 25 novembre 2013 e scadute il 24 novembre 2016), nonché delle Convenzioni relative ai lotti n. 1 - regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, n. 4 - regioni Sardegna e Lazio (province di Rieti, Viterbo e Roma) e n. 10 -regioni Umbria, Marche, Abruzzo, Molise (attive dal 15 gennaio 2014 e scadute il 1° dicembre 2016).

 

Si ricorda il parere che l'Autorità nazionale anticorruzione ha espresso su richiesta del MIUR l’8 febbraio 2017, «in merito ai contratti di pulizia nelle scuole e alla prosecuzione del progetto “Scuole belle” a seguito della risoluzione di Convenzioni Consip».

In particolare, l'Autorità - nel rispondere ai quesiti posti dal MIUR - ha conclusivamente rilevato che la risoluzione delle convenzioni disposta dalla Consip ai sensi dell’art. 1456 c.c. produce effetti anche rispetto agli atti contrattuali attuativi, siano essi ordinativi di fornitura o contratti aggiuntivi, cui deve ricollegarsi il perfezionamento dell’appalto come espressione di una fattispecie contrattuale a formazione progressiva; inoltre la situazione venutasi a creare nei lotti in cui la convenzione Consip è stata risolta non è normativamente equiparabile alla situazione presente nelle aree geografiche dove la convenzione sia scaduta o non sia stata mai attivata, dovendo l’art. 2 del D.L. 58/2014 essere interpretato restrittivamente; infine le vicende del contratto di appalto risolto incidono sulle vicende del subappalto in quanto  rapporto derivato con la conseguenza che la risoluzione dell’uno determina lo scioglimento del secondo.

 

In base al comma 2, l'acquisizione dei predetti servizi avviene nei limiti di spesa di cui all'articolo 58, comma 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), e di cui all'articolo 1, comma 379, della L. 232/2016 (legge di bilancio 2017), alle condizioni tecniche previste dalla convenzione-quadro Consip oggetto di risoluzione e alle condizioni economiche pari all'importo del prezzo medio di aggiudicazione per ciascuna area omogenea nelle regioni in cui non è intervenuta la risoluzione della convenzione-quadro Consip.

 

L'articolo 58, comma 5, D.L. 69/2013 ha fissato, per le istituzioni scolastiche ed educative statali, a decorrere dall’anno scolastico 2013/2014, un tetto alla spesa per l’acquisto di servizi esternalizzati, che deve avvenire nel rispetto dell’obbligo di avvalersi delle convenzioni-quadro CONSIP: la spesa, infatti, non può essere superiore a quella che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’articolo 4 del D.P.R. n. 119/2009. In relazione a questi ultimi, ha disposto anche che, a decorrere dal medesimo a.s. 2013/2014, il numero di posti accantonati non deve essere inferiore a quello dell’a.s. 2012/2013.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 449, della L. n. 296/2006, richiamato nel testo del comma 5, ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro CONSIP.

In relazione all’esternalizzazione dei servizi nelle scuole, l’articolo 4 del D.P.R. n. 119/2009 ha disposto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale.

In particolare, la relazione illustrativa e la relazione tecnica all’A.C. 1248 chiarivano che l’importo a base di gara previsto per “la stipulanda convenzione Consip” per i servizi esternalizzati – di cui si prevedeva l’attivazione per il mese di settembre 2013 – sarebbe stato pari alla spesa che si sarebbe sostenuta per assumere un numero di collaboratori scolastici pari a quanti sono i posti accantonati in organico.

Il limite di spesa annuale è stato stimato in circa 280 milioni di euro - derivanti dal prodotto fra il numero dei posti di collaboratore scolastico accantonati nell’a.s. 2012/2013, pari a 11.851 posti, e lo stipendio annuale lordo di un collaboratore scolastico supplente, pari a 23.581,37 euro - a fronte di una spesa di 390 milioni di euro.

Pertanto, la relazione tecnica all’A.C. 1248 stimava il risparmio complessivo derivante dalle disposizioni recate dal comma 5 pari a 110 milioni di euro annui a decorrere dal 2014 e a 36,6 milioni di euro nel 2013.

 

L’articolo 1, commi 379-380, della L. 232/2016 (legge di bilancio 2017), ha stanziato ulteriori € 128 mln per il 2017 per la prosecuzione, fino al 31 agosto 2017, del piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici (c.d. programma #scuole belle), sia nei territori in cui è stata attivata, o è scaduta, la Convenzione-quadro Consip per l’affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, sia in quelli in cui la stessa Convenzione non è ancora stata attivata.

Si veda, più approfonditamente, il Dossier Legge di bilancio 2017, Legge 11 dicembre 2016, n. 232, Volume II, dicembre 2016.

 

In base al comma 3, al fine di consentire il regolare avvio delle attività didattiche nell'a.s. 2017/2018 in ambienti in cui siano garantite idonee condizioni igienico-sanitarie, nonché di assicurare la tutela sociale dei livelli occupazionali dei lavoratori, la Consip - nelle more dell'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari prima indicati (da completarsi entro l'inizio dell'a.s. 2018/2019) e nel contesto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione -  svolge, per conto del MIUR, la procedura di aggiudicazione dell'appalto avente ad oggetto i servizi di cui al già richiamato articolo 58, comma 5, D.L. 69/2013, anche utilizzando lo strumento previsto dall'articolo 55, comma 14, del Nuovo codice degli appalti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d.lgs. 50/2016), e prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche.

A tal fine, il MIUR, nell'ambito delle risorse disponibili nei pertinenti capitoli di bilancio del proprio stato di previsione, comunica alla Consip i fabbisogni, tenendo conto anche delle finalità occupazionali, con il relativo livello di aggregazione, delle istituzioni scolastiche ed educative interessate e stipula il relativo contratto-quadro mediante il quale le predette istituzioni procedono all'acquisizione dei servizi mediante la stipula di appositi contratti attuativi. Gli aggiudicatari della procedura, al fine di garantire il livello occupazionale esistente, si impegnano ad assumere il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

 

L'articolo 55, comma 14, del d.lgs. 50/2016 prevede che il MEF, anche avvalendosi di CONSIP S.p.A., può provvedere alla realizzazione e gestione di un sistema dinamico di acquisizione per conto delle stazioni appaltanti, predisponendo gli strumenti organizzativi ed amministrativi, elettronici e telematici e curando l'esecuzione di tutti i servizi informatici, telematici e di consulenza necessari.

 

Il comma 4 prevede che l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché la prosecuzione dei servizi di pulizia e degli interventi di piccola manutenzione e decoro previsti sino alla scadenza dei contratti attuativi della Convenzione Consip nei lotti in cui questi ultimi siano ancora vigenti, avvenga nei limiti di spesa previsti dal già citato articolo 58, comma 5, D.L. 69/2013, incrementati dell'importo di € 64 mln per il 2017.

Il comma 5 reca la copertura finanziaria dei maggiori oneri derivanti dall’articolo in esame, pari a € 64 mln per il 2017, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione - per il 2017 - del Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica, di cui all'articolo 1, comma 202, della L. 107/2015.

 


 

Articolo 65
(Finanziamento dell’Autorità di regolazione del settore postale)

 

 

L’articolo 65 prevede che a decorrere dal 2017, alle spese di funzionamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si debba provvedere esclusivamente con i criteri di determinazione del contributo annuale che sono già previsti per i soggetti operanti negli altri settori sottoposti alla vigilanza di tale Autorità.

 

Si tratta delle modalità previste dai commi 65 e 66, secondo periodo, dell'articolo l della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per i mercati delle comunicazioni elettroniche, dei servizi media audiovisivi e dell'editoria, facendo però riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale.

L’art. 1, comma 65 richiamato prevede che a decorrere dall'anno 2007 le spese di funzionamento delle Autorità indipendenti, tra cui l’AGCOM siano finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione dall’Autorità nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, e versate direttamente alle medesime Autorità. Il successivo comma 66, secondo periodo, prevede che dal 2007 l'Autorità possa “adottare le variazioni della misura e delle modalità della contribuzione «nel limite massimo del 2 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio approvato precedentemente alla adozione della delibera”

 

Con l’art. 65 viene pertanto uniformata la contribuzione dei vari settori sottoposti a vigilanza AGCOM con l’applicazione dell’aliquota che sarà fissata anche per il settore postale, con il limite massimo del due per mille dei ricavi dell'ultimo bilancio, anziché dell'uno per mille, come attualmente previsto e applicato fino al 2016 per il settore postale in base all'articolo 2, comma 14, lett. b), del D.Lgs. n. 261/1999.

L’art. 65, secondo periodo, provvede infatti contestualmente ad abrogare l'articolo 2, commi da 6 a 21, e l'articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, che disciplinavano il finanziamento della soppressa Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, i cui compiti, a seguito del trasferimento di competenze intervenuto con il decreto-legge n. 201/2011, sono ora svolti dall'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

Si ricorda che il sistema di contribuzione fissato dall’art. 2, co. 14, lett. b) richiamato e che ora viene abrogato, prevede che agli oneri derivanti dal funzionamento dell'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale si provveda con:

a)    apposito Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;

b)   un contributo di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio relativi al settore postale, versato da tutti gli operatori del settore medesimo, e al netto, per il fornitore del servizio universale, dell'onere relativo al servizio universale stesso e dei proventi per i servizi affidati in via esclusiva, di cui all'articolo 4. La misura del contributo e le modalità di versamento al bilancio dell'Agenzia sono determinate con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia.

 

Fino al 2016 si è applicata tale disposizione per il versamento del contributo a carico degli operatori postali , come previsto dall’art. 15, comma 2-bis, del dlgs. n. 261 del 1999, in base al quale "il fornitore del servizio universale e i soggetti esercenti servizi postali contribuiscono alle spese di funzionamento dell'Autorità di regolamentazione mediante il contributo di cui all'art. 2, comma 14, lettera b), del presente decreto". Con il decreto del MISE 10 marzo 2016 è stato fissato il contributo provvisorio per il 2016.

 

Come indicato nella Relazione al decreto, con l’art. 65 si pone rimedio alle criticità emerse nell'applicazione delle norme che disciplinano le modalità di finanziamento dell'AGCOM, a seguito di alcune recenti pronunce del Giudice amministrativo che hanno dichiarato illegittime le procedure sinora seguite per determinare i contributi dovuti dagli operatori del settore postale.

Si ricorda in proposito con il decreto del MISE, di concerto con il MEF, del 26 gennaio 2015, erano state definite la misura e le modalità del versamento del contributo dovuto dai soggetti operanti nel settore postale all’AGCOM per gli anni  2012, 2013 e 2014. Con la sentenza n. 1933/2016 il TAR del Lazio -  Sez. I, depositata il 10 febbraio 2016, ha annullato tale decreto. Nelle more dell'adozione del decreto MISE/MEF di cui all'art. 2, comma 14, lett. b), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, per gli anni 2015 e 2016, l'Autorità non era in grado di far fronte alle spese di funzionamento definite nel bilancio di previsione 2016 (delibera AGCOM n. 688/15/CONS, del 16 dicembre 2015, di approvazione dell’esercizio provvisorio). Il MISE con decreto 10 marzo 2016 ha quindi stabilito che “nelle more dell'adozione del decreto di determinazione del contributo per gli anni 2015 e 2016, gli operatori postali di cui all'art. 2, comma 4, lett. b), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, debbano versare per l'anno 2016, un importo pari allo 0,68 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio di esercizio relativo all'anno 2014, salvo conguaglio sul valore del contributo come determinato dal suddetto decreto ministeriale.” L’aliquota si applica sui ricavi realizzati dalla vendita dei servizi postali la cui fornitura è subordinata al rilascio di licenza o autorizzazione generale ai sensi degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo n. 261/99, come risultanti dalla voce A1 del conto economico (ricavi delle vendite e delle prestazioni). Per il fornitore del servizio universale l'ammontare dei ricavi del settore postale di cui alla voce A1 del conto economico è determinato al netto dell'onere relativo al servizio universale e dei proventi per i servizi affidati in via esclusiva.

 

Con Delibera AGCOM n.463 del 19 ottobre 2016 (G.U. del 2-2-2017) sono state invece definite la misura e le modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per l'anno 2017 dai soggetti che operano nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi media. Per assicurare il gettito complessivo necessario a coprire i costi di funzionamento dell'Autorità, l'aliquota contributiva per l'anno 2017 è stata così fissata:

a) per i soggetti di cui all'art. 34 del Codice delle comunicazioni elettroniche (titolari di autorizzazione generale alla fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche), nella misura dell'1,4 per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato;

b) per le imprese operanti nei restanti mercati di competenza dell'Autorità (radio-televisione, editoria, pubblicità, etc.), nella misura dell'1,9 per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

 

L'articolo 65 non comporta nuovi o maggiori oneri per·la finanza pubblica, in quanto la corresponsione del contributo a favore dell'AGCOM avviene da parte dei soggetti privati sottoposti all'attività di vigilanza e controllo dell'Autorità.


 

Articolo 66
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 66 reca ai commi 1 e 2 il rifinanziamento, rispettivamente del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione e del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).

Il comma 3 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.

I commi 4-6 prevedono la destinazione degli effetti migliorativi derivanti dal provvedimento, pari a 3,1 miliardi di euro per il 2017, al miglioramento dei saldi, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DEF 2017.

 

In particolare, il comma 1 reca un rifinanziamento del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione, di 109 milioni di euro per l’anno 2018, 39,5 milioni per l’anno 2019, 40,5 milioni per l’anno 2020, 9,5 milioni per l’anno 2021, 19,5 milioni per l’anno 2022, 86 milioni per l’anno 2023 e di 57 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024.

Tale fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall’articolo 1, comma 200, della legge 29 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015), è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Nel bilancio per il 2017, il relativo capitolo di bilancio (cap. 3076) presenta una dotazione di circa 84 milioni di euro.

 

Il comma 2 incrementa la dotazione finanziaria del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) di 40 milioni di euro per l’anno 2018, 12,5 milioni per l’anno 2019, 74,8 milioni per l’anno 2020 e di 10 milioni di euro per l’anno 2021.

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari. Il Fondo presenta una dotazione nel bilancio per il 2017-2019 (cap. 3075) pari a 195,5 milioni per il 2017, 356,4 milioni per il 2018 e a 333,8 milioni per il 2019

 

Il comma 3 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento – derivanti, nello specifico, dagli articoli 9, 12, 41, comma 2, 42, commi 1 e 2, 43, 44, 45, 46, 50, 55 e dai commi 1 e 2 del presente articolo – quantificati pari a 1.301,9 milioni di euro per l’anno 2017, a 5.150,5 milioni per l’anno 2018, a 5.470 milioni per l’anno 2019, a 4.203,30 milioni per l’anno 2020, a 3.698,7 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022, a 3.765,2 milioni per l’anno 2023 e a 3.736,2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024.

Gli oneri complessivi aumentano a 5.150,6 milioni di euro per l’anno 2018, a 5.470,3 milioni di euro per l’anno 2019, a 4.309,3 milioni di euro per l’anno 2020, a 3.771,6 milioni di euro per l’anno 2021, a 3.758,7 milioni di euro per l’anno 2022, a 3.815,4 milioni di euro per l’anno 2023, a 3.786,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 e a 3.746,2 milioni di euro per l’anno 2026, ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto.

L’importo degli oneri in termini di fabbisogno e indebitamento netto del 2017 non vengono espressamente citati nel comma 3 in quanto si riducono rispettivamente a 902,4 e 602,4 milioni di euro.

 

In merito all’elencazione delle norme da cui derivano gli oneri finanziari, si rileva che dal comma 3 andrebbe espunto l’articolo 45, in quanto gli oneri derivanti da tale articolo (che prevede la compensazione per i comuni colpiti dal sisma della perdita del gettito derivante dalla TARI) sono posti a carico delle risorse della contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, come esplicitato nella disposizione medesima.

 

In base al comma 3, la copertura finanziaria è posta a valere:

a) per 1.301,9 milioni di euro per l’anno 2017, a 5.150,5 milioni di euro per l’anno 2018, a 5.470 milioni di euro per l’anno 2019, a 4.203,3 milioni di euro per l’anno 2020, a 3.698,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, a 3.765,2 milioni di euro per l’anno 2023 e a 3.736,2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal decreto;

b) quanto a 69,1 milioni di euro per l’anno 2020, a 72,8 milioni di euro per l’anno 2021, a 60 milioni di euro per l’anno 2022, a 50 milioni di euro annui dal 2023 al 2025 e a 10 milioni di euro per l’anno 2026, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

 

Si riporta di seguito la tabella di corrispondenza tra oneri e copertura finanziaria


 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Indebitamento netto

ONERI

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 9: Sterilizzazione parziale aumenti dell’IVA (minori entrate)

 

3.828,5

4.363,0

4.088,0

 

3.828,5

4.363,0

4.088,0

Art. 43, co. 1-4: Proroga sospensione imposte erariali zone sisma

101,0

 

 

 

101,0

 

 

 

Art. 43, co. 1-4: Proroga sospensione imposte locali zone sisma

 

 

 

 

17,0

 

 

 

Art- 46: Zona franca urbana Sisma centro Italia aiuti "de minimis" nel settore agricolo

 

 

 

 

45,5

56,7

48,7

 

Art. 46: Zona franca urbana Sisma centro Italia aiuti "de minimis" nel settore agricolo- Fabbisogno INPS

 

 

 

 

149,0

111,0

93,0

 

Totale Minori entrate

101

3.828,5

4.363

4..088

312,5

3.996,2

4.504,7

4.088

Maggiori spese

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 12: rimodulazione credito d’imposta beni strumentali

 

55,0

55,0

 

 

55,0

55,0

 

Art. 41, co. 2: Fondo accelerazione ricostruzione zone sisma

491,5

717,3

699,7

 

92,0

739,4

712,0

80,0

Art. 42, co. 1: Fondo ricostruzione

63,0

132,0

132,0

 

46,0

110,0

120,0

26,0

Art. 42, co. 2: Interventi ricostruzione

150,0

 

 

 

150,0

 

 

 

Art. 43: Proroga al 31/12/2019 Credito d'imposta investimenti nelle regioni del centro Italia colpite dal sisma ( di cui all'articolo 18 quater)

 

101,0

 

 

 

101,0

 

 

Art. 44: Proroga credito d’imposta investimenti zone sisma

 

 

26,6

 

 

 

26,6

 

Art. 46: Zona franca urbana Sisma centro Italia aiuti "de minimis" nel settore agricolo - compensazioni imposte

45,5

56,7

48,7

 

 

 

 

 

Art. 46: Zona franca urbana Sisma centro Italia aiuti "de minimis" nel settore agricolo - trasferimenti INPS

149,0

111,0

93,0

 

 

 

 

 

Art. 50: Aumento capitale sociale Invitalia

300,0

 

 

 

 

 

 

 

Art. 55: Premi di produttività

1,9

 

 

 

1,9

 

 

 

Art. 66, co. 1: Incremento Fondo esigenze indifferibili

 

109,0

39,5

40,5

 

109,0

39,5

40,5

Art. 66, co. 2: Incremento FISPE

 

40,0

12,5

74,8

 

40,0

12,5

74,8

Totale maggiori spese

1.200,9

1.322

1.107

115,3

589,9

1.154,4

965,6

221,3

TOTALE ONERI

1.301,9

5.150,5

5.470,0

4.203,3

602,4

5.150,6

5.470,3

4.309,3

Copertura con maggiori entrate/minori spese del decreto

1.301,9

5.150,5

5.470,0

4.203,3

1.301,9

5.150,5

5.470,0

4.203,3

Fondo compensazione effetti finanziari

 

 

 

 

 

 

 

69,1

RISORSE A COPERTURA

1.301,9

5.150,5

5.470,0

4.203,3

1.301,9

5.150,5

5.470,0

4.272,4

 

 

I commi 4-6 prevedono la destinazione degli effetti migliorativi derivanti dal provvedimento, pari a 3,1 miliardi di euro per il 2017, al miglioramento dei saldi, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel DEF 2017.

 

Sulla base dei risultati derivanti dalle norme contenute nel decreto-legge, come esposti in relazione tecnica nella tabella riepilogativa degli effetti del provvedimento, il comma 4 dispone che gli effetti migliorativi che lo stesso determina per il 2017, pari a 2.415 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare ed in 3.100 milioni in termini di indebitamento netto, sono destinati al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nel Documento di Economia e Finanza 2017.

In tale Documento – si rammenta – il Governo ha confermato il percorso di consolidamento dei conti pubblici già in atto sulla base dei precedenti documenti programmatici, volto al conseguimento  di un saldo di indebitamento pari a zero nel 2020 ed al raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale  nel 2019. A tal fine nel DEF medesimo viene previsto una correzione dell’indebitamento netto di 0,2 punti percentuali nel 2017, posizionando pertanto tale saldo al livello programmatico del 2,1 per cento del PIL, rispetto al 2,3 per cento previsto nello scenario tendenziale.

Conseguentemente il comma 5 sostituisce l’allegato 1 alla legge di bilancio 2017, che riporta il quadro dei risultati differenziali di bilancio relativi al saldo netto da finanziare ed al ricorso al mercato, come riporta la tabella che segue, che per ragioni di sintesi si riporta limitatamente al solo 2017, atteso che per il biennio successivo i saldi rimangono identici a quanto già previsto nell’allegato della legge di bilancio 2017.

 

RISULTATI DIFFERENZIALI anno 2017

(milioni di euro)

Legge di bilancio 2017

Decreto-legge
n. 50/2017

competenza

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-38.601

-56.186

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

293.097

310.682

cassa

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-102.627

-120.212

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

356.551

374.136

Nell’allegato si precisa che il saldo netto da finanziare è coerente con un livello di indebitamento netto pari a -2,3% del PIL nel 2017.

 

Il peggioramento dei saldi 2017 esposto in tabella, pari a 17.585 milioni di euro, è riconducibile al risultato complessivo che si determina sul saldo netto da finanziare (e che in termini identici si riflette poi nel ricorso al mercato) a seguito da una parte dell’effetto migliorativo del minor indebitamento e, dall’altra, dagli effetti peggiorativi dovuti agli interventi di sostegno del sistema bancario, come esposti nella Relazione al Parlamento presentata dal Governo nel dicembre 2016 (ai sensi dell’articolo 6, comma 6, della legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio n. 243/2012) al fine di ottenere l’autorizzazione a ricorrere all’indebitamento per realizzare operazioni relative alle partite finanziarie.

Sul punto si rinvia più in dettaglio alla scheda sull’articolo 66 in esame riportata nella parte seconda del presente dossier, relativa ai profili finanziari.


 

Articolo 67
(Entrata in vigore)

 

L’articolo 67 dispone in ordine alla immediata entrata in vigore del decreto-legge, ossia il giorno stesso della sua pubblicazione, avvenuta nel giorno della emanazione: 24 aprile 2017 (Gazzetta Ufficiale n. 95, Supplemento ordinario n. 20).



[1]     Al riguardo si ricorda che al fine di verificare o meno l’obbligo di registrazione, la durata del contratto deve essere determinata computando tutti i rapporti di locazione anche di durata inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario (Circolare n. 12 del 16 gennaio 1998).

[2]     Articolo 67 del TUIR 917/1986.

[3]     Sul punto la RT annessa al provvedimento in esame specifica che da un'indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Venezia sull’attività di accertamento risulta che un soggetto su quattro di coloro che affittano la propria abitazione o una camera dichiara al fisco gli affitti percepiti.

[4]    Il comma 1 dell’articolo 11 del D.Lgs. 471/1997 dispone la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000.

[5]     Per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione.

[6]     Cioè i soggetti di cui all'articolo 1, comma 7, del D.L.  201/2011.

[7]     Cioè la citata l. 232/2016, legge di bilancio per il 2017.

[8]     L’articolo 11, comma 13, prevede che gli eventuali ulteriori introiti debbano essere destinati prioritariamente a compensare l’eventuale mancata realizzazione dei maggiori introiti derivanti dal rinnovo dei diritti d’uso delle frequenze telefoniche GSM e UMTS e dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale.

[9]     I risparmi, da versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, sono operati sulla base di una serie di criteri, ivi indicati:

§  la riduzione della spesa per beni e servizi è operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al D.L. n. 66;

§  la riduzione della spesa per autovetture è operata in proporzione al numero di autovetture di ciascuna provincia e città metropolitana comunicato annualmente al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica;

§  la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.

[10]    Agli enti locali appartenenti ai territori delle regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta nonché agli enti locali appartenenti alle province autonome di Trento e Bolzano, non viene attribuito il contributo in quanto trattasi di territori in cui vige una speciale disciplina per l'attribuzione dei trasferimenti agli enti locali.

[11]    La norma citata dispone che i comuni possono promuovere il procedimento di incorporazione in un comune contiguo. In tal caso, fermo restando il procedimento previsto dal comma 1 dell'articolo 15 del TUEL, il comune incorporante conserva la propria personalità, succede in tutti i rapporti giuridici al comune incorporato e gli organi di quest'ultimo decadono alla data di entrata in vigore della legge regionale di incorporazione.

[12]    Ultimo anno di assegnazione dei contributi erariali ordinari, poi soppressi dalla normativa sul federalismo fiscale.

[13]    I fondi di cui al comma 164 della legge finanziaria 1997 sono ripartiti tra le fusioni e le unioni sulla base dell’intesa a suo tempo raggiunta in sede di Conferenza Unificata (1 marzo 2006). In particolare, le predette risorse sono assegnate in via prioritaria alle fusioni di comuni.

[14]    Quota analoga è stanziata per le unioni di comuni. Tali contributi, previsti inizialmente per il solo triennio 2014-2016, sono stati consolidati a decorrere dal 2016 dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. b), legge n. 208/2015).

[15]    Di cui all’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010.

[16]    Così come previsto dall’articolo 4-ter, comma 12, del D.L. 16/2012, che ha novellato il richiamato comma 28.

[17]    In tema di riduzione delle spese per il personale, il richiamato articolo 1, comma 557, della L. 296/2006, ha disposto che ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurino la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico - amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;    contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. Tali enti  possono procedere all'assunzione di personale nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.

[18]    In base all’articolo 1, commi 465 e ss., della L. 232/2016 (legge di bilancio 2017), sono assoggettati alla regola del pareggio di bilancio (che ha sostituito il patto di stabilità interno) - vale a dire del saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali - le regioni e le province autonome, le città metropolitane, le province e i comuni, senza alcuna esclusione.   Anche gli enti di nuova istituzione e i comuni istituiti a seguito dei processi di fusione (enti derivanti da fusione per unione o gli enti incorporanti a seguito di fusione per incorporazione) previsti dalla legislazione vigente, che hanno concluso tali processi entro la data del 1° gennaio 2016, sono assoggettati all’obbligo del concorso agli obiettivi di finanza pubblica a decorrere dal 1° gennaio 2017, ai sensi del D.L. 210/2015.

[19]    Ai sensi dell’articolo 1, comma 228, della L. 208/2015.

[20]    Cosi come disposto dall’articolo 16, comma 1-bis, del D.L. 113/2016, che ha integrato in tal senso il richiamato comma 228

[21]    Per il triennio 2014-2016 la determinazione del rapporto è contenuta nel D.M. 24 luglio 2014, il quale ha stabilito i seguenti rapporti medi dipendenti-popolazione per i comuni: fino a 499 abitanti 1/78; da 500 a 999 abitanti 1/103; da 1.000 a 1.999 abitanti 1/123; da 2.000 a 2.999 abitanti 1/137; da 3.000 a 4.999 abitanti 1/143; da 5.000 a 9.999 abitanti 1/151; da 10.000 a 19.999 1/145; da 20.000 a 59.3999 1/133; da 60.000 a 99.999 1/107; da 250.000 a 499.999 1/79 e da 500.000 ed oltre 1/75.

[22]    Di cui all’articolo 1, comma 466, della L. 232/2016.

[23]    L’art. 7 del D.M. 23 dicembre 2014 (v. infra, testo) dispone che del sistema museale nazionale - finalizzato alla messa in rete dei musei italiani e alla integrazione dei servizi e delle attività museali - fanno parte i musei statali, nonché, tramite apposite convenzioni stipulate con il direttore del Polo museale regionale territorialmente competente, ogni altro museo di appartenenza pubblica o privata, ivi compresi i musei scientifici, i musei universitari e i musei demoetnoantropologici, che sia organizzato in coerenza con le disposizioni dello stesso D.M., con il D.M. 10 maggio 2001, recante «Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei», e con il Codice etico dei musei dell'International Council of Museums (ICOM). Il sistema museale nazionale si articola in sistemi museali regionali e sistemi museali cittadini, la cui costituzione è promossa e realizzata dai direttori dei poli museali regionali. Le modalità di organizzazione e funzionamento del sistema museale nazionale sono stabilite dal Direttore generale Musei, sentito il Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici.

[24]    L’art. 7, co. 6, del D.Lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

      Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica, nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.Lgs. 276/2003, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

[25]    Il Fondo, istituito dall'art. 6, co. 2, del D.L. 154/2008, è finalizzato specificamente a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Nel bilancio di previsione per gli anni 2017-2019 (cap. 7593/Economia), il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a 362,5 milioni per il 2017, 320,2 milioni per il 2018 e a 294 milioni per il 2019.

[26]    Ora, in base al D.M. 14 ottobre 2015, Gallerie Estensi di Modena. Qui il comunicato stampa del Mibact.

[27]    Ora, in base al D.M. 23 gennaio 2016, Musei reali di Torino.

[28]    Con comunicato stampa del 17 novembre 2014 il Mibact aveva reso noto che, con provvedimento della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, l'immobile del Teatro Eliseo e Piccolo Eliseo di Roma era stato dichiarato di interesse culturale e sottoposto a tutte le disposizioni di tutela previste dalla normativa vigente.

[29]    Tale soglia non si applica ai teatri che svolgono prevalentemente attività di teatro per ragazzi.

[30]    Disposizioni particolari sono previste per i teatri di minoranze linguistiche.

[31]    Il Fondo era destinato:

§  al sostegno degli investimenti promossi dalle imprese cinematografiche per la produzione di opere filmiche, anche con riferimento alla realizzazione di colonne sonore, e per lo sviluppo di sceneggiature originali di particolare rilievo culturale e sociale;

§  alla corresponsione di contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione, anche per la realizzazione di versioni dei film riconosciuti di interesse culturale in lingua diversa da quella della ripresa sonora diretta;

§  alla corresponsione di contributi sugli interessi dei mutui ed alla concessione di contributi in conto capitale a favore delle imprese di esercizio e dei proprietari di sale cinematografiche, per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive, nonché per l'adeguamento delle strutture e per il rinnovo delle apparecchiature, con particolare riguardo all'introduzione di impianti automatizzati o di nuove tecnologie;

§  alla concessione di mutui decennali a tasso agevolato o contributi sugli interessi a favore delle industrie tecniche cinematografiche, per la realizzazione, la ristrutturazione, la trasformazione o l'adeguamento strutturale e tecnologico di teatri di posa, di stabilimenti di sviluppo e stampa, di sincronizzazione, di post-produzione;

§  alla corresponsione di contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.

[32]    Tale Commissione è stata istituita contestualmente alla soppressione della previgente Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale ( di cui all’articolo 4 della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009).  La Commissione è formata da undici componenti, di cui uno, con funzioni di presidente, designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, tre designati dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dal Ministro dell'interno, uno designato dal Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, uno designato dall'Istituto nazionale di statistica, tre designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, di cui uno in rappresentanza delle aree vaste, e uno designato dalle regioni.

[33]    Società Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A. Tale società opera tra l’altro ai fini della determinazione dei fabbisogni standard di comuni, province, città metropolitane e regioni a statuto ordinario, ai sensi sia del D.Lgs. n.210 del 2016 che del D.Lgs. n.68 del 2011, entrambi emanati in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009.

[34]    Recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[35]    Recante disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio introdotto dalla legge costituzionale n.1 del 2012.

[36]    L’articolo 51 concerne le variazioni del bilancio di previsione, del documento tecnico di accompagnamento e del bilancio gestionale.

[37]    Ad esempio, non si può escludere che fatti esogeni, quali eventuali episodi di astensione dal lavoro di dipendenti, possono aver inciso sull’entità dei proventi potenziali nell’anno base con un effetto premiante in sede di riparto del Fondo per gli anni futuri, senza che rilevi alcun incremento di efficienza gestionale.

[38]    L’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed), presso Aifa, assicura il monitoraggio della spesa farmaceutica convenzionata a livello nazionale e regionale tramite l’elaborazione di oltre 500 milioni di ricette prescritte dai medici di medicina generale e inviate da circa 18.000 farmacie del territorio. È lo strumento per la determinazione dello sfondamento del tetto di spesa programmato e per l’adozione delle misure di ripiano.

[39]    Per quanto riguarda le attuali regole di identificazione delle confezioni di medicinali, si ricorda che ogni confezione di medicinale riporta un’etichetta adesiva (bollino), prodotta dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, su richiesta dell’azienda farmaceutica titolare dell’AIC. I bollini adesivi contengono la numerazione progressiva da applicare sulle confezioni di medicinali in commercio. Il bollino indica:

§  codice A.I.C. (Autorizzazione all’Immissione in Commercio) del medicinale attribuito dall’Agenzia Italiana del farmaco;

§  denominazione del medicinale;

§  titolare dell'autorizzazione o legale rappresentante del titolare estero;

§  codice recante la numerazione progressiva (Targa) della confezione;

§  datamatrix, che riassume le informazioni relative a codice AIC e numerazione progressiva (D.M. del 30 maggio 2014).

      L’art. 40 della legge comunitaria 2001 (legge 39/2002), con l’inserimento dell’art. 5-bis nel D.Lgs. 540/1992 Attuazione della direttiva 92/27/CEE concernente l'etichettatura ed il foglietto illustrativo dei medicinali per uso umano, ha previsto l’istituzione, presso il Ministero della salute, di una Banca dati centrale che, partendo dai dati di produzione e fornitura dei bollini numerati dei prodotti medicinali, raccoglie e registra i movimenti delle singole confezioni. L’art. 40 ha stabilito, inoltre, che tutti gli attori della filiera (produttori, depositari, grossisti, farmacie aperte al pubblico, centri sanitari autorizzati all’impiego di medicinali, aziende sanitarie locali e smaltitori) sono tenuti ad archiviare e trasmettere a tale Banca dati il codice prodotto ed il numero identificativo (numerazione progressiva del bollino) di ciascun pezzo venduto/uscito e la relativa destinazione, mentre coloro che ricevono sono tenuti ad archiviare il codice prodotto ed il numero identificativo di ciascun pezzo ricevuto. Il Decreto del Ministero della salute del 15 luglio 2004[39] ha istituito la Banca dati definendone le regole per l’alimentazione, in attuazione del modello teorico definito dalla Legge 39/2002 (per maggiori informazioni: sezione del sito del Ministero della salute dedicato a Tracciabilità del farmaco).

[40]    Istituzione del flusso informativo delle prestazioni farmaceutiche effettuate in distribuzione diretta o per conto.

[41]    Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio.

[42]    Decreto 7 marzo 2008 del Ministero dell'economia e delle finanze, Individuazione del gestore del sistema di interscambio della fatturazione elettronica nonché delle relative attribuzioni e competenze.

[43]    Nessun medicinale può essere commercializzato senza aver ottenuto l’AIC da parte dell’AIFA. L’AIC è la carta di identità del farmaco, poiché stabilisce: il nome del medicinale; la sua composizione; la descrizione del metodo di fabbricazione; le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse; la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione; le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale e per la sua somministrazione ai pazienti; il riassunto delle caratteristiche del prodotto; un modello dell'imballaggio esterno; il foglio illustrativo; la valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente. Ogni successiva modifica nel dosaggio o nella forma farmaceutica, nella presentazione o nella via di somministrazione del farmaco, comporta la richiesta di un’ulteriore autorizzazione.

[44]    Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

      L’art. 20, comma 3, primo periodo, dispone che, per la parte in conto capitale riferita all'edilizia sanitaria, le regioni accertano e impegnano nel corso dell'esercizio l'importo corrispondente a quello indicato nel decreto di ammissione al finanziamento.

[45]    La legge finanziaria 2006 (legge 266/2005) ha disposto che gli Accordi di Programma sottoscritti dalle Regioni e dalle Province Autonome, decorsi 18 mesi dalla data della firma, si intendano risolti limitatamente agli interventi per i quali la richiesta di finanziamento non risulti presentata al Ministero della Salute entro tale termine, con conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa. La norma ha disposto che i provvedimenti di revoca siano emanati anche per i casi in cui la domanda di finanziamento risulti presentata ma valutata “non ammissibile al finanziamento” entro 24 mesi dalla sottoscrizione degli Accordi medesimi. Inoltre è prevista la revoca di interventi già ammessi a finanziamento, nei casi in cui entro 9 mesi dalla comunicazione del provvedimento di ammissione a finanziamento, gli Enti attuatori non abbiano proceduto all’aggiudicazione dei lavori, salvo proroga autorizzata dal Ministero della Salute. La stessa normativa ha disposto, altresì, che le risorse rese disponibili dall’applicazione dei provvedimenti di revoca, effettuati con decreto del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, a seguito di periodiche ricognizioni, siano utilizzate per nuovi Accordi o per le altre linee di finanziamento previste dal Programma di investimenti.

[46]    Di cui all’art. 1, comma 712-ter, della stabilità 2016 (legge 208/2015).

[47]    Quest'ultima è posta dall'art. 2, comma 67-bis, della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dall'art. 15, comma 23, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito,  con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135; essa fa riferimento ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

[48]    Come riportato dalla RT allegata al disegno di legge di conversione, le quote residuali del finanziamento a cui ci si riferisce, sono le seguenti: finanziamento di borse di studio per la formazione in medicina generale, assistenza sanitaria per gli stranieri iscritti al SSN ex D.Lgs. 286/1998, riqualificazione dell’attività libero-professionale, trasferimento al SSN dell’assistenza sanitaria penitenziaria ex legge 230/1999, finanziamento corrente degli interventi per il superamento degli OPG, screening neonatali, fondo per la compensazione dei minori gettiti fiscali effettivi rispetto ai gettiti stimati ai fini del finanziamento del SSN.

[49]    Di cui all'art. 1, comma 34-bis, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, e all'art. 27, comma 1-bis, del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68.

[50]    Si ricorda che l'erogazione del restante 30 per cento è subordinata all'approvazione da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell'anno precedente. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell'anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell'anno successivo, dell'anticipazione del 70 per cento già erogata.

[51]    Quest'ultimo decreto provvede ad assegnare alle regioni il 95 per cento del finanziamento relativo ai progetti in esame. Di conseguenza, in questa fattispecie, la percentuale del 70 per cento si commisura su tale base di calcolo.

[52]    Di cui all'art. 9-undecies, commi 1, 2 e 4, del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

[53]    Tali anticipazioni sono erogate in misura non superiore all'80 per cento del valore stabilito nell'ultima ripartizione delle disponibilità finanziarie approvata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

[54]    Cfr. l'art. 27 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, e successive modificazioni.

[55]    La procedura prevede altresì il parere della struttura tecnica di monitoraggio paritetica, istituita - quale struttura tecnica di supporto della suddetta Conferenza - dall'art. 3 dell'Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012 (Intesa sancita dalla relativa Conferenza permanente il 3 dicembre 2009).

[56]    Ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56, e successive modificazioni.

[57]    Ai sensi dell'art. 2, comma 4, del D.Lgs. n. 56 del 2000.

[58]    Ai sensi dell'art. 2, comma 68, della L. 23 dicembre 2009, n. 191, e dell'art. 15, comma 24, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135.  

[59]    Riguardo alla base di calcolo di tale limite, essa è costituita dall'importo dovuto a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta (al netto delle entrate proprie e, per la Regione siciliana, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria), quale risulta dall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Nelle more dell'intesa, l'erogazione delle anticipazioni è commisurata al livello delle erogazioni effettuate "in via anticipata definitiva", a seguito del raggiungimento della citata intesa, relative al secondo anno precedente quello di riferimento.

[60]    Sul punto si ricorda che l’articolo 246, comma 4, del TUEL prevede che se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.

[61]    Introdotto dall’articolo dall’art. 3, co. 4, del D.L. n. 16/2014.

[62]    Il comma 1-ter dell’articolo 259 del TUEL è stato inserito dall’art. 3, co. 4, del D.L. n. 16/2014 e successivamente modificato dapprima dall’art. 7, co. 2-bis, del D.L. n. 78/2015 e poi dall’art. 14, co. 1-ter, del D.L. n. 113/2016.

[63]    L’articolo 243-bis del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) stabilisce che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ed, entro i successivi novanta giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) approvare un piano di riequilibrio della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. Questo deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio, alcune delle quali dettate espressamente dalla norma.      Una volta approvato, il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL) ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell’approvazione dello stesso secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater.

[64]    Recante “Disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica”.

[65]    Recante “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[66]    Poi intervenuto con D.P.C.M. 11 marzo 2013 “Definizione dei criteri e delle modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario”, modificato successivamente dal D.P.C.M. 7 dicembre 2015

[67]    In merito alle finalità della norma in esame, si rammenta che disposizioni analoghe, volte a contenere la riduzione delle risorse spettanti alle province e città metropolitane come sanzione in caso di mancato rispetto del patto, sono state già previste negli anni precedenti, in considerazione del processo riordino di tali enti in corso. Da ultimo, si ricorda il D.L. n. 113/2016, che all’art. 7 ha del tutto escluso l’applicazione della sanzione in questione per le province e le città metropolitane inadempienti al Patto di stabilità interno per il 2015.

[68]    Il comma 758 dispone che, per garantire l’equilibrio di parte corrente degli enti in questione nel 2016, le Regioni possono svincolare i trasferimenti già attribuiti agli stessi e confluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato del 2015, con possibilità per le province e città metropolitane di applicare tali quote dell’avanzo al loro bilancio di previsione 2016, previa approvazione del rendiconto 2015. Lo svincolo può essere operato previa intesa in Conferenza Unificata. I trasferimenti oggetto di svincolo possono essere rifinanziati a valere sulle annualità successive all'anno 2015 del bilancio delle regioni.

[69]    Si tratta delle risorse non utilizzate alla data di entrata in vigore della L. 107/2015 in relazione ai finanziamenti disposti da varie disposizioni (tra cui, l'art. 11 del D.L. 318/1986 - L. 488/1986, l'art. 1 della L. 430/1991 e l'art. 2, co. 4, della L. 431/1996, che hanno autorizzato la Cassa depositi e prestiti a concedere mutui con oneri a carico dello Stato per interventi di edilizia scolastica), destinate all'attuazione di ulteriori interventi urgenti per la sicurezza degli edifici scolastici, individuati nell'ambito della programmazione triennale nazionale degli interventi di edilizia scolastica (predisposta in attuazione dell'art. 10 del D.L. 104/2013-L. 128/2013 e adottata, per il triennio 2015- 2017, con D.M. 322 del 29 maggio 2015), ovvero necessari a seguito di indagini diagnostiche o sulla base dei dati risultanti dall'Anagrafe dell'edilizia scolastica.

      Qui la pagina dedicata alle verifiche sismiche sulle scuole e agli interventi di adeguamento strutturale e antisismico presente sul sito del Dipartimento della Protezione civile.

[70]    L’articolo 18, comma 2, lettera a), stabilisce che alle gare per la scelta del gestore del servizio possono partecipare i soggetti in possesso “dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada. Le società, nonché le loro controllanti, collegate e controllate che, in Italia o all'estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi al combinato disposto degli articoli 5 e 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e la cui durata ecceda il termine del 3 dicembre 2019, non possono partecipare ad alcuna procedura per l'affidamento dei servizi, anche se già avviata. L'esclusione non si applica alle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale (…)”. 

[71]    Nell'Allegato A alla deliberazione n. 49/15, l'Autorità di regolazione dei trasporti ha individuato le seguenti categorie di beni immobili strumentali all'effettuazione del servizio di TPL: "a) Reti, impianti e infrastrutture. Sono ricompresi i binari (per il trasporto ferroviario, metropolitano e tramviario) e le relative stazioni passeggeri, le autostazioni, gli spazi di fermata, le fermate attrezzate e i sistemi tecnologici di controllo per la sicurezza che insistono sulle predette reti, impianti e infrastrutture e diversi da quelli di cui alla successiva lettera c). Nelle stazioni passeggeri ed edifici loro connessi per le diverse modalità di trasporto sono inclusi gli spazi comuni e le strutture aperte al pubblico, nonché le biglietterie e altre strutture inclusi i sistemi di informazione di viaggio e spazi adeguati per i servizi di biglietteria connessi con il servizio di trasporto pubblico locale e i sistemi accessori. Per il servizio ferroviario, metropolitano e tramviario, sono incluse le aree e gli impianti di smistamento e di composizione dei treni, ivi comprese le aree di manovra, le aree, gli impianti e gli edifici (immobili) destinati alla sosta, al ricovero ed al deposito di materiale rotabile, i centri di manutenzione, ad eccezione, per il servizio ferroviario, dei centri di manutenzione pesante riservati a treni ad alta velocità o ad altri tipi di materiale rotabile che esigono centri specializzati. Per il settore del trasporto su gomma, sono considerati depositi o rimesse e ogni altro bene immobile, impianto o altra dotazione patrimoniale assimilabile. b) Materiale rotabile (o carrozzabile). Sono inclusi tutti i mezzi dotati di ruote di qualsiasi tipo per trasportare persone o cose, quali veicoli, carrozze e carri, motrici, locomotive, locomotori, automotrici e ricambi di prima scorta tecnica e altre dotazioni patrimoniali strettamente pertinenti allo stesso trasporto. c) Altri beni mobili: sistemi hardware, software e altri sistemi tecnologici per il controllo e il rilevamento delle prestazioni e della flotta (incluso i sistemi Automatic Vehicle Monitoring: AVM), il funzionamento degli impianti, la gestione dei dati e dei ricavi da bigliettazione e ogni altro sistema assimilabile strettamente funzionali ai servizi oggetto di gara".  L'Autorità distingue, inoltre, la nozione di beni essenziali (beni strumentali per i quali sono verificate cumulativamente le seguenti condizioni: a) condivisibilità; b) non sostituibilità; c) non duplicabilità a costi socialmente sostenibili; d) dominanza) da quella di beni indispensabili (ben strumentali per i quali sono verificate cumulativamente le seguenti condizioni: a) non condivisibilità; b) non sostituibilità; c) non duplicabilità a costi socialmente sostenibili), nonché da quella di beni commerciali né essenziali né indispensabili (i beni strumentali per i quali non ricorrono cumulativamente le caratteristiche sopra enumerate e che sono reperibili nel mercato o duplicabili a prezzi o costi socialmente sostenibili).   

[72]    Nel documento consegnato dal Presidente dell’ANAS S.p.A. nel corso della sua audizione informale presso l’8a Commissione del Senato, tenutasi in data 6 dicembre 2016, il Presidente segnala “la principale innovazione del contratto di programma di quest’anno e segnatamente la previsione del corrispettivo. Nell’ambito del processo mirato all’integrazione di Anas nel gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, per costituire una grande realtà multimodale, logistica e infrastrutturale, è necessario dotare Anas di un meccanismo di autonomia finanziaria. E’ stato proposto nell’ambito del Contratto di programma un meccanismo di corrispettivo in rispondenza ai criteri Eurostat che porterà a una esclusione del bilancio Anas dal consolidato ISTAT. Il meccanismo di corrispettivo proposto, nell’ambito del partenariato pubblico privato (PPP): definisce un corrispettivo che fornisce risorse in grado di finanziare il piano investimenti in autofinanziamento per l’azienda; sposta gli introiti Anas da logica di contributo a logica di corrispettivo, con effettivo spostamento del rischio in capo al concessionario”.

[73]   Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni, si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi più numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalità di determinazione dei prezzi di acquisto, sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacità di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale. Una disamina delle norme di contenimento della spesa pubblica è contenuta nell’Allegato 1 alla circolare del 7 dicembre 2016, n. 26, recante istruzioni ai fini di un puntuale adeguamento e per una corretta gestione del bilancio di previsione dell’esercizio finanziario 2017 degli enti ed organismi pubblici, integrata poi dalla Circolare del 13 aprile 2017, n. 18, per tenere conto della legge di bilancio 2017, del decreto-legge n. 244/2016 (cd. “proroga termini”), e di altre norme settoriali di contenimento della spesa varate alla fine del 2016.

[74]    Le professioni (indicate nell’apposito Allegato cui la norma rinvia) sono le seguenti:

§  Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici

§  Conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

§  Conciatori di pelli e di pellicce

§  Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

§  Conduttori di mezzi pesanti e camion

§  Professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni.

§  Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

§  Professori di scuola pre–primaria

§  Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati

§  Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

§  Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.

      Il comma 185 prevede, poi, che con successivo DPCM si proceda alla determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative.

[75]    L’indennizzo per cessazione di attività commerciale è stato istituito dal decreto legislativo n. 207/1996. L’indennizzo spetta in caso di cessazione definitiva dell'attività commerciale ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attività commerciale su aree pubbliche

[76]    Si ricorda che, ai sensi del citato art. 3 del D.M. 30 gennaio 2015: la verifica della regolarità riguarda i pagamenti dovuti dall'impresa in relazione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che operino nell'impresa stessa, nonché i pagamenti dovuti dai lavoratori autonomi, scaduti sino all'ultimo giorno del secondo mese precedente quello in cui la verifica sia effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive; il DURC è in ogni caso rilasciato qualora lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun istituto previdenziale ed a ciascuna Cassa edile, risulti pari o inferiore a 150,00 euro, comprensivi di eventuali accessori di legge.

[77]    Per ulteriori ipotesi in cui si ritiene comunque sussistente la regolarità contributiva, cfr. il comma 2 del citato art. 3 del D.M. 30 gennaio 2015. 

[78]    Cfr. la circolare INPS n. 126 del 26 giugno 2015 e gli atti ivi citati.

[79]    Cfr., per le S.p.a., art. 2351, primo comma cc.

[80]    Per la disciplina delle stock option delle S.p.a., cfr- art. 2358, comma 3, c.c.

[81]    La medesima raccomandazione considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.

[82]    In tal caso, la disciplina trova applicazione per un periodo di 4 anni dalla data di entrata in vigore del D.L. 179/2012 se la start-up innovativa è stata costituita entro i 2 anni precedenti, di 3 anni, se è stata costituita entro i 3 anni precedenti, e di 2 anni, se è stata costituita entro i 4 anni precedenti.

[83]    Ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del D.Lgs. 81/2015 il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi, e, comunque, per un massimo di 5 volte nell'arco di 36 mesi (a prescindere dal numero dei contratti). Se il numero delle proroghe è superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga. Il successivo comma 2 dispone che nel caso in cui il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, (ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi), il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

[84]    All'assenza di una chiara qualificazione normativa sulla natura giuridico- tributaria di reddito di "capitale" ai fini delle imposte dirette dei proventi derivanti dai diritti patrimoniali "rafforzati" percepiti dai manager e dai dipendenti titolari di quote o azioni della società, si è fatto fronte con il chiarimento pubblicato in via di prassi dall'Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 103/E/2012), dove si è affermato che i proventi de quo devono configurarsi quali redditi di "capitale" rispetto alla varia tassonomia delle fattispecie reddituali espressamente indicate nel T.U.I.R., ai fini della formazione della base imponibile IRPEF, ma solo allorché la partecipazione agli utili mediante tali investimenti non sia subordinata all'esistenza del rapporto di lavoro con l'investitore, dal momento che è ben ipotizzabile che in tal caso il beneficiario potrebbe continuare a mantenere il possesso della partecipazione, anche in caso di "cessazione" del rapporto di lavoro.

[85]    Su domanda, possono far parte della Fondazione, acquisendo la qualifica di membri sostenitori, anche enti pubblici, persone giuridiche pubbliche e private, e persone fisiche che abbiano raggiunto la maggiore età, che condividono lo scopo della Fondazione e che contribuiscono mediante apporti in denaro ovvero mediante l’attribuzione di beni materiali o immateriali.

[86]    Si ricorda che l'art. 90, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come risultante a seguito delle modifiche dell'art. 65, comma 3-ter, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, rifinanziato dal comma 303 della citata legge di stabilità 2014, ha istituito presso l'Istituto per il credito sportivo il Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive nonché di ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive.