Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale - D.L. 243/2016 - A.S. 2692
Riferimenti:
AC N. 4200/XVII   DL N. 243 DEL 29-DIC-16
AC N. 4200-A/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 520    Progressivo: 2
Data: 13/02/2017
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2692/XVII     

 


Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale,
con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno

 

Schede di lettura

 

D.L. 243/2016 – A.S. 2693

febbraio 2017

 

 

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Dossier n. 446

 

 

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Progetti di legge n. 520/2

 

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File: D16243.docx

 

 


I N D I C E

Schede di lettura

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva, nonché progetti di efficienza energetica e risanamento ambientale di grandi dimensioni)  7

Articolo 1-bis (Integrazione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per dipendenti del gruppo ILVA). 17

Articolo 2 (Procedure di infrazione europee n. 2004/2034 e n. 2009/2034 per la realizzazione e l'adeguamento dei sistemi di collettamento,  fognatura e depurazione). 19

Articolo 3 (Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-Coroglio). 33

Articolo 3-bis (Bonifica del deposito ex Cemerad). 35

Articolo 3-ter (Piano straordinario per la verifica ambientale nella località Burgesi del comune di Ugento). 39

Articolo 3-quater (Incentivi per gli esercenti di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili). 41

Articolo 3-quinquies (Interventi in materia di sicurezza del territorio e contrasto alla criminalità)  43

Articolo 4 (Agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale (transhipment)). 45

Articolo 4-bis (Diffusione della logistica digitale nel Mezzogiorno). 51

Articolo 4-ter (Trasporto di acqua destinata al consumo umano). 53

Articolo 5 (Incremento del Fondo per le non autosufficienze). 55

Articolo 5-bis (Riqualificazione e ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni del Mezzogiorno). 57

Articolo 6 (Scuola europea di Brindisi). 59

Articolo 7 (Interventi funzionali alla presidenza italiana del G7 nel 2017). 63

Articolo 7-bis (Principi l’assegnazione di risorse del Fondo sviluppo e coesione)  69

Articolo 7-ter (Misure di accelerazione e semplificazione organizzativa per l'attuazione delle politiche di coesione). 73

Articolo 7-quater (Misure in materia di credito d’imposta). 75

Articolo 7-quinquies (Disposizioni in materia di utilizzo di contributi statali previsti a legislazione vigente). 79

Articolo 7-sexies (Programma “Magna Grecia” - Matera verso il Mediterraneo e sviluppo del Polo museale pugliese»). 85

Articolo 7-septies (Trasferimento di beni aziendali confiscati al patrimonio di Comuni, Province e Regioni). 89

Articolo 7-octies (Fondo per contenzioso amministrativo). 91

Articolo 7-novies (Modifiche alla legge 11 dicembre 2016, n.232, in materia di beni ad alto contenuto tecnologico). 93

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Completamento della procedura di cessione
dei complessi aziendali del gruppo Ilva, nonché progetti di efficienza energetica e risanamento ambientale di grandi dimensioni)

 

 

Il comma 1, lettera a) dell’articolo 1 interviene sulla tempistica di restituzione dell’importo di 300 milioni di euro erogato nell’anno 2015 dallo Stato a favore di ILVA S.p.a. (modifica all’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 191/2015).

Il comma 3 dell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, nelle more del completamento delle procedure di trasferimento dei complessi aziendali di ILVA S.p.A., ha autorizzato l'erogazione da parte dello Stato di 300 milioni di euro in favore dell'amministrazione straordinaria, qualificando il finanziamento come indispensabile per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del Gruppo ILVA. Sulla base della modifica introdotta dal D.L. n. 98/2016 (articolo 1, comma 1, lett. a)), il comma 3 dispone che l'obbligo di restituzione della somma erogata dallo Stato è a carico dell'amministrazione straordinaria del Gruppo ILVA, cui tali somme sono state effettivamente versate (prima della novella operata dal D.L. n. 98/2016 il comma 3 disponeva invece che l’obbligo di restituzione fosse in capo al soggetto aggiudicatario della procedura di cessione).Il decreto ministeriale che dispone la concessione del prestito all’Ilva è stato adottato il 15 dicembre 2015 e l’importo è stato erogato il 23 dicembre 2015.

Quanto alla tempistica di restituzione, il comma 3 nella sua formulazione precedente all’intervento in esame, disponeva che essa dovesse avvenire entro 60 giorni dall'adozione del decreto di cessazione dell'esercizio dell'impresa ex art. 73 del D.Lgs. n. 270/1999, anteponendolo agli altri debiti della procedura.

In virtù della novella in esame, l’importo dovrà ora essere restituito da parte dell’Amministrazione straordinaria allo Stato entro 60 giorni dalla data in cui avrà efficacia la cessione a titolo definitivo dei complessi aziendali di ILVA, a differenza di quanto previsto dalla normativa previgente che disponeva la restituzione entro 60 giorni dall’adozione, nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria cui ILVA è sottoposta, del decreto di cessazione dell’esercizio di impresa.

Rimane ferma la previsione che la restituzione debba avere anteposizione rispetto agli altri debiti della procedura.

Quanto al decreto di cessazione dell’esercizio di impresa, l’articolo 73 del D.Lgs. n. 270/1999 dispone che, nei casi di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma è avvenuta l’integrale cessione dei complessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa. Dunque, secondo la disciplina ordinaria, l’adozione del decreto di cessazione dell’esercizio di impresa dipende dalla cessione, nei termini di scadenza del programma, dei complessi aziendali.

A far data dal decreto l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria.

 

Il comma 1, lettera b) demanda al contratto che regola il trasferimento in capo all'aggiudicatario dei complessi aziendali del gruppo ILVA la definizione delle modalità attraverso cui, successivamente al trasferimento, i commissari straordinari svolgono o proseguono le attività, esecutive e di vigilanza, funzionali all'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (approvato con D.P.C.M. 14 marzo 2014 e come eventualmente modificato secondo la procedura delineata dal D.L. 191/2015, articolo 1, comma 8.1).

Si ricorda a questo proposito che l’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 191/2015 ha attribuito ai commissari del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria il compito di espletare, entro il 30 giugno 2016, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione, le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali individuati dal programma commissariale, ai sensi ed in osservanza delle modalità di cessione dei complessi aziendali prevista dalla disciplina sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui al D.L. n. 347/2003 (articolo 4-quater del D.L. n. 347/2003 e ss. mod.), assicurando la discontinuità, anche economica, della gestione da parte del o dei soggetti aggiudicatari.

Sui criteri di scelta del contraente aggiudicatario è pressoché contestualmente intervenuto il D.L. n. 98 del 9 giugno 2016, che ha modificato ed integrato la disciplina contenuta nell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015 (modificando il comma 8 e inserendo i nuovi commi da 8.1 a 8.3), strettamente correlandola alla realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria.

Lo stesso D.L. n. 98/2016 è poi intervenuto sull’articolo 2, comma 5 del D.L. n. 1/2015, che ha fissato il termine ultimo per l'attuazione del Piano al 30 giugno 2017, disponendo che tale termine possa essere prorogabile per un periodo non superiore a 18 mesi. La proroga è su istanza dell'aggiudicatario della procedura di trasferimento dei complessi aziendali. L’istanza deve essere formulata con la domanda dell’aggiudicatario di autorizzazione a nuovi interventi e alla modifica del Piano (ai sensi di quanto previsto dal comma 8.1 dell’art.1, D.L. n. 191/2015, come inserito dallo stesso D.L. n. 98, cfr. infra). La proroga per un periodo non superiore a 18 mesi è autorizzata con il D.P.C.M. di approvazione delle modifiche del Piano.

La domanda di autorizzazione a nuovi interventi modificativi del Piano e di proroga del Piano stesso, deve essere formulata già in sede di presentazione delle offerte e segue una articolata procedura disciplinata nel comma 8.1 dell’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, come inserito dal D.L. n. 98/2016.

 

La lettera b) interviene altresì sul termine di durata del programma dell'amministrazione straordinaria disponendo che esso si intende esteso sino alla scadenza del termine ultimo per l'attuazione del Piano, come eventualmente modificato o prorogato ai sensi della procedura delineata nel D.L. n. 191/2015 (all’articolo 1, comma 8.1) o di altra norma di legge.

Come già ricordato, secondo la disciplina previgente, il Piano doveva essere realizzato entro il 30 giugno 2017, termine prorogabile per un periodo non superiore a 18 mesi su istanza dell’aggiudicatario dei complessi aziendali. Dunque, il termine di durata del programma di amministrazione straordinaria si intende comunque ora esteso, dopo il trasferimento dei complessi aziendali, al termine di attuazione del Piano.

Entro il termine ultimo per l’attuazione del Piano, i commissari straordinari sono autorizzati ad individuare e realizzare, sentiti ARPA Puglia e ISPRA, ulteriori interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nel predetto Piano, ma ad stesso strettamente connessi, anche mediante formazione e impiego del personale delle società in amministrazione straordinaria non altrimenti impegnato, allo scopo di favorire il reinserimento del personale stesso nell’ambito del ciclo produttivo (la lettera b) integra l’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, di un ulteriore comma 8.4). Nel corso dell’esame presso la Camera è stato inserito l’obbligo per i Commissari straordinari di specificare, nella relazione di cui al comma 10-bis dell’articolo 1 del D.L. n. 191 del 2015, i predetti interventi di decontaminazione e risanamento ambientale, nonché lo stato di attuazione degli interventi stessi.

Il Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, adottato con il D.P.C.M. 14 marzo 2014, prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) nonché, in attuazione dell'art. 7 del D.L. 136/2013, la conclusione dei procedimenti di riesame che discendono dall'AIA del 4 agosto 2011 e dall'AIA del 26 ottobre 2012, con esclusione di quelli che devono essere avviati a seguito dell'adempimento di prescrizioni e di quelli che comprendono impianti dello stabilimento non disciplinati dal piano.

 

La lettera b) del comma 1 prevede, inoltre, l’integrazione del programma di amministrazione straordinaria con un piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. Per consentire l’immediato avvio delle attività propedeutiche alla realizzazione dello stesso piano, si autorizza un importo di 300.000 euro, che viene posto a carico delle risorse del programma nazionale complementare "Imprese e competitività 2014- 2020", approvato dal CIPE con delibera 10 del 1° maggio 2016.

Il CIPE nella seduta del 1° maggio 2016, ha approvato, con delibera 10/2016 la proposta di Programma complementare di azione e coesione 2014-2020 denominato “Imprese e competitività”, presentato dal Ministero dello Sviluppo economico, ai sensi della delibera del CIPE n. 10 del 28 gennaio 2015, per un importo di 696,25 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987. Il Programma interviene esclusivamente nelle cinque Regioni meno sviluppate del Mezzogiorno (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e si pone in funzione complementare rispetto al Programma operativo nazionale Imprese e competitività 2014-2020, approvato dalla Commissione europea il 23 giugno 2015. Il programma prevede il finanziamento di due principali categorie di interventi (oltre ad uno stanziamento di 27,85 milioni di euro per assistenza tecnica):

§  interventi di sostegno ai processi di ricerca, sviluppo e innovazione delle imprese (cui sono destinati 165 milioni di euro);

§  interventi per lo sviluppo produttivo e occupazionale dei territori di destinazione (cui sono destinati 503,4 milioni di euro).

La dotazione finanziaria del programma è da utilizzarsi per una quota indicativamente pari al 60 per cento per la realizzazione di interventi coerenti con il PON «Imprese e competitività» ai fini della costituzione di un bacino di progetti overbooking.

 

Si precisa che il piano, a carattere sperimentale, ha la durata di tre anni, viene approvato dal Ministro dello sviluppo economico e monitorato nei relativi stati di avanzamento. Il piano deve conformarsi alle raccomandazioni adottate dagli organismi internazionali in tema di responsabilità sociale dell’impresa e alle migliori pratiche attuative ed è predisposto ed attuato a cura dei commissari straordinari, d’intesa con i Comuni di cui al primo periodo per quanto attiene la selezione dei soggetti beneficiari, con l’ausilio di organizzazioni riconosciute anche a livello internazionale, enti del terzo settore ed esperti della materia. Nel corso dell’esame presso la Camera è stato specificato che i criteri di selezione sono resi pubblici nei siti Internet istituzionali dei comuni medesimi (a tal fine, la lettera b) integra l’articolo 1 del D.L. n. 191/2015, di un ulteriore comma 8.5)).

 

L’articolo interviene poi sulla destinazione delle risorse rivenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali (concessi fino ad 800 milioni di euro ai sensi dell’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015), che vengono destinate:

§  nel limite di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019 al finanziamento delle attività relative alla predisposizione e attuazione del citato Piano per attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola. A tal fine le risorse in oggetto sono mantenute sulla contabilità speciale, aperta presso la tesoreria statale e intestata ai commissari straordinari per l'attuazione del Piano ambientale, e i commissari, anche ai fini dei trasferimenti delle risorse occorrenti per le attività di sostegno assistenziale, provvedono a rendicontare al Ministero vigilante con cadenza semestrale. Nel corso dell’esame presso la Camera è stato specificato che la relazione è trasmessa dal Ministro vigilante alle Camere per il deferimento alle Commissioni parlamentari competenti per materia (comma 2, lettera a))

§  nel limite di 50 milioni di euro per il 2017 e di 20 milioni di euro per il 2018 al Ministero della Salute e successivamente trasferite alla Regione Puglia per la realizzazione di un progetto volto all’acquisizione dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione di interventi di ammodernamento tecnologico delle apparecchiature e dei dispositivi medico-diagnostici delle strutture sanitarie pubbliche ubicate nei suddetti Comuni (comma 2, lettera b)). Il predetto progetto - inserito tra gli interventi del Contratto istituzionale di sviluppo, sottoscritto il 30 dicembre 2015 - viene trasmesso dalla Regione Puglia e deve essere approvato dal Ministero della salute, sentito l’Istituto superiore di sanità, previo parere del Tavolo istituzionale permanente per Taranto (vedi comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 6 del 23 Dicembre 2016), integrato con un rappresentante del Ministero della salute. Nel corso dell’esame alla Camera è stata inserita la previsione in base alla quale la regione Puglia presenta al Ministero della salute, entro il 31 gennaio di ciascun anno, una relazione sulle attività svolte, con la rendicontazione delle risorse utilizzate e degli interventi realizzati nell'anno precedente. La relazione è trasmessa dal Ministro della salute alle Camere per il deferimento alle Commissioni parlamentari competenti per materia (comma 3).

Come sottolineato dal Ministro per la Coesione territoriale e Mezzogiorno, tale intervento si aggiunge al rifinanziamento per 8 milioni di euro delle attività di screening sanitario gratuito per i residenti dei Comuni interessati disposti dal Decreto «ILVA-Terra dei Fuochi» (decreto legge 136/2013). A sua volta, la Regione Puglia dovrà rielaborare il proprio Piano sanitario - che non ha superato la verifica di efficacia e di efficienza dei Ministeri vigilanti, Salute/Economia - in modo da garantire il potenziamento dei servizi nell’area di Taranto” (da LaGazzettadelMezzogiorno.it del 24 dicembre 2016).

Si ricorda che il decreto legge 10 dicembre 2013, n.136[1] ha affrontato l'emergenza della Terra dei fuochi nelle aree di Caserta e dintorni, ma anche di Taranto e Statte, in relazione all'Ilva. L’articolo 2, commi da 4-quinquies a 4-octies, del decreto legge 136/2013, modificando il decreto legge 4 giugno 2013, n. 61[2], ha infatti previsto l’offerta di esami per la prevenzione e per il controllo dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Taranto e di Statte. Per gli screenig sanitari gratuiti sono stati destinati complessivamente 50 milioni di euro per il biennio 2014-2015.

 

Quanto alle risorse rivenienti dalla restituzione dei finanziamenti statali di cui all’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015, citato nel testo del provvedimento in esame, si ricorda che tale comma 6-bis ha autorizzato l’organo commissariale di ILVA S.p.A. a contrarre un finanziamento statale per un ammontare fino a 800 milioni di euro, di cui fino a 600 milioni di euro nel 2016 e fino a 200 milioni di euro nel 2017 al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa.

Sugli importi erogati maturano interessi (da ultimo rideterminati dall’articolo 1, comma 609 della legge di bilancio 2017). Quanto al rimborso allo Stato delle predette risorse, il comma 6-bis, come novellato dall'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 98/2016, lo prevede al 2018, ovvero successivamente[3], secondo la procedura di ripartizione dell'attivo della società nel medesimo comma prevista, in prededuzione, ma subordinatamente al pagamento, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria, nonché dei creditori privilegiati.

Quanto all’importo ad oggi effettivamente erogato ad ILVA, rispetto ai 600 milioni autorizzati per il 2016, sebbene non si disponga di informazioni ufficiali, appare opportuno evidenziare che a legge di bilancio per il 2017-2019, il capitolo 7400/MISE (su cui sono iscritte le somme in questione) riporta, dell’importo di 600 milioni per il 2016, a residui presunti, la cifra di 315 milioni di euro.

A garanzia del rimborso, la disciplina vigente, contenuta nell’articolo 1, comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015, pure citato nel testo del provvedimento in esame, dispone inoltre, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, le somme eventualmente confiscate o comunque pervenute allo Stato in via definitiva all'esito di procedimenti penali pendenti, sono versate fino alla concorrenza dell'importo di 800 milioni di euro, all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di restituzione del prestito statale di 800 milioni e, per la parte eccedente, sulla contabilità speciale dell'amministrazione straordinaria per essere destinate al finanziamento di interventi per il risanamento e la bonifica ambientale e, in via subordinata, alla riqualificazione e riconversione produttiva dei siti contaminati, nei comuni di Taranto e di Statte.

Sulla questione è comunque intervenuta anche la legge di bilancio 2017, che al citato comma 609 ha previsto che i finanziamenti statali sopra indicati concessi e non erogati nei confronti di ILVA cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle obbligazioni che - ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - l’organo commissariale di ILVA è autorizzato ad emettere a valere sulle somme attualmente sottoposte a sequestro (nell’ambito dei procedimenti penali a carico dei principali azionisti ed ex dirigenti dell’ILVA) all’atto del trasferimento delle medesime somme in Italia.

Il comma 610 della medesima legge di bilancio è poi intervenuto sulla destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle citate obbligazioni specificando - con una novella all’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - che queste saranno versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria previa però restituzione dei finanziamenti statali per la parte eventualmente erogata.

 

 

Infine, l’articolo provvede alla compensazione degli effetti, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, determinati dalla destinazione delle risorse oggetto di rimborso agli interventi nelle zone dei Comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola, disponendo che ad essi si provveda mediante utilizzo del Fondo – operante in termini di sola cassa - per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (di cui all’articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008), nel limite massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2017, 30 milioni di euro per l’anno 2018 e 10 milioni di euro per l’anno 2019 (comma 4).

Il comma 5 autorizza il Ministro dell’economia e finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio connesse all’attuazione del provvedimento in esame.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera, è stato introdotto il comma 5-bis, il quale differisce dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 il termine - previsto dall’articolo 14, comma 11, del D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102 - di durata degli incentivi per i progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni con risparmi non inferiori a 35.000 TEP/anno, il cui periodo di riconoscimento dei certificati bianchi sia terminato entro il 2014[4]. Si tratta di progetti avviati entro il 31 dicembre 2016.

Conseguentemente, nel corso dell’esame alla Camera è stata riformulata la rubrica dell’articolo 1, al fine di ricomprendervi i progetti di efficienza energetica e risanamento ambientale di grandi dimensioni.

L’articolo 14, comma 11, del D.Lgs. n. 102/2014, nella sua formulazione attuale, dispone – per i progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni, non inferiori a 35.000 TEP/anno, il cui periodo di riconoscimento dei certificati bianchi sia terminato entro il 2014 – la proroga della durata di tali incentivi sino al 31 dicembre 2016. La proroga è concessa a fronte di progetti definiti dallo stesso proponente e previa verifica tesa a valutare le reali peculiarità dei progetti e purché i progetti stessi siano in grado di produrre nuovi risparmi di energia in misura complessivamente equivalente alla soglia minima annua indicata, concretamente avviati entro il 31 dicembre 2016[5]. Altri criteri previsti dal comma ai fini della fruizione degli incentivi sono quelli di:

§  collegamento funzionale a nuovi investimenti in impianti energeticamente efficienti installati nel medesimo sito industriale;

§  efficientamento energetico di impianti collegati alla medesima filiera produttiva, anche in siti diversi, avviati nella medesima data del 31 dicembre 2016;

§  risanamento ambientale nei siti di interesse nazionale di cui all'articolo 252 D.Lgs. n. 152/2006[6].

§  salvaguardia dell'occupazione.

 

Procedure di contenzioso

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

 

La Commissione europea ha emesso il 16 ottobre 2014 un parere motivato nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013, contestando, in relazione allo stabilimento ILVA di Taranto, la violazione della direttiva 2008/1/CE (cd. Direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento fino al 7 gennaio 2014, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali, a decorrere da tale data. Nel parere motivato, la Commissione, pur riconoscendo i progressi conseguiti dalla data di costituzione in mora, contesta la violazione delle direttive sopra richiamate con riferimento ai seguenti ambiti:

§  la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti;

§  la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;

§  la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento e per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.

La Commissione contesta altresì il mancato aggiornamento dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) nel 2013 e la mancanza di misure relative all’arresto definitivo dell’impianto nonché di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee.

 

Investigazione formale in materia di aiuti di Stato

Il 20 gennaio 2016 la Commissione europea ha deciso di avviare, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), un’investigazione formale per accertare l’esistenza di possibili misure a favore dell’acciaieria Ilva spa in amministrazione straordinaria. Con una successiva comunicazione, il 13 maggio 2016 è stato esteso il procedimento anche al prestito di 300 milioni di euro, concesso ai sensi del decreto-legge n. 191 del 2015 (convertito in legge 1 febbraio 2016, n. 13).

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, una misura di sostegno costituisce aiuto se risultano cumulativamente soddisfatte le seguenti condizioni:

§  è concessa dallo Stato o per mezzo di risorse statali;

§  conferisce un vantaggio selettivo a talune imprese o a determinate attività economiche;

§  falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri.

In particolare, per quanto concerne il prestito statale di 300 milioni di euro la Commissione europea sottolinea che esso comporta l’utilizzo di risorse statali, essendo il prestito proveniente dal Ministero dell’economia e delle finanze, e, essendo rivolto esplicitamente all’Ilva, conferisce all’azienda un vantaggio indebito, dato che l’Ilva non avrebbe potuto ottenerlo alle normali condizioni di mercato. Infatti, la Commissione europea dubita che un operatore privato di mercato avrebbe accettato di prestare all’Ilva 300 milioni di euro, anche a condizioni diverse da quelle previste dal decreto-legge, alla luce delle difficoltà finanziarie in cui versa l’impresa, dimostrate dal protrarsi della situazione di amministrazione straordinaria oltre un anno dopo la dichiarazione di insolvenza del 30 gennaio 2015.

Sulla base degli elementi sopra riportati, la Commissione europea ritiene che non vi sia alcuna base per ritenere gli eventuali aiuti di Stato all’Ilva compatibili con il mercato interno, dal momento che non sono ammessi – ai sensi degli orientamenti in materia di aiuti di Stato - aiuti a finalità regionale né aiuti al salvataggio o alla ristrutturazione a favore del settore siderurgico[7]. Inoltre, l’Ilva non risulta ammissibile agli aiuti ambientali a norma degli orientamenti applicabili poiché si configura come impresa in difficoltà ai sensi del punto 20, lettera c), degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2014.

La Commissione europea ha dunque avviato una interlocuzione con le autorità italiane per accertare che le risorse stanziate siano esclusivamente utilizzate per interventi di risanamento dell'area inquinata dall'Ilva e per consentire un adeguamento degli impianti al fine di renderli compatibili con la normativa in materia di emissioni inquinanti, e non già per interventi volti a garantire la prosecuzione dell'ordinaria attività degli stabilimenti. In tali casi, infatti, i finanziamenti determinerebbero una distorsione della concorrenza in quanto si tradurrebbero nel sostegno ad una impresa a scapito delle altre.

In conclusione, l'utilizzo, anche parziale, delle risorse stanziate per l'esercizio dell'attività di impresa e non per gli interventi di risanamento non sarebbe compatibile con la normativa europea e giustificherebbe una sanzione a carico dello Stato italiano.

 


Articolo 1-bis
(Integrazione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per dipendenti del gruppo ILVA)

 

L’articolo 1-bis, introdotto dalla Camera, autorizza una spesa di 24 milioni di euro per il 2017 allo scopo di integrare il trattamento economico dei dipendenti impiegati presso gli stabilimenti produttivi del gruppo ILVA per i quali sia avviato o prorogato, nel corso dello stesso anno, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (anche in relazione ad impegni dei lavoratori in corsi di formazione professionale per la gestione delle bonifiche relative ai medesimi stabilimenti). La norma è intesa, quindi, ad integrare le retribuzioni dei lavoratori interessati per la parte, pari, in linea di massima, al 20% della retribuzione stessa, non coperta dalla cassa integrazione guadagni straordinaria.

 

La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) è uno strumento volto al sostegno dei redditi degli operai dell'industria in caso di riduzione dell'orario di lavoro o di sospensione dell'attività, dovute a situazioni di crisi oppure a riorganizzazione aziendale. Attualmente, la disciplina è contenuta nel D.Lgs. 148/2015[8].

In via generale, la CIGS è riservata a specifiche categorie di imprese (individuate dall’articolo 20 del D.Lgs. 148/2015), che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la domanda, inclusi gli apprendisti e i dirigenti[9].

La CIGS può essere richiesta quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da:

§  riorganizzazione aziendale, per un massimo di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile;

§  crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa, per un massimo di 12 mesi, anche continuativi;

§  contratto di solidarietà, per un massimo di 24 mesi (36 a determinate condizioni), anche continuativi, in un quinquennio mobile.

La CIGS non può essere invece richiesta quando l’azienda abbia già richiesto (per gli stessi periodi e le medesime causali) l'intervento ordinario.

Per quanto attiene alla misura del trattamento straordinario, esso è dovuto nella misura dell'80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, comprese tra le zero ore ed il limite dell’orario contrattuale (ma comunque non oltre il limite massimo di 40 ore settimanali e non oltre un massimale il cui importo viene aggiornato annualmente).

Il finanziamento della CIGS è in gran parte erogato dallo Stato, tramite la GIAS[10]. Per la quota non coperta è prevista una contribuzione di base sia a carico delle imprese (che rientrino nell’ambito di applicazione dell’istituto) sia a carico dei relativi lavoratori; tali contributi sono pari, rispettivamente, allo 0,6% e allo 0,3% della retribuzione (per un totale, quindi, pari allo 0,9%).

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’articolo 44, comma 11-bis, del D.Lgs. 148/2015[11], per il biennio 2016-2017, per le imprese operanti nelle c.d. aree di crisi complessa, già individuate alla data dell'8 ottobre 2016 (data di entrata in vigore dello stesso D.Lgs. 185/2016), la CIGS può essere prorogata per un massimo di 12 mesi.

 

All'onere derivante dalla norma in esame, pari a 24 milioni di euro, si provvede mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da effettuare nell‘anno 2017, per una quota di corrispondente importo, delle risorse destinate al finanziamento di iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive per il lavoro (tali risorse derivano dall'istituzione[12] di una gestione a stralcio separata nell’ambito del Fondo di rotazione in materia di formazione professionale[13], gestione a cui è destinata una quota delle disponibilità del medesimo Fondo derivanti da residui passivi pregressi e oggetto di disimpegno). 

 

L’articolo 5, comma 4-bis, del D.Lgs. 150/2015[14] ha integrato le risorse attribuite all’A.N.P.A.L.[15], disponendo che la stessa effettui la verifica dei residui passivi a valere sul richiamato Fondo di rotazione (di cui all'articolo 9, comma 5, del D.L. 148/1993) relativi ad impegni assunti in data antecedente all’8 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 185/2016). L’individuazione delle risorse da disimpegnare a seguito della verifica effettuata dall’A.N.P.A.L. è demandata ad uno specifico decreto ministeriale. E’ altresì previsto che il 50% delle risorse disimpegnate confluiscano in una gestione a stralcio separata (istituita nell’ambito dello stesso Fondo di rotazione), per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del finanziamento di iniziative dello stesso Dicastero.

 


Articolo 2
(Procedure di infrazione europee n. 2004/2034 e n. 2009/2034 per la realizzazione e l'adeguamento dei sistemi di collettamento,
fognatura e depurazione)

 

 

L’articolo 2 detta disposizioni finalizzate a garantire un rapido adeguamento alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell'UE pronunciate il 19 luglio 2012 (causa C-565/10, relativa alla procedura di infrazione 2004/2034) e il 10 aprile 2014 (causa C-85/13, relativa alla procedura di infrazione 2009/2034) evitando l'aggravamento delle procedure di infrazione in essere, mediante gli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue necessari. Tale fine viene perseguito affidando i compiti di coordinamento e realizzazione dei citati interventi ad un unico Commissario straordinario del Governo, in sostituzione dei precedenti Commissari nominati con l’art. 7 del D.L. n. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia). L’articolo in esame provvede quindi a disciplinare la nomina, le funzioni e le prerogative del nuovo Commissario unico (a cui viene affiancata una segreteria tecnica composta da non più di 6 membri), nonché il trasferimento delle funzioni dai Commissari in carica al nuovo Commissario unico.

L’articolo è stato modificato in più punti nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento al fine, tra l’altro, di:

§  prevedere che il Commissario sia scelto tra persone che non siano in una situazione di conflitto di interesse;

§  attribuire al Commissario compiti di gestione degli impianti fino a quando l’agglomerato urbano corrispondente non sia reso conforme a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea e comunque per un periodo non superiore a due anni dal collaudo definitivo delle opere;

§  prevedere che le risorse della delibera CIPE 60/2012 già trasferite ai bilanci regionali, ma per le quali non risulti intervenuta l’aggiudicazione provvisoria dei lavori, siano trasferite al Commissario entro sessanta giorni dalla richiesta del medesimo Commissario;

§  specificare che le risorse derivanti da interventi, per la cui realizzazione sia prevista la concorrenza della tariffa, siano trasferite dai gestori del servizio idrico integrato con le modalità previste con una deliberazione adottata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas e il sistema idrico, sentito l’ente di governo d’ambito, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame;

§  esplicitare i riferimenti della norma che prevede la predisposizione di un albo di soggetti ai quali affidare incarichi di progettazione di importo inferiore ad un milione di euro, anche al fine di consentire la trasmissione di detto albo all’Autorità nazionale anticorruzione, ai fini della verifica del rispetto dei criteri previsti dal comma 2 dell’articolo 134 del Codice dei contratti pubblici.

 

Il comma 7 dell’art. 7 del D.L. 133/2014 e relative attuazioni e modifiche

 

Al fine di accelerare la progettazione e la realizzazione degli interventi necessari all'adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di Giustizia dell'UE in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE (si rinvia in proposito alla scheda sulle procedure di contenzioso a livello europeo), il comma 7 dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (c.d. decreto-legge sblocca Italia) ha consentito la possibilità di attivare la procedura di esercizio del potere sostitutivo del Governo, anche con la nomina di appositi commissari straordinari, disciplinando i poteri dei commissari medesimi (tale possibilità di attivazione del potere sostitutivo, prevista inizialmente fino al 31 dicembre 2014, è stata successivamente prorogata dal comma 4 dell'art. 9 del D.L. 192/2014, fino al 30 settembre 2015).

In merito all'attuazione delle disposizioni del citato comma 7, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso una nota che dà conto dell'attuazione dell'ordine del giorno n. 9/2629-AR/221, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea alla Camera del 29 ottobre 2014, con cui si impegnava l'esecutivo ad attuare le citate disposizioni. In tale nota si legge che "nel mese di novembre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incontrato i rappresentanti delle regioni Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania" e vengono indicati, quali impianti per i quali si sono riscontrate le maggiori criticità, quelli nei comuni di Acireale, Misterbianco, Augusta, Monte Tauro e Agnone, nonché dell'isola di Ischia. Per tali interventi la nota sottolinea che "il Ministero dell'ambiente ha avviato le procedure previste dall'articolo 7, comma 7, del decreto-legge n. 133/2014, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164, valutando anche la nomina di appositi commissari straordinari". Nella seduta dell'11 giugno 2015, in risposta all'interrogazione 5/05774, il rappresentante del Governo ha fornito l'elenco delle procedure di cui al citato comma 7 (potere sostitutivo) attivate dal Ministero dell'ambiente. Inoltre, nel documento consegnato dal Ministro dell’ambiente nel corso della sua audizione del 1° marzo 2016 presso l’VIII Commissione (ambiente) della Camera dei deputati, si legge che la procedura prevista dal comma 7 dell’art. del D.L. 133/2014 ha portato, tra l’altro, “alla nomina di appositi commissari straordinari per interventi finanziati con la delibera CIPE n. 60/2012, che interessano le Regioni: Basilicata (6 agglomerati – 8 interventi – importo € 23,7 mln), Campania (4 agglomerati – 4 interventi – importo € 180,332 mln), Calabria (11 agglomerati – 5 interventi – importo € 27,3 mln) e Sicilia ( 36 agglomerati – 64 interventi € 772,08 mln )”.

Con riferimento alle risorse stanziate nella delibera CIPE 60/2012, nella relazione del Ministro dell’ambiente relativa alla procedura d'infrazione n. 2004/2034 (trasmessa al Parlamento nel gennaio 2016), viene ricordato che con tale delibera sono stati destinati oltre un miliardo e 643 milioni di euro al finanziamento di 183 interventi individuati dalle Regioni (tramite specifici accordi di programma quadro sottoscritti nel 2013 tra i Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico e le Regioni meridionali) e ritenuti dalle stesse prioritari nel settore idrico ed a risolvere le situazioni di maggiore criticità nel Sud del Paese (Basilicata - Calabria - Campania - Puglia - Sardegna - Sicilia). Dei 183 interventi in argomento 121 interessano agglomerati che sono stati interessati o attualmente ancora coinvolti nella procedura d'infrazione 2004/2034”.

Sullo stato degli investimenti per la chiusura del contenzioso europeo in atto si rinvia alla sezione “infrazioni” del “Portale dell’acqua” realizzato dalla Struttura di missione “Italiasicura”.

 

Al fine di accelerare le procedure per l’impegno e l’utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all’attuazione degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle norme della direttiva 91/271/CEE, il comma 8 dell’art. 22 del D.L. n. 113/2016 ha introdotto due nuovi commi (7-bis e 7-ter) dopo il comma 7 dell’art. 7 del D.L. n. 133/2014.

Il nuovo comma 7-bis  reca una disposizione che si applica ai commissari straordinari (di cui al comma 7) che assicurano la realizzazione degli interventi con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012.

Si fa notare che tali risorse non sono le uniche risorse destinate dallo Stato alla finalità in questione. Si ricorda infatti che il comma 112 dell'art. 1 della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente un fondo per il finanziamento di un piano straordinario di tutela e gestione della risorsa idrica, finalizzato prioritariamente a potenziare la capacità di depurazione dei reflui urbani, con una dotazione complessiva di 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016 (10 milioni per il 2014; 30 milioni per il 2015 e 50 milioni per l'esercizio 2016). Tale piano è stato approvato con D.M. Ambiente n. 271 del 13 novembre 2014, non pubblicato in G.U.

In proposito, in risposta all’interrogazione 3-02479, il Ministro dell’ambiente ha ricordato (nella seduta del 14 settembre 2016) che “la ripartizione del fondo, che ha ricevuto parere favorevole dalla Conferenza unificata, non tiene conto delle regioni del Mezzogiorno, beneficiarie dei fondi della delibera CIPE n. 60 del 2012, che destina oltre un miliardo e sei a valere proprio sul Fondo per lo sviluppo di coesione. Ad oggi, risultano trasferiti 28 milioni e mezzo alle regioni Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Val d'Aosta e Veneto. Per Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Liguria il trasferimento ha riguardato anche la quota relativa all'annualità 2016; la Toscana ha in corso di perfezionamento la richiesta di trasferimento. Ad oggi, non hanno presentato domanda a causa della mancata aggiudicazione dei lavori le regioni Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Marche, provincia autonoma di Trento e Umbria”.

Con riferimento alle risorse della delibera CIPE n. 60/2012, si ricorda che il comma 6 dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia) reca disposizioni finalizzate alla realizzazione di interventi relativi alle risorse idriche, nonché per la bonifica di discariche. Per tali finalità viene prevista l'istituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente, finanziato mediante le revoche delle risorse stanziate, per le medesime finalità, dalle delibere CIPE n. 60 e n. 87 del 2012 e per le quali alla data del 30 giugno 2016 non risultino essere stati ancora assunti atti giuridicamente vincolanti. I criteri, le modalità e l'entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione sono demandati ad un apposito D.P.C.M.

Finalità analoghe, a quelle previste dalle norme succitate, sono perseguite dall'art. 58 della legge n. 221/2015, recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali, (c.d. collegato ambientale) che istituisce un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione.

Si ricorda inoltre che il comma 140 dell’art. 1 della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire, con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell'Unione europea, in una serie di settori, tra cui quello delle “infrastrutture, anche relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione”.

 

Rispetto alle succitate risorse, rivenienti dalla delibera CIPE n. 60/2012, il nuovo comma 7-bis dispone che i commissari devono:

§  procedere senza indugio al loro impegno con le procedure ad evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), prescindendo comunque dall'effettiva disponibilità di cassa;

§  informare, in merito all'esito di tali procedure di evidenza pubblica, il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione territoriale.

 

Il successivo comma 7-ter disciplina invece il funzionamento delle contabilità speciali detenute dai commissari (stabilendo che queste siano direttamente alimentate, per la quota coperta con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012, con un anticipo fino al 20% del quadro economico di ciascun intervento su richiesta dei medesimi commissari e poi con successivi trasferimenti per gli stati avanzamento lavori, fino al saldo conclusivo, verificati dal commissario) e detta disposizioni in materia di monitoraggio.

 

Nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione in esame si constata che le disposizioni introdotte dal comma 7 dell’art. 7 del D.L. 133/2014 non hanno finora prodotto i risultati sperati. I motivi sono individuati nel fatto che “le procedure nazionali di concreta messa a disposizione delle risorse sono risultate troppo laboriose (solo recentemente è stato introdotto nell'articolo 7 del decreto-legge n. 133 del 2014 il comma 7-bis, che consente di procedere ad impegni con la sola competenza a prescindere della cassa)” e nella circostanza che ai commissari nominati in base alle norme del citato comma 7 “non sono corrisposti compensi e l'incarico commissariale è quindi aggiuntivo rispetto a quello ordinariamente svolto” e che “la vicinanza con i territori spesso ha irretito il loro operato in sterili contrapposizioni localistiche”.

 

Nomina del Commissario unico (comma 1, primo periodo)

 

Il comma 1 prevede la nomina di un unico Commissario straordinario del Governo, con apposito D.P.C.M. che deve essere emanato entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge (quindi entro il 30 gennaio 2017, termine ormai decorso) e dopo aver sentito i Presidenti delle regioni interessate.

La stessa disposizione stabilisce che il Commissario deve essere scelto tra persone, anche estranee alla P.A., di comprovata esperienza gestionale e amministrativa. Nel corso dell’esame presso la Camera, è stato previsto inoltre che tali persone non siano in una situazione di conflitto di interesse.

 

Disciplina applicabile al Commissario unico: durata, compenso, poteri, ecc. (commi 1, secondo e terzo periodo, 3 e 11)

 

In base al secondo e al terzo periodo del comma 1, il Commissario:

§  resta in carica per un triennio;

§  se dipendente pubblico, è collocato in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo secondo l'ordinamento applicabile. All'atto del collocamento fuori ruolo è reso indisponibile, per tutta la relativa durata, un numero di posti nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza equivalente dal punto di vista finanziario.

In base al successivo comma 3, al Commissario è corrisposto esclusivamente un compenso determinato nella misura e con le modalità di cui al comma 3 dell'art. 15 del D.L. n. 98/2011, a valere sulle risorse assegnate per la realizzazione degli interventi.

Il richiamato comma 3 dell’art. 15 del D.L. 98/2011 prevede che il compenso dei commissari o sub commissari è composto da una parte fissa e da una parte variabile e che la parte fissa non può superare 50 mila euro annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare 50 mila euro annui.

Il comma 3 in esame stabilisce, inoltre, che il compenso è composto da una parte fissa e da una parte variabile in ragione dei risultati conseguiti, riproducendo quanto stabilito dal richiamato comma 3 dell’art. 15 del D.L. 98/2011.

 

Il comma 11 dispone l’applicazione, al Commissario unico, delle seguenti disposizioni:

§  commi 2-ter, 4, 5 e 6 dell'art. 10 del D.L. 91/2014, e comma 5 dell’art. 7 del D.L. 133/2014, che attribuiscono una serie di poteri ai Presidenti delle regioni in qualità di Commissari straordinari per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;

Il comma 2-ter dell’art. 10 del D.L. 91/2014 prevede la possibilità di delegare apposito soggetto attuatore, purché senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Il successivo comma 4 dispone che, per le attività di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione dei lavori, ivi inclusi servizi e forniture, sia possibile avvalersi “oltre che delle strutture e degli uffici regionali, degli uffici tecnici e amministrativi dei comuni, dei provveditorati interregionali alle opere pubbliche, nonché della società ANAS S.p.A., dei consorzi di bonifica e delle autorità di distretto, nonché delle strutture commissariali già esistenti, non oltre il 30 giugno 2015, e delle società a totale capitale pubblico o delle società dalle stesse controllate”. Il comma 5 del medesimo articolo conferisce invece la titolarità dei procedimenti di approvazione e autorizzazione dei progetti e la possibilità di avvalersi di poteri di sostituzione e di deroga. Il successivo comma 6 stabilisce che l’autorizzazione rilasciata ai sensi del comma precedente sostituisce tutti i pareri, le autorizzazioni e ogni altro provvedimento abilitativo necessario per l'esecuzione dell'intervento, comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, fatti salvi i pareri e gli atti di assenso comunque denominati, di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Lo stesso comma detta altresì disposizioni acceleratorie, prevedendo che tali pareri o atti di assenso devono essere comunque rilasciati entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali, in mancanza del parere, si provvede alla conclusione del procedimento, e dimezzando i termini previsti dal T.U. espropri (D.P.R. 327/2001) in caso di occupazioni di urgenza e di eventuali espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione delle opere e degli interventi.

Il comma 5 dell’art. 7 del D.L. 133/2014 dispone che, per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, emanato il relativo decreto, il Presidente della Regione (e quindi anche il Commissario unico in questione) provveda alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti delle Regioni o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

§  commi 7-bis e 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014, che hanno dettato disposizioni finalizzate ad accelerare l’operato degli attuali Commissari per l’adeguamento alle norme della direttiva sulle acque reflue.

Il comma 7-bis dispone che i commissari devono procedere senza indugio al loro impegno con le procedure ad evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), prescindendo comunque dall'effettiva disponibilità di cassa, nonché informare, in merito all'esito di tali procedure, il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione territoriale. Il successivo comma 7-ter disciplina invece il funzionamento delle contabilità speciali detenute dai commissari e detta disposizioni in materia di monitoraggio.

 

Compiti del Commissario unico (comma 2)

 

Il comma 2 attribuisce al Commissario unico compiti di coordinamento e realizzazione degli interventi funzionali a garantire l'adeguamento nel minor tempo possibile alle citate sentenze di condanna emesse dalla Corte di Giustizia dell'UE (causa C-565/10 e causa C-85/13) evitando l'aggravamento delle procedure di infrazione in essere (v. infra scheda sulle procedure di contenzioso), mediante gli interventi sui sistemi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue necessari in relazione agli agglomerati oggetto delle predette condanne non ancora dichiarati conformi alla data di entrata in vigore del decreto in esame (cioè al 31 dicembre 2016).

Il comma 2 assegna inoltre al Commissario unico due ulteriori compiti: il primo riguardante la gestione degli impianti, il secondo riguardante il trasferimento degli stessi agli enti di governo dell'ambito.

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato stabilito che la suddetta gestione degli impianti rimane attribuita al Commissario unico, fino a quando l’agglomerato urbano corrispondente non sia reso conforme a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea e comunque, indipendentemente dalla conformità del corrispondente agglomerato urbano alle pronunce della Corte di giustizia, per un periodo non superiore a due anni dal collaudo definitivo delle opere. Nel testo originario, invece, si prevede che la gestione degli impianti è attribuita al Commissario per un periodo non inferiore a due anni dal collaudo definitivo delle opere.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 91/271 (oggetto delle violazioni considerate dalle due citate cause C565/10 e C-85/13), gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. Si prevede, inoltre, che la progettazione degli impianti medesimi deve tenere conto delle variazioni stagionali di carico. 

 

La norma richiama l’art. 143 del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), in base al quale gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. Lo stesso art. 143 dispone altresì che la tutela di tali beni spetta anche all'ente di governo dell'ambito.

Si ricorda che l'articolo 74, comma 1, lettera q), del medesimo decreto legislativo, definisce l'ente di governo dell'ambito come la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato.

 

Da ultimo, nel corso dell’esame alla Camera, al comma 2 sono stati aggiunti due ulteriori periodi, finalizzati alla presentazione annuale al Ministro dell’ambiente di una relazione sullo stato di attuazione degli interventi e sulle criticità eventualmente riscontrate e alla trasmissione della medesima relazione alle Commissioni parlamentari competenti per materia.

 

Adempimenti connessi al subentro del nuovo Commissario unico (commi 4-7)

Trasferimento delle risorse (commi 4, 6 e 7)

Il comma 4, modificato dalla Camera, prevede la cessazione dell’incarico degli attuali Commissari straordinari (nominati in attuazione dell’art. 7, comma 7, del D.L. 133/2014) a decorrere dalla data di emanazione del D.P.C.M. di nomina del nuovo Commissario unico che li sostituisce.

Nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato precisato che i Commissari a cui ci si riferisce sono quelli nominati dall’art. 7, comma 7, del D.L. 133/2014 “per l’adeguamento alle sentenze di condanna” pronunciate dalla Corte di giustizia dell’UE in data 19 luglio 2012 e 10 aprile 2014.

Viene altresì disposto il contestuale trasferimento all’apposita contabilità speciale intestata al Commissario unico (aperta presso la Sezione di Tesoreria Provinciale dello Stato di Roma[16]) delle seguenti risorse:

§  risorse presenti nelle contabilità speciali intestate agli attuali commissari;

§  risorse della delibera CIPE n. 60/2012 destinate agli interventi di cui all’articolo in esame (il riferimento al “presente articolo”, in luogo di quello al “comma 1” previsto dal testo iniziale, è stato introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, in virtù del fatto che il comma 1 non disciplina gli interventi affidati al nuovo Commissario unico) con le modalità di cui ai commi 7-bis e 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (v. supra);

§  tutte le risorse finanziarie pubbliche (nel testo iniziale è precisato “nazionali e regionali”) da destinare agli interventi di cui al comma 2 sulla base di quanto stabilito dal CIPE con le delibere nn. 25 e 26 del 10 agosto 2016.

Nel corso dell’esame alla Camera è stato precisato che tali risorse confluiscono nella contabilità speciale intestata al Commissario unico con le “stesse predette modalità”, ossia – sembrerebbe - con le stesse modalità di cui ai commi 7-bis e 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014, richiamate nel periodo precedente.

 

Il riferimento alle delibere nn. 25 e 26 è stato introdotto dalla Camera, in luogo del generico riferimento, previsto dal testo iniziale, a “quanto deliberato dal CIPE nella seduta del 10 agosto 2016”.

Si ricorda che la delibera CIPE n. 26 del 10 agosto 2016, pubblicata nella G.U. n. 267 del 15 novembre scorso e intitolata “Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: Piano per il mezzogiorno. Assegnazione risorse”, disciplina l’assegnazione di 13,4 miliardi di euro alle Regioni e alle Città metropolitane del Mezzogiorno (o Comuni capoluogo dell’Area metropolitana) per l’attuazione di interventi da realizzarsi nelle Regioni e nelle Città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi Accordi interistituzionali denominati “Patti per il Sud”. Il totale delle risorse FSC assegnate ai Patti per il Sud con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016 costituisce un sottoinsieme delle risorse FSC 2014-2020 ripartite (dalla delibera CIPE n. 25 del 10 agosto 2016 e dal relativo allegato) per area tematica: 1. Infrastrutture; 2. Ambiente; 3. Sviluppo economico e produttivo; 4. Turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali; 5. Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione; 6. Rafforzamento PA[17].

 

I commi 6 e 7 prevedono il trasferimento al Commissario unico anche delle seguenti risorse:

§  risorse della delibera CIPE n. 60/2012 già trasferite ai bilanci regionali ma per le quali non risulti intervenuta l'aggiudicazione provvisoria dei lavori.

Il comma 6 è stato modificato dalla Camera, chiarendosi che le risorse in questione sono quelle destinate alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2 dell’articolo in esame.

Per tali risorse, il testo iniziale del comma 6 prevedeva che le regioni provvedessero al trasferimento entro 30 giorni dalla nomina del nuovo Commissario unico. Nel nuovo testo viene invece previsto che il trasferimento:

§  avvenga entro 60 giorni dalla richiesta effettuata dal Commissario unico ai sensi del comma 7-ter dell'art. 7 del D.L. 133/2014 (v. infra);

§  e che del trasferimento venga informato il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Viene invece sostanzialmente confermata la disposizione contenuta nel testo iniziale e che prevede che, decorso inutilmente il termine concesso alle regioni per provvedere al trasferimento delle risorse (fermo restando l'accertamento dell'eventuale responsabilità derivante dall'inadempimento), il medesimo Commissario unico, in qualità di Commissario ad acta, adotti i relativi necessari provvedimenti.

Si ricorda che il comma 7-ter dell’art. 7 del D.L. 133/2014 dispone, tra l’altro, che le contabilità speciali detenute dai Commissari siano alimentate direttamente, per la quota coperta con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012, con un anticipo fino al 20% del quadro economico di ciascun intervento su richiesta dei medesimi commissari, e con successivi trasferimenti per gli stati avanzamento lavori, fino al saldo conclusivo, verificati dal commissario.

La relazione illustrativa dell’emendamento, presentata dal Governo nel corso dell’esame alla Camera, sottolinea che la nuova formulazione della norma, nel richiamare le procedure previste dal comma 7-ter, consente di dare gradualità al trasferimento delle risorse “in relazione alle effettive esigenze di cassa del Commissario evitando possibili problemi di bilancio alle Regioni”.

§  risorse derivanti da interventi di cui al comma 2 (cioè quelli di competenza del nuovo Commissario unico) per la cui realizzazione sia prevista la concorrenza della tariffa o di risorse regionali. In tal caso il comma 7 prevede infatti che, rispettivamente, i gestori del servizio idrico integrato (SII) o la regione trasferiscano gli importi dovuti alla contabilità speciale del Commissario, assumendo i conseguenti provvedimenti necessari.

Nel corso dell’esame presso la Camera è stata soppressa la parte della disposizione che obbliga i gestori del SII a sentire la competente Autorità. In luogo di tale disposizione è stato previsto che i gestori del SII provvedano al trasferimento con le modalità previste, con deliberazione da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge dall’AEEGSI (Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico), sentito l’EGATO (ente di governo dell’ambito territoriale ottimale) e fermo restando l’equilibrio economico-finanziario della gestione.

La relazione illustrativa dell’emendamento, presentata dal Governo nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento, sottolinea che la nuova formulazione della norma è motivata dal fatto che gli introiti da tariffa si realizzano solo all’atto della gestione a regime dell’opera e sono dilazionati nel tempo e devono quindi essere anticipati dai gestori stessi. Per questo motivo, secondo la relazione illustrativa, viene previsto che il trasferimento sia “disciplinato con provvedimento della competente Autorità di regolazione di settore preservando l’equilibrio economico-finanziario della gestione”.

 

Trasferimento dei documenti e del rendiconto della gestione svolta (comma 5)

Il comma 5 prevede che gli attuali commissari debbano rendicontare il loro operato con una relazione sullo stato di attuazione degli interventi di competenza e sugli impegni finanziari assunti nell'espletamento dell'incarico, a valere sulle contabilità speciali loro intestate.

Tale relazione deve essere trasmessa, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (quindi entro il 30 gennaio 2017) e comunque entro la data di cessazione dall'incarico:

§  alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

§  al Ministero dell'ambiente;

§  al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;

§  al nuovo Commissario unico, a cui i commissari attuali devono anche trasferire tutta la documentazione progettuale e tecnica in loro possesso.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stato previsto che nella suddetta relazione sullo stato di attuazione degli interventi si dia conto anche delle difficoltà riscontrate nella esecuzione dei medesimi.

 

Affidamento degli incarichi di progettazione (comma 8)

 

Il comma 8 affida al Commissario unico il compito di provvedere, entro 30 giorni dalla sua nomina, alla definizione (mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dall’articolo in esame) di un sistema di qualificazione dei prestatori di servizi di ingegneria, finalizzato alla successiva predisposizione di un albo di soggetti ai quali affidare incarichi di progettazione, di importo inferiore a un milione di euro, degli interventi di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani oggetto delle procedure di infrazione n. 2004/2034 e n. 2009/2034.

Nel corso dell’esame alla Camera, il comma 8 è stato modificato, prevedendo la trasmissione del citato albo, entro sessanta giorni dalla predisposizione, anche per posta certificata, all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) per verificare il rispetto dei criteri previsti dal comma 2 dell’articolo 134 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).

La modifica interviene sulla norma originaria, che prevede invece la sottoposizione di tale albo all'ANAC per la verifica della correttezza e trasparenza delle procedure di gara.

Con ulteriori modifiche, adottate nel corso dell’esame alla Camera, sono stati specificati i riferimenti normativi per la predisposizione del succitato sistema di qualificazione, al fine di richiamare i commi 2 e 8, nonché, ove applicabile, il comma 5 dell'art. 134 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).

Nella documentazione depositata in occasione dell’audizione del Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, svoltasi presso la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati il 18 gennaio 2017, è stata rilevata l’opportunità di integrare i riferimenti normativi dell’articolo 134 del Codice e di rendere più chiaro l’ambito di intervento dell’Autorità in ordine alla sottoposizione dell’albo alla medesima Autorità.

 

L’art. 134 del D.Lgs. 50/2016 consente agli enti aggiudicatori nei settori speciali, tra i quali rientra il settore dell’acqua (art. 117), di istituire e gestire un sistema di qualificazione degli operatori economici. In tal caso gli enti provvedono affinché gli operatori economici possano chiedere in qualsiasi momento di essere qualificati (comma 1). Il comma 2 dell’art. 134 consente che tale sistema comprenda vari stadi di qualificazione e prevede inoltre che gli enti aggiudicatori stabiliscono norme e criteri oggettivi per l'esclusione e la selezione degli operatori economici che richiedono di essere qualificati, nonché norme e criteri oggettivi per il funzionamento del sistema di qualificazione, disciplinando le modalità di iscrizione al sistema, l'eventuale aggiornamento periodico delle qualifiche e la durata del sistema. Quando tali criteri e norme comportano specifiche tecniche, si applicano gli articoli 68, 69 e 82. Tali criteri e norme possono all'occorrenza essere aggiornati. Nel disciplinare tale sistema, il comma 8 dell’art. 134 dispone che quando viene indetta una gara con un avviso sull'esistenza di un sistema di qualificazione, i contratti specifici per i lavori, le forniture o i servizi contemplati dal sistema di qualificazione sono aggiudicati con procedure ristrette o procedure negoziate, nelle quali tutti gli offerenti ed i partecipanti sono scelti tra i candidati già qualificati con tale sistema. Il comma 5 dell’art. 134 prevede inoltre che i criteri e le norme di cui al comma 3 del medesimo art. 134 (che tra l’altro consente ad un ente aggiudicatore di utilizzare il sistema di qualificazione istituito da un altro ente aggiudicatore o di altro organismo terzo, dandone idonea comunicazione agli operatori economici interessati)  includono i criteri di esclusione di cui all'articolo 136.

Si ricorda, in merito all’affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, che l’ANAC, con la delibera 14 settembre 2016, n. 973 (pubblicata sulla G.U. n. 228 del 29 settembre 2016), ha emanato apposite linee guida recanti gli indirizzi generali in materia (Delibera n. 973).

 

Strutture di cui può avvalersi il Commissario unico (commi 9-10)

Segreteria tecnica del Commissario unico (comma 10)

Il comma 10 prevede l’istituzione di una Segreteria tecnica, di cui il Commissario unico può avvalersi per il triennio 2017-2019.

Lo stesso comma disciplina i vari aspetti organizzativi e finanziari per la costituzione ed il funzionamento della segreteria. In particolare sono disciplinati:

§  la composizione della segreteria, stabilendo che essa è formata da non più di 6 membri;

§  le modalità e i criteri di nomina dei membri della segreteria stessa, stabilendo che essi sono nominati mediante decreto del Ministro dell'ambiente e scelti tra soggetti dotati di comprovata pluriennale esperienza tecnico-scientifica nel settore dell'ingegneria idraulica e del ciclo delle acque;

§  i compensi spettanti ai componenti della segreteria, stabilendo che il citato decreto di nomina degli stessi provveda anche a determinare l'indennità onnicomprensiva spettante a ciascun componente, nei limiti di una spesa complessiva annuale non superiore a 300.000 euro.

La copertura dei relativi oneri è ottenuta mediante una corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 226, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).

Tale comma 226, per l'attuazione di accordi internazionali in materia di politiche per l'ambiente marino, ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2014 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.

Enti o società di cui può avvalersi il Commissario unico (comma 9)

In base al comma 9, il Commissario unico si avvale, sulla base di apposite convenzioni, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato, dotate di specifica competenza tecnica, i cui oneri sono posti a carico dei quadri economici degli interventi da realizzare, degli enti del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (istituito dalla L. 132/2016), cioè dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e delle agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la protezione dell'ambiente, delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e degli Enti pubblici che operano nell'ambito delle aree di intervento, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Procedure di contenzioso

 

Il 10 aprile 2014 la Corte di giustizia europea ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa al trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE), condannandola al pagamento delle spese (Causa C-85/13).

La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione 2009/2034.

L’articolo 3 della direttiva obbliga gli Stati membri a provvedere affinché tutti gli agglomerati urbani siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane. In particolare, per quelli con più di 10.000 abitanti e le cui acque reflue si immettono in acque recipienti considerate, ai sensi del successivo articolo 5, aree sensibili, il termine a provvedere è fissato al 31 dicembre 1998. L’articolo 4 dispone l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente. L’articolo 5 dispone che gli Stati membri individuano le aree sensibili e provvedano affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello secondario. L’articolo 10, infine, dispone che gli Stati membri provvedano affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane garantiscano prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e, nella progettazione, si tenga conto delle variazioni stagionali di carico.

In relazione a tali disposizioni, la Corte di giustizia ha accertato l’incompletezza dei dati presentati dalle autorità italiane sul numero dei comuni i cui impianti di trattamento delle acque reflue non risultavano conformi a quanto disposto dalla normativa europea e l’esistenza di agglomerati in cui persistevano situazioni di non conformità alla direttiva.

Tale sentenza segue quella del 19 luglio 2012 (causa C-565/10) relativa alla procedura di infrazione 2004/2034, con la quale la Corte europea ha dichiarato l’inadempimento dell’Italia per non avere predisposto adeguati sistemi per il convogliamento e il trattamento delle acque reflue in numerosi centri urbani con oltre 15.000 abitanti entro il termine previsto del 31 dicembre 2010, come previsto dalla direttiva 91/271/CE.

Poiché l’Italia non ha dato esecuzione alla sentenza del 2012, l’8 dicembre 2016 la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia, ex art. 260 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), chiedendo contestualmente che venga comminata una sanzione forfettaria di 62.699.421,40 euro, ed una sanzione giornaliera pari a 346.922,40 euro qualora la piena conformità non sia raggiunta entro la data in cui la Corte emetterà la sentenza.

A distanza di quattro anni dalla sentenza, infatti, la Commissione rileva che la questione non è ancora stata affrontata in 80 agglomerati, che contano oltre 6 milioni di abitanti e sono situati in diverse regioni italiane: Abruzzo (1 agglomerato), Calabria (13 agglomerati), Campania (7 agglomerati), Friuli Venezia Giulia (2 agglomerati), Liguria (3 agglomerati), Puglia (3 agglomerati) e Sicilia (51 agglomerati). Ad avviso della Commissione, la mancanza di adeguati sistemi di raccolta e trattamento in questi 80 agglomerati pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l'ambiente marino.

Con riferimento ad ulteriori agglomerati urbani (tra cui Roma, Firenze, Napoli, Bari e Pisa) risultanti, sulla base dei dati in suo possesso, non conformi alla direttiva 91/271/CEE, è in corso un’altra procedura di infrazione (2014/2059), nell’ambito della quale la Commissione europea ha inviato il 26 marzo 2015 un parere motivato ex art. 258 TFUE.

La procedura di infrazione segue l’espletamento della fase precontenziosa (EU-Pilot 1976/11/ENVI) in cui la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di fornire informazioni sulla situazione di 1.007 agglomerati urbani, nonché su tutti i comuni con più di 2.000 abitanti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e, infine, su ulteriori 107 agglomerati per i quali è stato comunicato l’impiego di sistemi individuali o altri sistemi adeguati. Le risposte fornite, in data 16 settembre 2011, 23 gennaio 2012, 29 maggio 2012 e 11 luglio 2013, non sono state giudicate sufficienti dalla Commissione che, pertanto, ha deciso l’apertura della procedura di infrazione.

I rilievi della Commissione riguardano la conformità del sistema di depurazione delle acque reflue nei comuni indicati. In particolare:

§  articolo 3: la non conformità riguarda la non dimostrata esistenza di un sistema di raccolta delle acque reflue, l’inadeguatezza dei sistemi individuali o di altri sistemi adeguati (IAS), l’insufficienza delle informazioni fornite, la mancata giustificazione della riduzione dei carichi attribuiti ad alcuni agglomerati;

§  articolo 4: la mancanza o l’insufficienza delle informazioni fornite dall’Italia inducono la Commissione a concludere che gli impianti esistenti non garantiscono il trattamento adeguato delle acque reflue;

§  articolo 5: la Commissione contesta la mancanza o l’insufficienza di informazioni relative agli impianti serventi aree sensibili e bacini drenanti di aree sensibili.

La Commissione ritiene che tale situazione sia estremamente preoccupante considerando che per alcuni di tali agglomerati la violazione era già stata accertata dalle sopra citate sentenze della Corte di giustizia europea, relative alle procedure di infrazione n. 2004/2034 e 2009/2034.


Articolo 3
(Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio Bagnoli-
Coroglio)

 

 

L’articolo 3 interviene sulla composizione della cabina di regia, istituita per definire gli indirizzi strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio e per assicurare il coordinamento con ulteriori iniziative di valorizzazione del predetto comprensorio (anche con riferimento alla sua dotazione infrastrutturale), al fine di prevedere che sia presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro o da un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio da lui designato. Rispetto al testo originariamente approvato dal Governo, nel corso dell’esame presso la Camera è stata inserita infatti la possibilità di designare anche un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. 

Si fa presente che l’art. 9, comma 2, della legge 400/1998 prevede che ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei Ministri, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.   

La norma in esame modifica l’articolo 33, comma 13, del decreto legge n. 133 del 2014, come sostituito dall'articolo 11, comma 16-quater, lettera c), del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, che ha previsto l’istituzione della predetta cabina di regia, allo scopo di adeguare la sua composizione alla nuova compagine governativa in cui le funzioni relative alla coesione territoriale e al Mezzogiorno sono attribuite a un Ministro. La norma previgente, infatti, prevedeva che la cabina di regia fosse presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri all'uopo delegato.

La cabina di regia, che si è insediata il 1° dicembre 2015, è stata presieduta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, che è stato nominato Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno.

La cabina di regia è composta dal Commissario straordinario, da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, nonché da un rappresentante, rispettivamente, della regione Campania e del comune di Napoli. Alle riunioni della cabina di regia possono essere invitati a partecipare il Soggetto Attuatore, nonché altri organismi pubblici o privati operanti nei settori connessi al predetto programma.

L’articolo 33 del citato decreto legge n. 133 del 2014 ha dettato una disciplina speciale (commi 1-10) per la realizzazione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate sulla base di una delibera del Consiglio dei Ministri, attraverso la predisposizione di uno specifico programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana. Tale disciplina è applicata al comprensorio Bagnoli-Coroglio, sito nel comune di Napoli, dichiarato ex lege area di rilevante interesse nazionale, considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree medesime (comma 11). Per una ricostruzione della disciplina recata dal citato articolo 33, si rinvia alla relativa sezione del tema web Bonifiche dei siti inquinati e danno ambientale.

 

 


Articolo 3-bis
(Bonifica del deposito ex
Cemerad)

 

 

L’articolo 3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, autorizza l’attuale Commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad, nel territorio del comune di Statte, ad effettuare l’affidamento alla Sogin S.p.A. del servizio di trasporto, caratterizzazione e smaltimento dei rifiuti presenti nel deposito, nonché l’attività finale di bonifica radiologica e il rilascio delle aree prive di vincoli radiologici, anche avvalendosi di società controllate. Lo stesso articolo disciplina le risorse utilizzabili a tal fine e proroga la durata delle funzioni e dei poteri del medesimo Commissario fino al completamento delle attività affidate.

 

Affidamento alla Sogin S.p.A. delle attività di bonifica e smaltimento dei rifiuti (comma 1)

 

Il comma 1 dell'articolo in esame autorizza l’attuale Commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad, nel territorio del comune di Statte, ad effettuare l’affidamento alla Sogin S.p.A. del servizio di trasporto, caratterizzazione e smaltimento dei rifiuti presenti nel deposito Cemerad, nonché l’attività finale di bonifica radiologica e il rilascio delle aree prive di vincoli radiologici.

Si ricorda che la nomina del citato Commissario è stata effettuata con il D.P.C.M. 19 novembre 2015 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2015), che ha attribuito (per la durata di un anno) l’incarico commissariale a Vera Corbelli, già Commissario straordinario (ai sensi dell’art. 1 del D.L. 129/2012) per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto[18]. Con il recente D.P.C.M. 7 dicembre 2016 (pubblicato nella G.U. n. 21 del 26 gennaio 2017) l’incarico di Vera Corbelli, quale Commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad, è stato prorogato di un ulteriore anno.

Relativamente alla situazione dell’area ex Cemerad, utili elementi di informazione sono stati forniti dal Ministro dell’ambiente, nella seduta del 21 marzo 2016, in risposta all’interrogazione 4-03662.

 

Viene altresì stabilito dalla norma che la Sogin svolga tutte le attività necessarie, anche avvalendosi di società controllate.

Si ricorda che, ai sensi della norma civilistica (art. 2359 c.c.) sono considerate società controllate:

1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, mentre non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Si fa presente che, nel sito della Sogin S.p.A., si dà conto di una società controllata, la Nucleco S.p.A., nell'apposita sezione 'società controllate'.

 

Proroga delle funzioni e dei poteri commissariali (comma 2)

 

Il comma 2 dispone la proroga delle funzioni e dei poteri del Commissario fino al completamento delle attività di cui al comma 1, cioè fino al rilascio delle aree in questione prive da vincoli radiologici.

Si rinvia a quanto ricordato in precedenza circa l’attuale durata dell’incarico di Vera Corbelli quale Commissario straordinario per l'attuazione dell'intervento di messa in sicurezza e gestione dei rifiuti pericolosi e radioattivi siti nel deposito ex Cemerad.

 

Risorse finanziarie (comma 3)

 

Con il nuovo comma 3, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, si prevede che all'attuazione dei commi 1 e 2 si provveda a valere:

-          delle risorse destinate alla messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi depositati nell'area ex Cemerad dall'art. 3, comma 5-bis, del D.L. 1/2015.

 Il comma 5-bis, ai fini della messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell'area ex Cemerad, ha destinato fino a 10 milioni di euro a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale aperta e intestata, ai sensi dell’art. 1, comma 4, del D.L. 129/2012, al Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto. L’art. 1, comma 4, del D.L. 129/2012, non si è limitato a stabilire che al Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto “è intestata apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale”, ma ha altresì destinato alla contabilità stessa le risorse messe a disposizione dal medesimo articolo.

-          nonché delle risorse di cui all'articolo 6, comma 3, del medesimo decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge n. 20 del 2015.
Si ricorda che in base al comma 3 dell'articolo 6 in parola, si è previsto che una quota non superiore all'1,5 per cento delle risorse destinate alla predisposizione ed attuazione del Programma di misure di cui al comma 1 della norma citata, trasferite al Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto per le finalità indicate, possa essere utilizzata dal Commissario stesso per tutte le attività tecnico-amministrative connesse alla realizzazione degli interventi. Si ricorda, al riguardo, che il comma 1 dell'articolo 6 ha affidato al Commissario straordinario per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto il compito di provvedere alla predisposizione di un programma di misure, a medio e lungo termine, "per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione" dell’area di Taranto, inteso a garantire la sicurezza delle persone e dell’ambiente; prevedendosi poi, al comma 2, che alla predisposizione ed attuazione del Programma di misure sono destinate, per essere trasferite sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, le risorse effettivamente disponibili di cui:

·    al decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129 (convertito dalla legge 4 ottobre 2012, n. 171); tale decreto detta un complesso quadro di risorse, rispetto al quale si ricorda che in tale decreto-legge si fa riferimento (all’art. 1, comma 1) alle risorse stanziate con le delibere CIPE del 3 agosto 2012 per un importo specificato nella norma, pari a 110,2  milioni  di  euro,  a  valere  sulle  risorse  della  regione  Puglia  del  Fondo  per  lo  Sviluppo e la Coesione (FSC). Si dispone inoltre (art. 1, comma 3) che all’attuazione degli altri interventi previsti nel Protocollo sono altresì finalizzate risorse disponibili dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente per l’esercizio finanziario 2012, nel limite massimo di 20 milioni di euro. Inoltre, le risorse citate dai commi 1 e 3, ai sensi del comma 4 dell’art. 1 del D.L. 129/2012, sono trasferite alla regione Puglia per essere destinate all’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale ed intestata al Commissario. Il Commissario è altresì individuato, dal successivo comma 5 del decreto n. 129, quale soggetto attuatore per l'impiego delle risorse del Programma Operativo Nazionale (PON) “Ricerca e competitività” dedotte nel Protocollo, e pari a 30 milioni di euro, da utilizzare mediante gli ordinari ed i nuovi strumenti di programmazione negoziata, nonché del PON “Reti e mobilità”, per un importo pari a 14 milioni di euro per la realizzazione della nuova diga foranea di protezione del Porto di Taranto. Inoltre l'articolo 1, comma 8, prevede che i finanziamenti a tasso agevolato a valere sul cd. Fondo Kyoto – di cui all’articolo 57, comma 1, del D.L. 83/2012 - possono essere concessi anche per gli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del SIN di Taranto, e per tale finalità, nell’ambito del Fondo rotativo è destinata una quota di risorse fino a un importo massimo di 70 milioni di euro.

·         alla delibera CIPE 17/03 e delibere ad essa collegate 83/03 e successive modificazioni e 179/06; si tratta delle risorse residue stanziate per interventi nelle aree sottoutilizzate, e specificamente di cui alla delibera CIPE (17/2003) Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – rifinanziamento legge 208/1998 triennio 2003-2005 - legge finanziaria 2003, art.61) e alle delibere ad essa collegate, vale a dire la delibera (CIPE 83/2003 s.m.i.) Ripartizione accantonamento di 900 milioni di euro per interventi nelle

aree sottoutilizzate - punto 1.1, delibera 17/2003 e la delibera CIPE (179/2006) Applicazione del punto 6.4 della delibera CIPE n.17/2003 decurtazione delle risorse;

·         nonché le risorse allo scopo impegnate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e ulteriori risorse che con propria delibera il CIPE può destinare nell'ambito della programmazione 2014-2020 del Fondo di sviluppo e coesione, per il prosieguo di interventi di bonifiche e riqualificazione dell'area di Taranto.

 

 

 


Articolo 3-ter
(Piano straordinario per la verifica ambientale nella località
Burgesi del comune di Ugento)

 

 

L’articolo 3-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, prevede che la regione Puglia provveda, avvalendosi dell'Agenzia per la Protezione Ambientale (ARPA) della regione  Puglia e della Azienda sanitaria locale (ASL) competente, alla predisposizione di un Piano straordinario di indagine e di approfondimento volto alla verifica dello stato delle matrici ambientali nel comune di Ugento, e segnatamente nell’area interessata dalla presenza della discarica in località Burgesi.

La realizzazione del Piano è finanziata mediante l’istituzione di un apposito Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, con uno stanziamento di un milione di euro per l'anno 2017.

Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente.

 

La discarica in località Burgesi non è inclusa nell’elenco delle discariche oggetto della sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell’UE del 2 dicembre 2014 (per tali discariche, lo si ricorda, è stato nominato un Commissario unico, in base a quanto previsto dall'art. 22 del D.L. 113/2016).

In base alle informazioni pubblicate sul sito web della Provincia di Lecce, nel comune di Ugento, in località Burgesi, sono collocati due impianti:

§  un impianto complesso di trattamento di rifiuti solidi urbani (RSU) residuati dalla raccolta differenziata (selezione, biostabilizzazione e discarica di servizo/soccorso), autorizzato con il decreto del Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti in Puglia n. 38/CD del 31 gennaio 2007 e per il quale l’AIA è stata riesaminata in senso favorevole con D.D. 2 luglio 2015, n. 11;

§  una discarica, ora inattiva, autorizzata con AIA della Regione Puglia n. 475 del 4 agosto 2008 e chiusa con D.D. 2245 del 30 settembre 2011.

In base al Rapporto rifiuti urbani 2016 dell’ISPRA (pag. 506) la discarica nel comune di Ugento (quella di servizio/soccorso annessa all’impianto complesso autorizzato con il decreto C.D. 38/CD del 31 luglio 2007) ha un volume autorizzato di 498.000 metri cubi ed una capacità residua (a fine 2015) di 229.224 metri cubi. Nel 2015 nella discarica non sono stati smaltiti né rifiuti urbani (RU) né rifiuti speciali (RS), ma solo 19.149 tonnellate di rifiuti derivanti “da trattamento di RU”.

Informazioni sulla discarica chiusa nel 2011, anche riguardo all’attività della Procura di Lecce, sono contenute nella Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Puglia (Doc. XXIII, n. 10), approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seduta del 20 giugno 2012. In tale relazione si legge che “altre indagini hanno riguardato la discarica di Burgesi, ubicata nella frazione di Gemini di Ugento e ricompresa nell’Ato LE/3, in relazione alla quale era stata sporta una denuncia circa il presunto interramento di rifiuti inquinanti, ma i fatti denunciati non pare abbiano trovato riscontro, nonostante gli accertamenti tecnici disposti dalla procura della Repubblica” (pag. 116 e pag. 121).

 

 


Articolo 3-quater
(Incentivi per gli esercenti di impianti alimentati da biomasse,
biogas e
bioliquidi sostenibili)

 

 

L’articolo 3-quater, inserito nel corso della prima lettura alla Camera dei deputati, interviene in materia di incentivi sull’energia prodotta a favore degli esercenti di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi di cui all’articolo 1, commi 149 e 150 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Ciò avviene da un lato mediante proroga del diritto di fruire di un incentivo sull’energia, dall'altro cambiando i criteri per la determinazione dell’importo del medesimo incentivo.

 

La lettera a) del comma 1 proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021, il diritto di fruire di un incentivo sull’energia prodotta a favore degli esercenti di impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi che abbiano cessato, alla data del 31 dicembre 2016, di beneficiare di incentivi.

 

L’articolo 1, comma 149, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 stabilisce che per assicurare il contributo al conseguimento degli  obiettivi 2020 in materia di fonti rinnovabili, agli esercenti di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi sostenibili che avevano cessato al 1° gennaio 2016, o avrebbero cessato entro il 31 dicembre 2016, di beneficiare di  incentivi sull'energia prodotta, in alternativa all'integrazione dei ricavi prevista dall'articolo 24, comma 8, del decreto legislativo 03/03/2011, n. 28, è concesso il diritto di fruire, fino al 31 dicembre 2020, di un incentivo sull'energia prodotta. Le modalità e le condizioni della fruizione dell’incentivo sono stabilite nei commi 150 e 151 del medesimo articolo.

 

La lettera b) del comma 1 cambia i criteri per la determinazione dell’importo del suddetto incentivo, mediante una modifica del comma 150 dell’articolo 1 della citata legge n. 208/2015, il quale contiene le disposizioni sulle modalità di calcolo dei suddetti incentivi.

 

Si ricorda che il comma 150 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208  dispone che l’incentivo di cui al comma 149, oggetto della proroga in esame, è pari all’80% di quello riconosciuto dal D.M. 6 luglio 2012 agli impianti di nuova costruzione e di pari potenza.

Si ricorda inoltre, per quanto attiene alle modalità di fruizione, che il medesimo comma 150 dispone che l’incentivo è erogato dal GSE secondo le modalità fissate dallo stesso D.M., a partire dal giorno successivo alla cessazione del precedente incentivo, qualora tale data sia successiva al 31 dicembre 2015, ovvero a partire dal 1° gennaio 2016 se la data di cessazione del precedente incentivo è antecedente al 1 gennaio stesso. L’erogazione è subordinata alla decisione favorevole della Commissione europea in esito alla notifica del regime di aiuto di cui al successivo comma 151. Secondo tale comma, entro il 31 dicembre 2016, i produttori interessati devono fornire al MISE gli elementi per la notifica alla Commissione UE del regime di aiuto ai fini della verifica dello stesso con la disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (Comunicazione 2014/C 200/01).

 

L’importo resta calcolato all’80 per cento, ma il riferimento della percentuale non è più agli incentivi che il decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012 destina agli impianti di nuova costruzione e di pari potenza. La lettera b) in commento stabilisce che il nuovo riferimento (della percentuale dell’80 per cento) è agli incentivi di cui all’articolo 19, comma 1, primo capoverso, del suddetto decreto; esso opera, cioè, secondo le modalità di calcolo dell’importo degli incentivi per gli impianti (già esistenti) a fonti rinnovabili che hanno maturato il diritto ai certificati verdi per il periodo residuo di fruizione dei benefici stessi.

 

In particolare l’articolo 19, comma 1, del D.M. 6 luglio 2012 - Attuazione dell'art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici - stabilisce le modalità di calcolo dell’incentivo per la  produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 e da impianti di cui all’articolo 30 del medesimo decreto (cioè gli impianti che fossero entrati in esercizio entro il 30 aprile 2013, ovvero, per i soli impianti alimentati da rifiuti di cui all’articolo 8, comma 4, lettera c), entro il 30 giugno 2013). Per i suddetti impianti che hanno maturato il diritto a fruire dei certificati verdi, è riconosciuto, per il residuo periodo di diritto, successivo al 2015, un incentivo sulla produzione netta incentivata ai sensi della previgente normativa di riferimento, aggiuntivo ai ricavi conseguenti alla valorizzazione dell’energia. Il comma 1 dell’articolo 19, al riguardo, specifica la formula matematica per il calcolo dell’incentivo. Si ricorda al riguardo che dal 2016, come previsto dal Decreto Ministeriale 6 luglio 2012, il meccanismo dei "Certificati Verdi" (CV) è sostituito da una nuova forma di incentivo. I soggetti che hanno già maturato il diritto ai CV conservano il beneficio per il restante periodo agevolato, ma in una forma diversa. Il nuovo meccanismo, infatti, garantisce sulla produzione netta di energia la corresponsione di una tariffa in euro da parte del GSE aggiuntiva ai ricavi derivanti dalla valorizzazione dell'energia.

 

 


Articolo 3-quinquies
(Interventi in materia di sicurezza del territorio
e contrasto alla criminalità)

 

 

L’articolo 3-quinquies incrementa di 10 unità, limitatamente all’anno 2017, la forza media di ufficiali ausiliari di complemento dell’arma dei carabinieri prevista dalla lettera d) del comma 1 dell’articolo 937 del codice dell’ordinamento militare  in considerazione:

1)  delle particolari esigenze operative in alcune aree del Mezzogiorno d’Italia;

2)  dello svolgimento delle indagini per la mappatura dei terreni della Regione Campania destinati all'agricoltura, al fine di accertare l'eventuale esistenza di effetti contaminanti a causa di sversamenti e smaltimenti abusivi (articolo 1 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6)

3)  delle le straordinarie necessità conseguenti agli eventi sismici dell’anno 2016.

 

In relazione alle forze di complemento dell’Arma dei Carabinieri si ricorda che ai sensi del richiamato articolo 937 sono ufficiali ausiliari di ciascuna Forza armata e del Corpo della Guardia di finanza, i cittadini di ambo i sessi reclutati in qualità di:

a)    ufficiali di complemento in ferma o in servizio di 1^ nomina;

b)   ufficiali piloti e navigatori di complemento;

c)    ufficiali in ferma prefissata o in rafferma;

d)   ufficiali delle forze di completamento.

 

Il reclutamento degli ufficiali ausiliari in ferma prefissata o in rafferma e degli  ufficiali delle forze di completamento può avvenire solo al fine di soddisfare specifiche e mirate esigenze delle singole Forze armate connesse alla carenza di professionalità tecniche nei rispettivi ruoli ovvero alla necessità di fronteggiare particolari esigenze operative. 3. Gli ufficiali delle forze di completamento sono disciplinati al capo VII, sezione II del presente titolo.

 

 


Articolo 4
(Agenzia per la somministrazione del lavoro in porto
e per la riqualificazione professionale
(
transhipment))

 

L’articolo 4 reca disposizioni per contrastare la crisi in atto nel comparto del trasporto marittimo, in particolare nel settore della movimentazione dei container e nelle attività del trasbordo di merci (cd. transhipment).

A tal fine, a decorrere dal 1° gennaio 2017, viene istituita (comma 1), in via eccezionale e temporanea, per un periodo massimo di 36 mesi, in alcuni porti, un’Agenzia per la somministrazione del lavoro in porto e per la riqualificazione professionale, avente lo scopo di sostenere l'occupazione, di accompagnare i processi di riconversione industriale delle infrastrutture portuali e di evitare grave pregiudizio all'operatività e all'efficienza portuali.

All'Agenzia, ad eccezione delle modalità istitutive e di finanziamento, si applica la normativa vigente relativa alle agenzie di somministrazione di lavoro, di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, ed al D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81[19], ove compatibile (comma 6).

L’Agenzia è istituita dall’Autorità di Sistema portuale, di intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - il testo originario, così modificato dalla Camera, prevedeva il parere del Ministero, anziché l'intesa -; l'istituzione avviene con delibera del Comitato di gestione o del Comitato portuale laddove eserciti in prorogatio le sue funzioni, nei porti nei quali almeno l'80% della movimentazione di merci “containerizzate” avvenga o sia avvenuta negli ultimi 5 anni in modalità transhipment e a condizione che negli stessi porti persistano da almeno 5 anni stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche.

 

Secondo i dati riportati nel Piano strategico della portualità e della logistica, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 agosto 2015, i porti italiani di puro transhipment sono Gioia Tauro, Taranto e Cagliari, porti nei quali l’attività ha registrato complessivamente un calo nell’arco temporale 2005-2013, ma differenziato nei diversi porti. Se infatti Gioia Tauro e Taranto hanno visto la propria quota di mercato (market share) ridursi in maniera significativa dal 2007 al 2014 (rispettivamente -13,7% e – 80,3%) il porto di Cagliari ha registrato un aumento del traffico negli ultimi anni (+20%). Nella tabella seguente è riassunta la movimentazione merci di transhipment in questi tre porti:

(dati in migliaia di TEU):

Porti di Transhipment

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014
(*)

Gioia Tauro

3.445

2.468

2.857

2.852

2.305

2.721

3.094

2.970

Taranto

756

787

741

582

604

263

197

149

Cagliari

547

308

737

629

603

628

702

656

(*) dati stimati

 

Si ricorda che in attuazione della legge delega n. 124 del 2015, è stato emanato il decreto legislativo n. 169/2016, entrato il vigore il 15 settembre 2016, con il quale sono state istituite le nuove 15 Autorità di Sistema portuale (AdSP), che hanno sostituito le precedenti 24 Autorità portuali, disciplinate dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84 e che coordinano i 57 porti di rilievo nazionale del nostro Paese. L’art. 6 della legge n. 84 del 1994, novellata dal decreto legislativo n. 169/2016, elenca le 15 Autorità di Sistema Portuale, ciascuna delle quali è guidata da un board, il "Comitato di gestione" con il ruolo di decisore pubblico istituzionale, guidato da un Presidente scelto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti d'intesa con le Regioni interessate, il cui incarico dura quattro anni. I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli "Organismi di partenariato della Risorsa Mare" con funzioni consultive: potranno partecipare al processo decisionale, ma non potranno votare atti amministrativi.

L’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto comprende i Porti di Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo); Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria. L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio comprende il solo Porto di Taranto.

 

Nell’Agenzia confluiscono i lavoratori in esubero delle imprese operanti ai sensi dell'art. 18 della L. 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni, autorizzate alla movimentazione dei container e che, alla data del 27 luglio 2016, usufruivano di ammortizzatori sociali per il sostegno al reddito dei lavoratori.

 

In proposito, la relazione illustrativa allegata al decreto-legge in esame evidenzia che la data del 27 luglio 2016 è quella nella quale sono stati sottoscritti specifici accordi di programma (ai sensi dell'articolo 15 della L. 241/1990) da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle regioni, delle autorità portuali e dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa – INVITALIA.

L’art. 18 della legge n. 84 che viene richiamato, disciplina la concessione le aree demaniali e delle banchine comprese nell'ambito portuale per l'espletamento delle operazioni portuali, alle imprese che esercitano tali attività (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale).

 

L'Agenzia è promossa e partecipata, per il periodo di riferimento, dall'Autorità di Sistema portuale competente (comma 2), secondo la disciplina del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (di cui al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175) ed in deroga all'art. 6, comma 11, della citata L. n. 84 del 1994, e successive modificazioni, il quale vieta espressamente alle suddette autorità di svolgere, direttamente o tramite società partecipate, operazioni portuali ed attività  strettamente connesse a queste ultime.

 

L’art. 3 del D.Lgs. 175/2016 richiamato prevede, ad esempio, che le amministrazioni pubbliche (tra cui sono ricompresi gli enti pubblici economici e le autorità portuali in base all’art. 2, co. 1, lett. a), possano partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.

 

Le attività delle Agenzie sono svolte avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nei bilanci delle rispettive Autorità di Sistema portuale (comma 2).

 

Al riguardo, la relazione illustrativa allegata specifica che i costi di costituzione e funzionamento dell’Agenzia sono posti a carico dell’Autorità di sistema nel rispetto dell'autonomia finanziaria riconosciuta alle autorità di sistema in base al comma 5 dell'articolo 6 della L. 84/1994. Si ricorda infatti che l'AdSP è ente pubblico non economico di rilevanza nazionale a ordinamento speciale ed è dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria. I compiti delle AdSP sono elencati al comma 4 dell’art. 6.

 

Il comma 3 dispone che l'Agenzia - sentite, come specificato dalla Camera, le organizzazioni sindacali dei lavoratori - svolga attività di supporto alla collocazione professionale dei lavoratori iscritti nei propri elenchi (anche attraverso la loro formazione professionale) in relazione alle iniziative economiche ed agli sviluppi industriali dell'area di competenza dell'Autorità di Sistema portuale. Le regioni possono cofinanziare i piani di formazione e di riqualificazione del personale che dovessero rendersi necessari, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 4 prevede che la somministrazione di lavoro possa essere richiesta, al fine di integrare il proprio organico, da qualsiasi impresa abilitata a svolgere attività nell'ambito portuale di competenza dell'Autorità di Sistema portuale istitutiva dell'Agenzia. Nei porti in cui sia già presente un soggetto autorizzato (ai sensi dell'art. 17 della citata L. n. 84 del 1994, e successive modificazioni) alla fornitura del lavoro portuale temporaneo[20], la richiesta di manodopera per lo svolgimento delle operazioni portuali deve transitare attraverso tale soggetto (come specificato dalla Camera) e lo stesso, qualora non abbia personale sufficiente per far fronte alla fornitura di lavoro portuale temporaneo, ha l’obbligo di rivolgersi all’Agenzia.

 

Ai sensi del comma 5, in caso di nuove iniziative imprenditoriali e produttive che dovessero localizzarsi nel porto, le imprese autorizzate o concessionarie devono fare ricorso ai lavoratori dell'Agenzia, secondo percentuali predeterminate nel relativo titolo abilitativo, per le assunzioni a tempo determinato e indeterminato, laddove vi sia coerenza tra i profili professionali richiesti e quelli offerti. Lo stesso obbligo grava, in caso di previsione di nuove assunzioni, a carico delle aziende già concessionarie ai sensi del citato art. 18 della L. n. 84 del 1994, e successive modificazioni. I lavoratori, qualora non accettino l'impiego proposto in base agli obblighi di cui al presente comma 5, sono cancellati dagli elenchi tenuti dall'Agenzia.

 

Ai sensi del comma 7, al personale in esubero che confluisce nelle Agenzie in esame, per le giornate di mancato avviamento al lavoro, si applicano, nel limite di risorse aggiuntive pari a 18.144.000 euro per il 2017, 14.112.000 euro per il 2018 e 8.064.000 euro per il 2019, le disposizioni di cui all'art. 3, comma 2, della L. 28 giugno 2012, n. 92 - che prevede uno specifico strumento di sostegno al reddito in favore di alcune categorie di lavoratori del settore portuale -.

 

L’articolo 3, comma 2, della L. 92/2012, ha disposto l’erogazione a regime, dal 2013, di uno specifico strumento di sostegno al reddito sia agli addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della L. 84/1994, sia ai lavoratori delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima L. 84/1994[21]. L’indennità[22] è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni[23], nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare: per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro;      per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

L’erogazione dei trattamenti richiamati, da parte dell’INPS, è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime.

 

Al riguardo, la relazione tecnica allegata al decreto-legge in esame afferma che l’erogazione dell’indennità di integrazione salariale straordinaria per le giornate di mancato avviamento al lavoro è effettuata secondo le disposizioni contenute nella circolare INPS 48/2016, con le seguenti modalità: 80 euro (costo giornaliero per lavoratore) per 252 giornate lavorative nell’anno per una spesa massima lorda pro capite annua di 20.160 euro. In particolare, il beneficio potrà interessare, nel 2017, 900 lavoratori portuali (Gioia Tauro e Taranto). Negli anni successivi il beneficio sarà erogato ai soli lavoratori che non avranno trovato un’adeguata collocazione, stimabili in circa 700 nel 2018 e in circa 400 nel 2019.

 

Il comma 8 prevede che, qualora alla scadenza del periodo di operatività dell’Agenzia restino in forza alla stessa lavoratori non reimpiegati, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa autorizzare la trasformazione dell'Agenzia, su istanza dell'Autorità di Sistema portuale competente e laddove sussistano i presupposti, in un'agenzia di fornitura di lavoro portuale temporaneo, ai sensi del citato art. 17 della L. n. 84 del 1994, e successive modificazioni.

 

L’articolo 17 della L. 84/1994 disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo. In particolare, il comma 2 stabilisce che le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime, debbano autorizzare l'erogazione delle prestazioni di lavoro temporaneo da parte di una impresa, che deve essere dotata di adeguato personale e risorse proprie con specifica caratterizzazione di professionalità nell'esecuzione delle operazioni portuali. L’attività della richiamata impresa deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. Il successivo comma 5 dispone che nel caso in cui non si realizzi quanto previsto in precedenza circa l’istituzione e l’autorizzazione all’esercizio della richiamata impresa, le prestazioni di lavoro portuale temporaneo vengano erogate da agenzie promosse dalle autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime e soggette al controllo delle stesse e la cui gestione è affidata ad un organo direttivo composto da rappresentanti delle imprese operanti in operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale), in fornitura di lavoro portuale temporaneo e nella gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali.

 

Agli oneri derivanti dal precedente comma 7, pari a 18.144.000 euro per il 2017, 14.112.000 euro per il 2018 e 8.064.000 euro per il 2019, si provvede (comma 9):

§  quanto a 18.144.000 euro per il 2017, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle disponibilità in conto residui del Fondo sociale per occupazione e formazione (lettera a));

§  quanto a 14.112.000 euro per il 2018 e 8.064.000 euro per il 2019, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo sociale per occupazione e formazione (lettera b)).

Ai sensi del comma 10, alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al precedente comma 9 - effetti pari a 18.144.000 euro per il 2017 - si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali[24].

 


Articolo 4-bis
(Diffusione della logistica digitale nel Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 4-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, incrementa il contributo previsto dall’articolo 2, comma 244, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2022.

 

L’articolo 2, comma 244 della citata disposizione autorizzava un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 le finalità sopra descritte. Le risorse assegnate erano state in un primo tempo revocate ai sensi dell’allegato al decreto-legge n.93 del 2008 e successivamente ripristinate, nella misura di un milione di euro annui per il triennio 2012-2014, dall’art. 61-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1.

Successivamente il comma 12-terdecies del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 ha previsto un ulteriore ripristino del contributo, nella misura di 2 milioni di euro per l'anno 2013, senza l'obbligo di cofinanziamento da parte del soggetto attuatore unico di cui all'articolo 61-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, con specifica destinazione al completamento della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale. Infine la legge n. 147 del 2013, all’articolo 1, comma 90 ha incrementato il medesimo contributo, sempre senza obbligo di cofinanziamento, di 4 milioni di euro per l'anno 2014 e di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

 

Secondo quanto previsto dalla norma il rifinanziamento di tale contributo è funzionale al completamento degli investimenti, con particolare riferimento ai nodi-porti, interporti e piattaforme del Sud, in modo da ridurre il divario digitale, anche in relazione a quanto previsto dal piano della portualità e della logistica.

 

Sotto il profilo procedurale la norma prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stipuli con il soggetto attuatore unico una specifica convenzione per disciplinare l’utilizzo dei fondi. Inoltre il soggetto attuatore, per il definitivo completamento della piattaforma logistica nazionale digitale e la sua gestione, ha facoltà di avvalersi della concessione di servizi in finanza di progetto, secondo quanto previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 211, della legge n. 228 del 2012, espressamente richiamato dal comma 1 della disposizione in commento.

 

Il soggetto attuatore unico per l’utilizzo di tale contributo è, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 61-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, la società UIRNet S.p.A. Questa società è tenuta alla realizzazione e alla gestione della piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, come definita nel decreto ministeriale 20 giugno 2005, n. 18T, che è estesa, oltre che agli interporti, anche ai centri merci, ai porti ed alle piastre logistiche. Ai sensi dell’articolo 1, comma 211 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge finanziaria 2013), il soggetto attuatore deve provvedere al completamento della Piattaforma Logistica Nazionale, anche nell'ambito dell'Agenda Digitale Italiana, e alla relativa gestione come sistema di rete infrastrutturale aperto a cui si collegano le piattaforme ITS (intelligent transport system) locali, autonomamente sviluppate e all'uopo rese compatibili, di proprietà o in uso ai nodi logistici, ai porti, ai centri merci e alle piastre logistiche. Le diverse disposizioni che attribuiscono fondi per la realizzazione di questo progetto autorizzano, come del resto fa anche l’articolo in commento, il Ministro delle infrastrutture e trasporti a firmare appositi atti convenzionali con UIRNet SpA per disciplinare l'utilizzo dei relativi fondi.

 

Con riferimento infine alla copertura finanziaria si prevede che agli oneri derivanti dal comma 1 si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze viene autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

L'utilizzo di tali fondi deve conformarsi alle disposizioni in materia di pareri dell'Agenzia per l'Italia digitale di cui all'articolo 14-bis del codice dell'amministrazione digitale.

 

L'Agenzia per l'Italia digitale (AgID)è stata istituita con il "decreto sviluppo" del 15 giugno 2012, con il compito di portare avanti gli obiettivi definiti dall'Agenda digitale italiana, monitorando l'attuazione dei piani di ICT delle pubbliche amministrazioni e promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l'Agenda digitale europea. L'AgID svolge attività di progettazione e coordinamento delle iniziative strategiche per la più efficace erogazione di servizi in Rete della pubblica amministrazione a cittadini e imprese. Essa è chiamata ad elaborare gli indirizzi, le regole tecniche e le linee guida per la piena interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e i sistemi dell'Unione Europea; assicurare l'uniformità tecnica dei sistemi informativi pubblici destinati ad erogare servizi ai cittadini e alle imprese, garantendo livelli omogenei di qualità e fruibilità sul territorio nazionale, nonché la piena integrazione a livello europeo. Ai sensi delle lett. f ) e g) del comma 2 dell'art. 14-bis del codice dell'amministrazione digitale l'Agenzia svolge le funzioni di rilascio di  pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli schemi di contratti e accordi quadro da parte delle pubbliche amministrazioni centrali concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati per quanto riguarda la congruità tecnico-economica, qualora il valore lordo di detti contratti sia superiore a euro 1.000.000,00 nel caso di procedura negoziata e a euro 2.000.000,00 nel caso di procedura ristretta o di procedura aperta; di rilascio di pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli elementi essenziali delle procedure di gara bandite, da Consip e dai soggetti aggregatori, concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati e definiti di carattere strategico nel piano triennale.

 


Articolo 4-ter
(
Trasporto di acqua destinata al consumo umano)

 

L’articolo 4-ter, introdotto dalla Camera, demanda ad un regolamento del Ministro della salute e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la revisione delle modalità, dei requisiti e dei termini per l’accertamento di idoneità delle navi cisterna che effettuano il trasporto di acqua destinata al consumo umano; dall'àmbito del regolamento restano esclusi - così come previsto anche dall'attuale disciplina[25] - le navi della marina militare e quelle destinate al trasporto promiscuo di sostanze alimentari (in conformità al principio vigente[26] secondo cui le navi cisterna autorizzate al trasporto suddetto di acqua devono essere impiegate esclusivamente per il trasporto di tale bene).

Il regolamento in oggetto deve individuare e disciplinare:

a)     il campo di applicazione;

b)     l’autorità competente al rilascio dell'autorizzazione;

c)     le modalità di presentazione della domanda di autorizzazione e di rinnovo della stessa;

d)     la durata della autorizzazione;

e)     i requisiti tecnici e tecnico-sanitari delle navi cisterna;

f)      le modalità di svolgimento dei sopralluoghi ispettivi. 

Si demanda, inoltre, ad un decreto del Ministro della salute e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la rideterminazione, sulla base del costo effettivo del servizio, delle tariffe per la copertura degli oneri derivanti dalle attività di accertamento in oggetto e delle relative modalità di versamento. Le tariffe devono essere successivamente aggiornate almeno ogni due anni.

 

Attualmente, l'autorizzazione per il trasporto di acqua potabile viene rilasciata dal Ministero delle infrastruttuture e dei trasporti, di concerto con il Ministero della Salute e con il Ministro dell'Ambiente, previo accertamento dell'idoneità tecnico-sanitaria della nave cisterna da parte di una apposita Commissione, come disposto dal decreto del Ministero della salute 10 ottobre 1988, n. 474, Norme sul trasporto marittimo con navi cisterna di acqua potabile e di sostanze alimentari liquide sfuse. Le norme del decreto trovano applicazione al trasporto marittimo di acqua potabile, di sostanze alimentari liquide sfuse, idrosolubili e liposolubili. I requisiti tecnici sanitari di cui devono essere in possesso le navi cisterna sono fissati all’articolo 7 del decreto. La durata dell’autorizzazione è quadriennale. Nel caso in cui la nave, durante il periodo di validità dell’autorizzazione, venga sottoposta a interventi di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione che interessino gli impianti del carico, l’autorizzazione deve comunque essere rinnovata.

Più in particolare, gli armatori che intendono svolgere l'attività di trasporto marittimo di acqua potabile devono indirizzare la domanda di autorizzazione contestualmente al MIT e al Ministero della Salute. Alla domanda devono essere allegate:

§   la dichiarazione di classe rilasciata dal registro italiano navale con l'indicazione del tipo di abilitazione e degli estremi delle ultime visite effettuate, comprese quelle speciali;

§   la documentazione concernente le caratteristiche tecnico-costruttive della nave, riferita in particolare agli impianti ed alle strutture delle cisterne nonché ai relativi materiali di costruzione o di rivestimento impiegati e corredata da:

-        piani generali in scala non inferiore a 1:100;

-        notizie sui principali servizi generali di bordo di rilevanza ai fini igienico-sanitari;

-        l'indicazione dei criteri tecnici e le modalità delle operazioni di sanificazione delle   cisterne.

Il decreto 21 maggio 2002[27] ha fissato la tariffa richiesta dal Ministero della salute per l'esame della documentazione finalizzata al rilascio dell'autorizzazione al trasporto di acqua potabile e di sostanze alimentari liquide sfuse. Nella tariffa è compreso l’onere per l'attività della Commissione per l'accertamento dell'idoneità igienico-sanitaria. Attualmente, la tariffa da corrispondere al Ministero è pari a 2.512,80 euro.

 


Articolo 5
(Incremento del Fondo per le non autosufficienze)

 

L’articolo 5 incrementa di 50 milioni di euro, per il 2017, lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze. All’onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili (istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall'art. 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni).

L’incremento dello stanziamento del Fondo non reca alcuna specifica finalizzazione.

 

Il Fondo per le non autosufficienze (FNA)

 

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria integrata, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio.

La legge di stabilità 2015 (comma 159 della legge 190/2014) ha disposto per il Fondo un finanziamento di 400 milioni per il 2015 e uno stanziamento a regime di 250 milioni a decorrere dal 2016. Lo stanziamento del Fondo è finalizzato anche al finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

Successivamente, il comma 405 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha incrementato lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, anche ai fini del finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da SLA, di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Pertanto, lo stanziamento a regime del Fondo, a decorrere dal 2016, risulta pari a 400 milioni.

In ultimo la legge di bilancio 2017 (legge 232/2016), per il triennio 2017-2019, ha incrementato la dotazione del fondo di 50 milioni. Pertanto, le risorse del FNA, dal 2017, sono pari a 450 milioni di euro.

Le risorse del Fondo (aggiuntive rispetto a quelle destinate dalle Regioni e dalle autonomie locali alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti) sono ripartite annualmente con decreto.

Il decreto 26 settembre 2016, di riparto dei 400 milioni costituenti la dotazione del Fondo, ha poi definito le prestazioni, gli interventi e i servizi assistenziali dell'offerta integrata socio-sanitaria rivolta alle persone non autosufficienti. Il decreto specifica che l’offerta di interventi è individuata su aree prioritarie di intervento riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni (che, si ricorda, non sono stati ancora definiti in ambito sociale). Queste le aree prioritarie individuate:

§     incremento dell'assistenza domiciliare, anche in termini di ore di assistenza personale e supporto familiare;

§     trasferimenti monetari nella misura in cui gli stessi siano condizionati all'acquisto di servizi di cura ed assistenza domiciliari, progettati sulla base di un piano personalizzato, nelle diverse forme e modalità previste dalle regioni. I trasferimenti monetari possono essere anche finalizzati alla fornitura diretta dei servizi di cura ed assistenza da parte di familiari e persone del vicinato;

§     interventi complementari all'assistenza domiciliare, quali i ricoveri di sollievo in strutture sociosanitarie, e di altre azioni di supporto individuate nel piano personalizzato, ad esclusione delle prestazioni erogate in ambito residenziale a ciclo continuativo di natura non temporanea. Di tale interventi viene assunto l'onere della quota sociale.

Il decreto del settembre 2016 ha poi definito in maniera puntuale, ai soli fini dell'utilizzo delle risorse del Fondo, le persone in condizione di disabilità gravissima, riconducendole in primo luogo ai beneficiari dell'indennità di accompagnamento e alle persone definite non autosufficienti ai sensi dell'allegato 3 (Definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza) del Regolamento ISEE (D.P.C.M. n. 159/2013).

Per facilitare le attività sociosanitarie assistenziali integrate, ed anche ai fini della razionalizzazione della spesa, il decreto ha poi stabilito che le regioni si impegnino a:

a)                  prevedere o rafforzare punti unici di accesso alle prestazioni e ai servizi localizzati negli ambiti territoriali;

b)                 attivare o rafforzare modalità di presa in carico della persona non autosufficiente attraverso un piano personalizzato di assistenza;

c)                  implementare modalità di valutazione della non autosufficienza attraverso unità multiprofessionali UVM, in cui siano presenti le componenti clinica e sociale, utilizzando le scale già in essere presso le regioni, tenendo anche conto delle condizioni di bisogno, della situazione economica e dei supporti fornibili dalla famiglia o da chi ne fa le veci;

d)                 adottare ambiti territoriali di programmazione omogenei per il comparto sanitario e sociale;

e)                  formulare indirizzi, dandone comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero della salute, per la ricomposizione delle prestazioni e delle erogazioni (es.: budget di cura).

Infine, il decreto di riparto del settembre 2016 ha previsto l’approvazione di un Piano triennale 2017-19 per la non autosufficienza. Il Piano - un decreto interministeriale, preceduto da un'intesa in sede di Conferenza unificata - dovrà definire:

·                     i principi e i criteri per l'individuazione dei beneficiari degli interventi rivolti alle persone con necessità di sostegno intensivo. Gli interventi dovranno essere differenziati in base all'intensità del sostegno necessario;

·                     lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse del Fondo per le non autosufficienze nell'ottica di una progressione graduale nel raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale.

 

 

 


Articolo 5-bis
(
Riqualificazione e ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni del Mezzogiorno)

 

L’articolo 5-bis, introdotto dalla Camera, destina, nell’àmbito della sottoscrizione degli accordi di programma necessari all’assegnazione delle risorse residue del piano pluriennale di interventi per il patrimonio sanitario pubblico[28], una quota pari a 100 milioni di euro per la riqualificazione e l’ammodernamento tecnologico dei servizi di radioterapia oncologica di ultima generazione nelle regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna e, in particolare, per l’acquisizione di apparecchiature dotate di tecnologia robotica o rotazionale.

Le modalità e i tempi di attuazione dell’intervento saranno definiti con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

 

L’art. 20 della legge n. 67/1988 ha autorizzato l’esecuzione del Programma Straordinario di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, nonché di realizzazione di residenze sanitarie assistenziali. L'art. 5-bis del D.Lgs. 502/1992 ha poi previsto che, nell’àmbito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria, il Ministro della Salute, acquisito il concerto con il MEF e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, possa stipulare accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati. Ai fini della stipula dell’Accordo, la Regione interessata deve presentare un articolato contrattuale e il documento programmatico, unitamente alle schede tecniche relative ai singoli interventi per i quali si richiede il finanziamento. L’attuazione del programma da parte della Regione deve avvenire nel termine di 18 mesi, come stabilito dall’art. 1, comma 310, della legge finanziaria 2006 (legge 266/2005)[29]. Le risorse complessive del programma, articolato in due Fasi, sono state pari a 24 miliardi di euro. La consistenza dell’assegnazione dei finanziamenti alle Regioni ha tenuto conto delle dimensioni demografiche e di alcuni coefficienti correttivi per favorire il riequilibrio tra Nord e Sud e la migliore utilizzazione delle risorse e delle procedure. Ciononostante, molte delle Regioni centro-meridionali (Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna) hanno sottoscritto Accordi di Programma in misura percentuale significativamente inferiore alle quote assegnate[30].

Al 30 giugno 2015, le risorse complessivamente assegnate alle Regioni per la sottoscrizione di accordi di programma risultavano pari a 15,285 miliardi di euro (vedi Stato attuazione degli accordi sul sito del Ministero della salute e la Tabella di sintesi sul Monitoraggio accordi di programma), di cui circa 5,024 miliardi di risorse residue per Accordi di programma da sottoscrivere.

 

 


Articolo 6
(Scuola europea di Brindisi)

 

 

L’articolo 6 autorizza il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca alla stipula e all’esecuzione di convenzioni con il Segretariato generale delle scuole europee: tale autorizzazione è finalizzata a consentire lo svolgimento del previsto curriculum per le scuole europee, dal livello dell’infanzia al conseguimento del baccalaureato europeo. Tutto ciò si pone poi come prosecuzione delle sperimentazioni già autorizzate in relazione alla presenza della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi.

La spesa collegata alla norma in commento è di 577.522,36 euro annui, a decorrere dal 2017: a tali oneri si provvede con corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze nel bilancio triennale 2017-2019, con parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

La pertinente sezione della relazione introduttiva al disegno di legge (A.C. 4200) di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243 precisa che l’articolo 6 in commento è volto ad assicurare le risorse necessarie a garantire un’offerta formativa plurilingue ai figli del personale espatriato in servizio presso la base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi - non mancando di rilevare l’importante indotto socioeconomico sulla città di Brindisi e sul suo retroterra dato dalla presenza della base medesima.

La sperimentazione consentita a partire dal 2012 dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca nei confronti dell’Istituto comprensivo “Centro” e del Liceo scientifico “Fermi-Monticelli” di Brindisi ha riscontrato un giudizio positivo del Segretariato generale scuole europee: in vista della sottoscrizione di due convenzioni di accreditamento dei due istituti brindisini con il Segretariato, si rende necessario coprire il maggiore fabbisogno di personale di madrelingua specificamente qualificato al fine di assicurare agli alunni delle scuole europee un insegnamento pienamente soddisfacente nelle rispettive lingue: ciò naturalmente va ben oltre gli organici previsti dall’ordinamento scolastico nazionale italiano, e richiede ulteriori oneri finanziari. L’eventuale mancata ottemperanza a tale maggiore fabbisogno di personale docente potrebbe essere suscettibile di porre in questione la permanenza a Brindisi della base logistica ONU per le operazioni internazionali umanitarie e di peacekeeping, attesa la rilevanza che le Nazioni Unite attribuiscono alla presenza di adeguate risorse formative per i figli del personale internazionale in servizio nella base.

Va inoltre segnalato come con decreto n. 727 del 20 settembre 2016 il Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca abbia proceduto a prorogare per il triennio 2016-2019 le autorizzazioni alla sperimentazione rispettivamente concesse nei confronti dell’Istituto “Centro” di Brindisi con il D.M. 143 del 2013 e nei confronti del Liceo scientifico “Fermi-Monticelli” con il D.M. 378 nel 2014 e si è dato avvio alla procedura di accreditamento vera propria, il cui audit di conformità si è concluso positivamente nel mese di giugno 2015: all’esito di ciò, nel marzo del 2016, il Segretariato delle scuole europee ha inviato la convenzione da sottoscrivere per l’accreditamento definitivo.

 

Il sistema delle scuole europee è sorto nel 1953 per l’istruzione in comune dei figli dei dipendenti delle Comunità europee.

Il 21 giugno 1994 è, quindi, intervenuta, in Lussemburgo, la Convenzione recante Statuto delle scuole europee, poiché occorreva, fra l’altro, consolidare lo Statuto adottato nel 1957 e tener conto dell’esperienza acquisita nel funzionamento delle Scuole. La Convenzione è stata ratificata dall’Italia con legge 6 marzo 1996, n. 151.

In base allo Statuto, l’insegnamento impartito nelle scuole comprende l’istruzione fino al termine degli studi medi superiori e può articolarsi in un ciclo materno, in un ciclo elementare di cinque anni e in un ciclo secondario di sette anni.

Gli studi sono compiuti nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca: si tratta, peraltro, di un elenco che può essere adeguato dal Consiglio superiore (sul quale, si veda infra). Però, allo scopo di favorire l’unità della scuola e la reciproca intesa e comprensione fra gli alunni appartenenti alle varie sezioni linguistiche, alcuni corsi sono tenuti in comune per classi dello stesso livello.

Al termine degli studi secondari viene rilasciata la licenza liceale europea. I titolari della licenza godono, nello Stato membro di cui sono cittadini, di tutte le prerogative attribuite a coloro che sono in possesso del diploma rilasciato al termine degli studi medi superiori e possono iscriversi all’università.

Nelle scuole europee l’insegnamento è impartito da insegnanti comandati o designati dagli Stati membri, conformemente alle decisioni assunte dal Consiglio superiore. Essi conservano i diritti all’avanzamento di carriera e alla pensione garantiti dalla normativa nazionale.

A ciascuna scuola europea è riconosciuta la personalità giuridica necessaria per il conseguimento dello scopo perseguito e, in ogni Stato membro, la Scuola è trattata come istituto scolastico di diritto pubblico.

Gli organi comuni a tutte le scuole europee sono il Consiglio superiore - che stabilisce il regolamento generale delle scuole e definisce l’orientamento degli studi e l’organizzazione -, il Segretario generale – che risponde del proprio operato al Consiglio superiore -, i Consigli di ispezione – di cui uno per il ciclo materno ed elementare e uno per il ciclo secondario, i quali vigilano sulla qualità dell’insegnamento impartito nelle Scuole – e la Camera dei ricorsi.

Ogni scuola europea è amministrata dal Consiglio di amministrazione – competente in materia di bilancio – ed è gestita dal Direttore che ha autorità sul personale assegnato alla Scuola e risponde del proprio operato al Consiglio superiore, dal quale è nominato.

Il bilancio delle scuole è alimentato con i contributi degli Stati membri – ai quali spetta il mantenimento della retribuzione dei docenti –, il contributo dell’UE – che deve coprire la differenza fra l’importo globale delle spese delle scuole e il totale delle altre entrate – i contributi degli organismi non comunitari con i quali il Consiglio superiore ha concluso un accordo, le entrate proprie della scuola, in particolare le tasse scolastiche, e altre entrate varie.

La creazione di una nuova Scuola può essere decisa dal Consiglio superiore, previo accordo con lo Stato membro ospitante in merito alla messa a disposizione, a titolo gratuito, e alla manutenzione, di locali adeguati alle esigenze della nuova Scuola

Attualmente esistono 14 scuole europee frequentate da circa 21.000 studenti.

Per ciò che concerne la Base logistica delle Nazioni Unite a Brindisi, si ricorda che la legge 4 marzo 1997, n. 62 l'Italia ha ratificato il Memorandum d'intesa fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite relativo all'uso da parte delle Nazioni Unite di locali di istallazioni militari in Italia per il sostegno delle operazioni di mantenimento della pace, umanitarie e quelle ad esse relative, fatto a Roma il 23 novembre 1994.

L'articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite prevede che "al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, tutti i membri delle Nazioni Unite si impegnano a mettere a disposizione del Consiglio di sicurezza, a sua richiesta ed in conformità ad un accordo o ad accordi speciali, le forze armate, l'assistenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessarie per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale". In tale quadro, su richiesta delle Nazioni Unite a seguito del proliferare delle azioni di mantenimento della pace, l'Italia ha offerto la disponibilità di basi logistiche sul proprio territorio, che consentissero la creazione di una base permanente per dette operazioni. Una apposita missione delle Nazioni Unite individuava nella base aerea di Brindisi le infrastrutture più idonee per le previste attività di stoccaggio, manutenzione e trasporto dei materiali destinati ad operazioni umanitarie e di peacekeeping. Tale scelta era altresì condizionata dalla collocazione strategica della base, considerata idonea al supporto di operazioni in Europa orientale, Asia e Medio Oriente.

La Base logistica dell'ONU a Brindisi ha visto progressivamente ampliare le proprie funzioni dalla metà degli Anni Novanta, in parallelo al crescente impegno dell'ONU nei tentativi di stabilizzazione delle aree di crisi. La nuova strategia delle Nazioni Unite per il supporto logistico presentata nel 2010 prevede l'accentramento e la standardizzazione delle relative attività, in funzione di una maggiore capacità di dispiegamento rapido di forze sul terreno e di una razionalizzazione delle risorse. La Base di Brindisi ha così visto progressivamente concentrare su di sé sempre maggiori servizi a sostegno delle operazioni di pace e umanitarie, divenendo una sorta di centro di servizi globale, soprattutto per le comunicazioni satellitari e il supporto tecnico ai mezzi impegnati nei collegamenti con le missioni di pace. Da tutto ciò la ratio della necessità di un adattamento del Memorandum d'intesa del 1994, operata con il Protocollo di emendamento del 28 aprile 2015, autorizzato alla ratifica con legge 4 agosto 2016, n. 157, ed entrato in vigore il 5 settembre 2016.

 


Articolo 7
(Interventi funzionali alla presidenza italiana del G7 nel 2017)

 

 

L’articolo 7 prevede il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi nell’ambito della Presidenza italiana del G7 nel 2017 (comma 1).

 

Applicazione della procedura negoziata senza bando agli appalti del G7 (comma 1)

 

In particolare, il comma 1 autorizza il Capo della Struttura di missione “Delegazione per la Presidenza italiana del Gruppo dei Paesi più industrializzati” e il Commissario straordinario del Governo, per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e di sicurezza connessi alla medesima Presidenza italiana, ad avvalersi della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara prevista dall’articolo 63 del nuovo Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016).

La norma è stata modificata, nel corso dell’esame in Commissione,  relativamente ai presupposti per l’applicazione della procedura negoziata senza bando. La formulazione originaria prevede, infatti, il ricorso a tale procedura “in caso di necessità e urgenza”, giustificandolo sulla base del fatto che “gli interventi funzionali alla presidenza italiana del G7 del 2017, in quanto imprevedibili in relazione a consistenza e durata dei procedimenti, costituiscono presupposto per l’applicazione motivata della procedura” medesima. Il riferimento a tale presupposto è stato soppresso nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati.

Il nuovo testo prevede che, ai fini dell’applicazione della procedura negoziata senza bando, siano fornite, per i singoli interventi, le ragioni di urgenza e della necessità di derogare alle procedure ordinarie di affidamento, che devono essere strettamente correlate ai tempi di realizzazione degli interventi stessi al fine di garantire l'operatività delle strutture a supporto della Presidenza italiana del G7.  L’urgenza e la necessità di ricorrere alla procedura negoziata senza bando, in deroga alle procedure ordinarie, devono essere pertanto motivate in relazione ai singoli interventi, al fine di garantirne la realizzazione in vista dello svolgimento dell’evento. Nella norma originaria, invece, si fa riferimento in generale agli interventi funzionali al G7, quale presupposto per l’applicazione della procedura negoziata senza bando, in quanto imprevedibili in relazione alla consistenza e durata dei procedimenti.

Il citato articolo 63, per gli appalti di lavori, forniture e servizi, consente l’utilizzo della procedura negoziata senza bando:

a)    qualora non sia stata presentata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata, né alcuna domanda di partecipazione o alcuna domanda di partecipazione appropriata, in esito all'esperimento di una procedura aperta o ristretta, purché le condizioni iniziali dell'appalto non siano sostanzialmente modificate e purché sia trasmessa una relazione alla Commissione europea, su sua richiesta;

b)   quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni: 1) lo scopo dell'appalto consiste nella creazione o nell'acquisizione di un'opera d'arte o rappresentazione artistica unica; 2) la concorrenza è assente per motivi tecnici; 3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale;

c)    nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati.

I tre precedenti casi riproducono le lettere a), b) e c) del paragrafo 2 dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, che è stata recepita dal Codice dei contratti pubblici.

 Le ulteriori circostanze disciplinate nei commi da 3 a 5 dell’articolo 63 del Codice, che riprendono i corrispondenti paragrafi dell’articolo 32 della direttiva, riguardano: gli appalti pubblici di forniture (qualora i prodotti oggetto dell'appalto siano fabbricati esclusivamente a scopo di ricerca, di sperimentazione, di studio o di sviluppo, nel caso di consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti o all'ampliamento di forniture o impianti esistenti, per forniture quotate e acquistate sul mercato delle materie prime, per l'acquisto di forniture o servizi a condizioni particolarmente vantaggiose, da un fornitore che cessa definitivamente l'attività commerciale oppure dagli organi delle procedure concorsuali); negli appalti pubblici relativi ai servizi qualora l'appalto faccia seguito ad un concorso di progettazione e debba, in base alle norme applicabili, essere aggiudicato al vincitore o ad uno dei vincitori del concorso; per nuovi lavori o servizi consistenti nella ripetizione di lavori o servizi analoghi, già affidati all'operatore economico aggiudicatario dell’appalto iniziale. 

 

Si prevede, pertanto, che agli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, che devono essere aggiudicati da parte del Capo della Struttura di missione “Delegazione per la Presidenza italiana del Gruppo dei paesi più industrializzati” per il 2017 e del Commissario straordinario del Governo per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e di sicurezza connessi alla medesima Presidenza italiana, si applichino, in base alle suddette motivazioni, le norme riguardanti:

§  il ricorso alla procedura negoziata senza bando, di cui all’articolo 63, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016;

Il comma 1 del citato articolo 63 dispone che, nei casi e nelle circostanze indicati nei commi da 2 a 5, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti;

 

§  l’individuazione, nell’ambito della predetta procedura, degli operatori economici da consultare e la selezione di almeno cinque operatori economici, di cui all’articolo 63, comma 6, del citato Codice.

Il comma 6 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici individuano gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economica e finanziaria e tecniche e professionali desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e selezionano almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei. L'amministrazione aggiudicatrice sceglie l'operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, ai sensi dell'articolo 95 (che disciplina l’offerta economicamente più vantaggiosa), previa verifica del possesso dei requisiti di partecipazione previsti per l'affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta o mediante procedura competitiva con negoziazione

 

Per quanto riguarda i soggetti citati nella norma, che dovranno aggiudicare gli appalti, si segnala che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Struttura di missione denominataDelegazione per l’organizzazione della Presidenza italiana del Vertice dei Paesi più industrializzati” che si terrà a Taormina nel 2017, confermata dal DPCM 20 dicembre 2016.

La Delegazione, diretta dal min. plen. Alessandro Modiano, ha il compito di assicurare l’organizzazione di tutti gli adempimenti di carattere logistico e protocollare per il buon esito della Presidenza italiana del G7.

L'evento principale della Presidenza del Gruppo dei Paesi più industrializzati è rappresentato dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo. Sono inoltre previste riunioni ministeriali su temi specifici quali affari esteri, finanze, industria, ambiente, agricoltura, parità di genere, scienze e tecnologie oltreché numerosi incontri di livello tecnico.

La Struttura si occuperà della gestione di tutti gli adempimenti connessi agli aspetti amministrativi, logistici e protocollari funzionali alla piena esecuzione degli eventi che si terranno nel corso dell'anno di Presidenza italiana. Nell'ambito delle proprie competenze, la Struttura individua le sedi più adatte e funzionali per lo svolgimento delle riunioni, provvede all'allestimento ed all'accoglienza dei delegati, alla divulgazione di informazioni e documentazioni inerenti tutti gli eventi previsti per l'anno di Presidenza italiana.

È stato, inoltre, firmato un protocollo di vigilanza collaborativa tra l’Autorità nazionale anticorruzione e la Delegazione per l’organizzazione della Presidenza italiana del G7.

Nella riunione del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2016, il prefetto Riccardo Carpino è stato nominato Commissario straordinario del Governo per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e di sicurezza connessi alla presidenza italiana del gruppo di Paesi più industrializzati (G7), a norma dell’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 381, della legge n. 232/2016 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), ha autorizzato la spesa di 45 milioni per il 2017 per l’attuazione degli interventi per l’organizzazione e lo svolgimento del vertice G7 a livello di Capi di Stato e di Governo, previsto nell’ambito della Presidenza italiana del Gruppo dei sette maggiori Paesi industrializzati. Le risorse confluiscono in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tra gli interventi finanziati, la norma menziona specificamente gli adeguamenti infrastrutturali e le esigenze di sicurezza.

 

Organizzazione della Conferenza per il dialogo mediterraneo MED Dialogues (comma 1-bis)

 

Il comma 1-bis, introdotto durante l’esame presso la Camera dei Deputati, autorizza, a decorrere dall’anno 2017, la spesa annua di 500.000 euro finalizzata all’organizzazione, con cadenza annuale, della Conferenza per il dialogo Mediterraneo denominata MED Dialogues.

L’iniziativa MED Dialogues è stata promossa dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, MAECI, e dall'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), con l’obiettivo di fornire le basi di un'agenda positiva per il Mediterraneo affinché tale regione non sia più percepita solo come area di crisi, pericolo ed instabilità, ma torni ad essere teatro di opportunità. 
La prima edizione della conferenza, Rome MED 2015 - Mediterranean Dialogues si è svolta a Roma nelle giornate del 10-12 dicembre 2015. Per tale prima edizione sono stati individuati sia il titolo della conferenza Beyond Turmoil, A Positive Agenda, che ricorre anche nell’edizione successiva, sia i quattro pilastri ai quali si incardinano  interventi, incontri e dibattiti tra attori istituzionali e non istituzionali: condivisione del benessere, condivisione della sicurezza, flussi migratori, media/cultura e società.  Hanno preso parte alla conferenza personalità quali il re di Giordania Abdallah II - che con il primo ministro italiano Matteo Renzi ha aperto i lavori -, il premier tunisino, Yūssef al-Shāhed, il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni e gli omologhi russo ed israeliano, il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat, oltre a numerosi responsabili di dicasteri di moltissimi paesi del “Mediterraneo allargato”.
Rome MED 2016 si è svolta dal 1° al 3 dicembre. Vi hanno partecipato rappresentanti di 55 Paesi tra capi di Stato, ministri, leader dell'economia, delle organizzazioni internazionali e della societa' civile impegnati su temi di incandescente attualità quali crisi migratoria, Siria, lotta all'Isis, come pure sulle opportunità di crescita economica nel Mediterraneo. Proprio a margine della conferenza si è svolto un importante incontro tra il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro russo Sergej Lavrov sulla situazione della città siriana di Aleppo.

Al fine di approfondire sotto il profilo scientifico i temi connessi alla Conferenza, la disposizione conferisce al MAECI la facoltà di avvalersi di uno o più enti a carattere internazionalistico considerati dalla legge n. 948/1982.

La legge 28 dicembre 1982, n. 948, come modificata dalla legge 30 ottobre 1989, n. 354, reca Norme per l'erogazione dei contributi statali agli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del MAECI.

Gli enti internazionalistici possono beneficiare o di contributi ordinari al bilancio (art. 1), qualora inseriti nell’apposita tabella triennale redatta dal MAECI (art. 1), o di cofinanziamenti alle singole iniziative (art. 2) concordate con l’Amministrazione degli Esteri ed all’esito di una procedura di selezione. A questo fine è inserito permanentemente sul sito del MAECI un bando con tutte le informazioni per gli enti eventualmente interessati a presentare una proposta di progetto suscettibile di ricevere un contributo straordinario.

 

Destinatari dei contributi sono gli enti che svolgono attività di studio, ricerca e formazione nel campo della politica estera o di promozione e sviluppo dei rapporti internazionali, a condizione che operino sulla base di una programmazione triennale e dispongano delle attrezzature idonee per lo svolgimento delle attività programmate.

 
Di tali contributi e delle ragioni che li hanno determinati il Ministro degli Esteri deve dare conto nella relazione annuale al Parlamento, prevista all'art. 3 della stessa legge n. 948 del 1982. L’ultima relazione (doc. CLXXII, n. 4), presentata alle Camere nel gennaio 2017, riguarda l’esercizio 2015.
La legge n. 948 del 1982 prevede la vigilanza del Ministero sulla destinazione dei finanziamenti concessi, attraverso l'esame dei bilanci preventivi e consuntivi degli enti nonché di altri documenti. E' inoltre prevista, ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, la partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria: in effetti, nella XVII Legislatura la Corte ha inviato alle Camere tre relazioni sulla gestione finanziaria della Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI), sì da coprire l’intero periodo 2011-2014; nonché due relazioni sulla gestione finanziaria dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), che coprono il periodo 2007-2012.
 L’ultimo decreto del Ministro degli Affari esteri per la revisione triennale della tabella e dei relativi importi è stato il D.M. 2 settembre 2016, che ha operato la revisione triennale della tabella per il periodo 2016-2018, prevede 485.500 euro per contributi ordinari e 319.608 euro per contributi straordinari.
Si ricorda, infine che, mentre il decreto che approva la tabella triennale configura per il triennio di riferimento gli enti beneficiari e i relativi importi ordinari annuali, nonché l'ammontare dei contributi straordinari per singoli progetti previsti dall'art. 2 della legge 948/1982, altri interventi normativi possono di anno in anno, determinare effetti di incremento o decremento.

Ai sensi del comma 1-bis in commento è prevista l’istituzione, con DPCM su proposta del Ministro degli Affari esteri, di un Comitato organizzatore della Conferenza, composto da rappresentanti delle amministrazioni interessate e da personalità estranee alla Pubblica Amministrazione dotate di riconosciuta esperienza nell’ambito delle relazioni internazionali. Ai membri di tale comitato non saranno riconosciuti gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi comunque denominati.

La copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni del comma in esame - pari, come accennato, a 500.000 euro annui a decorrere dal 2017 – è posta a valere sulla corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI. Il Ministro dell'economia e delle finanze, infine, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


Articolo 7-bis
(Principi l’assegnazione di risorse del Fondo sviluppo e coesione)

 

 

L’articolo 7-bis persegue la finalità di favorire il riequilibrio territoriale tra le diverse zone del Paese, prevedendo che le risorse aggiuntive per la politica di coesione siano assegnate anche secondo le differenzialità presenti nei territori del Mezzogiorno. Esso  prevede inoltre l’effettuazione di una ricognizione degli stanziamenti ordinari di spesa in conto capitale nei territori medesimi.

 

In particolare  il comma 1 assegna all’ Autorità politica per la coesione – vale a dire, secondo quanto dispone il comma 703 della legge di stabilità 2015[31], il Ministro, o Sottosegretario di Stato, delegato per la coesione territoriale -  il compito di curare l’applicazione del “principio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive” nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna. Circa i contenuti di tale principio il comma rinvia alla disciplina nazionale del Fondo di sviluppo e Coesione (FSC) e alla disciplina europea sui Fondi strutturali di investimento europei (SIE)[32].

L’aggiuntività delle risorse è elemento centrale della disciplina del FSC, come recata dal D.Lgs. n. 88/2011[33], il cui articolo 2 dispone espressamente che le risorse del Fondo, in quanto di natura, per l’appunto, aggiuntiva, non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e di altri enti, in coerenza e “nel rispetto del principio dell'addizionalità” previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea. Rinvenibile egualmente in tale disciplina, sebbene non espressamente affermato, sembrerebbe poter essere un eventuale criterio di destinazione delle risorse connesso alle singole specificità dei territori di destinazione, suscettibile di consentire assegnazioni non uniformi tra gli stessi: ciò ad esempio con riguardo agli elementi indicati dal D.Lgs. n.88 medesimo per l’individuazione delle priorità circa l’attuazione degli interventi, che devono tener contoo degli assetti delle realtà territoriali, con particolare riguardo alle condizioni socio-economiche, al deficit infrastrutturale e ai diritti della persona ed altro.

Criteri e modalità operative di carattere analogo possono rinvenirsi anche nella disciplina  dei Fondi SIE europei, per i quali in questa sede si può far sinteticamente rinvio al Regolamento (UE) n.1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[34]. 

Si rammenta che per il ciclo 2014-2020, la politica di coesione è finanziata attraverso i Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE). Questi ultimi comprendono cinque diversi fondi, disciplinati dal regolamento (UE) n.1303/2013 sopra citato, noto come «regolamento disposizioni comuni».

I Fondi strutturali presentano due componenti: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che dal 1975 fornisce sostegno allo sviluppo e all’adattamento strutturale delle economie regionali, ai cambiamenti economici, al potenziamento della competitività e della cooperazione territoriale in tutta l’UE; e il Fondo sociale europeo (FSE), istituito nel 1958 con l’obiettivo di contribuire alla flessibilità dei lavori e delle aziende, favorire l’accesso all’occupazione, la partecipazione al mercato del lavoro e l’inclusione sociale delle persone svantaggiate, contrastare tutte le forme di discriminazione e creare partenariati per gestire le riforme per l’occupazione.

Gli altri tre fondi che compongono i Fondi SIE sono: il Fondo di coesione, che sostiene esclusivamente gli Stati membri meno sviluppati, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

 

Sembrerebbe opportuno chiarire secondo quali termini il principio di assegnazione differenziale in questione si rapporti rispetto alle vigenti regole di assegnazione delle risorse del Fondo di sviluppo e Coesione  e dei fondi SIE 

Il comma 2 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi entro il 30 giugno 2017, su proposta del Ministro dell’economia e sentita l’Autorità politica di coesione, sono individuate:

§  al primo periodo, le modalità con cui verificare in riferimento ai programmi di spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali dello Stato – individuati con apposita Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri - se, e in che misura, a decorrere dalla legge di bilancio 2018, le Amministrazioni medesime si conformino all’obiettivo di destinare ai territori delle regioni indicate al comma  un volume annuale di stanziamenti ordinari di parte capitale  proporzionale alla popolazione di riferimento; ovvero come le Amministrazioni si conformino ad “altro criterio relativo a specifiche criticità” individuato dalla suddetta Direttiva;

§  al secondo periodo, le modalità con le quali è monitorato il conseguimento da parte delle amministrazioni interessate dell’obiettivo di cui al primo periodo, anche in termini di spesa erogata.

Si dispone inoltre, al comma 3, che, una volta avviato quanto disposto nel comma 2, l’Autorità politica per la coesione presenti alle Camere una relazione annuale sull’attuazione di quanto previsto nell’articolo in esame, contenente anche le misure correttive eventualmente necessarie.

La previsione di strumenti, ai commi 2 e 3, volti ad evidenziare gli stanziamenti di conto capitale di carattere ordinario, costituiti dalla Direttiva e dalla relazione da parte dell’Autorità politica per la coesione, sembrerebbe far riferimento alla nota questione, emersa anche nel corso di alcune delle audizioni effettuate dalla Commissione bilancio nel corso dell’esame del provvedimento, del rapporto/differenziazione che sussiste tra risorse ordinarie e risorse aggiuntive, nonché al ruolo di queste ultime, che non dovrebbero assumere una funzione di supplenza rispetto ad una policy sulla coesione e sullo sviluppo ordinaria.

Dalla norma non devono derivare oneri per la finanza pubblica, in quanto le amministrazioni interessate provvederanno alle necessarie attività nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente (comma 4).

 

 


Articolo 7-ter
(Misure di accelerazione e semplificazione organizzativa per l'attuazione delle politiche di coesione)

 

 

L’articolo 7-ter, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, consente all'Agenzia per la coesione territoriale di stipulare apposite convenzioni con le società in house delle amministrazioni dello Stato, con l’obiettivo di rafforzare l'attuazione della programmazione 2014-2020, sostenere la crescita economica ed accelerare la realizzazione degli interventi delle politiche di coesione. Tali attività sono svolte nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

La necessità del rafforzamento della capacità amministrativa nella gestione dei fondi europei – soprattutto alla luce delle difficoltà e dei ritardi che hanno caratterizzato l’attuazione delle politiche di coesione nel precedente ciclo di programmazione 2007-2013 - ha portato alla definizione di un nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione, delineata dall’articolo 10 del D.L. n. 101/2013, che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, c.d. “Autorità politica per la coesione”[35] e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio, l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione[36].

Tra i compiti assegnati all’Agenzia, oltre al monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, assume particolare rilievo l’azione di sostegno e di assistenza tecnica fornita alle amministrazioni che gestiscono programmi europei o nazionali, sia con riferimento alla formazione del personale delle amministrazioni interessate, che con l'intervento di qualificati soggetti pubblici di settore per l'accelerazione dei programmi medesimi. L’agenzia, inoltre, può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione per la conduzione di specifici progetti a carattere sperimentale nonché in presenza dell'attribuzione di compiti di accelerazione dei programmi ovvero di poteri sostitutivi.

Con riferimento alla programmazione 2014-2020, nel 2016 la totalità dei Programmi Operativi è ormai entrata in fase attuativa. L'Agenzia ha accompagnato le Amministrazioni titolari dei Programmi con specifico supporto per la definizione delle procedure ed un monitoraggio continuo e rafforzato delle priorità della programmazione. In particolare, con il ruolo attivo del Nucleo di Verifica e Controllo, sono state avviate le attività di supporto all'attuazione delle più rilevanti priorità dell'accordo di partenariato, quali ad esempio le Strategie di specializzazione intelligente nazionale e regionali e il rispetto degli adempimenti collegati alle condizionalità ex ante.

 

Si segnala che il D.Lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) definisce, ai fini del decreto medesimo, «società in house» le società sulle quali un'amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, ovvero un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata.

Il medesimo decreto, conformemente al dettato comunitario ed a quanto contenuto negli artt. 5 e 192 del D.Lgs n. 50/2016 (cd. Codice appalti), stabilisce che gli statuti di tali società devono prevede che almeno l’80% del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento di compiti affidati dalle Amministrazioni pubbliche socie, mentre la parte rimanente (quindi non più del 20%) potrà essere realizzata con soggetti terzi, ma solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale svolta dalla società.

 

 


Articolo 7-quater
(Misure in materia di credito d’imposta)

 

 

L’articolo 7-quater, inserito nel corso dell’esame da parte della Camera dei deputati, modifica in parte la disciplina del credito d’imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno, introdotta dalla legge di stabilità 2016 (articoli 1, commi da 98 a 108, della legge n. 208 del 2015). In particolare si prevede:

§  l’inclusione della Sardegna fra le regioni del Mezzogiorno ammesse alla deroga alla disciplina in tema di aiuti di Stato, in quanto regione ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (articolo 107, paragrafo 3, lett. a), del TFUE), in luogo della deroga attualmente prevista, ovvero per il caso di aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse (articolo 107, paragrafo 3, lett. c), del TFUE); si evidenzia che tale modifica è compatibile con la decisione C(2016) 5938 final della Commissione europea la quale, su richiesta del Governo italiano, ha incluso l’intera regione Sardegna come “zona a”, con un massimale standard di intensità di aiuto del 25% per le grandi imprese, a decorrere dal 1º gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2020. Si ricorda peraltro che ai sensi della carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 dell’Italia, approvata con decisione della Commissione del 16 settembre 2014, solo alcune parti della regione Sardegna sono designate come zone ex articolo 107, paragrafo 3, lettera c) (comma 1);

§  l’aumento delle aliquote applicate al credito d’imposta sottostante l’acquisto di beni strumentali nuovi: si prevede la misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020, ovvero il 25 per cento per le grandi imprese situate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna (aree ex 107.3 lett. a) TFUE) e al 10 per cento per le grandi imprese situate in determinati comuni delle regioni Abruzzo e Molise (aree ex 107.3 lett. c) TFUE), individuati dalla Carta degli aiuti e indicati nell’allegato della decisione citata (comma 1). Si ricorda che le intensità massime di aiuto applicabili alle grandi imprese possono essere maggiorate di un massimo di 20 punti percentuali per le piccole imprese o di un massimo di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni (paragrafo n. 177 della Carta: maggiorazione delle intensità di aiuto per le PMI). La norma vigente prevede, invece, una misura massima del 20 per cento per le piccole imprese, del 15 per cento per le medie imprese e del 10 per cento per le grandi imprese;

§  l’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento, al quale è commisurato il credito d’imposta, è elevato da 1,5 a 3 milioni di euro per le piccole imprese e da 5 a 10 milioni per le medie imprese, mentre rimane a 15 milioni per le grandi imprese; inoltre è soppressa la disposizione che prevede il calcolo del credito d’imposta al netto degli ammortamenti fiscali dedotti nel periodo d’imposta per beni ricadenti nelle categorie corrispondenti a quelle agevolabili (comma 2 e conseguente modifica prevista al comma 4 in caso di riduzione successiva del credito d’imposta);

§  è soppresso il divieto di cumulo del credito d’imposta con gli aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che insistano sugli stessi costi, sempre che tale cumulo non porti al superamento dell’intensità o dell’importo di aiuto più elevati consentiti dalla normativa europea (comma 3);

§  le suddette modifiche si applicano a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 243 del 2016 in esame (comma 5).

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108 della legge n. 208 del 2015) ha introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura del credito d'imposta è pari al 20 per cento per le piccole imprese, del 15 per cento per le medie imprese e del 10 per cento per le grandi imprese (tali misure sono state elevate dalla norma in esame). Alle imprese attive nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori medesimi. La norma originaria prevede che l'agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni d'investimento della stessa struttura produttiva, esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese (elevata a 3 miilioni dalla norma in esame), di 5 milioni (elevati a 10 milioni dalla norma in esame) per le medie imprese e di 15 milioni per le grandi imprese.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 24 marzo 2016 è stato approvato il modello, con le relative istruzioni, della comunicazione per la fruizione del credito d'imposta. La comunicazione deve essere presentata all'Agenzia esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite i soggetti incaricati, a partire dal 30 giugno 2016 fino al 31 dicembre 2019. Con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito a soggetti beneficiari, ambito territoriale, investimenti agevolabili, determinazione dell'agevolazione, valorizzazione degli investimenti ed efficacia temporale dell'agevolazione, procedura, utilizzo e rilevanza del credito di imposta, cumulo, rideterminazione del credito e controlli.

 

Le zone assistite sono, quanto al primo gruppo di regioni, quelle ammissibili alle deroghe agli aiuti di Stato previste dall’articolo 107, par.3, lettera a) del Trattato UE e, quanto al secondo gruppo, quelle ammissibili alle deroghe previste dalla lettera c) del medesimo paragrafo. Tale paragrafo prevede che possono considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione; c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.


Articolo 7-quinquies
(Disposizioni in materia di utilizzo di contributi statali
previsti a legislazione vigente)

 

 

L’articolo 7-quinquies, introdotto dalla Camera dei deputati, reca disposizioni per il completamento degli interventi finanziati con i contributi concessi ai sensi delle seguenti disposizioni legislative:

·        art. 1, commi 28 e 29, L. 311/2004 (legge finanziaria 2005);

·        art. 11-bis, comma 1, D.L. 203/2005 (L. 248/2005);

·        art. 2, comma 239, L. 191/2009 (legge finanziaria 2010). 

 

Si ricorda che l’art. 2, comma 239, della legge 191/2009 (finanziaria 2010) reca norme procedurali in merito alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza ed adeguamento antisismico delle scuole, le quali hanno previsto che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria (dunque entro il termine del 30 gennaio 2010 successivamente differito al 30 giugno 2010 dall'art. 7, comma 5-ter, D.L. 194/2009) e previa approvazione di apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti, dovessero essere individuati gli interventi immediatamente realizzabili fino ad un importo complessivo di 300 milioni euro, con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati, nell’ambito delle risorse previste ai sensi dell'art. 7-bis del D.L. 137/2008.

A sua volta l’art. 7-bis del D.L. 137/2008 reca una serie di misure per la sicurezza nelle scuole. Tra esse viene destinato al piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche in cui il piano stesso è ricompreso. Inoltre, in merito alla procedura per l’assegnazione di tali risorse i successivi commi 5, 6 e 7 prevedono che sia il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a nominare un soggetto attuatore che dovrà definire gli interventi da effettuare per assicurare l'immediata messa in sicurezza di almeno cento edifici scolastici presenti sul territorio nazionale che presentano aspetti di particolare criticità sotto il profilo della sicurezza sismica. Il soggetto attuatore e la localizzazione degli edifici interessati sono individuati d'intesa con la predetta Conferenza unificata. Al fine di assicurare l'ottimizzazione dei finanziamenti, il soggetto attuatore definisce anche il cronoprogramma dei lavori sulla base delle risorse disponibili, d'intesa con il Dipartimento della protezione civile, sentita la predetta Conferenza unificata. All'attuazione dei citati commi si provvede con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.

Con il D.M. 3 ottobre 2012 (poi modificato dal D.M. 19 febbraio 2014), secondo le priorità indicate - ai fini dell’assegnazione delle risorse di cui all’art. 2, comma 239, L. 191/2009 - nelle due risoluzioni approvate dalle Commissioni riunite V e VII della Camera (risoluzione n. 8-00099 Alfano ed altri, approvata il 25 novembre 2010, e risoluzione 8-00143 Alfano ed altri, approvata il 2 agosto 2011), è stato approvato il "Programma stralcio di attuazione della risoluzione AC8-00143" del "Piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici". 

 

A tal fine si consente una proroga per un periodo di tre anni, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, per l’impiego di quei contributi che, non utilizzati per l’intervento originariamente autorizzato, vengono destinati ad altre finalità di interesse pubblico.

In particolare, l’articolo in esame dispone che i contributi concessi ai sensi delle disposizioni sopra richiamate nonché ai sensi dell'articolo 13, comma 3-quater, D.L. 112/2008 (L. 133/2008), non utilizzati per l’intervento originario, possano essere destinati ad altre finalità che, sebbene difformi dal progetto originario, rispondano comunque alle esigenze di interesse pubblico, come definite, rispettivamente, dai già richiamati articolo 1, comma 28, L. 311/2004, e articolo 13, comma 3-quater, D.L. 112/2008 (inoltre, con riferimento al sopracitato articolo 2, comma 239, L. 191/2009, esse devono comunque riguardare interventi volti alla messa in sicurezza e all'adeguamento antisismico delle scuole). L’interesse pubblico del nuovo intervento va attestato con delibera dell'organo di indirizzo politico dell'ente pubblico (o dall'organo deliberante nel caso di enti non di diritto pubblico), che individui le opere oggetto di definanziamento e quelle da finanziare, previa comunicazione agli uffici territoriali di Governo competenti e alla competente sezione di controllo della Corte dei conti (comma 2).

Le scadenze dei termini previsti per il completamento delle nuove opere finanziate con i contributi in questione sono prorogate per un periodo di tre anni a decorrere a dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame (comma 1).

 

Si ricorda che l’articolo 1, commi 28 e 29, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha autorizzato contributi statali per il triennio 2005-2007 finalizzati alla realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, da destinare ad enti da individuarsi con decreto ministeriale in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

L’autorizzazione di spesa, che è stata più volte rifinanziata da una serie di disposizioni legislative, è stata infine abrogata a decorrere dal 1° agosto 2008 dalla legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008). Le somme iscritte nel conto dei residui del bilancio dello Stato per l'anno 2008, che non risultavano utilizzate alla data del 1° novembre 2008, sono state versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, ai sensi dell'art. 2, comma 1-bis, del D.L. n. 137/2008, al finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici, secondo le stesse modalità di assegnazione previste dagli abrogati commi 28 e 29.

 

I contributi riassegnati a nuovi interventi mediante la procedura suindicata devono - ad esclusione di quelli previsti dal citato articolo 13, comma 3-quater, D.L. 112/2008 - essere utilizzati entro il suddetto periodo di tre anni a pena di revoca e con obbligo di restituzione del finanziamento all'entrata del bilancio dello Stato – salvo impegni giuridicamente vincolanti sulle somme, risultanti dal monitoraggio previsto dal d.lgs. 229/2011[37] (comma 4).

Le opere così finanziate devono essere riconoscibili tramite la banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), secondo il monitoraggio previsto ai sensi del medesimo d.lgs. 229/2011, da cui siano riscontrabili gli utilizzi dei contributi (comma 3).

Le certificazione relative all'utilizzo dei contributi sono trasmesse ai competenti uffici territoriali del Governo, secondo le modalità indicate nel D.M 24 gennaio 2013 (comma 5), che disciplina le certificazioni dei contributi assegnati ai sensi dell’articolo 13, comma 3-quater, del D.L. 112/2008[38].

Per i soggetti di diritto pubblico la certificazione deve essere sottoscritta dal legale rappresentante dell'ente, dal responsabile del servizio finanziario e asseverata dall'organo preposto al riscontro amministrativo contabile. Per gli altri soggetti, la certificazione deve essere sottoscritta dal legale rappresentante del soggetto beneficiario e dal responsabile addetto alla gestione di cassa o di tesoreria ove esistente. La certificazione (dalla quale deve risultare in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme attribuite e il rispetto del vincolo di destinazione) deve essere corredata, nel caso di interventi finanziati per la realizzazione di opere o per l'acquisto di beni e servizi, dal verbale di collaudo o dall'attestazione di regolare esecuzione dell'intervento finanziato e deve essere trasmessa, entro 60 giorni dall'avvenuto pagamento delle somme dovute a conclusione dell'intervento complessivamente finanziato, all’Ufficio Territoriale del Governo competente per territorio, che ne da comunicazione alla corrispondente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, per il relativo controllo.

 

Il comma 6 precisa, infine, che le disposizioni dell’articolo in esame non si applicano ai contributi non utilizzati per l’intervento originario già revocati con decreto del Ministro dell’economia e finanze, ai contributi relativi a risorse già spese alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

 

 

I contributi statali previsti ai sensi dell’articolo 1, commi 28 e 29,
della legge n. 311/2004

L’articolo 1, commi 28 e 29, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha autorizzato la spesa di 201,5 milioni di euro per il 2005, di 176,5 milioni per il 2006 e di 170,5 milioni per il 2007 per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, da destinare ad enti da individuarsi con decreto ministeriale in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (c.d. 1° milleopere).

Ulteriori finanziamenti sono stati autorizzati per la concessione di contributi statali al finanziamento degli interventi di cui al comma 28 della legge n. 311/2004:

§  dall’articolo 2-bis del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nell’importo di 65 milioni per l'anno 2004, di 10,230 milioni per l'anno 2005, di 23,755 milioni per l'anno 2006 e di 2,6 milioni per l'anno 2007 (c.d. 2° milleopere);

§  dall’articolo 11-bis del D.L. n. 203/2005, per la spesa di 222 milioni di euro per il 2005. Lo stanziamento è stato poi integrato dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 575, legge n. 266/2005) che, novellando l’articolo 11-bis, ha disposto una ulteriore autorizzazione di spesa di 5 milioni di euro per il 2006 (c.d. 3° milleopere).

La legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), articolo 3, comma 24 (come successivamente modificato dall’articolo 47 del D.L. n. 248/2007) ha abrogato i commi 28 e 29 della legge n. 311/2004 a decorrere dal 1° agosto 2008 e, conseguentemente, ha disposto la corresponsione dei soli contributi per i quali, a quella data (poi prorogata al 30 settembre 2008), fossero stati assunti i relativi impegni di spesa da parte dei soggetti beneficiari. Successivamente, l'art. 2, comma 1-bis, del D.L. n. 137/2008 ha disposto che le somme iscritte nel conto dei residui del bilancio dello Stato per l'anno 2008, non utilizzate alla data del 1° novembre 2008, fossero versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici, secondo le stesse modalità di assegnazione previste dagli abrogati commi 28 e 29 (c.d. milleopere scuola).

 

Per quanto concerne la ripartizione delle risorse, il comma 29 della legge n. 311/2004 prevedeva che l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi fosse effettuata con decreto del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare. In attuazione della citata procedura:

§  con il D.M. 18 marzo 2005, secondo le priorità indicate nelle due risoluzioni approvate dalle Commissioni Bilancio della Camera e del Senato (risoluzione 7-00543 Giudice ed altri, approvata il 18 gennaio 2005, e risoluzione 7-00034 Tarolli, approvata il 19 gennaio 2005), è stata effettuata la ripartizione delle risorse autorizzate ai sensi del comma 28 della legge n. 311/2014 (1° milleopere);

§  con il D.M. 8 luglio 2005, in coerenza con le indicazioni contenute nelle due identiche risoluzioni approvate dalla Commissione bilancio della Camera e dalla Commissione istruzione e beni culturali del Senato, nelle sedute del 31 maggio 2005 (Risoluzione 8-00124 Alberto Giorgetti ed altri (già risoluzione 7-00640), e risoluzione 7-00043 Asciutti), è stata effettuata la ripartizione delle risorse autorizzate dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7/2005 (2° milleopere);

§  con il D.M 1° marzo 2006, secondo le priorità dettate nelle risoluzioni del 22 e 23 dicembre 2005 (risoluzione 8-00149 Alberto Giorgetti (già risoluzione 7-00737) delle Commissioni riunite V e VIII della Camera e analoga risoluzione delle Commissione riunite Bilancio e Lavori pubblici del Senato) è stato effettuato il riparto delle risorse di cui all’art. 11-bis del D.L. n. 203/2005 (3° milleopere), per la quota di 195,960 milioni di euro per l’anno 2005; gli ulteriori 26,04 milioni per il 2005 e 5 milioni per il 2006 sono stati ripartiti con il D.M. 7 marzo 2006, secondo le risoluzioni approvate il 9 febbraio 2006 (risoluzione 8-00159 Alberto Giorgetti (già risoluzione 7-00748) delle Commissioni riunite V e VIII della Camera e identica risoluzione delle analoghe Commissioni del Senato).

§  a seguito delle rimodulazioni delle risorse di cui al comma 28 della legge n. 311/2004 ad opera della legge finanziaria per il 2006, commi 604 e 605 (rideterminate in 130 milioni per il 2006, 120 milioni per il 2007 e 96,1 milioni per il 2008), con un ulteriore D.M. 7 marzo 2006 sono state individuate le nuove quote di contributi da attribuire agli enti beneficiari per gli anni 2006, 2007 e 2008, in sostituzione di quelle già determinate per gli anni 2006 e 2007 con il precedente D.M. 18 marzo 2005;

§  a seguito delle revoche disposte dalla Ragioneria generale, il Parlamento ha approvato ulteriori risoluzioni recanti la riassegnazione di tali disponibilità per nuovi interventi. A tal fine sono stati emanati i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2007, del 29 novembre 2007 e del 22 dicembre 2007;

§  con i D.M. 29 aprile 2009 e D.M. 20 dicembre 2010 è stata operata l’individuazione degli enti beneficiari degli interventi per l'edilizia scolastica.

 

Si rammenta inoltre che l’articolo 13, comma 3-quater, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ha riprodotto, nella sostanza, le disposizioni degli abrogati commi 28 e 29 della legge n. 311/2004, disponendo l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, da ripartire ad enti da individuarsi con decreto ministeriale in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti (c.d. 4° milleopere). Il Fondo, originariamente dotato di 60 milioni per il 2009 e di 30 milioni per ciascun degli anni 2010-2011, è stato poi rifinanziato da successive disposizioni legislative.

Per quanto concerne le risorse del 4° milleopere di cui al D.L. n. 112/2008, a seguito della risoluzione del 22 dicembre 2009 dalla V Commissione Bilancio della Camera (Risoluzione n. 8-00059 Gioacchino Alfano ed altri), con il D.M. 25 febbraio 2010 sono stati ripartiti tra gli enti beneficiari 66,2 milioni per l'annualità 2009, 18,9 milioni per il 2010 e 18,9 milioni per il 2011. In base alla risoluzione adottata il 21 aprile 2010 dalla 5a Commissione Bilancio del Senato, con il D.M 9 giugno 2010 si è provveduto alla ripartizione degli ulteriori contributi statali del c.d. 4° milleopere, nell’importo di 38,4 milioni per il 2009, 59,5 milioni per il 2010 e 11,0 mln per il 2011. Successivamente, il base alla risoluzione della V Commissione Bilancio della Camera del 30 luglio 2010 (n. 8-00087), con D.M. 28 ottobre 2010 si è proceduto alla ripartizione degli ulteriori 50,3 milioni per il 2010.

Per gli anni 2011 e 2012, il rifinanziamento delle finalità del Fondo è stato posto a valere sulle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, nell’ambito del quale è stata prevista una apposita riserva. Per il 2013, il Fondo è stato rifinanziato dall’articolo 33, comma 1, della legge n. 183/2011 di 50 milioni di euro, poi aumentati a 90 milioni dall’articolo 23, comma 12-quater, del D.L. n. 95/2012.


Articolo 7-sexies
(Programma “Magna Grecia” - Matera verso il Mediterraneo
e sviluppo del Polo museale pugliese»)

 

 

L’articolo 7-sexies, introdotto dalla Camera dei deputati, istituisce, in via sperimentale, un programma, denominato “Magna Grecia – Matera verso il Mediterraneo”, finalizzato a finanziare specifici progetti per la valorizzazione del ruolo di Matera quale “città porta” verso il Mediterraneo. Il programma è connesso al ruolo di Matera quale “Capitale europea della cultura”, che le è già stato riconosciuto per il 2019.

In particolare, il programma è volto a creare nuove linee di sviluppo del territorio mediante la nascita di un sistema culturale integrato, stimolando lo sviluppo di una forte identità territoriale attraverso azioni sinergiche dirette a valorizzare aree archeologiche, strutture storiche, componenti artistiche, contesti urbanistico-architettonici, naturalistici, paesaggistici e ambientali. Allo stesso tempo, la finalità è anche quella di favorire lo sviluppo del territorio della costa ionica e dei comuni contermini.

Per le predette finalità, viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione del MiBACT, con una dotazione di 400 mila euro per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019. Le modalità e le procedure per la selezione dei progetti, nonché la ripartizione delle risorse disponibili fra i soggetti aggiudicatari, sono definite con decreto dello stesso Ministro, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

L’articolo in esame dispone altresì l’assegnazione, da parte del MiBACT, di un contributo, pari a 100 mila euro per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019, per lo sviluppo del Polo museale pugliese, con particolare riferimento alla valorizzazione della Galleria nazionale della Puglia «Girolamo e Rosaria Devanna» e per il completamento della struttura che ospita le opere in essa contenute.

Agli oneri derivanti dalle predette disposizioni - pari a 500.000 euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 - si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per il 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Si ricorda che la decisione n. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 ha istituito un’azione comunitaria a favore della manifestazione “Capitale europea della cultura” per gli anni dal 2007 al 2019[39], con la quale è stata ridefinita la procedura di selezione e presentazione delle candidature, conformemente agli obiettivi di cooperazione di cui all’articolo 151 del trattato istitutivo della Comunità europea.

Con decreto MiBACT del 23 dicembre 2014 è stata adottata e approvata la Raccomandazione inoltrata dalla Commissione esaminatrice, indicata anche come Selection Panel (qui il report consultabile in lingua inglese) in cui la città di Matera è stata designata quale Capitale europea della cultura per il 2019.

Con riferimento all’avvenuta designazione della città di Matera quale “Capitale europea della cultura” per il 2019, l’art. 1, co. 345-347, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) ha previsto appositi stanziamenti di risorse e alcune limitazioni alle norme vigenti relative al contenimento delle spese. In particolare:

§  è stata autorizzata la spesa di complessivi 28 milioni di euro, ripartiti negli anni dal 2016 al 2019 (2 milioni di euro per il 2016, 6 milioni per il 2017, 11 milioni per il 2018, 9 milioni per il 2019)[40]. L’individuazione degli interventi da realizzare, così come prescritto dalla norma, è stata effettuata con DM n. 230 dell’1/05/2016;

§  è stata autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, per un totale di 20 milioni di euro, per il completamento del restauro urbanistico dei rioni Sassi e del prospiciente altopiano murgico di Matera, come rifinanziamento in esecuzione degli articoli 5 e 13 della legge n. 771/1986 relativa alla conservazione e al recupero dei rioni Sassi di Matera[41];

§  è stata infine disposta, fino al 31 dicembre 2019 e nei limiti di quanto strettamente necessario allo svolgimento dell’evento, la non applicazione delle norme in materia di contenimento della spesa per l’acquisto di beni e servizi, nonché delle limitazioni di assunzioni di personale con forme contrattuali flessibili (di cui all’art. 9, co. 28, del DL. 78/2010). Le spese per lo svolgimento dell’evento non concorrono inoltre alla definizione dell'ammontare della riduzione della spesa di personale previsto dall’articolo 1, comma 557, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. Per i suddetti scopi è stata prevista un’autorizzazione di una spesa pari a 500.000 euro annui per gli anni dal 2016 al 2019[42].

Sulle risorse destinate a Matera, si veda la risposta del 12 ottobre 2016, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, all’interrogazione a risposta immediata n. 3-02542.


Articolo 7-septies
(Trasferimento di beni aziendali confiscati al patrimonio
di Comuni, Province e Regioni)

 

L’articolo 7-septies, introdotto nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento,  interviene sul Codice antimafia (D.Lgs. n. 59 del 2011) per consentire la destinazione delle aziende confiscate alla criminalità, o dei singoli beni aziendali, agli enti territoriali.

 

Si rileva che una disposizione analoga a quella in commento era stata inserita dal Senato nel disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 126 del 2013, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali e interventi localizzati nel territorio (si veda A.C. 1906, art. 2-bis). Il decreto-legge non è stato però poi convertito ed è decaduto il 30 dicembre 2013. Inoltre è opportuno ricordare che modifiche alla disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati sono previste anche dall'art. 18 dell'AS 2134, all'esame della Commissione giustizia.

 

In particolare, il comma 1, lettera a), introduce all’articolo 48 del Codice un comma 8-bis.

 

L’articolo 48 disciplina la destinazione dei beni e delle somme confiscate alla criminalità organizzata. In particolare, il comma 8, in relazione ai beni aziendali, ne prevede il mantenimento al patrimonio dello Stato e la destinazione, da parte dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Quest’ultima può optare per le seguenti possibilità:

ü  affitto dell’azienda, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata;

ü  vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso (in caso di vendita alla scadenza del contratto di affitto, l’affittuario ha un diritto di prelazione);

ü  liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la liquidazione medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.

 

Il nuovo comma 8-bis prevede che i beni aziendali possano anche essere trasferiti - per finalità istituzionali o sociali – prioritariamente al patrimonio del comune nel quale l’azienda è situata, ovvero alla provincia o alla regione. Tale destinazione non deve tuttavia pregiudicare i diritti dei creditori dell’azienda. Sono demandate a un decreto del Ministro dell’economia (con il concerto dei Ministri dell’Interno e della Giustizia) le modalità di attuazione della disposizione in modo da assicurare un utilizzo efficiente dei suddetti beni senza pregiudizio per le finalità cui sono destinati i relativi proventi e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il trasferimento deve essere disposto con delibera dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Si osserva che dalla formulazione del comma 8-bis sembra derivare una gestione diretta da parte di regioni ed enti locali dell’azienda confiscata. Si osserva poi che la disposizione non precisa se il trasferimento avvenga o meno a domanda degli enti territoriali.

 

La lettera b) aggiunge un comma 8-bis all’art. 117 del Codice, per prevedere una priorità nel trasferimento dei beni aziendali estromessi in favore degli enti territoriali che abbiano sottoscritto con l’Agenzia specifici protocolli, accordi di programma o atti analoghi idonei a disporre il trasferimento di proprietà degli stessi beni.


Articolo 7-octies
(Fondo per contenzioso amministrativo)

 

 

La disposizione in esame, introdotta durante l'esame presso la Camera dei deputati, modifica l'articolo 1, comma 462, delle legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), al fine di correggere un errore materiale ivi contenuto. La novella corregge, nello specifico, l’erroneo riferimento al numero di registro generale con cui è identificato il ricorso innanzi al TAR richiamato nella disposizione.

 

Il comma 462 della legge di bilancio 2017 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo, con una dotazione totale di 11,32 milioni di euro, di cui 8,52 per il 2017 e 2,8 milioni per il 2018.

Tali risorse sono destinate a dare attuazione alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1291 del 12 marzo 2015 e a tener conto del ricorso n. 7234 del 2014 pendente presso il TAR del Lazio. Con l’articolo aggiuntivo in esame viene corretto il numero di registro generale con cui è identificato il  ricorso (n. 734 del 2014 e non 7234 del 2014).

L’erogazione delle richiamate risorse è subordinata, ai sensi del secondo periodo del comma in esame, “alla rinuncia al contenzioso amministrativo pendente”. Al riguardo, sebbene la disposizione non lo specifichi, il riferimento al contenzioso pendente deve essere inteso come circoscritto al contenzioso instaurato con il ricorso di cui al primo periodo del comma in esame.

 

Il ricorso innanzi al TAR, richiamato nella citata disposizione della legge di bilancio, rispetto alla quale l’articolo in commento opera l’intervento di forma illustrato, è stato proposto  dal  Comune  di  Lecce avverso il decreto del Ministro dell’interno 24 settembre 2013 di ripartizione tra i  Comuni  italiani  delle riduzioni dei trasferimenti statali per l'anno 2013, nonché del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la definizione delle risorse spettanti al fondo di solidarietà comunale (per illegittimità derivata).

 

Il decreto ministeriale censurato dal Comune di Lecce ha dato attuazione all'art. 16, comma 6, del decreto-legge  n.  95/2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012), che opera riduzioni del fondo  sperimentale  di riequilibrio e del  fondo  perequativo per un importo pari a  2.250  milioni  di euro. Si prevede che tali riduzioni,  da  applicare  a  ciascun  comune  a   decorrere dall'anno  2013,  debbano essere  determinate,  con  decreto   del Ministro dell'interno, in  proporzione  alla  media delle spese sostenute per consumi intermedi nel  triennio  2010-2012. Il decreto ministeriale ha operato un taglio dei trasferimenti al Comune di Lecce pari a circa 5,6 milioni di euro.

Il Tar, avendo riconosciuto la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della citata disposizione del decreto-legge n.95/2012, con propria ordinanza ha adito la Corte costituzionale e sospeso il giudizio nelle more della pronuncia di quest’ultima. Il Tribunale amministrativo ha, in particolare, ritenuto non manifestamente infondate le censure in ordine alla possibile lesione: dell’autonomia finanziaria riconosciuta agli enti locali (dall’articolo 119 Cost.), che presuppone la conoscibilità delle entrate al momento della redazione del bilancio finanziario e non è compatibile con una disposizione di legge che, non fissando un termine per l’emanazione del decreto attuativo, consente che questo possa essere adottato (come poi è stato) a esercizio finanziario ormai concluso; più nello specifico dell’art.119, terzo comma, Cost., secondo cui l’entità dei trasferimenti perequativi (e quindi anche delle riduzioni di questi ultimi) devono fondarsi esclusivamente sulla minore capacità fiscale per abitante, e non sui consumi intermedi; del principio di leale collaborazione attesa la mancata previsione nella disciplina legislativa del coinvolgimento della Conferenza Stato-autonomie locali in sede di attuazione della stessa (a tale riguardo, cfr. sent. 1291 del Consiglio di Stato).

 

Quanto alla richiamata sentenza n. 1291, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune di Lecce, nei limiti di proprio interesse, avverso i decreti 8 agosto 2012 e 4 maggio 2012 con i quali il Ministro dell'interno, di concerto con Ministro dell'economia e delle finanze, ha determinato di applicare al Fondo sperimentale di riequilibrio destinato al predetto Comune una riduzione rapportata alla differenza tra l'IMU 2012 (stimata e computata ad aliquota base) e la pregressa ICI per come effettivamente riscossa negli esercizi 2009 e 2010.

Il Consiglio di Stato ha così ribaltato la sentenza del TAR che aveva dichiarato inammissibile il ricorso del comune di Lecce rilevando che quest’ultimo avrebbe dovuto avanzare eventuali contestazioni rispetto alle modalità di alimentazione e di riparto del fondo sperimentale in seno alla Conferenza Stato – città e autonomie locali.

In proposito, il Consiglio di Stato ha asserito che “la Conferenza Stato – città e autonomie locali, ai sensi dell’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997, non svolge il ruolo di promuovere e sancire accordi fra gli enti interessati (assegnato invece alla Conferenza unificata di cui al comma 1 del citato art. 8) ed ha, invece, compiti di coordinamento, informazione e confronto in merito ai rapporti Stato e autonomie locali” e che l’accordo raggiunto in tale sede “ha funzione preparatoria rispetto al decreto finale […] e non è vincolante sul piano negoziale nei confronti di ciascun comune interessato”. Né il comune – osserva il Consiglio di Stato – ha altrimenti manifestato una volontà negoziale conforme a quanto poi deliberato dal Ministero dell’interno.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha contestato la legittimità del criterio, previsto nei decreti ministeriali, ai fini dell’attribuzione di risorse aggiuntive agli introiti della finanza locale, in cui rilevano le modalità con cui il singolo comune ha, nel periodo pregresso, esercitato la propria autonomia tributaria (nel caso di  specie era stata effettuata una compensazione negativa ragguagliata al differenziale fra il gettito ICI per il 2010 e il gettito stimato ad aliquota di base dell’IMU relativa al 2012). In proposito, la Corte richiama l’art. 119 della Costituzione che, oltre a ribadire il principio di autonomia finanziaria e di entrata degli enti territoriali,  assegna, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, la funzione di perequazione ad apposito fondo, senza vincoli di destinazione, da istituirsi con legge dello Stato. Poiché i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato sono correlati al parametro della minore capacità fiscale dei residenti di assicurare le risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti dell’ente territoriale, per la determinazione del fondo sperimentale non può tenersi conto delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria.


Articolo 7-novies
(
Modifiche alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, in materia di beni ad alto contenuto tecnologico)

 

 

L’articolo 7-novies, inserito nel corso della prima lettura alla Camera dei deputati, introduce modifiche alle disposizioni dell'ultima legge di bilancio che istituivano una nuova misura di maggiorazione del 150% degli ammortamenti su beni ad alto contenuto tecnologico (Industria 4.0).

 

In ordine al nuovo beneficio riconosciuto dall'articolo 1, comma 9 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, le lettere a), b) e c) del comma 1 apportano alcune modificazioni.

Il citato comma 9 riconobbe per gli investimenti, effettuati nel periodo di cui al comma 8[43], in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale in chiave Industria 4.0 (inclusi nell'allegato A della legge) una maggiorazione del costo di acquisizione del 150%, consentendo così di ammortizzare un valore pari al 250% del costo di acquisto.

 

Nella parte relativa ai beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti, l'allegato A vedrebbe:

a) la sostituzione della voce: «macchine utensili e impianti per la realizzazione di prodotti mediante la trasformazione dei materiali e delle materie prime» con la seguente: «macchine e impianti per la realizzazione di prodotti mediante la trasformazione dei materiali e delle materie prime»[44];

b) la nuova qualificazione dei "dispositivi, strumentazione e componentistica intelligente per l'integrazione, la sensorizzazione e/o l'interconnessione e il controllo automatico dei processi utilizzati anche nell'ammodernamento o nel revamping dei sistemi di produzione esistenti", quali "beni funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale delle imprese in chiave industria 4.0"[45];

c) l'eliminazione delle seguenti caratteristiche, finora utili a rendere ammissibili al beneficio le macchine in questione: "filtri e sistemi di trattamento e recupero di acqua, aria, olio, sostanze chimiche e organiche, polveri con sistemi di segnalazione dell'efficienza filtrante e della presenza di anomalie o sostanze aliene al processo o pericolose, integrate con il sistema di fabbrica e in grado di avvisare gli operatori e/o di fermare le attività di macchine e impianti".

 

La lettera d) del comma 1 impatta sulla norma della legge di bilancio (comma 11 dell'articolo 1) che stabilisce le procedure ai fini dell'applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali (comma 9) e immateriali (comma 10) di cui agli allegati A) e B) alla legge di bilancio.

L'impresa è finora tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per gli acquisti di costo unitario superiori a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o da un ente di certificazione accreditato, attestante che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui ai predetti allegati ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura[46].

La possibilità di rilascio della perizia tecnica giurata resta vincolata alla firma dell'ingegnere o del perito industriale, iscritti nei rispettivi albi. Invece, per l'ente di certificazione accreditato si prevede che l'atto, idoneo ad attivare la procedura, sia un «attestato di conformità».

 



[1] Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate.

[2] Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.

[3] In base alla norma originaria, gli importi avrebbero invece dovuto essere rimborsati nel medesimo esercizio finanziario in cui gli stessi sono erogati.

[4] Per ciò che concerne gli incentivi per i progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni in questione, si ricorda che – ai sensi dell’articolo 8 del D.M.31 dicembre 2012 – possono essere attribuite al progetto delle premialità, in termini di coefficienti moltiplicativi dei certificati rilasciabili, fino al 30% del valore; tale percentuale è progressivamente aumentabile, limitatamente ad interventi realizzati in aree metropolitane, fino al 40% per progetti che generano risparmi di energia compresi tra 35.000 e 70.000 tep annui, e fino al 50% per progetti che generano risparmi di energia superiori ai 70.000 tep annui. Per agevolare la realizzazione dell’investimento, è riconosciuta altresì al proponente la facoltà di optare per un regime che assicuri un valore costante del certificato per l’intera vita utile dell’intervento, pari al valore vigente alla data di approvazione del progetto; l’AEEGSI definisce le modalità operative di tale previsione, avuto riguardo alle eventuali fluttuazioni del valore di mercato del certificato.

[5] Termine così differito (dal 31 dicembre 2015) dal D.L. n. 210/2015.

[6] Ai sensi di tale articolo (comma 1) i siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede (comma 2) con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo una serie di principi e criteri direttivi definiti nel medesimo articolo 252.

[7] Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020 (GU C 209 del 23.7.2013); Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la  ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (GU C 249 del 31.7.2014).

[8] Attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd. Jobs act.

[9] Ai sensi degli articoli 1, comma 1, e 12, della L. 223/1991 e dell’articolo 3, comma 1, della L. 92/2012.

[10] La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 88/1989, per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

[11] Introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera f), n. 3, del D.Lgs. 185/2016, correttivo di alcuni decreti legislativi attuativi del cd. jobs act.

[12] Ai sensi dell’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 150/2015.

[13] Introdotto dall’articolo 25 della L. 845/1978 per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione realizzati dalle regioni. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del D.L. 148/1993, a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso D.L. 148/1993 (11 maggio 1993), le risorse derivanti dall’aumento (pari allo 0,30% delle retribuzioni) dell'aliquota del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria affluiscono interamente al richiamato Fondo.

[14] Introdotto dall’articolo 4, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 185/2016, correttivo di alcune decreti di attuazione del cd. jobs act.

[15] Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro.

[16] La norma fa rinvio, per la disciplina di tale contabilità speciale, alle disposizioni degli articoli 8 e 10 del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367.

[17] Per una analisi degli interventi che qui interessano ricompresi nell’ambito dei singoli Patti regionali, e delle relative risorse ad essi assegnate, si rinvia al primo Rapporto presentato dal Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE), aggiornato al 13 dicembre 2016, finalizzato ad offrire una ricognizione dei Patti per il Sud stipulati dal Governo con le Regioni del Mezzogiorno e con le Città Metropolitane

 (http://www.programmazioneeconomica.gov.it/2016/12/22/ricognizione-sui-patti-per-il-sud/ ).

[18] L’incarico di Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell'area di Taranto è stato affidato a Vera Corbelli, per la durata di un anno, con il D.P.C.M. 8 luglio 2014 (in attuazione dell’art. 1 del D.L. 129/2012). L’incarico è stato poi successivamente prorogato per un altro anno con il D.P.C.M. 8 luglio 2015 e per un ulteriore anno con il D.P.C.M. 7 luglio 2016.

[19] Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto dagli articoli 28-38 del D.Lgs. 276/2003 e attualmente regolamentato dagli articoli 30-40 del D.Lgs. 81/2015, è un particolare contratto di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti (somministratore, cioè un soggetto autorizzato come le agenzie di somministrazione, utilizzatore e lavoratore). Il lavoratore è assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attività presso l'utilizzatore (c.d. missione). La peculiarità dell’istituto consiste, quindi, in un rapporto che prevede l’operatività di due differenti contratti, un contratto di somministrazione, di natura commerciale, tra l'utilizzatore e il somministratore, e un contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore.

Il contratto di somministrazione di lavoro, che  deve essere stipulato in forma scritta, può essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e può essere concluso anche come rapporto a tempo parziale. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore (limite quantitativo). La somministrazione a tempo indeterminato (la cui disciplina è soggetta alla disciplina generale sul rapporto a tempo indeterminato) concerne esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato. Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore. Durante tali periodi di inattività, al lavoratore spetta un'indennità di disponibilità. La disciplina della somministrazione a tempo indeterminato non si applica alle pubbliche amministrazioni.

La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall'utilizzatore (con l’eccezione della somministrazione di lavoratori che godono di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati, esenti da tali limiti). Per tale contratto trovano applicazione le regole del contratto a termine, escluse specifiche disposizioni (quali quelle sulla durata massima, proroghe e rinnovi, limiti quantitativi, diritto di precedenza).

Il contratto di somministrazione è vietato: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive in cui si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori adibiti alle stesse mansioni, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi; presso unità produttive in cui sono operanti sospensioni o riduzioni dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle medesime mansioni; per i datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi previsti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Per quanto attiene, infine, i diritti e doveri in capo la lavoratore somministrato, si ricorda che Il lavoratore svolge la sua attività sotto la direzione e il controllo dell'impresa utilizzatrice, come se fosse un dipendente di quest'ultima. Il lavoratore, durante la missione, ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un lavoratore dell'impresa utilizzatrice che svolge la stessa attività. L'impresa fornitrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo svolgimento della missione, nonché formarli all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo svolgimento dell'attività prevista (tale obbligo può essere adempiuto anche dall'impresa utilizzatrice).

[20] Riguardo al lavoro portuale temporaneo, cfr. altresì infra.

[21] Si tratta, nell’ambito della trasformazione in società delle compagnie e gruppi portuali, dell’obbligo di trasformazione, da parte di queste ultime, in una società o una cooperativa secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e VI, del codice civile, per la fornitura di servizi, nonché, fino al 31 dicembre 1996, di mere prestazioni di lavoro in deroga all'articolo 1 della L. 1369/1960 (quale, ad esempio, il divieto di appaltare o subappaltare le prestazioni lavorative, oppure di servirsi di lavoratori a cottimo).

[22] Introdotta in via sperimentale dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008 e successivamente prorogata più volte (da ultimo, per il 2012, dall’articolo 33, comma 23, della L. 183/2011).

[23] Al riguardo, la circolare INPS 48/2016 riporta gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui all’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 148/2015, nonché la retribuzione lorda mensile, maggiorata dei ratei relativi alle mensilità aggiuntive, oltre la quale è possibile attribuire il massimale più alto. Gli importi (indicati, rispettivamente, al lordo ed al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della L 41/1986, che attualmente è pari al 5,84%) sono pari a: 971,71 € lordi (pari a 914,96 € netti) per una retribuzione inferiore o uguale a 2.102,24 euro; 1.167,91 € lordi (pari a 1.099,70 € netti) per una retribuzione superiore a 2.102,24 euro.

La circolare, inoltre, sottolinea che, in base al combinato disposto dell’art. 3 e del comma 1, lett. I e M, dell’articolo 46 del medesimo D.Lgs. 148/2015 (quest’ultimo recante l’abrogazione dell’articolo 1 della L. 863/84 e dell’articolo 13 della L. 223/91), per le integrazioni salariali relative a contratti di solidarietà, il trattamento ammonterà all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate con il limite dei massimali che, quindi, si applicheranno anche ai trattamenti relativi ai contratti di solidarietà sottoposti alla nuova disciplina del D.Lgs. 148/2015.

[24] Fondo di cui all'art. 6, comma 2, del D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni.

[25] Cfr. gli artt. 2 e 8 del D.M. 10 ottobre 1988, n. 474, recante “Norme sul trasporto marittimo con navi cisterna di acqua potabile e di sostanze alimentari liquide sfuse”. Si ricorda che tali norme tecniche sono state confermate dall'art. 20, comma 2, del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, ove compatibili con le disposizioni del medesimo D.Lgs. e fino all'adozione di diverse specifiche tecniche in materia.

[26] Cfr. il suddetto art. 2 del D.M. 10 ottobre 1988, n. 474.

[27] Ministero della salute, Decreto 21 maggio 2002, Tariffa e modalità relative alle prestazioni fornite dal Ministero della salute per l'accertamento dell'idoneità tecnico-sanitaria delle navi cisterna adibite al trasporto di acqua potabile e di sostanze alimentari liquide sfuse e relativa certificazione, ai sensi del decreto ministeriale 10 ottobre 1988, n. 474.

[28] C.d. edilizia sanitaria di cui all’art. 20 della legge 67/1988.

[29] Sul punto si ricorda che la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel documento “Parere al D.L. 244/2016 recante proroga e definizione di termini” ha chiesto l’allungamento dei termini per la presentazione dei progetti di cui all’art. 20 della Legge 67/88, ritenendo che 18 mesi, dopo l’entrata in vigore del Codice degli appalti, non siano più sufficienti.

[30]Ministero della salute - Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici, Programma Straordinario di Investimenti in edilizia e tecnologie sanitarie Valutazione ex post, 2013.

[31] Legge 23 dicembre 2014, n.190.

[32] Si rammenta che nell’ambito della Politica di Coesione 2014-2020, le Regioni europee vengono identificate secondo il grado di sviluppo in: “meno sviluppate” (con PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE-27); “in transizione” (con PIL pro-capite tra il 75% ed il 90% della media UE-27); “più sviluppate” (con PIL pro-capite superiore al 90% della media UE-27). Per l’Italia le Regioni “meno sviluppate” sono Puglia, Campania, Calabria, Basilicata e Sicilia; quelle “in transizione” sono Abruzzo, Molise e Sardegna.

[33] Recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali.

[34] Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca,

[35] Con il trasferimento delle competenze del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio.

[36] Lo Statuto dell’Agenzia è stato approvato con D.P.C.M. 9 luglio 2014; con il D.P.C.M. 15 dicembre 2014 è stato istituito il Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPC) presso la Presidenza del Consiglio e disposto il trasferimento all’Agenzia di 210 unità di personale provenienti dall’ex Dipartimento per lo sviluppo e la coesione del MISE. Infine, con il D.P.C.M. 7 agosto 2015 è stato approvato il Regolamento di contabilità dell'Agenzia per la coesione territoriale.

[37] Recante “Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti”.

[38] Le norme degli abrogati commi 28 e 29 della legge n. 311/2014 sono state riproposte, nella loro sostanza, dall’articolo 13, comma 3-quater, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 che ha previsto l’istituzione di un Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, da ripartirsi secondo le medesime modalità (decreto ministeriale in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti).

[39] La decisione ha peraltro inteso migliorare gli interventi già approvati in relazione alla manifestazione stessa per gli anni dal 2005 al 2019 ai sensi della decisione n. 1419/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, come modificata dalla decisione n. 649/2005/CE.

[40] Le risorse sono allocate al cap. 7690 dello stato di previsione del MiBACT.

[41] Le risorse previste sono poste a carico del cap. 7306 dello stato di previsione del MiBACT. Si ricorda che la legge n. 771 del 1986 ha, in particolare, stabilito che gli interventi per la conservazione ed il recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico dei rioni Sassi di Matera e la salvaguardia del prospiciente altopiano murgico siano attuati attraverso programmi biennali approvati dal comune di Matera, sui quali lo stesso comune è chiamato a presentare lo stato di attuazione alle competenti commissioni parlamentari. Il finanziamento previsto per l’attuazione dei programmi biennali nel quadriennio 1986-1989 ai sensi dell’art. 5 della richiamata L. n. 771/1986 era stato complessivamente pari a 100 miliardi di lire, di cui 20 miliardi per ciascuno degli anni 1986 e 1987 e 30 miliardi per ciascuno degli anni 1988 e 1989. Più in dettaglio, l’articolo 13 ha previsto, a carico del suddetto finanziamento l’assunzione di personale da parte del comune di Matera, per le esigenze attuative e organizzative connesse alla legge, anche in deroga alle vigenti disposizioni, con contratto di durata biennale di diritto privato, posto alle dipendenze dell'ufficio tecnico comunale.

[42] In materia di limitazioni assunzionali, l’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 prevede, in via generale, a decorrere dall'anno 2011, che le amministrazioni dello Stato (e gli altri enti indicati) possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. In tema di riduzione delle spese per il personale, inoltre, il richiamato articolo 1, comma 557, della legge finanziaria per il 2007 prevede che ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte a specifici ambiti prioritari di intervento indicati dalla norma.

[43] Entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che detti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal venditore entro la data del 31 dicembre 2017 e che, entro la medesima data, sia anche avvenuto il pagamento di acconti in misura non inferiore al 20%.

[44] In tal modo la Camera abbandona la formulazione che aveva approvato, in sede di esame del disegno di legge di bilancio, per lo più ritornando - con l'aggiunta degli impianti - alla versione del disegno di legge iniziale del Governo (A.C. n. 4127).

[45] In precedenza, la legge di bilancio 2017 prevedeva che essi - ma anche i successivi dispositivi, sub c) - fossero tra i requisiti aggiuntivi ("caratteristiche per renderle assimilabili o integrabili a sistemi cyberfisici") di cui le macchine in questione (i "beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti") dovevano essere dotate in numero di almeno due. Dopo la modifica in commento, i requisiti da possedere restano solo due dei seguenti tre: 1) sistemi di telemanutenzione e/o telediagnosi e/o controllo in remoto, 2) monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro e dei parametri di processo mediante opportuni set di sensori e adattività alle derive di processo, 3) caratteristiche di integrazione tra macchina fisica e/o impianto con la modellizzazione e/o la simulazione del proprio comportamento nello svolgimento del processo (sistema cyberfisico).

[46] La dichiarazione del legale rappresentante e l'eventuale perizia devono essere acquisite dall'impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Va precisato che, in quest'ultimo caso, l'agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza il requisito dell'interconnessione.