Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||
Titolo: | Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo - A.C. 3272 e abb. | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 337 Progressivo: 1 | ||
Data: | 16/09/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni
VII-Cultura, scienza e istruzione |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Cultura ( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it |
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INDICE
Quadro normativo generale di riferimento
§ Contratti di servizio (articolo 1, comma 1, lettere a), b), g) ed h))
-
Consiglio
di amministrazione della RAI
-
Amministratore
delegato della RAI
-
Compensi
dei componenti degli organi della RAI
-
Commissione
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi
§ Disposizioni transitorie (articolo 5)
§ Attività gestionale della
RAI-Radiotelevisione italiana Spa (articolo
3)
-
Responsabilità
civile e pubblicazione incarichi conferiti
-
Contratti
conclusi dalla RAI
-
Dirigenti
non dipendenti con incarichi a tempo determinato
§ A.C. 2846 Disciplina e organizzazione del servizio pubblico generale
radiotelevisivo
§ A.C. 2931 Riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo
Il 31 luglio 2015 l’Assemblea del Senato ha approvato, con modifiche, l’A.S. 1880, presentato dal Governo il 20 aprile 2015 (al quale erano stati abbinati gli A.A.S. 746, 760, 1570, 1795, 1815, 1823, 1841, 1855 e le petizioni nn. 443, 545, 670, 1125 e 1282, tutti assorbiti).
Il testo approvato è stato trasmesso alla Camera il 3 agosto 2015 (A.C. 3272).
Le Commissioni riunite VII e IX ne hanno avviato l’esame il 16 settembre 2015, deliberando l’abbinamento delle proposte di legge A.C. 420, 2846, 2922, 2924, 2931 e 2942.
Nel presente dossier si ripropone, con il corredo delle necessarie ricostruzioni normative, il commento del testo pervenuto dal Senato, di cui al dossier n. 337 del 15 settembre 2015.
A seguire, sono indicati sinteticamente i contenuti delle proposte di legge abbinate.
La riforma introdotta nel settore
radiotelevisivo dalla L. 112/2004 ha
inteso definire una normativa di sistema che tenesse conto dell’evoluzione tecnologica e dei mercati,
nonché del nuovo quadro regolamentare
europeo (direttive sulle “comunicazioni elettroniche”), favorendo il processo
di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica
analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e la concorrenza nel
settore, ed altresì ridefinendo il ruolo
del servizio pubblico in tale contesto.
In particolare, l’art. 16 della L. 112/2004 ha delegato il Governo ad adottare un testo unico delle disposizioni
legislative in materia di radiotelevisione, con le integrazioni, modificazioni
e abrogazioni necessarie al loro coordinamento, ovvero necessarie per
assicurarne la migliore attuazione, nel rispetto della Costituzione, delle
norme di diritto internazionale vigenti nell’ordinamento interno e degli
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
In attuazione della delega, è stato emanato
il d.lgs. 177/2005, originariamente testo unico della radiotelevisione, che
ha completato l’intervento di riordino della materia della comunicazione – ad
eccezione della stampa, dello spettacolo e della propaganda elettorale –
avviato con l’emanazione del codice delle comunicazione elettroniche (d.lgs.
259/2003). Nel testo unico risultano confluite quasi tutte le disposizioni
della legge delega, pur non risultando nel testo medesimo l’abrogazione di
tutti i corrispondenti articoli della L. 112/2004.
In seguito, la Direttiva
2007/65/CE "Servizi di
media audiovisivi" – che ha ulteriormente modificato, dopo un primo
intervento del 1997, la direttiva 1989/552/CEE (c.d. “TV senza frontiere”) – ha posto l'obiettivo di istituire un quadro
normativo moderno, flessibile e semplificato per i contenuti audiovisivi, in
particolare facilitando la realizzazione di uno spazio unico dell'informazione
e applicando almeno un complesso minimo
di norme coordinate a tutti i servizi di media audiovisivi, vale a dire ai
servizi di radiodiffusione televisiva (cioè, ai servizi di media audiovisivi
lineari) e ai servizi di media audiovisivi a richiesta (cioè, ai servizi di
media audiovisivi non lineari – video on demand).
La direttiva
è stata recepita con il d.lgs. 44/2010,
che ha novellato il d.lgs. 177/2005, il cui titolo è stato modificato in Testo unico dei servizi di media
audiovisivi e radiofonici. Ulteriori modifiche al d.lgs. 177/2005 sono
state apportate successivamente con il d.lgs. 120/2012.
Si ricorda, infine, che con Direttiva 2010/13/UE è stata emanata la versione codificata della direttiva sui servizi di media
audiovisivi, che ha contestualmente abrogato la direttiva 1989/552/CEE,
preservandone, tuttavia, il contenuto[1].
L’art. 34 della nuova direttiva chiarisce, inoltre, che i riferimenti alla
direttiva del 1989 (come modificata dalle successive) si intendono fatti alla
stessa nuova direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata
all'Allegato II. La direttiva 2010/13/UE è stata attuata
in via amministrativa.
Contratti
di servizio
(articolo 1, comma 1, lettere a), b), g)
ed h))
L’articolo 1, co. 1, lettere b), g)
ed h), modifica la procedura di definizione del contratto nazionale di servizio tra il
Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria del servizio
pubblico generale radiotelevisivo, rafforzando
il ruolo del Consiglio dei ministri.
Inoltre,
modifica la cadenza per il rinnovo di
tutti i contratti di servizio – sia di
quello nazionale, sia di quelli regionali e delle province autonome di Trento e
di Bolzano –, che (da triennale) diventa
quinquennale.
A
tali fini, novella l’art. 45 del d.lgs. 177/2005, modificando i commi 1 e 4 e aggiungendo il comma 4-bis.
Dal punto di vista
della formulazione del testo, si segnala che la rubrica dell’articolo fa
riferimento solo al contratto nazionale di servizio.
La
lettera a), invece, sostituisce, nello stesso art. 45, ovunque
ricorra, il riferimento al “servizio pubblico generale radiotelevisivo” con
quello al “servizio pubblico
radiofonico, televisivo e multimediale”.
Come
emerge dal dibattito parlamentare, la modifica – rispondente, peraltro, alla
formulazione già utilizzata dal contratto nazionale di servizio[2]– è finalizzata alla trasformazione della società
concessionaria in una media company, ovvero in una società che produce
contenuti con diverse caratteristiche e diverse finalità di condivisione e di
fruizione da parte dei cittadini, ad esempio telefonini o web.
Si segnala che l’espressione
“servizio pubblico generale radiotelevisivo” è presente anche in numerosi altri
articoli del d.lgs. 177/2005. A titolo meramente esemplificativo, si riscontra
nella definizione recata dall’art. 2,
co. 1, lett. t).
Per
quanto riguarda la nuova procedura di definizione del contratto nazionale di servizio – sulla
base del quale è svolto il servizio pubblico –, il co. 1, lettere
b) e h), dispone che
esso è stipulato previa delibera del
Consiglio dei ministri, che stabilisce, altresì, gli indirizzi per l’emanazione delle linee guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico.
Al riguardo, nel corso dell’esame al Senato la
modifica relativa alla cadenza per il rinnovo dei contratti di servizio è stata
inquadrata nell’ambito della “concessione
che riconosce alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa il
ruolo di gestore del servizio pubblico radiotelevisivo nazionale”.
Se l’intenzione è quella di affidare
alla RAI, a tempo indeterminato, la concessione, occorre anche modificare
l’art. 49, co. 1, del d.lgs. 177/2005, che affida la stessa concessione alla
RAI fino al 6 maggio 2016.
Al riguardo,
intervenendo nella seduta della 8^
Commissione del Senato del 30 giugno 2015, il
rappresentante del Governo ha espresso la volontà di riaffidare la concessione
alla RAI.
In ogni caso, occorre coordinare la terminologia con le modifiche
introdotte nell’art. 45 del d.lgs. 177/2005 dalla lett.
a) del comma 1 in esame.
Il d.lgs.
177/2005 – che disciplina il servizio pubblico generale radiotelevisivo e
la concessionaria nel Titolo VIII (artt. 45-49) – dispone, anzitutto, all’art. 49, comma 1, che la concessione del servizio pubblico
generale radiotelevisivo è affidata,
fino al 6 maggio 2016, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa.
A sua volta, l’art.
45, commi 1 e 4,
dispone che il servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidato per
concessione a una società per azioni che lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio,
stipulato con l’attuale Ministero dello sviluppo economico, nonché di contratti di servizio regionali e, per
le province autonome, provinciali,
con i quali sono individuati diritti e obblighi della concessionaria. Tali
contratti sono rinnovati ogni tre anni[3].
Prima di ciascun rinnovo del contratto
nazionale di servizio, l’AGCOM e il Ministro dello sviluppo economico fissano,
con propria deliberazione, le linee
guida sul contenuto degli ulteriori
obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in
relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate
esigenze culturali, nazionali e locali.
L’ultimo contratto nazionale di servizio approvato si riferisce al
triennio 2010-2012[4].
Per il rinnovo 2013-2015, le linee-guida sono state approvate con delibera AGCOM
del 29 novembre 2012, n. 587/12/CONS[5].
Lo schema di contratto di servizio 2013-2015 è stato trasmesso alle Camere
per l’espressione del prescritto parere
della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi (art. 1, co. 6, lett. b), n. 10),
L. 249/1997), il 19 settembre 2013 (Atto del Governo
n. 31). Il parere, favorevole con condizioni, è stato
espresso nella seduta del 7
maggio 2014.
Al riguardo,
intervenendo nella seduta della 8^
Commissione del Senato del 3 giugno 2015, il
rappresentante del Governo ha evidenziato che sono in corso approfondimenti
rispetto alla prima versione predisposta dal Governo precedente.
Governance della RAI-Radiotelevisione italiana Spa e Commissione
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
(articoli 2 e 4, comma 1)
L’articolo 2 riforma l’assetto di governance
della RAI-Radiotelevisione
italiana Spa – introducendo
la figura dell’amministratore delegato, riducendo il numero dei membri del
Consiglio di amministrazione e modificando le modalità di designazione degli
stessi – e sopprime alcune competenze della
Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Prevede,
inoltre, che la RAI deve adeguare il
proprio statuto entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della
legge.
In
particolare, a tali fini, l’articolo 2
novella l’art. 49 del d.lgs. 177/2005 e l’art. 4, primo comma, della
L. 103/1975.
Al riguardo, si
ricorda che il 16 febbraio 2012 il Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa ha adottato una Raccomandazione che invita gli Stati membri a modernizzare
il quadro di governance
dei media di servizio pubblico e ad adattarlo al mondo della moderna
comunicazione. In particolare, ha evidenziato che alcuni media devono
completare la loro transizione e passare dallo status di servizi di radiodiffusione di Stato, strettamente legati
ai governi e controllati da questi ultimi, a quello di veri media di servizio
pubblico. In tal senso, ha proposto l’applicazione delle seguenti linee
direttrici: indipendenza, assunzione di responsabilità, gestione efficiente,
capacità di risposta e responsabilità deontologica, trasparenza e apertura[6].
A livello
nazionale, si ricorda che nella sentenza n. 225 del 1974 la Corte
costituzionale ha sancito il principio secondo cui, nello stabilire le
“condizioni minime necessarie perché il monopolio statale possa essere
considerato conforme ai principi costituzionali”, la legge deve prevedere, tra
l’altro, che “gli organi direttivi dell’ente gestore (si tratti di ente pubblico o di concessionario privato purché
appartenente alla mano pubblica) non siano costituiti in modo da rappresentare
direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del
potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l'obiettività”.
L’articolo 4, co. 1, dispone
l’abrogazione di disposizioni superate dalle nuove previsioni. In particolare, le abrogazioni riguardano:
§ l’art. 17 (di cui si dirà più ampliamente
nella scheda relativa alle Disposizioni di coordinamento normativo) e l’art. 20 della L. 112/2004 (il cui testo era confluito nel citato art. 49 del
d.lgs. 177/2005, pur non risultando soppresso nella medesima legge);
§ l’art. 50 del d.lgs. 177/2005 (che riepiloga le disposizioni il cui rispetto deve
essere verificato dalla Commissione parlamentare di vigilanza);
§ l’art. 5 del d.lgs. C.p.S. 428/1947 (ratificato dalla
L. 561/1956), che prevede che lo statuto della società concessionaria e le sue
variazioni devono essere approvati dal Ministro dello sviluppo economico,
sentito il parere della Commissione parlamentare di vigilanza.
Per
quanto riguarda le disposizioni relative all’adeguamento dello statuto della RAI – recate dal comma 2 dell’art. 2 e dall’art. 5, co.
4 (che dispone che l’adeguamento tiene conto anche delle disposizioni
transitorie recate dallo stesso articolo: v. infra) – nel corso dell’esame
al Senato è stato previsto che le stesse sono deliberate dal consiglio di
amministrazione e successivamente approvate dall’Assemblea straordinaria della
RAI. La medesima procedura, dunque, si intenderebbe applicabile anche a regime per l’approvazione dello
statuto o di sue variazioni.
Viene
dunque meno, fra l’altro, nel combinato disposto con la citata abrogazione
dell’art. 5 del d.lgs. C.P.S. 428/1947, il parere della Commissione
parlamentare di vigilanza.
Sempre
il comma 2 ribadisce che, per quanto non diversamente disposto, si applica la
disciplina relativa alle società per azioni recata dal codice civile.
Si tratta di una
previsione già recata, anche con riferimento all’amministrazione e all’organizzazione
in generale, dal comma 2 dell’art. 49 del d.lgs. 177/2005, al quale il comma 1, lett. a)
del testo in commento aggiunge un periodo che dispone che la Società ispira la
propria azione a principi di trasparenza, efficacia, efficienza e competitività.
Si valuti, dunque, l’opportunità di evitare
la ripetizione di concetti già presenti nella legislazione vigente.
Di seguito si
riportano nel dettaglio le modifiche recate dall’art. 2 alla governance della RAI.
Consiglio di amministrazione della RAI
Preliminarmente,
per meglio comprendere le modifiche proposte, si ricapitola la vigente
disciplina.
La vigente disciplina relativa al Consiglio di amministrazione della RAI
L’art. 49 del d.lgs. 177/2005 dispone che il consiglio di amministrazione della
RAI-Radiotelevisione italiana Spa è composto da 9 membri e nominato dall’assemblea. Possono essere nominati membri
del Cda i soggetti che hanno i requisiti
per la nomina a giudice costituzionale (art. 135, secondo comma, Cost.) o, comunque, persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e
di notoria indipendenza di
comportamenti, che si siano distinte
in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della
cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi
significative esperienze manageriali[7]. Il mandato dei membri del consiglio di
amministrazione dura 3 anni, con possibilità di rielezione per un sola volta
(commi 3 e 4).
La nomina del presidente del
Cda è effettuata dallo stesso Consiglio all’interno dei suoi membri e diviene
efficace solo dopo l'acquisizione del
parere favorevole, espresso a maggioranza dei 2/3 terzi dei suoi
componenti, della Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (comma 5).
Con riguardo alle modalità di designazione
dei membri del Cda, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 21 della L. 112/2004
– confermato nella sua validità dall’art. 49, co. 13, del d.lgs. 177/2005, che
non viene modificato dal disegno di legge in commento – ha disposto la dismissione della partecipazione statale
nella RAI-Radiotelevisione italiana Spa, prevedendo due passaggi, dei quali
solo il primo portato a conclusione (fusione per incorporazione della
RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella RAI-Holding Spa che, per effetto
dell’operazione di fusione, assume la denominazione sociale di
RAI–Radiotelevisione italiana Spa).
Il successivo passaggio prevedeva, infatti, che, dopo il completamento
della fusione per incorporazione, fosse avviato un procedimento per
l’alienazione della partecipazione dello Stato nella RAI–Radiotelevisione
italiana Spa, mediante offerta pubblica
di vendita. Il CIPE era chiamato a definire, con proprie deliberazioni, i
tempi, le modalità di presentazione, le condizioni e gli altri elementi della o
delle offerte pubbliche di vendita. Tale fase non è mai stata avviata.
L’art. 49, commi da 6 a 10, del d.lgs.
177/2005 contiene, dunque, distinte
modalità per la nomina dei membri del Cda, proprio in considerazione del
processo di privatizzazione previsto.
In particolare, il comma 9
stabilisce che, nella fase in cui il numero delle azioni alienate non supera
il 10% del capitale
della RAI – e dunque, nella fase attuale[8] –, in
considerazione dei motivi di interesse generale connessi allo
svolgimento del servizio pubblico generale radiotelevisivo da parte della
concessionaria, la Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi indica 7 membri, eleggibili con il voto limitato a uno. I
restanti 2 membri, fra cui il presidente, sono invece indicati dal
socio di maggioranza, ovvero dal Ministero
dell’economia e delle finanze[9].
Relativamente alla revoca dei
membri del Cda, il comma 8 dispone che il rappresentante del MEF, nelle
assemblee RAI convocate per l’assunzione delle relative deliberazioni, esprime
il voto conformemente alla deliberazione della Commissione parlamentare di
vigilanza.
Con riferimento alle incompatibilità,
l’art. 49 – a differenza dell’art. 2 della L. 206/93, poi abrogato dalla L.
112/2004 – non dispone specifiche norme, prevedendo esplicitamente solo il
caso, al comma 9, della sostituzione
negli incarichi, per dimissioni o
impedimento permanente del presidente o degli altri membri del Cda. I nuovi
membri vengono nominati con le medesime procedure previste per la nomina
iniziale, entro 30 giorni dalla data
di comunicazione formale delle dimissioni alla Commissione di vigilanza (non è
disciplinato in maniera specifica il caso di nomina di nuovi componenti
conseguente a revoca).
In merito alle funzioni del Cda,
il comma 3 definisce il Consiglio quale organo
di amministrazione della società e, allo stesso tempo, organo che svolge funzioni di controllo e di garanzia circa
il corretto adempimento delle finalità e degli obblighi del servizio pubblico
generale radiotelevisivo.
Compiti
più specifici relativi a programmazione,
nomine e organizzazione aziendale, gestione e bilancio – già previsti dal
citato art. 2 della L. 206/93 – sono previsti dallo statuto societario. In particolare, sono attribuite
alla competenza del Cda le deliberazioni concernenti:
-
l’approvazione della proposta di bilancio della Società, del
piano di investimenti, del piano finanziario, delle politiche del personale e
dei piani di ristrutturazione, avvalendosi di proposte del direttore generale;
-
approvazione dei piani
annuali di trasmissione e di produzione dell’azienda e delle variazioni che
si rendano necessarie; nomina dei vice direttori generali e dei dirigenti di primo e di secondo livello, deliberandone altresì la
collocazione aziendale; approvazione degli atti e dei contratti aziendali
aventi carattere strategico, nonché di quelli che, anche per effetto di una
durata pluriennale, siano di importo superiore a
euro 2.582.284,50. Le citate attività sono espletate su proposta del direttore generale[10].
Il
comma 1, lett.
b), riduce (da 9) a 7 i membri del Consiglio di
amministrazione ed elimina la previsione di nomina da parte dell’assemblea,
novellando, a tal fine, il comma 3 dell’art. 49 del d.lgs. 177/2005.
Durante
l’esame al Senato sono state introdotte varie specifiche concernenti la nomina dei membri del Consiglio di
amministrazione.
In
particolare:
Ø la lett. c) inserisce fra i requisiti
previsti per la nomina di soggetti che si siano distinti nelle varie
attività indicate nel quadro normativo sopra esposto, maturandovi significative
esperienze manageriali, l’onorabilità
(che si affianca a prestigio e competenza professionale, nonché alla notoria
indipendenza di comportamenti). Inoltre, fermo restando che il mandato dei
membri del CdA dura tre anni e che gli stessi sono
rieleggibili una sola volta, precisa che il rinnovo dello stesso CdA è effettuato entro il termine di scadenza del precedente
mandato.
A tal fine, novella il comma 4 dell’art. 49
citato;
Ø la lett. d) prevede che la composizione
del CdA è definita favorendo:
o la presenza di entrambi i sessi;
o un adeguato equilibrio fra componenti
caratterizzati da professionalità ed esperienza in ambito giuridico,
finanziario, industriale e culturale;
o l’assenza di conflitti di interesse o di
cumulo di cariche in società concorrenti.
A tal fine, inserisce nell’art. 49 citato il comma 4-bis.
L’ipotesi del cumulo di
cariche in società concorrenti sembrerebbe un sottoinsieme dell'ipotesi
relativa al conflitto di interessi. Pertanto, la locuzione complessiva potrebbe
essere così riformulata “assenza di conflitti di interesse, anche con
riferimento ad eventuali cariche in società concorrenti”.
Si segnala, inoltre,
che sarebbe utile valutare l’opportunità di prevedere a livello legislativo i
casi di conflitto di interesse, per evitare discrezionalità applicative e
contenziosi futuri.
Infine, si segnala
l’opportunità di un coordinamento con il comma 4, nella parte in cui si citano
gli ambiti di riferimento per la nomina dei membri del CdA.
Ø La stessa lett. d) prevede alcune cause di incompatibilità con la carica
di membro del CdA, che determinano sia
l’ineleggibilità che la decadenza, anche in corso di mandato. Si tratta di:
-
ricoprire, o aver ricoperto nei 12 mesi precedenti
la data della nomina, la carica di Ministro,
vice Ministro o sottosegretario di Stato;
-
ricoprire le cariche di consigliere regionale, presidente delle giunte provinciali e
sindaco dei comuni con popolazione
superiore ai 20.000 abitanti (al riguardo, tuttavia, si veda anche
quanto dispone il nuovo comma 6).
Si tratta, fra l’altro, di alcune delle
cause di ineleggibilità previste per la Camera dei deputati (art. 7, primo
comma, lettere b) e c), del DPR 361/1957).
A tal fine, inserisce nell’art. 49 citato il comma 4-ter.
In relazione al
richiamo alla carica di presidente della
giunta provinciale, è necessario ricordare che, in base al riordino operato
con la L. 56/2014, gli organi della
provincia sono il presidente della provincia, il consiglio provinciale e
l’assemblea dei sindaci. Non esiste più
la giunta provinciale. Inoltre, il
presidente della provincia non è più eletto a suffragio universale, ma è un
organo elettivo di secondo grado, eletto dai sindaci e dai consiglieri dei
comuni della provincia.
Alla luce del quadro normativo vigente, non appare pertanto più attuale
il richiamo della lett. b) dell’art. 7 del DPR
361/1957, che potrebbe, eventualmente, essere sostituito con il richiamo dell’art.
1, co. 54, lett. a), della L. 56/2014 (presidente
della provincia).
Ø Sempre la lett. d) – inserendo nel citato art. 49 il comma 4-quater – esclude che possano essere nominati membri del CdA coloro che:
· si trovino in stato di interdizione dai pubblici uffici, perpetua o temporanea.
Si ricorda che l’interdizione dai pubblici uffici è una pena accessoria tipica delle condanne per delitto ed è disciplinata dal codice penale (artt. 19; 28-29).
Il carattere perpetuo o temporaneo dipende dalla specie o dalla misura della pena in concreto irrogata:
l’interdizione perpetua consegue alla condanna all’ergastolo e alla condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 5 anni; essa priva il condannato dell’elettorato attivo e passivo, di ogni pubblico ufficio (compreso l’ufficio di tutore o curatore), dei gradi e delle dignità accademiche, di ogni decorazione, degli stipendi, delle pensioni e degli assegni a carico dello Stato. Per alcuni delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione il codice impone la pena accessoria dell’interdizione perpetua (art. 317-bis c.p.);
l’interdizione temporanea consegue alla condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a 3 anni e comporta l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni; essa priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i suddetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze.
· si trovino in stato di interdizione legale ovvero temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, o comunque in alcuna delle situazioni indicate nell'art. 2382 c.c..
Anche l’interdizione legale e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese sono, in base all’art. 19 c.p., pene accessorie che possono essere applicate in esito a una condanna penale per delitto. La sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese può invece conseguire a una condanna per contravvenzione. In particolare:
l’interdizione legale (art. 32 c.p.) riguarda il condannato all’ergastolo e, per la durata della pena detentiva inflitta, anche il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni. Alla interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità e l'amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi le norme della legge civile sull'interdizione giudiziale;
l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (art. 32-bis c.p.) priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore. Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio;
la sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (art. 35-bis c.p.) ha gli stessi effetti dell’interdizione ma non può avere una durata inferiore a 15 giorni, né superiore a 2 anni, e consegue ad ogni condanna all'arresto per contravvenzioni commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.
Il richiamo all’art. 2382 c.c. rinvia alla disciplina codicistica che esclude la nomina ad amministratore per l’interdetto, l’inabilitato e il fallito. L’art. 2382, peraltro, stabilisce anche che l’amministratore già nominato debba decadere dal suo ufficio se sopravviene l’interdizione, l’inabilitazione o la sentenza di fallimento.
· siano sottoposti a una misura di prevenzione personale o patrimoniale disposta dall’autorità giudiziaria (e disciplinata dal c.d. Codice antimafia - d.lgs. 159/2011), salvi gli effetti della riabilitazione.
Si tratta delle misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, del divieto di soggiorno e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, nonché delle misure di prevenzione patrimoniali del sequestro e della confisca.
· siano stati condannati con sentenza definitiva alla reclusione per uno dei delitti in materia di società previsti dal codice civile (artt. da 2621 a 2641 c.c., dalle false comunicazioni sociali alla illegale ripartizione degli utili, alle operazioni in pregiudizio dei creditori, alla corruzione tra privati e l’aggiotaggio), salvi gli effetti della riabilitazione;
·
siano stati
condannati con sentenza definitiva alla reclusione per un delitto contro la pubblica amministrazione
(artt. 314-360 c.p.), contro la fede
pubblica (artt. 453-498 c.p.), contro il patrimonio (art. 624-649), contro l'ordine pubblico (artt. 414-421 c.p.), contro l'economia pubblica
(artt. 499-512), ovvero per un delitto in materia tributaria (ad esempio, le
ipotesi di reato contemplate dal d.lgs. 74/2000).
Si valuti
l’opportunità di individuare in modo più puntuale il riferimento ai delitti “in
materia tributaria”.
· siano stati condannati con sentenza definitiva alla reclusione per un tempo pari almeno a 2 anni per qualunque delitto non colposo.
Si dispone, dunque, che le condanne penali sono ostative della nomina quando sono definitive, cioè quando la sentenza è passata in giudicato, mentre la riabilitazione consente la nomina ad amministratore solo quando fa seguito ad una condanna relativa a illeciti societari o all’applicazione di una misura di prevenzione.
Si ricorda che la riabilitazione (art. 178 c.p.) estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti. Spetta all’interessato chiedere al tribunale di sorveglianza la riabilitazione, indicando gli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dal codice penale (art. 683 c.p.p.), ovvero:
- 3 anni dall’esecuzione della pena principale (8 anni in caso di recidivo, 10 anni per il delinquente abituale o per tendenza);
- buona condotta;
- adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato.
La riabilitazione a seguito di misura di prevenzione è disciplinata dall’art. 70 del d.lgs. 159/2011 che richiede che il soggetto abbia dato prova costante ed effettiva di buona condotta. L’istituto comporta la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misure di prevenzione.
Al riguardo, dunque, si valuti quale sia il fondamento per cui, per le
altre condanne, è preclusa la nomina nonostante sia intervenuta la
riabilitazione.
Si evidenzia, inoltre, che il nuovo comma 4-quater dell’art. 49 del
d.lgs. 177/2005 prevede la decadenza dell’amministratore che sia stato nominato
in presenza delle situazioni ostative indicate. Viceversa, non viene espressamente
disciplinata l’ipotesi in cui le suddette situazioni ostative si verifichino in
corso di mandato.
Il
comma 1, lett.
e) – che sostituisce i commi
da 5 a 12 dell’art. 49 del d.lgs. 177/2005 con 14 nuovi commi, alcuni dei
quali, peraltro, riferiti ad altri organi – conferma la procedura
vigente relativa alla nomina del
Presidente del Consiglio di amministrazione (v. ante), stabilendo
altresì, a livello legislativo, che, previa delibera autorizzativa
dell’Assemblea, il CdA può attribuire deleghe al Presidente nelle aree delle
relazioni esterne e istituzionali e di supervisione delle attività di controllo
interno (nuovo comma 5 dell’art. 49
citato).
La materia è attualmente regolata dallo statuto della RAI. In particolare, l’art. 26 dispone
che il CdA, fatte salve le attribuzioni spettanti per
legge al Direttore generale, può delegare proprie attribuzioni al Presidente,
determinandone in concreto il contenuto ed il compenso (ai sensi dell’art.
2389, terzo comma, del codice civile). Non sono delegabili le materie indicate
nell’art. 2381, quarto comma, riferite all’emissione di obbligazioni
convertibili (art. 2420-ter), alla redazione del bilancio (art. 2423),
all’aumento di capitale (art. 2443), alla riduzione del capitale per perdite
(art. 2446), alla riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale
(art. 2447), ai progetti di fusione societari (art. 2501-ter), ai
progetti di scissione societari (art. 2506-bis).
I nuovi commi da 6 a 6-ter dell’art. 49 citato modificano le
modalità di designazione
dei membri del Cda, stabilendo che (invece di essere indicati in parte
dalla Commissione parlamentare di vigilanza e in parte dal MEF):
§
2 sono eletti dalla Camera e 2 dal Senato, in entrambi i casi con voto limitato
a uno. A tal fine, almeno 60 giorni prima della nomina, deve essere pubblicato
un avviso sui siti di Camera, Senato e RAI, relativo ad una procedura di selezione. Le candidature devono pervenire almeno 30
giorni prima della nomina e i curriculum devono essere pubblicati sugli stessi siti;
§
2 sono designati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e
delle finanze, conformemente ai
criteri e alle modalità di nomina dei componenti degli organi di amministrazione
delle società controllate direttamente o indirettamente dal MEF.
Criteri e modalità per la
nomina dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate
direttamente o indirettamente dal MEF sono recati attualmente dalla direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze 24 giugno 2013. Per quanto qui più strettamente interessa, la direttiva prevede che non
possano essere inclusi nell’istruttoria candidati che siano membri del
Consiglio di una regione, di una provincia
autonoma, o di enti locali con popolazione
superiore a 15.000 abitanti.
Dunque, rispetto alla previsione recata dal nuovo
comma 4-ter che, come si è visto,
dispone che non possono essere membri del CdA i sindaci dei comuni con popolazione superiore
ai 20.000 abitanti, i criteri per la nomina dei membri
designati dal Consiglio dei ministri, alla luce della direttiva attuale,
sembrerebbero più rigorosi;
§
1 è designato, attraverso elezione, dall’assemblea dei
dipendenti RAI, tra i dipendenti dell'azienda titolari di un rapporto di
lavoro subordinato da almeno 3 anni consecutivi, con modalità che garantiscano
trasparenza e rappresentatività. A tal fine, almeno
60 giorni prima della nomina il Consiglio di amministrazione uscente deve
organizzare la procedura di voto e pubblicarla sul sito della RAI.
La procedura deve consentire la partecipazione al
voto, garantendone la segretezza – anche via internet, o attraverso la rete
intranet –, a tutti i dipendenti titolari di un rapporto di lavoro subordinato,
e deve prevedere l’accesso alla candidatura dei soli soggetti in possesso dei
requisiti fissati, in generale, per i membri del CdA
RAI. Le candidature possono essere presentate
da una delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo o
integrativo della RAI o da almeno 150 dipendenti e devono pervenire almeno 30
giorni prima della nomina.
In
attesa della definizione della nuova governance della
Rai, il nuovo CdA – in sostituzione di quello scaduto
nel maggio 2015[11] – è stato nominato secondo la normativa vigente.
In
particolare, il 4 agosto 2015 la Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha designato i 7 componenti di
sua competenza.
Il
5 agosto 2015 l’assemblea degli azionisti Rai ha indicato
ulteriori 2
membri per il nuovo CdA,
di cui uno designato per la carica di Presidente.
Sempre il 5 agosto il
nuovo CdA ha approvato all’unanimità la delibera
di elezione del nuovo Presidente, su cui, nella medesima
data, ha espresso parere
positivo la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza
dei servizi radiotelevisivi.
Il 6 agosto 2015 è stato
nominato il nuovo
Direttore generale.
I nuovi commi 7 e 8 dell’art. 49 citato riguardano la revoca
del presidente o di uno o più membri del
Cda e la conseguente nomina, e prevedono
che:
§ la revoca è deliberata
dall’assemblea dei soci e diviene efficace se conforme alla deliberazione
della Commissione parlamentare di
vigilanza;
§
i nuovi
componenti sono nominati con la medesima procedura di designazione nel
termine di 30 giorni dalla data di comunicazione formale della valutazione
favorevole della Commissione parlamentare di vigilanza sulla delibera di
revoca. Il medesimo termine è previsto in caso di dimissioni o impedimento permanente
e decorre dalla data della relativa comunicazione formale.
In materia di revoca, la Corte costituzionale, nella sentenza 69/2009 - relativa al giudizio per conflitto di attribuzione a seguito della
proposta di revoca di un Consigliere di amministrazione della RAI avanzata dal
Ministro dell’economia e delle finanze in assenza di previa deliberazione della
Commissione parlamentare di vigilanza -, ha evidenziato che “La garanzia di indipendenza
dei titolari di una carica, richiesta, a vario titolo, dalla Costituzione o
dalla legge, esclude che possa esservi una perfetta simmetria tra potere di
nomina e potere di revoca. Il primo obbedisce alla logica della scelta
discrezionale delle persone ritenute più capaci e meglio in sintonia con il
soggetto che nomina; il secondo implica un giudizio sull’operato del componente
dell’organo, che non può essere lasciato – pena la perdita del minimo di tutela
della sua indipendenza – alla libera e incontrollata decisione di chi lo ha
nominato.
Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, il filtro della
deliberazione della Commissione parlamentare di vigilanza serve a contemperare
il potere di revocare il soggetto nominato, che si giustifica per evitare che
lo stesso divenga esente da responsabilità, con il necessario controllo da
parte del Parlamento, che svolge il ruolo di massimo garante dell’adempimento,
da parte dei membri del consiglio di amministrazione, dei doveri di
obbiettività ed imparzialità imposti dall’art. 21 Cost.”.
Il
nuovo
comma 12-quater dell’art. 49 citato prevede che la
disciplina di nomina del presidente e dei membri del CdA
“di cui ai commi 3, 5, 6-bis e 6-ter”, nonché la disciplina
relativa alla revoca (di cui ai commi 7 e 8), ha carattere transitorio (pur non definendo la disciplina a regime).
In particolare, stabilisce che, in considerazione dei rilevanti ed
imprescindibili motivi di interesse generale connessi allo svolgimento del
servizio, essa si applica fino a che la quota di azioni alienate
nell’ambito del processo di dismissione della partecipazione statale nella
RAI-Radiotelevisione italiana Spa (di cui all’art. 21 della L. 112/2004: v. ante)
non superi il 10% del capitale della
RAI.
Occorrerebbe chiarire
perché non sono richiamati nella loro interezza i commi da 3 a 6-ter. In particolare, il richiamo dei commi 6-bis (che
disciplina le modalità di elezione dei membri designati da Camera e Senato) e
6-ter (che disciplina le modalità di elezione del dipendente Rai) non è
efficace in assenza del richiamo del comma 6 (che disciplina la composizione
del CdA).
Il
nuovo comma 9 dell’art. 49 citato, affida, in via
legislativa, al CdA – fermi restando i compiti allo stesso già attribuiti
dalla legge e dallo statuto –l’approvazione del piano industriale e del piano
editoriale, del preventivo di spesa
annuale, nonché degli investimenti
che, anche per effetto di una durata pluriennale, siano di importo superiore a 10 milioni di euro.
Inoltre,
dal nuovo comma 10 dell’art. 49 citato – relativo alle
attribuzioni della nuova figura di amministratore delegato –, risulta che:
§
lett. d): il CdA approva gli
atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, inclusi i piani
annuali di trasmissione e di produzione, e le (sole) variazioni rilevanti degli
stessi, nonché gli atti e i contratti che, anche per effetto di una durata
pluriennale, siano di importo superiore
a 10 milioni di euro (in base alla normativa vigente, il direttore generale
propone all’approvazione del CdA gli atti e i contratti
aziendali aventi carattere strategico, nonché quelli che siano di importo
superiore a 2.582.284,50 euro);
§
lett. g): il CdA approva il
(nuovo) Piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale (v. infra).
Occorre valutare l’opportunità di integrare
il comma 9 con gli ulteriori atti la cui approvazione spetta al CdA.
Amministratore delegato della RAI
I
capoversi da 10 a 12 della lett. e) del comma 1 – nuovi commi 10, 10-bis, 11 e 12
dell’art. 49 dello stesso d.lgs. 177/2005 –, concernono la nuova figura dell’amministratore delegato, che sostituisce
la figura del direttore generale.
Preliminarmente,
per meglio comprendere le modifiche proposte, si ricapitola la vigente
disciplina.
La vigente disciplina relativa al direttore generale della RAI
L’art. 49, co. 11, del d.lgs. 177/2005 dispone
che il direttore generale è nominato
dal Cda, d’intesa con l’assemblea, e che il suo mandato ha la stessa durata di
quello del Cda.
Il co. 12 disciplina le sue
funzioni. Oltre ai compiti attribuiti dallo statuto, il direttore generale:
-
è responsabile, nei confronti del Cda, della gestione aziendale e sovrintende alla
organizzazione e al funzionamento dell'azienda nel quadro dei piani definiti dal
medesimo Cda;
-
partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del
Cda;
-
assicura, in collaborazione con i direttori di rete
e di testata, la coerenza della
programmazione radiotelevisiva con
le linee editoriali e le direttive del Cda;
-
propone al Cda le nomine dei vice direttori generali e dei dirigenti di primo e di secondo livello; assume, nomina, promuove e stabilisce la collocazione degli altri dirigenti,
nonché, su proposta dei direttori di testata e nel rispetto del contratto di
lavoro giornalistico, degli altri giornalisti, e ne informa il Cda; provvede
alla gestione del personale dell'azienda;
-
propone all'approvazione del Cda gli atti e
i contratti aziendali a carattere
strategico, inclusi i piani annuali di trasmissione e di produzione e le
eventuali variazioni degli stessi, nonché quelli che, anche per effetto di una
durata pluriennale, siano di importo
superiore a € 2.582.284,5; firma gli altri atti e contratti aziendali
attinenti alla gestione della società;
-
provvede all'attuazione del piano di investimenti, del piano finanziario, delle
politiche del personale e dei piani di ristrutturazione, nonché dei progetti
specifici approvati dal Cda in materia di linea editoriale, investimenti,
organizzazione aziendale, politica finanziaria e politiche del personale;
-
trasmette al Cda le informazioni utili per verificare il conseguimento degli obiettivi aziendali e l'attuazione degli indirizzi definiti
dagli organi competenti.
Nello
specifico, rispetto al direttore generale, l’amministratore delegato:
§
è sempre nominato
dal Consiglio di amministrazione, ma
non d’intesa, bensì su proposta
dell’assemblea dei soci (nuovo comma 10, primo periodo);
§
deve possedere determinati requisiti (nuovo comma 10-bis)
(per la nomina a direttore generale non sono richiesti, a livello legislativo,
specifici requisiti).
Il primo requisito
riguarda l’esperienza, che deve
essere stata maturata, per un periodo congruo, in incarichi di analoga
responsabilità o in ruoli dirigenziali
apicali nel settore pubblico o privato.
L’ulteriore requisito attiene – come nel caso dei
membri del CdA – all’assenza di conflitti di interesse o di cumulo di cariche in società
concorrenti della RAI;
Al riguardo, si
rinvia a quanto già ante osservato;
§
rimane in carica
per 3 anni – e comunque non oltre la scadenza del CdA
– salva la facoltà di revoca da
parte dello stesso Cda, sentito il parere dell’assemblea dei soci (nuovo comma
11, primo periodo) (per il direttore generale non è prevista la revoca);
§
qualora sia un
dipendente della RAI[12], all'atto della nomina deve dimettersi dalla
società o mettersi in aspettativa non retribuita per la durata dell'incarico
(nuovo comma 11, secondo periodo);
§
nell'anno successivo al termine del mandato, non
può assumere incarichi o fornire consulenze presso società concorrenti della
RAI (nuovo comma 11, terzo periodo).
Il
testo non reca previsioni relative alla partecipazione
dell’amministratore delegato alle riunioni del CdA,
né al voto in tale ambito.
Si valuti l’opportunità di chiarire tale
aspetto.
Con
riguardo al compenso dell’amministratore
delegato, il nuovo comma 12 prevede che lo stesso è determinato dal CdA, su indicazione dell'Assemblea (in base allo statuto,
la remunerazione del direttore generale è determinata dal CdA[13]). Allo stesso modo è determinata l’indennità da
corrispondere in caso di revoca, di ammontare comunque non superiore a tre dodicesimi del compenso annuo.
Con
riguardo alle attribuzioni, in
particolare, sempre evidenziando le differenze rispetto alla figura del
direttore generale, l’amministratore delegato:
§
assicura (lui solo, e non più in collaborazione con
i direttori di rete e di testata) la coerenza
della programmazione radiotelevisiva con le linee editoriali e le direttive
formulate e adottate dal Cda (nuovo comma 10, secondo periodo, lett. b));
§
nomina i dirigenti
di primo livello, acquisendo, per
i direttori di rete, di canale e di testata, il parere obbligatorio del CdA; per i direttori di testata il parere è vincolante se
espresso con la maggioranza dei due terzi (nuovo comma 10, secondo periodo, lett. c)) (mentre
il direttore generale “propone” al Cda le nomine);
§
provvede anche all’attuazione del piano
industriale e del preventivo di
spesa annuale (nuovo comma 10, secondo periodo, lett.
e)) (viene meno, invece, la
previsione in base alla quale il direttore generale trasmette al Cda le
informazioni utili per verificare il conseguimento degli obiettivi aziendali e
l’attuazione degli indirizzi definiti dagli organi competenti);
§ sentito il parere
del Consiglio di amministrazione, definisce i criteri e le modalità per il reclutamento
del personale e quelli per il conferimento
di incarichi a collaboratori esterni, in conformità con quanto previsto per
le società a partecipazione pubblica (art. 18, co. 2, del D.L. 112/2008 – L.
133/2008), individuando i profili professionali e gli incarichi per i quali, in
relazione agli specifici compiti, si può derogare a tali criteri e modalità (nuovo comma 10, secondo periodo, lett. f)).
In base a quanto risulta dalla specifica sezione del sito RAI, attualmente il
principale canale di reclutamento di personale è rappresentato dalla banca dati
aziendale che contiene le domande pervenute attraverso la compilazione del form on line presente nello stesso sito.
L’art. 18, co. 2, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) dispone che le società a partecipazione
pubblica totale o di controllo – diverse da quelle che gestiscono servizi
pubblici locali a totale partecipazione pubblica, alle quali si applica il co.
1 del medesimo articolo – adottano, con propri provvedimenti, criteri e
modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli
incarichi nel rispetto dei principi di
trasparenza, pubblicità e imparzialità.
§
propone all’approvazione del CdA
il (nuovo) Piano per la trasparenza e la
comunicazione aziendale, che deve prevedere (nuovo comma 10, secondo
periodo, lett. g)):
-
le forme migliori per rendere conoscibili agli utenti le
informazioni sull’attività del CdA, salvi casi particolari di
riservatezza, che devono essere adeguatamente motivati;
-
i dati relativi agli investimenti destinati ai prodotti
audiovisivi nazionali e ai progetti
di coproduzione internazionale.
In base all’art. 16 del già
citato contratto di servizio 2010-2012, la Rai è tenuta a destinare una quota
minima del 15 per cento dei ricavi complessivi annui ad investimenti per le
opere europee realizzate da produttori indipendenti; con riferimento a tale
quota, inoltre, una percentuale non inferiore al 20 per cento dovrà essere
dedicata ad opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque
prodotte, una percentuale non inferiore al 4 per cento alla produzione e
acquisto di documentari italiani ed europei, anche di produttori indipendenti,
ed una percentuale non inferiore al 5 per cento ai prodotti di animazione
appositamente realizzati per i minori.
-
le informazioni sui curricula e i compensi lordi
percepiti dai dirigenti.
L’art. 60, co. 3, del
d.lgs. 165/2001 - come modificato dall’art. 2, co. 11, del D.L. 101/2013 (L.
125/2013) - prevede che la società concessionaria del servizio pubblico
generale radiotelevisivo, relativamente ai singoli rapporti di lavoro
dipendente o autonomo, deve comunicare al Dipartimento della funzione pubblica
e al MEF il costo annuo del personale comunque utilizzato.
Al riguardo, può essere
utile ricordare che, rispondendo l’8 settembre 2014 all’interpellanza urgente 2-00663, il
rappresentante del Governo ha reso noto che “l'Autorità garante della
concorrenza e del mercato, con una nota del 13 maggio scorso[14], ha osservato che l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo n.
165 del 2001 «è – cito testualmente – evidentemente finalizzato al solo
rilevamento dei costi del lavoro pubblico e non prevede di per sé alcuna forma
di pubblicità dei dati raccolti”.
In materia si ricorda,
infine, che, in base all’art. 27, co. 7, del già citato contratto di servizio
2010-2012, la Rai è tenuta a pubblicare sul proprio sito web gli stipendi lordi
percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il
mezzo televisivo e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio
pubblico.
Informazioni in
tal senso sono reperibili sul sito Società
Trasparente, strutturato sulla base delle disposizioni del richiamato
d.lgs. 33/2013.
-
i criteri
per le assegnazioni di lavori e
forniture;
-
i dati risultanti dalla verifica del gradimento della programmazione della concessionaria.
Al riguardo si ricorda che l’art. 3 del già citato contratto di servizio
2010-2012 prevede che la RAI deve dotarsi di un sistema di analisi e monitoraggio della qualità dell’offerta, con
l’obiettivo di disporre di elementi di valutazione per la definizione di una
programmazione e di una condotta aziendale che risponda alla domanda e alle
attese del pubblico e realizzi la funzione di servizio pubblico.
Reca, quindi, le specifiche relative all’articolazione di tale sistema,
prevedendo l’invio semestrale di appositi report
al Ministero dello sviluppo economico, all’AGCOM e alla Commissione
parlamentare di vigilanza, nonché la pubblicazione di tali report sul portale web.
Ulteriori attribuzioni dell’amministratore delegato sono indicate nell’art. 3.
Con riguardo alle competenze attribuite
all’amministratore delegato di proporre all’approvazione
del CdA determinati atti e contratti (nuovo comma 10, lett.
d), dell’art. 49 citato) sarebbe opportuno esplicitare che
all’amministratore delegato spetta anche l’approvazione
degli atti e dei contratti di importo
inferiore a 10 milioni di euro,
nonché delle variazioni non rilevanti
dei piani annuali di trasmissione e di produzione.
Compensi dei componenti degli organi della RAI
Il nuovo comma 12-bis dell’art. 49 citato prevede che ai componenti degli organi di amministrazione e controllo della RAI, ad eccezione dell'amministratore delegato, si applica il “tetto” retributivo, pari a 240 mila euro, fissato dall'art. 23-bis, co. 5-bis e 5-ter, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011), e dall’art. 13 del D.L. 66/2014 (L. 89/2014).
Tali disposizioni prescrivono che il trattamento economico del Primo presidente
della Corte di cassazione costituisce parametro massimo di riferimento per la definizione
del trattamento economico annuo
onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche,
emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o
autonomo (inclusi i componenti degli
organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche
amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate.
A decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo
retributivo riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dal
suddetto art. 23-bis è stato fissato
dalla legge (art. 13 del D.L. 66/2014) in 240.000
euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli
oneri fiscali a carico del dipendente. Sono incluse nel computo cumulativo le
somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e le
somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta.
Per le società non quotate, inoltre, il citato art. 23-bis prevede
un “tetto” differenziato per fasce sulla base di indicatori dimensionali
quantitativi e qualitativi delle società stesse.
Il Regolamento
emanato con DM 23 dicembre 2013, n. 166 ha quindi individuato tre fasce (sulla
scorta di un triplice criterio: valore della produzione; investimenti; numero
dei dipendenti), modulando il “tetto” come pari al 100 per cento del
trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione per le
società non quotate di prima fascia; all'80 per cento, per le società di
seconda fascia; al 50 per cento, per le società di terza fascia.
I commi 5-bis
e 5-ter dell’art. 23-bis specificano comunque che i compensi
spettanti ai membri del consiglio di amministrazione ed il trattamento
economico annuo onnicomprensivo dei dipendenti delle società non quotate
controllate (direttamente o indirettamente) dalle pubbliche amministrazioni
non può comunque essere superiore al trattamento del primo Presidente della
Corte di cassazione.
Viene inoltre previsto che, per le società direttamente o indirettamente
controllate dalle pubbliche amministrazioni (commi 5-quater e 5-quinquies):
- che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentati nonché per le società dalle
stesse controllate, il compenso per
l'amministratore delegato e il presidente del consiglio d'amministrazione non
può essere stabilito (né corrisposto) in misura superiore al 75 per cento del trattamento economico
complessivo a qualsiasi titolo determinato, compreso quello per eventuali
rapporti di lavoro con la medesima società, nel corso del mandato antecedente al rinnovo (come previsto dal D.L. 69/2013);
- che emettono titoli
azionari quotati nei mercati regolamentati, in sede di rinnovo degli organi
di amministrazione è sottoposta all'approvazione dell'assemblea degli azionisti
una proposta in materia di remunerazione
degli amministratori con deleghe di dette società e delle loro controllate,
conforme ai predetti criteri (75 per
cento del trattamento determinato nel corso del mandato antecedente al rinnovo). In tale sede, l'azionista di
controllo pubblico è tenuto ad esprimere assenso alla proposta.
Tali ultime disposizioni (commi 5-quater e 5-quinquies) si
applicano limitatamente al primo rinnovo dei consigli di amministrazione
successivo alla data di entrata in vigore (21 agosto 2013) ovvero, qualora si
sia già provveduto al rinnovo, ai compensi ancora da determinare ovvero da
determinare in via definitiva. Esse non si applicano qualora nei dodici mesi
antecedenti alla predetta data di entrata in vigore siano state adottate
riduzioni dei compensi dell'amministratore delegato o del presidente del
consiglio di amministrazione almeno pari a quelle da esse previste.
Rispetto alla normativa vigente, dunque, la disposizione in esame prevede comunque l’applicazione ai componenti del CdA della Rai del ‘tetto’ retributivo di 240.000 euro.
Viceversa, non prevede l’applicazione del predetto ‘tetto’ retributivo all’amministratore delegato, al quale sembrerebbe applicabile la disciplina speciale vigente per le società controllate.
Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi
Anche in questo
caso, per meglio comprendere le modifiche proposte, si ritiene opportuno
ricapitolare preliminarmente la vigente disciplina.
La vigente disciplina relativa alla Commissione
parlamentare di vigilanza
L’attuale Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi[15] è stata istituita dall’art. 1 della L. 103/1975[16]. Essa è composta
di 20 deputati e 20 senatori designati dai Presidenti delle Camere tra i
rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari.
I principali compiti della Commissione, enunciati in varie disposizioni, possono
così enuclearsi:
a) formulazione di indirizzi generali affinché l’attività della
società concessionaria del servizio pubblico si svolga nel rispetto dei
principi fondamentali del sistema (ora contenuti negli artt. 3, 4 e 5 del
d.lgs. 177/2005) (art. 4 L. 103/1975)[17];
b) vigilanza sul rispetto degli indirizzi generali formulati (art. 4
L. 103/1975). Più in generale, l’art. 50
del d.lgs. 177/2005 ha disposto
che la Commissione verifica il rispetto delle norme previste dagli artt. 1,
commi 3, 4 e 5, e 4 della L. 103/1975, dall'art. 1 del D.L. 545/1996 (L.
650/1996)[18], e dall'art. 20
della L. 112/2004;
c) disciplina diretta delle rubriche
di «Tribuna politica», «Tribuna elettorale», «Tribuna sindacale» e «Tribuna
stampa» (art. 4 L. 103/1975). Successivamente, la L. 28/2000, recante
disposizioni per la parità di accesso ai
mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la
comunicazione politica ha implementato tali funzioni attribuendo alla
Commissione parlamentare il potere regolamentare relativo alla sua applicazione
da parte del servizio pubblico e all’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni il compito di predisporre un analogo regolamento da parte dei
soggetti privati, nonché i compiti applicativi e di controllo. Attualmente i
due organi disciplinano quindi, distintamente per i periodi coincidenti e per
quelli non coincidenti con campagne elettorali e referendarie, le trasmissioni
di comunicazione politica (nelle quali rientrano le
Tribune), i messaggi autogestiti e
le trasmissioni informative, ciascuno nell’ambito della propria competenza e
previa reciproca consultazione. Tra i contenuti più significativi di tale
disciplina si menziona il compito di individuare sostanzialmente i soggetti
politici rilevanti in ciascuna circostanza (ad esempio, in ciascuna campagna
elettorale), ai quali attribuire gli spazi radiotelevisivi disponibili[19];
d) definizione delle norme per garantire l'accesso al mezzo
radiotelevisivo (art. 4 L. 103/1975)[20];
e) indicazione di 7 componenti del Consiglio di amministrazione della RAI
-Radiotelevisione italiana S.p.a. ed espressione di un parere, a
maggioranza dei due terzi, sulla scelta del Presidente (art. 20, commi da 5 a 9, della L. 112/2004 e art. 49
del d.lgs. 177/2005);
f) espressione di pareri sullo statuto della RAI (art.
5 del D.lgs. C.P.S. 428/1947) e sul contratto
nazionale di servizio triennale stipulato tra il Ministero delle
comunicazioni e la RAI (art. 1, co. 6, lett. b), n. 10, della L. 249/1997);
g) relazione annuale al Parlamento sulle attività e sui programmi
della Commissione.
L’art. 4 della L. 103/1975 dispone,
inoltre, che per l'adempimento dei suoi compiti la Commissione può invitare,
fra gli altri, il presidente, gli amministratori, il direttore generale e i
dirigenti della società concessionaria e può chiedere alla concessionaria
l'effettuazione di indagini e studi e la comunicazione di documenti.
Il Regolamento interno della Commissione e la
prassi prevedono varie forme d’interazione tra la Commissione e la RAI: in
particolare, la “risposta” a quesiti concernenti il servizio pubblico
radiotelevisivo, secondo uno schema che ricalca le procedure del sindacato
ispettivo, nonché la presenza (non obbligatoria) di un rappresentante della RAI
in Commissione all’atto dell’esame di specifici provvedimenti, tra i quali
quelli in materia di Tribune e par
condicio.
Il
capoverso 12-ter della lett. b)
del comma 1 – nuovo
comma 12-ter dell’art. 49 del
d.lgs. 177/2005 – fa salve le funzioni di indirizzo generale e di vigilanza
del servizio pubblico attribuite alla Commissione
parlamentare di vigilanza dall’art. 4 della L. 103/1975.
Inoltre,
dispone che il CdA della RAI riferisce ogni 6 mesi, prima dell’approvazione del bilancio, alla
medesima Commissione di vigilanza sulle
attività della concessionaria, consegnando l’elenco degli ospiti invitati o
partecipanti alle trasmissioni.
Con riguardo alla
formulazione del testo, occorre coordinare
la terminologia con le modifiche introdotte dall’art. 1, co. 1, lett. a).
Invece, a seguito di quanto disposto nei precedenti
capoversi del comma 1, alla Commissione
non spetta più individuare la
maggior parte dei membri del Cda. Inoltre,
come già ante evidenziato, a seguito
della abrogazione dell’art. 5 del d.lgs. C.p.S.
428/1947 - prevista dall’art. 4 - alla Commissione sembrerebbe non spettare più
l’espressione del parere sullo statuto
della società concessionaria.
Ulteriori competenze della Commissione –
sostanzialmente, peraltro, non più esercitate – risultano soppresse dal comma 3, che novella il già citato art. 4 della L. 103/1975.
In particolare, si sopprimono le competenze
relative a:
§ indicazione dei criteri generali
per la formazione dei piani annuali
e pluriennali di spesa e di investimento[21];
§ approvazione dei piani di massima della programmazione annuale e pluriennale e alla vigilanza sulla loro attuazione
e sulla rispondenza agli indirizzi
generali formulati;
§ formulazione degli indirizzi
generali relativi ai messaggi
pubblicitari[22];
§ analisi del contenuto dei messaggi radiofonici e televisivi, accertando
i dati di ascolto e di gradimento dei
programmi trasmessi[23];
§ relazione annuale al
Parlamento sulle attività e sui programmi della Commissione[24].
Disposizioni
transitorie
(articolo 5)
L’articolo 5, comma 1, prevede che le nuove disposizioni relative alla composizione
e alla nomina del CdA
“di cui all’articolo 49, commi 3, 4, 4-bis,
6, 6-bis, 6-ter e 8” del d.lgs. 177/2005 si applicano a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore
della legge.
Occorrerebbe chiarire perché non si faccia
riferimento, tra le disposizioni richiamate, ai commi 4-ter, 5 e 7 dell’art. 49
del d.lgs. 177/2005, concernenti, rispettivamente, le cause di incompatibilità
dei membri del CdA, la nomina del Presidente, la
revoca.
Il
comma 2 dispone che, in caso di dimissioni o impedimento permanente, ovvero di revoca del Presidente o di uno o più membri del CdA,
fino al primo rinnovo dello stesso CdA successivo
alla data di entrata in vigore della legge si applicano le previsioni dell’art.
49 del d.lgs. 177/2005 nel testo vigente prima della data di entrata in vigore
della legge (v. ante, scheda commento
art. 2).
Il
comma 3 dispone che fino al primo
rinnovo del CdA successivo alla data di entrata in
vigore della legge, al direttore generale
si applicano le previsioni relative all’amministratore delegato, comprese,
dunque, quelle relative alle funzioni.
Naturalmente,
le nuove funzioni (dell’amministratore delegato) potranno essere esercitate dal
direttore generale solo una volta che la legge sarà entrata in vigore.
Il
comma 4 prevede che l’adeguamento
dello statuto della RAI - che, come si è visto, in base all’articolo 2, co. 2,
deve essere operato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge
- tiene conto delle previsioni recate dall’articolo in commento.
Attività
gestionale della RAI-Radiotelevisione italiana Spa
(articolo 3)
L’articolo 3 concerne la responsabilità
civile dei componenti degli organi di amministrazione e controllo della
RAI, gli obblighi di pubblicazione relativi
agli incarichi conferiti, i contratti conclusi
dalla stessa RAI, nonché il conferimento di incarichi a tempo determinato a dirigenti non dipendenti.
A
tal fine, aggiunge nuovi articoli
dopo l’art. 49 del d.lgs. 177/2005.
Responsabilità civile e pubblicazione
incarichi conferiti
Il
nuovo art. 49-bis del d.lgs. 177/2005 dispone espressamente,
anzitutto, che l’amministratore delegato e i componenti degli organi di
amministrazione e controllo della RAI sono soggetti alla disciplina ordinaria
di responsabilità civile prevista
per le società di capitali (comma 1).
Tale riferimento comporta per gli amministratori (sia amministratore delegato che consiglio di amministrazione) e per i componenti del collegio sindacale l’obbligo del risarcimento dei danni, quando non siano stati osservati determinati doveri previsti dalla legge o dagli statuti (artt. 2392 e ss. c.c.). L’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci è promossa a seguito di deliberazione dell’assemblea (art. 2393).
In particolare, il codice civile prevede tre
fattispecie di responsabilità degli amministratori:
- verso la società (art 2392-2393-2393-bis).
Si tratta di responsabilità per i danni derivanti dall’inosservanza dei loro doveri, che peraltro, devono essere adempiuti con una diligenza particolarmente qualificata, e cioè «con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze».
In ogni caso gli amministratori sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.
- verso i creditori sociali (art. 2394).
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.
- verso i singoli soci e i terzi (art. 2395).
Se gli amministratori danneggiano direttamente singoli soci o terzi con atti colposi o dolosi questi ultimi possono proporre azione di responsabilità. Il loro diritto al risarcimento del danno non è pregiudicato da altre azioni eventualmente promosse contro gli amministratori, dalla società o dai creditori sociali (art. 2394).
Ai membri del collegio sindacale (art. 2407) è
richiesto di adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza
richieste dalla natura dell'incarico; i sindaci sono responsabili della verità
delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui
documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. Essi sono
responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di costoro,
quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità
degli obblighi della loro carica.
Inoltre,
i commi 2, 3 e 4 intervengono in materia di obblighi di pubblicazione
relativi agli incarichi conferiti dall’azienda.
In particolare, il comma 2 dispone che l'amministratore delegato provvede, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, alla pubblicazione e all'aggiornamento delle seguenti informazioni relative ai titolari di incarichi amministrativi di vertice e di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, nonché di collaborazione o consulenza non artistica:
· estremi dell'atto di conferimento dell'incarico;
· curriculum vitae;
· dati relativi allo svolgimento di incarichi o alla titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione e allo svolgimento di attività professionali;
· compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato.
La disposizione non indica, peraltro, le modalità di pubblicazione dei
dati.
Senza la pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo alla Rai Spa per i quali è previsto un compenso, completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato, gli atti di conferimento di incarichi non acquistano efficacia ed i relativi compensi non possono essere erogati (comma 3, primo periodo).
I dati sono pubblicati entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico (comma 3, secondo periodo).
In caso di omessa pubblicazione, il pagamento del corrispettivo (rectius: del compenso) determina la responsabilità dell'amministratore delegato e comporta il pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta.
La disposizione riprende la disciplina degli obblighi di comunicazione a carico delle pubbliche amministrazioni concernenti i titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza, dettata dall’art. 15 del d.lgs. 33/2013 (che prevede la pubblicazione dei dati sui siti istituzionali).
Contratti conclusi dalla RAI
Il nuovo art. 49-ter del d.lgs. 177/2005 prevede una nuova disciplina riguardante i contratti conclusi dalla RAI.
In particolare, il comma 1, per un verso, riproduce sostanzialmente la disciplina contenuta nell’art. 19, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (d.lgs. 163/2006), che prevede l’esclusione dalla applicazione della normativa contenuta nel medesimo Codice per i contratti aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o la coproduzione di programmi televisivi e le relative acquisizioni di tempo di trasmissione, riferendola espressamente ai contratti conclusi dalla RAI; per altro verso, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato, estende la suddetta esclusione anche ai contratti conclusi dalla RAI riguardanti la commercializzazione di programmi radiotelevisivi.
L’esclusione dalla disciplina sugli appalti pubblici
dei contratti aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione
di programmi destinati alla trasmissione da parte di emittenti radiotelevisive
e relative acquisizioni di tempo di trasmissione è motivata nel considerando n. 25 della direttiva
2004/18/CE, in base al quale l’aggiudicazione di appalti pubblici in
relazione a taluni servizi audiovisivi nel settore delle trasmissioni
radio-televisive dovrebbe consentire di tenere conto di considerazioni di
rilievo culturale e sociale che rendono inappropriata l’applicazione delle
norme di aggiudicazione degli appalti. Il medesimo considerando sottolinea che
tale eccezione, tuttavia, non dovrebbe applicarsi alla fornitura del materiale
tecnico necessario alla produzione, alla coproduzione e alla trasmissione di
tali programmi. Tali considerazioni sono riportate anche nel considerando n. 23 della nuova direttiva
2014/24/UE sugli appalti pubblici. La lett. b) dell’art. 10 della nuova direttiva, che dovrà essere recepita
nell’ordinamento nazionale entro il 18 aprile 2016, esclude dalla sua
applicazione gli appalti pubblici di servizi aventi per oggetto l’acquisto, lo
sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati ai servizi di
media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di
media audiovisivi o radiofonici, o appalti concernenti il tempo di trasmissione
o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi audiovisivi o
radiofonici[25].
Il comma
3 del nuovo articolo 49-ter stabilisce che gli stessi contratti non sono soggetti agli obblighi procedurali previsti dall'art. 27,
comma 1, secondo periodo, del Codice dei contratti, relativi all’obbligo di invito ad almeno cinque concorrenti,
se ciò è compatibile con l'oggetto del contratto.
L’articolo 27 del d.lgs. 163/2006 detta i principi
relativi ai contratti esclusi dal Codice dei contratti pubblici stabilendo, al
primo periodo del comma 1, che l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad
oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di
applicazione oggettiva del codice, avviene nel rispetto dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza,
proporzionalità, che sono principi di matrice europea. Il secondo periodo del
comma 1 del citato art. 27, derogato dalla disposizione in commento, prevede
altresì che l’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque
concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto.
Il comma
2 del nuovo articolo 49-ter è volto, infine, ad
introdurre una deroga finalizzata ad
escludere, per i contratti conclusi
dalla RAI aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza
comunitaria, gli obblighi
procedurali previsti per tali tipologie di contratti dal d.lgs. 163/2006.
La disposizione sembra essere riferita a
tutti i contratti conclusi dalla RAI, sia quelli esclusi dall’ambito di
applicazione del Codice, sia quelli non esclusi.
Andrebbe valutata l’opportunità
di esplicitare la portata della deroga considerato che sembra essere riferita a
tutti i contratti conclusi dalla RAI di importo inferiore alle soglie di
rilevanza comunitaria, sia a quelli esclusi dall’ambito di applicazione del
Codice, sia a quelli non esclusi.
Inoltre, per quanto riguarda gli appalti non esclusi dal Codice, andrebbe valutata l’opportunità di verificare gli effetti dell’esclusione dagli obblighi procedurali del Codice medesimo, tenuto conto che anche per i contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute al rispetto di talune regole volte ad assicurare, tra l’altro, l’osservanza delle norme e dei principi dei trattati istitutivi dell’Unione europea.
Quanto ai contratti esclusi dall’ambito di
applicazione del Codice, come già rilevato in precedenza, si tratta di
contratti “esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice”,
il cui affidamento deve comunque avvenire nel rispetto dei principi enunciati
nell’articolo 27 del Codice.
Le direttive europee in materia di appalti pubblici
hanno fissato delle soglie economiche, che
costituiscono il riferimento necessario per valutare l’applicabilità o meno
della disciplina in esse contenuta ai vari contratti pubblici. In sostanza le
autorità nazionali sono tenute a rispettare la disciplina europea nel caso in
cui il valore dei contratti pubblici sia pari o superiore alle predette soglie
i cui importi, differenziati per le varie tipologie di contratti (lavori,
servizi e forniture), sono riportati nell’articolo 28 del Codice dei contratti[26]. Nel 9°
considerando della direttiva 2004/17/CE si precisa che, per gli appalti pubblici il cui valore è inferiore alla soglia che
fa scattare l’applicazione di disposizioni di coordinamento comunitario, è
opportuno fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia secondo
cui si applicano le norme e i principi del Trattato istitutivo dell’Unione
europea.
Le procedure riguardanti i contratti di importo
inferiore alle soglie di rilevanza europea (cd. contratti sotto soglia) sono
disciplinate dal Titolo II della parte II del Codice dei contratti, che
comprende gli articoli da 121 a 125.
A tali tipologie di contratti si applicano, oltre alle
disposizioni della parte I del Codice, che disciplina i principi e le
disposizioni comuni e i contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di
applicazione del Codice, della parte IV, relativa al contenzioso, e della parte
V, recante le disposizioni di coordinamento, finali e transitorie e le
abrogazioni, anche le disposizioni della parte II, dedicata ai contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, in quanto
non derogate dalle norme del citato Titolo II (art. 121). L’ordinamento
nazionale ha pertanto scelto di estendere anche agli appalti sotto soglia le
disposizioni dei contratti sopra soglia ad eccezione di alcune deroghe.
L’art. 122 detta una disciplina specifica per i contratti di lavori pubblici sotto soglia
prevedendo, tra l’altro, al comma 5, forme di pubblicità per i bandi relativi a
contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro o per i bandi di importo
inferiore a tale soglia e, al comma 7, la procedura per l’affidamento dei
lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro nel rispetto dei
principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e
trasparenza, e secondo la procedura negoziata senza previa pubblicazione del
bando prevista dall'articolo 57, comma 6, del Codice, con invito rivolto, per
lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e,
per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se
sussistono aspiranti idonei in tali numeri.
L’art. 123 disciplina la procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori aventi ad oggetto la sola esecuzione di lavori di
importo inferiore a un milione e cinquecentomila di euro, in base alla quale le
stazioni appaltanti hanno facoltà di procedere, senza pubblicazione del bando,
all’invito di almeno venti concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti
qualificati.
L’art. 124 disciplina gli appalti di servizi e forniture sotto soglia, mentre l’art. 125
disciplina le acquisizioni di lavori,
servizi e forniture in economia attraverso l'affidamento diretto da parte
del responsabile del procedimento, che è consentito, per lavori di importo
inferiore a quarantamila euro e per servizi o forniture inferiori a
quarantamila euro, e mediante cottimo
fiduciario per lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e fino a
200.000 euro e per i servizi o le forniture di importo pari o superiore a
40.000 e, in particolare, fino alla soglia, valida per le stazioni appaltanti
diverse dalle amministrazioni centrali, pari a 207.000, nel rispetto dei
principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione
di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti
idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di
operatori economici predisposti dalla stazione appaltante.
Dirigenti non dipendenti con incarichi a
tempo determinato
Il
nuovo art. 49-quater del d.lgs. 177/2005 prevede che nello
statuto della RAI è definito il numero massimo di dirigenti non dipendenti cui possono essere attribuiti contratti a
tempo determinato. In ogni caso, costoro devono essere in possesso di
particolare e comprovata qualificazione professionale e di specifiche
competenze attinenti all’esercizio dell’incarico da conferire.
Gli
incarichi a tempo determinato a dirigenti non dipendenti dalla RAI cessano
decorsi 60 giorni dalla scadenza del mandato dell’amministratore delegato,
salvo che abbiano una durata inferiore.
Dal punto di vista
della formulazione del testo, trattandosi di personale non dipendente dalla
RAI, occorrerebbe fare riferimento all’attribuzione di incarichi a tempo
determinato e non all’assunzione a tempo determinato.
Delega
per la revisione della disciplina in materia di servizi di media audiovisivi e
radiofonici
(articolo 4, commi da 2 a 4)
L’articolo 4, commi da 2 a
4, delega il Governo a emanare, entro 12 mesi dalla data di entrata in
vigore della legge, un decreto
legislativo per il riassetto
della normativa in materia di servizi di media audiovisivi e radiofonici recata
dal d.lgs. 177/2005.
Per l’emanazione del
decreto legislativo, il comma 2, oltre a disporre il rispetto dei principi e criteri
direttivi di cui all’art. 16
della L. 112/2004 (in attuazione del quale è stato emanato lo stesso d.lgs.
177/2005) – relativi al coordinamento delle norme vigenti, anche al fine di
assicurare l’attuazione, nel rispetto della Costituzione, delle norme di
diritto internazionale nell'ordinamento interno e degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – prescrive:
1.
il riordino
e la semplificazione normativa – con indicazione espressa delle norme abrogate
–, anche ai fini dell’adeguamento dei compiti
del servizio pubblico con riferimento alle diverse piattaforme tecnologiche (lett. a) ed e));
2.
la trasmissione
di contenuti destinati specificamente ai
minori, che tengano conto delle esigenze e della sensibilità della prima
infanzia e dell'età evolutiva (lett. b));
3.
la diffusione
delle trasmissioni televisive e
radiofoniche di pubblico servizio su
tutto il territorio nazionale (lett. c));
4.
la diffusione
di trasmissioni radiofoniche e televisive anche in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese
per la regione autonoma Valle d'Aosta
e in lingua slovena per la regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia (lett. d)).
Con
riguardo ai principi direttivi di cui ai numeri da 2 a 4, si tratta della
riaffermazione di principi contenuti in previsioni già vigenti, relative a
taluni obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo (art.
45, co. 2, lettere a), f), ed h), del d.lgs. 177/2005).
Con riguardo alla procedura
di emanazione dei decreti, il comma 3
prevede l’adozione su proposta del Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle
competenti Commissioni parlamentari.
Queste ultime devono esprimersi entro 60 giorni dalla trasmissione, decorsi i
quali i decreti possono essere comunque emanati. Qualora il Governo non intenda
conformarsi al parere parlamentare, trasmette nuovamente il testo alle Camere
con le osservazioni e le eventuali modificazioni, corredate dei necessari
elementi integrativi di informazione e motivazione, perché su di esso sia
nuovamente espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro
30 giorni dalla nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può
comunque essere adottato in via definitiva.
Il comma 4 ribadisce quanto già previsto dalla normativa vigente in
merito alla previa copertura finanziaria degli eventuali oneri recati dai decreti
legislativi.
Al riguardo, si ricorda che
l’art. 17, co. 2, della L. 196/2009 dispone che leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura
necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di
conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia
possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la
quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli
decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori
oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti
legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Disposizioni
di coordinamento normativo in materia di articolazione territoriale di RAI Spa
e di spese per la sede di Bolzano
(articolo 1, co. 1, lettere c), d), e) ed
f))
L’articolo 1, co. 1, lettere c), e) ed
f), introduce nell’art. 45
del d.lgs. 177/2005 – seppur apportandovi
modifiche – alcune disposizioni dell’art. 17
della L. 112/2004 (ivi introdotte dall’art. 21 del D.L. 66/2014 – L. 89/2014),
in conseguenza dell’abrogazione dello stesso art. 17 prevista dall’art. 4, co.
1, lett. a), del testo in commento.
In
particolare, rispetto al testo vigente dall’art. 17 della L. 112/2004, mentre
le disposizioni relative all’articolazione
territoriale di RAI Spa sono inserite nell’art. 45 del d.lgs. 177/2005 senza variazioni di sostanza, alle
previsioni concernenti le trasmissioni radiofoniche
e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia di Bolzano sono apportate modifiche.
L’articolo 1, co. 1, lett.
d), corregge un riferimento (errato) presente nel medesimo art. 45.
Preliminarmente,
si ricorda che l’art. 21 del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) ha modificato unicamente la L. 112/2004
e non anche il d.lgs. 177/2005.
In particolare,
ha sostituito la previsione (art. 17,
commi 2, lett. p),
e 3, della L. 112/2004, già identici
all’art. 45, commi 2, lett. p), e 3, del d.lgs. 177/2005) secondo cui la concessionaria del
servizio pubblico doveva garantire la sua articolazione in una o più sedi nazionali, nonché in sedi in ciascuna regione e nelle province autonome di Trento e
Bolzano, dotate di autonomia finanziaria
e contabile, con la previsione secondo cui l’informazione pubblica deve essere garantita a livello nazionale e
regionale attraverso la presenza in
ciascuna regione e provincia autonoma di
proprie redazioni e strutture adeguate alle
specifiche produzioni, fatto comunque salvo il rispetto della garanzia di
diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina
per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia
autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d'Aosta e
in lingua slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Ha, inoltre,
aggiunto nell’art. 17 citato il co. 3-bis, in base al quale solo le sedi
che garantiscono la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive nelle
lingue delle minoranze mantengono l’autonomia
finanziaria e contabile – prima, come ante
ricordato, attribuita a tutte le sedi regionali e delle province autonome – in
relazione all’adempimento degli obblighi di pubblico servizio[27]. Le medesime
sedi, infine, fungono anche da centro di
produzione decentrato per le esigenze di promozione delle culture e degli strumenti linguistici locali.
Il co. 3-ter dell’art. 17 – aggiunto dal
medesimo art. 21 del D.L. 66/2014 – ha, invece, disposto (a livello normativo
primario), che la convenzione
stipulata tra la società concessionaria e la provincia autonoma di Bolzano individua diritti
e obblighi relativi, in particolare, a tempi
e orari delle trasmissioni radiofoniche e televisive. Inoltre, ha attribuito alla provincia autonoma di
Bolzano – e non più alla RAI – le spese
derivanti dalla convenzione per le trasmissioni in lingua ladina e tedesca,
“tenendo conto dei proventi del canone”.
Al riguardo si ricorda che la convenzione stipulata tra il
Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei
ministri, la RAI e la provincia autonoma di Bolzano per la trasmissione di
programmi radiofonici e televisivi in lingua tedesca e ladina, per gli anni 2013-2015, è stata approvata con D.P.C.M. 4 ottobre 2013.
In particolare, l’art. 1 della
convenzione ha individuato la quantità
oraria di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua ladina e tedesca
che la RAI si impegnava a produrre e a diffondere. La concessionaria, inoltre,
si è impegnata a costituire presso la
sede RAI di Bolzano un’apposita
redazione in lingua ladina dedicata all’attuazione delle iniziative oggetto
della convenzione.
Ai sensi dell’art. 15, tutte le spese concernenti la
convenzione, comprese quelle di registrazione, erano a carico della RAI. In base agli artt. 7 e 8, peraltro, a
decorrere dal 2013 la provincia autonoma
di Bolzano versava alla Rai, a titolo di copertura degli oneri riferiti
alla produzione e alla diffusione delle trasmissioni radiofoniche e televisive
in lingua tedesca e ladina, un corrispettivo
annuo pari a 20 milioni di euro[28]. In caso di inadempienza della RAI
nell’espletamento del servizio, erano previste detrazioni e penalità a valere su tale
corrispettivo (art. 9).
Come si evince dalla delibera della
Giunta provinciale di Bolzano del 16 dicembre 2013 n. 1914, i 20 milioni
di euro sono parte dei 100 milioni di euro annui con i quali la Provincia di
Bolzano concorre al riequilibrio della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 79 dello statuto speciale di
autonomia emanato con D.P.R. 670/1972, come sostituito dall’art. 2, co.
107, lett. h),
della L. 191/2009 (legge finanziaria 2010)[29].
Inoltre, lo stesso co. 3-ter ha fissato in 10.313.000
euro annui l’onere massimo a carico della provincia di Bolzano, a valere sulle risorse di cui all’art. 79,
co. 1, lett. c),
del D.P.R. 670/1972, ed ha disposto che gli eventuali ulteriori oneri derivanti dalla predetta convenzione rimangono
esclusivamente a carico del bilancio
della medesima provincia.
Infine, allo scopo di garantire
la trasparenza nell’utilizzo del finanziamento pubblico provinciale, ha
previsto che in apposito centro di costo
del bilancio della RAI è data rappresentazione dei costi di esercizio per il servizio in lingua tedesca e ladina.
Rispetto alle previsioni
normative vigenti, le disposizioni
introdotte durante l’esame al Senato hanno, anzitutto, eliminato il non chiaro
riferimento alla considerazione dei proventi del canone (v. al riguardo, il Dossier
del Servizio Studi n. 178 del 9 giugno 2014,
predisposto in occasione dell’esame del D.L. 66/2014).
Inoltre, l’importo di €
10.313.000 è stato incrementato di € 5.000.000 per il 2015 e di € 9.687.000 a
decorrere dal 2016.
Alla copertura dei relativi
oneri si provvede:
·
per il
2015, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, da parte della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’importo previsto, attingendo al
relativo bilancio autonomo;
·
per il
2016, mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica
economica (art. 10, co. 5, D.L. 282/2004 – L. 307/2004);
·
dal
2017, mediante riduzione del Fondo speciale di parte corrente, utilizzando
l’accantonamento relativo al MEF.
Rimane, invece, fermo che eventuali oneri
ulteriori (rispetto all’importo integrato) sono a carico della provincia di
Bolzano.
L’articolo 1, co. 1, lett.
d), interviene sull’art. 45,
co. 2, lett. q), del d.lgs. 177/2005, correggendo il riferimento (errato) al co. 3
dell’art. 32 dello stesso d.lgs. con quello al co. 6 del medesimo articolo, in
materia di tutela delle persone
portatrici di disabilità sensoriali.
Come già anticipato in precedente nota, il testo vigente della citata lett. q)
dispone che tra i compiti del servizio pubblico rientra anche
l'adozione di idonee misure a tutela
delle persone portatrici di handicap
sensoriali, “in attuazione dell’articolo 32, comma 3”, che, tuttavia, concerne la
numerazione dei canali digitali.
L’art. 32, co. 6, del d.lgs.
177/2005, invece, dispone la facilitazione della ricezione da parte
delle persone con disabilità sensoriali dei servizi di media audiovisivi,
prevedendo a tale fine l'adozione di idonee misure, sentite le associazioni di
categoria[30].
A.C. 420
Norme per la riorganizzazione del sistema
pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, nonché per la dismissione
della partecipazione dello Stato nel capitale della società
RAI-Radiotelevisione italiana Spa
L’articolo 1
definisce il servizio pubblico
radiofonico, televisivo e multimediale e individua i generi dei programmi che
possono essere definiti di interesse pubblico.
L’articolo 2
specifica che il servizio pubblico televisivo è slegato dal soggetto che lo eroga e può essere affidato ad una o più emittenti private attraverso una gara pubblica. L’AGCOM è tenuta a
monitorare, anche attraverso meccanismi di controllo qualitativi e quantitativi,
le attività di tutti gli operatori aggiudicatari.
Analogamente, l’articolo 3 individua le modalità di erogazione del servizio
pubblico radiofonico, da affidare, attraverso gara pubblica, ad una o più
emittenti radiofoniche.
L’articolo 4
concerne la privatizzazione della RAI,
che deve attuarsi attraverso offerte pubbliche di vendita, anche relative a
specifici rami di azienda. I proventi derivanti dal procedimento sono destinati
al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
L’articolo 5
prevede l’istituzione del Fondo per il
finanziamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale,
alimentato attraverso l’imposta sulla pubblicità televisiva e finalizzato a
sostenere le emittenti che trasmettono programmi di servizio pubblico nonché
gli operatori che promuovono l’evoluzione tecnica e lo sviluppo industriale del
Paese.
L’articolo 6
prevede alcune abrogazioni.
A.C. 2846
Disciplina e organizzazione del servizio
pubblico generale radiotelevisivo
L’articolo 1 definisce i compiti
del servizio pubblico generale radiotelevisivo, affidato per concessione alla Fondazione RAI – istituita dall’articolo 2 –, che lo svolge per il tramite di RAI Spa e delle
società da questa controllate, sulla base della Carta del servizio pubblico radiotelevisivo. La concessione ha
durata di 12 anni ed è rinnovabile.
L’articolo 2 dispone, inoltre, che, a
tali fini, il Ministero dell’economia e delle finanze trasferisce alla
Fondazione RAI le azioni della società RAI Spa.
L’articolo 3 conferma i poteri attribuiti alla Commissione parlamentare per
l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi e all’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni.
Con
riguardo all’assetto organizzativo
della Fondazione RAI, dispone, in
particolare, che è il Consiglio di amministrazione
della Fondazione a determinarne le linee generali di intervento, le priorità
e gli obiettivi. Spetta al medesimo Cda della Fondazione adottare, con voto a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, lo statuto e le successive modificazioni.
L’articolo 4 dispone che il patrimonio della Fondazione è
costituito, tra l’altro, dalla quota di partecipazione al capitale sociale di
RAI Spa e da contributi dello Stato, di enti territoriali o di altri enti
pubblici o privati. Il patrimonio è totalmente vincolato al perseguimento degli
scopi statutari ed è gestito in modo coerente con la natura di ente senza scopo
di lucro della Fondazione.
L’articolo 5 prevede, innanzitutto, che il
Cda della Fondazione svolge compiti di indirizzo strategico anche nei
riguardi di RAI Spa e delle società da questa controllate. In particolare, spetta al Cda della Fondazione:
sottoscrivere la Carta del servizio
pubblico radiotelevisivo; predisporre il contratto
biennale; nominare il Cda di RAI Spa;
approvare lo statuto di RAI Spa e le
relative modificazioni.
Il
Cda della Fondazione è composto da 11 membri, di cui: 4 eletti dalla
Commissione parlamentare di vigilanza a maggioranza dei due terzi dei suoi
componenti; 1 nominato dalla Conferenza Stato-regioni e 1 dall’ANCI; 1 ciascuno
nominato da CNR, CNCU, Accademia nazionale dei Lincei e CRUI; 1 eletto dai
dipendenti della RAI Spa e delle società controllate. I membri del Cda della
Fondazione durano in carica 6 anni,
non rinnovabili. Nella fase di prima applicazione, si prevede che per 5 membri
il mandato duri, invece, 3 anni. Con riguardo alle incompatibilità, si dispone, in particolare, che non
possono essere nominati coloro che, nei due
anni precedenti, abbiano ricoperto incarichi
politici o di governo. Il Presidente
del Cda della Fondazione è scelto dal medesimo Cda, tra i suoi
componenti, e dura in carica sino alla scadenza del mandato in qualità di
componente del Cda; non può essere rieletto. La revoca del presidente o dei membri del Cda della Fondazione può
essere disposta dalla Commissione
parlamentare di vigilanza, a maggioranza dei due terzi dei componenti,
sentito il collegio sindacale della
Fondazione.
Il
collegio sindacale della Fondazione,
di cui si occupa l’articolo 6, che
gli attribuisce funzioni di vigilanza e
controllo, è costituito da 3
componenti effettivi (di cui 1, con funzioni di presidente, nominato dal Ministero dell’economia e delle finanze,
1 nominato dal Ministero dello sviluppo economico e 1 nominato dal Cda della
Fondazione) e 2 supplenti (nominati,
1 ciascuno, dai medesimi ministeri). Il controllo
contabile e sulla gestione della Fondazione è, invece, attribuito ad una
società di revisione scelta dal Cda della Fondazione.
L’articolo 7 dispone, in particolare, che
la RAI Spa è tenuta ad applicare il contratto biennale e ad assicurarne
l’attuazione da parte delle società operative del gruppo, di cui nomina i
Consigli di amministrazione.
Il
Cda di RAI Spa è composto di 5 membri, nominati dal Cda della
Fondazione, che nomina anche il suo Presidente. Con riguardo alle incompatibilità, si dispone, in particolare, che non
possono essere nominati membri coloro che, nei
due anni precedenti, abbiano ricoperto incarichi
politici. Tutti i componenti del Cda di RAI Spa, incluso il Presidente,
durano in carica 3 anni,
rinnovabili. La revoca del
presidente o dei membri del Cda di RAI Spa può essere disposta dal Cda della Fondazione.
Spetta,
invece, allo stesso Cda di RAI Spa
nominare al suo interno un amministratore
delegato, che sovrintende alla gestione, all’organizzazione ed al
funzionamento dell’azienda. L’amministratore delegato dura in carica 3 anni e
può essere rieletto.
L’articolo 8 dispone che la Carta del servizio pubblico radiotelevisivo,
che stabilisce le linee generali di svolgimento del servizio pubblico, dura 6 anni ed è stipulata tra Governo e
Fondazione RAI, previo parere favorevole della Commissione parlamentare di
vigilanza.
L’articolo 9, in particolare, stabilisce che
il contratto biennale contiene il
dettaglio degli obblighi, dei compiti e degli obiettivi dell’attività di
pubblico servizio.
L’articolo 10 concerne la determinazione
dell’ammontare del canone di abbonamento
alle radioaudizioni e dispone che il suo adeguamento avviene sulla base del
tasso di inflazione programmato. Sancisce, inoltre, il principio secondo cui il
canone è utilizzabile esclusivamente ai
fini dell’adempimento dei compiti di
servizio pubblico generale, oltre che per le relative spese di istituzione
e di funzionamento della Fondazione.
L’articolo 11 affida al Cda della Fondazione
la riorganizzazione di RAI Spa,
anche mediante la costituzione di nuove società, sulla base di alcuni principi
ivi indicati e relativi, tra l’altro, all’unitarietà di RAI Spa e al controllo
in capo alla Fondazione del complesso delle attività aziendali.
L’articolo 12 – ferma restando
l’applicabilità in regime transitorio
di alcune norme vigenti fino alla nomina del presidente della Fondazione,
recata, dall’articolo 13 – dispone
le abrogazioni, con diversa
decorrenza (entrata in vigore della legge e data di completamento della
riorganizzazione di RAI Spa).
L’articolo 14 precisa che la legge non comporta nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
A.C. 2922
Modifiche alla legge 31 luglio 1997, n.
249, e al testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e
altre disposizioni in materia di composizione dell’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni, di organizzazione della società concessionaria del
servizio pubblico generale radiotelevisivo e di vigilanza sullo svolgimento del
medesimo servizio
L’articolo 1 interviene sulla composizione dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, stabilendo che i 4
componenti – che durano in carica 6
anni, non rinnovabili – sono eletti da Camera e Senato, con la maggioranza
dei due terzi. Il presidente
dell’Autorità è designato dal Presidente del Consiglio dei ministri, di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere vincolante
delle Commissioni parlamentari competenti, espresso a maggioranza dei due
terzi. Con riguardo alle incompatibilità,
si prevede, in particolare, che non possono essere nominati componenti
dell’AGCOM i soggetti che nei 7 anni
precedenti la nomina abbiano ricoperto cariche
politiche o di governo.
L’articolo 2, nel rinnovare la concessione alla RAI per altri 10
anni, ridisegna la composizione e la procedura di nomina dei membri del Consiglio di amministrazione. In
particolare, si prevede che il Cda è composto da 5 membri, compresi il presidente
e l’amministratore delegato (che
sostituisce il direttore generale), che restano in carica per 5 anni, non rinnovabili. A seguito
della pubblicazione di apposito avviso
pubblico, predisposto dall’AGCOM, i candidati alla carica di consigliere di
amministrazione inviano il proprio curriculum e un elaborato sulla
propria visione strategica del servizio pubblico radiotelevisivo, concernente
una delle 3 aree di competenza per
la quale essi intendono concorrere (giuridico-economica: 2 componenti;
produzione audiovisiva: 2 componenti; tecnico-scientifica: 1 componente). Con
riguardo alle incompatibilità, si
prevede, in particolare, che non possono essere candidati alla carica di
consigliere i soggetti che nei 7 anni
precedenti la nomina abbiano ricoperto cariche
politiche o di governo.
Tra
i candidati che soddisfano i requisiti, l’AGCOM sorteggia, per ciascuna area di competenza, i nominativi di coloro che saranno auditi dalle Commissioni parlamentari. Se una Commissione esprime, a maggioranza
dei due terzi, un parere contrario
su un soggetto audito, si procede all’estrazione di
un altro nominativo nella medesima area. Decorso il termine di 30 giorni, il Ministro dell’economia e
delle finanze procede comunque a nominare, con proprio decreto, i candidati
sorteggiati (anche se non auditi). Nel medesimo
decreto, il Ministro ha facoltà di
indicare il presidente del Cda; in caso contrario, si provvede con apposita
delibera del Cda.
L’articolo 3 prevede che le azioni di revoca dei consiglieri sono disposte dall’assemblea degli azionisti,
previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti, espresso a
maggioranza dei due terzi. Ai consiglieri, inoltre – come a tutto il personale
e ai consulenti di RAI Spa –, si applica il limite massimo retributivo previsto dalla normativa vigente per le
pubbliche amministrazioni e le società pubbliche.
Dispone,
altresì, che al Consiglio di
amministrazione sono attribuite anche funzioni
di indirizzo strategico, in relazione allo sviluppo del prodotto
audiovisivo nazionale verso l’estero, all’innovazione tecnologica della RAI, e
all’accrescimento della qualità della programmazione, che al presidente del Cda non possono essere
conferite deleghe di gestione e di amministrazione della società, e che l’amministratore delegato è eletto con
deliberazione del Cda, che stabilisce anche le funzioni a lui delegate (ad
eccezione di talune funzioni puntualmente individuate), le modalità di esercizio
e le modalità di revoca.
Prevede,
inoltre, l’approvazione da parte del Cda, entro 3 mesi dal suo insediamento, su
proposta dell’amministratore delegato, del Piano
per la trasparenza e la comunicazione aziendale, che assolve la funzione di
rendere conoscibili gli atti e le informazioni sull’attività svolta dal Cda, i
dati sugli investimenti destinati ai prodotti audiovisivi italiani, le
informazioni dettagliate su curricula e compensi percepiti da dirigenti,
collaboratori e consulenti, i criteri e le modalità per l’assegnazione degli
appalti, e i dati risultanti dalla verifica del gradimento della
programmazione.
Introduce,
infine, una nuova disciplina per le
nomine dei dirigenti, in base alla quale il Cda rende innanzitutto
conoscibili i posti dirigenziali disponibili, gli obiettivi e i criteri
generali di scelta. Una volta acquisite le disponibilità degli interessati ed
effettuata la scelta, gli incarichi sono conferiti comunque a tempo determinato e, in ogni caso,
cessano decorsi 60 giorni dalla scadenza del mandato del Cda che li ha
conferiti.
L’articolo 4 stabilisce che l’AGCOM, nella sua relazione annuale, dà conto dei risultati del controllo, dedicando
autonoma rilevanza alla verifica del perseguimento degli obiettivi strategici
e, in particolare, dei risultati concernenti lo sviluppo del prodotto
audiovisivo nazionale verso l’estero, l’innovazione tecnologica, e
l’accrescimento della qualità della programmazione.
L’articolo 5 sopprime la Commissione parlamentare per
l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi, stabilendo, altresì, che le Commissioni parlamentari competenti possono convocare i componenti del Cda della società concessionaria per la
verifica del rispetto dei principi che regolano lo svolgimento del servizio
pubblico radiotelevisivo.
A.C. 2924
Disposizioni in materia di organizzazione
della società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, abolizione
del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione e istituzione
del contributo per la pubblica editoria e il sistema nazionale delle
radio-telecomunicazioni, nonché delega al Governo per il coordinamento
normativo
L’articolo 1 definisce l’oggetto
della proposta di legge.
L’articolo 2 enuncia i principi regolatori del servizio pubblico
nella comunicazione audiovisiva e radiofonica, richiamando, in particolare,
l’espressione del pluralismo
sociale,
politico, religioso, culturale, etnico, linguistico e generazionale, e la
tutela del diritto di ogni cittadino a
ricevere e diffondere
informazioni, idee e opinioni.
L’articolo 3 affida il compito di
garantire il servizio pubblico a RAI Spa,
i cui organi sono costituiti da
Consiglio di sorveglianza, Consiglio di gestione, Presidente-amministratore
delegato.
L’articolo 4 dispone che il Consiglio di sorveglianza è composto da
11 membri, di cui: 2 nominati dal
Presidente della Repubblica; 6 nominati dai Presidenti delle due Camere, d’intesa
tra loro; 1 nominato dalla Conferenza Stato-regioni e 1 dal comitato direttivo
dell’ANCI; 1 eletto dai dipendenti della RAI, al proprio interno. I consiglieri
– ai quali è riconosciuto un compenso determinato
dall’assemblea dei soci – durano in carica 6
anni, non rinnovabili.
Il
Consiglio di sorveglianza elegge, al proprio interno, il Presidente, previo parere
favorevole della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi,
espresso a maggioranza dei due terzi. Il medesimo Consiglio può eleggere anche un
vicepresidente tra i 2 componenti
nominati dal Presidente della Repubblica.
L’articolo 5 attribuisce al Consiglio di sorveglianza il compito di
garantire il rispetto della missione di servizio pubblico. In particolare, prevede
che il Consiglio di sorveglianza riferisce all’assemblea, almeno una volta
l’anno, sull’attività di vigilanza relativa
all’attuazione del contratto di servizio.
Ad esso spettano anche, tra l’altro, la nomina
dei membri del consiglio di gestione
e l’approvazione, su proposta dello stesso Consiglio di gestione, del piano
editoriale, del piano strategico e del bilancio di esercizio.
L’articolo 6 prevede che il Consiglio di gestione – composto da 3 membri, che durano in carica 3 anni, rinnovabili una sola volta – ha
il compito di amministrare la società.
Più nello specifico, al Consiglio di gestione spetta, tra l’altro, dare attuazione al contratto di servizio, definire
l’assetto organizzativo e nominare i
direttori delle testate giornalistiche
e dei canali radiotelevisivi, su proposta del Presidente. Si stabilisce,
inoltre, che il Presidente – al
quale spettano i poteri di amministratore
delegato – è eletto dall’assemblea dei soci tra i membri del consiglio di
gestione.
L’articolo 7 concerne le funzioni del Presidente del Consiglio di gestione,
disponendo, in particolare, che a questi compete anche l’approvazione degli atti e dei contratti aziendali di valore
non superiore a 15 milioni di euro.
L’articolo 8 stabilisce i requisiti per la nomina dei componenti
del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione.
L’articolo 9 reca le cause di incompatibilità dei membri del consiglio di sorveglianza e
del consiglio di gestione, tra le quali rientra, in particolare, l’aver
ricoperto incarichi di governo (nazionale
o locale) nei 5 anni precedenti la
nomina.
L’articolo 10 prevede l’abolizione del canone di abbonamento.
Contestualmente,
l’articolo 11 istituisce il contributo per la pubblica editoria e il
sistema nazionale delle radio-telecomunicazioni, dovuto da ciascun nucleo familiare secondo criteri di
progressività, e per il quale sono previste alcune esenzioni.
L’articolo 12
dispone che le risorse derivanti
dall’introduzione del contributo sono destinate alla copertura dell’importo
previsto dal contratto di servizio
e, per la parte rimanente, al prioritario finanziamento di misure volte a
sostenere il processo di rinnovamento
del sistema editoriale e radiotelevisivo. Delega,
infine, il Governo ad effettuare il coordinamento della normativa vigente con
le disposizioni introdotte.
L’articolo 13 reca alcune abrogazioni.
A.C. 2931
Riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo
L’articolo 1
reca le finalità generali del provvedimento.
L’articolo 2
concerne i principi su cui deve
fondarsi il servizio pubblico televisivo, tra cui il pluralismo, la libertà di
accesso e l’assenza di posizioni dominanti o monopolistiche.
L’articolo 3
specifica che il servizio pubblico assicura livelli adeguati di accesso alle
diverse opportunità tecnologiche, all’informazione indipendente e ai prodotti
della comunicazione, indipendentemente dalle condizioni sociali e dalla
capacità di spesa di ciascun cittadino.
L’articolo 4
concerne la governance della RAI Spa, quale affidataria del
servizio pubblico, il cui capitale è
interamente posseduto dallo Stato. In
particolare, si prevede la presenza di un Consiglio
di amministrazione, posto sotto la sorveglianza del Consiglio per le garanzie del servizio pubblico, al quale il Cda riferisce
ogni 3 mesi. Il Consiglio di amministrazione dura in carica 3 anni ed è composto da 5 membri eletti dal Consiglio per le
garanzie del servizio pubblico. I componenti del Cda eleggono, al loro interno,
il Presidente e un soggetto esterno,
in qualità di Direttore generale.
L’articolo 5 prevede che la determinazione del canone di abbonamento spetti all’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, sentito il Consiglio per le garanzie del servizio pubblico,
secondo criteri di progressività.
L’articolo 6
istituisce il Consiglio per le garanzie
del servizio pubblico, che dura in carica 3 anni ed è composto da 21
membri, di cui 3 eletti dalla Camera e 3 dal Senato e altri espressione
della società civile. Tra le competenze dell’organo, che è dotato di autonomia finanziaria, rientrano, fra l’altro, la nomina dei membri del Cda – a seguito
di una selezione mediante avviso
pubblico, che deve garantire il possesso da parte dei candidati di
comprovate esperienze professionali –, la determinazione degli indirizzi generali sulla programmazione,
la vigilanza sulla realizzazione
degli obblighi del servizio pubblico, la revoca dei membri del Cda, l’esercizio
delle competenze della Commissione
parlamentare di vigilanza (di cui l’articolo
9 prevede la soppressione). Ogni
6 mesi il Consiglio riferisce alle Camere sulla sua attività.
L’articolo 7
dispone in materia di incompatibilità
delle cariche, prevedendo, in particolare, che il direttore generale,
i componenti del Consiglio e del Cda non possono aver ricoperto, nei tre anni
precedenti la nomina, incarichi politici,
parlamentari o di governo, anche in ambito regionale o locale. Inoltre, i
medesimi soggetti non devono essere stati oggetto di sentenza passata in giudicato in procedimenti penali.
L’articolo 8
garantisce la tutela di ogni cittadino nell’esercizio del proprio diritto
all’accesso alla comunicazione.
A.C. 2942
Disciplina del servizio pubblico
radiofonico, televisivo e multimediale e riforma dell’organizzazione della
società concessionaria
L’articolo 1
definisce il servizio pubblico
radiofonico, televisivo e multimediale e individua i generi dei programmi che
possono essere definiti di pubblico interesse.
L’articolo 2,
oltre a disporre che il contratto nazionale di servizio, i contratti di servizio regionali e, per le province autonome di
Trento e di Bolzano, provinciali, sono rinnovati
ogni 5 anni, concerne la riorganizzazione
della RAI. In particolare, si dispone che alla RAI è nuovamente affidata,
per la durata di 20 anni (a
decorrere dal termine della concessione in essere), la concessione del servizio
pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, ma si prevede, al contempo, la
vendita sul mercato del 49 per cento delle azioni dello Stato nella società.
Con riguardo alla governance,
si prevede la presenza di un Consiglio
di amministrazione, che dura in carica 5
anni ed è composto da 7 membri,
di cui: 1 eletto dalla Conferenza unificata; 3, tra cui il Presidente, eletti
dal Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei Ministri,
acquisito il parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti per
materia; 1 eletto fra i dipendenti della RAI; 1 eletto nel Consiglio nazionale
dei consumatori e degli utenti; 1 eletto dall’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni. Possono essere eletti soggetti che, fra l’altro, abbiano maturato
significative esperienze nel settore televisivo e delle telecomunicazioni e non
abbiano ricoperto incarichi di natura
politica nei 10 anni precedenti.
Il Cda svolge funzioni di indirizzo, di controllo e di garanzia circa le
finalità e gli adempimenti del servizio pubblico radiotelevisivo, e nomina l’amministratore delegato fra soggetti
in possesso degli stessi requisiti previsti per i membri del Cda. L’amministratore
delegato, che dura in carica 5 anni, ha, tra l’altro, potere di spesa fino a importi massimi
di 10 milioni di euro.
In base all’articolo
3, il controllo del rispetto dell’attuazione della mission
pubblica spetta all’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni.
L’articolo 4
prevede alcune abrogazioni, disponendo, in particolare, la soppressione della Commissione parlamentare
di vigilanza.
[1] In particolare, come evidenziato nella premessa della proposta di direttiva “la nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora, preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell’opera di codificazione”.
[2] In particolare, l’art. 2, co. 1, del contratto nazionale di servizio riferito al triennio 2010-2012, dispone che
il contratto ha per oggetto l’attività che la società concessionaria svolge per
l’espletamento del servizio pubblico “e, in particolare, l’offerta televisiva,
radiofonica e multimediale diffusa attraverso le diverse piattaforme, in tutte
le modalità”.
[3]
Ai
sensi del comma 2, il servizio pubblico generale radiotelevisivo, garantisce,
fra l’altro: la diffusione di tutte le
trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio su tutto il territorio nazionale; un adeguato numero di ore di trasmissioni
televisive e radiofoniche - definito ogni tre anni con delibera AGCOM - dedicate all’educazione, all’informazione,
alla formazione, alla promozione culturale; l’accesso alla programmazione in favore, fra gli altri, di partiti e
gruppi rappresentati in Parlamento e in assemblee e consigli regionali,
sindacati nazionali, confessioni religiose; la produzione, la distribuzione e
la trasmissione di programmi
radiotelevisivi all’estero; l’effettuazione di trasmissioni radiofoniche e
televisive in lingua tedesca e
ladina per la provincia di Bolzano, in lingua
ladina per la provincia di Trento, in lingua
francese per la Valle d’Aosta e in lingua slovena per il Friuli-Venezia Giulia; la trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale o di interesse
pubblico richiesti dalla Presidenza del Consiglio; la trasmissione di contenuti destinati specificamente ai
minori; la conservazione degli
archivi storici radiofonici e televisivi; la destinazione di una quota non
inferiore al 15% dei ricavi
complessivi annui alla produzione di
opere europee, comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; la
realizzazione di infrastrutture per
la trasmissione radiotelevisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale; la realizzazione di servizi interattivi digitali di pubblica utilità; il rispetto dei limiti di affollamento
pubblicitario previsti dall’art. 38 del medesimo d.lgs. 177/2005;
l’adozione di misure idonee a tutela delle
persone portatrici di handicap
sensoriali; la realizzazione di attività di insegnamento a distanza.
[4] D.M.
27 aprile 2011 (G.U. 27 giugno 2011, n. 147).
[5] G.U.
13 dicembre 2012, n. 290.
[6] Più
approfonditamente, si v. il relativo comunicato stampa.
[7] Ove siano
lavoratori dipendenti vengono, a richiesta, collocati in aspettativa non
retribuita per la durata del mandato.
[8] Infatti, il comma 10 stabilisce che le disposizioni
recate dai commi fino a 9 entrano in vigore il novantesimo giorno successivo
alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita e che, ove prima
di tale data, sia necessario procedere alla nomina del Cda, a ciò si provvede
secondo le procedure di cui ai commi 7 e 9.
[9] Le ulteriori fasi
riguardano:
·
comma 7: fase di
privatizzazione oltre il 10% ma precedente
alla completa alienazione della partecipazione dello Stato. Il
rappresentante del MEF presenta nell’assemblea una lista di candidati,
indicando un numero massimo di candidati proporzionale al numero di azioni di
cui è titolare lo Stato. La lista è formata
sulla base delle delibere della Commissione parlamentare di vigilanza,
nonché degli indirizzi del MEF;
· comma 6: fase successiva alla completa dismissione della partecipazione statale. L’elezione degli amministratori avviene mediante voto di lista. Le liste possono essere presentate da soci che rappresentino almeno lo 0,5% delle azioni aventi diritto di voto nell’assemblea ordinaria. Ciascuna lista comprende un numero di candidati pari al numero di componenti del Cda da eleggere.
[10] Con delibera del Consiglio di Amministrazione è stata delegata al Presidente, tra l’altro, l’approvazione, su proposta del Direttore Generale, degli atti e dei contratti aziendali che, anche per effetto di una durata pluriennale, importino una spesa superiore ad Euro 2.582.284,50 fino ad Euro 10.000.000,00 a condizione che – per quanto riguarda i contratti di natura editoriale (utilità immediata, utilità ripetuta e scritture artistiche) – gli elementi essenziali di tali contratti risultino conformi con le scelte e le valutazioni operate dal medesimo Consiglio di Amministrazione in sede di approvazione dei piani di produzione e trasmissione, del palinsesto e delle linee di bilancio aziendale. Il Presidente fornisce rendicontazione trimestrale sugli atti ed i contratti stipulati nell’esercizio della delega (cfr. documento RAI: Modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs.231/01, pag. 9).
[11] In precedenza, il CdA nominato il 5 luglio 2012 aveva operato in regime di prorogatio. Si ricorda, infatti, che, in base all’art. 21.3 dello statuto, i componenti restano in carica per la durata di tre esercizi sociali e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio dell’esercizio sociale relativo all’ultimo anno in carica. Il bilancio al 31 dicembre 2014 è stato appunto approvato il 25 maggio 2015.
[12] Durante l’esame al Senato, è stata, infatti, soppressa la previsione del disegno di legge originario, in base alla quale l’amministratore delegato non poteva essere dipendente della RAI.
[13] Dalla Determinazione n. 20/2015 della Corte
dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria
della RAI per l’esercizio
2013, emerge che la retribuzione
del direttore generale è fissata complessivamente in euro 650.000.
[14] Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 13 maggio 2014.
[15] La
prima istituzione di una Commissione parlamentare incaricata dell’”alta
vigilanza per assicurare l’indipendenza e l’obiettività delle radiodiffusioni”
fu prevista dal d.lgs. C.P.S. 428/1947, ratificato con L. 561/1956.
[16] Legge abrogata dall'art. 28 della L. 112/2004, ad esclusione degli artt. 1, commi terzo, quarto e quinto, 4, 6, 17, 19, 20 e 22 e dei titoli III, IV e V, che restano in vigore in quanto compatibili con la suddetta legge.
[17]
Tra
gli altri, si ricordano l’atto di
indirizzo del 13 febbraio 1997, che definisce l’accezione di pluralismo, e quello sulle garanzie del pluralismo nel servizio pubblico
radiotelevisivo dell’11 marzo
2003.
[18] L’art. 1, co. 4, del D.L. 545/1996 concerne le competenze della Commissione parlamentare di vigilanza nell’ambito della convenzione tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la RAI-Radiotelevisione italiana Spa, approvata con DPR 28 marzo 1994 (G.U. n. 188 del 12 agosto 1994) per la concessione in esclusiva del servizio pubblico di diffusione circolare di programmi sonori e televisivi sull'intero territorio nazionale.
[19] Sono stati, dunque, adottati (oltre ai singoli provvedimenti di disciplina di ciascuna campagna elettorale), la risoluzione della Commissione del 18 dicembre 2002, il documento, già citato, dell’11 marzo 2003, nonché la Delibera AGCOM 22 giugno 2000, n. 200/00/CSP, Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali.
[20] Al riguardo, l’art. 6 della L. 103/1975, nel testo vigente, dispone che la società concessionaria riserva, per apposite trasmissioni, tempi non inferiori al 5% del totale delle ore di programmazione televisiva e al 3% del totale delle ore di programmazione radiofonica, distintamente per la diffusione nazionale e per quella regionale, ai partiti ed ai gruppi rappresentati in Parlamento, alle organizzazioni associative delle autonomie locali, ai sindacati nazionali, alle confessioni religiose, ai movimenti politici, agli enti e alle associazioni politiche e culturali, alle associazioni nazionali del movimento cooperativo giuridicamente riconosciute, alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali, ai gruppi etnici e linguistici e ad altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta. Per le testate dei giornali quotidiani che non siano organi ufficiali di partito è istituita una tribuna della stampa. Dispone, altresì, che la sottocommissione permanente per l'accesso, costituita nell'ambito della Commissione parlamentare, procede almeno trimestralmente all'esame delle richieste di accesso, delibera su di esse, determina il tempo di trasmissione complessivamente riservato all'accesso ai programmi nazionali e locali, provvede alla ripartizione del tempo disponibile tra i soggetti ammessi. Le norme emanate dalla Commissione parlamentare devono ispirarsi: all'esigenza di assicurare la pluralità delle opinioni e degli orientamenti politici e culturali; alla rilevanza dell'interesse sociale, culturale ed informativo delle proposte degli interessi; alle esigenze di varietà della programmazione. Contro le decisioni della sottocommissione è ammesso ricorso alla Commissione parlamentare in seduta plenaria. Il regolamento per l’accesso è stato approvato il 30 gennaio 2001 (pubblicato nella GU n. 67 del 21 marzo 2001; le modifiche al Regolamento sono pubblicate nella GU n. 259 del 4 novembre 2004).
[21] Al
riguardo si segnala che risale alla seduta del
16 aprile 2002 l’ultima occasione nella quale la Commissione ha prodotto un parere sui Criteri di
formulazione dei Piani annuali di produzione e trasmissione di RAIUNO, RAIDUE e
RAITRE e del Piano di assegnazione delle risorse economiche alle diverse aree
di attività aziendali per l'anno 2002.
[22] Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 1, co. 6, lett. b), n. 5) della L. 249/1997, l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni emana i
regolamenti applicativi di legge in materia di pubblicità sotto qualsiasi forma
e di televendite e regola l'interazione organizzata tra il fornitore e l'utente.
[23] Al riguardo, si ricorda che la competenza in materia di rilevazioni
degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione è
stata affidata dalla già citata L. 249/1997 all'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni (si v., in particolare, art. 1, co. 6, lett.
b), n. 11).
[24] L’ultima Relazione è stata approvata dalla Commissione il 2 dicembre 2003; l’ultimo esame di una Relazione da parte delle Assemblee – nella specie, quella della Camera – è del 5 luglio 1989.
[25] Si
segnala, infine, che nella deliberazione
n. 57 del 2008 dell’ex AVCP (ora ANAC) si specifica che la RAI s.p.a., quale organismo di diritto pubblico, è tenuta all'applicazione del d.lgs.
163/2006, ai sensi dell'art. 3, comma 25, e dell’art. 32. comma 1, del Codice
dei contratti, con le esenzioni previste dal citato art. 19, comma 1, lett. b) e dall’art. 22. In proposito, si ricorda che gli
organismi di diritto pubblico, definiti dal comma 26 dell’articolo 3 del
Codice, rientrano tra le amministrazioni aggiudicatrici (articolo 3, comma 25)
e che l’art. 32, comma 1, del Codice circoscrive l’ambito di applicazione
soggettivo in relazione ai contratti pubblici di rilevanza europea affidati da
determinati soggetti aggiudicatori tra cui gli organismi di diritto pubblico.
Infine l’articolo 22 del Codice stabilisce l’esclusione dall’applicazione del
medesimo Codice dei contratti pubblici principalmente finalizzati a permettere
alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di
reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più
servizi di telecomunicazioni.
[26] Ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 163/2006, nei settori
ordinari, la soglia comunitaria, per gli appalti di lavori pubblici e per le
concessioni di lavori pubblici è pari o superiore a 5.186.000 euro, e per gli
appalti pubblici di forniture e di servizi effettuati da stazioni appaltanti
diverse dalle amministrazioni centrali è pari o superiore a 207.000 euro.
[27] In
ogni caso, l’art. 21, co. 2, del medesimo D.L. 66/2014 ha stabilito che, nelle more della definizione di un
nuovo assetto territoriale da parte di RAI Spa, le sedi regionali e delle
province autonome continuano ad operare in regime di autonomia finanziaria e
contabile.
[28] Una quota di tale corrispettivo, per un importo
massimo di 200 mila euro era impegnato dalla RAI per la gestione delle spese di
carattere ordinario della sede RAI di Bolzano, con lo scopo di aumentare il
tasso di funzionalità, efficienza e rendimento delle strutture dedicate alla
trasmissione dei programmi in lingua tedesca e ladina.
[29] La novella si è resa necessaria per
predisporre, ai sensi dell’art. 27 della L. 42/2009, il coordinamento della
finanza della regione Trentino-Alto Adige ai principi del federalismo fiscale
e, in particolare, per determinarne il concorso al conseguimento degli
obiettivi di perequazione e solidarietà e al rispetto del patto di stabilità
interno e degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario. Ai sensi
dell’art. 104 del DPR 670/1972, le norme del titolo VI dello statuto speciale
di autonomia – nel cui ambito è inserito il citato art. 79 – possono essere
modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e
della regione e delle due province. Le disposizioni della L. 191/2009,
pertanto, sono state precedute da un accordo che ha definito i contenuti delle
modifiche. In particolare, il punto 5 del c.d. Accordo di Milano, sottoscritto
il 30 novembre 2009, ha stabilito “l'assunzione da parte della Provincia
autonoma di Bolzano, nella misura massima di cui all'articolo 79, comma 1,
lettera c), del D.P.R. n. 670 del 1972” – pari a 100 milioni di euro annui a
decorrere dal 2010 – “degli oneri riferiti alle funzioni esercitate dallo Stato
in materia di Università, ivi compreso il finanziamento dell'Università di
Bolzano, alle trasmissioni in lingua tedesca e ladina di competenza della sede
RAI di Bolzano, ai costi di funzionamento del Conservatorio Claudio Monteverdi
di Bolzano, al servizio di spedizione e recapito postale nell'ambito del
territorio provinciale ed al finanziamento di infrastrutture di competenza
dello Stato sul territorio provinciale”. Sull’argomento, si veda anche http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU_225_Regime_Finanziario_Trentino.pdf.
[30] In
materia di offerta dedicata alle persone con disabilità dispone l’art. 13 del
citato Contratto nazionale di servizio 2010-2012.