Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento finanze , Servizio Bilancio dello Stato , Servizio Commissioni | ||||
Titolo: | Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale - D.L. 66/2014 - A.C. 2433 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 178 | ||||
Data: | 09/06/2014 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Misure urgenti per la competitività e la
giustizia sociale D.L. 66/2014 – A.C. 2433 |
Schede di lettura |
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n. 178 |
Parte I |
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9 giugno 2014 |
Servizi responsabili: |
Servizio Studi – Dipartimento Bilancio ( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it Servizio Studi –
Dipartimento Finanze ( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it |
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Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Bilancio dello
Stato Verifica delle quantificazioni n.
109 ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione ( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
Il presente dossier è
articolato in due volumi: §
Schede di
lettura (dossier n. 178 , Parte I), redatto dal Servizio
Studi § Profili finanziari (dossier
n. 178, Parte II) curati dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla
Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture. |
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La documentazione
dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione
interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera
dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o
riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono
essere riprodotti, nel rispetto della
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File:
D14066.doc |
INDICE
§ Articolo 1 (Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati)
§ Articolo 2 (Disposizioni in materia di
IRAP)
§ Articolo 3 (Disposizioni in materia di
redditi di natura finanziaria)
§ Articolo 4, commi 1-10 (Norme
di coordinamento in tema di rendite finanziarie)
§ Articolo 4, comma 11 (Rivalutazione beni d’impresa)
§ Articolo 4, comma 12 (Rivalutazione quote Banca
d’Italia)
§ Articolo 4, comma 12-ter (Finanziamento ai soci
cooperatori)
§ Articolo 4, comma 12-quater (TASI)
§ Articolo 5, comma 1 (Differimento aumento prelievo
prodotti da fumo)
§ Articolo 5, comma 1-bis (Ripristino di
agevolazioni fiscali per trasferimento di terre)
§ Articolo 5-bis (Regime delle entrate
riscosse dal Ministero degli Affari esteri)
§ Articolo 6 (Strategie di contrasto all’evasione
fiscale)
§ Articolo 7 (Destinazione dei proventi
della lotta all'evasione fiscale)
§ Articolo 8, commi 1-3 (Trasparenza della spesa per
beni e servizi)
§ Articolo 8, commi 4-10 (Razionalizzazione
della spesa per beni e servizi)
§ Articolo 8, comma 10-bis (Cantieri comunali e
cantieri verdi in Sardegna)
§ Articolo 8, comma 11 (Riduzione programmi di spesa
della Difesa)
§ Articolo 9 comma 8-bis (Beni e servizi per i
programmi cofinanziati dall’Unione europea)
§ Articolo 10 (Attività di vigilanza sui
contratti pubblici)
§ Articolo 11 (Riduzione dei costi di
riscossione fiscale)
§ Articolo 11-bis (Norme in materia di rateazione)
§ Articolo 12 (Remunerazione conti di
tesoreria e provvigioni di collocamento dei titoli)
§ Articolo 12-bis (Pagamento canoni
demaniali marittimi)
§ Articolo 13 (Tetto al trattamento
economico del personale pubblico e delle società partecipate)
§ Articolo 14, commi 1-4 e 4-ter (Controllo della spesa per consulenze e
contratti di collaborazione)
§ Articolo 14, comma 4-bis (Proroga dei contratti a
termine negli enti di ricerca pubblici)
§ Articolo 15, commi 1 e 2 (Spesa
per autovetture)
§ Articolo 15, comma 2-bis (Deroga per la Regione Lombardia per Expo 2015)
§ Articolo 16, commi 1-3 (Riduzione di spesa dei Ministeri)
§ Articolo 16, commi 4 e 6 (Riorganizzazione
dei Ministeri)
§ Articolo 16, comma 6-bis (Gestione servizi
stipendiali NoiPA)
§ Articolo 16, comma 7 (Settore agricolo EXPO)
§ Articolo 16, comma 8 (Istituto Sviluppo
Agroalimentare S.p.A.- ISA)
§ Articolo 16, comma 9 (Commissario agricolo ex
Agensud)
§ Articolo 16-bis (Norme in materia di
personale del MAE)
§ Articolo 18 (Abolizione di agevolazioni
postali per le elezioni)
§ Articolo 19, comma 1-bis (Revisori dei conti degli enti locali)
§ Articolo 19-bis (Riduzione delle spese
per il CGIE)
§ Articolo 20 (Società partecipate)
§ Articolo 20-bis (Aziende termali delle autonomie speciali)
§ Articolo 21 (Disposizioni concernenti RAI
S.p.A.)
§ Articolo 22 (Interventi di riduzione delle
agevolazioni agricole)
§ Articolo 22-bis (Risorse destinate alle
zone franche urbane)
§ Articolo 24, commi 2-bis e 2-ter (Recesso dalle
locazioni da parte delle P.A.)
§ Articolo 25 (Anticipazione obbligo fattura
elettronica)
§ Articolo 26 (Pubblicazione telematica di
avvisi e bandi)
§ Articolo 27 (Monitoraggio dei debiti delle
pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 29 (Attribuzione di risorse per
pagamenti dei debiti degli enti locali)
§ Articolo 30 (Debiti fuori bilancio inclusi
nei piani di riequilibrio finanziario pluriennale)
§ Articolo 31 (Finanziamento dei debiti
degli enti locali nei confronti delle società partecipate)
§ Articolo 32 (Incremento del Fondo per assicurare
la liquidità per pagamenti dei debiti)
§ Articolo 33 (Pagamento dei debiti dei
comuni in dissesto finanziario)
§ Articolo 34 (Pagamento dei debiti sanitari)
§ Articolo 35, commi 1-7 (Rispetto
dei tempi di pagamento dei debiti sanitari)
§ Articolo 35, comma 8 (Impignorabilità delle somme
destinate al Servizio sanitario nazionale)
§ Articolo 36 (Debiti dei Ministeri)
§ Articolo 37 (Strumenti per favorire la cessione dei crediti certificati)
§ Articolo 38 (Cessione dei crediti tramite piattaforma elettronica)
§ Articolo 38-bis (Semplificazione fiscale della cessione dei crediti)
§ Articolo 39 (Crediti compensabili)
§ Articolo 41 (Attestazione dei tempi di
pagamento)
§ Articolo 41-bis (Accelerazione dei
pagamenti alle imprese)
§ Articolo 42 (Registro delle fatture presso
le pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 43 (Anticipo certificazione conti
consuntivi enti locali)
§ Articolo 44 (Tempi di erogazione dei
trasferimenti fra pubbliche amministrazioni)
§ Articolo 45 (Ristrutturazione del debito
delle Regioni)
§ Articolo 45-bis (Anticipazioni di
liquidità a favore di EUR S.p.A.)
§ Articolo 46 (Concorso delle regioni e
delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica)
§ Articolo 48 (Edilizia scolastica)
§ Articolo 49 (Riaccertamento straordinario
residui)
§ Articolo 50, comma 1 (Riduzione della spesa per
beni e servizi nel bilancio dello Stato)
§ Articolo 50, comma 2 (Compensazioni tra capitoli)
§ Articolo 50, commi 3-4 (Riduzione
della spesa per beni e servizi degli enti finanziati dallo Stato)
§ Articolo 50, comma 6 (Fondo sgravi lavoratori
dipendenti)
§ Articolo 50, commi 7-9 e 10-10-bis (Copertura finanziaria)
§ Articolo 50, commi 9-bis e 9-ter (Trasferimento
di risorse per unioni e fusioni di comuni)
§ Articolo 50, commi 11-12 (Clausola
di salvaguardia - aumento delle accise)
§ Articolo 50, comma 12-bis (Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo)
§ Articolo 50-bis (Clausola di salvaguardia
autonomie speciali)
Articolo1,
commi 2-10 del disegno di legge di conversione
(Modifica di termini di delega previsti
dalla legge n. 196/2009)
I commi da 2 ad 10 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, intervengono su alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n.196 del 2009, il cui termine di esercizio è scaduto al 1 gennaio 2014, disponendo per due di essi un nuovo termine al 31 dicembre 2015 e per il terzo al 31 dicembre 2016. A tale fine, peraltro, i commi in esame non si limitano a modificare il termine, ma riformulano nel suo complesso la norma di delega, rinviando poi per i principi e criteri direttivi a quelli stabiliti dei rispettivi articoli della suddetta legge di contabilità.
In particolare il nuovo termine del 31 dicembre 2015 concerne:
§ la delega disposta dall’ articolo 40, comma 1, della legge di contabilità n. 196/2009 per il completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, con particolare riguardo alla riorganizzazione delle missioni e dei programmi di spesa: tale termine, attualmente fissato in quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge di contabilità (commi da 2 a 4);
§ il termine della delega per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e del potenziamento della funzione del bilancio di cassa, ferma rimanendo la redazione anche in termini di competenza, stabilito dall’ articolo 42, comma 1, della legge n. 196/2009 (commi da 5 a 7);
Il nuovo termine del 31 dicembre 2016 viene invece stabilito per l’adozione di un decreto legislativo recante un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, di cui all’ articolo 50 comma 1 della medesima legge di contabilità (commi da 8 a10).
Va segnalato –come sopra anticipato - che, a differenza di quanto viene di norma operato in caso di prolungamento dei termini di delega, le disposizioni in commento non intervengono espressamente sul testo dei predetti articoli della legge di contabilità, sostituendo con un nuovo termine quello attualmente previsto, ma recano una nuova disposizione di delega. Questa, peraltro, oltre a riproporre in termini identici la procedura di adozione dei decreti legislativi di attuazione già contenuta nella legge n. 196/2009, richiama espressamente i principi ed i criteri direttivi già previsti nei citati articolo 40, 42 e 50 della stessa legge, senza ulteriori modifiche od integrazioni dei medesimi.
Si tratta di una formulazione normativa che,
pur costituendo a tutti gli effetti una proroga di termini di delega, non
modifica espressamente le vigenti – ed ormai decorse – scadenze, come invece
risulterebbe opportuno. Tale considerazione verrebbe meno qualora le norme in
commento costituissero una nuova e diversa delega, ma, come sopra esposto, ciò
non sembra trovar riscontro nel contenuto delle stesse.
In particolare i commi da 2 a 4 stabiliscono che entro il 31 dicembre 2015, fermo restando quanto previsto in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche dall’articolo 2 della legge n.196/2009[1], il Governo adotti uno o più decreti legislativi per il completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato, con particolare riguardo alla riorganizzazione dei programmi spesa ed alla programmazione delle risorse, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 40, comma 2, della legge di contabilità[2].
Per quanto concerne i principi e criteri direttivi previsti dal comma 2 dell’articolo 40, gli stessi possono sinteticamente riepilogarsi nei seguenti.
§ revisione delle missioni, in funzione di una migliore correlazione tra missioni e ministeri ed enucleazione di missioni trasversali, nonché revisione dei programmi in modo da assicurare la corrispondenza univoca fra programma, risorse e strutture ad esso assegnate, evitando, ove possibile, la definizione di programmi condivisi tra più Ministeri, assicurando altresì l’affidamento di ciascun programma di spesa ad un unico centro di responsabilità amministrativa;
§ stanziamenti di programma coerenti con gli obiettivi e fonti di gettito chiaramente e univocamente individuabile per le voci di entrata;
§ definizione delle azioni quali componenti del programma e unità elementari di bilancio, per le voci di spesa e, inoltre, definizione della formulazione delle nuove autorizzazioni legislative di spesa (la formulazione deve evidenziare l’autorizzazione legislativa espressa in termini di finanziamento di uno specifico programma di spesa) e programmazione triennale delle risorse e degli obiettivi;
§ introduzione in via sperimentale di un bilancio di genere, per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito;
§ limiti alle spese del bilancio dello Stato, con l’introduzione di criteri e modalità per la fissazione di limiti per tutte le spese del bilancio dello Stato, ivi comprese, quindi, quelle non rimodulabili, tenendo conto, per queste ultime, delle relative peculiarità;
§ adozione di accordi triennali tra il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri, al fine di concordare gli obiettivi da conseguire nel triennio e i relativi tempi di attuazione;
§ affiancamento al sistema di contabilità finanziaria di un sistema di contabilità economico-patrimoniale funzionale alla verifica dei risultati conseguiti dalle amministrazioni;
§ previsione del conto riassuntivo del tesoro;
§ progressiva eliminazione delle contabilità speciali, con alcune eccezioni, nonché identificazione dei contributi speciali iscritti nel bilancio dello Stato e che risultano finalizzati agli obiettivi di cui all’articolo 119, comma 5, della Costituzione e destinati a regioni e ad enti locali.
Per quanto concerne la procedura per l’adozione dei decreti, i relativi schemi sono sottoposti all’esame delle Camere, da parte delle Commissioni competenti per materia, il cui parere deve essere reso entro 60 giorni, limitatamente agli stati di previsione di rispettivo interesse e per i profili finanziari. Oltre tale termine, nulla osta all’adozione dei decreti. Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi, ne ritrasmette i testi con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, rendendo le proprie comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Oltre il termine di ulteriori trenta giorni dalla nuova trasmissione dei testi, i decreti possono essere comunque adottati definitivamente dal Governo. Eventuali decreti correttivi vanno adottati entro due anni dall’entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega
I commi da 5 a 7 dispongono il medesimo termine del 31 dicembre 2015 per il riordino della disciplina per
la gestione del bilancio dello Stato e il potenziamento
della funzione del bilancio di cassa, ferma rimanendone la redazione
anche in termini di competenza, nel rispetto dei principi di delega recati dall’articolo
42, comma 1, della legge n. 196/2009, articolo che prevede il termine del
1° gennaio 2014[3] per la
analoga delega.
I principi e criteri di delega recati
da tale articolo possono riepilogarsi nei termini seguenti:
§ razionalizzazione della disciplina dell'accertamento delle entrate e dell'impegno delle spese, nonché di quella sulla formazione ed il regime contabile dei residui;
§ ai fini del potenziamento del ruolo del bilancio di cassa, previsione del raccordo, anche in appositi allegati, tra le autorizzazioni di cassa del bilancio statale e la gestione di tesoreria ed, ai fini del potenziamento del ruolo programmatorio del bilancio di cassa, previsione dell'obbligo, a carico del dirigente responsabile, di predisporre un piano finanziario (cd. crono-programma) che tenga conto della fase temporale di assunzione delle obbligazioni, sulla base del quale ordinare e pagare le spese;
§ previsione del sistema dei controlli preventivi di legittimità contabile e amministrativa dell'obbligazione assunta dal dirigente responsabile del pagamento, tenendo conto anche di quanto previsto in ordine dell’obbligo di predisposizione del crono-programma;
§ periodo transitorio per l’attuazione della nuova disciplina;
§ previsione della graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche delle disposizioni adottate in attuazione della delega ed in particolare di quelle adottate in attuazione dei criteri direttivi che impongono la razionalizzazione del regime contabile dei residui, l’obbligo di predisposizione da parte del dirigente responsabile del piano finanziario, la revisione del sistema dei controlli preventivi di legittimità contabile e amministrativa sull'obbligazione assunta dal dirigente responsabile.
Quanto alla procedura per l’esercizio della delega, pressoché identica a quella che si è esposta per i commi da 2 a 4, lo schema di decreto legislativo è trasmesso alle Camere e sottoposto all’esame da parte delle Commissioni competenti per materia, ai fini dell’espressione del parere che deve essere reso entro 60 giorni. Oltre tale termine, nulla osta all’adozione dei decreti. Qualora il termine per l'espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine finale per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni[4]. Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dalle Camere sul decreto, ne ritrasmette il testo con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, rendendo le proprie comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Oltre il termine di ulteriori trenta giorni dalla nuova trasmissione del testo, il decreto può essere comunque adottato definitivamente dal Governo. Entro dodici mesi dall’entrata in vigore dello stesso possono essere adottati decreti legislativi correttivi.
Infine, i commi da 8 a 10 recano una delega legislativa al Governo per l’adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria, da esercitarsi entro il 31 dicembre 2016, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dall’articolo 50, comma 2, della più volte citata legge di contabilità. Anche per tale articolo, il termine risulta stabilito al 1°gennaio 2014.
Tali principi e criteri sono in particolare:
§ la semplificazione e razionalizzazione dei
procedimenti amministrativi contabili, coordinando le disposizioni in materia
di responsabilità dei dirigenti; la riorganizzazione dei conti di tesoreria ed
il loro raccordo con gli schemi di classificazione del bilancio dello Stato;
§ la razionalizzazione della disciplina della tesoreria
unica; l’adeguamento della disciplina contabile e della normativa di finanza
pubblica in considerazione del potenziamento della funzione del bilancio di
cassa;
§ la modifica o l’abrogazione delle norme preesistenti
incompatibili con la legge di contabilità.
Lo
schema di decreto legislativo è inviato alla Camera e al Senato per
l’espressione, entro sessanta giorni, del parere da parte delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e, decorsi i
sessanta giorni, il decreto può essere comunque adottato. Il Governo,
nell’ipotesi in cui non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette
il testo alle Camere e rende comunicazioni in merito; decorsi trenta giorni, il
decreto può essere adottato in via definitiva, ed entro i dodici messi
successivi all’ entrata in vigore possono essere adottate disposizioni
integrative e correttive.
Va segnalato che un identico prolungamento dei termini di delega in esame – operato modificando espressamente i termini ora recati dagli articolo 40, 42 e 50 della legge n.196/2009 – è al momento contenuto nell’articolo 11 del disegno di legge recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -Legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre” in corso d’esame presso la Camera, A.C.1836-A.
Articolo 1,
comma 11 del disegno di legge di conversione
(Effetti finanziari recati dalla legge
delega fiscale)
Il comma 11 dell’articolo 1 del disegno di
legge di conversione riformula il
comma 1 dell’articolo 16 della legge 11 marzo 2014, n. 23, (cd. delega fiscale) e introduce un comma 1-bis, per
quanto concerne gli effetti finanziari.
In estrema sintesi la legge n. 23 del 2014 contiene una delega al governo per la revisione del catasto dei fabbricati, nonché in materia di evasione ed erosione fiscale; la disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale; il tutoraggio delle imprese, la semplificazione fiscale e la revisione del sistema sanzionatorio; la revisione del contenzioso e della riscossione degli enti locali; l'imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, nonché la razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e delle imposte indirette; la disciplina dei giochi pubblici; le nuove forme di fiscalità ambientale.
Il testo vigente dell’articolo 16, comma 1 dispone che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti.
In considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi attuativi e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, la relativa quantificazione è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.
Qualora eventuali nuovi o maggiori oneri derivanti da un decreto legislativo non trovino compensazione nell'ambito del medesimo decreto, il decreto è emanato solo successivamente alla data di entrata in vigore di un provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie.
La nuova formulazione del testo, dopo aver ribadito - al primo periodo -l’invarianza per la finanza pubblica, nonché della pressione fiscale complessiva, stabilisce che, a seguito della complessità della materia trattata e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari della legge delega, la relazione tecnica relativa a ciascuno schema di decreto legislativo dovrà evidenziare gli effetti sui saldi di finanza pubblica del medesimo.
Il comma 6 dell’articolo 1
della legge n. 23 del 2014 prevede che le relazioni tecniche allegate agli schemi di
decreto legislativo adottati ai sensi della delega indicano, per ogni ipotesi
di intervento, l'impatto sul gettito, gli effetti distributivi sui
contribuenti, le implicazioni in termini di finanza locale e gli aspetti
amministrativi e gestionali per il contribuente e per l'amministrazione.
Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009 ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.
A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il richiamato comma 2 dell’articolo 17 della legge di contabilità stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.
I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
Il comma 1-bis stabilisce che i decreti legislativi attuativi che recano maggiori oneri entrano in vigore contestualmente o successivamente a quei decreti attuativi che recano la necessaria copertura finanziaria.
In sostanza, la nuova formulazione dell’invarianza finanziaria della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) permette che uno schema di decreto legislativo attuativo recante maggiori oneri per la finanza pubblica possa essere esaminato dalle Commissioni parlamentari per l’emanazione del parere, ma entrerà in vigore nell’ordinamento contestualmente (o successivamente) all’entrata in vigore di un altro schema di decreto attuativo che invece genererà maggiori entrate per la finanza pubblica.
Alla fine la somma degli effetti finanziari di tutti i decreti attuativi della legge delega dovrà essere pari a zero, in quanto diversamente altererebbe in negativo i saldi della finanza pubblica, o finirebbe con l’aumentare la pressione fiscale complessiva a carico del contribuente.
Articolo 1
(Riduzione del cuneo fiscale per
lavoratori dipendenti e assimilati)
L’articolo 1, modificato al Senato dispone, limitatamente all’anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati; l’importo del credito è pari ad un importo di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Viene altresì disciplinata - al di fuori del TUIR - l’attribuzione del credito in parola agli aventi diritto da parte dei sostituti d’imposta.
Con la
circolare n. 8/E del 24 aprile 2014 l'Agenzia delle entrate
ha fornito i primi chiarimenti sul bonus fiscale
in parola, individuando i soggetti beneficiari dell'agevolazione e i sostituti
d'imposta tenuti all'erogazione del beneficio, per i quali sono definiti gli
adempimenti; sono chiarite inoltre le modalità di fruizione del bonus
da parte dei soggetti che non hanno sostituto d'imposta.
Ulteriori
precisazioni e chiarimenti sono stati forniti con la
circolare n. 9/E del 14 maggio 2014.
Le questioni affrontate da questa ultima circolare riguardano ulteriori
soggetti beneficiari, l’applicazione del credito da parte dei sostituti
d’imposta, il recupero del credito erogato e il coordinamento con altre misure
agevolative.
Più in dettaglio, il comma 1 prevede, al fine di ridurre la pressione fiscale e contributiva sul lavoro e nella prospettiva di una complessiva revisione del prelievo finalizzata alla riduzione strutturale del cuneo fiscale da attuarsi con la legge di stabilità 2015, l'inserimento di un nuovo comma 1-bis all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) dedicato alle altre detrazioni IRPEF.
Con l’inserimento del citato comma 1-bis si prevede pertanto il riconoscimento di un credito, che non concorre alla formazione del reddito, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e taluni redditi assimilati, in misura pari:
§ a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;
§ a 640 euro, per i redditi superiori a 24.000 euro ma non a 26.000 euro; il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.
L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il bonus, non costituendo retribuzione per il percettore, non incide sul calcolo IRAP dei soggetti eroganti.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato
precisato che l’intervento strutturale
- affidato alla legge di stabilità 2015 - dovrà prioritariamente prevedere interventi di natura fiscale che privilegino,
con misure appropriate, il carico di
famiglia e, in particolare, le famiglie
monoreddito con almeno due o più figli a carico.
Il credito pertanto si azzera per i redditi superiori a 26.000 euro. L’Agenzia delle entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha chiarito che il reddito complessivo rilevante ai fini dell’attribuzione del bonus in commento è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
Le norme attribuiscono tale credito ai titolari di redditi da lavoro dipendente (articolo 49 TUIR) escluso il reddito da pensione e gli assegni equiparati (indicati al comma 2, lettera a) dell’articolo 49).
Il credito spetta altresì ai percettori delle seguenti tipologie di somme, assimilate ai redditi da lavoro dipendente(redditi di cui all'articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) TUIR):
§ compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a));
§ indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b));
§ somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c));
§ redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera c-bis));
§ remunerazioni dei sacerdoti (lettera d));
§ prestazioni pensionistiche complementari, di cui al d.lgs. n. 124 del 1993 comunque erogate (lettera h-bis));
§ compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l));
La richiamata circolare n. 9/E dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che il suddetto bonus spetta anche ai soggetti non residenti, al ricorrere dei presupposti stabiliti dall’introdotto comma 1-bis; il credito non spetta, comunque, nell’ipotesi in cui il reddito di lavoro non sia imponibile in Italia per effetto dell’applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali. Al ricorrere dei presupposti di legge, dunque, il credito spetta anche dai lavoratori che percepiscono somme a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione, in quanto essi costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell’articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti.
Il credito spetta ai soggetti percettori dei suddetti redditi la cui imposta lorda risulta maggiore della detrazione spettante per reddito di lavoro dipendente e assimilati, come modificate dalla legge di stabilità 2014 (per la determinazione di dette detrazioni, il reddito complessivo va assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze).
L’Agenzia delle Entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha chiarito che ai fini della percezione del bonus in esame non rileva la circostanza che l’imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall’art. 13, comma 1, del TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall’articolo 12 del TUIR.
Si ricorda che l’importo delle detrazioni per lavoro dipendente è stato modificato dall’art. 1, comma 127, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014). Rispetto alle norme previgenti è stato innalzato l’importo della detrazione spettante anche per i redditi non superiori a 8.000 euro e sono stati rimodulati sia gli importi delle detrazioni, sia le fasce di reddito per cui esse spettano. Più in dettaglio:
§ l’importo della detrazione spettante per redditi non superiori a 8.000 euro viene innalzato a 1.880 euro (dai previgenti 1.840 euro);
§ viene rimodulata la seconda fascia di reddito considerata ai fini della detrazione, nonché il relativo importo. L’importo della detrazione spettante infatti per redditi superiori a 8.000 euro, ma non superiori a 28.000 euro (in luogo degli originari 15.000) è rideterminato in 978 euro (anziché gli originari 1.338 euro), aumentato del prodotto tra 902 euro (prima 502 euro) e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 (e non più 15.000 euro) diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro (in precedenza 7.000 euro);
§ viene rimodulata anche la terza fascia di reddito considerata ai fini della detrazione. Si tratta dei redditi compresi tra 28.001 e 55.000 euro (anziché 15.001 e 55.000) e la detrazione ammonta a 978 euro (anziché a 1.338 euro). La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 27.000 euro (anziché 40.000).
La legge di stabilità ha inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 13 del T.U.I.R., che aumentava l’entità delle detrazioni previste dalla sopra citata lettera c) dell’articolo 13 del T.U.I.R., relativamente a fasce di redditi individuati tra 23.000 euro 28.000 euro. Conseguentemente a tale modifica, vengono eliminati i fattori che rendevano le aliquote marginali effettive più elevate nello scaglione immediatamente successivo a 28.000 rispetto a quello superiore.
L'intervento normativo in esame, che ai sensi del comma 3 si applica per il solo periodo di imposta 2014, viene adottato - in attesa di un intervento di carattere strutturale che dovrebbe essere attuato successivamente con la legge di stabilità per l'anno 2015 - utilizzando la dotazione di un apposito fondo costituito ai sensi dell’articolo 50, comma 6 del provvedimento.
La richiamata norma istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con la seguente dotazione:
§ 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;
§ 4.680 milioni di euro per l’anno 2016;
§ 4.135 milioni di euro per l’anno 2017;
§ 1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
Sono dunque esclusi dal credito:
§ i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi da lavoro dipendente e assimilati specificati supra (introdotto articolo 13, comma 1-bis TUIR);
§ i contribuenti che non hanno un’imposta lorda (generata da redditi specificati al comma 1-bis) superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’articolo 13, comma 1, del TUIR;
§ i contribuenti che, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, sono titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 3 del TUIR, per la formazione del reddito complessivo sono esclusi dalla base imponibile:
a) i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;
b) gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria;
d) gli assegni familiari e l'assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge;
d-bis) la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall'articolo 1 della L. 29 dicembre 1988, n. 544;
d-ter) le somme corrisposte a titolo di borsa di studio dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali.
L’Agenzia delle entrate (circolare 9/E, paragrafo 2.5) ha specificato che i redditi assoggettati a cedolare secca devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini della verifica della spettanza del bonus. Ciò in virtù di quanto disposto dall’articolo 3, comma 7 del D.Lgs. n. 23 del 2011, secondo cui quando le disposizioni vigenti fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.
Infine (paragrafo 3 della menzionata circolare 9/E) le Entrate hanno chiarito che il reddito percepito come contratto di produttività, nel limite massimo di 3.000 euro (assoggettato a tassazione sostitutiva) non deve invece essere computato nel reddito complessivo ai fini del calcolo della soglia dei 26.000 euro. La specifica disciplina dell’istituto (articolo 2, comma 2, del D.L. n. 93 del 2008) stabilisce infatti che i predetti redditi non concorrono ai fini fiscali alla formazione del reddito complessivo del percipiente entro il limite massimo di 3.000 euro.
Il comma 2 specifica che il credito in esame deve essere rapportato con riferimento al periodo di lavoro effettuato nell’anno.
Come precisa l’Agenzia delle entrate, il credito deve dunque essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all’anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell’anno. Il calcolo del periodo di lavoro nell’anno 2014 va effettuato tenendo conto delle ordinarie regole applicabili a ciascuna tipologia di reddito beneficiaria, non prevedendo il decreto delle deroghe a tal riguardo.
I commi 4 e 5 disciplinano in termini operativi le modalità di riconoscimento del credito introdotto dall’articolo 13, comma 1-bis, del TUIR. Tale disciplina viene recata al di fuori del TUIR.
Più in dettaglio, il comma 4, stante l’entrata in vigore della norma in esame nel corso del periodo d’imposta, prevede per l’anno 2014 che il credito eventualmente spettante sia attribuito dai sostituti d’imposta ripartendone il relativo ammontare sulle retribuzioni erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. In altre parole, il sostituto d’imposta provvede a determinare l’importo del credito in esame suddividendone l'ammontare sui restanti periodi di paga.
A seguito delle modifiche apportate al Senato, si stabilisce che il credito è riconosciuto in automatico dai sostituti di imposta che, pertanto, possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari.
Il credito dunque è attribuito dalla retribuzione relativa al mese di maggio.
La formulazione originaria della norma in esame disponeva l’automatico riconoscimento del bonus da parte di quei sostituti d’imposta esplicitamente individuati dagli articoli 23 e 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Con la modifica in esame, l’automatico riconoscimento del bonus è effettuato da tutti i soggetti che operano in qualità di sostituti d’imposta, tra cui – ad esempio – le amministrazioni degli enti locali.
La citata circolare n. 9/E chiarisce che i contribuenti che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio, sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti da corrispondere nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Nei casi in cui un soggetto sia titolare di redditi di lavoro derivanti da più rapporti di lavoro, il lavoratore è tenuto a chiedere a uno dei due sostituti d’imposta di non riconoscere il credito. In tal modo, il credito sarà riconosciuto da un solo sostituto d’imposta.
Ai sensi del comma 5, quanto alle modalità di attribuzione del credito, il sostituto d’imposta determina in via previsionale l’ammontare del credito eventualmente spettante e riconosce tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo ai periodi di paga medesimi.
In particolare, il sostituto d’imposta utilizza, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali non si procede al versamento della quota determinata ai sensi delle norme in commento. Rimangono ferme le aliquote di computo delle prestazioni.
Rientrano nell’ammontare complessivo utilizzabile, a titolo di esempio, le ritenute relative all’IRPEF, alle addizionali regionale e comunale nonché le ritenute relative all’imposta sostitutiva sui premi di produttività o al contributo di solidarietà.
Di conseguenza, in caso di incapienza del monte ritenute tale da non consentire l’erogazione nello stesso periodo di paga a tutti i percipienti che ne hanno diritto, è previsto che il sostituto d’imposta utilizzi, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, i quali non devono quindi essere versati.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito che i contributi utilizzati per l’erogazione del credito di cui all’articolo 13,comma 1-bis in esame, determinati dall’incapienza del monte ritenute e non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, sono scomputati dall’INPS dall’ammontare delle ritenute da versare mensilmente all’Erario nella sua qualità di sostituto d’imposta.
Per effetti delle modifiche apportate al Senato, le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di bonus sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali possono recuperarle anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali. In tale ipotesi si propone che l'INPS e gli altri enti gestori di forme di previdenza obbligatorie recuperino i contributi non versati rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario.
Viene dunque eliminato l’obbligo, per i sostituiti d’imposta, di indicare l’importo del credito riconosciuto nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).
E’ conseguentemente soppressa la disposizione di cui all’originario comma 6, ai sensi del quale l’INPS sarebbe stato tenuto a recuperare i contributi di cui al comma precedente non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all’erario nella sua qualità di sostituto d’imposta.
Infine il comma 7 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, in relazione alla effettiva modalità di fruizione del credito in parola, le necessarie variazioni di bilancio compensative al fine di consentirne la corretta rappresentazione contabile.
Si ricorda che l’Agenzia delle entrate ha precisato altresì le modalità di attribuzione del bonus ai soggetti titolari di redditi eleggibili, le cui remunerazioni sono tuttavia erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica. Essi possono richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, secondo modalità che saranno specificate nei modelli delle dichiarazioni dei redditi, e, conseguentemente, utilizzarlo in compensazione ovvero richiederlo a rimborso.
La possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi si applica anche ai contribuenti per i quali il credito in commento, spettante per l’anno d’imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d'imposta (ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio).
Documenti
all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio
rapporti con l’Unione Europea)
Il 2 giugno 2014 la Commissione europea ha presentato, nell'ambito della procedura del semestre europeo, le raccomandazioni specifiche per ciascun Paese dell'UE sui rispettivi Piani nazionali di riforma e sui Programmi di stabilità.
Le raccomandazioni saranno discusse dal Consiglio europeo del 26-27 giugno e adottate formalmente l'8 luglio dal Consiglio ECOFIN. Spetterà poi agli Stati membri metterle in atto integrandole nell'elaborazione dei bilanci nazionali e delle politiche pubbliche correlate per il 2015.
La Commissione valuterà quindi i progressi realizzati nella prossima analisi annuale della crescita, che dovrebbe essere pubblicata entro la fine del 2014.
Con riferimento alla fiscalità, la Commissione raccomanda all’Italia di:
§ trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all'ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio;
§ valutare l'efficacia della recente riduzione del cuneo fiscale (oggetto del presente decreto legge) assicurandone il finanziamento per il 2015;
§ vagliare l'adeguamento delle accise sul diesel a quelle sulla benzina, eliminando le sovvenzioni dannose per l'ambiente;
§ attuare la legge delega sulla riforma fiscale entro marzo 2015, in particolare approvando i decreti che riformano il sistema catastale al fine di garantire l'efficacia della riforma sulla tassazione dei beni immobili;
§ modernizzare l’amministrazione fiscale, semplificando le procedure, e migliorando il recupero dei debiti fiscali;
§ perseverare nella lotta all'evasione fiscale e adottare misure aggiuntive per contrastare l'economia sommersa e il lavoro irregolare.
Articolo 2
(Disposizioni
in materia di IRAP)
L’articolo 2 – non modificato - riduce, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, le aliquote dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) applicabili ai diversi soggetti passivi del tributo. Rimangono esclusi amministrazioni ed enti pubblici.
Più in dettaglio, il comma 1 - mediante una serie di modifiche al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell'IRAP - prevede una riduzione (generalizzata) della misura delle aliquote base a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013.
La lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 16, comma 1, riducendo dal 3,9 per cento al 3,50 per cento l’aliquota applicabile, in via ordinaria, dalla generalità dei soggetti passivi IRAP.
La lettera b) reca una serie di modifiche al comma 1-bis dello stesso articolo 16, finalizzate a ridurre:
§ dal 4,20 per cento al 3,80 per cento l’aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;
§ dal 4,65 per cento al 4,20 per cento l’aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
§ dal 5,90 per cento al 5,30 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione che determinano il valore della produzione.
La lettera c), con una novella apportata all’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, provvede infine a ridurre dall’1,9 per cento al 1,70 per cento l’aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.
Rimane invece inalterata l'aliquota (pari all’8,5 per cento) delle Amministrazioni pubbliche individuata dall’articolo 16, comma 2, concernente i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del medesimo decreto, relativamente al valore prodotto nell'esercizio di attività non commerciali.
Si tratta in particolare delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, delle amministrazioni della Camera, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale, per i quali continua ad applicarsi l'aliquota nella misura dell’8,5 per cento.
Ai sensi del comma 2, in sede di determinazione dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 con il metodo previsionale, in luogo delle aliquote novellate, si applicano le aliquote ridotte (intermedie) come segue:
§ l’aliquota applicabile in via ordinaria dalla generalità dei soggetti passivi è pari al 3,75 per cento;
§ l’aliquota applicabile da società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche è pari al 4,00 per cento;
§ l’aliquota applicabile da banche e altri soggetti finanziari è pari al 4,50 per cento;
§ l’aliquota applicabile da imprese di assicurazione è pari al 5,70 per cento;
§ l’aliquota applicabile da soggetti che operano nel settore agricolo e cooperative di piccola pesca e loro consorzi è pari all'1,80 per cento.
Il comma 3 - novellando il comma 3 del citato articolo 16 - riduce la forbice entro la quale le regioni possono variare l'aliquota IRAP disponendo, in particolare, che tale variazione può arrivare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali, in luogo di un punto percentuale. Tale variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
La Relazione governativa chiarisce che tale disposizione conferma, per via normativa, il limite massimo entro cui le regioni possono incrementare le misure delle aliquote base a 0,92 punti percentuali, misura attualmente adottata in ragione della risoluzione ministeriale 10 dicembre 2008, n. 13/DF.
Ai sensi del comma 4 le aliquote IRAP vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora variate ai sensi del citato articolo 16, comma 3, oppure per effetto dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (che consente a decorrere dall'anno 2013 alle regioni a statuto ordinario, con propria legge, di ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle) sono rideterminate applicando le variazioni adottate alle aliquote previste dal comma 1 in esame.
Articolo 3
(Disposizioni
in materia di redditi di natura finanziaria)
L’articolo 3 aumenta le ritenute e le imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20 al 26 per cento. Si ricorda che la misura del 20 per cento era stata fissata dal decreto-legge n. 138 del 2011, mentre l’aliquota precedente era pari al 12,50 per cento.
Si ricorda in estrema sintesi che i commi da 6 a 12 dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, hanno introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria al fine di unificare le precedenti aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della norma, e continuano pertanto ad essere tassati ad una aliquota del 12,50 per cento, i titoli di Stato ed equiparati (ivi inclusi i proventi dei pronti contro termine sui titoli pubblici), i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine e le forme di previdenza complementare (fondi pensione, anche esteri, cui si applica l’aliquota ridotta dell’11 per cento).
Con tre decreti
del 13 dicembre 2011 (G.U. 292 del 16 dicembre 2011), il
Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato la disciplina attuativa della riforma e le modalità di esercizio della
opzione per l'affrancamento delle
plusvalenze latenti in modo che la nuova aliquota del 20 per cento incida
solo sulle plusvalenze maturate successivamente al 31 dicembre 2011.
La nuova aliquota si applica quindi sui redditi da capitale (interessi, premi e ogni altro provento di natura finanziaria) di cui all'articolo 44, e sui redditi diversi (plusvalenze da cessione di azioni e ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società, ad esclusione delle partecipazioni qualificate, ovvero da altre cessioni) di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Tuir,
I commi 2 ed 3 recano una serie di fattispecie di esclusione dall'ambito di applicazione della norma in esame.
Il comma 2 reca le medesime esclusioni introdotte dalla riforma del 2011 sopra richiamata (ad eccezione dei piani di risparmio a lungo termine, mai disciplinati dal legislatore) e, in particolare:
a) titoli del debito pubblico, buoni postali di risparmio, cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazione statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, province e comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l' esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio (di cui all'articolo 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601);
b) obbligazioni emesse dagli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, inclusi nella lista di cui al D.M. 4 settembre 1996, emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del Tuir (cd. Stati white list);
c) titoli di risparmio per l'economia meridionale introdotti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70.
Si tratta di specifici titoli di risparmio per l’economia meridionale che possono essere emessi da parte di banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia, in osservanza delle previsioni del TUB. In particolare, le banche autorizzate ad operare in Italia possono emettere i titoli a condizione che: siano strumenti finanziari con scadenza non inferiore a 18 mesi; non siano subordinati; corrispondano interessi con periodicità almeno annuale; siano sottoscritti da persone fisiche non esercenti attività di impresa; non siano computabili nel patrimonio di vigilanza dell'emittente. In presenza dei requisiti di cui sopra i Titoli saranno assoggettati ad un regime fiscale agevolato (aliquota sui redditi di capitale pari al 5 per cento).
Anche il comma 3 riproduce le ulteriori ipotesi di esclusione introdotte dal comma 8 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011:
§ taluni interessi comunitari, cui si applica una ritenuta del 5 per cento, corrisposti a soggetti non residenti a condizione che riguardino prestiti obbligazionari negoziati in mercati regolamentati e garantiti dalle società che corrispondono gli interessi (ai sensi del comma 8-bis dell'articolo 26-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);
§ dividendi percepiti da società ed enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati white list, cui si applica una ritenuta dell’1,375 per cento, (di cui all'articolo 27, comma 3, secondo periodo, e comma 3-ter, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);
§ fondi pensione, cui si applica un’aliquota dell’11 per cento, (forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252).
Ai sensi del comma 4 - con una norma di analogo tenore al comma 13, lettera c) dell’articolo 2, del decreto-legge n. 138 - viene ridotto il diritto al rimborso dell’imposta (da un quarto a undici ventiseiesimi della ritenuta) per i soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi pensione e dalle società ed enti soggetti ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione europea, che dimostrino di aver pagato all’estero in via definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero. A tal fine è novellato l'articolo 27, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 concernente la ritenuta sui dividendi.
Il comma 5 interviene sull’applicazione delle imposte sostitutive - previste dagli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 - nei vari regimi di tassazione del risparmio (dichiarativo, amministrato e gestito) sui redditi di natura finanziaria cui continua ad applicarsi l’aliquota del 12,50 per cento.
Secondo quanto evidenziato dalla Relazione, poiché l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicata in tali regimi è quella del 26 per cento, mentre quella relativa ai redditi derivanti da obbligazioni e altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 - e ai titoli ad essi equiparati - e da obbligazioni emesse da Stati esteri inclusi nella cosiddetta white list resta al 12,50 per cento, occorre assicurare tale minore tassazione in sede di determinazione delle basi imponibili, computando i relativi redditi, nella misura del 48,08 per cento del loro ammontare.
In particolare la lettera a) modifica il comma 2 dell'articolo 5, con il quale viene disciplinata l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi (di cui alle lettere da c-bis a c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 81, ora articolo 67) del TUIR. Si ricorda che tale imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, di titoli o strumenti finanziari e di contratti, non qualificati.
Il testo in esame modifica l’ultimo periodo del comma 2 (aggiunto dal comma 19 del più volte citato articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011) prevedendo che i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di Stato ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella c.d. white list sono computati nella misura del 48,08 (anziché del 62,5) per cento dell'ammontare realizzato.
Di tenore del tutto analogo la modifica al comma 1 dell'articolo 6 apportata dalla lettera b) e la modifica al comma 4 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 apportata dalla lettera c).
L'articolo 6 disciplina al
comma 1 la facoltà per il contribuente di optare per l'applicazione
dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5 su ciascuna delle plusvalenze
realizzate, con esclusione di quelle relative a depositi in valuta, a
condizione che i titoli, quote o certificati siano in custodia o in
amministrazione presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri
soggetti individuati.
L’articolo 7 disciplina
l'imposta sostitutiva sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio.
I commi da 6 a 14 disciplinano la decorrenza dell'applicazione della nuova aliquota.
Ai sensi del comma 6 la nuova misura dell'aliquota si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014.
I successivi commi specificano i criteri di prima applicazione della nuova normativa. In particolare, il comma 7 dispone che:
§ per i dividendi e altri utili da partecipazione, la nuova aliquota opera su dividendi e utili percepiti dal 1° luglio 2014;
§ per gli interessi ed i proventi derivanti da depositi e conti correnti, bancari o postali, nonché per quelli da obbligazioni o titoli similari (di cui all’articolo 26 del D.P.R. n. 600 del 1973), l’applicabilità della nuova aliquota opera sui proventi maturati dal 1° luglio 2014.
Sotto il profilo coordinamento con la legislazione vigente, si segnala
che occorrerebbe modificare le aliquote contenute nel predetto articolo 26 del
D.P.R. n. 600 del 1973 (già modificate dal decreto-legge n. 138 del 2011).
Ai sensi del comma 8, con riferimento ai redditi derivanti da obbligazioni o titoli similari, soggetti all’imposta sostitutiva (di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239), la nuova aliquota del 26 per cento si applica agli interessi, premi e ogni altro provento delle obbligazioni e titoli similari, ed equiparati, emessi in Italia, percepiti da soggetti residenti nel territorio dello Stato (di cui all’articolo 44 del TUIR) maturati a partire dal 1° luglio 2014.
Il comma 9 reca disposizioni transitorie ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 8, sostanzialmente prevedendo che gli intermediari provvedano ad effettuare addebiti e accrediti del conto unico:
§ alla data del 30 giugno 2014, per le obbligazioni e titoli similari senza cedola o con cedola avente scadenza non inferiore a un anno dalla data del 30 giugno 2014;
§ ovvero, in occasione della scadenza della cedola o della cessione o rimborso del titolo, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti.
Per i titoli espressi in valuta estera si tiene conto del valore del cambio alla data del 30 giugno 2014.
Si ricorda che gli intermediari interessati dalla norma sono, ai sensi dell'articolo
2, comma 2, del D.Lgs. n. 239 del 1996 le banche, le società di intermediazione
mobiliare, le società fiduciarie, gli agenti di cambio e altri soggetti
espressamente indicati in appositi D.M., residenti in Italia, che comunque
intervengono nella riscossione degli interessi, premi ed altri frutti ovvero,
anche in qualità di acquirenti, nei trasferimenti dei titoli.
I suddetti intermediari istituiscono un «conto unico» destinato ad accogliere le
seguenti registrazioni relative ad operazioni effettuate per conto o a favore
dei soggetti sottoposti a tassazione:
a)
accredito
dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata all'importo degli
interessi, premi o altri frutti scaduti, nonché alla differenza tra la somma
corrisposta alla scadenza ed il prezzo di emissione dei titoli;
b)
accredito
dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata ai redditi di cui alla
lettera a) riconosciuti al venditore nel corrispettivo, sia in modo esplicito
che implicito;
c)
addebito
dell'ammontare dell'imposta sostitutiva commisurata ai redditi di cui alla
lettera a) riconosciuti dall'acquirente nel corrispettivo, sia in modo
esplicito che implicito.
Il comma 10 disciplina l'applicazione della nuova normativa relativamente ai proventi di cui all’articolo 44, comma 1, lett. g-bis), del TUIR (proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute). In particolare si prevede che la nuova aliquota si applichi dal giorno successivo alla data di scadenza del contratto di pronti contro termine stipulato anteriormente al 1° luglio 2014 e avente durata non superiore a 12 mesi.
Per quanto concerne i redditi di cui all’articolo 44, comma 1, lett. g-quater), del Tuir - riferibili ai capitali percepiti in forza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione - e g-quinquies) - riferibili ai rendimenti delle prestazioni pensionistiche erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale - sottoscritti fino al 30 giugno 2014, il comma 11 prevede che la nuova misura dell'aliquota si applichi sulla parte dei predetti redditi maturati a decorrere dal 1 luglio 2014.
Il comma 12, per i proventi derivanti dalla gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti (di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR), per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi (di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR) e per i redditi diversi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, prevede che la nuova aliquota del 26 per cento si applichi sui proventi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014, in sede di rimborso, cessione o liquidazione delle quote o azioni. Sui proventi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 e riferibili ad importi maturati al 30 giugno 2014 si applica l’aliquota del 20 per cento.
Il comma 13 reca disposizioni in materia di minusvalenze e plusvalenze derivanti dai redditi diversi di cui al citato articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR (cd. compensazione verticale).
In particolare la norma consente di portare in deduzione dalle future plusvalenze e dagli altri redditi diversi le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi:
a) per una quota pari al 48,08 per cento, se sono realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011;
b) per una quota pari al 76,92 per cento, se sono realizzati dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014.
La disposizione fa comunque salvi i limiti temporali di deduzione previsti dall'articolo 68, comma 5, del TUIR e dall'articolo 6, comma 5, del D.Lgs. n. 461 del 1997, i quali prevedono che se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.
Ai sensi del comma 14, per quanto concerne le gestioni individuali di portafoglio (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 sulla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi), l'aliquota del 26 per cento si applica sui risultati maturati a partire dal 1° luglio 2014 (cd. criterio della maturazione).
La norma prevede altresì che dai risultati di gestione maturati a decorrere dal 1° luglio 2014 vanno portati in deduzione:
§ i risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 e non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 48,08 per cento del loro ammontare;
§ i risultati negativi di gestione rilevati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 30 giugno 2014, non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare.
Si stabilisce, inoltre, che, fermi restando i limiti temporali di utilizzo dei risultati negativi di gestione, l’imposta sostitutiva sul risultato maturato al 30 giugno 2014 va versata nel termine ordinario.
Si ricorda, in estrema sintesi, che ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 i soggetti che hanno conferito a un soggetto abilitato l'incarico di gestire masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, possono optare, con riferimento ai redditi di capitale e diversi che concorrono alla determinazione del risultato della gestione, per l'applicazione di una imposta sostitutiva.
Il contribuente può optare mediante comunicazione sottoscritta rilasciata al soggetto gestore all'atto della stipula del contratto e, nel caso dei rapporti in essere, anteriormente all'inizio del periodo d'imposta. L'opzione ha effetto per il periodo d'imposta e può essere revocata solo entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Qualora sia stata esercitata l'opzione, i redditi che concorrono a formare il risultato della gestione non sono soggetti alle imposte sui redditi.
Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, aumentato dei prelievi e diminuito di conferimenti effettuati nell'anno, i redditi maturati nel periodo e soggetti a ritenuta, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta maturati nel periodo, i proventi derivanti da fondi comuni di investimento immobiliare, il 60 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, ed il valore del patrimonio stesso all'inizio dell'anno. Il risultato è computato al netto degli oneri e delle commissioni relative al patrimonio gestito.
L'imposta sostitutiva è prelevata dal soggetto gestore ed è versata al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato entro il 16 febbraio di ciascun anno.
Il comma 15 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2014, per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR, in luogo del costo o valore di acquisto, o del valore determinato ai sensi dell’articolo 14, comma 6, del D.Lgs. n. 461 del 1997 o dell'articolo 2, commi 29 e seguenti, del decreto-legge n. 138 del 2011, il contribuente può assumere il valore alla data del 30 giugno 2014.
Il comma 6 dell'articolo 14 citato prevede in sintesi
che, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, per le
partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del decreto, in luogo
del costo o valore di acquisto, può essere assunto:
a)
nel caso dei
titoli, quote o diritti, negoziati in mercati regolamentati italiani, indicati
nella citata lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR, nel
testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente
decreto, il valore risultante dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso
i medesimi mercati regolamentati nel mese precedente alla predetta data;
b)
nel caso dei
titoli, quote o diritti, negoziati in mercati regolamentati, indicati nella
stessa lettera c) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR, nel testo vigente
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché dei
titoli, quote o diritti, negoziati esclusivamente in mercati regolamentati
esteri, indicati nella lettera c-bis) del comma 1, il valore risultante
dalla media aritmetica dei prezzi rilevati presso i medesimi mercati
regolamentati nel mese precedente alla predetta data, a condizione che le
plusvalenze comprese nel predetto valore siano assoggettate ad imposta
sostitutiva;
c)
nel caso dei
titoli, quote o diritti non negoziati in mercati regolamentati il valore alla
predetta data della frazione del patrimonio netto della società, associazione
od ente rappresentata da tali titoli, quote e diritti, determinato sulla base
delle risultanze dell'ultimo bilancio approvato anteriormente alla medesima
data, a condizione che le plusvalenze comprese nel predetto valore siano
assoggettate ad imposta sostitutiva.
Per quanto concerne i commi da 29 a 34 dell'articolo 2
del decreto-legge n. 138 del 2011, questi recano disposizioni in materia di
minusvalenze e plusvalenze i cui contenuti sono in parte ripresi dalla norma in
esame.
Per effettuare detto affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze latenti al 30 giugno 2014 è necessario che il contribuente:
a) opti per la determinazione al 30 giugno 2014 delle plusvalenze, delle minusvalenze e dei proventi in commento, escluse quelle derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio;
b) effettui il versamento dell’imposta sostitutiva eventualmente dovuta nella misura del 20 per cento.
Pertanto, ai fini dell'applicazione della predetta disposizione, il comma 16 distingue l'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi (di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 461 del 1997) dall’applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (di cui all’articolo 6 dello stesso D.Lgs.). In particolare:
§ nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi l’opzione si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti al 30 giugno 2014. In tal caso l’imposta sostitutiva viene corrisposta entro il 16 novembre 2014;
§ nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato, l'opzione è resa mediante comunicazione all'intermediario entro il 30 settembre 2014 e si estende a tutti i titoli, quote o certificati inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione posseduti al 30 giugno 2014 nonché alla data di esercizio dell'opzione. In tal caso l’imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 novembre 2014, ricevendone provvista dal contribuente.
Ai sensi del comma 17 le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi derivanti dall’esercizio delle opzioni illustrate sono quindi portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi, realizzati successivamente al 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare, ovvero per una quota pari al 48,08 per cento qualora si tratti di minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011 e non compensate in sede di applicazione dell’imposta.
Il comma 18 prevede infine che ai titoli pubblici (obbligazioni e altri titoli di cui all’articolo 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 e obbligazioni emesse da altri Stati c.d. white list) indicati nel comma 2, lettere a) e b) dell’articolo in esame non si applicano le disposizioni in materia di affrancamento recate dai precedenti commi 15 e 17, non essendo essi soggetti ad incremento del livello di tassazione del prelievo a monte.
Articolo 4,
commi 1-10
(Norme
di coordinamento in tema di rendite finanziarie)
L’articolo 4 ai commi da 1 a 10 reca una serie di disposizioni di coordinamento in ordine all'applicazione di quanto previsto dal precedente articolo 3 in materia di tassazione dei rendimenti degli strumenti finanziari.
Più in dettaglio, il comma 1 prevede che le disposizioni recate dal precedente articolo 3 hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2014.
Esso specifica altresì, ai fini dell’applicazione di tali disposizioni, che rilevano, in quanto compatibili, i decreti del Ministro dell’economia e delle finanze 13 dicembre 2011, emanati ai sensi dell’articolo 2, commi 13, lettera b), 23, 26 e 34 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, nonché le eventuali integrazioni degli stessi disposte con successivi decreti.
Si tratta dei seguenti decreti emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze il 13 dicembre 2011 (pubblicati nella Gazz. Uff. 16 dicembre 2011, n. 292):
§ Modalità di esercizio della opzione per l'affrancamento delle plusvalenze latenti;
§ Modalità di svolgimento delle operazioni di addebito e di accredito del conto unico;
§ Determinazione della quota dei proventi e di redditi derivanti rispettivamente dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio e dai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione riferibili alle obbligazioni ed altri titoli pubblici.
Il comma 2 elimina l’obbligo per gli intermediari residenti, previsto dal comma 2 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, di assoggettare a ritenuta o imposta sostitutiva i redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria, mentre il comma 3 elimina gli obblighi di comunicazione nel caso di quote o azioni collocate all'estero previsti dagli ultimi due periodi del comma 4 dell’articolo 13 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 44, di attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi.
Il comma 2 dell'articolo 4 del citato decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 - introdotto dall’articolo 9 della legge europea 2013 (L. n. 97/2013) - prevede che redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi dagli intermediari residenti, ai quali gli investimenti e le attività sono affidate in gestione, custodia o amministrazione o nei casi in cui intervengano nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi. La ritenuta trova altresì applicazione per i redditi di capitale indicati nell'articolo 44, comma 1, lettera a), del TUIR derivanti da mutui, depositi e conti correnti, diversi da quelli bancari, nonché per i redditi di capitale indicati nel comma 1, lettere c), d) ed h), del citato articolo 44. Per i redditi diversi indicati nell'articolo 67 del medesimo testo unico, derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività finanziarie di cui al primo periodo, che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente, gli intermediari residenti applicano una ritenuta sulla parte imponibile dei redditi corrisposti per il loro tramite.
L’eliminazione di tale adempimento implicherà la necessità che i contribuenti provvedano ad indicare nella dichiarazione annuale (quadro RW) le attività finanziarie da cui derivano detti flussi di reddito. Si rammenta in proposito che la norma era stata di fatto sospesa nella sua operatività da parte del direttore dell’Agenzia delle entrate con provvedimento del 19 febbraio 2014 e che il Ministero dell’economia e delle finanze aveva espresso, con comunicato stampa del 19 febbraio, n. 46, l’intenzione di abrogare la norma (citato articolo 9, legge europea 2013, L. n. 97/2013) in quanto considerata superata dal mutato contesto internazionale caratterizzato da un rete sempre più fitta di strumenti che provvedono allo scambio automatico di informazioni.
L'articolo 13 del decreto legislativo n. 44 del 2014 reca modifiche alla disciplina dei fondi immobiliari esteri. Il comma 4 in particolare prevede che nel caso di quote o azioni collocate all'estero, o quando comunque i relativi proventi siano conseguiti all'estero, si applica la ritenuta del 20 per cento dai soggetti che intervengono nella loro riscossione. Gli ultimi due periodi (di cui il comma 3 dispone la soppressione) prevedono che:
§
il contribuente
debba fornire i dati utili ai fini della determinazione della base imponibile;
§
qualora tali
informazioni non vengano fornite il sostituto d'imposta deve applicare la
ritenuta sull'intero importo del flusso messo in pagamento.
Il comma 4 aggiunge un nuovo comma 5-bis all’articolo 26-quinquies del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, diretto a disciplinare l’applicazione di una ritenuta del 20 per cento sui redditi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani e lussemburghesi storici. In particolare, con l'aggiunta apportata dalla norma in esame si prevede che detta ritenuta non si applichi sui proventi spettanti alle imprese di assicurazione e relativi a quote o azioni comprese negli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.
La norma deriverebbe dalla necessità di evitare ulteriori anticipi di imposta sui predetti proventi rispetto a quelli che le compagnie di assicurazioni già subiscono.
L’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, prevede che le assicurazioni versino ogni anno un’imposta pari allo 0,45 per cento delle riserve matematiche dei rami vita, che è recuperata quando vengono erogate le prestazioni all’assicurato, nei limiti delle ritenute e imposte sostitutive applicate su tali prestazioni o dopo 5 anni per la compensazione di imposte e contributi ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, entro determinate soglie. Pertanto la ritenuta di cui al citato articolo 26-quinquies, in aggiunta all’imposta sulle riserve matematiche, determinerebbe una duplicazione di anticipi e una ulteriore penalizzazione di carattere finanziario.
Il comma 5 apporta una novella di contenuto analogo all’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, recante disposizioni tributarie sui proventi delle quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto estero. In particolare, con l'inserimento di un nuovo comma 4-bis, viene esclusa l'applicazione della ritenuta in relazione ai proventi derivanti da quote o azioni di OICR esteri armonizzati e non armonizzati, qualora tali quote o azioni siano possedute da compagnie di assicurazione e le stesse siano comprese tra gli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.
Il comma 6 assoggetta all'imposta sostitutiva gli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c) (gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato) e quelli di cui all’articolo 74 del TUIR (Stato ed enti pubblici), esclusi gli organismi di investimento collettivo del risparmio. La norma interviene all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, concernente l'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per i soggetti residenti, sostituendone la lettera c).
La norma, pertanto, appare diretta a precisare che agli OICR residenti in Italia, nonostante siano indicati tra i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, non si applica l’imposta sostitutiva in parola per gli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari.
Nel corso dell’esame al Senato, sono stati inseriti i commi 6-bis e 6-ter, relativi, rispettivamente, all'introduzione, in via transitoria, di un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private (vale a dire gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme pensionistiche di base, di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103) - introduzione connessa all'elevamento dell’aliquota al 26 per cento - ed ad un elevamento, per l'anno 2014, dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione (di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), nonché ad un incremento, nella misura di 4 milioni di euro per il 2015, del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Riguardo al primo oggetto (comma 6-bis), si riconosce quindi alle Casse di previdenza private un credito d'imposta pari alla differenza tra l'ammontare delle ritenute ed imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria relativi al periodo 1° luglio 2014-31 dicembre 2014 e l'importo delle stesse ritenute ed imposte sostitutive computate (teoricamente) in base alla previgente aliquota del 20 per cento. A tal fine, si rinvia alle decorrenze e alle modalità applicative già previste dal precedente articolo 3, commi 6 e seguenti.
Tale credito di imposta è attribuito in attesa di armonizzare, a decorrere dal 2015, la disciplina della tassazione di natura finanziaria degli enti in oggetto con quella relativa alle forme pensionistiche complementari. Il credito di imposta in esame può essere impiegato esclusivamente in compensazione, a decorrere dal 1° gennaio 2015, secondo le modalità ed i criteri ivi indicati.
Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi per il 2014, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini Irap, non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR. Il credito d’imposta non è soggetto ai limiti di utilizzo annuale previsti dalla legge finanziaria 2008 (art. 1, co. 53, della L. 244/2007), che pongono un tetto massimo annuale di 250.000 euro (con eventuale riporto in avanti dell’ammontare eccedente; la richiamata disposizione comunque prevede l’integrale compensabilità per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza). Il credito non è nemmeno soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall’art. 34 della L. 388/2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell’art. 9, co. 2 del D.L. 35/2013 – L. 64/2013).
Il comma 6-ter propone l'incremento, per il solo anno 2014, dall'11 all'11,50 per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione (di cui all’articolo 17, comma 1, del citato d.lgs. n. 252 del 2005) - che, nel precedente articolo 3, è esplicitamente esclusa dall'elevamento della tassazione sui redditi di natura finanziaria al 26 per cento. L'incremento in esame appare inteso a fornire la copertura finanziaria del credito di imposta summenzionato; peraltro, una quota delle maggiori entrate, pari a 4 milioni di euro per il 2015, viene destinata all'incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
I commi 7, 8, 9 e 10 recano infine modifiche ad una serie di provvedimenti dirette ad esplicitare che il regime fiscale previsto per le obbligazioni emesse dagli Stati white list - si applica anche alle obbligazioni emesse da enti territoriali dei suddetti Stati.
Si tratta degli Stati, inclusi nella lista di cui al D.M. 4 settembre 1996, emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del TUIR, che consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale e finanziaria).
Le norme oggetto di modifica in tal senso sono le seguenti:
§ articolo 26, comma 3-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, primo periodo (comma 7);
§ articolo 26-quinquies, comma 3, dello stesso D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (comma 8);
§ articolo 10-ter, comma 2-bis, della legge 23 marzo 1983, n. 77 (comma 9).
§ articolo 2, comma 23, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (comma 10).
Articolo 4,
comma 11
(Rivalutazione
beni d’impresa)
Il comma 11 dell’articolo 4, integralmente sostituito al Senato, novella le disposizioni della legge di stabilità 2014 che consentono la rivalutazione dei beni d’impresa mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva, sostanzialmente ripristinando la possibilità di versare detta imposta in tre rate e rideterminando la scadenza di pagamento delle rate stesse.
Nella sua formulazione originaria, il comma 11 prevede che il versamento delle predette imposte sia effettuato in un’unica soluzione, anziché in tre rate, ed entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013.
Si ricorda che l’articolo 1, commi 140-147 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), ha concesso alle società di capitali ed agli enti residenti sottoposti a IRES la possibilità rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2012, mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali) con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili.
Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.
Il comma 145 in particolare, nella formulazione originaria della legge di stabilità individua le modalità di versamento delle imposte sostitutive, prevedendo il versamento in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi: la prima rata va versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita; le successive entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. È altresì prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la disposizione in esame:
§ ripristina il pagamento delle predette imposte sostitutive in tre rate di pari importo e senza interessi;
§ prescrive che il versamento sia effettuato nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013;
§ rispetto all’originaria formulazione della legge di stabilità, detta una diversa scadenza temporale per il pagamento di ciascuna rata. In dettaglio, la prima sarà versata entro il giorno 16 del sesto mese dalla fine del periodo di imposta (anziché entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita); la seconda entro il giorno 16 del nono mese dalla fine del periodo di imposta e la terza entro il giorno 16 del dodicesimo mese dalla fine del periodo di imposta (in luogo del termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi).
Viene peraltro confermata la possibilità di compensare gli importi ai sensi della normativa vigente.
Articolo 4,
comma 12
(Rivalutazione
quote Banca d’Italia)
L’articolo 4 al comma 12 - non modificato dal Senato - novella il comma 148 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) prevedendo che il versamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia ivi previsto sia effettuato in un’unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.
Si ricorda che il Titolo II del decreto-legge n. 133 del 2013 ha recato disposizioni in materia di capitale, organi e governance della Banca d’Italia.
In estrema sintesi, con tale provvedimento l’Istituto è autorizzato ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro; a seguito dell’aumento, il capitale sarà rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale. Il limite di partecipazione al capitale è pari al 3 per cento. La sanzione per le quote in eccesso è la non spettanza il diritto di voto e l’imputazione dei relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. Si consente alla Banca d'Italia di acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati dal precedente comma. Per tali quote il diritto di voto viene sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.
In particolare l'articolo 6 del decreto-legge, al comma 6 dispone che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall’esercizio in corso al 30 novembre 2013 iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading).
Si ricorda inoltre che il comma 148 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto l’applicazione al trasferimento contabile delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia (disciplinato, come detto, dal citato articolo 6, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2013), del regime fiscale della riclassificazione delle attività finanziarie contenuto nell'articolo 4 del D.M. 8 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza delle stesse quote.
Ai maggior valori così iscritti in bilancio si applica la disciplina della rivalutazione, con relativa imposta sostitutiva al dodici per cento (di cui al comma 143 della stessa legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali, da versare in tre quote annuali.
Il comma 12 in esame sostituisce il comma 148 citato prevedendo che il versamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia sia effettuato in un’unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.
Il versamento dell’imposta sostitutiva deve essere effettuato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta 2013. Gli importi da versare possono essere compensati.
La norma prevede altresì che il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire dal periodo d'imposta in corso all'entrata in vigore del decreto in esame; se il valore iscritto in bilancio è minore del valore nominale, tale valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta.
La norma, in sostanza, modifica retroattivamente l’aliquota dell’imposta dovuta e le relative modalità di pagamento. Si segnala al riguardo che la Corte Costituzionale ha ricordato come il principio di irretroattività della legge - pur riconosciuto come principio generale dall'art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile - non ha ottenuto in sede costituzionale (salvo quanto espresso nell'art. 25 della Costituzione con riferimento alla materia penale) una garanzia specifica e, pertanto, non è interdetto al legislatore di emanare disposizioni che vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti. Unica condizione essenziale è che “tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto” (sentenza n. 302/2010 e n. 264 del 2005; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 236 e n. 206 del 2009).
Con riferimento, dunque, al rispetto del principio dell’affidamento - quale limite alla possibilità per il legislatore di incidere, con norme dotate di efficacia retroattiva, su situazioni sostanziali poste in essere in vigenza di leggi precedenti - la Corte ha affermato che il criterio in base al quale deve svolgersi il giudizio di costituzionalità è dettato dalla rispondenza o meno a criteri di ragionevolezza del regolamento di interessi, innovativo rispetto a quello preesistente, che scaturisce dalla norma sopravvenuta (in questi termini, fra le altre, le sentenze n. 446 del 2002, n. 419 del 2000, n. 416 del 1999 e n. 822 del 1988). Nello specifico, la Corte ha affermato ripetutamente che una legge tributaria retroattiva non comporta di per sé violazione del principio della capacità contributiva, occorrendo, invece, verificare, di volta in volta, se la legge stessa, nell'assumere a presupposto della prestazione un fatto o una situazione passati, abbia spezzato il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacità stessa, violando così il precetto costituzionale sancito dall’art. 53 (sent. n. 315 del 1994, nello stesso senso v. sent. n.385 del 1994, recentemente v. anche sentt. nn.16 del 2002 e 291 del 2003).
Articolo 4,
comma 12-bis
(Contenimento delle spese del personale
degli organismi partecipati dalle amministrazioni locali)
Il comma 12-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina concernente i vincoli alle assunzioni e alle spese di personale delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società partecipate dalle amministrazioni locali.
In particolare, il comma in esame sostituisce interamente l’articolo 18, comma 2-bis, del D.L. 112/2008 (così come modificato dall’articolo 1, comma 557, della L. 147/2013), con il quale sono state estese le disposizioni in materia di divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, già a carico delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, alle:
§
aziende speciali, istituzioni e società a
partecipazione pubblica locale (totale o di controllo) che siano titolari di
affidamenti diretti di servizi senza gara,
§
società
che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi
carattere non industriale né commerciale;
§ società che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
Il comma 2-bis vigente stabilisce l’applicazione, a carico delle amministrazioni ex articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, e successive modificazioni, di divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, in relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante, anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'I.S.T.A.T.. Allo stesso tempo, è disposta l’applicazione delle disposizioni (per i medesimi soggetti) che stabiliscono, a carico delle rispettive pubbliche amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei richiamati soggetti i vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria. Inoltre, fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008 (concernente il divieto, per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, mentre gli enti restanti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente) le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica sono escluse dall'applicazione diretta dei vincoli previsti dall’articolo 18 in oggetto. Per queste società, l'ente locale controllante, nell'esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, stabilisce modalità e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti. Infine, sempre ferme restando quanto previsto dal richiamato articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008, gli enti locali di riferimento possono escludere, con propria motivata deliberazione, dal regime limitativo le assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, fermo restando l'obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale.
Si fa presente che dal raffronto tra l’articolo 18, comma 2-bis, del DL
112/2008, nel testo attualmente vigente, e il nuovo testo in esame, sembrerebbe
emergere una maggiore discrezionalità degli enti locali controllanti nella
definizione delle misure di contenimento delle spese di personale delle aziende
speciali, delle istituzioni e delle società partecipate dalle amministrazioni
locali. In particolare, il nuovo testo non fa più espressamente riferimento
alla estensione al personale dei suddetti organismi della vigente normativa in materia di vincoli alla retribuzione individuale e
accessoria.
Secondo la relazione tecnica la norma è volta a superare alcune difficoltà nell’applicazione dell’impianto normativo vincolistico in materia di assunzione e spesa di personale per le aziende speciali, istituzioni e società a partecipazione pubblica locale (totale o di controllo). In particolare, la disposizione ha lo scopo di razionalizzare i costi anche del personale delle aziende speciali e delle istituzioni che gestiscono servizi socio assistenziali ed educativi, scolastici e per l’infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB), nonché delle farmacie e delle imprese multiservizi. Per tali enti resta comunque fermo l’obbligo di un livello dei costi del personale coerente ai servizi erogati.
In particolare le modifiche apportate prevedono:
§ l’obbligo, per le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo, di attenersi al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale (un atto di indirizzo dell’ente contrante che definisca specifici criteri e obbligo da attuare attraverso modalità di attuazione del principio richiamato, tenendo conto delle peculiarità del settore di ciascun soggetto). Allo stesso tempo di dispone l’obbligo, per gli stessi soggetti, di adottare tali indirizzi con propri provvedimenti che vengono recepiti in sede di contrattazione di secondo livello, fermo restando il contratto nazionale;
§ l’esclusione, dai limiti in precedenza descritti, delle aziende speciali, delle istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e delle farmacie, fermo restando comunque l'obbligo di mantenere un livello dei costi del personale coerente rispetto alla quantità di servizi erogati;
§ l’applicazione delle richiamate disposizioni da parte delle aziende multiservizi qualora l'incidenza del fatturato dei servizi esclusi risulti superiore al 50% del totale del valore della produzione.
Articolo 4,
comma 12-ter
(Finanziamento ai soci cooperatori)
Il comma 12-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, intende consentire alle società cooperative la distribuzione degli utili ai soci finanziatori, anche quando le riserve sono state utilizzate a copertura delle perdite e dette riserve non siano state ricostituite. La disposizione consente alle cooperative di beneficiare anche in tali ipotesi della detassazione dell’utile destinato alle riserve.
Più in dettaglio, la norma in esame modifica la disciplina recata dall'articolo 3, comma 1, della legge 18 febbraio 1999, n. 28.
Si ricorda preliminarmente che, a mente dell’articolo 12 della legge n. 904 del 1977, non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, purché sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma. Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 1 della legge n. 28 del 1999 detta esclusione dall’imponibile si intende nel senso che l'utilizzazione delle riserve a copertura di perdite è consentita e non comporta la decadenza dai predetti benefìci fiscali, purché non si dia luogo a distribuzione di utili (a tutte le tipologie di soci) fino a quando le riserve non siano state ricostituite.
Per effetto della modifica proposta, si specifica che persiste il predetto beneficio fiscale in caso di destinazione di riserve a copertura delle perdite, purché non siano distribuiti utili ai soli soci cooperatori.
Di conseguenza, ove le riserve siano utilizzate a copertura delle perdite, potranno continuare ad essere distribuiti utili ai soci finanziatori senza perdere il beneficio della detassazione; detta norma sembrerebbe dunque incentivare l’apporto di tale tipologia di soci nelle cooperative e, dunque, l’investimento in tale tipologia di impresa.
Si ricorda che sono “cooperatori” quelli che partecipano allo scambio mutualistico con la cooperativa. Con la riforma del diritto societario i soci sovventori ed i titolari di azioni di partecipazione cooperativa, precedentemente disciplinati dalla legge 59 del 1992, sono compresi nell'unica categoria dei soci “finanziatori” (articolo 2526 c.c.) introdotta dalla riforma del diritto societario al fine di promuovere il finanziamento delle cooperative. I soci volontari sono una categoria prevista dalla legge n. 381 del 1991 esclusivamente per le cooperative sociali.
Articolo 4,
comma 12-quater
(TASI)
L’articolo 4, comma 12-quater interviene sulla disciplina (contenuta all’articolo 1, ultimi tre periodi del comma 688 della legge n. 147 del 2013, legge di Stabilità 2014) relativa al versamento della TASI per l’anno 2014, da ultimo novellata dall’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.L. n. 16 del 2014, fissando diverse scadenze per il pagamento del tributo da parte dei contribuenti, a seconda della tempestività del Comune nell’adozione e comunicazione al MEF delle delibere e dei regolamenti relativi al tributo stesso.
Viene infine individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.
Si segnala che l’articolo unico del decreto legge 9 giugno 2014, n. 88 (A.C. 2442) reca una disposizione di contenuto sostanzialmente identico alla norma in esame.
In estrema sintesi si rammenta che la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014, articolo 1, commi 639 e ss.gg.) reca il complessivo riordino della tassazione immobiliare, istituendo l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi: uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore (IMU), che non colpisce le abitazioni principali; l'altro collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali (TASI e TARI).
Per quanto riguarda il tributo per i servizi indivisibili comunali - TASI, esso viene destinato al finanziamento dei servizi comunali rivolti all’intera collettività. Soggetto passivo è il possessore o il detentore dell’immobile (con facoltà del Comune di ripartire la quota di tributo tra detentore dell’immobile e titolare di diritto reale su di esso); la base imponibile è il valore dell’immobile rilevante a fini IMU. La TASI avrà un’aliquota base dell’1 per mille, che potrà essere azzerata o modificata dai Comuni.
Ai sensi del richiamato comma 688, dall’anno 2015 la TASI si paga in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, in analogia a quanto previsto per l’Imu dal decreto sul federalismo municipale (D.Lgs. n. 23 del 2011). È consentito il pagamento della TARI e della TASI in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Il versamento della prima rata TASI è eseguito sulla base dell’aliquota dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo deve tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre. Spetta ai comuni inserire nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale gli elementi risultanti dalle delibere.
Sempre a decorrere dal 2015, i comuni assicureranno la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli.
La norma fissa invece specifiche disposizioni per il primo anno di applicazione dell’imposta, ossia il 2014.
L’attuale formulazione degli ultimi tre periodi del comma 688 dispone, per gli immobili diversi dall'abitazione principale, che per il 2014 il versamento della prima rata sia effettuato sulla base dell’aliquota base TASI (pari all'1 per mille) qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014, mentre il versamento della rata a saldo è eseguito a conguaglio sulla base delle deliberazioni del consiglio comunale.
Per gli immobili adibiti ad abitazione principale, per il 2014 il versamento dell'imposta è effettuato in un'unica rata entro il termine del 16 dicembre 2014, salvo che - alla data del 31 maggio 2014 - venga pubblicata nel Portale del federalismo fiscale la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle detrazioni. A tal fine il comune deve inviare la predetta deliberazione, esclusivamente in via telematica, nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, entro il 23 maggio 2014.
La nuova disciplina stabilisce quindi che i contribuenti sono tenuti al pagamento della prima rata della TASI entro il 16 giugno 2014, sulla base delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni pubblicate sul sito informatico del Ministero dell'economia e delle finanze alla data del 31 maggio 2014, con obbligo per i comuni di inviare dette deliberazioni entro il 23 maggio 2014.
In caso di mancato invio delle deliberazioni entro il predetto termine, il versamento della prima rata della TASI va effettuato entro il 16 ottobre 2014, sulla base delle deliberazioni concernenti le aliquote e le detrazioni, nonché dei regolamenti TASI pubblicati nello stesso sito, alla data del 18 settembre 2014 (con obbligo di invio delle deliberazioni per i comuni entro il 10 settembre 2014).
Se al 10 settembre 2014 non risultano inviate dette deliberazioni, i contribuenti sono tenuti al versamento dell'imposta in un'unica soluzione entro il 16 dicembre 2014, applicando l'aliquota di base pari all'1 per mille, e comunque entro il limite massimo previsto dal primo periodo del comma 677 della richiamata legge di stabilità 2014 (nel rispetto del vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile).
Ove non sia effettuato l’invio delle delibere entro il 10 settembre 2014, ovvero nel caso di mancata determinazione della percentuale di versamento dell'imposta da parte dell'occupante l'immobile, la TASI è da questi dovuta nella misura del 10 per cento dell'ammontare complessivo.
Il comma 681 della legge di stabilità ha previsto che la TASI sia suddivisa tra il proprietari e l’occupante, che sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI. La restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare.
Ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, per i quali si applica il differimento dell’imposta, viene erogato da parte del Ministero dell'interno, entro il 20 giugno 2014, un importo a valere sul Fondo di solidarietà comunale corrispondente al 50 per cento del gettito annuo della TASI stimato ad aliquota di base ed indicato con DM di natura non regolamentare da emanarsi entro il 10 giugno.
Viene quindi individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.
In particolare, il Ministero dell'interno comunica all'Agenzia delle entrate, entro il 30 settembre 2014, gli eventuali importi da recuperare nei confronti dei singoli comuni, ove le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per l'anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale. L'Agenzia delle entrate procede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, da qualsiasi entrata loro dovuta riscossa tramite il sistema del versamento unificato. Gli importi recuperati dall'Agenzia delle entrate sono versati dalla stessa ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il mese di ottobre 2014 ai fini della riassegnazione per il reintegro del Fondo di solidarietà comunale nel medesimo anno.
Articolo 5,
comma 1
(Differimento
aumento prelievo prodotti da fumo)
Il comma 1 dell’articolo 5, novellando l’articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2013, differisce i termini relativi all’incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo ivi previsto.
In particolare:
§ si differisce dal 20 aprile 2014 al 15 luglio 2014 il termine entro il quale dovrà essere adottata la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che dovrà fissarne l’incremento;
§ tale incremento non avrà più decorrenza dal 1° maggio 2014, ma dal 1° agosto 2014;
§ conseguentemente le maggiori entrate determinate dall’aumento del prelievo saranno pari a 23 milioni di euro nel 2014 (in luogo dei 33 milioni precedentemente previsti).
Resta invece inalterato (50 milioni di euro) l'ammontare delle maggiori entrate assicurate a decorrere dal 2015.
Il testo originario dell’articolo 14, del D.L. n. 91 del 2013 aveva stabilito l’incremento, a partire dal 1° gennaio 2014, del prelievo fiscale sui “prodotti da fumo”, in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 50 milioni annui a partire dal medesimo anno, previa determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il 30 novembre 2013.
Successivamente il comma 625 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto il differimento al 20 aprile 2014 del termine per l'adozione della determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ed al 1° maggio 2014 per la decorrenza dell'incremento.
L’Allegato 1 al testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi (D.Lgs. n. 504 del 1995) indica le seguenti aliquote di accisa per i prodotti da fumo:
a) sigari 23,00%;
b) sigaretti 23,00%;
c) sigarette 58,50%;
d) tabacco da fumo:
1. tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 56,00%;
2. altri tabacchi da fumo 56,00%;
e) tabacco da fiuto 24,78%;
f) tabacco da masticare 24,78%.
Si ricorda, inoltre, che l'imposizione fiscale sui prodotti da fumo risulta assai complessa per il fatto che ad essa concorrono l'accisa e l'imposta sul valore aggiunto; in modo analogo si procede per i succedanei di tali prodotti, con la differenza che, in luogo dell'accisa, opera un'imposta di consumo. La complessità è arricchita dal fatto che, relativamente all’imposta sul valore aggiunto, le basi imponibili di riferimento comprendono, oltre all’accisa, anche l’aggio per i distributori e il compenso dei produttori. Il prezzo di vendita al consumatore finale è articolato pertanto in quattro componenti: IVA, accisa, aggio, compenso del produttore. La combinazione dei diversi fattori che interagiscono fra loro comporta che all’aumentare del prelievo a titolo IVA gli effetti, in termini di aumenti dei prezzi unitari finali, sono più che proporzionali; dal lato della domanda, soprattutto in periodi di congiuntura economica negativa, si verificano effetti di tipo contrattivo, con conseguente riduzione dei gettiti erariali complessivi. La forte reattività dei consumi complessivi al prezzo e il conseguente calo del gettito dipendono dal riposizionamento della domanda sui prezzi bassi, e dallo spostamento verso altri prodotti da fumo a minor prezzo (trinciati per sigarette), consumi alternativi (sigarette elettroniche) e consumi illegali (contrabbando e contraffazione).
Articolo 5,
comma 1-bis
(Ripristino di agevolazioni fiscali per
trasferimento di terre)
Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, attraverso una integrazione all’articolo 10, comma 4, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (federalismo municipale), ripristina determinate agevolazioni fiscali relative ai trasferimenti riguardanti restituzione di terre a comuni, scioglimenti e liquidazioni di usi civici nonché i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre.
In sintesi, a seguito delle modifiche recentemente introdotte dall’articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2013, l'articolo 10 prevede che, a decorrere dal 2014, l'imposta di registro si applichi nella misura fissa del 9 per cento. Se il trasferimento ha per oggetto la prima casa di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, l'aliquota è del 2 per cento. Il comma 2 prevede che nei casi sopra elencati l'imposta non può, comunque, essere inferiore a 1.000 euro.
Il comma 4, in particolare, prevede, in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2, la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
Si segnala, al riguardo, che una prima deroga è stata disposta con il comma 608 della legge di stabilità 2014, che ha escluso dalla soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni vigenti le agevolazioni per la piccola proprietà contadina (recate dall’articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194). Successivamente l’articolo 13 del D.L. n. 47 del 2014 ha confermato le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 19 e 20 dell’Accordo tra la Repubblica italiana e il BIE sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all’Esposizione universale di Milano, Expo 2015, ratificato con legge 14 gennaio 2013, n. 3.
Con la disposizione in commento vengono quindi escluse dalla soppressione le esenzioni e agevolazioni tributarie riguardanti restituzione di terre a comuni, nonché scioglimenti e liquidazioni di usi civici (indicate dall’articolo 2 della legge n. 692 del 1981) e i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre (di cui all’articolo 40 della legge n. 1766 del 1927).
Articolo 5-bis
(Regime delle entrate riscosse dal
Ministero degli Affari esteri)
L’articolo
5-bis, introdotto nel corso
dell’esame al Senato, concerne
alcune modifiche al regime delle entrate riscosse dal Ministero degli affari
esteri quale corrispettivo del
riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne e del rilascio dei passaporti ordinari.
.
Il comma
1 inserisce l’articolo 7-bis dopo
l’articolo 7 della Sezione I della tabella dei diritti consolari da riscuotere
presso le Ambasciate ed i Consolati all’estero a fronte dei numerosi servizi da
questi prestati, allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71,
recante ordinamento e funzione degli uffici consolari, ai sensi dell’articolo
14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (legge di semplificazione
per il 2005).
L’articolo 7-bis in oggetto introduce nella tariffa consolare la fattispecie dei
diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona
maggiorenne, fissando l’importo nella misura di 300 euro.
La relazione tecnica
governativa constata che gli atti di
riconoscimento della cittadinanza italiana hanno visto negli ultimi anni una
crescita esponenziale, che renderebbe irragionevole mantenere la gratuità
della relativa pratica amministrativa.
L’importo dei diritti
consolari di cui all'articolo 64 del citato Decreto legislativo n. 71 del 2011
è stato da ultimo incrementato dall’articolo
41-bis del D.L. 83/2012
(recante misure urgenti per la crescita del Paese), prevedendo l’incremento
della tariffa dei diritti consolari in ragione del 10 per cento; le maggiori
entrate così conseguite sono state destinate a interventi strutturali e
informatici a beneficio degli uffici all’estero del Ministero degli affari
esteri (MAE), e a potenziare i contingenti di impiegati temporanei degli uffici
all’estero del MAE. L’incremento è disposto a scopo di adeguare il livello dei
servizi offerti a cittadini e imprese dalla rete degli uffici all’estero del
Ministero degli affari esteri, in particolare per favorire la crescita dei
flussi imprenditoriali e turistici verso il nostro Paese, mediante un più
rapido rilascio dei visti, in tal modo incentivando la promozione delle
relazioni economiche in ambito internazionale.
Il comma 2
sostituisce integralmente l’articolo 18 della legge 21 novembre 1967, n. 1185
(recante norme sui passaporti), prevedendo per
il rilascio del passaporto ordinario un contributo amministrativo di 73,50
euro, oltre al costo del libretto – la vigente formulazione prevede la
tassa di 6.300 lire annue.
La novella all’art. 18 prosegue precisando
che il costo del libretto e l’entità del contributo sono aggiornati con cadenza
biennale, mediante Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di
concerto con il Ministro degli affari esteri.
La relazione tecnica
rileva a tale proposito una sostanziale invarianza di gettito nel passaggio
alla nuova regolamentazione, che comporta comunque l’abolizione di fatto delle
concessioni governative finora dovute sia per il rilascio che per il rinnovo
annuale del passaporto.
In relazione alla nuova disciplina
introdotta dai commi 1 e 2, il comma 3 abroga
la tassa sulle concessioni
governative per il passaporto, di
cui al comma 6 dell’art. 55 della legge 21 novembre 2000, n, 342, nonché
dell’art. 1 della tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641.
Si ricorda che l’articolo 55 della legge n. 342/2000 concerne disposizioni di razionalizzazione in materia di tasse sulle
concessioni governative e di imposta di bollo, all’interno delle quali il comma
6 stabilisce che la “tassa annuale sulle concessioni governative per il
passaporto, di cui all'articolo 1 della tariffa delle tasse sulle concessioni
governative introdotta con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995 deve
intendersi dovuta esclusivamente per l'espatrio verso i Paesi diversi da quelli
aderenti all'Unione europea”.
Si ricorda altresì che il D.P.R. n. 641/1972 riguarda la disciplina
delle tasse sulle concessioni governative, e reca in allegato la tariffa, il
cui articolo 1 si riferisce proprio ai passaporti.
Articolo 6
(Strategie
di contrasto all’evasione fiscale)
L'articolo 6 dispone che nelle more dell'attuazione degli obiettivi di stima della spesa e monitoraggio dell'evasione fiscale previsti dalla cd. delega fiscale (articoli 3 e 9 della legge n. 23 del 2014), il Governo presenti alle Camere - entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del testo in esame - un rapporto sulla realizzazione delle strategie adottate nei confronti dell'evasione fiscale, sui risultati conseguiti nel corso del 2013 - specificati per ciascuna regione, come chiarito nel corso dell’esame al Senato - e nell'anno in corso, nonché su quelli attesi.
Nel rapporto andrà specificato sia il recupero di gettito derivante da accertamento di evasione sia quello attribuibile alla maggiore propensione all’adempimento da parte dei contribuenti, come effetto delle misure e degli interventi definiti.
Il rapporto sostituisce – a seguito di un emendamento introdotto al Senato - l’analogo rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale che il Ministro dell'economia e delle finanze deve presentare annualmente in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, ai sensi dell’articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge n. 138 del 2011, (comma 1).
Ai sensi del comma 2, anche sulla base degli indirizzi forniti dalle Camere, il Governo si impegna alla definizione di un programma con ulteriori misure ed interventi per il rafforzamento dell’azione di prevenzione e di contrasto all’evasione fiscale, allo scopo di conseguire nell’anno 2015 un incremento di almeno 2 miliardi di euro di entrate dalla lotta all’evasione fiscale rispetto a quelle ottenute nell’anno 2013.
Si ricorda che la legge n. 23 del 2014 (c.d. delega fiscale) prevede, tra l'altro, la prosecuzione dell'attività di contrasto all’evasione e all’elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione. A questo fine, nelle procedure di bilancio sono inseriti un rapporto in materia di contrasto all’evasione fiscale (articolo 3) e un rapporto sulle spese fiscali (articolo 4).
Sono quindi precisati i contenuti del rapporto sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale, redatto da una Commissione di esperti istituita presso il MEF, che deve contenere una stima ufficiale dell'ammontare delle risorse sottratte al bilancio pubblico dall'evasione, con la massima disaggregazione possibile dei dati a livello territoriale, settoriale e dimensionale, con l’obiettivo, tra l’altro, di individuare le linee di intervento e prevenzione contro la diffusione del fenomeno dell'evasione, nonché per stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali.
La delega prevede quindi, per favorire l’emersione di base imponibile, l’emanazione di disposizioni per l’attuazione di misure finalizzate al contrasto d’interessi fra contribuenti. Le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione fiscale (al netto di quelle necessarie per il mantenimento degli equilibri di bilancio) e dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale devono essere attribuite esclusivamente al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, istituito dal decreto-legge n. 138 del 2011. Al Fondo sono interamente attribuiti anche i risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese, che devono essere destinati alla riduzione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese.
L'articolo 7 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) prevede che la procedura citata si applica fino all’annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dello stesso anno rispetto a quelle del 2012.
Al riguardo si ricorda che i commi 431-435 della legge di stabilità 2014 hanno istituito un altro Fondo per la riduzione della pressione fiscale, utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché dalle attività di contrasto all'evasione fiscale. Si dispone in particolare che, per il 2014, le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione siano finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, con specifico riferimento all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF.
L’articolo 9 della legge n. 23 del 2014 indica i principi e i criteri da perseguire nell’introduzione di norme volte al rafforzamento dei controlli fiscali, in particolare contrastando le frodi carosello, gli abusi nelle attività di money tranfer o di trasferimento di immobili, i fenomeni di transfer pricing e di delocalizzazione fittizia di impresa, nonché la fattispecie di elusione fiscale.
Si intende dunque prevedere il rafforzamento dei controlli mirati, possibilmente in sinergia con altre autorità pubbliche. Si prevede l’obbligo di garantire la riservatezza nell’attività conoscitiva e di controllo fino alla completa definizione dell’accertamento il quale, nel corso dell’attività di controllo, deve essere ispirato al principio di riduzione al minimo degli ostacoli al normale svolgimento dell’attività economica del contribuente. Deve inoltre essere rispettato il principio di proporzionalità e rafforzato il contraddittorio. Si prevede quindi che siano esplicitati i metodi di pagamento sottoposti a tracciabilità e che sia incentivato l’utilizzo della fatturazione elettronica.
Articolo 7
(Destinazione
dei proventi della lotta all'evasione fiscale)
L'articolo 7 prevede che la procedura di destinazione al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale delle maggiori entrate derivanti dall’attività di contrasto all’evasione (delineata dall’articolo 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011) si applica fino all’annualità 2013, tenendo conto delle maggiori entrate dello stesso anno rispetto a quelle del 2012.
Si ricorda al riguardo che il citato comma 36 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, come modificato dall’articolo 1, comma 299, della legge di stabilità 2013, prevede al terzo e quarto periodo che a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza (DEF) contiene una valutazione, relativa all'anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Dette maggiori risorse, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo, nonché di quelle derivanti a legislazione vigente dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nello stesso DEF.
Tali disposizioni, pertanto, ai sensi dell'articolo in commento, si applicano fino all’annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dell’anno medesimo rispetto a quelle del 2012.
Sotto il profilo del coordinamento con la legislazione vigente, si
segnala che la norma interviene sull’articolo 2, comma 36, del decreto-legge n.
138 del 2011 con una modifica non testuale. Occorrerebbe valutare l’opportunità
di modificare direttamente il predetto articolo 2.
Il secondo periodo del testo in esame prevede altresì che le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell’anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale - valutate (ai sensi del citato articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011) in 300 milioni di euro annui dal 2014 - concorrano alla copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame.
Secondo quanto evidenziato dalla Relazione tecnica, considerato che il provvedimento in esame è volto, tra l’altro, alla riduzione della pressione fiscale, attraverso il riconoscimento del credito in favore dei lavoratori dipendenti e assimilati, le predette maggiori entrate verrebbero utilizzate direttamente per lo scopo (pertanto senza farle confluire al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale) e, quindi, in sostanza, per la stessa finalità prevista dal comma 36 dell’articolo 2 citato.
Il nuovo comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica la norma istitutiva del “nuovo” Fondo per la riduzione della pressione fiscale, previsto dai commi 431 e 435 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014).
Si ricorda che il comma
431 ha istituito il Fondo per la
riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:
a) l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire un importo non inferiore a complessivi 3.220 milioni nel periodo 2014-2017) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;
b) per il biennio 2014-2015, le maggiori entrate che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni. A decorrere dall'anno 2016, le maggiori entrate incassate rispetto all'anno precedente, derivanti dalle attività di contrasto dell'evasione fiscale, sempre al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.
La modifica introdotta al Senato elimina, sostituendo la lettera b) del comma 431, la distinzione tra il biennio 2014-2015 e il 2016, definendo le maggiori entrate da destinare al Fondo non più rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso ma rispetto a quelle effettivamente incassate nell’anno precedente.
Il comma 1-bis modifica inoltre il comma 435, al fine di applicare anche al 2015 (oltre che all'anno 2014) la procedura di riassegnazione al citato Fondo di cui al comma 431 delle entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale.
Articolo 8,
commi 1-3
(Trasparenza
della spesa per beni e servizi)
Il comma 1 dell’articolo 8, interamente riformulato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato (che incorpora anche il comma 2 del testo originario del decreto, che viene conseguentemente soppresso), specifica alcuni obblighi di pubblicazione dei dati concernenti la spesa delle pubbliche amministrazioni.
In seguito alle modifiche introdotte in Senato, la disposizione è formulata come novella all’art. 29 del D.Lgs. 33/2013, ai sensi del quale le amministrazioni pubblicano sui propri siti istituzionali i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo di ciascun anno in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità.
Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 ha riordinato in un unico corpo normativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione).
In particolare, il decreto contiene alcune disposizioni di carattere generale, disciplina gli obblighi di trasparenza in capo alle p.a., distinti a seconda della tipologia di informazioni a cui si riferiscono, nonché il regime delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.
La tipologia più ampia di obblighi, disciplinati nel decreto, riguarda la pubblicazione di informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni (articoli 13-28).
Un secondo gruppo di pubblicazioni obbligatorie riguarda l’uso delle risorse pubbliche (articoli 29-31) e comprende la pubblicità dei dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo, nonché le informazioni degli immobili posseduti e i dati relativi ai risultati del controllo amministrativo-contabile.
Per garantire il buon andamento delle amministrazioni, il decreto riordina altresì le disposizioni relative ad obblighi concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati (articoli 32-36).
Tali disposizioni si applicano alle pubbliche amministrazioni, qualificate mediante rinvio all’elenco di cui all’articolo 1, co. 2, D.lgs. 165/2001. L'applicabilità alle società partecipate dalle p.a. e a quelle dalle stesse controllate, nonché agli enti pubblici nazionale è limitata alle "attività di pubblico interesse" disciplinate dal diritto nazionale o dell'Unione europea. E', infine, prevista una clausola di adeguamento alle disposizioni sulla trasparenza per le autorità indipendenti nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
In particolare, la novella al comma 1 del citato articolo 29 completa tale obbligo richiedendo alle amministrazioni anche la pubblicazione dei documenti e degli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo entro trenta giorni dalla loro adozione.
Inoltre, è introdotto un nuovo comma 1-bis, ai sensi del quale i dati relativi alle entrate e alla spesa di cui ai bilanci preventivi e consuntivi devono essere pubblicati in formato tabellare aperto, anche mediante ricorso ad un portale unico, in modo che sia possibile l’esportazione, il trattamento e il riutilizzo.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovranno essere definiti lo schema-tipo e le modalità con le quali rendere accessibili tali dati. Il decreto deve essere emanato dopo aver acquisito il parere della Conferenza unificata. In virtù di quanto stabilito dal successivo comma 3-bis, in prima applicazione tale decreto deve essere emanato entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Il nuovo comma 1-bis specifica quanto previsto in via generale dall’art. 7 del D.Lgs. 33/2013, opportunamente richiamato, che stabilisce che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell'articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e sono riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36 (Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico), del Codice dell'amministrazione digitale, e del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), senza ulteriori restrizioni diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità.
Nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stata introdotta un’ulteriore modifica all’art. 33 del D.Lgs. 33/2013, che attualmente dispone l’obbligo di pubblicazione, con cadenza annuale, di un indicatore dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”.
La disposizione viene arricchita dall’ulteriore previsione dell’obbligo di pubblicare anche un indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti, con cadenza appunto trimestrale, a decorrere dal 2015. Anche in questo caso, la norma rinvia, per l’adozione dello schema tipo e delle modalità con cui elaborare e pubblicare tali indicatori (annuali e trimestrali), ad un D.P.C.M., da emanarsi, sentita la Conferenza unificata, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (ai sensi del successivo comma 3-bis).
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 46 del D.Lgs. 33/2013, l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione ed è valutato ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti.
Il comma 3 novella la legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), modificandone l’articolo 14, relativo al controllo e monitoraggio dei conti pubblici. In particolare dispone che i dati SIOPE delle amministrazioni pubbliche gestiti dalla Banca d’Italia siano di “tipo aperto” (come modificato dal Senato) e liberamente accessibili, rinviando la definizione delle modalità di accesso ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (nel rispetto del Codice dell'amministrazione digitale, ossia del decreto legislativo n. 82 del 2005).
Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche (frutto della collaborazione tra la Ragioneria generale dello Stato, la Banca d'Italia e l' ISTAT). E' disciplinato dall’articolo 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009.
Esso è strumento volto alla rilevazione in tempo reale del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (superando la tradizionale rilevazione dei flussi trimestrali di casa) e ad una più puntuale predisposizione delle statistiche trimestrali di contabilità nazionale, ai fini della verifica delle regole previste dall'ordinamento comunitario (procedura su disavanzi eccessivi e Patto di stabilità e crescita).
Dopo l'avvio nel 2006 della rilevazione per le Regioni, le Province, i Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e le Università, il SIOPE è stato esteso: ai Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, alle Comunità montane, alle Unioni di Comuni, ai Consorzi di enti locali dal 1° gennaio 2007; agli Enti di ricerca dal 1° luglio 2007; agli enti di previdenza pubblici dal 1° luglio 2008 (attraverso una modalità di rilevazione differenziata); alle strutture sanitarie (aziende sanitarie, aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali) dal 1° gennaio 2008; alle agenzie sanitarie regionali dal 1° gennaio 2011; agli enti gestori di parchi e aree marine protette dal 1° gennaio 2012; alle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura dal 1° gennaio 2012.
Il Senato ha introdotto il comma 3-bis, disponendo che in sede di prima applicazione, i decreti previsti dal comma 1, capoversi b) e c), e dal comma 3, siano adottati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
Articolo 8,
commi 4-10
(Razionalizzazione
della spesa per beni e servizi)
I commi da 4 a 10 dispongono una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni a decorrere dal 2014.
La riduzione è quantificata in complessivi 2,1 miliardi per l’anno 2014 ed è rideterminata, a partire dal 2015, in ragione d’anno, per le amministrazioni locali e ai sensi dell’articolo 50 per le amministrazioni centrali.
Per le modalità per il conseguimento delle suddette economie, l’articolo rinvia, per le diverse tipologie di amministrazione, all’articolo 46, per le regioni e province autonome, all’articolo 47 per gli enti locali e all’articolo 50 per le amministrazioni centrali.
Le amministrazioni interessate sono quelle individuate dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 33 del 2013.
Ai sensi del comma 1
dell'articolo 11 del decreto legislativo
14 marzo 2013, n. 33 ("Riordino della disciplina riguardante gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni"),
per amministrazioni pubbliche si intendono:
§ tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni[5];
§ le società da esse partecipate ovvero controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;
§ le autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
Il rinvio all'articolo 11 del decreto legislativo n. 33 del 2013 individua un aggregato di enti interessati dall’applicazione della disposizione più ampio di quello usualmente indicato nelle norme che intervengono in materia, tra cui quelle del presente decreto-legge agli articoli 14, 15, e 27, che fanno riferimento "alle Amministrazioni pubbliche individuate nell'elenco annualmente pubblicato dall'ISTAT in applicazione di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196". L’ampliamento è riferibile prevalentemente alle società partecipate e/o controllate.
Il comma 4 stabilisce che la riduzione complessiva per l’anno 2014 (2,1 miliardi) sia così ripartita tra i diversi livelli di governo:
a) 700 milioni da regioni e province autonome;
b) 700 milioni dalle autonomie locali, di cui 340 milioni dalle province e dalle città metropolitane e 360 milioni dai comuni;
c) 700 milioni dalle amministrazioni dello Stato (amministrazioni centrali e altri enti ed organismi, anche costituiti in forma societaria).
La medesima riduzione è disposta, in ragione d'anno, a decorrere dal 2015 per le amministrazioni locali.
In sostanza, poiché le riduzioni di spesa per il 2014 sono riferite a 8 mesi (a decorrere dal 24 aprile 2014, data di entrata in vigore del decreto-legge) per il 2015 e le annualità successive la riduzione va conteggiata sull’intero anno. Pertanto gli importi indicati per il 2014 (riferiti al secondo e terzo quadrimestre dell’anno) vanno incrementati del 50 per cento. Come desumibile dalla tabella allegata alla relazione tecnica (A.S. 1465), a decorrere dal 2015 la riduzione di spesa sarà così determinata:
a) 1.050 milioni da regioni e province autonome;
b) 1.050 milioni dalle autonomie locali, di cui 510 milioni dalle province e dalle città metropolitane e 540 milioni dai comuni.
Per le amministrazioni dello Stato (lettera c), l’ultimo periodo del comma 4 specifica che dal 2015 si provvede secondo i criteri e nelle misure indicate all’articolo 50. In sostanza, la riduzione a decorrere dal 2015 è pari a 300 milioni, quali riduzioni di acquisti di beni e servizi delle amministrazioni centrali dello Stato (indicati dall’Allegato C del decreto-legge), a cui si aggiungono 105 milioni quali minori trasferimenti a enti e organismi anche costituiti in forma societaria per la riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi.
Relativamente alla riduzione di spesa da parte delle amministrazioni dello Stato il comma 5 demanda la determinazione degli obiettivi di riduzione di spesa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro il 24 maggio 2014 (30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge); per tale lasso di tempo, i 700 milioni sono resi indisponibili e non spendibili.
I 700 milioni di riduzioni di spesa delle amministrazioni dello Stato, sono così effettuati:
§ 400 milioni nel 2014 a carico del Ministero della Difesa, da recuperarsi con la rideterminazione dei programmi di spesa relativi agli investimenti pluriennali per la difesa nazionale, ai sensi del successivo comma 11 dell’articolo in esame (cfr. scheda di lettura);
§ 200 milioni per il 2014 derivano dalla riduzione degli acquisti dei beni e servizi delle amministrazioni centrali dello Stato come definiti nell’allegato C al decreto-legge ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 50 (cfr. scheda di lettura);
§ 100 milioni derivano dalla riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato ad enti ed organismi dotati di autonomia finanziaria, ai sensi dell’articolo 50, commi 3-5 (cfr. scheda di lettura). In particolare, 70 milioni derivano da minori trasferimenti a enti e organismi anche costituiti in forma societaria e 30 milioni da riversamenti all’entrata del bilancio di economie di spese per consumi intermedi che verranno effettuate dagli enti che non ricevono trasferimenti dallo Stato.
Il D.P.C.M. applicativo, pur entro la riduzione di spesa complessiva comunque da realizzare, dovrà recare meccanismi “premiali” (ossia riduzioni meno consistenti) per gli enti che:
§ acquistano a prezzi i più prossimi a quelli di riferimento (ove esistenti);
§ registrano minori tempi di pagamento dei fornitori;
§ fanno più ampio ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da centrali di committenza.
Tuttavia il comma 5 prevede che in caso di mancata adozione o "inefficacia" del D.P.C.M., si applicano le misure di 'sterilizzazione' recate dall'articolo 50 del decreto-legge cfr. scheda) circa la disponibilità delle risorse e, per gli enti pubblici, la riduzione di spesa.
Per quanto riguarda le modalità di riduzione di spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni locali, il comma 6 rinvia, per quanto concerne le regioni e le province autonome a quanto disposto dal successivo articolo 46 (cfr. scheda), e il comma 7 rinvia, per quanto riguarda le province, i comuni e le città metropolitane, all’articolo 47 (cfr. scheda).
Il comma 8 - ferme restando le modalità di flessibilità previste dal successivo comma 10 per le regioni e dall’articolo 47, comma 2 per le province e città metropolitane, e comma 7 per i comuni, come specificato dal Senato - autorizza le amministrazioni pubbliche indicate dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 33 del 2013 alla riduzione del 5 cento degli importi dei contratti in essere, nonché – come disposto dal Senato – dei contratti relativi a procedure di affidamento per cui sia già intervenuta l'aggiudicazione, anche provvisoria, aventi ad oggetto acquisto o fornitura di beni e servizi, per tutta la durata dei contratti, con facoltà delle parti di rinegoziare le prestazioni contrattuali (lettera a)).
Il Senato ha altresì specificato che tale riduzione deve essere effettuata salvaguardando quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), agli articoli 82, comma 3-bis e 86, comma 3-bis, relativi, rispettivamente alla determinazione del criterio del prezzo più basso e ai criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse,.
E’ altresì fatta salva la facoltà del prestatore dei beni e dei servizi di recedere dal contratto senza alcuna penalità entro 30 giorni dalla comunicazione di volontà da parte dell’amministrazione di operare la riduzione; in tal caso le amministrazioni possono, al fine di ottenere comunque la disponibilità di beni e servizi necessari, accedere a convenzioni-quadro ovvero procedere con affidamento diretto nel rispetto della disciplina europea e nazionale sui contratti pubblici.
Il Senato ha soppresso la lettera b), la quale prevedeva che in ogni caso, per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto-legge (24 aprile 2014), le amministrazioni devono assicurare che gli importi e i prezzi contrattuali non siano superiori a quelli derivati o derivabili dalla riduzione sopra ricordata o ai prezzi di riferimento, ove esistenti (lettera b). Conseguentemente è stato soppresso il comma 9, ai sensi del quale venivano dichiarati nulli tali contratti, e venivano considerati rilevanti ai fini della performance individuale e della responsabilità dirigenziale di chi li avesse sottoscritti.
Da ultimo, il comma 10 prevede che le regioni e le province autonome hanno facoltà di disporre misure diverse, rispetto alla riduzione di spesa per contratti quali dettate dal comma 4, purché assicurino comunque la riduzione della spesa (secondo le modalità poste dall'articolo 46 del decreto-legge) loro assegnata.
Articolo 8,
comma 10-bis
(Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna)
L’articolo 8, comma 10-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi, previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente, non si applichi il limite di spesa posto dalla normativa vigente alle assunzioni di personale a tempo determinato, o con convenzioni, o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stante il carattere temporaneo dei cantieri stessi.
Più nel dettaglio, per prevenire gli incendi, il dissesto idrogeologico e il diffondersi di discariche abusive, si dispone che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente - in quanto a carattere temporaneo e da considerarsi a tutti gli effetti progetti speciali di prevenzione danni in attuazione di competenze e di politiche regionali – non si applichi il limite di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 per le amministrazioni pubbliche che si avvalgono di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Il citato articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per il 2014, per gli enti locali in sperimentazione il limite è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. Sulla base di una novella introdotta dall’articolo 1, comma 1, della L. 44/2012, gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio[6]. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Il predetto limite non si applica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), nei limiti di 50 unità di personale ed esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale. Come precisato dallo stesso comma, la deroga si giustifica al fine di assicurare la continuità della citata attività di vigilanza, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del D.L. 216/2011, che ha trasferito al MIT tale attività in seguito alla soppressione dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.
All’attuazione di quanto disposto dal comma in esame si provvede nell’ambito delle risorse assegnate per la realizzazione dei citati cantieri dal bilancio regionale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Si fa presente che analoga previsione (esclusa la parte che dispone che
non vi siano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) era contenuta
nell’articolo 2 della Legge regionale della Sardegna 4/2013, così come
sostituito dall’articolo 1 della Legge regionale della Sardegna 9/2013[7]. Tale
norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte
costituzionale, con la recente sentenza 7-10 aprile 2014, n. 87, per violazione
del principio di coordinamento della finanza pubblica sancito dagli articoli
117, comma terzo, e 119 della Costituzione.
Si evidenzia, poi, l’opportunità di definire con esattezza l’ambito
temporale di applicazione della norma, in quanto il riferimento al “prossimo
triennio” appare generico.
Articolo 8,
comma 11
(Riduzione
programmi di spesa della Difesa)
Il comma 11 dell'articolo 8 prescrive che i programmi di investimenti pluriennali per la difesa nazionale siano rideterminati in maniera tale da conseguire riduzioni di spesa - in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni- pari a 400 milioni di euro per l'anno 2014, concorrendo alla determinazione della riduzione di cui al comma 4, lettera c) del provvedimento in esame, per il medesimo anno.
Le autorizzazioni di spesa iscritte sugli stati di previsione dei Ministeri interessati sono rideterminate con D.P.C.M., adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della difesa, sentito il Ministro dello sviluppo economico, e previa verifica del Ministero dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’adozione del menzionato D.P.C.M., vengono accantonate e rese indisponibili, per il predetto importo di 400 milioni di euro per l’anno 2014, le risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero della difesa relative ai programmi di cui all’articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).
In relazione alla disposizione in esame si osserva che, allo stato (6
giugno 2014), lo schema di D.P.C.M., risulta in corso di definizione. Si è
pertanto provveduto ad accantonare e rendere indisponibili, per il predetto
importo di 400 milioni di euro per il 2014, le risorse iscritte nello stato di
previsione del Ministero della difesa relative ai programmi di cui all’articolo
536 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010).
Si ricorda che, con riferimento alla pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, l'articolo 536 del Codice dell'ordinamento militare che disciplina questa materia è stato profondamente modificato dalla recente legge n. 244 del 2012 (articolo 4, comma 2) al fine di prevedere la presentazione annuale, entro il 30 aprile, di un "piano di impiego pluriennale" finalizzato a riassumere:
§ il quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensive degli indirizzi strategici e delle linee di sviluppo capacitive;
§ l'elenco dei programmi d'armamento e di ricerca in corso ed il relativo piano di programmazione finanziaria, indicante le risorse assegnate a ciascuno dei programmi per un periodo non inferiore a tre anni, compresi i programmi di ricerca o di sviluppo finanziati nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Nell'elenco sono altresì indicate le condizioni contrattuali, con particolare riguardo alle eventuali clausole penali;
§ le spese relative alla funzione difesa, comprensive delle risorse assegnate da altri Ministeri.
In ossequio a quanto
disposto dall'articolo 536, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, in
data 10 aprile 2013, il Ministro della Difesa ha trasmesso alle Camere il
Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2013-2015
(Atto 23). Non risulta ancora presentato
il Documento programmatico 2014-2016.
Si ricorda inoltre che, da ultimo, l'art. 1, comma 396 della legge di stabilità per il 2014 aveva già disposto la rideterminazione dei programmi di investimenti pluriennali per la difesa nazionale in maniera tale da conseguire risparmi di spesa per gli anni 2015 e 2016 -anche in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni- pari a 100 milioni di euro per ciascun anno.
Articolo 9,
commi 1-8 e 9-10
(Acquisizione
di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori
e disposizioni in materia di contratti pubblici)
L’articolo 9 dispone l’istituzione di un “elenco dei soggetti aggregatori” nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione (commi 1, 2, 5 e 6). Si prevede, altresì, l’istituzione di un “Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori” che effettua analisi ai fini dell’individuazione delle categorie dei beni e dei servizi, nonché delle soglie, al di sopra delle quali si prevede il ricorso a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure (commi 2-3). Viene, altresì, definita una nuova disciplina per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture per i comuni non capoluogo di provincia (comma 4). È demandata, inoltre, all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, e la pubblicazione sul proprio sito web dei prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi (commi 7-8). Viene, infine, previsto l’utilizzo di risorse per finanziare le attività dei soggetti aggregatori, per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria e per il finanziamento delle attività svolte da Consip S.p.a. nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (commi 9-10).
Un’ulteriore
disposizione inserita nel corso dell’esame al Senato integra i criteri per la
valutazione dell’offerta nel caso di contratti da affidare sulla base
dell’offerta economicamente più vantaggiosa (comma 4-bis).
Il comma 1 dispone l’istituzione, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), operante presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) - dell’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte:
§ Consip S.p.A.;
§ una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell’art. 1, comma 455, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006).
Tale comma ha previsto la costituzione facoltativa, da parte delle regioni, di centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.
L’art. 3, comma 34, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), definisce «centrale di committenza» un'amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
L’art. 33-ter del D.L. n. 179/2012 ha istituito, presso l’Autorità, l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), obbligando le stazioni appaltanti:
a richiedere l’iscrizione all’AUSA presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) istituita dall’art. 62-bis del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005) ed obbligatoria dal 1° luglio 2014[8];
ad aggiornare annualmente i dati identificativi.
Relativamente alla disciplina relativa alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici si ricorda che essa è stata introdotta dall’art. 20 del D.L. n. 5/2012 con un articolo aggiuntivo (l’art. 6-bis) al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006)[9].
Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’istituzione dell’elenco deve avvenire senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Qualora la centrale di committenza regionale prevista dal comma 1 non sia stata costituita, il comma 5 ne prevede l’istituzione – o in alternativa la designazione di un soggetto aggregatore di riferimento regionale – entro il 31 dicembre 2014.
In alternativa, secondo quanto disposto dal comma 6, le regioni possono affidare alla CONSIP[10], tramite apposite convenzioni stipulate con il Ministero dell’economia e delle finanze (il testo pubblicato del decreto-legge fa erroneo riferimento alle convenzioni stipulate con la CONSIP), lo svolgimento delle funzioni di attività di centrale di committenza per gli enti del territorio regionale.
Oltre alla CONSIP e alle centrali di committenza regionali contemplate dal comma 1, il comma 2 consente l’iscrizione - nell’elenco dei soggetti aggregatori - di altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza.
A tal fine è posto in capo a tali soggetti l’obbligo di inoltrare richiesta di iscrizione all’AVCP.
Il comma 5 stabilisce che, in ogni caso, il numero complessivo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non può essere superiore a 35.
Ai fini dell’individuazione dei requisiti per l’iscrizione, il comma 2 richiede che vengano considerati:
§ il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione;
§ i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione della domanda.
L’individuazione puntuale dei requisiti è demandata ad apposito D.P.C.M., che dovrà essere emanato:
§ entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge;
§ di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
§ previa intesa con la Conferenza Unificata. Il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.
Il comma 2 prevede altresì l’istituzione, con apposito D.P.C.M., del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, coordinato dal Ministro (corretto in “Ministero” nel corso dell’esame al Senato) dell’economia e delle finanze.
Relativamente alle modalità di emanazione, il comma 2 stabilisce che il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà essere adottato:
§ entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge;
· di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
· previa intesa con la Conferenza Unificata. Anche in questo caso, il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.
Lo stesso D.P.C.M. dovrà definire i compiti, le attività e le modalità operative del Tavolo tecnico.
Il comma 3 demanda ad un altro D.P.C.M. l’individuazione delle categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali si prevede l’obbligo di ricorrere alla CONSIP o ad altro soggetto aggregatore per lo svolgimento delle relative procedure.
Tale parte della disposizione è stata modificata nel corso dell’esame al Senato, in quanto nel testo originario del decreto-legge si prevede, con una formulazione non chiara, che vi sia l’obbligo di ricorrere sia alla CONSIP che al soggetto aggregatore di riferimento.
Con il medesimo D.P.C.M. sono altresì individuate le modalità di attuazione del presente comma.
Il comma 3 individua altresì i seguenti soggetti obbligati:
§ amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie;
§ regioni ed enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni;
§ enti del servizio sanitario nazionale.
Relativamente alle modalità di emanazione del citato D.P.C.M., il comma 3 dispone che esso venga adottato:
§ entro il 31 dicembre di ogni anno;
- d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni;
- sulla base di analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori;
- in ragione delle risorse disponibili ai sensi del comma 9 (tale riferimento è stato corretto nel corso dell’esame al Senato. Il testo iniziale faceva erroneamente riferimento al comma 7).
Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’emanazione del decreto deve avvenire:
§ di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
§ sentita l’AVCP.
La disposizione di cui al comma 3 è introdotta fermo restando quanto previsto da una serie di disposizioni emanate in passato.
La norma fa riferimento:
§ all’articolo 1, comma 449, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) in cui si dispone che le amministrazioni statali sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro e che le restanti amministrazioni pubbliche possono ricorrere a tali convenzioni, nonché a quelle istituite dalle regioni ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti; dispone altresì che gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro Consip;
§ all’articolo 1, comma 455 della medesima legge finanziaria, in cui si prevede che le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio:
§ all’articolo 1, comma 450, inserito nel corso dell’esame presso il Senato della stessa legge, che prevede il ricorso al Mercato elettronico della P.A. (MePA) per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria;
§ all’articolo 2, comma 574, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) che disciplina le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le quali con decreto del Ministero dell’economia entro il mese di marzo di ogni anno, le amministrazioni statali sono tenute a ricorrere alla Consip Spa, in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro;
§ alle seguenti disposizioni del decreto-legge n. 95/2012:
- articolo 1, comma 7 che disciplina gli approvvigionamenti delle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile;
- articolo 4, comma 3-quater sull’attività di centra di committenza di Consip S.p.A. relativa alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni e al Sistema pubblico di connettività;
- articolo 15, comma 13, lettera d) che ai fini della razionalizzazione dell’uso delle risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi, impone agli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, di utilizzare, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento.
Le nuove disposizioni dettate dal comma 3, unitamente per alcuni
aspetti anche a quelle dei commi 1 e 2, vengono ad aggiungersi ad un complesso
quadro di norme (sopra citate) che nel tempo hanno diversamente articolato il
ricorso alla Consip e ad altre categorie di centrali acquisti sia in termini di
definizione dei soggetti obbligati che di tipologie di prodotti. Benché tali
norme siano espressamente fatte salve dal comma 3, la coerenza del quadro
ordinamentale risultante dalla giustapposizione tra la vigente e nuova
disciplina, peraltro in buona parte affidata ai tre D.P.C.M. previsti dai commi
2 e 3 potrebbe risultare problematica, in assenza di un più puntuale
coordinamento normativo.
Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito un periodo, alla fine del comma 3, che fa comunque salva la possibilità di acquisire, mediante procedura di evidenza pubblica, beni e servizi, qualora i relativi prezzi siano inferiori a quelli emersi dalle gare effettuate dalla CONSIP e dai soggetti aggregatori.
In caso di inosservanza dell’obbligo di ricorrere al soggetto aggregatore, il penultimo periodo del comma in esame (introdotto nel corso dell’esame al Senato) stabilisce che l’AVCP non rilascia alle stazioni appaltanti il codice identificativo di gara (CIG).
Il comma 4 riscrive la disciplina relativa all’acquisizione di lavori, servizi e forniture da parte dei piccoli comuni dettata dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici.
Oltre alla sostituzione del termine “centrale di committenza” con quello di “soggetto aggregatore”, le principali novità introdotte dal comma in esame sono le seguenti:
§ il campo di applicazione della disciplina, in precedenza limitato ai comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, viene esteso a tutti i comuni non capoluogo di provincia;
§ il ricorso a un’unica centrale di committenza (soggetto aggregatore) non è più considerato obbligatorio, ma si prevede che l’acquisizione di lavori, beni e servizi avvenga nell’ambito delle unioni di comuni ovvero tramite un accordo consortile tra i comuni medesimi, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore;
§ tra le varie opzioni percorribili dal Comune nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, viene introdotta la possibilità di ricorrere alle province;
§ viene eliminata la deroga (recentemente introdotta dal comma 343 della legge di stabilità 2014) alla disciplina in questione, per le acquisizioni di lavori, servizi e forniture effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché per lavori, servizi o forniture di importo inferiore a 40.000 euro;
§ nel corso dell’esame al Senato la parte della disposizione che consente ai comuni di avvalersi dei competenti uffici, è stata estesa al fine di includere, tra questi ultimi, anche i competenti uffici delle province;
§ viene mantenuta, nella sostanza, la parte della norma che consente di operare gli acquisti secondo il canale alternativo degli strumenti elettronici di acquisto. Nel corso dell’esame al Senato è stato tuttavia chiarito che tale canale alternativo opera limitatamente all’acquisizione di beni e servizi.
Alla luce delle modiche introdotte, nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, i Comuni non capoluogo di provincia potranno optare, a decorrere dal 1° luglio prossimo[11], per una delle seguenti opzioni alternative:
§ procedere nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti;
§ costituire un apposito accordo consortile tra comuni e avvalersi dei competenti uffici;
§ ricorrere ad un soggetto aggregatore;
§ ricorrere alla province;
§ utilizzare, per l’acquisto di beni e servizi, gli strumenti elettronici di acquisto gestiti dalla CONSIP o da altro soggetto aggregatore di riferimento.
In caso di inosservanza delle procedure di acquisizione previste dal comma in esame, nel corso dell’esame al Senato è stato previsto che l’AVCP non rilasci ai comuni non capoluogo di provincia il Codice Identificativo di Gara (CIG).
Si tratta di una previsione identica a quella introdotta al comma 3, sempre nel corso dell’esame al Senato, per l’inosservanza degli obblighi stabiliti dal medesimo comma.
Il comma 7, primo periodo, impone all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), a partire dal 1° ottobre 2014, di provvedere – tramite la BDNCP (Banca dati nazionale dei contratti pubblici) – a:
§ fornire alle amministrazioni pubbliche un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’AVCP, nel fornire le elaborazioni citate, deve anche tener conto della dinamica dei prezzi dei diversi beni e servizi;
§ pubblicare sul proprio sito web i prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi.
Lo stesso periodo del comma 7 chiarisce che gli obblighi citati:
§ non incidono sulle disposizioni, che restano valide, dettate dall’art. 11 (relative all'ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi attraverso strumenti di centralizzazione e apposite procedure informatiche, nonché la pubblicazione trimestrale sul sito www.acquistinretepa.it delle merceologie interessate) e dalla lettera a), comma 1, dell’art. 17 (sull'elaborazione dei prezzi di riferimento nel settore sanitario), del D.L. n. 98/2011;
§ vengono introdotti nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell'Osservatorio presso l'AVCP[12];
§ sono finalizzati al potenziamento delle attività delle centrali di committenza (al riguardo, andrebbe valutato se specificare il riferimento anche ai soggetti aggregatori).
Il secondo periodo del comma 7 dispone che i prezzi di riferimento pubblicati dall'Autorità e dalla stessa aggiornati entro il 1° ottobre di ogni anno:
§ sono utilizzati per la programmazione dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione;
§ costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all’offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente, in ambito nazionale o nell’ambito territoriale di riferimento, una convenzione stipulata con CONSIP per l'acquisto di beni e servizi (ai sensi del comma 1 dell’articolo 26 della legge n. 488/1999). I contratti stipulati in violazione del predetto prezzo massimo sono nulli.
In fase di prima applicazione, la determinazione dei prezzi di riferimento è effettuata sulla base dei dati rilevati dalle stazioni appaltanti che hanno effettuato i maggiori volumi di acquisto, come risultanti dalla banca dati nazionale dei contratti pubblici (comma 8).
Per finanziare le attività svolte dai soggetti aggregatori, viene istituito - nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - uno specifico Fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2015 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
Si fa notare che nel testo pubblicato si fa riferimento ai soli soggetti aggregatori di cui al comma 1. Nel corso dell’esame al Senato la norma in esame è stata estesa a tutti i soggetti aggregatori, vale a dire quelli di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo in esame.
Nel corso dell’esame al Senato è stato altresì specificato che il
comma in esame fa riferimento alle acquisizioni
di beni e servizi disciplinate dal comma 3, vale a dire i soli casi in cui
si prevede l’obbligo di ricorrere ai soggetti aggregatori.
I criteri di riparto del fondo sono demandati ad apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il comma 10 dispone l’utilizzo di una quota, per l’anno 2014, nel limite di 5 milioni di euro, delle entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali (articolo 1, comma 358, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) negli anni 2012 e 2013:
§ per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria;
§ per il finanziamento delle attività svolte da CONSIP nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012)[13].
A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del personale e dei servizi.
Il comma 4-bis, inserito durante l’esame al Senato, integra le regole di valutazione delle offerte nel caso di contratti pubblici che devono essere affidati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, la disposizione modifica la lettera n) del comma 1 dell’articolo 83 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), al fine di aggiungere l'origine produttiva ai criteri di valutazione dell'offerta pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, che devono essere stabiliti nel bando di gara e che sono elencati a titolo esemplificativo nel comma 1 della citata disposizione.
Ai sensi dell’art. 81 del Codice, nei contratti pubblici la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In questo secondo caso la disciplina applicabile è contenuta nel successivo art. 83; in particolare, il comma 1 di tale disposizione elenca a titolo esemplificativo i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, (ad. es. prezzo, qualità, ecc.) tra i quali la lettera n), che viene novellata dalla norma in commento, indica la sicurezza di approvvigionamento.
Articolo 9
comma 8-bis
(Beni e servizi per i programmi cofinanziati
dall’Unione europea)
Il Senato ha introdotto il comma 8-bis, disponendo che, allo scopo di semplificare e rendere più efficiente l'attuazione dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A., nella sua qualità di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo n. 163 del 2006, sulla base di convenzione disciplinante i relativi rapporti per lo svolgimento di procedure di gara finalizzate all'acquisizione di beni e di servizi strumentali all'esercizio delle relative funzioni da parte delle Autorità di gestione, certificazione e di audit istituite presso le singole amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea.
Ai sensi del
comma 34 dell’articolo 3 (Definizioni)
del citato D.Lgs. n. 163 del 2006[14] per «centrale
di committenza» si intende un'amministrazione aggiudicatrice che:
§
acquista
forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti
aggiudicatori, o
§
aggiudica appalti
pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad
amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
Si ricorda che ai sensi del Regolamento UE n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (FESR, FSE, Fondo di coesione, FEASR e FEAMP) che forniscono il sostegno della politica di coesione, nella parte IV, titolo I, capo II (articoli da 123 a 127) sono contenute le disposizioni relative alle “autorità di gestione e controllo”. In particolare, l’articolo 125 definisce le funzioni dell’autorità di gestione, l’articolo 126 quelle dell’autorità di certificazione e l’articolo 127 quelle dell’autorità di audit.
La disposizione ha inoltre lo scopo di razionalizzare e semplificare i processi di acquisto attraverso una riduzione dei tempi e dei costi delle procedure, favorendo maggiori economie di scala e la riduzione del contenzioso, nonché di generare maggiore trasparenza e correttezza delle procedure di appalto attivate per l’attuazione dei programmi finanziati dai fondi europei.
Articolo 10
(Attività
di vigilanza sui contratti pubblici)
L’articolo 10 disciplina i compiti di vigilanza sulle attività finalizzate all’acquisizione di beni e servizi attribuendole all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture. La norma definisce, inoltre, la procedura per la pubblicazione dei prezzi delle “prestazioni principali” oggetto delle convenzioni CONSIP e le informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all’Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso la medesima Autorità.
Il comma 1 dell'articolo in esame affida alla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) i compiti di vigilanza (come dispone il testo approvato dal Senato: nel testo iniziale infatti si fa riferimento a “compiti di controllo”) sulle attività finalizzate all'acquisizione di beni e servizi, disponendo che li eserciti secondo quanto previsto dal D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).
A tal fine il comma 2 stabilisce che l’Autorità:
a) può avvalersi del supporto della Guardia di finanza, della Ragioneria Generale dello Stato e di altri enti, organismi ed amministrazioni pubblici, sulla base di apposite convenzioni che possono prevedere meccanismi per la copertura dei costi per lo svolgimento delle attività di supporto;
b) riceve dalle amministrazioni pubbliche i
dati sui contratti in essere che, in base al comma 4, devono essere
trasmessi all’Osservatorio istituito presso l’Autorità. Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire, e in tal caso
disciplinare, se i dati e i documenti di cui alle lettere a) e b) del comma 4
dovranno essere trasmessi dalle amministrazioni aggiudicatrici anche
successivamente alla scadenza del 30 settembre 2014 fissata in tale disposizione
e richiamata dalla lettera b) del comma 2;
c) trasmette alle strutture, agli uffici e agli organi preposti alle funzioni di controllo delle amministrazioni pubbliche dati e circostanze ritenuti rilevanti ai fini dell'esercizio delle predette funzioni.
Il comma 3 dispone la pubblicazione, entro il 10 luglio 2014, sul sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze dei prezzi relativi alle prestazioni principali oggetto delle convenzioni stipulate da CONSIP S.p.A.
A tal fine viene prevista la seguente procedura:
1. individuazione (con D.M. economia e finanze, da emanarsi entro il 30 giugno 2014) delle prestazioni principali in relazione alle caratteristiche essenziali dei beni e servizi oggetto delle convenzioni stipulate dalla CONSIP ai sensi dell’art. 26 della L. 488/1999 e a cui è stato possibile ricorrere tra il 1° gennaio 2013 e la data di entrata in vigore del presente decreto-legge;
2. pubblicazione sul sito web del Ministero, entro i successivi 10 giorni, dei prezzi relativi alle prestazioni individuate.
L’articolo 26, comma 1, primo periodo, della citata legge 488/1999 conferisce al Ministero dell’economia la competenza a stipulare – anche avvalendosi di società di consulenza specializzate, quali CONSIP S.p.A. - convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato, anche con il ricorso alla locazione finanziaria. Il secondo periodo del comma 1 dispone che i contratti conclusi con l'accettazione di tali ordinativi non sono sottoposti al parere di congruità economica. L’ultimo periodo del comma 1 dispone che, ove previsto nel bando di gara, le convenzioni possono essere stipulate con una o più imprese alle stesse condizioni contrattuali proposte dal miglior offerente.
Il successivo comma 3 prevede che le amministrazioni pubbliche possono ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche.
In base al comma 4, entro il 30 settembre 2014, le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all'Osservatorio dei contratti pubblici (nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che l’Osservatorio a cui si fa riferimento è quello centrale, istituito presso l’AVCP, e non gli Osservatori regionali) i dati relativi ai contratti in essere alla medesima data:
a) non conclusi attraverso centrali di committenza, di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, aventi ad oggetto una o più delle “prestazioni principali” individuate dal D.M. previsto dal comma 3;
b) aventi ad oggetto beni o servizi di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, stipulati a seguito di procedura negoziata oppure di procedura aperta o ristretta in cui sia stata presentata una sola offerta valida. Per tali contratti deve essere trasmessa anche la determina a contrarre.
L’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture opera presso l’AVCP e i suoi compiti sono
disciplinati dall’articolo 7 del Codice dei contratti che, al comma 8, elenca i
dati e le informazioni che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono
tenuti a comunicare all'Osservatorio, per contratti di importo superiore a
50.000 euro.
La determinazione delle modalità di attuazione del comma 4 e, in particolare, dei dati da trasmettere è demandata, dal comma 5, ad apposita delibera dell’AVCP.
Le amministrazioni aggiudicatrici a cui si applica la norma in esame sono quelle definite dall’art. 3, comma 25, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006), vale a dire le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.
Gli importi delle soglie di rilevanza comunitaria sono indicati dall’art. 28 del Codice e, nel caso di servizi e forniture, sono pari a 134.000 euro (per le amministrazioni aggiudicatrici centrali) e 207.000 euro (negli altri casi[15]).
Relativamente alle citate procedure di aggiudicazione (disciplinate dagli artt. 55, 56 e 57 del Codice), si ricorda, in estrema sintesi, che la procedura aperta è una procedura in cui ogni operatore economico interessato può presentare un'offerta, mentre nella procedura ristretta questa facoltà è limitata agli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti. Nella procedura negoziata, infine, le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto.
Articolo 11
(Riduzione
dei costi di riscossione fiscale)
L’articolo 11, modificato durante l’esame al Senato, dispone la riduzione dei compensi riconosciuti alle banche per il servizio di pagamento di imposte e contributi versati con il modello F24.
Contestualmente, per i versamenti superiori a mille euro o in presenza di compensazioni, si prevede dal 1° ottobre 2014 l’obbligo di utilizzare il modello F24 online.
Le modifiche apportate al Senato hanno eliminato la possibilità, per chi utilizza i servizi telematici per pagare tramite modello F24, di inviare la delega di versamento di un soggetto terzo, mediante addebito su propri strumenti di pagamento.
Il comma 1 dell'articolo 11 mira a ridurre i costi di riscossione fiscale legati ai compensi agli intermediari del servizio F24, vale a dire banche ed altri operatori. A tal fine, si prevede che l’Agenzia delle entrate provvede alla revisione delle condizioni, anche di remunerazione delle riscossioni dei versamenti unitari di cui all’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, del servizio di accoglimento delle deleghe di pagamento, in modo da assicurare una riduzione di spesa pari, per l’anno 2014, al 30 per cento di quella sostenuta nel 2013. Per ciascuno degli anni successivi, dovrà essere assicurata una riduzione di spesa pari al 40 per cento di quella sostenuta nel 2013.
Vengono di conseguenza ridotti i trasferimenti all'Agenzia di 75 milioni di euro per l’anno 2014 e di100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.
Come evidenziato dalla Relazione tecnica, la spesa per commissioni F24 era stata di 256 milioni di euro per l'anno 2013, mentre per l'anno 2014 la nuova articolazione delle imposte locali (IMU, TARI, TASI e code TARES) comporta una tendenza all'aumento, che si intende contrastare. Ai fini del contenimento dei costi in questione, i trasferimenti all'Agenzia delle entrate vengono ridotti e l'Agenzia stessa rivedrà le condizioni, anche di remunerazione, delle riscossioni dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.
Si ricorda che i versamenti unitari indicati dall'articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, più volte modificato (da ultimo, con D.L. n. 16 del 2012) sono i versamenti delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate.
Il modello F24 deve essere utilizzato da tutti i contribuenti, titolari e non titolari di partita Iva, per il versamento di tributi, contributi e premi. Il modello è definito “unificato” perché permette al contribuente di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti. I contribuenti titolari di partita Iva hanno l’obbligo di utilizzare, anche tramite intermediari (professionisti, associazioni di categoria, Caf, ecc.), modalità telematiche di pagamento.
Si segnala che nel DEF 2014, nella sezione dedicata al Programma Nazionale di Riforma, il Governo aveva annunciato l’intenzione di ridurre le commissioni bancarie pagate dallo Stato per la riscossione dei tributi, nell’ambito della politica di revisione della spesa.
Nel corso dell’audizione del 14 aprile - in occasione dell’esame da parte del Parlamento del DEF - l’ABI aveva evidenziato che nel 2013 attraverso il settore bancario sono transitati oltre 477 miliardi di euro e più di 132 milioni di modelli di versamento. Il direttore generale dell’ABI ha dichiarato che i compensi relativi al servizio sono stati rideterminati dall’Associazione di recente, proprio per venire incontro alle esigenze di riduzione dei costi rappresentate dall’Agenzia delle Entrate, con una riduzione in media superiore al 20% rispetto alle condizioni applicate nel 2004. In occasione della ridefinizione di tali compensi, è stato evidenziato come i costi sostenuti dal settore per il servizio, in particolar modo quelli derivanti dall’acquisizione dei modelli F24 cartacei allo sportello, non sono coperti dai compensi ricevuti.
Il comma 2 prevede un sempre più largo uso dei servizi telematici dell'Agenzia delle entrate, i quali sono resi obbligatori in una serie di casi. Si introduce precisamente l'obbligo di effettuare i versamenti on line:
§ esclusivamente direttamente, mediante i servizi telematici messi a disposizione all'Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero;
§ esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo;
§ esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui il saldo finale sia di importo superiore a mille euro.
Secondo la Relazione tecnica, grazie alla diffusione dei canali telematici, meno onerosi rispetto ai mezzi cartacei, c'è da attendersi una riduzione dei compensi F24 di circa 14 milioni di euro annui rispetto al 2013 la quale però, secondo la relazione stessa, verosimilmente sarà riassorbita dai maggiori oneri connessi al passaggio all’F24 delle imposte locali cui si accennava in precedenza.
Durante l’esame del provvedimento al Senato è stato abrogato il comma 3, che contempla e regola i casi delle deleghe di versamento di un soggetto terzo; di conseguenza, per effetto della modifica in commento chi utilizza i servizi telematici per pagare tramite modello F24 non potrà inviare la delega di versamento di un soggetto terzo, mediante addebito su propri strumenti di pagamento. La norma abrogata condizionava tale possibilità al previo rilascio all'intermediario di apposita autorizzazione, anche cumulativa, ad operare in tal senso da parte dell'intestatario effettivo della delega, il quale restava comunque responsabile ad ogni effetto.
Articolo 11-bis
(Norme
in materia di rateazione)
L’articolo 11-bis, introdotto durante l’esame al Senato, consente ai contribuenti che sono decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali non oltre il 22 giugno 2013 di richiedere, entro e non oltre il 31 luglio 2014, la concessione di un nuovo piano di rateazione. Si abroga contestualmente la norma che ha consentito la proroga delle dilazioni concesse fino al 28 dicembre 2011, interessate dal mancato pagamento di una o due rate, contenuta nell’articolo 10, comma 13-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
Numerose disposizioni oggi incentivano il contribuente a rateizzare i debiti tributari (anche tramite l’eliminazione, per quanto possibile, dell'obbligo di prestare idonea garanzia per accedere al beneficio).
Da ultimo, l’articolo 52, comma 1, lettera a) del D.L. n. 69 del 2013 (che ha aggiunto il comma 1-quinquies all’articolo 19 del DPR n. 602 del 1973) ha consentito ai contribuenti l’estensione fino a dieci anni della possibilità di rateazione del pagamento delle imposte (120 rate mensili), nei casi di comprovata e grave situazione di difficoltà, per ragioni estranee alla propria responsabilità, eventualmente prorogabile per lo stesso periodo (la normativa previgente prevede che la dilazione possa essere concessa fino a 72 rate, prorogabili per lo stesso periodo). A tal fine, devono ricorrere congiuntamente due condizioni:
§ l’accertata impossibilità per il contribuente di assolvere il pagamento secondo un piano di rateazione ordinario;
§ la solvibilità del contribuente valutata in relazione al piano di rateazione richiesto.
La decadenza dal beneficio della rateizzazione scatta nel caso del mancato pagamento di otto rate anche non consecutive (in luogo delle previgenti due rate consecutive).
Tale fattispecie si aggiunge all’ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, prevista dal comma 1 del richiamato articolo 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, per il quale è già ammessa una rateazione in 72 rate mensili, e all’ipotesi di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, per il quale il comma 1-bis consente un ulteriore periodo di dilazione del pagamento fino a 72 mesi. Si rammenta che il comma 1-ter (inserito dal D.L. n. 16/2012) consente un piano di rateazione con rate di importo crescente (l’importo minimo della rata è di 100 euro).
La possibilità di rateizzare i debiti si applica anche nei confronti degli enti previdenziali, salvo che nei casi di ottemperanza ad obblighi derivanti da sanzioni comunitarie.
Il decreto del MEF 6 novembre 2013, in attuazione del richiamato articolo 52 del D.L. n. 69/2013, ha individuato quattro tipi di piani di rateizzazione: ordinario (fino a 72 rate), in proroga ordinario (ulteriori 72 rate), straordinario (fino a 120 rate) e in proroga straordinario (ulteriori 120 rate). Per accedervi, coloro che beneficiano di regimi semplificati devono avere un rapporto tra la rata e il reddito superiore al 20%. Le altre imprese, invece, devono avere un rapporto superiore al 10% tra rata e valore della produzione; inoltre, l'indice di liquidità dell'impresa deve essere compreso tra 0,50 e 1. Al decreto sono allegate due tabelle che specificano il numero di rate concedibili all'aumentare del rapporto tra rata e reddito. La proroga è possibile una sola volta a condizione che non sia intervenuta la decadenza. Gli interessati possono optare per la richiesta di un piano ordinario (72 rate) o straordinario (fino a 120). In questo caso, però, devono ricorrere le stesse condizioni richieste per ottenere la prima rateazione straordinaria. E' possibile chiedere rate variabili di importo crescente solo per i piani di rateazione o di proroga ordinari.
La disposizione in commento introduce
un’ulteriore e speciale procedura di
rateazione, applicabile temporaneamente
e alle seguenti condizioni (comma 1):
a) la decadenza
sia intervenuta entro e non oltre il
22 giugno 2013;
b) la richiesta
sia presentata entro e non oltre il 31 luglio 2014.
L’ulteriore rateazione potrà arrivare fino a 72 rate mensili, non sarà prorogabile e i contribuenti cesseranno dal beneficio in
caso di mancato pagamento di due rate
anche non consecutive (comma 2).
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, il richiamato comma 1 fa
riferimento generico ai contribuenti
decaduti dal beneficio della rateazione previsto dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602.
Dal tenore letterale della norma, dunque, la
possibilità di ottenere il nuovo piano di rateazione in esame sembrerebbe
riguardare i contribuenti decaduti da tutte e quattro le tipologie di rateazione
individuate ai sensi del combinato disposto del richiamato articolo 19 del DPR
n. 602 del 1973 e del D.M. 6 novembre 2013 (rateizzazione ordinaria fino a 72
rate, in proroga ordinaria con ulteriori 72 rate, rateizzazione straordinaria
fino a 120 rate e in proroga straordinaria con ulteriori 120 rate). In tal
senso, appare opportuno un chiarimento.
Infine, il comma 3 abroga l'articolo 10, comma 13-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, norma che ha
introdotto la possibilità straordinaria di prorogare
le dilazioni di pagamento dei debiti tributari concesse fino al 28 dicembre 2011, che non fossero ancora prorogate
a tale data, ove interessate dal mancato pagamento della prima rata o,
successivamente, di due rate. La norma ha introdotto la possibilità di
prorogare tali dilazioni per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a
condizione che il debitore comprovi un temporaneo peggioramento della
situazione di difficoltà posta a base della concessione della prima dilazione.
Articolo 12
(Remunerazione
conti di tesoreria e provvigioni
di collocamento dei titoli)
L'articolo 12 è finalizzato ad allineare il periodo di rilevazione dei tassi di interesse corrisposti sulle giacenze dei conti correnti fruttiferi di tesoreria a quello dell’effettiva maturazione. A tal fine si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze di modificare l'articolo 6 del proprio decreto ministeriale del 5 dicembre 2003 riguardante il conto corrente di Cassa Depositi e Prestiti presso la Tesoreria centrale dello Stato, denominato CDP – S.p.A. – gestione separata. (comma 1).
Si ricorda che il citato decreto ministeriale 5 dicembre 2003 è stato adottato in attuazione del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni.
La disposizione in esame, peraltro, non modifica i parametri della remunerazione da corrispondere sulle relative giacenze, che sono indicativi della raccolta postale della Cassa Depositi e Prestiti e rappresentano la media aritmetica semplice tra il tasso medio lordo dei BOT e quello dell’indice Rendistato moltiplicato per il coefficiente 360/365, rilevati con riferimento al semestre precedente. La raccolta postale della Cassa Depositi e Prestiti, di fatto, è composta da depositi a breve termine su libretti e da Buoni postali fruttiferi che invece hanno un termine medio-lungo.
Per limitare gli squilibri connessi a tale diversità, la Relazione illustrativa evidenzia l'opportunità di provvedere ad un più puntuale allineamento, assimilando i relativi periodi di rilevazione a quelli di effettiva maturazione delle giacenze.
Secondo la Relazione tecnica, considerati gli andamenti del mercato dei titoli di Stato e la consistenza delle giacenze cui applicare la remunerazione, sulla base dei dati per il periodo già maturato e tenuto conto dei tassi forward per il futuro prossimo, la norma potrebbe apportare un risparmio di circa 250 milioni di euro.
Il comma 2 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze rimodula le provvigioni di collocamento in asta dei titoli di Stato, in funzione dell’andamento dei tassi di interesse e a tutela del risparmio.
La modulazione delle provvigioni è applicata per mezzo dei rispettivi decreti di emissione dei titoli di Stato. La Relazione illustrativa evidenzia come il sistema preveda la corresponsione delle provvigioni tramite la Banca d’Italia agli intermediari che acquistano i titoli di Stato in asta. Agli intermediari è vietata l’applicazione di commissioni a carico dei risparmiatori: in tal modo gli acquirenti di titoli di Stato accedono al relativo mercato primario a parità di condizioni, senza dover corrispondere commissioni ai propri intermediari. In uno scenario di tendenziale abbassamento dei tassi di interesse sui titoli di Stato, ciò dovrebbe comportare un parallelo abbassamento delle provvigioni.
Nella Relazione tecnica si calcola che, ai volumi attuali, una riduzione di tali provvigioni dello 0,05 per cento genererebbe risparmi di spesa di circa 60 milioni di euro nel corso del 2014 e di circa 90 milioni nel corso del 2015. Tuttavia, date le incertezze sull’andamento dei tassi di interesse in un orizzonte più lungo, gli effetti finanziari della misura per gli anni successivi non sarebbero prevedibili.
Articolo 12-bis
(Pagamento canoni demaniali marittimi)
L’articolo 12-bis, introdotto al Senato, prevede che i canoni delle concessioni demaniali marittime dovuti a partire dall’anno 2014 siano versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno.
Contestualmente si prevede anche che gli enti gestori intensifichino i controlli sull’adempimento del pagamento.
Infine, attraverso una modifica del comma 732 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), il termine temporale previsto per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime è prorogato dal 15 maggio 2014 al 15 ottobre 2014.
La disposizione, riferendosi ai canoni “dovuti a partire dall’anno 2014”, potrebbe anche produrre l’effetto - ma sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo - di prorogare al 15 settembre 2014 il termine per il versamento previsto dalla procedura di pagamento agevolato dei canoni introdotta dai commi 732 e 733 dell’articolo unico della legge di stabilità 2014 (il termine per il pagamento previsto da tale procedura è scaduto, sia per il versamento in unica rata, sia per il versamento della prima rata, il 27 aprile 2014).
I citati commi 732 e 733 consentono la definizione dei procedimenti giudiziari pendenti, alla data del 30 settembre 2013[16], in materia di pagamento dei canoni demaniali marittimi attraverso a) il versamento in un’unica soluzione di un importo pari al 30 per cento delle somme dovute o, in alternativa: b) il versamento fino a un massimo di nove rate annuali di un importo pari al 60 per cento, oltre agli interessi legali. La domanda di definizione deve essere presentata all’Ente gestore e all’Agenzia del demanio entro il 28 febbraio 2014 e perfezionata entro i sessanta giorni successivi (e cioè entro il 27 aprile 2014) con il versamento dell’intero importo ovvero della prima rata.
La disposizione in commento fa riferimento ai canoni demaniali di cui all'articolo 03, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 400/1993. Tale disposizione, come sostituita dal comma 251 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi. In particolare si prevede una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica).
Il comma 252 ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1° gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
Per quanto concerne più in generale la materia dei canoni demaniali marittimi, si ricorda che da ultimo l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
Per ulteriori elementi si rinvia all’approfondimento Le concessioni demaniali marittime all’interno della sezione temi dell’attività parlamentare sul sito internet della Camera dei deputati.
Articolo 13
(Tetto
al trattamento economico del personale pubblico
e delle società partecipate)
L’articolo 13 prevede che, dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo, di cui agli
articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, è
pari a 240.000 euro, al lordo dei
contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del
dipendente.
Viene quindi specificato, nella formulazione approvata dal Senato, che sono fatti salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore alla data del 30 aprile 2014 determinati per effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, qualora inferiori al suddetto limite.
Gli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2001 (e le previsioni dell’art. 1, co. 471-474, L. n. 147/2013, che sono intervenute sulla materia) prescrivono che il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione costituisca parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. La determinazione puntuale è stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: il D.P.C.M. del 23 marzo 2012 ha quantificato in 293.658,95 euro tale indice.
Per il 2014, secondo la comunicazione della Funzione pubblica del 3 febbraio 2014, la retribuzione-soglia per il 2014 è pari a 311.658,53 euro (avendo con nota n. 6651 del 23 gennaio 2014 il Ministero della giustizia comunicato al Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze che nell'anno 2013 il trattamento economico annuale del primo presidente della Corte di cassazione, comprensivo di tutti gli emolumenti spettanti in virtù della carica ricoperta, è stato di quell'importo).
Il precedente “tetto”, dunque, commisurato al trattamento del Primo presidente della Corte di cassazione, non era, di per sé, un indice fisso, considerato che la retribuzione del singolo magistrato che rivesta la carica è determinata da fattori individuali di anzianità di carriera, e vi è insito l'automatico adeguamento alla retribuzione percepita nel corso degli anni.
Pertanto, rispetto alle disposizioni vigenti, introdotte a partire dal 2011,
il parametro muta e non è più costituito dal trattamento economico (variabile)
di una figura pubblica in una posizione apicale (nella specie: il primo
Presidente della Corte di Cassazione), ma da una cifra fissa (240.000 euro
annui al lordo dei contributi e degli oneri fiscali a carico del dipendente),
priva di meccanismi di rivalutazione.
Per quanto riguarda i destinatari della norma, il co. 1 dell’art. 13 fa espresso riferimento agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2001.