Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di professioni dei beni culturali A.C. 362-A - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 362/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 24    Progressivo: 1
Data: 10/01/2014
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI
TUTELA DEL PAESAGGIO     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


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Modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di professioni dei beni culturali

10 gennaio 2014
Elementi per l'esame in Assemblea



Indice

Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|



Contenuto

Il nuovo testo della proposta di legge reca disposizioni in materia di esercizio della professione dei soggetti impegnati nelle attività di tutela, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, a tal fine prevedendo l'istituzione di elenchi nazionali di professionisti.

Esso verte, dunque, nell'ambito della disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi, affrontato in termini generali dalla L. 14 gennaio 2013, n. 4, richiamata nello stesso testo.

L'art. 1, co. 2, della L. 4/2013 dispone che per "professione non organizzata in ordini o collegi" si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo. Individua, inoltre, esplicitamente alcune esclusioni: si tratta delle attività (intellettuali) riservate per legge agli iscritti in albi o elenchi, ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
Per quanto qui interessa, la legge dispone, altresì, che coloro che esercitano la professione possono costituire associazioni professionali di natura privatistica – caratterizzate dall'assenza di scopo di lucro (art. 5, co. 1, lett. f)) – con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
In particolare, le associazioni professionali e le forme aggregative delle stesse associazioni – il cui elenco è pubblicato sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico – collaborano all'elaborazione delle norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI (d'ora in avanti: norme tecniche UNI), di cui alla direttiva 98/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, relative alle singole attività professionali, e possono promuovere la costituzione di organismi accreditati di certificazione della conformità per i settori di competenza. Tali organismi possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista, anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alle norme tecniche UNI definite per la singola professione.
Le associazioni professionali, invece, possono rilasciare ai propri iscritti un'attestazione relativa, tra l'altro, agli standard qualitativi e di qualificazione professionale necessari per il mantenimento dell'iscrizione all'associazione e all'eventuale possesso della certificazione di conformità alle norme tecniche UNI. Il possesso dell'attestazione non rappresenta requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale.

In particolare, l'art. 1 del nuovo testo inserisce nella parte prima (Disposizioni generali) del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) l'art. 9-bis.

Esso, operato un richiamo alla competenza relativa alla tutela e a quella relativa alla valorizzazione dei beni culturali - di cui agli artt. 4 e 7 del d.lgs. 42/2004 - e fatte salve le competenze degli operatori delle professioni già regolamentate, dispone che gli interventi operativi di tutela, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali sono affidati, secondo le rispettive competenze, alla responsabilità e all'attuazione di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell'arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.

L'art. 2, co. 1 - che non costituisce novella del d.lgs. 42/2004 - dispone l’istituzione presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di elenchi nazionali di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali, storici dell'arte, in possesso dei requisiti da individuare ai sensi del co. 2.

Per i restauratori di beni culturali e i collaboratori restauratori di beni culturali - le sole figure già disciplinate dal vigente Codice dei beni culturali e del paesaggio -, il co. 3 fa salvo quanto disposto dall'art. 182 del d.lgs. 42/2004 (modificato con legge 14 gennaio 2013, n. 7. Si veda dossier del Servizio Studi n. 739 del 13 dicembre 2012: in particolare, anche l'art. 182 del d.lgs. 42/2004, come modificato dalla L. 7/2013, prevede l'istituzione di elenchi).

In base al co. 2, le modalità e i requisiti per l’iscrizione degli altri professionisti negli elenchi saranno stabiliti con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare - previo parere delle Commissioni parlamentari - entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, nonché con le rispettive associazioni professionali, individuate ai sensi dell'art. 26 del d.lgs. 206/2007 e della L. 4/2013.

Il decreto – che deve essere emanato in conformità alla normativa dell'Unione europea – definisce anche le modalità per la tenuta degli elenchi in collaborazione con le predette associazioni professionali .

L' art. 26 del d.lgs. 206/2007 ha disposto che, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni da sottoporre alla Commissione europea, il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri convoca conferenze di servizi cui partecipa l'autorità competente (per le attività afferenti al settore del restauro e della manutenzione dei beni culturali, il MIBAC, ex art. 5, co. 1, lett. i)). Sulla ipotesi di piattaforma elaborata vengono sentite, in particolare, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative a livello nazionale. Esse sono sentite anche ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.
Sempre l'art. 26 ha indicato i requisiti da considerare per valutare la rappresentatività a livello nazionale delle associazioni delle professioni non regolamentate. Le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee, e del Ministro competente per materia.
Al riguardo si ricorda che era intervenuto il decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008, poi annullato dal TAR del Lazio, con sentenze nn. 3159 e 3160 dell'11 febbraio 2009, poiché aveva "integrato una disciplina legislativa già di per sé autosufficiente".
Per la disciplina della costituzione delle associazioni professionali ai sensi della L. 4/2013, si veda ante.

Con riferimento alla disciplina dell’Unione europea, si ricorda che, per il diritto europeo, i professionisti sono, al pari delle imprese, soggetti alle regole di concorrenza (dettate dall'art. 101 del Trattato sull'Unione europea, ex art. 81 del TCE). L'UE è dunque particolarmente attenta ai c.d. diritti esclusivi, ovvero a tutte le regolamentazioni che riservino alcune attività a una ristretta categoria di professionisti.
In particolare, l'art. 16 della "direttiva servizi" (Direttiva n. 2006/123/UE) prevede, fra l'altro, che gli Stati membri non possono subordinare l'accesso a un'attività di servizi o l'esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi: a) non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell'ubicazione della sede legale; b) necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell'ambiente; c) proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Il punto (56) dei considerando della direttiva, peraltro, evidenzia che "motivi imperativi di interesse generale" – tra i quali rientrano, in particolare, per quanto qui interessa, la tutela dei consumatori e dei destinatari di servizi, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale (art. 4 della direttiva) – "possono giustificare l'applicazione di regimi di autorizzazione e altre restrizioni", fatto salvo il rispetto dei citati principi di necessità e proporzionalità.
In maniera analoga dispone il D.lgs. n. 59 del 2010, emanato in attuazione della direttiva citata. In particolare – ribadita all'art. 8 la definizione di "motivi imperativi d'interesse generale" recata dall'art. 4 della direttiva – gli artt. 14 e 15 prevedono che, fatte salve le disposizioni istitutive relative ad ordini, collegi e albi professionali, regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione. Ove sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l'accesso e l'esercizio alle attività di servizi devono essere, tra l'altro: non discriminatorie; commisurate all'obiettivo di interesse generale; chiare ed inequivocabili; oggettive; rese pubbliche preventivamente; trasparenti e accessibili.

Il co. 4 dell’art. 2 reca la clausola di neutralità finanziaria.

 

Sintesi
La L. 4/2013
Professionisti competenti ad eseguire interventi su beni culturali
Elenchi nazionali di professionisti
La disciplina sulle associazioni professionali
La disciplina UE


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

La VII Commissione, dopo aver svolto un ciclo di audizioni informali, ha adottato un primo nuovo testo nella seduta del 6 agosto 2013, sul quale sono stati acquisiti i prescritti pareri da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva.

Nella seduta del 5 dicembre 2013 ha, poi, adottato un ulteriore nuovo testo, recependo le condizioni formulate dalla I e dalla V Commissione e apportando ulteriori modifiche.

A seguito dei nuovi pareri espressi, altre modifiche sono state approvate nella seduta del 9 gennaio 2014, nella quale è stato conferito il mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea sul testo come modificato.



I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Sono state recepite le condizioni poste dalla I Commissione (sedute del 18 settembre 2013 e del 18 dicembre 2013), dalla V Commissione (seduta del 16 ottobre 2013; nella seduta dell’8 gennaio 2014 la V Commissione ha espresso parere favorevole) e dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali (seduta del 18 dicembre 2013). In particolare, sulla base dei predetti pareri è stata inserita la clausola di neutralità finanziaria, è stata prevista l’intesa con la Conferenza Stato-regioni ai fini dell’adozione del decreto ministeriale di cui all'art. 2 ed è stata eliminata la previsione in base alla quale lo stesso decreto ministeriale doveva inserire tra i requisiti per l'iscrizione negli elenchi il possesso da parte dei professionisti della certificazione di conformità alla norma tecnica UNI, in considerazione del fatto che, in base alla normativa vigente, il professionista è libero di non iscriversi ad un'associazione e che la citata certificazione UNI non è obbligatoria.

La I Commissione ha anche osservato, in particolare, che occorrerebbe valutare con attenzione:

  • la previsione di emanazione di un decreto ministeriale per l'individuazione delle modalità e dei requisiti per l'iscrizione dei professionisti negli elenchi, alla luce dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione, che attribuisce allo Stato la competenza regolamentare solo nelle materie di legislazione esclusiva;
  • la previsione di una intesa con le associazioni professionali ai fini dell'emanazione dello stesso decreto ministeriale, attribuendo ad un soggetto privato, seppure rappresentativo, un ruolo di «co-decisore» con riferimento ad un atto normativo secondario.

La II Commissione ha espresso parere favorevole con una osservazione (seduta del 17 settembre 2013), richiamata nelle premesse del parere favorevole espresso nella seduta del 12 dicembre 2013.

La X Commissione ha espresso parere favorevole con una osservazione (seduta del 24 settembre 2013).

La XIV Commissione ha espresso parere favorevole con una osservazione nella seduta del 17 settembre 2013 e parere favorevole nella seduta del 18 dicembre 2013.