Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||
Titolo: | Legge annuale per il mercato e la concorrenza - A.C. 3012-B - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 298 Progressivo: 6 | ||
Data: | 17/05/2017 | ||
Organi della Camera: |
VI-Finanze
X-Attività produttive, commercio e turismo |
LEGGE ANNUALE PER IL
MERCATO E LA CONCORRENZA
A.C. 3012-B
MAGGIO 2017
Servizio Studi - Dossier n. 494
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Servizio Studi - Progetti di legge n. 298/6
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AP0029f.docx
I N D I C E
Articolo 1, comma 1 (Finalità)
Articolo 1, commi 2-5 (Obbligo a contrarre)
Articolo 1, comma 12 (Trasparenza
delle variazioni del premio)
Articolo 1, commi 13 e 14 (Misure
relative all'assegnazione delle classi di merito)
Articolo 1, comma 15 (Identificazione
dei testimoni di sinistri con soli danni a cose)
Articolo 1, commi 17-19 (Risarcimento
del danno non patrimoniale)
Articolo 1, commi 21-23 (Ulteriori
misure di contrasto delle frodi assicurative)
Articolo 1, comma 24 (Trasparenza
delle procedure di risarcimento)
Articolo 1, commi 27-32 (Interventi
di coordinamento in materia assicurativa)
Articolo 1, commi 33-37 (Poteri
dell'IVASS per l'applicazione delle norme introdotte)
Articolo, 1, commi 38 e 39 (Fondi pensione)
Articolo 1, comma 40 (Clausola
di neutralità finanziaria)
Articolo 1, comma 47 (Semplificazione delle procedure di
identificazione per la portabilità)
Articolo 1, comma 55 (Aggiornamento registro delle opposizioni)
Articolo 1, comma 56 (Tariffazione delle chiamate verso
numerazioni non geografiche)
Articolo 1, comma 61 (Cessazione del regime di “maggior tutela”
per l’energia elettrica)
Articolo 1, commi 62-65 (Confrontabilità delle offerte)
Articolo 1, commi 73 e 74 (Misure
per garantire l’informazione dei consumatori)
Articolo 1, comma 75 (Fatturazione
dell’acqua)
Articolo 1, commi 76-78 (Riforma
del bonus elettrico e gas)
Articolo 1, commi 79 e 80 (Disposizioni
in materia di maxi-bollette)
Articolo 1, commi 81-89 (Misure
per la trasparenza del mercato dell’energia elettrica e del gas)
Articolo 1, comma 92 (Norme
di separazione per i gestori di sistemi di distribuzione chiusi)
Articolo 1, comma 93 (Imprese
di distribuzione dell'energia elettrica di piccole dimensioni)
Articolo 1, commi 94-98 (Misure
per la distribuzione del gas naturale)
Articolo 1, commi 99 e 100 (Concorrenza nella distribuzione dei
carburanti per autotrazione)
Articolo 1, commi 101-120 (Razionalizzazione della rete di
distribuzione dei carburanti)
Articolo 1, commi 121 e 122 (Gestione autonoma degli imballaggi)
Articolo 1, comma 123 (Determinazione di criteri e modalità
tecniche di trattamento dei RAEE)
Articolo 1, commi 124 e 125 (Raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli
ferrosi e non ferrosi)
Articolo 1, commi 126-130 (Misure di trasparenza nel sistema delle
erogazioni pubbliche)
Articolo 1,commi 131 e 132 (Costo delle chiamate telefoniche ai servizi
di assistenza ai clienti)
Articolo 1,commi 133-135 (Strumenti per favorire il confronto tra
servizi bancari)
Articolo1, comma 142 (Misure per la concorrenza nella professione
forense)
Articolo1, commi 143-148 (Misure per favorire la concorrenza e la
trasparenza nel notariato)
Articolo1, commi 149-150 (Società di ingegneria)
Articolo1, commi 151-153 (Disposizioni sulle professioni
regolamentate)
Articolo 1, commi 154-157 (Esercizio dell’attività odontoiatrica)
Articolo 1, commi 158-164 (Misure
per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica)
Articolo 1, comma 165 (Modifiche del foglietto illustrativo dei
medicinali)
Articolo 1, comma 166 (Orari e turni delle farmacie convenzionate
con il SSN)
Articolo 1, comma 168 (Misure per favorire l'utilizzo dei servizi di
trasporto pubblico locale)
Articolo 1, commi 169 e 170 (Misure di tutela degli utenti dei servizi
di trasporto di linea)
Articolo 1, comma 171 (Noleggio con conducente di velocipedi)
Articolo 1, comma 172 (Semplificazione della riproduzione di beni
culturali)
Articolo 1, commi 173 e 174 (Atti per l’aggiornamento catastale)
Articolo 1, commi 176 e 177 (Semplificazione della circolazione
internazionale di beni culturali)
Articolo,1, commi 180-183 (Delega in materia di autoservizi pubblici
non di linea)
Articolo 1, comma 184 (Locazione senza conducente)
Articolo1, commi 185-188 (Delega per la mobilità sostenibile e lo
sviluppo delle smart city)
Articolo 1, commi 189-193 (Sistema nazionale di monitoraggio della
logistica)
Articolo 1,
comma 1
(Finalità)
Il comma 1, non modificato nel corso
dell’esame al Senato, elenca le
finalità del disegno di legge in esame individuandole nella
rimozione degli ostacoli regolatori all'apertura dei mercati, nella promozione
della concorrenza e nella garanzia della tutela dei consumatori.
Si ricorda che il Governo ha presentato il disegno di legge in esame in data 3 aprile 2015. L’Assemblea della Camera lo ha approvato, con significative modificazioni, in data 7 ottobre 2015. Nel corso dell’esame in Senato, la X Commissione ha approvato numerose modifiche al testo e ha concluso l’esame in data 2 agosto 2016. Il Governo, in data 3 maggio 2017, ha presentato un maxiemendamento che recepisce sostanzialmente – aggiornando in particolare i termini e le date presenti nel testo - le modifiche apportate dalla X Commissione. L’Assemblea del Senato ha approvato, con voto di fiducia, il maxiemendamento del Governo in data 3 maggio 2017. Il disegno di legge è tornato all’esame della Camera per la seconda lettura ed è stato assegnato alle Commissioni VI e X per l’esame in sede referente in data 8 maggio 2017.
L'adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza è stata prevista dall’articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) con le specifiche finalità di rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l’esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori.
La procedura prevede che il Governo, entro 60 giorni dalla trasmissione della relazione annuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (a sua volta presentata entro il 31 marzo), è tenuto a presentare alle Camere un disegno di legge annuale che dovrà contenere, in distinte sezioni, norme di immediata applicazione per l’attuazione dei pareri e delle segnalazioni dell’Autorità, ovvero per le medesime finalità, una o più deleghe al Governo da adottare non oltre centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge e l’autorizzazione all’adozione di eventuali regolamenti, decreti ministeriali e altri atti; disposizioni indicanti i principi che le regioni sono tenute a rispettare per l’esercizio delle relative competenze in materia di concorrenza; norme integrative o correttive di disposizioni in leggi precedenti.
Dall’entrata in vigore della legge 99/2009, la legge annuale per la concorrenza non è mai stata adottata. Con
il disegno di legge in commento il Governo per la prima volta adempie a tale
obbligo.
La
disposizione in esame prevede che promozione, rimozione e garanzia avvengano
anche in applicazione dei princìpi del diritto dell'Unione europea in materia
di libera circolazione, concorrenza ed apertura dei mercati, nonché delle
politiche europee in materia di concorrenza.
L'Unione europea nelle Raccomandazioni del
Consiglio di luglio 2016[1] sul Programma nazionale di riforma 2016
dell'Italia, ha ribadito l’urgenza di una tempestiva attuazione delle
riforme in atto, a partire dalle semplificazioni e dalle liberalizzazioni. In
particolare l’UE ha sottolineato l’importanza di “adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in
sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle
professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al
dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni” (Raccomandazione n. 5).
Nella valutazione globale dei progressi
compiuti rispetto a tale specifica Raccomandazione, la Commissione europea, nel
Country Report di febbraio
2017, riconosce che nel nostro Paese:
§ gli ostacoli alla concorrenza sono ancora notevoli, come confermato
anche dalla Relazione sulla competitività globale 2016-2017 (FEM, 2016);
§ non sono stati compiuti progressi con riferimento alla legge annuale
sulla concorrenza;
§ sono stati raggiunti progressi limitati in relazione alle altre
restrizioni sulla concorrenza.
La Commissione, nel citato Documento,
ricorda inoltre che sono attese da tempo riforme in altri settori importanti
con un notevole potenziale economico, che rappresentano una quota considerevole
del PIL, come il commercio al dettaglio, il sistema di concessioni e i settori
marittimo e idroelettrico (Commissione europea, 2016b). Ad avviso della
Commissione, in questi ultimi due settori, ancora soggetti a regimi di
autorizzazione per un lungo periodo, non si attuano ancora politiche
concorrenziali.
Anche il DEF
2017, pur sottolineando che l’Italia ha adottato nel tempo normative settoriali
di grande impatto sulla concorrenza, che hanno contribuito ad aprire
progressivamente numerosi mercati , riconosce che tra le priorità del Governo
figura “l’esigenza di aprire maggiormente al mercato diversi settori” (dai
servizi professionali, al commercio al dettaglio, ai servizi pubblici locali),
con l’obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai cittadini in termini di
maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita.
In tal senso, “l’approvazione della legge
annuale per la concorrenza in tempi rapidi è un obiettivo imprescindibile,
insieme all’immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui
affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni”. (cfr pag. V-VI e 7 del PNR).
Tra le azioni strategiche del PNR 2017 figura, infatti, l’approvazione del disegno di legge in esame e la predisposizione della nuova legge annuale per la concorrenza per il 2017. Il Cronoprogramma delle riforme incluso nel PNR 2017 individua il termine giugno 2017 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2015 e il termine 2017/2018 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2017, la cui proposta è in corso di elaborazione e che terrà conto della segnalazione annuale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Articolo 1,
commi 2-5
(Obbligo a contrarre)
I commi da 2 a 4 contengono un pacchetto di norme in materia di assicurazioni volto a recepire le proposte formulate nella segnalazione annuale dell'AGCM, in alcuni casi introducendo disposizioni di portata anche più ampia rispetto agli obiettivi della segnalazione. Tra le materie disciplinate si segnalano l'obbligo a contrarre in materia di RC Auto, gli specifici obblighi informativi in capo alle compagnie assicurative, la scontistica in favore del consumatore che accetti determinate condizioni, l'interoperabilità e la portabilità delle scatole nere, il risarcimento del danno biologico, le polizze per assicurazione professionale, il risarcimento diretto.
In particolare, il comma 2 modifica l’articolo 132 del Codice delle assicurazioni private (CAP – D.Lgs. n. 209 del 2005) in materia di obbligo a contrarre da parte delle imprese di assicurazione relativamente all’assicurazione obbligatoria per ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti (RC Auto).
Analogamente a quanto previsto dalla norma vigente, i commi 1 e 1-bis dell’articolo 132 prevedono che le imprese di assicurazione devono stabilire preventivamente le condizioni di polizza e le tariffe relative all’assicurazione obbligatoria, comprensive di ogni rischio derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Le imprese di assicurazione sono tenute ad accettare le proposte che sono loro presentate secondo le condizioni e alle tariffe predette, fatta salva la necessaria verifica della correttezza dei dati risultanti dall’attestato di rischio, nonché dell’identità del contraente e dell’intestatario del veicolo, se persona diversa.
Rispetto alla formulazione vigente, il nuovo comma 1-ter precisa che la suddetta verifica deve essere effettuata anche mediante consultazione delle banche dati di settore e dell’archivio antifrode istituito presso l’IVASS. Qualora dalla consultazione risulti che le informazioni fornite dal contraente non sono corrette o veritiere, le imprese di assicurazione non sono tenute ad accettare le proposte loro presentate. Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto che, in caso di mancata accettazione della proposta, le imprese di assicurazione ricalcolano il premio e inviano un nuovo preventivo al potenziale cliente.
Il comma 3 modifica la procedura sanzionatoria in caso di inosservanza da parte delle imprese di assicurazione dell’obbligo a contrarre. Il comma 4 eleva la sanzione in caso di rifiuto o l'elusione dell'obbligo a contrarre.
Il comma 5 apporta una modifica di coordinamento tra testi.
Si ricorda che l’articolo 21 del D.L. n. 179 del 2012 ha previsto l’istituzione presso l’IVASS di un archivio informatico integrato connesso con una serie di banche dati esistenti, con la finalità di favorire la prevenzione e il contrasto delle frodi nel settore RC Auto, per migliorare l’efficacia dei sistemi di liquidazione dei sinistri e per individuare i fenomeni fraudolenti. In particolare si prevede che esso sia connesso con:
§ la banca dati degli attestati di rischio (prevista dall'articolo 134 del D.Lgs. n. 209 del 2005, Codice delle Assicurazioni Private);
§ la banca dati sinistri e le banche dati anagrafe testimoni e anagrafe danneggiati (istituite dall'articolo 135 del medesimo CAP);
§ l'archivio nazionale dei veicoli e l'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida (istituiti dall'articolo 226 del codice della strada);
§ il Pubblico Registro Automobilistico, istituito presso l’ACI;
§ i dati a disposizione della CONSAP per la gestione del fondo di garanzia per le vittime della strada (di cui all'articolo 283 del CAP) e per la gestione della liquidazione dei danni a cura dell'impresa designata (di cui all'articolo 286 del CAP)
§ i dati a disposizione per i sinistri con veicoli immatricolati in Stati esteri gestiti dall'Ufficio centrale italiano di assicurazione per l’Italia che ha il compito di gestire le pratiche di sinistro per i veicoli a motore in circolazione internazionale ed è disciplinato dagli articoli 125 e 126 del CAP;
§ ulteriori archivi e banche dati pubbliche e private, individuate con decreto interministeriale.
In attuazione di quanto previsto dall'articolo 21, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, il decreto 11 giugno 2015, n. 108 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015) ha istituito l'archivio informatico integrato di cui si avvale l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (IVASS) per l'individuazione e il contrasto delle frodi assicurative nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Lo scopo dell'archivio informatico integrato è quello di fornire alle imprese di assicurazione (nonché all'autorità giudiziaria e alle forze di polizia) indicazioni sul livello di anomalia di ogni sinistro comunicato alla banca dati sinistri, utilizzando idonei indicatori, ottenuti dalle verifiche e dalle integrazioni delle informazioni contenute negli altri archivi connessi, in modo da consentire di porre in essere un'attività antifrode più mirata ed efficace.
Il regolamento prevede la connessione dell'archivio integrato con le seguenti banche dati: a) banca dati dei contrassegni assicurativi; b) archivio nazionale dei veicoli; c) anagrafe nazionale degli abilitati alla guida; d) PRA: il pubblico registro automobilistico; e) ruolo dei periti assicurativi.
Si evidenzia che l’articolo 1, comma 31, del disegno di legge in esame, (su cui si veda oltre), modificando l’articolo 21 del D.L. n. 179 del 2012, estende l’ambito di operatività dell’archivio informatico integrato dell’IVASS, prevedendo che esso sia inoltre connesso con:
§ gli archivi del casellario giudiziale e dei carichi pendenti istituiti presso il Ministero della giustizia;
§ l’Anagrafe Tributaria, limitatamente alle informazioni di natura anagrafica, incluso il codice fiscale o la partita IVA;
§ l’Anagrafe nazionale della popolazione residente;
§ il Casellario Centrale Infortuni presso l’INAIL.
Si segnala che, rispetto al vigente articolo 132 del CAP, sono state espunte le disposizioni che fanno riferimento alla riduzione delle tariffe in caso di ispezione del veicolo e in caso di installazione della scatola nera. Tali disposizioni, peraltro, sono state trasfuse nel nuovo articolo 132-ter del CAP previsto dal successivo comma 6, insieme ad altri casi che danno luogo a sconti obbligatori.
Il comma 3 modifica la procedura sanzionatoria in caso di inosservanza da parte delle imprese di assicurazione dell’obbligo a contrarre. In particolare, aggiunge il comma 3-bis all’articolo 132 del CAP, prevedendo che - in caso di segnalazione di violazione o elusione dell'obbligo a contrarre, incluso il rinnovo - i termini regolamentari di gestione dei reclami da parte dell'IVASS sono dimezzati.
Si ricorda che la procedura di presentazione dei reclami all'IVASS è attualmente disciplinata dal Regolamento 19 maggio 2008, n. 24.
Decorso inutilmente il termine, l'IVASS provvede a comminare le sanzioni, previste dall'articolo 314 del CAP per il caso di rifiuto ed elusione dell'obbligo a contrarre e divieto di abbinamento.
Il comma 4 eleva la sanzione prevista dal suddetto articolo 314, in caso di rifiuto o l'elusione dell'obbligo a contrarre di cui all'articolo 132, comma 1, nel minimo e nel massimo edittale, ora definiti in 1.500 euro e 4.000 euro a 2.500 euro e 15.000 euro.
Il comma 5 apporta una modifica di coordinamento all’articolo 32 del D.L. n. 1 del 2012, i cui commi 1-bis e 1-ter prevedono l’emanazione rispettivamente di un regolamento dell’IVASS e di un decreto ministeriale per l’attuazione della norma che ha previsto la riduzione delle tariffe in caso di installazione della scatola nera (il comma 1 dello stesso articolo 32 del D.L. n. 1 del 2012, che ha modificato il vigente articolo 132 del CAP). Con la modifica in esame si fa riferimento al nuovo articolo 132-ter del CAP, introdotto dall’articolo 1, comma 6, del disegno di legge in esame.
Si ricorda che l’articolo 32, comma 1-bis, del D.L. n. 1 del 2012 prevede che con regolamento dell’IVASS di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Garante per la protezione dei dati personali (da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 1 del 2012) sono stabilite le modalità di raccolta, gestione e utilizzo, in particolare ai fini tariffari e della determinazione delle responsabilità in occasione dei sinistri, dei dati raccolti dalle scatole nere, nonché le modalità per assicurare la loro interoperabilità in caso di sottoscrizione da parte dell'assicurato di un contratto di assicurazione con impresa diversa da quella che ha provveduto ad installare tale meccanismo. Il 19 marzo 2013 è stato messo in consultazione il relativo schema di regolamento che non è stato tuttavia emanato.
Il comma 1-ter dell’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012 prevede l’emanazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della relativa legge di conversione (25 marzo 2012), di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali al fine di definire lo standard tecnologico comune hardware e software, per la raccolta, la gestione e l'utilizzo dei dati raccolti dai meccanismi elettronici (scatole nere), al quale le imprese di assicurazione dovranno adeguarsi entro due anni dalla sua emanazione. Il decreto non è stato ancora emanato. Il Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato di averne notificato uno schema alla Commissione UE nel settembre 2012, ai sensi della Direttiva 98/34/CE.
Articolo 1,
commi 6-11
(Trasparenza
e risparmi in materia di assicurazione obbligatoria
per i veicoli a motore)
Il comma 6, modificato nel corso dell’esame al Senato, inserisce nel CAP (codice delle assicurazioni private) i nuovi articoli 132-bis (Obblighi informativi degli intermediari) e 132-ter (Sconti obbligatori).
L’articolo 132-bis prescrive l’obbligo per gli intermediari, prima della sottoscrizione di un contratto RC Auto, di informare il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di cui sono mandatari relativamente al contratto base.
L’articolo 132-ter disciplina le condizioni in presenza di almeno una delle quali ha luogo uno sconto del prezzo della polizza, determinato dall’impresa nei limiti stabiliti dall’IVASS. In particolare danno luogo allo sconto: l’ispezione del veicolo; l’installazione della scatola nera (meccanismo elettronico che registra l'attività del veicolo) ovvero di altri dispositivi individuati con decreto ministeriale; l’installazione (o comunque la presenza) del meccanismo che impedisce l’avvio del motore per elevato tasso alcolemico.
Nel corso dell’esame al Senato è stato assegnato all'IVASS il compito di definire, con proprio regolamento, criteri e modalità nell'ambito dei processi di costruzione della tariffa e di ricalcolo del premio per la determinazione da parte delle imprese di assicurazione dello sconto. L’IVASS deve inoltre definire i criteri e le modalità per la determinazione da parte delle imprese di assicurazione di uno sconto aggiuntivo e significativo da applicare ai soggetti residenti nelle province a maggiore tasso di sinistrosità e con premio medio più elevato (individuate dall’IVASS con cadenza almeno biennale) che non abbiano provocato sinistri con responsabilità esclusiva o principale o paritaria negli ultimi quattro anni e che abbiano installato o installino la scatola nera. Anche in questo caso lo sconto deve essere dettagliato nel preventivo e nel contratto. L’IVASS vigila sull’applicazione delle nuove norme e, in caso di violazioni, applica le sanzioni amministrative pecuniarie.
Il comma 7 prevede che il regolamento con cui l’IVASS definisce i criteri e le modalità per la determinazione dello sconto sulla polizza dovrà essere adottato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.
Il comma 8 stabilisce che, in sede di prima attuazione, la lista delle province a maggiore tasso di sinistrosità e con premio medio più elevato dovrà essere individuata dall’IVASS entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge (inserito nel corso dell’esame al Senato).
Il comma 9 mantiene ferma la
facoltà per l'assicurato di ottenere l'integrale risarcimento per la
riparazione a regola d'arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese
abilitate di autoriparazione di propria fiducia. In tal caso l'impresa di
autoriparazione deve fornire la documentazione fiscale e una idonea garanzia
sulle riparazioni effettuate, con una validità non inferiore a due anni per
tutte le parti non soggette a usura ordinaria.
Il comma 10 prevede la definizione di linee guida finalizzate a determinare gli strumenti, le procedure, le soluzioni realizzative e gli ulteriori parametri tecnici per l'effettuazione delle riparazioni a regola d'arte. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che tale definizione, da parte delle associazioni nazionali maggiormente rappresentative del settore dell'autoriparazione, dell'ANIA e delle associazioni dei consumatori, deve avvenire sulla base di criteri oggettivi e facilmente riscontrabili.
Il comma 11 reca una ulteriore ipotesi di sconto significativo sul prezzo della polizza nel caso in cui l’assicurato contragga più polizze sottoscrivendo una clausola di guida esclusiva.
In particolare, il comma 6 inserisce nel CAP i nuovi articoli 132-bis (Obblighi informativi degli intermediari) e 132-ter (Sconti obbligatori).
L’articolo 132-bis prescrive l’obbligo per gli intermediari, prima della sottoscrizione di un contratto RC Auto, di informare il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di cui sono mandatari relativamente al contratto base.
L’articolo 22, comma 4, del D.L. n. 179 del 2012 ha previsto la definizione con decreto ministeriale di uno schema di contratto di base di assicurazione per la RC Auto, nel quale prevedere tutte le clausole necessarie ai fini dell’adempimento dell’assicurazione obbligatoria. Ogni compagnia assicurativa, nell’offrirlo obbligatoriamente al pubblico anche attraverso internet, deve definirne il costo complessivo individuando separatamente ogni eventuale costo per eventuali servizi aggiuntivi. Il 14 febbraio 2013 è stato presentato uno schema di decreto che tuttavia non è stato emanato.
Il comma 5 dell’articolo 22 prevede che ciascuna impresa di assicurazione determini liberamente il prezzo del contratto di base e delle ulteriori garanzie e clausole e formuli, obbligatoriamente, la relativa offerta al consumatore anche tramite il proprio sito internet, eventualmente mediante link ad altre società del medesimo gruppo, ferma restando la libertà di offrire separatamente qualunque tipologia di garanzia aggiuntiva o diverso servizio assicurativo.
L'offerta di cui al comma 5 deve utilizzare il modello elettronico predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, sentita l'IVASS, in modo che ciascun consumatore possa ottenere - ferma restando la separata evidenza delle singole voci di costo - un unico prezzo complessivo annuo secondo le condizioni indicate e le ulteriori clausole selezionate (comma 6).
Il comma 7 stabilisce che tali disposizioni trovano applicazione decorsi 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012.
Si ricorda, inoltre, che lo stesso articolo 22 del D.L. n. 179 del 2012, oltre a rafforzare i requisiti professionali degli intermediari assicurativi favorendone la formazione per via telematica, ha previsto che gli intermediari assicurativi possano collaborare tra loro, anche mediante l’utilizzo dei rispettivi mandati, garantendo piena informativa e trasparenza nei confronti dei consumatori. Ogni patto contrario tra compagnia assicurativa e intermediario mandatario è nullo. All’IVASS è attribuita la vigilanza in materia ed è data inoltre la possibilità di adottare le più opportune direttive per la corretta applicazione della norma. L’intento dichiarato della norma era quello di favorire il superamento della segmentazione del mercato assicurativo e di accrescere il grado di libertà dei diversi operatori. Tale disciplina si pone in linea di continuità con quanto previsto dai c.d. decreti Bersani (articolo 8 del D.L. n. 223 del 2006 e articolo 5, comma 1, del D.L. n. 7 del 2007), i quali hanno disposto il divieto di clausole di esclusiva tra agente assicurativo e compagnia, in funzione dello sviluppo di reti di plurimandato. Il plurimandato nel settore assicurativo è stato più volte auspicato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
L’articolo 132-bis, comma 2, prevede inoltre che gli intermediari forniscono l’indicazione dei premi offerti dalle imprese di assicurazione mediante collegamento telematico al preventivatore: esso sarà consultabile nei siti internet dell’IVASS e del MiSE e senza obbligo di rilascio di supporti cartacei.
Il preventivatore cui si riferisce la norma è, attualmente, il “TuOpreventivatOre”. Si tratta di uno strumento gratuito e anonimo per confrontare - in base alla loro convenienza economica - i preventivi RC Auto di tutte le imprese presenti sul mercato. Attraverso il sito, tuttavia, non è possibile acquistare la polizza. I preventivi elaborati dal sistema sono comunque vincolanti per le imprese per almeno 60 giorni dalla data del loro ricevimento e comunque non oltre la durata della tariffa in corso.
L’articolo 132-bis, comma 3, assegna all’IVASS il compito di adottare le disposizioni attuative in modo da garantire l’accesso e la risposta per via telematica, sia ai consumatori che agli intermediari, esclusivamente per i premi applicati dalle imprese di assicurazione per il contratto base relativo ad autovetture e motoveicoli. Con le stesse disposizioni sono definite le modalità attraverso le quali, ottenuti i preventivi sulla base delle informazioni inserite nel servizio informativo, è consentita la conclusione del contratto, a condizioni non peggiorative rispetto a quanto indicato nel preventivo stesso, o presso un’agenzia della compagnia ovvero, per le imprese che lo prevedano, attraverso un collegamento diretto al sito internet di ciascuna compagnia di assicurazione. Il contratto stipulato in assenza della dichiarazione di avvenuta ricezione di informazioni è affetto da nullità, rilevabile solo in favore dell’assicurato (comma 4).
L’articolo 132-ter disciplina le diverse condizioni che, qualora accettate dall’assicurato, danno luogo ad uno sconto del prezzo della polizza determinato dall’impresa nei limiti stabiliti dall’IVASS. Questi i requisiti per ciascuna delle condizioni:
a)
l'ispezione
del veicolo è proposta dall’impresa di assicurazione ed avviene a spese
della stessa impresa;
si segnala che il vigente
articolo 132 del CAP già prevede una riduzione del premio in caso di ispezione
volontaria del veicolo. La norma vigente, inoltre, dispone che i costi di
installazione, disinstallazione, sostituzione, funzionamento e portabilità sono
a carico delle compagnie;
b)
l’installazione
della scatola nera può essere proposta dalla impresa di assicurazione o può
essere già avvenuta in passato (purché siano portabili, come precisato nel corso dell’esame al Senato). In particolare la norma fa
riferimento ai meccanismi elettronici che registrano l’attività del veicolo, cd.
scatola nera o equivalenti, ovvero ulteriori dispositivi, individuati con
decreto ministeriale per i soli requisiti funzionali minimi necessari a
garantire l’utilizzo dei dati raccolti, in particolare, ai fini tariffari e
della determinazione della responsabilità in occasione dei sinistri.
Il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con
il Ministero dello sviluppo economico, volto ad individuare le caratteristiche
degli ulteriori dispositivi deve essere adottato entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della disposizione in esame.
Si segnala che, in osservanza di quanto stabilito dal vigente articolo 132 del
CAP, è ad oggi vigente il Decreto 25 gennaio 2013 che individua i meccanismi
elettronici che registrano l'attività del veicolo.
c) installazione di meccanismi elettronici che impediscono l’avvio del motore a seguito del riscontro di un tasso alcolemico da parte del guidatore superiore ai limiti stabiliti dalla legge per la conduzione di veicoli a motore; tali meccanismi possono essere già presenti sul veicolo (precisazione inserita al Senato).
Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato il procedimento attraverso il quale saranno definiti gli sconti sulle polizze (commi 2-11 dell’articolo 132-ter).
In particolare spetta ad un regolamento dell'IVASS definire criteri e modalità - nell'ambito dei processi di costruzione della tariffa e di ricalcolo del premio - per la determinazione da parte delle imprese di assicurazione dello sconto. Per parte loro le imprese di assicurazione definiscono uno sconto significativo (in connessione con le predette condizioni di attenuazione del rischio), evidenziando - in sede di preventivo e nel contratto, in caso di accettazione da parte del contraente - lo sconto praticato rispetto al prezzo ordinario della polizza (comma 2 dell’articolo 132-ter).
All'IVASS compete anche l'individuazione biennale, sulla scorta
di dati in proprio possesso e di indagini statistiche, delle province a maggiore tasso di sinistrosità e
con premio medio più elevato (comma
3). Di tale premio il regolamento terrà conto (unitamente a quelli
praticati coeteris paribus nelle
altre province a più bassa sinistrosità) per definire i criteri e le modalità
finalizzati alla determinazione da parte delle imprese di assicurazione di uno sconto aggiuntivo e significativo
rispetto a quello predetto: esso andrà applicato ai soggetti residenti nelle
province a maggiore sinistrosità, che non abbiano
provocato sinistri con responsabilità esclusiva o principale o paritaria negli
ultimi quattro anni sulla base dell'evidenza dell'attestato di rischio, e che
abbiano installato o installino, a seguito della stipula del contratto, la
scatola nera o ulteriori dispositivi equivalenti. Parametri oggettivi, per il
calcolo dello sconto aggiuntivo, sono la frequenza dei sinistri e il relativo
costo medio; non potranno comunque sussistere differenziali di premio che non
siano giustificati da specifiche evidenze sui differenziali di rischio (commi 4 e 5). Nel corso dell’esame al Senato è stata introdotta una clausola di
invarianza finanziaria (comma 6).
Le imprese di assicurazione, in
attuazione dei criteri stabiliti dall'IVASS, a
decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, devono applicare lo
sconto aggiuntivo predetto ed evidenziare in sede di preventivo e nel
contratto, in caso di accettazione da parte del contraente, lo sconto
praticato, in valore assoluto e in percentuale, rispetto al prezzo della
polizza altrimenti applicato. Lo sconto si applica ai nuovi contratti o in occasione del rinnovo di quelli in essere (comma
7).
Sono previste ulteriori forme di pubblicità che
comportano l'obbligo di pubblicazione sul sito internet dell'impresa degli sconti effettuati, senza che
venga meno l'obbligo di rispettare tutti i restanti parametri stabiliti dal
contratto di assicurazione (comma 8).
Nel corso dell’esame al Senato è stato inoltre assegnato all’IVASS il compito di verificare che le imprese assicurative
tengano effettivamente conto, nel processo di costruzione della tariffa e di
ricalcolo del premio, dei criteri definiti dal regolamento e del rispetto dei
criteri e delle modalità finalizzati alla determinazione dello sconto
significativo ed aggiuntivo. L’IVASS opera attraverso
periodiche verifiche a campione,
anche in via ispettiva ovvero a seguito di circostanziata segnalazione da parte
di terzi (comma 9). L’IVASS deve inoltre verificare che lo sconto aggiuntivo
nelle province a maggiore tasso di sinistrosità
e con premio medio più elevato garantisca effettivamente la progressiva riduzione delle differenze dei
premi applicati sul territorio nazionale nei confronti di assicurati con le
medesime caratteristiche soggettive e collocati nella medesima classe di merito
(comma 10).
Il mancato rispetto da parte
delle imprese dei criteri e delle modalità per la determinazione degli sconti e
dell’obbligo di riduzione del premio nei casi previsti comporta l’applicazione
da parte dell’IVASS di una sanzione amministrativa
pecuniaria da 10.000 euro a 80.000 euro (importi elevati nel corso
dell’esame al Senato) e la riduzione automatica del premio di
assicurazione relativo al contratto in essere (comma 11).
I costi della scatola nera
e del meccanismo che impedisce l’avvio del motore per elevato tasso alcolemico, sono a carico
dell’impresa relativamente all’installazione, alla disinstallazione e alle
spese di funzionamento (introdotto
nel corso dell’esame al Senato),
sostituzione e portabilità, mentre la titolarità delle dotazioni spetta
all’assicurato. La riduzione di premio praticata dall'impresa di assicurazione
si applica, altresì, in caso di contratto stipulato con un nuovo assicurato e
in caso di scadenza di un contratto o di stipulazione di un nuovo contratto di
assicurazione fra le stesse parti. Resta fermo l'obbligo di rispettare i
parametri stabiliti dal contratto di assicurazione (comma 12 dell’articolo 132-ter).
Il comma 7 del dD.L. prevede che il regolamento con cui l’IVASS definisce i criteri e le modalità per la determinazione dello sconto sulla polizza dovrà essere adottato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.
Il comma 8, inserito nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che, in sede di prima attuazione, la lista delle province a maggiore tasso di sinistrosità e con premio medio più elevato dovrà essere individuata dall’IVASS entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge.
Il comma 9 - con una aggiunta all’articolo
148 del CAP - mantiene ferma la facoltà per l'assicurato di ottenere
l'integrale risarcimento per la riparazione a regola d'arte del veicolo
danneggiato avvalendosi di imprese abilitate di autoriparazione di propria
fiducia. In tal caso l'impresa di autoriparazione deve fornire la documentazione
fiscale e una idonea garanzia sulle riparazioni effettuate, con una validità
non inferiore a due anni per tutte le parti non soggette a usura ordinaria.
Il comma 10 prevede la definizione di linee guida finalizzate a determinare gli strumenti, le procedure, le soluzioni realizzative e gli ulteriori parametri tecnici per l'effettuazione delle riparazioni a regola d'arte. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che tale definizione, da parte delle associazioni nazionali maggiormente rappresentative del settore dell'autoriparazione, dell'ANIA e delle associazioni dei consumatori, deve avvenire sulla base di criteri oggettivi e facilmente riscontrabili.
Il comma 11 reca una ulteriore ipotesi di sconto significativo sul prezzo della polizza nel caso in cui l’assicurato contragga più polizze sottoscrivendo una clausola di guida esclusiva.
Articolo 1,
comma 12
(Trasparenza
delle variazioni del premio)
Il comma 12, modificato nel corso dell’esame al Senato, con una modifica all’articolo 133 del CAP, prevede che, nel caso di contratti con clausola bonus-malus, la variazione del premio, in aumento o in diminuzione rispetto alla tariffa in vigore applicata dall’impresa, deve essere indicata, in valore assoluto e in percentuale, nel preventivo del nuovo contratto o del rinnovo.
L’articolo 133 del CAP disciplina le condizioni di polizza che prevedono ad ogni scadenza annuale la variazione in aumento od in diminuzione del premio applicato all'atto della stipulazione o del rinnovo, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste fra le due tipologie (sistema bonus-malus).
Con una modifica introdotta dal decreto-legge n. 1 del 2012 (articolo 34-bis) è stato previsto che la variazione in diminuzione del premio si applica automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto. Il mancato rispetto di tale disposizione comporta l’applicazione, da parte dell’ISVAP (ora IVASS), di una sanzione amministrativa da 1.000 euro a 50.000 euro.
Si ricorda che l’ISVAP, con una lettera al mercato del 19 aprile 2012, ha ritenuto che la norma, peraltro assistita da una sanzione specifica, garantisca al consumatore, oltre a condizioni di maggiore trasparenza, benefici in termini di riduzioni di premio in assenza di sinistri rispetto all’annualità precedente. In sostanza l’Autorità di vigilanza ha interpretato la modifica dell’articolo 133 nel senso di garantire all’assicurato, all’inizio di una nuova annualità, il pagamento di un premio inferiore a quello pagato nell’annualità precedente.
Tale interpretazione è stata contestata dalle imprese di assicurazione le quali hanno impugnato la nota dell’ISVAP davanti al TAR del Lazio, il quale su tale punto ha dichiarato che essa non rivestirebbe alcun valore provvedimentale in quanto espressione di mere indicazioni interpretative, insuscettibili di recar vincolo (e danno immediato) per le imprese e, ancor prima, di essere oggetto di autonoma impugnazione.
Si evidenzia che con la modifica prevista dal comma 12 in esame anche la variazione in aumento si applicherà automaticamente, fatte salve le migliori condizioni, nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto.
Articolo 1,
commi 13 e 14
(Misure
relative all'assegnazione delle classi di merito)
Il comma 13, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede il divieto per le imprese di assicurazione di differenziare la progressione e la attribuzione delle classi di merito interne in funzione della durata del rapporto contrattuale tra l'assicurato e la medesima impresa. Analogo divieto è disposto quando la differenziazione (o l'attribuzione) avviene in base a parametri che ostacolino la mobilità tra diverse compagnie assicurative. In particolare, le imprese di assicurazione devono garantire, nell'ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi identiche caratteristiche di rischio del soggetto che stipula il nuovo contratto (nuovo comma 1-bis dell’articolo 133 del CAP).
Il comma 14, modificando l’articolo 134
del CAP, prevede la garanzia della parità
di trattamento a parità delle caratteristiche di rischio, vietando la
distinzione in funzione della durata del rapporto, nel caso di una polizza
stipulata usufruendo del c.d. decreto
Bersani. Inoltre, le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito e i conseguenti incrementi del premio
per gli assicurati che hanno fatto (o accettano di fare) installare la scatola
nera devono essere inferiori a quelli altrimenti applicati.
In particolare, il comma 13 aggiunge il comma
1-bis all’articolo 133 in materia
di formule tariffarie, introducendo il predetto divieto per le imprese
di assicurazione di differenziare la progressione e l'attribuzione delle classi
di merito interne in funzione della durata del rapporto contrattuale tra
l’assicurato e la medesima impresa.
Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 133 prevede che i contratti di assicurazione debbono essere stipulati in base a condizioni di polizza che prevedano ad ogni scadenza annuale la variazione in aumento od in diminuzione del premio applicato all'atto della stipulazione o del rinnovo, in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo, oppure in base a clausole di franchigia che prevedano un contributo dell'assicurato al risarcimento del danno o in base a formule miste fra le due tipologie.
Il comma 14 modifica i commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 134, introdotti dal decreto-legge n. 7 del
2007 (c.d. decreto Bersani) e aggiunge un comma 4-ter.1.
Il vigente comma 4-bis stabilisce che nel caso di un nuovo contratto di assicurazione obbligatoria relativo a un veicolo acquistato da una persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare, la compagnia non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato.
La lettera a) del comma 14 aggiunge che in tale caso la compagnia non può discriminare in funzione della durata del rapporto garantendo, nell’ambito della classe di merito, le condizioni di premio assegnate agli assicurati aventi le stesse caratteristiche di rischio del soggetto che stipula il nuovo contratto. In tal modo si intende contrastare il sistema delle sottoclassi applicate dalle compagnie.
Con il sistema delle sottoclassi interne le compagnie sono in grado di attenuare gli effetti del decreto Bersani. Si consideri l’esempio di un neopatentato convivente con un familiare con la prima classe di merito universale (CU1, ovvero da 13 anni senza sinistri). Le compagnie, in tal caso, sono obbligate ad assegnare al neopatentato che ne faccia richiesta la CU1. Tuttavia esse, in realtà, hanno assegnato il “padre” in una sottoclasse della CU1 a cui corrisponde un premio ridotto. La norma vigente le obbliga ad assegnare la stessa classe universale, ma non la stessa sottoclasse. In tal modo il premio del neopatentato risulterà più alto di quello pagato dal “padre” inserito nella sottoclasse.
Si evidenzia che la modifica in esame costituisce una puntuale attuazione di quanto auspicato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione inviata il 4 luglio 2014 al Parlamento e al Governo per la predisposizione del disegno di legge in esame.
La lettera b) del comma 14 prevede inoltre che le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito e i
conseguenti incrementi del premio per gli assicurati che hanno fatto installare
la scatola nera (articolo 132-ter, comma 1, lettera b)) devono
essere inferiori a quelli altrimenti applicati.
Il vigente comma 4-ter dell’articolo 134 del CAP prevede che al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, ovvero, in via provvisoria, salvo conguaglio, in caso di liquidazione parziale, la responsabilità si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri.
La lettera c) inserisce un nuovo
comma 4-ter.1 con il quale si
prevede che, in caso di sinistro, qualora l’assicurato accetti l’installazione
di uno dei dispositivi di cui all’articolo 132-ter (ovvero, la scatola nera o il meccanismo elettronico che
impedisce l’avvio del motore a seguito del riscontro di un tasso alcolemico), le variazioni
peggiorative apportate alla classe di merito e i conseguenti incrementi del
premio devono essere inferiori a quelli altrimenti applicati.
Articolo 1,
comma 15
(Identificazione
dei testimoni di sinistri con soli danni a cose)
Il comma 15 modifica la procedura di identificazione
dei testimoni in caso di sinistri con soli danni a cose, al fine di evitare
i cd. testimoni di comodo.
In particolare il comma 15 introduce tre
nuovi commi all’articolo 135 del CAP, il quale disciplina la banca dati sinistri e le banche dati anagrafe
testimoni e anagrafe danneggiati. Il nuovo comma 3-bis dell’articolo
135 prescrive che, in caso di sinistri con soli danni alle cose, l’identificazione
di eventuali testimoni sul luogo di accadimento dell’incidente deve
risultare - secondo quanto stabilito nel corso dell’esame al Senato
- dalla denuncia di sinistro o comunque dal primo atto formale del
danneggiato nei confronti dell'impresa o, in mancanza, deve essere
richiesta dall'impresa assicurativa con espresso avviso all'assicurato
delle conseguenze processuali della mancata risposta. In tale caso la parte che
riceve la richiesta dell'assicurazione effettua la comunicazione dei testimoni,
a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, nel termine di sessanta
giorni. L'impresa di assicurazione deve procedere a sua volta
all'individuazione ed alla comunicazione di eventuali ed ulteriori testimoni
entro il termine di sessanta giorni.
Fatte salve le risultanze contenute in
verbali delle autorità di polizia intervenute sul luogo dell’incidente,
l’identificazione dei testimoni avvenuta in un momento successivo comporta
l’inammissibilità della prova testimoniale addotta.
Il comma 3-ter dell’articolo
135 prevede l’inammissibilità in giudizio delle testimonianze che non
risultino acquisite secondo le modalità indicate dal comma precedente, salva la
possibilità per il giudice di disporre l’audizione di testimoni nei casi in cui
sia comprovata l’impossibilità della loro tempestiva identificazione.
Il comma 3-quater dell’articolo 135 prevede, infine, che nelle controversie civili attivate per l’accertamento della responsabilità e la quantificazione dei danni, il giudice verifichi l’eventuale ricorrenza dei medesimi testimoni già chiamati in altre cause nel settore dell’infortunistica stradale e, ove riscontri, anche avvalendosi della banca dati integrata costituita presso l’IVASS, la ricorrenza degli stessi nominativi in più di tre sinistri (così modificato al Senato: nel precedente testo si faceva riferimento alle cause) negli ultimi cinque anni, trasmetta l’informativa alla Procura della Repubblica competente per gli ulteriori accertamenti. La disposizione non si applica alle testimonianze rese dagli ufficiali e dagli agenti delle autorità di polizia.
Articolo 1,
comma 16
(Verifica
dell'IVASS
sui dati relativi ai sinistri e
definizione del sistema degli sconti)
Il comma 16 affida all’IVASS il compito di procedere ad una verifica
trimestrale sui sinistri inseriti nell’apposita banca dati dalle imprese di
assicurazione, per garantire omogeneità e oggettiva definizione di criteri di
trattamento dei medesimi dati. L’IVASS deve altresì
redigere apposita relazione all’esito di tale verifica le cui risultanze
sono considerate anche per definire la significatività degli sconti sulle
polizze.
Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il comma 2 dell’articolo 7 del testo iniziale, il quale affidava all’IVASS il compito di definire una percentuale di sconto minima per i contraenti residenti nelle regioni con costo medio del premio, calcolato sulla base dell'anno precedente, superiore alla media nazionale, che non abbiano effettuato sinistri con responsabilità esclusiva o concorrente per un periodo pari ad almeno cinque anni e che abbiano installato la scatola nera. Si rammenta al riguardo quanto ora previsto dal comma 6, come modificato nel corso dell’esame al Senato.
Il comma 6 inserisce nel CAP i nuovi articoli 132-bis (Obblighi informativi degli intermediari) e 132-ter (Sconti obbligatori). L’articolo 132-bis prescrive l’obbligo per gli intermediari, prima della sottoscrizione di un contratto RC Auto, di informare il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi offerti da tutte le imprese di cui sono mandatari relativamente al contratto base. Gli intermediari forniscono l’indicazione dei premi offerti dalle imprese di assicurazione mediante collegamento telematico al preventivatore: esso sarà consultabile nei siti internet dell’IVASS e del MiSE e senza obbligo di rilascio di supporti cartacei. L’articolo 132-ter disciplina le condizioni in presenza di almeno una delle quali ha luogo uno sconto del prezzo della polizza, determinato dall’impresa nei limiti stabiliti dall’IVASS. In particolare danno luogo allo sconto: l’ispezione del veicolo; l’installazione della scatola nera (meccanismo elettronico che registra l'attività del veicolo) ovvero di altri dispositivi individuati con decreto ministeriale; l’installazione (o comunque la presenza) del meccanismo che impedisce l’avvio del motore per elevato tasso alcolemico.
Articolo 1,
commi 17-19
(Risarcimento
del danno non patrimoniale)
Il comma 17 sostituisce l’articolo
138 del CAP, con il quale si demanda ad un D.P.R. la predisposizione di una
specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle
menomazioni alla integrità psico-fisica comprese tra dieci e cento punti e del
valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensivo
dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso. Le
finalità della emanazione della tabella per le macrolesioni
sono garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno
risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e
razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori. I
principi e i criteri che devono essere seguiti, nella redazione della tabella,
tengono conto dei criteri valutativi del danno non patrimoniale ritenuti
congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Il comma 18 prevede la decorrenza
della tabella unica per le macrolesioni dalla data di
entrata in vigore del D.P.R. che la adotta.
Il comma 19 sostituisce l’articolo 139
del CAP prevedendo la predisposizione di una specifica tabella delle
menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di
invalidità (tabella per le microlesioni) derivanti da sinistri
conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti.
Nei casi in cui le menomazioni accertate
incidano in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali
personali documentati e obiettivamente accertati (ovvero, limitatamente alle
microlesioni, abbiano causato una sofferenza psico-fisica di particolare
intensità), il giudice può aumentare l’ammontare del risarcimento con equo e
motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, entro un
margine del 30 per cento per le macrolesioni e del 20
per cento per le microlesioni.
Il nuovo articolo 138 del CAP, come sostituito dal comma 17, demanda ad un D.P.R. (adottato entro 120 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della giustizia) la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni alla integrità psico-fisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso. Sono rese esplicite le finalità della emanazione della tabella per le macrolesioni: garantire il diritto delle vittime dei sinistri ad un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori.
I principi e i criteri che devono essere
seguiti, nella redazione della tabella, tengono conto dei criteri valutativi
del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di
legittimità.
Si ricorda che attualmente la giurisprudenza ha elaborato delle tabelle risarcitorie (c.d. tabelle del Tribunale di Milano) che contemplano una liquidazione unitaria (danno biologico standard e danno morale, con la garanzia di un livello minimo di personalizzazione) e che vengono applicate, da tempo e spontaneamente, praticamente su tutto il territorio nazionale, essendo considerate un efficace punto di riferimento per una equa valutazione monetaria del danno subito. La Corte di Cassazione, con sentenza del 7 giugno 2011 n. 12408, ha definito le tabelle elaborate dal tribunale di Milano come le più congrue, sia per il metodo di calcolo sia per quanto riguarda i valori risarcitori, individuando in esse il parametro di riferimento per il risarcimento alla persona da applicarsi uniformemente sull'intero territorio nazionale: “poiché l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l'art. 139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto”.
I principi
e criteri per la redazione della tabella sono i seguenti:
§ per danno biologico si intende la lesione
temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile
di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività
quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato,
indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre
reddito;
§ la tabella dei valori economici deve fondarsi
su un sistema a punto variabile in funzione dell'età e del grado di invalidità;
§ il valore economico del punto è funzione
crescente della percentuale di invalidità e l'incidenza della menomazione sugli
aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato cresce in modo più che
proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi;
§ il valore economico del punto è funzione
decrescente dell'età del soggetto, sulla base delle tavole di mortalità
elaborate dall'ISTAT, al tasso di rivalutazione pari all'interesse legale;
§ al fine di considerare la componente del
danno morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno
biologico è incrementata in via percentuale e progressiva per punto,
individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione
complessiva della liquidazione;
§ il danno biologico temporaneo inferiore al
cento per cento è determinato in misura corrispondente alla percentuale di
inabilità riconosciuta per ciascun giorno.
Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 per cento.
L’ammontare complessivo del risarcimento è esaustivo del risarcimento del danno conseguente alla lesioni fisiche.
Gli importi stabiliti nella tabella unica nazionale sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall’ISTAT.
Si ricorda, infine, che la Camera dei deputati il 21 marzo 2017 ha approvato una proposta di legge (ora A.S. 2755) diretta a predeterminare i criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale.
La proposta, che non interviene sulla disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni private, stabilisce che tanto il danno non patrimoniale derivante dalla lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica, quanto il danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto di tipo familiare, devono essere liquidati dal giudice, con valutazione equitativa, sulla base delle tabelle, che vengono allegate alle disposizioni di attuazione del codice civile. Si tratta delle tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano.
In base alla proposta di legge, il giudice può, tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato, aumentare l'ammontare della liquidazione fino al 50% dovendo motivare la propria decisione.
Con decreto del Ministro della salute i valori di liquidazione del danno stabiliti dalle tabelle dovranno essere aggiornati ogni anno, in misura corrispondente alle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo.
Il comma 18 prevede che la tabella unica per le macrolesioni predisposta ai sensi della normativa in esame si applicherà ai sinistri e agli eventi verificatisi successivamente alla data di entrata in vigore del D.P.R. che la approverà.
Il comma 19 sostituisce l’articolo 139 del CAP prevedendo la predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità (microlesioni) derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti. Con la modifica in esame il valore del primo punto è fissato a 795,91 euro. Rimane fermo che gli importi sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in misura corrispondente alla variazione dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertata dall'ISTAT.
Al riguardo si segnala che dall’ultimo Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 19 luglio 2016 (pubblicato nella G.U. n. 189 del 13 agosto 2016), con il quale sono aggiornati gli importi per il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, si ricava che il primo punto di invalidità corrisponde a 790,35 euro; l'importo relativo ad ogni giorno di inabilità relativa corrisponde a 46,10 euro.
Il nuovo testo, oltre a definire il danno biologico, stabilisce che le lesioni di lieve entità, non suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente. Tuttavia, con riferimento alle lesioni quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazione, è ammesso però un esame visivo ai fini della loro risarcibilità per danno biologico permanente.
Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento.
Al riguardo si ricorda che l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, nella segnalazione inviata il 4 luglio 2014 al
Parlamento e al Governo per la predisposizione del disegno di legge in esame,
aveva ritenuto non più
rinviabile l’adozione, della tabella unica, a livello nazionale, per
l’attribuzione del valore alle menomazione di non lieve entità di cui
all’articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle
assicurazioni private).
Si ricorda altresì che la Corte di giustizia europea con la sentenza del 23 gennaio
2014, nella causa C-371/12, ha confermato la validità degli attuali limiti
previsti in Italia per le lesioni lievi (micropermanenti).
Il principio di fondo stabilito dalla Corte è che le normative nazionali
possono limitare in qualche modo i risarcimenti, materia regolata da direttive
europee. Una limitazione che l'Italia prevede nel Codice delle assicurazioni
per tutti i casi di danni a persona, ma finora ha attuato solo sul danno
biologico dovuto a lesioni di lieve entità (fino a nove punti di invalidità
permanente). La Corte ha rilevato che non risulta che la normativa italiana
preveda importi non conformi al minimo stabilito dalla normativa dell'Unione.
Da tale sentenza si ricava la massima secondo cui il diritto dell'Unione
ammette una legislazione nazionale che, nell'ambito di un particolare sistema
di risarcimento dei danni morali derivanti da lesioni di lieve entità causate
da sinistri stradali, limiti il risarcimento di tali danni rispetto a quanto
ammesso in caso di danni identici risultanti da altre cause.
La Corte
costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014
ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da
alcuni giudici sull'articolo 139 del Codice delle assicurazioni private (D.Lgs.
209/2005), considerando legittime le
soglie ridotte per i risarcimenti a chi subisce
lesioni lievi in un incidente stradale. È quindi legittimo calcolare gli
indennizzi in base ai valori indicati dall'articolo 139 del Codice delle
assicurazioni, anziché applicando quelli - più generosi - elaborati dalla
giurisprudenza.
Nelle censure sottoposte al vaglio della Corte si è
sostenuto che la tabella per le microlesioni non fosse legittima perché prevede
importi limitati e contenuti per compensare il danno biologico conseguente a
sinistri stradali, mentre i magistrati possono liquidare diversamente e
maggiormente la stessa lesione originata da altra vicenda. In particolare la
Consulta afferma che il controllo di costituzionalità del meccanismo tabellare
di risarcimento del danno biologico introdotto dal censurato articolo 139 del
CAP – per il profilo del prospettato vulnus
al diritto all'integralità del risarcimento del danno alla persona – va
condotto non già assumendo quel diritto come valore assoluto e intangibile,
bensì verificando la ragionevolezza del suo bilanciamento con altri valori, che
sia eventualmente alla base della disciplina censurata. In un sistema, come
quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli
obbligatoriamente assicurata – in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al
Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini
solidaristici, e nel quale l'interesse risarcitorio particolare del danneggiato
deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad
avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi – la
disciplina in esame, che si propone il contemperamento di tali contrapposti
interessi, supera certamente il vaglio di ragionevolezza. Infatti, l'introdotto
meccanismo standard di quantificazione del danno − attinente al solo
specifico e limitato settore delle lesioni di lieve entità e coerentemente
riferito alle conseguenze pregiudizievoli registrate dalla scienza medica in
relazione ai primi (nove) gradi della tabella – lascia, comunque, spazio al
giudice per personalizzare l'importo risarcitorio, risultante dalla
applicazione delle suddette predisposte tabelle, eventualmente maggiorandolo
fino ad un quinto, in considerazione delle condizioni soggettive del
danneggiato.
Articolo 1,
comma 20
(Valore
probatorio delle cosiddette «scatole nere»
e di altri dispositivi elettronici)
Il comma 20, mediante l’inserimento del nuovo articolo 145-bis nel CAP sul valore probatorio delle scatole nere e di altri dispositivi elettronici disciplina il valore giurisdizionale delle risultanze della scatola nera conforme alle caratteristiche tecniche e funzionali.
In particolare si dispone che, in caso di incidente
stradale, se uno dei veicoli coinvolti
è dotato di scatola nera, le risultanze del dispositivo formano piena prova nei procedimenti civili dei
fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte
dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo.
Le medesime risultanze sono rese fruibili alle parti.
La norma fa riferimento al dispositivo elettronico con le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite dall’articolo 132-ter, comma 1, lettere b) (ovvero la scatola nera o altri dispositivi individuati con decreto ministeriale) e c) (meccanismi elettronici che impediscono l’avvio del motore per elevato tasso alcolemico del guidatore) e fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso.
La disposizione
prosegue disponendo che l’interoperabilità
(la capacità di comunicare tra loro) e la portabilità delle scatole nere, anche
nel caso di nuovo contratto con una compagnia assicuratrice diversa da quella
che ha installato i meccanismi elettronici, devono essere garantite da
operatori – provider di telematica assicurativa – i cui dati
identificativi sono comunicati all’IVASS da parte
delle imprese di assicurazione che ne utilizzano i servizi.
I dati sull’attività del veicolo sono
gestiti in sicurezza dagli operatori del settore sulla base dello standard
tecnologico comune che un decreto ministeriale dovrebbe definire (ai sensi
dell’articolo 32, comma 1-ter, del decreto-legge n. 1 del 2012), e
successivamente inviati alle rispettive compagnie di assicurazione.
Si evidenzia che il comma 1-ter dell’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali al fine di definire lo standard tecnologico comune hardware e software, per la raccolta, la gestione e l'utilizzo dei dati raccolti dai meccanismi elettronici (scatole nere), al quale le imprese di assicurazione dovranno adeguarsi entro due anni dalla sua emanazione. Il decreto non è stato ancora emanato. Il Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato di averne notificato uno schema alla Commissione UE nel settembre 2012, ai sensi della Direttiva 98/34/CE.
Il nuovo testo dispone poi che le modalità
per assicurare l’interoperabilità e la
portabilità delle scatole nere, delle apparecchiature connesse e dei
relativi sistemi di gestione dei dati, sono determinate dal regolamento previsto dal comma 1-bis
dall’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012. Gli operatori (provider)
sono responsabili del funzionamento ai fini dell’interoperabilità.
Si evidenzia che il previsto regolamento non è stato ancora emanato. Ai sensi del comma 1-bis dall’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012, l’IVASS di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Garante per la protezione dei dati personali avrebbe dovuto stabilire le modalità di raccolta, gestione e utilizzo, in particolare ai fini tariffari e della determinazione delle responsabilità in occasione dei sinistri, dei dati raccolti dalle scatole nere, nonché le modalità per assicurare la loro interoperabilità in caso di sottoscrizione da parte dell'assicurato di un contratto di assicurazione con impresa diversa da quella che ha provveduto ad installare tale meccanismo.
Il mancato adeguamento, da parte
dell’impresa di assicurazione o dell’operatore di telematica assicurativa, alle
condizioni stabilite dal regolamento (non ancora emanato) in tema di modalità per
assicurare l’interoperabilità e la portabilità delle scatole nere, delle
apparecchiature connesse e dei relativi sistemi di gestione dei dati, comporta
l’applicazione da parte dell’IVASS di una sanzione
amministrativa pecuniaria di euro 3.000 per ogni giorno di ritardo.
Il trattamento dei dati ricavati dalle
scatole nere deve essere conforme a quanto previsto dal codice in materia di
protezione dei dati personali (D.Lgs. n. 196 del 2003). L’impresa di
assicurazione è titolare del trattamento dei dati (articolo 28 del citato
codice). È fatto divieto all’impresa di assicurazione, nonché ai soggetti ad
essa collegate, di utilizzare le scatole nere e gli altri dispositivi
elettronici al fine di raccogliere dati ulteriori rispetto alla finalità di
determinazione delle responsabilità in occasione dei sinistri e ai fini
tariffari, o di rilevare la posizione e le condizioni del veicolo in maniera
continuativa o comunque sproporzionata rispetto alla medesima finalità; è però
fatto salvo il consenso espresso dell’assicurato in relazione alla
disponibilità di ulteriori servizi connessi con la mobilità del veicolo.
Infine si vieta all’assicurato di
disinstallare, manomettere o comunque rendere non funzionante il dispositivo
installato. In caso di violazione, da parte dell’assicurato, di tale divieto
non è applicata la riduzione del premio per la durata residua del contratto.
Inoltre l’assicurato è tenuto alla restituzione di quanto ha indebitamente
risparmiato, fatte salve le eventuali sanzioni penali.
Articolo 1, commi
21-23
(Ulteriori
misure di contrasto delle frodi assicurative)
Il comma 21, integrando l’articolo 148 del CAP, estende i casi nei quali, sussistendo elementi che siano sintomo di frode, si applica una specifica procedura che consente all’impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento. In particolare si prevede che gli elementi sintomi di frode si possono ricavare dall’archivio informatico integrato dell’IVASS (in luogo della banca dati sinistri, previsto dalla vigente formulazione), dai dispositivi elettronici installati sui veicoli (scatola nera o equivalenti, ovvero meccanismo che impedisce l’avvio del veicolo in caso di tasso alcolemico elevato) ovvero dalla perizia.
In riferimento a questa procedura il comma 22 (introdotto nel corso dell’esame al Senato) prevede che, qualora l’impresa rifiuti di formulare l’offerta di risarcimento, l'azione in giudizio per il risarcimento dei danni è proponibile solo dopo la ricezione delle determinazioni conclusive dell'impresa o, in sua mancanza, allo spirare del termine di sessanta giorni di sospensione della procedura. Rimane salvo il diritto del danneggiato di ottenere l'accesso agli atti nei termini previsti, salvo il caso di presentazione di querela o denuncia.
Il comma 23 integra l’articolo 201 del
Codice della strada al fine di consentire l’accertamento
della violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità
civile verso terzi attraverso gli
appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento, non essendo
necessaria la contestazione immediata delle violazioni del codice della strada,
mediante il confronto dei dati rilevati riguardanti
il luogo, il tempo e l'identificazione dei veicoli con quelli risultanti
dall'apposito elenco dei veicoli a motore non assicurati verso terzi. Ove sia
rilevata la violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità
civile verso terzi per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di
rilevamento, non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale se
l'accertamento avviene mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati
omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente
automatico. Qualora, in base alle risultanze del raffronto dei dati, risultasse
che al momento del rilevamento il veicolo era sprovvisto della copertura
assicurativa obbligatoria, si applica la sanzione
prevista dal codice della strada per la circolazione senza la copertura
dell'assicurazione.
In particolare il comma 21 modifica il comma 2-bis dell’articolo 148 del CAP, il quale prevede una specifica procedura che consente all’impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento nel caso in cui siano emersi dei sintomi di frode.
Il vigente comma 2-bis dell’articolo 148 del CAP, introdotto dall’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012, prevede una specifica procedura volta a consentire all’impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento ove dalla consultazione della banca dati sinistri si riscontrino almeno due “parametri di significatività”: in sostanza, ove emergano elementi che siano sintomo di frode, quali la ricorrente presenza della persona o della targa interessati in sinistri occorsi negli anni precedenti che hanno comportato risarcimenti di notevole entità. Per la definizione puntuale dei parametri di significatività si rinvia al provvedimento dell’ISVAP n. 2827 del 25 agosto 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 209 del 7 settembre 2010.
Con le modifiche in esame si prevede che gli elementi sintomi di frode si possono ricavare:
§ dall’archivio informatico integrato dell’IVASS (in luogo della banca dati sinistri, previsto dalla vigente formulazione);
§ dai dispositivi elettronici di cui all'articolo 132-ter, comma 1: scatola nera o equivalenti, ovvero meccanismo che impedisce l’avvio del veicolo in caso di tasso alcolemico elevato;
§ in sede di perizia da cui risulti documentata l'incongruenza del danno dichiarato dal richiedente.
Si ricorda che l’articolo 21 del D.L. n. 179 del 2012 ha previsto l’istituzione presso l’IVASS di un archivio informatico integrato (AIA) connesso con una serie di banche dati esistenti, con la finalità di favorire la prevenzione e il contrasto delle frodi nel settore RC Auto, per migliorare l’efficacia dei sistemi di liquidazione dei sinistri e per individuare i fenomeni fraudolenti. Il decreto 11 giugno 2015, n. 108 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015) ha istituito l'archivio informatico integrato. L’IVASS ha pubblicato il Provvedimento n. 47 del 1° giugno 2016 recante gli indicatori e i livelli di anomalia di cui al D.M. 11 maggio 2015, n. 108 ed altre indicazioni tecniche per le imprese di assicurazione. Il Provvedimento definisce, nell’ambito del monitoraggio AIA, gli indicatori analitici ed i relativi parametri, le soglie dell’indicatore di anomalia di sintesi, i livelli di anomalia oltre i quali gli indicatori sono comunicati alle imprese di assicurazione coinvolte nel sinistro; fornisce, inoltre, alle compagnie indicazioni tecniche al fine della corretta ricezione delle informazioni.
Con il Regolamento n. 23 del 1 giugno 2016 l'IVASS ha aggiornato la disciplina delle banche dati "sinistri", "anagrafe testimoni" e "anagrafe danneggiati". Tali banche dati, che fanno parte dell'archivio informatico integrato (AIA), raccolgono i relativi dati al fine di agevolare la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore. Le imprese di assicurazione nella fase di gestione di ciascun sinistro hanno il diritto-dovere di consultare le banche dati; l'obbligo di consultazione è assolto con la ricezione delle informazioni del sistema di allerta preventiva dell'archivio informatico integrato, di cui all'art. 3 del D.M. n. 108 dell'11 maggio 2015 ovvero tramite consultazione delle citate banche dati.
Si segnala che il comma 31 del disegno di legge in esame, modificando l’articolo 21 del D.L. n. 179 del 2012, estende l’ambito di operatività dell’archivio informatico integrato dell’IVASS, prevedendo che esso sia inoltre connesso con: il casellario giudiziale istituito presso il Ministero della giustizia; l’archivio dei carichi pendenti istituito presso il Ministero della Giustizia; l’Anagrafe Tributaria, limitatamente alle informazioni di natura anagrafica, incluso il codice fiscale o la partita IVA; l’Anagrafe nazionale della popolazione residente; il Casellario Centrale Infortuni presso l’INAIL.
Qualora dal risultato della predetta
consultazione, avuto riguardo al codice fiscale dei soggetti coinvolti ovvero
ai veicoli danneggiati, emergano (in luogo di almeno due parametri di
significatività, previsti dalla vigente formulazione) indici di anomalia definiti dall'IVASS
con apposito provvedimento, ovvero altri indicatori di frode siano segnalati
dai dispositivi elettronici che registrano l'attività del veicolo o siano
emersi in sede di perizia da cui risulti documentata l'incongruenza del danno
dichiarato dal richiedente, l'impresa
può decidere di non fare offerta di risarcimento, motivando tale decisione
con la necessità di condurre ulteriori approfondimenti in relazione al
sinistro.
In tal caso la norma vigente prevede che la
relativa comunicazione è trasmessa dall'impresa al danneggiato e all'IVASS, al quale è anche trasmessa la documentazione
relativa alle analisi condotte sul sinistro. Entro trenta giorni dalla
comunicazione della predetta decisione, l'impresa deve comunicare al
danneggiato le sue determinazioni conclusive in merito alla richiesta di
risarcimento. All'esito degli approfondimenti, l'impresa può non formulare
offerta di risarcimento, qualora presenti querela, nelle ipotesi in cui è
prevista, informandone contestualmente l'assicurato; in tal caso i termini per
il risarcimento sono sospesi e il termine per la presentazione della querela
(articolo 124, primo comma, del codice penale) decorre dallo spirare del
termine di trenta giorni entro il quale l'impresa comunica al danneggiato le sue
determinazioni conclusive.
In sintesi, dunque, all'esito degli
approfondimenti condotti, l'impresa può non formulare offerta di risarcimento
qualora presenti querela, nelle ipotesi in cui è prevista, informandone
contestualmente l'assicurato nella comunicazione concernente le determinazioni
conclusive in merito alla richiesta di risarcimento (art. 148, comma 2-bis).
Qualora l’impresa attivi la procedura descritta,
rifiutandosi di formulare l’offerta di risarcimento, l’assicurato può proporre l’azione di risarcimento davanti al
giudice solo dopo aver ricevuto le
determinazioni conclusive dell’impresa o, in mancanza, allo spirare del termine
di sessanta giorni di sospensione della procedura. Resta salvo il diritto
del danneggiato di ottenere l’accesso agli atti nei termini previsti
dall’articolo 146 (vale a dire, sessanta giorni dalla richiesta scritta), salvo
il caso di presentazione di querela o denuncia (quinto periodo del comma 2-bis
dell’articolo 148, come sostituito dal comma
22).
Il comma
23 integra l’articolo 201 del Codice
della strada al fine di consentire l’accertamento
della violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità
civile verso terzi attraverso gli
appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento, non essendo necessaria la contestazione immediata delle violazioni
del codice della strada, mediante il
confronto dei dati rilevati riguardanti il luogo, il tempo e
l'identificazione dei veicoli con quelli risultanti dall'apposito elenco dei
veicoli a motore non assicurati verso terzi (nuova lettera g-ter)) del
comma 1-bis)).
Con l'introduzione del comma 1-quinquies
all’articolo 201 del Codice della strada, infine, si prevede che, ove sia
rilevata la violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità
civile verso terzi per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di
rilevamento (lettera g-ter)), non
è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale se l'accertamento
avviene mediante dispositivi o
apparecchiature che sono stati omologati
ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Essi
devono essere gestiti direttamente degli organi di polizia stradale e la documentazione fotografica prodotta
costituisce atto di accertamento, ai sensi di legge, in ordine al fatto che
al momento del rilevamento un determinato veicolo, munito di targa di
immatricolazione, stava circolando sulla strada. Qualora, in base alle
risultanze del raffronto dei dati, risultasse che al momento del rilevamento il
veicolo era sprovvisto della copertura assicurativa
obbligatoria, si applica la sanzione prevista dal codice della strada per la
circolazione senza la copertura dell'assicurazione (articolo 193), che consiste
nel pagamento di una somma da 848 a 3.393 euro.
Si ricorda, peraltro, che il comma 4-ter dell’articolo 193 del Codice della strada (introdotto dall’articolo 13, comma 5, della legge n. 183 del 2011) ha già previsto che la mancanza di copertura assicurativa obbligatoria del veicolo può essere accertata anche mediante il raffronto tra i dati delle polizze emesse dalle imprese assicuratrici e le immagini provenienti dai dispositivi di controllo del traffico e delle infrazioni (ad esempio autovelox, tutor, varchi elettronici).
La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del
2015, articolo 1, comma 597), modificando la lettera g-bis)
dell'articolo 201, comma 1-bis, del Codice della strada ha aggiunto alle
violazioni che possono essere accertate con appositi dispositivi o
apparecchiature di rilevamento: l'omissione della revisione dei veicoli (art.
80), la violazione dell'obbligo di
assicurazione RC auto (art. 193) e le violazioni
sulla massa complessiva dei veicoli e rimorchi (art. 167 Cds).
In tali casi non è richiesta la contestazione immediata dell’infrazione.
Le norme in esame sono correlate al processo di progressiva dematerializzazione dei contrassegni di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada, attraverso la sostituzione degli stessi con sistemi elettronici o telematici. Tale processo è stato avviato dall’articolo 31 del decreto-legge n. 1 del 2012, il quale, al fine di contrastare la contraffazione dei contrassegni relativi alla R.C. auto, ha demandato ad un regolamento ministeriale il compito di definire la dematerializzazione dei contrassegni e la loro sostituzione con sistemi elettronici anche in collegamento con banche dati e prevedendo l'utilizzo, ai fini dei relativi controlli, dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo e rilevamento a distanza delle violazioni delle norme del Codice della strada.
Il decreto 9 agosto 2013, n. 110 del Ministro dello sviluppo economico ha previsto le norme per la progressiva dematerializzazione dei contrassegni di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada, attraverso la sostituzione degli stessi con sistemi elettronici o telematici. A decorrere dal 18 ottobre 2015 è cessato l’obbligo di esporre sul veicolo il contrassegno cartaceo. L'obiettivo è quello di ridurre le frodi, contrastando la contraffazione dei contrassegni cartacei e l’evasione dell’obbligo assicurativo, tramite la sostituzione dei contrassegni attuali con controlli incrociati telematici tra le banche dati delle targhe dei veicoli e quelle delle polizze assicurative.
Articolo 1, comma
24
(Trasparenza
delle procedure di risarcimento)
Il comma 24, inserendo il nuovo articolo 149-bis nel CAP, disciplina le modalità del risarcimento nei casi di cessione del credito. Si prevede che la somma da corrispondere a titolo di rimborso sia versata solo a fronte di presentazione della fattura emessa dall’impresa di autoriparazione che ha eseguito le riparazioni, purché si tratti di impresa autorizzata.
In particolare il nuovo articolo 149-bis
nel CAP prevede che, in caso cessione del credito (ovvero del diritto al
risarcimento del danno da sinistro stradale da parte dell’assicurato a favore
dell’impresa che ha effettuato la riparazione del veicolo), la somma da
corrispondere a titolo di rimborso delle spese di riparazione è versata subordinatamente
alla presentazione della fattura dell'impresa
di autoriparazione che ha eseguito le riparazioni.
L’impresa deve essere altresì abilitata ai
sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 122, la quale disciplina dell'attività di
autoriparazione.
Articolo 1,
comma 25
(Allineamento
della durata delle assicurazioni
a copertura dei rischi accessori)
Il comma 25 estende il principio della durata annuale del contratto RC Auto e del divieto di rinnovo tacito, a richiesta dell’assicurato, anche ai contratti stipulati per i rischi accessori (ad es. incendio e furto), nel caso in cui la polizza accessoria sia stata stipulata in abbinamento a quella della R.C. Auto (con lo stesso contratto o con un contratto stipulato contestualmente). Si prevede espressamente, inoltre, che le polizze assicurative ramo danni di ogni tipologia non possono essere rinnovate tacitamente alla loro scadenza.
Il comma 25, con una modifica effettuata
nel corso dell’esame al Senato, inserisce
il comma 01 all’articolo 170-bis del CAP con il quale si
stabilisce che le
polizze assicurative ramo danni di ogni tipologia, alla
loro scadenza, non possono essere
rinnovate tacitamente.
Inoltre, con il comma 1-bis si prevede che la risoluzione automatica del contratto si applica anche ai rischi accessori alla polizza per l’assicurazione RC Auto principale. Nel corso dell’esame al Senato è stata eliminata la necessità della richiesta dell’assicurato. Pertanto la risoluzione del contratto alla scadenza annuale è automatica anche per le assicurazioni accessorie.
L’articolo 170-bis
del CAP, inserito dall’articolo
22 del decreto-legge n. 179 del 2012, prevede che il contratto di assicurazione
obbligatoria R.C. Auto (responsabilità civile derivante dalla circolazione dei
veicoli a motore e dei natanti) abbia durata annuale o, su richiesta
dell’assicurato, di anno più frazione; la norma, inoltre, vieta il rinnovo
tacito, in deroga all'articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile
(in tema di durata dell’assicurazione).
L'impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni. Inoltre la garanzia prestata con il contratto scaduto deve essere mantenuta operante fino a non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, fino all'effetto della nuova polizza.
Articolo 1,
comma 26
(Ultrattività
della copertura per responsabilità civile
derivante da attività professionale)
Il comma 26 prevede che nelle condizioni generali delle polizze assicurative per la responsabilità civile professionale sia inserita l’offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura. Nel corso dell’esame al Senato la predetta previsione è stata estesa alle polizze assicurative in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge. A tal fine, a richiesta del contraente e ferma la libertà contrattuale, le compagnie assicurative proporranno la rinegoziazione del contratto al richiedente secondo le nuove condizioni di premio.
In particolare, il comma 26, modificando l’articolo 3, comma 5, del D.L. n. 138 del 2011, prevede che - nelle condizioni generali delle polizze assicurative per la responsabilità civile professionale - sia inserita l’offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura.
In altri termini, le polizze per assicurazione professionale, fatta salva la libertà contrattuale delle parti, devono prevedere l’offerta di condizioni che non contemplano clausole che limitano la prestazione assicurativa ai sinistri denunciati nel periodo di validità del contratto. Le compagnie devono pertanto offrire prodotti che prevedano una copertura assicurativa per richieste di risarcimento presentate entro i dieci anni dalla scadenza della polizza, riferite a “errori” del professionista accaduti nel periodo di vigenza della stessa.
Nel corso dell’esame al Senato alla fine dell’articolo 3, comma 5, del D.L. n. 138 del 2011 è stato previsto che la nuova norma si applica, altresì, alle polizze assicurative in corso di validità alla data di entrata in vigore della legge in esame. A tal fine, a richiesta del contraente e ferma la libertà contrattuale, le compagnie assicurative propongono la rinegoziazione del contratto al richiedente secondo le nuove condizioni di premio.
Si ricorda che l’articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011 ha prescritto l’obbligo per i professionisti di stipulare un’assicurazione per la responsabilità civile per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti.
Si evidenzia che la modifica in esame dà attuazione a quanto auspicato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella segnalazione inviata il 4 luglio 2014 al Parlamento e al Governo per la predisposizione del disegno di legge in esame.
L’Antitrust ha infatti evidenziato che a fronte dell’obbligatorietà della copertura assicurativa dal lato della domanda (legge 14 settembre 2011, n. 148 di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011), dal lato dell’offerta si assiste al diffuso ricorso, da parte delle compagnie assicurative, a contratti contenenti clausole che limitano la prestazione assicurativa soltanto a quei sinistri denunciati nel corso del periodo di validità contrattuale, le c.d. clausole claims made. In particolare, i contratti offerti dalle compagnie contengono soprattutto clausole claims made “spurie” (ovvero senza un periodo di retroattività) che fanno registrare un vuoto nel periodo di copertura assicurativa del professionista in caso di cambiamento della compagnia. L’effetto è che, al fine di colmare questa mancanza di copertura, al professionista rimangono due opzioni: i) restare assicurato sempre con la stessa compagnia, ii) sostenere costi aggiuntivi acquistando anche i servizi assicurativi per i c.d. periodi di retroattività e/o postuma. Peraltro, anche nel caso di polizze claims made “pure”, vale a dire con un periodo di retroattività illimitato, il professionista che vuole essere garantito, anche dopo la cessazione della propria attività, deve comunque avvalersi dei servizi aggiunti c.d. di postuma.
L’Antitrust ha sottolineato infine che risulta, attualmente, assente dal mercato nazionale l’offerta di polizze che garantiscano la prestazione assicurativa tipizzata dall’articolo 1917 c.c. in base alla quale il professionista è comunque assicurato dai rischi di fatti illeciti occorsi nel periodo in cui era vigente la polizza, indipendentemente dal momento in cui il sinistro viene denunciato.
Sulla legittimità delle
clausole “claims made” (“a richiesta fatta”) si è
recentemente espressa la Corte di
Cassazione. Tali clausole, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1917
c.c. (secondo il quale l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato
di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo
dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità
dedotta in contratto), considerano che il sinistro si è verificato non nel momento in cui il fatto illecito si è
consumato (regime c.d. loss occurrence),
ma quando il danneggiato presenta richiesta di risarcimento. In sostanza l’alea
sottostante al contratto non riguarda il verificarsi del fatto illecito
(l’errore colpevole che da luogo alla responsabilità civile e che può essersi
verificato in un momento precedente al tempo dell’assicurazione), bensì
l’evento della richiesta del risarcimento.
Le polizze che contengono la clausola claims made, da un lato tutelano l’assicurato anche relativamente a fatti accaduti prima della stipula del contratto, ma denunciati durante la sua vigenza; dall’altro lato lasciano scoperto il periodo successivo alla scadenza della polizza, anche se i fatti che danno luogo alla responsabilità civile sono accaduti nel periodo di vigenza della stessa.
La Cassazione con la sentenza n. 3622 del 2014 ha affermato che la clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell'assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all'alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, come nel caso in esame; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall'assicurato nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto.
Con riferimento al caso di specie (copertura per comportamenti anteriori alla data di conclusione del contratto) la Corte ha ritenuto inefficace la clausola sulla base del presupposto che l'alea è elemento essenziale del contratto di assicurazione, la cui mancanza determina la nullità del contratto medesimo. In realtà nel caso in esame un'alea non concerneva i comportamenti passati nella loro materialità, ma la consapevolezza da parte dell'assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi. In secondo luogo, non è detto che qualunque comportamento colposo induca il danneggiato a proporre domanda di risarcimento dei danni.
In relazione a fattispecie diverse da quella in oggetto (in cui la clausola claim made è stata invocata per escludere la copertura assicurativa, pur essendosi il sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto di assicurazione, in quanto la domanda risarcitoria è stata per la prima volta proposta dopo lo scioglimento del contratto medesimo) la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto (come frequentemente avviene - ben più che nel caso opposto e qui considerato - in tema di responsabilità professionale).
Articolo 1,
commi 27-32
(Interventi
di coordinamento in materia assicurativa)
I commi 27-32 introducono una serie di interventi di coordinamento in materia assicurativa e ulteriori modifiche al CAP. Il comma 27 abroga le norme che prevedono rispettivamente la trasmissione dei dati relativi ai falsi attestati di invalidità conseguenti ad incidenti stradali e la relazione annuale da parte del MISE al Parlamento.
Il comma 28 eleva i massimali minimi di garanzia per i veicoli a motore adibiti al trasporto di persone aventi più di otto posti a sedere, oltre il conducente (tra cui autobus e filoveicoli), ampliando le coperture a garanzia dei danneggiati. Secondo la modifica apportata al Senato, i nuovi massimali si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge e gli importi saranno raddoppiati dall'anno successivo alla predetta data (comma 29).
Inoltre è esteso a tutte le imprese operanti in Italia l’obbligo di comunicare all’IVASS i dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati al fine di implementare le banche dati “sinistri”, “anagrafe testimoni” e “anagrafe danneggiati”. La misura del contributo che le imprese devono versare annualmente alla CONSAP, per il Fondo di garanzia per le vittime della caccia, è fissato annualmente con le modalità determinate con regolamento ministeriale. In caso di violazione da parte delle imprese assicuratrici degli obblighi di comunicazione all’IVASS dei dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.
Il comma 30 prevede una revisione del criterio alla base del sistema di risarcimento diretto. Il comma 31 estende l’ambito di operatività dell’archivio informatico integrato dell’IVASS, prevedendo che esso sia connesso anche con altri archivi. Il comma 32 prevede che l’IVASS possa richiedere alle imprese di assicurazione i dati relativi alle querele presentate all’Autorità giudiziaria per frode assicurativa o reati collegati ed utilizzare tali informazioni esclusivamente per attività di contrasto di tali frodi all’interno dell’archivio informatico integrato.
In particolare il comma 27 abroga le norme (commi 3 e 4 dell’articolo 10-bis del D.L. n. 78 del 2010) che
prevedono rispettivamente:
§ la trasmissione da parte di commissioni
regionali al MISE e all’IVASS, ogni tre mesi, dei
dati relativi ai falsi attestati di invalidità conseguenti ad incidenti stradali;
§ la relazione annuale da parte del MISE al
Parlamento sull’attuazione da parte delle società assicuratrici della riduzione
dei premi R.C. Auto a seguito dei risultati conseguiti con l’applicazione delle
disposizioni di contrasto ai falsi attestati di invalidità conseguenti ad
incidenti stradali.
Si ricorda, peraltro, che l’articolo 30 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha introdotto l'obbligo per le imprese operanti nel ramo R.C. Auto di trasmettere all'IVASS una relazione annuale nella quale devono essere indicati: il numero dei sinistri a rischio di frodi; il numero delle denunce presentate all'autorità giudiziaria; l'esito dei conseguenti procedimenti penali; le misure organizzative interne adottate per contrastare i fenomeni fraudolenti.
Sulla base della relazione l'IVASS
esercita i suoi poteri di vigilanza
al fine di assicurare l'adeguatezza dell'organizzazione aziendale e dei sistemi
di liquidazione dei sinistri rispetto all'obiettivo di contrastare le frodi nel
settore. Il mancato invio della relazione è sanzionato dall'IVASS
con un minimo di 10.000 ed un massimo di 50.000 euro. Le imprese sono inoltre
tenute a indicare in bilancio e a pubblicare sui propri siti internet una stima
circa la riduzione degli oneri per i sinistri conseguente alla attività di
controllo e repressione delle frodi autonomamente svolta. Le imprese di
assicurazione devono inoltre rendere pubblica una stima circa la riduzione
degli oneri per i sinistri derivante dall'accertamento delle frodi, conseguente
all'attività di controllo e repressione delle frodi autonomamente svolta.
Si evidenzia che il comma 33 del provvedimento in esame attribuisce all’IVASS i poteri di vigilanza e di controllo sull’osservanza delle disposizioni introdotte, con speciale riguardo a quelle relative alla riduzione dei premi dei contratti di assicurazione, all'evoluzione dei costi per il risarcimento dei sinistri e al rispetto degli obblighi di pubblicità e di comunicazione in fase di offerta contrattuale. L’IVASS deve dare conto dell’esito della propria attività di vigilanza e di controllo nell’ambito dell’annuale relazione al Parlamento e al Governo (prevista dall’articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, che ha istituito l’IVASS).
Il comma 28, lettera a), introducendo una nuova lettera b-bis) al comma 1 dell’articolo 128 del CAP, eleva i massimali minimi di garanzia per i veicoli a motore adibiti al trasporto di persone aventi più di otto posti a sedere, oltre il conducente (tra cui autobus e filoveicoli), ampliando le coperture a garanzia dei danneggiati: in particolare, i contratti devono essere stipulati per importi non inferiori a 15 milioni di euro per sinistro per i danni alla persona (elevato da 10 a 15 milioni in sede referente), indipendentemente dal numero delle vittime, e a 1 milione di euro per sinistro per i danni alle cose, indipendentemente dal numero dei danneggiati.
Nel corso dell’esame al Senato è stato stabilito che tali nuovi massimali si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge in esame e gli importi sono raddoppiati dal 1° gennaio dell’anno successivo (comma 29). Il testo precedente prevedeva la decorrenza dal 1° gennaio 2016 e il raddoppio degli importi dal 1° gennaio 2017.
La norma vigente non prevede un massimale specifico per i veicoli destinati al trasporto di persone con più di otto posti a sedere, per i quali si applica l’attuale valore, generalizzato per tutti i veicoli, di 5 milioni di euro per i danni a persona e di 1 milione di euro per i danni alle cose.
Il comma 28, lett. b), modificando il comma 2
dell’articolo 135 del CAP, estende a tutte le imprese operanti in Italia l’obbligo
di comunicare all’IVASS i dati riguardanti i sinistri
dei propri assicurati al fine di implementare le banche dati “sinistri”, “anagrafe
testimoni” e “anagrafe danneggiati”. Sono espressamente inclusi anche i
sinistri gestiti in qualità di impresa designata, causati da veicoli non
identificati, non coperti da assicurazione e negli altri casi previsti,
liquidati attraverso il Fondo di garanzia per le vittime della strada (articolo
286 del CAP). Le imprese di assicurazione devono comunicare all’IVASS anche i sinistri gestiti dall’Ufficio Centrale
Italiano (vale a dire, l’Ufficio Nazionale di Assicurazione per i veicoli a
motore in circolazione internazionale) in caso di veicoli a motore muniti di targa di immatricolazione rilasciata da uno
Stato terzo (ai sensi dell’articolo 125, comma 5, del CAP) e in caso di liquidazione
dei danni a cura dell'Organismo di indennizzo italiano (articolo 296 del CAP). Al
medesimo adempimento sono tenute le imprese aventi sede legale in uno Stato
membro dell’Unione europea ammesse a operare in Italia in regime di libera prestazione
dei servizi o in regime di stabilimento e abilitate all’esercizio dell’assicurazione
obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei
veicoli a motore nel territorio della Repubblica. L’articolo 135, comma 2,
vigente prevede, invece, che i dati relativi alle imprese di assicurazione che
operano nel territorio della Repubblica in regime di libera prestazione dei
servizi o in regime di stabilimento sono richiesti dall'IVASS
alle rispettive autorità di vigilanza degli Stati membri interessati.
Si ricorda che l’assicurazione RC Auto in Italia può essere rilasciata da imprese italiane autorizzate o da imprese estere aventi sede legale in uno dei Paesi membri della EU o dello Spazio Economico Europeo (comprendente l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia che non fanno parte della UE), ammesse ad operare in Italia ed abilitate ad emettere polizze di responsabilità civile obbligatoria auto o natanti.
Le imprese possono scegliere di operare sia in regime di stabilimento, con l'apertura di una rappresentanza in Italia, sia in regime di libera prestazione di servizi (articoli 23 e 24 del CAP). Qualora l'impresa estera operi in regime di libera prestazione di servizi, non avendo una sede stabile in Italia, la normativa prevede che la stessa nomini un rappresentante, che deve risiedere in Italia, incaricato della gestione dei sinistri e della liquidazione dei relativi risarcimenti, con il potere di rappresentare l'impresa in giudizio per quanto riguarda le controversie che dovessero insorgere in materia di risarcimento dei danni (articolo 25 del CAP). Le imprese estere, a differenza delle imprese italiane, non hanno l'obbligo di aderire alla Convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto - CARD. (articolo 150 del CAP).
Il comma 28, lettera c), modificando il comma 4 dell’articolo 303 del CAP, prevede che la misura del contributo che le imprese devono versare annualmente alla CONSAP, per il Fondo di garanzia per le vittime della caccia, sia fissato annualmente con le modalità determinate con il regolamento ministeriale previsto dal comma 2 dello stesso articolo. Si chiarisce in tal modo che la misura del contributo non è fissata con il decreto ministeriale, ma con atto amministrativo sulla base delle modalità determinate dal decreto. Il limite massimo del contributo è elevato dal cinque al quindici per cento del premio imponibile.
La relazione illustrativa al disegno di legge in prima
lettura affermava, al riguardo, che l’attuale percentuale massima di
contribuzione non è sufficiente a coprire le esigenze finanziarie del Fondo,
che si trova pertanto a operare in una situazione di squilibrio strutturale e
che ha registrato, già in fase di chiusura dell’esercizio 2007, un disavanzo di
695.000 euro circa, che risulta confermato e incrementato negli esercizi
successivi. La stessa Corte dei conti ha annualmente evidenziato, a partire dal
2005, in sede di relazione al Parlamento sui risultati del controllo sulla
gestione finanziaria della CONSAP Spa, l’esigenza di
un intervento normativo per garantire l’equilibrio strutturale del Fondo.
L’aumento del contributo, che almeno per qualche anno dovrebbe essere portato
fino alla misura del 15 per cento del premio imponibile, è stato già in passato
valutato dal Comitato di gestione del Fondo come idoneo a riportare il Fondo
stesso in situazione di equilibrio e determinerebbe comunque aumenti
estremamente contenuti in valore assoluto dei premi assicurativi (che il
predetto Comitato ha stimato in un aggravio di circa 1 o 2 euro l’anno per ogni
cacciatore assicurato).
Il comma 28, lett. d), sostituendo l’articolo 316 del CAP, prevede una sanzione amministrativa (da 5.000 a 50.000 euro) in caso di violazione da parte delle imprese assicuratrici degli obblighi di comunicazione all’IVASS dei dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati: ciò al fine di implementare le banche dati “sinistri”, “anagrafe testimoni” e “anagrafe danneggiati” (previsti dall’articolo 135, comma 2, del CAP). Fanno eccezione i casi di omissione, incompletezza, erroneità o tardività delle comunicazioni obbligatorie relativi all’articolo 154, commi 4 e 5 del CAP al Centro di informazione italiano: per essi si prevede un’altra sanzione amministrativa (da 10.000 a 100.000 euro) che colpisce la violazione da parte delle imprese assicuratrici degli obblighi di comunicazione all’IVASS dei dati relativi ai numeri di targa dei veicoli assicurati, ai numeri di polizza, alla data di cessazione della copertura assicurativa, ai nominativi dei mandatari per la liquidazione dei sinistri nominati in ciascuno Stato membro e, a richiesta, tempestivamente i dati relativi al nome ed indirizzo del proprietario o dell'usufruttuario o dell'acquirente con patto di riservato dominio o del locatario in caso di locazione finanziaria.
Tali omissioni sono accertate semestralmente e contestate con unico atto da notificare entro il termine di centoventi giorni (centottanta per i soggetti residenti all'estero) decorrente dal sessantesimo giorno successivo alla scadenza del semestre di riferimento.
Il Centro di informazione italiano ha il compito di fornire informazioni agli aventi diritto al risarcimento a seguito di un sinistro avvenuto in uno Stato membro diverso da quello di residenza causato dalla circolazione dei veicoli a motore immatricolati e assicurati in uno degli Stati dello Spazio Economico Europeo. In particolare il Centro di Informazione: detiene le informazioni relative alla copertura assicurativa dei veicoli stazionanti abitualmente in Italia; detiene altresì le informazioni relative ai mandatari per la gestione e la liquidazione dei sinistri RC Auto nominati dalle imprese Italiane negli altri Stati dello Spazio Economico Europeo; fornisce informazioni ai danneggiati sull'impresa di assicurazione del veicolo estero responsabile e del suo mandatario in Italia, nel caso di sinistri accaduti all'estero; fornisce informazioni ai danneggiati sulla copertura assicurativa de veicolo italiano che ha causato il sinistro. La gestione del Centro di informazione italiano è stata trasferita dall’Isvap alla Consap a decorrere dal 1° gennaio 2013, data di subentro dell'IVASS delle funzioni precedentemente attribuite a Isvap (articolo 13, comma 36 del D.L. n. 95 del 2012).
Il comma 30 apporta modifiche al decreto-legge n. 1 del 2012.
In particolare la lettera a), modificando il comma 1-bis dell’articolo 29, incide sul sistema del risarcimento diretto. Si prevede che l’IVASS, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della disposizione in esame, proceda alla revisione del criterio in base al quale sono calcolati i valori dei costi e delle eventuali franchigie per la compensazione tra le compagnie, qualora tale criterio non abbia garantito un effettivo recupero di efficienza produttiva delle compagnie, attraverso la progressiva riduzione dei costi dei rimborsi e l’individuazione delle frodi.
Si ricorda che l’articolo 29 del decreto-legge n. 1
del 2012 ha previsto che nell'ambito del
sistema di risarcimento diretto, disciplinato dall'articolo 150 del CAP, i
valori dei costi e delle eventuali franchigie sulla base dei quali vengono
definite le compensazioni tra compagnie siano calcolati annualmente secondo un
criterio che incentivi l'efficienza produttiva delle compagnie ed in
particolare il controllo dei costi dei rimborsi e l'individuazione delle frodi.
All’IVASS è attribuito il compito di definire tale
criterio e di stabilire annualmente il limite alle compensazioni dovute (comma
1-bis). In tal modo, nella
regolazione contabile dei rapporti economici per la gestione del risarcimento
diretto, sono previste delle soglie ai rimborsi ricevuti dalla compagnia del
danneggiato modulati in funzione degli obiettivi di efficienza che devono
essere raggiunti dalle compagnie.
L’articolo 150 del
D.Lgs. n. 209 del 2005 prevede che con D.P.R., su proposta del Ministro delle
attività produttive, sono stabiliti, tra l’altro, i principi per la
cooperazione tra le imprese di assicurazione, ivi compresi i benefici derivanti
agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto. In attuazione di ciò è
stato emanato il D.P.R. n. 254 del 2006, il cui articolo 13 prevede che le
imprese di assicurazione stipulano fra loro una convenzione ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed
economici per la gestione del risarcimento diretto. A seguito
dell’intervento legislativo che ha introdotto il sistema del risarcimento
diretto è stata sottoscritta la Convenzione tra Assicuratori per il
Risarcimento Diretto (CARD). Da un’indagine conoscitiva dell’Antitrust emerge
che il sistema CARD ha prodotto importanti benefici in termini di qualità delle
prestazioni delle imprese associate, ad esempio, ai tempi di liquidazione dei
sinistri. Risultano tuttavia fenomeni opportunistici da parte delle compagnie
che sembrano aver adeguato il proprio portafoglio clienti e le aree di
operatività nel tentativo di “sfruttare” il meccanismo di compensazione
sottostante il sistema CARD, catturando il differenziale positivo tra forfait
ricevuto e risarcimento effettivamente corrisposto. Ciò va ad aggiungersi
all’assenza di adeguati incentivi al controllo dei costi e all’inadeguatezza
delle procedure di contrasto dei fenomeni fraudolenti adottate dalle compagnie,
che spesso danno luogo ad aumenti dei premi. Al fine di migliorare il sistema
di funzionamento del risarcimento diretto, è stato suggerito un intervento di
affinamento del funzionamento del sistema CARD finalizzato a introdurre
adeguati incentivi al controllo dei costi dei risarcimenti tramite recuperi di
efficienza che si è realizzato con le previsioni dell’articolo 29 del D.L. n. 1
del 2012.
La lettera b) del comma 30 abroga il comma 3-quater dell’articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012, il quale prevede che il danno alla persona per lesioni di lieve entità può essere risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione.
Si ricorda che il comma 3-quater era stato introdotto nel corso della conversione del
decreto-legge n. 1 del 2012 contestualmente ad un’altra norma dal contenuto in
parte identico. Infatti il comma 3-ter dello
stesso articolo 32, modificando il comma 2 dell’articolo 139 del CAP (Danno non patrimoniale per lesioni di lieve
entità), ha disposto che le lesioni di lieve entità, che non siano
suscettibili di accertamento clinico
strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno
biologico permanente.
Peraltro il comma 2 dell’articolo 139 del CAP è stato
modificato dal comma 19 del
provvedimento in esame, nel corso dell’esame in sede referente. Con tale
modifica è stato precisato che con
riferimento alle lesioni quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili
senza l’ausilio di strumentazione, è
ammesso un esame visivo ai fini della loro risarcibilità per danno
biologico permanente.
La lettera c) del comma 30 abroga i commi 1 e 2 dell’articolo 34 del decreto-legge n. 1 del 2012, i quali prevedono l’obbligo per gli intermediari che distribuiscono polizze R.C. Auto di informare il cliente, in modo corretto, trasparente ed esaustivo, sulla tariffa e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie assicurative non appartenenti a medesimi gruppi. Il contratto stipulato senza la dichiarazione del cliente di aver ricevuto tali informazioni è affetto da nullità rilevabile solo a favore dell'assicurato.
Si ricorda che il comma 6 dell’articolo unico del disegno
di legge in esame ha introdotto nel CAP il nuovo articolo
132-bis il quale prescrive l’obbligo
per gli intermediari, prima della sottoscrizione di un contratto R.C. Auto, di
informare il consumatore in modo corretto, trasparente ed esaustivo sui premi
offerti da tutte le imprese di cui sono mandatari relativamente al contratto di
base (comma 1). Il comma 2 dell’articolo 132-bis prevede che gli intermediari forniscono i premi offerti dalle
imprese mediante collegamento internet
al preventivatore consultabile sul sito internet
dell’IVASS e del Ministero dello sviluppo economico,
senza obbligo di rilascio di supporti cartacei. Il comma 3 demanda all’IVASS il compito di adottare le disposizioni attuative in
modo da garantire accesso e risposta on-line,
sia ai consumatori che agli intermediari, esclusivamente per i premi applicati
dalle imprese per il contratto base relativo ad autovetture e motoveicoli. Il
comma 4 dispone la nullità rilevabile solo a favore dell’assicurato del
contratto stipulato senza la dichiarazione del cliente di aver ricevuto le
informazioni di cui al comma 1.
La disciplina dell’assicurazione obbligatoria per la
responsabilità civile auto è stata modificata con riguardo ai profili in
commento dal decreto-legge, 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. primo pacchetto liberalizzazioni). Nel dettaglio, è stato vietato (articolo 8, commi 1-2, decreto-legge
n. 223 del 2006) alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita
operanti nel settore RC Auto di stipulare nuove
clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi
minimi, ovvero di sconti massimi, praticabili nei riguardi dei consumatori
contraenti, a pena di nullità - per contrarietà a norme imperative - delle
clausole contrattuali stipulate in contravvenzione a tale divieto. L'ambito di
applicazione è stato esteso non solo agli agenti assicurativi, ma anche ad ogni
altro “distributore di servizi assicurativi" relativi al ramo
responsabilità civile auto.
Ai fini dell’applicazione della normativa antitrust, le norme (articolo 8, comma 3) hanno classificato come rientranti nella categoria delle intese restrittive della libertà di concorrenza (come disciplinata dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990) l’imposizione di un mandato di distribuzione esclusiva o del rispetto di prezzi minimi o di sconti massimi, nell’adempimento dei contratti di assicurazione RC Auto.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) ha segnalato, tra le proposte per favorire la concorrenza nel settore, la necessità di favorire la mobilità della clientela. Vista la complessità dei servizi assicurativi, è stato suggerito di sostenere lo sviluppo sia di broker, sia di agenti plurimandatari, vale a dire di figure professionali, sostanzialmente indipendenti dalle compagnie, la cui funzione - e il cui precipuo interesse - sarebbe proprio quella di consigliare gli utenti, i quali, secondo l’Autorità, non sarebbero in grado di selezionare da soli il prodotto per essi migliore. Al contrario, ad oggi si rileva una scarsa diffusione di agenti plurimandatari. Secondo alcune stime di operatori del settore, a fronte, del 7,8% di agenti plurimandatari nel 2007, si sarebbe passati al 13,4% nel 2008 e al 17,6% nel 2009. Inoltre, risulterebbe che il plurimandato non si sarebbe diffuso tra le compagnie di maggiori dimensioni, le quali hanno continuato ad operare con reti di agenti di fatto monomandatari, non concedendo mandati ad agenti plurimandatari.
Con il provvedimento n.
24935/2014 l’Antitrust ha
chiuso un’istruttoria avviata (I702) per verificare eventuali comportamenti anticoncorrenziali nel ramo
danni, finalizzati a ostacolare l’esercizio del plurimandato
da parte degli agenti assicurativi. In particolare, è stato deciso di
accettare, rendendoli vincolanti, gli impegni presentati dalle principali
compagnie assicurative, finalizzati proprio a rimuovere le clausole
contrattuali che rendevano difficile per gli agenti la gestione di più mandati.
In particolare tali clausole riguardavano: le disposizioni relative
all’esclusiva nei contratti e all’informativa in caso di assunzione di altri
mandati; le disposizioni relative all’operatività degli agenti; il sistema
delle provvigioni.
Il comma 31 estende l’ambito di operatività dell’archivio informatico integrato dell’IVASS, prevedendo che esso sia connesso anche con i seguenti archivi:
§ casellario giudiziale e casellario dei carichi pendenti istituito presso il Ministero della Giustizia;
§ l’anagrafe tributaria, limitatamente alle informazioni di natura anagrafica, incluso il codice fiscale o la partita IVA;
§ l’anagrafe nazionale della popolazione residente;
§ il Casellario centrale infortuni presso l’INAIL (lett. a)).
Si prevede, inoltre, che il decreto ministeriale attuativo della norma disciplini anche la possibilità di consultazione dell’archivio da parte delle imprese di assicurazione nella fase di assunzione del rischio, al fine di accertare la veridicità delle informazioni fornite dal contraente (lett. b)).
Si ricorda che l’articolo 132 del CAP, comma 1-ter, come modificato dal comma 2 del disegno di legge in esame, dispone che la verifica della correttezza dei dati risultanti dall’attestato di rischio, nonché dell’identità del contraente e dell’intestatario del veicolo, se persona diversa, deve essere effettuata anche mediante consultazione delle banche dati di settore e dell’archivio antifrode istituito presso l’IVASS. Qualora dalla consultazione risulti che le informazioni fornite dal contraente non sono corrette o veritiere, le imprese di assicurazione non sono tenute ad accettare le proposte loro presentate.
Si ricorda che l’articolo 21 del decreto-legge n. 179 del 2012 ha previsto l’istituzione presso l’IVASS di un archivio informatico integrato connesso con una serie di banche dati esistenti, con la finalità di favorire la prevenzione e il contrasto delle frodi nel settore RC Auto, per migliorare l’efficacia dei sistemi di liquidazione dei sinistri e per individuare i fenomeni fraudolenti. In particolare si prevede che esso sia connesso con:
§ la banca dati degli attestati di rischio (prevista dall'articolo 134 del D.Lgs. n. 209 del 2005, Codice delle Assicurazioni Private);
§ la banca dati sinistri e le banche dati anagrafe testimoni e anagrafe danneggiati (istituite dall'articolo 135 del medesimo CAP);
§ l'archivio nazionale dei veicoli e l'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida (istituiti dall'articolo 226 del codice della strada);
§ il Pubblico Registro Automobilistico, istituito presso l’ACI;
§ i dati a disposizione della CONSAP per la gestione del fondo di garanzia per le vittime della strada (di cui all'articolo 283 del CAP) e per la gestione della liquidazione dei danni a cura dell'impresa designata (di cui all'articolo 286 del CAP);
§ i dati a disposizione per i sinistri con veicoli immatricolati in Stati esteri gestiti dall'Ufficio centrale italiano (di cui all’articolo 126 del CAP);
§ ulteriori archivi e banche dati pubbliche e private, individuate con decreto interministeriale.
In attuazione di quanto previsto dall'articolo 21, del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 17, il decreto 11
giugno 2015, n. 108 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto
con il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015) ha istituito l'archivio informatico
integrato di cui si avvale l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni
private e di interesse collettivo (IVASS) per
l'individuazione e il contrasto delle frodi assicurative nel settore
dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei
veicoli a motore. Lo scopo dell'archivio informatico integrato è quello di
fornire alle imprese di assicurazione (nonché all'autorità giudiziaria e alle
forze di polizia) indicazioni sul livello di anomalia di ogni sinistro
comunicato alla banca dati sinistri, utilizzando idonei indicatori, ottenuti
dalle verifiche e dalle integrazioni delle informazioni contenute negli altri
archivi connessi, in modo da consentire di porre in essere un'attività
antifrode più mirata ed efficace.
Il regolamento prevede la connessione dell'archivio
integrato con le seguenti banche dati:
a) banca dati dei contrassegni assicurativi;
b) archivio nazionale dei veicoli;
c) anagrafe nazionale degli abilitati alla guida;
d) PRA: il pubblico registro automobilistico;
e) ruolo dei periti assicurativi. Con un successivo
decreto saranno disciplinate la tempistica e le modalità di connessione di
ulteriori banche dati.
Con il Regolamento n.
23 del 1 giugno 2016 l'IVASS ha aggiornato la
disciplina delle banche dati "sinistri", "anagrafe
testimoni" e "anagrafe danneggiati". Tali banche dati, che fanno
parte dell'archivio informatico integrato (AIA), raccolgono i relativi dati al
fine di agevolare la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti
nel settore dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore. Le imprese
di assicurazione nella fase di gestione di ciascun sinistro hanno il
diritto-dovere di consultare le banche dati; l'obbligo di consultazione è
assolto con la ricezione delle informazioni del sistema di allerta preventiva
dell'archivio informatico integrato, di cui all'art. 3 del D.M. n. 108
dell'11 maggio 2015 ovvero tramite consultazione delle citate banche
dati.
Il comma 32 prevede che l’IVASS possa richiedere alle imprese di assicurazione i dati relativi alle querele presentate all’Autorità giudiziaria per frode assicurativa o reati collegati ed utilizzare tali informazioni esclusivamente per attività di contrasto di tali frodi all’interno dell’archivio informatico integrato. A tal fine è aggiunto un periodo al comma 4 dell’articolo 21 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.
Articolo 1,
commi 33-37
(Poteri
dell'IVASS
per l'applicazione delle norme introdotte)
I commi 33-37 attribuiscono all’IVASS i poteri di vigilanza e di controllo sull’osservanza delle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame, dandone conto nell’ambito dell’annuale relazione. Il comma 34 prevede l’obbligo per le imprese di assicurazione di pubblicare sul proprio sito internet l’entità della riduzione dei premi. In caso di inosservanza di tale obbligo, il comma 35 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall’IVASS. Il comma 36 include anche i proventi derivanti dalle sanzioni in caso di mancato adeguamento alle norme sull’interoperabilità e sulla portabilità delle scatole nere da parte delle imprese di assicurazione tra quelli destinati ad alimentare il Fondo di garanzia per le vittime della strada; nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che si tratta di versamenti.
Il comma 36 prevede che l’IVASS, d’intesa con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, monitora le variazioni dei premi assicurativi offerti al consumatore e l’evoluzione dei costi per il risarcimento dei sinistri.
In particolare il comma 33 attribuisce all’IVASS i poteri di vigilanza e di controllo sull’osservanza delle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame, con speciale riguardo a quelle relative a:
§ la riduzione dei premi dei contratti di assicurazione;
§ l'evoluzione dei costi per il risarcimento dei sinistri;
§ il rispetto degli obblighi di pubblicità e di comunicazione in fase di offerta contrattuale.
L’IVASS deve dare conto dell’esito della propria attività di vigilanza e di controllo nell’ambito dell’annuale relazione al Parlamento e al Governo (prevista dall’articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, che ha istituito l’IVASS).
Il comma 34 prevede l’obbligo - per le imprese di assicurazione - di pubblicare sul proprio sito internet, entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello a cui i dati si riferiscono, l’entità della riduzione dei premi, con forme di pubblicità che ne rendano efficace e chiara l’applicazione. Gli stessi dati sono comunicati, entro i trenta giorni successivi, anche al MISE e all’IVASS, ai fini della pubblicazione sui rispettivi siti internet.
Il comma 35 prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro, in caso di inosservanza degli obblighi di pubblicazione e comunicazione di cui al comma 34.
Il comma 36 modifica l’articolo 328 del CAP al fine di includere anche i proventi derivanti dalle le sanzioni previste dal nuovo articolo 145-bis del CAP (introdotto dal comma 20 del disegno di legge in esame) tra quelli destinati ad alimentare il Fondo di garanzia per le vittime della strada, gestito dalla CONSAP.
Il richiamato
articolo 145-bis al comma 4 stabilisce che il mancato adeguamento, da
parte dell’impresa di assicurazione o dell’operatore di telematica
assicurativa, alle condizioni stabilite dal regolamento ministeriale al fine di
assicurare l’interoperabilità e la portabilità delle scatole nere e dei
meccanismi assimilati (previsto dell’articolo 32, comma 1-bis, del
decreto-legge n. 1 del 2012 e non ancora emanato) comporta l’applicazione da
parte dell’IVASS di una sanzione amministrativa
pecuniaria di euro 3.000 per ogni giorno di ritardo.
Il comma 36 prevede che l’IVASS, d’intesa con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, monitora le variazioni dei premi assicurativi offerti al consumatore e l’evoluzione dei costi per il risarcimento dei sinistri nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge in esame.
Articolo, 1,
commi 38 e 39
(Fondi pensione)
I commi 38 e 39 recano alcune modifiche alla disciplina delle forme pensionistiche complementari, prevedendo anche la convocazione di un tavolo di consultazione per avviarne un processo di riforma.
Più nel dettaglio, il comma 38 (attraverso alcune modifiche agli articoli 11 e 14 del D.Lgs. 252/2005) interviene sui seguenti profili:
§ della destinazione alle forme pensionistiche complementari degli accantonamenti relativi al trattamento di fine rapporto (lettera a));
§ del diritto all'anticipo della prestazione nel caso di cessazione dell'attività lavorativa (lettera b));
§ dei riscatti della posizione individuale maturata e del relativo regime tributario (lettera c)).
Riguardo al primo profilo, la lettera a) prevede che gli accordi collettivi concernenti le forme pensionistiche complementari possano anche stabilire una percentuale minima degli accantonamenti relativi al trattamento di fine rapporto maturando da destinare alle forme in oggetto (fermo restando il principio generale di adesione alle stesse su base volontaria) e che, in assenza di indicazione da parte degli accordi, la percentuale del conferimento sia pari al 100 per cento.
La lettera b) modifica la norma sul diritto all'anticipo della prestazione pensionistica complementare nel caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore ad un determinato limite, pari a 24 mesi (in luogo dei 48 attualmente previsti). Inoltre, nel confermare che il diritto all'anticipo sia consentito fino a 5 anni prima del conseguimento dei requisiti per l'accesso alle prestazioni nel regime pensionistico obbligatorio di appartenenza, introduce la possibilità che lo statuto ed il regolamento della forma pensionistica complementare elevino il medesimo limite fino a 10 anni. Infine, prevede che:
§ l'ordinamento interno della forma pensionistica complementare possa limitare il diritto all'anticipo ad una parte della prestazione;
§ l'aderente possa richiedere la liquidazione in forma di rendita temporanea (anche in deroga ai limiti generali vigenti per la liquidazione integrale in forma di rendita e a quelli specifici, posti dall'ordinamento interno del fondo), fino al conseguimento dei requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.
La lettera c) interviene in materia di riscatti della posizione individuale maturata:
§
con riferimento all’esercizio della facoltà di
riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente, dispone che tale facoltà non può
essere esercitata non solo nel quinquennio precedente la maturazione dei
requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari (come
attualmente previsto), ma anche nel maggior periodo (fino ad un massimo di 10
anni) eventualmente fissato dallo statuto o dal regolamento della forma
pensionistica complementare. In questi casi si applica quanto previsto
dall’art. 11, c. 4, del D.Lgs. 252/2005 come modificato dal provvedimento in
esame (vedi lettera b)) (numero 1)
§ chiarisce che, sia nelle forme pensionistiche complementari collettive sia in quelle individuali, il diritto al riscatto della posizione maturata spetta anche in tutti i casi in cui i motivi della cessazione dei requisiti di partecipazione alla forma medesima siano diversi da quelli per i quali è riconosciuto il regime tributario più favorevole. Resta fermo che, per i suddetti casi residuali, l'aliquota (a titolo di imposta) è pari al 23 per cento e che il regime più favorevole è costituito da un'aliquota (sempre a titolo di imposta) del 15 per cento (ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione, con un limite massimo di riduzione di 6 punti)[2] (numero 2).
Il comma 39 prevede la convocazione di un tavolo di consultazione per avviare un processo di riforma delle forme pensionistiche complementari - al fine di aumentarne l’efficienza, nonché di favorire l’educazione finanziaria e previdenziale – da convocarsi, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, su iniziativa del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, a cui partecipano le organizzazioni sindacali e le rappresentanze datoriali maggiormente rappresentative in ambito nazionale, la COVIP, nonché esperti della materia previdenziale, secondo le seguenti linee guida:
§ revisione dei requisiti per l’esercizio dell’attività dei fondi pensione, fondata su criteri ispirati alle migliori pratiche nazionali ed internazionali, con particolare riferimento all’onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali, del responsabile della forma pensionistica complementare e dei responsabili delle principali funzioni (lettera a));
§ determinazione di soglie patrimoniali di rilevanza minima in funzione delle caratteristiche dimensionali dei patrimoni gestiti, dei settori di appartenenza, della natura delle imprese interessate, delle categorie dei lavoratori interessati e dei regimi gestionali (lettera b));
§ individuazione di procedure di aggregazione intese ad aumentare il livello medio delle consistenze e a ridurre i costi di gestione ed i rischi (lettera c));
§
individuazione di forme di informazione mirata
all’accrescimento dell’educazione
finanziaria e previdenziale dei cittadini e sulle forme di gestione del
risparmio finalizzato alla corresponsione delle prestazioni previdenziali
complementari (lettera d), inserita nel corso dell’esame al
Senato).
Si ricorda, al riguardo, che
l’articolo 24-bis del decreto-legge n. 237 del 2016 reca misure ed interventi intesi a sviluppare l'educazione finanziaria,
previdenziale ed assicurativa. Viene allo scopo prevista l'adozione, da
parte del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero
dell'istruzione dell'università e della ricerca, di un programma per una
Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
Per l'attuazione della predetta Strategia si istituisce e si disciplina presso
il Ministero dell'economia e delle finanze, un Comitato nazionale per la
diffusione dell'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, che opera
attraverso riunioni periodiche e in seno al quale possono essere costituiti
specifici gruppi di ricerca cui potranno partecipare accademici e esperti della
materia.
Forme pensionistiche complementari: la
normativa vigente
Prestazioni
L’articolo 11 del D.Lgs. 252/2005 contiene disposizioni sulle prestazioni delle forme pensionistiche complementari. In particolare, oltre a precisare che spetta alle forme pensionistiche complementari definire i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni, la norma dispone che il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, “fermo restando il possesso di almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari”.
Più specificamente, le prestazioni pensionistiche in regime di prestazione definita e contribuzione definita possono essere erogate in capitale, al valore attuale, fino ad un massimo del 50% del montante finale accumulato, e in rendita. Nel computo dell’importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro.
Inoltre, è prevista (comma 4) la possibilità, da parte delle forme pensionistiche complementari, di anticipare le prestazioni, su richiesta dell’aderente, per un periodo massimo di 5 anni rispetto ai normali requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza. Tale agevolazione opera a condizione che l’attività lavorativa cessi comportando uno stato di inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.
La norma poi contiene disposizioni volte a regolamentare alcuni fattispecie specifiche (morte del titolare, possibilità di richiedere anticipazioni in relazione alla posizione individuale maturata, sottoposizione delle prestazioni pensionistiche in capitale e rendita e delle anticipazioni agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria).
Per quanto attiene, infine, al regime tributario delle prestazioni pensionistiche complementari, si prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta sulle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale o di rendita. La base imponibile è costituita dall’ammontare complessivo della prestazione, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta. Per le prestazioni periodiche, inoltre, sono esclusi dalla base imponibile anche i redditi di capitale derivanti dai rendimenti dell’ammontare della posizione individuale maturata, che dà origine alle prestazioni pensionistiche in corso di erogazione (di cui alla lettera g-quinquies del comma 1 dell’articolo 44 del Testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 917/1986), se determinabili.
Permanenza
nella forma pensionistica complementare, cessazione dei requisiti di
partecipazione e portabilità
L'articolo 14 del D.Lgs. 252/2005 regolamenta la permanenza nel fondo pensione e la cessazione dei requisiti di partecipazione, rinviando agli statuti ed ai regolamenti dei fondi per le regole di dettaglio relative alle modalità di esercizio inerenti la partecipazione, la portabilità delle posizioni individuali e le eventualità di riscatto delle medesime. Al tempo stesso, si individuano gli obblighi a cui sono tenuti i fondi pensione (mediante l’inserimento di specifiche disposizioni nel proprio statuto e regolamento) nel caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo pensione, nonché le procedure da seguire nel caso in cui il soggetto aderente deceda prima della maturazione del diritto alla prestazione previdenziale.
Per quanto riguarda il regime tributario, si stabilisce (comma 4) che nei casi di riscatto della posizione individuale (riscatto parziale o totale per cessazione dell’attività lavorativa o in caso di invalidità permanente, riscatto in favore degli eredi o dei beneficiari in caso di morte dell’iscritto), sulle somme percepite venga operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali, sul medesimo imponibile indicato (ossia sull’ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili).
Inoltre, si prevede che sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle in precedenza richiamate si applichi una ritenuta a titolo d’imposta, nella misura del 23%, sul medesimo imponibile indicato (ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili).
Il comma 6 riconosce il diritto di trasferimento della posizione individuale maturata presso un’altra forma pensionistica, con l’unico limite costituito dall’esclusione della possibilità di effettuare il trasferimento prima di 2 anni dalla data di partecipazione ad un fondo. Viene pertanto disposto che gli statuti e i regolamenti prevedano espressamente tale diritto, senza alcuna clausola limitativa, anche di fatto, comprese eventuali previsioni di voci di costo volte a ostacolare la portabilità.
Per le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche, il comma 7 prevede l’esenzione da ogni onere fiscale, a condizione che esse avvengano in favore di altre forme pensionistiche disciplinate dal medesimo D.Lgs. 252/2005.
Sono altresì esenti da ogni onere fiscale i trasferimenti delle risorse o delle riserve matematiche da un fondo pensione o da una forma pensionistica individuale ad altro fondo pensione o ad altra forma pensionistica individuale.
Articolo 1,
comma 40
(Clausola
di neutralità finanziaria)
Il comma 40 contiene una clausola di
invarianza finanziaria: le amministrazioni competenti devono provvedere
all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 2 a 39 in materia di
assicurazione mediante l'utilizzo di risorse umane, finanziarie e strumentali
previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
commi 41-44
(Eliminazione di vincoli per il cambio di
fornitore di servizi di
telefonia, reti televisive e di comunicazioni elettroniche e misure in
materia di comunicazioni)
I commi 41- 44, intervengono al fine di eliminare una serie di vincoli che sono oggi
presenti nei contratti con i fornitori di servizi di telefonia, televisivi e di
comunicazioni elettroniche in generale. A questo scopo, la disposizione
modifica l’articolo 1 del decreto-legge 7/2007, nella parte dedicata ai
contratti con gli operatori di questi settori: telefonia, reti televisive e
comunicazione elettronica. Inoltre sono state introdotte norme concernenti
l’incremento delle sanzioni per
la violazione di taluni obblighi posti in capo alle imprese designate per la
fornitura del servizio universale e una modifica della disciplina in tema di
comunicazioni indesiderate.
Le modifiche stabilite dal comma 41 sono di tre ordini:
§ la lettera a), aggiungendo un periodo
al comma 3 dell’art. 1 sopra citato, prevede che le spese relative al recesso o al trasferimento
dell'utenza ad altro operatore (è stato
soppresso nel corso dell’esame il riferimento a “ogni altro onere comunque
denominato”) debbano essere commisurate al valore del contratto e, con una modifica introdotta nel corso
dell’esame in sede referente, ai
costi reali sopportati dall’azienda ovvero
ai costi sostenuti per dismettere la linea telefonica o trasferire il servizio.
Tali spese vanno in ogni caso rese note
al consumatore al momento della pubblicizzazione dell’offerta e della
sottoscrizione del contratto. Si prevede inoltre l’obbligo di comunicarle, in
via generale, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, esplicitando
analiticamente la composizione di ciascuna voce e la rispettiva giustificazione
economica, in modo da permettere ad
AGCOM un più efficace controllo preventivo delle spese richieste per il
recesso.
Si ricorda che l’art. 1 del citato decreto-legge 7/2007 prevede
attualmente, ai commi 2 e 3, che l'offerta commerciale dei prezzi dei
differenti operatori della telefonia evidenzi tutte le voci che compongono
l'offerta, al fine di consentire ai singoli consumatori un adeguato confronto e
che i contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti
televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia
utilizzata, debbano prevedere la facoltà di recesso del contraente o di
trasferimento delle utenze ad un altro operatore senza vincoli temporali o
ritardi e senza spese non giustificate da costi dell'operatore. E’ fatto
divieto inoltre di imporre obblighi di preavviso superiori a trenta giorni. Le
clausole difformi sono nulle.
§
la lettera b)
aggiunge al comma 3 dell’articolo 1, i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater. Con tali nuove disposizioni si
prevede innanzitutto che le modalità di recesso dal contratto stipulato con
operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica,
nonché il passaggio ad altro gestore, siano semplici e di immediata attuazione
e, soprattutto, analoghe alle forme utilizzate per l’attivazione di un
contratto, così da facilitare il recesso (nuovo comma 3-bis). Secondo modifica una modifica introdotta nel corso
dell’esame al Senato, deve essere comunque
garantito al cliente di comunicare il recesso o il cambio di gestore con modalità telematiche.
Il nuovo comma 3-ter prevede che qualora il contratto comprenda offerte promozionali - aventi ad oggetto la fornitura sia di servizi che di beni, secondo una modifica introdotta in sede d’esame al Senato - esso non possa avere durata superiore a ventiquattro mesi e che nel caso di risoluzione anticipata si applichino i medesimi obblighi informativi e i medesimi limiti agli oneri per il consumatore introdotti dalla lettera a) al comma 3, terzo periodo (quindi commisurati al valore del contratto, resi noti al consumatore e comunicati in via generale all’AGCOM), e che comunque gli eventuali costi di uscita debbano essere equi e proporzionati al valore del contratto e alla durata residua della promozione offerta.
Il nuovo comma 3-quater, dispone l’obbligo per i gestori dei servizi di telefonia e di comunicazioni elettroniche, di acquisire il previo consenso espresso per l'eventuale addebito al cliente del costo di servizi in abbonamento offerti da terzi. Secondo un’ulteriore specificazione deliberata al Senato, è fatto divieto agli operatori di telefonia e di comunicazioni elettroniche di prevedere la possibilità per il consumatore o per l’utente di ricevere servizi in abbonamento da parte dello stesso operatore, o di terzi, senza il previo consenso espresso e documentato all’attivazione di tale tipologia di servizi.
§ la lettera c), non oggetto di interventi modificativi da parte del Senato, modifica il comma 4 dell’articolo 1 del citato decreto-legge 7/2007, che prevede in generale il potere dell’AGCOM di vigilare sull’attuazione di tutte le disposizioni dell’articolo 1, demandandole anche la competenza a stabilire le disposizioni di attuazione del nuovo comma 3-quater, sopra descritto. Si estende inoltre il potere sanzionatorio dell’AGCOM anche alle violazioni delle disposizioni dei nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.
Attualmente il comma 4 dell’art. 1 prevede che l'AGCOM stabilisca le modalità attuative delle disposizioni del solo comma 2 e che possa sanzionare la violazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 3, applicando l'articolo 98 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003).
L’art. 98 richiamato prevede sanzioni per tutta una serie di violazioni in cui possono incorrere gli operatori di rete di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, che vanno dall’istallazione e fornitura di reti senza autorizzazione generale, alla mancata ottemperanza ad ordini e diffide impartiti ai sensi del Codice dal Ministero o dall'Autorità,: per quest’ultimo caso è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 120.000 ad euro 2.500.000. Se l'inottemperanza riguarda provvedimenti adottati dall'Autorità in ordine alla violazione di disposizioni relative ad imprese aventi significativo potere di mercato, è prevista l’applicazione a ciascun soggetto interessato di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra il 2 per cento ed il 5 per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio.
Il comma 42, non modificato dal Senato, modifica l’articolo 70, comma 1, lettera f), numero 3, del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 259/2003) che disciplina i contenuti obbligatori del contratto, stabilendo che debbano essere indicate eventuali commissioni dovute in caso di recesso anticipato dal contratto.
Attualmente l’articolo 70, comma 3, lettera f), numero 3, indica, quale contenuto possibile del contratto, eventuali commissioni dovute alla scadenza del contratto. Si prevede quindi una limitazione alla possibilità di prevedere commissioni per i clienti che non siano connessi ad un recesso anticipato dal contratto ovvero ad “eventuali costi da recuperare in relazione all’apparecchiatura terminale”.
La norma in commento appare
volta a recepire una delle proposte contenute nella segnalazione dell’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, inviata al Parlamento il 4 luglio 2014
(Atto di segnalazione n. 1137, annunciato nella seduta del Senato n. 275 del 9
luglio 2014) relativamente alle comunicazioni.
In particolare, l’Autorità richiede la possibilità di semplificare le
procedure di identificazione dei clienti dei servizi di telefonia, ad esempio
in caso di migrazione tra gli operatori.
Durante l'esame in sede referente sono stati introdotti i commi 43 e 44.
Il comma 43 (novellando l'articolo 98, comma 16, del Codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003) incrementa da 580.000 a 1.160.000 euro la sanzione pecuniaria per la violazione di taluni obblighi posti in capo alle imprese designate per la fornitura del servizio universale, come definito dalle disposizioni contenute nel Capo IV del titolo II del Codice delle comunicazioni elettroniche (artt. 53- 85). Le disposizioni in relazione alla violazione dei quali è previsto l’incremento delle sanzioni sono quelle relative al controllo delle spese (art. 60), alla qualità del servizio (art. 61 e art. 72), ai contratti e al diritto di recesso (art. 70), alla trasparenza e alla pubblicazione delle informazioni (art. 71) e, infine, alla fornitura di prestazioni supplementari (art. 79).
Il comma 44 introduce due nuovi commi, 4-bis e 4-ter, all'articolo 130 - concernente le "Comunicazioni indesiderate" - del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il nuovo comma 4-bis fissa alcuni contenuti necessari dei contatti vocali non sollecitati da parte di operatori nei confronti degli abbonati. In particolare, all'esordio del contatto dovranno essere specificati: a) gli elementi di identificazione univoca del soggetto per conto del quale il contatto avviene; b) l’indicazione dello scopo commerciale o promozionale del contatto. Ai sensi del comma 4-ter si stabilisce che la chiamata è consentita solo quando l'abbonato, acquisite le suddette informazioni, presta un consenso esplicito.
Andrebbe precisato che resta comunque salvo quanto previsto dal comma
3-bis dell’articolo 130, in modo che coloro che risultano iscritti nel registro
delle opposizioni o che abbiano in altre forme negato il trattamento dei propri
dati personali per comunicazioni aventi finalità commerciali non possano
comunque essere oggetto di comunicazioni commerciali ai sensi della presente
disposizione.
L’attuale disciplina in tema di trattamento a fini commerciali dei dati personali è stata prevista dall'articolo 20-bis del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135 convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.
Tale norma ha modificato la disciplina, novellando l'articolo 130 del Codice e consentendo il trattamento dei dati personali mediante l'impiego del telefono per finalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, salvo il diritto di opposizione dell'interessato.
La disposizione sopra descritta si configura come una deroga a quanto previsto in via generale dall’articolo 129 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Questa ultima disposizione stabilisce che il Garante per la protezione dei dati personali individui con proprio provvedimento le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi ai contraenti di servizi di comunicazione negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico, precisando anche le modalità secondo le quali i contraenti possano acconsentire all’utilizzo dei dati personali per l’invio di materiale pubblicitario o per il compimento di attività di vendita diretta, di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
La disciplina in materia di protezione dei dati personali precedentemente alla riforma introdotta con il decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, consentiva l'utilizzo, per attività di carattere promozionale, pubblicitario o commerciale di alcune categorie di dati e, in particolare, di quelli: a) presenti negli elenchi c.d. "alfabetici", per i quali l'interessato avesse manifestato il proprio consenso a tale tipo di utilizzo (provvedimento del 15 luglio 2004; b) riportati nei citati elenchi cd. "categorici"; c) registrati nelle banche dati costituite utilizzando direttamente anche dati estratti da elenchi telefonici formati precedentemente al 1° agosto 2005, sempre che il titolare del trattamento fosse stato in grado di dimostrare di aver fornito effettivamente, prima di tale data, l'informativa agli interessati ai sensi dell'articolo 13 del Codice; d) provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque.
Nel corso dell’esame dei progetti di legge A.S. 2452 e 2545 concernenti la riforma del Registro delle opposizioni è stato audito, presso l’VIII Commissione del Senato, il 16 novembre 2016, il Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali il quale ha ricordato che alla base delle problematiche riguardanti il cosiddetto marketing telefonico è la scelta del legislatore che ha introdotto l'attuale regime per il trattamento di dati personali per finalità commerciali, fondato sul cosiddetto "opt out" (su cui vedi supra), cioè sul rifiuto a posteriori, invece che sul consenso a priori, nonostante le forti perplessità dell'Autorità che ne aveva sottolineato da subito i possibili risvolti negativi. La creazione del registro delle opposizioni a partire dal 2011, che avrebbe dovuto rappresentare il principale strumento dei cittadini per evitare le comunicazioni commerciali telefoniche indesiderate, non ha soddisfatto le aspettative anche in considerazione di molteplici condotte scorrette di operatori e imprese.
Il Presidente, ha altresì segnalato che anche la differente scelta di opt in “sconta le difficoltà legate al proliferare di pratiche scorrette di acquisizione del consenso in occasione dell'acquisto di beni o servizi, in particolare online (dove sono frequenti i casi di cosiddetto consenso obbligato o, meglio, predefinito), o per il tramite di siti che operano quali aggregatori di dati (con scarsa o nessuna consapevolezza da parte degli utenti) o, ancora, nella frequente opacità presente nelle richieste di cessione di dati a terze parti”.
Il Presidente ha quindi concluso l’audizione esprimendo il proprio orientamento favorevole alle modifiche relative al registro delle opposizioni proposte (diritto del cittadino ad iscrivere, con una semplice richiesta, il proprio numero di telefono, sia esso fisso o mobile, nel Registro pubblico delle opposizioni, indipendentemente dal fatto che la numerazione sia o meno già presente negli elenchi pubblici degli abbonati; previsione che l'iscrizione al Registro comporti la cancellazione automatica di tutti i consensi dati precedentemente dall'interessato per le telefonate commerciali).
In relazione alla norma in commento il Presidente dell’Autorità ha invece paventato pubblicamente il rischio che la formulazione attuale della stessa possa di fatto liberalizzare la possibilità di comunicazioni indesiderate (c. d. telemarketing selvaggio).
Con riferimento alle preoccupazioni espresse dal Garante della Privacy in un comunicato stampa del 4 maggio 2017 il Ministero dello sviluppo ha precisato che l'emendamento, di origine parlamentare, che ha introdotto questa disposizione risulta “chiaramente finalizzato a fornire un ulteriore strumento di tutela dei consumatori” ponendosi l'obiettivo di consentire a tutti gli utenti a prescindere dal fatto di essere o meno iscritti al registro delle opposizioni, di respingere eventuali chiamate non desiderate.
Articolo 1,
commi 45 e 46
(Registro
dei soggetti che utilizzano indirettamente
risorse nazionali di numerazione)
Con i commi 45 e 46, modificati dal Senato, è istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il Registro dei soggetti che utilizzano indirettamente risorse nazionali di numerazione.
L’articolo 15 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), disciplina il Piano di numerazione nel settore delle telecomunicazioni. Ai sensi della citata disposizione il Ministero provvede al rilascio dei diritti d'uso di tutte le risorse nazionali di numerazione e alla gestione dei piani nazionali di numerazione dei servizi di comunicazione elettronica. Spetta all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilire i piani di numerazione nazionale dei servizi di comunicazione elettronica, incluse le connesse modalità di accesso e svolgimento dei servizi di comunicazione elettronica, e le procedure di assegnazione della numerazione nazionale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza e non discriminazione, in modo da assicurare parità di trattamento a tutti i fornitori dei servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico.
Nel corso dell’esame in Senato è stata modificata, come sopra indicato, la formulazione della norma che prevedeva, nella sua precedente formulazione, che il Ministero dello sviluppo economico individuasse e iscrivesse nel registro i soggetti, diversi dagli operatori già presenti in altri registri, che, per erogare servizi voce e dati al pubblico, utilizzino indirettamente risorse nazionali di numerazione.
E’ stata invece confermata la disposizione secondo la quale il citato registro sarà tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi delle medesime disposizioni che regolano il registro degli operatori di comunicazione di cui all’articolo 1, comma 6, lettera a), n. 5, della legge n. 249 del 1997.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), n. 5
della legge n. 249 del 1997 al registro degli operatori di comunicazione si
devono iscrivere:
a) i soggetti titolari del diritto di
installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazione elettronica
su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite, e di
impianti di messa in onda, multiplazione, distribuzione e diffusione delle
risorse frequenziali che consentono la trasmissione di programmi agli utenti;
b) i fornitori di servizi di media audiovisivi o
radiofonici su frequenze terrestri in tecnica digitale, nonché alla diffusione
via cavo, via satellite o su altri mezzi di comunicazione elettronica anche a
richiesta;
c) i fornitori di servizi interattivi associati o
di servizi di accesso condizionato: compresa la pay per view,
ovvero che forniscono servizi della c.d. “società dell’informazione” ai sensi
dell’articolo 2 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, ovvero forniscono
una guida elettronica ai programmi;
d) i soggetti esercenti l’attività di
radiodiffusione: la società concessionaria del servizio pubblico
radiotelevisivo;
e) le imprese concessionarie di pubblicità;
f) le imprese di produzione o distribuzione di
programmi radiotelevisivi;
g) le agenzie di stampa a carattere nazionale;
h) gli editori di giornali quotidiani, periodici o
riviste;
i) i soggetti esercenti l'editoria elettronica;
j) le imprese fornitrici di servizi di
comunicazione elettronica.
Si ricorda inoltre che le società che svolgono attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica sono iscritte nell’elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica di cui all’articolo 25, comma 4, del decreto legislativo n. 259 del 2003, Codice delle comunicazioni elettroniche.
Il comma 46 prevede infine, a seguito di una modifica della norma
disposta nel corso dell’esame al Senato, che con decreto del Ministro dello
sviluppo economico, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della legge, siano determinati
i criteri per l'individuazione dei soggetti da iscrivere nel Registro di cui al
comma 45. E’ stata pertanto
eliminata la disposizione che prevedeva che i soggetti iscritti nel
registro fossero obbligati, con riferimento alla loro attività prevalente, a
richiedere l'autorizzazione prevista per tale attività.
La funzione del registro è pertanto diretta ad assoggettare all’obbligo di registrazione operatori che ad oggi non sono titolari di autorizzazione per lo svolgimento di attività che prevedono l’utilizzo indiretto della numerazione nazionale. Rientrano tra tali soggetti noti fornitori di servizi di comunicazione (quali ad esempio WhatsApp, Viber, Telegram, Facebook) e altri che presentano account associati ad un numero di telefono.
Articolo 1,
comma 47
(Semplificazione delle procedure di
identificazione per la portabilità)
Il
comma 47, non modificato dal Senato, intende semplificare le procedure di
migrazione dei clienti tra operatori di telefonia mobile e le procedure per
l’integrazione di SIM aggiuntive o la sostituzione di SIM richieste da utenti
già clienti di un operatore attraverso l’utilizzo di misure di identificazione
indiretta del cliente (cioè senza bisogno di usare un documento di
identità) anche utilizzando il sistema pubblico dell’identità digitale previsto
(SPID) dall’articolo 64 del Codice dell’amministrazione digitale (decreto
legislativo 82/2005).
La disposizione rimanda per l’attuazione ad
un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della legge, con il quale si dovrà prevedere l’identificazione in via indiretta
del cliente in modo da consentire che la richiesta di migrazione, di
integrazione di SIM e tutte le operazioni connesse possano essere svolte per
via telematica.
Con il D.P.C.M.
24 ottobre 2014 sono state definite le caratteristiche del Sistema Pubblico
dell’Identità Digitale (SPID), che è curato
dall’Agenzia per l’Italia Digitale, nonché i tempi e le modalità di adozione
del sistema da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese. Con il
nuovo sistema le pubbliche amministrazioni potranno consentire l'accesso in
rete ai propri servizi, oltre che con lo stesso SPID,
solo mediante la carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi.
Sono in corso di adozione i provvedimenti attuativi che definiscono le modalità
operative del sistema (si veda in proposito il Monitoraggio del Sistema Pubblico di Identità Digitale a cura della Agenzia per l’Italia digitale – Agid).
È previsto che dall'attuazione delle disposizioni previste dal comma non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
commi 48-54
(Misure
per favorire i pagamenti digitali e
le erogazioni liberali tramite credito telefonico)
I commi 48-54 introducono misure volte a favorire i pagamenti digitali e le erogazioni liberali attraverso strumenti di pagamento in mobilità anche con l'addebito diretto su credito telefonico.
Più nel dettaglio il comma 48 prevede la possibilità di utilizzare la bigliettazione elettronica attraverso strumenti di pagamento in mobilità, anche con l'addebito diretto su credito telefonico, per l'acquisto di titoli d'accesso a luoghi di cultura, manifestazioni culturali e spettacoli, secondo quanto previsto dall’articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 179 del 2012.
L’articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 179 del 2012 ha previsto l’introduzione delle modalità di pagamento sopra descritte nel settore del trasporto pubblico locale. La citata disposizione prevede anche la creazione di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale e di biglietti elettronici integrati nelle città metropolitane. La legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) aveva esteso la citata modalità di pagamento anche ai servizi di parcheggio, di bike sharing, di accesso ad aree a traffico limitato e di analoghi sistemi di mobilità e trasporto.
Il comma 49, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, al fine di evitare situazioni di insolvenza, prevede che l'utente che intende usufruire delle modalità di pagamento di cui al comma 1 è messo nelle condizioni di conoscere, durante l'operazione di acquisto, se il proprio credito telefonico sia sufficiente e quanto residui a seguito dell'operazione medesima.
I successivi commi 50-53, anche essi introdotti dal Senato, intervengono in materia di erogazioni liberali destinate alle ONLUS.
Più nel dettaglio il comma 50 consente l'effettuazione mediante credito telefonico delle erogazioni liberali destinate:
§ alle organizzazioni senza scopo di lucro di
natura privata, di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997;
L’articolo 10 del decreto legislativo n. 460/1997, che
regolamenta il settore del non profit secondo criteri di unitarietà e
coordinamento in materia di normativa tributaria degli enti non commerciali, ha introdotto nell'ordinamento
nazionale le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). All’interno dei soggetti del
Terzo settore, le ONLUS costituiscono una categoria rilevante ai soli fini fiscali, alla quale è destinato
un regime tributario di favore in
considerazione delle finalità di solidarietà sociale perseguite.
L’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997 non indica
un’ulteriore tipologia giuridica di diritto civile di organizzazione non
profit, ma una specifica categoria del
diritto
tributario. Ne deriva che
possono qualificarsi come ONLUS: le associazioni con o senza personalità giuridica; i
comitati; le fondazioni; le società cooperative e altri enti di carattere
privato purché perseguano finalità meritevoli di tutela.
Al contrario, non possono qualificarsi come ONLUS e
sono soggetti esclusi : gli enti
pubblici, le società commerciali diverse dalle cooperative, le fondazioni
bancarie, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le
associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria. La condizione necessaria per acquisire la qualifica di ONLUS è
dunque individuata dalla finalità di
solidarietà sociale rivolta ad apportare benefici a persone svantaggiate
in ragione di condizioni fisiche, sociali, economiche o familiari, oppure a componenti
di collettività estere relativamente agli aiuti umanitari. L’articolo 10
specifica che le finalità di
solidarietà sociale si intendono sempre perseguite per i soggetti del
terzo settore che svolgono attività in uno o più dei settori riferibili a:
§ assistenza
sociale e socio-sanitaria;
§ assistenza
sanitaria;
§ beneficenza;
§ istruzione;
§ formazione;
§ sport
dilettantistico;
§ tutela,
promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e
§ storico;
§ tutela e
valorizzazione della natura e dell'ambiente;
§ promozione della
cultura e dell'arte;
§ tutela dei
diritti civili;
§ ricerca
scientifica di particolare interesse sociale;
§ cooperazione
allo sviluppo e solidarietà internazionale;
§ esclusivo
perseguimento di finalità di solidarietà sociale.
Ulteriore condizione
necessaria per acquisire la qualifica di ONLUS, è che gli statuti o atti costitutivi dei soggetti che
intendono qualificarsi come tali devono prevedere espressamente le
seguenti clausole, indicate nell'art. 10, comma 1, del decreto istitutivo:
§ il divieto di
svolgere attività diverse da quelle di solidarietà sociale, ad eccezione di
quelle ad esse direttamente connesse;
§ il divieto di
distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione, nonché fondi,
riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la
destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o effettuate a
favore di altre ONLUS che, per legge, statuto o regolamento, facciano parte
della medesima ed unitaria struttura;
§ l'obbligo di
impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle
attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;
§ l'obbligo di
devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per
qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
§ obbligo di
redigere il bilancio o rendiconto annuale;
§ obbligo di
uniformare l'organizzazione a principi di democrazia interna.
L'art. 10, comma 8, prevede l'automatica
acquisizione della qualifica di ONLUS (le cd. ONLUS di diritto) per:
§ le
organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale;
§ le
Organizzazioni non governative (ONG);
§ le cooperative
sociali iscritte nella “sezione cooperazione sociale” del
§ registro
prefettizio;
§ i consorzi
costituiti interamente da cooperative sociali.
Come già detto, le ONLUS, se in possesso dei requisiti
sopra elencati, possono usufruire di rilevanti agevolazioni fiscali e di un
regime tributario agevolato per quanto riguarda le imposte sui redditi, l'IVA e
le altre imposte indirette. Per beneficiare delle agevolazioni i soggetti
interessati devono chiedere l'iscrizione all'Anagrafe unica delle
Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, presentando una comunicazione
all'Agenzia delle Entrate. Tale adempimento non è richiesto alle Onlus di diritto.
§ alle associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri di cui all'articolo 7 della legge 7 dicembre
2000, n.383;
L'articolo 2 della legge n. 383 qualifica come associazioni di
promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i
movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di
svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza
finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.
Ai sensi dell'articolo 7 della medesima legge sono in particolare considerate associazioni
di promozione sociale a carattere nazionale quelle che svolgono attività in
almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale. Tali
associazioni, ove costituite e operanti da almeno un anno, possono iscriversi
presso un apposito registro nazionale istituito presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali. La disposizione
consente alle Regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano di
istituire, rispettivamente, registri su scala regionale e provinciale, ai quali
possono iscriversi tutte le associazioni di promozione sociale che svolgono
attività, rispettivamente, in ambito regionale o provinciale.
§ alle associazioni e fondazioni riconosciute che
operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto n.
460 del 1997.
I settori considerati dalla lettera a) del comma 1
dell'articolo 10 sono i seguenti: assistenza sociale e socio-sanitaria;
assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport
dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse
artistico e storico, ivi comprese le biblioteche; tutela e valorizzazione della
natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente,
di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi ;
promozione della cultura e dell'arte; tutela dei diritti civili; ricerca
scientifica di particolare interesse sociale; cooperazione allo sviluppo e
solidarietà internazionale.
Ai sensi del comma 51, con decreto MiSE - da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni e la Banca d'Italia - sono disciplinate le modalità e requisiti di accesso e fruizione del servizio di cui al comma precedente.
In quanto erogazione liberale, gli importi in questione sono espressamente esclusi dal campo di applicazione:
§ dell'imposta sul valore aggiunto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972;
§ dell'articolo 14, comma 1 del D.L. n. 35 del 2015 (conv. legge n. 80 del 2005) il quale prevede la deducibilità dal reddito complessivo del soggetto erogatore nel limite del dieci per cento del reddito complessivo dichiarato, e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui;
§ dell'articolo 15, comma 1, del D.P.R n. 917 del 1986, il quale prevede la detrazione di un importo pari al 22 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo (commi 52 e 53).
Il comma 54, infine, reca la clausola di neutralità finanziaria, stabilendo che dall'attuazione dell’articolo in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 1,
comma 55
(Aggiornamento registro delle opposizioni)
Il comma 55, non modificato dal Senato, stabilisce, che sia modificato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge in commento, il regolamento recante istituzione e gestione del registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali (D.P.R. n. 178 del 2010) ciò al fine di consentire l’applicazione della disciplina in essere - che attualmente risulta riferirsi al solo uso della numerazione telefonica degli abbonati con finalità commerciali - anche alle ipotesi di impiego della posta cartacea alle medesime finalità (dando così attuazione all’articolo 130, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 196 del 2003).
L’articolo 130, comma 3-bis, del Codice in materia di protezione dei dati personali prevede una deroga a quanto previsto in via generale dall’articolo 129. Questa ultima disposizione stabilisce che il Garante per la protezione dei dati personali individui con proprio provvedimento le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi ai contraenti di servizi di comunicazione negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico, precisando anche le modalità secondo le quali i contraenti possano acconsentire all’utilizzo dei dati personali per l’invio di materiale pubblicitario o per il compimento di attività di vendita diretta, di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Ai sensi dell’articolo 130, comma 3-bis, è consentito, in deroga alla disciplina appena citata, il trattamento dei dati personali, per le finalità sopra indicate, nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione mediante l’iscrizione della numerazione della quale è intestatario e degli altri dati personali a disposizione del pubblico, in un registro pubblico delle opposizioni.
Il testo dell’articolo 130, comma 3-bis del decreto legislativo n. 196 del 2003, non si riferiva all’invio di posta cartacea con finalità commerciali, ma soltanto alle attività promozionali sopra delineate per mezzo di comunicazioni telefoniche.
L’estensione della disciplina alla fattispecie di invio di posta cartacea è dovuta all'articolo 6, comma 2, lettera a), n. 6, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.
Essendo tale
disposizione successiva all’emanazione del regolamento di cui al citato decreto
del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, la norma in questione si
prefigge il fine di consentire il concreto esercizio dei diritti di cui al
Codice in materia di protezione dei dati personali.
Articolo 1,
comma 56
(Tariffazione delle chiamate verso
numerazioni non geografiche)
Il comma 56, non modificato dal Senato, si riferisce alla tariffazione delle chiamate verso numerazioni non geografiche, ossia le numerazioni per cui è prevista una tariffazione differenziata ed indipendente dalla collocazione geografica del chiamante, stabilendo che la tariffazione abbia inizio solo dalla risposta dell'operatore.
Le chiamate verso numerazioni non geografiche
raggruppano diverse tipologie di servizi che presentano varie tariffazioni,
talvolta onerose.
Rientrano ad esempio in tale ambito:
a)
i servizi a
sovrapprezzo (899, 892, 895, 894 e 89111), di cui agli articoli 20 e 21 della
delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 52/12/CIR del 3
maggio 2012[3];
b)
i servizi ad
addebito ripartito (84*) previsti dall’articolo 17 della citata delibera;
c)
i servizi di
numero unico o personale (178, 199) previsti dall’articolo 18 della delibera,
per i quali il cliente deve essere preventivamente informato del costo.
La disposizione è volta ad evitare che siano posti in capo all’utente i costi della chiamata nel caso in cui vi sia un intervallo di tempo tra l’inizio della chiamata medesima e la risposta dell’operatore.
Articolo 1,
comma 57
(Modifiche alle norme sull'esercizio dei
diritti connessi al diritto d'autore previsti per l'utilizzo di fonogrammi)
Il comma 57, introdotto durante l’esame presso il Senato, reca nuove disposizioni in materia di compensi spettanti per l’utilizzo di fonogrammi, in particolare prevedendo il riconoscimento distinto di tali compensi al produttore di fonogrammi e agli artisti interpreti o esecutori e attribuendo l’esercizio del diritto a ogni impresa che svolga attività di intermediazione dei diritti connessi alla quale il produttore e gli artisti interpreti o esecutori hanno conferito mandato.
A tal fine, novella l’art. 73 della L. 633/1941.
Al riguardo si
ricorda, preliminarmente, che l’art. 73 della
L. 633/1941 – come modificato, da ultimo, dall’art. 12, co. 1, del d.lgs.
68/2003 – dispone, al co. 1, che il
produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti
esecutori, hanno diritto ad un compenso
per l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della
cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la
comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei
pubblici esercizi ed in occasione di
qualsiasi altra pubblica utilizzazione
dei fonogrammi stessi. L'esercizio di
tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli
artisti interpreti o esecutori interessati.
Per quanto concerne, in generale, la gestione dei
diritti connessi al diritto d’autore, si ricorda che, dopo l’intervento
dell’art. 7, co. 1, del D.L. 64/2010 (L. 100/2010) – che ha trasferito al nuovo IMAIE[4], fra gli altri,
il compito di incassare e ripartire fra
gli artisti interpreti ed esecutori i compensi di cui all’art. 73 della L.
633/1941 – l’art. 39, co. 2 e 3, del
D.L. 1/2012 (L. 27/2012) ha liberalizzato l’attività di amministrazione
e intermediazione dei diritti connessi, disponendo che i requisiti minimi
necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari dovevano
essere definiti con D.P.C.M., previo parere
dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. E’ così intervenuto il D.P.C.M. 19 dicembre
2012[5].
Con D.P.C.M. 17 gennaio
2014, adottato ai sensi del già citato art. 7, co. 1, del
D.L. 64/2010, si è, poi, proceduto al riordino della materia del diritto
connesso al diritto d’autore. Per quanto qui più interessa, il D.P.C.M. del 2014 ha previsto, all’art. 2, che, al fine di garantire l’effettiva riscossione da parte
degli artisti del compenso dovuto dagli utilizzatori, le imprese che svolgono l’attività di
intermediazione dei diritti connessi concludono
accordi sulle condizioni e modalità con cui favorire la più equa e celere
ripartizione dei compensi dovuti ai rispettivi mandanti. Ha, altresì, previsto
una disciplina residuale in caso di mancato raggiungimento dell’accordo. L’art. 6, inoltre, al fine dell’individuazione del soggetto preposto alla
riscossione dei compensi spettanti agli artisti interpreti ed esecutori, ha
introdotto il principio della competenza
contabile, in base al quale spetta all’intermediario con cui ciascun
artista ha in essere un rapporto di mandato al momento dell’utilizzo dell’opera
la competenza a riscuoterne il relativo compenso.
Successivamente, però, il D.P.C.M. 2 febbraio
2015 – adottato dopo che la Commissione europea,
nell’ambito del sistema di comunicazione EU Pilot
5167/MARK, aveva chiesto, il 17 settembre 2013, informazioni in merito al D.P.C.M. 1 settembre 1975, che aveva inizialmente
determinato la misura del compenso dovuto ai produttori e agli artisti
interpreti ed esecutori di fonogrammi[6], nonché tenendo
conto delle osservazioni formulate dall’Autorità garante della concorrenza e
del mercato con segnalazione
AS622 del 12 luglio 2009 – ha disposto, all’art. 1, che la misura e
le modalità di determinazione e
corresponsione del compenso per l’utilizzo dei fonogrammi, dovuto (per
quanto qui interessa) ai sensi dell’art. 73 della L. 633/1941, sono individuate
mediante accordi stipulati fra gli organismi di intermediazione dei diritti
connessi che operano a favore dei produttori di fonogrammi e le organizzazioni
di categoria maggiormente rappresentative degli utilizzatori. E’ stata
tuttavia fatta salva la facoltà di ciascun titolare di diritti di stipulare in
ogni momento accordi direttamente con gli utilizzatori dei propri fonogrammi.
Lo stesso art. 1 ha previsto anche che la quota
di ripartizione dell’ammontare del compenso spettante agli artisti interpreti o esecutori è pari al 50% dell’ammontare globale del compenso stesso.
A fronte del quadro normativo descritto, il
testo in esame sostituisce la previsione in base alla quale l’esercizio del
diritto al compenso spetta al produttore, che ripartisce il compenso con gli
artisti interpreti o esecutori, disponendo, invece, che:
§ il compenso
per ogni fonogramma utilizzato è riconosciuto
distintamente al produttore e ad ogni artista interprete o esecutore;
§ l’esercizio
del diritto spetta (non più al produttore, ma) a ciascuna delle imprese che svolgono l’attività di intermediazione
dei diritti connessi, alle quali il
produttore e gli artisti interpreti o esecutori hanno conferito il mandato
in forma scritta;
§ il compenso dovuto agli artisti interpreti o
esecutori non è rinunciabile né cedibile.
Per completezza, si ricorda che nella seduta del 13
aprile 2016 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva avviato
una istruttoria – per la quale
il termine di chiusura era stato fissato al 30 aprile 2017 – nei confronti del
nuovo IMAIE per accertare l’esistenza di una
violazione dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che vieta lo
sfruttamento abusivo di posizione dominante sul mercato interno o su una parte
sostanziale di questo da parte di una o più imprese.
In particolare, l’Autorità – ricordato che, mentre per
il settore audiovisivo le società di intermediazione definiscono accordi
direttamente con gli utilizzatori, nel campo musicale esse ricevono quanto loro
spettante indirettamente, ossia per il tramite delle società di intermediazione
dei produttori, le quali negoziano con i soggetti che sfruttano economicamente
i brani per conto di tutte le categorie aventi diritto – evidenziava che le attività di determinazione e
ripartizione dei compensi degli artisti interpreti ed esecutori, non
espressamente disciplinate dalle norme di liberalizzazione, appaiono svolte in
modo esclusivo da nuovo IMAIE.
L’istruttoria è stata chiusa con delibera 22
marzo 2017, con la quale l’AGCM ha
deliberato di accettare e rendere obbligatori gli impegni presentati il 16
settembre 2016 dal nuovo IMAIE ai sensi dell’art.14-ter, co. 1, della L. 287/1990,
sottoposti a market test e, quindi,
definitivamente formulati dal nuovo IMAIE con
modifiche accessorie il 23 dicembre 2016.
In particolare, alla luce degli impegni
conclusivamente presentati, l’Autorità ha ritenuto di chiudere il procedimento
senza accertare l’infrazione, e ha impegnato il nuovo IMAIE
a presentare una prima relazione sullo stato di attuazione degli impegni
assunti entro 120 giorni dalla notifica della delibera e, per i tre anni
successivi all’invio della prima relazione, un rapporto annuale che consenta di
verificare la corretta attuazione degli impegni.
Articolo 1,
commi 58 e 59
(Apertura al mercato della comunicazione,
a mezzo posta, delle
notificazioni di atti giudiziari e di violazioni del Codice della strada)
I commi 58 e 59 sopprimono, a decorrere dal 10 settembre 2017 (anziché come previsto dal testo originario dal 10 giugno 2017), l’attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane Spa (quale fornitore del Servizio universale postale) dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari (ai sensi della legge 890/1982[7]) nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada ai sensi dell’art. 201 del Nuovo Codice della strada (decreto legislativo 285/1992), introducendo nel decreto legislativo 261/1999 le necessarie disposizioni di coordinamento.
Per quanto concerne le linee generali della regolazione del settore postale, il decreto legislativo 261/1999[8] ha previsto un unico fornitore del servizio universale, con una distinzione, non presente nell'ordinamento comunitario, tra fornitore del servizio e prestatori del medesimo servizio. Il primo fornisce il servizio integralmente su tutto il territorio nazionale; i secondi forniscono prestazioni singole e specifiche.
Fornitrice del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane Spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 58/2011[9] (e quindi fino al 2026). I rapporti tra Stato e impresa fornitrice del servizio universale sono regolati da periodici contratti di programma.
Per gli altri operatori è necessaria:
§ una licenza individuale, rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico, per le imprese che intendono fornire al pubblico servizi postali non riservati che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale;
§ un'autorizzazione generale rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico per gli altri operatori.
Il servizio universale comprende:
1) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg e dei pacchi postali fino a 20 kg;
2) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.
La soppressione della residua riserva in esclusiva è disposta dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo in commento, mediante la soppressione, appunto a decorrere dal 10 settembre 2017 (anziché come previsto dal testo originario dal 10 giugno 2017), dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 261/1999. Conseguentemente a tale soppressione le rimanenti disposizioni dell’articolo prevedono le seguenti ulteriori modifiche al decreto legislativo n. 261/1999:
§
la
soppressione, sempre a decorrere dal 10
settembre 2017 (anziché come
previsto dal testo originario dal 10 giugno 2017), del riferimento ai
proventi del fornitore del servizio universale per i servizi in esclusiva previsti
nell’articolo 2, comma 14, lettera b),
che, nell’individuare le modalità di calcolo del contributo da parte degli
operatori per il finanziamento dell’autorità di regolazione di settore
(attualmente l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, AGCOM[10]),
indica le tipologie di proventi del fornitore del servizio universale da non
considerare a tale scopo.
In particolare, la disposizione attualmente prevede un
contributo di importo non superiore all’uno per mille dei ricavi dell’ultimo
esercizio versato da tutti gli operatori e al netto, per il fornitore del
servizio universale, dell’onere relativo al servizio universale stesso e dei
proventi per i servizi in esclusiva;
§ l’integrazione del comma 2 dell’articolo 5,
che disciplina le condizioni per il rilascio agli operatori del settore postale
della licenza individuale per l’effettuazione di specifiche prestazioni
rientranti nel servizio universale; la disposizione è integrata nel senso di
prevedere che il rilascio della licenza individuale per le notificazioni e
comunicazioni di atti giudiziari e per le notificazioni delle violazioni del
codice della strada debba essere subordinato a specifici obblighi di servizio
con riguardo alla sicurezza, alla qualità, alla disponibilità e all’esecuzione
dei servizi medesimi;
§ la soppressione, a decorrere dal 10 settembre 2017 (anziché come previsto dal testo originario dal 10 giugno 2017),
del riferimento ai servizi affidati in esclusiva dal comma 1 dell’articolo 10
che attualmente prevede che il fondo di compensazione degli oneri del servizio
universale sia alimentato nel caso in cui il fornitore del servizio universale
non ricava dalla fornitura di tale servizio e dai servizi in esclusiva entrate
sufficienti per l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore;
§ la soppressione, sempre a decorrere dal settembre 2017 (anziché come previsto dal testo originario dal 10 giugno 2017) 2017 del comma 3 dell’articolo 21 che prevede una sanzione da 5.000 a 150.000 euro per chi espleti i servizi attribuiti in esclusiva al fornitore del servizio universale.
Il comma 59, non modificato dal Senato, prevede che entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge l’AGCOM determini, sentiti il Ministro della giustizia, i requisiti e gli obblighi, nonché i requisiti di affidabilità, professionalità e onorabilità, per il rilascio delle licenze individuali relative alla notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari e alle notificazioni delle violazioni del codice della strada.
Come specificato dalla disposizione, l’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo n. 261/1999 già prevede che i requisiti per le licenze individuali siano determinati con provvedimento dell’autorità di regolamentazione.
La norma in commento recepisce una delle proposte contenute nella segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, inviata al Parlamento il 4 luglio 2014 (Atto di segnalazione n. 1137, annunciato nella seduta del Senato n. 275 del 9 luglio 2014) relativamente al settore postale; la segnalazione contiene però ulteriori proposte che non risultano recepite nel provvedimento in esame e che non sono considerate nella relazione di accompagnamento. Si segnalano in particolare le seguenti proposte di intervento normativo:
§ modifica dell’articolo 3 del decreto
legislativo n. 261/1999 in modo da escludere dal perimetro del servizio
universale i servizi rivolti ad una clientela commerciale che prevedono invii
in grande quantità (posta massiva o posta raccomandata non retail) e da limitarlo
esclusivamente ai servizi rivolti a persone fisiche;
§ modulazione in maniera flessibile del
servizio universale, prevedendo un obbligo di valutazione di efficienza e qualità
del servizio in sede regolatoria (cioè da parte
dell’autorità di regolazione) anche con specifico riferimento alle aree
geografiche disagiate;
In proposito, si segnala che sulle caratteristiche del servizio universale sono intervenuti i commi da 277 a 284 dell'articolo unico della citata legge di stabilità 2015. Tali disposizioni, tra le altre cose, consentono una rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito sul territorio nazionale. Inoltre, come previsto dal comma 280 della medesima disposizione, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera 396/15/CONS, ha definito, a seguito della proposta di Poste italiane, i nuovi obiettivi statistici di qualità e una nuova determinazione delle tariffe degli invii di posta prioritaria e degli altri servizi universali.
§ introduzione di maggiore trasparenza nei
sistemi di finanziamento del servizio universale, in particolare attraverso la
definizione preventiva dei parametri sulla base dei quali viene effettuata la
compensazione degli oneri al fine di garantire che la stessa non conferisca un
vantaggio economico per l’impresa beneficiaria;
§ modifica della struttura societaria di Poste italiane Spa, prevedendo la costituzione di una società separata che abbia quale oggetto sociale lo svolgimento dell’attività bancaria di Bancoposta, secondo la normativa di settore contenute nel testo unico bancario (decreto legislativo n. 385/1993).
Articolo 1,
comma 60
(Cessazione della disciplina transitoria
dei prezzi del gas per i clienti domestici)
Il comma 60, determina la cessazione del regime “di maggior tutela” nel settore del gas naturale, abrogando, a partire dal 1° luglio 2019, la disciplina che prevede la definizione da parte dell’Autorità per l’energia delle tariffe del gas per i consumatori che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero.
L’unica modifica apportata dal Senato, rispetto al testo approvato dalla Camera, al comma 60 (ex articolo 26 nel testo approvato dalla Camera) concerne la data della cessazione del regime di “maggior tutela” nel settore del gas naturale. Nel corso dell’esame al Senato è stata infatti fissata al 1° luglio 2019, la data dell’abrogazione della disciplina transitoria che prevede la definizione amministrativa delle tariffe del gas naturale nella vendita ai consumatori domestici che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero.
Come è noto, il processo di liberalizzazione della vendita di energia ai clienti finali in Italia si è sviluppato in modo diverso nei settori dell’elettricità e del gas naturale. Per il settore del gas naturale, la completa liberalizzazione del mercato, avviata per tappe successive dal “decreto Letta” (decreto legislativo n. 164/2000), è avvenuta già dal 1° gennaio 2003. A differenza che per il settore elettrico la separazione delle attività di vendita e di distribuzione è stata imposta a tutte le imprese distributrici, a prescindere dal numero di punti di riconsegna serviti. Una ulteriore differenza è poi legata alle forme di tutela previste per i clienti finali. In primo luogo, i clienti domestici e i condomini uso domestico beneficiano di una forma di tutela, nella forma di condizioni economiche definite dall’Autorità che tutti i venditori hanno l’obbligo di offrire loro; non sono pertanto individuati, come invece avviene nel settore elettrico, soggetti obbligati all’erogazione del servizio di tutela.
Le condizioni economiche del servizio di tutela sono determinate dall’Autorità secondo una logica analoga a quella su cui è basata la determinazione dei prezzi del servizio di maggior tutela nel settore elettrico, cioè in modo da riflettere le condizioni di costo di un operatore efficiente del mercato.
L’articolo in esame interviene sul citato “decreto Letta” (D.Lgs. 164/2000). In particolare, viene abrogata (dal 1 luglio 2019) la norma (articolo 22, comma 2, terzo periodo) che prevede, per i soli clienti domestici, la determinazione dei prezzi del gas da parte dell'Autorità per l'energia.
La determinazione dei prezzi da parte dell'Autorità per l'energia (meccanismo, cosiddetto di “maggior tutela”), è regolato dal D.L. 73/2007, articolo 1, comma 3, che tuttavia non viene modificato dalla norma in esame.
L’articolo 1, comma 3, del citato D.L. 73/2007, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2007, n. 125 stabilisce infatti che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas indica condizioni standard di erogazione del servizio e definisce transitoriamente, in base ai costi effettivi del servizio, prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica ai clienti finali domestici e per le forniture di gas naturale ai clienti domestici, che le imprese di distribuzione o di vendita, nell'ambito degli obblighi di servizio pubblico, comprendono tra le proprie offerte commerciali contemplando anche la possibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziati.
La legge 23 agosto 2004, n. 239 recante "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia" all'articolo 1, commi 46 e 47, disciplina la fornitura di gas naturale ai clienti finali con consumi inferiori o pari a 200.000 standard metri cubi annui di gas naturale che, anche temporaneamente, sono privi di un fornitore o risiedono in aree geografiche nelle quali non si è ancora sviluppato un mercato concorrenziale nell'offerta di gas naturale.
L’articolo 22, comma 7 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dall’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93 prevede che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, anche in base a quanto previsto all’articolo 30, commi 5 e 8, della legge 23 luglio 2009, n. 99, sono individuati e aggiornati i criteri e le modalità per la fornitura di gas naturale nell’ambito del servizio di ultima istanza, a condizioni che incentivino la ricerca di un nuovo fornitore sul mercato, per tutti i clienti civili e i clienti non civili con consumi pari o inferiori a 50.000 metri cubi all’anno, nonché per le utenze relative ad attività di servizio pubblico tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche e private che svolgono un’attività riconosciuta di assistenza, nonché nelle aree geografiche nelle quali non si è ancora sviluppato un mercato concorrenziale nell’offerta di gas naturale.
In attuazione di tale disposizione, il MISE con decreto del 22 luglio 2016, ha stabilito indirizzi nei confronti dell’Autorità al fine di individuare i criteri e le modalità per la fornitura di gas naturale nell’ambito del servizio di ultima istanza al massimo per il periodo relativo agli anni termici 2016-2017 e 2017-2018 a condizioni che incentivino la ricerca di un nuovo fornitore. In particolare il decreto stabilisce che il servizio di ultima istanza consiste nella fornitura di gas naturale ai seguenti clienti finali che si trovano, anche temporaneamente, senza fornitore: a) per motivi indipendenti dalla loro volontà; detti clienti finali sono i clienti civili e non civili con consumo non superiore a 50.000 metri cubi all’anno di gas naturale; b) per qualsiasi causa; detti clienti finali sono i titolari di utenze relative ad attività di servizio pubblico, tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche e private che svolgono un’attività riconosciuta di assistenza, anche con consumi superiori a 50.000 metri cubi all’anno di gas naturale. L’Autorità provvede a definire opportuni meccanismi di reintegrazione degli oneri non recuperabili in capo ai fornitori di ultima istanza connessi alla morosità dei clienti non disalimentabili .
Con la delibera 465/2016/R/gas l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico: ha definito i criteri e le modalità per lo svolgimento, da parte di Acquirente Unico, delle procedure ad evidenza pubblica per l’individuazione dei fornitori di ultima istanza (FUI) e dei fornitori del Servizio di default (FDD) a partire dall’1 ottobre 2016; ha stabilito interventi in merito alla disciplina sulle condizioni di erogazione dei servizi di ultima istanza; è intervenuta con specifici interventi sulla disciplina del Servizio di default distribuzione (SdD), con particolare riferimento alle attività che rimangono nella responsabilità delle singole imprese di distribuzione; ha definito interventi finalizzati al completamento della voltura. capacità di trasporto e distribuzione di gas naturale dei fornitori da sostituire.
Il Rapporto 168/2017/I/COM dell’AEEGSI che sintetizza, per gli anni 2014 e 2015, gli esiti dell’attività monitoraggio strutturale del mercato della vendita di energia elettrica e gas naturale alla clientela di massa (monitoraggio retail), ovvero ai clienti di piccola e media dimensione in termini di volumi di consumo, sottolinea che per il settore gas è aumentato il numero degli operatori attivi, anche se la concorrenza non ha raggiunto ancora una dimensione nazionale (per tutto il quadriennio 2012-2015 solo 2 operatori risultano tra i primi 4 venditori in almeno 10 regioni). Nel 2015 ha cambiato modalità di fornitura (cioè ha cambiato fornitore anche uscendo dalla tutela) il 12,8% dei clienti finali domestici, valore pressoché costante a partire dal 2013. Nel medesimo periodo, i cambi tra modalità di fornitura per la clientela non domestica sono invece in crescita. Per i clienti domestici e condomini uso domestico la fornitura prevalente risulta ancora il Servizio di tutela (68% nel 2015), sebbene continui il graduale passaggio verso il libero mercato. Come per il settore elettrico, i venditori storici presentano un certo vantaggio competitivo nell’aumentare le proprie quote di mercato sul libero. Tra il 2012 e 2015, nonostante la crescita del primo operatore a livello nazionale (che nel 2015 detiene il 23% circa del mercato totale), con il conseguente aumento degli indici di concentrazione, la dinamica concorrenziale ha comunque permesso agli operatori di dimensioni medie di erodere le quote di mercato (+2,3% tra 2014 e 2015) sia ai più grandi che ai più piccoli.
Il comma in esame fa esplicitamente salvo quanto previsto dai commi 62-65 del disegno di legge in esame, con riguardo alla confrontabilità delle offerte tramite la realizzazione di un portale informatico per la raccolta e la pubblicazione delle stesse sul mercato retail (si veda infra), nonché quanto previsto dai commi da 67 a 72, con riferimento alle modalità di cessazione del regime della maggior tutela (si veda infra).
Articolo 1,
comma 61
(Cessazione del regime di “maggior
tutela”
per l’energia elettrica)
Il comma 61, modificato nel corso dell’esame in Senato, elimina il regime di “maggior tutela” nel settore dell’energia elettrica a decorrere dal 1° luglio 2019, ossia abroga da tale data, la disciplina transitoria che prevede la definizione amministrativa delle tariffe dell’energia elettrica nella vendita ai consumatori domestici e ai piccoli consumatori industriali che non abbiano ancora scelto un fornitore sul mercato libero. Viene inoltre introdotto un servizio di salvaguardia, regolato dall’Autorità di settore, attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero, al fine di garantire la continuità della fornitura a determinate tipologie di clienti che, al superamento del regime di maggior tutela si trovino senza fornitore.
Il comma in esame interviene sulle disposizioni di recepimento del cd. “terzo pacchetto energia” (D.Lgs. 93/2011), abrogando la norma (articolo 35, comma 2) che prevede la determinazione dei prezzi dell’energia elettrica da parte dell'Autorità per l'energia per:
§ i clienti finali civili;
§ le imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro;
§ che non scelgano un fornitore sul mercato libero.
Il servizio di maggior tutela, è derivato del dettato comunitario della Direttiva 2003/54/CE (Secondo Pacchetto UE) e successivamente confermato dalla Direttiva 2009/72/CE (Terzo pacchetto UE), in base al quale, tra l’altro, “gli Stati membri provvedono affinché tutti i clienti civili e, se gli Stati membri lo ritengono necessario, le piccole imprese […] usufruiscano nel rispettivo territorio del servizio universale, vale a dire del diritto alla fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili, trasparenti e non discriminatori […]”. Tale servizio persegue, pertanto, le finalità di assicurare la continuità della fornitura di energia elettrica e di garantire che essa abbia una “qualità [contrattuale] specifica a prezzi ragionevoli”.
L’articolo 1 del decreto
legge 73/07 - con il quale è stata completata, con l’apertura del mercato
libero anche ai clienti domestici, la liberalizzazione del mercato retail, avviata, per tappe successive, dal cd.
“decreto Bersani” (decreto legislativo n. 79/99) - ha istituito il servizio di maggior tutela erogato nei
confronti dei clienti domestici e delle piccole imprese che non hanno un
venditore nel mercato libero. Tale servizio è stato successivamente confermato
dal decreto legislativo 93/11
(articolo 35, comma 2). L'art. 35, comma 2,
D.Lgs. n. 93/2011 - che la norma in esame intende abrogare - prevede infatti che
i clienti finali civili e le imprese connesse in bassa tensione con meno di 50
dipendenti ed un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro che non
scelgano un fornitore sul mercato libero, sono riforniti di energia elettrica
nell'ambito del regime di tutela di cui all'art. 1, comma 2, D.L. n. 73/2007.
Ai sensi delle richiamate disposizioni, il servizio di maggior tutela è erogato dall’impresa distributrice territorialmente competente, anche mediante un’apposita società di vendita, e la funzione di approvvigionamento dell’energia elettrica è svolta dalla società Acquirente unico S.p.a. Il servizio di maggior tutela è finalizzato ad accompagnare la completa apertura del mercato della vendita al dettaglio e, a oggi, garantisce ai clienti finali a) la continuità del servizio e b) la tutela di prezzo: La regolazione delle modalità di erogazione del servizio di maggior tutela compete all’Autorità che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del decreto legge 73/07 ne definisce le condizioni standard nonché, “transitoriamente” e “in base ai costi effettivi del servizio”, i relativi corrispettivi da applicare.
La conformità del servizio di maggior tutela, così come implementato nell’ordinamento italiano, al dettato normativo europeo (in particolare alle disposizioni in tema di servizio universale e al diritto del cliente di ottenere una fornitura a prezzi ragionevoli – cfr. articolo 3, comma 2, e i considerandi n. 42 e 45 della direttiva 2009/72/CE) è stata, tra l’altro, riconosciuta dalla Corte di Giustizia; la medesima Corte ha altresì: - individuato come temporanea la funzione di cui alla lettera b) sopra richiamata relativa alla tutela di prezzo, in quanto destinata a scomparire non appena le condizioni del mercato stesso lo rendano possibile; - chiarito anche la portata del principio di proporzionalità cui devono conformarsi le discipline nazionali dei servizi di tutela, rispetto alle concrete ed effettive esigenze dei soggetti coinvolti.
Con la delibera 633/2016/R/eel[11] l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha completato la riforma dei meccanismi di mercato per la tutela di prezzo per i clienti domestici e non domestici dell'energia elettrica, modificando le condizioni di erogazione del servizio di maggior tutela (servizio di maggior tutela riformato), completando la definizione dei corrispettivi relativi alla Tutela SIMILE[12] ed introducendo appositi obblighi di comunicazione per gli attuali esercenti la maggior tutela. La delibera 633/2016/R/eel definisce, inoltre, appositi obblighi di comunicazione (in bolletta e sul proprio sito internet) per gli attuali esercenti la maggior tutela al fine di garantire informazione ai clienti finali circa la Tutela SIMILE.
L’impatto in termini quantitativi del servizio di “maggior tutela” nei mercati del gas e dell’energia elettrica, può essere analizzato tramite i dati diffusi dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico nel Rapporto 168/2017/I/COM dell’Autorità per l'energia, pubblicato il 27 marzo 2017, che sintetizza, per gli anni 2014 e 2015, gli esiti dell’attività monitoraggio strutturale del mercato della vendita di energia elettrica e gas naturale alla clientela di massa (monitoraggio retail), ovvero ai clienti di piccola e media dimensione in termini di volumi di consumo[13] - segnala che nel settore elettrico è stato costante l’incremento del numero di operatori attivi nel mercato libero per tutte le tipologie di clientela (i gruppi societari attivi sono passati dai 219 del 2012 ai 335 del 2015), con condizioni concorrenziali uniformi a livello nazionale, ma differenziate per tipologie di clienti e con indici di concentrazione rimasti stabili. Migliora infatti il livello di concorrenza dei clienti in Bassa Tensione altri usi (negozi e piccole attività), più vicini alle buone performance nel mercato dei grandi clienti (Media Tensione altri usi), con il 45% che si riforniscono sul mercato libero (erano il 36% nel 2012), che sottendono un elevato volume di energia, pari al 72%, e con il primo operatore che detiene una quota di vendite di circa il 23% (in calo del -4,3% rispetto al 2012). Il Rapporto segnala altresì che il mercato della clientela domestica rimane molto meno dinamico. Il servizio di Maggior tutela rappresenta ancora la modalità di fornitura prevalente, pur in continua diminuzione dal 2012: nel 2015 poco meno di un terzo delle famiglie si approvvigiona sul mercato libero (32%). I clienti domestici sembrano restare nei regimi di tutela per la limitata conoscenza delle opportunità e degli elementi del mercato, oltre che per una minore appetibilità per i venditori.
Per i clienti domestici, il tasso di uscita dal servizio di Maggior tutela è in continua diminuzione dal 2013, attestandosi nel 2015 a un livello pari al 3,6%. Parimenti, anche per i clienti domestici, malgrado i rientri in Maggior tutela si attestino a una quota pari nel 2015 allo 0,7% rispetto ai clienti domestici attivi, il loro peso rispetto alle uscite aumenta nel biennio considerato: all’incirca per ogni 5 clienti domestici che hanno lasciato il servizio di Maggior tutela nel 2015, uno è rientrato, mentre nel 2013 il rapporto era 7 a 1. Da ultimo, appare confermato, e addirittura accentuato rispetto ai clienti in Bassa Tensione altri usi (negozi e piccole attività), il vantaggio competitivo in capo agli esercenti del servizio di Maggior tutela nel “convincere” i clienti, a partire da quelli con consumi più elevati, a rifornirsi alle loro condizioni nel mercato libero. Difatti la quota di clienti domestici che escono sul mercato libero con esercenti la vendita collegati al distributore è in continua crescita nel quadriennio sinora analizzato e, nel 2015, all’incirca il 67% dei clienti passati al mercato libero sono usciti con tali esercenti.
Rimane quindi il vantaggio competitivo degli esercenti la maggior tutela nel convincere i clienti a scegliere una loro offerta collegata nel libero (il 67% dei passaggi al libero sono a loro favore). I livelli di concentrazione permangono elevati (con il primo operatore che nel 2015 detiene una quota di mercato di circa il 50%).
Nel corso dell’esame in Senato, sono state introdotte alcune modifiche alle disposizioni in commento.
In primo luogo è stata fissata al 1° luglio 2019 (invece che al 30 giugno 2017) la data dalla quale decorre l’abrogazione del regime di maggior tutela.
Inoltre, mentre il
testo approvato dalla Camera prevedeva che l’AEEGSI
disciplinasse le misure rivolte a garantire la fornitura del servizio
universale, nel corso dell’esame in Senato è stato specificato che la medesima
Autorità adotta disposizioni per assicurare il servizio di salvaguardia ai clienti finali domestici e le
imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato
annuo non superiore ai 10 milioni di euro senza fornitore di energia elettrica
o che non abbiano scelto il proprio fornitore, attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al
mercato libero.
Si ricorda che, attualmente il servizio di salvaguardia riguarda –
secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 4 del D.L. 73/2007 – i clienti finali che abbiano
autocertificato di non rientrare nel
regime di tutela di cui al comma 2 della medesima legge, (ossia tra i clienti
domestici e tra le imprese connesse in bassa tensione aventi meno di 50
dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) e che si
trovano senza fornitore o che non abbiano scelto il proprio fornitore.
L’articolo 1, comma 4 prevede inoltre che il servizio
di salvaguardia sia assegnato mediante
procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il
passaggio al mercato libero e che il Ministro dello Sviluppo Economico
emani indirizzi e, su proposta dell’Autorità, adotti disposizioni per
assicurare il servizio di salvaguardia ai clienti finali che ne hanno i
requisiti.
Il servizio di salvaguardia è erogato da società di vendita selezionate attraverso procedure concorsuali per aree territoriali a condizioni economiche determinate in esito alle medesime procedure. Il differente regime di erogazione del servizio di salvaguardia rispetto alla Maggior tutela, in particolare con riferimento alle modalità di determinazione del prezzo applicato, risponde alle diverse esigenze di tutela dei clienti che in questo caso, anche in ragione delle loro dimensioni e della loro capacità contrattuale, risultano maggiormente in grado di operare sul mercato. L’erogazione del servizio di salvaguardia riguarda tra l’altro molti clienti che non sono stati in grado di trovare un venditore del mercato libero, a causa della loro scarsa qualità creditizia. Questo aspetto del servizio espone l’esercente a un maggiore rischio, in ragione del quale i prezzi del servizio di salvaguardia possono risultare potenzialmente più elevati dei prezzi prevalenti sul mercato libero. In altre parole, il servizio di salvaguardia garantisce solamente la tutela della continuità della fornitura, mentre i prezzi praticati dagli esercenti la salvaguardia sono quelli dai medesimi predisposti e offerti in sede di gara per la loro selezione.
Con la delibera 632/2016/R/eel l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha approvato lo schema di Regolamento disciplinante le procedure concorsuali per l'individuazione degli esercenti la salvaguardia per il biennio 2017-2018 predisposto dall'Acquirente Unico, ai sensi della deliberazione n. 337/07 che disciplina tali procedure.
Il Regolamento disciplina la procedura per l'individuazione, nelle 10
aree territoriali in cui è suddivisa l'Italia, degli esercenti il servizio di
salvaguardia definendo: le modalità di ammissione alla procedura (requisiti
minimi, garanzie per l'affidabilità delle offerte, contenuti e modalità di
presentazione della domanda), le modalità di svolgimento della procedura (esame
della documentazione, controllo di validità e ordine di priorità delle offerte,
esito della procedura), gli obblighi di comunicazione in capo agli esercenti e
agli altri soggetti coinvolti (Terna, Acquirente Unico e imprese distributrici)
e le garanzie che i soggetti aggiudicatari devono versare per l'esercizio della
salvaguardia. Le modifiche introdotte con la delibera 632/2016/R/eel al Regolamento predisposto dall'Acquirente Unico sono
finalizzate a garantire una maggiore coerenza di alcuni aspetti puntuali
rispetto a quanto stabilito dalla disciplina prevista per le suddette procedure
e a chiarire alcuni passaggi del Regolamento stesso.
Le principali riguardano in particolare:
§ l'integrazione dei requisiti di ammissione in materia
di completo versamento delle garanzie richieste da Terna con riferimento ai
clienti serviti sul libero;
§ l'integrazione della documentazione da presentare
nell'istanza inerente ai requisiti di ammissione; in particolare viene meglio
dettagliata la documentazione da presentare in merito al giudizio di
rischiosità futura richiesto e in caso il soggetto istante non sia anche utente
del dispacciamento;
§ il chiarimento circa quando devono essere rilasciate
le fideiussioni prestate dai soggetti inizialmente non risultati aggiudicatari
qualora, nel frattempo, il soggetto che invece è risultato aggiudicatario non
ha adempiuto al versamento delle garanzie richieste.
Articolo 1,
commi 62-65
(Confrontabilità delle offerte)
I commi da 62 a 65, il cui contenuto è
stato modificato nel corso dell’esame al Senato, predispone una procedura
finalizzata ad ottenere offerte di fornitura di energia elettrica e gas, e
garantirne la confrontabilità. Al
riguardo si prevede la realizzazione
e la gestione da parte del gestore del Sistema
Informativo Integrato - di un
portale informatico per la raccolta e la pubblicazione delle offerte sul mercato retail. La funzione di
raccordo ed emersione delle istanze dei diversi portatori di interesse sui
contenuti del portale è garantita da un Comitato tecnico istituito presso
l’Autorità. Agli operatori della vendita dell’energia elettrica o gas è fatto
obbligo di inviare all’AEEGSI e pubblicare sul
proprio sito almeno una proposta di
offerta di fornitura a prezzo variabile
nonché almeno una proposta di offerta di fornitura a prezzo fisso per le utenze domestiche e non domestiche, le utenze
connesse in bassa tensione e le utenze
con consumi annui non superiori a 200.000 Smc.
In particolare, al comma 62, rispetto al testo approvato dalla Camera in prima lettura (ex articolo 28), nel corso dell’esame al Senato è stato stabilito che l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, non realizza direttamente, bensì dispone con proprio provvedimento, entro 5 mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame, la realizzazione e la gestione da parte del gestore del Sistema Informativo Integrato - di un portale informatico per la raccolta e la pubblicazione delle offerte sul mercato retail, con particolare riferimento non solo alle utenze domestiche e alle imprese connesse in bassa tensione ma anche alle imprese con consumi annui non superiori a 200.000 standard metri cubi (SMC).
Con riguardo al Sistema informativo integrato (SII), si ricorda che esso è stato istituito dall’art. 1-bis del decreto-legge 8 luglio 2010, n.105, convertito con modificazioni nella legge 13 agosto 2010, n. 129 - presso l’Acquirente unico[14], con la finalità di gestione dei flussi informativi relativi ai mercati dell’energia elettrica e del gas naturale. Il Sistema informativo Integrato è basato su una banca dati dei punti di prelievo di energia elettrica e di gas naturale e dei dati identificativi dei clienti finali, ovvero l’insieme di strutture organizzative, infrastrutture tecnologiche e regole tecniche per la condivisione, l’integrazione e lo scambio dei flussi di dati funzionali ai processi necessari per il funzionamento dei mercati gas ed energia elettrica.
Con la Deliberazione ARG/com 201/10 L’AEEG ha definito i criteri generali, il modello di funzionamento e modello organizzativo del SII e ha dato ad Acquirente Unico il ruolo di Gestore del SII.
Con riferimento al settore elettrico, a decorrere dal mese di luglio 2013, il Sistema informativo integrato è diventato il canale ufficiale per la messa a disposizione agli utenti del dispacciamento di alcuni dati rilevanti ai fini del settlement (anagrafica ex-TIS, coefficienti di ripartizione dei prelievi o CRPU, dati di PRA e delta PRA). Attualmente sono in via di implementazione il processo di pre-check (ovvero l'attività di verifica della corrispondenza tra il codice POD di un punto di prelievo e i dati identificativi del cliente finale titolare di tale punto) e di voltura contrattuale.
Con l’articolo 22 del D.L. 1/2012: (Disposizioni per accrescere la trasparenza sui mercati dell’energia elettrica e del gas) è stata assegnata la gestione dei flussi di misura al SII al fine di promuovere la concorrenza nei mercati dell’energia elettrica e del gas.
Si ricorda infine che con la delibera 358/2016/R/eel l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico dispone l’attribuzione al Sistema Informativo Integrato (SII) dell’attività di aggregazione delle misure dei prelievi ai fini del settlement, con riferimento ai punti di prelievo di energia elettrica trattati su base oraria.
Secondo quanto rilevato dalla AEEGSI nella memoria per l’audizione presso la VI commissione e X Commissione della Camera depositata il 30 marzo 2017, il SII è pienamente operativo: Il Registro Centrale ufficiale è tato costituito e raccoglie le informazioni relative a circa 37 milioni di utenze elettriche e a circa 22 milioni di utenze gas.
Nel corso dell’esame al Senato è stato altresì inserito l’obbligo per gli operatori della vendita di energia elettrica o gas sul mercato italiano di trasmettere le suddette offerte per la loro pubblicazione sul portale.
Inoltre si è specificato che il Comitato
tecnico ha natura consultiva e ha
funzioni di raccordo ed emersione delle
istanze dei diversi portatori di interesse sui contenuti inseriti nel portale.
Resta invece immutata
la composizione del Comitato del quale fanno
parte un rappresentante dell'Autorità, un rappresentante del Ministero dello
sviluppo economico, un rappresentante dell'Autorità garante della concorrenza e
del mercato, un rappresentante designato d'intesa tra loro dalle organizzazioni
maggiormente rappresentative dei consumatori non domestici, un rappresentante
designato d'intesa tra loro dagli operatori di mercato e un rappresentante del
Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti.
Il comma 63, pone l’obbligo agli operatori della vendita dell’energia elettrica o gas di inviare all’AEEGSI e pubblicare sul proprio sito almeno una proposta di offerta di fornitura a prezzo variabile nonché almeno una proposta di offerta di fornitura a prezzo fisso per le utenze domestiche e non domestiche. Nel corso dell’esame al Senato tra destinatari delle proposte sono state inserite le utenze connesse in bassa tensione e le utenze con consumi annui non superiori a 200.000 Smc.
E’ stata modificata
altresì la decorrenza dell’obbligo
suddetto che non è più fissato nel 1° marzo 2016, ma sei mesi dopo l’entrata in vigore della proposta di legge in esame.
Il Senato ha inoltre specificato che le proposte di offerta degli operatori per la vendita di energia elettrica devono indicare la composizione media della fonte energetica utilizzata per la fornitura e la quantità di gas serra emessi per chilowattora.
Le modalità operative per realizzare tali proposte di offerta di fornitura saranno definite dall’AEEGSI (comma 64, il cui contenuto è rimasto invariato rispetto la prima lettura, che richiede che sia stabilito l'insieme di informazioni minime, almeno pari alle clausole essenziali del contratto, come disposte dal Codice di condotta commerciale).
Il comma 65, specifica che per la realizzazione del portale per la confrontabilità delle offerte l’AEEGSI stabilisce le modalità di copertura dei costi sostenuti (secondo la modifica apportata nel corso dell’esame in Senato) utilizzando in via prioritaria le risorse derivanti dai proventi delle sanzioni. Il Senato ha inoltre introdotto la clausola di invarianza che esclude nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
comma 66
(Promozione delle offerte commerciali di
energia elettrica e gas a favore di gruppi di acquisto)
Il comma
66, modificato nel corso dell’esame in Senato, demanda all’Autorità per
l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, l’adozione, entro 90 giorni
dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame, di linee guida per la promozione delle offerte commerciali di energia
elettrica e gas a favore di gruppi di
acquisto, con particolare riguardo alla confrontabilità, trasparenza e
pubblicità delle offerte.
Nel corso dell’esame al Senato è stato
ampliato l’oggetto delle linee guida dell’Autorità, che devono contenere
altresì il riferimento alla realizzazione di piattaforme informatiche volte a facilitare l’aggregazione di piccoli consumatori.
Per quanto attiene alla definizione normativa dei “gruppi di acquisto”,
si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n, 296/2006),
all’articolo 1, comma 266 definisce gruppi di acquisto solidale i
soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere
attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza
applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità
etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta
attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di
somministrazione e di vendita.
Il comma 267 della medesima legge stabilisce che le attività svolte dai “gruppi di acquisto solidale” verso gli aderenti non si considerano commerciali e quindi imponibili ai fini dell’applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto (IVA) fermo restando quanto stabilito dal 7° comma dell’art. 4 del DPR 633/1972 ai sensi del quale tali soggetti associativi devono conformarsi ad una serie di clausole (che garantiscono in sostanza la natura non commerciale dell’ente) da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata[15].
Ai fini dell’imposta sul reddito (D.P.R. n. 917/1986 - TUIR) i gruppi di acquisto come sopra definiti sono “enti non commerciali” (identificati dall’art. 73 TUIR e la disciplina ad essi applicabile è quella dettata dagli artt. 143 – 150 del TUIR).
Tra i gruppi d'acquisto la forma giuridica che più risulta seguita e che meglio si adatta alle loro finalità e modalità di svolgimento dell'attività è quella dell'associazione non riconosciuta[16].
Articolo 1,
commi 67-71
(Verifica delle condizioni per la piena
liberalizzazione
dei mercati di vendita al dettaglio)
I commi da 67 a 71 disciplinano le modalità di superamento del regime della maggior tutela.
In primo luogo è
prevista la trasmissione al Ministro
per lo sviluppo economico, da parte dell’Autorità per l’energia
elettrica il gas e il sistema idrico, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, di un rapporto
relativo al raggiungimento di
determinati obiettivi ai fini della cessazione del regime della maggior
tutela nei mercati di vendita al dettaglio dell’energia e del gas (comma 67). Sulla base del rapporto il Ministero dello Sviluppo Economico, entro
60 giorni dalla trasmissione, adotta un decreto che dà conto del raggiungimento
dei predetti obiettivi (comma 68).
Il mancato raggiungimento degli stessi comporta che il MISE e l’AEEGSI adottino i provvedimenti necessari. Nel medesimo
decreto devono essere altresì definite le misure necessarie affinché la cessazione
del regime della maggior tutela e l’ingresso
consapevole nel mercato dei clienti finali avvenga secondo meccanismi che
assicurino la concorrenza (comma 69).
All’AEEGSI è inoltre assegnato il compito di definire
le modalità con le quali i clienti finali di energia elettrica riforniti in
maggior tutela devono ricevere adeguata
informativa da parte di ciascun fornitore in relazione al superamento delle
tutele di prezzo (comma 70)
Sono infine introdotte disposizioni volte a semplificare le modalità di cambio di
fornitore da parte del cliente.
(comma 71)
Il contenuto dei commi da 67 a 71 (ex articolo 30 nel testo approvato dalla
Camera), concernenti disposizioni concernenti la verifica delle condizioni per
la piena liberalizzazione dei mercati di vendita al dettaglio, è stato modificato in maniera sostanziale nel
corso dell’esame al Senato.
Il testo approvato in prima lettura dalla
Camera dei Deputati, prevedeva infatti, che l’AEEGSI
trasmettesse al Ministero dello Sviluppo Economico entro il 30 aprile 2017, un
rapporto sul monitoraggio dei mercati retail dell’energia
elettrica e del gas con particolare riferimento ad una serie di indicatori. Il MiSE, entro 60 giorni dalla trasmissione del rapporto, sulla
base dei dati in esso contenuti, sentita l’Antitrust, avrebbe emanato un
decreto in cui dar conto del raggiungimento degli obiettivi ai fini della
cessazione del regime di maggior tutela. Qualora almeno uno degli indicatori
avesse evidenziato che l’obiettivo non fosse stato raggiunto per uno dei
due mercati, tale decreto avrebbe potuto prorogare di sei mesi la scadenza del
termine per la cessazione della maggior tutela, per ciascun mercato di
riferimento.
Secondo quanto approvato in prima lettura dalla
Camera dei Deputati si ipotizzava dunque uno slittamento in avanti del
passaggio, qualora specifici obiettivi sul mercato retail
non fossero stati raggiunti. invece in base alle modifiche introdotte dal
Senato, l’eventuale mancato
soddisfacimento di uno
degli indicatori elencati nell’articolo in oggetto, non comporterà alcuno slittamento ma obbligherà l’AEEGSI e il Ministero dello Sviluppo Economico, ciascuno
nell'ambito delle rispettive competenze, ad emanare i provvedimenti necessari per
il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
In particolare, al comma 67, rispetto al testo approvato dalla Camera è stata
modificata la data – non più il 30 aprile 2017 ma sei mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame-
entro la quale l’AEEGSI deve trasmettere al Ministro
per lo sviluppo economico il rapporto relativo al monitoraggio dei mercati di
vendita al dettaglio dell’energia e del gas.
Per quanto riguarda il contenuto del rapporto sono state apportate alcune specificazioni
agli indicatori presi in considerazione.
In particolare:
a) resta immutato il riferimento all’operatività
del portale per la confrontabilità delle offerte;
b) con riferimento alle tempistiche di switching (cambio di fornitore entro 3
settimane) si specifica che l’indicatore riguarda il completamento del quadro normativo e regolatorio
e l’efficacia degli strumenti necessari a garantirne il rispetto;
Si ricorda che la direttiva 2009/72/CE e la direttiva 2009/73/CE hanno previsto che qualora un cliente, nel rispetto delle condizioni contrattuali, intenda cambiare fornitore, l'operatore o gli operatori interessati devono effettuare tale cambiamento entro tre settimane. Tali disposizioni sono state recepite dal decreto legislativo n.93 del 2011, all’articolo 7, comma 4, lett. a) per il mercato del gas e all’articolo 35, comma 3, lett. a) per il mercato dell’energia.
c)
anche
con riferimento alle tempistiche di fatturazione
e conguaglio (conguaglio definitivo a seguito di un eventuale cambio del
fornitore dopo non oltre sei settimane) si specifica che l’indicatore riguarda
il completamento del quadro normativo e regolatorio e l’efficacia degli strumenti necessari a
garantirne il rispetto;
Si ricorda che l’Allegato I della direttiva 2009/72/CE e l’Allegato I della direttiva 2009/73/CE, rispettivamente per il settore elettrico e per quello del gas naturale hanno previsto, tra l’altro, che i clienti finali (almeno domestici):
a) siano adeguatamente informati circa il consumo effettivo di energia elettrica e di gas naturale e dei relativi costi, con una frequenza tale da consentire loro di regolare il proprio consumo e che tali informazioni siano fornite ad intervalli adeguati che tengano conto della capacità del contatore del cliente;
b) debbano ricevere un conguaglio definitivo a seguito di un eventuale cambiamento del fornitore non oltre sei settimane dopo aver effettuato il suddetto cambiamento.
A tale fine, l’articolo 43, del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93 ha previsto che l’Autorità garantisca l’applicazione effettiva, da parte degli esercenti i servizi, delle misure di tutela dei consumatori, incluse quelle indicate all’Allegato I delle citate direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE e che, al fine dell’efficace svolgimento dei propri compiti, possa effettuare indagini sul funzionamento dei mercati dell’energia elettrica e del gas naturale, nonché adottare e imporre i provvedimenti opportuni, necessari e proporzionati per promuovere una concorrenza effettiva e garantire il buon funzionamento dei medesimi mercati.
Infine, l’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 prevede che l’Autorità individui le modalità affinché le informazioni sulle fatture emesse siano precise e fondate sul consumo effettivo di energia, secondo specifiche modalità indicate dal medesimo comma.
d) resta immutato il riferimento
all’operatività del Sistema Informativo Integrato, come gestore della banca
dati dei punti di prelievo e dei dati identificativi dei clienti finali;
e) con riguardo all’implementazione della separazione del marchio tra le imprese di
distribuzione e di vendita verticalmente integrate (in particolare si fa riferimento
al divieto per il gestore del sistema di trasmissione di creare confusione
circa l’identità distinta dell’impresa verticalmente integrata o di una parte
di essa, per quanto riguarda l’identità dell’impresa, la politica di
comunicazione e di marchio nonché i locali) si specifica che l’indicatore
riguarda il completamento del quadro
normativo e regolatorio e l’efficacia degli strumenti
necessari a garantirne il rispetto.
Si ricorda che la direttiva 2009/72/CE e la direttiva 2009/73/CE hanno previsto che se il gestore del sistema di distribuzione fa parte di un'impresa verticalmente integrata, gli Stati membri provvedono affinché le sue attività vengano controllate dalle autorità di regolamentazione o altri organi competenti in modo che esso non possa trarre vantaggio dalla sua integrazione verticale per falsare la concorrenza. In particolare, ai gestori di sistemi di distribuzione verticalmente integrati è fatto divieto di creare confusione, nella loro politica di comunicazione e di marchio, circa l'identità distinta del ramo "fornitura" dell'impresa verticalmente integrata. Tali disposizioni sono state recepite dal decreto legislativo n.93 del 2011 con l’articolo 23, comma 3 (settore del gas) e articolo 38, comma 2 (settore elettrico).
Nel corso dell’esame al Senato è stato
inserito un nuovo indicatore nel
contenuto del rapporto (lettera f) che fa riferimento alla tutela delle famiglie in condizioni di disagio economico, nonché
l’accrescimento del sistema di vigilanza e di informazione a tutela dei
consumatori.
Il comma
68 prevede l’adozione - entro 60 giorni dalla trasmissione del rapporto,
previo parere delle Commissioni parlamentari competenti - , da parte del
Ministero dello sviluppo economico, di un decreto
che sulla base dei dati contenuti nel rapporto dà conto del raggiungimento degli obiettivi. Rispetto al testo
approvato dalla Camera il Senato ha aggiunto la previa consultazione
dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico oltre che
dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, già prevista.
Come sopra accennato però, la modifica più
significativa apportata dal Senato riguarda gli effetti del decreto stesso. Il testo approvato in prima lettura,
prevedeva che qualora almeno uno degli indicatori del rapporto avesse evidenziato
il mancato raggiungimento dell’obiettivo per uno dei due mercati, lo stesso
decreto avrebbe potuto prorogare di sei mesi la scadenza della cessazione del
regime di maggior tutela per ciascun mercato di riferimento. Nel corso
dell’esame al Senato il mancato raggiungimento dell’obiettivo non produce
alcuno slittamento della cessazione del regime di Maggior Tutela, ma comporta
che il Ministero dello sviluppo
economico e l’AEEGSI adottino, nell’ambito delle
rispettive competenze i provvedimenti
necessari al raggiungimento degli obiettivi prefissati, entro tre mesi
dalla presentazione del rapporto.
Il comma
69, demanda al decreto di cui al comma 68 altresì la definizione delle
misure necessarie affinché la cessazione del regime della Maggior tutela e l’ingresso consapevole nel mercato dei
clienti finali – secondo l’integrazione approvata dal Senato - avvenga
secondo meccanismi che assicurino la concorrenza , la pluralità di fornitori e
di offerte nel libero mercato.
Il comma
70, introdotto nel corso dell’esame al
Senato, prevede che a decorrere dal
1° gennaio 2018, i clienti finali di energia elettrica riforniti in maggior
tutela devono ricevere adeguata
informativa da parte di ciascun fornitore in relazione al superamento delle
tutele di prezzo, secondo le modalità definite con provvedimento dell’ Autorità
per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico da adottare entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il comma
71, anch’esso inserito nel corso
dell’esame in Senato, introduce una disposizione volta a semplificare le modalità di cambio di
fornitore da parte del cliente. In particolare esclude le ipotesi di
successione di un fornitore del servizio ad un altro, dall’applicazione della disciplina
relativa agli allacci delle utenze (di cui all'articolo 5 del decreto-legge 28
marzo 2014, n. 47), secondo la quale i cd. contratti di somministrazione
(ovvero gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi di energia
elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della
stipulazione, della volturazione, del rinnovo), sono
nulli, e pertanto non possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non
riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la
proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare
in favore della quale si richiede l'allacciamento.
L'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 8, comma 1, secondo periodo, prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in oggetto, gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione, della volturazione, del rinnovo, sono nulli, e pertanto non possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare in favore della quale si richiede l'allacciamento. Al fine di consentire ai soggetti somministranti la verifica dei dati dell'utente e il loro inserimento negli atti indicati nel periodo precedente, i richiedenti sono tenuti a consegnare ai soggetti somministranti idonea documentazione relativa al titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare, in originale o copia autentica, o a rilasciare dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Articolo 1,
comma 72
(Comunicazioni obbligatorie dell'Autorità
per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico)
Il comma
72, specifica che qualora uno o più degli obiettivi di cui ai commi da 67 a
71, relativi alle modalità di cessazione della maggior tutela nei mercati
dell’energia elettrica e del gas, siano raggiunti prima del 1° gennaio 2018, l'Autorità per
l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ne dà tempestiva comunicazione
al Ministero dello sviluppo economico.
L’unica modifica introdotta nel corso
dell’esame al Senato rispetto al testo approvato dalla Camera (ex articolo 31)
concerne la data (il 1° gennaio 2018 invece
del 30 giugno 2017) entro la quale il raggiungimento degli obiettivi
concernenti le modalità di cessazione della maggior tutela, comporta l’obbligo
di specifica comunicazione da parte dell’Autorità al Mise.
Si segnala che in base a quanto stabilito dai commi 67-69 del disegno di legge in esame, il raggiungimento degli obiettivi concernenti le modalità di cessazione della maggior tutela, è parte integrante del rapporto che l’Autorità deve rendere al MISE entro 6 mesi dall’entrata in vigore del disegno di legge in esame. Quindi se gli obiettivi vengono conseguiti primi del termine ultimo per emanare il rapporto allora l’Autorità è obbligata ad una comunicazione “a stralcio” rispetto al più ampio contenuto del rapporto, se invece il raggiungimento avviene nell’intervallo tra il termine dei sei mesi dall’entrata in vigore della norma e il 1° gennaio 2018 si giustifica una comunicazione autonoma dell’Autorità al MISE con tali dati sopraggiunti.
Articolo 1,
commi 73 e 74
(Misure per garantire l’informazione dei consumatori)
Il comma 73, non
modificato rispetto al testo approvato dalla Camera e il comma 74, introdotto nel corso dell’esame in Senato, recano misure volte a garantire
l’informazione dei consumatori, prevedendo l’obbligo per l’AEEGSI
di garantire la pubblicizzazione e la diffusione delle informazioni sulla piena
apertura del mercato e sulle condizioni di svolgimento dei servizi, nonché il
trattamento efficace dei reclami e delle procedure di conciliazione per tutti i
settori oggetto di regolazione e controllo da parte dell’Autorità. L’AEEGSI stabilisce le modalità con le quali lo Sportello per il
consumatore accede alle informazioni e ai dati gestiti dal Sistema
informatico integrato (SII).
In particolare, il comma 73 pone a carico dell’AEEGSI
l’obbligo di garantire:
§ la pubblicizzazione e la diffusione delle
informazioni sulla piena apertura del mercato e sulle condizioni di svolgimento
dei servizi,
§ il trattamento efficace dei reclami e delle
procedure di conciliazione per tutti i settori oggetto di regolazione e
controllo da parte dell’Autorità.
A tal fine, l’AEEGSI può anche avvalersi, per
entrambe le attività, della società Acquirente Unico S.p.A..
La norma precisa che tali funzioni sono dirette a beneficio dei clienti
finali e degli utenti dei settori oggetto di regolazione e controllo da parte
dell’Autorità.
Il comma
74, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone che l’AEEGSI stabilisca le modalità con le quali lo Sportello per il consumatore - gestito
da Acquirente Unico S.p.A. - accede, per l'efficacia delle attività ad esso
affidate dall'Autorità medesima, alle informazioni e ai dati gestiti dal
Sistema informatico integrato (SII) di cui al D.L. n. 105/2010, convertito, con
modificazioni, dalla L. n. 129/2010.
Lo Sportello per il consumatore è stato istituito con la Delibera GOP 28/08 del 14 maggio 2008 dell’’AEEGSI, per lo svolgimento delle attività materiali, informative e conoscitive, anche preparatorie e strumentali, nell'ambito della valutazione di reclami, istanze e segnalazioni presentati dai clienti finali e dai consumatori-produttori di energia. Ulteriore missione dello Sportello consiste nel fornire ai clienti finali, tramite un servizio di call center, informazioni generali sulla liberalizzazione dei mercati dell'energia elettrica e del gas, sulla regolazione introdotta dall'Autorità nonché sull'eventuale reclamo o segnalazione inviata dal singolo cliente finale e sui diritti dei consumatori[17]. Con la medesima Delibera l’Autorità ha altresì approvato il Regolamento per lo svolgimento delle attività materiali, informative conoscitive anche preparatorie e strumentali nell'ambito della valutazione di reclami, istanze e segnalazioni presentati dai clienti finali, ai sensi dell'art. 2, comma 12, lett. m), della legge n. 481/95, attribuite allo Sportello, riguardanti il servizio elettrico o gas, che non siano già state risolte tramite il reclamo inviato all’esercente interessato. La norma richiamata prevede infatti la valutazione, da parte dell’Autorità, di reclami, istanze e segnalazioni presentati dagli utenti o dai consumatori, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio. Su tali esercenti l’Autorità può intervenire imponendo, ove ritenuto opportuno, modifiche alle modalità di esercizio degli stessi ovvero procedendo alla revisione del regolamento di servizio.
Si rileva in proposito che il Rapporto 168/2017/I/COM - Monitoraggio retail, recante l’aggiornamento del rapporto per gli anni 2014 e 2015, pubblicato dall’AEEGSI il 16 marzo 2017, segnala che un importante indicatore di qualità dei servizi di vendita è costituito dai reclami che i clienti inoltrano nei confronti dei propri fornitori.
La Tabella individua il dettaglio relativo al numero di reclami ricevuti dallo Sportello, distinti per mercato di riferimento, e mostra complessivamente una riduzione del ricorso allo Sportello a partire dal 2015, dopo una continua crescita, per tre anni, del numero di reclami da parte dei clienti finali ricevuti dallo Sportello, oltre che il maggior peso che i reclami provenienti dal mercato libero hanno rispetto a quelli provenienti da clienti serviti in Maggior tutela.
In particolare, per quanto riguarda il settore dell’energia elettrica, il Rapporto rileva che il c.d. “indice di reclamosità”, inteso come rapporto tra il numero di reclami e il numero di clienti serviti, esprime un risultato positivo per il mercato libero, essendosi ridotto a un livello pari a 1,3% per i clienti domestici a fronte di una reclamosità pressoché costante per la Maggior tutela (circa 0,4% per i clienti domestici) nell’intero quadriennio. Per quanto riguarda il settore del gas, l’indice di reclamosità risulta in continua diminuzione a partire dal 2012 per il mercato libero (attestandosi a un livello pari all'1,4% nel 2015) a fronte di un risultato pressoché costante per il Servizio di tutela (pari a circa lo 0,7% nel periodo considerato).
Dal 1° gennaio 2017, mantenendo invariata la
sua missione, lo Sportello ha adeguato la propria organizzazione e arricchito i
servizi disponibili. Lo Sportello offre 5 servizi
gestiti da risorse esperte nei settori dell’energia elettrica e del gas[18]:
§ il Contact
Center, che risponde a quesiti
telefonici[19] e scritti sul funzionamento del
mercato, sui diritti dei consumatori nei settori di competenza e sulle modalità
di erogazione dei servizi, oltre a fornire indicazioni utili per la gestione di eventuali controversie con il
proprio fornitore;
§ il Servizio Conciliazione Clienti energia che, attraverso un Portale web e con l’intervento di un conciliatore esperto, aiuta le parti (cliente finale e fornitore) a trovare un accordo prima dell’eventuale ricorso alle vie giudiziarie. Si segnala, al riguardo, che, come previsto dalla deliberazione 209/2016/E/com dell’Autorità, a partire dal 1° gennaio 2017, è obbligatorio esperire il tentativo di conciliazione presso il Servizio Conciliazione e presso altri organismi, quale condizione di procedibilità dell'azione giudiziale nelle controversie tra clienti o utenti finali e operatori o gestori nei settori regolati dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, in attuazione dell'articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481 e dell'articolo 141, comma 6, lettera c), del Codice del consumo[20].
§ il Servizio SMART, che permette di ottenere rapidamente informazioni -SMART Info - o risolvere controversie - SMART Help - su specifiche problematiche quali la mancata erogazione del bonus luce e gas, la doppia fatturazione, i contratti non richiesti, il corrispettivo di morosità, gli indennizzi automatici non erogati dal fornitore e le informazioni su fornitore di luce e gas.
§ il Servizio Segnalazioni, a cui inviare segnalazioni scritte su disservizi o criticità rilevate sui servizi ricevuti e ritenute di particolare importanza.
§ il Servizio Help Desk, che fornisce assistenza qualificata sulla regolazione dei settori elettrico e gas ed è dedicato esclusivamente agli Sportelli delle Associazioni dei consumatori domestici e non domestici parte di progetti qualificati supportati dall’Autorità.
I servizi prestati dallo Sportello sono:
§ erogati sulla base di livelli di servizio
stabiliti dall’Autorità;
§ oggetto di controllo qualità interno e
dell’Autorità;
§ trasparenti e on-line h24, al fine di minimizzare tempi e costi di gestione delle
pratiche e garantire la massima efficacia e consapevolezza nella gestione delle
pratiche da parte dei consumatori.
Si rileva, infine, che già la segnalazione dell'AEEGSI n. PAS 21/11 del 6 ottobre 2011 aveva evidenziato il contributo del Sistema informativo integrato in relazione al contrasto della morosità dei clienti finali, fenomeno in crescita che costituisce una delle principali problematiche per lo sviluppo del mercato della vendita al dettaglio. A tale riguardo, il D.L. n. 105/2010, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 129/2010, aveva previsto l’istituzione di una banca dati degli inadempimenti contrattuali dei clienti e diverse azioni da parte dell’Autorità sono state volte a garantire l’efficacia delle procedure di disalimentazione dei clienti finali inadempienti.
Articolo 1,
comma 75
(Fatturazione dell’acqua)
Il comma 75, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede che l'AEEGSI, con propri provvedimenti, stabilisca le modalità
affinché le fatture relative alla
somministrazione dell'acqua con il sistema di misura a contatore contengano,
almeno una volta all'anno, l'indicazione dell'effettivo consumo dell'acqua riferito alla singola
utenza, ove il contatore sia reso
accessibile e la lettura sia tecnicamente possibile.
Il comma in esame interviene dunque sul tema della fatturazione in bolletta del consumo idrico, prevedendo che
l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, con propri
provvedimenti, stabilisca le modalità affinché le fatture relative alla
somministrazione dell'acqua con il sistema di misura a contatore contengano,
almeno una volta all'anno, l'indicazione dell'effettivo consumo dell'acqua riferito alla singola
utenza.
La norma dispone, altresì, che l’indicazione puntuale nella
fatturazione sia prevista ove il contatore sia reso accessibile e la lettura sia tecnicamente possibile.
Come evidenziato dalla Relazione tecnica, la norma in commento non
comporta oneri per la finanza pubblica.
Al riguardo, si segnala che l'AEEGSI, con la delibera 218/2016/R/idr, pienamente operativa a partire dal 1°gennaio 2017, ha evidenziato la necessità di fatturazioni rispondenti ai consumi effettivi di acqua, in particolare istituendo:
§ nuovi obblighi di lettura, con almeno due tentativi all'anno;
§ nuove modalità e garanzie per incentivare l'autolettura, comunicabile via telefono, web-chat o sms;
§ obbligo di garantire l'installazione e il corretto funzionamento dei contatori, conservazione dei dati di misura per 5 anni per le verifiche.
La deliberazione
introduce altresì una disciplina uniforme a livello nazionale per garantire più
certezza nella determinazione dei consumi di acqua ai fini della fatturazione, promuovendo anche
l'utilizzo efficiente della risorsa idrica, per la riduzione degli sprechi e
una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo[21]. ali novità si inseriscono nel percorso
avviato nel 2012 con la Deliberazione 586/2012/R/IDR, la
prima direttiva dell’Autorità in tema di trasparenza
dei documenti di fatturazione del servizio idrico integrato, con cui
l'Autorità ha definito le informazioni minime da evidenziare in bolletta, anche
in merito alle modalità di rilevazione dei consumi e messa a disposizione del
consumo annuo dell'utente finale, calcolato sulla base delle letture effettive e/o autoletture o
delle migliori stime disponibili (Allegato A, comma 4.3)[22].
A tale riguardo, si osserva rileva che la Direttiva 2000/60/CE, istitutiva di un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, prevede, all’art. 9, prevede che “gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse”: gli Stati membri, pertanto, devono prevedere prezzi dell'acqua legati alle quantità consumate, così da promuovere la “water conservation”[23]. La Direttiva, infatti, richiede agli Stati Membri l’attuazione di politiche dei prezzi in grado di incentivare un uso efficiente delle acque, poiché il “fattore prezzo” costituisce un potente strumento di sensibilizzazione per i consumatori.
Si tratta di un’indicazione ripresa anche dal Documento per la consultazione 42/2016/R/IDR pubblicato dall’AEEGSI il 4 febbraio 2016, che evidenzia che le quantità delle risorse idriche consumate ed erogate devono essere oggetto di misurazione effettiva ed efficace e che non devono essere più applicabili sistemi a forfait di quantificazione dei volumi – consumati, prelevati e restituiti nell'ambiente – che per loro natura ostano la sensibilizzazione del consumatore alle quantità utilizzate e alla sua responsabilizzazione a conseguire anche autonomamente obiettivi di risparmio idrico ed economico.
La Comunicazione COM(2000) 477, recante “Politiche di tariffazione per una gestione più sostenibile delle riserve idriche”, ha evidenziato che la citata direttiva 2000/60/CE promuove la tariffazione dei servizi idrici quale mezzo per garantire un uso più sostenibile delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell’ambito di ogni specifico settore economico, in quanto un’opportuna tariffazione spinge a ridurre l’inquinamento e ad utilizzare le risorse idriche in modo più efficiente.
Si segnala che tra le proposte avanzate dalla Commissione per lo sviluppo di politiche di tariffazione che permettano una gestione più sostenibile delle risorse idriche, vi è, appunto, il miglioramento della base delle conoscenze sui reali consumi e l’entità dell’inquinamento delle acque grazie all’installazione di contatori che permetterebbe di giungere all'elaborazione di strutture tariffarie basate sui volumi consumati e di conoscere in maggior dettaglio i diversi impieghi specifici. Difatti, come sottolinea la citata Comunicazione COM(2000)477, “un prezzo fissato in funzione delle quantità utilizzate e dell'inquinamento prodotto genera un effetto incentivante sui consumatori, spingendoli ad utilizzare le risorse idriche in modo più efficiente e meno inquinante” e l’installazione di contatori dovrebbe essere incentivata in quanto risulta funzionale all'elaborazione di strutture tariffarie basate sui volumi consumati ed in quanto permette di conoscere in maggior dettaglio i diversi impieghi specifici”.
Anche la successiva comunicazione COM(2014)177 – relativa all'iniziativa dei cittadini europei “Acqua potabile e servizi igienico-sanitari: un diritto umano universale! L'acqua è un bene comune, non una merce!” – la Commissione Europea - riconoscendo che “per garantire e migliorare l'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari occorre agire su tre fronti: la qualità, l'accessibilità fisica e l'accessibilità economica” – chiarisce che “la direttiva quadro sulle acque, imponendo agli Stati membri di garantire che il prezzo applicato ai consumatori rifletta i costi reali dell'utilizzo delle risorse idriche, incoraggia l'uso sostenibile di queste limitate risorse e segnala quanto il principio dell'accessibilità economica dei servizi idrici sia fondamentale per l'UE, principio su cui quest'ultima basa la propria politica in materia di acque”.
Con riferimento al servizio di misura nell’ambito del Servizio idrico integrato, l’AEEGSI ha evidenziato come una regolazione che definisca responsabilità, obblighi e competenze anche nell’erogazione del servizio di misura nell’ambito del SII sia in grado di contribuire al rinnovo del settore e favorire una maggior fiducia da parte del consumatore nella gestione regolata del servizio idrico.
Le prime indicazioni relative al servizio di misura presso l’utenza risalgono alla L. 5 gennaio 1994 n. 36, "Disposizioni in materia di risorse idriche” (c.d. “legge Galli”), che all'articolo 5, comma 1, lettera c), demanda alle Regioni il compito di favorire la riduzione dei consumi e degli sprechi, anche tramite la “installazione dei contatori in ogni singola unità abitativa”. In attuazione della suddetta normativa, è stato emanato il D.P.C.M. 4 marzo 1996, che, al comma 8.4.9, fissa la periodicità minima di lettura dei misuratori d’utenza da parte delle gestioni. In particolare, “la lettura dei contatori è effettuata almeno due volte all'anno, prima e dopo il periodo estivo o di massimo consumo”. Inoltre, deve essere assicurata all'utente la possibilità di autolettura.
Il D.Lgs. n. 152/2006, c.d. “Testo unico in materia ambientale", all'articolo 146, ha demandato alle Regioni, sentita l’Autorità, il compito di adottare “norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a (..) f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa, nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano”. I requisiti minimi dei dispositivi di misura di cui alla direttiva 2004/22/CE sugli strumenti di misura sono stati poi definiti dal decreto legislativo 2 febbraio 2007, n.22, di recepimento della direttiva, e dal D.M. del Ministro dello sviluppo economica n. 155/2013, nel quale sono stabiliti i criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici successivi sui contatori dell’acqua pulita. Il D.M. n. 155/2013 pone, in capo ai titolari dei contatori dell’acqua soggetti all’obbligo di verificazione periodica, una serie di obblighi informativi nei confronti della Camera di commercio competente e di Unioncamere.
L’Autorità, nel citato Documento per la consultazione 42/2016/R/IDR pubblicato il 4 febbraio 2016, ha presentato i propri orientamenti in merito alla regolazione del servizio di misura dei servizi che compongono il servizio idrico integrato, con l’intento di definire una disciplina uniforme sul territorio nazionale con i seguenti obiettivi specifici:
§ garantire all’utenza la determinazione certa dei consumi di acqua;
§ supportare l’attività di individuazione dell’impatto ambientale prodotto dall’utenza;
§ sostenere la salvaguardia della risorsa e la riduzione degli sprechi;
§ incrementare la responsabilizzazione delle utenze e dei gestori.
La Relazione 2016 dell'Autorità AEEGSI, nella sezione dedicata allo Stato dei servizi idrici - Misura e consumi dell’utenza, indica come l’attività di misura, e l’efficiente svolgimento della stessa - essenziale per garantire trasparenza e accountability in ordine ai consumi delle utenze - sulla base degli approfondimenti condotti sullo stato dei misuratori di utenza e sul relativo grado di vetustà, mostri una rilevante presenza di misuratori di età superiore ai 15 anni, con una incidenza del 37 per cento.
Per il settore dell'energia elettrica, l'AEEGSI ricorda che l'Italia è stato il primo Paese europeo a introdurre su larga scala gli smart meter[24] elettrici per i clienti finali in bassa tensione ed è tuttora il primo paese al mondo per numero di smart meter di energia elettrica in servizio (oltre 35 milioni).
In tema di misuratori di seconda generazione, l'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 102/2014 prevede, nella prospettiva di un progressivo miglioramento delle prestazioni dei sistemi di misurazione intelligenti e dei contatori intelligenti, introdotti conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, al fine di renderli sempre più aderenti alle esigenze del cliente finale, che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, con uno o più provvedimenti da adottare entro il 19 luglio 2016, tenuto conto dello standard internazionale IEC 62056 e della raccomandazione della Commissione europea 2012/148/UE, predispone le specifiche abilitanti dei sistemi di misurazione intelligenti, a cui le imprese distributrici in qualità di esercenti l'attività di misura sono tenuti ad uniformarsi.
Con la Delibera 06 agosto 2015 416/2015/R/eel e la relativa Scheda tecnica sui sistemi di "smart metering" l'Autorità ha illustrato i propri orientamenti in merito alla definizione delle specifiche funzionali dei contatori intelligenti di seconda generazione di energia elettrica in bassa tensione (smart meter 2G), focalizzando gli aspetti che possono incidere sulla determinazione dei consumi degli utenti finali per incrementare un comportamento consapevole dell'utilizzo della risorsa idrica e di riduzione delle perdite idriche.
Nel settore idrico, afferma l'AEEGSI, sono presenti in molti casi contatori solo a livello di condominio e non ancora di singolo utente. Il passaggio alla misura individuale permetterebbe numerosi vantaggi anche in termini di migliore controllo delle perdite d'acqua a valle del contatore. Anche allo scopo di valutare nel settore idrico l'utilizzo di sistemi di smart metering, l'Autorità ha promosso alcuni progetti di sperimentazione multiservizio. In tutti i progetti selezionati sono presenti i settori gas e idrico, oltre ad altri servizi di pubblica utilità diversi da progetto a progetto.
Si segnala al riguardo che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con i provvedimenti PS9916, PS9919, PS9923 del 16 dicembre 2015, ha irrogato sanzioni per oltre due milioni di euro complessivi[25], nei confronti di gestori del Servizio idrico integrato – Acea Ato 2, Gori (Gestione ottimale risorse idriche), CITL (Consorzio idrico Terra di Lavoro) e congiuntamente Publiservizi – sulla base di numerose segnalazioni alla stessa pervenute. I procedimenti hanno tenuto conto anche del parere fornito dalla AEEGSI, nell’ambito del protocollo d’intesa con l’Agcm. In ciascuna istruttoria sono emerse condotte contrarie al Codice del Consumo nelle diverse fasi del rapporto di utenza. In particolare, nell’accertamento e nella fatturazione dei consumi sono state accertate le seguenti pratiche commerciali scorrette: mancata effettuazione delle letture periodiche dei contatori; mancata acquisizione delle autoletture comunicate dagli utenti, con conseguente fatturazione sulla base di stime che a volte si sono rivelate errate o eccessivamente elevate ovvero con l’invio di fatture di conguaglio pluriennali di elevata entità; mancato rispetto della periodicità di fatturazione, con invio di bollette relative a consumi pluriennali di elevato importo; procedure che ponevano sui consumatori gran parte dell’onere di pagamento dell’acqua non consumata effettivamente, a causa di perdite occulte nell’impianto idrico. A giudizio dell’Autorità Antitrust, si tratta di condotte connotate non solo da una mancanza di diligenza, ma anche di carattere “aggressivo”: idonee, cioè, a determinare nei consumatori un indebito condizionamento; ovvero a ottenere il pagamento di importi non corrispondenti ai consumi effettuati, oppure dovuti ma con modalità e tempistiche diverse, da parte delle imprese sanzionate che operano in regime di monopolio per la fornitura di un bene vitale ed essenziale come l’acqua e dispongono di un’importante leva commerciale come la minaccia di interrompere il servizio.
Si ricorda, infine, che il disegno di legge in materia di princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque (A.S. 2343), già approvato dalla Camera dei deputati, reca disposizioni in materia, prevedendo, in particolare, disposizioni per la misurazione e fatturazione anche dei consumi idrici, nell'ottica di favorire la diffusione della telelettura e l'uso delle migliori tecnologie disponibili (art. 8). Più in dettaglio, la norma citata disciplina la misurazione e la fatturazione dei consumi energetici, idrici e del gas, aggiungendo un nuovo comma (co. 3-bis), all'articolo 9 del D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102[26], che assegna all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di individuare misure per favorire la diffusione della telelettura in modalità condivisa, mediante l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, al fine di favorire il controllo dei consumi e la verifica del diritto all'erogazione del quantitativo minimo vitale di acqua.
Articolo 1,
commi 76-78
(Riforma
del bonus elettrico e gas)
Il comma
76, non modificato rispetto al testo approvato dalla Camera, il comma 77, il cui contenuto è stato
solo parzialmente modificato nel corso dell’esame presso il Senato, e il comma 78, non modificato, demandano
a un decreto del MiSE la disciplina delle modalità di
erogazione ed eventuale rimodulazione del bonus
elettrico e del bonus gas, ossia dei benefici economici a sostegno
dei clienti economicamente svantaggiati e dei clienti domestici presso i quali
sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da
richiedere l’utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad
energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.
Il
comma 76, demanda a un decreto del MiSE, da adottarsi entro 180 giorni dalla data di
entrata in vigore del provvedimento in esame, sentita l’AEEGSI,
la disciplina relativa all’erogazione del bonus
elettrico e del bonus gas, ai fini di un migliore coordinamento
delle politiche di sostegno ai clienti economicamente svantaggiati e ai clienti
domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni
di salute, tali da richiedere l’utilizzo di apparecchiature
medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro
mantenimento in vita.
Ai sensi del successivo comma 77, tale decreto disciplina le modalità di erogazione dei benefici economici individuali, anche alternative rispetto alla compensazione della spesa. L’unica modifica apportata nel corso dell’esame al Senato concerne l’individuazione – che era prevista in ogni caso e invece è stata resa eventuale - nell’ambito del suddetto decreto, di una corresponsione congiunta delle misure di sostegno alla spesa per le forniture di energia elettrica e di gas naturale. Con il medesimo decreto si provvede a rimodulare l’entità dei benefici, tenendo conto dell’ISEE.
Si ricorda al riguardo che, attualmente, l'importo del bonus viene scontato direttamente nella bolletta, non in un'unica soluzione, in quanto esso è suddiviso nelle diverse bollette corrispondenti ai consumi dei 12 mesi successivi alla presentazione della domanda[27].
Il successivo comma 78 precisa la vigenza della disciplina vigente relativa ai bonus elettrico e gas fino alla data di entrata in vigore del decreto MiSE.
Come precisato nella Relazione tecnica, la disposizione in commento non comporta oneri per la finanza pubblica, essendo già previsti dalla legislazione vigente i benefici sui quali il decreto del MiSE interviene, i quali sono coperti su una componente specifica della bolletta di fornitura di energia elettrica. La norma, infatti, prevede una mera rimodulazione di tali benefici in base all’ISEE.
Il bonus elettrico consiste in uno sconto sulla bolletta, finalizzato ad assicurare un risparmio sulla spesa per l’energia alle famiglie in condizione di disagio economico e fisico e alle famiglie numerose.
L’art. 1, co. 375, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (L. finanziaria per il 2016), ha infatti previsto l’applicazione delle tariffe elettriche agevolate (c.d. “bonus elettrico”) ai clienti economicamente svantaggiati, demandando a un decreto ministeriale, al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche, la definizione dei criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare la revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate[28]. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.M. 28 dicembre 2007, n. 29998 che reca la determinazione dei criteri per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti economicamente svantaggiati e per i clienti in gravi condizione di salute. Il decreto ha individuato i criteri per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti domestici economicamente disagiati, nonché per i clienti domestici in grave condizione di salute, tale da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche necessarie per l'esistenza in vita e alimentate ad energia elettrica. Gli oneri derivanti dalla compensazione della spesa sono inclusi tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, per la copertura dei quali l'Autorità istituisce una apposita componente tariffaria applicata alla generalità dell'utenza, che alimenta un conto gestito dalla Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico. L’art. 2 del D.M. citato ha poi indicato i criteri di compensazione per i clienti domestici in condizioni di disagio economico[29], mentre il successivo art. 3 ha definito i criteri di compensazione per i clienti domestici utilizzatori di apparecchiature medico terapeutiche. L’art. 46, co. 1-bis, del D.L. n. 248/2007 ha in seguito stabilito l’applicazione delle disposizioni di cui al citato comma 375 anche al settore del gas naturale.
Si richiama altresì l’art. 3, commi 9 e 9-bis, del D.L. n. 185/2008, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
In particolare, il comma 9 riconosce la tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica, di cui al citato D.M. 28 dicembre 2007, anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute. La norma ha altresì previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, che le famiglie economicamente svantaggiate aventi diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica a compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale. In attuazione di quanto disposto dalla disposizione è stata adottata la Deliberazione 6 luglio 2009, 6 luglio 2009, n. ARG/gas 88/09, sulle Modalità applicative del regime di compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale sostenuta dai clienti domestici economicamente svantaggiati.
L’art. 3, comma 9-bis ha riconosciuto l'accesso alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica e il diritto alla compensazione per la fornitura di gas naturale, di cui al comma 9, anche ai nuclei familiari con almeno quattro figli a carico con indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro.
Il successivo D.Lgs. n. 102/2014, all’art. 11, co. 3, ha previsto che su proposta dell’Autorità il Ministro dello sviluppo economico, in relazione alla valutazione ex ante dell'impatto conseguente all'adeguamento tariffario previsto e al fine di tutelare i clienti appartenenti a fasce economicamente svantaggiate, definisce eventuali nuovi criteri per la determinazione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica, di cui al D.M. 28 dicembre 2007[30].
Si rileva che, da ultimo, il D.M. 29 dicembre 2016 sono state introdotte importanti modifiche, in vigore dal 1° gennaio 2017, alla disciplina del bonus elettrico. In particolare, il valore della compensazione di spesa per la fornitura di energia elettrica a favore dei clienti economicamente svantaggiati è rideterminato dall’Autorità in misura tale da conseguire una riduzione di spesa dell'utente medio, al lordo delle imposte, dell’ordine del 30%. Il decreto prevede altresì un incremento da 7.500 euro a 8.107,5 euro del tetto ISEE per avere accesso alle agevolazioni[31]. Rimane invariato il requisito di accesso per le famiglie numerose (ISEE non superiore a 20.000 euro). Il citato D.M., pertanto, ha attuato quanto disposto dall’art. 11, co. 3, del d.lgs. 102/14 e ha accolto le proposte formulate dall’Autorità in merito all’opportunità di aumentare l’entità dello sconto praticato riferendolo alla spesa al lordo di tasse e imposte e di indicizzare il livello di ISEE individuato come soglia massima per l’acceso al bonus sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo.
Con la delibera dell'Autorità 814/2016/R/com del 29 dicembre 2016, a partire dal 1° Gennaio 2017 sono state aggiornate le tariffe destinate alla copertura degli oneri generali e di ulteriori componenti del settore elettrico e del settore gas, nonché l'ammontare della compensazione per il bonus elettrico ed il bonus gas. Inoltre, la deliberazione 1/2017/R/eel del 12 gennaio 2017 ha rideterminato per l'anno 2017 l’ammontare delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per clienti economicamente svantaggiati, differenziandoli per nucleo familiare[32].
Articolo 1,
commi 79 e 80
(Disposizioni
in materia di maxi-bollette)
I commi
79 e 80, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, dettano la disciplina applicabile in
occasione di fatture di rilevante
importo. prevedendo il diritto dei consumatori alla rateizzazione delle
bollette di energia elettrica e gas, di importo elevato, derivanti da ritardi,
interruzioni della fatturazione o prolungata indisponibilità dei dati di
consumo reali. Si prevede, altresì, che l’AEEGSI
individui adeguate misure per responsabilizzare i distributori e favorire
l’accessibilità dei gruppi di misura da parte degli stessi.
In particolare, il comma 79 prevede che nei casi di fatture di rilevante importo, individuati secondo condizioni definite dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, derivanti da ritardi, interruzioni della fatturazione o prolungata indisponibilità dei dati di consumo reali, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotti le misure necessarie affinché, in capo ai fornitori di energia elettrica e gas, sussista in tali casi un obbligo di rateizzazione. Tale obbligo:
a)
è
accompagnato dal diritto a poter
esigere nei confronti del cliente finale l’importo aggiuntivo corrispondente
alla maggiorazione per i soli interessi
legali;
b)
non sussiste se il conguaglio
è imputabile a cause riconducibili
al cliente finale.
Il comma 80 prevede che l'Autorità,
con proprio provvedimento, definisca adeguate misure per responsabilizzare i
distributori, nel caso di prolungata
indisponibilità dei dati di consumo reali, ferme restando le modalità e le
scadenze di versamento del gettito tariffario da parte dei distributori. La
norma prevede, altresì, che l'Autorità individui modalità idonee a favorire
l'accessibilità dei gruppi di misura da parte dei distributori.
La Relazione tecnica evidenzia che,
trattandosi di previsioni puramente ordinamentali, esse non hanno effetto sulla
finanza pubblica.
Al riguardo, si ricorda che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito di un’istruttoria avviata per accertare eventuali violazioni del Codice del Consumo[33] da parte degli operatori, con i provvedimenti PS 9354, PS 9541, PS 9542 e PS 9883 dell’11 maggio 2016, ha concluso quattro procedimenti - avviati a luglio 2015 sulla base di numerose segnalazioni di singoli consumatori e diverse associazioni di consumatori – nei confronti di dei principali operatori nella vendita al dettaglio di energia elettrica e gas naturale (Acea, Edison, Eni, Enel Energia ed Enel Servizio Elettrico). I provvedimenti riguardano i meccanismi di fatturazione, le richieste di pagamento per bollette non corrispondenti a consumi effettivi, nonché gli ostacoli frapposti alla restituzione dei rimborsi. L’AGCM, con i menzionati atti, ha accertato che le cinque società avevano posto in essere nel 2015 posto in essere una pratica commerciale “aggressiva” per i seguenti motivi:
§ gestione inadeguata delle istanze e delle comunicazioni di clienti finali che lamentavano la fatturazione di consumi di elettricità o di gas naturale divergenti da quelli effettivi.
Nel caso di conguagli di elevato importo, le imprese non avevano adottato misure per attenuare l’impatto della bolletta, senza informare adeguatamente gli utenti sulla possibilità di rateizzare né sui termini di pagamento più lunghi[34]. Secondo l’Antitrust, tali comportamenti hanno violato il diritto del cliente a ricevere un’adeguata ed effettiva assistenza e verifica dei propri consumi, prima di procedere al pagamento delle fatture contestate e, pertanto, i comportamenti accertati costituiscono pratiche commerciali aggressive ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo, in quanto idonei a creare ostacoli onerosi e sproporzionati di carattere non contrattuale all’esercizio di diritti contrattuali del consumatore. Ciò anche in quanto l’incombente minaccia dell’avvio o della prosecuzione delle procedure di riscossione costituisce, a parere dell’Autorità, un indebito condizionamento delle scelte del consumatore in merito al pagamento dei consumi non verificati e alla presentazione delle istanze e delle comunicazioni.
§ mancata o ritardata restituzione di importi dovuti a vario titolo ai clienti finali. L’Autorità ha ritenuto, infatti, che le modalità informative e procedurali adottate dai cinque operatori non hanno permesso ai consumatori di ricevere pienamente e tempestivamente quanto versato in eccesso per la fornitura di energia elettrica o di gas.
§ per le due società del gruppo Enel, è stato accertato l’addebito degli interessi di mora per tardivo pagamento, anche in caso di bollette recapitate in ritardo o non recapitate e in presenza di un reclamo in tal senso[35].
Nel corso del procedimento, l’AEEGSI ha reso, nell’ambito della collaborazione prevista dal Protocollo di intesa tra le due Autorità, un articolato parere, unico in virtù delle analogie tra le condotte contestate ai quattro gruppi societari, che fa particolare riferimento all'avvio o prosecuzione delle procedure di riscossione, alla messa in mora e sospensione in caso di istanze pervenute dai clienti, alla fatturazione di importi definiti erronei, anomali e/o non correttamente stimati, e alle richieste di pagamento di importi di notevole entità a seguito di conguaglio o in caso di prolungato ritardo nell'emissione delle fatture.
Si
ricorda, in proposito, che l’Assemblea della Camera, nella seduta del 6 ottobre
2015, ha approvato le mozioni Baldelli
ed altri n. 1-00967, Ricciatti
ed altri n. 1-00984, Ruocco
ed altri n. 1-00985, Allasia
ed altri n. 1-00986, Vargiu
ed altri n. 1-00995 e Benamati ed altri n. 1-00996, concernenti iniziative
per la tutela dei diritti dei consumatori nei confronti degli operatori del
mercato dell'energia elettrica e del gas, che impegnavano
il Governo:
1) a intervenire varando una moratoria sulle c.d. «maxi-bollette» e rafforzando il principio che collega la fatturazione al consumo effettivo, almeno con cadenza annuale, assicurandone, attraverso idonee iniziative normative, le modalità di rimborso agli utenti degli importi già versati, qualora le fatturazioni, a seguito di accertamenti, risultassero illegittime e non rispondenti ai consumi reali di energia elettrica e del gas;
2) ad assumere iniziative per la rapida diffusione di parametri finalizzati all'individuazione delle anomalie negli importi delle fatture e le modalità e procedure per la corretta gestione delle stesse, al fine di aumentare il grado di trasparenza dei mercati coinvolti e rafforzare i meccanismi a tutela dei consumatori;
3) ad assumere iniziative per sospendere ogni attività esecutiva di pretesa di pagamento di bolletta elettrica e gas esosa nei confronti degli utenti fino a quando le autorità competenti non abbiano completato le verifiche per accertare che la condotta degli operatori non abbia violato le norme del codice del consumo e non sia illegittima;
4) ad adottare specifiche iniziative per la sospensione dei pagamenti delle bollette energetiche con importi spropositati e non rispondenti ai consumi reali di energia elettrica e del gas, fino al completamento delle verifiche avviate dalle autorità competenti sulle condotte adottate dalle società fornitrici in merito alle violazioni del codice del consumo;
Successivamente, anche a
seguito dell’approvazione delle citate mozioni, è stato istituito presso il
MISE un tavolo tecnico, finalizzato ad affrontare e risolvere la questione delle maxibollette di energia
elettrica e gas derivanti da conguagli, presieduto da un rappresentante del
Ministero dello sviluppo economico e composto da rappresentanti dell’Autorità Antitrust e dell’AEEGSI,
di Igas, Assogas, Anigas, Assoelettrica, Utilitalia, Aiget, Energia
concorrente, Unione nazionale consumatori, Codici, Cittadinanzattiva,
Confapi, Confagricoltura, Confcooperative,
Cia e Rete Imprese Italia e da una delegazione del Consiglio nazionale
consumatori e utenti. Il 23 marzo 2016, a conclusione dei lavori del Tavolo, il MiSE
ha proposto l’adozione di un protocollo di autoregolamentazione che impegni le
imprese ad accettare e stimolare le autoletture, a facilitarne l’acquisizione e
fornire al consumatore informazione pronta ed esaustiva sulle bollette basate
su consumi presunti. Il Mise ha inoltre invitato l’AEEGSI
ad adottare opportuni provvedimenti per disciplinare le modalità attraverso cui
tali informazioni devono essere fornite, ad adeguare le sanzioni ai
distributori per la lettura o comunicazione tardiva dei dati di misura, a
introdurre o rafforzare gli strumenti per responsabilizzare i distributori (tra
cui gli indennizzi automatici a venditori e clienti finali in caso di lettura
tardiva), e a migliorare ulteriormente la qualità dei dati di misura. Il MiSE ha inoltre promosso l’adozione di norme finalizzate a
rendere più stringenti gli obblighi di fatturazione sulla base di dati reali.
L’AEEGSI, con Deliberazione
463/2016/R/COM del 4 agosto 2016, ha dato atto dei lavori
del Tavolo tecnico, che ha individuato alcune linee di intervento, e nello
specifico:
a)
interventi
di autoregolazione, relativamente ai quali le associazioni degli operatori si
sono rese disponibili a sottoscrivere un protocollo di autoregolazione con
impegni volti a promuovere l’autolettura;
b)
interventi
di regolazione, finalizzati ad adottare provvedimenti per migliorare
ulteriormente la qualità dei dati di misura, per responsabilizzare i diversi
soggetti (clienti/venditori/imprese di distribuzione) nel caso di fatture
basate su consumi presunti, per incrementare le sanzioni e per rafforzare gli
strumenti per responsabilizzare i distributori;
c)
introduzione
di obblighi di rateizzazione a fronte di casistiche di maxi-bollette (come
individuate dalla stessa Autorità) e misure per corresponsabilizzare le imprese
di distribuzione.
All’esito dei lavori, il Tavolo ha quindi individuato una serie di proposte tra le quali:
1) l’adozione di un protocollo di autoregolamentazione che impegni le imprese ad accettare e stimolare le autoletture, a facilitarne l’acquisizione e a fornire al consumatore informazioni pronte ed esaustive sulle bollette basate sui consumi presunti;
2) l’emanazione, da parte dell’Autorità dell’energia, di provvedimenti sulle modalità di fornitura delle informazioni, sull’adeguamento delle sanzioni ai distributori per lettura o comunicazioni tardive delle misurazioni, sugli strumenti per responsabilizzare i distributori (ad es. indennizzi automatici) e sul miglioramento della qualità dei dati di misura;
3) l’adozione di normative più stringenti sugli obblighi di fatturazione sulla base di dati reali di consumo attraverso un emendamento al DD.L. Concorrenza (all’epoca in discussione presso il Senato);
4) l’obbligo di rateizzazione per i consumatori in caso di maxi conguagli per ritardi ad essi non imputabili.
Articolo 1,
commi 81-89
(Misure per la trasparenza del mercato
dell’energia elettrica e del gas)
I commi da 81 a 89, il cui contenuto è stato modificato nel corso dell’esame presso il Senato, recano misure per la trasparenza del mercato dell’energia elettrica e del gas, prevedendo l’istituzione presso il MiSE di un Elenco dei soggetti abilitati alla vendita ai clienti finali. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e i sistema idrico, sono stabiliti i criteri, le modalità e i requisiti per l’iscrizione nell’Elenco, il quale è pubblicato sul sito internet del MiSE e aggiornato mensilmente. Si prevedono, altresì, norme di promozione della concorrenza, attraverso la riduzione delle asimmetrie informative, anche intersettoriali, nel rispetto delle prescrizioni stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali. Infine, si recano disposizioni relative alla clausola di «close-out netting», prevista nei prodotti energetici all'ingrosso, della quale si dispone la validità e l’efficacia anche in caso di apertura di una procedura di risanamento, ristrutturazione economico-finanziaria o di liquidazione, di natura concorsuale o pre-concorsuale, con o senza spossessamento del debitore, nei confronti di una delle parti.
In particolare, il comma 81 prevede, al fine di garantire la stabilità e la certezza del mercato dell’energia elettrica, - l’istituzione presso il MiSE di un Elenco dei soggetti abilitati alla vendita ai clienti finali, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. La norma, come modificata nel corso dell’esame presso il Senato, specifica che, a decorrere dalla data della sua istituzione, l’inclusione e la permanenza nell’elenco è condizione necessaria per lo svolgimento delle attività di vendita di energia elettrica ai clienti finali.
Si ricorda, al riguardo, che l’art. 17, co. 1, del D.Lgs. n. 164/2000, come modificato dall’art. 30, co. 2, del D.Lgs. n. 93/2011 (c.d. Terzo pacchetto energia), ha reso operativo presso il Ministero dello sviluppo economico, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di gas naturale a clienti finali, anche in relazione alla vendita di gas naturale liquefatto attraverso autocisterne e di gas naturale a mezzo di carri bombolai, nonché di biogas.
I criteri, le modalità e i requisiti tecnici, finanziari e di onorabilità per l’iscrizione nell’elenco sono stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e i sistema idrico (comma 82).
Il comma 83, non modificato rispetto al testo approvato dalla Camera, dispone che l’Elenco è pubblicato sul sito internet del MiSE e aggiornato mensilmente e che tale pubblicazione ha valore di pubblicità ai fini di legge per tutti i soggetti interessati.
Il comma 84, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, introduce il parere dell’AEEGSI nel procedimento con il quale il MiSE stabilisce modalità e requisiti per la richiesta delle società interessate all'inclusione nel citato Elenco dei soggetti abilitati alla vendita di gas naturale a clienti finali, di cui all’art. 17, co. 3, del D.Lgs. n. 164/2000, relativo anche alla vendita di gas naturale liquefatto attraverso autocisterne e di gas naturale a mezzo di carri bombolai, nonché di biogas.
Si ricorda, al riguardo, che l’art. 17, co. 3, del D.Lgs. n. 164/2000 prevede che le società interessate alla inclusione nell'elenco presentino richiesta al Ministero dello sviluppo economico, in base a modalità e requisiti stabiliti con decreto dello stesso Ministero e che il MiSE, entro trenta giorni dalla richiesta, qualora verifichi la non congruità di uno o più dei requisiti richiesti, possa sospendere l'iscrizione nell'elenco del soggetto interessato e richiedere allo stesso elementi integrativi
Il comma 85, non modificato nel corso dell’esame in Senato, inserisce i soggetti autorizzati a svolgere le attività di vendita a clienti finali di energia elettrica e gas naturale tra quelli che partecipano al sistema di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo e dei pagamenti dilazionati o differiti, con specifico riferimento al furto d'identità, istituito presso il MEF dall’articolo 30-ter del D.Lgs. n. 141/2010 (norma introdotta dal D.Lgs. n. 64 del 2011).
In sintesi si rammenta che l'articolo 30-ter del D.Lgs. n. 141/2010 ha istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il sistema di prevenzione delle frodi, sul piano amministrativo (ferme restando, dunque, le prescrizioni civili e penali in materia), nel settore del credito al consumo e dei pagamenti dilazionati o differiti, con specifico riferimento al furto d'identità. Detto sistema di prevenzione si basa su un archivio centrale informatizzato e su un gruppo di lavoro (articolo 30-ter, comma 2). La titolarità del predetto archivio, così come del trattamento dei dati, è affidata al MEF che, ai sensi delle norme del codice della privacy, designa la Consap S.p.A. quale ente gestore dell'archivio. Il comma 5 dell’art. 30-ter individua i soggetti che partecipano al sistema di prevenzione delle frodi. Il D.M. 19 maggio 2014, n. 95 del MEF ha individuato gli altri soggetti aderenti al sistema ed ha attuato la predetta disciplina.
I soggetti aderenti inviano all'ente gestore richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche che richiedono una dilazione o un differimento di pagamento, un finanziamento o altra analoga facilitazione finanziaria, un servizio a pagamento differito. I soggetti aderenti inviano inoltre, in forma scritta, una comunicazione riguardante l'avvenuta stipula del contratto, nell'ambito dei settori di cui si occupa il sistema di prevenzione, all'indirizzo risultante dai registri anagrafici della persona fisica titolare del rapporto. Gli aderenti trasmettono al titolare dell'archivio le informazioni relative ai casi che configurano un rischio di frodi nei settori del credito, dei servizi di comunicazione elettronica o interattivi. Nell'ambito dello svolgimento della propria specifica attività, gli aderenti possono inviare all'ente gestore richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche nei casi in cui ritengono utile, sulla base della valutazione degli elementi acquisiti, accertare l'identità delle medesime.
Il secondo pilastro su cui si basa il descritto sistema di prevenzione è il gruppo di lavoro, avente funzioni consultive, istituito dal comma 9 dell'articolo 30-ter. Esso opera senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento, per migliorare l'azione preventiva. Ha inoltre funzioni di elaborazione e studio dei dati statistici, in forma anonima, relativi al comparto delle frodi.
Il comma 86, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, aggiunge i commi 1-bis e 1-ter all’art. 6-bis del D.L. n. 138/2011 (L. n. 148/2011), al fine di promuovere la concorrenza attraverso la riduzione delle asimmetrie informative, anche intersettoriali.
Nella sua formulazione vigente, il richiamato articolo 6-bis del D.L. n. 138/2011 consente ai soggetti che partecipano al sistema di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo (di cui al comma 5 del summenzionato articolo 30-ter del D.Lgs. n. 141/2010) l’accesso ai sistemi informativi di cui all'articolo 117 del codice privacy (D.Lgs. n. 196 del 2003), anche per le finalità ivi previste. L’articolo 117 del codice privacy affida al Garante per la protezione dei dati personali il compito di promuovere la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato nell'ambito di sistemi informativi di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di concessione di crediti al consumo o comunque riguardanti l'affidabilità e la puntualità nei pagamenti da parte degli interessati, individuando anche specifiche modalità per garantire la comunicazione di dati personali esatti e aggiornati nel rispetto dei diritti dell'interessato.
Con le norme introdotte (in particolare, comma 1-bis inserito nell’articolo 6-bis) si prevede che l’accesso ai predetti sistemi informativi possa avvenire anche in un quadro di reciprocità, ma solo nel rispetto delle prescrizioni stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali necessarie ad assicurare proporzionalità, correttezza e sicurezza circa il trattamento di dati personali e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dei soggetti cui le informazioni si riferiscono, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.
Si dispone inoltre (comma 1-ter dell’articolo 6-bis) che, nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati in conseguenza dell’accesso in un quadro di reciprocità ai sistemi in questione, spetti ai soggetti che accedono l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta e di avere adottato tempestivamente e senza indugio tutte le misure idonee a evitare il danno.
Il comma 87, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede la validità e l’efficacia della clausola di «close-out netting», prevista nei prodotti energetici all'ingrosso, anche in caso di apertura di una procedura di risanamento, ristrutturazione economico-finanziaria o di liquidazione, di natura concorsuale o pre-concorsuale, con o senza spossessamento del debitore, nei confronti di una delle parti.
La clausola “close out netting” è disciplinata dal D.Lgs. n. 170/2004, di recepimento della Direttiva 2002/47/CE in materia di contratti di garanzia finanziaria, finalizzata alla liberalizzazione delle tipologie contrattuali e alla riduzione della segmentazione dei mercati finanziari. Il D.Lgs. n. 170/2004, in particolare, ha aperto l’ordinamento ai contratti di garanzia reale “atipici”, che in passato costituivano un numerus clausus. L’art. 1, co. 1, lett. f) del decreto definisce la clausola “close out netting” come la clausola di un contratto di garanzia finanziaria o di un contratto che comprende un contratto di garanzia finanziaria oppure, in mancanza di una previsione contrattuale, una norma di legge in base alla quale, in caso di evento determinante l'escussione della garanzia finanziaria:
1) le obbligazioni diventano immediatamente esigibili e vengono convertite nell'obbligazione di versare un importo pari al loro valore corrente stimato, oppure esse sono estinte e sostituite dall'obbligazione di versare tale importo, ovvero
2) viene calcolato il debito di ciascuna parte nei confronti dell'altra con riguardo alle singole obbligazioni e viene determinata la somma netta globale risultante dal saldo e dovuta dalla parte il cui debito è più elevato, ad estinzione dei reciproci rapporti.
L’art. 7 del decreto stabilisce che tale tipologia di clausola è valida anche in caso di apertura di una procedura di fallimento o risanamento o liquidazione nei confronti di una delle parti.
Dal combinato disposto della descritta definizione e dell’art. 7, emerge che scopo della norma sia eliminare i dubbi interpretativi, alimentati dagli stessi Stati membri, circa la validità della clausola in presenza di una procedura fallimentare o similare, in linea con la Direttiva, che impone agli Stati membri di riconoscere validità alla pratica del close-out netting anche in presenza di procedure di tipo fallimentare.
La norma specifica che la disciplina introdotta sulla clausola di «close-out netting» – di cui al Regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, concernente l'integrità e la trasparenza del mercato dell'energia all'ingrosso – è finalizzata ad aumentare la liquidità dei mercati dell'energia, riducendo i costi delle transazioni, a vantaggio dei consumatori. Fanno eccezione i contratti conclusi con clienti finali a prescindere dalla loro capacità di consumo.
Si ricorda, al riguardo, che il 28 dicembre 2011 è entrato in vigore il REMIT, cioè il regolamento (CE) 1227/2011, il cui scopo è quello di accrescere la trasparenza e migliorare il funzionamento dei mercati all’ingrosso dell’energia elettrica e del gas naturale, attraverso l’adozione di regole di sorveglianza e di prevenzione degli abusi di mercato relativamente alla manipolazione (o tentata manipolazione) di mercato e all’insider trading. L’adozione del regolamento segue il parere espresso congiuntamente dal Committee of European Securities Regulators (CESR) e dall’European Regulator’s Group for Electricity and Gas (ERGEG), nel dicembre 2008, a favore di un regime specifico di sorveglianza dei mercati all’ingrosso dell’energia.
Il regolamento REMIT introduce a livello europeo regole specifiche per la sorveglianza dei mercati all’ingrosso dell’energia, volte a:
§ definire le pratiche abusive in tema di manipolazione (o tentata manipolazione) di mercato e insider trading;
§ vietare le suddette pratiche abusive nei mercati dell’energia all’ingrosso;
§ definire un nuovo quadro di regole per il monitoraggio dei mercati dell’energia all’ingrosso, volte a identificare e a contrastare casi di manipolazione (o tentata manipolazione) di mercato e insider trading;
§ stabilire che le Autorità nazionali di regolazione dispongano dei necessari poteri di indagine, di enforcement e di sanzione relativamente ai suddetti divieti, entro 18 mesi dall’entrata in vigore del regolamento.
L'attuazione del REMIT è demandata all'Agenzia per la cooperazione dei regolatori dell'energia (ACER) e alle Autorità nazionali di regolazione (in Italia l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico) in cooperazione tra loro e con le altre autorità nazionali ed europee (autorità finanziarie e antitrust). Il regolamento stabilisce che l’ACER assicuri il coordinamento tra le Autorità nazionali di regolazione, in particolare rispetto a ipotesi di comportamenti abusivi di natura transfrontaliera. Inoltre, sono previste disposizioni in materia di cooperazione tra l’ACER, l’European Securities and Market Authority (ESMA), le Autorità di regolazione nazionale, le Autorità antitrust e finanziarie nazionali, le altre Autorità competenti, al fine di favorire la condivisione delle informazioni e l’efficace sorveglianza dei mercati.
Il REMIT attribuisce alle Autorità nazionali di regolazione il compito di vigilare sul rispetto del regolamento. A tal fine, ciascuno Stato membro deve garantire che le proprie autorità siano dotate dei poteri necessari per l'espletamento delle funzioni di indagine e di enforcement. A tale riguardo si ricorda che l’art. 22 della L. n. 161/2014 ha conferito all'Autorità tutti i poteri di indagine previsti dal REMIT. Inoltre, nel definire i principi generali della disciplina sanzionatoria, ha conferito all'Autorità anche il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie, salvo che il fatto costituisca reato. La medesima legge regola anche i rapporti tra l'Autorità e altri soggetti istituzionali nazionali:
a. il Gestore dei mercati energetici (GME) e il Gestore della rete elettrica di trasmissione nazionale (Terna), con riferimento ai mercati da essi gestiti, in collaborazione per lo svolgimento di indagini relative a casi di sospetta violazione del REMIT;
b. l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per il coordinamento nello svolgimento di indagini relative a casi di sospetta violazione dei divieti di manipolazione del mercato e di insider trading;
c. la CONSOB, per il coordinamento nello svolgimento di indagini relative a casi di sospetta violazione del divieto di insider trading.
In attuazione del Regolamento (CE) 1227/2011 è stato emanato il Regolamento di esecuzione (UE) n. 1348/2014 della Commissione Europea, che individua le informazioni relative ai prodotti energetici all'ingrosso e ai dati fondamentali che gli operatori di mercato sono tenuti a segnalare ad ACER, nonché le modalità e i tempi per l'adempimento di tale obbligo di segnalazione, con il quale il legislatore ha cercato di assicurare che i consumatori e gli altri soggetti del mercato possano nutrire fiducia nell’integrità dei mercati dell’elettricità e del gas e che i prezzi fissati sui mercati dell’energia all’ingrosso riflettano un’interazione equa e concorrenziale tra domanda ed offerta.
Pertanto, il Regolamento (UE) n. 1348/2014, in applicazione di quanto disposto dall’art. 8, paragrafi 2 e 6, del Regolamento (UE) n. 1227/2011, ha stabilito le norme per la trasmissione dei dati all’ACER e definito le informazioni dettagliate da segnalare relativamente ai prodotti energetici all’ingrosso e ai dati fondamentali (ossia le informazioni riguardanti la capacità e l’uso degli impianti di produzione, stoccaggio, consumo o trasmissione di energia elettrica e di gas naturale o quelle riguardanti la capacità e l’uso di impianti GNL, inclusa l’indisponibilità pianificata o non pianificata di tali impianti).
Il comma 88 definisce clausola di «close-out netting»
qualsiasi clausola di interruzione
volontaria o automatica dei
rapporti e di conseguente obbligo, gravante sul contraente il cui debito
risulti più elevato, di pagamento del saldo netto delle obbligazioni, come
risultante dalla compensazione delle posizioni reciproche. Esse, in forza di
detta clausola, divengono immediatamente esigibili e vengono convertite
nell'obbligazione di versare un importo pari al loro valore corrente stimato
secondo criteri di ragionevolezza commerciale, oppure vengono estinte e
sostituite dall'obbligazione di versare tale importo.
In caso di apertura di una procedura di risanamento, ristrutturazione economico-finanziaria o di liquidazione, che abbia natura concorsuale e che preveda lo spossessamento del debitore, gli organi della procedura, entro sei mesi, dal momento di apertura della procedura stessa, possono far valere la violazione della ragionevolezza sotto il profilo commerciale qualora la determinazione del valore corrente stimato sia intervenuta entro l'anno che precede l'apertura della procedura stessa, fatto salvo che detta ragionevolezza si presume nel caso in cui le clausole contrattuali concernenti i criteri di valutazione del valore corrente stimato siano coerenti con gli schemi contrattuali elaborati nell'ambito della prassi internazionale riconosciuta da associazioni rappresentative internazionali ovvero allorché prevedano il ricorso a quotazioni fornite da uno o più soggetti terzi indipendenti riconosciuti a livello internazionale.
Il comma 89, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che il Ministero dello sviluppo economico provveda all'attuazione dell'articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Come evidenziato dalla Relazione tecnica, le disposizioni in esame non comportano oneri per la finanza pubblica.
Articolo 1,
commi 90 e 91
(Semplificazione delle procedure relative agli
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e al settore dell’efficienza
energetica)
I commi 90 e 91 recano misure di
semplificazione delle procedure relative agli impianti di produzione di energia
da fonti rinnovabili e al settore dell’efficienza energetica.
Con il comma 90, vengono inseriti,
all'articolo 42 del decreto legislativo n. 28 del 2011, i nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.
Si ricorda che
tale decreto legislativo ha dato attuazione alla direttiva 2009/28/CE sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. In particolare,
l'articolo 42, oggetto di novella, disciplina i controlli e le sanzioni in
materia di incentivi, prevedendo che l'erogazione di incentivi nel settore
elettrico e termico, di competenza del GSE, sia
subordinata alla verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che presentano
istanza. Tale verifica, che può essere affidata anche agli enti controllati dal
GSE, è effettuata attraverso il controllo della
documentazione trasmessa, nonché con controlli a campione sugli impianti, anche
senza preavviso, ferme restando le competenze in tema di controlli e verifiche
spettanti alle amministrazioni statali, regionali, agli enti locali nonché ai
gestori di rete.
Il capoverso
3-bis introdotto nella disposizione novellata prevede che, nei casi
in cui nell'ambito delle istruttorie di valutazione delle richieste di verifica
e certificazione dei risparmi aventi ad oggetto il rilascio di titoli di
efficienza energetica di cui all'articolo 29 (in materia di certificati
bianchi) o nell'ambito di attività di verifica, il GSE
riscontri la non rispondenza del progetto proposto e approvato alla normativa
vigente alla data di presentazione del progetto, è disposto il rigetto
dell'istanza di rendicontazione o l'annullamento del provvedimento di
riconoscimento dei titoli, secondo le modalità di cui al successivo comma 3-ter
anch'esso di nuova introduzione.
La norma
specifica che la disposizione si applica ove tali difformità non derivino da
discordanze tra quanto trasmesso dal proponente e la situazione reale
dell'intervento ovvero da documenti non veritieri ovvero da dichiarazioni false
o mendaci rese dal proponente.
Il capoverso
3-ter dispone poi che gli effetti del rigetto dell'istanza di rendicontazione,
disposto a seguito dell'istruttoria, decorrano dall'inizio del periodo di
rendicontazione oggetto della richiesta di verifica e certificazione dei
risparmi. In ordine alla decorrenza, gli effetti dell'annullamento del
provvedimento disposto a seguito di verifica decorrono dall'adozione del
provvedimento di esito dell'attività di verifica. Nel testo è stato chiarito
che per entrambe le fattispecie su indicate sono fatte salve le rendicontazioni
già approvate relative ai progetti medesimi; si prevede anche che le modalità
di cui al primo periodo si applichino anche alle verifiche e alle istruttorie
relative alle richieste di verifica e certificazione dei risparmi già concluse.
Il capoverso
3-quater introdotto nella disposizione novellata prevede che agli
impianti di potenza compresa tra 1 e 3 kW nei quali, a seguito di verifica,
risultino installati moduli non certificati o con certificazioni non
rispondenti alla normativa di riferimento, si applichi una decurtazione del 30
per cento della tariffa incentivante.
Tale effetto
decorre dalla data di decorrenza della convenzione, fermo restando, ove ne
ricorra il caso, l'annullamento della maggiorazione di cui alla richiamata
normativa regolamentare. La disposizione indica la finalità di salvaguardare le
iniziative di realizzazione di impianti fotovoltaici di piccola taglia,
salvaguardando, secondo il dettato della disposizione, la buona fede di coloro
che hanno realizzato l'investimento.
Si ricorda che
l'art. 14 del decreto ministeriale 5 maggio 2011 reca disposizioni in materia
di premi per specifiche tipologie e applicazioni di impianti fotovoltaici,
prevedendo che la componente incentivante della tariffa individuata è
incrementata con le modalità di cui all'art. 12, comma 3, del medesimo D.M. e,
con riferimento nello specifico alla previsione della lettera d), del 10% per
gli impianti il cui costo di investimento per quanto riguarda i componenti
diversi dal lavoro, sia per non meno del 60% riconducibile ad una produzione
realizzata all'interno della Unione europea.
Inoltre, si
ricorda che il decreto ministeriale 5 luglio 2012, disciplinante l'attuazione
dell'art. 25 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante
incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari
fotovoltaici (c.d. Quinto Conto Energia), prevede, all'articolo 5 (in materia
di tariffe incentivanti), comma 2, lettera a), che le tariffe omnicomprensive e
le tariffe premio sull'energia consumata in sito sono incrementate,
limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti integrati con
caratteristiche innovative, di una serie di premi, tra loro cumulabili, tra
cui, per gli impianti che rispettano i requisiti indicati, i seguenti importi,
con una diversa modulazione a seconda dell'entrata in esercizio: i. 20 euro/MWh
se entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2013; ii. 10 euro/MWh se entrano
in esercizio entro il 31 dicembre 2014; iii. 5 euro/MWh se entrano in esercizio
successivamente al 31 dicembre 2014.
Inoltre,
nel testo è stato specificato
che resta fermo il diritto di rivalsa
del beneficiario nei confronti dei soggetti responsabili della non conformità
dei moduli installati.
Il comma
91 reca una novella al comma 7-bis dell’articolo 5 del decreto-legge
n. 69 del 2013.
Tale
disposizione, in materia di riduzione dei prezzi dell’energia elettrica, a sua
volta novellata dall'articolo 1, comma 155, della legge 27 dicembre 2013, n.
147 (legge di stabilità 2014), prevede che i titolari di impianti di
generazione di energia elettrica alimentati da bioliquidi
sostenibili, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, possono optare, in
alternativa al mantenimento del diritto agli incentivi spettanti sulla
produzione di energia elettrica come riconosciuti alla data di entrata in
esercizio, per un incremento del 20 per cento dello stesso incentivo, per un
periodo massimo di un anno a decorrere dalla data indicata dall'operatore e
compresa tra il 1° settembre e il 31 dicembre 2013, e del 10 per cento per
l'ulteriore successivo periodo di un anno. Qualora l'impianto prosegua la
produzione dopo il secondo anno di incremento, il Gestore dei servizi
energetici (GSE) Spa applica nei successivi tre anni
di esercizio una riduzione del 15 per cento dell'incentivo spettante fino ad
una quantità di energia pari a quella sulla quale è stato riconosciuto il
predetto incremento. In ordine ai criteri applicativi, la normativa prevede che
l'incremento sia applicato per gli impianti a certificati verdi sul
coefficiente moltiplicativo spettante e, per gli impianti a tariffa onnicomprensiva,
sulla tariffa onnicomprensiva spettante al netto del prezzo di cessione
dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas
in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell'elettricità), registrato nell'anno 2012. Si ricorda che tale
disposizione prevede, per quanto concerne l'energia elettrica prodotta da
impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, nonché da impianti di potenza qualsiasi alimentati
dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima
fonte, agli impianti ad acqua fluente, ad eccezione di quella ceduta al Gestore
della rete nell'àmbito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei
provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile
1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica
ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi,
potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima
deliberazione, che essa è ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di
rete alla quale l'impianto è collegato. L'Autorità per l'energia elettrica ed
il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo
riferimento a condizioni economiche di mercato.
Rispetto a tale quadro, con la disposizione in esame si prevede che, in alternativa alla predetta modalità di riduzione, il produttore possa richiedere, comunicandolo al GSE entro il 30 settembre 2017, di restituire la cifra corrispondente alla differenza tra i maggiori incentivi ricevuti e le riduzioni già applicate, calcolata al 30 settembre 2017, dilazionandola uniformemente, nel residuo periodo di diritto all'erogazione degli incentivi. In ogni caso si fissa il limite di quattro anni a partire dal 1° luglio 2016.
Articolo 1,
comma 92
(Norme di separazione per i gestori di sistemi di distribuzione chiusi)
Il comma
92 reca - per i sistemi di distribuzione chiusi qualificati come "reti
interne d'utenza" ai sensi della legislazione vigente - una disciplina
parzialmente derogatoria a quella di cui all'articolo 38, comma 1 del decreto
legislativo 1º giugno 2011, n. 93.
La disciplina generale del comma 1 della
predetta disposizione prevede che il gestore del sistema di distribuzione,
qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata, sia indipendente,
sotto il profilo dell'organizzazione e del potere decisionale, da altre
attività non connesse alla distribuzione. Al fine di conseguire tale
indipendenza, l'Autorità adegua i propri provvedimenti ai seguenti criteri
minimi:
a) i responsabili della direzione del gestore
del sistema di distribuzione non devono far parte di strutture dell'impresa
elettrica integrata responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione
delle attività di generazione, trasmissione o fornitura di energia elettrica;
b) devono essere adottate misure idonee ad
assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili
dell'amministrazione del gestore del sistema di distribuzione siano presi in
considerazione in modo da consentire loro di agire in maniera indipendente;
c) il gestore del sistema di distribuzione
deve disporre di effettivi poteri decisionali, indipendenti dall'impresa
elettrica integrata, in relazione ai mezzi necessari alla gestione, alla
manutenzione o allo sviluppo della rete. Ai fini dello svolgimento di tali
compiti, il gestore del sistema di distribuzione dispone delle risorse
necessarie, comprese le risorse umane, tecniche, materiali e finanziarie;
d) il gestore del sistema di distribuzione
predispone un programma di adempimenti, contenente le misure adottate per
escludere comportamenti discriminatori, e garantisce che ne sia adeguatamente
controllata l'osservanza. Il medesimo gestore individua un responsabile della
conformità, indipendente e con poteri di accesso a tutte le informazioni
necessarie in possesso del medesimo gestore del sistema di distribuzione e
delle imprese collegate, che e' responsabile del
controllo del programma di adempimenti e presenta annualmente all'Autorità per
l'energia elettrica e il gas una relazione sulle misure adottate.
Tali
prescrizioni, per la novella qui in commento, non si applicano ai gestori dei
sistemi di distribuzione chiusi, facenti parte di un'impresa verticalmente
integrata. Ai gestori dei sistemi di distribuzione chiusi si applicano
esclusivamente le norme di separazione contabile. Ne consegue l'obbligo, per
l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, di adeguare i
propri provvedimenti - in materia di obblighi di separazione - in relazione
alla predetta deroga.
Articolo 1,
comma 93
(Imprese
di distribuzione dell'energia elettrica di piccole dimensioni)
Il comma
93 deroga alla disciplina che l'articolo 38 del decreto legislativo 1º
giugno 2011, n. 93 ha introdotto per il gestore del sistema di distribuzione,
qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata: si tratta del
requisito per cui esso è indipendente, sotto il profilo dell'organizzazione e
del potere decisionale, da altre attività non connesse alla distribuzione,
nonché di quello per il quale non può trarre vantaggio dall'integrazione
verticale per alterare la concorrenza.
La lettera a) prevede la deroga per i gestori di sistemi di distribuzione
facente parte di un'impresa verticalmente integrata, che servono meno di 25.000
punti di prelievo, ad esclusione delle imprese beneficiarie di integrazioni
tariffarie. L'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico
adeguerà i propri provvedimenti in materia di obblighi di separazione
funzionale in conseguenza, prevedendo altresì che appositi parametri per costi
e misurazioni riguardino i predetti gestori di sistemi di distribuzione: si
tratta di parametri che tengono conto anche della densità dell'utenza servita,
nel rispetto dei principi generali di efficienza, economicità e con
l'obbiettivo di garantire la semplificazione della regolazione e la riduzione
dei connessi oneri amministrativi.
La lettera b), invece, abroga la precedente disciplina sull'aggregazione delle piccole imprese di distribuzione di energia elettrica (secondo cui l'Autorità individuava per le imprese di distribuzione di energia elettrica con meno di 5.000 punti di prelievo, tra l'altro, appositi meccanismi di perequazione specifica aziendale).
Articolo 1,
commi 94-98
(Misure per la distribuzione del gas naturale)
I commi da 94 a 98 recano misure volte a
regolare la distribuzione del gas naturale, a partire dalla disciplina delle
gare fino al regime della concessione di stoccaggio.
Il comma 94 deroga alla disciplina,
recata dall'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164/2000, sulle
conseguenze dell'affidamento dell'attività di distribuzione di gas naturale
esclusivamente mediante gara.
Ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere era riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti, purché stipulati prima del decreto interministeriale 12 novembre 2011, n. 226, e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti nonché per gli aspetti non disciplinati dalle medesime convenzioni o contratti, in base alle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. In ogni caso, dal rimborso sarebbero stati detratti i contributi privati relativi ai cespiti di località, valutati secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente. Qualora il valore di rimborso risultasse maggiore del 10 per cento del valore delle immobilizzazioni nette di località calcolate nella regolazione tariffaria, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, l'ente locale concedente avrebbe dovuto trasmettere le relative valutazioni di dettaglio del valore di rimborso all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico per la verifica prima della pubblicazione del bando di gara.
In questo punto della sequenza
procedimentale si inserisce la novella recata dal comma, secondo cui l'obbligo
di trasmissione all'AEEGSI non opera, se l'ente
locale concedente può certificare - anche tramite un idoneo soggetto terzo -
che il valore di rimborso è stato determinato applicando le disposizioni
contenute nel decreto ministeriale 22 maggio 2014[36], e
che lo scostamento del valore di rimborso e del valore delle immobilizzazioni
nette, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi
privati relativi ai cespiti di località, aggregato d'ambito non risulta
superiore alla percentuale dell'8 per cento, purché lo scostamento del singolo
comune non superi il 20 per cento. Nel caso di valore delle immobilizzazioni
nette disallineate, rispetto alle medie di settore secondo le definizioni dell'AEEGSI, il valore delle immobilizzazioni nette rilevante -
ai fini del calcolo dello scostamento - è comunque determinato applicando i
criteri di valutazione parametrica definiti dall'Autorità.
Il comma 95 impatta sulle modalità
attuative della disposizione secondo cui - con le modalità stabilite dall'AEEGSI - la stazione appaltante invia all'Autorità stessa
(che può rispondere entro 30 giorni con proprie osservazioni), il bando di
gara, il disciplinare di gara e le linee guida programmatiche d'ambito con le
condizioni minime di sviluppo, insieme alla nota giustificativa degli eventuali
scostamenti dal bando di gara tipo e dal disciplinare di gara tipo (articolo 9,
comma 2, del decreto interministeriale n. 226 del 2011).
Con il decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale 12 novembre 2011, n. 226 erano stati disciplinati, ai sensi dell'articolo 46-bis del decreto legge n. 159 del 2007, i criteri di affidamento delle gare per l'attività di distribuzione di gas naturale (disciplinato da contratti di servizio), prevedendo che in ciascun ambito territoriale i comuni individuassero una stazione appaltante e quest'ultima provvedesse ad emanare i citati bandi di gara.
La norma
prescrive ora che l'AEEGSI, con propri provvedimenti,
definisca procedure semplificate di valutazione dei bandi di gara, applicabili
nei casi in cui tali bandi siano stati redatti in aderenza al bando di gara
tipo, al disciplinare tipo e al contratto di servizio tipo. In ogni caso, la
documentazione di gara non potrà discostarsi, se non nei limiti posti dalle
disposizioni recate dal decreto con riguardo ad alcuni sub-criteri sui punteggi
massimi[37] .
Il comma 96 regola la partecipazione alle gare d'ambito dei raggruppamenti temporanei d'impresa e dei consorzi ordinari: i requisiti di capacità tecnica[38] possono essere posseduti anche da uno solo dei partecipanti, ad eccezione del requisito dell'esperienza gestionale (che deve essere posseduto cumulativamente dai partecipanti)[39] .
Il comma 97 ha anche innovato
rispetto al regime della concessione di stoccaggio di gas naturale.
Ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, l'attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde è svolta sulla base di concessione, di durata non superiore a venti anni, rilasciata dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai richiedenti che abbiano la necessaria capacità tecnica, economica ed organizzativa e che dimostrino di poter svolgere, nel pubblico interesse, un programma di stoccaggio rispondente alle disposizioni normative. L'articolo 2, comma 558, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevedeva in proposito che a decorrere dal 1° gennaio 2008, i soggetti titolari di concessioni per l'attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autorizzati all'installazione e all'esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, avrebbero dovuto corrispondere alle regioni (nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoccaggio), a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio, un importo annuo pari all'1 per cento del valore della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di gas naturale.
La decorrenza di tale previsione è ora fatta partire dal 1° gennaio 2018 ed il contributo compensativo è mutato in "un importo annuo pari a 0,001 centesimi di euro per kWh di spazio offerto per il servizio di stoccaggio". Il diritto intertemporale sarà regolato ai sensi del comma 98, secondo cui entro il 31 dicembre 2017 i concessionari predetti corrisponderanno alle Regioni, ad integrazione di quanto già versato per il 2016 e per il 2017, un conguaglio pari alla differenza tra l'importo calcolato mediante il nuovo metodo e quanto già versato per gli stessi anni.
Articolo 1,
commi 99 e 100
(Concorrenza nella distribuzione dei
carburanti per autotrazione)
Il comma 99 – non modificato al Senato, interviene sulla norma che vieta di subordinare l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti a vincoli, specificando al riguardo che gli ostacoli tecnici od oneri economici eccessivi per l’assolvimento dell’obbligo di presenza contestuale di più tipologie di carburanti sono individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico. Con una modifica introdotta al Senato (comma 100) si è specificato che il decreto ministeriale di cui sopra deve essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame.
In particolare il comma 99, specifica (con una novella al comma 17 dell’articolo 83-bis del D.L. n. 112/2008) che gli ostacoli tecnici od oneri economici eccessivi sono individuati - tenuto conto delle esigenze di sviluppo del mercato dei combustibili alternativi ai sensi della direttiva 2014/94/UE cd. “Direttiva DAFI” - con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato sentite l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 100, introdotto al Senato, dispone che il decreto di cui sopra deve essere emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame.
Si osserva che sarebbe opportuno riformulare il comma 100 nei termini
di novella al comma 17 dell’articolo 83-bis del D.L. n. 112/2008, posto che il
comma 100 in questione intende, come il comma 99, intervenire sul comma 17
dell’articolo 83-bis.
L’articolo 83-bis comma 17 del D.L. 112/2008 prevede che l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti né al rispetto di vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi integrativi o che prevedano obbligatoriamente la presenza contestuale di più tipologie di carburanti, ivi incluso il metano per autotrazione, se tale ultimo obbligo comporta ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi e non proporzionali alle finalità dell'obbligo[40].
Sulla presenza contestuale di più tipologie di carburanti incide l’attuazione della Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (DAFI). La Direttiva in questione è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257. Essa, con il fine di ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio e attenuare l'impatto ambientale nel settore dei trasporti, fissa:
§ i requisiti minimi per la costruzione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, inclusi i punti di ricarica per veicoli elettrici e i punti di rifornimento di gas naturale (GNL e GNC) e idrogeno, da attuarsi mediante i Quadri strategici nazionali degli Stati membri;
§ le specifiche tecniche comuni per tali punti di ricarica e di rifornimento, e requisiti concernenti le informazioni agli utenti.
Obiettivo della direttiva è lo sviluppo di un mercato ampio di combustibili alternativi per il trasporto, che sono individuati in: elettricità, gas naturale e idrogeno.
Ciascun tipo di propellente è oggetto di una previsione normativa relativa alla sua distribuzione.
Per l'elettricità, attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali gli Stati membri garantiscono la creazione, entro il 31 dicembre 2020, di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico: ciò in modo da assicurare che i veicoli elettrici circolino almeno negli agglomerati urbani/suburbani e in zone densamente popolate o nelle reti stabilite tra Stati membri. Il numero di tali punti di ricarica è stabilito tenendo conto - tra l'altro - del numero stimato di veicoli elettrici che saranno immatricolati entro la fine del 2020 (indicato nei rispettivi quadri strategici nazionali) nonché delle migliori prassi e raccomandazioni formulate dalla Commissione.
La creazione di punti di rifornimento di idrogeno è invece prevista non prima del 2025, mentre per il gas naturale la rete di rifornimento per il trasporto marittimo dovrà essere sviluppata per il 2030. Il trasporto pesante su strada potrà invece fare conto sulla realizzazione di un adeguato numero di impianti di rifornimento entro il 31 dicembre 2015. Gli Stati membri dovranno rendere disponibili informazioni circa l'ubicazione dei punti di distribuzione, in modo non discriminatorio.
Nel D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, l'articolo 18 stabilisce che le regioni, nel caso di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione carburanti e di ristrutturazione totale degli impianti di distribuzione carburanti esistenti, prevedono l'obbligo di dotarsi di infrastrutture di ricarica elettrica di potenza elevata nonché di rifornimento di GNC o GNL anche in esclusiva modalità self service.
Per tutti gli impianti di distribuzione di carburanti stradali già esistenti al 31 dicembre 2015, che hanno erogato nel corso del 2015 un quantitativo di benzina e gasolio superiore a 10 milioni di litri e che si trovano nel territorio di una delle province i cui capoluoghi hanno superato il limite delle concentrazioni di PM10 per almeno 2 anni su 6 negli anni dal 2009 al 2014, le regioni prevedono l'obbligo di presentare entro il 31 dicembre 2018 un progetto, al fine di dotarsi di infrastrutture di ricarica elettrica nonché di distribuzione di GNC o GNL, da realizzare nei successivi ventiquattro mesi dalla data di presentazione del progetto.
Inoltre, per tutti gli impianti di distribuzione carburanti stradali esistenti al 31 dicembre 2017, che erogano nel corso del 2017 un quantitativo di benzina e gasolio superiore a 5 milioni di litri e che si trovano nel territorio di una delle province i cui capoluoghi hanno superato il limite delle emissioni di PM10 per almeno 2 anni su 6 negli anni dal 2009 al 2014 di cui all'allegato IV, le regioni prevedono l'obbligo di presentare entro il 31 dicembre 2020 un progetto, al fine di dotarsi di infrastrutture di ricarica elettrica nonché di distribuzione di GNC o GNL, da realizzare nei successivi ventiquattro mesi dalla data di presentazione del progetto.
In ambito autostradale, gli obblighi sopra detti sono assolti dai concessionari autostradali, i quali entro il 31 dicembre 2018 presentano al concedente un piano di diffusione dei servizi di ricarica elettrica, di GNC e GNL garantendo un numero adeguato di punti di ricarica e di rifornimento lungo la rete autostradale e la tutela del principio di neutralità tecnologica degli impianti.
Il D.Lgs. introduce inoltre la possibilità di aprire nuovi impianti di distribuzione monoprodotto, ad uso pubblico, che erogano gas naturale, compreso il biometano, sia in forma compressa - GNC, sia in forma liquida - GNL, nonché di nuovi punti di ricarica elettrica di potenza elevata.
Per il vettore elettrico, entro il 31 dicembre 2020 dovrà essere garantito un numero adeguato di punti di ricarica per la circolazione urbana e suburbana (articolo 4 del D.Lgs. di recepimento). Entro il 31 dicembre 2025, è realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per l'idrogeno accessibili al pubblico, da sviluppare gradualmente, tenendo conto della domanda attuale e del suo sviluppo a breve termine (articolo 5) Entro il 31 dicembre 2025, nei porti marittimi deve essere poi realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la navigazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TENT (entro il 2030 per la navigazione in acque interne) (articolo 6). Per il Gpl non vengono indicate date o obiettivi ma misure per l'uniformità della diffusione della rete.
Articolo 1,
commi 101-120
(Razionalizzazione della rete di
distribuzione dei carburanti)
I commi 101-120 intervengono in tema di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti, prevedendo numerose innovazioni.
In particolare, il comma 101, modificato al Senato, dispone l’introduzione di un’anagrafe degli impianti stradali di distribuzione di benzina, gasolio, GPL e metano della rete stradale e autostradale e la riorganizzazione del comitato tecnico per la ristrutturazione della rete dei carburanti, cui provvede il Ministero dello sviluppo economico, con proprio decreto. Ai sensi del comma 108, non modificato al Senato, l'iscrizione all'anagrafe è requisito fondamentale per la validità del titolo autorizzativo o concessorio, e, ai seni del comma 109, anch’esso non modificato, la verifica di iscrizione all’anagrafe è condizione per il rilascio al gestore del registro annuale di carico e scarico.
I commi da 102 a 105 e 112, non modificati al Senato, dispongono: l’obbligatorietà dell’iscrizione all’anagrafe per i titolari di autorizzazione o concessione degli impianti, la verifica della compatibilità degli impianti, per quanto concerne gli aspetti attinenti la sicurezza della circolazione stradale; le conseguenze derivanti nell’ipotesi in cui il titolare dell’impianto incompatibile non si impegni all’adeguamento completo dell’impianto; la verifica da parte del MISE che tutti gli impianti di distribuzione dei carburanti siano iscritti nell'anagrafe, con la presentazione da parte dei titolari degli impianti stessi di una dichiarazione sostitutiva attestante che questi ricadono o non ricadono in una delle fattispecie di incompatibilità, definite dalla normativa regionale e dai commi 113 e 114, anch’essi non modificati.
Il comma 106 prevede sanzioni amministrative pecuniarie in caso di mancato o tardivo invio della dichiarazione di conformità o della dichiarazione di adeguamento dell’impianto e, nella parte in cui dispone in ordine alla destinazione dei proventi delle sanzioni stesse, è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.
Il comma 107, introdotto al Senato, dispone la soppressione della Cassa Conguaglio GPL, a decorrere dal 1° gennaio 2017. Le funzioni e competenze della Cassa conguaglio, nonché i relativi rapporti giuridici attivi e passivi rientrano – da tale data - nelle funzioni svolte da Acquirente unico S.p.A. nel suo ruolo di Organismo centrale di stoccaggio italiano (OCSIT).
Il comma 110 prevede sanzioni amministrative pecuniarie nell’ipotesi in cui il titolare dell’autorizzazione o della concessione di un impianto incompatibile non provveda nei termini prescritti alla cessazione della propria attività di vendita dei carburanti, e, nella parte in cui dispone in ordine alla destinazione dei proventi delle sanzioni stesse, è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.
Il comma 111, non modificato, disciplina poi l’ipotesi in cui sia accertata la non compatibilità di un impianto, dichiarato invece compatibile dal titolare, ovvero sia inutilmente decorso il termine per la conclusione dei lavori di adeguamento.
Inoltre, il comma 115, anch’esso non modificato, attribuisce agli enti territoriali (regioni e comuni) la verifica del rispetto delle tempistiche e delle modalità del regime di sospensiva da parte degli impianti la cui attività è regolarmente sospesa.
Infine, i commi 116-117 e 119-120, non modificati, dispongono che si applichino procedure semplificate di dismissione agli impianti che cessano definitivamente l’attività entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, anche mediante la stipula di accordi di programma nel caso in cui vengano individuate contaminazioni.
Quanto alle modalità con le quali si procede alla dismissione, esse sono fissate dal comma 118, modificato al Senato nel senso di prevedere che la bonifica del sito in caso di accertata contaminazione costituisca obbligo dei titolari degli impianti solo in caso di riutilizzo dell’area.
In particolare, il comma 101, modificato al Senato, dispone l’introduzione di un’anagrafe degli impianti stradali di distribuzione di benzina, gasolio, GPL e metano della rete stradale e autostradale. L’anagrafe costituisce un ampliamento della banca dati sui prezzi dei carburanti praticati da ogni singolo impianto di distribuzione, esistente presso il MISE. All'anagrafe possono accedere, per consultazione, le regioni, l'amministrazione competente al rilascio del titolo autorizzativo o concessorio, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e la Cassa conguaglio GPL. Ai sensi del comma 108, non modificato al Senato, l'iscrizione all'anagrafe è requisito fondamentale per la validità del titolo autorizzativo o concessorio, e, ai sensi del comma 109, anch’esso non modificato, la verifica di iscrizione all’anagrafe e è condizione per il rilascio al gestore del registro annuale di carico e scarico da parte dell'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli competente.
Il comma 101 dispone, nello specifico, in vista di una interoperabilità tra le banche dati esistenti relative alla distribuzione dei carburanti del MISE e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da realizzare entro il 31 dicembre 2017 (nel testo approvato dalla Camera si prevedeva la data del 31 dicembre 2016), che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli trasmetta, entro il 30 giugno di ciascun anno, e in sede di prima applicazione entro il 1 settembre 2017 (nel testo approvato dalla Camera si prevedeva la data del 1º febbraio 2016), i dati in suo possesso relativi agli stessi impianti.
I commi da 102 a 105 e 112, non modificati, dispongono:
§ l’obbligatorietà dell’iscrizione all’anagrafe per i titolari di autorizzazione o concessione, e anche per gli impianti che si trovano in sospensione di attività secondo la relativa disciplina regionale, con l’evidenza della data di cessazione della sospensiva stessa (comma 102).
§ la verifica della compatibilità degli impianti, per quanto concerne gli aspetti attinenti la sicurezza della circolazione stradale. Contestualmente all’iscrizione all’anagrafe, infatti, i titolari degli impianti devono presentare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà indirizzata al Ministero dello sviluppo economico, alla regione competente, all'amministrazione competente al rilascio del titolo autorizzativo o concessorio e all'ufficio dell'Agenzia delle dogane attestante che l’impianto ricade o non ricade in una delle fattispecie di incompatibilità, definite dalla normativa regionale e dai commi 113 e 114, anch’essi non modificati, che riguardano, rispettivamente, gli impianti ubicati all’interno e all’esterno dei centri abitati. Il titolare dell’impianto può anche dichiarare che si impegna all’adeguamento (comma 103);
§ la verifica da parte del Ministero dello sviluppo economico che tutti gli impianti di distribuzione dei carburanti siano iscritti nell'anagrafe (comma 105). Al medesimo Ministero sono anche inviate eventuali segnalazioni relative a impianti incompatibili, oltre che alla regione competente e all’amministrazione competente al rilascio del titolo autorizzativo o concessorio (comma 112);
§ le conseguenze derivanti nell’ipotesi in cui il titolare dell’impianto incompatibile non si impegni all’adeguamento completo dello stesso (cessazione dell’attività di vendita e smantellamento dell’impianto, nonché decadenza del titolo autorizzatorio o concessorio dichiarata dall’amministrazione competente e contestuale decadenza della licenza d’esercizio con risoluzione di diritto dei relativi contratti per l'affidamento e l'approvvigionamento degli stessi impianti) (comma 104).
Il comma 106, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede sanzioni amministrative pecuniarie in caso di mancato o tardivo invio della dichiarazione di conformità o della dichiarazione di adeguamento dell’impianto: il pagamento di una somma da euro 2.500 a euro 7.000 per ciascun mese di ritardo dal termine previsto per l'iscrizione all'anagrafe e per ciascuna mancata dichiarazione. Si prevede inoltre che il titolare sia diffidato a provvedere entro trenta giorni, pena la decadenza dell’autorizzazione o della concessione, come prevista dal successivo comma 108, non modificato.
I proventi derivanti dalle sanzioni sono destinati al Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, fino al 31 dicembre 2017. Dopo tale termine i proventi delle sanzioni sono acquisiti all’entrata del bilancio statale.
Nel testo approvato dalla Camera si prevedeva invece che i proventi
delle sanzioni affluissero al predetto Fondo fino al riordino dell'attività della Cassa conguaglio GPL, e comunque
non oltre il 31 dicembre 2016. Si è dunque proceduto al Senato all’aggiornamento
della predetta data all’anno in corso. L’espunzione del termine intermedio
concernente il riordino della Cassa Conguaglio trova invece la sua ragione nel
fatto che, sempre al Senato, è stato introdotto un nuovo comma 107, il quale dispone la soppressione della Cassa conguaglio GPL (comma 107, cfr. infra).
Il comma 110, anch’esso modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede sanzioni amministrative pecuniarie nell’ipotesi in cui il titolare dell’autorizzazione o della concessione di un impianto da questi dichiarato incompatibile non provveda nei termini prescritti alla cessazione della propria attività di vendita dei carburanti: pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 15.000 per ciascun mese di ritardo rispetto alla data ultima fissata per la cessazione dell'attività di vendita, nonché la sanzione della chiusura immediata dell'esercizio. I proventi derivanti dalle sanzioni spettano al Comune competente per territorio per il 70% e - per il restante 30% - al Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, fino al 31 dicembre 2017. Dopo tale data quest’ultima quota è acquisita all’entrata del bilancio statale.
Nel testo approvato dalla Camera si prevedeva invece che i proventi delle sanzioni affluissero nella quota parte suindicata al predetto Fondo fino al riordino dell'attività della Cassa conguaglio GPL, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016.
Anche in questo caso, nel corso dell’esame al Senato, si è proceduto ad un aggiornamento della predetta data all’anno in corso ed è stato espunto come termine intermedio di riferimento per la destinazione dei proventi al citato Fondo quello del riordino dell’attività della Cassa Conguaglio GPL. Ciò, come detto, in ragione della previsione – introdotta sempre in Commissione - della soppressione della Cassa.
La soppressione della Cassa Conguaglio GPL è disposta dal comma 107 a decorrere dal 1° gennaio 2018.
Le funzioni e competenze della Cassa, nonché i relativi rapporti giuridici attivi e passivi rientrano – da tale data - nelle funzioni svolte da Acquirente unico S.p.a. nel suo ruolo di Organismo centrale di stoccaggio italiano (OCSIT).
Si ricorda che l’articolo 7, comma 1 del D.Lgs. n. 249/2012, ha attribuito all'Acquirente unico S.p.A. - società pubblica interamente partecipata dal Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. - le funzioni e le attività di Organismo centrale di stoccaggio italiano (OCSIT) che consistono nel contribuire ad assicurare la disponibilità di scorte petrolifere e la salvaguardia dell'approvvigionamento petrolifero. Le attività di OCSIT sono finanziate dagli operatori economici che immettono in consumo prodotti petroliferi.
I rapporti giuridici attivi e passivi, relativi alla Cassa conguaglio, sono trasferiti in regime di separazione contabile. Il personale a tempo indeterminato in servizio è trasferito con mantenimento del trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento.
A decorrere dal 1° gennaio 2018 è trasferita all'OCSIT, in regime di autonomia economica, patrimoniale e finanziaria dalle altre funzioni di OCSIT - la titolarità del Fondo per la razionalizzazione della rete carburanti.
Le attività trasferite sono svolte in base a indirizzi operativi del Ministero dello sviluppo economico e cessano con l'esaurimento delle risorse finanziarie del Fondo.
A decorrere dal 1° gennaio 2018 è trasferita all'OCSIT anche la titolarità del Fondo GPL e del Fondo scorte di riserva.
A decorrere dal 1° gennaio 2018 le funzioni della Cassa Conguaglio GPL relative al Fondo bombole metano, saranno direttamente esercitate dal Comitato per la Gestione del Fondo bombole metano, operante presso il Ministero dello sviluppo economico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La Cassa conguaglio gas di petrolio liquefatto (GPL) è ente pubblico non economico, istituito con provvedimento CIP n. 44/1977.
La Cassa gestisce il Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, costituito, ai sensi dell’articolo 6 del Decreto legislativo n. 32/1998, con i contributi versati da titolari di concessione e da gestori di impianti di distribuzione dei carburanti. Il Fondo viene utilizzato per il pagamento - su deliberazione del Comitato di gestione - previa acquisizione del parere di conformità del Comitato per la ristrutturazione della rete di distribuzione dei carburanti, degli indennizzi a favore dei titolari e gestori degli impianti di distribuzione carburanti della rete stradale soggetti a chiusura e disciplinati dal D.M. 7 agosto 2003 e dei contributi per i costi ambientali di ripristino dei luoghi, disciplinati dal D.M. 19 aprile 2013 e s.m.i..
Si ricorda, in particolare, che il provvedimento CIP n. 18/1989, emanato in data 12 settembre 1989, aveva istituito presso la Cassa conguaglio G.P.L., un conto economico denominato «Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti» e il presidente del CIP è stato delegato ad istituire, presso la Direzione generale delle fonti di energia del Ministero dell'industria, ora Direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo economico, un Comitato tecnico per la ristrutturazione della rete di distribuzione carburanti. Con il decreto ministeriale 17 gennaio 1990 e ss. mod., è stato istituito il Comitato.
Il successivo D.Lgs. n. 32/1998, all’articolo 6, ha poi costituito il un nuovo «Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti» in cui sono confluiti i fondi residui disponibili nel conto economico già istituito dal citato provvedimento CIP n. 18/1989, integrato per gli anni 1998, 1999 e 2000 attraverso un contributo a carico dei soggetti titolari di autorizzazione e dei gestori di impianti di distribuzione di carburanti.
L'articolo 28 del D.L. n. 98/2011, al comma 1 ha poi stabilito che il Fondo in questione sia anche destinato all'erogazione di contributi sia per la chiusura di impianti di soggetti titolari di non più di dieci impianti, comunque non integrati verticalmente nel settore della raffinazione, sia per i costi ambientali di ripristino dei luoghi a seguito di chiusura di impianti di distribuzione, e che tali specifiche destinazioni sono ammesse per un periodo non eccedente i tre esercizi annuali successivi al 7 luglio 2011. Lo stesso articolo 28, al comma 2 (come modificato dal D.L. n. 1/2012) ha stabilito che, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 30 giugno 2012, fosse determinata l'entità sia dei contributi, sia della nuova contribuzione al fondo, per un periodo non superiore a tre anni, dunque fino all’anno 2014, articolandola in una componente fissa per ciascuna tipologia di impianto e in una variabile in funzione dei litri erogati, tenendo altresì conto della densità territoriale degli impianti all'interno del medesimo bacino di utenza.
L’articolo 4, comma 7 D.L. n. 69/2013 ha successivamente destinato il Fondo anche alla erogazione di contributi per la chiusura e contestuale trasformazione da impianti di distribuzione di carburanti liquidi in impianti di distribuzione esclusiva di metano o di GPL per autotrazione. In attuazione di quanto sopra è stato adottato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 aprile 2013[41].
Il D.M. 19 aprile 2013, e ss. mod., ha dunque definito le modalità ed i termini per l’utilizzo delle disponibilità del Fondo per le chiusure degli impianti dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2014, con il riconoscimento delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2016.
La Cassa Conguaglio GPL esercita anche le competenze del Fondo Bombole per metano ai sensi dell’art. 27, comma 3 e 7 della Legge n. 99/2009 e dell’art, 27 del D.Lgs. n. 93/2011. In particolare, l’art. 27, commi 3 e 7 della legge n. 99/2009 hanno previsto che la gestione in regime di separazione contabile ed amministrativa del Fondo bombole per metano (di cui alla Legge n. 640/1950 come sostituita dalla Legge n. 145/1990), e le funzioni dell’Agenzia nazionale delle scorte di riserva, con il relativo Fondo, siano svolte dalla Cassa Conguaglio GPL.
Ai sensi dell’art. 27, comma 5 del D.Lgs. n. 93/2011, la Cassa conguaglio GPL esercita le competenze relative al Fondo bombole per metano mediante il Comitato di gestione del fondo bombole per metano (di cui alle citate leggi).
Il Fondo bombole per metano è alimentato con i contributi versati dai soggetti che forniscono gas metano alle stazioni di compressione. Il contributo è proporzionale alle quantità di gas per uso autotrazione fornito alle stazioni stesse ed è determinato dal Comitato. Il contributo è considerato a tutti gli effetti costo inerente alla attività di vendita del gas metano per autotrazione (art. 3, L. n. 145/1990).
Quanto all’operatività della Cassa, in ragione dei provvedimenti legislativi che hanno disposto si proceda ad una razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti (art. 28, D.L. n. 28/2011 e D.L. n. 1/2012), il D.M. 14 febbraio 2014 ha prorogato l’attività della Cassa Conguaglio fino al riordino della stessa, anche in virtù del trasferimento ad essa delle competenze del Fondo Bombole di metano ai sensi del citato articolo 27. Il successivo D.M. 16 aprile 2014 ha proceduto al rinnovo del membri del Comitato di gestione e del Collegio dei revisori dei conti. Da ultimo, il D.M. 6 dicembre 2016 ha disposto che l’attività e gli organi di gestione e controllo della Cassa Conguaglio G.P.L sono prorogati fino alla conclusione del procedimento di riordino della stessa e comunque non oltre il 31 dicembre 2017.
Il comma 111, non modificato, disciplina poi l’ipotesi in cui sia accertata la non compatibilità di un impianto, dichiarato invece compatibile dal titolare, ovvero sia inutilmente decorso il termine per la conclusione dei lavori di adeguamento. In tali casi, l'amministrazione competente per territorio dichiara la decadenza del titolo autorizzativo o concessorio e l'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli dichiara la decadenza della licenza di esercizio afferente allo stesso impianto e sono risolti di diritto i relativi contratti per l'affidamento dell'impianto e l'approvvigionamento di carburante. Si applica altresì la sanzione di cui al comma 110 (vedi supra).
Inoltre, il comma 115, anch’esso non modificato, attribuisce agli enti territoriali (regioni e comuni) la verifica del rispetto delle tempistiche e delle modalità del regime di sospensiva da parte degli impianti la cui attività è regolarmente sospesa.
Infine, i commi 116-117 e 119-120, non modificati, dispongono che si applichino procedure semplificate di dismissione agli impianti che cessano definitivamente l’attività entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, anche mediante la stipula di accordi di programma nel caso in cui vengano individuate contaminazioni.
Quanto alle modalità con le quali si procede alla dismissione, il comma 118, modificato al Senato, dispone che le attività volte a prevenire l’insorgenza di pericoli per la sicurezza, l’ambiente e le condizioni igienico sanitarie, consistono nello smantellamento delle attrezzature fuori terra, nella rimozione dei fondami e degli eventuali prodotti residui presenti nei serbatoi, nella messa in sicurezza delle strutture interrate e, se necessario a causa di una contaminazione, nell’esecuzione di indagini ambientali (in caso di contaminazione si rinvia al regolamento del MATTM 12 febbraio 2015 con cui, in attuazione del Codice ambientale, sono stati dettati i criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e alla bonifica del sito in caso di accertata contaminazione bonifica dei punti vendita carburanti).
Nel corso dell’esame al Senato il comma qui in commento è stato modificato nel senso di prevedere che la bonifica del sito in caso di accertata contaminazione costituisca obbligo dei titolari degli impianti (del pari che la rimozione delle strutture interrate) in caso di riutilizzo dell’area.
Nella formulazione del comma come approvato dalla Camera, la bonifica del sito in caso di accertata contaminazione era prevista tout court tra le attività di dismissione, a prescindere dal riutilizzo o meno del sito in questione.
Articolo 1,
commi 121 e 122
(Gestione autonoma degli imballaggi)
I commi 121 e 122, che non hanno subito modifiche nel corso dell’esame al Senato, modificano la disciplina relativa al riconoscimento di sistemi autonomi alternativi all'adesione al CONAI (COnsorzio NAzionale Imballaggi) o ai c.d. consorzi di filiera costituiti per ognuno dei materiali di imballaggio. In particolare, viene sospeso l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale CONAI a seguito del riconoscimento del progetto di istituzione del sistema autonomo e fino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema. Viene altresì escluso il CONAI dalla procedura di riconoscimento dei c.d. sistemi autonomi affidando le relative competenze all'ISPRA.
I commi 121-122, che non hanno subito modifiche nel corso dell’esame al Senato, modificano in più punti la disciplina relativa alle modalità da seguire, da parte dei produttori di imballaggi, per il riconoscimento del sistema autonomo alternativo all'adesione al CONAI (COnsorzio NAzionale Imballaggi) o a uno dei c.d. Consorzi di filiera costituiti per ognuno dei materiali di imballaggio. In particolare, viene sospeso l'obbligo di corrispondere il contributo ambientale CONAI a seguito del riconoscimento del progetto di istituzione del sistema autonomo e fino al provvedimento definitivo che accerti il funzionamento o il mancato funzionamento del sistema (lettere a) e b) del comma 121). La normativa attualmente vigente prevede invece che l'obbligo continui a valere sino all'effettivo accertamento del funzionamento del "sistema autonomo".
Si provvede, inoltre, ad escludere il CONAI dalla procedura di riconoscimento dei c.d. sistemi autonomi affidando le relative competenze all'ISPRA (lettera c) del comma 121).
Il comma 122 reca una disposizione di invarianza finanziaria.
Articolo 1,
comma 123
(Determinazione di criteri e modalità
tecniche
di trattamento dei RAEE)
Il comma 123, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede che la determinazione di ulteriori criteri e modalità di trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), demandata a un decreto del Ministro dell’ambiente, avvenga anche nelle more della definizione delle norme minime di qualità da parte della Commissione europea.
La norma interviene sull'articolo 18, comma 4, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, concernente il trattamento adeguato dei RAEE, che attualmente prevede che la determinazione dei criteri e delle modalità tecniche di trattamento dei RAEE ulteriori rispetto a quelli contenuti agli allegati VII e VIII del decreto legislativo medesimo, e le relative modalità di verifica, è demandata all’adozione di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale del Centro di Coordinamento (CdC) e dell'ISPRA, in conformità alle norme minime di qualità definite dalla Commissione europea ai sensi di quanto disposto dall'articolo 8, paragrafo 5, della direttiva 2012/19/UE, entro tre mesi dalla loro adozione.
In base a tale disposizione, gli Stati membri possono stabilire norme minime di qualità per il trattamento dei RAEE raccolti e quelli, che optano per tali norme di qualità, ne informano la Commissione, che provvede alla loro pubblicazione. Si prevede, inoltre, che la Commissione, il 14 febbraio 2013, chieda alle organizzazioni di normazione europee di elaborare norme minime europee per il trattamento, compresi il recupero, il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, dei RAEE, in quanto espressione del progresso tecnico raggiunto e, al fine di assicurare condizioni uniformi di esecuzione, la Commissione adotta atti di esecuzione, per stabilire norme minime di qualità, basate in particolare sulle norme elaborate dalle organizzazioni di normazione europee.
In particolare, le modifiche al citato articolo 18, comma 4, del decreto legislativo n. 49 del 2014 sono volte a:
§ prevedere che la determinazione dei criteri e delle modalità di trattamento avvenga anche nelle more della definizione delle norme minime di qualità da parte della Commissione europea, anziché in conformità a tali norme (lettera a);
§ a sopprimere il termine, previsto per l’emanazione del citato decreto ministeriale, di tre mesi dalla adozione delle suddette norme minime di qualità europee (lettera b).
Le modifiche in commento sono volte all’adozione del citato decreto ministeriale, in quanto non sono ancora state adottate dalla Commissione europea le suddette norme tecniche di settore (CENELEC), come evidenziato nell’Accordo di Programma Impianti sul trattamento RAEE 2016 (vedi pag. 3) con cui sono state definite le specifiche tecniche sui requisiti minimi per il trattamento delle apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse, sia domestiche sia professionali.
Si ricorda che con il D.Lgs. n. 49 del 2014 è stata data attuazione alla direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), al fine di prevenire o ridurre gli impatti negativi derivanti dalla progettazione e dalla produzione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e dalla produzione e gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e di ridurre gli impatti negativi, migliorando l'efficacia dell'uso delle risorse per conseguire obiettivi di sviluppo sostenibile.
L'art. 18 del D.Lgs. n. 49 del 2014, in materia di trattamento adeguato di tali rifiuti, dispone che tutti i RAEE raccolti separatamente devono essere sottoposti ad un trattamento adeguato (comma 1) e che il trattamento adeguato e le operazioni di recupero e di riciclaggio, salvo il caso di rifiuti avviati alla preparazione per il riutilizzo, includono almeno l'eliminazione di tutti i liquidi e un trattamento selettivo effettuato in impianti conformi alle disposizioni vigenti in materia, nonché ai requisiti tecnici e alle modalità di gestione e di stoccaggio stabilite negli allegati VII e VIII (recanti le modalità di gestione dei RAEE negli impianti di trattamento e i requisiti tecnici degli impianti di trattamento) contenuti nel medesimo D.Lgs. 49/2014 (comma 2).
Nel comma 4 dell’art. 18 D.Lgs. 49/2014, modificato dalla norma in esame, è contenuta inoltre una disposizione transitoria, introdotta dall’art. 43, comma 4, lett. c), della legge n. 221 del 2015 (c.d. collegato ambientale) che prevede che - nelle more dell'emanazione del citato decreto - continuano ad applicarsi gli accordi conclusi tra il Centro di coordinamento e le associazioni di categoria dei soggetti recuperatori, ai sensi dell'articolo 33, comma 5, lettera g), del decreto legislativo n. 49 del 2014, nei confronti dei soggetti che hanno aderito agli stessi.
Si ricorda, infine, che la disciplina europea in materia di RAEE è oggetto di ridefinizione (COM
(2015) 593 DEFINITIVO) nell’ambito del c.d. pacchetto sull’economia
circolare, su cui le Commissioni
VIII e 13a di Camera e Senato hanno svolto numerose audizioni
. In particolare la 13a Commissione
(Ambiente) del Senato ha effettuato una consultazione
pubblica, (si veda
anche il Dossier di
sintesi dei risultati della consultazione), terminata con l'approvazione, nella seduta del 14 giugno
2016, della risoluzione
Doc. XVIII, n. 134. L'esame
dell'VIII Commissione (Ambiente) della Camera si è invece concluso nella seduta del 20 dicembre 2016, con
l'approvazione di una serie di pareri
sugli atti del pacchetto.
Articolo 1,
commi 124 e 125
(Raccolta e trasporto dei rifiuti di
metalli ferrosi e non ferrosi)
I commi 124 e 125, inseriti nel corso dell’esame al Senato, prevedono, rispettivamente, l’emanazione di un decreto del Ministero dell'ambiente, finalizzato alla definizione di modalità semplificate relative agli adempimenti per l’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli ferrosi e non ferrosi, e l’individuazione da parte dell'Albo nazionale dei gestori ambientali di modalità semplificate volte all’iscrizione degli esercenti l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli ferrosi e non ferrosi.
In particolare, il comma 124 prevede l’emanazione, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministero dell'ambiente, per la definizione di modalità semplificate relative agli adempimenti per l'esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli ferrosi e non ferrosi.
L’art. 188 del decreto legislativo n.152 del 2006 (c.d. Codice ambientale) prevede che il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti provvedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179 del medesimo D.Lgs. 152/2006 riguardanti rispettivamente l’ambito di applicazione della disciplina in materia di gestione dei rifiuti e i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti medesimi (comma 1).
Il comma 1 dell’art. 188 prevede altresì che, fatti salvi i casi specifici definiti dai commi successivi del medesimo articolo 188, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.
Il comma 1-bis del citato articolo 188, inserito dall’art. 30, comma 1, della L. 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale), obbliga il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di metalli ferrosi o non ferrosi, che non provvede direttamente al loro trattamento, alla consegna dei medesimi rifiuti unicamente alle imprese autorizzate alle attività di trasporto e raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o di commercio o di intermediazione senza detenzione dei rifiuti.
La norma prevede, inoltre, la possibilità di consegna dei suddetti materiali anche ad:
§ un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti;
§ o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all'articolo 212, comma 5, del d.lgs. 152 del 2006, ovvero addetto al recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte quarta del d.lgs. 152 del 2006 relativa alle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.
Il medesimo comma 1-bis prevede, altresì, che alla raccolta e al trasporto di detti rifiuti non si applichi il regime semplificato, di cui all'articolo 266, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, previsto in caso di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
In sostanza, i soggetti abilitati alla raccolta e al trasporto in forma ambulante di tali materiali dovranno adempiere agli obblighi previsti in via ordinaria con riguardo al catasto dei rifiuti, al registro di carico e scarico, al trasporto dei rifiuti, nonché all’albo nazionale dei gestori ambientali.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006, è punito chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza delle prescritte autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni.
Il comma 125 prevede che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 124, l'Albo nazionale dei gestori ambientali individui le modalità semplificate d'iscrizione per l'esercizio dell'attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli ferrosi e non ferrosi, nonché i quantitativi annui massimi raccolti e trasportati per poter usufruire della predetta iscrizione con modalità semplificate.
L’Albo nazionale gestori ambientali, disciplinato dall’art. 212 del D.Lgs. 152/2006, è costituito, presso il Ministero dell'ambiente ed è articolato in un Comitato nazionale, con sede presso il medesimo Ministero, ed in Sezioni regionali e provinciali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano (comma 1). Con un decreto del Ministero dell'ambiente sono istituite le sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all'Albo, con la relativa fissazione della composizione e delle competenze (comma 2). L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi (comma 5).
Articolo 1,
commi 126-130
(Misure di trasparenza nel sistema delle
erogazioni pubbliche)
I commi 126-130, inseriti nel corso dell’esame del Senato, introducono alcune misure in materia di trasparenza delle erogazioni di sovvenzioni pubbliche a decorrere dal 2018.
In primo luogo si prevede che le associazioni di protezione ambientale e dei consumatori e degli utenti, nonché le associazioni, onlus e fondazioni che intrattengono rapporti economici con pubbliche amministrazioni o con altri soggetti pubblici, sono tenute a pubblicare, nei propri siti, le informazioni relative alle sovvenzioni ricevute superiori a 10.000 euro.
Parimenti, le imprese devono pubblicare gli importi delle sovvenzioni pubbliche (sempre superiori ai 10.000 euro) nei propri bilanci. L’inosservanza di tali obblighi comporta la restituzione delle sovvenzioni ai soggetti eroganti.
Inoltre, si stabilisce che gli obblighi di pubblicazione dei criteri di concessione delle sovvenzioni e dei provvedimenti stessi di erogazione delle sovvenzioni (previsti dall’art. 26 del D.Lgs. 33/2013) si applichino anche agli enti e alle società controllati dalle amministrazioni dello Stato, ivi comprese le società quotate.
Infine, si prevede che i soggetti pubblici tenuti alla pubblicazione dei provvedimenti di concessione di sovvenzioni ai sensi del medesimo art. 26 del D.Lgs. 33/2013, devono altresì pubblicare i dati consolidati di gruppo qualora i soggetti beneficiari siano controllati dalla stessa persona fisica o giuridica.
Le disposizioni in esame incidono sulla disciplina della trasparenza delle pubbliche amministrazioni, attualmente contenuta soprattutto nel decreto legislativo n. 33 del 2013 adottato - in attuazione della legge n. 190 del 2012 - con la finalità di prevenzione della corruzione, attraverso appunto la previsione di numerosi obblighi di pubblicità delle decisioni e dell’organizzazione dei soggetti pubblici.
Sono ivi previste anche diverse misure relative alla trasparenza in materia finanziaria recate in larga parte dall’articolo 26 e seguenti.
La maggior parte di tali misure riguardano obblighi di pubblicazione delle sovvenzioni economiche erogate da soggetti pubblici, con una significativa eccezione che riguarda la pubblicità dei rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali, in cui sono tenuti a evidenziare le risorse loro trasferite o assegnate (art. 28).
Il comma 126, primo periodo, del provvedimento in esame (senza novellare direttamente il D.Lgs. 33) pone invece obblighi di pubblicazione in ordine alle sovvenzioni (sempre di provenienza pubblica) ricevute da alcune categorie di soggetti.
I destinatari della norma in esame sono, in primo luogo, le associazioni e, in particolare, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale ovvero quelle presenti in almeno cinque regioni, individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (ai sensi dell’art. 13 della L. 349/1986); le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (di cui all'articolo 137 del Codice del consumo, D.Lgs. 206/2005); le associazioni, le Onlus e le fondazioni.
Tali soggetti sono tenuti a pubblicare, nei propri siti o portali, le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque a vantaggi economici di qualunque genere ricevuti da:
§ pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui al articolo 2-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013;
L’articolo 2-bis del D.Lgs.
33/2013 definisce l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina della
trasparenza. Esso reca quindi l’elenco dei soggetti in capo ai quali gravano
gli obblighi di pubblicazione e nei confronti dei quali può esser fatto valere
il diritto di informazione:
-
pubbliche
amministrazioni (di cui al decreto legislativo 165 del 2001);
-
enti
pubblici economici e ordini professionali;
-
società
in controllo pubblico, escluse le società quotate;
-
associazioni,
fondazioni ed enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di
personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui
attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari
consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la
totalità dei titolari o dei componenti dell'organo d'amministrazione o di
indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni;
-
società
in partecipazione pubblica e associazioni, fondazioni ed enti di diritto
privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a
cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di
produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione
di servizi pubblici.
§ società controllate di diritto o di fatto direttamente o indirettamente da pubbliche amministrazioni, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati, e società da loro partecipate;
§ società in partecipazione pubblica, ivi comprese quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le società da loro partecipate.
Gli obblighi di pubblicazione di cui sopra decorrono dall'anno 2018 e la pubblicazione deve avvenire entro il 28 febbraio di ogni anno con riferimento alle informazioni riferite all'anno precedente.
Il comma 126, secondo periodo, introduce un analogo obbligo in capo alle imprese, tenute a rendere noto qualunque tipo di sovvenzione ricevuta dai medesimo soggetti pubblici di cui sopra. Gli importi relativi devono essere pubblicati nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell'eventuale bilancio consolidato.
Il comma 126, al terzo periodo, introduce una disposizione sanzionatoria in caso di mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione.
In caso di mancata pubblicazione, i soggetti inadempienti sono tenuti alla restituzione delle somme entro tre mesi dal termine “di cui al periodo precedente” [rectius: dal termine del 28 febbraio].
Le somme sono restituite ai soggetti eroganti qualora questi abbiano adempiuto agli obblighi di pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici previsti dall’art. 26 del D.Lgs. 33/2013.
L’art. 26 del D.Lgs. 33/2013
prevede che le pubbliche amministrazioni, e, per effetto dell’articolo 2-bis del medesimo provvedimento, diversi
soggetti pubblici (vedi sopra) devono pubblicare non solamente tutti gli atti
di concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle
imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti
pubblici e privati, di importo superiore a mille euro, ma anche gli atti con i
quali sono determinati criteri e le modalità cui le amministrazioni stesse
devono attenersi per la concessione delle sovvenzioni stesse.
L’assolvimento di tali
obblighi costituisce condizione legale di efficacia dei provvedimenti che
dispongano le sovvenzioni.
Viceversa, in caso di inadempimento di tali obblighi di pubblicazione, le somme affluiscono al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, di cui all'articolo 1, comma 386, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).
Il comma 127 stabilisce che, a decorrere dall'anno 2017, gli obblighi di pubblicazione di cui all'articolo 26 suddetto, si applicano, oltre che ai soggetti indicati all’articolo 2-bis, anche agli enti e alle società controllati di diritto o di fatto, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni dello Stato, mediante pubblicazione nei propri documenti contabili annuali, nella nota integrativa del bilancio. In caso di mancata ottemperanza a tale obbligo si applica una sanzione pari alle somme erogate.
La portata innovativa della disposizione sembrerebbe dunque consistere nell’inclusione nel novero dei soggetti tenuti alla pubblicazione, anche degli enti controllati dalle p.a. (non compresi nell’elenco di cui all’articolo 2-bis) e a tutte le società controllate, anche le quotate (queste ultime escluse esplicitamente dal citato art. 2-bis).
Il comma 128 limita gli obblighi di pubblicazione di cui ai commi precedenti alle somme pari o superiori ai 10.000 euro, al fine di evitare l'accumulo di informazioni non rilevanti.
Il comma 129 modifica il comma 2 del citato art. 26 del D.Lgs. 33.
Come anticipato sopra, tale disposizione stabilisce che le pubbliche amministrazioni pubblichino gli atti di concessione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, di importo superiore a mille euro. Con la modifica in esame si prevede che qualora i soggetti beneficiari siano controllati di diritto o di fatto dalla stessa persona fisica o giuridica ovvero dagli stessi gruppi di persone fisiche o giuridiche, vengono altresì pubblicati i dati consolidati di gruppo.
Ai sensi del comma 130, dall'attuazione dei commi
precedenti non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo
1,commi 131 e 132
(Costo delle chiamate telefoniche ai
servizi di assistenza ai clienti)
I commi 131 e 132, modificati durante l’esame al Senato, prevedono che gli istituti bancari, le società di carte di credito e le imprese di assicurazione assicurino l'accesso ai propri servizi di assistenza ai clienti, anche attraverso chiamata da telefono mobile, a costi telefonici non superiori rispetto alla tariffa ordinaria urbana.
Si affida all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di vigilare sulla corretta applicazione della norma introdotta; è prevista una sanzione pecuniaria di 10.000 euro per il mancato rispetto di tale prescrizione e un indennizzo di 100 euro a favore dei clienti.
Più in dettaglio il comma 131, modificato durante l’esame al Senato, dispone che istituti bancari, le società di carte di credito e le imprese di assicurazione (categoria introdotta al Senato) assicurano che l'accesso ai propri servizi di assistenza ai clienti, anche attraverso chiamata da telefono mobile, avvenga a costi telefonici non superiori rispetto alla tariffa ordinaria urbana. Si affida all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di vigilare sulla corretta applicazione della norma introdotta.
A tale proposito si rileva che il riferimento alla “tariffazione
ordinaria urbana” non appare di univoca interpretazione, poiché le tariffe
telefoniche urbane sono stabilite dai diversi operatori telefonici in regime di
mercato.
Le competenze dell’AGCOM, definite dall’art. 1 della legge n. 249 del 1997, in materia telefonica, prevedono infatti attualmente la possibilità per l’Autorità di supportare gli utenti nella comprensione delle diverse offerte presenti sul mercato tramite, ad esempio, la pubblicazione sul proprio sito dei link alle Carte di Servizio dei vari operatori e il collegamento alle pagine web degli operatori contenenti i prospetti informativi. E' possibile anche usufruire di un motore di calcolo per la comparazione tariffaria tra le diverse offerte degli operatori, per agevolare gli utenti nella comprensione delle differenze tra le tariffe. L’AGCOM, oltre a vigilare sulla regolamentazione dei mercati delle comunicazioni elettroniche, tra cui il mercato dei servizi di terminazione delle chiamate su rete fissa e su rete mobile, può:
§ intervenire nelle controversie tra l'ente gestore del servizio di telecomunicazioni e gli utenti privati;
§ vigilare sulla conformità alle prescrizioni della legge dei servizi e dei prodotti che sono forniti da ciascun operatore destinatario di concessione ovvero di autorizzazione promuovendo l'integrazione delle tecnologie e dell'offerta di servizi di telecomunicazioni.
Il successivo comma 132 dispone che la violazione delle predette norme implica l'applicazione di una sanzione amministrativa pari a 10.000 euro, irrogata dalla richiamata Autorità, nonché un indennizzo non inferiore a 100 euro a favore dei clienti.
La delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 410/14/CONS disciplina i procedimenti in tema di sanzioni amministrative, in particolare regola:
§ le modalità di
presentazione delle segnalazioni all’Autorità;
§ l’attività
preistruttoria;
§ il procedimento
diretto all’accertamento delle violazioni;
§ l’irrogazione delle
sanzioni amministrative.
La delibera, come modificata dalla delibera 529/14/CONS disciplina altresì il procedimento in materia di impegni, in forza del quale i soggetti nei confronti dei quali è effettuata una contestazione possono evitare l’irrogazione di una sanzione assumendo ed attuando un impegno operativo finalizzato a rimuovere le condotte anticompetitive dell’illecito.
La medesima disposizione rinvia, per quanto non espressamente disciplinato, alla legge n. 689 del 1981, che contiene la disciplina generale in materia di sanzioni amministrative.
Le fattispecie generali che prevedono sanzioni amministrative in materia di comunicazioni elettroniche sono individuate dall’articolo 98 del Codice delle comunicazioni elettroniche.
La delibera 77/11/CONS contiene il Regolamento in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori in materia di comunicazioni elettroniche. Sono in esso indicate diverse fattispecie specifiche (ritardata attivazione del servizio; sospensione e cessazione del servizio; malfunzionamento; omessa o ritardata portabilità del numero, eccetera).
Articolo
1,commi 133-135
(Strumenti per favorire il confronto tra
servizi bancari)
I commi 133-135 prevedono - affidando
in concreto tale compito a un provvedimento di rango secondario - che
siano individuati i prodotti bancari
maggiormente diffusi tra la clientela, al fine di assicurarne la
possibilità di confrontare le spese
addebitate dai prestatori di servizi di pagamento attraverso un apposito sito
internet.
La segnalazione dell’AGCM ai fini della legge sulla concorrenza
La norma in esame intende completare il recepimento della segnalazione dell’AGCM del 2014 sulla necessità di aumentare il tasso di mobilità della clientela bancaria superando gli ostacoli che essa incontra in termini, tra l’altro, di mancata trasparenza e completezza informativa.
Si rende dunque necessario rendere più agevole la comparazione da parte dei consumatori dei costi, introducendo strumenti che favoriscano lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche (e in concorrenza tra loro) che agevolino il confronto tra i servizi bancari.
L’AGCM osserva che, relativamente al grado di trasparenza delle informazioni a favore dei clienti bancari, nonostante l’introduzione di indicatori sintetici di costo, la scarsa mobilità registrata e la grande dispersione dei prezzi segnalano il permanere di ostacoli informativi per i consumatori e difficoltà alla mobilità. In questa prospettiva si reputa necessario fornire ai consumatori adeguati strumenti di comparazione tra il costo del proprio conto e quelli offerti dalle altre banche mediante lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche (e in concorrenza tra loro), nonché di strumenti che favoriscano lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche (e in concorrenza tra loro) che consentano un più agevole confronto tra i servizi bancari da parte dei consumatori.
In particolare, il comma 135 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Banca d’Italia, da emanarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il compito di individuare i prodotti bancari maggiormente diffusi tra la clientela; per essi viene assicurata la possibilità di confrontare le spese addebitate dai prestatori di servizi di pagamento, attraverso un apposito sito internet.
Il predetto sito internet sarà gestito dal Ministero dell’economia e delle finanze: come si vedrà infra, le disposizioni europee consentono che il sito di comparazione sia gestito da soggetti pubblici e privati.
Le suddette norme sono emanate in conformità alla Direttiva 2014/92/UE sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base.
Si rammenta che la Direttiva 2014/92/UE disciplina la comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, il trasferimento del conto di pagamento e l’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base. Il Capo II della direttiva si occupa della comparabilità delle spese collegate al conto di pagamento. Si prevede che gli Stati redigano (articolo 3) un elenco dei servizi più rappresentativi collegati a un conto di pagamento e soggetti a spese a livello nazionale, tenendo conto dei servizi che sono più utilizzati dai consumatori in relazione ai propri conti di pagamento e generano il maggiore costo a carico dei consumatori, sia complessivamente che per singola unità.
In tempo utile (articolo 4) prima di stipulare il contratto, i prestatori di servizi di pagamento forniscono al consumatore un documento informativo sulle spese. I prestatori di servizi di pagamento devono fornire gratuitamente almeno una volta all’anno al consumatore un riepilogo di tutte le spese sostenute (articolo 5). La direttiva (articolo 6) reca specifiche prescrizioni anche relative alla modalità di comunicazione ai consumatori delle informazioni contrattuali, commerciali e di marketing.
In ordine al confronto tra le condizioni praticate dagli istituti (articolo 7 della direttiva), gli Stati membri devono assicurare che i consumatori abbiano accesso gratuitamente ad almeno un sito Internet per il confronto delle spese addebitate dai prestatori di servizi di pagamento almeno per i servizi compresi nel richiamato elenco dei servizi più rappresentativi. Tali siti Internet di confronto possono essere gestiti da un operatore privato o da una autorità pubblica. I siti Internet, tra l’altro, devono essere funzionalmente indipendenti, assicurando che i prestatori di servizi di pagamento ricevano pari trattamento nei risultati di ricerca; usano un linguaggio chiaro e privo di ambiguità e, se applicabili, termini standardizzati; forniscono informazioni corrette e aggiornate, e indicano la data dell’ultimo aggiornamento; forniscono una procedura efficace per segnalare le informazioni errate sulle spese pubblicate. Gli Stati membri garantiscono infine che siano rese disponibili online informazioni sulla disponibilità di siti Internet conformi alle norme in commento.
Con il D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 37 è stata attuata la richiamata direttiva 2014/92/UE, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base.
E’ introdotto un nuovo Capo II-ter, recante disposizioni particolari relative ai conti di pagamento, al Titolo VI del Testo Unico Bancario – TUB (decreto legislativo n. 385 del 1993). Detto capo è articolato in tre sezioni, rispettivamente dedicate ai tre macroargomenti disciplinati dalla direttiva (trasparenza e comparabilità delle spese; trasferimento del conto; accesso a un conto di base).
In particolare, la Sezione I del nuovo Capo II-ter disciplina l'informativa precontrattuale e in corso di rapporto sul conto di pagamento, nonché gli strumenti volti a favorire il confronto fra le offerte. Sono in particolare recepite le norme che impongono l'uso di una determinata terminologia standardizzata europea per la designazione dei principali servizi collegati al conto di pagamento.
I prestatori di servizi di pagamento devono fornire ai consumatori i documenti precontrattuali e le comunicazioni periodiche, ovvero quei documenti standard il cui formato deve essere definito dall'Autorità Bancaria Europea per favorire la confrontabilità, anche a livello europeo, delle offerte relative ai conti di pagamento. Sono dettate disposizioni di trasparenza specifiche per i conti di pagamento inseriti in un pacchetto insieme ad altri prodotti, per assicurare un'informazione completa al consumatore.
La Sezione II intende far confluire nel Testo Unico Bancario quanto disposto dagli articoli 2 e 2-bis del decreto-legge n. 3 del 2015, che hanno recepito nell'ordinamento italiano il Capo III della direttiva 2014/92/UE relativa al trasferimento nel conto di pagamento, con alcune integrazioni volte a chiarire alcuni aspetti alla luce dei primi anni di applicazione delle predette norme e, in alcuni casi, per innalzare le tutele per i consumatori: In particolare, in luogo di disporre un indennizzo in favore del consumatore nel caso di mancato rispetto delle modalità e dei termini per il trasferimento del conto di pagamento, si dispone che al cliente sia corrisposta una penale di quaranta euro (maggiorabile secondo la durata del ritardo), salva la risarcibilità del danno ulteriore, anche non patrimoniale. Tale prestazione è dovuta indipendentemente dalla prova del danno.
Le disposizioni della Sezione III recepiscono il Capo IV della direttiva, il quale prevede il diritto per tutti i consumatori legalmente soggiornanti di aprire un conto di pagamento con caratteristiche di base senza discriminazioni fondate sulla nazionalità o sul luogo dì residenza. Viene recepita sostanzialmente la Convenzione stipulata dal 2012 (rinnovata sino al 2014) da MEF, Banca d'Italia e associazioni rappresentative dei prestatori di servizi di pagamento (PSP), con qualche modifica all'assetto attuale, derivante sia dalle norme UE (con particolare riferimento al diritto di recesso e al rifiuto legittimo all'apertura del conto di base) che dalla prassi instauratasi nel tempo.
Sono inoltre previste iniziative di educazione finanziaria in favore dei consumatori, con particolare riguardo a quelli più vulnerabili; i relativi compiti di promozione di tali iniziative spettano alla Banca d'Italia.
Il comma 2 dell'articolo 1 modifica la disciplina del Testo Unico Bancario relativa alla risoluzione stragiudiziale delle controversie coi consumatori, al fine di chiarire che alla Banca d'Italia possono essere presentati esposti in luogo di reclami.
Sono altresì novellate le disposizioni sanzionatorie del TUB al fine di inserirvi gli opportuni riferimenti alle nuove norme introdotte, sanzionando così anche l'inosservanza delle disposizioni di recepimento della Direttiva 2014/92/UE.
Ai sensi del comma 134, le norme secondarie devono altresì individuare le modalità e i termini secondo i quali i prestatori dei servizi di pagamento provvedono a fornire i dati necessari alla comparazione, nonché definire le modalità per la pubblicazione sul sito internet e i relativi aggiornamenti periodici.
Il comma 135 reca la clausola di invarianza finanziaria, precisando che all’attuazione delle norme in esame si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
comma 136
(Potenziamento della trasparenza nella
vendita di polizze assicurative accessorie a contratti di finanziamento e a
mutui)
Il comma 136, modificato al Senato, interviene sulla disciplina delle polizze assicurative sottoscritte in occasione di un contratto di finanziamento.
In particolare le
norme in commento, anziché obbligare gli intermediari
a sottoporre al cliente almeno due preventivi (di due differenti gruppi
assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli
intermediari finanziari stessi), prevedono che essi siano tenuti ad accettare, senza
variare le condizioni offerte per l'erogazione del credito, la polizza che
il cliente presenta o reperisce sul mercato. Tale polizza
deve avere contenuti minimi corrispondenti a quelli richiesti dal finanziatore.
Le suddette prescrizioni sono estese
alle ipotesi in cui al cliente sia richiesta la sottoscrizione di
un’assicurazione diversa da quella sulla vita; inoltre, esse si applicano a
tutti i casi in cui l’offerta di un
contratto di assicurazione sia connesso o accessorio all’erogazione del mutuo o
del credito.
È disciplinato in dettaglio il diritto di recesso del cliente ove sottoscriva una polizza proposta dal soggetto finanziatore o da un incaricato; sono previsti specifici obblighi informativi a carico dell’intermediario, riguardanti tra l’altro le polizze e le provvigioni eventualmente percepite.
Più in dettaglio, le
norme in esame integrano in più
punti l’articolo 28 del decreto legge 24
gennaio 2012, n. 1, che nella formulazione vigente obbliga le banche, gli
istituti di credito e gli intermediari finanziari, qualora condizionino
l’erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo alla stipula di un
contratto di assicurazione sulla vita, a sottoporre al cliente almeno due
preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili a banche,
istituti di credito e intermediari finanziari stessi. Ai sensi delle norme
attualmente applicabili, il cliente è comunque libero di scegliere sul mercato
la polizza sulla vita più conveniente, che la banca è obbligata ad accettare
senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo immobiliare o
del credito al consumo.
L’articolo 28
del D.L. n. 1 del 2012 ha inteso modificare la prassi bancaria consistente
nell'abbinamento automatico tra erogazione di mutuo e polizza vita, senza che
al cliente fosse offerta la possibilità di effettuare un confronto tra diversi
preventivi. Al riguardo il D.L. n. 201
del 2011 aveva già qualificato come pratica commerciale scorretta il comportamento di banche, istituti
di credito e intermediari finanziari i quali, ai fini della stipula di un
contratto di mutuo, obblighino i clienti a sottoscrivere una polizza
assicurativa erogata dal medesimo soggetto col quale il mutuo è stipulato.
Il Provvedimento
2946 del 6 dicembre 2011 dell'ISVAP, recante una nuova disciplina delle
polizze legate ai mutui, ha stabilito che gli intermediari assicurativi, ivi
incluse le banche e altri intermediari finanziari, non possono ricoprire simultaneamente il ruolo di distributori di polizze
e di beneficiari delle stesse, in quanto in tale pratica si ravvisa un
non sanabile conflitto d'interesse penalizzante per i consumatori.
In attuazione del D.L n. 1
del 2012, il Regolamento
ISVAP n. 40 del 3 maggio 2012 ha fissato i contenuti minimi della
polizza vita e ha definito uno standard di preventivo per consentire al
consumatore di poter più facilmente confrontare i prodotti. Inoltre, dal 1°
settembre 2012 le imprese che commercializzano tali prodotti devono mettere a
disposizione sul proprio sito internet
un servizio on line gratuito di
preventivazione. Per una maggiore visibilità delle offerte disponibili e per
agevolare la ricerca della polizza più vantaggiosa è possibile consultare l'elenco delle
imprese di assicurazione con la denominazione della relativa polizza vita
commercializzata.
L’IVASS (ex ISVAP) ha
pubblicato altresì una guida pratica per il pubblico
in materia di polizze connesse a contratti di finanziamento.
Si rammenta inoltre che con la lettera congiunta al
mercato della Banca d’Italia e dell’IVASS del 26 agosto 2015, gli istituti
di vigilanza hanno evidenziato alcune specifiche criticità connesse al sistema
delle polizze legate ai finanziamenti.
Gli istituti hanno chiesto di innalzare il livello di
tutela della clientela nella vendita di polizze abbinate a mutui e prestiti
(PPI - Payment Protection Insurance).
Tale intervento è stato
discusso nel corso del confronto con il
mercato organizzato dalle due Autorità il 5 giugno 2015 e tiene conto delle
osservazioni successivamente giunte dagli operatori del mercato. In
particolare, IVASS e Banca d'Italia, anche in linea
con le indicazioni rivenienti dagli Organismi internazionali, chiedono di
adottare iniziative per superare nel più breve tempo possibile le criticità
rilevate nella produzione e nella distribuzione di questo genere di polizze.
Nella lettera si forniscono indicazioni affinché imprese e intermediari
assicurativi consentano alla clientela di conseguire i benefici ricercati con
la sottoscrizione di tali prodotti. I due Istituti si attendono che le
compagnie rivedano la struttura delle polizze e le loro modalità di
collocamento, al fine di assicurare che le loro caratteristiche rispondano alle
reali esigenze di copertura dei rischi della clientela e che la loro
distribuzione sia improntata a canoni di correttezza sostanziale.
Con le norme in esame, (comma 136, lettera a), modificato al Senato) viene integralmente sostituito il primo comma dell’articolo 28.
In particolare, la nuova formulazione prevede quanto segue:
§ anziché obbligare gli intermediari a sottoporre al cliente almeno due preventivi (di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche, agli istituti di credito e agli intermediari finanziari stessi), dispone che essi siano tenuti ad accettare, senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo, la polizza che il cliente presenterà o reperirà sul mercato;
§ chiarisce che la polizza presentata dal cliente deve avere contenuti minimi corrispondenti a quelli richiesti dalla banca, dall'istituto di credito e dall'intermediario finanziario;
§ è dunque espunta dal primo comma la previsione secondo cui il cliente è libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente, che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l'erogazione del mutuo immobiliare o del credito al consumo;
§ le prescrizioni e gli obblighi contenuti nell’articolo 28 sono estesi alle ipotesi in cui al cliente sia richiesta la sottoscrizione di un’assicurazione diversa da quella sulla vita;
§ detti vincoli si applicano anche alle polizze assicurative connesse o accessorie all’erogazione del finanziamento (mutuo ovvero credito al consumo) e cioè a tutti i casi in cui l’offerta di un contratto di assicurazione sia connesso o accessorio all’erogazione del mutuo o del credito.
Nel testo approvato
dalla Camera dei deputati, la norma in esame si limitava a estendere i predetti
obblighi di presentazione di più preventivi a tutte le polizze assicurative
connesse o accessorie all’erogazione del finanziamento (mutuo ovvero credito al
consumo) e cioè a tutti i casi in cui l’offerta
di un contratto di assicurazione fosse connesso o accessorio all’erogazione del
mutuo o del credito. Assieme alle novelle, il testo approvato alla
Camera prevedeva inoltre l’introduzione nell’articolo 28 del comma 1-bis, con l’irrogazione da parte dell’IVASS di una sanzione, a carico delle banche, degli
istituti di credito e degli intermediari finanziari, in misura pari a quanto
stabilito dall’articolo 324 del Codice delle assicurazioni private (ovvero la
sanzione amministrativa pecuniaria da mille a diecimila euro), in caso mancata presentazione dei due preventivi.
Viene poi introdotto nell’articolo 28 (comma 136, lettera b)) il comma 2-bis, che disciplina il diritto di recesso del cliente. Più precisamente, ove il cliente sottoscriva all'atto della stipula del finanziamento una polizza proposta dalla banca, dall'istituto di credito, da intermediari finanziari o da loro incaricati, ha diritto di recedere dalla stessa entro sessanta giorni; in caso di recesso dalla polizza, resta valido ed efficace il contratto di finanziamento.
Ove la polizza sia necessaria per ottenere il finanziamento o per ottenerlo alle condizioni offerte, il cliente può presentare in sostituzione una polizza dallo stesso autonomamente reperita e stipulata, avente i contenuti minimi richiesti dall’intermediario.
Si dispone che le
banche, gli istituti di credito, gli intermediari finanziari o, in alternativa,
le compagnie di assicurazione informino il cliente con comunicazione separata rispetto
alla documentazione contrattuale.
Infine (comma 136, lettera c)), con l’introduzione del comma 3-bis nell’articolo 28 si dispone che i soggetti eroganti il finanziamento sono sempre tenuti ad informare il richiedente in ordine alla provvigione percepita e alla provvigione pagata dalla compagnia assicurativa all’intermediario; inoltre, si prevede che tale informazione sia resa in termini assoluti e percentuali sull’ammontare complessivo.
La lettera c) del comma 1, nel testo approvato alla
Camera, nell’introdurre il comma 2-bis all’articolo
28 imponeva in ogni caso alle banche, agli istituti di credito e agli
intermediari finanziari di informare il richiedente il finanziamento se la
concessione di quest'ultimo era subordinata o no alla stipula della polizza, nonché
della possibilità, prevista dal medesimo comma 1, di reperire sul mercato la
polizza richiesta. Coerentemente alle modifiche al comma 1 dell’articolo 28,
tale disposizione è stata espunta dall’introdotto comma 2-bis.
Articolo 1,
commi 137-141
(Tutela della concorrenza e della
trasparenza nel settore della locazione finanziaria)
I commi 137-141, introdotti al Senato, disciplinano il contratto di locazione finanziaria, di cui viene esplicitata la definizione, indicando i casi di grave inadempimento e la relativa procedura di risoluzione del contratto. In tal caso il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita, dedotte le somme a lui spettanti. A tal fine, sono disciplinate le modalità di vendita o di nuova collocazione del bene che deve avvenire sulla base di criteri di celerità, trasparenza e pubblicità.
Ai sensi del comma 137, si intende per contratto di locazione finanziaria quello con cui la banca o l'intermediario
finanziario si obbligano ad acquistare o a far costruire un bene
su scelta e secondo le indicazioni dell'utilizzatore, che ne assume tutti i
rischi - anche di perimento - e lo fa mettere a disposizione per un dato
tempo verso un determinato corrispettivo. Detto corrispettivo tiene
conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto.
La scadenza del contratto implica che l'utilizzatore
abbia il diritto di acquistare il bene ad un prezzo prestabilito, ovvero che lo
debba restituire qualora egli non eserciti tale diritto.
Ai sensi del comma 138 costituisce grave
inadempimento dell'utilizzatore il mancato pagamento di:
§ almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari,
§ ovvero di quattro canoni mensili anche non consecutivi o di un importo equivalente, per gli altri contratti di locazione finanziaria.
Qualora il contratto
si risolva per grave inadempimento dell'utilizzatore ai sensi del comma 138,
il concedente ha diritto alla restituzione del bene.
In tal caso, il concedente dovrà comunque corrispondere
all'utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra
collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato.
Da tale somma saranno dedotte la somma dei
canoni non pagati, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo
pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto, nonché le spese
anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il
tempo necessario alla vendita.
Resta fermo, nella misura residua, il diritto
di credito del concedente nei confronti dell'utilizzatore, nei casi in cui il
ricavato della vendita - o di altra collocazione del bene - sia inferiore a
quanto dovuto dall'utilizzatore (comma 139).
Il comma 140 reca disposizioni sulle modalità di vendita o di nuova collocazione del bene.
In tal caso il
concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori
risultanti da pubbliche rilevazioni di
mercato, elaborate da soggetti specializzati.
Nel caso non sia possibile far riferimento ai
predetti valori, si procede alla vendita sulla base di una stima
effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo, nei
venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato
accordo nel predetto termine, da un perito indipendente scelto dal
concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, previamente
comunicati all'utilizzatore, che può esprimere la sua preferenza vincolante ai
fini della nomina entro dieci giorni dal ricevimento della predetta
comunicazione.
Si chiarisce che il perito è indipendente
quando non è legato al concedente da rapporti di
natura personale o di lavoro tali da compromettere l'indipendenza di giudizio.
Nella procedura di vendita o ricollocazione il concedente si attiene a criteri
di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da consentire
l'individuazione del migliore offerente possibile con obbligo di informazione
dell'utilizzatore.
In ogni caso il concedente si attiene a
criteri di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da
consentire l'individuazione del migliore offerente possibile con obbligo di
informazione dell'utilizzatore .
Il comma 141 mantiene ferma la
disciplina di cui all’articolo 72-quater
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), relativo al caso
di fallimento dell'utilizzatore.
Il richiamato articolo 72-quater prevede che al contratto di locazione finanziaria si applichi, in caso di fallimento dell'utilizzatore, l'articolo 72 della legge fallimentare (che disciplina i rapporti e i contratti pendenti al momento del fallimento di una delle parti). Se è disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa, il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto. In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l'eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l'articolo 67, terzo comma, lettera a) L.F., che esclude dalla revocatoria i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso.
Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l'utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.
Ove oggetto del contratto siano immobili
da adibire ad abitazione principale, trova applicazione la disciplina di
cui all'articolo 1, commi 76-81, della legge di stabilità per il 2016: tali
norme hanno disciplinano gli aspetti civilistici della locazione finanziaria di
immobili da adibire ad uso abitativo (c.d. leasing
immobiliare).
In sintesi si rammenta che tale contratto
costituisce una forma di finanziamento, alternativo al contratto di mutuo, a
favore delle persone fisiche finalizzato all’acquisto o alla costruzione di un
immobile da adibire ad abitazione principale.
Come precisa la relazione tecnica che accompagna l’emendamento 1.800 del Governo presentato al Senato, le norme in esame richiamano le sole disposizioni civilistiche afferenti al leasing immobiliare; non sono richiamate e dunque non si applicano al leasing finanziario le specifiche agevolazioni fiscali (deducibilità ai fini Irpef e riduzione dell’imposta di registro) connesse a tali contratti, disciplinate dai successivi commi 82-84 della legge di stabilità 2016.
Articolo1,
comma 142
(Misure per la concorrenza nella
professione forense)
Il comma 142 persegue la tutela della
concorrenza nell’avvocatura intervenendo sulla legge professionale forense (legge 31 dicembre 2012, n. 247), in relazione all’esercizio della professione
in forma associata e in forma societaria. Una specifica disposizione
interviene, infine, in materia di compenso professionale.
Per quanto riguarda l’associazione tra avvocati – in accoglimento dei rilievi contenuti nella segnalazione dell’AGCOM - è modificato (lett. a) l’articolo 4 della legge n. 247 del 2012, rubricato “Associazioni tra avvocati e multidisciplinari”, prevedendo:
§ che l’avvocato possa partecipare a più di un’associazione (soppressione comma 3, quarto periodo);
§ che il domicilio professionale dell’avvocato non debba necessariamente coincidere con quello dell’associazione (abrogazione comma 4); per coordinamento viene eliminata la corrispondente sanzione disciplinare (modifica del comma 6).
La lett. b) del comma 142 introduce nella legge professionale forense l’articolo 4-bis, che regolamenta le società tra avvocati, superando così l’attuale disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 96 del 2001 (artt. 16 e ss.) nonché la delega, ormai scaduta, per la costituzione di società tra avvocati prevista dall’articolo 5 della stessa legge professionale (che viene contestualmente abrogato dalla lett. c).
In base al decreto
legislativo n. 96 del 2001[42] la società tra
avvocati ha le seguenti caratteristiche (artt. 16 e ss.):
§ il modello societario adottato, ove non diversamente
disposto, è quello della società in nome collettivo;
§ la ragione sociale deve contenere l'indicazione di
società tra avvocati, in forma abbreviata “s.t.a”;
§ la società tra avvocati è iscritta in una sezione
speciale dell'albo del Consiglio dell'ordine nella cui circoscrizione è posta
la sede legale; analoga iscrizione va fatta ad una sezione speciale del
registro delle imprese;
§ i soci devono essere avvocati iscritti all’albo (sono
quindi esclusi i soci di solo capitale);
§ la partecipazione ad una società tra avvocati è
incompatibile con la partecipazione ad altra società tra avvocati;
§ l'incarico professionale conferito alla società può
essere eseguito solo da uno o più soci in possesso dei requisiti per
l'esercizio dell'attività professionale richiesta;
§ il socio o i soci incaricati della prestazione sono
personalmente e illimitatamente responsabili per l'attività professionale
svolta in esecuzione dell'incarico; la società risponde con il suo patrimonio;
§ la società non è soggetta a fallimento.
La delega di
cui all’art. 5 della legge n. 247 del 2012, peraltro già scaduta (doveva
essere esercitata entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge, quindi
entro il 2 agosto 2013) stabiliva una serie di principi e criteri direttivi per
la disciplina della società tra avvocati, tra i quali:
§ prevedere che l'esercizio della professione forense in
forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di
capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all'albo;
§ prevedere che ciascun avvocato possa far parte di una
sola società;
§ prevedere che la denominazione o ragione sociale
contenga l'indicazione: «società tra avvocati»;
§ disciplinare l'organo di gestione della società tra
avvocati prevedendo che i suoi componenti non possano essere estranei alla
compagine sociale;
§ stabilire che l'incarico professionale, conferito alla
società ed eseguito secondo il principio della personalità della prestazione
professionale, possa essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso
dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione
professionale richiesta dal cliente.
L'articolo 5 sottraeva inoltre le società tra avvocati
all'applicazione della normativa generale sulle società tra professionisti
dettata dall'art. 10 della
legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) che, nell’ambito di un
percorso di riforma dei servizi professionali (poi attuato col D.P.R.
137/2012), per primo aveva dettato disposizioni sulle società tra
professionisti consentendo la costituzione di società multiprofessionali.
Il nuovo articolo 4-bis (Esercizio della professione forense in forma societaria) della legge 247/2012 stabilisce:
§ che l'esercizio della professione forense in forma societaria sia consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative; l’art. 4-bis, non prevedendo che i soci debbano essere esclusivamente avvocati, consente, quindi, la possibilità di soci di capitale. Si recepisce, quindi, per tale profilo, il contenuto della segnalazione al Parlamento dell’Autorità Garante;
§ che comunque i soci professionisti (siano essi avvocati o professionisti iscritti ad altri albi) debbano rappresentare almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto. Il venir meno di tale requisito, non ripristinato entro sei mesi, determina la cancellazione della società dalla apposita sezione dell’albo degli avvocati;
§ che in tale sezione dell’albo debba essere resa disponibile la documentazione storica sulla composizione della società;
§ che i componenti dell’organo di gestione della società tra avvocati non possano essere estranei alla compagine sociale e che i soci professionisti possano rivestire la carica di amministratori; peraltro, come specificato dal Senato, occorre che l’organo di gestione sia composto in maggioranza da soci avvocati;
§ che è vietata la partecipazione societaria tramite società fiduciarie, trust o per interposta persona. La violazione di tale previsione comporta di diritto l'esclusione del socio;
§ che debba essere conservata la personalità della prestazione professionale, pur se conferita alla società;
§ che la responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione;
§ che il socio che esercita la prestazione professionale ne risponde, dovendo assicurare, per tutta la durata dell’incarico la propria indipendenza e imparzialità, dichiarando eventuali conflitti di interesse o incompatibilità;
§ che la sospensione o radiazione dall’albo del professionista costituisce causa di esclusione del socio dalla società. La disposizione, per come formulata, esclude dunque che l’avvocato sospeso dall’albo possa restare all’interno della compagine sociale in qualità di socio di capitale;
§ che le società tra avvocati siano tenute a rispettare il codice deontologico forense e ad assoggettarsi alla competenza disciplinare dell'ordine di appartenenza.
Una specifica disposizione (lett. d) riguarda il preventivo della prestazione professionale.
Attualmente, l’art. 13, comma 5, della legge 247/2012 stabilisce che l’avvocato, a richiesta del cliente, debba comunicargli in forma scritta la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.
Accogliendo il rilievo espresso dall’AGCOM nella segnalazione al Parlamento del luglio 2014, il d.d.l. concorrenza impone, in ogni caso, all’avvocato di comunicare tale previsione dei costi, in forma scritta e articolata per voci di spesa, sopprimendo il riferimento alla (eventuale) richiesta del cliente. Per il resto rimane immutata la vigente disciplina.
Si ricorda che l’art. 13 della legge 247 stabilisce,
inoltre:
§ che il compenso dell’avvocato è libero (si forma
quindi sulla base del libero accordo tra cliente e professionista);
§ che il compenso dell’avvocato è, di regola, pattuito
per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico;
§ che il compenso dell’avvocato può essere a tempo, a
forfait, per convenzione, riguardare uno o più affari o essere basato
sull’assolvimento e sui tempi di erogazione della prestazione; erogato per
singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore
dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene (non soltanto a livello
strettamente patrimoniale) il destinatario della prestazione;
§ che è esclusa la liceità dei cd. patti di quota-lite
(con i quali l'avvocato percepisce come compenso in tutto o in parte una quota
del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa).
L’autorità Garante auspicava la rimozione di una serie di limiti ai principi della concorrenza, contenuti nella legge di riforma della professione forense (legge 247 del 2012).
In particolare si segnalano le seguenti proposte, che non sono state recepite nel disegno di legge in esame:
§ l’eliminazione della riserva di competenza degli avvocati per l’attività di consulenza legale e stragiudiziale prevista dall’art. 2, comma 6, della legge 247/2012; fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l'attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all'attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati;
§ l’abrogazione dei parametri per i compensi professionali (da ultimo stabiliti con D.M. 55/2014), in caso di mancato accordo tra le parti (per la generalità delle professioni, i parametri si applicano solo in caso di loro liquidazione da parte del giudice) nonché l’eliminazione del ruolo dei Consigli dell’Ordine circondariale nelle controversie sul compenso tra cliente e avvocato (l’art. 13, comma 9, della legge 247 prevede che il Consiglio competente possa esperire un tentativo di conciliazione e - in caso di mancato accordo - su richiesta dell'avvocato, rilasciare un parere sulla congruità della pretesa del legale in relazione all'opera prestata);
§ la rimozione del divieto del patto di quota lite (divieto stabilito dall’art. 13, comma 4, della legge 247/2012);
§ la rimozione del regime delle incompatibilità di cui all’art. 18 della legge 247 (ritenendo, invece, opportuno un intervento sugli obblighi di astensione in caso di conflitto);
§ la possibilità di costituire società multidisciplinari. Tale possibilità è peraltro prevista, in generale, per le società tra professionisti dall’art. 10 della legge 183 del 2011 (legge di stabilità 2012);
§ la pubblicità dei compensi delle prestazioni professionali dell’avvocato.
Articolo1,
commi 143-148
(Misure per favorire la concorrenza e la
trasparenza nel notariato)
I commi da 143 a 148 modificano alcuni articoli della legge di stabilità 2014 e della legge professionale notarile (legge n. 89 del 1913) per favorire la concorrenza nel settore.
In particolare, il comma 143 – non modificato rispetto al testo approvato dalla Camera – interviene sulle disposizioni della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) relative agli obblighi di depositare alcune somme su conti correnti dedicati, imposto a notai e pubblici ufficiali (art. 1, commi da 63 a 67). Il d.d.l. concorrenza:
§ sostituisce (lettera a) il comma 63 per modificare le tipologie di somme che devono essere depositate obbligatoriamente dal notaio o da altro pubblico ufficiale su apposito conto corrente dedicato. In particolare, rispetto alla normativa vigente, il d.d.l. concorrenza conferma l’obbligo di deposito per le somme dovute, a titolo di tributi, per cui il notaio sia sostituto o responsabile d'imposta, e comunque le spese fiscali anticipate in relazione agli atti a repertorio ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare o commerciale (lett. a) e ogni altra somma affidata e soggetta ad annotazione nel registro delle somme e dei valori (lett. b), ma elimina l’obbligo per le somme ricevute a titolo di onorari, diritti, accessori, rimborsi spese e contributi e per le somme dovute a titolo di imposta in relazione a dichiarazioni di successione. La disposizione chiarisce (lett. c) che vengono versati in tale conto solo su richiesta di almeno una delle parti, conformemente all’incarico conferito, l'intero prezzo o corrispettivo, oltre alle somme destinate ad estinzione di gravami o spese non pagate o di altri oneri dovuti in occasione del ricevimento o dell'autenticazione di atti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione od estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende. In tali casi il notaio – fatta salva l’ipotesi che si tratti di persone ammesse al gratuito patrocinio - ha l’obbligo di ricusazione del suo ministero se le parti non depositano, prima o contestualmente alla sottoscrizione dell’atto, l’importo dei tributi, degli onorari e delle spese dell’atto;
§ abroga il comma 64 che definisce le modalità applicative del precedente comma 63 (lettera b);
§ riformula il comma 65, sulla previsione di impignorabilità delle somme depositate sul conto corrente dedicato. In particolare, è soppresso il riferimento alla “assoluta” impignorabilità di dette somme ed è confermato che dette somme costituiscono patrimonio separato, escluso dalla successione del notaio e dal regime patrimoniale della famiglia (lettera c);
§ sostituisce il comma 66 (lettera d), consentendo al notaio, in momenti diversi secondo le ipotesi previste al comma 63, di disporre delle somme depositate ma solo per i relativi, specifici impieghi, mantenendo idonea documentazione. Resta ferma la vigente disciplina sullo svincolo delle somme, limitatamente ai casi previsti dalla lettera c) del comma 63, ovvero il prezzo o il corrispettivo o il saldo per gli atti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione od estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende;
§ inserisce il comma 66-bis, che consente al notaio o ad altro pubblico ufficiale di recuperare dal conto dedicato le somme depositate obbligatoriamente (ai sensi del predetto comma 63) che abbia eventualmente anticipato con fondi propri, nonché le somme diverse in esso versate;
§ sostituisce il comma 67, prevedendo una specifica disciplina degli interessi maturati su tutte le somme depositate: essi rimangono finalizzati al rifinanziamento dei fondi di credito agevolato, specificandosi che destinatari di tali fondi sono le piccole e medie imprese. Si affida al Consiglio nazionale del notariato il compito di elaborare i relativi principi di deontologia applicabili.
Il comma 144 – non modificato rispetto al testo approvato dalla Camera - prevede la presentazione periodica (ogni tre anni) da parte del Consiglio nazionale del notariato di una relazione sull’applicazione della predetta disciplina.
Il comma 145 contiene alcune modifiche alla legge notarile (legge n. 89 del 2013), relativamente ai criteri che determinano il numero e la distribuzione dei notai sul territorio nazionale, alle associazioni di notai e alla pubblicità professionale.
In particolare, la lett. a), modificando l’articolo 4, comma 1, della legge sul notariato, prevede diversi parametri da considerare per garantire che la distribuzione delle sedi dei notai sia orientata al corretto soddisfacimento della domanda: per ciascun distretto notarile si dovrà tenere conto della popolazione, della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione. Sono soppressi non solo il riferimento al reddito minimo garantito, ma anche quello alla quantità degli affari. Come regola generale da assumere, si prevede che ad ogni posto notarile deve corrispondere una popolazione di almeno 5.000 abitanti (in luogo dei vigenti 7.000).
La lett. b), modificando l’articolo 26, comma 2, della legge n. 89 del 1913, estende l’ambito territoriale nel quale il notaio può esercitare le proprie funzioni. Ad oggi è previsto l’esercizio delle funzioni notarili nel solo distretto di corte d’appello in cui si trova la sede assegnata. A seguito della modifica, le funzioni potranno essere svolte in tutto il territorio della regione in cui si trova la sede notarile nonché nel territorio del distretto di corte d’appello se questo comprende più regioni (es: il notaio con sede nel distretto di corte d’appello di Brescia potrà esercitare anche a Milano, capoluogo di un diverso distretto di corte d’appello; il notaio con sede a Torino potrà continuare a svolgere le funzioni anche ad Aosta, in quanto la Valle d’Aosta è compresa nel territorio del distretto di corte d’appello di Torino). Analogo criterio, della regione o della corte d’appello, si applica al notaio che intenda aprire una sede secondaria; è consentito aprire un unico ufficio secondario. Il Senato ha soppresso la possibilità per il notaio di recarsi nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari della Repubblica italiana.
La modifica all’art. 27 della stessa legge notarile, prevista dalla lett. c) ha natura di coordinamento con quella dell’articolo 26 e riguarda l’ambito territoriale in cui il notaio può esercitare la sua prestazione professionale; il riferimento è ora al territorio di cui all’art. 26, secondo comma (regione o distretto di corte d'appello, se il distretto comprende più regioni).
La lett. d), introdotta dal Senato, modifica l'articolo 82 della legge n. 89 del 1913, concernente le associazioni di notai. Rispetto alla normativa vigente, che consente associazioni di notai purché appartenenti allo stesso distretto di corte d'appello, la formulazione proposta permette le associazioni di notai aventi sede in qualsiasi comune della regione, ovvero del distretto della corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni. La funzione dell’associazione è consentire agli associati di svolgere la propria attività e mettere in comune, in tutto o in parte, i proventi delle funzioni per poi ripartirli. Ciascun associato può utilizzare lo studio e l’eventuale ufficio secondario di altro associato, fermo restando il limite dell’unica sede secondaria previsto dall’art. 26.
La lett. e) aggiunge un comma all'articolo 93-bis della legge sul notariato, disponendo ispezioni a campione sui notai, in ordine alla regolare tenuta e all'impiego dei fondi e dei valori consegnati ad ogni titolo al notaio in ragione del suo ufficio; sono previsti specifici adempimenti da parte del notaio sottoposto ad ispezione e sono individuati i soggetti preposti a tale compito, nonché le modalità di svolgimento delle ispezioni stesse
Infine, la lett. f) interviene in tema di pubblicità professionale dei notai e allinea la relativa disciplina a quella prevista per tutte le professioni dal regolamento di riforma degli ordinamenti professionali (D.P.R. 137 del 2012), modificando l’art. 147, comma 1, lett. c), della legge notarile.
Tale disposizione attualmente sanziona con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che “fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, ovvero servendosi dell'opera di procacciatori di clienti, di richiami o di pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro ed al prestigio della classe notarile”.
Il d.d.l. concorrenza – sul punto non modificato dal Senato – applica le sanzioni solo quando il notaio si serva dell’opera di procacciatori di clienti o di pubblicità non conforme ai principi stabiliti dall’art. 4 (Libera concorrenza e pubblicità informativa) del citato regolamento del 2012.
Si ricorda che il regolamento ammette con ogni mezzo la pubblicità informativa sull'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni. La citata pubblicità informativa deve essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non dev'essere equivoca, ingannevole o denigratoria.
Il Senato ha inserito tre ulteriori disposizioni (commi 146, 147 e 148), relative alla disciplina degli archivi notarili.
In particolare, il comma 146 modifica l'articolo 1 del regio decreto n. 3138 del 1923 (Nuovo ordinamento degli archivi notarili), in tema di riunione di archivi notarili distrettuali. Mediante l'aggiunta di un nuovo quarto comma, si stabilisce che la riunione di archivi notarili può essere disposta anche senza la riunione di uno o più distretti notarili. Tale aggregazione dovrà tenere conto:
§ del numero dei notai assegnati a ciascun distretto notarile dell'archivio da aggregare;
§ della media dei servizi erogati all'utenza negli ultimi tre anni dagli archivi da aggregare;
§ della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione.
I commi 147 e 148 intervengono sulla legge n. 629 del 1952, di riordino degli archivi notarili.
Modificandone l’art.
2, il comma 147 prevede che gli
Archivi notarili distrettuali siano istituiti con decreto del Ministro della
giustizia (in luogo del decreto del Presidente della Repubblica previsto nel
testo vigente), nei comuni capoluogo di
distretti notarili e con competenza per la circoscrizione del distretto o dei
distretti. La disposizione fa salva la possibilità di procedere alla
riunione degli archivi notarili distrettuali (v. sopra) ed esclude comunque
oneri per la finanza pubblica.
Il comma 148 sostituisce l'articolo 4
della legge n. 629 del 1952 per prevedere uffici ispettivi
esclusivamente presso gli Archivi notarili di Bologna e Napoli e
conseguentemente prevedere la soppressione degli attuali uffici ispettivi di
Milano, Roma e Palermo. La competenza dei due uffici è determinata dalla
tabella A, allegata alla legge del 1952, anch’essa oggetto di sostituzione.
Normativa vigente |
A.C. 3012-B |
Tabella A - Sedi e circoscrizioni di
competenza degli uffici ispettivi |
|
Milano: Archivi notarili distrettuali di
Alessandria, Asti, Bergamo, Biella, Brescia, Casale Monferrato, Como,
Cremona, Cuneo, Genova, Ivrea, La Spezia, Mantova, Massa, Milano, Novara,
Pavia, San Remo, Savona, Sondrio, Torino, Verbania. |
Soppresso |
Bologna:
Archivi notarili distrettuali di Ancona, Ascoli Piceno, Belluno, Bologna,
Bolzano, Ferrara, Forlì, Gorizia, Macerata, Modena, Padova, Parma, Pesaro,
Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rovigo, Trento, Treviso, Trieste, Udine,
Venezia, Verona, Vicenza. |
Bologna:
Archivi notarili distrettuali aventi sede nelle regioni: Emilia-Romagna,
Friuli Venezia Giulia, Marche, Liguria,
Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto
Adige, Valle d'Aosta, Veneto. |
Roma: Archivi notarili distrettuali di
Arezzo, Cassino, Chieti, Firenze, Frosinone, Grosseto, Lanciano, L'Aquila,
Latina, Livorno, Lucca, Perugia, Pisa, Rieti, Roma, Siena, Sulmona, Teramo,
Terni, Viterbo. |
Soppresso |
Napoli:
Archivi notarili distrettuali di Avellino, Bari, Benevento, Cagliari,
Campobasso, Foggia, Lagonegro, Lecce, Lucera, Matera, Melfi, Napoli,
Oristano, Potenza, Salerno, Santa Maria Capua Vetere, Sassari, Taranto,
Trani. |
Napoli: Archivi notarili distrettuali aventi sede nelle regioni di: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria |
Palermo: Archivi notarili distrettuali di
Agrigento, Caltagirone, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Enna,
Locri, Messina, Nicastro, Nicosia, Palermo, Palmi, Patti, Ragusa (Modica),
Reggio Calabria, Sciacca, Siracusa, Termini Imerese, Trapani, Vibo Valentia. |
Soppresso |
Sono stati soppressi dal Senato i seguenti articoli del testo approvato dalla Camera: 43 (semplificazioni nelle procedure ereditarie), 44 (Modifiche alla disciplina della società a responsabilità limitata semplificata) e 45 (Sottoscrizione digitale di taluni atti).
Articolo1,
commi 149-150
(Società di ingegneria)
Le disposizioni dei commi 149 e 150, non modificate rispetto al testo già approvato dalla Camera, estendono alle società di ingegneria costituite in forma di società di capitali o cooperative, la disciplina della legge n. 266 del 1997, che per prima ha consentito l’esercizio della professione in forma societaria. L’intervento normativo consente così di affermare la validità dei contratti conclusi, a decorrere dall’11 agosto 1997, tra le suddette società di ingegneria e i privati, superando interpretazioni opposte date dalla giurisprudenza.
Si ricorda che,
in origine, la legge n. 1815 del 1939[43] ha vietato a tutti i professionisti di esercitare la professione attraverso il ricorso alla forma societaria (art. 2),
consentendo esclusivamente la costituzione di associazioni professionali (art.
1).
Il generale divieto di ricorso alla forma societaria è
stato abrogato dall'art. 24 della legge
n. 266 del 1997[44] (c.d. Legge Bersani), entrata in vigore l’11 agosto
1997. Tale disposizione, peraltro, rinviava ad un regolamento di esecuzione la
determinazione dei requisiti per l’esercizio delle attività in forma
societaria; il regolamento non è stato
mai emanato.
È poi intervenuto l’art. 2, comma 1, lett. c), del
D.L. n. 223 del 2006 (c.d. decreto
Bersani[45]) che ha
abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano il divieto
di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte
di società di persone o associazioni tra
professionisti (c.d. società
multidisciplinari), fermo restando che l'oggetto sociale relativo
all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista
non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve
essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la
propria personale responsabilità.
Su questo quadro normativo si è inserita la legge di stabilità 2012[46] che, all’art.
10, ha disciplinato la costituzione di
società tra professionisti, consentendo ai professionisti iscritti a ordini
professionali di esercitare la professione in forma societaria o cooperativa (Titoli V e VI del Libro
quinto del codice civile) e dunque anche di assumere la forma di società di capitali. Qualsiasi forma
sia prescelta, la denominazione sociale sarà “società tra professionisti”, STP, che potrà svolgere anche diverse attività
professionali (c.d. società multidisciplinare)[47]. La disciplina
relativa all’esecuzione dell’incarico conferito alla società da parte di soci
in possesso dei requisiti, alla scelta del professionista da parte dell’utente,
all’incompatibilità e al rispetto del regime disciplinare dell’ordine è
dettata, in attuazione della legge, dal D.M. 8 febbraio 2013, n. 34[48].
Infine, la legge di stabilità 2012, pur abrogando la legge n. 1815 del 1939
sulle associazioni professionali, fa salvi
i diversi modelli societari e associativi previgenti.
Per quanto riguarda, nello specifico, l’esercizio della professione di ingegnere,
sulla scia di quanto in origine previsto tanto dalla c.d. Legge Merloni[49] quanto dalla
c.d. Merloni-ter[50], il Codice degli appalti (D.Lgs. n. 163 del
2006, art. 90, comma 2, lettera b)) consente la costituzione di società di capitali e cooperative, ma
limitatamente allo svolgimento della professione in relazione agli appalti pubblici, e dunque non nei
rapporti con i privati.
Sulla base di questo quadro normativo, dunque, parte
della giurisprudenza ha ritenuto che
le società di ingegneria possano validamente operare nei rapporti con i privati
solo a partire dal 1° gennaio 2013, ovvero dall’entrata in vigore della legge
di stabilità 2012, dichiarando la nullità di tutti i contratti stipulati
anteriormente, in quanto conclusi in violazione di legge[51].
Per risolvere il problema degli appalti privatistici conclusi dalle società di ingegneria prima del 2013, il comma 149 riconduce all’entrata in vigore della legge n. 266 del 1997 la possibilità per gli ingegneri di svolgere la professione attraverso la costituzione di società di capitali (società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata) e società cooperative, facendo conseguentemente salvi i rapporti contrattuali già intercorsi.
Il comma 150 abroga dunque il comma 2 dell’art. 24 della legge n. 266 del 1997, relativo alla necessità di un regolamento di esecuzione per la determinazione dei requisiti per l’esercizio delle attività in forma societaria.
Inoltre, il comma 149 richiede, per i contratti stipulati dalle medesime società dopo l’entrata in vigore del d.d.l. concorrenza, che le medesime società stipulino una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile conseguente allo svolgimento delle attività professionali dedotte in contratto e garantiscano che tali attività siano svolte da professionisti, nominativamente indicati, iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali.
Spetterà all’Autorità Nazionale Anticorruzione pubblicare sul proprio sito internet l'elenco delle suddette società.
Articolo1,
commi 151-153
(Disposizioni sulle professioni
regolamentate)
Il comma 151, non modificato dal Senato, interviene sull’articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, in tema di compenso per le prestazioni professionali, imponendo la comunicazione obbligatoria dei professionisti ai clienti.
Il comma 152, inserito dal Senato, attraverso una disposizione di interpretazione autentica, estende alla categoria professionale degli agrotecnici l'abilitazione a compiere una serie di operazioni in materia catastale
Il comma 153, inserito durante l'esame al Senato, obbliga i professionisti iscritti a ordini e collegi a indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni
In particolare, il comma 151, non modificato dal Senato, interviene sull’articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, in tema di compenso per le prestazioni professionali.
La disposizione impone che la comunicazione obbligatoria dei professionisti ai clienti circa il grado di complessità dell’incarico, gli oneri ipotizzabili dal conferimento dello stesso alla sua conclusione, gli estremi della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale, sia resa per iscritto o in forma digitale.
La stessa forma scritta (o digitale) dovrà avere anche il preventivo di massima del compenso della prestazione professionale.
Il comma 152, inserito dal Senato,
attraverso una disposizione di interpretazione autentica, estende alla
categoria professionale degli agrotecnici l'abilitazione a compiere una
serie di operazioni in materia catastale, in particolare gli atti di
aggiornamento geometrico. La disposizione, interpretando in questo senso l’art.
145, comma 96, della legge di stabilità 2001 (legge n. 388 del 2000), risolve a
favore degli agrotecnici un contrasto sorto soprattutto con i geometri al quale
la giurisprudenza dal 2001 non è riuscita a fornire una risposta univoca.
Il comma di cui si fornisce interpretazione autentica
prevede che gli atti di aggiornamento geometrico, di cui alla legge di
semplificazione delle procedure catastali (l. n. 679 del 1979) ed alla legge di
perfezionamento e revisione del sistema catastale (D.P.R. n. 650 del 1972), nonché
le denunce di variazione di cui TU delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del
1986), rese dai soggetti di cui all'articolo
1, comma 7, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (ingegneri,
architetti, dottori agronomi, periti agrari e agrotecnici, geometri e periti
edili), debbano essere redatte in conformità delle disposizioni contenute al
D.M. 19 febbraio 1994, n. 701.
Si ricorda che analoga
disposizione di interpretazione autentica (art. 26, comma 7-ter) è già stata
inserita dal legislatore nella legge di conversione del decreto-legge n. 248
del 2007 (c.d. Milleproroghe) per essere poi
dichiarata costituzionalmente
illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 154 del 2015. La
Corte ha ritenuto infatti quella norma in contrasto con l’art. 77 della
Costituzione, in quanto non omogenea con il contenuto del decreto-legge.
L’accoglimento della questione sotto il profilo della violazione dell’art. 77 Cost. ha precluso alla Corte la possibilità di esaminare
anche le ulteriori censure mosse alla norma rispetto all’art. 3 Cost. («nella parte in cui, in modo arbitrario, verrebbe ad
influire in termini di impropria concorrenza sull'attività professionale dei
geometri, ad onta della loro comprovata e più adeguata preparazione nella
materia catastale») e all’art. 97 Cost. («che
risulterebbe pregiudicato dallo svolgimento di attività ad opera di soggetti
non dotati di un'adeguata capacità professionale»).
Il comma 153, inserito durante l'esame al Senato, obbliga i professionisti iscritti a ordini e collegi a indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni, al fine di assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell'utenza.
La previsione dell’obbligo di comunicare titoli e specializzazioni innova rispetto a quanto sinora previsto tanto nel regolamento di riforma degli ordinamenti professionali quanto nella disciplina di specifiche professioni. Ad oggi, infatti, la comunicazione di titoli e specializzazioni costituisce una facoltà per il professionista e non un obbligo.
Si ricorda che l’art. 4, comma 1, del regolamento di riforma degli ordinamenti professionali (D.P.R. n. 137 del 2012), relativo alla libera concorrenza e alla pubblicità informativa così dispone: «È ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni».
Con riferimento alla professione forense, l’art. 10 della legge n. 247 del 2012, rubricato “Informazioni sull'esercizio della professione”, così dispone: «È consentita all'avvocato la pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sull'organizzazione e struttura dello studio e sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti».
In ordine alla formulazione del testo, si valuti l’opportunità di chiarire i diversi ambiti della “indicazione” e della “comunicazione” dei titoli e delle specializzazioni possedute, nonché di specificare in quali momenti del rapporto con l’utenza tali informazioni debbano essere rese. Infine, si valuti l’opportunità di prevedere una sanzione a fronte del mancato rispetto del nuovo obbligo da parte del professionista.
Articolo 1,
commi 154-157
(Esercizio dell’attività odontoiatrica)
I commi da 154 a 157 - inseriti in sede referente al Senato – introducono nuove norme sull’esercizio dell’attività odontoiatrica in forma societaria.
La legge n. 409/1985[52] ha istituito la professione sanitaria di odontoiatra definendone i
requisiti per la formazione professionale. Attualmente in Italia il legittimo
esercizio dell’odontostomatologia è consentito a:
§ laureati in odontoiatria e protesi dentaria;
§ laureati in medicina e chirurgia immatricolati al corso di laurea prima del 28 gennaio 1980 con o senza specializzazione in odontostomatologia;
§ laureati in medicina e chirurgia immatricolati al corso di laurea dopo il 28 gennaio 1980, in possesso del diploma di specializzazione in odontostomatologia o abilitati all'esercizio della odontoiatria secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 386/1998[53].
Requisito indispensabile per
l'esercizio della professione è l'iscrizione all'Albo degli Odontoiatri presso
l'Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia di residenza del
sanitario.
Inoltre, l’art. 8-ter, comma 2, del D.Lgs. 502/1992 in
tema di riordino della disciplina in materia sanitaria, prevede espressamente
che “l'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta
per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati
per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure
diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un
rischio per la sicurezza del paziente”.
Si ricorda infine che il 9
giugno 2016, in sede di Conferenza Stato-regioni è stata raggiunta l’Intesa sul documento in materia di requisiti minimi
di qualità e sicurezza richiesti per l’autorizzazione all’apertura ed
all’esercizio delle strutture sanitarie deputate all’erogazione di prestazioni
odontostomatologiche.
Più nello specifico, l'esercizio
dell’attività odontoiatrica è consentito:
§ ai soggetti in possesso dei titoli abilitanti
di cui alla legge 409/1985;
§ a società operanti nel settore odontoiatrico
in cui il direttore sanitario sia iscritto all'albo degli odontoiatri;
§ alle strutture sanitarie polispecialistiche
presso le quali sia presente un ambulatorio odontoiatrico ove sia nominato un
direttore responsabile per i servizi odontoiatrici iscritto al medesimo albo
(quest'ultima condizione non si applica qualora il direttore sanitario
dell'intera struttura sia un soggetto iscritto all'albo degli odontoiatri).
Si prevede, inoltre, che il direttore responsabile per i servizi odontoiatrici possa svolgere tale funzione esclusivamente in una sola delle strutture in oggetto.
Con decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, si definiscono le modalità della sospensione delle attività della struttura per il mancato rispetto degli obblighi e dei divieti sopra illustrati.
Articolo 1,
commi 158-164
(Misure
per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica)
I commi da 158 a 164:
§ consentono l’ingresso di società di capitale nella titolarità dell’esercizio della farmacia privata;
§ rimuovono il limite delle 4 licenze, attualmente previsto, in capo ad una identica società;
§ pongono il divieto di controllo, diretto o indiretto da parte di un medesimo soggetto, di una quota superiore al 20 per cento delle farmacie della medesima regione o provincia autonoma. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è incaricata di assicurare il rispetto del divieto summenzionato, attraverso l'esercizio dei poteri di indagine, di istruttoria e di diffida ad essa attribuita dalla disciplina vigente;
§ sopprimono i requisiti soggettivi per la partecipazione alle società che gestiscono farmacie;
§ consentono che la direzione della farmacia gestita da una società sia affidata anche ad un farmacista che non sia socio.
§ stabiliscono l’incompatibilità della partecipazione alle società di capitale nella titolarità dell’esercizio della farmacia privata con l’esercizio della professione medica, confermano il vincolo di incompatibilità già vigente con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione ed informazione scientifica del farmaco e sopprimono il riferimento alle attività di intermediazione (distribuzione) del farmaco, le quali sembrerebbero diventare, di conseguenza, compatibili;
§ permettono, ai titolari delle farmacie ubicate nei comuni con popolazione inferiore a 6.600 abitanti, che risultino essere soprannumerarie per decremento della popolazione, di ottenere il trasferimento territoriale presso comuni della medesima regione. La domanda di trasferimento è ammessa verso i comuni che presentino un numero di farmacie inferiore a quello spettante. Il trasferimento è concesso sulla base di una graduatoria regionale per titoli e previo il pagamento di una tassa di concessione governativa una tantum pari a 5.000 euro;
§ modificano la disciplina sulla partecipazione in forma associata ai concorsi per il conferimento di sedi farmaceutiche in riferimento all’obbligo di mantenimento della conseguente gestione associata, che passa da dieci a tre anni;
§ consentono la fornitura dei medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero oltre che, come già previsto, da parte dei produttori e dei grossisti, anche attraverso le farmacie.
Nella segnalazione A.S 1137[54], il superamento dei vincoli alla multititolarità è richiesto in associazione al superamento dell’attuale sistema di contingentamento del numero di farmacie presenti sul territorio nazionale. L’Antitrust riconosce i progressi ottenuti con l’art. 11 del decreto legge 1/201225 nell’allargamento della pianta organica delle farmacie, ma sottolinea che si è ancora lontani da una corretta distribuzione territoriale delle farmacie in rapporto alla domanda dei consumatori/pazienti, tanto che l’attuale numero massimo di farmacie potrebbe essere trasformato in numero minimo. Con riguardo all’abolizione di vincoli alla multititolarità, l’Antitrust sottolinea che tale misura potrebbe garantire lo sviluppo di adeguate economie di scala e di rete e la nascita di nuovi modelli di business, che potranno riverberarsi in una riduzione dei costi della distribuzione a beneficio dell’utenza, analoghi a quelli sperimentati in altri Paesi europei. Secondo l’Antitrust, nel medio periodo, la maggior efficienza della distribuzione (e la possibilità di comprimere i margini di intermediazione, oggi ancora particolarmente elevati) finirà per riflettersi positivamente anche sulla spesa farmaceutica a carico del SSN.
La Commissione europea nel documento sugli squilibri macroeconomici[55], riferendosi all’articolo originario del disegno di legge in esame
sottolinea che “Per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti farmaceutici,
il disegno di legge rimuove il divieto di possedere più di quattro farmacie e
consente anche alle società di essere titolari di farmacie. Tuttavia non
sopprime il regime di quote, non apre il mercato dei farmaci con ricetta
obbligatoria ma non rimborsati dal sistema sanitario e non pone rimedio alle
strozzature alla diffusione di farmaci generici indicate dall'Autorità garante
della concorrenza e del mercato”. Nello stesso documento viene evidenziato come
la concorrenza nel settore sanitario sia rimasta esclusa dal ddl in esame.
La relazione di
accompagnamento al provvedimento specifica invece che restano da avviare
ulteriori approfondimenti circa le proposte di eliminare i vincoli regolamentari
che ritardano l’ingresso sul mercato dei farmaci equivalenti, con riferimento
evidente alle procedure di registrazione dei medicinali e al patent linkage
nonché alla necessità di modificare il sistema di remunerazione della filiera
distributiva del farmaco.
Il comma 158 consente l’ingresso di società di capitale nella titolarità dell’esercizio della farmacia privata e rimuove il limite delle 4 licenze, attualmente previsto, in capo ad una identica società. L’intervento legislativo è attuato modificando l’articolo 7 della Legge 362/1991[56] di riordino del servizio farmaceutico.
Più nello specifico, le modifiche introdotte sono le seguenti:
§ il comma 1 è sostituito: le società di capitali vengono così aggiunte all’elenco dei soggetti che possono essere titolari dell’esercizio di farmacia privata.
A legislazione vigente, la legge 362/1991, all’art. 7, co. 1,
stabilisce che la titolarità delle farmacie private può essere assegnata a:
- singoli farmacisti iscritti all’albo con i requisiti
di idoneità. L'idoneità alla titolarità si può ottenere in seguito al
superamento (non obbligatoriamente la vincita) di un concorso per
l'assegnazione di sedi farmaceutiche, oppure dopo un periodo di pratica
professionale della durata di due anni svolto in una farmacia aperta al
pubblico e certificato dall'Ufficio farmaceutico della ASL di competenza. La
titolarità in capo a una persona fisica presuppone che il titolare sia
responsabile della gestione patrimoniale e della conduzione
tecnico-professionale della farmacia. Titolarità della farmacia e proprietà
dell'azienda sono inseparabili e seguono lo stesso destino amministrativo. Il
trasferimento della titolarità comporta infatti la cessione della proprietà;
- società di persone (società in nome collettivo e
società in accomandita semplice) costituite tra farmacisti iscritti all’albo
con i requisiti di idoneità;
- società cooperative a responsabilità limitata
costituite tra farmacisti iscritti all’albo con i requisiti di idoneità.
§ comma 1, lettera b) sostituisce il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 7 della legge 362/1991. Pur restando fermo il fatto che le società titolari dell’esercizio di farmacia privata hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia, sono soppressi i requisiti soggettivi per la partecipazione alle società che gestiscono farmacie. Si ricorda che la disciplina vigente limita la possibilità di partecipazione alle persone fisiche, iscritte all'albo dei farmacisti e che abbiano conseguito, in un concorso per assegnazione di sedi farmaceutiche, una titolarità o l'idoneità o che abbiano effettuato almeno due anni di pratica professionale. In secondo luogo, la novella, insieme con la novella di cui al successivo comma 161, lettera a), introduce il principio di incompatibilità della partecipazione alle società in oggetto con l’esercizio della professione medica, conferma il vincolo di incompatibilità già vigente con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione ed informazione scientifica del farmaco e sopprime il riferimento alle attività di intermediazione del farmaco, le quali sembrerebbero diventare, di conseguenza, compatibili. L’ultimo periodo della norma in esame specifica che sono applicate, per quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 8 della legge 362/1991.
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettere b) e c),
della legge
362/1991, sono incompatibili con la
partecipazione alle società di gestione di farmacie private anche la posizione
di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia e
la titolarità di qualsiasi rapporto di lavoro, pubblico o privato. La novella
di cui al comma 1, lettera b),
conferma l'applicazione di tali norme, in quanto compatibili.
Si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 275
dell'8-24 luglio 2003
ha esteso alle società di gestione di
farmacie comunali il vincolo di incompatibilità con qualsiasi altra attività
nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione ed informazione
scientifica del farmaco, facendo riferimento, oltre che alla mancanza di
motivazioni per un diverso trattamento normativo tra le società, anche al
principio costituzionale di tutela della salute. Occorrerebbe, in ogni caso,
chiarire se la medesima soppressione dell'incompatibilità con le attività di
intermediazione (o distribuzione) del farmaco operi anche per la partecipazione
alle società di gestione di farmacie comunali.
§ comma 1, lettera c), consente, modificando il comma 3 dell’articolo 7 della legge 362/1991, che la direzione della farmacia gestita da una società sia affidata anche ad un farmacista che non sia socio. Resta fermo che il titolare della direzione in oggetto deve essere iscritto all'albo ed aver conseguito, in un concorso per assegnazione di sedi farmaceutiche, una titolarità o l'idoneità o aver svolto almeno due anni di pratica professionale (requisito previsto dall’art. 12 della legge 475/1968[57]). Attualmente invece la direzione della farmacia gestita in forma societaria doveva essere affidata ad uno dei soci/e che ne è responsabile.
§
comma 1,
lettera d) - inserita in sede
referente al Senato – modifica il comma 4 dell’articolo 7 della legge
362/1991, sopprimendo la norma che impone la
sostituzione temporanea (nei casi ammessi) nella direzione della farmacia (di cui sia titolare una società)
con un altro socio farmacista, consentendo - in conformità con la
novella di cui alla precedente lettera c) - la sostituzione temporanea con
qualsiasi altro farmacista in possesso del requisito dell’idoneità (v. supra).
Si
segnala che la novella relativa alla sostituzione temporanea nella direzione
della farmacia (di cui sia titolare una società) è operata anche dall'art. 13,
comma 2, del disegno di legge A.C. n. 3868, ora all’esame della Commissione XII
della Camera; in quest'ultima novella, l'estensione dell'àmbito soggettivo è
stabilita in termini ancora più ampi, in quanto si consente la sostituzione
temporanea con qualsiasi farmacista iscritto all'albo.
§ comma 1, lettera e), abroga il comma 4-bis dell’articolo 7 della legge 362/1991, sopprimendo, per le società in oggetto, l'attuale limite numerico delle titolarità di farmacie, pari a quattro, e la condizione che le medesime farmacie siano ubicate nella provincia dove la società abbia sede legale.
Sempre in materia di limiti, il comma 159 - inserito in sede referente al Senato - pone il divieto di controllo, diretto o indiretto, secondo la nozione di cui agli articoli 2359 e seguenti del codice civile, da parte di un medesimo soggetto, di una quota superiore al 20 per cento delle farmacie della medesima regione o provincia autonoma.
Il comma 160 - anch'esso inserito in sede referente al Senato - prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato assicuri il rispetto del divieto summenzionato, attraverso l'esercizio dei poteri di indagine, di istruttoria e di diffida ad essa attribuita dalla disciplina vigente.
Il comma 161 modifica l’articolo 8 della legge 362/1991 introducendo, alla lettera a), una modifica di coordinamento concernente le incompatibilità, (cfr. supra, comma 158, lettera b))-.
La lettera b) del comma in esame modifica la norma sull'obbligo di comunicazione dello statuto societario e delle relative variazioni ad alcuni soggetti pubblici. Rispetto alla disposizione vigente, si specifica che l'obbligo concerne anche le variazioni dell'identità dei soci e che, per la trasmissione dello statuto, il termine di sessanta giorni decorre dall'adozione del medesimo (la norma attuale - formulata con riferimento all'originario limite di gestione di una sola farmacia da parte della società - fa letteralmente riferimento, come termine di decorrenza, alla data dell'autorizzazione alla gestione della farmacia).
Il comma 162 aggiunge il comma 2-bis all’articolo 2 della legge 475/1968, consentendo, ai titolari delle farmacie non sussidiate[58], che, nei comuni con popolazione inferiore a 6.600 abitanti, risultino essere soprannumerarie per decremento della popolazione, il trasferimento territoriale presso comuni della medesima regione. La domanda di trasferimento è ammessa verso i comuni che, all'esito dell'ordinaria revisione biennale[59], presentino un numero di farmacie inferiore a quello spettante. Il trasferimento è concesso sulla base di una graduatoria regionale per titoli, che tenga conto anche dell'ordine cronologico di presentazione delle domande, e previo il pagamento di una tassa di concessione governativa una tantum pari a 5.000 euro.
Ai fini dell'ammissibilità del trasferimento, la graduatoria deve perfezionarsi prima dell'avvio della procedura biennale del concorso ordinario per sedi farmaceutiche[60]. Viene, inoltre, esplicitamente fatta salva la procedura concorsuale straordinaria, di cui all'art. 11 del decreto legge 1/2012[61].
Si ricorda che l’articolo 11
del decreto legge 1/2012 ha modificato l’articolo 1, comma 1, della legge
475/1968 stabilendo che ogni Comune deve avere una farmacia ogni 3.300 abitanti
(la popolazione eccedente, rispetto tale parametro, consente l'apertura di una
ulteriore farmacia, qualora sia superiore al 50 per cento del parametro
stesso). Per quanto riguarda la localizzazione, spetta al Comune (sentiti
l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per
territorio) il compito di individuare le zone nelle quali collocare le farmacie
al fine di assicurare una equa distribuzione sul territorio ed di garantire
l'accessibilità del servizio farmaceutico anche ai cittadini residenti in aree
scarsamente abitate.
In riferimento alla nozione
di farmacia soprannumeraria, si rileva che non esiste alcuna definizione
normativa al riguardo, se non quella contenuta nell’articolo 11, comma 3, del
decreto legge 1/2012, valida esclusivamente ai fini della partecipazione al
concorso straordinario; nozione che fra l’altro è stata chiarita in una Nota
dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute (Nota 21 marzo 2012).
Sembrerebbe opportuno chiarire se la domanda di trasferimento possa
essere presentata anche con riferimento soltanto ad alcuni dei comuni per i
quali essa sia ammissibile e se, di conseguenza, la graduatoria regionale sia
redatta per ogni singolo comune, nonché se, in caso di ritardo nell'emanazione
del bando ordinario, la graduatoria (per il trasferimento) debba comunque
perfezionarsi entro il termine suddetto del 31 marzo di ogni anno dispari.
Il comma 163 - inserito in sede referente al Senato – modifica l’articolo 92, comma 4, del D.Lgs. 219/2006[62] riguardo le modalità di fornitura dei medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero (o anche, in alcuni casi, nelle strutture di ricovero a carattere privato) (cosiddetti farmaci di fascia H). La norma vigente richiede la fornitura diretta dei suddetti medicinali, da parte dei produttori e dei grossisti, in favore delle strutture autorizzate a impiegarli o degli enti da cui esse dipendono. La novella consente che la fornitura medesima avvenga anche tramite le farmacie (fermi restando i suddetti limiti di destinazione e di utilizzo del farmaco).
Il comma 164 - inserito in sede referente al Senato - modifica la disciplina sulla partecipazione in forma associata ai concorsi per il conferimento di sedi farmaceutiche relativamente alla conseguente gestione associata (di cui all’articolo 11, comma 7, del decreto legge 1/2012). La norma vigente prevede che gli interessati (in possesso dei requisiti di legge) possano concorrere per la gestione associata, sommando i titoli posseduti, e che la titolarità della farmacia eventualmente assegnata a tali soggetti sia condizionata al mantenimento della gestione associata, da parte degli stessi vincitori, su base paritaria, per un periodo di dieci anni, fatte salve la premorienza o la sopravvenuta incapacità. La modifica riduce quest'ultimo termine a tre anni e specifica che esso decorre dalla data di autorizzazione all'esercizio della farmacia.
Articolo 1,
comma 165
(Modifiche del foglietto illustrativo dei
medicinali)
In caso di modificazioni apportate al foglietto illustrativo di un farmaco, il comma 165 - inserito al Senato – consente la vendita al pubblico delle scorte, prevedendo che il cittadino scelga di poter ritirare il foglietto sostitutivo in formato cartaceo o digitale.
L’intervento legislativo è attuato modificando il comma 1-bis dell’articolo 37 (Smaltimento scorte o termine per il ritiro delle confezioni a seguito di autorizzazione di modifiche) del D.Lgs. 219/2006[63].
Più in particolare, il comma in esame - inserito al Senato - concerne la disciplina sulla vendita delle scorte di medicinali per i quali siano intervenute modificazioni del foglietto illustrativo. La norma vigente prevede che l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) possa autorizzare la vendita al pubblico di tali scorte, subordinandola alla consegna al cliente, a cura del farmacista, di un foglietto sostitutivo conforme a quello nuovo.
La novella dispone invece che, nel caso della suddetta autorizzazione da parte dell'AIFA, il cittadino abbia diritto di scegliere tra il ritiro del nuovo foglietto in formato analogico (cioè, cartaceo) e la ricezione del medesimo mediante metodi digitali.
Dalla norma non
derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
comma 166
(Orari e turni delle farmacie
convenzionate con il SSN)
Il comma 166 consente, alle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, di
prestare servizio aggiuntivo oltre gli
orari e i turni di apertura e chiusura stabiliti dalle autorità competenti.
Più nello specifico, il comma in esame consente che le farmacie convenzionate con il SSN siano aperte anche oltre gli orari ed i turni stabiliti, i quali rappresentano il livello minimo di servizio da assicurare. La facoltà di apertura al di fuori di quest'ultimo àmbito è subordinata alla preventiva comunicazione all’autorità sanitaria competente e - come aggiunto in sede referente al Senato - all'ordine provinciale dei farmacisti nonché all'informazione alla clientela, resa mediante cartelli affissi all’esterno dell’esercizio.
Si ricorda che l’articolo 11, comma 8, del decreto legge 1/2012 ha già stabilito al primo periodo che “I turni e gli orari di farmacia stabiliti dalle autorità competenti in base alla vigente normativa non impediscono l'apertura della farmacia in orari diversi da quelli obbligatori”. Pertanto, la norma in esame completa e chiarisce quanto già precedentemente stabilito.
Per tale
ragione, si valuti l’opportunità di novellare l’articolo 11, comma 8, del
decreto legge 1/2012, operando una sostituzione o un’integrazione del primo
periodo.
Articolo 1,
comma 167
(Nullità clausole contrattuali che
vietano a imprese ricettive di offrire condizioni migliori rispetto a quelle
delle
piattaforme telematiche)
Il comma 167, non modificato nel corso dell’esame in Senato, introduce una disposizione volta a prevedere la nullità di ogni clausola con la quale un’impresa turistico-ricettiva si obblighi a non praticare alla clientela condizioni migliorative rispetto a quelle praticate dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi.
Il comma in esame, introdotto nel corso della prima lettura alla Camera e non modificato dal Senato, è teso a regolamentare il rapporto contrattuale che si instaura tra le imprese turistico-ricettive ed eventuali intermediari, tra i quali certamente le piattaforme di prenotazione alberghiera on line, ma anche l’intermediazione realizzata attraverso i canali tradizionali (agenzie di viaggio). La norma contempla infatti un divieto che sembra coinvolgere tutti i soggetti attivi nell’intermediazione alberghiera, senza distinzione tra le modalità – online o canali fisici tradizionali, suscettibili di integrare mercati distinti – attraverso cui l’intermediazione si realizza.
In particolare si prevede la nullità delle clausole contrattuali relative alla parità di prezzo, disponibilità e prodotto (c.d. clausole Most Favoured Nation –MFN) che vincolano le strutture turistico ricettive a non offrire prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale sia online che offline.
Sul punto, è opportuno ricordare che l’Autorità garante della concorrenza ed il mercato ha concluso il procedimento avviato nei confronti delle società Booking ed Expedia[64], volto a verificare le possibili limitazioni della concorrenza connesse all’utilizzo, da parte delle principali piattaforme di prenotazione di strutture alberghiere on line (le c.d. online travel agencies OTA), di clausole, nei rapporti contrattuali con i propri hotel partner, di parità tariffaria e di altre condizioni (anche in termini di numero di stanze disponibili), c.d. clausole Most Favoured Nation (MFN). In risposta alle criticità di natura concorrenziale sollevate dall’Autorità nel provvedimento di avvio del presente procedimento, Booking, in data 11 dicembre 2014, ha presentato impegni ai sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90. L’Autorità ha accolto gli impegni presentati dalle società del gruppo Booking, consistenti in una riduzione significativa dell’ambito di applicazione delle clausole di MFN, le quali si applicheranno esclusivamente ai prezzi e alle altre condizioni pubblicamente offerte dagli hotel attraverso i propri canali di vendita diretta online, lasciando piena libertà agli hotel nella determinazione delle condizioni di offerta praticate sulle altre OTA e sui propri canali diretti offline, nonché nell’ambito dei propri programmi di fidelizzazione. In particolare l’Autorità ha considerato gli impegni presentati da Booking idonei a far venir meno i profili anticoncorrenziali relativi alle condotte alla stessa contestate nel provvedimento di avvio, con particolare riferimento alle ipotizzate alterazioni delle dinamiche concorrenziali riconducibili ai rapporti fra OTA.
Si segnala inoltre che, nella memoria presentata dall’Autorità in occasione dell’Audizione presso la X Commissione Senato sul disegno di legge in esame, in data 28 ottobre 2015, si afferma in termini generali, che la ratio della disposizione in commento va “nella medesima direzione che ha spinto l’Autorità ad affrontare i profili potenzialmente restrittivi della concorrenza che discendono dall’applicazione, da parte delle maggiori piattaforme di prenotazione alberghiera, della clausola MFN”. Tuttavia, rispetto al contenuto degli impegni presentati da Booking e accolti dall’Autorità – che sostanzialmente limitano l’applicazione della clausola MFN alle sole vendite dirette effettuate dagli hotel attraverso i propri canali online – il testo in esame “prevede, in termini più ampi, la nullità di ogni clausola con la quale un’impresa turistico-ricettiva si obblighi a praticare alla clientela condizioni migliorative rispetto a quelle praticate da qualunque intermediario”. L’Autorità rileva, al riguardo, che l’ipotizzata restrittività delle condotte relative alla applicazione delle clausole MFN risultava, nella ricostruzione effettuata dall’Autorità stessa in sede di avvio del procedimento, intrinsecamente legata – in linea con i principi che regolano, anche in sede europea, la valutazione di restrittività delle intese verticali – alla posizione nel mercato delle due piattaforme parti del procedimento, che rappresentano il primo e secondo operatore e alle quali è riconducibile “almeno il 75% delle prenotazioni alberghiere online”. Pur, quindi, ispirato al medesimo obiettivo in termini di ‘eliminazione’ di clausole contrattuali che possano costituire un ostacolo al pieno dispiegarsi di meccanismi competitivi nel mercato, il testo della norma ora all’esame– nella sua ampia definizione – introduce un rimedio (la nullità di ogni clausola MFN) che prescinde da qualsiasi valutazione in termini di posizioni e quote di mercato delle imprese.
L’Autorità svolge infine
alcune considerazioni in ordine ai possibili profili di compatibilità della
norma con il diritto dell’Unione europea, sottolineando che uno dei profili che
potrebbe formare oggetto di qualche rilievo da parte della Commissione è quello
relativo alla introduzione – in un mercato che si caratterizza per la presenza
di operatori attivi almeno su tutto il territorio europeo, ed anche su scala
world-wide – di norme nazionali potenzialmente idonee ad operare una
artificiale segmentazione di tale mercato. Inoltre l’Autorità sottolinea che
alcune perplessità potrebbero essere sollevate, in sede europea, con riferimento
ad un eccessivo irrigidimento dell’autonomia contrattuale tra le imprese.
Articolo 1,
comma 168
(Misure
per favorire l'utilizzo dei servizi di trasporto pubblico locale)
Il comma 168 prevede, con riguardo ai servizi di trasporto pubblico locale, l’obbligo per il concessionario di fornire un servizio di biglietteria telematica accessibile via internet.
Più nel dettaglio la disposizione, introdotta nel corso dell’esame presso l'altro ramo del Parlamento, nell’ottica di un rafforzamento dei diritti del consumatore, stabilisce che le Regioni, ciascuna secondo il proprio ordinamento, prevedano, nell’ambito dei contratti di servizio di trasporto pubblico locale, che saranno stipulati successivamente al 31 dicembre 2017, delle clausole che obblighino il concessionario a fornire agli utenti un servizio di biglietteria telematica accessibile mediante un sito internet dedicato.
Lo stesso contratto di servizio dovrà individuare delle sanzioni specifiche qualora il concessionario non adempia a tale obbligo.
L’articolo 8, comma 3, del decreto-legge n.
179 del 2012 ha previsto, con riguardo al trasporto pubblico
locale, la possibilità di consentire l'utilizzo della bigliettazione
elettronica attraverso strumenti di pagamento in mobilità, anche attraverso
l'addebito diretto su credito telefonico e nel rispetto del limite di spesa per
ciascun biglietto acquistato, tramite qualsiasi dispositivo di
telecomunicazione. La citata disposizione prevede anche la creazione di sistemi
di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale e di biglietti
elettronici integrati nelle città metropolitane. La legge di stabilità per il
2014 (legge n. 147 del 2013) ha successivamente esteso la citata modalità di
pagamento anche ai servizi di parcheggio, di bike sharing,
di accesso ad aree a traffico limitato e di analoghi sistemi di mobilità e
trasporto.
È appena il caso di ricordare che numerose misure in
materia di trasporto pubblico locale sono previste dal decreto legge n. 50 del
2017 "Disposizioni urgenti in materia finanziaria, a favore degli enti
territoriali e zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo",
attualmente in corso di conversione presso la Camera (AC 4444).
Articolo 1,
commi 169 e 170
(Misure di tutela degli utenti dei
servizi di trasporto di linea)
I commi 169 e 170 prevedono, a tutela degli utenti dei servizi di trasporto di linea, l'obbligo per i concessionari ed i gestori di servizi di informare i passeggeri delle modalità per accedere alla carta dei servizi e delle ipotesi che danno titolo a fruire di rimborsi e indennizzi.
Più nel dettaglio il comma 169 stabilisce che i concessionari ed i gestori di servizi di linea di trasporto passeggeri su gomma o rotaia e di trasporto marittimo, in ambito nazionale, regionale e locale, debbano informare i fruitori del servizio, entro la conclusione del medesimo, delle modalità per accedere alla carta dei servizi e delle ipotesi che danno titolo a fruire di rimborsi e indennizzi indicandone l’entità. Tali modalità devono includere necessariamente la possibilità per il singolo passeggero di chiedere il rimborso durante o immediatamente dopo il termine del servizio di trasporto, a semplice esibizione del titolo di viaggio e senza ulteriori formalità. Come è stato precisato nel testo licenziato dal Senato, sui concessionari e gestori grava inoltre l'onere di assicurare una maggiore efficienza e semplificazione delle procedure, attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie per le fasi di acquisto e di emissione dei biglietti.
La “Carta dei Servizi” è il
mezzo attraverso il quale i soggetti concessionari o gestori di servizi
pubblici individuano gli standard
della propria prestazione, dichiarando i propri obiettivi e riconoscendo
specifici diritti in capo al cittadino-utente-consumatore.
La prima disciplina delle
“carte dei servizi” è contenuta nella direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, principi sull'erogazione dei servizi pubblici.
Successivamente sono
intervenute diverse disposizioni normative, che hanno disciplinato i diritti
degli utenti dei servizi pubblici sia a livello nazionale (decreto legislativo 286/1999[65]) che europeo. La normativa di riferimento pertinente alla disciplina
in commento può essere attualmente riscontrata nell’articolo 8 del
decreto-legge 1/2012[66] in base al quale “Le carte di servizio, nel definire gli obblighi cui
sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali, o di
un'infrastruttura necessaria per l'esercizio di attività di impresa o per
l'esercizio di un diritto della persona costituzionalmente garantito, indicano
in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti
possono esigere nei confronti dei gestori del servizio e dell'infrastruttura”.
Spetta alle Autorità indipendenti di regolazione e ad ogni altro ente pubblico,
anche territoriale, dotato di competenze di regolazione sui servizi pubblici,
anche locali, definire gli specifici diritti in capo agli utenti, salve
eventuali ulteriori garanzie che le imprese che gestiscono il servizio o
l'infrastruttura definiscano autonomamente.
Il comma 170 prescrive ai concessionari e
ai gestori sopra indicati di adeguare le proprie carte di servizi e la propria
organizzazione a quanto previsto dal comma precedente.
Articolo 1,
comma 171
(Noleggio con conducente di velocipedi)
Il comma 171, non modificato dal Senato, integra le disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea, previste dall'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 15 gennaio 1992, n. 21 stabilendo che il servizio di noleggio con conducente, oltre che con autovetture, motocarrozzette, natanti e veicoli a trazione animale possa essere svolto anche a mezzo di velocipedi.
Ai sensi dell’articolo 1,
comma 1 della legge 21/1992 sono autoservizi pubblici non di linea quelli che provvedono al
trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e
integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari,
automobilistici, marittimi, lacuali ed aerei, e che vengono effettuati, a
richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o
periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.
Per l’esercizio del servizio
occorre l’iscrizione al ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad
autoservizi pubblici non di linea (articolo 6, comma 2, della citata legge
21/1992).
Secondo la normativa
vigente, costituiscono servizi non di linea: il servizio di taxi con
autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale; il servizio
di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a
trazione animale.
Si ricorda che i commi 180-183 del disegno di legge all’esame, alla cui scheda si rinvia, contengono una delega al Governo diretta alla revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea.
Articolo 1,
comma 172
(Semplificazione della riproduzione di
beni culturali)
Il comma 172, introdotto durante l’esame presso il Senato, intende semplificare ulteriormente la riproduzione dei beni culturali, in particolare estendendo le ipotesi in cui la stessa non necessita di autorizzazione e ampliando i casi in cui non è dovuto alcun canone.
A tal fine, novella i co. 3 e 3-bis dell’art. 108 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), rispettivamente modificato e inserito dall’art. 12, co. 3, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).
La riproduzione di beni culturali è regolata negli artt. 107-109 del D.Lgs. 42/2004.
In particolare, l’art.
107 dispone che il Ministero, le regioni, gli enti pubblici territoriali
possono consentire la riproduzione (oltre che l’uso strumentale e precario) dei
beni culturali che hanno in consegna, fatte salve le disposizioni in materia di
diritto d’autore, nonché vietando, di regola e salvo casi eccezionali –
comunque nel rispetto delle modalità stabilite con decreto ministeriale[67] –, la
riproduzione che consista nel trarre calchi, per contatto, dagli originali di
sculture e opere a rilievo, indipendentemente dal materiale con cui tali beni
sono fatti[68].
Ai sensi dell’art.
108, i canoni di concessione e i
corrispettivi per la riproduzione
sono determinati dall’autorità che ha in consegna il bene[69], tenendo anche
conto, fra l’altro, dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle
riproduzioni, del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni,
dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici
che ne derivano al richiedente (co. 1).
Nessun
canone è dovuto – a seguito delle modifiche apportate
all’art. 108 dall’art. 12 del D.L. 83/2014 – per le riproduzioni richieste da
privati per uso personale o motivo di studio, ovvero da soggetti pubblici o
privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I
richiedenti devono, comunque, rimborsare le spese sostenute
dall’amministrazione concedente (co. 3).
Sono in ogni caso libere
(co. 3-bis), sempre a seguito delle
modifiche introdotte dal D.L. 83/2014 – e, dunque, non necessitano di
autorizzazione – alcune attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di
studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa,
promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Si tratta della
riproduzione di beni culturali diversi dai beni bibliografici e archivistici,
attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né
l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti
della cultura, l’uso di stativi e treppiedi, nonché della divulgazione con
qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in
modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche
indiretto.
L’art. 109 dispone,
infine, che quando la riproduzione è effettuata per fini di raccolta e catalogo
di immagini fotografiche, nonché di riprese, il provvedimento concessorio prescrive il deposito del doppio originale di
ogni ripresa o fotografia e la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor
originale con relativo codice.
Il testo in esame anzitutto inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali quelle eseguite (direttamente) da privati per uso personale o per motivi di studio, che pertanto si aggiungono a quelle richieste (ad altri) dagli stessi soggetti per i medesimi fini.
Inoltre, estende la riproduzione libera, ferme restando le condizioni già previste dalla normativa vigente, ai beni bibliografici e ai beni archivistici – finora esclusa[70] –, fatta eccezione per i beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità, in ragione del loro contenuto sensibile, ai sensi del Capo III del Titolo II del D.Lgs. 42/2004 (artt. 122-127). Richiama comunque il rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto d’autore (richiamo, peraltro, già presente nell’art. 107 del D.Lgs.).
Infine, con riferimento alla libera divulgazione, con qualsiasi mezzo, delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, elimina il divieto di utilizzo di tali immagini a scopo di lucro indiretto.
Ciò sembrerebbe finalizzato a consentire la libera pubblicazione di immagini di beni culturali, ad esempio, all'interno di una pubblicazione scientifica.
Articolo 1,
commi 173 e 174
(Atti per l’aggiornamento catastale)
I commi 173 e 174, introdotti nel corso dell’esame al Senato, recano disposizioni inerenti
agli obblighi di aggiornamento catastale
in riferimento a interventi edilizi effettuati senza alcun titolo
abilitativo, definiti come attività di edilizia libera.
In particolare, il comma 173 dispone che in tali casi gli atti di aggiornamento catastale siano presentati direttamente dall'interessato all'Agenzia delle entrate territoriale.
Il comma 174 prevede
una disposizione transitoria per cui, nel caso in cui siano stati già avviati gli interventi edilizi prima
dell’entrata in vigore della legge in esame, il possessore degli immobili provvede, ove necessario, agli atti di
aggiornamento catastale, entro sei mesi dalla data di entrata della medesima
legge con eventuali sanzioni ove non adempia.
Il comma 173 prevede la sostituzione del comma 5 dell’articolo 6 del Testo unico in materia edilizia.
Si ricorda che il comma 5 dell’art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia), soppresso dall’art. 3, comma 1, lett. b), n. 4), del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (cd. Scia 2), esonerava, con riferimento agli interventi edilizi elencati al comma 2 dell’art. 6, eseguibili previa comunicazione di inizio dei lavori (CIL) al comune competente, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, il soggetto interessato dall’obbligo di provvedere direttamente alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale, ponendo in capo all’amministrazione comunale il compito di provvedere al tempestivo inoltro della CIL all'Agenzia delle entrate.
Gli interventi edilizi di cui comma 2 dell’art. 6 del T.U. edilizia comprendevano:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria;
b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;
c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni;
d) i pannelli solari e fotovoltaici, a servizio degli edifici;
e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, non riguardanti le parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa.
Considerato che il richiamato comma 5 dell’art. 6 del D.P.R. 380/01,
che viene testé sostituito dal comma 173 in esame, risulta essere stato abrogato,
andrebbe valutata l’opportunità di formulare la novella in termini di
introduzione di un nuovo comma in luogo della sostituzione del predetto comma
5.
Le disposizioni contenute nel nuovo comma 5 dell’art. 6 del T.U. edilizia introdotte dal comma in esame, prevedono - per gli interventi elencati dal medesimo articolo 6 (cioè per interventi eseguiti senza alcun titolo abilitativo, definiti come attività di edilizia libera) - la presentazione da parte dell’interessato, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, degli atti di aggiornamento catastale agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio, entro trenta giorni dal momento in cui le mutazioni nello stato dei beni delle unità immobiliari si sono verificate, ai sensi dell'articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4.
Si ricorda che l'articolo 34-quinquies del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4 detta
disposizioni per la presentazione in via telematica ai comuni di denunce di
inizio attività, di domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni
altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia. Il
modello unico previsto comprende anche le informazioni necessarie per le
dichiarazioni di variazione catastale e di nuova costruzione da redigere in
conformità a quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Ministro
delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, che pervengano all'Agenzia del territorio
ai fini delle attività di censimento catastale. Il comma 2, lettera b), dell’art. 34-quinquies prevede in
particolare che le dichiarazioni relative alle mutazioni nello stato dei beni
delle unità immobiliari già censite siano presentate
agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio entro trenta giorni dal momento in cui esse si sono verificate.
Il comma 174 reca disposizioni transitorie volte a disciplinare l’aggiornamento degli atti catastali per gli interventi edilizi già attivati alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
In particolare, la
norma dispone che - in caso di interventi edilizi già attivati prima della
entrata in vigore della legge, richiamati all'articolo 6, comma 5, del D.P.R 380/2001 nel testo vigente prima della data di
entrata in vigore del provvedimento in esame - cioè per gli interventi per cui
è l’amministrazione comunale a dover inoltrare la comunicazione di inizio
lavori all’erario, il possessore
dell’immobile provveda, ove necessario, agli atti di aggiornamento catastale secondo le procedure ordinarie
previste dal regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di
aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri
immobiliari, di cui al decreto del Ministro delle finanze 19
aprile 1994, n. 701, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della legge.
Andrebbe valutata l’opportunità di specificare che la norma fa
riferimento al testo del comma 5 in vigore prima delle modifiche apportate dal
D.Lgs. 222/2016.
Si ricorda che, a seguito delle delega legislativa contenuta nella legge 124/2015, è stato adottato il D.Lgs. 222 del 2016 (cd. Scia 2), il cui articolo 3 modifica in più punti il T.U. in materia edilizia, anche al fine di semplificare i titoli abilitativi, mediante l'eliminazione della comunicazione di inizio lavori (CIL) e l’ampliamento delle fattispecie di attività edilizia libera.
Prima dell’intervento normativo operato dall’art. 3 del D.Lgs. 222/06, l’art. 6 del D.P.R. 380/01 elencava, al comma 1, gli interventi di edilizia libera non sottoposti al rilascio di alcun titolo abilitativo e, al comma 2, gli interventi edilizi non sottoposti al rilascio di alcun titolo abilitativo, ma che tuttavia prevedevano la CIL da parte dell'interessato all'amministrazione comunale. Ai sensi del comma 5 del medesimo art. 6, tale comunicazione, doveva inoltre essere tempestivamente inoltrata da parte dell'amministrazione comunale ai competenti uffici dell'Agenzia delle entrate.
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 3 del D.Lgs. 222/16, possono essere eseguiti senza necessità di una comunicazione preventiva al Comune i seguenti interventi (che in precedenza prevedevano la CIL): 1) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati; 2) i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; 3) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici (art. 6 D.P.R 380/2001). Rientrano tra gli interventi, che sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo, le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, per le quali si prevede comunque la previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.
Rientrano, invece, tra gli interventi sottoposti a comunicazione di avvio lavori asseverata (CILA), prevista dall’art. 6-bis del D.P.R. 380/01, introdotto dall’art. 3 del D.Lgs. 222/16: le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa, e gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), del T.U. in materia edilizia ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio. Per gli interventi soggetti a CILA, ove la comunicazione di fine lavori sia accompagnata dalla prescritta documentazione per la variazione catastale, quest'ultima è tempestivamente inoltrata da parte dell'amministrazione comunale ai competenti uffici dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 174 prevede altresì che, nel caso di omissione di tale adempimento, trovano applicazione le disposizioni della legge finanziaria 2005 (articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311) le quali, in caso di mancata ottemperanza all’obbligo di aggiornamento catastale, consentono agli uffici locali dell'Agenzia del territorio di iscrivere - con oneri a carico dell'interessato - in catasto l'immobile non accatastato, ovvero verificare il classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita.
In tal caso, si applicano le sanzioni previste per le violazioni in materia di accatastamento, contenute nell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652.
In
particolare, l’articolo 31 del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, nel
caso di omessa o ritardata dichiarazione, prevede l’applicazione di una
sanzione amministrativa il cui importo originario, con riferimento al mancato
adempimento degli obblighi di cui agli articoli 20 e 28 del medesimo regio
decreto legge - è stato elevato rispettivamente a euro 258,00 (importo minimo)
e a euro 2.066,00 (importo massimo) dall’articolo 1, comma 338, della legge 30
dicembre 2004, n. 311.
A decorrere dal 1° luglio 2011, il comma 12 dell'articolo 2 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha quadruplicato i suddetti importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista, assegnando il 75 per cento dell'importo delle sanzioni irrogate a decorrere dalla predetta data al comune ove è ubicato l'immobile interessato.
Articolo 1,
comma 175
(Regolamento di organizzazione del
Banco nazionale di prova per le armi da fuoco)
Il comma
175, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza l’adozione, entro
180 giorni, di un regolamento (ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400), per l'organizzazione del Banco nazionale di prova per
le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali, nel rispetto dei
princìpi e criteri direttivi di cui all’art. 2, comma 634, della L. 244/2007
(attinenti agli enti da riordinare per finalità di riduzione delle spese di
funzionamento delle amministrazioni pubbliche mediante l'emanazione di
regolamenti di riordino), nonché dell’ulteriore principio dell’adeguata
rappresentanza dei settori produttivi interessati negli organi dell’ente.
Contestualmente, viene abrogato il vigente
regolamento di organizzazione (D.P.R. 222/2010, emanato in attuazione del
citato art. 2 della L. 244/2007).
Il Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili
e le munizioni commerciali (BNP) è un ente di diritto
pubblico, con sede in Gardone Val Trompia, istituzionalmente preposto alla
classificazione, prova e controllo della rispondenza alle norme tecniche e di legge
delle armi e delle munizioni. Le sue attività principali consistono nella prova
delle armi (sulle armi che hanno superato la prova, il BNP
appone i punzoni riportati in un'apposita tabella), nel controllo delle munizioni
commerciali, nonché nello svolgimento di prove balistiche speciali (balistica interna,
esterna e terminale). Oltre gli accennati compiti istituzionali, il BNP svolge altre attività complementari, quali le prove di resistenza
balistica di giubbetti, elmetti, vetri anti-proiettili, serramenti e blindature
in genere, sia per le Forze di Polizia che per le aziende produttrici, nonché per
gli istituti di vigilanza privata.
Il Banco di prova è gestito da un Consiglio di
amministrazione nominato dal Ministro dello sviluppo economico a cui fa capo
per quanto concerne la determinazione delle tariffe di prova di armi e
munizioni.
Il Consiglio di Amministrazione rimane in carica 4
anni ed elegge il suo Presidente.
Il Direttore del Banco è nominato dal Ministro dello
sviluppo economico, sentito il Ministro della difesa e il Ministro dell’interno
e partecipa al Consiglio di amministrazione con voto consultivo e con le
funzioni di segretario.
Si tratta, quindi, di una riapertura del
termine per il riordino del BNP; rispetto alla
precedente previsione normativa viene ora espressamente stabilita la necessità di
garantire una adeguata rappresentanza
dei settori produttivi interessati negli organi dell'ente.
A seguito dell’abrogazione del regolamento di organizzazione, il D.P.R. 222/2010,
disposta dalla norma in esame, l’effetto immediato della norma in esame
consiste nella “cancellazione” dell’attuale sistema organizzativo.
Nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento,
la norma dispone l’applicazione all'ente del decreto del Ministro dello sviluppo
economico 17 maggio 2011, recante il “regolamento
interno amministrativo e tecnico” del Banco nazionale di prova per le armi da
fuoco portatili.
Si ricorda in proposito che prima
dell’adozione del D.P.R. 222/2010, la disciplina organizzativa del BNP era contenuta negli articoli 1-9 del D.P.R. 1612/1964,
abrogati dal medesimo D.P.R. 222.
La norma in esame richiama i princìpi e criteri direttivi di cui
all’art. 2, comma 634, della L. 244/2007 per l’adozione di un nuovo
regolamento di delegificazione (da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2,
della legge 400/1988, quindi con D.P.R., previo parere del Consiglio di Stato e
delle competenti Commissioni parlamentari).
L’articolo 2, comma 634, della legge 24
dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) - nel perseguire
obiettivi di stabilità e crescita, di riduzione del complesso della spesa di
funzionamento delle amministrazioni pubbliche e di miglioramento
dell’efficienza e della qualità dei servizi - ha previsto l’adozione di regolamenti di delegificazione con i
quali provvedere al riordino, alla trasformazione o soppressione e messa in
liquidazione di enti ed organismi pubblici statali, nonché di strutture
pubbliche statali o partecipate dallo Stato, anche in forma associativa.
L’articolo 26, comma 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha confermato la
soppressione di tutti gli enti pubblici non economici per i quali, ad una
determinata scadenza, non siano stati emanati i regolamenti di riordino
previsti dal citato comma 634.
In attuazione di tale disposizione, è stato adottato il regolamento di organizzazione del BNP con il D.P.R. 222/2010, abrogato dalla disposizione in esame.
Il D.P.R. 222/2010 dispone il riordino del Banco senza incidere sulla natura sostanziale dei compiti istituzionali propri dell’ente e confermando il quadro precedente delle competenze sulla vigilanza, spettante ai Ministeri dello sviluppo economico, della difesa e dell’interno.
Nell’individuare i compiti tradizionalmente attribuiti al Banco, si autorizza lo stesso a svolgere attività e servizi tecnici anche quale soggetto imprenditoriale, mediante convenzioni e previo pagamento di un corrispettivo. Con riguardo ad attività di particolare rilievo connesse ai propri compiti istituzionali il Banco può stipulare accordi di collaborazione con titolari di licenze rilasciati ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ed altri soggetti, pubblici o privati, nazionali o internazionali.
Data la particolare rilevanza pubblica afferente ai compiti attribuitigli, si riconosce al banco l’autonomia statutaria ed organizzativa nel rispetto dei criteri e dei limiti ordinamentali.
L’esercizio della potestà statutaria viene attribuito ad un nuovo organo creato in seno alla struttura dell’ente: l’Assemblea dei partecipanti. L’atto viene, poi, sottoposto ad approvazione ministeriale.
Gli organi del Banco, oltre all’Assemblea dei partecipanti, sono il Consiglio di amministrazione; il Presidente e il Collegio dei revisori dei conti; i cui compensi sono deliberati dal Consiglio di amministrazione su proposta del Direttore generale. Tutti gli organi restano in carica quattro anni. Sono esclusi espressamente i compensi per l’Assemblea dei partecipanti e per il Cda con l’esplicita esclusione di rimborsi spese di qualunque specie.
Si fa presente che, ai sensi dell’art. 5 del regolamento interno del Banco, approvato con D.M. 17 maggio 2001, al presidente del Cda viene corrisposta un’indennità per le sue funzioni stabilita dal medesimo consiglio e approvata dal Ministro dello sviluppo economico; l’art. 6 prevede, invece, che agli amministratori che partecipano alle riunioni del consiglio venga corrisposto un eventuale rimborso delle spese di trasferta se sostenute in proprio e documentate.
Inoltre, il regolamento prevede che i componenti il Consiglio di amministrazione, nominati dal Ministro per lo sviluppo economico, passino da 12 a 5: di cui uno in rappresentanza dei fabbricanti di armi, uno di quelli di munizioni, e uno ciascuno in rappresentanza dei Ministeri vigilanti (sviluppo economico, interno e difesa).
L’Assemblea dei partecipanti è composta da non più di 12 unità, nel rispetto del criterio di rappresentanza degli organismi e delle categorie, enti pubblici fondatori e settori produttivi interessati, già presenti nel consiglio di amministrazione in carica alla data di entrata in vigore del regolamento.
Il Presidente è nominato con D.P.R. su proposta del Ministro dello sviluppo economico, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Presidente convoca e presiede il Cda ed ha la rappresentanza legale del Banco.
Per quanto riguarda le fonti di finanziamento del Banco, si stabilisce che esso svolga le proprie attività senza oneri a carico dello Stato. Si conferma il controllo ministeriale sul rispetto del criterio di determinazione delle tariffe richieste per l’attività svolta ex lege, su proposta del Cda e, per le munizioni, previo parere della Commissione per il rilascio e la revoca delle autorizzazioni e per la decisione dei reclami istituita presso il MISE (L. 509/1993, art. 8).
L’art. 14 del D.P.R. 222/2010 reca una norma transitoria che prevede la ricostituzione degli organi del BNP entro sei mesi e, decorso inutilmente tale termine, la nomina di un commissario straordinario da parte del Ministro per lo sviluppo economico. Il Cda e il Presidente nominati precedentemente rimangono in carica fino alla ricostituzione dei organi o del commissariamento dell’ente.
Attualmente risultano ancora in carica i componenti del consiglio di amministrazione nominati con decreto MISE del 21 marzo 2007:
§ un rappresentante del MISE;
§ un rappresentante del Ministero della difesa;
§ un rappresentante della Camera di commercio, industria ed agricoltura di Brescia;
§ un rappresentante del comune di Brescia;
§ un rappresentante del comune di Gardone Val Trompia;
§ due rappresentanti degli industriali fabbricanti di armi;
§ un rappresentante degli artigiani fabbricanti di armi;
§ un rappresentante degli industriali fabbricanti di munizioni;
§ un rappresentante degli artigiani fabbricanti di munizioni;
§ un rappresentante dei fabbricanti di componenti di munizioni.
Tale composizione è quella risultante da quanto disposto dall'art. 2 del D.P.R. 1612/1964, come integrata dall’art. 2 della L. 509/1993. Entrambe le disposizioni sono state abrogate dal D.P.R. 222/2010.
Si ricorda che nel rendere il prescritto parere sullo schema di regolamento di organizzazione
del BNP presentato dal Governo (A.G. n. 247), la
Commissione parlamentare per la semplificazione ha espresso parere favorevole
con alcune condizioni, tra cui la riformulazione delle norme che regolano il
consiglio di amministrazione “evitando di prefigurarne una composizione che
riconduca la presenza dei soggetti privati e dei soggetti pubblici locali in
una posizione minoritaria, considerando che il Banco nazionale di prova opera
senza oneri a carico del bilancio dello Stato” (Commissione parlamentare per la
semplificazione, seduta del 13
ottobre 2010).
Il Governo, non si è adeguato a tale condizione,
ritenendo necessario contemperare il mantenimento di una adeguata
rappresentatività in seno agli organi dell'ente con l'obbligo di riduzione del
numero dei componenti del Consiglio di amministrazione ed all'articolo 6 del DL
78/2010, in materia di riduzione dei costi degli apparati amministrativi (si
veda quanto riportato nella premessa del D.P.R. 222/2010).
Successivamente all’adozione del regolamento di organizzazione, sono intervenuti diversi provvedimenti che hanno inciso sulla disciplina del BNP.
Si ricorda, innanzitutto, l’articolo 2 del D.L. n. 225/2010, convertito in legge dalla legge n. 10 del 2011 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), che ha previsto per il Banco interventi normativi di segno diverso:
§ da un lato, al comma 5-ter, tale articolo ha disposto una modifica dell’art. 14 del regolamento di delegificazione D.P.R. n. 222/2010, di riordino dell’ente, prolungando da 3 a 6 mesi i termini di ricostituzione degli organi nonché quelli per l’adozione del nuovo statuto del Banco;
§ dall’altro, lo stesso articolo, con il comma 5-quater ha inserito il Banco nazionale di prova nel disposto dell'art. 7, co. 20 del D.L. n.78/2010 che prevede la soppressione degli enti elencati nell'Allegato 2 dello stesso D.L.; con il comma 5-quinquies, ha inserito il Banco di prova nel citato Allegato 2, individuando nella Camera di commercio di Brescia (CCIAA) il soggetto cui trasferire i relativi compiti ed attribuzioni, rimettendo ad un decreto ministeriale l'individuazione dei tempi e delle concrete modalità di trasferimento alla CCIAA di Brescia dei compiti e delle attribuzioni del Banco, nonché del personale e delle risorse strumentali e finanziarie.
Successivamente, il D.L. 9 febbraio 2012 n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), all’art. 62, ha disposto l’abrogazione di una serie di disposizioni riportate nella allegata tabella A, tra cui, alla voce 297, i commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 2 del suddetto D.L. n. 225/2010 che avevano previsto la soppressione del Banco e il trasferimento dei relativi compiti alla CCIAA di Brescia, riportando nelle sue funzioni il Banco stesso.
Nel corso di tali vicende normative, si è avuta “l’applicazione delle norme transitorie recate dal citato articolo 14 del regolamento di riorganizzazione dell’ente che assicurano la funzionalità del consiglio di amministrazione in carica alla data di entrata in vigore del regolamento stesso, e che resterà in carica fino all’insediamento del nuovo organo, con salvezza di ogni attività posta in essere nel periodo di quiescenza dell’ente successivamente alla soppressione”. Così si è espresso il rappresentante del Governo nel 2012 in sede di sindacato ispettivo. In quella occasione egli ha dichiarato altresì che “il Ministero si impegna a porre in essere una modifica al regolamento per salvaguardare la presenza dei soggetti privati e dei soggetti pubblici locali in seno al consiglio di amministrazione, nel rispetto dei vincoli stabiliti dal decreto-legge n. 78 del 2010 in materia di numero massimo dei componenti degli organi stessi, in attuazione di quanto richiesto con il parere favorevole della Commissione bicamerale per la semplificazione legislativa in data 13 ottobre 2010 sul regolamento di riordino” (Senato della Repubblica, Risposta all'interrogazione n. 4-07273, 12 ottobre 2012).
Si ricorda che la
disposizione in esame riproduce la formulazione di un emendamento approvato
dalla X Commissione attività produttive della Camera nel corso dell’esame del
disegno di legge di bilancio 2017 (3444/X/1. 4. (Nuova formulazione) Galperti, seduta del 26 novembre 2015).
Articolo 1,
commi 176 e 177
(Semplificazione della circolazione
internazionale
di beni culturali)
Il comma 176, introdotto durante l’esame presso il Senato, è esplicitamente finalizzato a semplificare le procedure relative al controllo della circolazione internazionale delle cose antiche che interessano il mercato dell'antiquariato.
In particolare, introduce la possibilità di considerare beni culturali le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione”. La soglia di età al di sotto della quale tali cose non sono soggette alle disposizioni di tutela è fissata in 50 anni.
Inoltre,
eleva (da 50) a 70 anni la soglia di età
al di sotto della quale determinate categorie di cose, in particolare relative
ai beni mobili, non sono soggette alle disposizioni di tutela – o sono soggette (solo) a specifiche disposizioni di
tutela – ovvero per le quali vige la presunzione
di interesse culturale.
Altri
interventi che innalzano la soglia di età incidono sulla disciplina dell’inalienabilità e su quella relativa
alla circolazione dei beni
culturali.
Infine,
ulteriori previsioni riguardano l’esercizio del commercio di cose antiche o usate.
A tali fini, il comma 176 novella numerosi articoli del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 42/2004.
Il comma 177, anch’esso introdotto durante l’esame presso il Senato, riguarda il decreto con il quale sono definiti gli indirizzi di carattere generale per il rilascio dell’attestato di libera circolazione e, in particolare, prevede l’istituzione di un apposito “passaporto” per agevolare l’uscita e il rientro delle opere dal e nel territorio nazionale.
Beni culturali che presentano un
eccezionale interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico per
l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione
Un primo gruppo di modifiche al Codice riguarda una nuova categoria di cose che possono essere considerate beni culturali – e che divengono, dunque, soggette alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della parte seconda dello stesso Codice[71] –, quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale.
Preliminarmente, si ricorda che l'art. 10, co. 2, del Codice considera beni culturali, ex lege, qualora appartenenti a soggetti pubblici
(cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché
ad ogni altro ente ed istituto pubblico):
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e
altri luoghi espositivi;
b) gli archivi e i singoli documenti;
c) le raccolte librarie delle biblioteche
(escluse le raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche popolari,
delle biblioteche del contadino nelle zone di riforma, dei centri bibliotecari
di educazione permanente, indicati all'art. 47, co. 2, del DPR 616/1977)[72].
Ai sensi del co.
1 del medesimo art. 10, sono,
altresì, beni culturali le cose (immobili
e mobili) appartenenti ai medesimi soggetti pubblici indicati al co. 2,
nonché a persone giuridiche private
senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti, che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico: si tratta, cioè,
delle cose per le quali sia intervenuta la
verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12. In base allo stesso
art. 12, co. 1 – nel testo a
legislazione vigente –, tali cose, qualora siano opera di autore non più
vivente e la cui esecuzione risalga, se mobili, a oltre 50 anni o, se immobili,
ad oltre 70 anni, sono sottoposte alle disposizioni di tutela – e per esse,
quindi, vige la presunzione di interesse
culturale – fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica[73].
L'art. 10, co.
3, individua, a sua volta, altri beni, i quali, a chiunque appartenenti, sono considerati beni culturali quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse
culturale di cui agli artt. 13 ss.
Si tratta, in particolare, di:
a) cose
immobili e mobili che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante;
b) archivi e singoli documenti che rivestono
interesse storico particolarmente importante;
c) raccolte librarie di eccezionale interesse
culturale;
d) cose immobili e mobili che rivestono un
interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia
politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica,
dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze
dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o
religiose[74];
e) collezioni o serie di oggetti che, per
tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza
artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano
come complesso un eccezionale interesse.
In particolare, ai sensi dell’art. 10, co. 4, possono
essere riconosciuti quali beni culturali, nell’ambito delle cose indicate
al co. 1 e al co. 3, lett. a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la
preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in
rapporto all'epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al
contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio;
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli
incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici,
aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali
aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e
matrici, le pellicole cinematografiche e i supporti audiovisivi in genere,
aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano
interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, le vie, le strade e gli
altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od
etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse
artistico, storico od etnoantropologico;
j) le architetture
rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze
dell'economia rurale tradizionale.
Rispetto al quadro descritto, il co. 176, lett. a), numero 1), introduce la possibilità di considerare beni culturali – qualora sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale – le cose (evidentemente, ulteriori rispetto a quelle elencate al co. 4 dell’art. 10 del D.Lgs. 42/2004), a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione”.
A tal fine, novella l’art. 10, co. 3, del D.Lgs.
42/2004, inserendo la lett. d-bis).
Per
tale categoria di cose, il co. 176,
lett. d), stabilisce che la dichiarazione di interesse culturale è
adottata dal “competente organo centrale
del Mibact”.
Allo
scopo, novella l’art. 14, co. 6, del
D.Lgs. 42/2004, con l’aggiunta di un secondo periodo.
In
particolare, l’art. 14 del D.Lgs. 42/2004 prevede che il procedimento per la
dichiarazione dell’interesse culturale (di cui all’art. 13) è avviato dal
Soprintendente, anche su motivata richiesta della regione o di ogni altro ente
territoriale interessato (co. 1), e che la dichiarazione di interesse culturale
è “adottata dal Ministero” (senza
ulteriori specifiche) (co. 6).
A sua volta, l'art.
39, co. 2, lett. b),
del D.P.C.M. 171/2014, recante il Regolamento di
organizzazione del Mibact, ha affidato alle Commissioni regionali per il patrimonio
culturale[75] la
dichiarazione, su proposta delle competenti Soprintendenze di settore,
dell'interesse culturale delle cose, a chiunque appartenenti, ai sensi
dell'art. 13 del Codice.
Sembrerebbe opportuno, dunque, sostituire integralmente l’art. 14, co. 6, del D.Lgs. 42/2004 definendo – in via legislativa – l’organo (centrale o periferico) competente ad adottare la dichiarazione dell’interesse culturale per ciascuna delle fattispecie di cui all’art. 10, co. 3, dello stesso D.Lgs..
Modifiche ai requisiti di età
necessari per l’assoggettamento alle disposizioni di tutela previste dal Codice
Un secondo gruppo di modifiche attiene alla
soglia di età al di sotto della quale determinate categorie di cose – tra le
quali la nuova, di cui si è dato conto nel precedente paragrafo – non sono
soggette alle disposizioni di tutela.
In particolare, si prevede che – fatto salvo
quanto previsto dagli artt. 64 e 178 del D.Lgs. 42/2004 (v. infra) – non sono soggette alle
disposizioni di tutela:
§ le cose indicate all’art. 10, co. 1, e quelle
indicate all’art. 10, co. 3, lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione
risalga a meno di 70 anni;
§ le cose indicate all’art. 10, co. 3, (nuova) lett. d-bis),
che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 50 anni.
A tal fine, il co. 176, lett. a), numero 2), sostituisce il co. 5 dell’art. 10 del D.Lgs. 42/2004.
In base all’art.
10, co. 5, del D.Lgs. 42/2004 – come modificato dall'art. 4, co. 16, lett. a), del
D.L. 70/2011 (L. 106/2011)[76] – non sono
soggette alle disposizioni di tutela le cose indicate all'art. 10, co. 1, opera di autore
vivente o la cui esecuzione risalga, se mobili, a meno di 50 anni o, se immobili, a meno di 70 anni, nonché le cose indicate al co. 3, lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o
la cui esecuzione risalga a meno di 50
anni. È fatto salvo quanto previsto dall’art. 64 in materia di attestati di
autenticità e di provenienza (v. infra)
e dall’art. 178 in tema di contraffazione di opere d’arte.
Dunque,
rispetto alla normativa vigente, per le cose di cui all’art. 10, co. 1, con la
modifica proposta non vi è più distinzione di soglia di età tra beni immobili e
beni mobili. Infatti, per questi ultimi, nonchè per le cose indicate al co. 3,
lett. a) ed e), la soglia di età a partire dalla quale si applicano le
disposizioni di tutela è innalzata a 70 anni, come già previsto per i beni
immobili.
Infine, si introduce la soglia minima di 50
anni di età per la definizione quale “bene culturale” della nuova categoria di
cose.
Parallelamente, a fini di
coordinamento con tali novità,
si eleva (da 50) a 70 anni la soglia di età al di sotto della quale le opere
di pittura, scultura, grafica e qualsiasi oggetto d’arte sono soggetti
(solo) alle specifiche disposizioni di tutela
individuate dall’art. 11 del Codice.
A
tal fine, il co. 176, lett. b), novella l’art. 11, co. 1, lett. d),
del D.Lgs. 42/2004.
L’art. 11, co. 1, lett.
d), del D.Lgs. 42/2004 – nel
testo a legislazione vigente – stabilisce che le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d’arte
di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 50 anni, sono assoggettate alle disposizioni di cui agli
artt. 64 e 65, co. 4 (per il quale, v. infra),
del Codice.
In particolare,
l’art. 64 del Codice dispone che
chiunque esercita l'attività di vendita al pubblico, di esposizione a fini di
commercio o di intermediazione finalizzata alla vendita di opere di pittura, di scultura, di grafica ovvero di oggetti d'antichità o di interesse storico od
archeologico, o comunque abitualmente vende le opere o gli oggetti
medesimi, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente la documentazione che ne attesti l'autenticità o almeno la probabile
attribuzione e la provenienza delle opere medesime, ovvero, in mancanza, di
rilasciare, con le modalità previste dalle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa, una dichiarazione
recante tutte le informazioni disponibili sull'autenticità o la probabile
attribuzione e la provenienza.
Inoltre,
si eleva (da 50) a 70 anni la soglia di età al di sotto della quale
per le cose mobili di cui all’art. 10, co. 1, del Codice vige la presunzione di interesse culturale.
A
tal fine, il co. 176, lett. c), novella l’art. 12, co. 1, del D.Lgs. 42/2004.
Modifiche alla disciplina in materia di inalienabilità
Una
ulteriore modifica attiene alla soglia di età al di sotto (o al di sopra) della
quale determinate categorie di beni (o cose) sono considerate inalienabili.
Preliminarmente,
si ricorda che, in base all’art. 54, co.
1, del Codice, sono inalienabili
i seguenti beni del demanio culturale[77]:
a) immobili e
aree di interesse archeologico;
b) immobili
dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente
(previsione che occorrerà raccordare con quanto previsto dall’A.S. 2810, di cui
si è detto in nota ante, ove lo
stesso diventi legge);
c) raccolte
di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche;
d) archivi;
d-bis) immobili dichiarati
di interesse particolarmente importante ai sensi dell'art. 10, co. 3, lett. d);
d-ter) cose mobili che siano
opera di autore vivente o la cui
esecuzione risalga a meno di 50 anni,
se incluse in raccolte appartenenti a Stato, regioni ed altri enti pubblici
territoriali.
In base al
co. 2 del medesimo articolo – come
modificato dal D.Lgs. 156/2006 e dal D.Lgs. 62/2008 –, sono altresì inalienabili:
a) fino alla conclusione del procedimento di verifica dell’interesse culturale (ex art. 12), le cose appartenenti ai soggetti indicati all’art. 10,
co. 1, che siano opera di autore non più
vivente e la cui esecuzione risalga, se mobili, a più di 50 anni o, se immobili, a più di 70 anni[78];
c) i
singoli documenti appartenenti a Stato, regioni ed altri enti pubblici
territoriali, nonché gli archivi e i singoli documenti di enti ed istituti
pubblici.
In
particolare, anche in questo caso si eleva (da 50) a 70 anni la soglia di
età:
§
al
di sotto
della quale sono considerati inalienabili
i beni mobili appartenenti al demanio culturale, se inclusi in raccolte
appartenenti a Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali;
§
al
di sopra
della quale le cose mobili, appartenenti a Stato, regioni, altri enti pubblici
territoriali, o ad ogni altro ente ed istituto pubblico o a persone giuridiche
private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti, che siano opera di autore non più vivente, sono considerate inalienabili (solo) fino alla conclusione del procedimento di
verifica dell’interesse culturale.
A
tal fine, il co. 176, lett. e), numeri 1) e 2), novella l’art. 54, co. 1, lett. d-ter),
e co. 2, lett. a), del D.Lgs. 42/2004.
Nello
specifico, anche in questo caso, rispetto alla normativa vigente, per le cose
di cui all’art. 10, co. 1, del D.Lgs. 42/2004, con la modifica proposta non vi
è più distinzione di soglia di età tra beni immobili e beni mobili.
Modifiche alla disciplina in materia di circolazione dei beni culturali
Un ulteriore gruppo di modifiche –
alcune correlate
alle modifiche già esposte – attiene alla disciplina della circolazione dei beni culturali.
Si
ricorda, innanzitutto, che l'art. 65,
co. 1, del D.Lgs. 42/2004 dispone che è vietata l'uscita definitiva dal territorio nazionale dei beni culturali mobili indicati
nell'art. 10, co. 1, 2 e 3, del Codice.
In base al
co. 2 è inoltre vietata l'uscita:
a) delle cose
mobili – appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici
territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone
giuridiche private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti – che siano opera
di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a più di 50
anni, fino a quando non sia stata
effettuata la verifica dell’interesse culturale;
b) dei beni – a chiunque appartenenti – che rientrino
nelle categorie indicate all'art. 10, co. 3, preventivamente individuati dal
Ministero, sentito il competente organo consultivo, e di cui sia stata esclusa
l'uscita, per periodi temporali definiti, perché dannosa per il patrimonio
culturale in relazione alle caratteristiche oggettive, alla provenienza o
all'appartenenza dei medesimi beni.
Il co. 3 prevede che è, invece,
soggetta ad autorizzazione – ovvero,
in base all’art. 68, co. 1, al rilascio dell’attestato di libera circolazione – l'uscita definitiva dal territorio nazionale:
a) delle cose – a chiunque appartenenti – che presentino
interesse culturale, siano opera di
autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a più di 50 anni;
b) degli archivi e dei singoli documenti – appartenenti a
privati – che presentino interesse culturale;
c) delle seguenti cose, a chiunque appartenenti:
fotografie, con relativi negativi e matrici, esemplari di opere
cinematografiche, audiovisive o sequenze di immagini in movimento,
documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui
produzione risalga a più di 25 anni; mezzi
di trasporto aventi più di 75 anni; beni e strumenti di interesse per la storia
della scienza e della tecnica aventi più di 50 anni.
Infine, il co. 4 prevede esplicitamente che l'uscita delle opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d’arte di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 50 anni (art. 11, co. 1, lett. d) del Codice) non è soggetta ad autorizzazione, ma l'interessato ha l'onere di comprovare tali condizioni al competente ufficio di esportazione, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale.
In
particolare, si eleva (da 50) a 70 anni:
§ la
soglia di età al di sopra della
quale è vietata l’uscita dal
territorio nazionale delle cose
mobili appartenenti ai soggetti di cui all’art. 10, co. 1, del Codice, che
siano opera di autore non più vivente, fino
a quando non sia stata effettuata la verifica dell’interesse culturale.
A tal fine, il co. 176, lett. g), numero 1), novella l’art. 65, co. 2, lett. a), del D.Lgs. 42/2004;
§ la
soglia di età al di sopra della quale è soggetta
ad autorizzazione l’uscita definitiva dal territorio nazionale delle cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse
culturale e siano opera di autore non più vivente, al contempo circoscrivendo la necessità di
autorizzazione alle cose il cui valore sia superiore
ad € 13.500, fatta eccezione per
reperti archeologici, smembramento di monumenti, incunaboli e manoscritti, e
archivi (di cui all’all. A, lett. B, n. 1, del D.Lgs. 42/2004).
A tal fine, il co. 176, lett. g), numeri 2) e 3), capoverso “4.”, novella l’art. 65, co. 3, lett.
a), e 4, del D.Lgs. 42/2004.
Inoltre,
si stabilisce che, per i casi per i quali non è prevista l’autorizzazione,
l'interessato deve comprovare all’ufficio di esportazione, mediante
dichiarazione “ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”, che le cose da trasferire all'estero
rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione, secondo
le procedure e con le modalità da stabilire con decreto ministeriale. Tale
disciplina si applica, dunque, all’uscita delle cose di cui all’art. 11, co. 1,
lett. d), del Codice (come modificato
dall’articolo in esame) – ossia, opere di pittura, scultura, grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la
cui esecuzione risalga a meno di 70 anni – e alle cose che presentino interesse
culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad
oltre 70 anni, nonché il cui valore sia inferiore ad € 13.500, fatta eccezione
per le cose di cui all’all. A, lett. B, n. 1), del Codice.
L’ufficio
di esportazione, qualora reputi che le cose possano rientrare tra quelle che
presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico “eccezionale
per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della nazione” (nuova
lett. d-bis) del co. 3 dell’art. 10
del D.Lgs. 42/2004, introdotta dal co. 176 in esame) avvia il procedimento per la dichiarazione
dell'interesse culturale, che si conclude entro
60 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione.
A
tal fine, il co. 176, lett. g), numero 3), capoverso “4-bis.” – introduce un nuovo comma nell’art. 65 del D.Lgs.
42/2004 e novella la disciplina recata dal co.
4 del medesimo articolo.
In
relazione al richiamo del D.P.R. 445/2000, si ricorda che l’art. 46 dello stesso dispone che sono
comprovati con dichiarazioni, anche
contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali
certificazioni rilasciate dalle pubbliche amministrazion, una serie di
stati, fatti e qualità personali.
Ai sensi
dell’art. 47, invece, l'atto di notorietà concernente stati,
qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e
sottoscritta dal medesimo. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per
legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di
pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non
espressamente indicati nell'art. 46 sono comprovati dall'interessato mediante
la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Occorrerebbe dunque specificare se, nel richiamare
il D.P.R. 445/2000, si intenda fare riferimento alla
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’art. 47.
Con
riguardo all’attestato di libera
circolazione, si
precisa che gli indirizzi di carattere
generale ai quali devono attenersi gli uffici di esportazione ai fini del
suo rilascio (o rifiuto) sono stabiliti con decreto del Ministro (e non più, genericamente, “dal Ministero”), e
si eleva (da 3) a 5 anni la relativa
validità.
A
tal fine, il co. 176, lett. h), numeri 1) e 2, novella l’art. 68, co. 4 e 5, del D.Lgs.
42/2004.
In
materia, tuttavia, sembrerebbe intervenire anche il co. 176, lett. f) (v. infra).
L’art. 68 del D.Lgs. 42/2004 dispone, in particolare, che per l’uscita definitiva dal territorio nazionale delle cose indicate nell’art. 65, co. 3, è necessario farne denuncia e presentare dette cose al competente ufficio di esportazione del Mibact, al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione.
Ai fini del rilascio o del rifiuto dell'attestato, l’ufficio di esportazione accerta, attenendosi agli indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero (sentito il competente organo consultivo), se le cose presentate, in relazione alla loro natura o al contesto storico-culturale di cui fanno parte, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, a termini dell'art. 10. A seguito di tale accertamento, rilascia o nega, con motivato giudizio, l'attestato di libera circolazione, che ha validità triennale, dandone comunicazione all'interessato entro 40 giorni dalla presentazione della cosa.
Il diniego dell’attestato comporta l'avvio del procedimento di dichiarazione dell'interesse culturale (ai sensi
dell’art. 14 del D.Lgs. 42/2004).
Il
comma 177 dispone che il decreto del Ministro dei beni e delle
attività culturali e del turismo di cui sopra,– con il quale sono definiti gli indirizzi di carattere generale per il
rilascio dell'attestato di libera circolazione – è adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in
vigore della legge.
Prevede,
altresì, che lo stesso decreto:
§ definisce
le condizioni, le modalità e le procedure per il rilascio e la proroga dei certificati di avvenuta spedizione e di
avvenuta importazione (di cui
all’art. 72 del D.Lgs. 42/2004).
§ Il testo vigente dell’art. 72 del D.Lgs. 42/2004 – nel
disporre che la spedizione in Italia
da uno Stato membro dell'UE o l'importazione
da un paese extra UE delle cose di cui all’art. 65, co. 3, possono essere certificate, a domanda, dall'ufficio di
esportazione, e che i certificati di avvenuta spedizione e di avvenuta
importazione hanno validità quinquennale,
e che sono prorogabili su richiesta dell'interessato – prevede che con DM possono essere stabilite condizioni,
modalità e procedure per il rilascio e la proroga dei certificati, con
particolare riguardo all'accertamento della provenienza della cosa o del bene
spediti o importati;
§ istituisce un apposito «passaporto» per le opere, di durata
quinquennale, per agevolare l'uscita e il rientro delle stesse dal e nel
territorio nazionale.
Sembrerebbe opportuno chiarire la differenza tra il citato
«passaporto» e l’attestato di libera circolazione (di cui all’art. 68 del D.Lgs.
42/2004), nonché la licenza di esportazione (di cui all’art. 74 del D.Lgs.
42/2004).
Un
ulteriore intervento riguarda la licenza
di esportazione dei beni culturali elencati nell’all. A del D.Lgs. 42/2004 al di fuori del territorio dell’Unione
europea.
In
particolare, si estende (da sei mesi) ad un
anno la validità della licenza e
(da 30) a 48 mesi il termine che può intercorrere fra il rilascio
dell’attestato di libera circolazione e il rilascio della licenza.
A
tal fine, il co. 176, lett. i), novella l’art. 74, co. 3, del D.Lgs. 42/2004.
Inoltre,
si eleva (da 50) a 70 anni la
soglia di età al di sopra
della quale, per determinati beni:
§ è
necessaria la licenza di esportazione;
§ è
obbligatoria la dichiarazione preventiva
di esercizio del commercio (v. infra).
Si
tratta, in particolare, di: quadri e pitture fatti interamente a mano su
qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale; acquerelli, guazzi e pastelli
eseguiti interamente a mano su qualsiasi supporto; mosaici realizzati
interamente a mano con qualsiasi materiale; incisioni, stampe, serigrafie e
litografie originali e relative matrici, nonché manifesti originali; opere originali dell’arte
statuaria o dell’arte scultorea e copie ottenute con il medesimo procedimento
dell’originale; fotografie, film e relativi negativi; incunaboli e manoscritti,
compresi le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione;
altri oggetti di antiquariato diversi da quelli esplicitamente indicati.
A
tal fine, il co. 176, lett. l), novella l’all. A, lett. A, n. 15 e la nota (1), del D.Lgs. 42/2004 (riferita, quest’ultima – con il
limite dei 50 anni e la non appartenenza all’autore – a tutte le categorie
sopra indicate, tranne quella degli oggetti di antiquariato, elencata, invece,
al n. 15, appositamente novellato)[79].
In base
all’art. 74 del D.Lgs. 42/2004, l’esportazione al di fuori del territorio
dell’UE degli oggetti indicati nell’All.
A è disciplinata dal Regolamento (CE) n. 116/2009 del 18 dicembre 2008 e dal medesimo art. 74.
Nello specifico, in base al citato all.
A, si tratta dei seguenti oggetti (alcuni
dei quali rientranti nella disciplina solo se di valore pari o superiore a
quello specificatamente indicato dal medesimo allegato):
1) reperti archeologici aventi più di 100 anni provenienti da scavi e scoperte terrestri o
sottomarini, siti archeologici, collezioni archeologiche;
2) elementi, costituenti parte integrante di monumenti
artistici, storici o religiosi, e provenienti dallo smembramento dei monumenti
stessi, aventi più di 100 anni;
3) quadri e pitture fatti interamente a mano su qualsiasi
supporto e con qualsiasi materiale, aventi più
di 50 anni e non appartenenti all’autore[80];
4) acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a
mano su qualsiasi supporto, aventi più di 50 anni e non appartenenti
all’autore;
5) mosaici realizzati interamente a mano con qualsiasi
materiale, aventi più di 50 anni e
non appartenenti all’autore, e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi
supporto;
6) incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e
relative matrici, nonché manifesti originali, aventi più di 50 anni e non appartenenti all’autore;
7) opere originali dell’arte statuaria o dell’arte
scultorea e copie ottenute con il medesimo procedimento dell’originale, aventi più di 50 anni e non appartenenti
all’autore;
8) fotografie, film e relativi negativi aventi più di 50 anni e non appartenenti all’autore;
9) incunaboli e manoscritti, compresi le carte
geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione, aventi più di 50 anni e non appartenenti
all’autore;
10) libri aventi più
di 100 anni, isolati o in collezione;
11) carte geografiche stampate aventi più di 200 anni;
12) archivi e supporti, comprendenti elementi di qualsiasi
natura aventi più di 50 anni;
13) collezioni ed esemplari provenienti da collezioni di
zoologia, botanica, mineralogia, anatomia e collezioni aventi interesse
storico, paleontologico, etnografico o numismatico;
14) mezzi di trasporto aventi più di 75 anni;
15) altri oggetti di antiquariato, aventi più di 50 anni.
In
particolare, stabilisce che la licenza
di esportazione è rilasciata dall'ufficio
di esportazione contestualmente all'attestato di libera circolazione, ed è valida per 6 mesi. La licenza può
essere rilasciata dallo stesso ufficio che ha emesso l'attestato anche non contestualmente all'attestato
medesimo, ma non oltre 30 mesi dal
rilascio di quest'ultimo.
Modifiche alla disciplina in materia di esercizio del commercio di cose antiche o usate
In
materia di esercizio del commercio di
cose antiche o usate rientranti nelle categorie di cui all’All. A del D.Lgs.
42/2004, si
dispone, innanzitutto, che il registro
nel quale devono essere eseguite giornalmente le relative annotazioni è tenuto
in formato elettronico, con
caratteristiche tali da consentire la consultazione in tempo reale da parte del
soprintendente.
L’art. 63 del D.Lgs. 42/2004 prevede, per
quanto qui interessa, anzitutto l’obbligo
della denuncia preventiva dell’attività
commerciale relativa a cose antiche o usate. In particolare, dispone che
l’autorità locale di pubblica sicurezza abilitata a ricevere tali
dichiarazioni, trasmette al soprintendente e alla regione copia di quelle
relative alle cose indicate nell’All. A dello stesso D.Lgs..
Un secondo
obbligo riguarda la descrizione delle
caratteristiche delle cose, nell’ambito dell’annotazione giornaliera delle operazioni eseguite
nel registro prescritto dalla normativa di pubblica sicurezza[81], da parte di chi ne esercita il commercio. Tale
descrizione deve essere dettagliata nel caso di operazioni relative a cose che
superino i limiti di valore indicati nel D.I. 15 maggio 2009, n. 95.
L’adempimento di tale secondo obbligo è verificato dal soprintendente con
ispezioni periodiche.
Ulteriori
disposizioni sembrerebbero alludere a modifiche (non esplicitate nel testo)
relative alle modalità di rilascio
dell’attestato di libera circolazione (v. ante).
Si
prevede, infatti, che il registro è diviso
in due elenchi: il primo, relativo alle cose per le quali occorre –
presumibilmente, per il rilascio dell’attestato di libera circolazione – la presentazione
all'ufficio di esportazione (come prevede la normativa vigente); il secondo,
relativo alle “cose per le quali l'attestato”
– sempre, presumibilmente, di libera circolazione – è rilasciato in modalità informatica senza necessità di presentazione
della cosa all'ufficio di esportazione, fatta salva la facoltà del
soprintendente di richiedere in ogni momento che la cosa sia presentata per un
esame diretto.
Ai
fini indicati, il comma 176, lett. f) novella l'art. 63, co. 2, del D.Lgs. 42/2004.
Se l’interpretazione sopra esposta è corretta, sembra
necessario esplicitare la novità anche nell’art. 68, co. 1, del D.Lgs. 42/2004
– che, come si è visto, prevede sempre la presentazione delle cose al
competente ufficio di esportazione, al fine del rilascio dell’attestato di
libera circolazione - specificando, in particolare, le categorie di beni a cui
si applicano le diverse modalità di rilascio dello stesso attestato.
Articolo 1,
comma 178
(Modifica delle soglie per l’obbligo di
comunicazione preventiva delle operazioni di concentrazione)
Il
comma 178, introdotto al Senato, modifica le condizioni e le soglie per l'obbligo di comunicazione
preventiva delle operazioni di concentrazione tra imprese all'Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato.
In particolare, la disposizione in esame
novella il comma 1 dell'articolo 16 della legge n. 287/1990, prevedendo che le
operazioni di concentrazione tra imprese devono essere preventivamente
comunicate all’Autorità qualora:
§ il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese interessate sia superiore a 492 milioni di euro, in luogo degli attuali 499 milioni di euro;
§ il fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate sia superiore a 30 milioni di euro. La disciplina vigente prevede invece la più alta soglia di 50 milioni di euro, la quale deve essere superata dall’impresa di cui è prevista l’acquisizione. La nuova formulazione, dunque, utilizzando la dizione “imprese interessate” sembra considerare anche operazioni di joint venture oltre che di acquisizione in senso proprio.
Resta
ferma la attuale coesistenza delle citate condizioni (le quali vengono comunque
modificate nei contenuti, nel modo suddetto) e la previsione attale secondo la
quale i valori soglia sono incrementati ogni anno di un ammontare equivalente
all'aumento dell'indice del deflattore dei prezzi del
prodotto interno lordo.
L'articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990 – che la disposizione in esame intende novellare – prevede che devono essere preventivamente comunicate all'Autorità tutte le operazioni di concentrazioni fra imprese[82] qualora siano verificate le seguenti circostanze:
§ il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate è superiore a 499 milioni di euro .
L’importo è stato aggiornato nei termini sopra indicati con Provvedimento AGCM n. 26471 del marzo 2017, adottato ai sensi del medesimo articolo 16, comma 1, il quale lo ha inizialmente fissato a cinquecento miliardi di lire, stabilendo che questo venga periodicamente aggiornato ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflattore dei prezzi del prodotto interno lordo.
§ il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'impresa di cui è prevista l'acquisizione è superiore a 50 milioni di euro.
L’importo è stato aggiornato nei termini sopra indicati rispetto al valore originario di 50 miliardi di lire, ai sensi del Provvedimento sopra citato.
Si ricorda in merito
che, in data 10 febbraio 2014, l’Autorità garante per la concorrenza ed il
mercato (AGCM) ha avviato una consultazione pubblica sul sistema di notifica preventiva delle
operazioni di concentrazione. La
Consultazione pubblica ha avuto ad oggetto una apposita Comunicazione
dell’AGCM[83] circa l’opportunità
di modificare il sistema di notifica preventiva delle operazioni di
concentrazione di cui all’articolo 16, comma 1, della
legge n. 287/1990, come modificato dal D.L. n. 1/2012, prevedendo:
1)
la riduzione
a 10 milioni di euro della soglia prevista per l’impresa oggetto di
acquisizione (pari, al tempo in cui fu lanciata la consultazione, a 48 milioni
di euro).
2)
che
le operazioni di concentrazione avrebbero dovuto essere preventivamente
comunicate all’Autorità qualora - fermo restando il superamento della soglia relativa
al fatturato totale realizzato, a livello nazionale, dall’insieme delle imprese
interessate - il fatturato realizzato a livello nazionale da almeno
due delle imprese interessate dall’operazione di concentrazione eccedesse
la soglia di 10 milioni di euro
(indicata al punto 1)).
Alla consultazione dell’AGCM hanno partecipato 17 soggetti, di cui 10 studi legali o associazioni di professionisti, 6 associazioni di imprese (tra cui Confindustria, Assonime, ABI e AIFI) e un’impresa (Lottomatica)[84]. Preso atto delle osservazioni formulate, l’Autorità ha ritenuto opportuno continuare a monitorare l’operatività dell’attuale sistema di notifica.
Il comma in esame sembra dunque in qualche misura muoversi nella direzione della proposta oggetto di consultazione dell’AGCM, comportando un aumento delle possibilità di controllo delle operazioni di concentrazione, nonché in simmetria con i criteri di valutazione adottati in sede europea.
A livello europeo, la materia delle concentrazioni non è oggetto di disciplina diretta nel TFUE, ma di una normativa specifica di diritto derivato. Si tratta in particolare del Regolamento (CE) n. 139/2004, del Regolamento della Commissione n. 802/2004 (regolamento di esecuzione del citato regolamento n. 139/2004) e di alcune comunicazioni della Commissione: si veda, in particolare, la Comunicazione della Commissione UE adottata in data 10 luglio 2007 in materia di controllo delle operazioni di concentrazione ai sensi del citato Regolamento (“Commission Consolidated Jurisdictional Notice”.
Secondo tale regime, si ha un’operazione di concentrazione quando si produce una modifica duratura del controllo a seguito del fatto che due o più imprese procedono ad una fusione, oppure quando una o più persone che detengono il controllo di almeno un’impresa, o una o più imprese, acquistano direttamente o indirettamente il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese. Il regolamento si applica ad ogni concentrazione di dimensione comunitaria. Una concentrazione acquisisce una dimensione comunitaria quando raggiunge determinate soglie economiche (il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è superiore a 5 miliardi di euro; il fatturato totale realizzato singolarmente nell’UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 250 milioni di euro, a meno che ciascuna di tali imprese realizzi più di due terzi del proprio fatturato totale nell’UE all’interno di un unico e medesimo paese dell’UE).
In linea generale, è
obbligatorio notificare alla Commissione
le operazioni di concentrazione
di dimensione comunitaria prima della loro realizzazione, subito dopo la
conclusione dell’accordo, la pubblicazione dell’offerta pubblica di acquisto o
di scambio o l’acquisizione di una partecipazione di controllo. La Commissione dichiara con decisione l’accertata
compatibilità delle concentrazioni con il mercato interno ovvero
l’incompatibilità. In caso di accertata incompatibilità, la Commissione europea
può ordinare la separazione di imprese o
altra misura idonea a ripristinare la concorrenza effettiva, compresi poteri sanzionatori (ammende e
penalità di mora). La Commissione può altresì approvare la concentrazione
subordinando tale autorizzazione a determinate condizioni vincolanti o a misure
correttive.
Articolo 1,
comma 179
(Soppressione dell'obbligo di denuncia di deposito di prodotti alcolici per pubblici
esercizi)
Il comma 179, introdotto nel corso
dell’esame in Senato, esonera dall’obbligo di denunciare il deposito di prodotti alcolici gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico,
gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini.
In particolare, la
norma in commento introduce una deroga
all’obbligo di denuncia di deposito
di prodotti alcolici, di cui al
decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, operante per:
§ gli esercizi pubblici;
§ gli esercizi di intrattenimento pubblico;
§ gli esercizi ricettivi;
§ i rifugi alpini.
Si ricorda, in proposito, che il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 reca il Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative. L’art. 29 del citato Testo unico, al comma 1, dispone che gli esercenti impianti di trasformazione, di condizionamento e di deposito di alcole e di bevande alcoliche assoggettati ad accisa devono denunciarne l'esercizio all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane, competente per territorio. Il successivo comma 2 assoggetta alla denuncia in questione anche gli esercizi di vendita ed i depositi di alcole denaturato con denaturante generale in quantità superiore a 300 litri. La norma in commento modifica il comma 2 esonerando dall’obbligo di denuncia gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, gli esercizi ricettivi e i rifugi alpini.
La disciplina relativa agli esercizi pubblici è da rinvenire nel Capo II del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al Regio decreto n. 773/1931, e successive modificazioni. In particolare, l’art. 86 del citato Testo unico subordina alla licenza del questore gli alberghi, le locande, le pensioni, le trattorie, le osterie, i caffè o gli altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, nonché le sale pubbliche per biliardi o altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili. La norma prevede inoltre che per la somministrazione di bevande alcooliche presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci, è necessaria la comunicazione al questore e si applicano i medesimi poteri di controllo degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza previsti per le attività di cui al primo comma. Con particolare riferimento agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, si segnala che essi sono disciplinati dalla L. n. 287/1991, così come modificata dal D. Lgs. n. 59/2010 e successive modificazioni. In particolare, l’art. 1, comma 1, identifica la somministrazione come la vendita per il consumo sul posto, che si esplicita in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati. L’art. 5 della L. n. 287/1991 enumera poi tra le tipologie di tali esercizi pubblici: a) gli esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari); b) gli esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari); c) gli esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari; d) gli esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.
In proposito, si ricorda che il D.L. n. 14/2017, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, ha introdotto alcune modifiche al citato Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. In particolare, tali norme sono contenute:
§ nell’art. 8, in relazione al potere del sindaco di adottare ordinanze in materia di sicurezza, di natura contingibile o non contingibile, con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche;
§ nell’art. 12, relativamente alla facoltà del questore di disporre la sospensione dell’attività dei pubblici esercizi, nelle ipotesi di reiterata inosservanza delle ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 50, commi 5 e 7, del TUEL, in materia di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche. L’art. 100 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali affida infatti al questore il potere di sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.
§ nell’art. 12-bis, in relazione al potere del questore di sospendere la licenza di un esercizio per tumulti o gravi disordini.
Si ricorda inoltre che i requisiti per l'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, sono stati individuati dall'art. 71, co. 6, del D.Lgs. n. 59/2010, come modificato dall'art. 8 del D.Lgs. n. 147/2012.
Anche gli esercizi di intrattenimento pubblico sono assoggettati dall’art. 68 del TULPS alla licenza del questore.
Con riferimento, invece,
agli esercizi ricettivi, si ricorda
che la L. n. 135/2001, di riforma
della legislazione nazionale del settore turistico, ha distribuito le
competenze in materia tra Stato, regioni e autonomie territoriali,
contestualmente abrogando la legge quadro n. 217/1983, che aveva stabilito i
criteri fondamentali di classificazione delle strutture ricettive, nonché i
requisiti per l’esercizio delle professioni turistiche. La legge non è diventata immediatamente operativa
in quanto il relativo D.P.C.M. attuativo[85], volto alla definizione dei principi e degli
obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, è stato
emanato a distanza di oltre un anno, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e
le associazioni degli operatori turistici e dei consumatori[86]. Tale decreto, al fine di assicurare
l'unitarietà del comparto turistico e la tutela dei consumatori, delle imprese
e delle professioni turistiche, ha stabilito, tra l’altro, i requisiti e gli standard
minimi delle attività ricettive, nonché i criteri relativi alla
classificazione delle strutture ricettive.
Il citati decreto ha quindi recepito l’Accordo è stato recepito con il D.P.C.M.
13 settembre 2002 che, oltre a disporre l’approvazione dei principi per
l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, così
come definiti dal citato Accordo sottoscritto in sede di Conferenza
Stato-Regioni, rinviando alle regioni la determinazione delle caratteristiche
dell'offerta turistica italiana attraverso intese fra le stesse e le province
autonome di Trento e Bolzano, nonché la determinazione degli standard minimi
comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.
Con riferimento, infine, ai rifugi alpini, si rileva che la relativa normativa, dapprima contenuta nel Testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini (D.P.R. 918/1957), è stata superata dalla legge quadro sul turismo (L. 217/1983, poi abrogata), che classificava i rifugi come “locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri abitati”. Non sussistendo, allo stato, una normativa che disciplini a livello unitario la materia dei rifugi, le regioni, alle quali è stata demandata la determinazione dei criteri per la classificazione delle strutture, non hanno provveduto in maniera uniforme alla definizione relativa[87] . La localizzazione in zone di montagna di alta quota rappresenta la caratteristica comune presente nelle definizioni contenute nella legislazione regionale sui rifugi alpini.
Articolo,1,
commi 180-183
(Delega in materia di autoservizi
pubblici non di linea)
I commi 180-183, delegano il Governo ad adottare un decreto legislativo per la revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea (Taxi, NCC, e similari), definendo principi e criteri direttivi, nonché le procedure per l’adozione delle norme.
Il comma 180 è stato introdotto al Senato e prevede che il decreto dovrà essere adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza unificata, sentiti la associazioni di categoria comparativamente più rappresentative a livello nazionale e il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
A tale proposito si ricorda che, attualmente, la
principale normativa di riferimento del settore è contenuta nella legge n. 21 del
1992 , la legge
quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea.
Significative differenze distinguono peraltro il
regime dell'accesso al mercato per le due tipologie di servizio, taxi
e NCC, in quanto, pur assicurando entrambe il
trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e
integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea e benché siano effettuati a
richiesta dei trasportati, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e
secondo orari stabiliti di volta in volta (definizioni queste stabilite
dall'art. 1, co. 1 della legge n. 21/1992), il servizio di NCC non è soggetto ad obblighi di servizio pubblico,
mentre il servizio di taxi rientra tra i servizi di trasporto pubblico locale, sia pure non di linea. Dalla natura
pubblica del servizio taxi discendono pertanto:
§ la doverosità delle prestazioni;
§ la capillarità territoriale e sociale della fornitura
e l'accessibilità del servizio di taxi sotto il profilo economico;
§ l'obbligatorietà del servizio e la sua offerta
indifferenziata a chiunque ne faccia richiesta;
§ la determinazione pubblica delle tariffe e delle
modalità di svolgimento del servizio;
§ la previsione che lo stazionamento dei taxi avvenga in
luogo pubblico e che il prelevamento dell'utente o l'inizio del servizio avvengano
all'interno dell'area comunale o comprensoriale di riferimento.
In base alla legge n. 21/1992, l'attività di tassista inoltre non
può assumere la forma giuridica dell'impresa, a differenza dell'NCC, ed è previsto il divieto di cumulo nella stessa
persona, di più licenze taxi.
I princìpi e criteri direttivi di delega individuati dal comma 180 sono i seguenti:
a) la disciplina per gli autoservizi pubblici non di linea dovrà contribuire a garantire il diritto alla mobilità di tutti i cittadini e assicurare agli autoservizi stessi una funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ferroviari, automobilistici, marittimi, lacuali e aerei;
b) adeguare l'offerta di servizi alle nuove forme di mobilità che si svolgono grazie ad applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l'interconnessione dei passeggeri e dei conducenti
e) promuovere la concorrenza e stimolare più elevati standard qualitativi;
d) assicurare una miglior tutela del consumatore nella fruizione del servizio garantendo una consapevole scelta nell'offerta;
e) armonizzare le competenze regionali e degli enti locali in materia, al fine di definire comuni standard nazionali;
A tale proposito si ricorda che la legge quadro n. 21/1992 ha demandato alle regioni e agli enti locali la disciplina di dettaglio e quella inerente la gestione dei servizi, pertanto la disciplina delle concessione delle licenze taxi e Ncc è di competenza comunale ed è quindi disciplinata nell'ambito dei regolamenti comunali per i servizi pubblici non di linea. La territorialità della organizzazione dei servizi connota pertanto fortemente la disciplina attuale. Nel dare esecuzione alla legge n. 21/1992, le regioni hanno individuato, con proprie leggi regionali, i criteri cui devono attenersi i comuni nei regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea e hanno delegato agli enti locali le relative funzioni amministrative.
La regolamentazione comunale ha quindi generalmente ad oggetto il numero di soggetti autorizzati ad operare, i corrispettivi richiesti per il servizio, i turni quotidiani, l'orario di lavoro, le regole di comportamento nonché le condizioni di sicurezza. In concreto i comuni individuano:
§ il numero ed il tipo di veicoli da adibire ad ogni singolo servizio;
§ i requisiti e condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi.
§ le modalità per lo svolgimento del servizio;
§ i criteri per la determinazione delle tariffe per il servizio di taxi.
f) adeguare il sistema sanzionatorio per le violazioni amministrative, individuando sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione, anche ai fini di contrasto di fenomeni di abusivismo, demandando la competenza per l'irrogazione delle sanzioni amministrative agli enti locali ed evitando sovrapposizioni con altre autorità.
L’evoluzione della disciplina Taxi ed NCC
La legge quadro
n. 21/1992 ha subito alcune rilevanti modifiche nel corso della XVI
legislatura: l'art. 29, comma 1-quater,
del D.L. n. 207/2008 ha infatti ampliato gli obblighi a carico degli
esercenti del servizio di noleggio con conducente ed ha introdotto alcune limitazioni
allo svolgimento del servizio stesso. Tale articolo ha previsto:
§ una preventiva autocertificazione per l'accesso nel
territorio di altri comuni;
§ nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle
autorizzazioni, con obbligatoria disponibilità, in base a valido titolo
giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile situati nel
territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione;
§ l'obbligo di inizio e termine di ogni singolo servizio
di noleggio con conducente presso la rimessa;
§ l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del
conducente di un "foglio di servizio";
§ il divieto di sostare in posteggio di stazionamento su
suolo pubblico nei comuni ove sia presente il servizio di taxi.
L'operatività della disciplina è stata subito
sospesa con l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 5/2009, in
considerazione dei timori per la significativa limitazione della libertà di
concorrenza nel settore che la sua applicazione avrebbe comportato, fino al 30
giungo 2009, termine successivamente differito fino al 31 marzo 2010.
Successivamente l'articolo 2, comma 3 del D.L. n. 40/2010 ha previsto
l'emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa
intesa con la Conferenza Unificata, per la rideterminazione dei principi
fondamentali di cui alla legge n. 21/1992, allo scopo di contrastare
l'esercizio abusivo delle attività di taxi e di noleggio con conducente e
di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito
nazionale. A tale decreto è stato quindi rimessa anche l'attuazione delle
disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nel decreto-legge
n. 207/2008 richiamate. Il termine per l'emanazione del decreto è stato più
volte differito, da ultimo (art. 9, co. 3, della legge n. 19 del
2017, di conversione del decreto legge "Proroga Termini") al 31
dicembre 2017. Con tale ultima norma è stata altresì sospesa
l'efficacia, sempre per l'anno 2017, delle disposizioni del D.L. n.
207/2008, che tra l'altro restringono l'operatività dei conducenti degli
autoservizi non di linea fuori dal comune in cui è stata rilasciata
l'autorizzazione.
Dal 2010
infatti, in assenza di una esplicita sospensione delle norme del D.L. 207/2008
ed in attesa del decreto ministeriale di contrasto al fenomeno dell'abusivismo,
si era creata una situazione di incertezza legislativa durante la quale
si sono avute pronunce contrastanti in sede giudiziaria: alcuni
Tribunali (TAR Lazio 7516/2012 e 3863/2013 e ordinanza cautelare del 5 marzo
2015) hanno ritenuto applicabili le
norme della legge 21 del 1992, come modificate nel 2008, in quanto nel corso
degli anni era stato differito solo il termine per l'emanazione del decreto
ministeriale; altri sono stati di avviso contrario (ordinanza cautelare Tar
Lazio n. 4859/2014) confermando la sospensione dell'efficacia del provvedimento
legislativo.
Il 21 febbraio 2017, a seguito delle proteste
dei rappresentanti di categoria dei tassisti per l'approvazione dell'art. 9,
co. 3 della legge n. 19/2017, è stata raggiunta tra MIT e rappresentanti
sindacali di categoria, un'intesa che prevede entro un mese la
stesura di uno schema di decreto interministeriale, di cui all'articolo
2 del DL 40/2010, per impedire l'esercizio abusivo taxi e Ncc e di uno schema di decreto legislativo per il
riordino della legge quadro n. 21 del 1992. I decreti dovranno includere
tutti i temi, già concordati con le categorie a suo tempo, tra cui il
miglioramento del sistema di programmazione e organizzazione su base
territoriale, la regolazione e salvaguardia del servizio pubblico, la necessità
di migliorare i servizi ai cittadini, l'evoluzione tecnologica del settore, la
lotta all'abusivismo, un migliore incontro tra domanda e offerta. Il verbale
dell'incontro conferma peraltro che la legge 21/92 che disciplina il
settore, resta vigente con le modifiche introdotte dall'articolo 29,
comma 1-quater, nonostante la sospensione di efficacia del
decreto Milleproroghe, e comunque in vigore nel
testo originario del ‘92, come attuato dalle singole leggi regionali.
L'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato
(AGCM) è più volte intervenuta sul tema della
riforma della disciplina del settore Taxi e NCC. Recentemente,
il 10 marzo 2017, ha inviato una segnalazione al Parlamento ed
al Governo (AS1354) in cui si sottolinea che il settore dalla mobilità non
di linea (taxi e NCC) richiede una riforma
complessiva, in quanto è ancora regolato dalla legge n. 21 del 15 gennaio 1992,
oramai non più al passo con l'evoluzione del mercato. La problematica è comune
anche ad altri Stati europei, dove sono già state intraprese dalle Autorità di concorrenza
analoghe iniziative, ad esempio in Francia ed in Inghilterra, che segnalano la
necessità di garantire un confronto ad armi pari tra taxi e NCC
nei nuovi mercati. L'AGCM valuta positivamente le
proroghe disposte dall'art. 9, co. 3 del decreto legge "Proroga
termini", in quanto concedono più tempo per provvedere alla riforma in
senso più concorrenziale della materia. L'Autorità ritiene che la riforma debba
alleggerire la regolazione esistente, garantendo una maggiore
flessibilità operativa ai titolari di licenza taxi e al tempo stesso
eliminando le disposizioni che limitano su base territoriale l'attività degli NCC, in modo garantire una piena equiparazione dal lato
dell'offerta tra gli operatori dotati di licenza taxi e quelli dotati di autorizzazione
NCC e facilitare lo sviluppo di forme di servizio più
innovative e benefiche per i consumatori (tipo Uber black e Mytaxi). La riforma
dovrebbe anche riguardare quella tipologia di servizi che attraverso
piattaforme digitali mettono in connessione autisti non professionisti e
domanda finale (come il servizio Uber Pop). La
regolamentazione dovrebbe comunque tenere conto dell'esigenza di contemperare
la tutela della concorrenza con altri interessi meritevoli di tutela quali la
sicurezza stradale e l'incolumità dei passeggeri e dovrebbe essere tuttavia la
meno invasiva possibile, limitandosi a prevedere una registrazione delle
piattaforme in un registro pubblico e l'individuazione di una serie di
requisiti e obblighi per gli autisti e per le piattaforme, anche di natura
fiscale. Occorrerebbero inoltre misure idonee a limitare quanto più possibile
l'impatto sociale dell'apertura del mercato, a beneficio dei tassisti, ad
esempio forme di compensazione tramite la costituzione di un Fondo
finanziato dai nuovi operatori e dai maggiori introiti derivanti da possibili
modifiche del regime fiscale.
Il comma 181definisce la procedura di trasmissione alle Camere dello schema di decreto legislativo, corredato di relazione tecnica, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Si prevede in particolare che le Commissioni possano richiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di trenta giorni il termine per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia.
Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri, o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato.
È previsto inoltre l’obbligo del Governo, che non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, di trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione, perché su di esso sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato in via definitiva.
Il comma 182 prevede la possibilità di emanare disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore.
Il comma 183 prevede che dall'attuazione delle disposizioni non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; e che ai relativi adempimenti si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente. Viene comunque inserita la clausola di salvaguardia finanziaria , in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge n. 196/2009, in base alla quale qualora il decreto legislativo da emanare determini nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, il decreto stesso sarà emanato solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Articolo 1,
comma 184
(Locazione senza conducente)
Il comma
184 interviene in materia di locazione dei veicoli senza conducente per
l'effettuazione di attività di trasporto di viaggiatori.
Più nel dettaglio la disposizione introdotta
durante l'esame presso l'altro ramo del Parlamento, inserisce un nuovo comma 3-bis nell'articolo
84 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada).
Il nuovo comma 3-bis autorizza le imprese esercenti
attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus
con conducente sopra i 9 posti, iscritte al Registro Elettronico Nazionale delle
imprese che esercitano la professione di autotrasportatore e titolari di autorizzazione, ad utilizzare i
veicoli in proprietà di altra impresa esercente la medesima attività ed
iscritta al Registro, acquisendone la disponibilità mediante contratto di
locazione.
L'articolo 11 del decreto MIT 25 novembre 2011 ha istituito
presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento per i
trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici il Registro
elettronico nazionale delle imprese che sono autorizzate all'esercizio della
professione di trasportatore di merci o persone su strada.
È opportuno ricordare che la
disciplina del noleggio degli autobus con conducente è stata introdotta
nell’ordinamento nazionale dalla legge n. 218 del 2003. Il servizio di noleggio di autobus con conducente è
definito dalla suddetta legge come servizio di trasporto di viaggiatori
effettuato da una impresa in possesso dei requisiti relativi all’accesso alla
professione di trasportatore su strada di viaggiatori, con veicoli destinati al
trasporto di persone equipaggiati con più di nove posti compreso quello del
conducente per uno o più viaggi richiesti da terzi committenti o offerti
direttamente a gruppi precostituiti. Il servizio deve quindi avvenire con la
preventiva definizione sia del periodo di effettuazione sia della durata e
dell’importo complessivo dovuto per l’impiego e l’impegno dell’autobus adibito
al servizio.
Articolo1,
commi 185-188
(Delega per la mobilità sostenibile e lo
sviluppo delle smart city)
I commi 185-188 delegano il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della legge, decreti legislativi per disciplinare l'installazione sui mezzi di trasporto delle cosiddette
«scatole nere» o altri
dispositivi elettronici similari.
La disposizione, introdotta al Senato, dichiara di voler favorire l'offerta di servizi pubblici e privati per la mobilità, l'utilizzo di dati aperti, lo sviluppo delle smart city, nonché l'adozione di piani urbani della mobilità sostenibile. Prevede anche che gli apparecchi potranno favorire la realizzazione di piattaforme tecnologiche per uno sviluppo urbano integrato multidisciplinare, in coerenza con la normativa dell'Unione europea.
Le scatole nere sono apparecchi con localizzazione satellitare installati sugli autoveicoli, che vengono utilizzati, già attualmente, a fini prevalentemente assicurativi, in quanto consentono di registrare una serie di dati relativi all’autovettura ed alla guida da parte del conducente (velocità, frenata, accelerazione, Km percorsi, etc.). Già l’art. 49 della legge n.120 del 2010 (legge sulla sicurezza stradale) aveva introdotto in via sperimentale l'equipaggiamento con la «scatola nera». degli autoveicoli per i quali sia richiesta la patente di guida di categoria C, D o E. Successivamente il D.L. n. 1/2012 (c.d. “liberalizzazioni”, art. 32, comma 1, 1-bis e 1-ter), ne ha per la prima volta disciplinato legislativamente l’utilizzo, prevedendo al comma 1 che i costi di installazione, disinstallazione, sostituzione, funzionamento e portabilità siano a carico delle compagnie di assicurazione, che praticano inoltre una riduzione significativa rispetto alle tariffe stabilite nel caso in cui l'assicurato acconsenta all'istallazione di meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati scatola nera o equivalenti, o ulteriori dispositivi, all'atto della stipulazione del contratto o in occasione delle scadenze successive a condizione che risultino rispettati i parametri stabiliti dal contratto. Il comma 1-bis ha poi rinviato all’emanazione di un regolamento dell’ISVAP (ora IVASS), di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e l’autorità Garante per la protezione dei dati personali, le modalità di raccolta, gestione ed utilizzo dei dati raccolti dalle “scatole nere”, nonché le modalità per assicurarne l’interoperabilità in caso di cambio dell’assicurazione. Nel 2013 è stata messa in consultazione dall’IVASS una bozza di tale regolamento che però non è stato mai emanato. E’ stata inoltre demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la definizione dello standard tecnologico comune hardware e software per la raccolta, la gestione e l’utilizzo dei dati raccolti dalle “scatole nere”, al quale le imprese di assicurazione dovranno adeguarsi entro due anni dalla sua emanazione. Il MISE ha emanato il decreto il 25 gennaio 2013.
L'ISVAP, con il finanziamento del Ministero dello sviluppo economico, aveva condotto a partire dal 2007 una sperimentazione con l’installazione di 14.000 scatole nere presso altrettante autovetture, riscontrando gli effetti positivi dell’iniziativa. Le scatole nere sono infatti utilizzate in caso di incidenti stradali, con lo scopo principale della riduzione delle frodi assicurative, dovute spesso alla falsa ricostruzione degli incidenti. Molte compagnie di assicurazione offrono già oggi sconti sulle tariffe RC auto in caso di istallazione di tali dispositivi, che registrano i dati dei veicoli e consentono quindi una ricostruzione delle dinamiche degli incidenti accurata e la riduzione della possibilità di frode assicurativa, nonché la possibilità di localizzare il veicolo in caso di furto.
Nella Relazione illustrativa al decreto si sottolinea che l’istallazione delle scatole nere consentirebbe anche di recuperare l’evasione dell’RC auto e la riduzione delle frodi assicurative, con effetti benefici sulla sicurezza della circolazione e la possibilità del Ministero delle infrastrutture e trasporti di avere in tempo reale dati sul parco autoveicoli circolante.
I princìpi e criteri direttivi di delega sono così definiti:
a) stabilire la progressiva estensione dell'utilizzo dei dispositivi elettronici, con priorità sui veicoli che svolgono un servizio pubblico o che beneficiano di incentivi pubblici e, successivamente, sui veicoli privati adibiti al trasporto di persone o cose, senza maggiori oneri per i cittadini;
Si rileva che occorrerebbe fare riferimento
anziché alla nozione di “veicolo”, ad una categoria più specifica, quale quella
degli autoveicoli, in quanto la
nozione di veicolo (Codice della Strada, art. 47), ricomprende: a) veicoli a
braccia; b) veicoli a trazione animale; c) velocipedi; d) slitte; e)
ciclomotori; f) motoveicoli; g) autoveicoli; h) filoveicoli; i) rimorchi; l)
macchine agricole; m) macchine operatrici; n) veicoli con caratteristiche atipiche.
b) definire le informazioni rilevabili dai dispositivi elettronici, insieme ai relativi standard, al fine di favorire una più efficace e diffusa operatività delle reti di sensori intelligenti, per una gestione più efficiente dei servizi nelle città e per la tutela della sicurezza dei cittadini;
e) disciplinare la portabilità dei dispositivi, l'interoperabilità, il trattamento dei dati, le caratteristiche tecniche, i servizi a cui si può accedere, le modalità e i contenuti dei trasferimenti di informazioni e della raccolta e gestione di dati, il coinvolgimento dei cittadini attraverso l'introduzione di forme di dibattito pubblico;
d) definire il valore di prova nei procedimenti amministrativi e giudiziari dei dispositivi elettronici;
e) individuare le modalità per garantire una efficace ed effettiva tutela della privacy, mantenendo in capo ai cittadini la scelta di comunicare i dati sensibili per i servizi opzionali.
Il comma 186 definisce la procedura di adozione, prevedendo che gli schemi di decreti legislativi siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito l'IVASS e previo parere del Garante per la protezione dei dati personali nonché acquisiti i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo.
Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che si pronunciano nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Si prevede la c.d. clausola di slittamento: se il termine previsto per il parere cade nei quindici giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo termine viene prorogato di trenta giorni.
Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.
Il comma 187 prevede la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi e sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura di cui al comma 186.
Il comma 188 reca la clausola di neutralità finanziaria e prevede che gli schemi dei decreti legislativi siano corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è inserita la clausola di salvaguardia, per cui i decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, gli stessi possono essere sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
Sul tema della mobilità sostenibile, si ricorda inoltre che con il DM 12 febbraio 2014, n. 44 è stato adottato il Piano di azione nazionale sui sistemi intelligenti di trasporto (ITS) in attuazione della Direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010
L'articolo 5 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale) ha poi previsto disposizioni per incentivare la mobilità sostenibile, stanziando risorse, nel limite di 35 milioni di euro, per la realizzazione di un Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile, nell'ambito dei progetti a cui è possibile destinare il 50% dei proventi delle aste del sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas-serra (ai sensi dell'art. 19, comma 6, del D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30) e che è stato successivamente all'esame parlamentare l'Atto del Governo n. 302, recante il Programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro. A tale riguardo, si segnala la previsione di servizi di Infomobilità, vale a dire applicazioni informatiche che mirano ad una migliore informazione sulle reti di trasporto, al fine di permettere all'utente un uso sicuro, più coordinato ed intelligente delle stesse.
Articolo 1,
commi 189-193
(Sistema nazionale di monitoraggio della
logistica)
I
commi 189-193, introdotti dal Senato,
recano misure volte a favorire lo sviluppo del sistema logistico nazionale,
attraverso la creazione di un unico sistema di monitoraggio.
Più nel dettaglio il comma 189 istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti, il Sistema nazionale di monitoraggio della logistica (SiNaMoLo).
Lo stesso comma prevede che all'alimentazione
del sistema contribuiscano:
§ la piattaforma logistica
nazionale digitale (PLN) di cui all'articolo 61-bis del decreto-legge
24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni,
dalla legge
24 marzo 2012, n. 27;
Tale
disposizione ha previsto un finanziamento per il miglioramento delle condizioni
operative dell'autotrasporto e l'inserimento dei porti nella sperimentazione
della Piattaforma logistica nazionale nell'ambito del progetto di UIRNet S.p.A., soggetto attuatore unico della Piattaforma
logistica nazionale.
§ il Sistema PMIS (Port Management Information System) delle Capitanerie di Porto;
Il sistema PMIS è impiegato dal personale della Capitaneria di Porto
sia nello svolgimento delle pratiche amministrative collegate all’arrivo e alla
partenza delle navi sia per la supervisione del traffico all’interno delle
acque portuali.
§ i Sistemi PIL (Piattaforma Integrata della Logistica) e PIC (Piattaforma Integrata Circolazione) delle Ferrovie dello Stato italiane;
La Piattaforma
Integrata della Logistica (PIL) è sistema informativo ideato per supportare il
Gruppo FS nello sviluppo della logistica delle merci in ottica intermodale, con
focus all’integrazione del mondo ferroviario con tutti gli operatori nazionali
e internazionali.
La Piattaforma Integrata Circolazione (PIC) costituisce
la base informativa unitaria, certificata in qualità e sicurezza informatica,
di riferimento per tutte le attività legate alla circolazione ferroviaria,
accessibile a tutti coloro che ne abbiano necessità in modo adeguato alla loro
posizione nel processo produttivo.
§ i PCS (Port Community System) delle Autorità Portuali;
Il Port community system
è un pacchetto di servizi informatici volto alla creazione di uno sportello
telematico unico per armatori, spedizionieri, agenti marittimi, trasportatori e
uffici. Al suo interno confluiscono tutti i sistemi di monitoraggio della
merce, sia a scopi di sicurezza che commerciali.
§ il SIMPT (Sistema Informativo per il Monitoraggio e la Pianificazione dei Trasporti);
Il SIMPT è il sistema volto a supportare la pianificazione a
lungo termine degli interventi sul sistema dei trasporti nazionale.
§ il
SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) del Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare;
Il
SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) è un sistema,
creato su iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare, per permettere l'informatizzazione della tracciabilità dei rifiuti
speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani della Regione Campania.
§ il sistema informativo dell'Agenzia delle Dogane e dei monopoli;
§ le piattaforme logistiche territoriali.
Al fine di dare piena attuazione al nuovo
meccanismo di monitoraggio della logistica, il comma 190 prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della legge annuale sulla concorrenza, vengano definite, con decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le modalità di attuazione
del sistema nazionale di monitoraggio della logistica assicurando il
coordinamento dei diversi soggetti coinvolti. Il decreto stesso dovrà definire
anche gli standard e i protocolli di comunicazione di trasmissione dei dati. Il
decreto dovrà essere adottato d’intesa con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sentita l’Agenzia per l'Italia digitale (AGID).
Il comma
191 stabilisce, poi, che per le attività previste dai commi in esame venga
autorizzata una spesa di 500.000 euro annui a decorre dal 2018.
I commi 192 e 193, infine, individuano la relativa copertura finanziaria degli oneri previsti. In particolare si stabilisce che agli oneri, quantificati in euro 500.000 a decorrere dall'anno 2018, si provveda mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Allegato
(Disposizioni presenti nel testo
approvato in prima lettura dalla Camera e soppressi nel corso dell’esame in
Senato)
Nel corso dell’esame del disegno di legge in Senato sono state soppresse le seguenti disposizioni, già approvate dalla Camera:
§ disposizioni volte alla tutela della concorrenza nel settore della distribuzione cinematografica (art. 20) introdotto nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera;
Al riguardo, si ricorda che una nuova disciplina in materia - che riguarda i settori della produzione, distribuzione, programmazione ed esercizio cinematografico - è stata dettata dall’art. 31 della L. 220/2016, approvata dopo che l’esame in sede referente dell’A.S. 2085 era terminato.
§ la modifica delle disposizioni di attuazione del codice civile in tema di procedure ereditarie (art. 43). In particolare, il provvedimento approvato dalla Camera affidava la tenuta e la conservazione del registro delle successioni (ora presso la cancelleria di ciascun tribunale) al Consiglio Nazionale del Notariato, sotto la vigilanza del Ministro della giustizia;
§ la modifica della disciplina delle società a responsabilità limitata (s.r.l.) semplificata, al fine di consentirne la costituzione anche mediante scrittura privata, fermo restando l'obbligo di iscrizione presso il registro delle imprese (art. 44);
§ la previsione che consentiva la sottoscrizione di alcune tipologie di atti, oltre che con le modalità previste per l’atto pubblico o la scrittura privata, anche con modalità digitali (art. 45). La disposizione approvata dalla Camera prevedeva modelli standard e individuava una serie di soggetti, accreditati presso le Camere di commercio, come idonei a fornire assistenza alla stipulazione degli atti digitali.
[1] La
Commissione Europea ha approvato il 18 maggio 2016 le raccomandazioni di
politica economica e di bilancio per ciascun Paese dell’UE, che il successivo12 luglio sono poi state approvate dal Consiglio
ECOFIN.
[2] Si ricorda che la base imponibile è costituita dalle somme percepite in sede di riscatto, al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, e che la summenzionata aliquota più favorevole si applica qualora la cessazione dei requisiti di partecipazione sia dovuta a: cessazione di attività lavorativa (che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi); assoggettamento a procedura di mobilità o di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria; invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo; morte dell'iscritto (precedente la maturazione del diritto alla prestazione).
[3] Delibera 3 maggio 2012, n. 52 “Adozione del nuovo piano di numerazione nel settore delle telecomunicazioni e disciplina attuativa, che modifica ed integra il piano di numerazione di cui alla delibera n. 26/08/CIR e s.m.i.”.
[4] L’istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE), previsto dall’art. 4 della L. 93/1992, è stato dichiarato estinto con decreto del Prefetto di Roma del 30 aprile 2009 e le relative funzioni sono state trasferite al nuovo IMAIE.
[5] Qui l’elenco delle imprese che intendono svolgere o svolgono l’attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore, aggiornato al 21 dicembre 2015.
[6] La
misura del compenso e le quote di ripartizione, nonché le relative modalità,
erano state determinate – ai sensi dell’art. 23 del regolamento di esecuzione
della L. 633/1941, adottato con
R.D. 1369/1942, con D.P.C.M. 1 settembre 1975, su
proposta del comitato consultivo permanente per il diritto d'autore.
[7] Legge
20 novembre 1982, n. 890 “Notificazioni di atti a mezzo posta e di
comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”.
[8] Decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 “Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio”.
[9] Decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 58 “Attuazione della direttiva 2008/6/CE che modifica la direttiva 97/67/CE, per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali della Comunità”.
[10] Il
testo dell’articolo 2, come da ultimo sostituito dal decreto legislativo n.
68/2011, fa ancora riferimento alla previsione della costituzione di
un’apposita Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale; la
previsione della costituzione dell’Agenzia è stata però soppressa dall’articolo
21 del decreto-legge n. 201/2011 e le sue competenze trasferite all’AGCOM.
[11] La delibera 369/2016/R/eel è disponibile sul sito www.autorita.energia.it. http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/17/069-17.pdf
[12] La Tutela SIMILE è una particolare tipologia di contratto di fornitura di energia elettrica di durata di 12 mesi non rinnovabile. Tale contratto, pur basandosi sul mercato libero, è composto da condizioni contrattuali definite dall'Autorità, obbligatorie ed omogenee per tutti i venditori. Le condizioni economiche sono analoghe a quelle del servizio di Maggior Tutela, ma con la riduzione di un bonus una tantum - qualora il contratto perduri per tutti i 12 mesi - diverso da fornitore a fornitore, che viene applicato nella prima bolletta.
[13] Tali esiti sono definiti sulla base dell’aggiornamento e dell’integrazione di alcuni dei risultati relativi agli anni 2012 e 2013, già pubblicati nel precedente Rapporto 2012-13L’attività di monitoraggio è stata avviata con il Testo integrato del sistema di monitoraggio dei mercati della vendita al dettaglio dell’energia elettrica e del gas naturale di cui alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ora Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico 3 novembre 2011, ARG/com 151/11
[14] Al riguardo si ricorda che Acquirente Unico è la Società per azioni del gruppo Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.A., cui è affidato per legge il ruolo di garante della fornitura di energia elettrica alle famiglie e alle piccole imprese, a condizioni di economicità, continuità, sicurezza ed efficienza del servizio. Il compito di Acquirente Unico è quello di acquistare energia elettrica alle condizioni più favorevoli sul mercato e di cederla ai distributori o agli esercenti la maggior tutela, per la fornitura ai piccoli consumatori che non acquistano sul mercato libero. È stata istituita il 12 novembre 1999 da Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A. (oggi GSE spa) ai sensi dell'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 79/1999 , che prevedeva la costituzione di una società che fosse garante della disponibilità e della fornitura di energia elettrica, e della previsione della domanda di energia elettrica. Dal 1° luglio 2007, con la completa apertura del mercato elettrico, l’Acquirente Unico, secondo quanto stabilito dal decreto-legge n. 73/2007 (articolo 2, comma 2) acquista l’energia elettrica per il fabbisogno dei clienti appartenenti al mercato di “maggior tutela” e cioè i consumatori domestici e le piccole imprese (connesse in bassa tensione, con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) che non hanno scelto un nuovo fornitore nel mercato libero.
[15] Si tratta delle seguenti clausole:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma cc., sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;
f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa
[16] Cfr. “Guida pratica ai gruppi di acquisto”, predisposta dalle associazioni dei consumatori, su progetto finanziato dal MISE.
[17] L’Autorità medesima ha al riguardo evidenziato, da un lato, l'importanza di una informazione trasparente per il consumatore e, dall'altro, la possibilità e che il call center rappresenti anche uno strumento per raccogliere segnalazioni inerenti alla qualità del servizio fornito e alla correttezza dei comportamenti degli operatori attivi sul mercato della vendita di energia, fornendo nel contempo al cliente finale valide indicazioni.
[18] Lo Sportello si affianca
ad altre iniziative già promosse dall’Autorità in collaborazione con il
Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti (CNCU), fra
le quali si ricordano: l’Atlante dei diritti, la sottoscrizione di appositi
Protocolli di intesa tra l’Autorità ed il CNCU, il
monitoraggio della qualità dei servizi telefonici offerti dagli operatori del
settore energia; la diffusione di procedure di conciliazione per le
controversie tra clienti e fornitori dei servizi elettrico e gas.
[19] Il Numero Verde 800.166.654 è gratuito.
[20] Si evidenzia, in proposito, che con la deliberazione citata si è disposta la centralità della conciliazione obbligatoria e l’eliminazione dell’alternatività tra procedure di reclamo di secondo livello in capo allo Sportello per il consumatore di energia, di cui alla deliberazione 323/2012/E/com, e procedure presso il Servizio Conciliazione, al fine di massimizzare l’efficacia dei meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie, coerentemente con l’obbligatorietà della conciliazione quale condizione di procedibilità ai fini giudiziali, nonché tenuto conto del procedimento di riforma del sistema di tutele dei clienti finali in materia di trattazione dei reclami e risoluzione extragiudiziale delle controversie nei confronti degli operatori dei settori regolati, di cui alla deliberazione 410/2014/E/com. 93/11;
[21] Nel dettaglio, come precisa una nota dell’Autorità del 9 maggio 2016, nel caso di utenti, famiglie o condomini, con consumi medi annui fino a 3.000 mc, i gestori dovranno effettuare almeno 2 tentativi di lettura all'anno, distanziati almeno 150 giorni solari l'uno dall'altro; oltre i 3.000 mc l'obbligo diventa di almeno 3 tentativi, distanziati almeno di 90 giorni. Si evidenzia altresì l’obbligo di reiterare il tentativo di lettura se per due volte consecutive non dovesse andare a buon fine e se non vi fosse alcuna autolettura disponibile. A garanzia degli utenti, i gestori si dotano di modalità che permettano la messa a disposizione, in caso di contenzioso, della misura espressa dal totalizzatore, raccolta e utilizzata ai fini della fatturazione (ad esempio mostrando una documentazione fotografica). Per promuovere l'utilizzo dell'autolettura il gestore dovrà consentire agli utenti di comunicarla attraverso messaggi Sms, il telefono o via web-chat sul proprio sito internet, rendendo i sistemi disponibili tutto l'anno, 24 ore su 24. Il gestore deve inoltre fornire immediato riscontro all'utente sulla corretta presa in carico dell'autolettura al momento stesso della comunicazione ed entro 9 giorni lavorativi in riferimento alla validazione dei dati.
[22] La deliberazione evidenzia altresì la rilevante funzione del documento di fatturazione come importante canale di comunicazione con l’utente finale e sottolinea che gli obiettivi dell’intervento dell’Autorità sono individuati nella diffusione di una miglior conoscenza delle condizioni di svolgimento del servizio, favorendo, in tal modo, una maggiore partecipazione degli utenti, ma anche un utilizzo più consapevole della risorsa e una riduzione dei reclami dovuti a carenze informative.
[23] La disciplina dell'attività di misura è finalizzata a un’efficace erogazione del servizio idrico integrato stesso e alle diverse funzioni cui la misura è strumentale, che includono, oltre alla fatturazione, una gestione infrastrutturale efficace, la disponibilità all'utente del servizio idrico integrato (di seguito: SII) di informazioni precise, affidabili e in tempi utili, funzionali ad accrescerne la consapevolezza del proprio comportamento di consumo e del proprio impatto ambientale ovvero, più in generale, la responsabilizzazione dei consumatori in ordine al patrimonio idrico (in prelievo e in restituzione).
[24] Tale termine indica i sistemi che consentono la telelettura e telegestione dei contatori di energia elettrica, gas e acqua, in un'ottica di riduzione di costi per le letture e per le operazioni di gestione del contratto (es., cambio fornitore, disattivazione etc.), che possono essere effettuate in modo automatico a distanza, e con maggiore frequenza, senza un intervento in loco.
[25] Tenendo conto delle specificità di ciascuna condotta e della dimensione dei fenomeni accertati, l’Antitrust ha irrogato in dettaglio le seguenti sanzioni: ad ACEA, complessivi 1,5 milioni di euro; a Gori, 500.000 euro; a CITL, complessivamente 160 mila euro; e a Publiservizi 100 mila euro.
[26] Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.
[27] Tale domanda deve essere inoltrata presso il comune di residenza o presso altro ente designato dal comune, con l’utilizzo di appositi moduli e tramite il deposito della documentazione necessaria a dimostrazione della sussistenza delle condizioni previste per il riconoscimento del beneficio (l'attestazione Isee per i casi di disagio economico ovvero, nei casi di persone affette da grave malattia, il certificato Asl che attesti la situazione di grave condizione di salute e la necessità di utilizzare le apparecchiature elettromedicali per supporto vitale). Si segnala, in proposito, che è stata recentemente incardinata presso la X Commissione (Attività produttive) della Camera dei deputati la risoluzione 7-01244 Crippa - Revisione della disciplina per l'erogazione dei bonus energetici ai clienti domestici disagiati, che impegna il Governo: 1) a rivedere la procedura di riconoscimento del bonus “a richiesta”, sostituendola con l'erogazione automatica del bonus direttamente da parte del fornitore del servizio; 2) a rivedere i parametri di accesso al beneficio, con particolare riferimento alle condizioni di disagio economico, che potrebbero individuarsi su base reddituale (e non più in funzione dell'indicatore della situazione economica equivalente).
[28] Si richiama in proposito anche l'art. 2, co. 12, lettera e) della L. n. 481/1995, ai sensi del quale l'Autorità stabilisce e aggiorna la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe elettriche, nonché le modalità di recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale al fine, tra l'altro, di realizzare gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela dell'ambiente e di uso efficiente delle risorse.
[29] Nell'ambito della revisione del sistema tariffario, la compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica è riconosciuta dalla norma citata ai clienti domestici in condizioni di effettivo disagio economico, in forma parametrata al numero di componenti la famiglia anagrafica, con riferimento ad un livello di consumo di energia elettrica e di potenza impegnata, compatibile con l'alimentazione delle ordinarie apparecchiature elettriche di uso domestico, in modo tale da produrre una riduzione della spesa dell'utente medio indicativamente del 20%. La norma dispone altresì che hanno diritto alla compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica i clienti domestici con ISEE fino a 7.500 euro.
[30] Si consideri, inoltre, che la Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, all’art. 3, co., prevede che gli Stati membri adottino misure adeguate per tutelare i clienti finali e assicurino, in particolare ai clienti vulnerabili, un’adeguata protezione.
[31] La richiesta di accesso alla compensazione è riferita ad una sola fornitura di energia elettrica ad uso domestico nella titolarità di uno dei componenti di un nucleo familiare in possesso dei requisiti ISEE. La richiesta può essere trasmessa anche per via telematica con le modalità stabilite dall’AEEGSI in accordo con l’ANCI. Successivamente, con cadenza triennale l’Autorità aggiorna il valore ISEE sulla base del valore medio dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati in ciascun triennio di riferimento.
[32] Lo sconto, quindi, per le famiglie di 1 o 2 componenti, passa da
80 a 112 euro; per le famiglie
da 3-4 componenti, passa da 93 a
137 Euro; per le famiglie oltre
i 4 componenti, lo sconto è ora pari a 165 Euro, con un incremento di 12 Euro rispetto ai 153 Euro precedenti.
La riduzione sulla spesa, al netto delle tasse, risulta mediamente pari al 32%
(vd. Tabella 6 allegata alla Deliberazione 1/2017/R/eel del 12 gennaio 2017).
[33] A fronte di numerosi reclami e segnalazioni ricevuti anche da diverse associazioni dei consumatori, tale indagine è stata promossa per accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a condotte degli operatori, tra cui: la fatturazione basata sui consumi presunti; la mancata considerazione delle auto-letture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; e, infine, il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori.
[34] L’Autorità, nei citati provvedimenti, specifica che gli operatori nella vendita al dettaglio di energia elettrica e gas naturale non hanno “gestito adeguatamente la rateazione per le fatture di rilevante importo, non avendo fornito un’appropriata informativa agli utenti su possibilità e condizioni per richiedere la rateazione e avendo imposto il riconoscimento del debito per ottenerla”. Tale modus operandi avrebbe interessato le istanze degli utenti riguardanti, da un lato, fatture con importi erronei, già pagati, anomali e/o non correttamente stimati e, dall’altro, conguagli di importi molto elevati effettuati in caso di prolungato ritardo nell’emissione di fatture ovvero a distanza di diversi anni dall’avvenuto consumo o in occasione della chiusura della fornitura.
[35] In considerazione delle specificità di ciascuna condotta e della dimensione dei fenomeni riscontrati, l’Antitrust ha irrogato rispettivamente le seguenti sanzioni: per Acea: 3.600.000 euro; per Edison: 1.725.000 euro; per Eni: 3.600.000 euro; per Enel Energia: 2.985.000 euro; per Enel Servizio Elettrico: 2.620.000 euro.
[36] Recante approvazione delle "Linee Guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale".
[37] Previsti per i criteri e i sub-criteri di gara dagli articoli 13, 14 e 15 del decreto ministeriale n. 226 del 2011, essi attengono a condizioni economiche, criteri di sicurezza e qualità del servizio, e piano di sviluppo degli impianti.
[38] Individuati dall'articolo 10, comma 6, lett.
a), c) e d) del decreto ministeriale 12 novembre 2011, n. 226. Si tratta di:
iscrizione al
registro delle imprese della Camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura con capacità di operare nell'ambito dei servizi di distribuzione
gas; oppure, per i soggetti aventi sede in uno Stato dell'Unione Europea
diverso dall'Italia, analoga iscrizione in registri professionali di organismi
equivalenti;
possesso di certificazione di qualità
aziendale UNI ISO 9001 conseguita nella gestione di infrastrutture a rete
energetiche o idriche; d. Esperienza di operare in conformità con la
regolazione di sicurezza, da dimostrare mediante predisposizione di procedure
di gestione delle operazioni di sicurezza nel rispetto delle norme tecniche
vigenti, come previste all'articolo 12, comma 12.8, della Regolazione della
qualità dei servizi di distribuzione e misura del gas 2014-2019, Allegato A
della deliberazione 574/2013/R/gas e successive modifiche e integrazioni.
[39] Individuato dall'articolo 10, comma 6, lett. b), il requisito dell'esperienza gestionale è "da dimostrare in base a: b1. Titolarità di concessioni di impianti di distribuzione del gas naturale per un numero complessivo di clienti pari almeno al 50% del numero di clienti effettivi dell'ambito oggetto della gara, da possedere al momento della partecipazione alla gara o precedentemente, purché in data non anteriore a 18 mesi dalla scadenza della presentazione della domanda di partecipazione alla gara. Nella prima gara di ciascun ambito le imprese di distribuzione di gas naturale che alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono titolari di concessioni che servono il 50% del numero di clienti effettivi dell'ambito oggetto di gara soddisfano il presente requisito; b2. in alternativa al punto b1. rispetto di tutti e tre i seguenti requisiti: b.2.1. titolarità di concessioni di impianti di distribuzione di gas naturale, da possedere non anteriormente a 36 mesi dalla scadenza della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, o, da almeno 18 mesi dalla scadenza della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, titolarità di concessioni di impianti di distribuzione di GPL, oppure di miscela aria-propano, di energia elettrica, o di acqua o di reti urbane di teleriscaldamento Nella prima gara di ciascun ambito le imprese di distribuzione di gas naturale che alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono titolari di concessioni di gas naturale soddisfano il presente requisito; b.2.2. dimostrazione di avere, dal momento dell'affidamento del primo impianto, la capacità di gestire gli impianti di distribuzione gas dell'ambito oggetto di gara, fornendo in particolare la dimostrazione di: b.2.2.1. disponibilità di strutture, mezzi e personale a livello manageriale per la gestione delle situazioni di emergenze gas (pronto intervento e incidenti gas); b.2.2.2. disponibilità di personale a livello manageriale e di funzione centrale, di strutture, quali sale controllo, di mezzi tecnici e di sistemi informativi adeguati a garantire il monitoraggio, il controllo e lo sviluppo della rete gas dell'ambito di gara e a gestire le operazioni previste dal codice di rete tipo di distribuzione gas approvato dall'Autorità, quali l'allacciamento e l'attivazione di nuove utenze, il cambio di fornitore, gli altri servizi richiesti dall'utenza, l'allocazione del gas alle società di vendita e alle singole utenze, per un numero di clienti pari a quello dell'ambito oggetto di gara; b.2.3. esperienza di almeno cinque anni nel settore gas e nella funzione specifica per i responsabili delle funzioni di ingegneria, vettoriamento, qualità del servizio e gestione operativa dell'impresa, risultante dai curriculum vitae allegati all'offerta".
[40] Ulteriori disposizioni di liberalizzazione sono poi contenute nell’articolo 28, del D.L. n. 98/2011, successivamente integrato e modificato dall’articolo 17 del D.L. n. 1/2012. Tale articolo ha stabilito che
§ gli impianti di distribuzione dei carburanti (a condizione che si tratti di impianti compatibili ai sensi del D.M. 31 ottobre 2001) devono essere dotati di apparecchiature per la modalità di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato. Per gli impianti esistenti, l'adeguamento deve aver luogo entro il 31 dicembre 2012. Il mancato adeguamento comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da determinare in rapporto all'erogato dell'anno precedente, da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 5.000 euro per ogni mese di ritardo nell'adeguamento e, per gli impianti incompatibili, costituisce causa di decadenza dell'autorizzazione amministrativa alla gestione dell’impianto, dichiarata dal comune competente (commi 5 e 6).
Inoltre:
§ non possono essere posti specifici vincoli all'utilizzo di apparecchiature per la modalità di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato, durante le ore in cui è contestualmente assicurata la possibilità di rifornimento assistito dal personale, a condizione che venga effettivamente garantita la presenza del titolare della licenza di esercizio dell'impianto o di suoi dipendenti o collaboratori (comma 7)
§ nel rispetto delle norme di circolazione stradale, presso gli impianti stradali di distribuzione carburanti, ovunque siano ubicati, non possono essere posti vincoli o limitazioni all'utilizzo continuativo, anche senza assistenza, delle apparecchiature per il rifornimento senza servizio con pagamento anticipato (comma 7)
Inoltre, è sempre consentito negli impianti di distribuzione di carburante:
a) l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, fermo restando il rispetto dei requisiti di onorabilità e professionali e delle prescrizioni procedurali per l’esercizio dell’attività (SCIA) di cui all'articolo 64, commi 5 e 6 e all’articolo 71 del D.Lgs. n. 59/2010 (D.Lgs. attuativo della “Direttiva servizi”)
b) l'esercizio dell'attività di un punto di vendita non esclusivo di quotidiani e periodici senza limiti di ampiezza della superficie, nonché, tenuto conto della relativa disciplina (articoli 22 e 23 della legge n. 1293/1957) e secondo dati limiti, l'esercizio della rivendita di tabacchi;
c) la vendita di ogni bene e servizio, nel rispetto della relativa normativa, a condizione che l'ente proprietario o gestore della strada verifichi il rispetto delle condizioni di sicurezza stradale (comma 8[40].
Le regioni, le province autonome e gli enti locali devono adeguare la propria normativa alle norme predette (comma 11).
Inoltre, in aggiunta ai attuali contratti di comodato e fornitura o di somministrazione possono essere adottate, alla scadenza dei contratti esistenti, o in qualunque momento con assenso delle parti, differenti tipologie contrattuali per l'affidamento e l'approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti, nel rispetto delle normative nazionale e europea, e previa definizione negoziale di ciascuna tipologia mediante accordi sottoscritti tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e dei gestori maggiormente rappresentative, da depositare presso il MISE (comma 12).
Sono inoltre consentite aggregazioni di gestori di impianti di distribuzione di carburante finalizzate allo sviluppo della capacità di acquisto all'ingrosso di carburanti, di servizi di stoccaggio e di trasporto dei medesimi (comma 12-bis).
In ogni momento, i titolari degli impianti e i gestori degli stessi, da soli o in società o cooperative, possono accordarsi per l'effettuazione del riscatto degli impianti da parte del gestore stesso, fissando un indennizzo che tenga conto degli investimenti fatti, degli ammortamenti in relazione ai canoni già pagati, dell'avviamento e degli andamenti del fatturato, secondo criteri stabiliti con decreto del MISE (commi 13 e 14).
L’articolo 17 del D.L. n. 1/2012 ha inoltre aggiunto che i gestori degli impianti di distribuzione dei carburanti che siano anche titolari della relativa autorizzazione petrolifera possono liberamente rifornirsi da qualsiasi produttore o rivenditore (comma 1).
[41] Il D.M. è stato poi modificato da decreti successivi (D.M. 3 dicembre 2014, D.M. 21 aprile 2015 e D.M. 28 maggio 2015) che hanno disposto proroghe del termine di scadenza del secondo versamento, a titolo di conguaglio, del contributo per il rifinanziamento del Fondo dal 31 dicembre 2014 al 30 aprile 2015, data ulteriormente prorogata al 31 agosto 2015. Da ultimo, è intervenuto il D.M. 7 dicembre 2016 che ha introdotto ulteriori proroghe per il recupero coattivo da parte della Cassa dei contributi integralmente e/o parzialmente non versati, e per l’effettuazione da parte dei richiedenti delle opere e delle relative spese e del completamento della documentazione da presentare
[42] Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale.
[43] "Disciplina giuridica degli studi di
assistenza e di consulenza".
[44] "Interventi urgenti per
l'economia".
[45] D.L. 4
luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti
per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione
della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto
all'evasione fiscale, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[46] L. 12
novembre 2011, n. 183, Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di
stabilità 2012).
[47] Per
poter utilizzare la denominazione “società tra professionisti”, la società deve
prevedere nell’atto costitutivo i seguenti requisiti: a) esercizio in via
esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci; b) possono assumere la
qualifica di socio soltanto i professionisti iscritti ad ordini, albi o
collegi, nonché i cittadini di Stati membri dell’UE in possesso del titolo di
studio abilitante all’esercizio della professione; sono peraltro ammessi soci
non professionisti per lo svolgimento di prestazioni tecniche ovvero per
finalità di investimento; c) definizione di modalità tali da garantire che la
singola prestazione professionale sarà eseguita dai soci in possesso dei
requisiti e che l’utente possa scegliere all’interno della società il
professionista che dovrà seguirlo o, in mancanza di scelta, riceva preventiva
comunicazione scritta del nominativo del professionista; d) definizione di
modalità che garantiscano che il socio radiato dal proprio ordine professionale
sia anche escluso dalla società.
[48] D.M. 8
febbraio 2013, n. 34, Regolamento in
materia di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel
sistema ordinistico, ai sensi dell'articolo 10, comma
10, della legge 12 novembre 2011, n. 183.
[49] Legge
11 febbraio 1994, n. 109, Legge quadro in
materia di lavori pubblici.
[50] Legge
18 novembre 1998, n. 415, Modifiche alla
L. 11 febbraio 1994, n. 109, e ulteriori disposizioni in materia di lavori
pubblici.
[51] In
particolare, si ricorda la sentenza 17 dicembre 2013 del Tribunale di Torino (R.G. 16411 del 2011), nella controversia Edilrivoli 2006 v. Me Studio rea s.r.l.
[52] Istituzione della professione sanitaria di odontoiatria e disposizioni relative al diritto di stabilimento ed alla libera prestazione di servizi da parte dei dentisti cittadini di Stati membri delle Comunità europee.
[53] Disposizioni in materia di esercizio della professione di odontoiatra, in attuazione dell'articolo 4 della L. 24 aprile 1998, n. 128.
[54] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Segnalazione ai sensi degli artt. 21 e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 in merito a: Proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza anno 2014, luglio 2014
[55] Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Relazione per paese relativa all'Italia 2016 comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, SWD(2016) 81 final, febbraio 2016
[56] Norme di riordino del settore farmaceutico.
[57] Norme concernenti il servizio farmaceutico.
[58] Le farmacie rurali sussidiate operano nelle zone più svantaggiate. Si ricorda che le farmacie rurali sono ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti
[59] Di cui all'art. 2, comma 2, della legge 475/1968. Esso prevede che il numero di farmacie spettanti a ciascun comune sia sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'ISTAT.
[60] Ai sensi dell'art. 4 della legge 362/1991, il conferimento delle sedi farmaceutiche private (vacanti o di nuova istituzione) ha luogo mediante concorso provinciale per titoli ed esami, bandito entro il mese di marzo di ogni anno dispari dalla regione o provincia autonoma.
[61] Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
[62] Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.
[63] Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.
[64] Il procedimento è stato concluso in data 21 aprile 2015 nei confronti di Booking senza accertare l’infrazione e l’11 aprile 2016 nei confronti di Expedia rilevando il venir meno delle ragioni di intervento. Booking ed Expedia sono i principali operatori attivi a livello mondiale nel mercato interessato, rispettivamente con un numero di hotel partner di 449.227 e di oltre 240.000 nonché un numero di prenotazioni di circa 550.000 e 400.000 camere per notte.
[65] Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[66] D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.
[67] Indirizzi, criteri, modalità per la riproduzione di beni culturali sono stati definiti con DM 20 aprile 2005 (GU 2 luglio 2005, n. 152).
[68] Sono, invece, consentiti, previa autorizzazione del soprintendente, i calchi da copie degli originali già esistenti e quelli ottenuti senza contatto diretto con l’originale.
[69] Gli importi minimi dei canoni per le concessioni relative all'uso strumentale e precario dei beni in consegna al Ministero sono stati fissati con DM 8 aprile 1994 (GU 6 maggio 1994, n. 104), richiamato nelle premesse del DM 20 aprile 2005.
[70] Il testo iniziale dell’art. 12 del D.L. 83/2014 non prevedeva l’esclusione dei beni bibliografici e archivistici dalla libera riproduzione. L’esclusione è stata inserita durante l’esame parlamentare.
[71] Tra le disposizioni di tutela previste dal Codice sono ricomprese, in particolare, misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l’altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione), misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi), nonché norme relative alla circolazione dei beni (artt. 53 e ss.), nel cui ambito rientrano anche le disposizioni concernenti i beni inalienabili.
[72] Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica (art. 13, co. 2, del Codice).
[73] Ai sensi dell'art. 12 del Codice, in caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.
[74] Con riferimento ai beni di cui all’art. 10, co. 3, lett. d), del d.lgs. 42/2004, l’art. 6 dell’A.S. 2810 – già approvato dalla Camera il 3 maggio 2017 – prevede che la dichiarazione di interesse culturale di cui all'art. 13 dello stesso d.lgs. può comprendere anche, su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale", qualora le cose indicate rivestano, altresì, un valore testimoniale o esprimano un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale.
[75] In base all’art. 39, co. 1 e 4, del DPCM 171/2014, la Commissione regionale per il patrimonio culturale è organo collegiale a competenza intersettoriale, che coordina e armonizza l'attività di tutela e di valorizzazione nel territorio regionale, favorisce l'integrazione inter e multidisciplinare tra i diversi istituti, garantisce una visione olistica del patrimonio culturale, svolge un'azione di monitoraggio, di valutazione e autovalutazione. Essa è presieduta dal segretario regionale ed è composta dai soprintendenti di settore e dal direttore del polo museale regionale operanti nel territorio della regione. La composizione è integrata con i responsabili degli uffici periferici operanti in ambito regionale quando siano trattate questioni riguardanti i medesimi uffici.
[76] Al riguardo, appare utile ricordare che, con parere del 3 agosto 2016, l’Ufficio legislativo del Mibact ha evidenziato che l’abrogazione dell’art. 4, co. 16, del D.L. 70/2011, operata dall’art. 217, co. 1, lett. v), del d.lgs. 50/2016, non determina la reviviscenza della disciplina recata dal testo dell’art. 10, co. 5, del d.lgs. 42/2004 previgente le modifiche apportate dallo stesso art. 4, co. 16.
[77] Ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 42/2004 costituiscono il demanio culturale i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie di cui all’art. 822 c.c. (tra cui, in particolare, per quanto qui interessa, raccolte di musei, pinacoteche, archivi e biblioteche).
[78] In particolare, se il procedimento si conclude con esito negativo, le cose sono liberamente alienabili.
[79] Al riguardo si segnala che, presumibilmente per mero errore materiale, a differenza di quanto prevede il Regolamento (CE) n. 116/2009, nel testo del d.lgs. 42/2004 pubblicato nella G.U. n. 45 del 24 febbraio 2004, la nota (1) non è riferita anche al numero 4) Acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a mano su qualsiasi supporto.
[80] Ciò risulta dal combinato disposto con la nota (1), di cui si è dato conto ante. Ciò vale anche per le voci 5), 6), 7), 8) e 9), nonché 4), con la precisazione ante illustrata.
[81] L’art. 128 del R.D. 773/1931 dispone, per quanto qui maggiormente interessa, che i commercianti devono tenere un registro delle operazioni su cose antiche o usate che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute.
[82] Si tratta delle operazioni di concentrazione di cui all’articolo 5 della legge n. 287/1990. Ai sensi di tale articolo, le concentrazioni si realizzano:
a) quando due o più imprese procedono a fusione;
b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;
c) quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.
L'assunzione del controllo di un'impresa non si verifica nel caso in cui una banca o un istituto finanziario acquisti, all'atto della costituzione di un'impresa o dell'aumento del suo capitale, partecipazioni in tale impresa al fine di rivenderle sul mercato, a condizione che durante il periodo di possesso delle partecipazioni, comunque non superiore a ventiquattro mesi, non eserciti i diritti di voto inerenti alle partecipazioni stesse.
Le operazioni che hannoquale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo ad una concentrazione
[83] La comunicazione è disponibile al seguente indirizzo: http://www.agcm.it/component/joomdoc/allegati-news/consultazione_pubblica_soglie_fatturato.pdf/download.html
[84] I contributi di tali soggetti – che l’AGCM ha deciso di pubblicare sul proprio sito web – hanno espresso un quadro articolato di osservazioni.
[85] D.P.C.M. 13 settembre 2002, emanato ai sensi dell’art. 2, co. 4, della L. n. 135/2001.
[86] Il ritardo nell’adozione del decreto è da ricollegare all’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, di riforma del titolo V della Costituzione, in seguito alla quale la materia del turismo, secondo un indirizzo largamente affermato, si ritiene debba essere annoverata, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, tra le materie di competenza residuale delle Regioni. L’esistenza di una legge-quadro indicante i criteri e i limiti entro i quali le regioni potevano legiferare sembrava dunque porsi in contrasto con quanto stabilito dalla riforma costituzionale; ciò spingeva alcune regioni (in particolare: Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria) a presentare ricorso dinanzi alla Corte costituzionale avverso alcune norme recate dalla legge n. 135 del 2001. Il contrasto è stato superato con l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, con il quale sono stati definiti i principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 29 marzo 2001, n. 135, rinviando ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.
[87] A titolo esemplificativo, si osserva che la legge regionale del Piemonte n. 31 del 15/04/1985 definisce i rifugi alpini come “le strutture idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene, o per periodi limitati anche con strade o altri mezzi di trasporto ed ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni ”; la legge della regione Valle d’Aosta n. 11 del 29/05/1996 li definisce invece come “le strutture ricettive ubicate in luoghi favorevoli ad ascensioni ed escursioni, idonee ad offrire ospitalità e ristoro ad alpinisti ed escursionisti in zone isolate di montagna raggiungibili attraverso mulattiere, sentieri, ghiacciai, morene o anche con strade non aperte al pubblico transito veicolare o mediante impianti a fune; la legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 2 del 16 gennaio 2002, n. 2 li definisce come “le strutture custodite, idonee ad offrire ricovero e ristoro in zone montane di alta quota ed eventualmente utilizzate quali base logistica per operazioni di soccorso alpino, irraggiungibili mediante strade aperte al traffico ordinario o mediante impianti di risalita in servizio pubblico, ad eccezione degli impianti scioviari”.