Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile - A.C. 5203 DL 59/2012 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 5203/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 645
Data: 28/05/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0059   PROTEZIONE CIVILE
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
DL N. 59 DEL 18-MAG-12     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile

D.L. 59/2012 - A.C. 5203

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 645

 

 

 

28 maggio 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

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Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-4338 / 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9775 / 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D12059

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 1, lettera a), nn. 1 e 2 (Funzioni di coordinamento centrale in materia di protezione civile).                                                                                                              3

§      Articolo 1, comma 1, lettera b) (Calamità naturali e impiego di mezzi e poteri straordinari).           11

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 1 e 2 (Dichiarazione e durata dello stato di emergenza).         13

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 3-7 (Potere di ordinanza).                     17

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8 (Rendiconto dei Commissari delegati).27

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 9 e 10 (Nuova modalità di finanziamento degli interventi conseguenti  agli eventi calamitosi).                                                             31

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 11 (Pagamento degli oneri dei mutui attivati a seguito di calamità naturali).                                                                                                         39

§      Articolo 1, comma 1, lettera d) (Compiti di protezione civile dei prefetti).     41

§      Articolo 1, comma 1, lettera e) (Compiti dei sindaci in materia di protezione civile).            45

§      Articolo 1, comma 2 (Trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco).                                                                                                      49

§      Articolo 1, comma 3 (Controllo della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali).     55

§      Articolo 1, comma 4 (Abrogazione del comma 2 dell’art. 15 del D.L. n. 195/2009 in materia di organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile).                       59

§      Articolo 2. (Coperture assicurative su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali).                                                                                                         63

§      Articolo 3, commi 1 e 2 (Grandi eventi e gestioni commissariali in corso).75

§      Articolo 3, comma 3 (Completamento degli interventi dei commissari per l’emergenza nomadi).  79

§      Articolo 3, comma 4 (Acquisto del termovalorizzatore di Acerra).               91

§      Articolo 3, comma 5 (Esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione da tagli lineari)  97

§       


Schede di lettura

 


Articolo 1, comma 1, lettera a), nn. 1 e 2
(Funzioni di coordinamento centrale in materia di protezione civile).

1. Alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell'articolo 1:

1) al comma 2 le parole da «ai sensi ai sensi dell'articolo 9» a «protezione civile» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro dell'interno o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio»;

2) al comma 3 le parole: «il Ministro per il coordinamento della protezione civile» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro dell'interno o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio»;

Sintesi ed effetti

L’articolo 1, al comma 1, lett. a) nn. 1 e 2), confermando in capo al Presidente del Consiglio la titolarità delle funzioni di coordinamento a livello centrale in materia di protezione civile, ne prevedendone la facoltà di delega al Ministro dell’interno ovvero al Sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio, anziché al Ministro per il coordinamento della protezione civile, ripristinando un indirizzo normativo già adottato dagli artt. 3, comma 1 bis e 5 del D.L. 343/2001, conv. L. 401/2001, poi abbandonato con l’art. 4 del D.L. 90/2005 conv. L. 152/2005. Conseguentemente si prevede che gli stessi soggetti delegati si avvalgano del Dipartimento della protezione civile

Analisi normativa

Il comma 1 interviene con novella di tipo ordinamentale sul non più vigente art. 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile).

 

Come sottolineato dalla relazione illustrativa, l’intervento correttivo è volto, in prima battuta, a restituire alla funzione di protezione civile la sua tradizionale connotazione, provvedendo ad assegnare allo stato di emergenza precisi ambiti temporali - di regola sessanta giorni, prorogabili per altri quaranta - compatibili con tale stato ed impedendo che l'oggetto della normativa di emergenza ricomprenda fattispecie non attinenti all'organizzazione ed allo svolgimento di servizi di soccorso ed assistenza.

È opportuno, preliminarmente, ricordare che la protezione civile è stata originariamente disciplinata dalla legge 8 dicembre 1970, n. 996 ("Norme sul soccorso e l'assistenza delle popolazioni colpite da calamità – Protezione civile") e del relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 6 febbraio 1981, n. 66) che ponevano in capo al Ministro dell'interno il compito di organizzazione generale della protezione civile, compresa la direzione e il coordinamento di tutte le attività svolte in caso di calamità.

Successivamente è intervenuta in materia la L. n. 225/1992, e successive modificazioni, in virtù della quale la protezione civile risulta costituita da un articolato sistema basato sul Servizio nazionale della protezione civile di cui fanno parte le amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Dopo la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione (2001), la protezione civile è considerata materia di legislazione concorrente e, quindi di competenza regionale, nell'ambito dei principi fondamentali di indirizzo dettati dalla legge, assetto ribadito dalla legge 15 marzo 1997, n. 59[1] (c.d. Bassanini 1) la quale, all'art. 1, co. 4, lett. c), ha previsto il mantenimento allo Stato dei soli compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile (il D.Lgs. n. 112 del 31 marzo 1998, attuando tale previsione, ha disposto, agli artt. 107-109, il trasferimento di tutte le funzioni amministrative alle regioni ed agli enti locali ad eccezione di una serie di compiti e di funzioni).

Dopo aver classificato gli eventi secondo la gravità (ordinari e straordinari) e la pluralità o meno degli enti coinvolti, la legge n. 225, all’art. 3, individua le attività di protezione civile: previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio; soccorso delle popolazioni sinistrate; superamento dell'emergenza.

Per quanto riguarda il primo tipo di attività, ossia quella di previsione e prevenzione, si prevedono la predisposizione di indirizzi e programmi nazionali, regionali e provinciali.

Lo Stato, oltre a promuovere e coordinare tutte le attività di protezione civile, svolge, a livello operativo, un ruolo centrale nelle situazioni straordinarie, avendo il Governo il potere di dichiarare lo stato di emergenza, il potere di ordinanza, quello di nomina di commissari delegati. In merito a situazioni eccezionali o eventi calamitosi, rileva menzionare le cd. ordinanze di protezione civile di cui all’art. 5 della L. 225/1992 che hanno assunto, nel corso degli anni, una peculiare fisionomia, in quanto, pur non avendo forza di legge né tanto meno natura normativa, si sono palesate idonee a derogare ad ogni disposizione vigente, pur nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento. Tali ordinanze sono emanate, dal Presidente del Consiglio in seguito alla deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri (presupposto formale), al verificarsi di un evento straordinario di protezione civile (presupposto sostanziale) consistente, ex art. 2, comma 1, lett. c), in “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”. Si noti come numerosi elementi sembrano avvalorare un effetto di una progressiva “attrazione” di interi ambiti materiali nell’orbita di siffatte ordinanze, con conseguente sottrazione di questi ultimi alla legislazione primaria[2].

Per quanto concerne le competenze operative riconosciute agli enti territoriali, per gli eventi di ambito comunale il sindaco è autorità di protezione civile (art. 15), ed assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza delle popolazioni; nel caso in cui la calamità non sia fronteggiabile dal solo comune, subentra la competenza del prefetto, che coordina i propri interventi con quelli del comune. Le province (art. 13 )sono chiamate a svolgere un ruolo prevalentemente di rilevazione, raccolta ed elaborazione di dati, oltre che alla predisposizione e realizzazione dei programmi provinciali di previsione e prevenzione. Le regioni (art. 12) partecipano all’organizzazione ed all’attuazione delle attività di protezione civile, assicurandone lo svolgimento.

Con la circolare 30 settembre 2002, n. 5114, recante una serie di indicazioni volte ad agevolare la ricognizione dell'assetto normativo delle competenze in materia di protezione civile, è stata ribadita da una parte la posizione centrale del Dipartimento della protezione civile, dall’altra, l’applicazione dell’art. 108, lettere a),b) e c) del D.Lgs. 112/1998 con riferimento alle competenze degli enti territoriali[3].

Al coordinamento del Servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile, provvede, infatti,  il Presidente del Consiglio dei ministriattraverso il Dipartimento della Protezione civile. Successivamente all’ultima modifica all'organizzazione interna, intervenuta con il DPCM del 6 dicembre 2010, a cui è seguito il decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio, n. 113 del 18 gennaio 2011, di individuazione di funzioni, uffici e servizi, il Dipartimento risulta articolato in otto uffici e trentasette servizi. Alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento operano il Vice Capo Dipartimento, il Consigliere giuridico, l'Ufficio stampa, la segreteria del Capo Dipartimento, il Servizio grandi eventi e l'Ufficio Relazioni istituzionali.

Nel 2001 al Dipartimento era stato attribuito anche il coordinamento delle azioni necessarie a realizzare i cosiddetti “grandi eventi”, cioè eventi di particolare complessità organizzativa sotto il profilo della sicurezza, dell’ordine pubblico, della mobilità, dell’accoglienza e dell’assistenza sanitaria, che richiede l’adozione di misure di carattere straordinario e urgente, per assicurare un regolare svolgimento dell’evento. L’art. 5-bis, comma 5 del D.L. n. 343/2001[4] aveva, difatti, esteso al “grande evento” le disposizioni della legge n. 225/1992 sulla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare sull’uso delle ordinanze a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri. In seguito l’art. 40-bis del D.L. n. 1/2012[5] (cd. decreto liberalizzazioni) ha abrogato il predetto comma 5.

Le strutture operative nazionali del servizio della protezione civile sono individuate dall’art. 11 della L. 225/1995 nei seguenti soggetti :Il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, componente fondamentale della protezione civile proprio perché già titolare delle attività istituzionali attinenti al soccorso tecnico urgente, le Forze armate, le Forze di polizia, il Corpo forestale dello Stato, i servizi tecnici nazionali, i gruppi nazionali di ricerca scientifica, l’Istituto nazionale di geofisica e gli altri istituti di ricerca (fondamentali per la predisposizione dei piani di prevenzione e per le mappature delle zone di rischio), la Croce rossa italiana, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, le organizzazioni di volontariato nonché il Corpo nazionale di soccorso alpino.

La L. 225/1992 ha, inoltre, conferito particolare rilievo alla partecipazione della collettività, e quindi delle associazioni no profit, alle attività di protezione civile, conferendo alle organizzazioni di volontariato il ruolo di "struttura operativa nazionale" quale parte integrante del sistema pubblico. Nell'elenco nazionale del Dipartimento della Protezione Civile sono oggi iscritte oltre 4.000 organizzazioni, tra cui più di 3.850 organizzazioni locali in diverse Regioni italiane.

Occorre segnalare che l’art. 1 della L. 225/1992 era stato prima abrogato dall’art. 87, co. 2 del D.Lgs. 300/1999 (Riforma dell'organizzazione del Governo), che, all’art. 79 aveva istituito l’Agenzia di protezione civile sopprimendo anche il consiglio nazionale della protezione civile di cui all'art. 8 della legge n. 225 (in attuazione dell’art. 87 veniva emanato, oltre i termini stabiliti e con una procedura che è stata oggetto di rilievi da parte della Corte dei conti, il D.M. 9 maggio 2001 di approvazione dello statuto dell'Agenzia). Successivamente il citato art. 87 è stato abrogato dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 1, D.L. n. 343/2001, come modificato dalla relativa legge di conversione, il quale attraverso puntuali modifiche del D.Lgs. 300/1999, ha soppresso l’Agenzia di protezione civile ampliando le competenze del Ministero dell’interno; l’art. 5 del decreto ha così ricondotto al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro delegato, le competenze in materia di protezione civile indicate dalle disposizioni della legge n. 225 del 1992 già abrogate dal D.Lgs. n. 300. In aggiunta a quanto sopra riportato, si ricorda che tutte le disposizioni della legge 225/1992, incompatibili con il D.L. n. 343/2001, sono state abrogate dall'art. 6 dello stesso decreto.

Da ultimo il D.L. n. 90/2005[6] (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), all’art. 4, recante norme finalizzate al potenziamento del Dipartimento della protezione civile, ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri “la titolarità della funzione in materia di protezione civile”, fatte salve le competenze regionali previste dalla normativa vigente e salva la facoltà di delega ad altro ministro, abrogando alcune disposizioni, contenute nel D.L. 343/2001, recanti riferimenti al ministro o al Ministero dell’interno. Il provvedimento è stato emanato per massimizzare la funzionalità delle attività svolte dal Dipartimento della protezione civile nella gestione delle emergenze e dei rischi per il territorio e per la popolazione civile, anche in considerazione dei compiti istituzionali che lo stesso è chiamato ad assolvere sul fronte degli incendi boschivi e della gestione dei "grandi eventi". Tra gli obiettivi principali del decreto legge vi era, tra l’altro, il potenziamento delle strutture operative del Dipartimento mediante incremento e stabilizzazione del livello di specializzazione e di professionalità del personale.

Si segnala, infine, che la Commissione ambiente, nella seduta del 9 febbraio 2012, ha avviato l'esame delle risoluzioni 7-00759, 7-00777 e 7-00778 finalizzate alla salvaguardia dell'assetto del Dipartimento della protezione civile, basato sulla rete capillare di organizzazione, sul controllo del Presidente del Consiglio dei ministri, e al potenziamento del suo ruolo operativo.

Più specificamente, alla lettera a), la modifica, investendo l’art. 1, commi 2 e 3 della suddetta L. n. 225/1992,riafferma l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei Ministri delle competenze, eventualmente delegabili al Ministro dell’interno ovvero al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, in materia di promozione e coordinamento delle attività delle amministrazioni statali e locali e di ogni altra istituzione pubblica e privata sul territorio, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, affidate dal testo previgente al Ministro per il coordinamento della protezione civile, come risulta dal testo a fronte di seguito riportato[7].

I soggetti sopra individuati si avvalgono del Dipartimento della protezione civile in favore del quale permangono le funzioni di coordinamento a livello centrale.

 

Dal momento che l’art. 1 della L. 225/1992, oggetto di novella da parte della disposizione in esame, è stato abrogato dall’art. 87, co. 2 del D.Lgs. 300/1999, e che la volontà del legislatore di far rivivere la norma non è stata esplicitamente espressa con la successiva abrogazione del citato art. 87 (ad opera del D.L. n. 343/2001), si consideri l’opportunità di premettere un nuovo articolo all’articolo 2 della legge n. 225/1992.

 

Testo previgente art. 1  L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 1 (Servizio nazionale della protezione civile)

Art. 1 (Servizio nazionale della protezione civile)

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro dell’interno o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, si avvale del Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n. 400].

3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, il Ministro dell’interno o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, si avvale del Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

L’art. 1, comma 2, della L. 225/1992 recava un inciso, soppresso con la modifica in esame, di richiamo all'art. 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che, da un lato, regola l’attività dei ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri (co. 1), dall’altro specifica che ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli stessi debbono intendersi comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (co. 2). A ciò va aggiunto che, ai sensi dell’art. 21, comma 6, della medesima L. 400/1988, nei casi in cui un dipartimento della Presidenza del Consiglio sia affidato alla responsabilità di un ministro senza portafoglio, il capo dipartimento è nominato con DPCM su proposta del ministro interessato. Qualora, poi, un dipartimento non venga affidato ad un ministro senza portafoglio, il capo del dipartimento dipende dal segretario generale della Presidenza.

Viene, altresì, espunto il riferimento al Ministro per il coordinamento della protezione civile sia al comma 2 che al comma 3 dell’articolo 1 de quo; come detto, infatti, il Dipartimento della Protezione Civile è una struttura della Presidenza del Consiglio, al cui vertice è posto un Capo Dipartimento che assicura l'indirizzo, il coordinamento e il controllo delle attività del Dipartimento della Protezione Civile.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 20 dicembre la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2011)934) intesa a rafforzare la cooperazione europea in materia di protezione civile nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020.

Al fine di aumentare la sicurezza e la prevenzione interna la Commissione propone meccanismi di funzionamento semplificati rispetto al presente e meno onerosi per la Commissione e per gli Stati membri. Il finanziamento complessivo previsto è di 513 milioni di cui 276 milioni per le operazioni all’interno dell’UE e 237 per quelle nei paesi terzi.

Il Consiglio affari generali del 26 aprile 2012 ha approvato conclusioni sul miglioramento della protezione civile nell’UE.

Il Consiglio invita gli Stati membri ad adottare misure idonee a sistematizzare la raccolta e l’analisi di dati e informazioni sull’intero ciclo di gestione delle catastrofi e a promuovere il dialogo e lo scambio periodico di prassi nazionali, a tutti i livelli appropriati, sull'attuazione delle esperienze acquisite anche attraverso l’elaborazione di una relazione annuale. In tale contesto, il Consiglio invita gli Stati membri a riferire periodicamente agli altri Stati membri e a designare, se del caso, un punto di contatto per le esperienze acquisite.


Articolo 1, comma 1, lettera b)
(Calamità naturali e impiego di mezzi e poteri straordinari).

b) nell'articolo 2, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.»;

Sintesi ed effetti

L’articolo 1, comma 1, lettera b), novella l’articolo 2 della legge n. 225/1992, specificando, ai fini dell’attività di protezione civile, la tipologia degli eventi calamitosi naturali e connessi con l’attività dell’uomo, le cui caratteristiche richiedono interventi immediati e l’impiego di mezzi e poteri straordinari, che deve essere limitato e predefinito nel tempo.

Analisi normativa

Con la sostituzione della lettera c) del comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 225/1992si specifica la tipologia degli eventi che, in ragione della loro intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari e che riguarda sia le calamità naturali che quelle connesse con l'attività dell'uomo. Per tali eventi si introducono due requisiti che contraddistinguono l’attività emergenziale necessaria a fronteggiarli, ossia:

§      l’immediatezza degli interventi;

§      l’impiego di mezzi e poteri straordinari per limitati e predefiniti periodi di tempo.

Tale modifica è coerente con quanto disposto dal nuovo comma 1-bis dell’articolo 5 che fissa una durata massima di sessanta giorni per lo stato di emergenza, prorogabile, di regola, per non più di quaranta giorni. In tal modo, inoltre, come rileva la relazione illustrativa, si intende procedere a una maggiore omogeneizzazione della terminologia utilizzata per la definizione dei diversi eventi di protezione civile.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 2 della legge n. 225/1992 (riportato nel seguente testo a fronte) classifica gli eventi in ordinari e straordinari a seconda della gravità dell’evento e della pluralità o meno degli enti coinvolti.

E’, inoltre, da sottolineare come l’Italia sia uno dei Paesi europei maggiormente colpiti da disastri naturali, anche a causa di una fragilità territoriale per quanto concerne il dissesto idrogeologico, e uno dei paesi a maggiore pericolosità sismica. Pertanto, per far fronte a tali emergenze – cui si affiancano anche alcune eccezionali ondate di maltempo, eventi meteomarini, precipitazioni nevose, fenomeni di siccità con conseguenti incendi boschivi, nonché altre tipologie di emergenze (crolli di edifici, viadotti, emergenze ambientali da traffico, ecc.) - attualmente risultano dichiarati e prorogati circa 60 stati di emergenza[8].

 

            Nel seguente testo a fronte si evidenziano le modifiche suesposte rispetto al testo previgente dell’articolo 2 della legge n. 225 del 1992.

 

Testo previgente art. 2 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 2 (Tipologia degli eventi ed ambiti di competenze)

Art. 2 (Tipologia degli eventi ed ambiti di competenze)

1. Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

1. Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

c) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.

Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 1 e 2
(Dichiarazione e durata dello stato di emergenza).

c) nell'articolo 5:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro dell'interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, nonché indicando l'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti all'evento successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venire meno dei relativi presupposti.»;

2) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può, di regola, superare i sessanta giorni. Uno stato di emergenza già dichiarato, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri, può essere prorogato ovvero rinnovato, di regola, per non più di quaranta giorni.»;

Sintesi ed effetti

L’articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1) e n. 2) sostituisce il comma 1 ed introduce il comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, prevedendo alcune rilevanti novità in relazione alla dichiarazione dello stato di emergenza, tra le quali la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza anche “nell’imminenza” del verificarsi degli eventi calamitosi e l’introduzione di una durata massima dello stesso stato di emergenza.

Analisi normativa

Il comma 1 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, come novellato dal comma 1, lettera c), n. 1) dell’articolo 1, prevede tre rilevanti novità in relazione alla disciplina per la dichiarazione dello stato di emergenza.

Premesso che, coerentemente con il nuovo assetto organizzativo, la deliberazione dello stato di emergenza è demandata al Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o, se delegati, dal Ministro dell’interno o dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, si prevede infatti che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza:

§      può essere emanata non solo al verificarsi degli eventi calamitosi, ma anche nella loro imminenza. Come sottolineato nella relazione illustrativa, tale previsione è da ricollegarsi alla possibilità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza in occasione di fenomeni tecnicamente verificabili che precorrono gli eventi (ad. es. eruzioni vulcaniche) in cui può risultare necessaria la pronta attivazione degli interventi di protezione civile al fine di ridurre l'impatto dell’evento sulle popolazioni. La relazione illustrativa, inoltre, precisa che tale previsione è connessa alle modifiche introdotte dalI'articolo 3 della legge n. 225/1992, che reca disposizioni in tema di previsione e di prevenzione dei rischi, ma che non è novellato dal decreto-legge n. 59/2012;

§      sulla deliberazione deve essere acquisita l’intesa con le regioni territorialmente interessate. Nella relazione illustrativa si precisa che l’introduzione dell’intesa con le regioni territorialmente interessate recepisce quanto già stabilito dall'articolo 107, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n.112 del 1998 che ha trasferito alle regioni ed agli enti locali funzioni e compiti dello Stato in materia;

Si ricorda, in proposito, che la dichiarazione e la revoca dello stato di emergenza, così come l’esercizio del potere di ordinanza per l'attuazione di interventi di emergenza, per evitare situazioni di pericolo e per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi nelle quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza, pur rientranti nella competenza statale, sono subordinati al raggiungimento di una “intesa con le regioni interessate” ai sensi dell’art. 107, comma 1, lett. b) e c), del citato decreto legislativo (si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 1, comma 4).

§      deve indicare l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria per il coordinamento degli interventi successivi alla scadenza dello stato di emergenza. In conseguenza della delimitazione temporale dello stato di emergenza si provvede, pertanto, a individuare in via preliminare l’amministrazione pubblica che dovrà coordinare gli interventi connessi al verificarsi dell’evento dopo la fine dello stato di emergenza.

 

Nel seguente testo a fronte si evidenziano le modifiche suesposte rispetto al testo previgente del comma 1 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992.

 

Testo previgente dell’art. 5, comma 1, della L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro dell’interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, acquisita l’intesa delle regioni territorialmente interessate, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, nonché indicando l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti all’evento successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza.

Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

 

Con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 5, introdotto dal comma 1, lettera c), n. 2) dell’articolo 1, viene apportata un’ulteriore novità al sistema di protezione civile introducendo una durata massima dello stato di emergenza.

Viene infatti prevista una durata ordinaria della dichiarazione dello stato di emergenza che non potrà, di regola, superare i sessanta giorni. Uno stato di emergenza, già dichiarato, potrà essere prorogato o rinnovato, di regola,una sola volta - previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri – per non più di quaranta giorni, superati i quali la gestione dell’emergenza dovrà essere affidata all’amministrazione competente in via ordinaria.

 

Si valuti l’opportunità di un approfondimento sulla formulazione della disposizione, che disciplina allo stesso modo la possibilità di proroga e di rinnovo dello stato di emergenza, quanto meno sotto il profilo dei presupposti di ciascuna procedura.

 

Il nuovo comma non esclude, comunque, una certa flessibilità nel termine massimo di durata rinvenibile nell’introduzione della locuzione “di regola” che, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, è frutto del confronto in sede di Conferenza unificata.

La relazione illustrativa sottolinea, infine, come tale limitazione temporale sia anche compatibile con contesti di emergenza di rilevante entità e sia congrua rispetto alle misure emergenziali da adottarsi.

Si segnala, infine, che, in attuazione della nuova disciplina introdotta dal decreto-legge n. 59/2012, è stato dichiarato, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 22 maggio 2012 (pubblicata nella G.U. 23 maggio 2012, n. 119), lo stato di emergenza per gli eventi sismici che hanno colpito recentemente il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova il 20 maggio 2012.

 

 


Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 3-7
(Potere di ordinanza).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

3) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Per l'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza dichiarato, si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, dal Capo del Dipartimento della protezione civile che ne cura l'attuazione. Con le ordinanze si dispone esclusivamente in ordine alla organizzazione dei servizi di soccorso e assistenza ai soggetti colpiti dall'evento, nonché agli interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità nei limiti delle risorse disponibili, allo scopo finalizzate.»;

4) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Le ordinanze di cui al comma 2 sono trasmesse per informazione al Ministro dell'interno ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri. Le ordinanze emanate entro il ventesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono immediatamente efficaci e sono altresì trasmesse al Ministero dell'economia e delle finanze perché comunichi gli esiti della loro verificazione al Presidente del Consiglio dei Ministri per i conseguenti provvedimenti. Successivamente al ventesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza le ordinanze sono emanate previo concerto del Ministero dell'economia e delle finanze, limitatamente ai profili finanziari.»;

5) il comma 3 è abrogato;

6) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Il Capo del Dipartimento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui al comma 2, si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, di cui agli articoli 6 e 11, coordinandone l'attività e impartendo specifiche disposizioni operative. Le ordinanze emanate ai sensi del comma 2 individuano i soggetti responsabili per l'attuazione degli interventi previsti ai quali affidare ambiti definiti di attività, identificati nel soggetto pubblico ordinariamente competente allo svolgimento delle predette attività in via prevalente, salvo motivate eccezioni. Qualora il Capo del Dipartimento si avvalga di commissari delegati, il relativo provvedimento di delega deve specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio. Le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza. I provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze sono soggetti ai controlli previsti dalla normativa vigente.»;

7) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Per l'esercizio delle funzioni loro attribuite ai sensi del comma 4, non è prevista la corresponsione di alcun compenso per il Capo del Dipartimento della protezione civile e per i commissari delegati, ove nominati tra i soggetti responsabili titolari di cariche elettive pubbliche. Ove si tratti di altri soggetti e ne ricorrano i requisiti, ai commissari delegati e ai soggetti che operano in attuazione delle ordinanze di cui al comma 2 si applica l'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; il compenso è commisurato proporzionalmente alla durata dell'incarico.

 4-ter. Almeno dieci giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 1-bis, il Capo del Dipartimento della protezione civile emana, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, apposita ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Ferma in ogni caso l'inderogabilità dei vincoli di finanza pubblica, con tale ordinanza possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi.

4-quater. Con l'ordinanza di cui al comma 4-ter può essere individuato, nell'ambito dell'amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui viene intestata la contabilità speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione, per la prosecuzione della gestione operativa della stessa, per un periodo di tempo determinato ai fini del completamento degli interventi previsti dalle ordinanze adottate ai sensi dei commi 2 e 4-ter. Per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti sono trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.»;

Sintesi ed effetti

L’articolo 1, comma 1, lettera c), numeri da 3) a 7), nel novellare i  commi da 2 a 4 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introduce alcune sostanziali modifiche alla disciplina relativa all’emanazione delle ordinanze di protezione civile, che riguardano tra l’altro:

§         l’attribuzione diretta del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile (comma 2 dell’art. 5 della legge n. 225/1992);

§         l'immediata efficacia delle ordinanze stesse (comma 2-bis dell’art. 5 della legge n. 225/1992);

§         l’individuazione dei soggetti responsabili per la loro attuazione (comma 4 dell’art. 5 della legge n. 225/1992);

§         il subentro delle amministrazioni ordinarie nella gestione degli interventi post emergenziali (commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della legge n. 225/1992).

Analisi normativa

Il comma 2 dell'articolo 5 della legge n. 225/1992, modificato dal comma 1, lettera c), n. 3) dell’articolo in esame, introduce una significativa innovazione alla disciplina previgente attraverso l’attribuzione del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile. Il potere di ordinanza, in deroga alla normativa vigente[9] e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, deve comunque essere esercitato nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza

Sono, altresì, previsti limiti al contenuto delle ordinanze che possono disporre esclusivamente in ordine all’organizzazione:

§      degli interventi di soccorso e di assistenza ai soggetti colpiti dall’evento;

§      nonché di quelli strettamente indispensabili alle prime necessità e nei limiti delle risorse disponibili allo scopo finalizzate.

 

Si segnala che la disposizione in esame, attribuendo un potere di ordinanza  al Capo del Dipartimento della Protezione civile, conferisce ad un vertice amministrativo un potere anche derogatorio della normativa vigente, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, che si traduce in atti, aventi in precedenza forma di OPCM. Tale potere, che trae la propria legittimità dal decreto di dichiarazione dello stato di emergenza, che ne definisce limiti e criteri e che è vincolato alla disciplina di profili organizzativi e meramente provvisionali di prima necessità, risulta sottratto al controllo di legittimità della Corte dei Conti ai sensi dell’articolo 14 del D.L. 90/2008.

 

La relazione illustrativa precisa come tale innovazione, che individua nella figura del Capo del Dipartimento il centro di responsabilità per l'adozione delle misure straordinarie successivamente alla determinazione assunta dal Consiglio dei Ministri con la dichiarazione dello stato di emergenza, mantiene comunque inalterata la responsabilità politica in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro dell'interno ove a ciò delegato.

 

Ai sensi dello stesso comma 2, per l’emanazione delle ordinanze da parte del Capo del Dipartimento della protezione civile, che ne cura l’attuazione, è necessario acquisire l’intesa delle regioni territorialmente interessate (si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 1, comma 4). Si segnala che, in attuazione della nuova disciplina, è stata emanata l’ordinanza n. 1 del 2012 (pubblicata nella G. U. 23 maggio 2012, n. 119) recante i primi interventi urgenti per gli eventi sismici che hanno colpito il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, e Mantova il 20 maggio 2012. 

 

Il comma 1, lettera c), n. 4) dell’articolo in esame introduce il comma 2-bis all’articolo 5 della legge n. 225/1992, che reca ulteriori innovazioni riguardanti l’emanazione e l’efficacia delle ordinanze.

Si dispone che le ordinanze vengano trasmesse, per informazione, al Ministro dell’interno ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Si introduce una disciplina differente a seconda che le ordinanze vengano emanate o meno entro i primi venti giorni dall’evento:

§      le ordinanze emanate entro i primi venti giorni dall’evento sono trasmesse anche al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), che dovrà comunicare gli esiti della verificazione (rectius verifica) al Presidente del Consiglio dei Ministri per i conseguenti provvedimenti correttivi, e sono immediatamente efficaci. La relazione illustrativa e l’analisi tecnico-normativa giustificano tale previsione con la finalità di non limitare l’operatività del Dipartimento della protezione civile e con la riduzione della durata dello stato di emergenza;

Al riguardo, non appare chiara la natura dei provvedimenti cui fa riferimento la norma, né come possa esservi un rapporto di consequenzialità tra un atto di un vertice amministrativo ed un provvedimento del Presidente del Consiglio.

§      successivamente al ventesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza l’emanazione delle ordinanze necessita del previo concerto del MEF limitatamente ai profili finanziari.

Si valuti l’opportunità di verificare se tale previsione richieda il concerto tra il vertice amministrativo della Protezione civile e altro organo amministrativo del Ministero dell’economia, peraltro non indicato, non sembrando possibile accedere a diversa interpretazione che individui nel richiamo al Ministero dell’economia il riferimento al vertice politico dello stesso.

 

Si ricorda che il concerto con il MEF per l’emanazione delle ordinanze, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, è stato introdotto dall’art. 2, comma 2-quinquies del D.L. 225/2010[10]. A differenza della disciplina previgente, le nuove disposizioni richiedono il concerto con il MEF solo nel caso di ordinanze emanate dopo i primi venti giorni dall’evento e di ordinanze destinate a regolare il rientro nell’ordinarietà (comma 4-ter dell’art. 5 della legge n. 225/1992). Il concerto con il MEF è previsto in ogni caso per le ordinanze che ripartiscono risorse derivanti dall’attuazione dei meccanismi di finanziamento di cui al comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 (alla cui scheda di commento si rinvia).

Il comma 1, lettera c), n. 5) dell’articolo 1, inoltre, abroga il comma 3 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 che disciplinava l’emanazione di ordinanze finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o cose e che erano emanate principalmente per garantire il progressivo rientro in situazioni ordinarie consentendo la conclusione degli interventi affidati al commissario delegato e il progressivo affiancamento degli enti locali nella riacquisizione delle rispettive competenze.

 

Nel seguente testo a fronte sono evidenziate, pertanto, le modifiche suesposte rispetto alla disciplina previgente.

 

Testo previgente art. 5 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

2. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

Le ordinanze sono emanate di concerto, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, con il Ministro dell’economia e delle finanze.

2. Per l’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza dichiarato, si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Le ordinanze sono emanate, acquisita l’intesa delle regioni territorialmente interessate, dal Capo del Dipartimento della protezione civile che ne cura l’attuazione. Con le ordinanze si dispone esclusivamente in ordine alla organizzazione dei servizi di soccorso e assistenza ai soggetti colpiti dall’evento, nonché agli interventi provvisionali strettamente necessari alle prime necessità nei limiti delle risorse disponibili, allo scopo finalizzate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vedi barrato comma 2

2-bis. Le ordinanze di cui al comma 2 sono trasmesse per informazione al Ministro dell’interno ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri. Le ordinanze emanate entro il ventesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono immediatamente efficaci e sono altresì trasmesse al Ministero dell’economia e delle finanze perché comunichi gli esiti della loro verificazione al Presidente del Consiglio dei Ministri per i conseguenti provvedimenti. Successivamente al ventesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza le ordinanze sono emanate previo concerto del Ministero dell’economia e delle finanze, limitatamente ai profili finanziari.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.

 

Le modifiche al comma 4 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotte dal comma 1, lettera c), n. 6) dell’articolo in esame, sono volte a precisare che il Capo del Dipartimento della Protezione civile, per l’attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui al comma 2, si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile, disciplinati rispettivamente dagli artt. 6 e 11[11] della legge n. 225/1992, coordinandone l’attività e impartendo specifiche disposizioni operative.

Inoltre viene specificato che nellecitate ordinanze dovranno essere individuati i soggetti responsabili dell’attuazione degli interventi previsti ai quali affidare ambiti definiti di attività, precisando che tali soggetti sono identificati nel soggetto pubblico ordinariamente competente allo svolgimento delle predette attività in via prevalente, salvo motivate eccezioni.

 

Si ricorda che nell’amministrazione dell’emergenza si sono registrati casi in cui il commissario delegato ha nominato uno o più “soggetti attuatori” sia di natura pubblica che privata[12].

Il nuovo testo del comma 4 ripropone inoltre la disposizione relativa all’eventualità, da parte del Capo del Dipartimento, di avvalersi di commissari delegati per i quali, il provvedimento di delega dovrà specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del relativo esercizio, esplicitando, rispetto alla disposizione previgente, che le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza. Si prevede, inoltre, che i provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze vengano sottoposti ai controlli previsti dalla normativa vigente.

 

Al riguardo, potrebbe essere opportuno specificare nella norma i controlli a cui sono sottoposti i provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze.

 

Si ricorda che l’art. 2, comma 2-sexies del D.L. 225/2010, inserendo una nuova lettera c-bis) all’art. 3, comma 1, della legge n. 20/1994, ha introdotto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti per i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza. Il successivo comma 2-septies, novellando l'art. 27, comma 1, della legge n. 340/2000, per quanto riguarda i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, riduce a sette giorni il termine dalla ricezione entro il quale divengono esecutivi gli atti trasmessi alla Corte dei Conti senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo. Consente, inoltre, la dichiarazione di provvisoria efficacia da parte dell'organo emanante (si rinvia alla scheda di commento del comma 3 dell’art. 1).

 

Testo previgente art. 5 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

Art. 5 (Stato di emergenza e potere di ordinanza)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.

 

4. Il Capo del Dipartimento della Protezione civile, per l’attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui al comma 2, si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile, di cui agli articoli 6 e 11, coordinandone l’attività e impartendo specifiche disposizioni operative. Le ordinanze emanate ai sensi del comma 2 individuano i soggetti responsabili per l’attuazione degli interventi previsti ai quali affidare ambiti definiti di attività, identificati nel soggetto pubblico ordinariamente competente allo svolgimento delle predette attività in via prevalente, salvo motivate eccezioni. Qualora il Capo del Dipartimento si avvalga di commissari delegati, il relativo provvedimento di delega deve specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio. Le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza. I provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze sono soggetti ai controlli previsti dalla normativa vigente.

 

Il comma 4-bis, introdotto comma 1, lettera c), n. 7) dell’articolo 1,stabilisce che, per l’esercizio delle funzioni attribuite, non è previsto alcun compenso sia per il Capo del Dipartimento della protezione civile sia per i commissari delegati qualora tali ultimi siano nominati tra soggetti responsabili titolari di cariche elettive pubbliche.

Qualora, invece, si tratti di altri soggetti e ne ricorrano i requisiti ai commissari delegati e ai soggetti che operano in attuazione delle ordinanze di cui al comma 2, si applica l’art. 23-ter del DL n. 201/2011. Il compenso è, pertanto, commisurato proporzionalmente alla durata dell’incarico.

 

Al riguardo, appare opportuno chiarire quali siano tali requisiti nonché i criteri di determinazione del quantum poiché la disposizione si limita a stabilirne la commisurazione proporzionale alla durata dell’incarico.

 

L’art. 23-ter del decreto-legge n. 201/2011 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici)[13] prevede che sia definito con DPCM, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni. Tale definizione è effettuata adottando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione e riguarda chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato.

In attuazione del citato art. 23-ter è stato emanato il D.P.C.M. 23 marzo 2012 che prevede che, a decorrere dalla sua entrata in vigore, il trattamento retributivo percepito annualmente, comprese le indennità, le voci accessorie nonché le eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze conferiti da amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza, “delle persone fisiche che ricevano retribuzioni o emolumenti a carico delle pubbliche finanze in ragione di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, con le pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché quelli in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni”, non può superare il trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, pari nell'anno 2011 a euro 293.658,95. Qualora superiore, si riduce al predetto limite.

 

Il comma 4-ter dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal comma 1, lettera c), numero 7) dell’articolo 1, reca disposizioni volte a definire la chiusura della fase emergenziale ed il conseguente passaggio all’amministrazione ordinaria affidato, con apposita ordinanza, al Capo del Dipartimento della protezione civile.

A tal fine viene previsto che, almeno dieci giorni dalla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza, il Capo del Dipartimento della protezione civile, con apposita ordinanza emanata di concerto con il MEF, disciplina il passaggio all'amministrazione ordinaria competente a coordinare gli interventi che si rendono necessari successivamente alla scadenza dello stato di emergenza.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, tali disposizioni che affidano al Capo del Dipartimento l’emanazione di ordinanze finalizzate al rientro nell'ordinario, insieme a quelle adottate, d'intesa con le regioni territorialmente interessate, nell'immediatezza dell'evento calamitoso, sono volte a rafforzare la centralità del Dipartimento della protezione civile nella gestione delle emergenze.

 

Il comma 4-ter dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 dispone, inoltre, che, ferma in ogni caso l’inderogabilità dei vincoli di finanza pubblica, sulla base di tale ordinanza, possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi. La relazione illustrativa precisa, in proposito, che tale possibilità di deroga è stata richiesta espressamente in sede di Conferenza unificata.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che l’affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari avviene secondo le procedure indicate nella parte II agli artt. 28 e seguenti del D.lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici) nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. L’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nello stesso Codice.

 

Si segnala l’opportunità di valutare che in tal caso eventuali deroghe, che possono riguardare anche disposizioni di fonte primaria come quelle in materia di appalti, sarebbero sì fondate su una dichiarazione di stato di emergenza in atto, ma produrrebbero i propri effetti nell’imminenza dell’esaurimento dell’efficacia della stessa dichiarazione e di subentro dell’amministrazione ordinaria.

 

Il comma 4-quater dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal comma 1, lettera c), numero 7) dell’articolo in esame, reca ulteriori disposizioni volte a definire il passaggio all’amministrazione ordinaria, prevedendo che nell’apposita ordinanza prevista dal precedente comma 4-ter possa essere individuato, nell’ambito dell’amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui deve essere intestata la contabilità speciale aperta per l’emergenza in atto per un periodo di tempo determinato per il completamento degli interventi adottati ai sensi delle ordinanze di cui ai commi 2 e 4-ter.

Per gli ulteriori interventi da adottare con le procedure ordinarie di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, viene disposto che tali risorse vengano trasferite alla regione o all’ente locale ordinariamente competente o, se si tratta di un’altra amministrazione, vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.

 

 


Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8
(Rendiconto dei Commissari delegati).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

8) al comma 5-bis:

8.1) il quarto periodo è sostituito dal seguente: «I rendiconti corredati della documentazione giustificativa, nonché degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché, per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile e al Ministero dell'interno.»;

8.2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il presente comma si applica anche nei casi di cui al comma 4-quater.»;

Sintesi ed effetti

La lettera c), n. 8, modifica il comma 5-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 - relativo all’obbligo di rendiconto da parte dei Commissari delegati delle entrate e delle spese riguardanti l’intervento delegato – introducendo la previsione che tale rendicontazione sia corredata anche degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti in sede di controllo sui provvedimenti commissariali e venga trasmessa, per conoscenza anche al Dipartimento per la protezione civile e al Ministero dell’Interno (n. 8.1).

E’ inoltre introdotta la previsione che la rendicontazione degli interventi delegati di cui al comma 5-bis si applichi anche ai casi contemplati dal comma 4-quater dell’articolo 5, cioè alle ipotesi in cui gli interventi vengano proseguiti -successivamente alla scadenza del termine dello stato di emergenza - dall’amministrazione pubblica competente (n. 8.2).

Analisi normativa

La lettera c), n. 8, modifica il comma 5-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, relativo all’obbligo e alle modalità di rendicontazione da parte dei Commissari delegati delle entrate e delle spese riguardanti l’intervento delegato.

In particolare, il n. 8.1 introduce la previsione che tale rendiconto sia corredato – oltre che della documentazione giustificativa - anche degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti e venga altresì trasmessa, per conoscenza anche al Dipartimento per la protezione civile e al Ministero dell’Interno.

Rimane fermo l’obbligo di trasmettere i rendiconti – corredati della predetta documentazione e dei predetti rilievi – al Ministero dell’economia e finanze – RGS – Ragionerie territoriali competenti, nonché all’Ufficio del bilancio presso la Presidenza del Consiglio.

Si osserva che la novella operata dal n. 8.1 in esame al comma 5–bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 sembra doversi riferire non già al quarto periodo del comma 5-bis, bensì al quinto periodo del medesimo comma 5-bis.

 

Il comma 5-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992[14], al primo periodo, non modificato dal provvedimento in esame, prevede che i Commissari delegati titolari di contabilità speciali[15] rendicontano, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema fissato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ai sensi del secondo periodo del comma 5-bis, anch’esso non modificato, il rendiconto deve contenere anche una sezione dimostrativa della situazione analitica dei crediti, con una distinzione tra quelli certi ed esigibili da quelli di difficile riscossione, e dei debiti derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate assunte a qualsiasi titolo dai commissari delegati, con l'indicazione della relativa scadenza.

Ai sensi del terzo periodo del comma 5-bis, pure non modificato, per l'anno 2008 deve essere riportata anche la situazione dei crediti e dei debiti accertati al 31 dicembre 2007.

Ai sensi del quarto periodo del comma 5-bis, nei rendiconti vengono consolidati, con le stesse modalità sopra indicate, anche i dati sugli interventi delegati dal commissario ad uno o più soggetti attuatori.

Il quinto periodo del comma 5-bis stabilisce che i rendiconti corredati della documentazione giustificativa sono trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ragionerie territoriali competenti e all'Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I successivi periodi del comma 5-bis, anch’essi non modificati, stabiliscono che le ragionerie territoriali inoltrano i rendiconti - anche con modalità telematiche e senza la documentazione a corredo - alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti; che per l'omissione o il ritardo nella rendicontazione, si applichi la pena pecuniaria di cui all’articolo 337 del R.D. n. 827/1924. Sono vietati girofondi tra le contabilità speciali.

 

Infine, il punto 8.2 della lettera c) in esame prevede che il comma 5-bis – relativo alla rendicontazione degli interventi delegati - si applichi anche ai casi contemplati dal comma 4-quater dell’articolo 5, cioè alle ipotesi in cui gli interventi vengano proseguiti -successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza - dall’amministrazione pubblica competente.

 

 

 


Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 9 e 10
(Nuova modalità di finanziamento degli interventi conseguenti
agli eventi calamitosi).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

9) il comma 5-quater è sostituito dal seguente: «5-quater. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, la Regione può elevare la misura dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.»;

10) il comma 5-quinquies è sostituito dal seguente: «5-quinquies. Agli oneri connessi agli interventi conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2, relativamente ai quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile, come determinato annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n.196. Qualora sia utilizzato il fondo di cui all'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il fondo è corrispondentemente e obbligatoriamente reintegrato in pari misura, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, mediante riduzione delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla presente legge. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati l'ammontare complessivo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie da operare e le voci di spesa interessate e le conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno, tali da garantire la neutralità in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. In combinazione con la predetta riduzione delle voci di spesa, il fondo di cui all'articolo 28 della legge n. 196 del 2009 è corrispondentemente e obbligatoriamente reintegrato con le maggiori entrate derivanti dall'aumento, deliberato dal Consiglio dei Ministri, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante di cui all'allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. La misura dell'aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita, sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all'importo prelevato dal fondo di riserva. Per la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi ai sensi del comma 5-ter, si provvede mediante ulteriori riduzioni delle voci di spesa e aumenti dell'aliquota di accisa individuati, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi del terzo, quarto e quinto periodo. Con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, le predette risorse, conseguite con riduzione delle voci di spesa ovvero con aumento dell'aliquota di accisa, sono destinate per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente alle amministrazioni interessate.»;

Sintesi ed effetti

La lettera c), n.9 e n.10, al fine di recepire il dictum dalla Corte Costituzionale, modifica le disposizioni sul finanziamento degli oneri connessi agli interventi per eventi calamitosi. Viene a tal fine disposto l’utilizzo prioritario delle risorse statali (Fondo nazionale della protezione civile e Fondo di riserva delle spese impreviste), in luogo dell’obbligo, per le Regioni interessate dai predetti eventi, di attingere preventivamente a risorse proprie - derivanti anche dall’aumento del prelievo tributario sul territorio – e solo successivamente ad utilizzare i predetti fondi statali.

In particolare a tal fine la lettera c), n.9 sostituisce il comma 5-quater dell’articolo 5 della legge n.225/1992 prevedendo che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, sia nelle facoltà della Regione di elevare la misura dell’imposta regionale della benzina per autotrazione.

La medesima lettera c), n.10 sostituisce il comma 5-quinquies dell’articolo 5 sopradetto, disponendo che per gli oneri connessi agli interventi per gli eventi calamitosi vanno prioritariamente utilizzate le risorse del Fondo nazionale della protezione civile. Qualora si debba ricorrere all’utilizzo anche del Fondo di riserva per le spese impreviste (di cui all’art. 28 L.196/2009), ne va contestualmente previsto il reintegro, mediante riduzioni delle voci di spesa riportate in un elenco allegato al decreto-legge, nonché mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e di quella sul gasolio usato come carburante. Con le medesime modalità (ulteriori riduzioni delle  predette voci di spesa ed aumenti dell’accisa) si dovrà provvedere altresì agli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi previsti dal comma 5-ter dell’articolo 5in oggetto.

Analisi normativa

La lettera c), n. 9 novella il comma 5-quater dell’articolo 5 della legge n.225/1992, in coerenza con le nuove modalità di finanziamento delle emergenze di protezione civile introdotte dal n. 10, norma che – modificando  il successivo comma 5-quinquies dell’articolo 5 della medesima legge n. 225/1992 – ha reso obbligatorio, in caso di eventi calamitosi, l’utilizzo delle risorse nazionali.

Per effetto delle norme in esame si prevede dunque che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, la Regione abbia la sola facoltà di elevare la misura dell’imposta regionale della benzina per autotrazione.

Nella formulazione antecedente, il combinato disposto dei commi 5-quater e 5-quinquies obbligava invece la Regione interessata dagli eventi calamitosi, per poter accedere alle risorse nazionali, a preventivamente esperire alle risorse proprie (tramite aumento dell’imposizione sul territorio).

Si rammenta che i richiamati commi 5-quater e 5-quinquiessono stati introdotti dal comma 2-quater dell’art. 2, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012 (13-16 febbraio 2012)ne ha successivamentedichiarato l’illegittimità costituzionale (in particolare, dell’intero comma 5-quater e del primo periodo del successivo comma 5-quinquies).

 

Accanto alla censura per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. (in quanto le norme impugnate sono state ritenute palesemente estranee all'oggetto e alle finalità del citato decreto-legge n. 225/2010, cosiddetto "milleproroghe"), per quanto concerne i profili di interesse in questa sede, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le predette disposizioni anche in relazione al primo comma dell'articolo 119 Cost. poiché, imponendo alle Regioni di deliberare aumenti fiscali per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile, in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse; esse ledono altresì l'autonomia di spesa, poiché obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Per la Corte risulta violato altresì il quarto comma dell'articolo 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiché lo Stato, pur trattenendo per sé le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse. Infine, per la Consulta le norme censurate contraddicono inoltre la ratio del quinto comma dell'articolo 119 Cost.: le stesse, anziché prevedere risorse aggiuntive per determinate Regioni per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, - quali sono quelli derivanti dalla necessità di fronteggiare gli effetti sulle popolazioni e sul territorio di eventi calamitosi improvvisi ed imprevedibili -, al contrario, impongono alle stesse Regioni di destinare risorse aggiuntive per il funzionamento di organi e attività statali.

Infine, la previsione del richiamato comma 5-quater, che autorizza il Presidente della regione a deliberare gli aumenti fiscali, si pone in contrasto con l'articolo 23 Cost., in quanto viola la riserva di legge in materia tributaria, e con l'articolo 123 Cost., poiché lede l'autonomia statutaria regionale nell'individuare con norma statale l'organo della Regione titolare di determinate funzioni.

 

Più in dettaglio:

§      il previgente comma 5-quater consentiva al Presidente della regione interessata dagli eventi calamitosi, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza e qualora il bilancio della regione non recasse le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le relative spese o per coprire gli eventuali oneri, a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, nonché ad elevare ulteriormente la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (disciplinata all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398[16], fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita;

§      per effetto delle disposizioni in commento, recependo il suindicato dictum della Corte Costituzionale, viene eliminato l’insieme di condizioni in precedenza poste per l’accesso alle risorse statali – cui si può accedere direttamente, cfr. il commento al successivo n. 10) – e viene mantenuta la sola possibilità, per le Regioni, di elevare la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione di cinque centesimi per litro.

Come precisa la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge in esame, in tale ottica l’aumento dell’imposta regionale sulla benzina rimane una mera facoltà della regione interessata dagli eventi, di cui la stessa può scegliere, nell'ambito della propria autonomia, di fare o meno uso.

 

La lettera c), n. 10 sostituisce il comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225[17], introducendo un nuovo meccanismo di finanziamento ordinario degli oneri connessi agli interventi conseguenti agli eventi calamitosi di cui all’articolo 2 della legge medesima.

 

La nuova formulazione del comma 5-quinquies, primo periodo, rende obbligatorio l’utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per la protezione civile, come rideterminato annualmente dalla Tabella C della legge di stabilità, per il finanziamento degli oneri connessi agli interventi conseguenti a tutte le tipologie di eventi calamitosi di cui all’articolo 2 della legge n. 225, relativamente ai quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza. Si ricorda che l’utilizzo del Fondo nazionale per la protezione civile, nel testo previgente del primo periodo in esame, dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012 in precedenza illustrata, era, invece, solo eventuale e limitato al finanziamento delle misure adottate per gli interventi relativi agli eventi calamitosi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), che debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

Viene inoltre confermata la possibilità, già prevista nel testo previgente, di ricorrere, ove sia necessario, al Fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all’articolo 28 della legge n. 196 del 2009, e l’obbligatorietà del reintegro della dotazione del Fondo, corrispondentemente al prelievo effettuato.

L’articolo 28 della legge di contabilità pubblica disciplina il Fondo di riserva per le spese impreviste, finalizzato a provvedere alle eventuali deficienze delle assegnazioni di bilancio, che non riguardino le spese obbligatorie (per le quali invece si provvede attraverso l’apposito Fondo di riserva previsto dall’articolo 26) e che, comunque, non impegnino i bilanci futuri con carattere di continuità (comma 1). Il Fondo è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, nella parte corrente.

Per ciò che attiene al trasferimento delle somme dal fondo di riserva per le spese impreviste e la corrispondente iscrizione delle stesse ai capitoli di bilancio, esso ha luogo mediante decreti del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 2).

In allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze è contenuto un elenco (elenco 2), da approvare con apposito articolo con la legge del bilancio, delle spese per le quali si può ricorrere ai prelevamenti dal Fondo in oggetto (comma 3).

In allegato al rendiconto generale dello Stato è contenuto un elenco dei decreti di trasferimento di somme dal Fondo ai competenti capitoli, con le indicazioni dei motivi per i quali si è proceduto ai prelevamenti (comma 4).

 

Si segnala che nell’elenco 2 allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze le “spese di prima assistenza e di pronto intervento da sostenersi in occasione di pubbliche calamità o per la difesa della salute e incolumità pubblica” rientrano tra quelle per cui in via ordinaria – vale a dire senza necessità di reintegro - è consentito il prelevamento di somme dal Fondo di riserva per le spese impreviste.

In relazione a tale aspetto – in base al quale la previsione del reintegro del Fondo disposta dal comma 5-quinquies in esame sembra porsi come disciplina speciale rispetto a quella ordinaria di cui all’articolo 28 della legge n.196/2009 ed all’elenco 2 allegato allo stato di previsione del MEF – si segnala l’opportunità di un coordinamento tra le due differenti discipline, atteso che nell’elenco medesimo il ricorso al Fondo per spese derivanti da eventi calamitosi risulta tuttora previsto  senza obbligo di reintegro.

La nuova formulazione del comma 5-quinquies prevede inoltre, rispetto alla pregressa disciplina, una diversa modalità di recupero delle risorse mediante le quali si deve provvedere obbligatoriamente al reintegro del Fondo di riserva, indicando, in primis, una corrispondente riduzione di pari misura delle voci di spesa indicate nell’elenco allegato al provvedimento, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Nell’allegato elenco sono indicati, ripartiti per singoli stati di previsione dei Ministeri, numerosi capitoli di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, a valere sulle cui disponibilità possono essere effettuate le riduzioni necessarie al recupero delle somme per il reintegro del Fondo di riserva per le spese impreviste.

In merito si segnala che l’elenco non reca alcuna indicazione riguardo la tipologia degli stanziamenti del bilancio iscritti sugli indicati capitoli di spesa, che permetta di individuare se si tratti di spese rimodulabili o meno del bilancio delle Stato, né espone l’ammontare degli stanziamenti dei capitoli medesimi, che permetterebbe di individuare – con riferimento al quadro finanziario al momento vigente, che ovviamente potrà risultare diverso al momento dell’eventuale effettuazione delle riduzioni di spesa – l’importo complessivo della spesa assoggettabile a riduzione.

Da una breve disamina, risulta peraltro che la maggior parte delle voci riportate in elenco fa riferimento a spese rimodulabili del bilancio dello Stato,  con alcune eccezioni (ad esempio, rientrano nell’elenco dei capitoli soggetti a riduzione, i capitoli relativi ai fondi occorrenti per l’attuazione del federalismo amministrativo, che non sono indicati, nel bilancio dello Stato, tra i capitoli rimodulabili).

Per quanto concerne la riduzione, la norma prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri siano appunto individuati l’ammontare complessivo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie da operare e le singole voci di spesa interessate tra quelle riportate in allegato.

Con tale decreto potrà pertanto procedersi, di volta in volta e secondo le necessità, ad operare una riduzione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, senza necessità di ulteriori disposizioni legislative, per garantire la copertura finanziaria degli interventi di protezione civile realizzati tramite l’utilizzo delle risorse del Fondo di riserva per le spese impreviste.

Su tale aspetto si segnala l’opportunità di una valutazione in ordine alla conformità rispetto alla vigente disciplina contabile dell’affidare ad un provvedimento di rango secondario, costituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal terzo periodo del comma in esame, la determinazione dell’ammontare delle riduzioni da operare sui capitoli di spesa del bilancio dello Stato indicati in allegato.

Ai fini di tale valutazione va peraltro tenuto presente che la mancanza, nella norma in esame ovvero nell’ allegato in questione, di elementi quantitativi in ordine all’ammontare da ridurre – mancanza che, a differenza di analoghi precedenti interventi legislativi[18], non ne consente pertanto la determinazione già in sede di normazione primaria - è da ricondurre alla circostanza (sottolineata dalla relazione tecnica al provvedimento) che l’individuazione del quantum di spesa da ridurre non potrà che avvenire in tempi successivi, in dipendenza del verificarsi o meno, ed in quale misura, di eventi calamitosi, nonché in relazione alle effettive dotazioni di competenza e di cassa dei capitoli in elenco, da riscontrare necessariamente al momento in cui di verificherà l’eventuale emergenza.

 

Per garantire, inoltre, la neutralità in termini di indebitamento netto, delle misure introdotte dalle disposizioni in esame, la norma prevede che con il medesimo DPCM che reca le riduzioni di spesa del bilancio dello Stato si provveda altresì ad individuare le eventuali conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno.

Nella relazione tecnica si precisa, al riguardo, che la possibile individuazione di trasferimenti erariali spettanti alle regioni, ai fini delle riduzioni da apportare con il DPCM, potrebbe comportare, in relazione alla tipologia dei trasferimenti stessi, una contestuale ridefinizione degli obiettivi del patto di stabilità interno.

 

Al riguardo si segnala che, per come formulato, il terzo periodo del comma 5-quinquies in esame, disponendo che a seguito delle riduzioni di spesa disposte sulle voci del bilancio dello Stato indicate nell’allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri vengano affidate “le conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno”, sembra prevedere che con il decreto in questione  siano modificati sia gli obiettivi che, più in generale, la disciplina complessiva del patto di stabilità, che trovano attualmente la propria regolamentazione in norma legislativa (da ultimo, nell’articolo 31 della legge di stabilità 2012, L. n.183/2011). In proposito sembra opportuno un chiarimento.

 

In combinazione con la predetta riduzione delle voci di spesa, la norma prevede che si provveda altresì al corrispondente e obbligatorio reintegro delle risorse del Fondo di riserva mediante l’attivazione del meccanismo fiscale già contemplato nel previgente testo del comma 5-quinquies, ossia con le maggiori entrate derivanti dall’aumento, deliberato dal Consiglio dei ministri, dell’aliquota dell’accisa sui carburanti nella misura massima di cinque centesimi per litro.

Più in particolare, la norma prevede l’aumento, deliberato dal Consiglio dei Ministri, dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante. La misura dell’aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri, in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva.

Sotto il profilo della formulazione della norma, si segnala l’opportunità di meglio precisare che alla reintegrazione del Fondo per le spese impreviste mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sui carburanti si provvede solo ove necessario (come in tal senso si esprime del resto la relazione al disegno di legge), vale a dire qualora la prima modalità di reintegro mediante riduzione delle voci di spesa riportate nell’allegato non risulti adeguata ad assicurare il pieno ripiano del Fondo.

Si rammenta che mentre nel testo previgente del comma 5-quinquies l’aumento dell’accisa sui carburanti risultava l’unica modalità per procedere al reintegro del Fondo di riserva spese impreviste, nella nuova formulazione il meccanismo fiscale si attiva soltanto in combinazione con la prioritaria riduzione delle spese del bilancio dello Stato.

Anche per la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi ai sensi del comma 5-ter dell’articolo 10 del D.L n. 225/1992, si provvede mediante ulteriori riduzioni delle voci di spesa e aumenti dell’aliquota di accisa individuati, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, secondo la procedura indicata ai sensi del terzo, quarto e quinto periodo della norma in esame.

Si ricorda che la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi unicamente tramite gli aumenti dell’aliquota dell’accisa sui carburanti era già prevista nel testo previgente della norma.

La norma prevede che con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, le risorse finanziarie conseguite con riduzione delle voci di spesa ovvero con aumento dell’aliquota di accisa sono destinate per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente alle amministrazioni interessate.

 


Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 11
(Pagamento degli oneri dei mutui attivati a seguito di calamità naturali).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

11) dopo il comma 5-sexies è aggiunto il seguente comma: «5-septies. Il pagamento degli oneri dei mutui attivati sulla base di specifiche disposizioni normative a seguito di calamità naturali è effettuato direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze. Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si procede ad una puntuale ricognizione dei predetti mutui ancora in essere e dei relativi piani di ammortamento, nonché all'individuazione delle relative risorse finanziarie autorizzate per il loro pagamento ed iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ovvero nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le relative risorse giacenti in tesoreria, sui conti intestati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono integralmente versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di provvedere al pagamento del debito residuo e delle relative quote interessi. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.»;

Sintesi ed effetti

Il nuovo comma 5-septies dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal numero 11) della lettera c) del comma 1 dell’articolo 1, detta modalitàrelative al pagamento degli oneri dei mutui attivati sulla base di specifiche disposizioni normative a seguito di calamità naturali, stabilendo che il pagamento degli stessi sia effettuato direttamente dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Analisi normativa

La disposizione in titolo introduce un nuovo comma 5-septies all’articolo 5 della legge n. 225/1992, relativo al pagamento degli oneri dei mutui, attivati sulla base di specifiche disposizioni normative a seguito di calamità naturali, che verrà effettuato direttamente dal MEF.

 

Si ricorda che l’art. 19, comma 2, della legge n. 225/1992 prevede chele disponibilità esistenti nella contabilità speciale intestata al «Fondo per la protezione civile», nonché quelle rinvenienti dalla contrazione dei mutui già autorizzati con legge a favore del Fondo per la protezione civile, debbano essere versate all'entrata del bilancio dello Stato per la riassegnazione, con decreti del Ministro del tesoro, ai pertinenti capitoli da istituire nell'apposita rubrica dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il comma specifica quindi le modalità di attuazione di tale disposizione, prevedendo che sia un apposito DPCM, da adottare di concerto con il MEF, ad effettuare una puntuale ricognizione dei mutui ancora in essere e dei relativi piani di ammortamento, nonché ad individuare le relative risorse finanziarie autorizzate per il loro pagamento ed iscritte nello stato di previsione del MEF ovvero nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Conseguentemente le relative risorse giacenti in tesoreria sui conti intestati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dovranno essere integralmente versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del MEF, al fine di provvedere al pagamento del debito residuo e delle relative quote interessi.

Da ultimo viene specificato che dalle predette disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che il MEF è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

 


Articolo 1, comma 1, lettera d)
(Compiti di protezione civile dei prefetti).

d) nell'articolo 14:

1) al comma 2:

1.1) alla lettera a) le parole: «la direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi» sono sostituire dalle seguenti: «il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile»;

1.2) alla lettera b) dopo le parole «dei sindaci dei comuni interessati» sono inserite le seguenti: «, in raccordo con la regione»;

2) al comma 3 le parole: «del Ministro per il coordinamento della protezione civile» sono sostituite dalle seguenti: «o, per sua delega, del Ministro dell'interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio»;

Sintesi ed effetti

La lettera d) amplia la platea dei soggetti coinvolti nel fronteggiare le emergenze sul territorio provinciale specificando la spettanza in capo al prefetto dei compiti di coordinamento dei servizi di emergenza a livello provinciale con gli interventi di competenza regionale.

Analisi normativa

L’articolo 1, alla lettera d), reca modifiche che intervengono, chiarendo incertezze applicative, sull’art. 14 della legge n. 225 del 1992 in merito alle competenze del prefetto, al fine di armonizzarle con le novelle apportate dal decreto in esame in relazione:

§         al trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei Vigili del fuoco operato dal successivo comma 2 (1.1);

§         all’attribuzione al Ministro dell’interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, delle competenze, eventualmente delegabili da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di promozione e coordinamento delle attività di protezione civile a seguito della riformulazione dell’art. 1 della L. 225/1992 (2).

 

In particolare si prevede che il prefetto assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, in raccordo con la regione, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati (1.2).

 

Testo previgente art. 14 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2009

Art. 14 (Competenze del Prefetto)

Art. 14 (Competenze del Prefetto)

1. Il prefetto, anche sulla base del programma provinciale di previsione e prevenzione, predispone il piano per fronteggiare l’emergenza su tutto il territorio della provincia e ne cura l’attuazione.

 

Identico

2. Al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, dell’articolo 2, il prefetto:

a) informa il Dipartimento della protezione civile, il presidente della giunta regionale e la direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell’interno;

 

 

b) assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati;

 

c) adotta tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi;

 

d) vigila sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.

2. Al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, dell’articolo 2, il prefetto:

a) informa il Dipartimento della protezione civile, il presidente della giunta regionale e il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno;

 

b) assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati, in raccordo con la regione;

 

c) adotta tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi;

 

d) vigila sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.

3. Il prefetto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza di cui al comma 1 dell’articolo 5, opera, quale delegato del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per il coordinamento della protezione civile, con i poteri di cui al comma 2 dello stesso articolo 5.

3. Il prefetto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza di cui al comma 1 dell’articolo 5, opera, quale delegato del Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, del Ministro dell’interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, con i poteri di cui al comma 2 dello stesso articolo 5.

4. Per l’organizzazione in via permanente e l’attuazione dei servizi di emergenza il prefetto si avvale della struttura della prefettura, nonché di enti e di altre istituzioni tenuti al concorso.

 

Identico

 

Preliminarmente si rammenta che la protezione civile è compresa tra le materie di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, così come riformulato nella legge di revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione (in precedenza con l’art. 107 del D.Lgs. 112/1998 sono state trasferite numerose funzioni amministrative in materia di protezione civile alle regioni e agli enti locali, mantenendo allo Stato i compiti di indirizzo e di coordinamento, oltre che il potere di deliberare lo stato di emergenza).

Le modifiche sopra esposte, come rilevato nella relazione illustrativa del decreto in esame, sono volte a chiarire la spettanza in capo al prefetto dei compiti di coordinamento dei servizi di emergenza a livello provinciale con gli interventi di competenza regionale, in considerazione delle incertezze applicative incorse in relazione alla lettera b) dell’articolo 14 laddove si prevede che il prefetto assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati.

La tematica, come accennato dalla medesima relazione, è stata recentemente affrontata dalla Corte Costituzionale (sentenza 12 aprile 2012, n. 85) la quale ha ritenuto fondata una questione di legittimità costituzionale promossa dal Governo mediante l’impugnazione, tra l’altro, dei commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2001 i quali, sostanzialmente, disponevano che, ferme restando le competenze del sindaco, nei casi di emergenza di protezione civile, il presidente della provincia è autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed il presidente della regione è autorità di protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province.

Nel giudizio l’Esecutivo sosteneva, per l’appunto, che tali disposizioni violavano l’art. 117, terzo comma, Cost., perché, attribuendo al presidente della provincia una generale competenza dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si ponevano in contrasto con l’art. 14 della L. n. 225/1992 che assegna al prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale; il ricorrente denunciava, altresì, la lesione dell’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, poiché si prevedeva anche una generalizzata attribuzione al presidente della provincia della responsabilità dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere di intervento ai compiti ed alle funzioni di sua spettanza (volontariato, viabilità provinciale, ecc.).

In ordine a quanto sopra riportato merita segnalare la fattispecie disciplinata dal D.Lgs. 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale) che all’art. 10 (Funzioni in materia di protezione civile) pur conferendo a Roma capitale, nell’ambito del proprio territorio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni amministrative relative all’emanazione delle ordinanze urgenti in relazione a eventi naturali o calamitosi, mantiene ferme le funzioni attribuite al prefetto di Roma dall’art. 14 della L. n. 225/1992.

 


Articolo 1, comma 1, lettera e)
(Compiti dei sindaci in materia di protezione civile).

e) nell'articolo 15:

1) al comma 1, le parole: «alla legge 8 giugno 1990, n. 142» sono sostituite dalle seguenti: «al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole «e il coordinamento dei servizi di soccorso» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, nonché il coordinamento dei servizi di soccorso».

Sintesi ed effetti

La lettera e) rafforza i compiti dei sindaci al fine di fronteggiare l’emergenza nell’ambito del proprio territorio comunale.

Analisi normativa

Con la lettera e) l’articolo in commento reca modifiche all’art. 15 della legge n. 225 del 1992 introducendo, al comma 1, il corretto riferimento normativo al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) a seguito dell’abrogazione della legge n. 142 del 1990 (1).

Le modifiche al comma 3 specificano ulteriormente i compiti in capo ai sindaci nel momento in cui sono chiamati a fronteggiare l’emergenza nell’ambito del proprio territorio comunale (2).

 

Testo previgente art. 15 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2009

Art. 15. Competenze del comune ed attribuzioni del sindaco.

Art. 15. Competenze del comune ed attribuzioni del sindaco.

1. Nell'ambito del quadro ordinamentale di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , in materia di autonomie locali, ogni comune può dotarsi di una struttura di protezione civile.

1. Nell'ambito del quadro ordinamentale di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, in materia di autonomie locali, ogni comune può dotarsi di una struttura di protezione civile.

2. La regione, nel rispetto delle competenze ad essa affidate in materia di organizzazione dell'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale, favorisce, nei modi e con le forme ritenuti opportuni, l'organizzazione di strutture comunali di protezione civile.

 

 

Idem

 

3. Il sindaco è autorità comunale di protezione civile. Al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.

3. Il sindaco è autorità comunale di protezione civile. Al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, nonché il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.

4. Quando la calamità naturale o l'evento non possono essere fronteggiati con i mezzi a disposizione del comune, il sindaco chiede l'intervento di altre forze e strutture al prefetto, che adotta i provvedimenti di competenza, coordinando i propri interventi con quelli dell'autorità comunale di protezione civile

 

 

Idem

 

 

 

 

L’intervento correttivo in esame è volto, come sottolineato nella relazione illustrativa, a rafforzare i compiti e i poteri che spettano al sindaco assegnandogli, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente, la funzione di direzione generale dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune. La stessa relazione precisa che tale intervento è stato richiesto dagli organismi rappresentativi degli enti territoriali.

Si ricorda che l’art. 108 del D.Lgs. 112/1998 attribuisce ai comuni importanti funzioni in materia di protezione civile: l’attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e degli interventi di previsioni dei rischi, stabilite dai Programmi e Piani Regionali; l’adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla preparazione all’emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale, vigilanza sull’attuazione, da parte delle strutture locali di protezione civile, dei servizi urgenti.

Oltre a queste funzioni, l’art. 15 della L. 225/1992 ne prevede delle altre. Il sindaco, come più volte accennato, acquista il ruolo di “autorità comunale di protezione civile”, con l’incarico di assumere, al verificarsi di un’emergenza, la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni sinistrate, con la conseguente adozione delle misure e degli interventi necessari. Il sindaco può dotarsi, inoltre, di una struttura di protezione civile, che la Regione favorisce, da organizzare nei modi e forme più opportune. In caso di emergenza, il sindaco provvede a superare la situazione calamitosa con il personale ed i mezzi a disposizione del Comune, ovvero facendo ricorso alla struttura comunale di protezione civile, se esistente.

La normativa, inoltre, stabilisce che, al verificarsi di calamità naturali o di altre forme di eventi di maggiore intensità e pericolosità tali da non poter essere affrontati con le strutture comunali, il sindaco è obbligato a chiedere l’intervento di altre forze e strutture operative al prefetto, il quale a sua volta pone in essere i piani di intervento, coordinando la sua attività con quella del capo dell’ente locale.

 

 


Articolo 1, comma 2
(Trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco).

2. All'articolo 7 della legge 21 novembre 2000, n. 353, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. La flotta aerea antincendio della Protezione civile è trasferita al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i tempi e le modalità di attuazione del trasferimento, previa individuazione delle risorse finanziarie, strumentali e umane allo scopo finalizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Restano fermi i vigenti contratti comunque afferenti alla flotta aerea in uso al Dipartimento della protezione civile ed ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all'articolo 21, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.»;

b) nel comma 4, la parola: «COAU» è sostituita dalle seguenti: «Centro operativo di cui al comma 2» e le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «medesimo comma».

Sintesi ed effetti

Il comma 2 dell’articolo 1, novellando l’articolo 7 della legge quadro sugli incendi boschivi n. 353/2000, trasferisce la flotta aerea antincendio della Protezione civile al Dipartimento dei Vigili del fuoco.

Analisi normativa

Con l’introduzione del comma 2-bis all’articolo 7 della legge quadro in materia di incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353, si dispone il trasferimento della flotta aerea della Protezione civile[19] al Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, mentre il centro operativo aereo unificato (COAU) rimane alle dipendenze della Protezione civile.

I tempi e le modalità di attuazione del trasferimento, previa individuazione delle risorse finanziarie, strumentali e umane allo scopo finalizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovranno essere definiti con un successivo D.P.C.M., da adottarsi su proposta del MEF e di concerto con il Ministro dell’interno.

Restano fermi i contratti in essere relativi alla flotta aerea in uso al Dipartimento della Protezione civile ed ai corrispondenti oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all’art. 21, comma 9, del decreto-legge n. 98/2011.

 

Si ricorda che l’art. 21, comma 9, del decreto legge n. 98/2011 ha stanziato 64 milioni di euro annui, a decorrere dal 2011, da destinare appositamente alle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 47, secondo comma, della legge n. 222/1985, relativa alla quota destinata allo Stato dell'8 per mille dell’IRPEF.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, il nuovo comma 2-bis, nel momento in cui sottrae la gestione della flotta aerea alla Protezione civile per concentrare i compiti di quest’ultima sulle attività di coordinamento, è finalizzato a ricondurre le attuali competenze allo spirito del dettato del comma 2 che affida al Dipartimento della protezione civile il coordinamento, a livello nazionale, delle attività aree di spegnimento degli incendi.

 

In considerazione del trasferimento della flotta aerea antincendio disposto dalla novella in esame, potrebbe essere opportuno valutare se continuare a mantenere l’attribuzione delle funzioni di potenziamento e ammodernamento della medesima flotta al Dipartimento della protezione civile sulla base di quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 7 della legge n. 353/2000.

 

Si segnala che la proposta di legge n. 3869, in corso di esame presso l’VIII Commissione (Ambiente), prevede il trasferimento dei compiti previsti dall’art. 7 della legge quadro ora novellato dal Dipartimento della protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco.

Si rammenta, inoltre, che al fine di assicurare la permanenza di adeguati livelli di gestione e funzionalità della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile nelle attività di contrasto agli incendi boschivi sono state introdotte alcune disposizioni relative alla gestione della flotta aerea anche dall’art. 16 del decreto legge 195/2009.Esse hanno autorizzato il Dipartimento ad incaricare un dirigente pubblico responsabile, con compiti di diretta e puntuale verifica dei processi di gestione del servizio prestato dalla società affidataria, con particolare riguardo alla congruità, all’efficienza ed all'efficacia delle prestazioni rese, anche in relazione alla manutenzione degli aeromobili ed alla formazione del personale. E’ stato inoltre previsto che all'atto del subentro del Dipartimento all'affidataria del servizio di gestione della flotta aerea, la copertura degli oneri relativi alla gestione del servizio venga stabilita nel limite massimo di 53 milioni di euro annui, a valere sulle risorse di cui all'art. 3 della legge 225/1992.

Si ricorda, da ultimo, che dalla documentazione depositata nel corso di un’audizione informale del 7 luglio 2011 svoltapresso le Commissioni riunite V e VIII, del Capo del Dipartimento della protezione civile, in merito allo stato delle risorse finanziarie in dotazione per interventi di protezione civile, si evince che sono state programmate, per il 2011, per la gestione della flotta aerea spese incomprimibili per 150,6 milioni di euro. In tale documentazione si sottolinea come lo stanziamento di 64 milioni di euro previsto dall’art. 21, comma 9, del decreto legge n. 98/2011 da destinare alle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile consente l'“indizione della gara di appalto per la gestione operativa e tecnico-manutentiva della predetta flotta per la durata di 3 anni, rinnovabile per altri 3 anni”.

 

Testo previgente art. 7 L. 353/2000

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 7 (Lotta attiva contro gli incendi boschivi)

Art. 7 (Lotta attiva contro gli incendi boschivi)

1. Gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi comprendono le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei.

 

 

Identico

 

2. Ai fini di cui al comma 1, il Dipartimento, garantisce e coordina sul territorio nazionale, avvalendosi del Centro operativo aereo unificato (COAU), le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato, assicurandone l'efficacia operativa e provvedendo al potenziamento e all'ammodernamento di essa. Il personale addetto alla sala operativa del COAU è integrato da un rappresentante del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

 

 

Identico

 

 

 

 

2-bis. La flotta aerea antincendio della Protezione Civile è trasferita al Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sono stabiliti i tempi e le modalità di attuazione del trasferimento, previa individuazione delle risorse finanziarie, strumentali e umane allo scopo finalizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Restano fermi i vigenti contratti comunque afferenti alla flotta aerea in uso al dipartimento della protezione civile ed ai relativi oneri, si provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 21, comma 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni ed integrazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

3. Le regioni programmano la lotta attiva ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 3, lettera h), e assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali istituendo e gestendo con una operatività di tipo continuativo nei periodi a rischio di incendio boschivo le sale operative unificate permanenti (SOUP), avvalendosi, oltre che delle proprie strutture e dei propri mezzi aerei di supporto all'attività delle squadre a terra:

a) di risorse, mezzi e personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato in base ad accordi di programma;

b) di personale appartenente ad organizzazioni di volontariato, riconosciute secondo la vigente normativa, dotato di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora impiegato nelle attività di spegnimento del fuoco;

c) di risorse, mezzi e personale delle Forze armate e delle Forze di polizia dello Stato, in caso di riconosciuta e urgente necessità, richiedendoli all'Autorità competente che ne potrà disporre l'utilizzo in dipendenza delle proprie esigenze;

d) di mezzi aerei di altre regioni in base ad accordi di programma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Su richiesta delle regioni, il COAU interviene, con la flotta aerea di cui al comma 2, secondo procedure prestabilite e tramite le SOUP di cui al comma 3.

4. Su richiesta delle regioni, il Centro operativo di cui al comma 2 interviene, con la flotta aerea di cui al medesimo comma, secondo procedure prestabilite e tramite le SOUP di cui al comma 3.

 

5. Le regioni assicurano il coordinamento delle operazioni a terra anche ai fini dell'efficacia dell'intervento dei mezzi aerei per lo spegnimento degli incendi boschivi. A tali fini, le regioni possono avvalersi del Corpo forestale dello Stato tramite i centri operativi antincendi boschivi articolabili in nuclei operativi speciali e di protezione civili da istituire con decreto del capo del Corpo medesimo.

 

 

 

 

Identico

 

6. Il personale stagionale utilizzato dalle regioni per attività connesse alle finalità di cui alla presente legge deve essere prevalentemente impiegato nelle attività di prevenzione di cui all'articolo 4 e reclutato con congruo anticipo rispetto ai periodi di maggiore rischio; ai fini di tale reclutamento, è data priorità al personale che ha frequentato, con esito favorevole, i corsi di cui all'articolo 5, comma 2. Le regioni sono autorizzate a stabilire compensi incentivanti in rapporto ai risultati conseguiti in termini di riduzione delle aree percorse dal fuoco.

 

 

 

 

Identico

 

 

 


Articolo 1, comma 3
(Controllo della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali).

3. All'articolo 2, comma 2-septies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e successive modificazioni, dopo le parole: «provvisoriamente efficaci.» sono inserite le seguenti: «Qualora la Corte dei Conti non si esprima nei sette giorni i provvedimenti si considerano efficaci.».

Sintesi ed effetti

 

Il comma 3, in tema di controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, estende il c.d. silenzio assenso, già previsto per l’esecutività dei suddetti provvedimenti qualora la Corte non si esprima nel termine di 7 giorni, anche al profilo dell’efficacia degli stessi provvedimenti.

Analisi normativa

Il comma 3, modificando il comma 2-septies dell’art. 2 del D.L. 225/2010[20] (cd. mille proroghe), estende il cd. silenzio assenso in merito al controllo della Corte dei conti sugli provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza.

Viene infatti previsto che tali atti (già esecutivi oltre il termine di 7 giorni) diventano efficaci qualora la Corte non si esprima nel termine previsto di 7 giorni.

 

L’art. 100, comma secondo, Cost., prevede che la Corte dei conti eserciti il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, la cui disciplina a livello di legge ordinaria è stabilita dalla legge n. 20/1994.

L’art. 2, comma 2-sexies del D.L. 225/2010 ha introdotto la lettera c-bis) nell’art. 3, comma 1, della citata legge n. 20/1994, che indica gli atti soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, includendo così i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza.

Il comma 2-septies dell’art. 2 del decreto legge 225/2010, novellando l'art. 27, comma 1, della legge n. 340/2000, per quanto riguarda i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, ha ridotto a sette giorni (in precedenza sessanta) dalla ricezione il termine entro il quale divengono esecutivi gli atti trasmessi alla Corte dei Conti senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo. Consente, inoltre, la dichiarazione di provvisoria efficacia da parte dell'organo emanante.

Si rammenta che le ordinanze adottate ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225/1992 non sono soggette a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti secondo quanto previsto con norma di interpretazione autentica dall’art. 14 del D.L. 90/2008[21]  .

 

Pertanto, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 20 del 1994, i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai sensi dell’ articolo 5, comma 2, della legge 225/92 rientrano tra gli atti soggetti al controllo preventivo di legittimità.

Sul punto la Corte dei conti è recentemente intervenuta a  Sezioni riunite in sede di controllo, con pronuncia del 22 febbraio 2012, affermando chel’inserimento di una nuova la lettera c-bis) al comma 1 dell’articolo 3 della legge 20 del 1994 (aggiunta dal comma 2-sexies dell’art. 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10) - che prevede l’assoggettamento al controllo preventivo di legittimità dei provvedimenti dei commissari delegati ai sensi dell’art. 5, comma 2 della legge 225 del 1992 – risponde all’esigenza di sottoporre al rigoroso scrutinio del controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, provvedimenti che, per essere emanati in situazioni di emergenza e con l’avvalimento di speciali poteri in deroga alle ordinarie procedure amministrative, attengono a situazioni di emergenza che presentano caratteri di particolare complessità e che, peraltro, hanno dato anche luogo a fenomeni corruttivi. Alla stregua della delibera n. 42/CONTR/11 di queste stesse Sezioni Riunite vanno sottoposti alla medesima tipologia di controllo anche gli atti emessi da “ogni altro soggetto che, per investitura del commissario delegato ovvero dell’OPCM di protezione civile, ponga in essere atti di natura provvedimentale che costituiscano esercizio di potere in deroga, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992” e, pertanto, anche gli atti dei soggetti attuatori che operino con i poteri del Commissario delegato e che si avvalgano delle deroghe allo stesso concesse”.

 

Pertanto, la disposizione in esame, nel prevedere la formazione del silenzio assenso della Corte dei conti qualora essa  non si esprima nel termine di 7 giorni in sede di controllo sui i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, consente che tali atti spieghino effetti con il decorso di tale termine. Considerato che la disposizione che viene in tal modo novellata (art. 27 l. 340/2000)  già prevede che tali provvedimenti divengano comunque esecutivi decorsi sette giorni dalla ricezione da parte della Corte senza che sia intervenuta pronuncia di controllo, vengono così ricondotti alla medesima disciplina entrambi gli aspetti dell’efficacia e dell’esecutività dei provvedimenti commissariali.

In via generale, soprattutto per gli atti il cui compimento sia caratterizzato dall’irreversibilità, appare opportuno valutare se la disciplina complessiva del controllo di legittimità non incida in modo sostanziale sul carattere preventivo del controllo stesso.

 

Testo previgente L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 2, comma 2-septies

Art. 2, comma 2-septies

2-septies.All’articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per i provvedimenti di cui all’ articolo 3, comma 1, lettera c-bis), della legge 14 gennaio 1994, n. 20, il termine di cui al primo periodo, incluso quello per la risposta ad eventuali richieste istruttorie, è ridotto a complessivi sette giorni; in ogni caso l’organo emanante ha facoltà, con motivazione espressa, di dichiararli provvisoriamente efficaci.»

2-septies.All’articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per i provvedimenti di cui all’ articolo 3, comma 1, lettera c-bis), della legge 14 gennaio 1994, n. 20, il termine di cui al primo periodo, incluso quello per la risposta ad eventuali richieste istruttorie, è ridotto a complessivi sette giorni; in ogni caso l’organo emanante ha facoltà, con motivazione espressa, di dichiararli provvisoriamente efficaci. Qualora la Corte dei Conti non si esprima nei sette giorni i provvedimenti si considerano efficaci

 

 

 


Articolo 1, comma 4
(Abrogazione del comma 2 dell’art. 15 del D.L. n. 195/2009 in materia di organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile).

4. Il comma 2 dell'articolo 15, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, è abrogato.

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 1, co. 4, contiene l’abrogazione espressa dell’articolo 15, co. 2, D.L. 195/2009, che prevedeva la definizione con DPCM dei livelli minimi di organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile e degli enti cui spetta la gestione del sistema di allertamento nazionale. Alla luce di tale abrogazione, tale competenza rimane nell’autonomia delle regioni e degli enti locali.

Analisi normativa

 

Il comma 4 dispone l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 15 del decreto legge n. 195/2009 che demandava, al fine di individuare le competenze nelle attività di «allertamento, soccorso e superamento dell'emergenza», ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso[22], la definizione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

- dei livelli minimi dell'organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile;

- degli enti cui spetta la gestione del sistema di allertamento nazionale ed il coordinamento qualora venga dichiarato lo stato di emergenza.

 

La relazione illustrativa motiva tale abrogazione con il fatto che si è rivelato particolarmente complesso dare attuazione a tale disposizione, “anche in ragione dei principi che non consentono l'ingerenza dello Stato nell'autonomia organizzativa delle regioni e degli enti locali e limitano conseguentemente l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento, nonché in considerazione della qualificazione della protezione civile come materia di legislazione concorrente nella quale spetta allo Stato esclusivamente l'adozione dei principi fondamentali e non anche i compiti in materia di amministrazione diretta”.

 

Le motivazioni dell’abrogazione fanno, pertanto, riferimento all’assetto di competenze amministrative e alla loro distribuzione tra Stato e regioni.

In proposito, occorre richiamare che la “protezione civile” è materia di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost.

Infatti, come osservato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 284/2006, ancor prima della riforma costituzionale del Titolo V, «con la legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile), il legislatore statale ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003)».

In tale prospettiva, le competenze e le relative responsabilità sono state ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle seguenti tipologie di eventi che possono venire in rilievo: eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a); eventi che impongono l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera b); calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lettera c)».

In particolare, prosegue la sentenza (integralmente ripresa dalla sentenza n. 277/2008), lo Stato, sulla base di quanto previsto dall'art. 5 della legge n. 225 del 1992, ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c).

Tale competenza si sostanzia innanzitutto nel potere del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. L'esercizio di questi poteri – come è stato specificato dalla normativa successivamente intervenuta – deve avvenire d'intesa con le Regioni interessate, ...».

 

Pertanto, nella materia della protezione civile occorre salvaguardare l’autonomia delle regioni, nel rispetto della competenza dello Stato cui è demandata la determinazione dei principi fondamentali da definirsi in maniera unitaria a livello nazionale.

Così, è considerato principio fondamentale quello posto dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992 per cui spetta allo Stato regolamentare gli eventi di natura straordinaria anche mediante l’adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti alle stesse norme primarie. Pertanto, la Regione, perdurando la situazione di emergenza, non può incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate dal Commissario delegato (sentenze n. 32 del 2012, n. 277 del 2008 e n. 284 del 2006).

 

L’abrogazione dell’art. 15, co. 2, D.L. 195/2009 da parte della disposizione in commento elimina l’unica norma che prevedeva la definizione a livello unitario da parte dello Stato – seppur d’intesa con la Conferenza unificata – dei “livelli minimi di organizzazione” delle strutture territoriali di protezione civile.

Ciò pare in linea con la giurisprudenza costituzionale che finora non ha riconosciuto ad una simile competenza la natura di principio fondamentale della materia. Piuttosto, vi è giurisprudenza a contrario, che salvaguardia la definizione da parte delle regioni degli elementi principali del sistema di protezione civile regionale, ivi comprese le scelte di carattere organizzativo.

 

In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 323 del 2006 ha respinto le censure contro la legge della regione Emilia Romagna che definisce principi, funzioni, compiti, organizzazione e finalità di protezione civile, ivi inclusa la previsione di un’Agenzia regionale di protezione civile. La Corte, in particolare, ha sottolineato come le disposizioni impugnate avessero ad oggetto “soltanto gli eventi calamitosi (incidenti comunque sul solo territorio regionale) fronteggiabili con gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1, della legge n. 225 del 1992, e non anche le calamità naturali, catastrofi o altri eventi destinati, per intensità ed estensione, ad essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari dello Stato (ex art. 2, comma 1, lettera c, della stessa legge), nel rispetto della sfera di competenza ad esso attribuita dai principi fondamentali della materia concorrente in esame”.

Con specifico riguardo alla materia della prevenzione rischi, la Corte ha rilevato, nella sentenza n. 129 del 2006, che, sulla base del quadro normativo nazionale, si configura un sistema composito di competenze, ordinato secondo il criteri della maggiore o minore generalità degli indirizzi, in base al quale ciascun livello di governo deve contenere l’esercizio dei propri poteri all’interno degli indirizzi dettati su più vasta scala dal livello superiore. Alla luce di tale criterio, la Corte ha rigettato le censure avverso alcune disposizioni della legge della regione Toscana.

 


Articolo 2.
(Coperture assicurative su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali).

1. Al fine di consentire l'avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati, ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, possono essere estese ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati. Per favorire altresì la diffusione di apposite coperture assicurative contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali, i premi relativi all'assicurazione per danni, per la quota relativa alle calamità naturali, ovvero relativi a contratti di assicurazione appositamente stipulati a copertura dei rischi di danni diretti da calamità naturali ai fabbricati di proprietà di privati a qualunque uso destinati, sono disciplinati con il regolamento di cui al comma 2.

2. Con regolamento emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), che si esprimono entro trenta giorni, sono definiti modalità e termini per l'attuazione del comma 1 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche sulla base dei seguenti criteri:

a) estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno;

b) esclusione, anche parziale, dell'intervento statale per i danni subiti da fabbricati;

c) incentivazioni di natura fiscale, nel rispetto del principio dell'invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all'imposta sul premio di assicurazione ovvero la deducibilità, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell'assicurato;

d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

3. Al fine della predisposizione del regolamento di cui al comma 2, il Dipartimento della protezione civile provvede ad acquisire e trasmettere ai Ministeri concertanti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ogni elemento necessario per la valutazione degli effetti derivanti dall'introduzione del regime assicurativo di cui al comma 1, in particolare:

a) mappatura del territorio per grado di rischio;

b) stima della platea dei soggetti interessati;

c) dati percentuali sull'entità dei contributi pubblici finora concessi in caso di stato di emergenza;

d) simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa.

Sintesi ed effetti

L’articolo 2, al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati e garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, prevede la possibilità di estendere ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati. Le modalità attuative sono demandate ad un regolamento di delegificazione.

Analisi normativa

L’articolo 2 ripropone, ampliandole, le disposizioni in materia di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati previste dall’art. 52 (poi soppresso) del testo iniziale del ddl finanziaria 2007 (A.C. 1746-bis[23]), a loro volta integrative delle disposizioni, ancora oggi vigenti (sebbene inattuate), recate dall’art. 1, comma 202, della L. 311/2004 (finanziaria 2005).

 

L’avvio di un sistema assicurativo a copertura dei rischi derivanti dalle calamità naturali è da diversi anni oggetto di numerose iniziative sia governative che parlamentari.

Le iniziative intraprese nel corso delle legislature precedenti

Il primo tentativo organico di inserire nell’ordinamento nazionale una disciplina sulla copertura assicurativa obbligatoria dei rischi derivanti da calamità naturali risale alla XIII legislatura con l’art. 39 del ddl collegato alla manovra finanziaria per il 1999[24], stralciato in sede di esame parlamentare[25], e riproposto, con alcune integrazioni, dall’articolo 38 del ddl collegato ordinamentale[26], anch’esso stralciato nel corso dell’iter.

Tale articolo conferiva una delega al Governo al fine di disciplinare in maniera organica l’intervento dello Stato per la ricostruzione ed il recupero dei beni immobili privati danneggiati o distrutti a seguito di calamità naturali (compresa l’assicurazione per la copertura del rischio incendio di beni immobili di proprietà di soggetti privati) attraverso l’estensione obbligatoria della garanzia per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali (terremoti, frane, alluvioni, ecc.).

Un ulteriore tentativo di innovare il quadro normativo sulle calamità naturali introducendo il sistema di assicurazione obbligatoria contro i rischi da calamità naturali è stato intrapreso, sempre nel corso della XIII legislatura, dalla legge quadro sulle calamità naturali (A.C. 235 e abb.),che però non è pervenuta ad approvazione. Sia nel disegno di legge governativo, che nella maggior parte delle proposte di legge ad esso abbinate, erano presenti disposizioni relative all’obbligo di assicurazione contro i rischi derivanti da calamità naturali.

Ulteriori iniziative si sono registrate nella XIV legislatura, in particolare si ricorda l’art. 46 dell’A.C. 4489 (ddl finanziaria 2004) che demandava ad un regolamento di delegificazione l’introduzione, anche in deroga alla normativa vigente, di un regime assicurativo per gli immobili privati destinati ad uso abitativo relativamente ai danni da calamità naturali[27].

Sul contenuto di tale art. 46, il 20 novembre 2003 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha trasmesso una segnalazione (AS270) in cui ha rilevato che le disposizioni citate sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo. In particolare, nella segnalazione veniva evidenziato che:

-il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali;

-l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna relazione tecnica in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, avrebbe prodotto effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza;

-l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali avrebbe contribuito ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero stati indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose;

-alle imprese non sarebbe stata consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò avrebbe prodotto il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.

 

Successivamente l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia (gestito da Consap S.p.A.), con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2005, finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato. Lo stesso comma 202 prevedeva l’emanazione di un regolamento recante disposizioni di attuazione, tra cui soprattutto quelle relative alla disciplina del Fondo e alla costituzione della citata Compagnia di riassicurazione. Tali norme attuative tuttavia non sono mai state emanate.

L’ambito e la portata del comma 202 sono stati oggetto di un nuovo intervento nel corso della XV legislatura: l’articolo 52 dell’A.C. 1746-bis, che prevedeva una novella al citato comma 202 al fine di precisare che la norma in esso recata, finalizzata a consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, riguardava i soli fabbricati privati. Lo stesso articolo prevedeva inoltre l’inserimento di un comma 202-bis, finalizzato ad estendere la copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali alle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno ai fabbricati di proprietà di privati. Tale comma aggiuntivo sembrava però di fatto riproporre, ampliandolo, l’obiettivo previsto dall’art. 46 del disegno di legge finanziaria per il 2004 (A.C. 4489 della XIV legislatura), che era stato soppresso nel corso dell’esame parlamentare anche in seguito alla citata segnalazione del 20 novembre 2003 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato[28].

L’attuale situazione del mercato assicurativo

La situazione attuale del mercato assicurativo italiano per la copertura contro le calamità naturali vede i beni dei privati cittadini non coperti nella quasi totalità contro i rischi da calamità; solo una parte limitata delle aziende medio-piccole è assicurata con specifiche polizze a copertura di terremoti e alluvioni; una parte rilevante di aziende medio-grandi è invece adeguatamente assicurata contro le calamità naturali, in particolare le società multinazionali. Secondo alcuni la scarsa penetrazione delle polizze tra i privati cittadini “sarebbe frutto di una vera e propria disaster syndrome dovuta sia a distorsioni dal lato della domanda che ad una insufficiente offerta”[29] e anche a problemi di regolamentazione.

Secondo un recente studio pubblicato nel giugno 2011 da ANIA, Guy Carpenter e CONSAP[30], in Italia, secondo l’ISTAT, «le unità abitative sono circa 27 milioni per un valore di ricostruzione stimabile intorno ai 3.900 miliardi di euro. Il danno medio annuo stimato a tale patrimonio da eventi sismici e alluvionali ammonta a circa 2,8 miliardi di euro che corrisponde a pressappoco 73 euro per unità abitativa dal valore di ricostruzione di 100.000 euro. Con una elevata probabilità, pari al 99,5%, il danno annuo al patrimonio abitativo non eccede i 34 miliardi di euro, pertanto un sistema assicurativo che disponesse di tale capacità risulterebbe detenere i requisiti di solvibilità fissati dalla normativa europea denominata Solvency II che entrerà in vigore dal 2012. Da notare che l’applicazione di franchigie e scoperti alle eventuali coperture assicurative permetterebbe di ridurre l’entità dei risarcimenti, concentrandoli solo sugli eventi più gravi, e conseguentemente di ridurre anche la capacità necessaria al sistema. Il mercato delle coperture assicurative contro le catastrofi naturali per le abitazioni civili in Italia non è ancora decollato per carenze sia di domanda che di offerta. Per quanto riguarda la domanda i finanziamenti ex-post a seguito delle catastrofi naturali hanno indotto i cittadini a ritenere, erroneamente, di aver diritto ad un risarcimento causando una scarsa propensione ad atti di prevenzione individuale. Inoltre, la sensibilità al tema è concentrata nelle aree a più alto rischio il che rende la scarsa domanda altamente “anti-selezionata”. Dal punto di vista dell’offerta l’elevata rischiosità del territorio italiano rende tali coperture impegnative dal punto di vista del capitale da allocare, inoltre la difficoltà di raggiungere una massa critica non concentrata esclusivamente nelle zone ad alto rischio ha scoraggiato iniziative massive di commercializzazione di questa tipologia di polizze. Per tale motivo nel recente passato si è discusso sull’introduzione dell’obbligatorietà dell’assicurazione contro le catastrofi naturali o di una estensione obbligatoria a questi eventi per le coperture incendio».

Esperienze straniere[31]

Nei paesi particolarmente esposti al rischio del verificarsi di calamità naturali (quali terremoto, alluvioni, inondazioni, eruzioni vulcaniche e frane) il settore assicurativo viene molto spesso chiamato a svolgere un ruolo di ausilio dell’intervento indennitario dello Stato, il che ha portato alla nascita e al consolidarsi di sistemi di intervento misti pubblico-privati per il risarcimento dei danni. Non mancano però casi (come la Gran Bretagna) dove il sistema è totalmente privato, volontario, senza alcun intervento pubblico.

Esaminando l’esperienza dei principali Paesi europei, si possono individuare sistemi assicurativi caratterizzati o meno dall’obbligatorietà, da un certo ruolo dello Stato nel fornire le garanzie, da una certa tipologia di danni coperti, come sintetizza la tabella seguente[32]:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le tabelle seguenti mettono a confronto il citato testo vigente del comma 202, il testo dell’art. 52 del disegno di legge finanziaria 2007 ed il testo del decreto-legge.

 

Art. 1, comma 202, L. 311/2004

Art. 2 D.L. 59/2012

202. Al fine di consentire l'avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati (privati) a qualunque uso destinati,

1. Al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati,

attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato, e di sostenere il Consorzio o l'unione di assicurazioni destinato a coprire i danni derivanti da calamità naturali, è istituito un apposito Fondo di garanzia la cui gestione è affidata alla Concessionaria di servizi assicurativi pubblici (CONSAP Spa). Per le predette finalità è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2005. Con apposito regolamento emanato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, che si esprimono entro trenta giorni, e acquisito successivamente il parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema, è costituita la Compagnia di riassicurazioni di cui al primo periodo e sono definite le forme, le condizioni e le modalità di attuazione del predetto Fondo, nonché le misure volte ad incentivare lo sviluppo delle coperture assicurative in questione, in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e prevedendo l'esclusione dell'intervento del Fondo per i danni prodotti dalle calamità naturali a fabbricati abusivi, ivi compresi i fabbricati abusivi per i quali, pur essendo stata presentata la domanda di definizione dell'illecito edilizio, non sono stati corrisposti interamente l'oblazione e gli oneri accessori.

 

 

 

Art. 52 ddl finanziaria 2007

 

Tale articolo, soppresso nel corso dell’esame parlamentare, prevedeva una novella al comma 202 (indicata tra parentesi e carattere barrato nel testo sopra) e l’inserimento del seguente comma aggiuntivo all’art. 1 della L. 311/2004:

«202-bis. Per l'attuazione del sistema assicurativo di cui al comma 202

 

ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione o ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal presente comma, ricomprendono anche i rischi derivanti da calamità naturali.

ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, possono essere estese ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati.

 

Per favorire altresì la diffusione di apposite coperture assicurative contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali, i premi relativi all’assicurazione per danni, per la quota relativa alle calamità naturali, ovvero relativi a contratti di assicurazione appositamente stipulati a copertura dei rischi di danni diretti da calamità naturali ai fabbricati di proprietà di privati a qualunque uso destinati, sono disciplinati con il regolamento di cui al comma 2.

Con regolamento emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), sono disciplinate le modalità e i termini di attuazione del presente comma, nonché le modalità e i termini della estensione della citata copertura assicurativa, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data».

2. Con regolamento emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), che si esprimono entro trenta giorni, sono definiti modalità e termini per l’attuazione del comma 1 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,

anche sulla base dei seguenti criteri:

a) estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno;

b) esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati;

c) incentivazioni di natura fiscale nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all’imposta sul premio di assicurazione ovvero la deducibilità, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell’assicurato;

d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

 

3. Al fine della predisposizione del regolamento di cui al comma 2, il Dipartimento del protezione civile provvede ad acquisire e trasmettere ai Ministeri concertanti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ogni elemento necessario per la valutazione degli effetti derivanti dall’introduzione del regime assicurativo di cui al comma 1, in particolare:

a) mappatura del territorio per grado di rischio;

b) stima della platea dei soggetti interessati;

c) dati percentuali sull’entità dei contributi pubblici finora concessi in caso di stato di emergenza;

d) simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa.

 

Finalità e contenuto dispositivo

Il comma 1 dell’art. 2 enuncia, in primo luogo, le finalità della norma, la quale si propone di:

§         consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati;

§         garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali.

 

Per le finalità indicate, viene prevista la possibilità di estendere ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati.

 

Regolamento

Il comma 2 prevede l’emanazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, di un regolamento di delegificazione volto alla definizione di modalità e termini per l’attuazione del comma 1 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Lo stesso comma detta i seguenti criteri per l’emanazione del decreto:

a) estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno;

b) esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati;

c) incentivazioni di natura fiscale nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all’imposta sul premio di assicurazione ovvero o la deducibilità, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell’assicurato;

d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un coordinamento della disposizione in esame con la normativa vigente. Tale coordinamento appare opportuno in quanto la norma rinvia la definizione della disciplina attuativa a un regolamento di delegificazione che, oltre a determinare le norme regolatrici della materia, dovrebbe disporre l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

Sarebbe, altresì, opportuno un approfondimento sulla definizione dei criteri di cui al comma 2, che sono formulati in modo generico, e sullo strumento prescelto (regolamento di delegificazione) per la loro attuazione.

 

In particolare, la  lettera c) dispone che, tra i criteri di attuazione della disciplina in esame, la norma di rango secondario preveda anche incentivazioni fiscali, sia mediante regimi agevolativi all’imposta sul premio di assicurazione, sia mediante la previsione della deducibilità - anche parziale.- dei premi dalle imposte sui redditi.

La disposizione in esame prescrive che, comunque, sia rispettato il principio dell’invarianza di gettito.

 

In merito si osserva che andrebbero forniti chiarimenti sulla natura e sulle modalità di introduzione delle suddette incentivazioni fiscali, attesa la necessità  del rispetto dell’invarianza di gettito: ciò in rapporto alla possibile erosione di base imponibile, eventualmente conseguente all’introduzione di agevolazioni quali la predetta deducibilità dei premi assicurativi dalle imposte sui redditi. Occorrerebbe dunque chiarire se con la disciplina in commento non si intenda piuttosto attuare una rimodulazione degli attuali incentivi, ovvero introdurre misure di semplificazione per i contribuenti, al fine di mantenere invariato il gettito derivante dalle forme di prelievo correlate alle assicurazioni private.

 

Si rammenta che l’ordinamento fiscale prevede già, per alcune tipologie di polizze assicurative, la detraibilità o la deducibilità del premio dalle imposte sui redditi (ad es. premi relativi ad assicurazioni sulla vita o sugli infortuni, in presenza di specifiche condizioni di legge).

 

L’imposta sulle assicurazioni è disciplinata dalla legge 29 ottobre 1961, n. 1216 e colpisce le assicurazioni private (diverse da quelle sulla vita, di capitalizzazione e dalle rendite vitalizie, che sono soggette a prelievo se stipulate prima del 2001) stipulate nello Stato da assicuratori nazionali o esteri con contraenti domiciliati o aventi sede in Italia, nonché le assicurazioni stipulate all’estero da persone fisiche (o giuridiche) con domicilio (o sede) in Italia.

L’imposta (articolo 4) è dovuta proporzionalmente all’importo del premio assicurativo, compresi tutti gli accessori, per ciascun pagamento di esso; l’aliquota varia (dal 2,5 per cento al 21,25 per cento) sulla base del tipo di assicurazioni, con specifici casi di esenzione o riduzione. L’imposta diviene applicabile a misura che sia pagato o altrimenti soddisfatto il premio ed è dovuta ancorché questo, per qualsiasi causa, venga in tutto o in parte restituito dall'assicuratore.

L’impresa di assicurazione deve tenere un registro (articolo 4 della l. n. 1216/1961) nel quale indicare le somme pagate per premi ed accessori, per ciascun mese solare.

Ai sensi del successivo articolo 9 della l. n. 1216/1961, il versamento avviene entro il mese solare successivo a quello di incasso, con gli conguagli sul secondo mese precedente. Per i premi ed accessori incassati nel mese di novembre, nonché per gli eventuali conguagli relativi al mese di ottobre, l'imposta deve essere versata entro il 20 dicembre successivo. I versamenti così effettuati vengono scomputati nella liquidazione definitiva.

Per effetto dell’anticipazione prevista dall’articolo 5, comma 3, del D.L. n. 16/2012, entro il 16 maggio di ogni anno gli assicuratori sono tenuti a versare un acconto dell’imposta, in misura proporzionale a quanto dovuto per l'anno precedente, provvisoriamente determinata, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. E’ possibile, per esigenze di liquidità, scomputare l'acconto dai versamenti mensili a partire dal mese di febbraio. L’articolo 82, comma 10 del D.L. 112/2008 ha elevato al 14 per cento per l’anno 2008, al 30 per cento per il 2009 e al 40 per cento per gli anni successivi la percentuale della somma da versare annualmente a titolo acconto dell’imposta.

Inoltre, è fatto obbligo ai soggetti passivi di denunciare entro il 31 maggio l'ammontare complessivo dei premi ed accessori incassati nell'esercizio annuale scaduto, su cui è dovuta l'imposta, distinti per categorie di assicurazioni, secondo le risultanze del registro medesimo. Sulla base della denuncia l’Amministrazione finanziaria procede entro il 15 giugno alla liquidazione definitiva dell'imposta dovuta per l'anno precedente. Per l’anno 2012, il termine della denuncia è stato prorogato al 2 luglio dal D.P.C.M. del 26 aprile 2012.

In ordine all’imposta sulle assicurazioni RC auto, si rammenta che il D.Lgs. n. 68/2011 in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, ha disposto che dal 2012 l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisca tributo proprio derivato delle province; le stesse, a decorrere dall’anno 2011, possano aumentare o diminuire l’aliquota in misura non superiore a 3,5 punti percentuali.

La norma ha affidato a un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate l’approvazione del nuovo modello di denuncia sulle assicurazioni e l’obbligatoria segnalazione degli importi annualmente versati alle province, distinti per contratto ed ente di destinazione. In attuazione di tale norma, l’Agenzia ha emanato il Provv. n. 178484 /2011.

 

L’ultimo periodo del comma 1 prevede, inoltre, al fine di favorire la diffusione di apposite coperture assicurative contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali, che il regolamento di cui al comma 2 provveda a disciplinare i premi relativi all’assicurazione per danni, per la quota relativa alle calamità naturali, ovvero relativi a contratti di assicurazione appositamente stipulati a copertura dei rischi di danni diretti da calamità naturali ai fabbricati di proprietà di privati a qualunque uso destinati.

 

Norme procedurali per l’emanazione del regolamento

Il comma 2 disciplina le modalità procedurali da seguire per l’emanazione del regolamento, che dovrà avvenire su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), che si esprimono entro 30 giorni.

Al fine della predisposizione del regolamento, il comma 3 prevede che il Dipartimento del protezione civile provveda all’acquisizione e trasmissione ai Ministeri concertanti, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, di ogni elemento necessario per la valutazione degli effetti derivanti dall’introduzione del regime assicurativo di cui al comma 1, in particolare:

a) mappatura del territorio per grado di rischio;

b) stima della platea dei soggetti interessati;

c) dati percentuali sull’entità dei contributi pubblici finora concessi in caso di stato di emergenza;

d) simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa.

 

 

 


Articolo 3, commi 1 e 2
(Grandi eventi e gestioni commissariali in corso).

1. Restano fermi gli effetti delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007 e 6 ottobre 2011, ivi inclusi quelli, rispettivamente:

a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'11 settembre 2007, e delle conseguenti ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2007, n. 3623 e 19 gennaio 2010, n. 3840, pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 246 del 22 ottobre 2007, e n. 21 del 27 gennaio 2010;

b) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 237 dell'11 ottobre 2011.

2. I commissari delegati, di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio 10 gennaio 2012, n. 3994, e all'ordinanza del Presidente del Consiglio 8 febbraio 2012, n. 4001, sono autorizzati, per ulteriori sei mesi, a continuare la gestione operativa della contabilità speciale, appositamente aperta, ai soli fini dei pagamenti riferiti ad attività concluse o in via di completamento, per la realizzazione, rispettivamente, del Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema e dei congressi del Lido di Venezia, avvalendosi, per lo svolgimento di tali attività, rispettivamente, del comune di Firenze e del comune di Venezia, senza nuovi e maggiori oneri. Le gestioni commissariali che operano, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e per la durata massima di trenta giorni; per la prosecuzione dei relativi interventi trova applicazione l'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della predetta legge n. 225 del 1992, sentite le amministrazioni locali interessate.

Sintesi ed effetti

Le disposizioni recate dai commi 1 e 2:

§         fanno salvi gli effetti delle dichiarazioni di “grandi eventi” per l’Expo 2015 e il Forum delle famiglie del 2012 di Milano;

§         prevedono che le gestioni commissariali in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge possono essere prorogate una sola volta e per la durata massima di trenta giorni;

§         ammettono limitate proroghe unicamente per le gestioni commissariali relative alla realizzazione del Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia.

Analisi normativa

Il comma 1 dispone che restano fermi gli effetti delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri del 30 agosto 2007 e del 6 ottobre 2011 concernenti rispettivamente la dichiarazione di «grande evento» dell’Expo 2015 e del VII incontro mondiale delle famiglie del 2012 (Forum delle famiglie), inclusi quelli:

a) del DPCM 30 agosto 2007 (G.U. dell’11 settembre 2007, n. 211) relativo al «grande evento» Expo 2015 di Milano e le conseguenti O.P.C.M. 18 ottobre 2007, n. 3623 (G. U. 22 ottobre 2007, n. 246) e O.P.C.M. 19 gennaio 2010, n. 3840 (G. U. 27 gennaio 2010, n. 21).

In relazione ai provvedimenti richiamati nella lettera a), si ricorda che l’Expo 2015 di Milano è stata dichiarata “grande evento” con il DPCM 30 agosto 2007, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 5, del DL n. 343/2001. Nelle premesse di tale DPCM la citata dichiarazione viene motivata, tra l’altro, alla luce della “particolare complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera, per la quale dovranno essere attuati interventi infrastrutturali e predisposte strutture ricettive adeguate o riconvertite le strutture esistenti, anche ai fini dell'accoglienza e dell'assistenza sanitaria”. Successivamente, con l’OPCM 18 ottobre 2007, n. 3623, si è provveduto, tra l’altro, alla nomina del sindaco del comune di Milano a Commissario delegato per la predisposizione degli interventi necessari alla migliore presentazione della candidatura della Città di Milano quale sede del grande evento «Expo 2015» e ne sono stati definiti i compiti. Con l’O.P.C.M. 19 gennaio 2010, n. 3840 il Commissario delegato è stato autorizzato ad avvalersi di ulteriori deroghe alla normativa ordinaria finalizzate, in particolare, alla realizzazione del programma delle opere pubbliche programmate dall'amministrazione comunale, nonché del Piano urbano parcheggi. Oltre alle ordinanze citate si segnala che sono state emanate le ordinanze n. 3900 e n. 3901 del 5 ottobre 2010 per la realizzazione delle opere necessarie all’Expo 2015. Si ricorda, inoltre, che sono stati adottati ulteriori D.P.C.M. tra i quali si segnala quello del 5 agosto 2011 con il quale sono stati nominati, fino al 31 dicembre 2016, Giuliano Pisapia Commissario straordinario del Governo e  Roberto Formigoni Commissario generale per la realizzazione dell'Expo 2015; l'art. 2 del citato decreto ha, quindi, provveduto e definirne le rispettive attribuzioni [33].

 

b) del DPCM 6 ottobre 2011 (G. U. 11 ottobre 2011, n. 237) relativo alla dichiarazione di «grande evento» in occasione del VII incontro mondiale delle famiglie che si terrà nella città di Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012.

 

In merito ai provvedimenti riportati alla lettera b) si ricorda che con DPCM 6 ottobre 2011 il VII incontro mondiale delle famiglie è stato dichiarato“grande evento” considerato che, per tale evento, si impone la necessità di individuare, definire ed attuare misure organizzative di carattere straordinario sotto il profilo della mobilità, della ricezione alberghiera, dell'accoglienza e della assistenza sanitaria e di quanto occorra a garantire la più ampia ed ordinata partecipazione di fedeli provenienti dall'Italia e dal mondo. Successivamente è stata emanata anche l’O.P.C.M. 17 gennaio 2012, n. 3997 (G.U. 16 marzo 2012, n. 64) con la quale sono state individuate misure organizzative volte a garantire il coordinamento delle iniziative dirette all'organizzazione del «grande evento».

 

Sarebbe opportuno un chiarimento in ordine alla portata normativa della salvaguardia stabilita dalla disposizione in esame che, con riferimento ai grandi eventi citati, fa riferimento solo ad alcune ordinanze espressamente menzionate.

 

Le norme del comma 1 fanno salvi, pertanto, unicamente gli effetti delle dichiarazioni di “grande evento” dell’Expo e del Forum delle famiglie in quanto, come ricordato anche nella relazione illustrativa, l’articolo 40-bisdel decreto legge n. 1/2012 [34], ha abrogato il comma 5 dell’art. 5-bis del D.L. 343/2001, che consentiva al Dipartimento della Protezione civile di utilizzare i poteri previsti dall’art. 5 della L. 225/1992 (vale a dire poteri di ordinanza in deroga alle leggi vigenti e nomina di commissari delegati) anche con riferimento ai “grandi eventi” rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

 

Il comma 2, primo periodo, autorizza, per ulteriori sei mesi, la gestione operativa della contabilità speciale di alcuni commissari delegati.

Si tratta dei commissari delegati di cui all’O.P.C.M. 10 gennaio 2012, n. 3994, recante “Ulteriori disposizioni per lo svolgimento del grande evento relativo al 150° Anniversario dell'Unità d'Italia. Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze” ed all’O.P.C.M. 8 febbraio 2012, n. 4001 recante “Ulteriori disposizioni per il completamento del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia”.

 

Con O.P.C.M. 10 gennaio 2012, n. 3994 il Commissario delegato è stato autorizzato a provvedere, entro il 31 dicembre 2012, in regime ordinario, al completamento delle attività avviate per la realizzazione del nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e agli interventi ad esso correlati. Con l’O.P.C.M. 8 febbraio 2012, n. 4001, sono state adottate ulteriori disposizioni per il completamento del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia e per il rientro nell'ordinario delle attività commissariali. Anche in tal caso il Commissario delegato è stato autorizzato a definire, entro il 31 dicembre 2012, le iniziative necessarie per portare a termine la realizzazione del Nuovo Palazzo del Cinema ed a completare il trasferimento alle amministrazioni ed enti competenti in via ordinaria le incombenze necessarie ad assicurare il buon esito delle iniziative approvate nell'ambito dell'azione commissariale.

 

Tali commissari vengono, pertanto, autorizzati, per ulteriori sei mesi, a continuare la gestione operativa della contabilità speciale, appositamente aperta, ma ai soli fini dei pagamenti riferiti ad attività concluse o in via di completamento, per la realizzazione del Nuovo Auditorium di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema del Lido di Venezia, avvalendosi, per lo svolgimento di tali attività dei rispettivi comuni di Firenze e di Venezia, senza nuovi e maggiori oneri.

 

L’ultimo periodo del comma 2 dispone che le gestioni commissariali che operano, ai sensi della legge n. 225 del 1992, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e per la durata massima di 30 giorni.

Per la prosecuzione dei relativi interventi si applicano, quindi, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 5 della legge n. 225 del 1992, come introdotti dal decreto in esame, sentite le amministrazioni locali interessate. Conseguentemente, con apposite ordinanze dovranno essere individuate le amministrazioni che subentreranno, con poteri ordinari, alle attuali gestioni commissariali.

 

Si rammenta infine che attualmente risultano dichiarati e prorogati circa 60 stati di emergenza, che includono una serie di diverse tipologie quali: dissesti idrogeologici; eventi meteorologici e alluvioni; eventi sismici; vulnerabilità sismica; rischio vulcanico; emergenza ambientale; emergenza traffico e mobilità ed altre emergenze[35].

 

 

 


Articolo 3, comma 3
(Completamento degli interventi dei commissari per l’emergenza nomadi).

3. Per il necessario completamento funzionale degli interventi già programmati, le somme non ancora impegnate, alla data di notificazione della sentenza del Consiglio di Stato numero 6050 del 2011, dai Commissari delegati di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008, n. 3676, 3677 e 3678, pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 127 del 31 maggio 2008, nonché alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1o giugno 2009, n. 3776 e 3777, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 129 del 6 giugno 2009, sulle contabilità speciali intestate ai funzionari delegati medesimi, sono versate al capitolo 3560 – «Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero dell'interno» per essere riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno.

Sintesi ed effetti

Il comma 3 riassegna al Ministero dell’interno le somme non ancora impegnate dai commissari per l’emergenza nomadi nominati tra il 2008 e il 2009. La disposizione sblocca i fondi ancora nella disponibilità dei commissari, la cui nomina è stato giudicata illegittima dal Consiglio di Stato e consente il proseguimento degli interventi già programmati.

Analisi normativa

Il comma 3 prevede la riassegnazione delle somme non ancora impegnate dai commissari delegati perl’emergenza nomadi. Si tratta dei commissari nominati in virtù dello stato di emergenza dichiarato in alcune regioni del territorio nazionale con il decreto del Presidente del Consiglio del 21 maggio 2088. Tale provvedimento è stato giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato (sent. 6050/2011) con la conseguenza che è venuta meno anche la legittimità della nomina dei commissari delegati.

La disposizione in commento provvede in ordine alla destinazione delle risorse economiche ancora presenti nelle contabilità speciali dei commissari e non ancora impegnate alla data di notificazione della sentenza del Consiglio di Stato, stabilendo che queste siano riassegnate al Ministero dell’interno e destinandole al “necessario completamento funzionale degli interventi già programmati”. A tal fine, le somme vengono versate al capitolo 3560 – “Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero dell’interno” per essere poi riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del medesimo dicastero.

Come chiarito dalla relazione tecnica al disegno di legge in esame, le somme sono destinate a taluni interventi già programmati per l’emergenza nomadi e la riassegnazione è fatta al Ministero dell’interno, competente in via ordinaria per i medesimi interventi. Si tratta, come evidenziato nella stessa relazione tecnica, di una prima attuazione del procedimento di rientro delle situazioni di emergenza nel regime ordinario definito per la prima volta dal disegno di legge in esame, per il quale si rinvia alla scheda relativa (art. 1, comma 4, che introduce, tra l’altro, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della legge 225/1992).

Tuttavia, si rileva che quanto disposto al comma in esame differisce in parte da quel procedimento. Innanzitutto, l’atto di conclusione dello stato di emergenza, ai sensi del nuovo comma 4-ter, è una nuova ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell’amministrazione competente, mentre, nel caso dell’emergenza nomadi, il rientro è disposto direttamente con norma legislativa di rango primario. Inoltre, il comma 4-quater, prevede la possibilità, nel caso di prosecuzione degli interventi anche dopo la conclusione dell’emergenza, di individuare il soggetto responsabile cui intestare la contabilità speciale e l’indicazione di un tempo determinato per il completamento degli interventi. Nel caso in esame non si è provveduto né all’individuazione del soggetto responsabile, né alla determinazione del limite di tempo. Viene, invece, osservata la procedura contabile introdotta dal comma 4-quater che prevede prima il versamento delle somme all’entrata dello Stato (in questo caso al capitolo di entrata dell’Interno) e poi la successiva rassegnazione (ossia ai capitoli “pertinenti” sempre del medesimo ministero).

La relazione tecnica sottolinea la neutralità finanziaria della norma, ma non reca indicazione circa l’ammontare delle somme da riassegnare, né della natura degli interventi già programmati.

Alla data della pronuncia del Consiglio di Stato (novembre 2011) i saldi delle contabilità speciali interessate ammontavano nel complesso a circa 53,146 milioni di euro: attualmente esse sono pari a circa 51,190 milioni di cui 16,7 presso la prefettura di Napoli, 12 Milano, 11,64 Roma, 5,2 Torino e 5,6 Venezia (fonte: Ragioneria generale dello Stato).

 

Ad inizio legislatura, il Governo pro tempore ha approvato una serie di misure legislative in materia di sicurezza (il cosiddetto pacchetto sicurezza) dove ampio spazio è dedicato alle disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio. Si tratta di un insieme articolato di provvedimenti, tra cui un decreto-legge (D.L. 92/2008 conv. L. 125/2008), due disegni di legge, entrambi poi approvati (legge 94/2009 e legge 85/2009), alcuni schemi di decreto legislativo e un decreto del Presidente del Consiglio (DPCM 21 maggio 2008) recante dichiarazione di stato di emergenza volta a fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati.

Secondo tale provvedimento, lo stato di emergenza è originato dalla “situazione di estrema criticità determinatasi” […] “a causa della presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi” insediatisi nelle aree urbane. Tali “insediamenti, a causa della loro estrema precarietà, hanno determinato una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali”.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 225/1992, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, può deliberare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c): calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

 

Lo stato di emergenza, la cui scadenza era inizialmente fissata al 31 maggio 2009, è stato prima prorogato fino al dicembre 2010 ed esteso anche a Piemonte e Veneto[36], poi prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2011[37].

La dichiarazione dello stato di emergenza in Campania, in Lombardia e nel Lazio ha consentito di nominare i prefetti di Napoli, Milano e Roma commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza con ordinanze di protezione civile n. 3676, 3677 e 3678 del 30 maggio 2008 del Presidente del Consiglio dei Ministri. A seguito dell’estensione dell’emergenza anche a Piemonte e Vento, i prefetti di Torino e Venezia sono stati nominati commissari delegati per le rispettive regioni (O.P.C.M n. 3776 e 3777 del 1° giugno 2009).

Nel 2011 il Consiglio di Stato ha dichiarato l’illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza in mancanza dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria. Sono stati dichiarati illegittimi anche gli atti adottati in attuazione del predetto DPCM e in primo luogo le ordinanze del Presidente del Consiglio del 30 maggio 2008 di nomina dei Commissari delegati per l’emergenza (Consiglio di Stato, sez. IV, sen. 16 novembre 2011, n. 6050). In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto che né dal testo del DPCM 28 maggio 2008, né dai suoi atti prodromici e preparatori è dato ricavare elementi certi e obiettivi nel senso dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria, quanto meno nei termini e nelle dimensioni che ne giustifichino un inquadramento nella previsione di cui alla lettera c) dell’art. 2, L. n. 225 del 1992 (ossia la presenza di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari). In ogni caso, non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un “rapporto di causa-effetto fra la presenza sul territorio di insediamenti nomadi e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate.

Nel febbraio 2012 il Governo ha presentato ricorso contro la sentenza del Consiglio di Stato, e Il 9 maggio, il Consiglio di Stato ha adottato una ordinanza che sospende in parte degli effetti delle precedenti decisioni del tribunale amministrativo che ne dichiarava l’illegittimità. Si tratta di una misura cautelare volta a portare a compimento esclusivamente le procedure in itinere, in modo da non esporre le amministrazioni interessate alle “gravi conseguenze, non solo patrimoniali che deriverebbero da un’interruzione delle attività avviate in esecuzione degli atti oggetto di impugnazione e di annullamento” (Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 9 maggio 2012, n. 1760).

 

Il 28 febbraio 2012 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha presentato la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti (http://www.cooperazioneintegrazione.gov.it/media/6633/strategia_italiana_rom.pdf). Il piano attua la comunicazione della Commissione europea del 5 aprile 2011 “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020” (si veda il paragrafo Attività delle istituzioni dell’Unione europea) nella quale sollecita gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive sui rispettivi territori e tenendo conto dei loro diversi punti di partenza, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom.

La Strategia nazionale prevede, tra l’altro, l’attivazione, mediante la riprogrammazione e l’utilizzo delle risorse provenienti dalla emergenza commissariale connessa agli insediamenti delle comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto e ad oggi ancora non impegnate, di appositi Piani locali per l’inclusione sociale delle comunità Rom Sinti e Camminanti, che individuino nuovi interventi di inclusione da programmare e realizzare sperimentalmente, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi e all’applicazione di contenuti, modelli e strumenti di governance e capacity building della Strategia stessa, anche al fine di validarne l’approccio metodologico, da estendere e replicare in altre aree di prioritario intervento nelle successive annualità (2014-2020) (pag. 35);

 

Tra gli interventi previsti dalle ordinanze di protezione civile del 2008-2009, si ricordano il monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi; l’individuazione e sgombero degli insediamenti abusivi; l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi attraverso rilievi segnaletici. A tali fini ciascuna ordinanza assegna alle contabilità speciali di ogni commissario la somma di 1 milione di euro. Come stabilito dalla OPCM 1 aprile 2009, n. 3751, alle contabilità speciali dei commissari, affluiscono inoltre le risorse finanziarie rese disponibili da regioni ed enti locali, e parte di quelle del fondo sicurezza urbana istituito dal decreto legge 112/2008 (conv. L. 133/2008) art. 61, co. 18. Si tratta di un fondo istituito per l’anno 2009 nello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione di 100 milioni di euro, per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra il Ministero dell’interno ed i comuni interessati, delle iniziative urgenti occorrenti.

Mentre la fase dell’emergenza e del censimento si svolge a livello di competenza dello Stato, che ha stanziato 60 milioni per realizzarla, la seconda fase, di sistemazione degli aventi diritto, appartiene alla competenza degli enti locali e su di essa il governo svolge un'attività di monitoraggio[38].

Per l’attuazione e delle ordinanze sono state emanate dal Ministro dell’interno, il 23 luglio 2008, specifiche linee guida, nelle quali si afferma che le ordinanze sono finalizzate a rimuovere le situazioni di degrado esistenti nei campi e a promuovere condizioni di vivibilità nella legalità per le comunità nomadi, consentendo l'accesso ai servizi di carattere sociale, assistenziale, sanitario e scolastico, soprattutto per i minori, maggiormente esposti a rischi di abuso e di sfruttamento. I principi fondamentali e le modalità da seguire nell'identificazione di chi risiede nei campi nomadi tengono conto delle indicazioni e delle raccomandazioni formulate dal Garante per la protezione dei dati personali.

Sulla base delle suddette ordinanze si è preceduto all’identificazione delle persone residenti nei campi attraverso un censimento che, per Roma, Milano e Napoli, ha portato, nell’ottobre del 2008, all’individuazione complessiva di 167 accampamenti, di cui 124 abusivi e 43 autorizzati, ed è stata registrata la presenza di 12.346 persone, tra le quali 5.436 minori[39].  Successivamente, come chiarito dal Ministro dell’interno in sede di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati il 22 settembre 2010, il censimento ha portato all'individuazione di 361 campi abusivi abitati da 16.355 persone, per 2.657 delle quali, prive dei requisiti di permanenza in Italia, sono stati adottati provvedimenti di allontanamento[40].

 

L’emanazione delle ordinanze sopra illustrate ha aperto un pubblico dibattito, ampiamente diffuso dai mezzi di comunicazione, incentrato soprattutto sulle deroghe che tali provvedimenti consentivano a numerose disposizioni attinenti a temi relativi a prerogative costituzionali.

In tale dibattito anche il Parlamento italiano si è posto come interlocutore del Governo.

Infatti, le misure contenute nelle ordinanze venivano esposte dal Ministro dell’Interno alla Commissione affari costituzionali del Senato il 25 giugno 2008, precisando che oggetto dell’intervento non era un’emergenza relativa ad un’etnia, ma l’emergenza dei campi nomadi, così che l’identificazione non avrebbe riguardato solo un’etnia, ma tutti i residenti nei campi;  lo stesso Ministro, nel question time svolto alla Camera dei deputati il 2 luglio 2008, precisava che con le suddette ordinanze era stato chiesto ai prefetti di effettuare non una schedatura, ma un censimento degli abitanti dei campi,  prelevando le impronte digitali di coloro che vi risiedessero, compresi i minori.

Sulla vicenda interveniva anche una risoluzione del 10 luglio 2008 del Parlamento europeo, con la quale si riteneva che la raccolta e l’utilizzazione delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori, costituiva “chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e sull’origine etnica, vietato dall’art. 14 CEDU, e per di più un atto di discriminazione tra cittadini dell’Unione europea di origine rom e gli altri cittadini, ai quali non viene richiesto di sottoporsi a tali procedure.” La risoluzione invitava la Commissione europea – che si era già espressa sulla questione con un avviso preliminare secondo il quale l’accaduto costituiva violazione del divieto di discriminazione diretta e indiretta stabilito dalla direttiva 200/43/CE e dagli artt. 12, 13 e da 17 a 22 del Trattato CE -  ad esaminare attentamente le misure adottate dall’Italia.

Il 17 luglio venivano diffuse le “Linee guida” del Ministero dell’Interno per l’attuazione delle citate ordinanze, in cui si precisava che le operazioni di identificazione non dovevano riguardare specifici gruppi di etnie, ma tutti coloro che risultassero presenti negli insediamenti e che i Commissari avrebbero dovuto proceder in modo da escludere effetti che potessero essere considerati direttamente o indirettamente discriminatori. Inoltre, l’attività di censimento doveva essere considerata strumentale al raggiungimento delle finalità sociali assistenziali e di integrazione. Quanto ai dati raccolti si precisava che di essi non dovesse essere realizzato alcun data base e che i rilievi dattiloscopici dovessero avvenire nel rispetto della normativa vigente. Per i minori si specificava che l’acquisizione delle impronte digitali riguardava i soggetti maggiori di 14 anni, salva diversa identificazione se possibile. Per i minori di tale età, ma maggiori di 6 anni, le impronte potevano essere acquisite solo ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, ove richiesto dagli esercenti la potestà, secondo quanto previsto dal regolamento UE n.380/2008, ovvero, se necessario, attraverso il raccordo con la competente Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori e a mezzo della Polizia giudiziaria. Al di sotto di tale fascia di età, i rilievi dattiloscopici avrebbero potuto essere disposti, d’intesa con la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori, solamente in casi eccezionali, da parte della Polizia giudiziaria, nei confronti dei minori in stato d’abbandono o per i quali vi fosse sospetto di essere vittima di reati.

Nel frattempo, nei giorni 18 e 19 luglio 2008, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammerberg, effettuava una visita in Italia, della quale redigeva un rapporto in cui si evidenziava che la popolazione rom stanziata in Italia richiedeva effettiva protezione dei diritti umani e che l’adozione dello stato di emergenza e il conferimento di poteri speciali a commissari straordinari poteva non risultare la soluzione migliore. Il rapporto rilevava la non perfetta trasposizione delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE con i D.Lgs. nn. 215 e 216 del 2003, ma anche l’adozione di iniziative governative di contrasto alla discriminazione dei rom con la costituzione ad opera del medesimo D.Lgs. n. 215 del 2003, dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR).

Il Governo inviava quindi alla Commissione europea un rapporto sulle modalità dei censimenti nei campi nomadi presenti in Lombardia, Lazio e Campania, corredato dai rapporti inviati dai prefetti nominati commissari straordinari per l'emergenza rom nelle tre Regioni, dalle linee guida diramate agli stessi prefetti, da una lettera della Croce Rossa e una nota dell'Unicef e dalla lettera con cui il Garante per la protezione dei dati personali approva le linee guida[41].

La Commissione ha comunicato i risultati dell’analisi dei documenti inviati giudicando le misure adottate dall'Italia per fare fronte all'emergenza dei campi nomadi illegali non discriminatorie e quindi in linea con il diritto comunitario[42].

Le citate Linee guida sono state oggetto di un intervento del 16 settembre 2008 del Commissario alla giustizia UE, Jacques Barrot, in cui si prospettava la possibile apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia in caso di inadempimento di quanto da esse prescritto.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

Il 5 aprile 2011 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020”,[43] nella  il quale ha sollecitato  gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive nei  rispettivi territori, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom e a sostenere i seguenti obiettivi:

a) accesso a un'istruzione di qualità, compresa la scuola della prima infanzia, nonché all'istruzione primaria, secondaria e superiore, con particolare riferimento all'eliminazione dell'eventuale segregazione a scuola, alla prevenzione dell'abbandono scolastico e alla riuscita della transizione dalla scuola all'occupazione;

b) accesso all'occupazione, con particolare riferimento a un accesso non discriminatorio al mercato del lavoro, nonché politiche attive del mercato del lavoro, programmi per tale mercato, istruzione e formazione professionale per gli adulti e sostegno al lavoro autonomo;

c) accesso all'assistenza sanitaria, con particolare riferimento all'assistenza sanitaria di qualità, comprese l'assistenza sanitaria preventiva e l'educazione alla salute;

d) accesso agli alloggi, con particolare riferimento alle case popolari e alla necessità di promuovere la desegregazione abitativa, con pieno ricorso ai finanziamenti recentemente messi a disposizione nel contesto del Fondo europeo di sviluppo regionale

La Comunicazione della Commissione europea, approvata dal Consiglio  giustizia e affari interni del 19 maggio 2011, parte dalla constatazione che molti dei 10-12 milioni di Rom che abitano, in Europa affrontano nella loro vita quotidiana pregiudizi, intolleranza, discriminazione ed esclusione sociale. La Commissione sottolinea che gli Stati membri devono garantire che i Rom non siano discriminati, bensì trattati come ogni altro cittadino dell'UE, con pari accesso a tutti i diritti fondamentali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La comunicazione collega inoltre il tema della integrazione dei Rom agli obiettivi della strategia Europa 2020,quali, la. lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, l’ aumento dei livelli di occupazione, la riduzione dell’abbandono scolastico e l’aumento del tasso di istruzione superiore.

La comunicazione della Commissione sottolinea che gli obiettivi nazionali di integrazione dei Rom devono essere stabiliti tenendo conto delle esigenze, dei vincoli e della varietà delle situazioni in ciascuno Stato membro. In ogni Stato membro, deve essere costituito un punto di contatto nazionale per eseguire il monitoraggio delle azioni.

Le fonti di finanziamento delle strategie nazionali potranno in particolare provenire dai bilanci nazionali, dai fondi strutturali (Fondo sociale europeo,  e al Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) o altri finanziamenti europei, quali lo strumento di microfinanza Progress (2007-2013), l’Iniziativa europea a favore dell’innovazione sociale (2014-2020) o da sovvenzioni internazionali.

Il 21 maggio 2012 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Strategie nazionali di integrazione dei Rom: un primo passo nell’attuazione del Quadro dell’UE (COM(2012)226)[44], contenente una prima valutazione delle strategie adottate dagli Stati membri.

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, la Commissione ritiene che la strategia nazionale adottata risponda pienamente agli obiettivi del quadro per quanto riguarda  le misure per migliorare l’assistenza sanitaria, per aumentare il livello di istruzione, per coinvolgere le autorità regionali e locali, nonché gli interventi volti a sostenere l’ impegno nel campo dei diritti dell’uomo e nella lotta alle discriminazioni. Un minore livello di rispondenza agli obiettivi è riscontrato nelle politiche di occupazione e in materia di alloggi, nonostante la comunicazioni rilevi la presenza di misure per favorire l’accesso al microcredito e migliorare l’accesso agli alloggi,  comprese le case popolari. 

Relativamente a tutte le strategia nazionali, la Commissione sottolinea che gli Stati membri dovrebbero ricorrere maggiormente ai fondi dell’UE ai fini dell’inclusione dei Rom, tenuto conto che  le comunità Rom svantaggiate beneficiano di una percentuale troppo bassa dei 26,5 miliardi di euro destinati a sostenere gli sforzi nazionali nel settore dell’inclusione sociale per il periodo 2007-2013.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

Il 5 aprile 2011 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020”,[45] nella  il quale ha sollecitato  gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive nei  rispettivi territori, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom e a sostenere i seguenti obiettivi:

a) accesso a un'istruzione di qualità, compresa la scuola della prima infanzia, nonché all'istruzione primaria, secondaria e superiore, con particolare riferimento all'eliminazione dell'eventuale segregazione a scuola, alla prevenzione dell'abbandono scolastico e alla riuscita della transizione dalla scuola all'occupazione;

b) accesso all'occupazione, con particolare riferimento a un accesso non discriminatorio al mercato del lavoro, nonché politiche attive del mercato del lavoro, programmi per tale mercato, istruzione e formazione professionale per gli adulti e sostegno al lavoro autonomo;

c) accesso all'assistenza sanitaria, con particolare riferimento all'assistenza sanitaria di qualità, comprese l'assistenza sanitaria preventiva e l'educazione alla salute;

d) accesso agli alloggi, con particolare riferimento alle case popolari e alla necessità di promuovere la desegregazione abitativa, con pieno ricorso ai finanziamenti recentemente messi a disposizione nel contesto del Fondo europeo di sviluppo regionale

La Comunicazione della Commissione europea, approvata dal Consiglio  giustizia e affari interni del 19 maggio 2011, parte dalla constatazione che molti dei 10-12 milioni di Rom che abitano, in Europa affrontano nella loro vita quotidiana pregiudizi, intolleranza, discriminazione ed esclusione sociale. La Commissione sottolinea che gli Stati membri devono garantire che i Rom non siano discriminati, bensì trattati come ogni altro cittadino dell'UE, con pari accesso a tutti i diritti fondamentali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La comunicazione collega inoltre il tema della integrazione dei Rom agli obiettivi della strategia Europa 2020,quali, la. lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, l’ aumento dei livelli di occupazione, la riduzione dell’abbandono scolastico e l’aumento del tasso di istruzione superiore.

La comunicazione della Commissione sottolinea che gli obiettivi nazionali di integrazione dei Rom devono essere stabiliti tenendo conto delle esigenze, dei vincoli e della varietà delle situazioni in ciascuno Stato membro. In ogni Stato membro, deve essere costituito un punto di contatto nazionale per eseguire il monitoraggio delle azioni.

Le fonti di finanziamento delle strategie nazionali potranno in particolare provenire dai bilanci nazionali, dai fondi strutturali (Fondo sociale europeo,  e al Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) o altri finanziamenti europei, quali lo strumento di microfinanza Progress (2007-2013), l’Iniziativa europea a favore dell’innovazione sociale (2014-2020) o da sovvenzioni internazionali.

Il 21 maggio 2012 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Strategie nazionali di integrazione dei Rom: un primo passo nell’attuazione del Quadro dell’UE (COM(2012)226)[46], contenente una prima valutazione delle strategie adottate dagli Stati membri.

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, la Commissione ritiene che la strategia nazionale adottata risponda pienamente agli obiettivi del quadro per quanto riguarda  le misure per migliorare l’assistenza sanitaria, per aumentare il livello di istruzione, per coinvolgere le autorità regionali e locali, nonché gli interventi volti a sostenere l’ impegno nel campo dei diritti dell’uomo e nella lotta alle discriminazioni. Un minore livello di rispondenza agli obiettivi è riscontrato nelle politiche di occupazione e in materia di alloggi, nonostante la comunicazioni rilevi la presenza di misure per favorire l’accesso al microcredito e migliorare l’accesso agli alloggi,  comprese le case popolari. 

Relativamente a tutte le strategia nazionali, la Commissione sottolinea che gli Stati membri dovrebbero ricorrere maggiormente ai fondi dell’UE ai fini dell’inclusione dei Rom, tenuto conto che  le comunità Rom svantaggiate beneficiano di una percentuale troppo bassa dei 26,5 miliardi di euro destinati a sostenere gli sforzi nazionali nel settore dell’inclusione sociale per il periodo 2007-2013.

 


Articolo 3, comma 4
(Acquisto del termovalorizzatore di Acerra).

4. Tenuto conto della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 16 febbraio 2012, adottata nella riunione del 14 febbraio 2012, ai sensi dell'articolo 61, comma 3, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e registrata dalla Corte dei conti in data 23 marzo 2012, di trasferimento alla regione Campania dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, e del conseguente decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di variazione del bilancio n. 17226 in data 14 marzo 2012, le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, necessarie per l'acquisto del predetto termovalorizzatore, pari a 355.550.240,84, di cui all'articolo 12, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, vengono trasferite direttamente alla società creditrice già proprietaria dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, a saldo di ogni sua pretesa, da parte del competente Dipartimento del Ministero dello sviluppo economico, con corrispondente riduzione dei limiti di spesa di cui al patto di stabilità della regione Campania, per la cui mera ricognizione è adottato apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. In considerazione del fatto che il trasferimento è effettuato per conto della regione Campania, per lo stesso, ai fini fiscali, resta fermo quanto previsto dal comma 10 dell'articolo 12 del predetto decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012. Resta salva ogni garanzia prevista dal codice civile a favore della regione Campania che ha acquisito l'impianto.

Sintesi ed effetti

Il comma 4 dell’articolo 3 prevede il trasferimento, direttamente alla società creditrice, già proprietaria dell’impianto di termovalorizzazione di Acerra, delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 necessarie per l'acquisto del predetto impianto (quantificate in 355.550.240,84 euro e già trasferite alla regione Campania dall’art. 12, comma 8, del D.L. 16/2012).

Analisi normativa

Il comma 4 dell’art. 3 dispone il trasferimento diretto alla società creditrice già proprietaria del termovalorizzatore di Acerra, a saldo di ogni sua pretesa, delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale (PAR), necessarie per l'acquisto del predetto impianto e quantificate in 355.550.240,84 euro dall’art. 12, comma 8, del D.L. 16/2012[47].

Nella relazione illustrativa si ricorda che a seguito della deliberazione del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2012, adottata nella riunione del 14 febbraio 2012, con la quale si era stabilito il trasferimento della proprietà dell'impianto alla regione Campania, l'articolo 12, comma 8, del D.L. 16/2012 ha autorizzato la regione medesima all'utilizzo delle risorse del FSC per il pagamento del termovalorizzatore quantificando l'importo a ciò necessario. Con la disposizione in esame il trasferimento è operato per conto della regione Campania direttamente alla società costruttrice e già proprietaria in quanto, secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa, il trasferimento della proprietà dell'impianto è già avvenuto tre mesi fa e ulteriori ritardi nei pagamenti comporterebbero gravi problemi di sostenibilità finanziaria a carico della società creditrice”.

Relativamente alle vicende costruttive e gestionali del termovalorizzatore di Acerra si ricorda brevemente che esso è stato costruito da un consorzio di imprese appartenenti al gruppo Impregilo e facenti capo alla Fibe S.p.A. Nella Relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni relative alle misure straordinarie promosse per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania aggiornata al mese di ottobre 2009 (Doc. CCXIV, n. 2) si rammenta che “le attività di gestione dell’impianto sono state affidate alla Società A2A all’esito di apposita procedura di gara, esperita ai sensi degli artt. 25 e 27 del d.lgs. 163/2006, tra le aziende leader nel settore della gestione di impianti di termovalorizzazione e centrali elettriche da fonti rinnovabili. Il 13 novembre 2008 si è proceduto a stipulare un atto negoziale tra la Struttura del Sottosegretario e la Società A2A, con cui sono stati disciplinati i termini e le condizioni di gestione dell’impianto per il periodo 2009-2024”.

Secondo quanto indicato nel sito web dell’Osservatorio ambientale del termovalorizzatore di Acerra (istituito dall’O.P.C.M. 3730/2009) “dal 15 gennaio 2010 - sulla base del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 convertito nella legge n. 26 del 26 febbraio 2010 - Partenope Ambiente - società costituita da A2A per la gestione del termovalorizzatore - ha assunto la gestione provvisoria ed esclusiva del termovalorizzatore, affiancata da un presidio tecnico di Fibe, la società che ha costruito il termovalorizzatore. Il collaudo funzionale dell’impianto è terminato il 28 febbraio 2010. All’esito positivo del collaudo è terminata la gestione provvisoria e Partenope Ambiente ha assunto la gestione definitiva del termovalorizzatore. Nell'attesa del passaggio di proprietà, il Dipartimento della Protezione Civile può disporre, utilizzare e godere dell’impianto per il quale è autorizzato a stipulare un contratto di affitto”.

 

Il comma in esame non fa riferimento solo alla deliberazione del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2012, adottata ai sensi dell'art. 61, comma 3, del D.L. 5/2012[48], recante disposizioni in materia di semplificazione e sviluppo, ma anche al conseguente decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di variazione del bilancio n. 17226 del 14 marzo 2012.

Si ricorda che l’art. 61, comma 3, del D.L. 5/2012 prevede che, fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o più Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario può, nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Qualora nel medesimo termine è comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei Ministri delibera l'atto motivando con esclusivo riguardo alla permanenza dell'interesse pubblico.

Si segnala che la Regione Campania ha presentato ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione (ricorso n. 5/2012[49]) per chiedere l'annullamento, previa sospensione cautelare, dell'efficacia del citato D.P.C.M. 16 febbraio 2012.

Nelle motivazioni addotte dalla Regione si legge, tra l’altro, che “con il D.P.C.M. del 16 febbraio il Governo ha unilateralmente disposto il trasferimento della proprietà dell'impianto in questione alla Regione Campania…. in falsa applicazione del menzionato art. 61, comma 3, del D.L. n. 5 del 2012, sostenendo che la Regione Campania non avrebbe lealmente collaborato nella fase di ricerca dell'intesa prevista dalla legge” (circostanza contestata dalla Regione). La Regione rileva inoltre la violazione della sua autonomia finanziaria nel momento in cui il D.P.C.M. 16 febbraio 2012, dispone che "agli oneri derivanti dal presente decreto si provvede a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007/2013 relative al programma attuativo regionale per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra, che presenta la necessaria disponibilità, oltre che con eventuali crediti a riconoscere alla Regione Campania in dipendenza del trasferimento". Secondo la Regione Campania la prevista utilizzazione di risorse assegnate alla Regione Campania e già destinate a spese per investimenti infrastrutturali degli enti locali, nonché per far fronte ad indifferibili emergenze in materia di edilizia sanitaria avviene in totale spregio dell'autonomia finanziaria regionale.

 

Lo stesso comma, nel disporre che le risorse suddette siano trasferite da parte del competente Dipartimento del Ministero dello sviluppo economico prevede, come specificato dalla relazione tecnica, che al fine della necessaria compensazione degli effetti negativi sui saldi si proceda alla riduzione, per la corrispondente cifra, dei limiti di spesa di cui al patto di stabilità della regione Campania, per la cui mera ricognizione è adottato apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Si rammenta che i commi da 8 a 11 dell’articolo 12 del D.L. 16/2012 prevedevano una diversa disciplina per il pagamento del termovalorizzatore in questione, in quanto disponevano che fosse la regione Campania a dover procedere all’ acquisto dello stesso a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC), che venivano pertanto contestualmente trasferite, per il predetto importo di 355.550.240.84 euro, alla regione medesima. In conseguenza, allo scopo di evitare effetti negativi per la regione in relazione ai vincoli posti dal patto di stabilità interno regionale – atteso che il predetto importo, invece di essere speso in un periodo pluriennale secondi i criteri di impiegabilità  delle risorse del FSC sarebbe stato utilizzato in un unico esercizio, con inevitabile sforamento del patto – il comma 11 dello stesso decreto legge 16/2012, inserendo la lettera n-ter) all’art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), ha escluso dalla disciplina del patto di stabilità interno delle regioni a statuto ordinario (dettata dal medesimo comma 4) le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra.

Atteso che ora, con l’articolo 3, comma 4 in esame, si dispone invece (presumibilmente al fine di accelerare i tempi di spendibilità delle risorse) che il pagamento venga effettuato direttamente nei confronti della società proprietaria del termovalorizzatore, - pertanto senza che l’importo corrispettivo transiti nel bilancio regionale - viene meno la necessità dell’esclusione della spesa in esame dal patto di stabilità.

In relazione a ciò, la disposizione che prevede la corrispondente riduzione dei limiti di spesa del patto di stabilità per la regione Campania, con ricognizione delle relative somme mediante DPCM, sembra riferirsi alla necessità di ridurre il profilo di spesa della regione, considerato su un arco di tempo pluriennale, a seguito della riduzione della massa spendibile assoggettabile ai vincoli del patto, in quanto le risorse utilizzabili dalla regione medesima a valere sul FSC vengono ora (per la parte corrispondente al predetto importo) spese.

Si ricorda in proposito che resta comunque immutata, ai sensi dell’articolo 12, commi 8-11-ter, la possibilità per la regione Campania di spendere, al di fuori dei vincoli del patto di stabilità interno, le somme riscosse annualmente dalla regione stessa, a valere sia sulla quota ad essa spettante dei ricavi derivanti dalla vendita di energia, nel limite di 60 milioni di euro annui, sia sulle risorse statali già finalizzate al pagamento del canone di affitto, destinate alla medesima regione quale contributo dello Stato.

 

In relazione a tale nuova regolamentazione della procedura di pagamento del termovalorizzatore si segnala la necessità che la disposizione in esame venga coordinata con le norme dettate dai commi da 8 ad 11 del decreto-legge n. 16 del 2012, operando tra le stesse le modifiche necessarie a realizzare la coerenza tra le due differenti discipline.

 

Il penultimo periodo del comma in esame, in considerazione del fatto che il trasferimento è effettuato per conto della regione Campania, dispone che per lo stesso, ai fini fiscali, resti fermo quanto previsto dal comma 10 dell'art. 12 del D.L. 16/2012.

Si ricorda che il citato comma 10 dispone, al primo periodo, che ai fini fiscali, il pagamento da parte della regione Campania della suddetta somma di 355.550.240,84 euro, in quanto effettuato a definizione di ogni pretesa del soggetto proprietario dell'impianto, vale come liquidazione risarcitoria transattiva tra le parti private e quelle pubbliche interessate. Il secondo periodo del medesimo comma dispone poi che ogni atto perfezionato in attuazione della disposizione di cui al precedente periodo è esente da imposizione.

L’ultimo periodo del comma in esame dispone, infine, che resta salva ogni garanzia prevista dal codice civile a favore della regione Campania che ha acquisito l'impianto.

In proposito, nelle motivazioni addotte dalla Regione Campania nel citato ricorso n. 5/2012 sollevato innanzi alla Corte Costituzionale si legge che “effetti pregiudizievoli discenderebbero dalla circostanza che, nel trasferire coattivamente alla ricorrente la proprietà del termovalorizzatore, la Presidenza del Consiglio non ha fornito alla Regione alcuna garanzia in ordine ad eventuali pretese dei creditori di Fibe S.p.A., i quali ben potrebbero ritenersi contrari alla transazione intervenuta tra tale società e l'amministrazione statale. Ciò porrebbe la Regione Campania nella condizione di subire iniziative processuali da parte dei predetti soggetti, che, alla luce dell'assenza di qualsiasi certificazione circa la congruità del prezzo per l'acquisto della proprietà del termovalorizzatore, si palesano come molto probabili”.

Si osserva che potrebbe rivelarsi utile, in luogo del generico rinvio alle garanzie offerte dal codice civile, precisare a quali istituti del codice ci si intende riferire. Potrebbe altresì rivelarsi utile chiarire se, con il riferimento alle sole garanzie, si intenda al contrario derogare alla disciplina civilistica in ordine ai connessi oneri dell’acquirente.

Procedure di contenzioso

Si segnala che con una lettera di messa in mora del 29 settembre 2011 (procedura d’infrazione n. 2007_2195) la Commissione europea ha invitato l’Italia a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE del marzo 2010 (causa C-297/08) che la riconosce responsabile di non aver stabilito una rete adeguata e integrata di impianti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

Nel corso di un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il 16 maggio 2012 il Ministro per l’ambiente, Corrado Clini ha ribadito la necessità per l’Italia di individuare soluzioni idonee entro giugno 2012 per evitare una sanzione stimata in 500 mila euro al giorno, che scaturirebbe daun ulteriore avanzamento della procedura.

 


Articolo 3, comma 5
(Esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione da tagli lineari)

5. All'articolo 13, comma 1-quinquies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, al secondo periodo sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: «persone fisiche», la lettera «e» è sostituita dalla seguente: «,»;

b) dopo le parole: «nonché per il soccorso pubblico» sono aggiunte le seguenti: «, e gli stanziamenti relativi al fondo sviluppo e coesione».

Sintesi ed effetti

Il comma 5 include il Fondo per lo sviluppo e la coesione tra le voci escluse dal taglio lineare alle dotazioni finanziarie rimodulabili disponibili del bilancio a legislazione vigente disposto dal comma 1-quinquies dell’articolo 13, del decreto legge n. 16/2012 (legge n. 44/2012).

Analisi normativa

Il comma 5 include il Fondo per lo sviluppo e la coesione tra le voci escluse dal taglio lineare alle dotazioni finanziarie rimodulabili disponibili del bilancio a legislazione vigente disposto dal comma 1-quinquies dell’articolo 13, del decreto legge n. 16/2012 (legge n. 44/2012)[50]

A tal fine, è operata una modifica testuale al medesimo comma 1-quinquies.

Si ricorda che il comma 1-quinquies dell’articolo 13 del D.L. n. 16/2012 dispone il taglio lineare delle dotazioni finanziarie disponibili iscritte a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili di ciascun Ministero, per un importo pari a 280 milioni di euro per il 2012 e 180 milioni di euro a decorrere dal 2013.

Il medesimo comma 1-quinquies esclude dal taglio lineare gli stanziamenti relativi al cinque per mille IRPEF e gli stanziamenti per spese relative alla tutela dell’ordine, della sicurezza e del soccorso pubblico. Il decreto in esame intende dunque aggiungere a tali voci anche il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

L’esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione dal taglio operato dall’articolo 13, comma 1-quinquies, del D.L. n. 16/2012 è finalizzata - afferma la relazione illustrativa al decreto legge - a non rischiare di compromettere gli impegni già assunti con le regioni su risorse appena riprogrammate a seguito dei tagli di 10 milioni di euro operati sul medesimo Fondo in ragione di precedenti manovre, trattandosi di somme destinate a finalità rilevanti per la crescita e lo sviluppo e spesso già assegnate, anche con decisioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Si ricorda, relativamente al Fondo per lo sviluppo e la coesione, che - sulla base di quanto risulta dalla Deliberazione CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012[51] - le riduzioni di spesa disposte per via legislativa sul predetto Fondo sono state pari a circa 10,4 miliardi di euro, di cui 9,5 miliardi relativi al periodo 2012-2015.

La relazione tecnica precisa che tale esclusione non comporta effetti finanziari, trovando compensazione sulle restanti voci del bilancio aggredibili[52].



[1]     “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[2]    Un primo elemento è dato dalle dimensioni del fenomeno che, a partire dal 2002, ha visto aumentare in modo repentino la quantità di ordinanze emesse annualmente; ulteriore elemento è costituito dall’interpretazione estensiva data nella prassi dal Governo alla nozione di evento straordinario di protezione civile, cioè al presupposto sostanziale per l’emanazione di siffatte ordinanze; infine, l’introduzione di alcune disposizioni legislative che, rispetto a quanto previsto dalla L. 225/1992, hanno esteso i presupposti sostanziali di tali ordinanze e ne hanno distorto la finalità (il D.L. 343/2001 e il D.L. 90/2005 che hanno, rispettivamente, esteso la possibilità di emanare tali ordinanze in occasione di “grandi eventi”, nonché di interventi all’estero di protezione civile, “derivanti da calamità o eventi eccezionali”.)

[3]    Per una completa disamina del documento citato si veda http://www.protezionecivile.gov.it/cms/attach/editor/Circolare_30_9_2002_n._0035114.pdf

[4]    D.L. 7 settembre 2001 n. 343, Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 novembre 2001, n. 401.

[5]    D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, L 24 marzo 2012, n. 27.

[6]    D.L. 31 maggio 2005, n. 90, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile, convertito in legge con modificazioni, dall'art. 1, L. 26 luglio 2005, n. 152.

 

[7]    Si ricorda che per tutte le attività relative al Dipartimento della Protezione civile ed al Servizio nazionale della Protezione civile si può consultare l’apposito sito internet (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/dipartimento.wp).

[8]    L’elenco degli stati di emergenza è aggiornato ogni quindici giorni dalla Protezione civile ed è consultabile sul relativo sito internet ai seguenti link a seconda che gli stati di emergenza siano raggruppati per argomento http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS21894 o per territorio http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22358

[9]    Si fa presente che, ai sensi dei commi 5 e 6 dell’art. 5 della legge n. 225/1992, le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono essere motivate, contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare, pubblicate nella G.U. e trasmesse ai sindaci interessati per l’ulteriore pubblicazione locale.

[10]   Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.

[11]   Ai sensi dell’art. 6 della legge 225/1992 concorrono all'attuazione delle attività di protezione civile, secondo i rispettivi ordinamenti e competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane, gli enti pubblici, gli istituti ed i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile, nonché ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata. Concorrono, altresì, all'attività di protezione civile i cittadini ed i gruppi associati di volontariato civile, nonché gli ordini ed i collegi professionali. Costituiscono, invece, strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile, ai sensi dell’art. 11: a) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco quale componente fondamentale della protezione civile; b) le Forze armate; c) le Forze di polizia; d) il Corpo forestale dello Stato; e) i Servizi tecnici nazionali; f) i gruppi nazionali di ricerca scientifica di cui all'articolo 17, l'Istituto nazionale di geofisica ed altre istituzioni di ricerca; g) la Croce rossa italiana; h) le strutture del Servizio sanitario nazionale; i) le organizzazioni di volontariato; l) il Corpo nazionale soccorso alpino-CNSA (CAI).

[12]   Nel documento di studio presentato al Comitato per la legislazione, riguardante le ordinanze di protezione civile, allegato al resoconto della seduta del 23 novembre 2010, disponibile al link http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/201011/1123/pdf/48.pdf, con riferimento al 2009, si rileva che può farsi solo una stima “di massima” del numero complessivo di soggetti attuatori previsti nelle 107 ordinanze. Il documento precisa che, dall’analisi testuale delle ordinanze, ne risultano con certezza 52; invero, in 15 casi l’ordinanza prevede la nomina di “uno o più soggetti attuatori”, senza specificarne il numero esatto.

[13]    Convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[14]   Il comma 5-bis è stato aggiunto dal comma 8-quater dell'articolo 60 del D.L. n. 112/2008 (legge n. 133/2008) e poi sostituito dal comma 5 dell'art. 8 del D.L. 30 n. 208/2008.

[15]   La titolarità delle contabilità speciali è esercitata ai sensi degli articoli 60 e 61 del R.D. di contabilità n. 2440/1923, recante “Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”, e dell'articolo 333 del R.D. n. 827/1924 “Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”.

[16]   Si ricorda che l’articolo 17 del D.Lgs. n. 398 del 1990 ha autorizzato le regioni a statuto ordinario a istituire, con proprie leggi, un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nel territorio regionale; ai sensi dell’articolo 1, comma 154 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l’importo massimo di tale imposta è stato da ultimo elevato a 0,02582 euro per litro.

[17]   introdotto dal comma 2-quater dell’articolo 2, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225.

[18]   Da ultimo, si veda il decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 (L. 148/2011) che all’articolo 1, nel disporre alcune riduzioni delle spese dei Ministeri, ne indicava l’ammontare complessivo (complessivi 8,5 mld. di euro nel biennio 2012-2013), rinviando ad un DPCM la ripartizione dei suddetti importi tra i Ministeri interessati.

[19]   La flotta aerea antincendio boschiva Canadair è attualmente composta da 19 velivoli Bombardier CL-415 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_com.wp?contentId=COM26887 .

[20]   D.L. 29 dicembre 2010 n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 26 febbraio 2011, n. 10.

[21]  D.L. 23 maggio 2008, Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.

 

[22]   Il D.L. n. 195/2009 è entrato in vigore il 30 dicembre 2009.

[23]   http://legxv.camera.it/_dati/lavori/stampati/pdf/15PDL0014501.pdf

[24]   A.C. 5267

[25]   L’Assemblea del Senato deliberò nella seduta del 18 dicembre 1998 lo stralcio dell’articolo 39 (ex 33) dell’A.S. 3662-A, che divenne un autonomo disegno di legge (A.S. 3662-ter), il cui iter parlamentare, tuttavia, non andò oltre la fase dell’assegnazione alla 10a Commissione Industria.

[26]   A.C. 5809.

[27]   Si ricordano, altresì, l’A.S. 533 e l’A.C. 3424.

[28]   Per un commento articolato dell’art. 52 si rinvia alla scheda di lettura al link http://documenti.camera.it/leg15/dossier/testi/ID0003S1.htm#_Toc148696522.

[29]   D. Porrini, L’assicurazione sui disastri naturali: motivi della scarsa diffusione e soluzioni di politica economica, in “Politica Economica” (aprile 2010), http://www.mulino.it/rivisteweb/download.php?id_articolo=31937

[30]   Lo studio, intitolato “Danni da eventi sismici e alluvionali al patrimonio abitativo italiano: studio quantitativo e possibili schemi assicurativi”, è disponibile al link www.ania.it/opencms/openmcs/export/sites/default/documenti/6996c884-a3cc-11e0-8494-f3c446ddba06___110621_Studio_catastrofi_naturali_FINAL.pdf.

[31]   Per approfondimenti si veda il dossier curato dal Servizio Biblioteca dal titolo “La disciplina relativa ai contratti di assicurazione contro gli effetti delle calamità naturali in Francia, Spagna e Germania” (23 novembre 2011), al link www.camera.it/temiap/ass_calam_naturali.pdf.

[32]   Tratta da D. Porrini, L’assicurazione sui disastri naturali: motivi della scarsa diffusione e soluzioni di politica economica, in “Politica Economica” (aprile 2010), http://www.mulino.it/rivisteweb/download.php?id_articolo=31937.

[33]   Per una ricostruzione dei provvedimenti adottati con riguardo all’Expo 2015 si rinvia al seguente link http://xvi.intra.camera.it/465?area=23&tema=51&Expo+2015 oppure alla relazione della Corte dei conti http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_controllo_enti/2011/delibera_93_2011.pdf

 

[34]   Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[35]   L’elenco è aggiornato ogni quindici giorni dalla Protezione civile ed è consultabile sul relativo sito internet raggruppati o per argomento http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS21894 o per territorio http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22358

[36]    D.P.C.M. 28 maggio 2009, Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia ed estensione della predetta situazione di emergenza anche al territorio delle regioni Piemonte e Veneto

[37]    D.P.C.M. 17 dicembre 2010, Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto.

[38]    Così il Ministro dell’interno in sede di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati il 22 settembre 2010.

[39]    Dati contenuti nel rapporto del 22 ottobre 2008 dei Prefetti delle tre città al Ministro dell’interno (fonte sito del Ministero dell’interno. Dal medesimo sito risulta che almeno altrettanti nomadi rispetto a quelli censiti, circa 12.000, si sono allontanati dai campi dall'inizio di giugno 2008).

[40]    Camera dei deputati, Interrogazioni a risposta immediata (Risultati conseguiti dal Governo in ordine alla questione dei campi nomadi abusivi ed iniziative in ambito comunitario per la revisione della disciplina della libera circolazione - n. 3-01239), intervento del Ministro dell’interno, Seduta del 22 settembre 2010.

[41]    Comunicato del Ministero dell’interno del 1° agosto 2008.

[42]    Comunicato del Ministero dell’interno del 4 settembre 2008.

[43]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

 

 

[44]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

[45]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

 

 

[46]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

 

[47]   Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, convertito dalla L. 26 aprile 2012 n. 44.

[48]   Convertito dalla L. 35/2012.

[49]   Pubblicato sulla G.U. - 1ª Serie Speciale - Corte Costituzionale  n. 20 del 16 maggio 2012.

[50]   Decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, proprio le somme destinate al Fondo per lo sviluppo e la coesione.

[51]   Delibera CIPE n. 6/2012 “Fondo per lo sviluppo e la coesione. Imputazione delle riduzioni di spesa disposte per legge. Revisione della pregressa programmazione e assegnazione di risorse ai sensi dell’articolo 33, comma 2 della legge n. 183/2011” pubblicata in G.U. n. 88 del 14 aprile 2012.

[52]   Si ricorda, in proposito, che il citato comma 1-quinquies dell’articolo 13 del D.L. n. 16/2012 autorizza il Ministro dell’economia e finanze ad accantonare e rendere indisponibili le somme oggetto del taglio lineare, sulle quali le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, ai fini delle successive riduzioni.